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Il mio posto è in un campo di grano partitura teatrale per un attore e un servo di scena drammaturgia di Angelo Ruta terza stesura • settembre 2008

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Il mio posto èin un campo di granopartitura teatrale per un attore e un servo di scena

drammaturgia di Angelo Ruta

terza stesura • settembre 2008

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1.Notte.Corsia dell’ospedale di igiene mentale a Saint Rémy, nell’inverno tra il 1889 e il ‘90.All’apertura del sipario la scena appare sostanzialmente al buio, sebbenerischiarata da tre fasci di luce che la tagliano in diagonale; fasci provenienti da trefinestroni molto alti, protetti da grate, che portano dentro un po’ del chiarorenotturno.

Entra Vincent.Ha un abito spiegazzato, giacca e pantaloni dello stesso colore azzurro, è scalzo.Sulle spalle, legato con due cinghie, ha un cavalletto da pittore e nelle mani unavaligetta coi colori e delle tele. Ma la cosa che sorprende è il cappello a larghe falde,su cui sono fissate alcune candele accese: per dipingere al buio.Nel fondo completamente azzurrato e freddo, le fiammelle fanno un contrasto belloa vedersi, mentre il volto di Vincent appare (per ora) completamente oscuratodall’ombra del cappello.Dopo qualche esitazione, l’uomo si avvicina a una porta a lato della scena e bussapiù volte, fino a che si apre una finestrella oltre la quale appare la sorvegliante, unagiovane donna vestita di bianco.Ora che la luce della finestrella ne rischiara il volto, vediamo che Vincent è un uomofra i trenta e i quarant’anni, trascurato e magro, coi capelli fiammanti di rosso e gliocchi che riflettono inquietudine e smarrimento.

SORVEGLIANTEChi è?

VINCENTSono Vincent, il pittore.

SORVEGLIANTEChe vuoi?

VINCENTDammi le scarpe, devo uscire...

SORVEGLIANTEUscire dove? Non si può uscire aquest’ora.

VINCENTIl dottore ha detto che posso uscire.

SORVEGLIANTEPuoi uscire di giorno, come gli altri.

VINCENTMa di giorno non mi serve. Ho cominciatocon questa luce...

La sorvegliante tace.

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VINCENTAlmeno fammi guardare fuori. La finestrapuoi aprirla?

SORVEGLIANTENo.

VINCENTPerché?

SORVEGLIANTENon ci sono le grate.

VINCENTMa io non scappo. Sono venuto da solo.Posso andarmene quando voglio, l’hadetto il dottore.

SORVEGLIANTEVuoi che lo chiamo?

VINCENTNo…

SORVEGLIANTEAllora torna a letto.

La finestrella si richiude.Vincent sembra essersi convinto, ma dopo un attimo di esitazione bussa di nuovo.

VINCENTMi manca solo un colore per finire. Ilcolore della montagna.

SORVEGLIANTEChe montagna?

VINCENTDietro al paese, se apri la finestra la vedi.

La sorvegliante tace.

VINCENTSolo un colore.

La sorvegliante cede e di malavoglia apre la finestra.

VINCENTÈ pulito il cielo?

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SORVEGLIANTESì.

VINCENTC’è luna?

SORVEGLIANTESolo un pezzo, sembra una falce...

VINCENTE stelle tante…

SORVEGLIANTETantissime. Qual è il colore?

VINCENTI due cipressi? Li vedi? Uno alto e unobasso…

SORVEGLIANTESì…

VINCENTDietro c’è la strada che va giù... e ilpaese...

SORVEGLIANTESì…

VINCENTOltre il paese: la vedi la montagna?

SORVEGLIANTEAh, sì.

VINCENTChe colore è?

SORVEGLIANTENon lo so... sembra scura...

VINCENTScura? Scura come?

SORVEGLIANTEForse grigia...

VINCENTMa che grigio...?, di ardesia?, di fango?Guarda bene…

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SORVEGLIANTENon lo so...

VINCENTD’argento?

SORVEGLIANTEForse non è grigia... è…

VINCENTIndaco?

SORVEGLIANTEE che colore è, l’indaco?

VINCENTÈ un blu… scuro… quasi nero…

SORVEGLIANTENo…

VINCENTAllora è cobalto?

Qualcuno nella camerata si è svegliato. Si sente un lamento o un colpo di tosse.

SORVEGLIANTESss.

VINCENT(Sottovoce) È cobalto?

SORVEGLIANTENon lo so.

VINCENTGuarda bene… è importante…

SORVEGLIANTEBasta. Torna a letto.

La sorvegliante chiude la finestra e interrompe il gioco.

VINCENTAspetta…

La sorvegliante apre la porta che la separa dall’uomo e gli toglie il cappello e lagiacca. Poi lo costringe dolcemente a letto.

VINCENTDimmi a cosa somiglia…

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SORVEGLIANTEA niente, è il colore della montagna.

VINCENTIl colore della montagna… e che colore è?

La sorvegliante tace.

VINCENTDomani ci vado… ne prendo un pezzo.

SORVEGLIANTEDomani ci vai. Adesso dormi.

VINCENTÈ lontano?

La sorvegliante tace.

VINCENTNon importa, sono uno che cammina.

SORVEGLIANTEDormi.

Si sente ridere a momenti, fuori campo, voci di persone costrette a letto, che nonprendono sonno.

VINCENT“Dormi”, perché devo dormire?

SORVEGLIANTEPerché è notte. Di giorno si lavora e dinotte si dorme.

VINCENTMa io a casa mia dormivo e lavoravogiorno e notte.

SORVEGLIANTEQui non è casa tua. Questo è un ospedale.

VINCENTMa domani me ne vado. Basta che lo dicoal dottore.

SORVEGLIANTEDomani. Adesso dormi.

La sorvegliante esce.Per un attimo c’è silenzio, poi Vincent riprende.

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VINCENT(Sottovoce) Quando entri ti sembra chestai bene. Il dottore ti guarda e scrive, glichiedi “allora, dottore?”, e lui non diceniente. Dopo qualche giorno pensi cheforse sì, sei malato, ma tempo unasettimana guarisci. Ti ci vuole forse soloun po’ di riposo. (Pausa) In quellasettimana conosci gli altri malati: quandosi mangia, nelle camerate a dormire,quando si sta insieme. A vederli nonsembrano più malati di te, ne cerchisempre uno che sta peggio. E quando lotrovi ti ci avvicini, per parlare. Ma più ciparli più ti sembra come te. E allora glichiedi “da quanto tempo sei qui? Quantoci stai ancora?” “Un mese, sei mesi, unanno.”.

Rientra in scena la sorvegliante e al suo apparire Vincent si tira su le copertefingendosi dormiente. Ora lei spinge il letto fuori scena e si fa buio.Musica.

2.Ospedale di Saint Rémy, sala da bagno.All’illuminarsi della scena Vincent è in piedi, il capo coperto con le braccia, comeper proteggersi da qualcosa. Fuori campo, la voce dell’inserviente si confonde conquelle degli altri malati (forse sono solo impigliate nella memoria).

INSERVIENTE (f.c.)Ti sei fatto addosso? Di nuovo?

Silenzio.

INSERVIENTE (f. c.)Perché non mi hai chiamato?

Vincent si copre le orecchie per non sentire.

INSERVIENTE (f.c.)Mi senti? Parlo con te! Perché non mi haichiamato?

All’improvviso, un pesante scroscio d’acqua bagna completamente l’uomo,lasciando ai suoi piedi una pozzanghera in cui lo vediamo riflesso. Vincent ha unmomento di terrore ma anche di liberazione, perché di colpo le voci sono cessate.

VINCENTSi soffoca... non ne posso più... non mifanno respirare… come posso guarire

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così? (Pausa) Mi hanno riempito la testadi acqua salata... ci hanno messo dentro ilsapone per farmi la schiuma… che odore,che voltastomaco...

Entra l’inserviente. Comincia a lavare l’uomo con energici colpi di spazzola.

INSERVIENTEL’hai fatta tutta?

Vincent abbassa gli occhi e tace.

INSERVIENTEGuardami quando ti parlo: l’hai fattatutta?

Vincent si morde le labbra per non rispondere.

INSERVIENTEAllora chiamo il dottore.

VINCENTNo... no...

INSERVIENTE(Uscendo) Dottore! Dottore!

I passi che si allontanano, poi il silenzio.

VINCENTIl dottore mi dice di stare tranquillo, “suofratello mi ha mandato una lettera...(scandisce lentamente) Vaaan Googh... èun nome olandese?”, e vuole sapere tuttodal principio. Ma non c’è un principio. Iosono sempre stato così. Lo sanno tutti.“Vaaan Googh… suo fratello…”, sì, lo so,dicono che sono nervoso. E questo è vero,lo ammetto, ho degli scatti di nervi,qualche volta. Ma che potevo esserepericoloso? Io? Chi lo dice?

INSERVIENTE(Entrando) Tutti. Lo dicono tutti. Guarda:hanno raccolto le firme.

Porge a Vincent un foglio spiegazzato ed esce.Vincent prende il foglio, bianco su tutti e due i lati, lo guarda attentamente, come sevi leggesse sopra tutte le firme.

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VINCENTPer quella volta che ho litigato conGauguin. È un mio amico, per questolitighiamo.

Poi, con uno scatto d’ira, lo strappa in minuscoli pezzi che subito butta via.Entra l’inserviente. Parla rivolta al pubblico.

INSERVIENTE(Entrando) Il curato ha proibito aiparrocchiani di posare per lui. Perchédice che ha messo incinta una ragazzache gli faceva da modella.

Vincent fa una smorfia, come per dire “non è vero”.

INSERVIENTEUn’altra voleva uccidersi, per colpa sua. Esuo padre? Sapete com’è morto?

Vincent si copre le orecchie per non sentire.

INSERVIENTELitigavano… quasi arrivavano alle mani…quando gli è scoppiato il cuore…

L’inserviente esce. Dopo un attimo, Vincent riprende.

VINCENTNon va affatto bene, qui. Ho bisognod’aria.

INSERVIENTE (f.c.)Dottore! Dottore!

VINCENTIl dottore conosce Cézanne, “Cézanne?”, eSisley, Pissarro, Guillaumin... li conoscetutti… (Pausa) Ha aiutato Daumier,quand’è diventato cieco - povero Daumier- e non voleva che a Manet gli tagliasseroil piede malato, perché a lui - diceva -tagliargli il piede era come ucciderlo. Einfatti è morto... povero Manet, col piedenascosto nel camino per non farglielovedere. Povero Daumier, pittoresenz’occhi. E povero Vincent, con la suatesta malata, come il piede di Manet,come gli occhi di Daumier… (si alzatenendosi la testa tra le mani) …un vaso

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rotto. Anche se incolla di nuovo tutti ipezzi, resta sempre un vaso rotto.

Entra in scena l’inserviente, porta a Vincent i suoi vestiti.

INSERVIENTEForza, non sei ancora vestito.

Vincent si veste in fretta, sotto lo sguardo vigile dell’inserviente.Quando è vestito di tutto punto, compresa la giacca e il cappello, l’inserviente esce elui ricomincia a parlare.Ora è nello studio del dottor Gachet.

VINCENTDovevo fare il mercante, non il pittore.Nella casa d’arte dello zio, assieme aTheo. Ma come si fa a mettere d’accordoarte e denaro? “Vendere!” solo vendere,questo dicevano, “se non vendete, nonguadagnate!”. Io, se un quadro nonvaleva, convincevo i clienti a noncomprarlo. Se invece valeva, ma lorostorcevano il naso, mi ci arrabbiavo perfarli convinti. E insomma, in un modo onell’altro non compravano. Per questo mihanno dato il benservito. (Pausa) Alloraho provato a fare il pastore, come miopadre. Leggevo la Bibbia ai minatori,duecento metri sottoterra, dove mancal’aria. Ne ho vista, sapete?, gente chevedeva il cielo solo la domenica. Ho divisocon loro il pane e il letto. E avreicontinuato se non mi avessero tolto latonaca. Perché dicevano che là sotto, aforza di essere così vicini all’inferno, sifiniva per somigliare troppo al demonio.(Alzandosi) Per forza sono rimasto solo.Senza un lavoro, senza soldi. Senza unposto dove stare… perché mio padre mi siera messo contro e non si poteva, vi giuro,dottore, anche con ogni sforzo, non sipoteva più vivere insieme. Ero per lui,oramai, come un cagnaccio che abbaiaforte e dà fastidio. Anche se moltosensibile… (ride) Così è cominciato. Duepastelli, un blocco di carta… e nelmomento che stavo più male le manihanno preso a disegnare. Tutto quello chevedevo - persone, campi e alberi, distesedi grano - era come se lo vedessi per laprima volta. Credete: non ho mai cercato

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la bellezza. E neanche volevo stupire.Dipingevo solo per arrivare al cuore deglialtri. Per dire a chiunque “sono vivo...rido e piango... come te...” (Pausa) Lo soche per la gran parte della gente sono unanullità, uno senza una posizione sociale,senza un soldo, l’ultimo degli ultimi. Eperò… vorrei che le mie operemostrassero cosa c’è nel cuore di questonessuno. Vedete, dottore, qual è la miafortuna? Che ho trovato nel lavoroqualcosa cui posso dedicare tutto mestesso, anima e corpo, e che dà unsignificato alla mia esistenza.

Le nubi che si sono addensate sul finire della scena, prorompono adesso in untemporaleIl ricordo porta Vincent a Neunen, pochi anni prima, a una strada di notte.Dal fondo emerge una donna con un ombrello. Sperduta, infreddolita, si guardaintorno come se cercasse qualcuno.Una musica lontana si sente nell’aria, sembra un valzer.

VINCENTUna sera di tanti anni fa, vagavo da solo,per strada, con una grande tristezza nelcuore. (Pausa) Vidi una donna. Négiovane né bella, anzi, per dirla tutta: giàquasi vecchia e con la faccia segnata dalvaiolo. Ferma a un angolo di strada che siguadagnava il pane. Potete immaginarecome. Aveva freddo e tremava. (Pausa)Le ho dato quel poco che avevo in tasca, esenza una parola lei mi ha preso permano e mi ha portato a casa sua. Me laricordo come fosse adesso: quellastanzetta semplice, con la tappezzeriagrigia e calda, come un quadro di Chardin.Lei stessa mi ricordava una figura diChardin. (Pausa) Da ragazzo le guardavo,donne come lei, ma ne stavo alla larga,perché mio padre diceva “Attenti… Dio vivede… anche al buio…”. Me l’immaginavotra le fessure, sotto le lenzuola, il diocurioso di mio padre. Dentro alla testa,nei miei pensieri. Ma che Dio è questo chemette al mondo il piacere e poi ti dice cheè peccato?

Vincent si avvicina alla donna, cerca riparo sotto il suo ombrello.

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DONNA CON L’OMBRELLO(Timidamente) Pittore? Siete un pittore?E che dipingete?

VINCENTTutto: paesaggi, fiori…

DONNA CON L’OMBRELLOAnche persone?

VINCENTCerto…

DONNA CON L’OMBRELLOPersone importanti?

VINCENTPosso dipingere anche voi.

DONNA CON L’OMBRELLOMe? (Ride) O, no, io non sono unasignora…

VINCENTPer me lo siete.

DONNA CON L’OMBRELLONon scherzate…

VINCENTLo siete, davvero…

DONNA CON L’OMBRELLOLe signore si voltano dall’altra partequando mi vedono…

VINCENTE io vi dipingo lo stesso. Dovrannoguardarvi per forza.

La donna ride. Si abbandona all’abbraccio di lui.Poi tutt’e due, timidamente, si mettono a ballare, sul ritmo del valzer che ancora sisente nell’aria. Così volteggiano, illuminati appena, solo loro, mentre tutto intorno èbuio. E volteggiando escono.Dopo un attimo torna in scena Vincent.

VINCENTNon aveva mani da signora… ma nonsono le mani che fanno una signora...anzi… più la guardavo, più mi sembravaun angelo caduto dal cielo. (Pausa) Se un

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qualche dio c’è davvero, io l’ho trovato instrada di notte, nelle miniere, nei campi…e non tra le pareti fredde di una chiesa.(Pausa) Il mio dio lavora tutti i giornisotto al sole, anche la domenica. Scava ilcarbone sottoterra e respira polverefinché è vivo. (Pausa) Il mio dio si spogliaogni notte e si vende per poco: quantobasta a far mangiare i suoi figli.

Vincent esce.Buio.

3.La soffitta di Neunen dove Vincent vive e dipinge.All’illuminarsi della scena, l’uomo entra rapidamente.

VINCENTTheo, mandami i soldi, quello che puoi,anche poco. Però presto. Devo pagare lacarta e le tele del mese scorso. Ieri si èrotto anche un vetro: ho dovuto farloaggiustare perché non dormivo dalfreddo. (Pausa) Hai visto il disegno che tiho mandato? Quel cane da pastorearruffato? Ecco, così mi sento, a furia distare solo nella brughiera. Ma è la vitache ho scelto, lo sai. L’estate scorsa, aL’Aja, tu hai detto che volevi restare negliaffari, farti una posizione, che non sarestimai diventato un pittore. E io invece,ricordi cosa ti ho detto? “Anche se saròsempre più povero e infelice, continuerò asporcarmi le mani coi colori.” (Cambiandoespressione) Si è persa una lettera di miofratello, c’erano dentro cinquanta franchi,mi servono per lavorare. I modellivogliono un fiorino e mezzo al giorno. Perrisparmiare li vado a cercare alla mensadei poveri: al massimo mi costano unbicchiere di vino. Ma devo fare veloce,perché non mi ci stanno fermi. Sistancano subito... vogliono fumare...raccontar qualcosa... (Pausa) Però ce n’è,basta guardare. Su una panchina - ingiardino - ho visto un San Gerolamoperfetto, sembrava uscito da un quadro. Eun altro, che si è avvicinato per parlare disua moglie e dei suoi guai, aveva la frontespaziosa e gli occhi profondi, come una

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figura di Rembrandt. ( C a m b i a n d oespressione) Mi scusi, sono proprio senzaun centesimo, può guardare di nuovo?Van Gogh, da Parigi... va bene, grazie lostesso. (Pausa) La lettera di Theo non èarrivata. Ce n’è un’altra, mi ha scrittoGauguin. Dice che potremmo rivedercipresto, con le teste più riposate, e provaredi nuovo a vivere insieme, senzarovinarci l’un l’altro. Com’è difficile volerbene a qualcuno senza fargli del male.(Pausa) Fuori dalla posta, sulla strada dicasa, c’erano i campi inondati e l’acquafaceva riflessi di verde e d’argento, controal nero ruvido dei rami. Si vedeva unpiccolo villaggio in controluce, e unostormo di corvi sopra i campi di grano.“Ho tutti i cieli e i campi che voglio, senzapagare…”, pensavo “…ma voglio fare unritratto”. Allora sono andato all’ospizio.Ho trovato un vecchio, seduto, coi gomitisulle ginocchia, che si teneva la testa frale mani. Era un operaio. L’ho preso disorpresa, non s’è accorto di me. Mamentre ero lì che disegnavo, si èconsumato il pastello: era già piccolo, afuria di sfregare era diventato unabriciola. E il vecchio intanto s’era alzato ese n’era andato. (Pausa) Allora sonotornato a casa. Da quando sta con me,Sien ha imparato a farmi da modella. L’homessa seduta per terra, coi capelli chescivolavano su una spalla e la testa fra lebraccia (quasi come quel vecchio). Alpomeriggio però anche lei si è stancata,doveva badare al bambino. (Pausa) Lalettera di Theo non è arrivata e io hoancora voglia di disegnare. Allora prendouno specchio. Aggiusto la luce con lefinestre, quel tanto che basta a fare un belchiaroscuro, e nello specchio vedo il mioriflesso. Sono io. Ogni segno, ognipennellata sono io. Più vado avanti piùsento la tela vibrare… non so… ora non sochi dei due è più vivo…

Penombra su Vincent che continua l’azione.Ora entra una donna, È la sorella più giovane di Vincent, Wilhelmina. Una luce inproscenio la colpisce di taglio.

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WILHELMINA“Un gigante ebbro”, questo hanno detto dilui. Finalmente si sono accorti dei suoiquadri. Ma non li comprano, non ne havenduto neanche uno. Anzi, uno, sì, solouno. Comprato per pietà. (Pausa) Diconoche è un esaltato, un nemico delleminuzie. Perché è folle, non si lava, saltaaddosso alle donne. Se passerà il restodella vita in manicomio, potrà sperare divendere di più. Alla gente piace avere insalotto l’opera di un pazzo. Alla gentenormale, a quelli che pensano bene, piacesegretamente l’eccesso. L’eccesso dellaforza, la violenza dell’espressione. Piace -perché loro non oserebbero mai -l’insolenza di guardare il sole in faccia, lafoga di scagliarsi anche contro Dio.

Wilhelmina esce.La luce torna a illuminare Vincent, ancora intento a dipingere.

VINCENTNella vita è come nel disegno: bisognacapire subito le proporzioni e esprimerel’essenziale con pochi tratti. L’hoimparato da Hokusai. Hokusai cominciada uno stelo… un unico stelo d’erba.Quello stelo lo porta a disegnare tutte lepiante. Poi le stagioni, i grandi paesaggi. Eall’ultimo anche la figura umana. (Pausa)Che cosa strana è il tocco, il colpo dipennello. All’aria aperta, esposti al vento,al sole, alla curiosità della gente, si lavoraalla disperata. Ma alla fine diventa facile,come respirare. (Pausa) Whistler unavolta mi ha detto: “Vedi quest’acquerello?L’ho fatto in due ore. Ma sai quanti anni ciho messo prima di imparare a farlo in dueore?”

Se si vuole fare non bisogna aver paura disbagliare. Non c’è che da buttar giùqualcosa quando si vede una tela vuotache ci sta a guardare. Non si ha idea diquanto possa paralizzare stare a fissareuna tela vuota. È come se dicesse alpittore “Non sai far nulla”, e ce ne sono,pittori, che hanno paura della tela vuota.Ma è come la vita, l’ho detto. La vita -quante volte? - non fa che mostrarci il

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nostro lato vuoto, senza speranza. Latosu cui non c’è neanche un segno o uncolpo di pennello. Sta a noi tracciarli. Nelmodo che più ci corrisponde. E quandovediamo quello che prima non c’era, nonsappiamo più come siamo riusciti a farlo.

Entra Sien. Sta per andarsene.

VINCENT(Voltandosi) Sien…

Sien non dice niente.

VINCENT(Andandole incontro) Dove vai?

SIENNon possiamo stare più assieme… midispiace…

VINCENTPerché?

SIENAbbiamo tutti contro.

VINCENTNon stare a sentire le tue sorelle.

SIENAnche tuo padre.

VINCENTChi te l’ha detto?

SIENHo visto la lettera.

Vincent tace.

SIENTuo fratello non ti manda più denaro,finché io sto qui. E come facciamo avivere?

VINCENTMa gli spiegherò tutto, voglio checapisca…

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SIEN(Ferma) No…

VINCENTAllora troverò un lavoro. Faremo a menodei suoi soldi.

SIENChe lavoro?

VINCENTVenderò i disegni…

Sien tace.

VINCENTO farò un’altra cosa… non importa…anche tu… anche tu, puoi trovare un altrolavoro.

SIENIo? E chi mi prende a me? Io sono persa.

VINCENTMa che dici?

SIENHanno ragione loro. Non possiamo farequesta vita, io e te, non siamo come tuttigli altri… (Pausa) E a stare assieme ci sifa solo del male.

Vincent tace.

SIENDiglielo che me ne sono andata. Così timanderanno ancora dei soldi e potrailavorare.

Buio.

4.Notte.Corsia dell’ospedale di Saint RémyAll’illuminarsi della scena, Vincent è seduto in un angolo, in fondo.Ha in mano una bottiglia ormai quasi vuota.

VINCENTNon sono ancora le quattro. Ha appenasmesso di piovere. Me ne torno in fretta a

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casa. Lungo la strada saluto uncontadino, anche se non lo conosco. Peròè vestito di blu e si intona a meravigliacon tutto quello che gli sta intorno.(Pausa) La città si distingue appena,grigia, sembra un quadro di Corot, col suocampanile e punta e i tetti rossi. È unpeccato guardare da soli un similespettacolo. Perché non c’è nulla di piùbello della natura la mattina presto.(Pausa) Vago come un cane affamato.Ecco cosa sono ormai: un cane che abbaiaforte e dà fastidio. Ma che ha ancheun’anima - ci credi, papà? - e moltosensibile, anche. Devi crederci. È un cane,ma sente come lo guarda la gente, ecapisce che se lo terranno è solo per pietà,il tempo di trovare un canile. Forse…forse lo si è lasciato troppo per strada…per forza è così selvatico…

SORVEGLIANTE (f.c.)Chi è?

VINCENTSono Vincent, il pittore.

SORVEGLIANTE (f.c.)Che vuoi?

VINCENTFammi uscire.

SORVEGLIANTE (f.c.)Non si può uscire a quest’ora. Torna aletto.

Vincent non si muove.

VINCENTE i miei colori? Mi avete portato via tutto.Come faccio a lavorare?

SORVEGLIANTE (f.c.)Non te li posso dare.

VINCENTPerché?

SORVEGLIANTE (f.c.)Lo sai.

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VINCENTNon li mangio più.

SORVEGLIANTE (f.c.)Torna a letto.

VINCENTAlmeno fammi guardare fuori. La finestrapuoi aprirla?

SORVEGLIANTE (f.c.)No.

VINCENTPerché?

SORVEGLIANTE (f.c.)Torna a letto. O devo chiamare il dottore.

Silenzio. Vincent esita un momento, poi si alza ed esce di scena.

5.Giorno.Corsia dell’ospedale di Saint Rémy.Entra la sorvegliante. Una luce in proscenio la colpisce di taglio, riflettendosi nelgrande lenzuolo bianco fresco di bucato che la donna sta ripiegando.

SORVEGLIANTEÈ di nuovo domenica. Non so quanti annidi città gli sono passati sopra, ma lui èrimasto un contadino e ha dentro di sé unnon so che ancora intatto.

Si commuove ogni volta che può guardarefuori, anche attraverso le grate di unafinestra. Conosce il paesaggio in ognidettaglio, come se ci fosse dentro luistesso: la strada, i cipressi, il paese… eanche lontano, la montagna… lamontagna poi me l’ha detto, era cobalto.

Se non lo tiri via, lui se ne starebbe lì,zitto, solo a guardare. (Pausa) Io, prima,non guardavo mai fuori dalla finestra, perme ogni giorno era uguale. Invece, orache ci sto attenta, vedo che è semprediverso. E penso è bello, c’è qualcosa dibello che non costa niente e che è lì, ognigiorno, davanti a tutti.

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La sorvegliante esce.Vincent entra con una grande valigia scura; e le tele legate insieme, il cavalletto, icolori, insomma tutte le sue cose.

VINCENTQuando mi sono svegliato e mi hannodetto che potevo tornare a casa, neancheci credevo. Però mi sono vestito e ho fattola valigia. Poi la sorella ha portato lacarta del dottore, con sopra scritto“guarito”, mi ha accompagnato per ilcorridoio e ha aperto il cancello. Fortunache c’era Signac. (Pausa) Il cielo era cosìscuro, pieno di nuvole. Si tremava per ilmaestrale - io con la valigia e lui con lealtre mie cose, le tele e i colori - e fino acasa non s’è detta neanche una parola.(Pausa) Non me l’ero immaginato così, ilmio ritorno. La gente indaffarata, tuttinervosi, quasi non mi riconoscono. “Staibene?” “Sto bene…”. Ma se ci sono o no,qui non cambia niente per nessuno. Lacasa piena di polvere e di cattivo odore.Un altro vetro si è rotto. (Pausa) Vogliobuttare via i colori secchi, bagnare ipennelli e spuntare le setole. (Pausa) Dabere… cerco qualcosa… non c’è niente,solo trielina. È sempre qualcosa… ma èsolo un litro. Povero Signac, come miguarda. Devo fargli pena.

Entra Sien.

SIENSei tornato...

VINCENTSien.

SIENMi hanno detto che eri all’ospedale. Staibene?

VINCENTChi te l’ha detto?

SIENMe l’hanno detto. Stai bene?

Vincent annuisce.

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SIENMa come sei più magro. Perché non titagli la barba?

Vincent si avvicina alla donna ma lei si ritrae.

VINCENTL’hai trovato un lavoro?

SIENVendo i fiori.

VINCENTDavvero? E dove?

SIENAl mercato. Con mia madre.

Vincent tace.

SIENHanno parlato di te…

VINCENTLa gente, lo so… ma non è vero quello chedicono…

SIENNo, dei tuoi quadri.

VINCENT(Indifferente) Ah.

SIENNon t’importa?

VINCENTPensavo di morire senza che nessuno livedesse.

SIENMorire? Che c’entra adesso? Non haineanche quarant’anni…

VINCENTAnzi, dovranno vedere anche te. Tuamadre per prima. Ho messo il colore altuo ritratto…

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Vincent scioglie i legacci che tengono insieme le tele: ma queste sonocompletamente bianche. L’uomo si ferma confuso. Strizza gli occhi. E intanto Sien èsvanita.

VINCENTSien? Sien!

Tornano all’improvviso le voci dell’ospedale, Vincent si copre le precchie per nonsentirle. Si sente ridere a momenti. Qualcuno sussurra, qualcun altro si lamenta. Elontano la sorvegliante che ripete ossessiva: “Chiamo il dottore! Guarda che lochiamo… dottore! Dottore!”

VINCENTC’è caldo... (allargandosi il colletto, checomincia a stringere) È pieno di corvi,qui…

Muove le mani nell’aria come per prenderli.Ora torna in scena la donna, ma non è Sien, è una contadina che sta spazzando ilcortile con vigorosi colpi di scopa.

CONTADINASiete tornato?

Vincent si volge verso la donna, fa un cenno impacciato di saluto.

CONTADINAState bene?

VINCENTSì… volevo andare nel campo, adipingere… ho visto che c’è il grano alto…

La contadina continua a spazzare per terra, senza dir niente.

VINCENTMa è pieno di corvi... avete visto quanti?Da dove arrivano?

CONTADINAE chi lo sa...

VINCENTMangiano il grano... è un peccato…(pausa) Posso cacciarli io, se volete,mentre lavoro...

La contadina non dice niente.

VINCENTSe vostro marito se mi dà la pistola...

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CONTADINAPerché non andate a Parigi, da vostrofratello? Vi può trovare una casa, unlavoro…

VINCENTParigi? No… e cosa faccio io a Parigi? Quaci sono i campi, gli alberi…

CONTADINAE a che vi servono? Siete mica uncontadino?

VINCENTMa ho bisogno di affondare le radici nellaterra, per crescere… sono come unapianta…

CONTADINACi sono piante anche a Parigi.

VINCENTIo però sono uno stelo di grano e il mioposto è in un campo di grano. Allora, mela date la pistola?

CONTADINAPrendetela. (Fermandosi) I corvi sonocreature di Dio e noi non gli spariamo. Mase qualcun altro lo fa, siamo contenti.

Vincent esce rapidamente.La donna lo segue con lo sguardo, poi ricomincia a spazzare.Sull’azione, la luce si trasforma e diventa quella di un meriggio estivo, scandito daun frinire assordante di cicale.All’improvviso, alcuni colpi di pistola fanno cessare ogni suono.La donna lascia cadere la scopa ed esce correndo.

Dopo un attimo, torna in scena Vincent. Mezzo svestito, sudato. Si muove con passoincerto e con aria smarrita.

VINCENTRespiro, il cuore non si è fermato…respiro… mi metto a dormire… mi metto adormire e domani sto bene…

Entra una donna, alle sue spalle: è Sien.Al vederlo ha un’espressione di sgomento, che proromperà in un pianto trattenutodurante tutta la scena.

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VINCENTMa perché è così buio? Chi c’è…? Theo?

Vincent barcolla e la donna gli avvicina una sedia, su cui l’uomo si abbandona.Poco distante, su una panca, sono appoggiati una giacca, una camicia e una cravatta(giacca e cravatta sono nere). Per terra c’è un paio di scarpe, nere. Sien si avvicinaa Vincent e comincia a vestirlo.

VINCENTNella vita è come nel disegno… bisognacapire quando fermarsi… come neldisegno… mi sembra, ora, mi sembra cheun capitolo è chiuso… (pausa) cose chenon tornano altre che comincianoadesso… però… però non tutto è finito…forza… non tutto… nuotare o affondare…che sarebbe la vita… senza il coraggio dirischiare…?

Il respiro dell’uomo si fa via via più sofferto. La vista si annebbia. Intorno a sé nonvede ormai altro che ombre.

VINCENTRivederci… con le teste riposate… ti hoscritto… mandami presto una lettera…cinabro, vermiglio… indaco l’abisso…c’era un giardino… un abisso… c’era, l’hovisto, in un quadro di Corot… o era il suogiardino…

Bisogna mandare una lettera… presto, aCorot, prima che se ne vada… chiederedel suo giardino… non l’ho dimenticato…della montagna… era cobalto di notte, l’hovista - attraverso le grate… l’ospedale nonera male la cura: due bagni a settimana,nient’altro… solo due bagni… chi c’è?

Sien ha vestito Vincent di tutto punto. Ora esce di scena.

VINCENT…lo chiamo… guarda che lo chiamo…dottore… (pausa) è più malato di mepochi tratti, l’essenziale… ti sei fattoaddosso, di nuovo… dottore…! L’onda gliartigli turchese il mare… indaco l’abissosprofondo… il grano… (pausa) sono unostelo…

Sien torna in scena col cappello illuminato del primo quadro.Lo calza sulla testa di Vincent ed esce di nuovo.

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VINCENT…solo… cobalto e nero uno stelo… il postoil mio posto… uno stelo di grano… solo… ilmio posto di grano… il mio posto… il mioposto… è un campo…

Vincent si porta le mani sugli occhi e se li chiude.

VINCENT…sono uno stelo e il mio posto… è uncampo di grano…

Sien torna in scena, reggendo con le mani il grembiule, carico di qualcosa.Si avvicina all’uomo con passo leggero, quasi di danza, girandogli attorno. Poi conuno scatto libera nell’aria il contenuto del grembiule: piccoli petali gialli, chepiovono sulla scena come una neve.

Buio.