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32 Gea • Numero 26 • febbraio 2010 Numero 26 Febbraio 2010 L’ Atlante mondiale svizzero, una pubblicazione che ha accompagnato migliaia di studenti e che ha messo loro a disposizione gli strumenti per acqui- sire una conoscenza approfondita del territorio nazionale, compie cento anni. Con le vecchie carte murali appese nelle aule, l’Atlante ha contribuito a creare un senso civi- co nella popolazione giovane svizzera. Osservando l’evo- luzione della scelta delle carte, la precisione e i tratti del disegno, la presenza o meno di carte tematiche, possiamo notare l’evoluzione delle modalità di rappresentazione del territorio. Tra poco sarà disponibile la nuova edizione inte- rattiva e informatizzata. È dunque questa l’occasione per dedicare un numero di GEA paesaggi territori geografie al tema della cartografia. Ma cosa è una carta? Nel corso del tempo, la carta ha messo a disposizione degli uomini una visione zenitale, ae- rea, della Terra a scale diverse e sulla base di tecniche di proiezione varie. Questa rivoluzionaria visione ha sostitui- to lo sguardo paesaggistico fatto di piani successivi e a vol- te nascosti. Essa ha accompagnato l’azione di conquista di nuove terre e i processi di trasformazione dello spazio. Av- valendosi della rappresentazione cartografica gli uomini hanno costruito i loro modelli del mondo e si sono dotati degli strumenti per agire su di esso. Occorre aggiungere che, nel corso della storia, cartografia e geografia hanno intrattenuto una stretta relazione. Le due discipline costi- tuivano una sola forma di conoscenza e i due termini era- no quasi considerati sinonimi; sino al diciassettesimo seco- lo non esiste una storia della geografia che non sia nel contempo una storia della cartografia. Ma la cartografia è stata anche molto vicina alla rappresentazione artistica; si pensi alle competenze nella rappresentazione territoriale SOMMARIO Editoriale 1 Polarità I cento anni dell’Atlante mondiale svizzero per le scuole Paolo Crivelli 3 Una mappa tattile della città di Ginevra: vantaggi e limiti diuna cartografia inusuale Gianluigi Giacomel 8 Dalla mappa al mapping. La carta in discussione Claudio Ferrata 16 Note brevi 22 Libreria 24 Rapporto d’attività 2005 30 GEA domani 31 GEA paesaggi territori geografie è la pubblicazione annuale di GEA-associazione dei geografi, casella postale 1605, 6500 Bellinzona (CH). Segretariato dell’associazione Alberto Martinelli, tel. +41 (0)91 656.25.50, alber to_mar [email protected] . La redazione di GEA paesaggi territori geografie è a cura di Claudio Ferrata, Michele Pancera, Adriano Merlini, Tiziano Moretti. Per contattarci + 41 (0)91 966.85.73 o c.fer [email protected] . Grafica e impaginazione di Silvia Camponovo Merlini. I numeri di GEA paesaggi territori geografie possono anche essere letti nelle pagine internet dell’associazione all’indirizzo www.gea-ticino.ch. Webmaster Mauro Valli. EDITORIALE

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Numero26 Febbraio 2010

L’Atlante mondiale svizzero, una pubblicazione cheha accompagnato migliaia di studenti e che hamesso loro a disposizione gli strumenti per acqui-

sire una conoscenza approfondita del territorio nazionale,compie cento anni. Con le vecchie carte murali appesenelle aule, l’Atlante ha contribuito a creare un senso civi-co nella popolazione giovane svizzera. Osservando l’evo-luzione della scelta delle carte, la precisione e i tratti deldisegno, la presenza o meno di carte tematiche, possiamonotare l’evoluzione delle modalità di rappresentazione delterritorio. Tra poco sarà disponibile la nuova edizione inte-rattiva e informatizzata. È dunque questa l’occasione perdedicare un numero di GEA paesaggi territori geografie altema della cartografia.

Ma cosa è una carta? Nel corso del tempo, la carta hamesso a disposizione degli uomini una visione zenitale, ae-rea, della Terra a scale diverse e sulla base di tecniche diproiezione varie. Questa rivoluzionaria visione ha sostitui-to lo sguardo paesaggistico fatto di piani successivi e a vol-te nascosti. Essa ha accompagnato l’azione di conquista dinuove terre e i processi di trasformazione dello spazio. Av-valendosi della rappresentazione cartografica gli uominihanno costruito i loro modelli del mondo e si sono dotatidegli strumenti per agire su di esso. Occorre aggiungereche, nel corso della storia, cartografia e geografia hannointrattenuto una stretta relazione. Le due discipline costi-tuivano una sola forma di conoscenza e i due termini era-no quasi considerati sinonimi; sino al diciassettesimo seco-lo non esiste una storia della geografia che non sia nelcontempo una storia della cartografia. Ma la cartografia èstata anche molto vicina alla rappresentazione artistica; sipensi alle competenze nella rappresentazione territoriale

� SOMMARIO

Editoriale 1

Polarità

I cento anni dell’Atlante mondiale svizzero per le scuolePaolo Crivelli 3

Una mappa tattile della città di Ginevra: vantaggi e limitidiuna cartografia inusualeGianluigi Giacomel 8

Dalla mappa al mapping. La carta in discussioneClaudio Ferrata 16

Note brevi 22

Libreria 24

Rapporto d’attività 2005 30

GEA domani 31

GEA paesaggi territori geografie è la pubblicazione annuale di GEA-associazione dei geografi,

casella postale 1605, 6500 Bellinzona (CH). Segretariato dell’associazione Alberto Martinelli,

tel. +41 (0)91 656.25.50, [email protected].

La redazione di GEA paesaggi territori geografie è a cura di Claudio Ferrata, Michele Pancera,

Adriano Merlini, Tiziano Moretti. Per contattarci + 41 (0)91 966.85.73 o [email protected].

Grafica e impaginazione di Silvia Camponovo Merlini. I numeri di GEA paesaggi territori geografie

possono anche essere letti nelle pagine internet dell’associazione all’indirizzo www.gea-ticino.ch.

Webmaster Mauro Valli.

� EDITORIALE

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dei pittori olandesi la cui arte è stata qualificata come ”arte topografica”. Una significativa tra-sformazione nella capacità di rappresentazione si presentò in età illuministica, sotto la spinta delprogresso scientifico. Gli strumenti per cartografare il mondo si fecero allora più precisi e, final-mente, si poté misurare, oltre che la latitudine, anche la longitudine. Più avanti, agli inizi del di-ciannovesimo secolo, avvenne il divorzio tra geografia e cartografia, le due discipline iniziaronoallora a seguire strade indipendenti. La cartografia si profilò come uno strumento tecnico atto arappresentare fenomeni diversi presenti nello spazio, la figura dell’ingegnere geografo rappre-sentò bene questo passaggio, la geografia divenne una scienza sempre più interessata ai pro-cessi sociali e al loro rapporto con lo spazio. Essa però non abbandonò la carta che rimase unodei linguaggi preferiti dai geografi. Oggi sono a disposizione di studiosi e operatori territorialistrumenti tecnici sempre più evoluti e perfezionati quali la teledetezione, la geomatica, i sistemidi informazione geografica (GIS), strumenti ampiamente utilizzati nell’analisi territoriale, nellagestione delle risorse e nella pianificazione, la cui performatività è in costante evoluzione. Ai no-stri giorni il contributo della geografia allo studio della cartografia non si limita ad una sempli-ce descrizione dei progressi nella descrizione del mondo. Da alcuni decenni i geografi hanno ini-ziato ad interrogarsi sulle reali capacità della carta di restituire una visione oggettiva del territo-rio. Questa riflessione, condotta inizialmente nel mondo anglosassone, ci ha fatto capire che larealizzazione della carta è governata da processi linguistici e che il messaggio che la carta vei-cola è condizionato dalla visione del mondo dei suoi committenti e dei suoi autori. Ma, proprioper le sue potenzialità comunicative e il potere di “naturalizzazione” della rappresentazione car-tografica, dobbiamo ricordarci che la carta non è che uno dei tanti e possibili racconti del terri-torio.

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ne, in collaborazione con l’ATIS (Associazioneticinese insegnanti di storia) e la FOSIT (Fe-derazione delle ONG della Svizzera italiana). Biblioteca cantonale, Bellinzona.

3 marzoCarestia e alimentazione in Europa:dal Medioevo all’Età contemporaneaMassimo Montanari

28 maggioAllons-nous mourir de faim?Sylvie Brunel

29 settembreBiblioteca cantonale, BellinzonaPresentazione del libro di Martine Rebe-tez Le Alpi sotto serra. L’esempio del-la Svizzera di fronte ai cambiamenticlimatici.La relazione dell’autrice è stata introdottada Stefano Agustoni.

17-18 ottobreCentro Polus, BalernaConvegno internazionale promosso daGEA-associazione dei geografi, dal Museoetnografico Valle di Muggio e dal Labora-torio di Storia delle Alpi: Paesaggio senza memoria? Perchè ecome tutelare il patrimonio.Hanno partecipato Danilo Bianchi, Gré-goire Mayor, Claudio Ferrata, BernhardFurrer, Silvia Ghirlanda, Paolo Crivelli,Maria Luisa Sturani, Luca Bonardi, Rug-gero Crivelli, Stefania Bianchi, EnricoSassi, Riccardo Bergossi e Domenico Lun-go.

Assemblea generale25 marzo, Canvetto luganese, Lugano

PubblicazioniGEA paesaggi territori geografie n. 25, feb-braio 2009, numero dedicato a tematiche digeografia culturale con contribuiti di Ales-sandro Dozio, Tiziano Moretti, Gianni Ho-chkofler.

� GEA DOMANI

Giovedì 4 febbraio, 18.30Potere e spazio pubblico urbano. Dall’agorà alla baraccopoli (2009)Biblioteca cantonale, Bellinzona

Presentazione del libro di Gian Paolo Tor-ricelli. L’autore dialogherà con l’architettoTita Carloni.Incontro organizzato in collaborazione conla Biblioteca cantonale di Bellinzona.

Mercoledì 17 marzo, 18.30Assemblea GeneraleCanvetto luganeseVia Siemen 14 b, Lugano

L’Assemblea sarà seguita da una cena fa-coltativa. È gradita l’iscrizione presso ilsegretariato allo 091 656 25 50 oppurescrivendo ad [email protected].

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� POLARITÀ

I cento anni dell’Atlante mondiale svizzero per le scuole

Paolo Crivelli, geografo, membro della Commissione consultiva della CDPE per l’Atlante mondiale svizzero

Le originiLa Conferenza dei Direttori cantonali dellaPubblica Educazione (CDPE), costituitasinel 1898, si proponeva di dotare le scuoledi un’opera che, per pregio intrinseco, nonfosse inferiore agli atlanti stranieri e posse-desse inoltre carattere schiettamente svizze-ro1. Il lavoro di esecuzione viene affidato alprofessor Dr. A. Aeppli così che il primoatlante viene pubblicato nel 1910 in tede-sco e successivamente nel 1915 in italiano.Sulla copertina in tela figura, a grandi ca-ratteri, Atlante per le Scuole medie Svizze-re. Sfogliando questo prezioso volume dallecarte di ottima qualità si può ben dire cheesso realizza pienamente gli obbiettivi del-la CDPE. Attenzione viene dedicata peresempio al problema delle scale e con unabrillante soluzione didattica si porta l’allie-vo a capirne il significato. Su di una pagi-na, in un primo riquadro, la carta 1:10’000è centrata su Palazzo federale, si passa poialle scale più piccole 1:100’000 e1:500’000 dove i dettagli svaniscono maappare il contesto territoriale in cui è situa-ta la capitale, mentre alla scala1:15’000’000 Berna appare come un puntoa ridosso della catena alpina. Le carte del-la Svizzera, delle lingue e religioni, dei cli-mi, della densità di popolazione, delle città

e, nelle ultime pagine, le caratteristicheastronomiche del nostro pianeta sono con-tenuti che, opportunamente aggiornati, tro-viamo ancora nelle versioni recenti del-l’Atlante.

Nel solco della tradizione cartograficasvizzera: Eduard ImhofNel 1932 viene pubblicata a cura diEduard Imhof un’edizione dell’Atlantecompletamente rivista che contiene nuovecarte da lui stesso disegnate. Altre versio-ni sempre curate da Imhof appaiono nel1937 e nel 1940 dal titolo SchweizerischerSekundarschul-Atlas2. Sfogliando quest’ul-timo, le prime pagine attirano per l’atten-zione dedicata alla didattica. Imhof dimo-stra come avviene il passaggio dalla realtàalla carta partendo da un disegno preso avolo d’uccello e illustra le principali com-ponenti di una carta, dalle curve di livelloagli insediamenti, prendendo come spuntoil delta della Maggia. Notevoli e di estremachiarezza sono le magnifiche rappresenta-zioni cartografiche delle città di Berna, Zu-rigo, Basilea, Ginevra, Amburgo, Novara,Vienna. Esse mettono in evidenza, graziead una tecnica dei colori appropriata e auna resa impeccabile del rilievo, la relazio-ne della città con l’ambiente naturale (fiu-

Martin BenistonChangements climatiques et impacts.De l’échelle globale à l’échelle localePresses Polytechniques et UniversitairesRomandes, Lausanne, 2009, pp. 248

Questo libro propone uno studio approfonditodei processi fisici fondamentali che sono al-l’origine del riscaldamento climatico. Offreuno sguardo sull’evoluzione del clima e i suoiimpatti in Europa e nelle Alpi nel corso delventesimo e ventunesimo secolo, espone glielementi di base per comprendere i motiviper i quali il clima cambia e in quale misurail riscaldamento dei prossimi decenni modi-ficherà il nostro ambiente fisico. In una pri-ma parte espone i principi scientifici genera-li, la seconda esamina in modo più specificoil caso alpino.

Aurélien Boutaud, Natacha GondranL’empreinte écologiqueLa Découverte, Paris, 2009, pp. 126

Gli autori di questo libro ci invitano a consi-derare il sistema contabile dell’impronta eco-logica, strumento di misurazione e di analisiapparso nel corso degli anni novanta. Essi il-lustrano le condizioni della sostenibilità eco-logica, il tema della biocapacità, i principigenerali così come il calcolo dell’improntaecologica. Oltre a presentare fondamenti e fi-nalità della nozione di impronta ecologica gliautori presentano pure i suoi limiti. Questo li-bro contribuisce a portare nuova luce sul di-battito inerente lo sviluppo sostenibile e le re-lazioni tra attività economiche e ambiente.

Comitato direttivoPaolo Crivelli Oscar Dell’OroClaudio Ferrata Luca GroppiClaudia Koch Alberto MartinelliAdriano Merlini Tiziano MorettiMichele Pancera Mauro Valli

Segretariato WebmasterAlberto Martinelli Mauro Valli

Revisori dei contiNorberto Crivelli Adriano Agustoni

Comitato scientifico– Luca Bonardi, Università degli Studi di

Milano– Ruggero Crivelli, Università di Ginevra– Jean-Bernard Racine, Professeur honorai-

re dell’Università di Losanna– Ola Söderström, Università di Neuchâtel– Gian Paolo Torricelli, Università della

Svizzera Italiana

Manifestazioni 2009Conferenze dedicate ai temi dell’alimentazio-

� RAPPORTO DI ATTIVITÀ 2009GEA- associazione dei geografi (Bellinzona), fondata nel 1995, membro dell’Associazione sviz-zera di geografia.

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mi, laghi, canali, rilievo). Inoltre, con chia-rezza e precisione, emerge la trama urbanain cui, in rosso, viene evidenziato il trac-ciato della ferrovia. L’edizione del cin-quantennio è pubblicata nel 1948 e, oltrea ricordare le origini (1898), è frutto di unprofondo rinnovamento: il titolo diventaAtlante svizzero per le scuole medie3. Spazioviene dato alle carte geologiche delle Alpie della Svizzera e a quelle relative alle atti-vità economiche. L’edizione del 1962 vie-ne pubblicata in veste interamente rielabo-rata. Essa registra i nuovi cambiamenti av-venuti nel mondo ed è marcata dai nuoviprocedimenti per la riproduzione cartogra-fica. Infatti è caratterizzata da una rappre-sentazione innovativa in cui viene riserva-ta particolare attenzione alla resa del rilie-vo: una tecnica unica nel suo genere, “allaImhof” si potrebbe dire, che conferisce uneffetto plastico e quasi tridimensionale allecarte. La versione del 1965, dall’inconfon-dibile copertina grigia, Atlante Svizzero perle Scuole Medie di Eduard Imhof sopravvi-ve ancora oggi qua e là sugli scaffali delleaule di geografia. Interessante è la prefa-zione di questo volume firmata dallaCDPE: L’Atlante Svizzero per le scuole me-die appare in tedesco, francese e italiano.Esso è un mezzo didattico nazionale, senzail quale un insegnamento della geografianelle scuole medie del nostro paese non sa-rebbe più concepibile. Rechi dunque, nellanuova edizione, buoni servizi e possa, con lesue magnifiche carte, avvicinare il mondoalla nostra gioventù4. Un chiaro obiettivodi natura politica scolastica, ma anche unmessaggio positivo sul valore pedagogicoed educativo dell’Atlante di cui i docentidevono tener conto. E’ d’obbligo ricordareanche l’opera monumentale realizzata da

Eduard Imhof racchiusa nel grande cofanorosso l’Atlante della Svizzera5. Una prezio-sa fonte di carte e illustrazioni di grandeformato utilizzata da molti docenti i cui fo-gli campeggiano ancora in alcune aule digeografia. Ne è un magistrale esempio ilfoglio 45 Zurigo, topografia e sviluppo incui, attraverso le carte di diversi periodi,viene illustrata l’evoluzione storica e urba-nistica di quella città. In tutti questi Atlan-ti è condensato il sapere della cartografiasvizzera dalle carte Dufour di metà Otto-cento a quelle Siegfried di fine Ottocento,alle carte nazionali del Novecento. Il gran-de impegno di Imhof per l’Atlante durafino al 1976. Quasi mezzo secolo di lavoroche mette in luce il valore della cartografi-ca elvetica, la cui tecnica e precisionesono ampiamente riconosciuti e invidiatida tutto il mondo.

Continuità cartografica e rinnovamentodei contenuti: Ernst SpiessAlla redazione dell’Atlante succede il dot-tor Ernst Spiess6, professore al Politecnicofederale di Zurigo, che guiderà l’opera dal1976 al 2008. Egli stesso confessa che ilsuo primo interesse per la cartografia na-sce sui banchi della scuola elementare, inoccasione di un esercizio sui fiumi e sullecatene montuose, e si conferma alle scuolesecondarie con un lavoro sulle curve di li-vello. Ernst Spiess, classe 1930, svolge isuoi studi come ingegnere in misurazionipresso il Politecnico federale di Zurigodove segue anche corsi di geografia delnoto prof. Hans Boesch. Frequenta i corsidi cartografia di Eduard Imhof che lo ac-compagnerà dal primo all’ultimo semestree ottiene il diploma nel 1955. Imhof lo av-vicina alla sua incomparabile e convincen-

tre ad una riflessione sui rapporti tra paesag-gio e storia, presenta gli strumenti perun’analisi storica del paesaggio partendo dal-la presentazione delle fonti di ricerca storica,dall’analisi delle morfologie e dalle strutturedel paesaggio antropizzato. Il libro, che siconcentra sui paesaggi rurali e che abbracciaun orizzonte temporale si estende dal medioe-vo sino all’età moderna, si configura come lacontinuazione di un agile e recente libro delmedesimo autore dal titolo Il paesaggio comestoria (Il Mulino, 2007).

Margherita CiervoGeopolitica dell’acquaCarocci, Le Bussole, Roma, 2009, pp. 144

Come noto, il tema dell’acqua si è impostonella geografia sociale e nella società civileda alcuni anni. Esplorando i luoghi della re-sistenza alla mercificazione dell’acqua, que-sto libro si propone di fornire spunti di rifles-sione su temi quali l’acqua come bene comu-ne e come bene economico, l’abbondanza e lascarsità delle risorse idriche, la relazione fratale scarsità, sistema produttivo e stili di vita,le ragioni e gli effetti delle privatizzazioni. Laprefazione è di Riccardo Petrella.

Géraldine PfleiegerL’eau des villes. Aux sources des empires municipauxLe savoir suisse, Lausanne, 2009

Il controllo delle fonti, la captazione delle ac-que dei laghi e dei fiumi o ancora lo sviluppodella distribuzione delle acque costituisconoun tema poco conosciuto della storia dellaSvizzera e delle sue città. Per creare le loro

reti, ampliare e garantirsi redditi soddisfacen-ti, i comuni hanno a volte agito in concorrenzacon le imprese private e con lo Stato e, in cit-tà come Ginevra, Losanna, Basilea, Berna,Zurigo si sono costituiti piccoli imperi. Que-sto studio, apparso nella collezione Le SavoirSuisse, si inserisce nel dibattito internaziona-le attualmente in corso sulla gestione delle ac-que presentando uno sguardo su aspetti pococonosciuti del funzionamento delle città.

Martine RebetezLe Alpi sotto serraCasagrande, Bellinzona, 2009, pp. 126

Alluvioni, smottamenti di terreno, ritiro deighiacciai, canicole estive sono oggetto di pre-occupazioni crescenti. Troppo sovente peròquesti temi vengono valutati solo in terminiemotivi. Martine Rebetez ha raccolto dati e te-stimonianze che illustrano in modo rigoroso escientifico le “bizze” del clima e gli inquietan-ti segni di quello che viene oggi denominatomutamento climatico. A ragione, le Alpi posso-no essere considerate come un vero e propriolaboratorio che ci permette di comprendere ifenomeni climatici planetari e i loro effetti ascala locale. Il libro si concentra dunque sulcaso svizzero mettendo l’accento sul mondo al-pino, regione nella quale l’impatto di questetrasformazioni si presenta in modo molto mar-cato. Dopo aver illustrato i grandi meccanismialla base del mutamento del clima a livello ge-nerale e locale, l’autrice illustra le conseguenzedi questa evoluzione sui ghiacciai, sui suoli esulla stabilità dei versanti, sui corsi d’acqua,sulle foreste e le colture, così come sulle attivi-tà legate al turismo invernale. Il libro si conclu-de con un capitolo dedicato al contributo dellaSvizzera alla riduzione dell’effetto serra globale.

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te arte di rappresentare il rilievo e Spiessdi lui ricorda che correggeva e faceva riela-borare i disegni fino alla perfezione. CosìImhof diventa suo “maestro” nell’appren-dimento delle tecniche cartografiche. Im-hof lo vuole come assistente e collaborato-re e, nel 1962, Spiess contribuisce con al-cuni disegni alla nuova versione del-l’Atlante per le scuole medie. La notorietàdi Imhof a livello internazionale apre aSpiess sbocchi interessanti: una spedizio-ne del Club Alpino nella Cordillera Vilca-

bamba in Perù, diversi contatti nell’ambi-to di lavori di cartografia in Francia, StatiUniti e Canada. Per diversi anni Spiess la-vora come ingegnere-topografo presso ilServizio topografico federale. L’amicizia traSpiess e Imhof si approfondisce ulterior-mente negli anni in cui lavorarono alla vo-luminosa opera Atlante della Svizzera. Nel1975 Eduard Imhof annuncia il suo ritiroda caporedattore dell’Atlante per le scuolemedie e indica come suo successore ErnstSpiess. Fino alla morte, avvenuta nel 1986,

l’asilo e una terza alle problematiche connes-se con l’immigrazione quali l’integrazione o lalibera circolazione in Europa. Ben documen-tato, completato con dati statistici, tabelle egrafici, questa opera permette di valutare unodei grandi problemi della società contempora-nea al di là delle soluzioni semplicistiche.

Francesco Boggio, Giuseppe Dematteis,Maurizio MemoliGeografia dello sviluppo. Spazi, economie e culture tra ventesimo secolo e terzo millennioUTET, Torino, 2008, pp. 290.

Questo libro rappresenta l’edizione aggiorna-ta di una raccolta di saggi apparsa qualcheanno fa e molto utile in ambito didattico. Sin-tomatico il cambiamento del sottotitolo dal-l’edizione del 2002 alla nuova edizione: sipassa da Diversità e disuguaglianze nel rap-porto Nord-Sud a Spazi, economie e culturetra ventesimo secolo e terzo millennio, segnonon solo di una completa revisione dei testioriginali (ampliati e riscritti) e dell’aggiuntadi alcune nuove tematiche, ma anche dell’ab-bandono di una griglia di lettura che ha gui-dato le analisi delle relazioni internazionaliper più decenni. I contenuti propongono unariflessione critica sull’idea di sviluppo in uncontesto globale, non viene però dimenticatala dimensione locale e sono pure discusse ledimensioni ambientali dello sviluppo, il temadegli scambi, dei trasporti, dell’industria, del-la città del Terzo Mondo. Registrando i cam-biamenti storici, economici politici e socialidegli ultimi anni, questo Geografia dello svi-luppo individua le profonde diversità e disu-guaglianze ancora presenti malgrado il mitodello sviluppo globale.

Martin Vanier (sous la dir.)Territoires, territorialité, territoriali-sation. Controverses et perspectivesPresses Universitaires de Rennes, Ren-nes, 2009, pp. 230.

Risultato dei lavori di un convegno tenutosi aGrenoble che ha riunito geografi, urbanisti,economisti, sociologi, filosofi, storici, studio-si di scienze della politica, questa pubblica-zione rappresenta una sorta di bilancio sulvalore delle nozioni di territorio, di territoria-lità e di territorializzazione dopo una genera-zione di lavori scientifici. Alcuni tra gli auto-ri si iscrivono nel prolungamento delle acqui-sizioni di questi ultimi venti anni e ritengonoche, malgrado l’assenza di una teoria genera-le in materia di territorialità, non sia il mo-mento di chiudere questo paradigma ma, alcontrario, occorra implementarlo con alcunenuove posizioni. Altri ritengono invece chesia giunto il momento di superare questa vi-sione con nuove posizioni che però ancoradevono essere precisate.

Carlo ToscoIl paesaggio storico. Le fonti e i metodi di ricercaEditori Laterza, Roma-Bari, 2009

“L’idea di base è che i paesaggi del passatocontinuino ad agire sul presente. La loro ca-pacità di azione è dovuta al valore delle rima-nenze, all’importanza che le testimonianzeantiche continuano a mantenere.” Partendoda questa riflessione, Carlo Tosco, docente distoria dell’architettura e di storia e conserva-zione del paesaggio alla Prima Facoltà delPolitecnico di Torino, mette a disposizionedel lettore questo valido manuale con cui, ol-

Schweizerischer Sekondarschul Atlas, Eduard Imhof, 1940.

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Imhof continua ad interessarsi degli svi-luppi tecnici per far progredire le sue ope-re. Spiess è molto riconoscente ad Imhof elo ammira per la sua grande forza di lavo-ro e per l’abilità con cui riesce a combina-re la sua vena artistica alla scienza dellacartografia. Ricorda con commozione laloro profonda amicizia. Le basi della carto-grafia messe a punto da Imhof fanno scuo-la e sono tuttora valide. Citiamo ad esem-pio il modo di disegnare il rilievo, come il-luminarlo per renderlo visivamente plasti-co senza deformazioni e come mescolare icolori isometrici per rafforzare l’effetto del-l’altezza. Questa continuità fa di Spiessl’erede della tecnica cartografica, unica nelsuo genere, coniata da Imhof. Spiess assu-me la guida dell’Atlante nel 1976 applicae fa progredire la tecnica acquisita, rinno-va e arricchisce i contenuti. Una primaversione provvisoria rinnovata da Spiessappare nel 1981 con la nuova denomina-zione Atlante mondiale svizzero, mentrequella interamente uscita dalla sue maniviene pubblicata nel 1993. Fino al 1979 lecarte vengono realizzate in modo conven-zionale. Per una singola carta il principioconsiste nel disegnare a mano tanti foglitrasparenti quanti sono gli elementi comecurve di livello, strade, colori, scritte. Iltutto viene poi montato su dei film ognunocon gli otto colori di stampa. Radicalmentediverso da questo processo è invece quelloattuale basato su un lavoro a schermo dicomputer che migliora nettamente la velo-cità di esecuzione per quanto riguarda adesempio la collocazione precisa dei nomidi luogo. La versione del 2002 è la primaed essere interamente digitalizzata. Nelleversioni successive (2004, 2006, 2008) lecarte vengono aggiornate o parzialmente

rinnovate senza cambiare il numero dellepagine.

Spiess contribuisce notevolmente all’ar-ricchimento dell’Atlante con tematiche re-lative alle problematiche recenti: il ritirodei ghiacciai e del Lago d’Aral, le inonda-zioni del Bangladesh, gli uragani, la defo-restazione, le miniere, i parchi, le trasfor-mazioni del territorio, le carte di flusso dimerci e di persone, piante di città arricchi-te di dettagli sull’uso del territorio, con-centrazione delle attività produttive, climo-grammi, migrazioni, foto satellite, strutturefunzionali e sociali della città, rilievo deifondali marini e della tettonica sviluppata-si negli ultimi decenni. Grande attenzioneviene dedicata alla geografia fisica ma so-prattutto a quella umana, un Atlante cherispecchia la realtà del mondo attuale.L’epoca Spiess vede pubblicate nove edi-zioni tra il 1981 e il 2008, con un totale di924’000 Atlanti messi in circolazione! UnAtlante indispensabile per l’insegnamentodella geografia nelle nostre scuole, ma an-che un libro da tenere a casa e da sfogliareper farci viaggiare nel mondo con la mentee la curiosità dei primi viaggiatori.

Dalla versione cartacea a quellainterattiva

Da questa rapida carrellata si può ipotizza-re che con il binomio Imhof-Spiess si con-clude un’era dell’Atlante mondiale svizze-ro, un secolo di cartografia classica volgeal termine. Una nuova generazione di car-tografi si affaccia sulla scena e con l’av-vento del digitale anche l’Atlante deveadattarsi alle nuove tecnologie. La CDPEha dato mandato all’Istituto di cartografiadel Politecnico di Zurigo di preparare unaversione interattiva dell’Atlante mondiale

duti tra il XVI e il XVIII secolo e accompa-gnati da ipotesi e da invenzioni che GiorgioTognola crea grazie al suo notevole bagagliodi conoscenze relative al passato dei suoi an-tenati mesolcinesi e calanchini. Il primo rac-conto, Miserere mei, ci narra le vicende dellagiovane Caterina che, anche per sfuggire alleindesiderate e insistenti attenzioni di un pre-lato, cerca rifugio nell’isolamento dell’alpeg-gio. Non avrà fortuna: processata e condanna-ta per stregoneria sarà arsa viva a Roveredoil 18 dicembre 1583. Segue Historia di unfranco valligiano in rozza casacca, un raccon-to basato sulla vita e le gesta politiche e mi-litari di uno dei più noti personaggi storicidella Mesolcina, il Colonnello e Cavalierepontificio Giovanni Antonio Gioiero (ca.1570-1624), capofila regionale della fazionecattolica e filospagnola. Anche in A perpetuamemoria troviamo un personaggio illustre. Èil dottore e medico Rodolfo Antonini (ca.1589-1659), primo medico condotto dellaMesolcina, uomo facoltoso e dotto, attivo poli-ticamente in Valle e nelle Tre Leghe, che perdue anni fu pure sostituto del Governatoregrigione in Valtellina. Tognola rilegge il dia-rio del medico, ricostruendone le vicissitudi-ni e le peripezie economiche e familiari.Chiude il libro il racconto Ab alto precipitavit,incentrato sulla vita, non sempre volta allabeatificazione del Signore ed alla tutela dellacollettività dei credenti, della comunità difrati cappuccini che furono parroci per seco-li a Santa Maria in Calanca. (A.M.)

Domenico LungoIl territorio edificato. Le trasformazio-ni del fondovalle del Cantone TicinoLibreria Clup, Quaderni AUC, Milano,2009, pp. 150

Questo studio propone una lettura del fondo-valle ticinese, “spazio attraversato”, attraver-so gli strumenti dell’urbanistica e dell’archi-tettura. L’autore si pone l’obiettivo di analiz-zare la dimensione morfologica, ritrovare leforme strutturanti dell’edificazione del terri-torio, la loro persistenza, forme che possonocreare motivi fondanti di un progetto architet-tonico. La prima parte è appunto dedicataalla presentazione dei momenti e delle forzeche hanno strutturato il fondovalle, nella se-conda si colgono i temi, le indicazioni e leproblematiche offerte dalla descrizione ecome queste sono state tradotte nella praticaarchitettonica. Un CD con elaborati originalidell’autore completa la pubblicazione.

Etienne PiguetL’immigrazione in Svizzera. Sessant’anni con la porta semiapertaCasagrande, Bellinzona, 2009, 144 pp.

Prima opera tradotta in italiano della collezio-ne enciclopedica Le Savoir suisse edita dallePresses Polytechniques et Universitaires Ro-mandes, questo studio presenta i grandi trattidell’immigrazione in Svizzera dal secondo do-poguerra sino ai nostri giorni. Secondo l’auto-re, la Svizzera può essere considerata come ungrande paese di immigrazione alla stessa stre-gua di Canada o Australia. Nella prima partevengono descritte e analizzate le diverse fasidi immigrazione nel paese dal dopoguerra ainostri giorni mettendo l’accento sui momentidi chiusura e di apertura, sui legami con lenecessità del mondo economico, sulle relazio-ni con i paesi di emigrazione definendo di vol-ta in volta le trasformazioni, le esitazioni e isuccessi delle politiche migratorie. Una se-conda parte è poi dedicata alla questione del-

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svizzero. Lo scopo è quello di fornire a do-centi ed allievi uno strumento per meglioimparare a interpretare i fenomeni geogra-fici. La scelta libera di una regione da vi-sualizzare, le possibilità di manipolazione,le rappresentazioni in 3D, la sequenza dicarte in diversi periodi storici, consentononuove modalità di lavoro didattico con gliallievi. Un primo prototipo dell’Atlante in-terattivo online è attualmente in fase disperimentazione e una prima edizione ver-rà aperta all’uso scolastico nel 2010. Sfo-gliare i diversi Atlanti usciti sull’arco di100 anni consente di leggere le trasforma-zioni del mondo avvenute nel corso del XXsecolo. La versione interattiva potrebbecontribuire a mostrare, tramite il confrontodi carte, i cambiamenti riguardanti le fron-tiere, la crescita delle città, le trasforma-zioni nell’uso del territorio, l’aumento del-le densità di popolazione, il ritiro deighiacciai. Il mondo racchiuso in un libroconserva sempre un grande fascino e gliallievi lo sfogliano sempre con piacere.Dove sono i fiumi, le città, le montagne e ipaesi, esercizi che tutti hanno fatto per ri-spondere alla prima domanda cruciale del-la geografia, dove sono i luoghi. Mal’Atlante non è solo questo. Per raggiunge-re l’obiettivo pedagogico finale dell’inse-gnamento della geografia che consiste nel-l’avvicinare i giovani al mondo per scopri-re la ricca varietà di ambienti e di paesag-gi costruiti dall’uomo e la diversità delleculture, l’Atlante rimane uno strumento in-dispensabile di conoscenza.

Questo testo è stato originariamente pub-blicato in Scuola Ticinese, 294, settembre-ot-tobre 2009.

Note1 Prefazione della CDPE all'Atlante per le Scuole me-

die Svizzere, pubblicato dalla Conferenza dei Diret-

tori cantonali della Pubblica Educazione, eseguito

dallo Stabilimento: Kartographia Winterthur, 1915.

2 Schweizerischer Sekundarschul-Atlas, Herausgege-

ben von der Erziehungsdirektion des Kantons Zü-

rich, Dritte Auflage 1940, Bearbeitet und gezei-

chnet von Ed. Imhof, Lithographie und Druck: Art.

Institut Orell Füssli, Zürich.

3 Atlante svizzero per le scuole medie, pubblicato

dalla Conferenza dei Direttori cantonali della Pub-

blica Educazione, edizione del cinquantennio 1898-

1948, nona edizione stampata 1946-1948, Ed. Im-

hof, professore alla Scuola politecnica federale, Li-

tografia e stampa: Istituto Art. Orell Füssli S.A. Zuri-

go.

4 Eduard Imhof, Atlante Svizzero per le Scuole

Medie, pubblicato dalla Conferenza dei Direttori

cantonali della Pubblica Educazione, nuova edizio-

ne 1965, Elaborazione e disegno originale Edoardo

Imhof Dr.h.c, Professore alla Scuola Politecnica Fe-

derale di Zurigo, Cartografia tecnica e stampa Isti-

tuto Art. Orell Füssli S.A. Zurigo.

5 Atlante della Svizzera, Pubblicato per incarico del

Consiglio Federale Svizzero, elaborato da Eduard

Imhof, Edizione del Servizio topografico federale,

Wabern-Berna, 1965-1978.

6 Ho avuto il piacere di conoscere il dottor Ernst

Spiess in occasione delle riunioni della Commissio-

ne consultiva della CDPE per l'Atlante mondiale

svizzero. Egli ha gentilmente risposto ad una serie

di domande che gli ho sottoposto permettendomi

di redigere questo testo.

zioni di cittadini di fruire, con rinnovata con-sapevolezza e partecipazione, una nuova di-mensione pubblica della vita urbana?

Questo può e deve essere il compito del-l’insegnante: discutendo con i suoi allievi gliargomenti che scaturiscono dalle pagine dellibro di Torricelli, può concretamente aiutarei suoi giovani allievi a realizzare una societàmeno liquida (secondo l’accezione che Zyg-munt Bauman dà a questo aggettivo) di quel-la in cui noi oggi ci troviamo a vivere.

Tiziano Moretti

Oscar Mazzoleni, Remigio Ratti (a cura di)Identità nella globalità. Le sfide della Svizzera italianaCoscienza Svizzera/Gianpiero Casagran-de editore, Lugano, 2009, pp. 206

Coscienza Svizzera ha voluto dedicare al temadell’identità la sua ultima fatica. Questa rifles-sione rappresenta una sorta di aggiornamentodegli studi precedenti alla luce degli effettidelle grandi e recenti trasformazioni socio-economiche e politiche. Questa non forniscesoluzioni ma pone nuovi interrogativi. E nonpoteva che essere così visto che, da un lato,un problema come quello dell’identità nonpuò essere posto in modo definitivo e, dall’al-tro, i nostri modelli scientifici e i nostri con-cetti sono sempre alla rincorsa della fuggentetrasformazione sociale. Gli scritti raccolti inquesto volume ci permettono, se non di capirefino in fondo, almeno di contestualizzare quel-la deriva – intesa come scadimento del livel-lo del dibattito politico, diminuzione delle ca-pacità analitiche, imbarbarimento del lin-guaggio, ecc. - che la nostra regione vive daqualche anno. Si può avere qualche ragione-vole dubbio sul fatto che “la Svizzera italiana

possa essere vista come un laboratorio di ‘go-vernanza’ di una minoranza di fronte al cam-biamento” (come si ricorda nelle prime paginedel libro facendo riferimento a un recenteconvegno sul tema tenutosi a Filadelfia) macertamente essa rappresenta uno spazio chepermette di osservare e valutare l’impatto ascala locale di trasformazioni che si manife-stano a scala globale ed europea. Quella cheera stata vista e rappresentata come “regioneaperta” ha di fatto incontrato più di una diffi-coltà nel gestire le trasformazioni indotte dal-la contemporaneità. Se l’identità è un proces-so e una costruzione tutto sommato difficil-mente afferrabile, essa deve essere considera-ta più che il risultato del dispiegamento di ar-boriche “radici” (come sottolineato a più ri-prese dagli autori dei testi pubblicati in que-sto libro) come un fenomeno di relazione.Troppo sovente, nella rappresentazione dellequestioni identitarie, privilegiamo i fenomenistabili rispetto a quelli legati al movimento. Inaltre parole preferiamo le “radici” ai “flussi”.L’identità è il prodotto di una serie di “sceltedi ogni giorno” che trovano i loro riscontri neigesti della quotidianità e che hanno poi unimpatto non indifferente nelle scelte politiche.Riflessioni come quelle condotte da Coscien-za svizzera ci sono necessarie, l’identità è untema troppo importante per essere lasciatonelle mani dei movimenti politici o dei gior-nali domenicali. (C.F.)

Giorgio TognolaMiserere meiEdizioni Ulivo, I randagi, Balerna, 2009, pp. 123

Il testo riunisce quattro racconti che si intrec-ciano basati su fatti storici documentati acca-

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Nell’agosto del 2006 il Labo InfoGéodell’Università di Ginevra (Facoltàdi Scienze economiche e sociali) è

stato contattato dal Servizio della Mobilitàdella Città di Ginevra per realizzare unamappa del centro città destinata ai non ve-denti. Questo mandato ha costituto una vera

sfida per il nostro gruppo di ricerca. Lavo-riamo abitualmente su cartografie basateunicamente su un senso specifico: la vista.In questo caso l’obiettivo era quello di ela-borare una mappa che potesse essere usatada individui che non dispongono di talesenso. La sfida è stata, dunque, di proporre

� POLARITÀ

Una mappa tattile della città di Ginevra: vantaggi e limiti di una cartografia inusuale

Gianluigi Giacomel, geografo, Labo InfoGéo, Università di Ginevra

ditata dalla seconda rivoluzione industriale.La parcellizzazione delle unità produttive,

l’introduzione massiccia di nuove tecnologie,la disgregazione dell’identità professionale diintere categorie produttive hanno avuto il lororiflesso sulla struttura delle società occiden-tali e, di conseguenza, sul ruolo dello spaziopubblico nelle grandi metropoli. Su di esso,dopo la stagione creativa dei decenni prece-denti, è calato un silenzio inquietante.

Dove si è nascosta la dimensione pubblicanella vita urbana? Cercare una risposta a que-sto quesito costituisce il filo conduttore del-l’ultima parte dell’opera, la più attuale edaperta sugli scenari futuri. Gli urbanisti elen-cano i segnali di crisi: la segregazione su baseetnica ed economica moltiplica le separazio-ni nel tessuto urbano delle più avanzate me-tropoli americane ed europee. L’insicurezzalatente, ispirata alla presunta minaccia costi-tuita dalle fasce sociali dei nuovi poveri e de-gli immigrati porta alla costruzione di cittànella città, separate dal resto del tessuto ur-bano da muri di recinzione dove ogni spaziopubblico è sparito e trionfa, indiscussa, la se-parazione individuale. Il territorio è diviso darecinzioni, segnato da impianti d’allarme epercorso da unità di vigilanza private chehanno preso il posto della tradizionale forzapubblica. Le nuove forme di comunicazionetelematica mettono in relazione tra di loro gliabitanti di questi quartieri separati senza do-ver scendere a compromessi con il mondoesterno. È destino del XXI secolo suggellarela fine dello spazio pubblico che la nostra ci-viltà ha ereditato dagli antichi Greci? Sul filodi questo interrogativo scorrono le pagineconclusive dell’opera. Se si osserva con atten-zione la complessa realtà urbana contempora-nea, accanto ai segnali di crisi profonda del-la dimensione pubblica degli spazi metropo-

litani è possibile cogliere alcuni segnali diun’inversione di tendenza, di proposte chepotrebbero schiudere nuove prospettive aquesta dimensione sociale che ha svolto unruolo così importante nella nostra storia.

Prendiamo come esempio ciò che sta avve-nendo in alcune aree periferiche quali l’Ame-rica latina o l’Africa subsahariana. Si tratta direaltà in cui è più visibile una delle caratteri-stiche che distinguono la realtà urbana attua-le: la crescita, cioè, della città informale benrappresentata dalle immense baraccopoli checosteggiano spesso i quartieri fortificati dovevivono le classi abbienti. In questi luoghi,dove l’estremo disagio è il compagno di vitadi intere generazioni, rinasce uno spirito col-lettivo che cerca nella riconquista di uno spa-zio pubblico un luogo in cui far nascere unanuova aggregazione sociale in grado di quali-ficarsi come alternativa al sistema di potereufficiale. Sono le nuove forme di democraziacondivisa e partecipativa che hanno segnatoin questi ultimi anni la realtà di alcuni Paesispinti ai margini della vita economica, primadall’affermazione dell’economia finanziaria e,in seguito, dalla sua crisi.

Quale futuro per queste nuove esperienze?Le pagine finali dell’opera ci conducono a ri-flettere sul senso di questa domanda. Proba-bilmente in essa sta racchiusa la possibilità diuna potente rinascita di uno spazio pubblicourbano, specchio di una rinnovata socialità.Uno spazio in grado di elaborare nuove pro-poste sociali capaci di proporsi quale validaalternativa culturale di fronte allo spazio vir-tuale costituito da programmi televisivi stan-dardizzati, veicolo dell’omologazione cultura-le che ha segnato la prima ondata della globa-lizzazione. È possibile spingere lo sguardo an-cora di più verso il futuro? Come creare unasensibilità tale da permettere a nuove genera-

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una mappa che costituisse una rappresenta-zione efficace della realtà tramite un altrosenso umano: il tatto. D’altra parte, lo scoponon era solo quello di creare la rappresen-tazione di una città, come può farlo un di-pinto o una fotografia, ma di essere utile perfavorire gli spostamenti nella città, alquantodifficoltosi per i non vedenti. Considerandola specificità del prodotto e le particolaritàdel pubblico a cui è destinato, in un primotempo il nostro lavoro ha avuto come obiet-tivo di effettuare una ricerca relativa a espe-rienze di mappe per non vedenti o ipove-denti in altre città, così come un censimen-to dei vari metodi esistenti per realizzarerappresentazioni cartografiche di questo ge-nere. Un altro spunto di ricerca molto im-portante è stato quello di capire in chemodo i non vedenti possono leggere dellemappe tattili.

La rappresentazione cartografica per inon-vedentiCome dimostrano varie ricerche (Kennedy1982, 1983; Kennedy, Domander, 1986), inon vedenti che non sono mai stati confron-tati a grafici o disegni sono in grado di rico-noscerli facilmente quando sono presentatisotto forma tattile. Gli stessi studi eviden-ziano le capacità dei non vedenti di rappre-sentare mentalmente le prospettive e dicomprendere il concetto di profondità dicampo. Queste osservazioni si confermanoper i disegni più semplici ma, man manoche la complessità del grafico aumenta, ledifficoltà crescono (Hatwell, 2001). Tutta-via, se le condizioni di apprendimento sonobuone, in particolare se i concetti di basedella geografia vengono insegnati prima(Siekierska, Labelle, 2001), un bambinonon vedente può utilizzare correttamente

una mappa tattile già dall’età di otto anni(Hatwell, 2000).

Due problemi devono comunque esserepresi in considerazione nella realizzazionedi tali mappe. Il primo è la difficoltà per unnon vedente, che difficilmente dispone del-la capacità di proiezione nello spazio eucli-deo, di comprendere il passaggio da unageografia tridimensionale entro la quale sicollocano certi oggetti ad una piccola rap-presentazione bidimensionale di questistessi oggetti (Hatwell, 2000). Le ricerchesulla capacità di questi utenti di trasferirsi,in certo modo, da uno spazio all’altro otten-gono risultati contrastanti ma concordanosul fatto che un bambino nato cieco è ingrado di capire il principio di una mappa inmodo relativamente semplice, anche se glierrori d’interpretazione, tra i più giovani,sono diffusi (Millar, 1994). Il secondo pro-blema è l’acquisizione frammentata e se-quenziale delle informazioni imposta da unamappa tattile, mentre una mappa classicapuò essere letta in modo globale e immedia-to. L’esplorazione di un documento tattile ri-chiede dunque tempo ed energia, e i bene-fici che ne derivano sono compensati daelevati costi di attenzione e memorizzazione(Hatwell, 2000) che, per il non vedente, siaggiungono al fatto di dover concepire il suoposizionamento rispetto allo spazio rappre-sentato. Un paradosso per l’utente è doverimparare a controllare lo spazio interno del-la carta per sperare di controllare meglio lospazio distante, non direttamente percepibi-le. Questo paradosso si ritrova con minoreacuità anche nelle mappe classiche.

Tali problemi possono far sembrare lalettura delle mappe tattili molto gravosa, manon tutte le mappe richiedono un medesimosforzo di comprensione. A livello scolastico,

� LIBRERIA

Gian Paolo TorricelliPotere e spazio pubblico urbano. Dall’agorà alla baraccopoliAcademia Universa Press, Firenze-Milano, 2009, pp. 155

Un’arte raffinata, un potente pensiero teoreti-co, le basi della prassi scientifica: ecco i la-sciti più significativi che la civiltà greca hatrasmesso al mondo moderno. Queste realiz-zazioni, però, non sarebbero state possibili sei Greci non avessero creato nelle loro cittàuno spazio pubblico – l’agorà - in cui questeconquiste furono forgiate dal confronto traidee ed opinioni diverse. Da allora lo spaziopubblico è entrato a far parte della strutturaurbana dell’Occidente, il riflesso delle diver-se civiltà che si sono succedute nel corso del-la storia. Quest’ultimo libro di Gian PaoloTorricelli, docente presso l’Accademia di Ar-chitettura dell’Università della Svizzera italia-na, ci invita a compiere un viaggio attraversoil ruolo che lo spazio pubblico urbano ha ri-vestito per le diverse società che ne hannofatto lo specchio delle proprie ideologie ed ilpalcoscenico delle loro vicende. Basti pensa-re al Medioevo: la Città terrena e la Città ce-leste di Agostino si concretizzano nella dupli-ce funzione della piazza medievale. Da unlato il Palazzo del Comune, dall’altro la Cat-tedrale e, nei casi delle città maggiori, duepiazze ben distinte segnavano i rispettivi ter-reni del potere civile e del potere religioso.Palcoscenici straordinari queste piazze me-dievali: le sommosse popolari, la nascita e larepressione delle eresie, l’avvento dei gover-ni signorili sono tutti avvenuti all’ombra deidue campanili: la campana che segnava glieventi pubblici e l’altra che scandiva il tem-

po da dedicare alla preghiera. L’avvento delRinascimento segna la fine di una certa fun-zione dello spazio pubblico urbano: la sua vo-cazione politica e civile si fa meno rilevante ecresce la sua importanza quale luogo dellarappresentazione dei fasti del potere, mano amano che si fortificano le grandi monarchienazionali.

Questo è il modello di città che gli europeiesporteranno nel Nuovo Mondo. La piazzacentrale, il nucleo di fondazione della nuovarealtà urbana, assumerà il ruolo di esibizionedei simboli del governo che rappresentano lalontana metropoli in questi avamposti europeisiti ai margini della Terra. Tuttavia, ci ricordaTorricelli, proprio nelle nuove realtà colonia-li lo spazio pubblico rinasce in luoghi nuovi,più discreti e appartati rispetto all’ufficialitàdel potere. Spingendo la sua indagine attra-verso le lenti di Foucault, il nostro autoreidentifica in luoghi posti agli estremi dellaconsiderazione sociale – la missione religiosae la casa chiusa – i centri da cui prende avviola costruzione delle nuove realtà sociali tra-piantate dagli europei nei loro possedimentid’oltremare.

La terza parte del libro esamina le vicendedello spazio pubblico urbano nel passato piùrecente ed affronta il problema del suo desti-no nell’epoca della globalizzazione. Le piazzedelle città europee sono state per l’ultima vol-ta teatro di grandi eventi pubblici negli annia cavallo del fatidico 1968, quando l’interasocietà civile è stata protagonista di grandistagioni di lotte e di rivendicazioni sociali. Mail tempo scorre e le società mutano: gli annisuccessivi a questa impressionante ripresadella dimensione pubblica della vita urbanahanno posto le premesse della disgregazionedella consolidata struttura economica basatasul paradigma della produzione fordista, ere-

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le mappe usate per l’insegnamento dellageografia e della storia sono molto semplicidal punto di vista della composizione. Ognitema (topografia, limiti amministrativi o po-litici, ecc.) possiede una propria mappa spe-cifica. Queste rappresentazioni, essendo ge-neralmente in scala di una nazione o di uncontinente, sono di scarso interesse per im-parare a muoversi, spostarsi o rappresentar-si nello spazio quotidiano. Una soluzionepossibile per aumentare le poche informa-zioni fornite da tali mappe è quella di ag-giungere commenti vocali. Così, il problemaricorrente della mancanza di spazio vienesuperato e i dati relativi ad un oggetto, oltrea poter essere più numerosi, guadagnano inqualità (descrizione storica di una città, adesempio). In conclusione, anche se la lettu-ra di mappe tattili non è facile per i non ve-denti, queste rappresentazioni offrono l’op-portunità di sperimentare concetti spazialicome la forma, la posizione, la distanza o ladirezione (Golledge, 2004). Tali mappe pos-sono inoltre permettere agli utenti di non li-mitarsi al semplice apprendimento mnemo-nico di un viaggio, ma anche di scoprirescorciatoie o modificare un itinerario duran-te il tragitto (Simmonet, 2004). Dal punto divista pratico sembrerebbe che un nuovopercorso sia usato più facilmente da un nonvedente che ha consultato prima della par-tenza una mappa tattile (Hatwell, 2000). Inquesto senso, si possono considerare questecarte come strumenti utili per migliorare larappresentazione spaziale dei non vedenti e,entro certi limiti, per favorire la loro mobi-lità.

Mappe tattili: le sfide per il cartografoIl fatto che un non vedente usi prevalente-mente la sua percezione tattile comporta

una serie di sfide che il cartografo deve ri-solvere durante la costruzione della mappa.Così deve affrontare durante tutto il proces-so di produzione un problema importante:creare un prodotto che egli stesso non potràusare, o per lo meno non nelle stesse condi-zioni di un non vedente. Il cartografo puòsempre bendarsi gli occhi per provare unamappa, ma la sua mancanza di esperienzanella percezione tattile, e soprattutto il fattoche egli ha visto questa mappa decine divolte nel crearla, non gli permettono in al-cun modo di giudicare la sua efficacia. Unbuon cartografo deve conoscere le specifici-tà del prodotto su cui lavora e dei suoi uten-ti (Ferras, Hussy, 2004; Rimbert,1968).Questo consiglio vale per le cartine classi-che ma, a fortiori, deve essere messo in pra-tica quando si tratta con la percezione tatti-le.

Nel suo libro Sémiologie et conceptioncartographique, Denègre (2005) elenca ivincoli della fisiologia umana e sottolinea,tra l’altro, che ogni elemento grafico di unamappa deve essere visibile, identificabile ea distanza sufficiente da un elemento vici-no. Può così dedurre gli standard dimensio-nali per raggiungere le soglie di percezione,separazione e differenziazione associate al-l’acuità visiva di discriminazione. Il proble-ma risiede proprio qui: l’acuità tattile è mol-to meno efficace rispetto alla sua contropar-te visiva. L’occhio comprende 165.000 re-cettori al millimetro quadrato, mentre il ditone ha solo 370 (Richaume-Crinquette,1990). Questi dati dimostrano un fatto cheognuno può sperimentare: è possibile conta-re abbastanza facilmente le setole di unospazzolino guardandolo ma ciò risulta mol-to più difficile solo toccandolo…

La più grande sfida del cartografo non è

Nuova formula per la Revue de Géographie alpineLa Revue de Géographie Alpine, che molticonoscono nella sua versione cartacea, èora disponibile anche sulla rete! Comemolte altre riviste che hanno conosciuto deiproblemi con le loro case editrici, anche laRGA ha deciso di cambiare strategia e dipresentarsi con una nuova formula, innova-tiva, attraente e… gratuita! Sono gratuita-mente a disposizione dei lettori tutti gli ar-ticoli pubblicati dal 1913. I numeri piùvecchi possono essere scaricati dal sitoPersée (un link vi guiderà verso questosito), mentre i numeri più recenti, a partiredal 2008, sono direttamente disponibilisulla pagina della rivista. Gli articoli sonoorganizzati secondo due logiche. Da unaparte ci sono i numeri tematici, i “dossier”(gli ultimi riguardano l’innovazione nelleAlpi, n° 97-2, e le regioni di montagnacome referenti dell’azione collettiva, n°97-3), dall’altra è proposta una raccolta di arti-coli diversi, non legati ad un tema partico-lare, i “mélanges”, che viene alimentataogni qualvolta un articolo è accettato dalcomitato di redazione. Una versione carta-cea, a pagamento e preferibilmente previasottoscrizione, è prevista alla fine di ognianno e raccoglierà tutti gli articoli pubbli-cati durante i dodici mesi precedenti. Unaparticolarità della rivista è l’impegno nellatraduzione sistematica di tutti gli articoli ininglese e francese. È possibile pubblicaretesti in italiano, ma la traduzione in france-se e inglese non è assicurata. I contributisono benvenuti anche per le due rubriche“lieux-dits” e “notes de lectures”. La rivi-sta è disponibile all’indirizzo http://rga.re-vues.org, con la possibilità di usare l’inter-faccia italiana scegliendo la lingua italiana

fra le opzioni a disposizioni che figurano inalto a destra della pagina di benvenuto.

Per la Revue de Géographie AlpineCristina Del Biaggio

Un master sul tema sviluppo e globalizzazioneL’Institut de hautes études internationales etdu développement (IHEID) di Ginevra orga-nizza una formazione continua in scienze del-lo sviluppo. Il programma dura nove mesi e siarticola attorno alla tematica “sviluppo emondializzazione, fra crescita ed esclusione”.Questa formazione si rivolge a persone cheoperano in enti pubblici o privati di interessecollettivo. Il prossimo ciclo avrà luogo dal 8aprile al 2 agosto 2010 ([email protected]).

Premio Vautrin Lud 2009 attribuito nelcorso del Festival International de la Géographie di Saint-Dié des VosgesIn occasione dell’ultimo Festival Internatio-nal de la Géographie di Saint-Dié des Vosgesè stato attribuito il premio Vautrin Lud al geo-grafo Terence Gary McGee. Membro dell’Ac-cademia australiana di Scienze Sociali egrande specialista dell’Asia, McGee è statoprecursore della ricerca internazionale nelcampo della geografia sociale e economicadelle grandi città dell’Asia del Sud-Est e si èoccupato dell’economia informale e della di-stribuzione dei viveri nelle bidonvilles deipaesi in via di sviluppo asiatici.

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� NOTE BREVI

Redistribuer les cartes. Approche postco-loniale d’un processus de cartographieparticipative en territoire mapuche (Chili)

Depuis plusieurs décennies, organisations etcommunautés autochtones du monde entierse sont approprié les techniques et usages dela cartographie occidentale moderne, en s’in-scrivant dans le courant plus vaste de «con-tre-cartographie» qui s’est développé depuisles années 1980. Cette dernière renvoie à despratiques cartographiques alternatives à cel-les de l’Etat, réalisées par les mouvementssociaux afin de contester l’ordre politique do-minant et transformer les politiques publi-ques de leur pays. De par leur position de co-lonisés, les peuples autochtones considèrentla cartographie comme un instrument de dé-colonisation des récits historiques, des sa-voirs et représentations hégémoniques rela-tifs à l’Etat, à la nation et au territoire et unoutil de défense de leurs droits politiques etfonciers et de leur territorialité. Ces cartogra-phies en contexte autochtone sont devenuesun objet d’étude privilégié d’une géographierevisitée par les études postcoloniales, sou-cieuse de réviser son propre rôle dans l’entre-prise coloniale européenne ainsi que de sor-tir de leur marginalité académique des thé-matiques telles que les géographies autochto-nes (Hirt 2009). C’est sur cette toile de fondpolitique et scientifique que Redistribuer lescartes a été réalisée (Hirt 2008). Cette thèsede doctorat en géographie porte sur le mou-vement de reconstruction territoriale chez lesMapuche au Chili, lequel constitue une réac-tion aux processus de désarticulation socialeet territoriale subis par ce peuple après sonincorporation forcée dans la nation chilienne

à la fin du XIXe siècle. La recherche se fon-de sur une enquête ethnographique de longuehaleine menée auprès de plusieurs commu-nautés rurales mapuche, dans le cadre d’unprojet de cartographie participative auquell’auteur a participé par la mise en œuvre deméthodes collaboratives et interculturelles derecherche. Ce projet avait pour but la recon-stitution des lof, entité de base du systèmesocio-territorial mapuche tel qu’il existaitavant la colonisation chilienne. La reconsti-tution cartographique a permis aux partici-pants mapuche de se réapproprier des repré-sentations territoriales considérées commepropres, tout en les encourageant à revendi-quer auprès de l’Etat chilien la récupérationdes terres ancestrales, usurpées par des co-lons non mapuche et leurs descendants. Lathèse rend compte de cette expérience decartographie locale, en la mettant en perspec-tive avec le conflit historique opposant lesMapuche et les non Mapuche autour de laquestion des terres et du territoire au Chili.

Irène Hirt, Département de géographie, Université de Genève

Hirt, I., 2008. Redistribuer les cartes: approche po-stcoloniale d’un processus de cartogra-phie participative en territoire mapuche(Chili). Thèse de doctorat en géographie sous la di-rection de Prof. B. Debarbieux. Genève: Université de Genève, pp. 477.

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quindi quella di definire gli elementi che in-trodurrà nella sua mappa, ma quelli cheescluderà. Questi limiti di «congestione»non possono essere ignorati e determinanola composizione completa della mappa, que-st’ultima essendo in fin dei conti caratteriz-zata da un grado molto elevato di semplifi-cazione (Hatwell, 2000). Un altro vincolo daconsiderare è l’uso di simboli figurativi. Giànoti per l’abuso che è stato fatto nelle mappevisive (Bertin, 1973), il loro impiego è asso-lutamente fuori luogo nelle mappe tattili: uncastello non può essere rappresentato dauna torre merlata, che non ha nessun sensoper un non vedente, ma deve essere compo-sto da un semplice segno (punto, quadrato)accompagnato da un codice, che dovrà esse-re menzionato nella legenda. La necessità dicollocare la legenda su un documento alle-gato impone inevitabilmente “faticose flut-tuazioni di attenzione” per l’utente (Rimbert1968, p. 98). La cartografia tattile imponeinnumerevoli altri vincoli quali le dimensio-ni del formato e il suo orientamento, oppurelo spazio dedicato al braille nelle mappe (LeBris, 2000b).

Prima di affrontare le sfide che abbiamoaccennato, il cartografo deve stabilire unatecnica di produzione che sarà determinatadalla scelta degli oggetti e la loro rappresen-tazione (Vasconcellos, 1996). Nelle mappetattili i virtuosismi estetici sono assoluta-mente inutili e non è utile cedere alla tenta-zione di realizzare unicamente una “bellamappa”. Solo i principi di efficienza ed eco-nomia (Hussy, 1998) sono validi, cioè rap-presentare “tutto ciò che conta” e “soloquello che conta”. Tali principi devono es-sere rispettati alla lettera. Altro elementofondamentale, il codice adottato (il signifi-cato dato a ogni segno sulla mappa) non

deve lasciare nessun dubbio circa l’interpre-tazione e essere identificabile il più rapida-mente possibile: in effetti, un’esplorazionedella mappa tattile è più efficace quandoquesta è effettuata rapidamente (Simmonet,2004). Tutte queste difficoltà lasciano de-durre che, nonostante un aspetto visivo fina-le molto semplice, la creazione di mappetattili non è impresa facile.

Le difficoltà di una standardizzazionedelle mappe tattiliI vari vincoli che abbiamo accennato rendo-no difficoltosa la creazione e l’utilizzo di unlinguaggio universale che faciliterebbe laproduzione di mappe tattili. Molte ricerchesono andate in questa direzione ma senzagrande successo nelle loro applicazioni pra-tiche (Vasconcellos, 1996; Hatwell, 2000).Una serie di studi su diverse cartografie tat-tili (Vasconcellos 1996; Koch, 1997; LeBris, 2000a; Siekierska, Labelle, 2001; Ro-well, Ungar, 2003) suggerisce che il proble-ma principale rimane quello dell’eterogenei-tà della produzione, soprattutto in termini dilinguaggio grafico. La ricerca di Rowell eUngar (2003), condotta attraverso un que-stionario inviato ai produttori di mappe tat-tili di tutti i continenti, ha fornito conclusio-ni abbastanza eloquenti: “There is no eviden-ce that knowledge accruing from concentra-tions of effort are being managed or sharedin any formal way”(p. 8). Altro esempio inCanada: a otto anni dal lancio di un proget-to nazionale per la mappatura tattile, leprincipali linee di ricerca restano tuttoraquelle di «sviluppare una metodologia esimbologia standardizzate» (Siekierska, La-belle 2001, p. 11). In generale, i diversi ten-tativi di standardizzazione incontrano gran-de difficoltà nel superare le semplici propo-

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ste. Le Bris (2000a) afferma che una gradua-le transizione verso tecnologie informaticheper creare e diffondere le mappe tattili po-trebbe facilitare una centralizzazione delleconoscenze in questo campo1.

La mappa tattile di Ginevra: elaborazioneLa possibile varietà dei modi di realizzazio-ne e l’assenza di metodi «standardizzati» dicreazione sono all’origine di alcune difficol-tà incontrate nella realizzazione del proget-to di mappa tattile di Ginevra. Le altre espe-rienze analizzate hanno tuttavia evidenziatoin modo inequivocabile l’importanza di te-nere conto delle esigenze degli utilizzatoridella mappa. Come abbiamo già sottolinea-to, questo consiglio è valido per ogni tipo dicartografia, ma ancor più nel caso di mappedestinate a utenti così particolari.

Questa linea guida ha permesso di metterea punto una struttura di ricerca per l’elabora-zione della mappa in quattro fasi. La primafase è costituita da una serie di colloqui connon vedenti volti a capire interessi e attese,in particolar modo a definire gli oggetti perti-nenti da rappresentare su una tale mappa; laseconda riguarda la creazione di un primoprototipo in modo da tradurre graficamentequeste attese sulla mappa; la terza fase è co-stituita da un secondo ciclo di interviste percapire se il prototipo è stato ben concepito eper verificare quali sarebbero stati i possibi-li miglioramenti; la quarta fase infine è voltaalla realizzazione del prodotto finale da distri-buire a tutti gli utenti interessati.

La prima fase della ricerca ha dunqueavuto come obiettivo di capire i possibili uti-lizzi di una mappa tattile della città di Gine-vra, ma anche, più generalmente, le abitudi-ni di mobilità dei non vedenti e i modi in cui

si rappresentano lo spazio urbano. In accor-do con la sezione ginevrina della Federazio-ne svizzera dei ciechi e deboli di vista(FSC), 37 membri della federazione sonostati contattati via e-mail: sei persone sisono dichiarate disponibili per un colloquioe hanno così costituito il campione per lanostra ricercaiii. Queste interviste hannopermesso di trarre una serie di conclusioni:

• la stragrande maggioranza dei non veden-ti e ipovedenti desidera essere indipen-dente. Questa volontà si traduce nell’usopiù frequente possibile dei mezzi di tra-sporto pubblici;

• questo desiderio di autonomia è tuttavialimitato da una serie di ostacoli quotidia-ni, principalmente la difficoltà di acces-so a certi luoghi o ai veicoli di trasportopubblico. La paura di rimanere soli e di-sorientati in un posto estraneo può costi-tuire un freno importante per la mobilitàdei non vedenti;

• di conseguenza è possibile osservare unacerta ripetizione degli itinerari sui qualigli individui si sentono tranquilli, anchese questi itinerari, in certi casi, non sonoi più rapidi o non possono essere percor-si senza aiuto esterno. Le zone, le vie e iquartieri fuori da queste rotte restanoquasi sempre sconosciuti;

• i non vedenti soffrono di una certa caren-za di rappresentazione dello spazio; seconoscono in genere bene le zone dovevivono e lavorano, sono difficilmente ingrado di posizionarle rispetto agli altriquartieri e più generalmente di poter de-scrivere la «forma» globale di una città;

• secondo le persone intervistate questacarenza potrebbe essere superata attra-verso l’utilizzo di mappe tattili.

completezza e nel suo spessore. A meno dinon dar seguito al famoso apologo di Borgessulla carta in scala 1:1: In quell’Impero, l’Artedella cartografia giunse a tal Perfezione che laMappa di una sola Provincia occupava tuttauna città, e la mappa dell’Impero tutta unaProvincia. Col tempo, queste Mappe smisuratenon bastarono più. I Collegi dei Cartografi fe-cero una Mappa dell’Impero che aveva l’Im-mensità dell’Impero e coincideva perfettamen-te con esso. Malgrado ciò, la carta rimane unostraordinario strumento di comunicazione e didemocrazia, un potente mezzo per descrivereil mondo e agire su di esso. La riflessione sul-la carta non dovrebbe però mettere al centrodel suo discorso solo il problema del raggiun-gimento dell’esattezza nella riproduzione, madovrebbe piuttosto sforzarsi di focalizzare leproprie analisi sull’individuazione della reto-rica dello strumento cartografico. Le doman-de che occorrerebbe allora porsi sarebbero:cosa racconta una carta? Perché sceglie uncerto tipo di rappresentazione e non un altro?Quali messaggi desidera veicolare? Per ri-spondere a queste domande occorre allora co-noscere, oltre alle dimensioni tecniche pro-prie della cartografia, la sua valenza linguisti-ca.

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I principali insegnamenti dei colloquihanno reso possibile la realizzazione di unaprima mappa sperimentale. Data l’importan-za degli spostamenti dei non vedenti in cit-tà, il presupposto è stato di rappresentareunicamente linee e fermate del trasportopubblico, aggiungendo certi elementi «natu-rali», come il lago, i fiumi e i ponti, in modotale da rendere una immagine globale dellacittà. La produzione della mappa, realizzatacon l’ausilio di software di cartografia «clas-sici», ha dovuto rispettare certe regole, inparticolare l’uso di un numero limitato dielementi grafici (un tipo elementare di pun-ti, linee, superfici) e l’aggregazione di infor-mazioni in certe aree del centro (più ferma-te sullo stesso sito, rappresentate con unpunto unico). Poiché, per mancanza di spa-zio, non è stato possibile trascrivere l’interonome sulla mappa, ad ogni fermata è stataattributa un’abbreviazione di due lettere se-guendo una certa logica (iniziali della fer-mata). Il risultato è una mappa visualmentemolto semplice. Tutte le informazioni «com-plesse» (nome completo della fermata, lineepresenti, luoghi e servizi raggiungibili dallafermata) sono state inserite in un documentoallegato.

L’intero documento si presenta dunquecome un libretto in braille contenente lamappa tattile, un manuale per l’utente, unindice delle fermate dei trasporti pubblici eun indice dei luoghi importanti. Questo pro-totipo è stato consegnato ai volontari chehanno partecipato ai colloqui preliminariche hanno così potuto esaminarlo per unasettimana. Le loro impressioni sono state poiraccolte durante una seconda fase di collo-qui nel corso dei quali è stato chiesto agliintervistati di leggere il documento e capir-ne la praticità. La critica è stata buona e il

concetto generale convalidato. Gli elementigrafici, in numero limitato, permettono unalettura e una comprensione abbastanza ce-lere delle informazioni. L’accento posto suitrasporti pubblici e il modo in cui questisono stati rappresentati sulla mappa è statoparticolarmente apprezzato. Globalmente lecorrezioni da apportare si sono rivelate diimportanza secondaria (densità dei punti perrappresentare i fiumi e il lago, rappresenta-zione dei ponti con linee più distanti fraloro, qualche errore di trascrizione negli in-dici). Le osservazioni derivanti da questa se-conda serie di colloqui sono state registratee integrate per produrre la mappa definitivae i relativi allegati. Il libretto finale è statoriprodotto in un centinaio di copie, una par-te è stata offerta dal Servizio della Mobilitàa una quarantina di non vedenti censiti nelCantone. Un’altra serie è stata distribuita al-l’Ufficio di informazioni turistiche e alleprincipali biblioteche della città, mentre lecopie restanti sono state messe a disposizio-ne in occasione del congresso mondiale delWorld Blind Union che si è svolto a Ginevradal 15 al 23 agosto 2008.

Osservazioni conclusiveSe, dal punto di vista della soddisfazione de-gli utenti, l’obiettivo della mappa può essereconsiderato come raggiunto, alcuni proble-mi permangono. È legittimo chiedersi infat-ti quali siano le reali applicazioni di unamappa tattile. Il fatto che i non vedenti sonopenalizzati nella loro mobilità quotidiana èinnegabile, ma essi desiderano soprattuttodisporre della massima autonomia negli spo-stamenti. Una mappa tattile cartacea puòdifficilmente favorire questa autonomia du-rante gli spostamenti (la mappa non è stataconcepita per questo tipo d’uso, d’altronde

tografica di Karl Haushofer per la rivista dalui diretta Zeitschrift für Geopolitik costituisceun’ottima illustrazione della dimensione ideo-logica assunta dalla carta, come nel caso diun prodotto del 1942 che rappresenta la Ger-mania nel contesto europeo. Alsazia e Lore-na, cedute alla Francia al seguito della scon-fitta avvenuta nella Prima guerra mondialecon il trattato di Versailles, nella legenda ven-gono definite come zone demilitarizzate. Il ne-mico esterno viene rappresentato con un ros-so intenso, frecce del medesimo colore chepartono dalla Cecoslovacchia, dalla Polonia,dalla Francia e dal Belgio convergono verso ilterritorio tedesco rappresentando l’”aggressio-ne”. Insomma, questa carta mostra bene chei tedeschi non avevano per nulla digerito ildiktat di Versailles e cerca di ribaltarne gliesiti. In un’altra carta dal titolo Sfere di in-fluenza pubblicata nella rivista Facts Review

(1941) vengono esposte le teorie di Hausho-fer sull’ordine internazionale. Per convinceregli Stati Uniti a non intervenire i cartografi te-deschi suggerivano agli americani di gestirsila propria area di influenza (quindi la fasciadelle due Americhe, Caraibi compresi) che,sin dalla declamazione della Dottrina Monroe,era stata oggetto dell’interesse statunitense. Infondo, in questi casi, la carta era utilizzata perrafforzare e dimostrare alcuni semplici postu-lati connessi con la visione dello Stato deigeopolitici tedeschi: “lo Stato è un organismoche deve crescere” e “la conquista territoria-le è una giusta missione”. Se nella cartografiastorica e geopolitica il discorso sembra piùesplicito, anche in alcune carte recenti si rie-sce a leggere tra le righe qualche messaggiodal valore ideologico. Ne costituiscono unesempio alcune delle carte contenute nellostudio condotto da ETH Studio Basel, l’anten-na basilese del Politecnico Federale di Zuri-go, dal titolo La Suisse portrait urbain. Unacarta definita Potenziali urbani illustra le re-gioni metropolitane della Svizzera e presentacome semplice constatazione ciò che invececostituisce una presa di posizione dalle fortivalenze politiche. Se una parte del mondo al-pino definita alpine resort è vista come una di-namica appendice della metropoli svizzera,altre zone vengono qualificate come frichesalpines, luoghi di scarso interesse da lasciareal proprio destino, allineandosi così con lanuova politica in materia di regioni di monta-gna caratterizzata dall’abbandono del princi-pio di sussidiarietà che precedentemente gui-dava le scelte della Confederazione.

Quali considerazioni proporre a titolo diconclusione? Certamente che la carta e il suouso comportano grandi limiti e che non è im-maginabile pretendere che la complessità delterritorio possa essere rappresentata nella suaLeggenda Carta Cassini, 1758

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altri sistemi, come navigatori satellitari e si-mili, si rivelano molto più efficaci per accom-pagnare i non vedenti). Essa può invece con-tribuire a costruire un’immagine più chiaradella forma e dell’organizzazione globale del-la città e, da questo punto di vista, semplifi-care la preparazione di certi tragitti inabitua-li, rendendo lo spazio meno sconosciuto. L’ag-giornamento della mappa costitusce un altrolimite all’utilità del documento. Il supportocartaceo fissa la rappresentazione in una dataprecisa (luglio 2008) mentre la città evolvecontinuamente (le linee di trasporti pubblicipossono teoricamente essere modificate ogni6 mesi, anche se la configurazione globale delsistema di trasporto resta lo stesso). La rapidaobsolescenza è comune a tutte le mappestampate, ma per le mappe tattili questo pro-blema è sicuramente più serio: le tecnologieper produrre e riprodurre i rilievi di grafici emappe (gonfiaggio termico) sono infatti pocodiffuse e rendono i tentativi di aggiornamen-to piuttosto lunghi e complicati (la fabbrica-zione delle mappe è stata affidata a una tipo-grafia di Tolone dato che nessuna tipografiadella Svizzera romanda è attrezzata per que-sto tipo di lavoro).

Da questo punto di vista certe innovazionifanno sperare sviluppi interessanti nel prossi-mo futuro, in particolare sistemi audioparlan-ti, o ancora tastiere con «aghi» che riprodu-cono disegni che, accompagnati da softwarespecifici, permettono di elaborare cartografieautomatiche). Tuttavia queste innovazioni ne-cessitano di strumenti ingombranti e in certicasi molto costosi e le cartografie automatichedifficilmente riescono a produrre rappresen-tazioni di facile lettura per i non vedenti. Indefinitiva, la mappa tattile di Ginevra è unostrumento messo a disposizione dei non ve-denti per migliorare la loro autonomia e la

loro conoscenza del territorio. La sua effica-cia è molto relativa negli spostamenti rispettoa più moderni strumenti, ma la sua disponibi-lità immediata e la facilità d’uso possono ri-sultare utili in determinate circostanze. Daquesto punto di vista una mappa tattile si ri-vela molto simile a una mappa «classica».

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Le carte mentono?Come ben dimostrato da Mark Monmonier inuna sua pubblicazione di grande successo daltitolo How to lie with maps, le carte mentono.Come dimostrano le operazioni tutto somma-to ingenue dei cartografi dell’ex-Unione So-vietica, la carta può certamente mentire. In

questo paese esistevano trenta città proibiteche ospitavano officine e istituzioni militari,non erano localizzate sulle carte ed erano co-nosciute solo attraverso il loro codice postale,e gli studenti dei dipartimenti di geografiadelle università si esercitavano poi su cartealle cui coordinate erano attribuiti valoriespressamente non corretti. Le piante di Mo-sca occultavano edifici e arterie strategiche.Forse più importante è però il fatto che la car-tografia difende sempre una tesi, un punto divista, quello del cartografo e del suo commit-tente. La storia della cartografia è piena diesempi, a partire dalle carte antiche. Così lecarte medievali in particolare quelle dette Tin O (nelle quali i fiumi Don e Nilo formava-no la barra orizzontale della T mentre il Me-diterraneo quella verticale, il mare che le cin-geva la O), furono il prodotto di una immagi-ne del mondo dettata da una visione teologi-ca. La divisione delle tre terre emerse, Orien-te in alto, Europa e Africa sotto, rispondevaalla versione biblica secondo la quale il ripo-polamento della Terra dopo il diluvio fu con-dotto dai tre figli di Noé. In un altro prodottodella cartografia storica, la carta delle Provin-ce Unite realizzata ad Amsterdam nel 1598dal cartografo Claes Janszoon Visscher, si puòvedere come la carta possa assumere signifi-cati allegorici e simbolici. Si tratta di una car-ta zoomorfa nella quale il territorio olandeseassume le fattezze di un leone, simbolo di co-raggio e di forza. Nella prima metà del Nove-cento, l’estrema fiducia ispirata dalla sua ap-parente obiettività hanno fatto della carta unpotente veicolo ideologico. Come ben eviden-zia il grande successo dei modelli geopoliticitra gli anni Venti e Quaranta del secolo scor-so, per la sua tendenza a naturalizzare i fattipolitici, il discorso cartografico è stato ogget-to di facile manipolazione. La produzione car-

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– World Blind Union,

http://www.worldblindunion.org/en/, novembre 2009.

Note1 Si tratta di un obiettivo perseguito in particolare dalla

International Cartographic Association, che ha creato

una Commissione su mappe e grafici per le persone

non vedenti e ipovedenti, la cui prima conferenza si è

tenuta nel 1983.

2 Questo numero può sembrare relativamente basso da

un punto di vista quantitativo. Si deve tuttavia tener

conto degli effettivi di popolazione dei non vedenti nel

cantone di Ginevra. Secondo le cifre ufficiali più recenti

(Fonte FSC, 2006), si stimano a circa 1’200 le persone

con disabilità visive abbastanza gravi da dover chiamare

il centro servizi per l'informazione e la Riabilitazione

(CIR). Tra questi, circa 300 sono i membri della FSC, di

cui solo una quarantina sono stati in grado di praticare

correttamente la lettura Braille.

costruire entità geografiche anche quandoqueste erano ancora sconosciute (Besse,2001). È ciò che avvenne con le numerosecarte che tentarono di delineare i tratti dellecoste del continente americano quando que-sto era ancora sconosciuto e semiconosciuto.

La mappa, modello del territorio Come comunica e come si esprime una carta?Come ogni sistema di comunicazione la cartasi avvale di un suo linguaggio. Il mezzo carto-grafico è dotato di grandi potenzialità descrit-tive, riesce a raccontare un territorio tramitesegni fortemente evocatori che rappresentanooggetti geografici. Come noto, per riprodurrele fattezze della Terra il cartografo si avvale distrumenti geometrici. Oltre alla riduzione inscala e ai problemi matematici legati alla dif-ficoltà di trasformazione di una superficie sfe-rica in piano, la sua realizzazione comportauna generalizzazione e quindi una notevoleperdita di informazione.

Se la carta è un oggetto linguistico essa siavvarrà di un lessico e dovrà esistere una coe-renza tra il segno e l’oggetto: questo segnorappresenta un albero, quest’altro un dirupo,quest’altro ancora una strada secondaria, …Ma per far sì che ci si trovi in presenza di unlinguaggio occorre anche una sintassi che fis-si le regole di composizione del disegno. Così,ad esempio, due curve di livello che si inter-secano violano una regola grammaticale, pro-ducono una ambiguità semantica e rendonoinutilizzale la carta. Questi segni costituisco-no ciò che Ferdinand de Saussure, il padredella linguistica, ha chiamato il significante,e sono in relazione con l’universo del realeche si vuole rappresentare (nel nostro caso ilterritorio), il significato.

Mondo in miniatura, deformazione coeren-te del corpo della Terra, la carta è il prodotto

di una rappresentazione modellizzata. Stru-mento importante nel processo di ricercascientifica, un modello costituisce una rap-presentazione coerente ma deformata dellarealtà, a una certa scala, e con l’aiuto di unlinguaggio (Raffestin, 1995). La carta è unmodello? Come un modello essa è coerente,permette di riprodurre le morfologie del mon-do materiale, è deformata, ha due dimensionie non tre come lo spazio reale, in scala inquanto esprime un rapporto di riduzione, in-fine è dotata di un suo linguaggio, il linguag-gio grafico-geometrico. Ma, come un modello,la carta è una caricatura, una caricatura delterritorio.

Se nel corso del tempo questo strumento èdiventato sempre più preciso, le sue finalità,e pure i problemi di cui esso è portatore, sonorimasti i medesimi. Come si ricordava all’ini-zio, la visione abituale afferma che la mappaè un calco della realtà. Si dà credito al suocreatore di aver rappresentato con fedeltà unterritorio ed è su questa base che è semprestata valutata la pertinenza della carta. La sto-ria della cartografia è stata infatti scritta con-siderando i miglioramenti che, di volta in vol-ta, si presentavano nella qualità della rappre-sentazione. Questa è stata vista come una ri-cerca continua della precisione, della com-pletezza e della fedeltà di riproduzione dellefattezze del mondo. Se per lungo tempo la ri-cerca si è concentrata sugli elementi materia-li e visibili del reale riprodotti nella rappre-sentazione, ci si è dimenticati che, come altrilinguaggi, anche la carta veicola una sua vi-sione. Siamo allora autorizzati a considerarecriticamente questo strumento.

Innanzitutto la carta viene prodotta all’in-terno di un certo contesto sociale. Lucio Gam-bi lucidamente ricordava che “i documenticartografici riflettono con messaggi grafici i

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Cosa è e a cosa serve una carta?Il postulato “la carta rende visibile il territo-rio” ha per lungo tempo guidato tutte le nostreriflessioni in materia di cartografia. Accettia-mo volentieri questa considerazione che avre-mo modo di discutere in un secondo momen-to. Sta di fatto che nella quotidianità la rap-presentazione cartografica è molto presente.Sempre più pervasiva, la carta è divenuta unostrumento di comunicazione particolarmenteefficace. Quando apriamo un quotidiano tro-viamo cartogrammi che illustrano i fatti piùdisparati, ci divertiamo con Google map, nel-l’analisi territoriale, nella gestione delle risor-se e nella pianificazione del territorio i nuovie potenti strumenti tecnici della geomatica ei sistemi di informazione geografica, sonosempre più utilizzati.

Per riflettere su questo tema poniamoci al-lora una prima e banale domanda. Cosa è unacarta? Una carta è una rappresentazione geo-metrica, piana, semplificata e convenzionaledi tutta o di parte della superficie terrestre, eciò in una relazione di similitudine accettabi-le che viene chiamata scala (F. Joly, 1976). Lacarta riproduce distanze e posizioni di ogget-ti nello spazio, permette di orientarsi e di re-perire un itinerario, è strumento di agrimen-sura e di catastazione. La carta è dotata di unvalore pragmatico e induce una visione nor-mativa della realtà: con la carta si fissano nor-

me urbanistiche e si gestisce e si trasforma lospazio. Fin dagli albori dell’età moderna è lostrumento di base per il controllo dello spa-zio. In quanto rappresentazione in scala, lacarta è il risultato di una riduzione e di unaminiaturizzazione della realtà. Ma essa è so-prattutto portatrice di una visione che permet-te di vedere il mondo dall’alto: mette a dispo-sizione uno sguardo zenitale e sinottico ingrado di rivelare forme e strutture di quel la-birinto che è la conformazione terrestre. Unavisione che, nelle civiltà più antiche, era pro-pria delle divinità. La cartografia moderna na-sce con lo Stato rinascimentale e maturaquando lo Stato imposta una sua organizzazio-ne territoriale con bonifiche, l’allestimentodell’anagrafe catastale per i patrimoni fondia-ri, la definizione dei confini e del reticolo via-bile. Si può senza dubbio affermare che lacarta ha dato un grande apporto alla costru-zione del territorio nazionale. Il caso franceseè esemplare. La realizzazione dei 182 foglidella famosa Carte de l’Académie, conosciutaanche con il nome di carta Cassini, aveva ri-chiesto una triangolazione completa del terri-torio nazionale e la realizzazione di rilievi to-pografici dettagliati, fu il prototipo per tutti igrandi progetti che seguirono. La sua realiz-zazione fu preceduta da una serie di operazio-ni iniziate nel corso degli anni ottanta del di-ciassettesimo secolo su iniziativa di Colbert

� POLARITÀ

Dalla mappa al mapping. La carta in discussione

Claudio Ferrata, GEA-associazione dei geografi

Carta Cassini, 1758

per definire il meridiano di Parigi e vide suc-cedersi diverse generazioni della dinastia dicartografi di origine veneziana Cassini. Que-sto lungo processo si concluse con la nuovacarta militare francese in scala 1:80.000, laCarte d’état-major, i cui lavori si concluseronel 1880. In Svizzera l’autore della prima car-ta topografica ufficiale del paese pubblicata ametà dell’Ottocento fu il ginevrino Guillau-me-Henri Dufour. In Italia le prime operazio-ni moderne furono condotte nel 1750 da Be-nedetto XIV che affidò al gesuita GiuseppeBoscovich, professore di matematica al colle-gio romano, l’incarico di misurare l’arco me-

diano passante per Rimini e la cupola di SanPietro. Operazioni astronomiche-geodeticheche consentirono la realizzazione della Nuo-va Carta Geografica dello Stato Ecclesiasticoche anticipò la copertura cartografica ottocen-tesca del territorio italiano.

Ma la mappa non si limita a rilevare datiesistenti e restituire analogicamente oggettigeografici. Un po’ come un cieco che tenta didiscernere una forma e la grandezza di un og-getto tastandone i bordi, il cartografo ha piùdi una volta anticipato le forme di territori an-cora sconosciuti (Neve, 2004). Grazie a unprocesso di abduzione, la mappa è riuscita a