Gabo - Gabriel García Márquez, memorie di una vita magica

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tunué Gabriel García Márquez *memorie di una vita magica* Óscar Pantoja Bustos Felipe Camargo Tatiana Córdoba Julián Naranjo PREMIO MIGLIOR LIBRO A FUMETTI IN AMERICA LATINA del Libro di Buenos Aires 2014

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La vita di uno dei più grandi e conosciuti scrittori latinoamericani raccontata attraverso le immagini e le parole di un fumetto che sottolinea i momenti in cui prende forma l'opera dell'autore, con particolare attenzione alla creazione di Cent'anni di solitudine, il suo capolavoro.

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tunué

Gabriel García Márquez*memorie di una vita magica*

Óscar Pantoja

Bustos

Felipe Camargo

Tatiana Córdoba

Julián Naranjo

PREMIOMIGLIOR LIBRO

A FUMETTIIN AMERICA LATINA

del Libro di Buenos Aires 2014

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papà,andiamo a

raccogliereconchiglie?

andiamo araccogliereun galeonesommerso,

bambini.

gabriel garcía márquez, sua mogliemercedes e i loro bambini gonzalo erodrigo erano diretti alle spiagge diacapulco per una breve vacanza.

lui non lo sapeva,ma quello sarebbestato il viaggiopiÚ importantedella sua vita.

strada per acapulco, messico, 1965.

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¡ay gabo!non cantare

vittoria che giàsappiamo come

stanno lecose.

questastrada sembraun serpentedel caribe.

però fareiqualsiasi cosa

per queste meri-tate vacanze.

non c’èniente come gui-

dare la macchina…quando guido pen-

so meglio allemie storie.

bambini,stiamo andandonel posto mi-

gliore del mon-do: il mare.

papà, siamogià arrivati alla

spiaggia?

così mi piacevederti, su di

spirito.

io voglionuotare.

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gabo si concentròsulla strada.

si concentrò suimormorii dei bambinie si mise a pensare

a una storia che nonlo lasciava in pace

da vent’anni.

una storia incompletaintitolata “la casa” che

aveva incominciato a scri-vere a diciannove anni, a cui

però non aveva ancorasaputo dare un inizio.

all’improvviso…

è come ai beitempi, quando

ci andavamo conla famiglia e pas-

seggiavamo inriva al mare.

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… e la bella ragazzasalì al cielo…

gabito,tocca ilghiaccio.

ghiaccio,nonno?

ma è caldo.

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meche!meche!

ce l’ho! ce l’ho!che c’è?

quale casa?

buon dio, gabo!

cos’èche hai?

ho“la casa”. “la casa”

finita.

quella disempre! quella

del nonno! quelladi papá lelo! socome comincia. socome far comincia-

re il romanzo.è un’illu-minazione.so come

scriverlo!

è unagrandenotizia…

*diminutivo di mercedes.

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erano in viaggio soloda poche ore quandosuccesse qualcosadi magico. dal nientegli venne in mente lafrase di un romanzo.

qualcosa gli disse chequella era la frase e che

la sua importanza stavaproprio nel tono. era il tono

di sua nonna e di suo nonnoquando gli raccontavano

le storie da piccolo.

dove vai?

cos’è successoa papà?

un minuto,tornosubito.

“moltianni più tardi, difronte al plo-

tone d’ese-cuzione…

aspettatemiqui.

… il colonnelloaureliano buendía si

sarebbe ricordato diquel remoto pomeriggioin cui suo padre lo ave-

va condotto a cono-scere il ghiaccio.

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macondo era allora un vil-laggio di venti case d’argil-

la e di canna selvatica…

il mondo era così recente,che molte cose erano

prive di nome, e per citarlebisognava indicarle col dito”.

… costruito sulla rivadi un fiume dalle acquediafane che rovinavanoper un letto di pietre

levigate, bianche ed enormicome uova preistoriche.

il ghiaccio èfreddo, peròbrucia, nonno.

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“il mio ricordo più vivo e costantenon riguarda tanto le persone, ma

piuttosto quella casa di aracatacadove abitavo con i mei nonni. è un so-

gno ricorrente che ancora persiste”.

“non di esserci tornato,ma di starci, senza età e senzanessun motivo speciale, come

se non me ne fossi mai andato daquella casa così vecchia e enorme”.

“non solo: ancora oggi, tutti igiorni mi sveglio con l’impressione,

falsa o reale, di aver sognatodi essere in quella casa”.

Aracataca, Colombia, 1927.

allora, stanascendo?

ancora no.

basta conle chiacchiere,andate a fare ilavori di casa.

scaldatepiù acqua.

porta-te più len-

zuola.

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“senza dubbio, sempre in sogno,persiste quello che fu il mio sen-timento predominante durante tuttaquell’epoca: l’inquietudine notturna”.

“era una sensazione senzarimedio, che cominciavasempre al tramonto, e

non mi dava pace neanchedurante il sonno”…

“fino a quando tornavo ascorgere tra le fessu-re delle porte la luce

di un nuovo giorno”.

tieniduro, niña,

tieni duro cheora esce.

questoragazzettola lascerà

secca.

la niñasantiaganon ce la

fa più.

aaahhh!!!

mmmm!!!spingi,bambina,spingi.

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erano passate poche ore da quandoil sole era apparso in cielo. eranole nove del mattino di una domenica.

il 6 marzo del 1927. una forte pioggiacominciò a cadere. quasi mai pioveva

in quel periodo dell’anno.

il padre di luisa santiaga, futurononno di gabo, uscì dalla casa.voleva pregare per sua figlia.aveva già perso una bambina anni

addietro e non voleva chela cosa si ripetesse.

gabito nacque col cordoneombelicale attorno al collo.

questo fatto gli sarebbe statoraccontato solo molti anni dopo,

quand’era già un uomo, e lui l’avrebbericollegato alla claustrofobiadi cui aveva sempre sofferto.

francisca cimodosea, sua prozia,con l’intento di proteggerlo,

gli strofinò del rum sul petto,e gli versò addosso dell’acqua

benedetta affinché il bambinonon soffrisse di alcun male.

gabriel garcía márqueznacque pesando quattrochili e duecento grammi.quando compì tre anni e

mezzo venne battezzato.conserverà un ricordo

nitido del suo battesimo.

eccoche sta

nascendo!ora

bisognaliberarti

da questocordone.

gnnnaaaaH!

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tanta fu la felicità del colonnellomárquez per la nascita del suo

primo nipote, che organizzò subitouna grande festa per celebrarlo.

fin dal principio, e peraugurargli il miglior futuro

possibile, cominciò a chiamareil piccolo “napoleoncito”.

il padre di gabito,don gabriel eligio,non fu presentealla nascita del

suo primogenito. sitrovava a riohacha,

nella guajira, a lavo-rare come telegra-fista, e solo dopodiversi mesi potéfinalmente ricon-giungersi con la

sua nuova famiglia.

il padre di gabo sarebbearrivato alla casadi aracataca solo

quattro mesi dopo.

congra-tulazionicolon-nello.

diventerai qualcuno diimportante.

a nannache papàè già perstrada.

un piccolonapoleone.

buen día.

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il colonnello már-quez non vide mai di

buon occhio questo suo genero. aveva

sempre desiderato un partito migliore per la figlia, ma non

ebbe altra alternati-va che accettarlo. la permanenza di gabriel

eligio nella casa non fu piacevole.

si sentiva male. era uno scapestrato e adorava la libertà.

non tornerò maipiù a essere un tele-grafista. a riohacha mi

sono licenziato.

farò l’omeopata. vogliomettere in piedi un consul-torio. otterrò il titolo dimedico e farò il dottore.

e quindia cosa ti

dedicherai?

e se non riesconel mio progettoqui, allora ce ne

andremo da ques-to villaggio.

sì, madove?

e ilniño?

andremo abarranquilla, là posso

ottenere il titolodi medico.

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ad aracataca, i piani di gabriel eligio per diventareun grande omeopata si stavano arenando. non

riusciva a conseguire il titolo e il tempo sembravache lo pizzicasse e gli dicesse di abbandonare

quel luogo. voleva andarsene da aracatacae dalla casa del colonnello márquez.

i genitori di gabo se ne andarono in cercadi fortuna a barranquilla, la capitale deldipartimento dell’atlántico, e lasciarono

gabito a carico dei nonni.

addio gabito, i tuoi nonnisi prenderanno cura di te.

fai il bravo bambino. io vadovia con il tuo papà.

andiamo,dai.

buonafortuna.

adiós,mamá adiós,

mi niña

a prestogabito.

rimanequa. due bi-

glietti perbarranquilla.

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don nicolás márquez,colonnello della guerra deimille giorni, e sua moglie, doña

tranquilina iguarán, si fecero ca-rico dell’educazione del nipote.

la casa era abitata per la maggiorparte da donne: nonne, zie, parenti,

schiave e servette indie dellaguajira che venivano ad occuparsi

delle faccende domestiche.

fino ai nove anni, gabitovisse nella casa di aracataca.

il villaggio si trovava allependici della sierra nevadadi santa marta, immerso nel

cuore del caribe colombiano.

“volli lasciare una prova poetica delmondo della mia infanzia, che trascorsein una casa grande, molto triste, con unasorella che mangiava la terra e una nonnache indovinava il futuro, e numerosi parenti

dai nomi tutti uguali che non fecero mai moltadistinzione fra la felicità e la demenza”.

la casa dei nonnisarebbe diventata

il suo universo,un universo unicoe meraviglioso.

gabito sarebbecresciuto conle storie delcolonnello

sulla guerracivile, le visite

al circo, alcinema e alla

compagniabananiera.

e anchecon i poteri

divinatori di suanonna e la paura

inevitabile dirimanere soloin quella casagrande, pienadi fantasmi.

gli piacel’acquettaa questobambino.

gabito, perdi qua passòl’esercitoliberale.

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il colonnello nicolás márquez, la sua sposa tranquilina iguaráne i loro tre figli luisa santiaga, juan de dios e margarita arrivarono

ad aracataca un infuocato mezzogiorno del 1910. fuggivano dalpaese di barrancas, la guajira, a seguito di un incidente che cambiòper sempre il corso delle loro vite. aracataca era un luogo sco-nosciuto, ma prospero per la presenza della compagnia bananiera.

l’incidente ebbe luogo un 19ottobre del 1908, giorno in cuisi celebra la madonna del pilar.

il colonnellomárquez avevauna relazione

clandestina conuna delle donne

del villaggio.

cominciaronoa circolarealcune voci.

il figliodi medarda uscì

furioso a cercareil colonnello.

la donna, offesa,disse a suo figlio:

se non vaia cercarlo, mi

dovrò metterei tuoi pantaloni.

e tu le miegonne.

Aracataca, Colombia, 1910

qui i cattiviricordi non ciseguiranno.

chedisgrazia

vivere in unpaese di

cornacchie.

questamaldicenzabisogna la-varla colsangue.

no, mamá.nessuno puòparlar male dilei in paese.

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il colonnello márquez dovette difendersi. tirò fuorila pistola e sparò al giovane. in paese si disse chequella era stata una questione inevitabile del destino.molti anni dopo, questa storia il colonnello l‘avrebberaccontata con malinconia al piccolo gabo, aggiungendo:“tu non sai quanto pesa un morto”.

vengo avendicareun’offesa.

qui nonc’è niente

da vendicare,solo maldi-

cenze.

adíoscolonnel-lo, facciaattenzio-

ne.

quel-lo è il

figlio dimedarda?

vienecome un toro

scatenato.

me nevado acasa.

colonnelloo no, ora lei mi

starà a sentire.

non pre-cipitiamole cose,ragazzo.

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quell’incidente cambiò la vita delcolonnello e della sua famiglia.

ce neandiamo

da questovillaggio.

abbiamo ildenaro suf-ficiente percomprarlo.

servealtra legna.

fate attenzione che tutto sia messo bene.

aracataca.

come sichiama ilposto incui stiamoandando?

mi diconoche lei ènuovo inpaese.

qui è doveogni giornosi sveglierà

la mia famiglia.

vogliocomprare un

terreno.

prendialtra

argilla.

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abbiamoquasi finito,tranquilina.

andiamo,su.

il primoquadro.

la casaè davvero

bella.benditosea dios

finalmente, dopo mesi di lavoro, la casa del colonnello nicolás márquez e di sua moglie tranquilina iguarán,e di tutta quella che sarebbe stata la loro numerosa famiglia, e di gabito, era pronta. era una casa

grande, spaziosa, con alcune pareti di mattoni, altre di legno, il pavimento di cemento e i tetti di zinco.

tenetecon forza. bisogna

fare atten-zione ai det-

tagli.

la terraè buona, cre-scerà un bel

giardino.sì,colonnello.

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il colonnello e lasua sposa ebberofinalmente il tem-po per riposarsi.

è arrivatoil momento

di goderci la nostra casa.

ora voglioun quadro peril mio studio.

immobilifinchénon hafinito.

devoandare inbagno.

che dioti ascolti,

viejo.

e ilcolonnello rimise in piedi

il suo vecchiolaboratorioda orefice.

cominciarono a co-noscere il paese e

fecero nuove amicizie.

cominciarono ad an-dare alle feste e a circondarsi di gente.

questa èla papaye-ra di sanpelayo.

chebello

qui.

sentiti acasa, mija.

sonobravissimi,

mijo.

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tranquilinas’installò

nella cucinae lui le venivaa mostrare i

suoi pesciolini.

ricominciò a fabbricare i pesciolinid’oro che l’avevano reso famosoin tutti i luoghi in cui era stato.

tranquilina!guarda chealchimia che

sto facendo.

¡ay! san giuseppe.un’altra volta a

bruciare cianuro perchiamare il diavolo.

no moglie,un giorno questipesciolini d’oro mi

renderanno famoso.il cianuronon chiama nessun

diavolo, serve soloper unire le parti.

che dio tiascolti, nicolás,

che dio tiascolti.

ma perché nonfai qualcosa

d’altro?

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arrivarono alla spiaggia. gabo avrebbe desideratotornare indietro ma i bambini non vedevano l’ora digiocare e lui non se la sentiva di privarli di queldivertimento. però, i giorni della loro permanenza, lui liutilizzò per prendere appunti su quello che avrebbedovuto fare una volta tornato a città del messico.

spiagge di acapulco, messico, 1965.

mettici piùsabbia.

bambini,senza

litigare.

no, no,così va bene.

la casa èil segreto.è lì che sta

l’asse.

il ghiaccio,sì il ghiaccio

le daràcalore.

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«Il tipo di libro che fa sì che un bambino si con-

, Colombia.

-

, Italia.

, Colombia.

--

, Cuba.

, Colombia.

Euro 19,909 788897 165477

ISBN 978-88-97165-47-7

tunué