Fuori campo 2015 12
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SE S. MARTINO VIVESSE OGGI ...San Martino di Tours è un santo vissuto nel V secolo ma incredibi lmente
attuale.
Patrono di molte parrocchie (tra cui la quella di Rebbio), è un santo pacifico
che ha sempre ripudiato la guerra e l 'uso delle armi.
Quest'anno il quartiere si è preparato a festeggiarlo organizzando delle
attività in vari stand, ognuno dei quali rappresentava un continente. La
tematica è stata pensata per ribadire i l nostro desiderio di fratel lanza e unità
tra più popoli e nazioni e, ahimè, non avremmo potuto scegliere tema più
adatto.
In questo momento in cui siamo avvolti tutti da un senso di paura,
incertezza ed instabil ità mi viene da pensare: “cosa direbbe Martino, lui che
quando incontrava un bisognoso faceva di tutto pur di aiutarlo, lui che
avrebbe fatto di tutto pur di non combattere?”
L'unica cosa da fare è lasciare che la speranza prevalga sul la rabbia e
sul la paura, continuando a sperare in un mondo dove chiunque possa
esprimere le proprie idee e seguire le proprie tradizioni senza nessun tipo di
discriminazione.
Spero in un futuro non molto lontano in cui i l mondo e le popolazioni che lo
abitano possano vivere assieme pacificamente come avvenuto, purtroppo
solamente per gioco, domenica durante la festa di S. Martino.
Emanuele Moscatel l i
insertodei giovaniper i giovaniDDIICCEEMMBBRREE 22001155
2LE NOSTRE SCELTE SONO MATTONIUn ponte, per molti aspetti fisici e morali , è diverso da un muro. I mattoni e i l
cemento, ovvero noi e le nostre emozioni, i nostri atteggiamenti, le nostre
decisioni, le nostre credenze, rendono simil i e visibi lmente differenti le due
costruzioni.
Se noi chiedessimo ad un muratore se sia più facile realizzare un ponte o
una volta, rispetto ad un muro o a due colonne squadrate, la sua risposta
potrebbe essere: “quanto tempo ho a disposizione per portare a termine
l ’opera?”.
I l tic tac dell ’orologio è il primo elemento che pone su due piani diversi i
nostri due argomenti principal i . Del le salde fondamenta portanti di una vera
amicizia sono molto diffici l i da realizzare: prima bisogna scavare in noi
stessi, guardare oltre i nostri pregi e i nostri difetti , molte volte infi ltrazioni
che corrodono e danneggiano un rapporto. Una ruspa togl ierà la maschera
che finora aveva coperto e sotterrato, quasi cancellato, ME in quanto uomo
e non attore. questo finto viso di carta pesta è fragile e gl i elastici che lo
stringono contro la carne calda di un viso solare o sofferente si
consumeranno lasciando i pori l iberi di respirare e rifare propria la bellezza
che avvolgeva e coronava le nostre rosse guance e i nostri fini l ineamenti.
Ogni pezzo del nostro puzzle interiore si sol idificherà sotto forma di
paral lelepipedo che, grazie a ciò che siamo, sarà un tutt’uno con la malta
che lo unisce.
Molte volte pensiamo che questo sia un progetto che si addica solo agli
uomini forti , ma se questo è ciò a cui la parola ponte ci fa pensare ci
sbagliamo. Quante volte non ci stanno simpatici i nostri vicini di casa!
Quante volte decidiamo di non pulire anche quella striscia di piastrel le che
tocca la loro porta! Quante volte siamo invece in competizione con questi e
ogni volta che ci mostrano una nuova stufa a pellet o un nuovo tappeto
presi dal l ’ invidia provvediamo a rinnovare l ’aspetto della nostra casa
rendendolo più accogliente e particolare rispetto al loro!
Quante volte invece li invitiamo a passare le feste insieme o a mangiare
una fetta di pandoro scambiandoci due parole? Se non impariamo a
salutare i l nostro vicino di casa come possiamo pensare di riuscire ad
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accogliere un immigrato? La nostra vita è fatta di scelte, ciascuno di noi è
un mattone, ciascuno ha il proprio colore e le proprie sfumature che con il
tempo si potranno schiarire oppure diventeranno più evidenti , tutto quello
che diventeremo è il frutto delle nostre scelte. al lora iniziamo a fare una
prima scelta importante, vogl iamo essere parte di un ponte o un altro piano
di un muro?
Ciascuno di noi non può cavarsela da solo: anche quando vogliamo
andare contro corrente i l nostro scopo deve essere affascinare con il proprio
modo di essere e pensare come nuovi ribel l i , che non saranno più visti
come tal i , ma come compagni di viaggio.
“L’uomo che si rivelerà in grado di spostare una montagna avrà iniziato
rimuovendo una piccola pietra per volta”. I nostri sogni potranno realizzarsi
solo se ogni briciola del le nostre forze e della nostra volontà saranno spese
per ciò in cui crediamo.
Francesca Grassetto
COMING SOONIl nuovo recital dei giovani di RebbioAvete di sicuro tutti presente la parabola del Padre Misericordioso (Luca
1 5, 1 1 -32). Vi siete mai chiesti come finisce? Cosa farà il figl io più grande
dopo essersi lamentato con il padre? Rientrerà alla festa e si rassegnerà a
congratularsi con il fratel lo per i l suo ritorno? Rimarrà da solo in un
cantuccio? Se ne andrà a sua volta, facendo ripartire da capo la storia?
Non lo sappiamo, non è scritto. Però possiamo sempre immaginarlo. Ed è
quello che stiamo facendo noi giovani del l ’Oratorio di Rebbio. Sì, perché il
nuovo Recital sarà il sequel del la parabola. E questa sarà anche l’occasione
per ragionare una volta di più sul tema, per scoprire quel dettagl io di cui
forse non ci eravamo mai accorti . E chissà come andrà a finire!
Saremo in scena sabato 1 4 e domenica 1 5 maggio 201 6 al Teatro Nuovo
di Rebbio. Vi aspettiamo numerosi!
Marco Radaell i
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“Tutti si scandalizzano, ma nessuno ferma Israele”. Recitava così i l comunicato
stampa di Pax Christi I tal ia del 25 agosto 201 5. Una denuncia senza se e senza ma
di una situazione, quella del continuo confl itto tra palestinesi e israeliani, di cui in
I tal ia si sa poco e quello che si sa in maniera superficiale. Una situazione che in
questo periodo va sempre di più aggravandosi.
L’aver visto con i miei occhi i problemi, le difficoltà, le ingiustizie subite dal popolo
palestinese mi ha spinto a chiedermi i l perché e a mettermi in ricerca della verità.
Una verità che, probabilmente, non detiene né lo stato d’Israele, né il popolo
palestinese, perché entrambi hanno le proprie colpe e la realtà è sempre più intricata
e diffici le di quel lo che ci dicono (non è vero che tutti gl i israel iani sono soldati o che
tutti i palestinesi sono terroristi ! )
Essendo fermamente convinto di questo e credendo e pregando per una
risoluzione che assicuri pace ad entrambi i popoli , non riesco a non schierarmi dal la
parte palestinese. Penso che ascoltare ragazzi che ti raccontano di non poter più
ormai nemmeno sognare un futuro migl iore ti scuota e ti lasci perplesso ma allo
stesso tempo spinga a divulgare, a far conoscere ciò che realmente accade.
È vero, forse il mio giudizio è di parte, ma quello che ho visto con i miei occhi è una
occupazione territoriale di un popolo a scapito di un altro al quale sono stati sottratti i
beni, la propria casa, i diritti fondamental iN
Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo non è altro che la manifestazione
(sbagliata) del la rabbia repressa di un popolo causata da ingiustizie subite
quotidianamente. C’erano famigl ie del vi l laggio dove siamo stati che non avevano
mai visto Gerusalemme nella loro vita semplicemente perché non possono andarci.
I l motivo? tutto a discrezione dei mil itari Israel iani: se ti ri lasciano il visto e ti fanno
passare entri in Israele, altrimenti no. È normale che un uomo per andare a lavorare
in Israele (se ti ri lasciano il permesso) debba fare ore e ore di fi la ai checkpoint ? È
normale che ad un ragazzo palestinese venga negato l ’accesso al muro del pianto
con la giustificazione: “There’s no Palestine!”? E questa è solamente la punta
dell ’ icebergN Forse nessuno sa veramente cosa significhi vivere lì e penso sia
impossibi le spiegarlo in poche righe.
Abbiamo sentito tutti le parole del nostro presidente del consigl io Renzi nel suo
viaggio in Israele e in Palestina.
PALESTINA
5Egli non ha fatto nessun riferimento alle quotidiane violenze sul popolo palestinese,
al le questione delle colonie, al l ’occupazione mil itare, ma si è l imitato a difendere la
“sicurezza” del lo stato di Israele. D’altra parte non poteva fare altrimenti, visto che
(cito sempre un comunicato di pax Christi del 25 lugl io 201 5) l ’ I tal ia continua a
inviare sistemi d’arma, come gli aerei M346 a Israele in netto contrasto con la legge
1 85/90 che vieta la vendita di armi a Paesi in guerra o che violano i diritti umani.
I l futuro è incerto e una soluzione definitiva per una questione di control lo del
territorio, e non solo, che va avanti da decenni, sembra un miraggio. Una terra che è
definita in molti modi e con molti nomi ma che, prima di ogni altra cosa, è Terra
Santa; del la quale non si può, una volta vista con i propri occhi, non innamorarsene,
anche con le sue innumerevoli contraddizioni e difficoltà.
Vorrei chiudere con un invito al la preghiera che viene da Papa Francesco ( 9 ottobre
201 5 al Sinodo):
«Siamo dolorosamente colpiti e seguiamo con profonda preoccupazione quanto sta
avvenendo in Siria, in Iraq, a Gerusalemme e in Cisgiordania, dove assistiamo ad
una escalation della violenza che coinvolge civi l i innocenti e continua ad alimentare
una crisi umanitaria di enormi proporzioni», ha detto Francesco.
«La guerra – ha continuato i l Papa – porta distruzione e moltipl ica le sofferenze
delle popolazioni. Speranza e progresso vengono solo da scelte di pace. Uniamoci,
dunque, in una intensa e fiduciosa preghiera al Signore, una preghiera che intende
essere al tempo stesso espressione di vicinanza ai fratel l i patriarchi e vescovi qui
presenti, che provengono da quelle regioni, ai loro sacerdoti e fedeli , come pure a
tutti coloro che la abitano».
Insieme alla preghiera, un invito al l ’azione: «Nello stesso tempo rivolgo, insieme al
Sinodo, un accorato appello al la comunità internazionale, perché trovi i l modo di
aiutare efficacemente le parti interessate, ad allargare i propri orizzonti al di là degli
interessi immediati e ad usare gli strumenti del diritto internazionale, del la
diplomazia, per risolvere i confl itti in corso».
Mattia Molteni
6 ISIS, LA PAURA E LA RAGIONENon seguo costantemente le diatribe che si consumano sulla rete in merito ai fatti di attual ità. Sbirciando
negli schermi di famil iari ed amici, però, ho potuto constatare che ancora nel 201 5 in I tal ia esistono individui
che, leggendo il titolo di Libero all ’ indomani del l ’attentato terroristico di Parigi, hanno apertamente affermato
di essere a favore del giornale.
Non mi colpisce il fatto che un giornale appartenente a uno schieramento ideologico abbia titolato “Bastardi
islamici”; mi inquieta l ’ idea che esista più di un cittadino ital iano che anche oggi sia capace di
general izzazioni così semplicistiche. Se queste righe saranno lette da qualcuno di questi ital iani, i l mio invito
è questo: documentatevi. Perché si dà il caso che, del le 32mila vittime dell ’ ISIS, solo i l 2,6% é composto da
uomini e donne appartenenti a una cultura occidentale, e, senza questa piccola percentuale, del fenomeno
ISIS oggi si parlerebbe forse meno del gruppo di Boko Haram, che, fra i l Camerun e la Nigeria, oggi sta
compiendo attentati terroristici , i cui numeri sono decisamente più grandi di quel l i dei recenti fatti di Parigi.
Ma di Boko Haram non parla nessuno. Forse quegli stessi ital iani, che hanno appoggiato Libero e che
vorrebbero togl iersi di torno chiunque abbia i l vago sospetto di appartenere alla fede islamica, non si sono
neanche chiesti i l perché di questa ingiustizia.
I l motivo è che Boko Haram non ci fa paura, perché non mette in discussione le l ibertà che crediamo di
avere: l ’ ISIS invece fa scalpore, perché ha agito in occidente, in casa nostra, come si sente spesso dire. E
allora però dobbiamo ammettere che il nostro criterio di gravità di un delitto è semplicemente la vicinanza
spaziale rispetto a noi, molto in contrasto con gli ideal i assoluti di giustizia e di pace universale che
impazzano sulla rete.
Oggi inoltre Parigi è i l tema centrale delle nostre discussioni, i morti del Bataclan sono dei martiri , ma
domani tutte le nostre lacrime, le nostre paure, le nostre sentenze lapidarie saranno soffocate dalla routine
quotidiana. Quanti di noi hanno portato con sé costantemente il ricordo dei fatti di Charl ie Hebdo? Quanti si
svegliano la mattina pensando alle Torri Gemelle? E senza scendere nell ’ intimo del ricordo personale, quanti
comaschi i l 1 7 novembre hanno preso parte al la manifestazione indetta dal Comune di Como contro le
violenze che lacerano i rapporti fra Oriente e Occidente? A questa domanda ho una risposta: 200-300
persone massimo. Non biasimo chi dice che con un commento online è più facile partecipare, ma dietro uno
schermo non possiamo dire ciò che bisogna fare: la politica implica un confronto diretto, faccia a faccia, non
mediato dalle fragil i sicurezze che un monitor ci i l lude di dare. Anche perché gli hacker delle forze dell ’ Isis
hanno già dimostrato una certa abil ità mediatica.
La violenza non è mai giustificabile, ma proviamo anche a metterci nei panni di un musulmano, che nel suo
paese vede cadere le bombe costruite in Occidente sopra i suoi compatrioti . Non è forse violenza anche
questa?
7NON FARE AL PROSSIMO QUELLO CHE NONVORRESTI FOSSE FATTO A TEForse dopo quello che è successo e quanto se ne è parlato sembrerà scontato e tediante quello che sto
scrivendo ma credo sia giusto che ognuno di noi si esprima riguardo ciò che lo circonda, altrimenti i l mondo
non potrà mai diventare migl iore a silenzi e violenza in risposta a violenza sino a quando ognuno di noi non
sarà pronto al confronto.
Quello che è successo a Parigi ci deve far pensare perché, se nemmeno davanti a questo ennesimo atto di
violenza riusciamo a smuoverci, dovremmo iniziare a preoccuparci; però bisogna rendersi conto che non è
né l’ultimo, né il solo, ma semplicemente il più vicino e quindi ci spaventa di più.
La risposta degli amici e dei parenti del le vittime degli attentati , o comunque di tutta la comunità parigina,
dovrebbe essere quella che tutti quanti dovremmo avere: saper essere forti nonostante ciò che è accaduto
ed avere la forza di rispondere alla violenza con il perdono e il coraggio. Molti , se non la maggior parte dei
francesi, i qual i sono abituati al la diversità di etnia, rel igione e cultura e a una convivenza pacifica con gli altri
non provano astio o disprezzo per coloro che hanno compiuto l ’attentato o, come sta succedendo in I tal ia,
verso le persone che professano la rel igione islamica, posizione direi alquanto superficiale e stereotipata,
perché altrimenti si farebbe solo i l gioco di chi ha procurato tutto questo: rabbia, paura, terrore e
discriminazione fra la popolazione.
Sicuramente i potenti non stanno adottando la stessa strategia dei francesi. Hollande in primis, in forte
contraddizione con l’atteggiamento e il pensiero dei propri concittadini, ha già deciso che la soluzione
migl iore per dire no alla violenza sia procurarne altra nei luoghi dove si presume sia collocata la cellula a cui
avrebbero fatto capo i terroristi del Bataclan, sempre con la stessa strategia di questi ultimi; si colpisce la
massa, la popolazione (e quindi persone innocenti); e nemmeno rimettendoci personalmente la pelle, ma
sganciando bombe a distanza, perché se il sangue si sparge distante da noi ci sentiamo meno colpevoli .
Sicuramente questa non si può chiamare coerenza. Ci si scandalizza perché vengono uccisi civi l i , quindi
se ne uccidono altri come risposta, perché si usa la violenza, al lora si risponde a pan per focaccia; ci si
sbalordisce perché vengono toccati i pi lastri del la civi ltà occidentale, la l ibertà, la fraternità e l ’uguaglianza,
però le potenze colonial i di un tempo, fra queste in particolare la Francia, non concedono questi diritti ai
cittadini del le ex-colonie che, frastornati e indispettiti , trovano un’identità e una speranza in organizzazioni
terroristiche o movimenti violenti che promettono un’unità nazionale diversa e meno oppressiva, che magari
spesso non è nemmeno vero, e una maggiore indipendenza dalla potenza coloniale di turno.
Con questo però non si devono giustificare, ma piuttosto biasimare tutti gl i atti di violenza che siano fatti
sia da terroristi sia dai capi di governo, cominciando noi per primi a condannare questi atteggiamenti nel la
vita di tutti i giorni, e mettere da parte l ’orgoglio o la vendetta per abbracciare sempre più l ’amore e il rispetto
8PREGHIERA: LA GUERRA, UNA FOLLIADA ABOLIREMentre tu, o Dio, porti avanti la tua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla tua opera, la
guerra distrugge. Distrugge anche ciò che tu hai creato di più bello: l ’essere umano. La guerra stravolge
tutto, anche il legame tra i fratel l i . La guerra è fol le, i l suo piano di svi luppo è la distruzione: volersi svi luppare
mediante la distruzione.
Dio della pace, facci comprendere la fol l ia del la guerra!
Purtroppo si va intensificando oggi la violenza e si moltipl icano i teatri di guerra in diverse aree del mondo,
l ’Africa, l ’Europa ed il Medio Oriente. Stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”. La guerra sfigura i
legami tra i fratel l i , tra nazioni; sfigura anche coloro che sono testimoni di tal i atrocità. La guerra lascia
sempre un segno indelebile.
Dio della croce, lenisci le ferite del la guerra!
La cupidigia, l ’ intol leranza, l ’ambizione al potere, sono i motivi che spingono avanti la decisione bell ica, e
sono spesso giustificati da una ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l ’ impulso distorto. L’ ideologia è una
giustificazione, e quando non c’è una ideologia, c’è risposta di Caino:” A me che importa?”. “Sono forse io i l
custode di mio fratel lo?” (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme,
papàN ” A me che importa?”.
Dio fratel lo di ogni uomo, fa che ci prendiamo cura gli uni degl i altri !
La guerra è in se stessa disumanizzante e come cristiani, restiamo profondamente convinti che lo scopo
ultimo, i l più degno della persona e della comunità umana, è l ’abolizione della guerra.
Dio della vita, donaci i l coraggio di abolire la guerra!
Dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici , avidità di denaro e di potere, c’è l ’ industria del le armi,
che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori del lo scontro,
come pure gli imprenditori del le armi, hanno scritto nel cuore:” a me che importa?”. Questi affaristi del la
guerra forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere.
Dio della pace, ferma i pianificatori del terrore e gli imprenditori del le armi!
Dobbiamo sempre impegnarci a costruire ponti che uniscono e non muri che separano. Dobbiamo sempre
aiutare a cercare uno spiragl io, mai cedere alla tentazione di considerare l ’altro come un nemico da
distruggere, ma piuttosto come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a sua immagine.
Dio degli uomini, fa che non ci stanchiamo di ricordare che «ciascuno è immensamente sacro»!
Francesco
Preghiera tratta da due discorsi di Papa Francesco:
Redipugl ia, 1 3.9.1 4; Roma, 26.1 0.1 5