Gdnovembre12
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G&d
Gabiano e dintorni
Il mensile dal Nost Munfrà
Novembre 2012
2
Nost Munfrà
Egr. Direttore
la Sua partecipazione ed il Suo in-
tervento al Forum della Associazio-
ne Nuove Frontiere tenutosi giovedì
18 ottobre all’Hotel Candiani è sta-
to molto apprezzato suscitando
consensi vari.
Le rivista che Lei dirige G&d e che
è distribuita in una ventina di Co-
muni del nostro Monferrato Casale-
se ed il sito internet gabianoedin-
torni, trattano in modo specifico
argomenti, tematiche, realtà e…
speranze monferrine nel senso e
nel significato più proprio.
L’invito che Lei fatto ad impegnarsi
per il Territorio ed a fare rete
(valutazione questa fondamentale
ed essenziale ) legando e collegan-
do i Comuni del nostro Monferrato
Casalese, è sperabile che veramen-
te venga accolto da tutte le Comu-
nità interessate.
Casale Monferrato, vera Capitale
del Monferrato dal 1434 (situazione
più incerta ed itinerante prima)
per motivazioni che si possono rin-
tracciare nella Storia passata e re-
cente ed addirittura nella cronaca
quasi quotidiana, via via col passa-
re del tempo, non solo ha perso
tale ruolo, ma si avvia, se non vi
sarà una decisa inversione di ten-
denza, a diventare un cittadina
sempre più in declino e priva dei
Servizi e delle Istituzioni di cui era
– ed in parte tuttora è - deposita-
ria.
I Comuni del nostro Monferrato
tendono a vivere una loro vita au-
tonoma con pochi collegamenti fra
di loro e quasi nessuno con il Capo-
luogo Casalese il quale, certo, ha le
sue responsabilità.
Nell’arco di 10 anni, una inezia per
una Comunità, si è persa la gran-
dissima occasione di far ritornare a
Casale la Corte d’ Appello, si è per-
sa la nostra Asl 21, è saltato defini-
tivamente forse il Tribunale, le line-
e Ferroviarie o vengono soppresse
o vengono drasticamente ridimen-
sionate: ho detto in alcune sedi che
fra qualche anno la stazione ferro-
viaria di Casale sarà una postazione
per cavalli!
Davvero occorre stringersi tutti
dando vita ad una Comunità più
complessa, più integrata, compren-
siva dei Comuni del Monferrato
Casalese e, perché no, di molti altri
Comuni che possono ruotare attor-
no ad essa ed altri ancora facenti
parte del più grande tradizionale
Monferrato, nel rispetto ovviamen-
te di tutte le Comunità locali.
Come auspica Lei, chissà che non
si arrivi, nelle diverse variabili mu-
tazioni che la Storia
prospetta e presen-
ta, ad un più grande
Monferrato e ad una
Provincia del Monfer-
rato.
Il presupposto di
tutto però è fare, in
ogni occasione e
situazione, un di-
scorso di Territorio e
di Territori e non un
discorso di apparte-
nenti a Partiti Politici.
Cordialmente
Gian Carlo Curti Associazione Nuove Frontiere per la Dife-sa ed il Rilancio di Casale e del Monfer-rato.
Grazie ad una lettera di Nuove Frontiere continuiamo le valutazioni sul futuro del nostro Monferrato
Casale piazza Castello
3
L’arte di trasformare le
difficoltà in opportunità
(di Enzo Gino) Ringrazio l’avv. Gian Carlo Curti e
l’associazione Nuove Frontiere di
Casale per l’apprezzamento espres-
so al mio intervento.
La lettera mi dà l’occasione per
proseguire la riflessione sul Nost Munfrà e sul suo futuro. Partirei da una notizia di queste
settimane che ci ha informati sulla
decisione del governo di unificare
le province di Asti e Alessandria.
I pareri degli addetti ai lavori sulla
decisione assunta sono molto con-
trastanti e personalmente non vo-
glio, né ho qui la possibilità di svol-
gere approfondimenti che, comun-
que, mi riservo in altre sedi.
Mi accontento qui di rilevare che da
quella decisione possono nascere
interessanti sviluppi per il nostro
territorio. Come infatti avevamo
evidenziato nell’incontro di Casale,
dovendo esprimerci su una even-
tuale aggregazione territoriale di
Casale e del Monferrato ad un pro-
vincia, avevamo indicato quelli che
secondo noi dovevano essere i cri-
teri guida per questa scelta.
Avevamo accennato alla necessità
di aggregare ed aggregarsi a quei
territori aventi una lunga storia
comune, caratteristiche territoriali
simili, economie e culture affini ed
omogenee.
Il nostro Monferrato ha, ed è, tutto
questo, ma da tempo è stato
“spezzato” in tre province Asti, A-
lessandria e Torino.
Riteniamo che questa strutturazio-
ne amministrativa abbia condizio-
nato negativamente lo sviluppo di
buona parte dei nostri territori, la
vita di chi li abita unitamente alla
loro forza per far prevalere le giu-
ste e legittime istanze. Non a caso
alcune zone delle nostre colline
sono considerate aree depresse o
economie marginali.
Eppure basta vedere altre colline,
altri territori in Italia che nulla han-
no più dei nostri, mi riferisco ad
esempio alle colline toscane o um-
bre. Anzi, a ben vedere, il Monfer-
rato ha elementi di vantaggio ri-
spetto a quelle sotto diversi profili.
Geograficamente è ben più vicino
ed interconnesso a quell’Europa da
cui provengono tanti turisti, ed an-
che rispetto alle grandi città del
Nord: Milano, Torino persino Geno-
va.
Storicamente, come l’avvocato Cur-
ti descrive molto bene nei suoi sag-
gi che abbiamo pubblicato sul no-
stro sito, il Monferrato ha avuto
per tanti secoli una struttura ammi-
nistrative unitaria che ha accomu-
nato le sue genti nelle sorti buone
o cattive delle convulse politiche,
spesso guerreggiate, che ha dovu-
to affrontare. Quelle colline, diver-
samente da queste, non si affaccia-
no sulla più estesa pianura italiana
con la sua fiorente agricoltura (che
riteniamo in parte da riconvertire)
ed anche industriale fra le più ric-
che d’Europa. Colline, le nostre,
attraversate o lambite da importan-
ti fiumi, primo fra tutti il Po con i
suoi affluenti. E che abbiamo noi
da invidiare ad altri in fatto di eno-
gastronomia, bellezze ambientali e
paesaggistiche?.
Basti pensare che proprio per la
posizione strategica che ricopriva,
nel Monferrato c’è la più alta con-
centrazione di castelli d’Italia. Le
terre sono fra le più fertili e persino
meno “arbaste” di tante altre in Italia perfettamente coltivate e
messe a frutto. Eppure da noi le
frane mai riparate ormai non si
contano. A proposito provate a per-
corre la strada che da Odalengo
Grande porterebbe a Villamiroglio,
è una strada bellissima in mezzo a
boschi e qualche vigneto. Da anni
una frana di pochi metri l’ha inter-
rotta e non è stata mai riparata;
risultato: ormai per qualche chilo-
metro di accesso prima della frana,
la strada, non più frequentata si
sta perdendo, invasa da
rovi, gaggie, fango e
pietre e presto scompari-
rà del tutto). Da noi
c h i u d o n o q u e i
minimarket che sono la
vita dei borghi, e ne in-
crementano anche il va-
lore immobiliare. Là l’ar-
tigianato anche di qualità
è fiorente. Per fortuna
non tutto il Monferrato è
così, basta fare pochi
chilometri verso e oltre Moncalvo
per vedere questa realtà cambiare,
se poi si va ancora oltre, oltrepas-
sando Asti, pensiamo a Canelli,
Nizza Monferrato le cose cambiano
tanto che ampie fasce di quelle
colline diventeranno con ogni pro-
babilità patrimonio dell’umanità
grazie all’Unesco. Anche osservan-
do un dato macroeconomico come
l’andamento della popolazione nei
principali centri Monferrini negli
ultimi trent’anni, pur verificandosi
un generale abbassamento della
popolazione nei piccoli centri, i più
grandi “tengono”. Così Acqui Ter-
me, Canelli, Nizza Monferrato, A-
sti, Ovada hanno mantenuto una
crescita di popolazione o limitate
contrazioni, Casale Monferrato pur-
troppo è l’unico in netta decrescita
di oltre il 20%, un effetto che si
ripercuote inevitabilmente sul terri-
torio circostante. Lascio a lei e a
tutti coloro che ci leggono la valu-
tazione sul perché “loro sì e noi
no”. Del perché (pur salvaguardan-
do le specifiche peculiarità) possia-
mo affermare che anche se abbia-
mo tutti la stessa provenienza sto-
rica, le stesse colline, la stessa cul-
tura, le stesse tradizioni, qui è di-
verso, in peggio, di là. Che cosa ha
creato queste differenze sia all’in-
terno della nostra piccola patria, il
Monferrato, che all’interno della
nostra grande patria, l’Italia? E
chissà cosa accadrebbe se tutti i
Comuni della grande realtà Monfer-
rina: quella casalese e astigiana, si
alleassero insieme per sostenere le
loro giuste istanze nei confronti
della nuova provincia di Alessan-
dria–Asti? Non ci farebbe meravi-
glia scoprire che la reale contropar-
te non sarebbero le due province
ma solo una: Alessan-
dria. Asti invece, mol-
to più sensibile alla
realtà e all’economia
rurale è facile che
diventi un alleato an-
che del Nostro Mon-
ferrato. Concludo con
una banalità, che è
anche una suggestio-
ne, ma che va ricor-
data: uniti si vince
divisi si muore.
Monumento alla Difesa di Casale
4
Quando i Monferrini “invasero” Sicilia
Pochi sanno che in ampie aree del-
la Sicilia e del sud Italia in quello
che un tempo era il Regno delle
due Sicilie si parla una lingua, o se
volete un dialetto, chiamato Gallo-
italico che ricorda molto il nostro
Monferrino e che là si trova una
vera e propria comunità tradizio-
nalmente chiamata Sicilia lombarda o Lombardia siciliana, da cui le e-spressioni in uso ancora oggi di
colonie lombarde di Sicilia, comuni lombardi di Sicilia e dialetti lombar-di Sicilia. Non ci si faccia ingannare dal ter-
mine lombardo che è da conside-rarsi pura contrazione linguistica
del termine longobardo che si rife-risce alle popolazioni di origine Ger-
manica che occuparono il Nord Ita-
lia dopo la caduta dell’Impero Ro-
mano.
Nel medioevo era usato per indica-
re gli abitanti di tutta l'Italia Set-
tentrionale, in particolare quella
nord-occidentale, un territorio mol-
to più vasto dell'attuale regione
Lombardia, che comprendeva, oltre
alla Lombardia anche il Piemonte,
la Liguria e l'Emilia.
I primi longobardi arrivati in Sicilia, con una spedizione partita nel
1038, furono dei militari al seguito
del condottiero bizantino Giorgio
Maniace, che per brevissimo tempo
riuscì a strappare Messina e Siracu-
sa agli arabi. L'esercito di Maniace,
oltre che da lomgobardi, fu compo-
sto da bizantini, da guardie varia-
ghe, da truppe guidate dal longo-
bardo Arduino, arruolate con la
forza in Puglia (i cosiddetti Konte-
ratoi), e da una compagnia di nor-
manni e vichinghi comandati da
Guglielmo Braccio di Ferro e da
Harald Hardrada, futuro re di Nor-
vegia.
Maniace fu l'unico condottiero che
riuscì, prima dei normanni, a libera-
re seppur temporaneamente alcuni
territori siciliani al dominio musul-
mano. I longobardi, giunti con la
spedizione bizantina, si stabilirono
a Maniace, Randazzo e Troina,
mentre un nucleo di genovesi e di
altri longobardi della Liguria si inse-diò a Caltagirone.
Migrazioni più consistenti di longo-
bardi giunsero con la conquista
normanna della Sicilia, iniziata nel
1061 con la presa di Messina. La
liberazione dell'isola si rivelò un'im-
presa meno facile del previsto. I
normanni impiegarono trent'anni
per liberarla completamente dal
dominio musulmano.
Nel 1091, con la caduta di Noto,
ultima roccaforte musulmana nell'i-
sola, ebbe compimento la vittoria
militare, ma nell'isola vivevano an-
cora numerosi arabi che miravano
a una riconquista.
I normanni iniziarono così un pro-
cesso di latinizzazione della Sicilia incoraggiando una politica d'immi-
grazione delle popolazioni a loro
affini: provenzali e bretoni e dell'I-
talia settentrionale, in primis, pie-montesi e liguri, con la concessione
di terre e privilegi. L'obiettivo dei
nuovi sovrani normanni era quello
di rafforzare il ceppo franco-latino
che in Sicilia era minoranza rispetto
ai più numerosi greci, ebrei e ara-
bo-saraceni.
Grazie il matrimonio del sovrano
normanno Ruggero con l'aleramica
Adelaide del Vasto, a partire dalla
fine dell'XI secolo, vennero ripopo-
late le zone centrali e orientali del-
l'isola, la Val Demone, a forte pre-
senza greco-bizantina, e la Val di
Noto, con coloni e soldati prove-
nienti dalla Marca Aleramica nel
nord Italia, un'area dominata dalla
famiglia di Adelaide, comprendente
tutto il Monferrato storico in Pie-
monte, parte dell'entroterra ligure
di ponente, e piccole porzioni delle
zone occidentali di Lombardia ed
Emilia.
Secondo molti studiosi, la migrazio-
ne di genti del nord Italia in queste
isole linguistiche siciliane sarebbe
poi continuata fino a tutto il XIII
secolo. Si ritiene che i gallo-italici
immigrati in Sicilia nel corso di un
paio di secoli siano stati complessi-
vamente 200.000 circa, una cifra
piuttosto rilevante. I coloni e i mili-
Una storia che si intreccia con una celebre Monferrina: Adelaide del Vasto, ancora oggi ricordata in Sicilia
Ruggero I d’Altavilla
5
tari longobardi si stanziarono nella
parte centro-orientale dell'isola,
prevalentemente nelle terre con-
cesse ad Adelaide del Vasto e a suo
fratello minore Enrico, conte di Pa-
ternò e di Butera, considerato il
capo degli Aleramici di Sicilia e dei
lombardi siciliani.
Lo storico Tommaso Fazello, vissu-
to nel XVI secolo, ci informa che le
popolazioni lombarde di Butera,
Piazza, e altre città consorelle, ca-
peggiate dal nobile aleramico Rug-
gero Sclavo, insorsero contro Gu-
glielmo I, per i privilegi che il so-
vrano aveva concesso alla popola-
zione siciliana di origine araba.
I comuni dove è maggiormente
riscontrabile ancora oggi una forte
eredità logobarda o lombarda sono Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina,
Valguarnera Caropepe e Aidone in
provincia di Enna, San Fratello,
Acquedolci, San Piero Patti, Montal-
bano Elicona, Novara di Sicilia,
Fondachelli-Fantina, in provincia di
Messina. Mentre l'uso della lingua
gallo-italica è sopravvissuto sola-
mente a Sperlinga, Nicosia e San
Fratello, dove gode ancora oggi di
buona salute e viene usato quoti-
dianamente nei rapporti interperso-
nali, a Piazza Armerina e Aidone
sopravvive solo in funzione ludica
e poetica.
C'è ormai un diffuso consenso tra
gli studiosi nel riconoscere comuni
origini tra i dialetti gallo-italici della
Sicilia e della Basilicata e quelli
compresi tra il Basso Piemonte
(province di Alessandria, Cuneo e
Asti) e la Liguria montana occiden-
tale (provincia di Savona).
Adelaide del Vasto
In questa vicenda, non possiamo
fare a meno di scrivere di una illu-
stre Monferrina che ancora oggi
viene ricordata in Sicilia: Adelaide
del Vasto
Figlia di Manfredo del Vasto, fratel-
lo e vassallo di Bonifacio, "il mar-
chese d'Italia" per antonomasia,
possedeva il nucleo maggiore dei
suoi domini feudali nel Monferrato
e cercava di estenderli sui comitati
e marchesati che frazionavano i
territori subalpini fino alla Liguria.
Per la crisi che travagliava, nella
seconda metà del secolo XI, il
mondo feudale dell'Italia settentrio-
nale, piccoli vassalli e servi erano
indotti ad espatriare per cercare
altrove migliore fortuna e notevoli
come si è detto furono le immigra-
zioni nella Sicilia.
Tra gli immigrati era anche Enrico
del Vasto, figlio del defunto Man-
fredo: egli, dopo aver dato aiuto,
insieme con suoi conterranei, al
conte Ruggero, nelle ultime fasi
della guerra contro i musulmani,
ricevette da lui due vasti conglome-
rati feudali, le contee di Butera e di
Paternò.
Nel 1089 Ruggero I, vedovo per la
seconda volta, sposò Adelaide, so-
rella di Enrico, venuta nell'isola con
altre due sorelle, le quali erano in
pari tempo destinate dallo stesso
Ruggero in mogli rispettivamente a
due suoi figliuoli.
Adelaide dette due figli a Ruggero:
Simone e Ruggero. Allorché il mari-
to venne a morte (22 giugno
1101), ella, dietro designazione di
lui, assunse la reggenza della con-
tea di Sicilia e Calabria per l'erede
Simone e, in seguito alla sua morte
prematura (1103), per Ruggero,
anch'egli minorenne.
Donna d'ingegno, volitiva, Adelaide
era costantemente vissuta a lato
del marito e aveva notato con qua-
le saggezza politica egli avesse
consolidato il suo dominio in Cala-
bria e in Sicilia, regioni per civiltà
così diverse fra loro, allentando
non solo il legame di dipendenza
feudale di questa sua contea dal
ducato di Puglia, ma portandola
anche ad una posizione di vera
preminenza rispetto agli altri stati
normanni dell'Italia meridionale.
La Monferrina seppe mantenne
cordiali rapporti con gli Arabi, con-
servando la libertà di culto e le lar-
ghe autonomie amministrative ac-
cordate alla loro comunità da suo
marito e desumendo da essa ele-
menti preziosi per l'organizzazione
burocratica della contea, che atten-
deva di essere ultimata e perfezio-
nata. Ancora più cordiali furono le
sue relazioni con le popolazioni
greche della Sicilia e della Calabria.
La reggente, senza deflettere dallo
spirito di tolleranza religiosa eredi-
tato dal marito, favorì il clero lati-
no, seguendolo nel pacifico lavorio
di assimilazione delle varie stirpi
della contea.
Nel 1112 fece di Palermo, già capi-
tale dell'antico emirato musulmano
di Sicilia, la capitale della contea.
In quello stesso anno deponeva la
reggenza, consegnandola al figlio
Ruggero II, giunto alla maggiorità,
e futuro unificatore dei domini nor-
manni dell'Italia meridionale, uno
stato ordinato e pacifico.
Restia ad entrare nell'ombra, es-
sendo molto ambiziosa e ancora
nel vigore degli anni, Adelaide, alla
fine del 1112, accettò di sposare
Baldovino I di Fiandra, re di Geru-
salemme (1100-1118), e si trasferì
in Palestina: pose la sola condizio-
ne che, se da questo matrimonio
non fossero nati figli, la corona del
regno di Gerusalemme doveva es-
sere ereditata dal conte di Sicilia e
di Calabria.
Il matrimonio fu infelicissimo. Bal-
dovino, cinico e avido, aveva spo-
sato Adelaide perché era privo di
denaro e minacciato dagli Egiziani,
ed agognava alle sue favolose ric-
chezze che, si diceva, ella avesse
accantonate durante la reggenza.
Inoltre egli era già sposato con una
armena, Arda, che aveva rinchiuso
in un convento. L'opinione pubblica
prese ad incolparlo di bigamia. Le
cose si complicarono, determinan-
do una crisi politico-ecclesiastica,
che si concluse nel marzo 1117 col
ripudio di Adelaide da parte di Bal-
dovino. Il 18 aprile 1118, Adelaide
morì in un convento di Patti
(Messina), ove s'era ritirata al suo
ritorno in Sicilia e dove, nella catte-
drale si conserva la sua tomba an-
cora oggi meta di pellegrinaggio di
Adelaide del Vasto
6
Anche la musica è territorio di Claudio Simone Brosio
La valorizzazione di un territorio
passa attraverso l'individuazione, la
segnalazione e la conseguente de-
scrizione delle testimonianze pro-
prie di quella zona. Con queste pre-
messe e con l'intento di recuperare
il maggior numero d'informazioni
inerenti collezioni di musica ed atti-
vità musicali nel territorio alessan-
drino, l'Istituto per i Beni Musicali
in Piemonte onlus ha avviato -a inizio anno- la campagna di censi-
mento dei beni musicali conservati
nella provincia di Alessandria. Tale
impresa si colloca all'interno del
Progetto di Censimento e Cataloga-
zione delle Fonti Musicali, avviato
nel 1999 dall'Istituto, sostenuto
dalla Regione Piemonte, in collabo-
razione con la Direzione Cultura,
Turismo e Sport - Settore Residen-
ze, Collezioni reali e Soprintenden-
za beni librari. Il progetto ha coin-
volto, nel corso degli anni, oltre
100 collaboratori (laureandi o lau-
reati in ambito musicologico) ed ha
prodotto tre pubblicazioni dedicate
rispettivamente alle raccolte rin-
tracciate nella città di Torino (Le
fonti musicali in Piemonte I - Tori-
no, Lucca, LIM, 2006) e nelle pro-
vince di Cuneo (Le fonti musicali in
Piemonte II - Cuneo e Provincia,
Lucca, LIM, 2009) ed Asti (Le fonti
musicali in Piemonte III - Asti e
Provincia, Lucca, LIM, 2011). Lo
scorso febbraio l'Istituto ha prose-
guito le ricerche nell’alessandrino,
coinvolgendo 25 collaboratori con il
compito di contattare e reperire
informazioni in tutti i 190 comuni
della provincia. L'impresa, che non
ha fini di lucro e che vorrebbe con-
cludersi con la pubblicazione dei
dati raccolti, non è priva di difficol-
tà. Ci sono le complicazioni oggetti-
ve nel rintracciare e contattare ar-
chivi, biblioteche e collezioni pre-
senti sul territorio, c'è la diffidenza,
di molte
istituzioni, a
segnalare i
beni in loro
possesso e,
non ultima,
la difficoltà nel raccogliere informa-
zioni relative a realtà non più esi-
stenti attraverso testimonianze che,
per quanto riguarda l'ambito musi-
cale, sono di difficile individuazio-
ne. Di fatto il "documento musica-
le" o "fonte musicale" comprende
una sfaccettata gamma di materiali
e supporti, che non si limita al solo
oggetto librario. Certamente i testi-
moni principali della ricerca si rin-
tracciano nei "libri di musi-
ca" (documenti di musica mano-
scritta o a stampa che conservano
la notazione musicale e che tra-
mandano melodie e composizioni
dei più svariati generi), nei libretti
d'opera (che di musica non ne con-
servano affatto, ma il cui testo è
legato ad un'esecuzione musicale)
e nei codici liturgico-musicali
(legature in pergamena o in carta,
vergati a mano o stampati presso
editori autorizzati), ma al novero di
questi importanti documenti si de-
vono aggiungere molti altri oggetti
che sono a tutti gli effetti collegati
con l'arte musicale: lettere mano-
scritte o dattiloscritte (ad esempio
le corrispondenze tra compositori,
musicisti, impresari, o enti che ese-
guivano musica), strumenti musica-
li (dagli organi delle chiese alle
grancasse delle bande), registrazio-
ni sonore (cd, dischi, nastri, rulli
perforati, ecc.), testimonianze ico-
nografiche (dipinti, affreschi, minia-
ture e foto, a soggetto musicale o
raffiguranti scene di musica o dan-
za), oltre ad vari documenti quali
cataloghi, elenchi inventariali o atti
giuridici, privi di note musicali ma
ricchi di informazioni utili per cono-
scere il contenuto di una raccolta
libraria o sapere i nomi dei musici-
sti che formavano una Società filar-
monica. E' noto che in passato
campagne di segnalazione e censi-
mento di raccolte musicali sono
state condotte da alcuni pionieri
della musicologia italiana: nel 1971
Claudio Sartori pubblicava nella
rivista Fontes Artis Musicae notizie di raccolte musicali segnalate in
Alessandria ed in Casale Monferra-
Organo della chiesa di San Pietro a Gabiano durante il restauro
to. Ma al di là di poche isolate ini-
ziative, che tra l'altro fornirono dati
ricavati "a ritroso" (ovvero non at-
traverso ricerche sul territorio ma
desunti da informazioni bibliografi-
che pregresse), mancava - fino ai
giorni nostri - una ricognizione si-
stematica sul territorio, condotta
con criteri scientifici e promossa
istituzionalmente tanto da enti pub-
blici (Regione Piemonte) che da
istituzioni religiose (a maggio è
stato preso, a tal pro, un accordo
tra Istituto, Regione e Consulta
Regionale del Piemonte per i Beni
Culturali Ecclesiastici). Ad oggi i
nostri collaboratori continuano le
r i ce r che con ta t t ando en t i
(biblioteche, archivi, parrocchie,
società filarmoniche, scuole di mu-
sica, pro-loco, SOMS, privati colle-
zionisti), raccogliendo informazioni
storiche (sulle tradizioni del territo-
rio e sulle compagini e personaggi
che hanno legato in loro nomi al-
l'arte della musica) e conteggiando
i documenti di interesse musicale
rintracciati. Attraverso questo men-
sile vorremmo lanciare un appello;
per chi fosse in possesso di infor-
mazioni sulla presenza di testimo-
nianze musicali presenti e passate,
potrà segnalarle alla nostra atten-
zione contattando l’Istituto per i
Beni Musicali in Piemonte onlus, via Barrili 7 - 10134 - Torino
tel. 011/3040865;
Logo dell’Is
tituto per i B
eni M
usicali in
Piemonte
7
Proponiamo ai nostri lettori un paio di articoli che ci riportano indietro nel tempo. Per i meno giovani si tratta di un richiamo alla memoria di un tempo passato vissuto in ori-ma persona o sentito raccontare da chi l’ha vissutao, per i giovani que-ste righe sembreranno più un film che vivranno come spettatori. Per entrambe l’opportunità di una riflessione di come il tempo ha cambiato le emozioni e la realtà. Partiamo da un articolo biografico redatto dal compianto collega gior-nalista Aldo De Paul in cui ci rac-conta la vita di un Cantavennese illustre, il cav. di Vittorio Veneto Achille Celestino Truffa classe 1884. Nel 1911 si sposò con una diciot-
tenne Maria Pagliano di un paese
vicino Isolengo, frazione di Camino.
In tempi in cui i mezzi di trasporto
motorizzati non avevano l’odierna
diffusione capitava spesso di
“trovar” moglie, o marito, nei din-
torni (a questo servivano i dì dla festa). Il viaggio di nozze fu fatto con una passeggiata sotto la neve
alta, visto che si erano sposati a
gennaio, dalla casa patena di Maria
sino a quella dello sposo a qualche
chilometro di distanza.
Come ogni generazione anche A-
chille Celestino dovette fare i conti
con la guerra, inserito nelle truppe
someggiate combatté la Grande
guerra sulle cime del Carso sempre
accompagnato dal suo inseparabi-
le, fedele, paziente e generoso
mulo. Visse la disfatta di Caporetto
e l’epopea del Piave con la succes-
siva riscossa di Vittoria Veneto.
Al termine della guerra riprese il
suo lavoro di contadino, vide cre-
scere i suoi due figli maschi Pinin e
Carlo, e li vide anche partire per la
seconda guerra mondiale. Furono
fra i fortunati che fecero ritorno
l’uno sei e l’altro nove anni dopo la
loro partenza.
Una vita passata a lavorare la no-
stra terra; terra bella e dura, gene-
rosa e pretenziosa, terra che ha
plasmato il carattere di chi su essa
e con essa vive da generazioni.
Così in questo breve racconto,
che a pensarci bene non tanto
più breve della vita, Achille
Celeste restò vedovo dopo
cinquant’anni di matrimonio,
non smise mai di lavorare vi-
gne e campi sin quanto, e per
quanto, le forze fisiche gli con-
sentivano.
Venne un giorno la grande
mietitrice per interrompere
quel sodalizio che legava la sua vita
alla terra.
Ma non ci riuscì, perché quella
stessa terra lo ha accolto nel suo
grembo per farlo diventare parte di
essa ed il buon Celeste siamo certi
ne sarà contento.
Facciamo ora un salto di un paio di generazioni. Riportiamo il racconto di una Genovese che ogni estate veniva nelle nostre colline a passa-re le vacanze con i nonni in quel di Cantavenna Marilù Pilo, classe 1950, oggi pro-fessoressa di lettere in pensione, ci racconta con gli occhi della bimba di allora il viaggio in treno, vissuto come un’avventura fantastica quanto faticosa e affascinante allo stesso tempo. Da Genova a Torino e da qui a Tri-
no Vercellese, con la Littorina color
nocciola stinto che univa Torino a
Casale e che fermava a tutte le
stazioni (in questo poco è cambiato
oggi).
Si scendeva a Palazzolo Vercellese
tranquillo e sonnolento paesone
della pianura vercellese immerso
nella calura estiva e nel silenzio,
rotto solo dal ronzio delle zanzare.
Poi a piedi fino alla destinazione.
Attraversati i vicoli di Palazzolo in
mezzo a cascine e casolari bassi
odorosi di stalla dove grandi aie si
alternavano a curatissimi orti e
giardini si camminava in direzione
del grande fiume e man amano che
le case si diradavano lasciando il
posto a pioppeti e boschi cresceva
l’odore tipico dolciastro delle acque
del Po. Sull’estremità della riva si
trovava un pontile in legno, da do-
ve una barca lunga e bassa ci a-
vrebbe traghettato dall’altra parte
del fiume proprio ai piedi delle colli-
ne. Ascoltavo con curiosità e atten-
zione i grandi che mi accompagna-
vano, parlare con i traghettatori nel
loro dialetto. Era rassicurante stare
rannicchiata sul fondo del barcone
con la faccia quasi a pelo d’acqua
tenendo le manine e bagno a gio-
care con i flutti del Po mentre i
grandi parlavano di cose importan-
ti. Sbarcati sulla riva alessandrina
del fiume ci aspettava la parte più
impegnativa e faticosa del nostro
viaggio avventuroso: si trattava di
risalire la collina attraverso i boschi,
su su fino al paese che era adagia-
to lungo il crinale collinare.
Era la parte del viaggio meno pia-
cevole, il tratto in salita era lungo e
noioso secondo me anche se svol-
geva dentro boschi ombrosi e pro-
fumati freschi e confortevoli soprat-
tutto d’estate… ma per una bambi-
na non abituata, la salita era molto
pesante e spesso chiedevo ai miei
zii che mi accompagnavano di
prendermi in braccio.
Dopo circa un’ora abbondante di
marcia si arrivava al paese a due
passi dalla piazza principale e dalla
Parrocchia, ancora un ultimo chilo-
metro lungo lo stradone sterrato
che collegava Cantavenna a Isolen-
go per arrivare alla casa della non-
na. Almeno ora la strada era più o
meno in piano . Nell’aria si sentiva-
no i profumi delle pante sparse sui
bricchi soprattutto lavanda e ro-
smarino e io li respiravo a pieni
polmoni felice perché ci avvicinava-
mo a casa.
Lì mi dimenticavo tutta la fatica
fatta per arrivarci, in quella casa mi
sentivo la bambina di città più feli-
Sensazioni di tempi passati...
Continua a pag. 8
Accesso al Portic
sul Po di R
occa delle donne (C
amino)
8
A proposito di mercatini Dopo Varengo anche allo Story Park I mercatini di Natale possono esse-
re una occasione, oltre che per
festeggiare la nascita di Gesù con i
tradizionali doni, anche per favori-
re le attività di commercianti ed
artigiani locali che, coi tempi che
corrono, hanno una occasione in
più rispetto alle grandi catene di
distribuzione.
Sono però anche l’opportunità per
far conoscere il nostro Monferrato
specialmente se si ha l’accortezza
di affiancarli ad altre iniziative di
valorizzazione del nostro territorio.
Si crea così una sinergia fra econo-
mia locale, cultura, conoscenza,
che crediamo possa rafforzare la
coesione della nostra grande co-
munità. Ecco perché G&d ha pro-
mosso e/o collaborato anche con
diverse iniziative natalizie.
Story Park Proprio qualche giorno prima di
Natale, domenica 23 dicembre,
presso lo Story Park di Gabiano
oltre agli stand del mercato ci tro-
veremo per gli auguri di Natale in
compagnia dei canti di un coro
Gospel alle ore 16:00, ad una
proiezione di diapositive del
territorio con una tazza di cioc-
colata offerta dallo Story park e
vin Brulè offerto dalle AIB.
Gli standisti che intendono esporre
si possono mettere in contatto con
il seguente cellulare: 347-4029757
ed e-mail
Gli amici di Varengo hanno una sede... In occasione del mercatino di Natale il 1° dicembre ci sarà l’inaugurazione
Avevamo anticipato sullo scorso
numero di Ottobre le iniziative dei
giovani e meno giovani amici di
Varengo che vogliamo ricordare ai
nostri lettori, unitamente all’invito
ad esser presenti.
- Sulle piazze di Varengo una qua-
rantina di stand di espositori
saranno presenti per il Mercatino di
Natale per tutta la giornata di sa-
bato 1° dicembre
- alle 10:30 inaugurazione della
sede de Gli amici di Varengo
sono stati invitati il sindaco dott.
Tribocco e il parroco prof. Calvo
- nella sede proiettato un docu-
mentario sulla chiesa di Varengo
grazie agli scatti del fotografo del
nostro Monferrato Piergiuseppe
Bollo;
- nei locali cortesemente messi a
disposizione dall’Ostello La Sosta
(Story Park) con acceso dalla piaz-
za verrà esposta una serie di 9 ma-
nifesti dei Sacri Monti patrimo-
nio Unesco
- sarà disponibile un numero spe-
ciale di G&d con la raccolta dei
commenti alla mostra ed alle bel-
lezze della Chiesa di Varengo re-
centemente restaurata
- sarà possibile contribuire alla rac-
colta fondi per far fronte alle spese
sostenute e da sostenere per il re-
stauro della chiesa
- Mono Carrasco l’amico italo-cileno
che si è trasferito nelle nostre colli-
ne, dipingerà con la tecnica dei
murales una immagine del Ma-
gnocavalli e della chiesa di Varen-
go.
- sarà presente anche Mario Vella-
no con uno stand con la raccolta
delle Foto dna vira - Presso la Stamberga del Drago
pranzo o cena o marenda sinoira Monferrina;
- Vin brulè per tutti offerto dalle
AIB
… e dalle 16,30 il concerto orga-
nizzato da Armonie in Valcerri-
na presso la chiesa di Varengo.
In caso di necessità è previsto un
servizio navetta che collega il piaz-
zale del Cimitero, sede per par-
cheggio, con il mercatino.
Tutto questo è stato possibile gra-
zie al lavoro dei Varenghesi e dei
tanti amici delle frazioni e comuni
vicini. Sul sito di
www.gabianoedintorni.net puoi trovare:
- Edizione speciale di G&d su
Varengo
- scaricare il commento audio sulla
chiesa di Varengo in MP3 che
volendo, puoi copiare sul tuo
telefonino o su un registratore
portatile per ascoltarlo come guida
mentre visiti la chiesa
- Il documentario su Youtube sulla
chiesa
ce del mio piccolo mondo… era il luogo più caro al mio cuore
dove tutti ma proprio tutti, compresi gatti, il cane Brill e le gal-
line del pollaio mi amavano e riempivano il mio mondo di affet-
ti, per sempre! Alla fine degli anni ‘50 lo zio comprò una mac-
china, una Bianchina ed il viaggio diventò più semplice agevole
e comodo ma i boschi visti passare di corsa dal finestrino dell’-
auto non ebbero più gli stessi profumi, ed anche passare dal
ponte era ben poco rispetto all’emozione della traversata in
barca...
Sensazioni di tempi passati da pag 7
Vista aerea di Varengo
9
La Stamberga del drago
E se volete destinare un po’ del
vostro tempo ai piaceri della gola,
allora è l’occasione di conoscere, se
già non lo conoscevate, la Stam-
berga del Drago.
Un ristorantino piccolo, di una qua-
rantina di posti a sedere in cui ….
Figlio del noto Paolo continua un
tradizione culinaria nota a molti.
La Stamberga è un locale in cui il
tempo si è fermato a tanto anni
fa…
Madie, tavoli, sedie e mobili di ar-
redo sono quelli di un tempo, non
perché i titolari siano stati da un
antiquario o da un robivecchi a fare
acquisti, ma perché da sempre so-
no stati lì, dal tempo dei bisnonni e
nessuno li ha mai cambiati. Anche
piatti e bicchieri, spesso scompa-
gnati, le bottiglie in cui viene servi-
to il vino sfuso e le posate hanno la
stessa storia. Persino il divano, il
bar e i quadri appesi al muro sono
coerenti con tutto il resto, così co-
me la luce fioca tipica delle vecchie
osterie. L’unica cosa che manca è
l’odore di fumo di Toscanelli, per-
ché in ossequio alle leggi, oggi,
diversamente da un tempo passa-
to, non si può più fumare nei luo-
ghi pubblici.
Se volete quindi cenare o pranzare
in una osteria di 80 o 90 anni fa, la
Stamberga del Drago è l’unica au-
tentica rimasta e non ricostruita
per il turista.
Qualche lettore si chiederà a que-
sto punto ma cosa e soprattutto ,
come si mangia?
Si mangia bene!. Abbiamo fatto
una prova venerdì 16 novembre
eravamo in… 15 (su prenotazione)
ed abbiamo richiesto esplicitamen-
te il menù turistico analogo a quel-
lo che verrà proposto per il giorno
del mercatino (ma che ci auguria-
mo verrà mantenuto anche in se-
guito). Un antipasto costituito da
un tortino di cardi con sugo di ba-
gna cauda, un piatto di tagliatelle
al sugo fatto in casa e si sentiva
benissimo tanto era buono, tre fet-
tine di un arrostino con sughetto
particolare e contorno di patatine.
Come dolce una sfoglia con crema
pasticcera aromatizzata con altro
fra cui un sentore di sambuca. Vino
della casa, tutto a 15 €. Merita pro-
prio!. E vediamo adesso cosa ci
propone il nostro Draghetto, ci
consentirà di chiamarlo così, visto
che è il giovanotto è cresciuto alla
scuola del padre Paolo, il Drago
appunto.
Menù turistico a 15 €
per il 1° dicembre
- Affettato misto
- Ceci vecchia maniera o pasta
con sugo a sorpresa
- Arrosto con crema di mandor-
le e contorno con verdura di
stagione
- Dolce della casa
- 1/2 litro di vino rosso sfuso
Per i buongustai ovviamente c’è
anche l’opzione “a la carte” in que-sto caso si può disporre di piatti più
ricchi, vino in bottiglia e prezzi che
viaggiano oltre i 25 €.
Quindi amici è il momento di fare
un tuffo nel passato, in altri tempi
di cui solo i più
vecchi possono
dire di aver vissu-
to.
E buon appetito!.
P.s. Vi anticipiamo
già che per Di-
cembre ci sarà
una serata a base
di Bagna cauda
(con amico che
strimpella la chi-
tarra). Seguiteci e
saprete quando...
Troviamoci per una cena, che ne dite di darci appuntamen-to alle 8 di sera di ottanta o novanta anni fa?
E’ gradita ed opportuna la pre-
notazione (specialmente per il
giorno del Mercatino) -
allo 0142-943346
Stamberga del Drago
Sede degli Amici di Varengo Proiezioni su Sant’Eusebio
Mostra natività Sacri Monti
10
www. gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino Direttore Respon-sabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpo-foro 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Ga-biano - Stampato presso A4 di Chivas-so (TO) - Editore: Associazione Pie-monte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita Per informazioni e pubblicità cell. 335-7782879;
e-mail: [email protected]
Solidarietà evitare o invece come una opportu-
nità per imparare a capire quanto
sia difficile relazionarsi con culture
ed abitudini tanto diverse dalle no-
stre, trovando poi il modo per farlo
con reciproca soddisfazione.
Il fatto che ci si trovi di fronte bam-
bini e bambine con le loro storie, i
loro caratteri, le loro abitudini e
talvolta problemi famigliari, può
rende ancora più complessa, ma
anche creativa, la situazione.
Va detto che le associazioni si fan-
no carico di una serie di servizi, ad
esempio con le iniziative di Estate
ragazzi dal lunedì al venerdì il grup-
po viene accompagnato in visite, o
in piscina o comunque coinvolto in
altre attività in cui oltre a trovarsi
fra loro, sono seguiti da una ac-
compagnatrice che conosce bene
l’italiano ed è in grado da far da
intermediario anche in caso di diffi-
coltà o problemi.
La maggior parte delle famiglie che
accolgono i bambini rinnovano la
disponibilità, cosicché per diversi
anni si ripetono i soggiorni che
vedono gli stessi bimbi accolti dalle
famiglie dell’anno precedente.
Si rinnova quindi un rapporto che
dopo dei tre-quattro estati passate
insieme crea un legame di amicizia
che si esprime talvolta con pianti
dirotti al momento di tornare in
patria, specie se per raggiunti limiti
di età i soggiorni non si rinnoveran-
Si è diffusa in questi anni una ini-
ziativa molto interessante che uni-
sce tanti valori, che vanno dal raf-
forzamento dell’amicizia fra gente
di diversi nazioni, alla diffusione
della cultura ambientale, sino all’-
aiuto a chi è meno fortunato.
Stiamo parlando dei bambini di
Chernobyl. Da tempo numerosi
bimbi (leggiamo attorno ai 30.000)
ogni estate trascorrono un mese
qui in Italia e anche fra le nostre
colline vi sono famiglie disposte ad
accoglierli.
Diverse associazioni riconosciute
provvedono a organizzare il viag-
gio, non certo agevole dalle pianu-
re della Bielorussia ai nostri paesi,
fra queste citiamo Un sorriso per
Chernobyl con sede a Trino e
Monferrato per Chernobyl con
sede a Moncalvo. L’esperienza dell’-
ospitalità di questi bambini, età
massima 14 anni, è certamente
coinvolgente e non sempre facile.
Spesso si tratta di bambini e bam-
bine che provengono da piccoli
paesi molto poveri.
Talvolta non dispongono di acqua
corrente o servizi igienici nelle ca-
se, e non è certo facile per loro e
per chi li accoglie rapportarsi con le
rispettive abitudini. Il tutto compli-
cato anche dalla difficoltà della lin-
gua.
Tutto questo può essere vissuto
semplicemente come un fastidio da
no più l’anno
successivo.
E’ una espe-
rienza impor-
tante anche
per le famiglie
che hanno bambini. L’arrivo di un
“estraneo” può far scattare in qual-
che caso fenomeni di gelosia o
competizione che con un po’ di
dialogo possono esser facilmente
superati, con beneficio non solo
dell’ospite ma anche e soprattutto
del piccolo “padrone di casa”.
Potrà così scoprire che affetto e
amore, come tutti i grandi Valori,
non hanno dimensioni materiali per
cui, anche se vengono dedicati a
nuovi amici, non vengono sottratti
ad altri, sono risorse illimitate e…
gratuite ma che richiedono atten-
zione e disponibilità.
In molti casi invece si può scoprire
come i bambini, pur di culture e
lingue diverse, sappiano diventare
amici in maniera del tutto sponta-
nea e con molta più facilità degli
adulti. Crediamo possa essere una
interessante, quanto non facile le-
zione di vita che riteniamo meriti di
essere vissuta.
Chi si sente può contattare una
delle associazioni citate che sa-
pranno darvi tutte le info necessa-
rie.
Da parte nostra possiamo dirvi che
da qualche anno collaboriamo con
“Un sorriso per Chernobyl” condot-
ta dall’arch. Paolo Balocco di Trino
0161– 829810 mail
e possiamo dire di esserci sempre
trovati bene.
Bimbi di Chernobyl
Il logo di U
n sorris
o per C
hernobyl
11
Acciughe al verde
Siamo così giunti
all’autunno; questo
un tempo faceva
pensare alle provvi-
ste messe da parte
durante l'estate.
Ecco dunque perché
ho scelto questa
ricetta. Un tempo
infatti erano fre-
quenti gli scambi di
oggetti e cibi tipici
con le popolazioni
liguri da cui ricevevamo in cambio,
tra le altre innumerevoli cose, le
acciughe sotto sale, capaci di dura-
re per lungo tempo se ben custodi-
te, oltre al sale e l'olio d'oliva. A-
vendo poi a disposizione questi
preziosi ingredienti le massaie no-
strane si sbizzarrirono e non ci mi-
sero molto a creare un antipasto
davvero fenomenale che proprio
non poteva mancare nelle piole. O nelle tipiche merende sinoire che altro non sono se non aperitivi lo-
cali capaci tal volta di sostituire
totalmente la cena.
Quello che sto per presentarvi non
è sicuramente un piatto di nouvelle cuisine, ma voi lo sapete io sono così, ancora legato alle tradizioni e
spero un po’ lo siate anche voi.
Si tratta di un piatto umile e senza
possibilità di sofisticazioni, ma con
il suo gusto appetitoso e fragrante
ci fa rivivere sensazioni ormai per-
dute rammentandoci i legami tra
queste due terre percorsi a dorso
di mulo sulle antiche vie del sale.
Percorsi ormai quasi dimenticati ma
affascinanti e suggestivi.
Bene spero di avervi incuriosito
almeno un po’, quel tanto che ba-
sta per farvi capire l'importanza di
questo semplice piatto la cui ricetta
mi è stata donata da una anziana
signora mia carissima amica.
Ecco dunque come procedere:
Ingredienti: (per 6 persone)
2 etti di acciughe sotto sale
1 mazzo di prezzemolo
1 spicchio d’aglio
1 peperoncino piccante
(facoltativo)
1 bicchiere di olio di oliva
un cucchiaio di aceto
la mollica di un piccolo panino
Procedimento:
Dividere in filetti le acciughe aven-
do cura di togliere la lisca, pulirle
Per informazioni e prenotazioni: tel. 0141.922370 cell. 333.2796444
del sale passandole
velocemente, una per
una, in una bacinella
con acqua e aceto,
quindi asciugarle bene.
Pulire il prezzemolo,
eliminare e gambi e
tenere solo le foglioline.
Aprire o spicchio d’a-
glio, togliere - l’anima -
(cioè il germoglio cen-
trale, che lascia l’odore
più persistente). Fare
un trito finissimo con il prezzemolo
e l’aglio, aggiungere l’olio d’oliva, la
mollica di pane intrisa nell’aceto e
far amalgamare il tutto fino ad ot-
tenere una specie di crema. Ag-
giungere il peperoncino (lasciato
intero). Disporre le acciughe in un
contenitore o in un piatto fondo e
versarvi il bagnetto verde, facendo
attenzione che ne siano interamen-
te ricoperte. Consiglio poi di ac-
compagnare con del buon pane
nostrano come ad esempio la Biova
e con del buon vino quale ad e-
sempio Grignolino o Gavi. Spero
come al solito di aver suscitato in
voi interesse ad amore per la cuci-
na regionale; come al solito sono a
disposizione per dubbi approfondi-
menti ecc..
Ciao a tutti e grazie
Damiano Gasparetto
www.cuoco-adomicilio.com
12
An invitation to our
english friends
from a not for profit
association.
Fra le iniziative per favorire la no-
stra terra G&d ne ha “inventata”
un’altra.
Se andate sul sito troverete nella
home page, una edizione speciale di G&d. E’ una versione in inglese.
Insieme da alcuni amici: Pietro
Cressano di Gabiano, Phil Whitehe-
ad che opera nell’edilizia a Londra,
Franco Nicola titolare della Agenzia
immobiliare “Esserci” ,
sede Moncalvo,
Rossana Rondano
architetto si tenterà,
si spera con qualche
successo, di convince-
re gli amici inglesi, ma
non solo, ad acquistare
immobili e possibilmente
a trasferirsi nelle nostre
ridenti colline, non abbia-
mo forse sempre sostenu-
to la somiglianza del Mon-
ferrato con il - Chiantishire
- toscano tanto amato dagli
inglesi?.
Nella - Special edition - sono
descritti nu-
merosi immo-
bili in vendita
fra cui castelli,
ex conventi
palazzi case
rurali. Si è pen-
sato anche ad
Come to live in Basso Monferrato
una organizzazione in grado di ri-
spondere alle esigenze dei clienti
se, come è probabile, l’acquirente
vorrà ristrutturare l’immobile. Sono
presenti nello speciale edifici a Gor-
zano, Pessine, Camino, Villamiro-
glio, sino al Monferrato Casalese e
Astigiano. Naturalmente intramez-
zati alle proposte una serie di arti-
coli sulla nostra terra.
Si pensa di riproporre l’iniziativa
anche con altri stati del vecchio
continente dalla Germania alla
Francia ed an- che alla Rus-
sia.
Nelle fo
to alcuni degli im
mobili in
vendita
e la cover d
ella Special editio
n di G
&d