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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Simone ® , /,%5, ',*,7$/, '* 2012 Gli interventi «residuali» della L. 28 giugno 2012, n. 92 Genitorialità, mercato del lavoro e deleghe nella Riforma Fornero C. D’Agostino A. Marano M. Solombrino Estratto della pubblicazione

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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Simone

®

2012

Gli interventi «residuali» della L. 28 giugno 2012, n. 92

Genitorialità,mercato del lavoro

e deleghe nellaRiforma Fornero

C. D’Agostino A. Marano M. Solombrino

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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Vol. n. 509/10 – Le nuove Norme sul lavoro – Testo a confronto, coordinato e commentato della nor-mativa aggiornata alla Riforma Fornero

Il volume raccoglie la normativa interessata dagli interventi della riforma Fornero. La sistematica espositiva (i provvedimenti sono rag-gruppati nelle seguenti Parti: Tipologie contrattuali, Licenziamento, Ammortizzatori sociali e Altri istituti) e il confronto tra vecchio e nuovo testo permettono di reperire rapidamente la norma di interesse e di cogliere con immediatezza le innovazioni della legge di riforma. L’opera è arricchita, inoltre, da commenti introduttivi che delineano, per ciascun provvedimento, le modifiche intervenute.

Eventuali errori o imprecisioni riscontrabili nell’opera non comportano alcun tipo di responsabilità, né dell’Editore né dei Curatori, che hanno comunque posto la massima cura ed attenzione nell’elabora-zione del testo.

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PREMESSA

Dopo un’introduzione di carattere generale, il volume fa il punto sugli interventi in materia di genitorialità, mercato del lavoro e sulle deleghe della cd. riforma Fornero (L. 28 giugno 2012, n. 92).

Tali interventi, di carattere «residuale» in quanto estranei ai temi più importanti della legge di riforma (vale a dire contratti di lavoro, licenziamenti ed ammortizzatori sociali), rivestono tuttavia una note-vole importanza, riguardando, tra l’altro, il congedo obbligatorio del padre, i buoni lavoro per babysitting, il lavoro dei disabili, il permesso per attesa occupazione dei lavoratori extra-UE, la responsabilità solidale negli appalti, la contrattazione di secondo livello, il contrasto alle dimissioni in bianco, nonché le deleghe in materia di politiche attive e informazione dei lavoratori.

In appendice è riporta to il testo della legge di riforma, con riquadri che consentono l’immediato reperimen to della norma di interesse.

Il volume, per le sue caratteristiche, costituisce un’opera di am-pia fruibilità, destinata a quanti, a vario titolo, abbiano necessità di documentarsi sulle indicate novità della riforma Fornero.

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IntroduzIone

1. La RiFoRma «FoRNeRo» deL meRcaTo deL LaVoRo

L’acuirsi della crisi finanziaria che ha investito l’area dell’euro ha determinato, a partire da settembre 2011, il rapido deterioramento della posizione dell’Italia, il cui debito pubblico raggiungeva livelli elevatissimi.La gravità della situazione ha portato alla formazione di un cd. Go-verno dei tecnici, presieduto dal prof. Monti. Obiettivo del nuovo Esecutivo è l’adozione di misure urgenti per la stabilità finanziaria del Paese e, al contempo, l’attuazione di quelle riforme strutturali che, se precedentemente erano considerate opportune ed utili, ora appaiono addirittura indispensabili.Lo scenario è quello del confronto diretto con le istituzioni europee, rispetto alle quali c’è l’esigenza di un immediato recupero di credi-bilità. Ne scaturiscono rigidissime misure di risanamento e l’avvio, dopo la riforma del sistema pensionistico, della riforma del merca-to del lavoro e degli ammortizzatori sociali.

La ricaduta sul piano occupazionale della crisi economica si traduce nell’elevatissi-mo livello di disoccupazione. Nell’ultimo trimestre del 2011, in un quadro economico caratterizzato da notevoli difficoltà strutturali che si esprimono soprattutto nel dise-quilibrio del bilancio pubblico, l’occupazione dipendente nelle grandi imprese, in calo ormai dall’inizio della crisi economica, è continuata a scendere su base annua.A dicembre 2011, il numero dei disoccupati ha raggiunto i 2 milioni e 243 mila (su base annua si registra una crescita del 10,9%). Il tasso di disoccupazione si attesta all’8,9% (in aumento di 0,8 punti rispetto all’anno precedente). La disoccupazione giovanile ha superato il 30% e a maggio 2012 è giunta a circa il 35%. Le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria e in deroga autoriz-zate nel 2011 sono state circa 973,2 milioni.

In una lettera inviata il 5 agosto 2011 al precedente Governo Berlu-sconi, la Banca centrale europea aveva richiamato la necessità di «una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicura-zione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi».

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Introduzione6

Sicché viene presentato al Senato, il 5 aprile 2012, il disegno di legge governativo di riforma del mercato del lavoro e degli ammor-tizzatori sociali, cd. riforma Fornero dal nome del Ministro del La-voro prof. Elsa Fornero. Si persegue l’obiettivo di modernizzare il mercato del lavoro ita-liano, adattando le regole esistenti alle esigenze di competitività delle imprese e tentando di superare la situazione di dualismo, de-rivante dall’esistenza di categorie di lavoratori che godono di una forte protezione (cd. insiders) e categorie di lavoratori (cd. outsiders) cui non si applicano le tutele esistenti (il cd. apartheid del mercato del lavoro).

La predisposizione del disegno di legge riaccende il clima di tensione tra le parti sociali. La stagione dei robusti accordi triangolari e della concertazione sociale è definitivamente tramontata. L’accordo con le parti sociali è ritenuto, infatti, auspi-cabile ma non necessario e, di fatto, non si realizza.

Il disegno di legge è stato infine approvato con voto di fiducia, dap-prima al Senato e poi alla Camera dei Deputati il 27 giugno 2012.

La Commissione lavoro del Senato ha apportato, rispetto al testo originario, diver-se modifiche che, comunque, hanno lasciato pressoché inalterati i contenuti so-stanziali del provvedimento. Nel momento in cui il disegno di legge giunge alla Camera dei Deputati si riaccen-de la preoccupazione sulle sorti del nostro Paese, ritenuto, nell’ipotesi più ottimista, non del tutto esente dal rischio di default. La situazione induce così i partiti politici di maggioranza, che pure non hanno ri-sparmiato critiche al provvedimento, a considerarlo un «passaggio obbligato» e a rispondere positivamente alla richiesta di accelerare l’esame della riforma in modo da giungere all’approvazione entro il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno. Per contro, il Governo ha dichiarato il proprio impegno a tenere conto delle criticità segnalate e a risolverle tempestivamente, «con appropriate iniziative legislative», il che farebbe presagire, o anche auspicare, a seconda dei punti di vista, possibili future modifiche.

2. Le FiNaLiTà deLLa LeGGe di RiFoRma, Le aRee di iN-TeRVeNTo e iL campo di appLicazioNe

La riforma, recante «disposizioni in materia di riforma del mer-cato del lavoro in una prospettiva di crescita», è finalizzata «a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla

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7Introduzione

crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tas-so di disoccupazione».

La legge di riforma si apre, infatti, con la puntuale enunciazione delle molteplici finalità che si è inteso perseguire (art. 1, co. 1). In particolare:

— favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili; — valorizzare l’apprendistato come modalità prevalente di ingres-

so dei giovani nel mondo del lavoro;— ridistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego, da un

lato, contrastando gli elementi di flessibilità che si sono maggior-mente prestati ad un uso improprio e strumentale, dall’altro, in-tervenendo sul regime del licenziamento, per adeguarlo alle esigenze del mutato contesto di riferimento;

— rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli am-mortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone;

— contrastare usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti;

— promuovere una maggiore inclusione delle donne nella vita economica;

— favorire nuove opportunità di impiego ovvero di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del posto di lavoro;

— promuovere modalità partecipative di relazioni industriali al fine di migliorare il processo competitivo delle imprese.

La riforma opera, su tre fondamentali aspetti del mercato del lavo-ro, ampiamente dibattuti a livello politico e accademico: la flessi-bilità in entrata, la flessibilità in uscita e gli ammortizzatori sociali. Modificando le relative discipline, la legge di riforma tenta di coniu-gare l’esigenza di flessibilità delle imprese con quella di garantire la sicurezza dei lavoratori.Non più la tutela del posto di lavoro, bensì la tutela del lavoratore sul mercato, in linea con la cd. flexicurity (letteralmente flessicurez-za) propugnata dalle istituzioni europee. Si realizza, così, un allen-tamento dei vincoli della regolazione del rapporto di lavoro, in par-

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Introduzione8

ticolare per ciò che riguarda le tutele in uscita, unitamente ad un rafforzamento delle protezioni sul mercato del lavoro, dal quale dovrebbe derivare, da un lato, una maggiore attrattiva per gli inve-stimenti produttivi, dall’altro, una maggiore mobilità e occupabilità dei lavoratori e, in definitiva, l’aumento dell’occupazione.Un altro punto è quello della formazione dei lavoratori, improntata al cd. apprendimento permanente, che dovrebbe migliorarne, tra l’altro, la condizione occupazionale, mentre ulteriori innovazioni ri-guardano istituti di natura diversa (tra l’altro, il congedo obbliga-torio di paternità, la responsabilità solidale nell’appalto e le dimis-sioni), per alcuni dei quali la legge di riforma si limita a dettare cri-teri e principi per l’esercizio del potere legislativo delegato (ad esempio, in materia di tirocini o di informazione e consultazione dei lavoratori).Infine va evidenziato che la legge di riforma non ha immediata applicazione nell’ambito del lavoro pubblico, in netta disconti-nuità con il principio di armonizzazione che aveva ispirato la riforma del pubblico impiego operata dal D.Lgs. 29/1993. Le disposizioni della legge di riforma costituiscono soltanto «princì-pi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni».In buona sostanza si è scelto di procrastinare un nodo delicatissimo, demandando al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la sem-plificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rap-presentative dei dipendenti delle Amministrazioni Pubbliche, il compito di definire, anche mediante iniziative normative, «gli ambi-ti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (art. 1, co. 7 e 8).

3. La FLessiBiLiTà iN eNTRaTa

L’obiettivo perseguito, secondo le dichiarazioni del Governo, è quel-lo di rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto in favore delle fasce svantaggiate (a partire dai giovani), contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione della forza lavoro. In sintesi, impedire la flessibilità distorta e cattiva, senza limitare quel-la genuina e necessaria per il sistema.

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9Introduzione

Tuttavia, nell’arduo compito di mediare tra diverse posizioni e inte-ressi, la legge di riforma sembra aver effettuato interventi piuttosto limitati. Innanzitutto non è stata adottata alcuna delle proposte rifor-matrici di ampio respiro che erano state formulate (tra tutte, si ricor-da quella del «contratto unico»). Mantenendo inalterata la tradizio-nale divisione di generi — da un lato, il lavoro autonomo, dall’altro, il lavoro subordinato —, la legge di riforma non ha intaccato la de-strutturazione del modello tipico del contratto di lavoro a tempo indeterminato, che viene comunque formalmente riconosciuto come «contratto dominante», nelle numerose tipologie contrattuali spe-ciali di cui si è fatto sempre maggior uso (al punto da far parlare di un declino del modello tipico). Quindi non è stato operato alcun in-tervento significativo di riduzione della frammentarietà che connota da tempo il lavoro subordinato e nelle cui maglie ha trovato terreno la cd. precarietà. La legge di riforma, infatti, si è limitata a rimodulare la disciplina di alcuni contratti di lavoro speciali, quali il lavoro a termine e il lavo-ro in somministrazione a tempo determinato, il lavoro intermit-tente e il part-time, rivedendo quegli istituti che hanno permesso forme di flessibilità spinta, a nocumento del prestatore. In particolare, con riguardo al contratto a tempo determinato, sono previste due ipotesi di liberaliz zazione delle assunzioni a termine o, più propriamente, di acausa lità: in pratica l’assunzione a tempo determinato può avvenire senza necessità di una specifica ragione giustificatrice quando si tratta del primo contratto a tempo determi-nato tra datore di lavoro e lavoratore (prima ipotesi) ovvero, in alter-nativa, quando l’assunzione avvenga in ragione di determinate cir-costanze della vita di un’impresa, secondo le previsioni dei contrat-ti collettivi (seconda ipotesi). Se da una parte si permette indubbia-mente una maggiore facilità del lavoro a termine, anche in conside-razione dell’attuale difficile congiuntura economica e del rischio di un blocco delle assunzioni, dall’altra sono però introdotti diversi accorgimenti per impedire che le imprese facciano costante ricorso a ripetute assunzioni a termine per una stessa attività e per esigen-ze produttive permanenti. Tra l’altro, sono elevati gli intervalli tem-porali tra un contratto a termine ed un altro; inoltre, il lavoro a termi-ne diviene più oneroso, gravando sul datore di lavoro un contributo

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addizionale destinato a finanziare la nuova assicurazione sociale per l’impiego (cd. ASPI).Ulteriore intervento nell’ambito della flessibilità in entrata concerne l’apprendistato di cui viene facilitata la stipulazione mediante l’ele-vazione del rapporto che deve intercorrere tra apprendisti e mano-dopera qualificata (dal 100% al rapporto di 3 a 2). Tale contratto dovrebbe divenire il canale di accesso privilegiato sul mercato del lavoro, destinato ai giovani ed a categorie disagiate (i lavoratori in mobilità) e di cui si valorizza la funzione formativa. Per contro viene soppresso il contratto di inserimento, sostituito da incentivi che dovrebbero favorire l’assunzione di alcune categorie di prestatori cui esso era specificamente rivolto, quali ultracinquantenni e donne in stato di disoccupazione. Infine, si opera una significativa revisione nel campo delle prestazio-ni di lavoro autonomo ed in primis del lavoro a progetto, allo scopo di reprimere le finte collaborazioni coordinate e continuative. A tal fine, viene anche previsto l’innalzamento progressivo della relativa contri-buzione fino a raggiungere, a regime, quella del lavoro dipendente; per evitare il rischio che l’aumento dell’onere contributivo sia contro-bilanciato da una riduzione dei compensi dei collaboratori a progetto, sono introdotti dei precisi criteri di determinazione degli stessi.L’effetto dell’insieme di modifiche cui si è accennato è, secondo alcuni, quello di una stretta — che, per altri, sarebbe invece insod-disfacente — su tutti i contratti di lavoro differenti dal lavoro a tempo indeterminato, di cui, invero, si è fatto ampio uso sino ad ora, so-vente in maniera abusiva e soprattutto per dissimulare reali rappor-ti di lavoro subordinato.

4. La FLessiBiLiTà iN usciTa

La legge di riforma rafforza il potere datoriale di licenziare, introdu-cendo come correttivo maggiori obblighi procedurali, tra cui quello della specifica motivazione del recesso.La riforma mantiene sostanzialmente intatta la tutela contro i licen-ziamenti discriminatori, mentre apporta notevoli modifiche a quella dei licenziamenti per motivi economici nelle imprese di media e grande dimensione. In caso di provata illegittimità del recesso, la

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previsione iniziale era quella di sostituire l’attuale tutela dell’art. 18 dello statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), cioè la cd. tutela reale o forte — consistente nella reintegrazione unitamente al risarcimen-to del danno — soltanto con un’indennità risarcitoria. Tuttavia, si è giunti poi ad un intervento complessivamente meno dirompente in quanto è stata ripristinata la possibilità di reintegro, anche se appa-iono ampi i margini di valutazione del giudice. In seguito alla novel-la legislativa, dunque, sembra venir meno quell’automaticità della tutela che, di fatto, ha rappresentato la migliore garanzia preventiva contro abusi e vessazioni del datore di lavoro: nelle aziende con più di 15 dipendenti, all’accertata illegittimità del licenziamento (nullità, annullamento o inefficacia) conseguiva sempre il diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro, salva la facoltà del lavoratore di op-tare per un indennizzo economico (in aggiunta all’indennità risarci-toria).La riformulazione del predetto art. 18 dello Statuto dei Lavoratori incide anche sulla tutela da applicare in caso di illegittimità del li-cenziamento soggettivo: la tutela più forte (cioè la tutela reale) è riservata ai casi più gravi — insussistenza del fatto contestato o applicabilità di una sanzione conservativa —, mentre nelle altre ipotesi verrebbe ad applicarsi unicamente l’indennità risarcitoria, predeterminata tra un minimo e un massimo.La legge di riforma ha quindi l’effetto di introdurre una nuova area di non applicazione della tutela reale, la cui entità potrà meglio es-sere delineata (e compresa) man mano che la novella legislativa troverà effettiva applicazione nelle aule giudiziarie, a seconda che prevarrà un atteggiamento più prudente e conservatore o, per con-tro, la tendenza ad esaltare gli elementi innovativi della norma. In ogni caso, tale area si aggiunge a quella che già esisteva prima della riforma, vale a dire l’area della cd. tutela obbligatoria. La tute-la più debole derivante dalla L. 604/1966, consistente nella riassun-zione o nell’indennità risarcitoria a scelta del datore di lavoro, con-tinua infatti ad applicarsi ai lavoratori delle cd. piccole imprese (fino a 15 dipendenti). Nei loro confronti la legge di riforma non apporta alcun elemento di miglioramento in termini di tutela, perpetuando la differenziazione, all’interno del mercato del lavoro, tra dipendenti di imprese medie o grandi, cui si applica la tutela più forte — ma

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ora, potenzialmente, in un minor numero di casi —, e lavoratori di piccole imprese, che invece ne restano fuori.La tutela forte, consistente nell’obbligo di reintegrazione e di risar-cimento, trova infine applicazione per il licenziamento orale, per i licenziamenti discriminatori ed in altri casi di nullità, indipendente-mente dalla dimensione dell’impresa.Ulteriori modifiche riguardano, poi, alcuni aspetti procedurali, come l’obbligo di specificazione della motivazione del licenziamento e la riduzione del termine (da 270 a 180 giorni) per il deposito del ri-corso giudiziale (o della comunicazione, alla controparte, del tentativo di conciliazione o arbitrato), successiva all’impugnazione stragiudiziale.Inoltre, nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si fa obbligo al datore di lavoro, con un organico superiore alle 15 unità, di esperire una procedura preventiva di conciliazione pres-so la Direzione territoriale del lavoro, cui è subordinata la potestà di comunicare il recesso al lavoratore.Infine, con riferimento al contenzioso, viene introdotto un rito spe-ciale per le controversie aventi ad ogget to l’impugnativa di li-cenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 dello Statuto dei La-voratori, contraddistinto da particolare celerità e snellezza e diretto a ridurre i tempi del processo, anche al fine di contenere gli effetti economici, per l’azienda, dell’eventuale esito sfavorevole del giudizio.

5. GLi ammoRTizzaToRi sociaLi

Si è partiti dall’esigenza di risolvere uno dei principali limiti del nostro sistema di ammortizzatori sociali, quello relativo alla platea dei be-neficiari.Appariva, infatti, limitato l’ambito dei soggetti cui è garantita la pro-tezione del reddito al verificarsi di situazioni che determinano la sospensione o la cessazione del rapporto di lavoro. In pratica risul-tavano garantiti, da questo punto di vista, soltanto i lavoratori subor-dinati appartenenti a determinati settori produttivi ed in possesso di una pregressa anzianità assicurativa e contributiva, mentre resta-vano fuori dalle tradizionali forme di sostegno del reddito i precari, i collaboratori ed altre categorie.

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13Introduzione

Anche sotto il profilo della protezione sociale, quindi, si esprime il dualismo tra insiders ed outsiders, cioè tra lavoratori protetti e non. Cercando di porvi rimedio, la riforma prevede uno strumento univer-sale ed unico di assicurazione dal rischio di disoccupazione (l’assi-curazione sociale per l’impiego, cd. aspi), che sostituirà, dappri-ma, l’indennità di disoccupazione non agricola, sia ordinaria che con requisiti ridotti, e, a regime, l’indennità di mobilità. Il nuovo ammor-tizzatore è esteso anche a categorie prima escluse, tra cui gli ap-prendisti.Dall’altro si opera una revisione degli strumenti a sostegno del red-dito in costanza di rapporto. La cassa integrazione guadagni viene definitivamente estesa anche a settori e categorie sino ad ora tutelati soltanto in via provvisoria e grazie a specifiche disposizioni prorogate di anno in anno. Inoltre, per impedire l’uso della cassa integrazione come strumento per procrastinare licenziamenti ormai inevitabili, si differenzia tra presupposti che non mettono in dubbio la ripresa del rapporto di lavoro e presupposti contrari (le procedure concorsuali finalizzate alla chiusura dell’attività) che ora vengono esclusi dal campo di applicazione dell’intervento straordinario. In tale ipotesi, pertanto, i lavoratori interessati accederanno diretta-mente alle indennità previste in caso di disoccupazione. Viene poi ridefinita la disciplina dei fondi di solidarietà settoriali, che costituiscono una sorta di istituto di chiusura del sistema di protezione sociale, dovendo essere costituiti in tutti i settori d’impre-sa che non beneficiano del sistema pubblico di am mortizzatori so-ciali. I fondi settoriali integreranno, quindi, in chiave universalistica il sistema di tutela del reddito, dovendo assicurare una tutela eco-nomica nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le stesse cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale, nonché eventualmente anche una tutela integrativa rispet-to all’assicu razione sociale per l’impiego (ASpI), in caso di cessa-zione del rapporto di lavoro.Oltre all’indennità di disoccupazione, all’indennità di mobilità e alla cassa integrazione straordinaria per procedure concorsuali, sono destinati a cessare anche i cd. ammortizzatori in deroga in ragio-ne della prevista estensione delle coperture economiche a catego-rie di lavoratori in precedenza escluse. La possibilità di concessione

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di trattamenti in deroga non verrà meno, però, da subito poiché, per un breve periodo transitorio, anche in considerazione della ricaduta in termini occupazionali della recessione in atto, saranno ancora possibili sia nuove concessioni sia proroghe dei trattamenti.Come si può intuire, la legge Fornero effettua quella riforma del nostro sistema di ammortizzatori sociali attesa da anni. Rispetto alle premesse, tuttavia, pur determinandosi un certo ampliamento della copertura sociale, non sembra si realizzi effettivamente l’universa-lità auspicata, mentre si riduce, a regime, la durata complessiva del periodo coperto dagli ammortizzatori, effetto particolarmente grave nell’attuale fase economica, considerato anche l’innalzamento dell’età pensionabile attuato dalla recente riforma del sistema pen-sionistico.Inoltre, sarà tutto da verificare un aspetto cruciale per il funziona-mento del nuovo sistema di welfare: il rapporto tra le forme di so-stegno del reddito e le politiche di attivazione, riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori attuate dai servizi pubblici per l’im-piego. In tal ottica sono ridefiniti i livelli essenziali di servizio che devono essere assicurati in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

6. iL sisTema di moNiToRaGGio

La legge di riforma istituisce presso il Ministero del Lavoro e delle Po-litiche sociali, in collaborazione con le altre istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione (art. 1, co. 2).Il sistema di monitoraggio sarà gestito in collaborazione con altre isti-tuzioni competenti e con la partecipazione delle organizzazioni mag-giormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori. Esso si avvarrà dei dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da ulteriori soggetti del Sistema statistico naziona-le (SISTAN). È prevista anche la costituzione di banche dati informa-tizzate, da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’ISTAT, per la raccolta di una molteplicità di dati individuali ano-nimi (età, genere, area di residenza, fruizione di ammortizzatori socia-li, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione etc.), che saranno poi accessibili a ricerche scientifiche (in collega-

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15Introduzione

mento con Università o enti di ricerca italiani ed esteri), da cui potran-no provenire giudizi e valutazioni di certa indipendenza e oggettività.La finalità di tali misure è, come si può facilmente dedurre, quella di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misu-re introdotte dalla stessa legge di riforma, nonché di valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego.A tal fine il sistema di monitoraggio provvederà, ogni anno, a fornire rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle conse-guenze in termini microeconomici e macroeconomici, nonché sul grado di effettivo conseguimento delle finalità della legge.Particolare attenzione sarà dedicata all’andamento dell’occupazione femminile, rilevando, in particolare, la corrispondenza dei livelli re-tributivi al principio di parità di trattamento. Dagli esiti del monitorag-gio potranno essere desunti elementi conoscitivi ai fini di un’even-tuale modifica e/o integrazione delle misure e degli interventi adottati, anche «alla luce dell’evoluzione del quadro macroecono-mico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del mercato del lavoro e, più in generale, di quelle sociali» (art. 1, co. 3).

7. La sTRuTTuRa deL pRoVVedimeNTo

La questione di fiducia posta dal Governo all’Assemblea del Sena-to in merito all’approvazione del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro ha comportato la sostituzione dell’originario testo legislativo con quattro emendamenti, costituenti altrettanti articoli in cui sono confluiti i precedenti capi e articoli in cui era inizialmente strutturato il provvedimento.In pratica, la legge consta, ora, unicamente di 4 articoli, ciascuno di essi composto da numerosi commi. Sono, quindi, venute meno le «rubriche» che permettevano di individuare con agio e rapidità l’argomento di ogni disposizione.Allo scopo di agevolare il lettore, in Appendice al Volume è riporta-to il testo della legge di riforma con riquadri che, recuperando le originarie rubriche degli articoli, consentono l’immediato reperimen-to della norma di interesse.

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CapItolo prImo

Le uLteriori modifiche deLLa riforma fornero

sommario: 1. La tutela della genitorialità nella riforma Fornero. - 2. Il lavoro dei disabili come modificato dalla riforma Fornero. - 3. Il prolungamento del soggior-no del lavoratore extra-UE. - 4. Le modifiche in materia di responsabilità solida-le negli appalti. - 5. Le novità in tema di contrattazione di secondo livello. - 6. Le misure introdotte dalla riforma Fornero contro le dimissioni in bianco.

1. La TuTeLa deLLa GeNiToRiaLiTà NeLLa RiFoRma FoR-NeRo

a) i principi ispiratori per la tutela della maternità e paternità

Il nostro ordinamento ha da sempre tutelato l’assolvimento dei com-piti di maternità e cura dei figli ritenendo essenziale la funzione fa-miliare svolta dalla donna.Per evitare però che attraverso una normativa protezionistica spe-ciale possano derivare per la madre lavoratrice conseguenze discri-minatorie e penalizzanti, la costituzione ha sancito all’art. 37 la parità normativa e retributiva (quest’ultima a parità di lavoro) fra lavoratori e lavoratrici.Allo stesso tempo la norma richiede che le condizioni di lavoro de-vono essere tali da consentire alla lavoratrice «l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bam-bino una speciale e adeguata protezione».La Costituzione dunque afferma, da un lato, la specialità della tute-la riguardante la lavoratrice madre, e, dall’altro, sancisce il principio fondamentale di uguaglianza fra i due sessi.Le disposizioni in materia di tutela del ruolo socio-familiare della lavoratrice, contenute originariamente nella L. 30-12-1971, n. 1204 e nella L. 8-3-2000, n. 53 (cd. legge sui congedi parentali), sono state trasfuse nel Testo unico per la tutela ed il sostegno del-la maternità e della paternità, emanato con d.Lgs. 26-3-2001, n. 151.

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Capitolo Primo18

Il T.U., ribadendo quanto già previsto dalla L. 53/2000, ha ricono-sciuto anche al padre lavoratore la possibilità di fruire delle forme di tutela previste dalla legge per le lavoratrici madri favorendo, dun-que, anche grazie ad una più equa ripartizione dei carichi familiari, pari possibilità di carriera tra lavoratori e lavoratrici.In tale ottica si collocano anche le disposizioni della riforma Forne-ro che interviene in materia nell’intento di favorire la condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della famiglia e di incrementa-re la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.A tal fine vengono introdotti l’obbligo per il padre lavoratore di aste-nersi dal lavoro per la nascita del figlio e la possibilità per la madre di usufruire di voucher per la prestazione di determinati servizi.

Si tratta comunque di misure sperimentali introdotte per gli anni 2013-2015, i cui criteri di accesso e le modalità di utilizzo dovran-no essere individuate da un apposito decreto ministeriale da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge di riforma.

B) il congedo di maternità e paternità nella disciplina vigente

La normativa prevede un periodo di astensione obbligatoria, cd. congedo di maternità, in cui è fatto divieto assoluto di adibire al lavoro le donne e che normalmente comprende i 2 mesi preceden-ti la data presunta del parto e i 3 mesi dopo il parto (art. 16 D.Lgs. 151/2001).

L’astensione obbligatoria comprende:— il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto, ove

esso avvenga oltre la data presunta;— gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data

anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.

L’astensione obbligatoria è riconosciuta alla lavoratrice anche in caso di interruzione della gravidanza verificatasi dopo il 180° giorno dall’inizio della gestazione. In tale ipotesi, la lavoratrice può rinun-ciare a fruire dell’astensione. Il D.Lgs. 119/2011, infatti, ha previsto che nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidan-

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za successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, le lavora-trici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività la-vorativa.

Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità (5 mesi), le lavo-ratrici possono rendere flessibile tale periodo, posticipando l’inizio del congedo al mese precedente la data presunta del parto e proseguendo nei 4 mesi successivi al parto, purché non vi siano controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro (art. 20 D.Lgs. 151/2001).

Al padre lavoratore è riconosciuto il congedo di paternità, ossia il diritto ad astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di mater-nità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono o affidamento esclusivo del bambino al padre (art. 28 D.Lgs. 151/2001).A differenza però del congedo di maternità, quello spettante al padre non ha il connotato dell’obbligatorietà ma si tratta piuttosto di un diritto condizionato all’esistenza di determinati presupposti.

Per tutto il periodo del congedo di maternità e di paternità spetta alle lavoratrici o ai lavoratori un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione; inoltre, tali periodi sono computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti (TFR, ferie etc.).

Oltre al periodo di congedo di maternità (obbligatorio), è possibile richiedere ulteriori periodi di assenza dal lavoro (cd. astensione facoltativa) per assistere il figlio.È previsto, infatti, un congedo della durata massima cumulativa di 10 mesi, fruibile in alternativa dal padre o dalla madre, nei primi 8 anni di vita del bambino (art. 32 D.Lgs. 151/2001).

In particolare il diritto al congedo parentale compete:

— alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo obbligato-rio di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

— al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo conti-nuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 nel caso in cui il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi (per cui il congedo complessivo sale a 11 mesi);

— qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.

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Capitolo Primo20

Per tali periodi di congedo alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta, fino al terzo anno di vita del bambino, un’indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi; per i periodi di congedo ul-teriori, l’indennità spetta solo se l’interessato non supera un determinato limite di reddito.

c) il congedo di paternità introdotto dalla riforma Fornero

La riforma Fornero introduce anche per i padri lavoratori, l’obbligo di astenersi dal lavoro a seguito della nascita di un figlio (art. 4, co. 24).In particolare, i lavoratori dipendenti entro 5 mesi dal parto devono assentarsi dal lavoro per il periodo di 1 giorno.In tal modo, si introduce il congedo obbligatorio di paternità attri-buendo al padre lavoratore un diritto autonomo di astenersi dal la-voro, anche se per un solo giorno, indipendentemente dall’assenza o meno della madre.Rispetto, quindi, al congedo, disciplinato dal D.Lgs. 151/2001, l’isti-tuto introdotto dalla riforma Fornero è connotato dall’obbligatorietà, per cui il lavoratore deve astenersi dal lavoro per un giorno entro i 5 mesi successivi al parto. Tale astensione, inoltre, non è finalizza-ta a sostituire le cure materne ma è fruita dal lavoratore autonoma-mente senza essere subordinata alla morte, grave infermità o ab-bandono della madre.

La legge di riforma riconosce al padre lavoratore, in congedo obbligatorio di pater-nità, un indennità pari al 100 % della retribuzione. Si tratta di una disposizione di evidente favore in quanto il D.Lgs. 151/2001 prevede normalmente per i congedi l’erogazione di un indennità pari all’80% della retribuzione.

La riforma Fornero disciplina, inoltre, la facoltà per il padre lavo-ratore di astenersi dal lavoro, entro 5 mesi dalla nascita del bambi-no, per un ulteriore periodo di 2 giorni anche continuativi.Tale astensione, però, deve essere esercitata in accordo con la madre in quanto il padre può usufruirne in sua sostituzione in rela-zione al periodo di astensione obbligatoria a lei spettante.

Anche in tal caso è prevista l’erogazione di un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione, e in questo caso le legge di riforma specifica che è posta a ca-rico dell’INPS.

Al fine della fruizione di tali periodi di congedo obbligatorio e facol-tativo, la legge di riforma stabilisce che il lavoratore debba comu-

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nicare al datore di lavoro preventivamente e per iscritto, almeno 15 giorni prima, i giorni prescelti per astenersi dal lavoro.

d) il sistema dei voucher per il servizio di baby-sitting

Al fine di favorire il rientro al lavoro delle lavoratrici madri, la riforma Fornero introduce la possibilità di utilizzare appositi voucher per sostenere economicamente l’affidamento del bambino ad un servi-zio di baby-sitting.In particolare, al termine del periodo di congedo di maternità, negli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale la madre lavoratrice può ottenere dei buoni lavoro per acquistare servizi di baby-sitting o per sostenere i costi dei servizi per l’infanzia, pubblici o privati se accreditati.In sostanza, la lavoratrice che rinuncia ad astenersi dal lavoro e decide di rientrare dopo il congedo di maternità obbligatorio è age-volata economicamente nel far fronte agli oneri derivanti dalla cura e dal mantenimento della prole che deve affidare a terzi.La riforma Fornero si limita però ad indicare che i voucher sono ri-chiesti al datore di lavoro e rimanda ad un emanando decreto mini-steriale per stabilire non solo l’operatività ma anche il numero e l’importo dei voucher stessi.

La legge di riforma precisa che nel quantificare il valore dei voucher, dovrà farsi riferimento anche all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare di appartenenza.

2. iL LaVoRo dei disaBiLi come modiFicaTo daLLa RiFoR-ma FoRNeRo

a) il sistema del collocamento obbligatorio

L’art. 38, co. 3, cost. stabilisce che «gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale». La concreta attuazione dell’impegno così assunto dallo Stato è rappresentata dal sistema del collocamento obbligatorio, che obbliga i datori di lavoro ad assumere, per una certa percentuale dell’organico, per-sone che a causa del proprio handicap sarebbero di certo esclusi dal mercato del lavoro.

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Capitolo Primo22

Regolato per tantissimo tempo dalla L. 248/1962, il collocamento obbligatorio è stato completamente riformato dalla L. 12-3-1999, n. 68 che ha introdotto una disciplina in grado di valorizzare le residue capacità lavorative del disabile e di collocarlo nell’occupazione a lui più idonea e, al contempo più proficua per l’impresa.È indicativo, in tal senso, il cambiamento della denominazione dell’istituto: da collocamento obbligatorio (epigrafe della L. 248/1962) alla nuova di collocamento mirato dei disabili (della L. 68/1999).

Secondo tale disciplina, i datori di lavoro che occupano da 15 dipendenti in poi sono tenuti ad assumere una determinata per-centuale (cd. quota di riserva) di lavoratori disabili che varia in ragione del numero dei lavoratori occupati, e pari a (art. 3 L. 68/1999):

— 7% dei lavoratori occupati per i datori con più di 50 dipendenti;— due lavoratori per i datori che hanno tra i 36 e i 50 dipendenti;— un lavoratore per i datori che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti.

Al raggiungimento della dimensione aziendale prevista, il datore di lavoro del settore privato (per le pubbliche amministrazioni valgono particolari modalità applicative) entro 60 giorni è tenuto a presentare agli uffici competenti (centri per l’impiego) la richiesta di assunzione.

categorie di lavoratori disabili che usufruiscono del collocamento mirato*

— le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di handicap intellettivo, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle competenti commissioni mediche

— le persone invalide per cause di lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’INAIL

— le persone non vedenti o sordomute— le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e per servizio con minorazioni

ascritte dalla prima all’ottava categoria (secondo le tabelle annesse al Testo Unico delle norme in materia di pensioni di guerra)

(*) Art. 1 L. 68/1999.

B) il computo della quota di riserva come modificato dalla rifor-ma Fornero

La riforma Fornero interviene sui criteri di computo della quota di riserva ovvero sulla determinazione dell’organico aziendale da

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prendere in considerazione ai fini del calcolo dei lavoratori disabili da assumere (art. 4, co. 27).In particolare, viene stabilito che, per l’applicazione degli obblighi di assunzione delle categorie protette, nella base di computo azienda-le devono essere considerati tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato.Al fine di favorire maggiormente l’inserimento lavorativo dei lavora-tori disabili, la riforma Fornero amplia il numero dei lavoratori da conteggiare per determinare le cd. quote di riserva. Rispetto alla disciplina originaria, infatti, devono essere computati tutti i rapporti di lavoro caratterizzati dal vincolo della subordinazione. Vi rientrano, pertanto, non solo i contratti a tempo indeterminato ma anche quel-li a termine, in precedenza esclusi dalla base di computo se di du-rata non superiore a 9 mesi.Le legge di riforma, ridefinisce, inoltre, anche le categorie di lavora-tori che non rientrano nell’organico aziendale di riferimento, aggiun-gendo a quelle già previste, ulteriori tipologie contrattuali.Sono esclusi dalla base di computo: i lavoratori disabili già occupa-ti, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavorato-ri assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori as-sunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione dal lavoro nero (art. 1, co. 4bis, L. 383/2001).

In realtà, la legge di riforma ha riordinato nella disposizione specifica dell’art. 4 L. 68/1999 le tipologie contrattuali che erano già escluse dall’organico di riferimento in virtù di altre disposizioni.

La legge di riforma, inoltre, fa salve le ulteriori esclusioni previste da specifiche discipline di settore.

c) La revisione della disciplina degli esoneri prevista dalla leg-ge di riforma

Per alcuni datori di lavoro che operano in particolari settori o per le speciali condizioni della loro attività e, nel caso delle attività svolte dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici,

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Capitolo Primo24

per determinate mansioni, l’ordinamento prevede l’esclusione to-tale dall’obbligo di assunzione delle persone con disabilità o l’eso-nero parziale con occupazione dei disabili in misura ridotta.La riforma Fornero interviene su tale disciplina precisando, con riguardo all’esonero dagli obblighi di assunzione dei datori di lavoro del settore edile, per quanto concerne il personale di cantiere, che devono essere ricompresi in tale ambito anche i lavoratori diretta-mente operanti nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere, indipendente-mente dal loro inquadramento previdenziale (art. 4, co. 27).Al fine di evitare l’abuso dell’istituto degli esoneri, totale o parziale, la legge di riforma introduce, inoltre, un ulteriore adempimento am-ministrativo a carico dei centri per l’impiego che devono comuni-care alla competente Direzione territoriale del lavoro (DTL) il man-cato rispetto delle quote di riserva o il ricorso agli esoneri.

La comunicazione deve avere cadenza almeno mensile e può essere effettuata anche in via telematica.

L’intento è quello di evidenziare eventuali inadempimenti dei vinco-li previsti dalle disposizioni in materia di esoneri, in modo da con-sentire una più agevole attivazione degli strumenti di verifica ed eventualmente dei meccanismi sanzionatori.La riforma Fornero prevede comunque la revisione della disciplina sui procedimenti relativi agli esoneri, e su criteri e le modalità per la loro concessione, mediante l’emanazione di un apposito decreto ministeriale.A tale decreto del Ministero del lavoro è demandata anche la predi-sposizione di norme volte al potenziamento delle attività di controllo.

Il decreto del Ministro del lavoro, sentita la Conferenza unificata, dovrà essere adottato entro 2 mesi dalla data di entrata in vigo-re della riforma Fornero.

3. iL pRoLuNGameNTo deL soGGioRNo deL LaVoRaToRe exTRa-ue

Le assunzioni dei lavoratori non appartenenti all’unione europea sono assoggettate al rispetto della disciplina prevista dal d.Lgs. 25-7-1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la di-

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