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  • 5/20/2018 Gasparro - Gli Oracoli Caldaici

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    Giulia Sfameni Gasparro

    Gli Oracoli Caldaicie lattuale dibattito sul monoteismopagano: sulluso e labuso di una categoria storico-religiosa

    Nellampia e appassionata argomentazione svolta nel libro X del De ci-vitate Dei per dimostrare quale sia la vera religione di salvezza (quae

    aeternae vitae sit religio) al pubblico dei suoi lettori, tra cui ancora nu-merosi e attivi erano i multorum deorum cultores, Agostino rivolge unaveemente apostrofe al principale interlocutore del suo discorso, il filo-sofo Porfirio,1prescelto quale autorevole rappresentante di quei platoni-ci che lIpponense riconosce essere i pi illustri meritatamente di tutti ifilosofi (X 1 ,1).2 Dopo aver evocato la distinzione operata dallaltroplatonico cui tanto spesso si appella, lafricano Apuleio,3fra i demoniresidenti nel mondo sublunare, passibili e proclivi al male, e gli dei su-periori del cielo appartenenti allo spazio etereo, sia i visibili, che vedevasplendere perch esposti alla vista, come il sole, la luna e le altre stelle,

    sia gli invisibili che immaginava,4 esclama: Tu invece hai appresonon da Platone ma da maestri Caldei la teoria di innalzare i vizi umani

    1 Per il complesso rapporto di Agostino con Porfirio, si segnalano soltanto, dopoTheiler, Porphyrius und Augustin, Madec, Augustine, disciple ... e Augustine etPorphyre ... e TeSelle.2Tra le numerose affermazioni in tal senso si veda tutta largomentazione svolta inAug. civ. VIII 1-12. Per una pi ampia discussione sul tema del rapporto di attra-zione e ripulsa dellIpponense nei confronti degli ambienti platonici contemporanei,da cui aveva ricevuto il decisivo impulso alla sua stessa conversione con la scoper-

    ta della non-sostanzialit del male, dopo la lunga e travagliata esperienza manichea,mi sia concesso di rimandare a quanto argomentato nel mio saggio Sfameni Gaspar-ro, Fra astrologi ... in particolare 122-142.3Si veda, ad esempio, Aug. civ. VIII 14, 1s.4Traduzione di D. Gentili, in Trap (NBA V 1) da cui citer anche in seguito. Cf.Moreschini, La polemica .... Sulla facies filosofica e teologica di Apuleio, conparticolare riguardo alla demonologia, mi limito qui a segnalare Moreschini, Apu-leio ... e Divinazione ...; Portogalli; Hijmans; Bernard. Senza poter entrare ora nelmerito del problema delle tradizioni demonologiche del mondo tardo-antico mi per-metto di fare riferimento alla documentazione discussa in Sfameni Gasparro, Dai-

    mn and Tuch ....

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    alle alte sfere eteree o empiree e nelle regioni immobili del cielo, affin-ch i vostri dei potessero comunicare linsegnamento divino ai teurgi.5

    Questa apostrofe polemica, con la menzione dei Chaldaei magi-

    stri, stabilisce una specifica connessione tra larte teurgica con le suepeculiari finalit catartiche, di cui Agostino discute in questo contesto ealla quale costantemente appella in tutto larco della sua attivit di con-fronto-scontro con i circoli intellettuali pagani suoi contemporanei, apreminente connotazione platonica, e la tradizione culturale e religiosadi venerabile antichit connessa fin dalla Grecia classica e con sempremaggiore insistenza a partire dal periodo ellenistico ai saggi Caldei,connotati notoriamente in senso astrologico-divinatorio.6 Essa in paritempo, collegando a Porfirio linsegnamento teurgico caldaico, sembracostituire la prima attestazione storica dellesistenza di quel corpusora-colare che, proprio a partire dal filosofo di Tiro,7si riveler uno dei cen-tri focali dinteresse dei rappresentanti della tradizione platonica intesaalla custodia e salvaguardia delldinnanzi al dilagare sem-pre pi pervasivo del nuovo messaggio cristiano.8Dietro lo schermo delsuo ideale interlocutore come Agostino stesso riconosce si pongonoquei platonici contemporanei con cui lIpponense lascia aperto il dialo-go nella prospettiva di una loro adesione alla via cristiana della sal-

    5

    Aug. civ. X 27: Tu autem hoc didicisti non a Platone sed a Chaldaeis magistris, utin aetherias vel empyrias mundi sublimitates et firmamenta caelestia extolleres vitiahumana, ut possent dii vestri theurgis pronuntiare divina. Ho modificato la tradu-zione dellespressione finale che in Trap (NBA V 1) resa con: indicare i riti reli-giosi perch il senso dellaffermazione agostiniana (pronuntiare divina) quello diuna trasmissione di conoscenze relative al livello divino, non limitabile alla sferarituale. Cf. la traduzione di Alici 497: ... comunicare ai teurgi verit divine.6 Osservazioni ancora utili e una prima documentazione nel saggio di Bidez, Lescoles chaldennes ....7Lewy, Chaldaean Oracles 7s. Come noto, la conoscenza dei da parte diPlotino, dopo numerose prese di posizione pro e contro una possibilit fondata su

    troppo labili indizi, rimane aperta, cf. Dillon, Plotinus ..., ma vedi anche larticolodi Soares Santoprete in questo volume. Dopo ledizione di Kroll, De oraculis, siveda quella con traduzione e commento di des Places, Oracles. Il testo critico di desPlaces utilizzato da Majercik, The Chaldean Oracles, da Garca Bazn e da Tonelli.8La definizione di Bibbia dei platonici che, dopo Theiler, Die chaldischen Ora-kel1 = 252 e Nilsson, Geschichte der griechischen ReligionII 479, diventata unluogo comune per definire gli Oracoli Caldaici, del tutto impropria e fuorviante,data la ben diversa consistenza storica e tipologica dei due termini a confronto, sottoil profilo letterario oltre che ideologico e religioso. Sulle modalit del rapporto deineoplatonici con questo corpus oracolare si vedano le equilibrate osservazioni di

    Lamberton, in particolare 204s.

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    vezza,9quando avessero cessato di coniugare lammissione teorica di ununico Principio divino della realt, che egli ritiene concorde con la no-zione cristiana del Dio unico, con il riconoscimento della legittimit del

    culto prestato agli dei molteplici delle tradizioni religiose nazionali.

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    A conclusione del serrato confronto con Porfirio, egli insiste sulla circo-stanza che costui ha dovuto riconoscere limpossibilit di trovare ladottrina che indichi la via aperta a tutti per la liberazione dellanima(universalem ... viam animae liberandae). Alla fine del primo libro del

    De regressu animae, sottolinea Agostino, il filosofo platonico ha am-messo che ci non stato possibile n per derivazione da una filosofiasommamente vera o dalla dottrina ascetica degli Indiani o dalla inductioChaldaeorum o da unaltra qualsiasi via. Nel discorso agostiniano laconoscenza di tale inductio, verisimilmente identificabile, come vuoleLewy,11con lcaldaica menzionata da varie fonti, risulta con-nessa con la familiarit di Porfirio con gli oracula divinache egli avreb-be mutuato, per esplicita ammissione, dai Caldei medesimi. Il fallimentodella ricerca della universale via salvifica, infatti, risulta tanto pi graveagli occhi dellIpponense poich il suo avversario utique se a Chaldaeisoracula divina sumpsisse, quorum assiduam commemorationem facit,

    tacere non potuit(Aug. civ. X 32, 1).12Come noto, a questa assidua commemoratiodegli oracoli divi-

    ni appresi dai Caldei, nei quali con buona verisimiglianza gli interpreti

    concordemente identificano i ampiamente citati nellatradizione posteriore, anche per la circostanza, egualmente ben nota, chequesta tradizione attribuisce proprio a Porfirio il primo Commentario diessi,13 non corrisponde peraltro alcuna sicura presenza dei nellopera residua porfiriana. In essa, del resto, come sottolinea ripetuta-mente lo stesso Agostino, si limitava lefficacia del rituale teurgico alla

    9Aug. civ. X 29, 1.10Aug. civ. VIII 12: Di essi (sc. i filosofi Platonici) sono giunti a grande fama fra i

    Greci Plotino, Giamblico e Porfirio e nelluna e nellaltra lingua, cio greca e latina,si avuto un celebre platonico, lafricano Apuleio. Ma tutti costoro e gli altri diquesta scuola e perfino Platone ritennero che si dovessero tributare riti sacri a pi dei(Sed hi omnes et ceteri eius modi et ipse Plato diis plurimis esse sacra facienda pu-taverunt.)11Lewy, Chaldaean Oracles487-489. Cf. fr. 302F, 347-348F Smith.12 Su questi contesti agostiniani e, pi ampiamente, per lefficace presenza degliOracoli Caldaicinegli scrittori cristiani dAfrica, cf. des Places, Les Oracles Chal-daques....13 Cf. le fonti addotte in fr. 436-440F, 362T-368F Smith. Cf. Lewy, Chaldaean

    Oracles449-456.

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    purificazione del veicolo pneumatico dellanima. Lutilit di questorituale era comunque riservata agli uomini comuni, indotti, mentre ilsaggio trovava solo nella tensione intellettuale e nella catarsi interiore lo

    strumento atto a perseguire il contatto con il divino.

    14

    Non devo qui evocare il dibattito sulla identit caldaica o menodelluno o dellaltro oracolo trasmesso dalla tradizione indiretta comepertinente al De philosophia ex oraculis haurienda15 o ad altro scrittodellautore.16Proprio questo dibattito, che la maggioranza degli attualiinterpreti comunque risolve per la negativa, mostra la difficolt di indi-viduare e circoscrivere la specificit di quella identit caldaica che pu-re ha rappresentato, almeno a partire dallo stesso Porfirio, uno dei refe-renti privilegiati per la definizione della fisionomia ideologica e religio-sa di quegli ultimi Elleni che furono i Platonici17 fino alla chiusuraforzata della Scuola di Atene.18Non ugualmente possibile affrontare ilpur grave problema del vuoto storico, una sorta di buco nero cultu-rale, rappresentato dallo iato di circa un secolo che sarebbe intercorsotra la compilazione dei attribuiti da una tradizione, per-altro tardiva e anch essa di marca neo-platonica,19a Giuliano il Teurgo,figlio del Giuliano filosofo e Caldeo, vissuto al tempo dellimperatoreMarco Aurelio,20e il primo affiorare di essi sulla scena della storia pro-prio con Porfirio.21

    14Aug. civ. X 27 = fr. 288aF Smith. Cf. X 26, 1-11 = fr. 285F Smith e X 23 = fr.284F Smith.15Wolff; cf. OMeara, Porphyrys Philosophy from Oracles in Augustine e Por-phyrys Philosophy from Oracles in Eusebiuss ... e Hadot, Citations .... Per unarecente rassegna degli studi sullopera porfiriana cf. Busine, Paroles dApollon232-265.16 Senza poter tentare in questa sede un sia pur minimo bilancio degli studi (cf.Smith, Porphyrian Studies ...), basti segnalare, dopo la biografia di Bidez, Vie dePorphyre, i contributi redatti in occasione di uno degli Entretiens sur lantiquit clas-sique della Fondation Hardt (vedi sotto Theiler, Ammonius und Porphyrius), con

    le osservazioni di Cilento e Hadot, Porphyre et Victorinus.17Saffrey, Quelques aspects ....18Cf. Cameron, The Last Days ....19Cf. fr. 364aF Smith. Testimoni di questa tradizione sono lo stesso Procl. In Crat.72, 10s; In Remp. II 123, 12; Suda Nr. 433s., II 641s. Adler e Psello, Opusc. phil. I46, 44-51. Cf. Lvque 77-81.20Sulla questione cf. la recente, chiara messa a punto, con ricca documentazione, diLanzi, La questione dei Giuliani ... e, dopo le argomentazioni di Athanassiadi,The Chaldaean Oracles ..., larticolo della stessa studiosa in questo volume.21Per la possibilit di una composizione pi tarda della raccolta oracolare, alla fine

    del III sec., cf. Potter, Rez. Majercik 225s.

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    Ai fini del discorso che intendo elaborare in questa sede, mi siapermesso concentrare lattenzione su quelli che appaiono i principalinodi della questione caldaica e in pari tempo i temi sui quali converge

    il consenso sufficientemente ampio degli interpreti. In primo luogo sitratta della connessione organica tra questo patrimonio oracolare, qualeche sia la sua origine e consistenza, e la prassi operativa teurgica, comerisulta appunto dal suo primo testimone, Porfirio, e dallintera tradizioneposteriore oltre che da una sezione significativa dei frammenti di talepatrimonio che questa tradizione ci ha consegnato. Nonostante lormaisecolare sforzo esegetico, proprio la frammentariet del materiale dispo-nibile non permette una precisa ricostruzione della prassi teurgica cal-daica.22Tuttavia, dal confronto con altre fonti e soprattutto con il riccomateriale offerto dal giamblicheoDe mysteriis23nel suo costante riferi-mento alla critica porfiriana della teurgia egiziana24 elaborata nella

    Lettera ad Anebone,25non pare illegittimo concludere che la prassi cal-daica sostanzialmente rientrava in uno scenario vasto e sufficientementeomogeneo di rituali evocativi delle molteplici presenze demoniche e di-vine che, secondo la ideologico-religiosa peculiare delle culturedel bacino mediterraneo nel II sec. d. C., corrispondevano ai diversipiani della realt. Questa si configurava infatti come uno scenario in cuicosmologia e teologia erano intimamente contessute, sicch ad ognilivello cosmico corrispondeva una categoria di potenze sovrumane,

    nella consolidata certezza dei rapporti di simpatia che, nel collegare le

    22Un ampio e sistematico esame del problema in van Liefferinge, La Thurgie, dicui peraltro non posso condividere la formula interpretativa secondo la quale laprassi teurgica non sarebbe altro che una trasformazione della comune prassi ritualegreca.23 Utile la densa introduzione che accompagna la traduzione italiana di Sodano,Giamblico. Ledizione di riferimento quella di des Places, Jamblique. Cf. ancheMoreschini, Giamblico. Tra i numerosi titoli di una bibliografia assai ampia intesa ascandagliare la fisionomia giamblichea, mi limito a segnalare, dopo Bidez, Le

    philosophe Jamblique ... e des Places, La religion ..., la monografia di Larsen e laperspicua sintesi di Dillon, Jamblichus of Chalchis ....24Tra i numerosi saggi sul tema, segnalo soltanto Smith, Porphyrys Place83-99;Shaw, Theurgy: Rituals ...; Theurgy as Demiurgy ...; Theurgy and the Soul ...;Divination ... e After Aporia ...; Athanassiadi, Dreams ...; van Liefferinge, Lathurgie, outil de ... e Magie et thurgie .... Per il rapporto di Giamblico con gliOracoli Caldaici, mai menzionati esplicitamente nei suoi scritti residui sebbene egline avesse composto un ricchissimo commento, cf. des Places, Jamblique, Cremer eNasemann.25Per una ricostruzione del testo porfiriano cf. Sodano, Porfirio, con puntuale com-

    mento.

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    diverse componenti di quello scenario, garantivano la compattezza delgrande Tutto.26La composizione, in questo contesto, della nozione dellaseparatezza del primo Principio dalla realt fenomenica, sottolineata con

    tutti gli strumenti del linguaggio della teologia negativa,

    27

    e quella delluniversale pervasivit del divino, in una graduata scansione di livelli efficacemente illustrata, con riferimento a Giamblico, da G. Shaw, quan-do conclude lanalisi del fenomeno teurgico nel tardo platonismo affer-mando che

    as a theurgist, Iamblichus believed the hieratic practices he performed wererevealed by the gods and that no amount of human intelligence possessed thesame degree of soteriological power. As a Platonist he also knew this divinerevelation was not limited to a particular time, place, or culture, but was re-

    vealed continually in all times and in all places as the cosmogenesis describedin Timaeus. The revelation of the gods was ceaseless unfolding of numbersfrom the One into the Many, descending into the mathematical bases of thephysical world. For the Platonic theurgist, nature was the material expressionof the gods calling souls back to their role as cocreators with the Demiurge. InIamblichuss monistic vision, even sensible matter, the medium of creation,was believed to be rooted in the One and was necessary for our salvation. 28

    Le affermazioni dello studioso sono illuminanti nellevocare lintrecciocomplesso degli elementi convergenti in una visione teologica che com-

    pone la nozione della trascendenza del primo principio con la fonda-mentale impostazione cosmosofica del quadro, fino a configurare, in al-cuni casi, una vera e propria visione monistica. Un aspetto qualificantedella concezione giamblichea, comunque, costituito dalla piena inte-grazione nel quadro teurgico, con le sue giustificazioni teoriche di mar-ca platonica, dello stesso sistema teologico greco tradizionale e dei suoiomologhi vicino-orientali, in particolare quello egiziano, con la sua tipi-ca nozione della pluralit organica di esseri sovrumani, dei e ,preposti al funzionamento dei diversi dipartimenti cosmici. Questa ope-razione, infatti, fu ritenuta pienamente legittima dallautore del De my-steriisnella convinzione che il culto tradizionale fu disposto per leggee fin dagli inizi secondo le norme degli dei e in modo razionale. Esso

    26 Una documentazione, certo non esaustiva ma sufficientemente esplicativa deltema, in Sfameni Gasparro, Monoteismo ... 116-123.27Cf. Linguiti.28

    Shaw, After Aporia ..., in particolare 80.

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    imita lordine degli dei, quello intelligibile e quello che nel cielo. 29Con le parole dello stesso Shaw, si pu riconoscere che by arguing forthe philosophic legitimacy of time-honored sacrifices and rites of divi-

    nation under the rubric of theurgy Iamblichus provided a theoreticaljustification for the ancient cults of the Greco-Roman world.30Non illegittimo ritenere che gli operatori stessi delle pratiche teurgicheconnesse agli Oracoli Caldaici partecipassero di unanaloga convin-zione.

    Le finalit dei rituali teurgici, naturalmente, potevano essere di-verse nelluno e nellaltro contesto, con una serie di variabili nel do-saggio fra intenti pratico-utilitaristici e mistico-spirituali, una volta cheil comune fondamento catartico indispensabile per stabilire il contattocon le potenze demoniche e divine era di volta in volta utilizzato a scopimolteplici, dal perseguimento di benefici materiali come nelle prassidescritte nelle Papyri Graecae Magicae(PGM)31decisamente orientatein direzione di quella magia32 che si voleva peraltro distinguere dallateurgia33 fino allottenimento della con la divinit, anche neisuoi gradi pi alti.

    29Iamb. De myst. I 21 p. 65, 3-5 P.: !"#$%$&'&!$$()#*$+,-*.*&/.30

    Shaw, Divination ... 233. Lo studioso nota opportunamente che per tale ragioneGiuliano Imperatore ha inteso appellarsi al sistema religioso e ideologico giambli-cheo, a preferenza di quello plotiniano o porfiriano, per realizzare il proprio progettodi ri-ellenizzazione dellImpero. A limitare peraltro lo scarto con la posizione diPorfirio, quale sottolineato dallo studioso, non si trascurer che lo stesso filosofo diTiro, pur nella dura polemica anti-sacrificale, si preoccup di salvaguardare propriola prassi rituale delle comunit cittadine, di cui intese mantenere la legittimit, afronte del distacco del filosofo dai riti cruenti del sacrificio animale. In proposito misia permesso rimandare a quanto osservato in un mio saggio (Sfameni Gasparro,Critica ...).31Analogie pi o meno profonde nelle pratiche e nelle finalit dei due ambiti sono

    poste in luce dallanalisi di Eitrem, La thurgie .... Cf. anche Eitrem, Zu Philo-strats ..., Gonzlez Glvez e larticolo di Zago in questo volume. Osservazioni per-spicue sul tema Theurgy and Magic anche in Johnston,Hekate76-89.32Ledizione delle PGM in Preisendanz e una traduzione inglese in Betz. Unampiarassegna bibliografica in Brashear. Tra una bibliografia ormai assai ampia sul feno-meno della magia tardo-antica, oggi pi che mai presente allattenzione degli studio-si, si segnala soltanto, dopo Graf,La magie, Dickie e Martin.33 In tal senso esplicita laffermazione di Agostino che, dopo aver menzionato lanefariae curiositatis ars che pu essere definita insieme magia, goetiaovvero, inmaniera pi onorevole teurgia, nota come tale distinzione operata da coloro che

    pretendono di discriminare queste pratiche e vogliono far apparire degni di condan-

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    Una nota testimonianza di Damascio, recepita come primo fram-mento degli Oracoli Caldaici nelledizione des Places, attribuisce alfiore dellintelletto la capacit di attingere quellIntelligibile supremo

    cui possibile accostarsi dopo il totale distacco dal sensibile e lo svuo-tamento dello stesso intelletto da ogni pensiero.34Non dato sapere see in quali termini negli ambienti dei compilatori e dei fruitori degli Ora-colisi stabilisse una rapporto di continuit fra il momento rituale dellateurgia e lesperienza unitiva tra il e il 01$quale evocato nel testo dellautore neoplatonico. In ogni caso il ritualismoteurgico risulta essere una componente fondamentale e imprescindibiledi tali ambienti, soprattutto quelli di netta marca neoplatonica35 comerisulta dalle note esperienze teurgiche di un Giuliano36o di un Proclo,37

    na individui dediti ad arti illecite, perch anche il volgo li considera operatori di ma-leficio. Fanno apparire invece degni di lode gli altri che considerano dediti alla teur-gia (Aug. civ. X 9, 1). Anche questarte, peraltro, a parere di Agostino, sarebbe og-getto di proibizione e condanna da parte delle pubbliche autorit, allo stesso titolodelle arti magiche. Sul tema cf. Clerc.34Dam. Princ. I 154, 16-26 R. = II, 105, 3-13 W. - C. = OC 1 des Places = Kroll 11.Il motivo del 01$ evocato anche in Proclo, in rapporto allAion (In Tim. III14, 3-10 = OC 49 des Places = Kroll 27 e n. 1). Sul posto di questa nozione nellateologia procliana cf. Gurard.35

    Dopo Bidez, La liturgie ... e Notes ..., Boyanc, Thurgie ... e Dodds,Theurgy ..., mi limito a ricordare, tra i numerosi interventi sul tema, oltre il gicitato contributo di Shaw, After Aporia ..., Smith, Porphyrys Place 122-141,Luck, Saffrey, La thurgie comme pntration ... e La thurgie comme phno-mne ... e DAnna.36Tra la letteratura, notoriamente assai vasta, sulla complessa identit intellettuale ereligiosa di Giuliano, dopo la monografia classica di Bidez, La vie de lEmpereur

    Julien, basti menzionare alcuni titoli recenti, quali Bowersock, i saggi raccolti inBraun - Richer e le monografie di Athanassiadi,Julian, di Bouffartigue e di Blumen-thal - Clark, con le osservazioni di Athanassiadi, The Oecumenism .... Sul rapportocon le credenze e pratiche tradizionali cf. anche Smith,Julians Gods.37 Per il ruolo della teurgia nellorizzonte procliano cf. Bidez, Proclus ...; Festu-gire, Contemplation ...; Trouillard, Le merveilleux ... ; Sheppard, Proclus atti-tude ...; Smith, Porphyrys Place 111-121. Pi ampiamente, sullintreccio solidalefra ricerca filosofica ed esperienza religiosa peculiare della identit procliana, cf.Bremond, Un texte ... e Notes ...; Festugire, Proclus ...; Trouillard, Lun etlmeeLa mystagogie; Di Pasquale Barbanti. Il biografo Marino illustra vivacemen-te limpegno del filosofo nella pratica devozionale, rivolta alle divinit tradizionali(Saffrey - Segonds). Ad esemplificare il genuino slancio religioso di Proclo nei con-fronti degli dei greci, in particolare di Atena percepita come sollecita protettrice, val-gano gli esempi di preghiere e inni pubblicati in Saffrey, Hymnes. Cf. anche Saffrey,

    Les Noplatoniciens ... e Quelques aspects ....

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    autori nei quali ugualmente essenziale il momento cognitivo e misticodellitinerario intellettuale e religioso di cui linsegnamento caldaico eraritenuto parte decisiva.

    Il secondo e ugualmente pregiudiziale nodo problematico costi-tuito proprio dalla possibilit di definire i contenuti di tale insegnamen-to. Dopo le ricerche del passato, intese a ricostruire la teologia caldaica,considerata come un sistema compatto e coerente, deducibile dal com-plesso della documentazione,38alcuni recenti interpreti, nel sottolineareopportunamente la necessit di distinguere lapporto dei diversi testimo-ni e la qualit dei rispettivi contesti, hanno scosso molte certezze sullidentit di tale sistema. Al di l dello schermo della secolare tradizioneesegetica dei platonici, intesa ad appropriarsi dellautorit di una paroladivinamente ispirata per fondare le proprie elaborazioni filosofiche,risulta assai difficile, se non impossibile, cogliere il movimento di unpensiero che, per definizione, si presenta come rivelazione della stessadivinit, in un linguaggio allusivo dalla pregnanza volutamente ambi-gua che, piuttosto che formulare un organico patrimonio dottrinale, in-tende fornire alluomo uno strumento di salvezza, radicato in una prassirituale. Cos, ad esempio, R. Majercik ha messo in dubbio, con argo-menti degni di nota, quella struttura triadica che era ritenuta un elemen-to portante dellorizzonte degli Oracoli, attribuendone contenuti e mo-dalit di configurazione alle speculazioni teoretiche dei tardi Neoplato-

    nisti. La studiosa pertanto, se per un verso riconosce evidente che unprincipio triadico di qualche sorta informava linsegnamento degli Ora-coli, ritiene che lesistenza di triadi schematiche come quella di Pa-dre, Potenza, Intelletto e di Uno Aldil (ovvero: trascendentalmentealtro: 2,3), Hecate, Diade Aldil (ovvero: trascendental-mente altra: . 3 OC 169) hanno anche meno probabilit diaver fatto parte della primitiva speculazione Caldaica.39Lanalisi degliOracoli Caldaici, sotto il duplice profilo della teologia e teurgia quale stata proposta da P. Athanassiadi in relazione a due dei testimoni pi

    38In tal senso soprattutto rappresentativa la monografia fondatrice degli studi mo-derni sul tema, di Lewy, che pure ha lucidamente percepito la difficolt del prob-lema. Dopo aver notato che nellintera produzione di Proclo e di Damascio onlythree Chaldan oracles are quoted in full, correttamente sottolinea che, mentre ge-neralmente i neoplatonici citano soltanto brevi o brevissimi frammenti, these textsdo not set out the pure Chaldan doctrine, but rather the Platonic interpretation of it(Lewy, Chaldaean Oracles74).39 Majercik, Chaldaean triads ..., in particolare le conclusioni a 296. Cf. anche

    The Existence-Life-Intellect Triad ....

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    nettamente caratterizzati sotto il profilo ideologico, quali Proclo40e Da-mascio,41muove dallassunto pregiudiziale di analizzare distintamente irispettivi contesti dei due autori e giunge alla conclusione che ciascuno

    di essi propone unesegesi diversa della fonte di riferimento, attribuen-dole pertanto contenuti e significati egualmente diversi.42 In ogni caso,tuttavia, limmagine delluniverso caldaico quale emerge dalle fonti ci-tate, e da numerose altre che a vario titolo intendono illustrarlo purnellintento pi o meno scoperto di appropriarsi del messaggio religiosoin essi contenuto a conferma delle proprie posizioni risulta in pienasintonia con le numerose teologie del mondo tardo-antico. Come que-ste ultime, infatti, esso appare inteso ad affermare, con la trascendenzapi o meno radicale di un fondamento unitario dellEssere, una strutturagraduata del mondo divino che, espandendosi a partire dal primo Princi-pio, nei suoi livelli inferiori permea lo stesso cosmo visibile, regolando-ne i ritmi vitali. Siffatte teologie, pur nella variet dei rispettivi postulatie dei contesti storici di appartenenza, intendono recuperare a vario titolole strutture religiose dei pantheon tradizionali delloikoumenemediter-ranea.43Tra essi senza dubbio si imponeva allattenzione quello elabora-to nel lungo corso dellesperienza greca, ancora vitale nel secondo elle-nismo dopo aver costituito un decisivo fattore di trasformazione anche

    40

    Cf. Brisson, Le commentaire ... e La place .... Per un primo approccio alladensafaciesfilosofica e teologica dello scolarca platonico cf. Trouillard, Lun et lme .... Si segnalano inoltre, tra una vasta bibliografia, i saggi editi a cura di Ppin -Saffrey e in particolare il contributo di Saffrey, Proclus, diadoque de Platon. Lin-troduzione di Reale ai Manuali a carattere magico-teurgico illustra i tratti salienti delcomplesso universo teologico dellautore (V-CCXXIII, in Reale - Faraggiana di Sar-zana). Esso trova una delle sue espressioni pi vivaci nelloperaElementi di teologia,in cui si percepisce netta la volont di recupero allinterno di una densa strutturaideologica del pantheon divino tradizionale (Dodds, Proclus).41Una perspicua sintesi in Hoffmann, Damascius. Le istanze religiose dellautoreemergono nette dalla sua storia della filosofia, per la quale si veda la ricostruzione

    proposta da Athanassiadi, Damascius, con le osservazioni di Brisson, Le dernieranneau .... La posizione del filosofo a fronte dellostilit dei pubblici poteri versoquanti rimanevano fedeli ai culti tradizionali illustrata da Athanassiadi, Persecu-tion ....42Athanassiadi, The Chaldaean Oracles .... Una breve sintesi del tema teologico inDamascio in Napoli.43Come noto, nei caldaici un ruolo fondamentale assolto, nella mediazio-ne fra i livelli alti del divino e la demiurgia cosmica, dalla dea Hekate, la cui anticafisionomia greca di dea dei passaggi utilizzata e risemantizzata nel nuovo univer-so ideologico ivi dispiegato. Cf. in proposito la monografia di Johnston, Hekate; cf.

    anche Aronen.

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    degli altri orizzonti religiosi dei popoli del Mediterraneo, pi o menoprofondamente toccati dalla cultura ellenica, nella complessit dei suoivari aspetti.

    Di fatto, ci di cui ora intendo brevemente discutere la questio-ne della legittimit delluso della categoria definitoria di monoteismousata per classificare queste teologie, e tra esse in particolare quella sog-giacente a quel complesso di testi oracolari, a forte carica operativa,teurgica, attribuiti allautorit dei Caldei che, piuttosto che una sorta dipoema unitario, possiamo pi verisimilmente ritenere frutto di unatradizione cumulativa, forse a partire proprio dai due Giuliano dellenostre fonti per giungere, per vie sotterranee, fino ai Neoplatonici del IIIsec. d. C. Tale infatti la definizione proposta nel denso e documentatocontributo di P. Athanassiadi al volume Pagan Monotheism in Late An-tiquity, pubblicato a cura della stessa studiosa e di M. Frede (Oxford1999), che riflette i risultati del Seminario svoltosi ad Oxford nel 1996sul tema pagan forms of monotheism in Late Antiquity. Tale pubbli-cazione ha riproposto con energia un problema certo non nuovo nella ri-cerca storico-religiosa, anzi uno tra i pi antichi e centrali della discipli-na fin dalle sue prime elaborazioni scientifiche, connesso a quello dellastessa legittimit di formulare categorie classificatorie dei fenomeni reli-giosi, fondate sulla comparazione.

    Se nessuna conoscenza del reale possibile senza il confronto tra

    vari fenomeni e la loro classificazione44che inevitabilmente implica laformulazione di categorie generali, listanza fondamentale e irrinuncia-bile di questo processo cognitivo rimane quella di unadeguata valuta-zione delle somiglianze e delle differenze, ovvero, con una terminolo-gia valorizzata efficacemente da U. Bianchi, delle analogie tra i feno-meni.45 Di fatto, se ogni formulazione di categorie classificatorie pre-suppone una parte pi o meno ampia di convenzione e senza dubbio ri-sulta culturalmente condizionata dalla concreta situazione storica dello

    44 Mi riferisco alle affermazioni di J. S. Jensen, formulate nel corso del dibattitosvoltosi in occasione del XVIIIth World Congress della IAHR a Durban, South Afri-ca (Agosto 5-12, 2000), nella Sessione dedicata al problema: Comparativism thenand now: Stocktaking and critical issues in the formation of cross-cultural knowled-ge, di cui alcuni Papers sono stati pubblicati in uno speciale numero di Numen (48,2001). Il testo dello studioso, ivi 238-266 (in particolare 249s.): It is obvious thatwhichever way one imagines religion and the study of it, it will not be possible to doso without the activity of comparison, without the evaluations of resemblances anddifferences, without generalisation and even without universals.45Tra i numerosi interventi sul tema dello studioso, mi limito a segnalare il volume

    The History of Religions(= La storia delle religioni) e la raccolta di Saggi.

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    studioso che la propone e di quanti la recepiscono, si impone un neces-sario limite a tale convenzionalit affinch le categorie in questione pos-sano avere una sufficiente specificit in relazione ai fatti storici che si

    intendono classificare. Tale limite posto dal corretto uso della compa-razione medesima, in quanto radicata sul terreno storico della ricercaidiografica dei singoli contesti culturali e attenta a valutare la trama de-licata delle differenze e delle qualificate analogie tra i fenomeni, ossia diquegli elementi che, mai perfettamente identici ma anche non disparati,li rendono comparabili e situabili in categorie classificatorie omogeneeal loro interno, s da permettere unadeguata valorizzazione degli aspetticomuni dei fatti religiosi riconducibili ad esse. In realt, molto spesso lacomparazione, piuttosto che contenuti comuni, difficilmente presentiin contesti storici e culturali differenti, individua modalit analoghe diorganizzazione di quella trama complessa di relazioni tra una comunitumana e il livello altro delle potenze (non-umane e sovra-umane) incui si identifica lo specifico dellorizzonte religioso. Tra tali modalit diorganizzazione, che lo storico delle religioni riconosce numerose e assaidiverse nellarco amplissimo delle esperienze storico-culturali delluma-nit, notoriamente si sono imposte con maggiore evidenza alla culturaoccidentale, proprio in ragione dalla sua particolare esperienza storica,quelle definite tradizionalmente politeistica e monoteistica che, findallinvenzione dei termini definitori di politeismo e monoteismo

    nellambito della riflessione filosofica e teologica del Cinquecento46 edel Seicento,47tendono spesso a monopolizzare il discorso sul problemareligioso. Ne risulta che, in maniera semplicistica e storicamente inade-guata, la definizione categoriale dei fenomeni religiosi viene spesso ri-solta nellalternativa tra i due termini che, al contrario, possono acquisi-re legittimit scientifica, al di l della parte di convenzione e di condi-zionamento culturale che attiene loro proprio in ragione della loro ori-gine e del loro uso, solo se lindagine storico-religiosa si riveli capace disottoporli ad una rigorosa verifica, al fine di definire e circoscrivere il

    loro significato e valore epistemologico.

    46Il primo studioso ad aver usato il termine politeismo sembra essere stato Bodin.Cf. Lanczkowski e Schmidt, Les polythismes ....47Cudworth sembra essere stato il primo ad introdurre nel linguaggio teologico la ca-tegoria del monoteismo. Dopo di lui tuttavia, fu More a configurare tale categorianei termini adottati nella tradizione posteriore. In MacDonald 1-58, offerta unabreve ma perspicua sintesi del tema, con relativa documentazione bibliografica, inspecifico riferimento allebraismo. Cf. anche Schmidt, Les polythismes ... in

    particolare 26; Sabbatucci,Monoteismo10s.

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    Nellultimo decennio, proprio in connessione con i risultati delSeminario di Oxford, la questione della qualit monoteistica ovveropoliteistica delle tradizioni religiose di ambito mediterraneo in et an-

    tica e tardo-antica tornata con grande vivacit sulla scena, imponendocon forza allattenzione degli storici delle religioni la necessit di pro-nunciarsi sulla validit e sul significato di quelle categorie definitorie. Aconferma dellinteresse del tema, ad esso stata dedicata la riflessionedei partecipanti al secondo Congresso della European Association forthe Study of Religions (EASR) svoltosi a Parigi in collaborazione con laSocit Franaise dHistoire des Religions dall11 al 14 settembre200248 cui seguita, lanno successivo, una Giornata di studio pressolUniversit Cattolica del Sacro Cuore di Milano (LUno e i molti.

    Rappresentazioni del divino nella Tarda Antichit. 9 dicembre 2003).49

    Infine, il Congresso svoltosi a Exeter (17-20 July 2006), riprendendosostanzialmente la titolatura del Seminario oxfordiano (Pagan Mono-theism in the Roman Empire [1

    st - 4

    thCent. AD]),50 sembra chiudere

    per il momento il cerchio aperto nel 1996 accettando in larga misura nel progetto teorico enunciato chiaramente nel suo programma e nellelinee tematiche proposte agli intervenuti le premesse metodologiche egli indirizzi interpretativi formulati in occasione di quel Seminario.

    Pur apprezzando i contributi e gli stimoli alla ricerca sulla storiareligiosa del mondo mediterraneo antico e tardo-antico costituiti dai

    saggi intesi a dimostrare lesistenza ampia e pervasiva di un pagan Mo-notheism in Late Antiquity, in occasione del Congresso parigino,51delSeminario milanese52 e pi recentemente nel contesto del sesto Con-gresso della EASR svoltosi a Bucarest,53ho avuto modo di esprimere ilmio dissenso sulla legittimit delluso della categoria classificatoria dimonoteismo per circoscrivere e definire le numerose e varie teologiein questione,54pi spesso espressione di formulazioni ideologiche, ossia

    48Le monothisme: diversit, exclusivisme ou dialogue? / Monotheism: Diversity,Exclusivism or Dialogue?Cf. Guittard.49Gli Atti sono stati pubblicati nella rivistaAnnali di Scienze Religiose8 (2003) 97-195.50Per la pubblicazione degli atti cf. Mitchell - van Nuffelen,Monotheisme One God.51Sfameni Gasparro, Dio unico ....52Sfameni Gasparro, Monoteismo .... Analoghe riserve sullimpostazione metodo-logica del Seminario oxfordiano sono state espresse da Lugaresi. Per una corretta im-postazione del problema cf. anche Cerutti.53Sfameni Gasparro, Comparing in order to distinguish ....54 Mi sia permesso rimandare allesemplificazione offerta in Sfameni Gasparro,

    Monoteismo ..., Dio unico ... e Comparing in order to distinguish .... Qui mi

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    di filosofie, che non di posizioni religiose, ossia di contesti comunitaridi credenze e di pratiche cultuali. In primo luogo si pone lovvia consta-tazione che quella categoria non pu essere adeguatamente circoscritta e

    definita se non in rapporto ad altre, pi o meno analoghe o divergenti;soprattutto, lesperienza dello storico delle religioni lo rende ben avveri-to che essa non pone a fronte a s, quale unica alternativa, quella altret-tanto importante, sotto il profilo categoriale, di politeismo. In ogni ca-so, n luna n laltra categoria trovano soltanto nel dato delluno orispettivamente dei molti lelemento distintivo e qualificante dellapropria identit tipologica, sicch ogni indagine che presumesse di ana-lizzare i fatti storici con lunico parametro di una tale alternativa pre-giudizialmente destinata a fallire il proprio obiettivo.

    I due presupposti principali che, per esplicita dichiarazione deicuratori del progetto di indagine sul pagan Monotheism in Late Anti-quity, ne hanno guidato la ricerca sono per un verso lindubbio condi-zionamento culturale delle categorie definitorie di monoteismo e po-liteismo, data la loro formulazione allinterno della tradizione occiden-tale di marca cristiana, e per laltro il significato derogatorio che il se-condo termine assume rispetto al primo, nel comune linguaggio e taloraanche nello stesso discorso scientifico. Di fatto, fin dallepoca degliApologisti cristiani di lingua greca sono stati usati the universal dero-gatory terms polytheism (0$) and idolatry (4&)

    to describe Graeco-Roman religion.55 Ne risulta la duplice e conver-gente scelta operata dagli Editori del volume e accolta dai loro collabo-ratori, ossia not to start with a predetermined notion of monotheismand polytheism, but rather to consider the relevant material in order todecide what it was that the ancient Christians meant when they said thatthey only believed in one God, and indeed what the many pagans meantwho by the time of late antiquity would have professed the same.56Nerisulta la decisione di rifiutare il termine politeismo come atto a definiregli orizzonti religiosi delle varie popolazioni delloikoumenemediterra-

    nea, in quanto connotato ideologicamente in senso cristiano, per adot-tare invece quello di paganesimo, come denominazione che, puregualmente frutto della medesima matrice cristiana, despite its strongpejorative connotations, ... appears as the least unsatisfactory term todescribe the adepts of non-Judaeo-Christian religions in the Greater

    limito a segnalare sulla tematica della teologia cosmica i due saggi magistrali diFestugire,La rvlation II e di Ppin, Thologie.55Athanassiadi - Frede 7.56

    Athanassiadi - Frede 2.

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    Mediterranean in antiquity.57 Tuttavia, dal complesso dei contributi esoprattutto dalla introduzione teorica dovuta ai due co-editori del vo-lume, risulta che lanalisi dei fenomeni del mondo antico e tardo-antico

    di fatto guidata da una precisa anche se implicita opzione teorica equindi da una nozione previa delle due categorie definitorie in que-stione. Tale analisi infatti sostanzialmente condotta sulla falsarigadella distinzione uno molti, sicch ogni formulazione ideologica in-tesa ad affermare un principio unitario dellessere, che per i Greci solita-mente si configura di qualit divina,58 percepito e classificato qualemonoteistico. In altri termini, situata nella categoria del monotei-smo ogni formula ideologica e ogni espressione religiosa che contem-pli la nozione di un primo principio della realt, comunque caratteriz-zato, dallarch primordiale dei filosofi presocratici59 allUno degliOracoli Caldaici.60Tutti i portatori della concezione di un fondamentodivino unitario della realt vengono pertanto a configurarsi come mo-noteisti, ivi compresi gli stoici61di cui mi sembra azzardato trascurarela densa prospettiva immanentistica nel quadro di una teologia franca-mente monistica, ossia di una formula che, nellaffermazione di unprincipio divino pervasivo del Tutto (il ), configura una tipologiaben distinta da quella dei monoteismi, implicanti carettere personale etrascendenza dellunico essere divino. Ne risulta che ogni espressione diunity, a oneness, signifying one all-governing divine principle, se-

    condo unicastica definizione di H. S. Versnel,62 assunta allinternodella categoria onnicomprensiva di monoteismo, anche l dove essa siintegri armonicamente, a livello ideologico e soprattutto nella concretapratica cultuale, in un orizzonte religioso animato da molteplici pre-senze divine, funzionalmente attive a livello cosmico e sociale.

    Come noto, se il termine monoteismo una creazione di etmoderna, la denominazione di politeismo, pur coniata da J. Bodin nel1580, mantiene un legame sufficientemente specifico con luso linguis-

    57Athanassiadi - Frede 5.58Una chiara e documentata illustrazione del rapporto fra posizioni filosofiche e no-zione del divino, a partire dai Presocratici, in Babut, La religion, di cui si veda ancheun dettagliato saggio su Anassimandro (Babut, Le divin ...). Pi ampiamente si ri-manda alla densa monografia di Ppin, Ides. Argomentazioni pertinenti anche inGrant.59Cos West, Towards ....60Athanassiadi, The Chaldaean Oracles ....61 In tal senso cf. lanalisi delle tradizioni filosofiche greche condotta da West,Towards ... e Frede.62

    Versnel, Thrice One ..., in particolare 127.

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    tico greco. Gi Eschilo infatti poteva definire 5&$ laltarepresso cui si erano rifugiate le Danaidi quali supplici, nellomonima tra-gedia (Suppl. 423s.). Largamente usato da Filone Alessandrino nel sen-

    so di veneratore dei molti dei in opposizione ai Giudei che riconos-cono un solo Dio,63$entra nel linguaggio degli autori cristianiinsieme a 0$6e 0$a partire dal II sec. d. C. per defi-nire lorizzonte religioso degli avversari, ricco di presenze divine. Maanche un autore come Luciano pu mostrare, con la sua consueta vervesarcastica, Zeus sgomento dinnanzi ad una 0$+... (Iup. trag.14), mostrando la presenza nel discorso religioso greco di unaformazione linguistica capace di declinare la nozione del divino nellasua tipica struttura plurale. Mi sembra pertanto legittimo luso di unaterminologia di tale antichit da parte dello storico delle religioni, essen-do egli pienamente avvertito dei condizionamenti culturali e della parteinevitabile di convenzione inerente a ogni classificazione tipologica.Pur prendendo atto dellaccezione derogatoria di origine giudeo-cristia-na assunta dal termine politeismo, esso pu essere mantenuto in sede dianalisi storico-religiosa, senza alcun residuo di giudizio di valore, peresprimere la struttura articolata di molteplici presenze sovrumane, in-sieme potenze funzionali e personalit distinte da nome, attributi e ethoscomportamentale, che qualifica lorizzonte religioso dei Greci e deglialtri popoli del bacino mediterraneo. Pi marcatamente segnata dal giu-

    dizio negativo di marca cristiana, di fatto, risulta piuttosto la designa-zione, propria del cristianesimo di lingua latina,64dipaganiper definirequanti rimanevano legati, nella terminologia agostiniana, al cultus mul-torum deorum. Tale designazione, inoltre, verisimilmente di origine po-polare, emerge abbastanza tardi nelle nostre fonti,65ossia soltanto a par-tire dalla seconda met del IV sec. d. C., l dove un passo delDe corona(11, 10) di Tertulliano, addotto come prova dell antichit di tale desig-

    63Sui termini della polemica anti-politeistica dellautore alessandrino, sviluppata conparticolare insistenza in relazione allantica sapienza dei Caldei, detentori delle co-noscenze astronomiche e praticanti lastrologia, mi sia permesso rimandare alle argo-mentazioni svolte, sulla base della relativa documentazione filoniana, in SfameniGasparro, Scienza ....64Come noto, nella terminologia dei cristiani di lingua greca fu piuttosto la desig-nazione diHellenesad essere usata per definire quanti rimanevano inseriti nel solcodelle religioni tradizionali, e quella di per caratterizzare, quale comples-so organico ed omogeneo.65Dopo Zeiller, cf. Mohrmann; ODonnell, Paganus; Chuvin, Sur lorigine ... e

    gi Chronique15-17.

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    nazione,66 piuttosto conferma delluso tradizionale romano dipaganuscome civile, in quanto contrapposto a miles.67

    Naturalmente differenze anche notevoli sussistono tra luna e lal-

    tra struttura politeistica presso le varie culture e in tempi diversi allin-terno di un medesimo contesto, sicch si parler piuttosto di politeis-mi, ciascuno dotato di connotazioni distintive gi in relazione allambi-to mediterraneo antico, per non considerare fenomeni di tempi e contestigeografici e culturali pi o meno lontani da questo ai quali, sulla basedella comparazione storica, si potr attribuire per il principio dellana-logia la definizione di politeismi. La nozione di una molteplicit dipresenze dotate di quei tratti personalistici che definiscono la nozione di$, attive nello scenario cosmico e umano,68 era dunque esprimibileper un greco attraverso una specifica formazione linguistica, che coniu-gava appunto la molteplicit (7) alla percezione della natura e della

    66Athanassiadi - Frede 4 n. 4.67Tert. coron.11 in cui, dopo aver argomentato sullidentit cristiana, che rimane ta-le in ogni condizione, lautore conclude:Apud hunc(ossia dinnanzi a Cristo) tam mi-les est paganus fidelis quam paganus est miles fidelis. Lespressione citata come ter-tullianea dai due studiosi nel luogo menzionato (deorum falsorum multorumque cul-tores paganos vocamus) e quindi come attestazione antica delluso del termine, piuttosto, se non mi inganno, dedotta dalle Retractationesdi Agostino che recitano

    (II 43, 1): ... deorum falsorum multorumque cultores, quos usitato nomine paganosvocamus. Lo stesso Ipponense usa la formazione paganismus (div. quaest. 83) e ilsuo interlocutore Longiniano si dichiara, con un certo orgoglio, homo paganus, riaf-fermando il proprio diritto al mantenimento delle credenze e allosservanza dei cultitradizionali, pur nel quadro di una complessa struttura graduata del mondo divino,comune ai platonici del tempo (epist. 234).68Senza poter discutere il problema in questa sede, mi limito a segnalare lanalisi diFranois e le osservazioni pertinenti di Rudhart sulla strutturale dialettica fra la no-zione della fondamentale unit del divino e quella di una polifunzionale molteplicitdegli dei, a pi o meno forte carica personalistica, peculiare dellorizzonte religiosodei Greci. Basti ricordare ancora soltanto le numerose, acute indagini sul tema di

    Vernant e di Detienne (cf., ad esempio, Vernant, La naissance ... e Mythe; Detien-ne, Quest-ce ... e Du polythisme ...). Sulla specificit e attualit di un discorsopoliteistico ancora nel I-II sec. d. C. si vedano le argomentazioni di Mactoux a pro-posito di uno scritto mitografico quale la Bibliotheca dello pseudo-Apollodoro. Lafunzione di dare un nome agli dei esprime efficacemente la qualit specifica degliantichi politeismi mediterranei, tipicamente rivolti a declinare un divino plurale(cf. Belayche - Brul) spesso peraltro coniugato con la nozione di una intrinsecaomogeneit del $) medesimo ovvero della supremazia di unentit somma fratutte e sovrastante il panorama divino e cosmico. Sul tema si vedano i recenti inter-venti di Belayche, Hypsistos ...; De la polysmie ...; Au(x) dieu(x) ...; Quel

    regard ....

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    manifestazione divina ($-, $). Essa riflette pertanto la struttura ti-pica dellorizzonte religioso dei Greci e, per analogia, pu essere usataanche a definire quello di altri contesti culturali, e in particolare dei po-

    poli delloikoumenemediterranea, portatori di tradizioni egualmente ca-ratterizzate dalla nozione di un divino pluralistico, differenziato pergenere (maschile e femminile) e per figure personali capaci di eserci-tare potere e funzioni diverse a livello cosmico e umano.

    Nonostante i condizionamenti culturali e le connotazioni deroga-torie assunte talora, a ragione di opzioni filosofiche o francamente teo-logiche, dal termine politeismo, non mi pare pertanto utile rinunziaread una categoria definitoria fortemente radicata nellesperienza deglistudiosi della disciplina storico-religiosa. Non necessario insistere sul-la diffusa utilizzazione di siffatta tipologia, oggetto di importanti indagi-ni ispirate da una corretta metodologia comparativa.69Ne risulta la legit-timit di definire i vari politeismi quali formazioni religiose tipiche dellealte culture, implicanti la nozione di una molteplicit di esseri sovruma-ni caratterizzati da attributi e funzioni particolari, pertinenti a particolariambiti della vita cosmica e umana, e organizzati in un quadro omogeneoe articolato di relazioni reciproche che pu essere espresso nella formuladi unpantheona struttura dinastico-dipartimentale. Infatti le varie divi-nit almeno le principali appaiono solitamente collegate da rapportidi parentela, illustrati a livello mitico spesso secondo schemi genealogi-

    ci e di alleanze matrimoniali. In ogni caso la categoria classificatoria inquestione, mentre per un verso deve mantenere tutta la duttilit necessa-ria alla diversit dei singoli contesti storici, per laltro non rappresentacerto lalternativa unica e necessaria a quella di monoteismo, a frontedelle numerose e diversificate possibilit di organizzare il mondo dellepotenze sovrumane, presenti nel vasto scenario delle esperienze cultu-rali umane. Lo stesso termine monoteismo, pur privo di antecedentinel linguaggio religioso antico, risulta storicamente condizionato dalparticolare obiettivo perseguito dal suo inventore, il platonista di

    Cambridge H. More. Lautore infatti, allinterno di una visione sistema-tica profondamente condizionata dai propri presupposti filosofico-teolo-gici, si proponeva di definire la specificit di alcuni contesti religiosi,quali il giudaismo e in particolare il cristianesimo. Essi sono pertantodenominati monoteistici per sottolineare la diversit rispetto alle nume-

    69 A titolo esemplificativo e per rimanere nellambito della scuola storico-religiosaitaliana, basti menzionare i noti saggi di Pettazzoni; Brelich, Der Polytheismus ePoliteismo ...; Bianchi, La storia ... 87-91; Sabbatucci, Politeismo, in particolare,

    per la storia del problema, I 9-19. Brevi ma perspicue osservazioni in Werblowski.

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    rose tradizioni religiose e filosofiche del mondo antico, non soltanto aragione dellopposizione tra luno e i molti ma anche e soprattutto, comeemerge dal rifiuto di riconoscere tale il panteismo con la sua ammis-

    sione di un unico principo divino del Tutto, per la diversa qualit del dioche essi rispettivamente concepiscono. Il termine nuovo appare coniatoallora per distinguere il cristianesimo dalle numerose tendenze alluni-ficazione del divino (ci che i Greci chiamavano $)) quali eranostate espresse periodicamente dalla cultura politeistica greca, soprattuttoa livello filosofico.70Recepito favorevolmente nel linguaggio filosofi-co, teologico e storico-religioso, il termine divenuto designazione pe-culiare delle tre grandi religioni di origine biblica, Giudaismo, Cristia-nesimo e Islam, ciascuna profondamente diversa sotto il profilo storico-culturale ma tutte partecipi di alcune caratteristiche comuni. Tra esse so-prattutto qualificante appare la nozione di un dio personale, creatore ditutta la realt e trascendente rispetto ad essa. Egli percepito come pre-sente e attivo nella storia umana, che viene a configurarsi come decisa-mente orientata in prospettiva salvifica in virt di un progetto divino.Infatti il dio dei monoteismi manifesta negli eventi storici la propriapotenza e si rivela attraverso la mediazione profetica, proponendosi, conle norme etiche di cui fondamento e garante, alla scelta di ogni uomo edi tutti gli uomini. Esclusivismo, individualismo e universalismo ap-paiono pertanto altrettanti corollari della nozione del Dio unico nei tre

    contesti religiosi in questione, sebbene tutti questi elementi assumanosignificati diversi in ciascuno di essi e, allinterno delle rispettive tradi-zioni, nei diversi momenti storici di sviluppo e nella variet delle posi-zioni assunte nellampio arco cronologico e geografico della loro forma-zione e diffusione nelle comunit che ne sono il luogo di origine e direalizzazione storica. Il problema si propone con particolare urgenza come noto soprattutto nel caso dellebraismo, il cui monoteismo, adifferenza dei monoteismi secondari cristiano e islamico, non si pucollegare alla figura storica di un fondatore, ma piuttosto frutto di un

    lungo e complesso processo storico.71

    Allinterno di tale processo opera

    70Sabbatucci,Monoteismo11.71 Il tema della formazione del monoteismo giudaico uno dei pi tradizionali edibattuti nella ricerca storico-religiosa. Tra i pi recenti interventi sul tema mi limitoa menzionare quelli di Smith, Palestinian Parties; Nikiprowetzky; Halpern 77-115;Olyan; Gnuse, No Other Gods e The Emergence ...; de Moor; Smith, The Early

    Historye The Origins; Mach; Bluedorn. Equilibrate osservazioni gi in Meek. Lusodi unaccezione estremamente restrittiva della categoria del monoteismo induce

    Hayman a negare la pertinenza di essa per definire la teologia dello stesso giudaismo

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    costantemente una dialettica fra tendenze universalistiche, corollariodella rigorosa affermazione dellunicit di Iahw quale si definisce apartire dalla tradizione post-esilica, in particolare con il Deutero-Isaia, e

    le forti connotazioni nazionali, nel quadro della teologia del Patto e dellelezione di Israele.Limperativo categorico alla differenziazione, pur nelle ricono-

    sciute analogie fra i monoteismi in questione si impone, come ov-vio, anche per il cristianesimo, con la sua articolazione intra-divina di ti-po trinitario, oggetto di un lungo e spesso drammatico dibattito teologi-co allinterno delle varie comunit, con particolare riguardo alla cristo-logia. Senza poter entrare nel merito di un problema di dimensioni com-plesse, ai nostri fini basti notare come la rivoluzionaria novit cristia-na di un uomo-dio (a qualsiasi titolo argomentata e storicamente modu-lata) fu sempre percepita e presentata nellambito della Grande Chiesacome strutturalmente radicata sulla nozione biblica dellunico Dio crea-tore e salvatore.72Solo un cenno, infine, mi sia permesso a unaltra tra-dizione fondamentale per la storia religiosa del mondo antico, la cuiazione nel grande amalgama del primo e del secondo ellenismo, con isuoi antecedenti di et arcaica e classica fu certo importante anche sedifficilmente misurabile, la quale, sulla base dellanalisi comparativa,pu essere situata anchessa nella categoria dei monoteismi. Mi rife-risco allo zoroastrismo che nel corso di una storia lunga e ricca di muta-

    zioni, dalla formulazione profetica delle Gatha alle elaborazioni teo-logiche dei trattati pahlavici e medio-persiani, ha maturato lesperienzareligiosa di un dio sommo creatore, con tratti personalistici sufficiente-mente netti, attivo nella storia cosmica e umana e fortemente ancorato aivalori etici della giustizia e della verit. In questo personaggio, luni-cit si compone con uno scenario di presenze che, dai Benefici im-mortali gathici si allarga in et posteriore a inglobare antiche divinitindo-iraniche quali Mithra ed Anahita, ma in una nuova veste che lisubordina funzionalmente e ontologicamente ad Ahura Mazda-Ohrmazd

    quali collaboratori del suo progetto di creazione, di mantenimento dellavita e salvezza delle creature. Soprattutto, a fronte di lui si pone qualesecondo principio, unentit malefica e distruttrice di tutti i valoridella vita cosmica e umana che, dallo Anhra Manyu delle Gatha alloAhriman dellAvesta recente, integra uno scenario nettamente dualisti-

    tardivo. Sul significato del senso acuto della presenza di Iahw tra il suo popolonella tradizione biblica cf. Levine.72Di una letteratura assai vasta e di diversa impostazione metodologia, mi limito a

    segnalare, oltre Hurtado, i saggi editi da Newman - Davila - Lewis.

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    co, per la sua precisa consistenza ontologica e la capacit di intervento alivello creativo. Nonostante tutta la specificit irriducibile di questoquadro, lo storico delle religioni nella percezione delle qualificate ana-

    logie che fondano la comparabilit di esso con i quadri monoteistici dimatrice biblica si pone il problema della legittimit di porre lo zoroas-trismo allinterno della medesima categoria classificatoria di quelli. Sen-za pregiudizio della risposta positiva o negativa a questo problema, ri-mane il dato della duttilit di questa categoria medesima in quanto fruttodi analisi storiche e non di definizioni a priorima anche della sua speci-ficit come tipologia pertinente a orizzonti religiosi fondati su una figu-ra divina con peculiari connotazioni personali che, a titolo di creatoredella realt e di efficace operatore allinterno della storia cosmica eumana, sia pure talora con la mediazione di figure subordinate e da luiontologicamente distinte, si rivela attraverso mediatori umani allesue creature alle quali richiede lespressione di una scelta definitiva,gravida di connotazioni etiche e di conseguenze salvifiche, concreta-mente realizzata in un quadro comunitario, con la relativa prassi cul-tuale.

    Nella discussione teorica sul monoteismo si trascura spesso chei fenomeni storici che il termine stesso intende coprire hanno una consi-stenza specificamente religiosa e pertanto devono essere distinti dalleformulazioni di tipo filosofico che postulano, a vario titolo, un primo

    sommo principio della realt ovvero speculano sullunit sostanziale deldivino. Esso infatti, fin dalla sua prima formulazione e nelluso scienti-fico posteriore, inteso a caratterizzare alcune tradizioni religiose e nondei costrutti speculativi, anche se filosofi e teologi fanno largo uso ditale categoria classificatoria73e allinterno delle tradizioni religiose defi-nite monoteiste fatta una parte pi o meno ampia a formulazioni siste-matiche di vario tipo. In conclusione, lo storico delle religioni non assu-me la categoria di monoteismo come espressione di unIdeal-Typusntantomento come un modello normativo. Nella terminologia storico-

    religiosa il termine non indica un fenomeno unitario e monolitico, checome tale inesistente, ma piuttosto si propone come designazione diuna categoria classificatoria di certi fenomeni che presentano profonde estrutturali analogie, in primo luogo quelle sopra brevemente evocate, cuiperaltro nelluno e nellaltro contesto si aggregano altri elementi distin-

    73Per una discussione sulla tipologia dellenoteismo, spesso utilizzata per classifi-care fenomeni di concentrazione in ununica figura divina di attributi e prerogativedi numerose altre con analoga fisionomia, si rimanda alle argomentazioni di Versnel,

    InconsistenciesI.

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    tivi o ancora analoghi. Come gi sottolineato, dunque, si parler di mo-noteismi, ossia di concreti contesti religiosi storicamente determinati,tra i quali sussistano aspetti e contenuti tali da permetterne la collocazi-

    one allinterno di una tipologia riconoscibile come sufficientementeomogenea e unitaria, in relazione a fenomeni religiosi, ossia a quei feno-meni che coniugano il duplice referente della credenza e del culto, en-trambi elementi radicati in un contesto comunitario e tradizionale. Taletipologia storico-religiosa, pertanto, deve mantenere la propria specifi-cit nel confronto con il patrimonio di teorie o postulati ideologico-speculativi pertinenti a particolari correnti filosofiche e a personalitrilevanti allinterno di esse che a vario titolo postulano la nozionedellunit del divino. Sebbene teorie e postulati filosofici siano a lorovolta pi o meno profondamente radicati nei quadri religiosi di riferi-mento dei rispettivi contesti culturali e, per quanto riguarda il mondoantico di cui ora si discute, tale radicamento sia assai profondo e spessoanzi esplicito e programmatico, lo storico deve essere consapevole delladistanza che separa i due livelli, luno dellesperienza religiosa e laltrodella riflessione teorica, sia pure in tanti casi anchessa a forte caricateologica. Solo in tal modo sar in grado di individuare e valorizzare laqualit specifica dei fenomeni che studia.

    In relazione alla nostra problematica, dunque, evitando schematis-mi preconcetti ma in pari tempo indebite confusioni tra realt storiche

    diverse, necessario fare un uso corretto delle categorie classificatorieche, pur sempre convenzionali, sono necessarie alla fondazione e allelaborazione di un discorso scientifico, rivolto ad analizzare e interpre-tare il suo oggetto sulla base della comparazione storica.

    Senza poter procedere a una dettagliata esemplificazione dei con-testi che, nel complesso scenario del mondo tardo-antico, esprimono di-verse possibilit della dialettica fra lUno e i molti, questi ultimi perce-piti come a vario titolo incardinati nelle strutture dei politesimi tradi-zionali, basti ora evocare una pagina di Plotino, di cui pure un episodio

    della Vita registrato da Porfirio sembrerebbe rivelare un certo disdegnoverso le forme di culto tradizionali.74Essa di fatto offre una vivida con-ferma del radicamento strutturale che i rappresentanti dellantica 774Porfirio di fatto ricorda come Amelio era amante dei sacrifici e non tralasciava al-cuna cerimonia della luna nuova e nessuna festa; un giorno volle condurre con sPlotino, ma questi gli disse: Devono essi venire a me, non io a loro.. Lautoreregistra anche la reazione di dubbio e sconcerto dei discepoli dinnanzi a questeespressioni apparentemente orgogliose del Maestro: Che cosa intendesse dire pro-nunciando queste parole cos fiere, noi non potemmo comprendere e neppure osam-

    mo interrogarlo (Porph. Plot. 10).

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    8 ellenica intendevano mantenere sul terreno della visione politeis-tica del divino quale si rifletteva nelle osservanze religiose del 79.+&. Nel contesto dellargomentazione polemica con-

    tro i cristiani gnostici che frequentavano la sua scuola romana, il filo-sofo enuncia netti i termini della propria visione religiosa implicanteuna totalit del divino e la sua effusione ad extra, senza fratture ndiminuzione dellUno, a fronte dellesclusivismo religioso degli interlo-cutori. Costoro, peraltro, a differenza dei cristiani della Grande Chiesa,propongono una dottrina dualistica che oppone ad una somma, trascen-dente divinit un demiurgo inferiore e una materia ontologicamente ne-gativa.75Ad essi, che pretendono di essere superiori a tutti gli altri esserie disprezzano il mondo visibile, Plotino obietta:

    :!&*;1&

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    Esso si manifestato significa conoscere la potenza di Dio, che, pur rimanendoci che , produce i molteplici che a Lui si riferiscono e sono per Lui eda Lui. Anche questo mondo per Lui ed a Lui guarda, e cos di tutti gli dei,ciascuno dei quali nunzio dellUno agli uomini e con oracoli dice quello che

    a Lui caro. secondo lordine del mondo che essi non siano ci che Esso .Ma se tu vuoi disprezzarli ed esalti te stesso come se tu non fossi inferiore, anzitutto che pi si buoni, pi si benevoli verso tutti gli esseri everso gli uomini.76

    Semplificando al massimo i termini di questa prospettiva, si pu affer-mare che nella storia del mondo antico e tardo-antico, salvo casi partico-lari di critica radicale delle tradizioni religiose ancestrali,77 le litesintellettuali, di ogni estrazione filosofica, cercarono sempre una com-posizione pi o meno coerente ed armonica fra i sistemi ideologici dicui erano portatori e le credenze e le usanze cultuali del proprio ambi-ente socio-culturale. Tale composizione fu perseguita peraltro con mag-giore consapevolezza e in forme programmatiche a partire dalla secondamet del II sec. d. C. quando cominci a farsi urgente il confronto ideo-logico con i cristiani. Allora infatti la sempre pi ampia diffusione delnuovo messaggio religioso cristiano e lattacco frontale mosso nonsoltanto a livello di diretta propaganda personale ma anche di sistema-tica discussione in termini di letteratura apologetica nei confronti dellintero impianto religioso tradizionale, mostrarono la necessit di una

    giustificazione razionale di questultimo. In pari tempo si imponeva ilbisogno di dimostrare il rapporto organico di tale facies religiosa conquelle conquiste del pensiero filosofico che gli stessi avversari cristianiriconoscevano come acquisizioni fondamentali dellidentit culturaleumana. Limitando ora il discorso allimmagine che i due opposti frontimostrano di avere luno dellaltro fra II e V sec. d. C., sembra legittimoconcludere che in entrambi viva la consapevolezza di una distanza no-tevole, pur in alcune parziali tangenze (spesso accentuate, a fini apolo-getici, proprio sul versante cristiano, mentre esse sono solitamente tras-

    curate da parte pagana), fra le posizioni rispettive. Da Celso a Proclo,con laffermazione decisa di un primo, sommo principio della realt, altrettanto qualificante la nozione di una graduata struttura di entit daesso promananti, considerate in continuit ontologica rispetto ad esso epercepite a vario titolo come potenze divine operanti fino ai livelli cos-mici pi bassi e sul piano dellesperienza umana. Frutto di uno sforzospeculativo e sistematico, questa visione intende ancorarsi al patrimonio

    76Plot. Enn. II 9 [33] 9, 28-43, trad. di Faggin (Faggin - Reale - Radice 303-305).77

    Ancora utile la documentazione proposta in Decharme.

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    religioso tradizionale delle diverse popolazioni delloikoumene medi-terranea, con prevalente attenzione al quadro ellenico, in cui di fatto sirealizza una delle esperienze politeistiche pi organiche e mature. Per i

    portatori di questa concezione, uno dei postulati pi inaccettabili dellavversario giudeo e cristiano appare proprio la pretesa di un Dio unicoche escluda questa articolata e funzionale molteplicit di presenze divi-ne. In pari tempo una netta idiosincrasia si manifesta nei confronti dellaconvergenza nel Principio unico di trascendenza e facolt demiurgica, diseparatezza dal livello della mutabilit cosmica e della capacit di inter-vento diretto, soprattutto attraverso lo strumento della rivelazione riser-vata ad un popolo o a un gruppo privilegiati, nella quotidianit deglieventi storici. Egualmente incompatibile con la prospettiva degli Elle-ni risulta il dato centrale dellevento cristiano: la nozione di incarna-zione implicante una radicale commistione tra divinit e umanit, ap-pare non componibile con la struttura graduata del divino, intesa a me-diare fra il livello del sommo principio e la realt cosmica ma anche aseparare il primo dalla seconda. Tale struttura si compone invece conunantropologia dicotomica che, mentre fa discendere fino alluomo ildivino, nelle forme del E, del ovvero della F0! quali ele-menti in sostanziale continuit rispetto al Primo principio, pure lodistanzia da questultimo per la presenza non eliminabile di livelli diviniintermedii e per il contatto/contagio con la materia. Alla concezione di

    un unico uomo-dio i portatori della tradizione ellenica oppongono, convariabili secondo le diverse opzioni filosofiche, la nozione di un ele-mento divino in tutti gli uomini. Naturalmente si tratter di verificarequanto nota e diffusa fosse una nozione siffatta nellambiente contem-poraneo, al di l dei circoli colti di vario tipo, l dove certo pi ampia-mente efficace e radicata era la concezione tradizionale di un netto dis-crimine tra uomini e dei, variamente componibile peraltro con la capa-cit soccorrevole ed epifanica di questi ultimi nelle diverse contingenzedella vita umana.

    In definitiva, unadeguata valutazione dei termini del dibattito frapagani e cristiani nellampio arco di secoli che vedr completamenteribaltati gli originari rapporti di forza fra i due contendenti, offre materiaad una ripresa della problematica complessa del monoteismo. Nelprocedere sulla via delle definizioni categoriali di vasto respiro tipologi-co, infatti, necessario muovere da concreti oggetti storici. Tali sono ifenomeni del cristianesimo, con le sue forti radici giudaiche, e i politeis-mi di ambito mediterraneo in larga misura omogeneizzati fin da et elle-nistica, per il processo di intensi contatti reciproci e sotto la forte influ-enza ellenica. Al di l della distinzione fra lUno e i molti, ci che quali-

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    fica i fenomeni a confronto la diversa qualit storico-religiosa di unDio personale e creatore, vivacemente attivo nella storia umana non soloattraverso la voce dei suoi profeti ma addirittura nel cristianesimo

    per linvio di un suo figlio uomo nato da donna, e il Principio Sommodi una struttura piramidale di potenze divine. Questo principio, pur nellasua unit fondamento ultimo dellessere, risulta distante da una quotidi-anit esistenziale al cui funzionamento sono necessari personaggi molte-plici ritenuti di rango divino, che luomo del mondo mediterraneo anticopercepisce come figure personali con cui dialogare, cui prestare culto eda cui attendere ogni sorta di garanzie e benefici, secondo i canoni delleproprie strutture religiose tradizionali.