Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

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FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Specialistica in Fisica Tesi di Laurea Specialistica Funzioni di struttura e correlazioni di velocit` a in stormi di uccelli in volo Un’analisi empirica nell’ambito del progetto Starflag Relatore: Giorgio Parisi Correlatori: Andrea Cavagna Irene Giardina Candidato: Alessio Cimarelli Matricola 697913 Anno Accademico 2008–2009

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Tesi di laurea spiecialistica (settembre 2009)

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FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Specialistica in Fisica

Tesi di Laurea Specialistica

Funzioni di struttura ecorrelazioni di velocita

in stormi di uccelli in volo

Un’analisi empiricanell’ambito del progetto Starflag

Relatore:Giorgio Parisi

Correlatori:Andrea CavagnaIrene Giardina

Candidato:Alessio CimarelliMatricola 697913

Anno Accademico 2008–2009

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Sommario

Le manifestazione del comportamento collettivo sono numerose e sempre spettacola-ri, specialmente nei sistemi biologici direttamente accessibili alla nostra esperienza, comequelli animali. La Fisica ha imparato nell’ultimo secolo a trattare il problema della com-plessità studiando i sistemi all’equilibrio e la possibilità che gli strumenti e i concetti intal modo sviluppati possano essere applicati con successo anche ai sistemi fuori dall’e-quilibrio, come quelli biologici, sta appassionando e impegnando una vasta parte dellacomunità scientifica internazionale già da qualche decennio.

Accanto al lavoro teorico è però fondamentale estendere ed intensificare quello speri-mentale, avendo sempre presente lo spirito profondamente empirico e quantitativo dellaFisica e la necessità di coniugarlo con le peculiarità del mondo della Biologia: la naturamultidisciplinare del problema pone la necessità di una stretta collaborazione tra nume-rosi settori della Scienza e la ricerca di una sua soluzione richiede senz’altro un proficuoscambio di metodi e conoscenze. Il progetto Starflag si inquadra in questo contesto,riuscendo per la prima volta ad ottenere ricostruzioni statiche (coordinate tridimensiona-li) e dinamiche (campi di velocità e traiettorie) di stormi di uccelli in volo composti damigliaia di individui.

In questo lavoro presento il quadro teorico e l’originale setting sperimentale grazieai quali abbiamo raggiunto questo importante risultato e l’analisi finora condotta sullastruttura spaziale e sui campi di velocità degli stormi, mediante l’uso di avanzati strumentidi Fisica della Materia Condensata come le funzioni di correlazione a due punti densità–densità e velocità–velocità. Nel primo caso riscontriamo una struttura a metà strada traquella dei gas e quella dei liquidi, con evidenze di una scala di omogeneità non sempredefinibile a causa della presenza di forti gradienti di densità dal centro al bordo dellostormo. Nel secondo caso evidenziamo la presenza di un ordine a lungo range per ilgrado di libertà angolare delle fluttuazioni di velocità, trasverso al parametro d’ordine delsistema (velocità globale), dovuto alla rottura della simmetria rotazionale continua, comenecessario nei sistemi all’equilibrio per d > 2 a causa del teorema d Goldstone. Ci sonoevidenze però che anche le fluttuazioni longitudinali mostrino uno scaling con l’estensionedel sistema, suggerendo che sia la lunghezza di correlazione totale del sistema nella suafase ordinata ad essere infinita, a fronte di un range di interazione finito e topologico.

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Ai miei genitori,a Giulia,a Iaia

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Come oscure stelle pilotatetracciate volti, braccia, fugaci animali.

Sfidate ogni legge nei vostri disegniper cercare poi riposo, nei cedri,

fieri e solenni guardiani dei vostri sogni.

Dove siete al primo sole?Cosa cercate, volteggiando pianure,

costeggiando vallate?Dov’è la forza che vi sa orientare?

Feroce libertà e morale è per me vedervinell’imparare che nulla sa domare

il trepido sventolar d’ali.Nell’aria dei vostri viaggi. . .

nei sogni dei nostri cuori.

Stormi di storni, Michele Villetti

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Indice

Introduzione 1

1 Comportamento collettivo 7

1.1 Sistemi biologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.2 Modelli e simulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2 Progetto Starflag 33

2.1 Gli storni a Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

2.2 Base teorica e setting sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . 38

2.3 Ricostruzione tridimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

2.4 Ricostruzione dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

2.5 Risultati storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

3 Analisi strutturale 73

3.1 Caratterizzazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

3.1.1 Problema del bordo in un sistema finito . . . . . . . . . 75

3.1.2 Osservabili globali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

3.1.3 Gradienti interni di densità . . . . . . . . . . . . . . . 81

3.2 Fluttuazioni e correlazioni di densità . . . . . . . . . . . . . . 84

3.2.1 Scala di omogeneità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

3.2.2 Funzione di densità condizionale . . . . . . . . . . . . . 88

3.2.3 Funzione di distribuzione a coppie . . . . . . . . . . . . 94

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4 Campi di velocità 994.1 Caratterizzazione dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

4.1.1 Velocità individuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1034.1.2 Fluttuazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

4.2 Correlazioni di velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1104.2.1 Domini di correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1124.2.2 Funzioni di correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 1134.2.3 Campi sintetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1184.2.4 Parametro d’ordine vettoriale e teorema di Goldstone . 127

Conclusioni 133

Bibliografia 145

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Introduzione

Dove vadano durante il giorno, che funzione abbia nellastrategia della migrazione questa sosta prolungata in unacittà, cosa significhino per loro questi immensi raduni serali,questi caroselli aerei come per una grande manovra o unaparata, il signor Palomar non è riuscito ancora a capirlo. Lespiegazioni che si dànno sono tutte un po’ dubbiose,condizionate da ipotesi, oscillanti tra varie alternative; ed ènaturale sia così, trattandosi di voci che passano di bocca inbocca, ma si ha l’impressione che anche la Scienza chedovrebbe confermarle o smentirle sia incerta, approssimativa.

Palomar, Italo Calvino

Il comportamento collettivo è forse tra le manifestazioni naturali più affa-scinanti, sia da un punto di vista funzionale che puramente estetico, e benchésia parte integrante dell’esperienza dell’Uomo da sempre [1], è solo negli ulti-mi 60 anni che ha catalizzato innumerevoli sforzi da parte degli scienziati neltentativo di carpirne i segreti. La Fisica ha imparato a trattarlo nello studiodella Materia Condensata ed è stata in grado di sviluppare poderosi strumen-ti tecnici e teorici1, nell’ambito di quel paradigma della complessità che dailavori pionieristici di von Bertalanffy [2], Ashby [3] e Wiener [4] ha riscon-trato tanto successo. È nell’ambito biologico, però, che il comportamento

1Finora i grandi successi ottenuti riguardano per lo più sistemi all’equilibrio e solorecentemente si sta approfondendo la connessione tra le proprietà di questi e i sistemifuori dall’equilibrio, tipici del mondo biologico.

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INTRODUZIONE

collettivo colpisce maggiormente la fantasia e stuzzica il senso di stupore:dai banchi di pesci nell’oceano [5] agli sciami di insetti [6], dalle lunghe filedi formiche [7] alle mandrie di mammiferi [8], dagli sciami di batteri in so-spensione [9] al traffico cittadino [10], dalle folle in piazza [11] agli stormi diuccelli in volo [12], dagli applausi nei teatri [13, 14] alla dinamica delle dunedi sabbia [15], dalle ola negli stadi [16] alle fluttuazioni di prezzo nelle Borse[17]. Scale diverse di svariati ordini di grandezza e sistemi incommensurabili,eppure comportamenti globali simili, che suggeriscono connessioni profonde eancora solo parzialmente esplorate tra realtà lontane sì, ma in qualche modointimamente legate.

Interazioni locali edinamiche globali

Qualitativamente il comportamento collettivo implica un gran numero dicomponenti interagenti (semplici come spin o complessi come animali) cheinsieme producono un gruppo che agisce come un tutt’uno, capace di di-namiche o comportamenti irriducibili alla somma delle proprietà dei singoliindividui. Questa definizione è ben riassunta dall’efficace massima aristote-lica l’intero è maggiore della somma delle sue parti, epitaffio tombale antelitteram del riduzionismo meccanicistico. In altre parole, per quanto sianoparticolari e numerose e complesse le caratteristiche dei singoli, quando questisi compongono in un gruppo abbastanza grande le proprietà delle interazionitra di essi possono divenire tanto importanti da essere determinanti per ilcomportamento macroscopico dell’aggregato. Ciò suggerisce la possibilità diformalizzare le interazioni mediante modelli semplici, che prescindano alme-no in parte dalle caratteristiche individuali e che così possano cogliere glielementi essenziali in modo da spiegare il comportamento collettivo in gene-rale, in un contesto teorico universale che accomuni tutti i fenomeni citati inprecedenza. Le proposte sono numerose: termodinamica dei sistemi aperti[18], criticità auto-organizzata [19], generalizzazione della distribuzione nor-male a quelle con legge a potenza [20], reti booleane [21], automi cellulari[22], ma c’è generalmente accordo sul fatto che siamo ancora lontani da unateoria veramente universale del comportamento collettivo, della complessità,dell’auto-organizzazione, dell’emergenza. Soprattutto a causa della cronicamancanza di dati sperimentali adeguati ed affidabili, molto difficili da otte-nere nella maggior parte dei casi (ad es., sciami tridimensionali di migliaia

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INTRODUZIONE

di individui), impossibili in altri (ad es., folle in preda al panico). Mancanzache ha prodotto uno squilibrio evidente tra la mole considerevole di modelliteorici e numerici da una parte e la scarsità di analisi sperimentali dall’al-tra, spesso poco più che qualitative, con cui confrontarli in un approcciofalsificazionista.

Naturamultidisciplinaredel problema

La chiave per il superamento di queste difficoltà sta probabilmente nel-la natura profondamente multidisciplinare di questo campo di ricerca, nellapossibilità di un’efficace cross-fertilization tra i metodi e l’esperienza dei bio-logi, dei fisici, degli etologi, dei matematici, degli psicologi, degli economisti:discipline apparentemente lontane fra loro che il paradigma della complessitàha avvicinato enormemente, arricchendone ed espandendone gli orizzonti.

Il progettoStarflag

Il progetto Starflag2 a cui ho partecipato attivamente in questi ultimitre anni si inquadra proprio nel contesto appena tratteggiato, con l’esplicitoobiettivo di contribuire con decisione alla ricerca nell’ambito del comporta-mento collettivo sfruttando proprio il lavoro multidisciplinare di gruppi conestrazione scientifica diversa [23]. All’interno del gruppo di Roma con cui holavorato, sia nella fase di presa dati sia in quella di analisi, abbiamo affron-tato efficacemente e con successo il problema della scarsità di dati empirici,riuscendo mediante metodi sperimentali originali ad ottenere per la primavolta dati tridimensionali di stormi in volo composti da migliaia di uccelli,su cui è stata condotta e si sta conducendo tutt’ora un’approfondita anali-si riguardante la struttura e la dinamica, che ha fruttato pubblicazioni suprestigiose riviste scientifiche internazionali [24–27] e l’attenzione sia dellastampa specializzata [28, 29] che di quella a più ampia diffusione [30–33].

Note metodologiche

L’approccio metodologico al problema del comportamento collettivo è unaquestione centrale su cui sostanzialmente si basa l’efficacia della sinergia trale varie discipline interessante al problema, in primis la Fisica e la Biologia,

2Starlings in flight: understanding patterns of animal group movements.

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INTRODUZIONE

quest’ultima intesa non tanto nel senso accademico del termine, quanto inquello più propriamente etimologico.

Durante tutta l’esperienza all’interno del progetto Starflag è semprestato chiaro che davanti a dati inediti di un fenomeno complesso come quel-lo del flocking3, partendo da un background teorico e pratico sviluppato inambiti apparentemente lontani da esso, l’uso di determinati strumenti e tec-niche deve procedere sotto un controllo continuo, operato mediante sistemisemplici in cui sono evidenti e prevedibili i risultati. Nel caso della Fisi-ca la possibilità di estendere il campo di applicazione di molti concetti chestoricamente le appartengono non deve mai essere considerata scontata, maverificata esplicitamente ad ogni passo. Un esempio lampante è l’estensionedella meccanica statistica dell’equilibrio ai sistemi dinamici fuori dall’equili-brio. Nel caso della Biologia è poi fondamentale perseguire il massimo rigorestatistico per assicurare la necessaria significatività alle osservazioni e analisiquantitative; un esempio è la gestione dei bias dovuti alla presenza del bordodegli aggregati animali e in generale agli effetti di taglia finita dei sistemistudiati.

Questa posizione metodologica si applica allo stesso modo al tema dellacomunicazione tra gli attori della ricerca in questo ambito: spesso concettiben radicati in una disciplina non lo sono altrettanto in altre e bisogna sempreaver chiaro non solo ciò che si dice, ma anche ciò che l’interlocutore staeffettivamente capendo.

Struttura della tesi

Nel Capitolo 1 presenterò una vasta panoramica di esempi di comporta-mento collettivo nei sistemi biologici, descrivendo a grandi linee le domandeche hanno posto e le eventuali risposte trovate negli ultimi decenni. Sullascorta del gran numero di modelli ideati per riprodurre e spiegare i fenomeniosservati, descriverò i fondamenti dell’approccio matematico e simulativo al

3Il termine inglese flocking, che indica l’atto di riunirsi in stormi, è comunemente usatoper definire il fenomeno generale, a prescindere dalla determinazione della specie di uccellicoinvolti.

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INTRODUZIONE

problema e alcuni risultati a cui ha portato finora. Inquadrato il problemadella quantità e della qualità dei dati sperimentali, mi soffermerò ampiamentesul progetto Starflag, sia da un punto di vista prettamente sperimentale,sia riguardo le basi teoriche su cui poggia e i notevoli risultati a cui è giuntoprima del mio ingresso nel gruppo.

I due capitoli successivi sono dedicati interamente alla mia ricerca origi-nale all’interno del gruppo Starflag di Roma, nell’ambito del mio lavorodi tesi.

Il Capitolo 3 è dedicato alle analisi che abbiamo condotto sulla strutturaspaziale degli stormi, in particolare incentrate sull’applicazione inedita ditecniche e strumenti teorici propri delle teorie dei liquidi agli stormi in volo.

Nel Capitolo 4, infine, discuterò l’analisi dei campi di velocità degli stormi,questi ultimi ottenuti grazie al lavoro di Stefanini [34], riguardante soprat-tutto le correlazioni a grande scala delle fluttuazioni delle velocità individualidegli uccelli.

Figura 1 Uno degli stormi fotografati, ricostruiti ed analizzati durante la secondastagione del progetto Starflag.

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Capitolo 1Comportamento collettivo

L’intero è maggiore della somma delle sue parti.

Metafisica, Aristotele

indice del capitolo1.1 Sistemi biologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Colonie di formiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10Sciami di locuste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13Banchi di pesci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Stormi di uccelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Cellule e batteri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19Dinamiche di folla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20Applausi a teatro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

1.2 Modelli e simulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Approccio Lagrangiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Approccio Euleriano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28Approccio a multi-agente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Con il termine comportamento collettivo si intende l’emergenza di proprie-tà del gruppo irriducibili a quelle dei singoli individui che lo compongono,caratteristiche per lo più dipendenti dalle mutue interazioni tra di essi.

Configurazioniordinate

Condizione fondamentale per un comportamento emergente è che ogniindividuo interagisca con gli altri alla pari, con le stesse modalità, che nonci siano cioè elementi primari (ad es. leader) che dettino il comportamentoad altri elementi secondari, né elementi esterni che influiscano globalmente

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

sul sistema, individuo per individuo indipendentemente. Le interazioni han-no normalmente natura locale, vale a dire che ogni individuo interagisce conun numero limitato di altri suoi simili, rimanendo sostanzialmente all’oscu-ro del comportamento globale del gruppo a cui appartiene, molto più vastodella sua sfera di interazione. Spesso l’interazione con un ambiente esternodinamico è centrale, specialmente nei sistemi biologici. Il principale indiziodella presenza di un comportamento collettivo è l’apparire di patterns ma-croscopici ordinati, di configurazioni particolari e persistenti del sistema suscala maggiore dell’estensione dei singoli individui. Questa è una condizionenecessaria, ma non sufficiente, in quanto ci sono casi in cui è sufficiente il teo-rema del Limite Centrale per spiegare fenomeni ordinati e apparentementecoordinati [35, 36].

Auto-organizzazione I principi base dell’auto-organizzazione, condizione primaria del compor-tamento collettivo emergente, possono essere individuati in feedback positivie negativi, in meccanismi di amplificazione di fluttuazioni casuali, di inibi-zione, catalizzazione, risposta a soglia, ridondanza e sincronizzazione [35].Tutta la ricerca che in questi decenni è andata sotto il nome di complessitàha insegnato che meccanismi di questo genere possono prodursi a partire daelementi legati tra loro da semplici regole, per lo più di natura non linea-re. Ha insegnato come normalmente ci sia un parametro critico, interno oesterno al sistema, il cui valore permette la presenza o meno di uno statoordinato, l’emersione quindi di un comportamento collettivo: la teoria delletransizioni di fase e dei fenomeni critici è una delle maggiori conquiste dellaFisica moderna e sta dimostrando di essere applicabile con successo a tutti ifenomeni che mostrino auto-organizzazione.

Particolarità deisistemi biologici

Nel caso di sistemi biologici, però, non si può prescindere dall’evoluzionee dalla selezione naturale dovute ad un’interazione continua e profonda conl’ambiente, per cui devono essere considerati anche meccanismi di massimiz-zazione della sopravvivenza e minimizzazione dei rischi, sia per gli individui,sia per l’intero gruppo. In un’ottica evolutiva l’aggregazione nel mondo bio-logico porta all’emersione di nuove funzioni che il gruppo riesce ad espletaremolto meglio del singolo individuo o che sono addirittura fuori dalla portatadi quest’ultimo. Esempi sono l’abilità di costruire un formicaio, di regolare

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termicamente un alveare, di procacciarsi il cibo, di difendersi dai predatori,di aumentare l’efficacia delle scelte in un processo decisionale complesso [35].

Evoluzione eselezionenaturale

Tutto ciò può far pensare che la selezione naturale abbia individuato nelcomportamento collettivo un efficace mezzo per sopravvivere meglio all’am-biente, ma spesso questa connessione non è affatto immediata. Ad esempiol’aggregarsi in certi casi aiuta a difendersi dai predatori, ma in altri li attira:si pensi ai banchi di pesci, un incubo per gli squali, ma una benedizione peri pescatori. Inoltre i singoli animali sono molto più complessi di qualsiasispin o molecola e nel comportamento collettivo le dinamiche sociali devo-no sempre confrontarsi con quelle individuali: ad esempio la ricerca di ciboall’interno di una mandria è più efficiente, ma in caso di risorse scarse ri-chiede la suddivisione tra tutti i suoi membri. Questo che potremmo definiredilemma dell’individualità [37] si può tradurre nella domanda: su che scalaagisce la selezione? Quali variabili determinano il punto oltre il quale il com-portamento collettivo si esplica in configurazioni realmente adattative e conquali modalità? Queste domande appaiono ancora più importanti alla lucedegli studi che hanno mostrato come l’auto-organizzazione sia un ingredientecentrale anche a livello genetico e di sviluppo dell’embrione [38].

Tra Fisica e BiologiaQueste peculiarità dei sistemi biologici rende a volte difficile il rapportotra la forma mentis propria della Fisica, fondamentalmente basata sul prin-cipio del rasoio di Occam1, e quella propria della Biologia, per cui è centralelo studio e la piena considerazione della bio-diversità. La combinazione deidue approcci, infatti, pone il problema di individuare anche la presenza edeventualmente la natura di una funzione adattativa delle configurazioni emer-genti, oltre che svelare i dettagli della connessione tra queste e le interazioniindividuali. La natura profondamente multidisciplinare del paradigma dellacomplessità richiede quindi una collaborazione continua e a tutti i livelli dellevarie professionalità di volta in volta coinvolte.

Nel seguito, senza alcuna pretesa di essere esaustivo o esauriente, pre-senterò e descriverò una parte degli studi sulla grande varietà di fenomenibiologici che a buon titolo rientrano nella categoria comportamento collettivo,

1A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta, Williamof Ockham.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

sia dal punto di vista biologico e sperimentale (Sezione 1.1), che da quellomatematico e computazionale (Sezione 1.2). In tal modo sarà chiaro il con-testo in cui si inquadra la ricerca del progetto Starflag e il suo apportoinedito e prezioso alle conoscenze che stanno maturando nell’ambito di studioappena tratteggiato.

1.1 Sistemi biologici

In alcuni casi le manifestazioni del comportamento collettivo sono spet-tacolari, altre volte sono invisibili, ma fondamentali per la stessa esistenzadella vita. Ne presento alcune, particolarmente importanti perché alla basedelle prime riflessioni sul problema o semplicemente spettacolari e/o curiose.

Colonie di formiche

Una delle prime evidenze della presenza di meccanismi di auto-organizza-zione nel mondo biologico si è avuta studiando le formiche2 e il loro sistema

Lunepithema humile Code di turisti

2Si sta parlando della famiglia delle Formicidae, a cui appartengono più di 12000 speciecomponenti il 10% dell’intera biomassa animale e il 50% di quella degli insetti.

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

di comunicazione e coordinamento basato su tracce chimiche di feromone3.Meccanismo chimicoIn molte specie le formiche operaie (foragers) rilasciano durante il loro

cammino una sostanza volatile rilevabile dalle altre, con cui riescono a trac-ciare una pista invisibile dal formicaio alle risorse di cibo. Essendo volatile,la persistenza della pista dipende dalla frequenza del suo utilizzo da partedelle formiche, che la rafforzano seguendola. Questo è un tipico esempio difeedback positivo, unitamente ad un meccanismo di inibizione (la volatilitàdel feromone). La possibilità che si instauri un procacciamento stabile di cibobasato sulle tracce di feromone dipende fortemente dal numero di operaie im-pegnate in questo compito, o in altre parole dalla dimensione del formicaio:vari esperimenti hanno dimostrato che il passaggio da una ricerca individua-le e casuale ad una basata sulle tracce chimiche ha le stesse caratteristichedelle transizioni di fase del primo ordine, confermate anche da simulazioniapposite [39].

Alveare di api Traffico a Los Angeles

3In generale prende il nome di stigmergia il metodo di comunicazione tra elementi diun sistema decentralizzato basato sulla modifica dell’ambiente circostante.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

Storicamente lo studio delle società di insetti è considerato alla base delparadigma dell’auto-organizzazione, perché inizialmente le incredibili capa-cità del formicaio o dell’alveare nel risolvere problemi molto al di là dellecapacità della singola formica o ape apparivano incomprensibili senza ap-pellarsi a improbabili capacità percettive e comunicative della regina. Poi,attraverso osservazioni, modelli e soprattutto un cambio di paradigma inter-pretativo, è stata individuata tutta una serie di abilità e comportamenti conalla base meccanismi auto-organizzativi.

Due esperimentiesemplificativi

Ad esempio la presenza di fenomeni di biforcazione e di rottura spontaneadi una simmetria: in un classico esperimento si costruiscono due vie identichema alternative tra il formicaio e una risorsa di cibo e si scopre che, superato uncerto numero di operaie, l’utilizzo prima simmetrico di esse viene a mancarein favore di un solo cammino (cfr. Figura 1.1a). Vi è cioè un meccanismodi amplificazione delle fluttuazioni iniziali, che implica l’azione di interazioninon lineari. Da notare che se le due vie sono diverse, per esempio una piùlunga dell’altra, la deposizione del feromone fa sì che sia più concentratolungo la via più breve e che quindi a regime sia sempre questa la più usatadalle operaie [40, 41].

(a) Selezione spontanea di un percorso verso il ciboattraverso un ponte a diamante da parte di Lasiusniger.

(b) Gocce di Lunepithema hu-mile cadono non appena rag-giungono una taglia critica.

Figura 1.1 Esempi di configurazioni auto-organizzate nelle colonie di formiche [42].

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

È interessante anche un altro esperimento che dimostra come sia impor-tante nei sistemi biologici un buon bilanciamento tra comportamento socialee individuale, quest’ultimo modellizzabile in qualche caso come rumore sta-tistico. Introducendo una risorsa di cibo nei pressi di un formicaio, dopoqualche tempo una formica scout la individuerà e, nel caso ci siano abba-stanza operaie, si formerà una traccia persistente e un flusso stabile di cibo.Introducendo ora una nuova risorsa più energetica, la possibilità che il formi-caio la scopra e la sfrutti dipende dall’accuratezza delle formiche nel seguirela vecchia traccia: solo se le caratteristiche comportamentali individuali sonoabbastanza forti le operaie sono in grado di stabilire una nuova traccia versola nuova risorsa, abbandonando la vecchia [42].

I formicai comeparadigma dell’auto-organizzazione animale

Da quando il meccanismo delle tracce chimiche è stato scoperto, si è di-mostrato che è alla base di numerose abilità delle formiche: raccolta di cibo,ottimizzazione dei percorsi anche sulla scala dei chilometri [43], strategie dicombattimento [44], costruzione di formicai sotterranei [45]. Appare ora chia-ro del perché quello degli insetti sia un esempio paradigmatico: a fronte diinterazioni non lineari locali dirette (contatto e sfregamento) e indirette (de-posito di feromone), grazie a meccanismi di feedback positivo (rafforzamentodella traccia) e negativo (volatilità del feromone), si produce un qualche tipodi transizione di fase dipendente dalle dimensioni del formicaio, da cui emer-gono abilità collettive che amplificano enormemente le capacità dei singoliinsetti.

Sciami di locuste

Le locuste sono insetti molto particolari il cui comportamento collettivoè purtroppo tristemente famoso: per lunghi periodi della propria vita sonoinsetti solitari, che tendono a mantenere territori separati l’uno dall’altro, main vari momenti attraversano fasi di aggregazione, formando sciami di miliardidi individui capaci di devastare completamente qualsiasi terreno attraversino,inclusi naturalmente quelli coltivati dall’uomo [46].

Qualche cifra sulledimensioni

Per avere un’idea dell’imponenza di questi sciami, le loro dimensioni pos-sono raggiungere i 1000 km2 con una densità media di ben 50 milioni di

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

Stormo di pipistrelli Sciame di locuste

locuste per km2, viaggianti a 10 ÷ 15 km/h per migliaia di km: tenendoconto che ogni insetto mangia l’equivalente del proprio peso al giorno, si staparlando di un consumo dello sciame pari a 200 milioni di kg al giorno!

Le dinamiche interne di questi sciami sembrano simili a quelle dei fluidie sono trattabili matematicamente in modo analogo, cioè mediante modellicontinui, grazie alle loro dimensioni e densità. Il principale problema è capirecome possa mantenersi la coesione dello sciame su dimensioni così grandirispetto a quelle del singolo insetto e i meccanismi che sono alla base dellatransizione alla fase di aggregazione [47, 48].

Banchi di pesci

Tra le innumerevoli specie di pesci molte presentano comportamenti diaggregazione4, che originano da interazioni diverse da quelle viste per le for-miche. Non si tratta ora di utilizzare l’ambiente come deposito del pro-prio segnale perché l’interazione è diretta, riassumibile nella terna di regolerepulsione-allineamento-attrazione, ognuna agente a scale differenti. La faseordinata è individuata dal grado di allineamento dei pesci e anche in questocaso sono stati forniti indizi della presenza di una transizione dal disordineall’ordine al variare della densità.

4Nel suo storico lavoro [49], Pitcher definisce i gruppi di pesci genericamente shoal,mentre riserva la parola school ai banchi in cui è presente un forte allineamento.

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

Breve storia deglistudi quantitativi

I primi tentativi di analisi quantitativa risalgono a metà degli anni ’70,con un lavoro di Graves in cui si presenta un setting sperimentale originaleper fotografare banchi di pesci nel loro ambiente naturale e stimarne densitàe distanza media di primo vicino [50].

Dal 1983, con [51] e [52] si inizia ad utilizzare la tecnica stereoscopica5 perricostruire le posizioni individuali dei pesci all’interno del banco, ottenendoneuna stima della densità, delle distanze reciproche, della distanza media diprimo vicino, della forma e delle proporzioni.

In [53] vengono utilizzate tecniche di videofotografia stereo e un algoritmodi tracking per ricostruire le velocità dei pesci ed individuare così l’emergenzadi una fase con fortes allineamento a partire dalle interazioni di primo vicinoin tre dimensioni, ma limitandosi a soli 8 pesci.

Figura 1.2 Qualche esempio suggestivo di banchi di pesci nella loro fase di aggregazione.

5La stessa usata nel progetto Starflag, cfr. Sezione 2.2.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

In [54] sono invece videoregistrati gruppi di Nile Pilatias (Oreochromisniloticus L.) di un centinaio di elementi, costretti però a muoversi in duedimensioni all’interno di una vasca opportunamente progettata. Su tempi didecine di secondi Becco et al. hanno tracciato le traiettorie dei singoli pesci esono stati in grado di portare a termine analisi sulla struttura e sulla dinamicadel banco in funzione della sua densità: distribuzione delle distanze di primovicino e grado di allineamento hanno mostrato indizi di una transizione difase disordine-ordine ad una densità critica di circa 500 pesci/m2.

Problematichesperimentali

Purtroppo fino ad ora conclusioni sperimentali quantitative sono pratica-mente assenti, a causa di grandi problemi metodologici non ancora del tuttorisolti: estrema ristrettezza della base statistica dovuta allo studio di non piùdi un centinaio di pesci, forti bias introdotti dalle dimensioni e forme dellevasche, limitazioni dovute alle tecniche di tracciamento dei pesci6 e da unanon sempre corretta gestione degli effetti di taglia finita.

Funzione adattativadell’aggregazione

Da un punto di vista etologico e biologico molto lavoro è stato fatto percomprendere la funzione adattativa delle varie caratteristiche della fase ordi-nata, tra cui la forma del banco, i profili interni di densità, le posizioni deipesci collegate alla loro grandezza o al grado di familiarità, ecc. Le due fun-zioni primarie sono senz’altro la protezione dai predatori e la ricerca di cibo,mentre i meccanismi di base individuati vanno nel primo caso dalla diluizio-ne del rischio all’effetto di confusione, dalla capacità di individuare prima

Mandria di bufali Formiche Matabele

6Questo è il principale motivo per cui esistono molte analisi bidimensionali e pochissimerealmente 3D.

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

il predatore al coordinamento di manovre di evasione, mentre nel secondocaso consistono in una maggiore velocità di trasferimento dell’informazionesulla distribuzione delle risorse di cibo (per un’ampia lista di referenze, cfr.[55, 56]).

I banchi di pesci sono anche alla base di moltissimi modelli, poi efficace-mente adattati anche ad altre specie animali come gli uccelli: le interazionidirette a corto raggio descritte prima sono facilmente implementabili in algo-ritmi bottom-up che hanno dimostrato di poter riprodurre non solo la transi-zione alla fase ordinata, ma anche parte delle caratteristiche di quest’ultimariscontrate negli esperimenti ([55, 57], cfr. anche Sezione 1.2).

Stormi di uccelli

Nel caso degli uccelli, l’approccio sperimentale è ancora più problematicorispetto al caso dei pesci, dato che non è possibile ricorrere ad una situazionecontrollata in laboratorio ed è obbligatorio considerare tutte e tre le dimen-sioni spaziali [58]. A parte lavori pionieristici degli anni ’60 [59, 60], in [61] viè la prima ricostruzione delle posizioni degli uccelli, limitata a 70 individui involo dalle campagne ai dormitori, seguita da quella delle traiettorie completedi poco più di 16 individui in [62].

Cronica mancanza didati sperimentali

È evidente come qualsiasi analisi su una base di dati così ristretta non pos-sa che portare a risultati solo qualitativi, con il rischio di introdurre bias noncontrollabili7. Il problema primario di questa mancanza di dati sperimentalinello studio degli uccelli sta prevalentemente nelle tecniche di ricostruzionedelle posizioni che non possono essere chiaramente invasive e devono essereimplementate sul campo. Per questi motivi sono tecniche per lo più di tipoottico (stereoscopia, metodo ortogonale) che prevedono l’utilizzo di immaginisincrone del gruppo e che richiedono di risolvere esplicitamente il problemadel matching, cioè il riconoscimento dello stesso individuo in ogni immagine[58]. Prima del progetto Starflag, finalmente in grado di ricostruire mi-

7Si pensi al problema del bordo: in tre dimensioni trattare piccoli gruppi significaconsiderare per lo più individui sul bordo e quindi ottenere risultati pesantemente affettida problemi di taglia finita. Affronterò questo importante aspetto della questione nellaSezione 2.3 e nella Sezione 3.1.1.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

Figura 1.3 Esempi degli stormi più suggestivi visibili a Roma nel periodo invernale (fotodell’autore e della squadra Starflag).

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

gliaia di uccelli in volo all’interno di uno stormo [12], queste difficoltà hannoreso impossibile una comparazione adeguata tra modelli teorici, numerici edati sperimentali, perché il comportamento collettivo emerge all’aumentaredel numero di individui e limitarsi a piccoli gruppi spesso non permette distudiarne efficacemente le caratteristiche globali.

Punti di forza elimiti di Starflag

Ora il problema di avere dati empirici di stormi liberi in volo è statosostanzialmente risolto, anche se c’è da sottolineare che l’esperimento Star-

flag, così come finora è stato implementato e che vedremo in dettaglio nellaSezione 2.2, non si pone l’obiettivo di studiare eventuale presenza e caratte-ristiche di una transizione alla fase ordinata, ma solo le proprietà a regimedi quest’ultima, che discuterò ampiamente nei prossimi Capitoli.

Cellule e batteri

Alla base dei meccanismi genetici che regolano la vita delle cellule, chesiano vegetali, animali o batteriche, ci sono complesse interazioni non lineari,con effetti di autocatalisi, inibizione, ecc. che sono in grado di produrreil massimo dell’ordine a grande scala conosciuto: la vita. Il paradigma delcomportamento collettivo è quindi perfettamente applicabile anche a livello diorganismo e non solo di gruppi di organismi e fino ad oggi è stato ampiamenteusato per tentare di spiegare la formazione di pattern colorati sui mantelli dimolte specie animali e lo sviluppo embrionale degli organi [38], la formazione,la crescita e la migrazione di colonie batteriche [9, 63] e di cellule tissutali[64], la gestione dell’informazione da parte delle reti neurali [65] e molto altro.

Ad esempio in [64], mediante tecniche di videomicroscopia è stata seguitala dinamica di una coltura di cheratociti, le cellule che costituiscono l’epider-mide esterna dei pesci, che hanno mostrato l’emergere di una fase ordinatacon forte allineamento al crescere della loro densità, esattamente come i pescio gli uccelli, in accordo con semplici modelli numerici basati esclusivamentesu interazioni di primo vicino di repulsione e attrazione.

Lo studio delle colonie batteriche è ritenuto importante perché si trat-ta del sistema biologico più semplice che si conosca, quindi il più vicino aimodelli numerici e teorici sviluppati per svelare i meccanismi profondi del-

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

l’emergere di configurazioni auto-organizzate. Ad esempio colture batterichehanno mostrato moti collettivi a disco o ad anello e migrazioni coordinate, inparte riproducibili con modelli minimi basati su semplici interazioni a cortoraggio [9, 63].

Dinamiche di folla

A volte si dice che l’intelligenza di una folla di persone è inversamenteproporzionale al numero di cervelli che la compongono. Questa massima de-riva dall’osservazione che spesso le dinamiche interne di una folla appaionoirrazionali se viste dall’esterno, tanto da produrre veri e propri disastri nellesituazioni di pericolo, vero o presunto, che scatenano il panico. Si pensi adincendi in edifici chiusi, ma anche a concerti di star famose o all’aperturadella stagione dei saldi in alcuni grandi magazzini. Questi fenomeni sono inaumento con il crescere delle dimensioni di eventi che attirano grandi masse,ma è solo da poco più di un decennio che si stanno studiando e sviluppan-do teorie quantitative e modelli delle dinamiche di folla ([11], discuterò unsemplice modello nella Sezione 1.2).

Simulazioni di questo tipo (cfr. anche [66]) hanno permesso di miglio-rare la comprensione di questi fenomeni e individuare tutti quegli elementi,

Folla a Longchamp, Parigi Sciame di batteri M. Xanthus

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1.1. SISTEMI BIOLOGICI

architettonici e psicologici, che contribuiscono a rallentare o a rendere piùpericolosa la fuga in situazioni di panico: ad esempio uscite strette o al-largamenti prima delle uscite ostacolano il deflusso, che invece è facilitatodalla presenza di colonne poste asimmetricamente di fronte alla uscite chespezzano gli ingorghi. Inoltre sono risultati utili nello studio anche di altreformazioni, come il traffico automobilistico [67, 68] o le ola negli stadi [16].

Applausi a teatro

Studiando le dinamiche ritmiche degli applausi della folla in teatro, Ne-da et al. hanno scoperto che seguono sempre delle configurazioni fisse: unaprima fase di applauso molto forte, ma scoordinato, seguita da un coordina-mento del battito delle mani che produce però meno rumore, e quindi unanuova fase scoordinata più intensa [13, 14]. Questo effetto è stato spiega-to mediante l’uso di un classico risultato matematico riguardo gli oscillatoriaccoppiati [69] ed è emerso in una grande quantità di altri sistemi biologici,tutti assimilati dalla presenza di un qualche meccanismo di sincronizzazionetemporale: cellule del muscolo cardiaco, neuroni cerebrali, danze delle luccio-le, sistema nervoso centrale delle lamprede [70]. Modellando i vari elementidel sistema come oscillatori accoppiati è possibile predire sotto quali con-dizioni il gruppo può giungere o meno ad una sincronizzazione globale e inquesto caso quale sia il comportamento collettivo che ne conseguirebbe.

Api da miele Dune di sabbia

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

1.2 Modelli e simulazioni

Il principio di fondo del paradigma della complessità richiede da un latoche alla base di dinamiche e configurazioni macroscopiche ci siano interazionisemplici tra le parti che compongono il gruppo, e dall’altro che il meccanismodell’emergenza si inneschi quando il numero di individui diviene abbastanzagrande. Nel primo caso è utile un approccio bottom-up, regno delle simula-zioni numeriche, che permette di studiare in estremo dettaglio la dipendenzadelle caratteristiche macroscopiche dai parametri microscopici. Nel secondocaso possono essere applicati metodi analitici continui tipici delle teorie deifluidi, che permettono di inquadrare il fenomeno in una cornice matematicarigorosa.

Matematica delcomportamento

collettivo

In generale si possono individuare tre approcci alla base della vastissimaletteratura che affronta teoricamente il problema del comportamento col-lettivo: quello Lagrangiano (individual-based), quello Euleriano e quello amulti-agente [37, 58].

Approccio Lagrangiano

Nel primo caso si considerano individualmente gli agenti componenti ilgruppo e si fissano le loro equazioni del moto sulla base delle interazioni localiipotizzate, ispirate alle forze sociali che si suppongono in gioco. È così possi-bile seguire con estremo dettaglio la dinamica del gruppo, ma da un punto divista analitico è praticamente impossibile risolvere tali sistemi di equazioniaccoppiate per interazioni non banali: per questo vengono studiati utiliz-zando tecniche di approssimazione oppure mediante simulazioni numericheesplicite [37].

Storicamente i primi modelli sono stati ispirati dai banchi di pesci e daglistormi di uccelli [71] e successivamente applicati a numerosi altri sistemibiologici, dalle colture di cellule alle mandrie di mammiferi (cfr. [58] per unabibliografia estesa). L’obiettivo fondamentale delle simulazioni è ottenereconfigurazioni coese e allineate degli agenti8 a partire da valori particolari

8Efficacemente chiamati boids (contrazione di bird-oid objects) da Reynolds nel suostorico lavoro [71].

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1.2. MODELLI E SIMULAZIONI

dei parametri fissati a priori e studiarne le caratteristiche e la stabilità alvariare di questi ultimi. Naturalmente la forma funzionale delle equazioniindividuali del moto può essere qualsiasi, ma sulla base delle proprietà dellespecie biologiche si considerano generalmente solo tre contributi che derivanoda altrettante regole di comportamento.

1. Rimani vicino ai tuoi simili : forza di attrazione reciproca, in modo taleche possa esserci coesione.

2. Evita le collisioni : forza di repulsione da contatto, per assicurare l’in-tegrità individuale.

3. Imita i tuoi vicini : tendenza all’allineamento delle velocità, general-mente in base a quelle dei primi vicini, per ottenere configurazionipolarizzate.

Matematicamente si tiene conto di queste regole mediante forze che in-tervengono nell’equazione del moto:

~di(t+ 1) =1

nin

nin∑j=1

[wj ~dj(t) + fij

~rij(t)

|~rij(t)|

]+ ~ηi(t) . (1.1)

Operativamente si tratta di un’equazione che definisce l’aggiornamentodel vettore direzione ~d di ogni agente ad ogni tempo e dipende solo dallaposizione e dallo stato dinamico dei primi nin vicini (eventualmente pesandoogni contributo con wj). Il primo termine nella sommatoria indica la ten-denza all’allineamento, il secondo contiene le forze di repulsione e attrazione(~rij(t) indica la distanza orientata tra una coppia di agenti) e ~ηi(t) è un rumo-re statistico sia in angolo che in modulo che contrasta il perfetto allineamentodelle velocità [58].

La maggior parte dei modelli presenti in letteratura parte da questo tipo diequazione, differenziandosi l’uno dall’altro rispetto alla determinazione delledistanze su cui agiscono i vari contributi. In Figura 1.4 nella pagina successivasono riportati schematicamente tre esempi, uno estremamente semplice egli altri due basati su proprietà sperimentalmente determinate degli organisensori dei pesci o degli uccelli.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

(a) (b) (c)

Figura 1.4 Possibili definizioni delle regioni di interazione in un modello repulsione(giallo) – allineamento (verde) – attrazione (azzurro). a) Modello di base, l’interazione hasimmetria sferica [58]. b) Viene preso in considerazione un campo visivo più realistico conun angolo cieco posteriore [53]. c) Nei pesci gli organi principalmente responsabili dell’al-lineamento solo le linee laterali, vi è un angolo cieco posteriore e una zona di esclusioneprevalentemente frontale [56].

Modello di Vicsek Al di là dei dettagli che si possono introdurre per aumentare la verosimi-glianza dei modelli, le simulazioni fatte dimostrano che questo tipo di rego-le producono effettivamente una transizione da una fase disordinata (bassoallineamento) ad una ordinata (alto allineamento), almeno per una sceltaappropriata dei parametri. Si tratta della prova esplicita dell’esistenza di unmeccanismo di auto-organizzazione e da un punto di vista teorico è impor-tante individuare l’insieme di regole minimo che produce una transizione diquesto genere. A questo proposito riveste un’importanza notevole il model-lo di Vicsek [72], che definisce una vera e propria classe di universalità perquesto tipo di transizione, anche se originariamente era stata classificata co-me continua, mentre successivamente è stato dimostrato essere discontinua,almeno nel limite di grandi volumi [73, 74]. L’obiettivo primario di Vicseke colleghi [72] è quello di mostrare come un sistema di particelle puntifor-mi in moto casuale in un spazio bidimensionale possa transire da uno statodisordinato (velocità del centro di massa nulla) ad uno stato di trasportonetto (velocità media diversa da zero) con la sola interazione locale del tipo(2), cioè la tendenza ad allinearsi ai primi vicini. Oltre a non considerareeventuali forze di attrazione-repulsione, l’assunto importante è la costanza

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1.2. MODELLI E SIMULAZIONI

in modulo delle velocità individuali, che posseggono solo il grado di libertàangolare. Questa ipotesi caratterizza una classe molto vasta di modelli cheva sotto il nome di self-propelled particles (SPP).

Il modello di Vicsek, in due dimensioni, si basa sulle seguenti equazionidel moto:

~xi(t+ 1) = ~xi(t) + ~vi(t)∆t

ϑi(t+ 1) = 〈ϑi(t)〉r + ∆ϑ ,(1.2)

in cui ~xi(t) indica la posizione della particella i-esima al tempo t, ϑi(t) larelativa direzione della velocità (il cui modulo è una costante pari a v0), 〈 · 〉rla direzione media delle particelle incluse in una sfera di raggio r centrata in~xi e ∆ϑ ∈ [−η/2, η/2] un numero random con distribuzione uniforme.

Questo semplicissimo modello rende evidente la corrispondenza tra unsistema ferromagnetico all’equilibrio e un sistema dinamico fuori dall’equili-brio, con l’identificazione delle velocità con gli spin e del rumore angolare conla temperatura9. I parametri liberi del sistema sono v, % = N

L2 e η: fissandoil primo ci aspettiamo che il comportamento collettivo sia determinato dalvariare del valore degli ultimi due. Sappiamo che in due dimensioni per unsistema all’equilibrio non ci può essere transizione di fase per il teorema diMerming-Wagner [75]. Essendo però fuori dall’equilibrio, possiamo aspet-tarci comunque una transizione allo stato ordinato per il modello di Vicsek,con una rottura della simmetria rotazionale continua. È proprio quello cheavviene, per grandi valori della densità e piccoli valori del rumore [72].

Per studiare la transizione è necessario introdurre un parametro d’ordine,la polarizzazione:

ϕ =1

Nv0

N∑i=1

~vi ,

e studiarne il valore al variare di % e η, in quanto è una quantità nulla per ve-locità uniformemente distribuite e tende all’unità per velocità allineate nellastessa direzione. D’ora in poi userò indifferentemente i termini allineamentoe polarizzazione.

9Nel limite di v0 → 0 il modello di Vicsek si riduce infatti al modello XY.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

Starflag e latransizione

È doveroso sottolineare che nella maggior parte dei modelli ad interessareè proprio la transizione, cioè il momento in cui emerge il comportamentocollettivo, più che le caratteristiche della fase ordinata in sé. Questa consi-derazione è molto importante nell’ambito del progetto Starflag, perché ilsuo obiettivo non è la transizione disordine-ordine, che per altro non è ancorastata osservata chiaramente negli uccelli studiati, ma l’analisi della fase or-dinata, cioè le proprietà di gruppi di uccelli già formati. Questo ha in parteportato alla curiosa situazione per la quale a fronte di centinaia di lavori suimodelli che fino a pochi anni fa lamentavano la mancanza di dati sperimenta-li di riferimento, ora si possono portare avanti analisi approfondite della faseordinata senza un vero e chiaro confronto con gli stormi simulati. Semprenell’ambito Starflag, però, questa lacuna si sta rapidamente colmando.

Modellizzare ilcomportamento umano

Sul prototipo del modello di Vicsek se ne sono ideati e studiati moltissi-mi, variando in mille modi la forma funzionale dell’interazione per renderlabiologicamente più vicina possibile alla particolare specie in esame, anche nelcaso dell’uomo. In generale può sembrare impossibile modellizzare il com-portamento umano, a causa del quasi monopolio del libero arbitrio che ciattribuiamo, ma studiando la letteratura socio-psicologica e mediante osser-vazioni sul campo, Helbing et al. individuano in [11] nove contrassegni delcomportamento indotto dal panico:

1. le persone tendono a muoversi più rapidamente del normale;

2. tendono a spingersi e le interazioni individuali assumono una naturaprevalentemente di contatto fisico;

3. l’attraversamento di strettoie non è coordinato;

4. alle uscite si formano code o archi;

5. si formano ingorghi;

6. nei contatti fisici si possono produrre pressioni elevate tra gli individui,anche pericolose;

7. la fuga è rallentata dalla presenza di persone ferite o cadute a terra;

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1.2. MODELLI E SIMULAZIONI

8. le persone hanno la tendenza a seguire la massa e imitare i loro vicini;

9. eventuali uscite alternative sono bloccate o comunque utilizzate pocoefficacemente.

Avendo così ridotto il comportamento in tali situazioni di un essere umanoè possibile implementare un modello di self-driven particles, cioè un modellodi pedone che si muove in mezzo ad altri pedoni in balia di forze di attrazionee/o repulsione reciproche che ricordino le interazioni sociali appena elencate.Matematicamente ogni individuo obbedisce ad una legge di Newton del tipo:

mid~vidt

= miv0i (t)~ei(t)− ~vi(t)

τi+∑j 6=i

~fij +∑W

~fiW ,

in cui il primo termine indica la tendenza del pedone ad adattare la propriavelocità a quella desiderata v0

i (t), eventualmente nella direzione di quella deivicini (contributi in ~ei), il secondo contiene le forze inter-individuali, tra cuila tendenza a non stare troppo vicini e due forze di contatto, una legata allacompressione e l’altra allo sfregamento di due corpi, e infine il terzo contieneinterazioni con le pareti simili al secondo.

Mediante questo semplice modello, fissando valori ragionevoli e realisti-ci dei parametri, è possibile riprodurre numerosi fenomeni osservabili nelledinamiche di folla (cfr. Figura 1.5 nella pagina seguente).

• Il flusso attraverso le uscite rimane regolare fino a che la velocità de-siderata v0

i non supera una certa soglia, legata alla densità della folla:si formano archi di fronte alle uscite (colli di bottiglia) che rendonointermittente il flusso.

• Gli individui con le velocità istantanee maggiori di fatto si muovonopiù lentamente, a causa della natura intermittente dell’uso delle uscite.

• Comportamenti individualistici o di imitazione da soli possono esse-re entrambi controproducenti: nel primo caso la ricerca delle uscite ètotalmente casuale, nel secondo tutti si riversano su un’unica uscita.L’optimum si raggiunge con un bilanciamento delle due tendenze.

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CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

(a) Formazioni ad arco di fronte alle uscite,che producono un flusso intermittente.

(b) Anche l’allargamento dei corridoiprima di un’uscita produce pericoloseformazioni ad arco.

Figura 1.5 Esempi di comportamenti simulati della folla in preda al panico in un luogochiuso [11].

Approccio Euleriano

Dal punto di vista opposto si studiano modelli in cui si scrivono e si risol-vono equazioni alle derivate parziali per il campo di densità del sistema, dopoaver condotto un appropriato limite al continuo. Si ottengono così equazio-ni tipiche delle teorie idrodinamiche dei fluidi, nello spirito delle equazionidi Navier-Stokes, spesso ricavate euristicamente tenendo conto delle possibi-li interazioni attive a livello microscopico. Naturalmente ogni tentativo direndere il modello biologicamente più realistico porta ad un aumento delladifficoltà nella risoluzione delle equazioni, che spesso richiedono strumentiavanzati come il Gruppo di Rinormalizzazione o sono trattabili solo qualita-tivamente. Inoltre il passaggio al continuo è un’operazione delicata, perchéin sostanza richiede che il gruppo si sia già formato e che sia composto da unnumero abbastanza grande di individui, impedendo uno studio del sistemaal di sotto della scala sia spaziale che temporale del coarse-graining su cui sibasa. Si tratta di modelli comunque molto utili da un punto di vista cono-scitivo, anche perché la difficoltà di risolvere le equazioni richiede il massimodella semplificazione e quindi di cogliere gli elementi fondamentali e necessariper l’emergenza del comportamento collettivo.

Toner e Tu, una teoriaquantitativa del flocking

A metà degli anni ’90, ad esempio, Toner e Tu presentano in [76, 77]un’estesa trattazione della fase ordinata degli stormi, partendo da considera-

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Page 37: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

1.2. MODELLI E SIMULAZIONI

zioni sulle simmetrie di un modello simile a quello di Vicsek [72] e scrivendoin base ad esse un’equazione idrodinamica dell’aggregato, analizzata e risol-ta nell’ambito della teoria dello scaling e del Gruppo di RinormalizzazioneDinamico. A prescindere dall’imponente trattazione matematica utilizzata,le considerazioni sia preliminari che finali dei due autori sono illuminanti ri-guardo l’approccio Euleriano di cui stiamo parlando e interessanti nell’otticadell’analisi dei campi di velocità che mostrerò nel Capitolo 4.

Il sistema che si propongono di modellizzare è uno stormo isotropo, cioèun gruppo composto da un numeroN di individui in uno spazio di dimensioned generica che si muovono cercando di rimanere allineati ai propri primivicini. L’isotropia sta nel fatto che individualmente ogni agente non ha unadirezione di volo preferita, ogni direzione dello spazio è equivalente. La forzasociale di allineamento è contrastata da un rumore casuale, biologicamenteun errore che l’agente fa nello stimare la velocità altrui, esattamente comenel modello di Vicsek già descritto. La trattazione analitica di quest’ultimoa partire dalle equazioni individuali del moto 1.2 è proibitiva, ma è possibilenell’ambito di una descrizione idrodinamica dello stormo che si focalizzi sulsuo comportamento a grande scala, indipendente dai dettagli microscopici sequesti danno vita a sistemi appartenenti alla medesima classe di universalità.Il primo passo per giungere alle equazioni idrodinamiche è individuare lesimmetrie e le leggi di conservazione a cui lo stormo ubbidisce: innanzituttoabbiamo l’invarianza rotazionale, che restringe notevolmente il numero e iltipo di contributi all’equazione idrodinamica, poi abbiamo semplicemente laconservazione del numero di uccelli10.

È interessante notare come uno stormo non sia invariante sotto le tra-sformazioni di Galileo: essendo le velocità individuali le variabili dinamiche,una trasformazione arbitraria in un sistema di riferimento inerziale (un boost~vb) non lascia invariante la dinamica successiva dello stormo11. Conseguenzaimmediata di ciò è la non conservazione della quantità di moto e l’inadegua-

10Falchi permettendo...11Nel modello originario di Vicsek qualsiasi boost è impossibile, dato che i moduli delle

velocità sono costanti, ma quanto detto vale evidentemente anche nel caso di uccelli chepossano accelerare e rallentare.

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Page 38: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 1. COMPORTAMENTO COLLETTIVO

tezza in questo caso delle equazioni di Navier-Stokes per un fluido semplice,invariante galileano.

Individuate le simmetrie, le variabili idrodinamiche da considerare de-rivano da una procedura di coarse-graining, che come detto impedisce unacorretta descrizione del sistema a piccole scale: il campo di velocità ~v(~r, t) equello di densità %(~r, t) degli uccelli. I valori dei campi in ~r vanno intesi comemedia sugli elementi presenti nel volume identificato da ~r, abbastanza gran-de affinché questa media sia significativa, ma con un’estensione dell’ordinedi una qualche scala microscopica (come la distanza media di primo vicino).In realtà calcolare esplicitamente il coarse-graining necessario per ricavarele equazioni continue del sistema è estremamente difficile, quindi si scrive laforma più generale di equazione idrodinamica per ~v e % includendo solo i ter-mini (al primo ordine) che soddisfano le simmetrie e le leggi di conservazionesopra esposte.

Ottenute le equazioni e risolte sotto opportune condizioni nell’ambito diuna teoria di scaling, gli autori concludono che nella fase ordinata la rot-tura spontanea della simmetria rotazionale completa porta all’esistenza diun modo soft di Goldstone associato alle fluttuazioni nella direzione dellevelocità rispetto alla velocità globale. La lunghezza di correlazione di que-ste fluttuazioni angolari risulta quindi infinita, anche in due dimensioni dovenei sistemi all’equilibrio la rottura della simmetria è vietata dal teorema diMermin-Wagner. Questo a causa della presenza di termini non lineari nel-le equazioni idrodinamiche. Mostrano inoltre che vi è un mescolamento diquesti modi con quelli dovuti alla conservazione del numero di uccelli, il cheporta a modi acustici che fisicamente si presentano come grandi fluttuazionidi densità all’interno dello stormo. Tutto ciò appare molto interessante allaluce di quanto vedremo nel Capitolo 4, riguardo proprio lo studio dei campidi velocità biologici, considerando che nel loro studio Toner e Tu trattanoanche una variante anisotropa del modello in cui in d dimensioni esiste unpiano privilegiato del moto, giungendo a considerazioni simili al caso isotro-po. Questa variante sembra molto adatta agli stormi da noi studiati, chemostrano moti globali preferibilmente sui piani perpendicolari alla gravità.

Gli autori calcolano esplicitamente anche un gran numero di funzioni di

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1.2. MODELLI E SIMULAZIONI

correlazione, sia statiche che dinamiche, e indicano diversi modi per misurarlein esperimenti o in simulazioni; purtroppo richiedono anche delle condizioniperiodiche cilindriche al bordo, ammettendo la difficoltà di imporle ad unsistema biologico. In più il loro è un modello che tratta sostanzialmenteun fluido di particelle, tanto è vero che è stato usato per interpretare i datiderivanti da esperimenti su sospensioni di batteri, e quindi non è adeguato nelcaso di gruppi compatti come gli stormi. Ciononostante si tratta dell’unicostudio quantitativo che tratta alcune osservabili dinamiche che vedremo piùavanti, quindi va senz’altro tenuto a mente, benché con le dovute cautele.

Per concludere, più in generale l’approccio Euleriano ha portato ad inte-ressanti risultati soprattutto nell’ambito della propagazione dell’informazioneall’interno di uno sciame [48, 78].

Approccio a multi-agente

Accenno brevemente anche ad un terzo approccio che non considera equa-zioni esplicite per la dinamica microscopica, ma codifica quest’ultima median-te regole discrete tipiche del mondo degli automi cellulari. Da un punto divista visivo queste simulazioni appaiono molto attraenti, perché produconosulla base di regole estremamente semplici configurazioni macroscopiche an-che molto simili a quelle biologiche, ma non bisogna dimenticare che spessoinsiemi di regole diverse possono dar luogo alla medesima dinamica macro-scopica e che quest’ultima è simile a quella biologica solo visivamente. Inaltre parole è vero che comportamenti complessi possono emergere da rego-le semplici, ma non è detto che queste siano necessariamente alla base deisistemi biologici [37, 79].

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Capitolo 2Progetto Starflag

Volano gli uccelli volanonello spazio tra le nuvolecon le regole assegnatea questa parte di universo,al nostro sistema solare.

Gli uccelli, Franco Battiato

indice del capitolo2.1 Gli storni a Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 352.2 Base teorica e setting sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

Tecnica stereometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38Scatti in sequenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44Setting sperimentale finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

2.3 Ricostruzione tridimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48Prima fase: la segmentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49Seconda fase: il matching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53Terza fase: le coordinate tridimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57Quarta fase: identificazione del bordo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

2.4 Ricostruzione dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 612.5 Risultati storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

Il progetto Starflag, finanziato da un grant della Commissione Euro-pea nell’ambito del Sesto Programma Quadro dell’Unione Europea, ha comeobiettivo un inedito studio quantitativo del fenomeno del flocking : median-te un’avanzata attrezzatura e un setting originale studiato appositamente

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

nell’ambito del progetto, siamo in grado di ricavare con sufficiente precisio-ne le coordinate tridimensionali di ogni individuo all’interno di uno stormo,in modo da sottoporre quest’ultimo ad analisi che possano fornire informa-zioni sulla sua struttura, sulla sua dinamica e sul comportamento biologicosottostante. La fondamentale novità rispetto a passati tentativi analoghista nelle dimensioni degli stormi ricostruibili e analizzabili, dell’ordine dellemigliaia di individui, grazie alla tecnica stereoscopica: scattando fotografiesincrone da punti di osservazione differenti e applicando le cosiddette formu-le stereometriche è possibile ricostruire con un’ottima precisione le posizionitridimensionali degli uccelli in volo.

Obiettivi del progetto L’obiettivo generale del progetto è dare una caratterizzazione quantitativadel fenomeno del flocking e di comprendere i meccanismi microscopici che nesono responsabili. Schematicamente si può strutturare in 4 fasi.

• Esperimento di fotografia stereoscopica e raccolta di immagini digitaliad alta risoluzione di grandi stormi in volo.

• Manipolazione delle immagini stereoscopiche e ricostruzione delle coor-dinate e delle traiettorie di ogni individuo all’interno dello stormo me-diante algoritmi originali appositamente sviluppati.

• Analisi statistica dei dati tridimensionali così raccolti.

• Interpretazione biologica dei risultati.

Il mio contributo La mia partecipazione attiva al progetto si è svolta a più livelli:

Raccolta dei dati fotografici 4 mesi di esperimento sul campo durante laseconda stagione di presa dati con utilizzo, manutenzione, calibrazionee ottimizzazione dell’intero apparato sperimentale;

Produzione delle ricostruzioni tridimensionali Utilizzo del software pre-cedentemente sviluppato per ottenere i dati tridimensionali e i campidi velocità dai dati fotografici;

Analisi statistica dei dati Studio delle proprietà statistiche degli stormi,con particolare riguardo alle fluttuazioni di densità interna e alle cor-relazioni dei campi di velocità.

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2.1. GLI STORNI A ROMA

Nel seguito di questo Capitolo descriverò in maniera esauriente l’apparatosperimentale (Sezione 2.2) e gli algoritmi usati per ottenere coordinate etraiettorie degli uccelli a partire dalle immagini stereoscopiche (Sezione 2.3 e2.4) e presenterò brevemente i risultati delle prime analisi precedenti al mioingresso nel progetto (Sezione 2.5).

I due Capitoli successivi saranno invece dedicati alle analisi a cui mi sonodedicato personalmente, sia sulla struttura che sui campi di velocità deglistormi ricostruiti.

2.1 Gli storni a RomaMorfologia edabitudinialimentari

Lo storno è un uccello dell’ordine dei passeriformi, lungo 20÷ 23 cm conpeso variabile tra i 36 g e i 112 g.

Il piumaggio presenta differenze stagionali, nero con macchie chiare ininverno, con riflessi violacei-verdi d’estate, mentre non è presente una evi-dente differenziazione morfologica tra i sessi. Si ciba prevalentemente a ter-ra, seguendo una dieta onnivora e stagionale in risposta alla disponibilitàcontingente di cibo.

Distribuzione geograficaÈ originario dell’Eurasia e dell’Africa settentrionale, ma è stato porta-to dall’uomo anche in Nord America e Australia. Oggi è diffuso in quasi il30% delle terre emerse, con una popolazione stimata in circa 600 milioni diesemplari, di cui circa 140 milioni negli Stati Uniti [80], dove viene consi-derato l’uccello più abbondante. Attualmente in Europa si assiste ad unadiminuzione delle popolazioni nei Paesi del nord (Germania, Regno Unito,Paesi Scandinavi), anche superiore al 50%, a causa dell’intensificarsi dell’at-tività agricola, mentre nei Paesi mediterranei (Francia, Spagna, Italia) è inaumento, per fattori ancora non del tutto noti.

Lo storno in ItaliaNel nostro Paese la situazione è particolarmente complessa, perché lostorno è un uccello che non può essere definito né migratore, né stanziale: inItalia mostra un comportamento migratorio specifico a seconda dell’area diorigine. Nelle regioni del Nord al di fuori del periodo riproduttivo le colo-nie tendono a spostarsi completamente, raggiungendo anche il Nord Africa,mentre quelle nate nelle regioni del Centro sono più sedentarie. Quelle delle

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

regioni nord-orientali mostrano anche un comportamento intermedio ([81],cfr. Figura 2.1 nella pagina successiva).

Periodi migratori I primi storni provenienti dall’estero raggiungono l’Italia a metà agosto,ma la migrazione vera e propria, che interessa alcune decine di milioni di in-dividui, si verifica dalla fine di settembre alla prima decade di novembre, conculmine tra la seconda metà di ottobre e l’inizio di novembre. La migrazionepre-riproduttiva di ritorno, invece, va da metà febbraio a fine marzo – primidi aprile.

Comportamentocittadino

Abitualmente lo storno passa la giornata nei parchi o nelle campagne cir-costanti le città, per poi spostarsi nelle zone centrali poco prima del calar delSole, dove predilige gli alberi e le facciate di edifici e monumenti per passarela notte. Negli ultimi decenni questi dormitori sono in aumento, in quantoquesti passeriformi hanno imparato a sfruttare alcune condizioni favorevoliche trovano in città: l’effetto isola di calore e l’assenza di molti predatori, siaalati che terrestri, non ultimo l’uomo che negli ambienti urbani non può cac-ciare. Inoltre la sistematica distruzione delle zone umide circostanti i centriurbani, luoghi prediletti originariamente dagli storni, ha sicuramente favoritolo spostamento dei dormitori in città.

Roma e gli storni Tra le città italiane, Roma è sicuramente quella dove oggi è più elevatala presenza di storni svernanti. A partire dall’inverno 1925-26 lo storno hacominciato a frequentare la città, localizzando sugli alberi di alcune zone cit-tadine i propri dormitori notturni, definiti siti di roosting (cortile di PalazzoVenezia, Villa Torlonia, piazza Cavour). Nel 1970 erano presenti a Villa Ada,Villa Pamphili, via XX Settembre, viale Trastevere e lungo via Appia Nuo-va. Nei primi anni ’80 gli storni hanno formato dormitori anche sui platanipresenti lungo la riva destra del Tevere, tra ponte Matteotti e ponte S. An-gelo. È nei pressi di questi luoghi che nei minuti prima del tramonto dannovita alle loro spettacolari danze, raggruppandosi in stormi capaci di rapidivolteggi, plastici cambiamenti della forma, veri e propri combattimenti con ifalchi pellegrini, loro predatori naturali.

Nel corso degli anni il numero degli storni svernanti a Roma è andatoprogressivamente aumentando fino ad arrivare all’attuale consistenza nume-rica che tocca anche punte di circa 5 milioni di individui.

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2.1. GLI STORNI A ROMA

Figura 2.1 Distribuzione aggiornata al 1993 dei siti di nidificazioni degli storni in Italia[82] e alcune varietà di Sturnus vulgaris.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

2.2 Base teorica e setting sperimentale

L’importanza dei dati prodotti dal progetto Starflag sta nel numero diuccelli componenti gli stormi, alcune migliaia, e il fatto che essi siano animaliliberi, per nulla influenzati dall’esperimento stesso. Queste due caratteristi-che, che sono senz’altro i principali punti di forza del progetto, sono statein un certo senso una conseguenza della scelta della specie da studiare (nonè possibile ottenere stormi di storni in una situazione controllata come unlaboratorio) e hanno suggerito la tecnica di ricostruzione da utilizzare: sitratta della stereometria [83], i cui limiti sulle distanze sono legati soltantoalla risoluzione ottica a disposizione e alla precisione con cui si determinanogli angoli in gioco.

Tecnica stereometrica

La stereometria è alla base della visione binoculare: lo stesso oggetto vi-sto da due posizioni differenti presenta uno spostamento relativo all’internodel campo visivo bidimensionale ed è proprio lo studio di questo shift stereo-scopico che permette di ricavare la distanza dell’oggetto dall’osservatore.

Piani focali paralleli In Figura 2.2 a fronte è riportato lo schema più semplice, in cui due mac-chine distanti d (linea di base, o baseline) l’una dall’altra hanno i piani focaliperfettamente allineati: lo stesso oggetto appare in due diverse posizioni nelledue CCD, a distanza uSX e uDX dal centro del rispettivo frame lungo la lineadi base. La differenza s = uDX − uSX è lo shift relativo, legato alla distanzadell’oggetto z, alla linea di base d e alla lunghezza focale Ω dalla semplicerelazione

s = uSX − uDX =Ωd

z. (2.1)

Dato che Ω è fissato dall’ottica delle macchine e che s, misurato in uni-tà discrete, ha un limite inferiore di 1 pixel, l’Equazione 2.1 mostra comesia il valore di d a determinare la massima distanza ricavabile da un’anali-si stereometrica. Per quantificare quanto detto, studiamo uno spostamentodell’oggetto di ∆z = z2 − z1, che si traduce in una variazione di ∆s dello

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2.2. BASE TEORICA E SETTING SPERIMENTALE

Figura 2.2 Apparato stereoscopico elementare: i piani focali di fotocamere identichesono paralleli. Le quantità uDX e uSX rappresentano le posizioni dell’uccello sul pianodel sensore rispetto al centro. La differenza tra queste due posizioni definisce lo shiftstereoscopico, connesso alla distanza dell’oggetto tramite la lunghezza focale Ω e la distanzatra le fotocamere d mediante l’Equazione 2.1 a fronte.

shift, rilevabile solo se > 1 pixel. Differenziando l’Equazione 2.1 si ottiene

∆z =z2

Ωd∆s ,

che invertita fornisce∆s = Ωd

∆z

z2> 1 .

Si ottiene così la condizione su d cercata:

d >z2

Ω∆z. (2.2)

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

Esempi numerici Forniamo qualche valore di riferimento: utilizzando ottiche da 35 mm,quindi Ω = 4273 pixel, volendo risolvere un uccello a distanza di 150 m conuna sensibilità minima di ∆z = 0.5 m, dobbiamo avere d > 10 m. Per z =

200 m, abbiamo bisogno di d > 20 m, ecc. Notiamo che l’incertezza su z quiindicata appare piuttosto grande considerando che è pari all’apertura alaredegli storni, ma sottolineamo che si tratta di un errore sulla distanza assoluta,come vedremo molto maggiore rispetto a quello sulla distanza relativa. Non èpoi possibile aumentare a piacere la linea di base rimanendo nella geometriasemplice mostrata in Figura 2.2 nella pagina precedente, dato che più lemacchine sono lontane tra loro, minore è l’area di sovrapposizione dei dueframe, quindi più piccola è la regione in cui si deve trovare interamentecontenuto lo stormo osservato. Per linee di base maggiori, quindi, è necessarioabbandonare l’allineamento dei piani focali e far convergere i campi visividelle macchine.

Convergenza deipiani focali

In presenza di un angolo di convergenza α, all’Equazione 2.1 si aggiungeun contributo in prima approssimazione ad esso proporzionale:

s =Ωd

z− Ωα . (2.3)

La precisione sulle distanze z dipende anche dall’errore di allineamento:

∆z =z2

Ωd∆s− z2

d∆α = ∆zALL −

z2

d∆α .

Otteniamo quindi che imponendo un errore sulla distanza dell’1%, ∆z =

1 m su z = 100 m, abbiamo bisogno di una precisione di 0.002 rad sulladeterminazione di α. Per lo 0.03% (1 m su 300 m circa) di ∆α = 0.0006 rad,ecc.

Contributi agli errorisulle distanze assolute

Gli errori associati alla determinazione della linea di base d e dell’an-golo di convergenza α si riflettono quindi sulle distanze assolute e la loroimportanza aumenta con z: tenendo conto del fatto che gli stormi si trova-no tipicamente tra i 100 m e i 300 m e che hanno estensione in z di decinedi metri, possono influenzarne negativamente la stessa morfologia. È quin-di importante scegliere una linea di base grande, che come mostrato appare

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2.2. BASE TEORICA E SETTING SPERIMENTALE

sempre al denominatore nelle espressioni dell’errore in z, anche se questo por-ta naturalmente a tutta una serie di problemi pratici, primo fra tutti quellodell’allineamento.

Linea di base e laserLa determinazione del valore di d viene fatta mediante un distanziome-tro laser professionale con precisione al millimetro, prima dell’allineamentofinale. Questo introduce un piccolo errore ulteriore, in quanto il vettore checonnette le due macchine si modifica da ~d = (d, 0, 0) a ~d′ = (d, 0, dα/2), main questo modo i due moduli differiscono di un termine al second’ordine inα, che viene ignorato.

Tecniche di allineamentoIl setting sperimentale adottato prevede una linea di base di d = 25 m eun angolo di convergenza di α = 0.22 rad, buon compromesso tra il massimoerrore in z accettato ad una distanza di z ∼ 100 m e una sufficiente sovrap-posizione tra i frame di tutte le macchine. È importante sottolineare chemolti degli studi che in passato hanno avuto i nostri stessi scopi hanno uti-lizzato una linea di base tra i 2 m e i 5 m, corrispondente ad una risoluzionesulle distanze che va dai 2.3 m ai 4.6 m, decisamente insoddisfacente nel casodegli storni in esame, i quali possono trovarsi a distanze relative dell’ordinedi 0.3÷ 0.5 m gli uni dagli altri.

Tutto l’apparato viene montato all’inizio di ogni sessione sul tetto di unedificio pubblico e questo richiede che ogni operazione, prima fra tutte quelladell’allineamento delle macchine, sia semplice, rapida e flessibile.

Angolo di con-vergenza e filo

Ogni macchina fotografica è fissata ad una barra rigida in lega di allumi-nio di lunghezza L. Il fissaggio avviene facendo aderire con cura il dorso dellascocca sul fondo della barra stessa. Le tre barre sono montate su altrettanticavalletti a tre piedi. La determinazione di α è affidata ad una comune lenzada pesca di diametro a = 0.25 mm, connessa agli estremi esterni delle barre,come mostrato in Figura 2.3 nella pagina successiva. Una volta tesa, si mo-difica l’inclinazione delle barre in modo che passi in un punto predeterminatodei loro estremi interni, indicato da due tacche su di un calibro millimetrico.Quantitativamente, chiamando H l’altezza alla quale passa il filo sul calibro,si ricava l’angolo α di convergenza relativo delle barre:

α =2H

L. (2.4)

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

Figura 2.3 Metodo per l’allineamento. Le macchine fotografiche sono montate su barrerigide, collegate l’una all’altra da un sottile filo da pesca. Il filo passa attraverso un calibroortogonale montato all’estremo interno di ciascuna barra. Questo garantisce un erroresull’angolo di convergenza sufficientemente piccolo, ∆α = 0.0004 rad su un α = 0.22 radche con d = 25 m permette ad uccelli a 100 m dalla linea di base di essere fotografati alcentro delle immagini di entrambe le macchine.

Evidentemente l’errore su α è ora determinato dall’errore in lettura sulcalibro, paragonabile al diametro del filo stesso, mediante la relazione diffe-renziale

∆α =a

L. (2.5)

Dai valori L = 680 mm e a = 0.25 mm, si ottiene un errore ∆α =

0.0004 rad, di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quanto richiesto.Notiamo che in realtà il valore di a utilizzabile nell’Equazione 2.5 è tale

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2.2. BASE TEORICA E SETTING SPERIMENTALE

solo nel caso di un filo perfettamente fermo, mentre su 25 m il vento causaoscillazioni che possono essere anche di qualche millimetro. Varie prove sulcampo hanno però dimostrato che ∆α rimane accettabile per una velocitàdel vento inferiore ai 12 m/s, valore raramente raggiunto durante le stagionidi presa dati.

Angolo di alzo eclinometro

In generale le posizioni relative delle barre sono fissate da tre angoli di Eu-lero: abbiamo appena trattato l’angolo di convergenza α e sempre medianteil filo è possibile annullare l’angolo di tilt γ. Rimane da fissare l’angolo β chela barra forma con il terreno, che nel seguito chiameremo alzo (cfr. Figu-ra 2.4). Quest’ultimo quantifica la rotazione attorno all’asse identificato dalfilo, quindi necessita di uno strumento indipendente per essere determinato.

Figura 2.4 Tre angoli di Eulero per le rotazioni delle barre. In questo esempio, i pianifocali giacciono sul piano (x, y, 0) e l’asse z è parallelo all’asse degli obiettivi delle fotoca-mere. Rotazioni attorno all’asse y permettono di controllare l’angolo α di convergenza deipiani focali.

Il setting sperimentale richiede un punto di vista dal basso verso l’alto,in modo da escludere dal campo visivo di tutte le macchine oggetti come ilparapetto del tetto, le cime degli alberi, le lampade dei lampioni. Per questoviene fissato su tutte le barre un alzo relativo al piano del terreno di 35 o40, mediante clinometro di precisione (errore di 0.02 rad). In questo modo siannulla anche l’angolo relativo β delle barre, con un errore pari al doppio diquello del clinometro (∆β = 0.04 rad). Si tratta di un errore grande rispettoa quello relativo agli altri due angoli, ma influisce poco sulle equazioni diricostruzione [84].

Angoli ed erroriDalla discussione appena fatta emerge chiaramente quanto sia delicata ladeterminazione degli angoli di allineamento, per minimizzare l’errore sul-

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

lo shift e quindi sulle distanze assolute e relative degli uccelli. Durantele due stagioni di presa dati abbiamo fatto numerosi test per quantificareal meglio i vari contributi agli errori su z e così mettere in campo strate-gie per ridurli al minimo. Al termine di questo lavoro lungo, ma necessa-rio per avere ricostruzioni il più accurate possibili, abbiamo raggiunto unaprecisione di ∆z < 0.4 m sulle distanze assolute (∆α < 0.0023 rad) e di∆z < 0.04 m su quelle relative. Questo risultato è leggermente peggiore ri-spetto a quello teoricamente raggiungibile prendendo in considerazione i soliangoli ed è da imputarsi ad una residua distorsione radiale delle lenti nonmeglio controllabile.

Scatti in sequenza

Il sistema appena descritto permette di ottenere coppie stereoscopiche difoto di uno stormo, da cui ricostruire le posizioni istantanee nello spazio diogni singolo uccello. È evidente che scattando foto in sequenza è possibileottenere la dipendenza temporale delle coordinate, naturalmente campionataalla frequenza di scatto delle macchine. L’aspetto fondamentale da tenerpresente è che la coppia stereoscopica di immagini deve essere presa nellostesso istante, quindi in una sequenza di scatti le macchine devono mantenereuna sincronizzazione adeguata.

Frequenza e sincronia Nel nostro caso le macchine sono in grado di scattare fino ad un massimodi 8.5 fps (fotogrammi al secondo), ma l’esperimento richiede due proprietàfondamentali: frequenza costante1 e sincronia tra le due macchine. Si trattadi due caratteristiche niente affatto scontate per macchine sì professionali, mapur sempre commerciali, per cui lo scopo dello scatto in sequenza è per lo piùquello di cogliere l’attimo. Per questo nel nostro esperimento non sono statiutilizzati i controller in dotazione alle macchine, ma si è affidata la gestionedi questa delicata operazione ad un timer digitale esterno appositamente pro-gettato. Per la scelta della frequenza si è preso come riferimento la velocitàmedia degli uccelli, di circa 10 m/s, optando quindi per 10 fps. Evidente-mente è un valore fuori dalla portata di una singola macchina, ma è possibile

1In altre parole il tempo tra uno scatto e il successivo deve essere costante lungo tuttala sequenza.

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2.2. BASE TEORICA E SETTING SPERIMENTALE

raggiungerlo utilizzando una seconda coppia di macchine interlacciata allaprima, come mostrato nella Figura 2.5.

Figura 2.5 Interlacciamento degli scatti. Le singole macchine fotografiche scattano aduna frequenza di 5 fps. L’interlacciamento si realizza facendo sì che la coppia stereoscopica1 scatti in controfase rispetto alla coppia 2. La frequenza finale è di 10 fps.

In altre parole le due coppie scattano alternativamente, ognuna a 5 fps,rimanendo lontane dal limite costruttivo di 8.5 fps e quindi minimizzan-do eventuali problemi di desincronizzazione durante la sequenza. Un altroaccorgimento per raggiungere quest’ultimo risultato consiste nello scegliereapertura ampie del diaframma, che implicano durate maggiori dello scatto equindi un’influenza minima di eventuali fluttuazioni della frequenza.

Errori dalladesincronizzazione

È possibile ricavare le desincronizzazione media di una coppia di macchi-ne, pari a circa 10 ms a 5 fps, e da questa l’errore conseguente sulla posizionedell’uccello, a partire dalla sua velocità: a 10 m/s in 10 ms l’errore sullaposizione è di circa 10 cm, ben inferiore all’estensione fisica di un uccello cheha 40 cm di apertura alare [85].

Errori dallatraslazione

Naturalmente raggiungere i 10 fps mediante due coppie interlacciate, oltreche richiedere un impegno economico doppio, pone alcuni problemi assentiin un sistema composto da macchine prodotte appositamente. Ad esempioogni macchina è affetta da imperfezioni proprie indipendenti dalle altre equesto produce errori non controllabili, né a priori, né a posteriori. Ma la

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

difficoltà più evidente sta nel fatto che le macchine appartenenti alle duecoppie non possono trovarsi fisicamente nella stessa posizione, quindi unacoppia è traslata rispetto all’altra e produrrà ricostruzioni a zig-zag2. Tuttele analisi che coinvolgono le velocità e la dinamica devono tenere debitamentein conto questo fatto.

Setting sperimentale finale

Periodo di presa dati I dati che abbiamo fin qui raccolto in sostanzialmente due stagioni di presadati, nei periodi 12/2005 - 02/2006 e 12/2006 - 02/2007, sono state scattatesopra la stazione Termini di Roma, dalla Terrazza di Palazzo Massimo, MuseoNazionale Romano, la cui vista sulla stazione è mostrata nella Figura 2.6.

Figura 2.6 Uno sguardo oltre il parapetto del tetto di Palazzo Massimo, circa 30 msopra la Stazione Termini di Roma. Sono ben visibili gli alberi-dormitori degli storni e unpiccolo stormo in lontananza.

Sito ed attrezzatura Si tratta di un sito posto a circa 30 m da terra, a poche centinaia dimetri dai gruppi di alberi che costituiscono i dormitori notturni degli storni,esposto a venti che non hanno mai superato i 12 m/s. In media gli stormivolteggiano a circa 100 m dell’apparato sperimentale, costituito primaria-mente da 6 (3 + 3 interlacciate) macchine3 fotografiche digitali professionali

2L’effetto globale dell’avere due coppie di macchine interlacciate può essere quantificatoin una traslazione delle ricostruzioni di una coppia rispetto all’altra di circa 1 cm.

3Benché la tecnica stereometrica ne richieda solo due, più avanti vedremo che il pro-blema del matching è notevolmente semplificato se si utilizzano 3 punti di osservazione,grazie al cosidetto metodo trifocale (Sezione 2.3).

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2.2. BASE TEORICA E SETTING SPERIMENTALE

Canon EOS-1d Mark II, caratterizzate da una risoluzione di 3504 × 2336

pixel ed equipaggiate con obiettivi Canon da 35 mm. Le condizioni di scar-sa luminosità delle ore vicine al tramonto e le caratteristiche tecniche dellemacchine hanno consentito tempi di scatto compresi tra 1/1000 s e 1/250 s,con un’apertura di diaframma da f2.0 a f4.0 e una sensibilità ISO limitatatra 100 e 800. La procedura sperimentale prevede il montaggio di 3 cavallettiprofessionali Manfrotto, modelli 400 e 450, su ognuno dei quali sono dispo-ste 2 macchine fotografiche, fissate su barre di acciaio dal basso coefficientedi dilatazione termica appositamente progettate. Due cavalletti (nel seguitochiamati A quello a destra e C quello a sinistra) sono disposti a 25 m l’unodall’altro e sono quelli che permettono la ricostruzione tridimensionale (cfr.Sezione 2.2). Il terzo cavalletto (nel seguito chiamato B), situato ad un paiodi metri all’esterno del cavalletto A, è necessario per sfruttare il metodo tri-focale (cfr. Sezione 2.3). Sui cavalletti sono montati 2 sistemi parzialmenteindipendenti, ognuno composto da tre macchine accuratamente allineate (nelseguito chiamate con un’etichetta del tipo MN, in cui M indica il cavallettoA, B o C e N la coppia stereoscopica 1 o 2), i quali scattano in sequenzaripetuta alla frequenza di 5 fps in maniera interlacciata, in modo che le se-quenze ottenute (al massimo 35 × 2 = 70 fotogrammi) risultino avere unafrequenza di 10 fps. Un timer esterno, progettato e realizzato appositamenteper questo scopo, gestisce la frequenza e la sincronizzazione degli scatti. Perciascuna sessione sperimentale è stato possibile catturare una media di 20

eventi e per quelli selezionati sono state ottenute le posizioni tridimensionalidi circa l’88% degli uccelli componenti lo stormo e mai meno dell’80%.

Lo schema generale dell’apparato è riportato in Figura 2.7.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

Figura 2.7 Schema generale dell’apparato. I cavalletti A e C sono distanti 25 m esono utilizzati per la ricostruzione, il cavalletto B permette invece di utilizzare il metodotrifocale. Su ciascun cavalletto ci sono 2 macchine cosicché sono 2 i sistemi di ricostruzioneche scattano a 5 fps interlacciati (in totale 10 fps). Lo stormo deve essere contenuto nelcampo visivo di tutte e sei le macchine contemporaneamente, condizione che si raggiungea circa 120 m dalla linea di base.

2.3 Ricostruzione tridimensionale

Eventi raccolti In tre stagioni del progetto, circa 80 sessioni effettive di presa dati, abbia-mo raccolto più di 1000 eventi, ognuno composto da un massimo di 70 scatticonsecutivi. Personalmente ho partecipato attivamente all’esperimento du-rante la seconda stagione, raccogliendo quasi la metà degli eventi suddetti.Naturalmente non tutti possono essere considerati nella successiva ricostru-zione, perché è necessario che abbiano tutta una serie di caratteristiche a cuil’algoritmo di ricostruzione è sensibile.

Condizioni per laselezione degli eventi

La prima condizione richiede che lo stormo sia interamente contenuto nelcampo visivo comune a tutte e sei le macchine, almeno per un sotto intervallodell’intera serie. La distanza massima a cui si può trovare uno stormo è poinon superiore a circa 250 m, a causa di limitazioni dovute alla risoluzionedelle CCD. È molto importante che la densità dello stormo4 non sia così

4Per l’esattezza non si tratta della densità propria dello stormo, quanto quella degli

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

elevata da non permettere di risolvere i singoli uccelli nemmeno ad occhio.Normalmente si preferiscono eventi in cui è presente chiaramente un solostormo, non impegnato in danze con altri stormi che li portino a sovrapporsio ad unirsi.

Degli eventi fotografati 70 hanno superato la prima fase di selezione amano e di questi ne abbiamo scelti 25 per le analisi vere e proprie, riferen-doci a parametri quali la coesione spaziale, la nettezza dei bordi, il numeronon troppo ristretto di uccelli (almeno 400). Gli eventi sono nominati conun’etichetta del formato XX-YY in cui XX è il numero di sessione e YY è ilnumero dell’evento all’interno della sessione. Le foto che compongono la seriesono invece etichettate con XX-YY_NNN_M in cui NNN è il numero di fotoscattate dall’inizio della sessione e M è la coppia di macchine interlacciate.

Prima fase: la segmentazione

Il primo passaggio riguarda l’individuazione degli uccelli, che nella fotoappaiono come gruppi di pixel scuri, da tutti gli altri elementi che compon-gono l’immagine, sfondo in primis.

Strategia generaleLa strategia adottata fa uso di due caratteristiche fondamentali che dif-ferenziano gli uccelli dal fondo: sono quasi sempre più scuri e cambianoposizione tra uno scatto e quelli successivi, avendo sempre una componen-te della velocità parallela al piano focale. Questo permette all’algoritmo disegmentazione di riconoscere i pixel di sfondo da quelli degli uccelli e di sot-trarli, ottenendo così gruppi di pixel più o meno grandi ben distinti, a cuisono associate le coordinate bidimensionali del loro centro geometrico.

Individuazionedello sfondo

Per far questo viene preso automaticamente un certo numero di foto pre-cedenti e successive a quella in esame all’interno della stessa serie5. Vengonopoi separate le componenti RGB e si crea una nuova immagine i cui pixelhanno il valore più alto per ogni canale tra il gruppo di foto selezionate.In questo modo si è ricostruita l’immagine dello sfondo, cioè di tutti queglielementi che non sono uccelli: dato che un uccello si muove, difficilmente

uccelli proiettati sulla superficie bidimensionale della foto.5Nel caso di foto agli estremi, il sistema di adatta scegliendo automaticamente solo

quelle che precedono o seguono.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

occuperà lo stesso pixel per più di una o due foto consecutive, quindi selezio-nando la sua intensità maggiore nella sottoserie stiamo ponendo in una stessaimmagine solo i pixel di sfondo, prendendoli tra tutte le foto selezionate.

Sottrazione dello sfondo A questo punto si sottrae pixel per pixel e canale per canale l’intensità diquesta immagine dello sfondo a quella della foto in esame, ottenendo uccellichiari su uno sfondo quasi nero. La separazione ora è immediata con unasemplice soglia in intensità.

Parametri sensibili Eventuali problemi per questo algoritmo possono venire dal rumore, au-mentato dal fatto che abbiamo a che fare con immagini JPEG compresse, edal numero di foto della sotto serie che prendiamo in considerazione per lastima del fondo. Nel primo caso il rischio è che dopo la sottrazione lo sfondonon sia proprio nero e gli uccelli non siano proprio bianchi ed è così utileapplicare un filtro standard di riduzione del rumore. Nel secondo una sottoserie lunga aumenta la probabilità che un pixel sia occupato in almeno unafoto dallo sfondo, ma rischia di far considerare mobili oggetti lenti che nonsono uccelli, come le nuvole. Praticamente sono sempre bastate 3 o 5 fotoper ottenere buoni risultati.

Blob splitting Individuati i pixel appartenenti agli uccelli, abbiamo però sempre unaproiezione bidimensionale di un oggetto tridimensionale, in cui non sono rarele sovrapposizioni di due o più uccelli nella stessa zona della foto: non sempread un gruppo di pixel isolato corrisponde cioè un singolo uccello. In questocaso si parla di blob ed è possibile riconoscerlo e risolverlo mediante unaprocedura di blob splitting.

Si tratta di una variazione del cosiddetto metodo watershed [86]: selezio-nato un blob sospetto, si calcola l’intensità dei suoi pixel come media delleintensità di ogni canale, ottenendo così un’immagine in b/n. Si aumenta poigradualmente una soglia fino a che l’oggetto non rivela due valori di intensitàdistinti sopra soglia. A questo punto si calcolano le posizioni di questi mas-simi e si individuano le coordinate bidimensionali dei due uccelli che primacomponevano il blob6. Uno schema dell’algoritmo è riportato in Figura 2.8a fronte. Solitamente per ognuno di essi viene reiterata la procedura per

6Come ci si può aspettare, le coordinate così ottenute sono meno precise rispetto aquelle del centro geometrico di uccelli isolati.

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

(a) Singolo uccello. (b) Blob con 4 uccelli distinti.

(c) Schema dell’algoritmo di blob splitting.

Figura 2.8 L’identificazione di uccelli isolati è un compito abbastanza facile, diversa-mente dal caso in cui molti di essi si trovano ad essere parzialmente sovrapposti. Perseparare due oggetti si aumenta gradualmente una soglia fino a che non diventa maggioredell’intensità minima tra i due oggetti. A quel punto gli oggetti si separano e si possonocalcolare i due centri di massa.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

separare eventualmente altri uccelli. Il procedimento è abbastanza lento,perché per ogni blob c’è un ciclo sulla soglia, che deve prevedere variazionidell’intensità abbastanza piccole per non perdere coppie di massimi, ma nontroppo per non essere sensibile a fluttuazioni casuali. Per questo motivo solouna parte degli insiemi di pixel segmentati vengono selezionati come blobsospetti e sottoposti a questa procedura, sulla base di parametri legati alladimensione e alla forma.

Clusteringbidimensionale

Una volta ricavate le coordinate bidimensionali di tutti gli uccelli presentinella foto, a volte capita che appartengano a diversi stormi contemporanea-mente visibili nell’immagine: per selezionarli opportunamente si applica unalgoritmo di clustering 2D detto Friend-Of-Friend, basato su di un parame-tro dFoF che deve essere inferiore alla distanza minima tra due stormi, masuperiore alla distanza tipica tra gli uccelli all’interno di uno stormo. Opera-tivamente si parte da un punto qualsiasi dell’insieme e gli si associano tutti ivicini a distanza minore di dFoF . Questi saranno i centri del ciclo successivo,che ora non considereranno i vicini già associati al medesimo cluster. L’algo-ritmo termina quando non trova più vicini che possano essere nuovi centri,benché ci siano ancora punti dell’insieme non associati: è stato individuatoun cluster compatto ed è possibile lanciare nuovamente l’algoritmo sui puntirimanenti per individuarne altri. Oppure quando sono stati toccati tutti ipunti dell’insieme: la soglia non è adeguata per separare gli eventuali clusterpresenti. Quest’algoritmo è quindi utile quando le separazioni tipiche tracluster sono decisamente maggiori delle distanze medie di primo vicino deglielementi di ogni cluster (al variare della soglia, per un intervallo abbastanzaesteso del suo valore, il numero di cluster deve rimanere costante). In casocontrario o si ottiene un unico grande cluster (soglia troppo grande), oppureuna miriade di piccoli gruppi di punti arbitrariamente separati dagli altri(soglia troppo bassa).

Output Al termine della segmentazione, dalle tre foto si ottengono tre liste dipunti, una per ogni macchina, identificati da un’etichetta numerica e descrittida due coordinate. Ad essi si applica una trasformazione non lineare a partireda una serie di parametri geometrici ed ottici delle lenti, per compensarealmeno in parte gli effetti della distorsione radiale.

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

(a) Foto sinistra (C) (b) Foto destra (A)

Figura 2.9 Matching stereoscopico o problema delle corrispondenze. Ciascun individuodella foto a destra deve essere associato al corrispondente nella foto di sinistra. Nei riquadricolorati sono indicate tre corrispondenze. Lo stormo è costituito da circa 1200 uccelli chesi trovano a circa 100 m (baseline di 25 m). Si può notare la deformazione stereoscopicatra le due foto e che la forma degli uccelli sia a tutti gli effetti inutilizzabile ai fini delmatching.

Seconda fase: il matching

Per ricavare la distanza di un oggetto si deve misurare il suo spostamentorelativo all’interno del frame delle due foto stereoscopiche. Condizione neces-saria per questa misura è la capacità di riconoscere l’oggetto in entrambe lefoto: questo problema prende il nome di matching e nel caso di immagini conmigliaia di oggetti è un problema algoritmicamente molto duro. Le strategiesviluppate nell’ambito del progetto Starflag permettono di risolvere effica-cemente e brillantemente questo problema, facendo uso di tecniche originaliassieme a tecniche standard di computer vision.

Individuare lecorrispondenzeNaturalmente il matching, essendo condizione necessaria per la ricostru-

zione tridimensionale, è un problema già abbondantemente affrontato e neltempo sono state trovate molte strategie diverse per risolverlo. La maggiorparte dei metodi fin qui sviluppati, però, si basano sul riconoscimento dicaratteristiche peculiari dell’oggetto, come il colore, la forma, le dimensio-

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

ni, l’orientamento, che aiutano enormemente il lavoro. Purtroppo nel casodella ricostruzione di grandi stormi a distanze elevate queste caratteristichemancano completamente, in quanto si ha a che fare sostanzialmente con pic-coli gruppi di pixel scuri prima della fase di segmentazione e con coppie dicoordinate che individuano il baricentro di ogni uccello dopo.

Geometria proiettiva erette epipolari

Il metodo utilizzato nel progetto Starflag si basa su considerazioni digeometria proiettiva, che permettono di porre dei vincoli sulla posizione di unpunto in una foto una volta scelto nell’altra [87]. Seguendo la convenzione dichiamare A e C le foto stereoscopiche7 di destra e sinistra, rispettivamente,è possibile individuare in C una retta, detta epipolare, corrispondente ad unpunto scelto in A. Nel caso semplice di piani focali paralleli lungo x (la lineadi base), questa retta sarà anch’essa parallela ad x e la posizione esatta delmatch in C sarà data dallo shift stereoscopico. Nel caso generale di piani nonparalleli la retta epipolare avrà una sua inclinazione e in presenza di rumore(ad esempio errori sugli angoli) il match non vi si troverà esattamente sopra,ma nelle sue vicinanze (cfr. Figura 2.10 nella pagina successiva). Il concettodi fondo, però, rimane lo stesso [88]: invece di cercare il match in C su tuttala foto, restringiamo il campo al solo intorno della retta epipolare (da migliaiaa centinaia di uccelli candidati).

Metodo trifocale Per restringere ancor di più il campo, e in assenza di rumore risolverecompletamente il problema del matching, si può utilizzare una terza macchi-na fotografica B, nel nostro caso posta a circa 2 m alla destra di A e grossomodo allineata ad essa. I campi visivi delle macchine A e B sono sostan-zialmente coincidenti e il problema del matching in questo caso è molto piùfacile, in quanto gli shift sono molto ridotti. Supponendo di averlo risolto,ora possiamo calcolare per il medesimo uccello due rette epipolari in C, chenon saranno parallele perché A e B non coincidono: il punto di intersezionedelle due rette fornisce, se non il match esatto, una regione della foto moltoristretta in cui può trovarsi (da centinaia a poche decine di candidati). Daquesta idea si può sviluppare un apparato matematico più avanzato, comefatto in [84, 87, 89] e in [12], che porta alla definizione di un tensore trifocale.

7Ricordo che le foto stereoscopiche sono quelle riprese dalle omonime macchine A e C,distanti 25 m l’una dall’altra.

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

(a) Foto della macchina C, rette epipolarie candidati match

(b) Foto della macchina A, uccelli daindividuare

Figura 2.10 Rette epipolari. L’immagine di un uccello nella fotografia della macchinaA individua una retta nella fotografia della macchina C vicino alla quale giace l’altraimmagine dello stesso uccello.

Necessità di unMatching Zero

Purtroppo per calcolarlo esplicitamente, oltre alla soluzione di gran partedel matching per le foto A–B, sono necessari anche alcuni match giusti per lestesse foto A–C, nel nostro caso circa un centinaio. Questo perché, in qualchemodo che non è necessario approfondire in questa sede, il tensore trifocalederiva da una procedura di fit non lineare, che richiede la determinazione diun insieme minimo di condizioni iniziali.

È necessario così uno strumento indipendente dalla geometria epipolaree dal metodo trifocale per individuare automaticamente questi primi match8

e fornire l’input all’algoritmo appena discusso. Si tratta di un algoritmoautomatico basato su una strategia di pattern recognition, ideato e sviluppatoper la prima volta nell’ambito del progetto Starflag.

Pattern recognitionIl cuore dell’algoritmo si basa sul fatto che nelle due foto ogni singolouccello sarà traslato a causa dello shift stereoscopico, ma che questo sia

8È facile immaginare che, essendo condizioni iniziali, questi primi match debbanoessere i più sicuri possibile, per non compromettere l’efficienza del metodo trifocale.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

molto simile per uccelli vicini9. Di conseguenza piccoli gruppi di uccelli, checostituiscono i punti di un pattern bidimensionale, non saranno deformatieccessivamente tra una foto e l’altra: risolvere il matching per questi patternpermette di dare un peso ai match candidati fino a individuare quello piùprobabile (per una discussione approfondita, cfr. [12, 34]).

(a) Sinistra (C) (b) Destra (A)

Figura 2.11 Riconoscimento dei pattern. Il Matching Zero si basa sull’ipotesi secon-do cui le geometrie formate da uccelli vicini sono simili nelle due fotografie stereoscopi-che. Identificando queste geometrie si può in linea di principio risolvere il problema delmatching. Le figure riportano un ingrandimento di uno stormo reale da due fotografiestereoscopiche con una baseline di 25 m.

Efficienza del matching Ovviamente minore è lo shift stereoscopico, minore è la deformazionedei pattern, maggiore è l’efficienza del Matching Zero. Per questo quandoapplicato alle macchine A-B, con linea di base di soli 2.5 m, è capace disuperare il 90% di corrispondenze sul totale, mentre sostanzialmente falliscecon una linea di base di 25 m (macchine A-C e B-C). Il suo compito in questocaso è però quello di assicurare solo un centinaio di match buoni al successivocalcolo del tensore trifocale, che ha permesso di ottenere una media dell’88%

di match sul totale e di non scendere mai sotto l’80%. Test su dati sinteticihanno dato come risultato una percentuale di errori10 minore del 5% ed èstato inoltre possibile verificare che l’algoritmo di matching appena espostonon introduce alcun bias nell’analisi successiva.

9Rigorosamente parlando stiamo trattando una proiezione bidimensionale, quindi èpossibile avere uccelli apparentemente vicini, ma molto lontani in profondità (e quindicon shift molto diversi tra loro). In generale, però, la maggior parte degli elementi diun gruppo di una decina di uccelli sono effettivamente vicini nello spazio (l’analogia dellecostellazioni suggerita dalla Figura 2.11 è giusta, ma negli stormi non vi è per fortuna laprofondità dell’Universo).

10Mismatch, cioè corrispondenze individuate tra uccelli in realtà diversi.

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

Terza fase: le coordinate tridimensionali

Fin qui abbiamo due liste di punti (macchine A e C) individuati da coppiedi coordinate bidimensionali ed etichettati secondo il risultato del matching :stesso nome per lo stesso uccello nelle due foto. Con una generalizzazionedell’Equazione 2.1 nella pagina 38 è agevole ricavare per ogni tripletta dipunti la posizione tridimensionale dell’uccello, applicando uno dei numerosialgoritmi sviluppati allo scopo [84].

Sistemi di equazioni erumore

In breve la geometria epipolare permette di legare le quattro coordinate(xL, yL;xR, yR) note e le tre coordinate tridimensionali (X, Y, Z) incognitedi ogni uccello mediante quattro equazioni, tutte indipendenti a causa delrumore presente. È necessario così un metodo di risoluzione che minimizziuna qualche funzione costo e ottimizzi i valori di X, Y e Z. In letteratura sene trovano diversi e nel progetto Starflag è stato scelto di ottimizzare lecoordinate tridimensionali minimizzando i residui, funzioni del rumore, dellequattro equazioni.

Clustering 3DOttenute così le coordinate tridimensionali, si conclude escludendo dal-l’output tutti quegli uccelli presenti nella foto, ma non specificatamente ap-partenenti allo stormo in esame. Nella fase di segmentazione viene già af-frontato questo problema, ma il limite del clustering 2D sta nel fatto che glistormi devono essere ben separati sul piano della foto, cosa non possibile nelcaso di stormi posti uno di fronte all’altro rispetto alle macchine. Per que-sto al termine della ricostruzione viene utilizzato nuovamente l’algoritmo diclustering Friend-Of-Friend, questa volta nella sua versione a tre dimensio-ni, per ottenere solo lo stormo voluto. Evidentemente valgono le medesimeconsiderazione fatte per la sua variante 2D.

Quarta fase: identificazione del bordo

Lo stormo è riconosciuto come tale se possiede un suo grado di compat-tezza e una sua forma riconoscibile: parleremmo altrimenti di uccelli sparsi,per quanto numerosi, che non costituiscono un gruppo coeso.

Uno dei problemi più importanti da affrontare, quindi, è la determinazionedel bordo, cioè l’identificazione degli uccelli che si trovano ai limiti estremi

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

dello stormo, ma che ancora ne fanno parte. Da questi, poi, è possibileestrapolare una superficie che definisce il bordo propriamente detto. Non sitratta solo di un problema fine a sé stesso11 perché rientra in praticamentetutte le analisi, soprattutto strutturali, successive, sia per motivi puramentematematici e statistici, sia per motivi biologici. In entrambi i casi il motivoè il medesimo: la struttura locale e/o il comportamento riferiti ad un uccellosono differenti che esso si trovi all’interno del gruppo o al suo margine.

Statistica deglieffetti di bordo

Nel primo caso si ha a che fare con una questione ben nota in Fisica: nellostudio di sistemi aggregati normalmente si analizza il sistema localmente e poisi effettuano delle medie per estrapolare informazioni e caratteristiche globali.Dato che però la struttura locale attorno ai punti di bordo è profondamentediversa da quella attorno ai punti interni, non considerare adeguatamentequesta distinzione può portare a risultati non precisi o anche grossolanamentesbagliati. A volte questi effetti di bordo vengono giustamente ignorati per ilsemplice fatto che il loro peso sui risultati è proporzionale al rapporto trasuperficie e volume del sistema e si ha a che fare con sistemi abbastanzagrandi12, se non infiniti. È interessante notare che questo rapporto scala conil numero di elementi come 1/N1/3, il che implica che in sistemi che ne abbianofino a poche centinaia essi siano posti per lo più proprio sul bordo, rendendoincontrollabile il bias introdotto da quest’ultimo. È purtroppo il caso di moltiesperimenti del passato, specialmente riguardanti i banchi di pesci, comeabbiamo visto nel Sezione 1.1. Gli stormi analizzati nell’ambito del progettoStarflag non ricadono invece in nessuna delle due precedenti categorie(pochi elementi o infiniti elementi), ed è possibile ottenere risultati veramentesignificativi a patto di tenere sotto controllo i bias introdotti dal bordo conadeguati accorgimenti che verranno discussi a pari passo con l’analisi dei dati.

Comportamentobiologico al bordo

Nel secondo caso, avendo a che fare con organismi biologici, si deve tenereconto che processi decisionali e comportamenti conseguenti dipendono dallapercezione dell’ambiente esterno, differente nel caso ci si trovi all’interno oal bordo del proprio gruppo. Si pensi ad esempio alla diversa visuale dello

11Si pensi all’interesse per la definizione di un volume dello stormo per il calcolo delladensità media.

12In tre dimensioni sono necessari sistemi dell’ordine di milioni di punti per poterignorare il bordo senza troppi pensieri.

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2.3. RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE

spazio circostante o ad una consapevolezza istintiva del grado di pericolodovuto all’esposizione al predatore.

Convex HullIl metodo più semplice ed esatto per identificare il bordo di un insiemediscreto di punti prevede il calcolo del suo inviluppo convesso, univocamentedefinito, e prende il nome di algoritmo Convex Hull (cfr. Figura 2.12b nellapagina successiva). Come suggerisce il nome, però, si tratta di uno strumentoadatto a sistemi convessi e inadeguato in caso di concavità importanti (inclusibuchi), a causa delle quali sovrastimerebbe notevolmente il volume, oltre anon fornire il bordo corretto.

α-shapePer insiemi discreti di punti, in generale, non è possibile definire univoca-mente un bordo e un volume perché, in ultima analisi, hanno misura nulla.Per farlo è necessario scegliere a priori una scala minima delle concavità daindividuare, facendo attenzione che sia comunque superiore a quella delladistanza media di primo vicino. Questo parametro α definisce il raggio diuna collezione di sfere che vengono poste attorno al sistema in modo da ave-re almeno tre punti sulla superficie e nessuno al proprio interno. In questomodo è come se le sfere scavassero il sistema, sensibili solo alle concavitàpiù grandi del proprio raggio: i punti posti sulle loro superfici definiscono ilbordo del sistema, tutti gli altri sono punti interni.

L’algoritmo appena descritto prende il nome di α-shape e può essere na-turalmente applicato in due dimensioni considerando dischi con almeno duepunti del sistema sul proprio perimetro, come mostrato in Figura 2.12 nellapagina seguente. Inoltre si riduce al Convex Hull nel limite di raggio dellesfere infinito.

Scelta della scaladelle concavità

La scelta del raggio minimo delle concavità non è banale, perché nonsi vogliono perdere strutture reali, ma non si vogliono neanche considerarepiccole fluttuazioni dovute allo spostamento casuale di pochi uccelli. Un me-todo oggettivo ideato ad-hoc per fissare la scala più adatta ad ogni stormoprevede lo studio dell’andamento della densità13 in funzione del parametroα, un esempio del quale è riportato in Figura 2.13 nella pagina 61. Partendoda α =∞, man mano che il raggio delle sfere diminuisce, aumenta il numero

13Calcolata come rapporto tra il numero dei punti interni e il volume calcolato dall’α-shape ad un dato α.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

(a) Distribuzione concava di punti (b) Convex Hull (R =∞)

(c) R = R1 (d) R = R2 < R1

Figura 2.12 Convex hull (CH) e α-shape (AS). La distribuzione di punti 2D mostratain (a) presenta due evidenti concavità di diverso raggio. L’algoritmo CH, che identifica ilbordo convesso, le eliminirebbe entrambe (b). D’altra parte l’algoritmo AS in (c) e (d)permette di definire un raggio minimo per le concavità e di conseguenza un bordo piùrealistico (immagini da [90]).

dei punti di bordo a scapito di quelli interni, per cui la densità diminuiscelentamente, dato che il volume rimane grosso modo costante. Non appenail valore di α è sufficiente ad individuare una concavità, il volume diminui-sce bruscamente e la densità cresce di conseguenza altrettanto bruscamente.Tutto ciò fino a che α non è abbastanza piccolo da permettere alle sfere dipenetrare nel sistema e spezzarlo in più parti, facendo crollare la densità azero. Identificate così le dimensioni delle concavità, non resta che sceglierela scala desiderata.

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2.4. RICOSTRUZIONE DINAMICA

(a) Esempio con distribuzione poissonianabidimensionale (immagine da [90]).

α-shape dello stormo 69-10

5

5m

Den

sità

[m-3

]

00,020,04

0,060,080,10,12

0,140,16

α [m]1 10 100

-15-10-50510152025

-5 0 5 10 15 20 25 30

(b) Stormo 69-10

Figura 2.13 Come fissare la scala delle concavità. a) Una distribuzione di punti 2Drandom con due chiare concavità di diverso raggio, R1 = 3 e R2 = 8 (nell’inset). Grafican-do la densità in funzione di α si trovano dei salti evidenti in corrispondenza dei raggi delledue concavità. In questo modo è conveniente fissare α poco sotto il valore della concavitàpiù piccola. b) Proiezione bidimensionale dello stormo 69-10 (nell’inset), in cui è presenteuna concavità di ∼ 5 m, evidenziata dall’andamento della densità in funzione del valoredi α.

2.4 Ricostruzione dinamica

Tutto il processo di ricostruzione tridimensionale parte da terne di fotoscattate nello stesso istante da posizione diverse e giunge alla lista di coor-dinate in tre dimensioni di (quasi) tutti gli uccelli componenti lo stormod’interesse.

Ogni ricostruzione è però indipendente dalle altre, quindi da questo puntodi vista avere singoli scatti di stormi diversi o scatti successivi dello stessostormo è assolutamente equivalente.

Definizione del problemaIl problema centrale del processo di ricostruzione dinamica consiste nelmatching degli uccelli tra due o più istanti successivi, in modo da applicarela stessa etichetta allo stesso punto in tutte le foto di una serie temporale.Se ci si limita a due istanti successivi questo permette di ricavare le velocitàistantanee di ogni uccello dello stormo, nel momento dato. Generalizzandoil discorso, è possibile ricavare le traiettorie complete di ogni uccello, cam-pionate istante per istante a 10 fps. In questa sede non ci occuperemo dellaricostruzione delle traiettorie complete, ma forniremo elementi del solo mat-

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Page 70: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

ching dinamico di primo livello, rimandando il lettore interessato al lavorooriginale [34].

Generalizzazione delMatching Zero

L’idea di fondo è implementare una tecnica di pattern recognition su grup-pi di uccelli in diversi istanti temporali in modo da associare una probabilitàai match candidati, esattamente come avviene nel Matching Zero già vistonel processo di ricostruzione tridimensionale. In questo caso però vi è unevidente vantaggio: i pattern sono ora oggetti realmente tridimensionali enon proiezioni bidimensionali, dal che ci si aspetta un’efficienza migliore.

In questo contesto ci sono però delle peculiarità che richiedono adegua-menti dell’algoritmo. Ad esempio la ricostruzione statica non è perfetta esoprattutto gli uccelli che non riesce a ricostruire sono in parte diversi daistante ad istante: in altre parole, dato un uccello ricostruito nella primafoto, non è detto che sia presente in tutti gli istanti successivi.

Identificazionedei candidati

Consideriamo un insieme di punti in due istanti consecutivi, individuia-mone i centri geometrici e trasliamoli fino a farli coincidere. Fissiamo ora ilraggio R della sfera entro cui cercare nella seconda foto il candidato match diun uccello della prima foto. Vogliamo associare ai pattern dei k vicini di tuttii possibili candidati della seconda foto un grado di somiglianza con il patterndell’uccello in esame della prima foto. Per farlo trasliamo le due strutturefino a sovrapporre i candidati, dopodiché definiamo una sfera di raggio r

centrata su ciascun vicino del primo candidato. Ciascuna di esse che includeun vicino del secondo candidato, e non più di uno, incrementa il punteggiodel match. Tutte le altre non contribuiscono. Un punteggio proporzionale alnumero di sfere dei vicini per cui questo accade viene assegnato sia al mat-ch tra i due candidati, sia a quelli tra tutti i vicini che hanno rispettato lasuddetta condizione.

Matrice dei punteggi In questo modo si costruisce una matrice dei punteggi che risulta esseremolto sparsa, ma che in parte già contiene un’informazione chiara sui match.Ad esempio una riga può essere composta da diversi punteggi non nulli, mamolto bassi, ed un unico punteggio più elevato in corrispondenza del matchevidentemente più probabile: con un meccanismo a soglia è così possibileannullare tutti gli elementi della riga tranne quest’ultimo. I casi sono molte-plici e spesso la situazione è molto complicata, cosicché è necessario compiere

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2.4. RICOSTRUZIONE DINAMICA

varie operazioni sulla matrice in modo da ottenerne una con dei picchi pro-nunciati. Gli algoritmi utilizzati sono due: l’algoritmo di k-assignment e l’al-goritmo di massimizzazione dei monogami. Per approfondimenti si rimandaalla letteratura [91] e al lavoro originale [34].

Filtro a sogliaIl risultato finale è una lista di match, cioè di coppie costituite da unpunto nella prima foto e un punto della seconda, identificati da opportuneetichette. La velocità istantanea dell’uccello non è altro che la differenza dellecoordinate dei due punti.

Efficienza dell’algoritmoLe prestazioni dell’algoritmo dipendono dalla qualità della ricostruzionestatica, soprattutto nel numero di punti ricostruiti. In media si ottiene circal’85% di match, quasi indipendentemente dal numero di uccelli nello stormo.Dove le ricostruzioni statiche sono più complete si è ottenuto anche il 90%.

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CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

(a) Visuale delle macchine

(b) Foto sinistra (C) (c) Foto destra (A)

(d) Piano XY (e) YZ (f) Piano XZ

Figura 2.14 Esempio di ricostruzione tridimensionale dello stormo 69-19. Le sfere violaindicano gli uccelli interni, quelle azzurre gli uccelli che appartengono al bordo individua-to mediante α-shape. Le immagini sono state prodotte mediante il software AViz [92].a) Stormo ricostruito proiettato sul piano focale delle macchine fotografiche. b-c) Fotostereoscopiche. d-f) Proiezioni dello stormo ricostruito sui tre piani coordinati.

64

Page 73: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

2.4. RICOSTRUZIONE DINAMICA

(a) Foto destra (A) (b) Foto successiva (A)

(c) Velocità assolute

(d) Velocità relative al C.d.M.

Figura 2.15 Esempio di ricostruzione del campo di velocità dello stormo 69-19, stessafoto della Figura 2.14 nella pagina precedente. I coni indicano la direzione istantaneadei singoli uccelli nel riferimento dell’osservatore (c) e nel riferimento del C.d.M. (d). Ilmodulo delle velocità relative è stato riscalato per chiarezza grafica. Le immagini sono stateprodotte mediante il software AViz [92]. a-b) Due foto successive della stessa macchina,distanti nel tempo 0.2 s. c-d) Ricostruzione dinamica delle velocità individuali, proiettatesul piano focale delle macchine fotografiche.

65

Page 74: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

2.5 Risultati storici

Illustro in questa Sezione i principali risultati ottenuti prima che io en-trassi nel gruppo, sia per mostrare lo stato dell’arte su cui mi sono basato perle mie ricerche successive, sia per introdurre concetti utili nella discussionedel mio contributo originale descritto diffusamente nei prossimi due Capitoli.

Range sensoriale vs.range topologico

Il principale risultato ottenuto nella prima stagione del progetto Star-

flag sta nella scoperta che l’interazione locale tra gli storni non si basa sudi una distanza metrica, ma su di un range topologico [24]. Più esattamenteogni uccello appartenente ad uno stormo interagisce con i suoi primi 7 vi-cini, indipendentemente dalla loro distanza metrica, e non con tutti coloroche si trovano entro una certa distanza ben definita, come sempre suppostoprecedentemente e come normalmente imposto nelle simulazioni.

Mappe di densitàangolare dei primoi vicini

Il primo indizio è venuto dall’osservazione delle mappe della posizioneangolare media dell’n-esimo primo vicino. Per ricarvarle si considera unuccello di riferimento e si controlla dove si trova il suo n-esimo primo vicino,quindi si media su tutti gli uccelli dello stormo. Le distribuzioni angolari sonovisualizzate in Figura 2.16 a fronte. Per n = 1, 2, 3, . . . le mappe mostranouna forte anisotropia angolare, con una notevole mancanza di uccelli lungo lavelocità totale dello stormo14. Per n & 10, invece, la distribuzione angolarerisulta uniforme, compatibile con il caso isotropo non interagente.

Funzione di anisotropia Dai vettori che identificano l’n-esimo primo vicino si è quindi calcolatauna funzione γ(n) per quantificare l’anisotropia osservata e ciò ha permessodi ricavare un valore esplicito del range topologico: nc = 6.5± 0.9, costanteentro l’errore per ogni evento analizzato.

Per ottenere γ(n), in primis si ricava la matrice

M(n)αβ =

1

N∑i=1

~u(n)i,α · ~u

(n)i,β , (2.6)

in cui N è il numero di uccelli interni dello stormo, ~u(n) è il vettore che iden-tifica l’n-esimo primo vicino e α, β = x, y, z. Da essa si calcola l’autovettore

14Ottenuta dalla differenza vettoriale tra i centri di massa di due stormi in istantisuccessivi.

66

Page 75: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

2.5. RISULTATI STORICI

Figura 2.16 Mappe della densità angolare dei primi vicini dell’evento 25-11: (a) per ilprimo vicino, (b) per il decimo vicino (immagine da [24]).

67

Page 76: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

Figura 2.17 La funzione γ(n) misura l’anisotropia della mappa di distribuzione angolarein funzione del grado di vicinanza n. Il caso isotropo corrisponde a γ = 1

3 (immagine da[24]). a) Grafico della funzione γ(n) per gli stormi 32-06 e 25-11: la struttura risultaisotropa solo oltre il settimo vicino (nc, range topologico) in entrambi i casi. b) Distanzamedia dell’n-esimo vicino in funzione di n, come da Equazione 2.8 a fronte: la pendenzadella retta coincide con il valore della distanza media di primo vicino r1. c) Non c’ènessuna evidente correlazione tra il range topologico e r1. d) Chiara dipendenza linearedel range metrico da r1: l’interazione ha natura topologica (vedi testo).

~W (n) relativo all’autovalore più piccolo, che individua la direzione di densitàangolare minima dei vettori ~u(n)

i .

A questo punto la funzione di anisotropia è definita come

γ(n) = 〈 ~W (n) · ~V 〉2 (2.7)

e mostra l’andamento riportato in Figura 2.17 (γ = 13, indipendentemente

da n, corrisponde al caso isotropo non interagente).Presenza di un

range topologicoLa principale evidenza di quanto appena illustrato ruota attorno al fatto

che, a fronte di una grande variabilità della densità negli eventi osservati,i range topologico nc e metrico rc non possono essere entrambi costanti dastormo a stormo. In altre parole, se nello scenario topologico il numero

68

Page 77: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

2.5. RISULTATI STORICI

di uccelli interagenti rimane fisso, in quello metrico esso deve cambiare alvariare della densità. È necessario quindi collegare i due range sotto esamealla densità degli eventi osservati e scartare quello che mostra una chiaradipendenza funzionale.

Per farlo partiamo dalla semplice relazione

rn ∼ n1/3r1 (2.8)

che lega la distanza media dell’n-esimo primo vicino alla densità (o, in questocaso, alla distanza media di primo vicino r1 ∝ %−1 ∈ [0.68 : 1.51] m per glieventi analizzati in [24]). Naturalmente i due range di interazione soddisfa-no la stessa relazione, rc ∼ n

1/3c r1, per cui si hanno le seguenti possibilità,

mutualmente escludenti:

rc costante ⇒ n− 1

3c ∼ r1 (scenario metrico)

nc costante ⇒ rc ∼ r1 (scenario topologico)

I grafici in Figura 2.17 a fronte evidenziano chiaramente una correlazionelineare tra rc e r1

15, a differenza della coppia di variabili nc e r1: il rangeha quindi natura topologica e ogni uccello interagisce con i suoi primi 6÷ 7

vicini, indipendentemente dalla densità dello stormo.Base biologicaSi può tentare di individuare una base biologica per questi risultati, pren-

dendo in considerazione la visione, le capacità cognitive degli uccelli, unamaggiore capacità di resistere agli attacchi predatori.

In molti esperimenti si sottolinea la natura anisotropa della visione sianegli uccelli che nei pesci: in particolare queste specie posseggono assi visivilaterali e un settore cieco posteriore [93–95] (cfr. anche la Figura 1.4c nellapagina 24). Questo fatto potrebbe essere correlato alla minore densità di pri-mi vicini nella direzione fronte-retro riscontrata dalle mappe di anisotropia.Sono state avanzate numerose altre ipotesi per la spiegazione del fenomeno,

15Notare che matematicamente la descrizione topologica è equivalente ad una basatasu un range metrico normalizzato: r′c = rc/r1.

69

Page 78: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 2. PROGETTO STARFLAG

alcune legate alla visione, ma non specificatamente alla struttura dell’oc-chio, altre di natura aero o idrodinamica, altre da considerazioni puramenteenergetiche [61, 96–104], ma nessuna appare al momento soddisfacente.

Il motivo per cui in tutti gli stormi analizzati gli uccelli interagiscanoproprio con un massimo di 7 vicini, invece, può essere collegato ad esperimentifatti per stimare le loro abilità cognitive [105], in cui hanno dimostrato diriuscire a distinguere ed a seguire proprio fino ad un massimo di circa 7

oggetti.Infine si è verificato in simulazioni numeriche esplicite che una interazione

topologica produce una maggiore capacità di mantenere la coesione dello stor-mo, indipendentemente dalla sua densità o dalle fluttuazioni di quest’ultima(cfr. Figura 2.18 a fronte).

Interazione vs.correlazione

Pongo l’accento su un particolare importante: benché il range di intera-zione sia finito, come ci si poteva comunque aspettare per agenti biologici,questo non implica necessariamente una lunghezza di correlazione finita. Inaltre parole, il fatto che ogni uccello controlli attivamente i suoi primi 7 vici-ni in uno stormo di migliaia di individui non significa affatto che non possarisentire di una perturbazione generata in un punto ben oltre la propria sferadi interazione. Magari in un punto qualsiasi dello stormo, indipendentementedalle sue dimensioni. È il problema che affronterò nel Capitolo 4.

70

Page 79: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

2.5. RISULTATI STORICI

Figura 2.18 Simulazione numerica 2D. a) Schema dell’esperimento. Uno stormo simuove in direzione opposta al predatore, il quale esprime su ciascun individuo dello stormouna forza repulsiva che va come l’inverso della distanza. b) Nel caso di interazione metricalo stormo iniziale si divide in M > 1 gruppi separati. c) Nel caso di interazione topologicalo stormo non si separa, dunque M = 1. Parametri della simulazione: n = 200 particelle;T = 2000 passi; Nin = 5000 differenti condizioni iniziali nel caso metrico, Nin = 2000nel caso topologico; rc = 0.15; nc = 3; vi = 500 s−1; densità d = 0.9; forza di repulsioneF0 = 0.05. All’inizio gli uccelli sono confinati in una regione di raggio R = 1 e tutte levelocità sono allineate. I risultati sono robusti ad ampie variazioni dei parametri (immagineda [24]).

71

Page 80: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo
Page 81: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

Capitolo 3Analisi strutturale

Stormi d’uccelli neri,Com’esuli pensieri,Nel vespero migrar.

San MartinoGiosué Carducci

indice del capitolo3.1 Caratterizzazione della struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

3.1.1 Problema del bordo in un sistema finito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 753.1.2 Osservabili globali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

Densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77Distanza media di primo vicino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80Morfologia e orientazione degli stormi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

3.1.3 Gradienti interni di densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 813.2 Fluttuazioni e correlazioni di densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

3.2.1 Scala di omogeneità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 853.2.2 Funzione di densità condizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 883.2.3 Funzione di distribuzione a coppie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94

La possibilità di avere a disposizione ricostruzioni tridimensionali di stor-mi biologici composti da migliaia di uccelli mi ha permesso di studiare la lorostruttura con un dettaglio finora inedito in questo tipo di ricerche. L’ampiabase statistica dei data set prodotti ha reso possibile l’uso di sofisticati stru-menti di analisi, sviluppati e ampiamente usati nell’ambito della Fisica dellaMateria Condensata.

73

Page 82: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Uccelli come molecole Sostanzialmente, una volta associata ad ogni uccello una terna di coordi-nate indicante la sua posizione nello spazio1, si può trattare lo stormo comeun insieme tridimensionale di punti, delimitato da un bordo2. Le proprietàstrutturali dello stormo coincidono con le proprietà della distribuzione spa-ziale dei punti, analizzabile con metodi standard dello studio dei gas, deiliquidi, dei solidi cristallini. Questo fatto permette anche di tracciare un pa-rallelo tra alcune proprietà biologiche degli stormi, ancora poco conosciute,e quelle ben note delle varie fasi della materia condensata.

Nel corso di questo Capitolo riporterò il mio lavoro sulla caratterizzazio-ne strutturale degli stormi analizzati, a partire da proprietà semplici comeil volume, il numero di uccelli, la densità media e la relativa distanza mediadi primo vicino, la packing fraction; caratteristiche più avanzate come l’an-damento di alcune di queste quantità in funzione della distanza dal bordoe dal fronte; un’analisi approfondita delle fluttuazioni di densità, mediantel’uso delle funzioni di densità condizionale integrata Γ(r) e di distribuzionea coppie g(r).

Mostrerò come strutturalmente gli stormi siano a metà strada tra i gas e iliquidi, avendo caratteristiche tipiche dell’una e dell’altra fase della materia,e come siano caratterizzati da una lunghezza di repulsione (hard-core scale),da una distanza di interazione (distanza media di primo vicino) che dipendedalla densità, in accordo con un range di interazione topologico e non metrico(cfr. Sezione 2.5), e dalla presenza o meno di una scala di omogeneità inferioreall’estensione dello stormo, cioè di una distanza oltre la quale ha senso definireuna densità media. Ho evidenziato che non si tratta di una caratteristicauniversale perché in diversi stormi la presenza di un forte gradiente di densitàcrescente dal centro al bordo non permette di definirla.

1Originariamente nel sistema di riferimento delle macchine fotografiche.2Per una trattazione estesa del calcolo e della gestione del bordo, si veda la Sezione 2.3.

74

Page 83: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

3.1 Caratterizzazione della struttura

Condizione imprescindibile per operare un’analisi significativa su un ag-gregato di punti nello spazio è una base statistica sufficiente, dato che difatto le operazioni coinvolte sono medie su distribuzioni. Come abbiamovisto, questo tipo di studi sono stati finora condotti su sistemi al massimodi un centinaio di agenti e questo limite si è sempre rivelato eccessivamentestringente per sperare di ricavare informazioni certe, e non solo indiziarie, daosservabili globali o locali [61, 93, 94, 106–110].

L’avere a disposizione la ricostruzione di stormi composti da migliaia diuccelli permette di lasciarsi alle spalle questi limiti e di ricavare una caratte-rizzazione completa e informativa della struttura di questi aggregati, identi-ficando proprietà universali valide non solo per tutti gli stormi, ma anche ingenerale per i sistemi biologici che mostrino un coordinamento spontaneo.

Le tecniche di ricostruzione impiegate (cfr. Sezione 2.3) limitano certa-mente alcuni parametri relativi agli eventi analizzabili, soprattutto in terminidi numero di uccelli (limite teorico a 8000, ma di fatto il più grande stormoanalizzato ha circa 3000 uccelli) e di dimensioni (3504 × 2336 pixel l’areadella foto). All’interno di questi limiti, però, gli stormi a disposizione copro-no comunque un vasto intervallo sia in numero di uccelli, sia in densità (cfr.Figura 3.1 nella pagina successiva).

3.1.1 Problema del bordo in un sistema finito

I sistemi a disposizione sono distribuzioni di punti nello spazio tridimen-sionale limitati sia in volume che in numero. Si ha quindi a che fare consistemi finiti. Un’analisi condotta su questi sistemi non può prescindere dalfatto che sulle quantità calcolate a partire da punti posti sul bordo influiscaproprio la loro posizione: in altre parole la presenza di un bordo introduceun bias che va tenuto debitamente in conto. In tre dimensioni è evidente cheall’aumentare della grandezza del sistema il contributo del bordo diminuiscefino a diventare irrilevante nelle medie statistiche che vengono fatte su tut-ti i punti, ma ciò avviene per un numero dell’ordine di 106, molto al di làdegli stormi a disposizione. Non tenere conto del bordo non solo introduce

75

Page 84: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Distribuzione delle densità

Bassadensità

Alta densità

Volu

me

[m3 ]

0,0e+00

5,0e+03

1,0e+04

1,5e+04

2,0e+04

2,5e+04

3,0e+04

3,5e+04

Punti interni500 1.000 1.500 2.000 2.500

r 1-3 [m

-3]

012345

ρ [m-3]0 0,20,4 0,60,8

Figura 3.1 Distribuzione delle densità degli stormi analizzati. Nell’inset l’andamentolineare tra la densità % e l’inverso del cubo della distanza media di primo vicino r1, inaccordo con l’Equazione 3.1 nella pagina 80.

correzioni artefatte alle quantità di interesse, ma può anche produrre risul-tati attribuibili erroneamente a fattori inerenti il sistema in esame (nel casospecifico, fattori biologici).

Correzioni di bordo Una volta calcolato il bordo, cioè individuati i punti che ne fanno partee quindi che sono affetti dal bias che introduce, come mostrato nella Sezio-ne 2.3, è necessario calcolare quelle che sono definite correzioni di bordo, inmodo da introdurre correttamente questi punti nelle statistiche necessarieper ricavare le quantità di interesse. L’origine principale del bias sta nel fat-to che i punti di bordo hanno attorno a sé molto spazio vuoto e ciò rendedifferente la distribuzione dei loro vicini rispetto a quella dei punti interni.Per esempio è evidente come la distanza di primo vicino risulterà più grandeper i punti sul bordo piuttosto che per quelli interni [90]. Simile discorso valeper le analisi basate sulle posizioni dei vicini (distribuzioni angolari), quindi

76

Page 85: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

inerenti la struttura del sistema.Ci sono diversi modi per ridurre il bias del bordo. Il più semplice prevede

che non si tenga conto dei punti di bordo nella media statistica, benchéentrino nel calcolo quando il punto di riferimento è interno. Nella misuradella distanza media di primo vicino, per esempio, si mediano le distanzedi primo vicino per tutti i punti interni, tenendo in considerazione peròil fatto che un punto di bordo possa essere il primo vicino di uno interno.Questo metodo è semplice da implementare, ma non è accurato, perché lasciainalterato il bias dovuto a punti interni non appartenenti al bordo, ma moltovicini ad esso.

Metodo di HanischUna tecnica più raffinata e soprattutto molto più precisa richiede la de-terminazione del bordo completo, quindi anche delle superfici che connettonoi punti di bordo. In questo modo è possibile ricavare per ogni punto internola propria distanza dal bordo e considerarlo nella statistica solo se la scala dianalisi è inferiore a quest’ultima. Si tratta del cosiddetto metodo di Hanisch,per un discussione approfondita rimando a [111]. Ad esempio, sempre nelcalcolo della distanza di primo vicino, un punto interno non viene conteg-giato nella media se la distanza del suo primo vicino risulta essere superiorealla propria distanza dal bordo. In tutte le analisi di questo tipo abbiamoutilizzato proprio il metodo di Hanisch e la sua variante pesata, mostratoschematicamente nella Figura 3.2 nella pagina seguente.

3.1.2 Osservabili globali

Densità

La densità è forse l’osservabile più semplice, immediatamente calcolabilenon appena si risolve il problema della determinazione del bordo del sistema:è data dal rapporto tra il numero dei punti interni e il volume dell’aggregato.Da un punto di vista fisico è una quantità cruciale perché di fatto il suovalore è intimamente legato alla natura della fase del sistema, una voltafissata l’estensione degli elementi che lo compongono. Si tratta però di unaquantità delicata, che non sempre può essere definita perché affetta, in specialmodo nei sistemi finiti, da fluttuazioni che possono essere importanti. Nella

77

Page 86: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Schema del metodo di Hanisch

A

BC

D

Figura 3.2 Il metodo di Hanisch prevede l’inclusione nella base statistica dei soli puntiinterni la cui distanza dal bordo sia superiore alla scala in esame. I cerchi tratteggiatiindicano la distanza dal bordo dei punti interni A, B, C, D, le frecce rosse i loro primivicini, le frecce blu i loro secondi vicini. Nel calcolo della distanza media di primo o secondovicino vengono considerati solo i punti i cui vicini siano contenuti nella sfera tratteggiata(frecce continue). I punti di bordo non possono chiaramente essere centri di sfere.

Tabella 3.1 nella pagina successiva sono riportati i valori mediati all’internodelle serie per gli stormi analizzati, ma devono essere considerati più comeindicazione di ordine di grandezza che come valori esatti, in quanto nel tempoil volume, e quindi la densità, può cambiare3, con espansioni o contrazionidello stormo (cfr. Figura 3.9), oltre che possono esserci dei gradienti ancheforti di densità all’interno dello stormo stesso (cfr. Sezione 3.1.3).

3Naturalmente il numero di uccelli si conserva nell’intervallo temporale della serie, ameno di errori nella ricostruzione tridimensionale, che comunque sono sempre inferiori acirca il 10% del totale (cfr. Sezione 2.3 nella pagina 48).

78

Page 87: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

Serie

Durata

Uccelli

Volum

eDensità

Esten

sion

eDistanzadi

prim

ovicino

T[s]

NV

[m3]

%[m−

3]

L[m

]r 1[m

]16

-05

4.0

2941

2812

2078

0.08

0.00

679.2

1.27

0.03

921

-06

3.8

717

2407±

928

0.24±

0.08

32.1

0.99

0.10

025

-08

3.0

1571

1264

1212

0.09

0.01

159.8

1.19

0.04

025

-10

2.8

1047

2056±

131

0.34

0.01

833.5

0.84

0.01

925

-11

3.2

1176

2339±

125

0.38

0.01

343.3

0.77

0.01

228

-10

1.6

1246

1840±

750.

538±

0.02

136.5

0.70

0.01

131

-01

2.0

2126

3345

967

0.04

0.00

176.8

1.47

0.01

732

-06

3.8

809

922±

230

0.78

0.24

222.2

0.66

0.06

349

-05

1.9

797

711±

730.

846±

0.05

419.2

0.61

0.01

157

-03

1.8

3242

2919

788

0.09

0.00

485.7

1.19

0.01

269

-10

3.4

1129

7032±

2690

0.12

0.03

347.3

0.86

0.45

669

-13

2.2

1947

1044

448

0.15

0.00

744.8

1.03

0.01

469

-19

2.0

803

1526±

300

0.37

0.04

926.4

0.72

0.03

5

Tab

ella

3.1

Tab

ella

riassuntivadelle

principa

liosservab

iliglob

alichecaratterizzano

glistormian

alizzati.

T)Durata

tempo

rale

della

serie,

perilnu

merodi

foto

sucu

isi

sono

fattele

medie

moltiplicarepe

r10

.N

)Num

eromedio

diuccelli

totalicompo

nentilo

stormo(levariazioni

nonsupe

rano

il5%

dovu

toalla

ricostruzion

estatica).

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emedio

ottenu

toda

ll’α-sha

pedo

pol’o

ttim

izzazion

edella

scaladelle

concavità.

%)Densità

media

dello

stormo,

pari

alrapp

orto

traipu

nti

internieilvolume.

L)Stim

adell’estensione

med

iadello

stormo,

pari

alla

distan

zamassimadi

unacopp

iadi

uccelli.r 1

)Distanzamedia

diprim

ovicino

,mediata

nella

serie.

79

Page 88: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Distanza media di primo vicino

Strettamente legata alla densità è la distanza media di primo vicino, chenel caso di distribuzioni omogenee è data da

r1 =3

4π%−3 ∼ 0.24 %−3 . (3.1)

Come ben visibile nell’inset della Figura 3.1 nella pagina 76, l’Equazio-ne 3.1 è ben riprodotta dai dati biologici, con coefficiente angolare A ∼0.23.

Zona di esclusione L’importanza del calcolo di r1, però, va ben oltre la sua capacità di stimarela densità. La distribuzione dei suoi valori fittata con un modello hard-core,infatti, permette di ricavare il raggio della zona di esclusione che risulta esserecostante negli stormi e pari a rH = (0.19 ± 0.02) m [25], valore vicino allamisura dell’apertura alare degli storni. Questo risultato, molto ragionevole daun punto di vista biologico, in quanto non sorprende che uccelli in volo evitinodi avvicinarsi troppo per non rischiare collisioni, se visto nell’ottica dellaSezione 2.5 porta ad una semplice conclusione: l’interazione tra gli uccelli ècaratterizzata da due scale, una metrica a corto raggio e una topologica adun raggio intermedio. Indicazioni preziose per futuri modelli e simulazioniche vogliano essere il più realistici possibile.

Packing fraction La determinazione dell’estensione della zona di esclusione permette diricavare la packing fraction, osservabile molto più adatta della densità stessaper quantificare la compattezza di un sistema. Definita per i sistemi di sferedure come

Φ =4

3π%r3

H , (3.2)

non è altro che il rapporto tra il volume e il covolume4 del sistema. Perriferimento il valore tipico di packing fraction per una distribuzione cristallinadi sfere è superiore a 0.49, fino ad un massimo di 0.79 per il cosiddetto randomclose packing. Come riportato in [25], tutti gli stormi analizzati presentanovalori di Φ inferiori a 0.012, il che porta a classificarli come sistemi assimilabiliai gas, più che ai solidi. Questo è in qualche modo sorprendente per un

4Volume occupato fisicamente dagli elementi del sistema.

80

Page 89: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

osservatore casuale di questo fenomeno, ma va considerato che normalmentel’occhio è ingannato dalla proiezione bidimensionale dello stormo, che lo rendemolto più denso di quello che è in realtà.

Morfologia e orientazione degli stormi

Nello studio di sistemi finiti e delimitati nello spazio non solo è necessariocalcolare e tenere in considerazione la presenza del bordo, ma è importan-te anche la sua forma e in generale la morfologia complessiva del sistema.Gli stormi finora analizzati hanno mostrato una forma non banale, con un

Aspect ratiorapporto approssimativamente di 1:3:6 tra i tre assi principali [25]. L’asseminore è strettamente legato al volume e al numero di uccelli dello stormo,ma le proporzioni sono sorprendentemente costanti per stormi molto diffe-renti tra loro in numero di uccelli e in volume. Il fatto che ci sia un assedi estensione molto minore rispetto agli altri due ha una ricaduta importan-te sui calcoli statistici, proprio a causa del principio alla base del metododi Hanisch: considerare nelle medie solo i punti la cui distanza dal bordo èsuperiore alla scala in esame fa sì che quest’ultima sia sostanzialmente limi-tata dall’estensione dell’asse minore, come vedremo trattando le funzioni didensità condizionale nella Sezione 3.2.2.

Orientazione degli assiGli stormi sono inoltre orientati in maniera peculiare nello spazio, conl’asse minore prevalentemente parallelo alla gravità e quello maggiore per-pendicolare ad essa. Quest’ultimo, poi, non sembra correlato con la velocitàglobale, sempre perpendicolare alla gravità. In entrambi i casi è possibileinvocare motivazioni aerodinamiche ed energetiche, per le quali è meno di-spendioso per gli uccelli volare su piani paralleli al terreno, sopprimendo lefluttuazioni parallele alla gravità [25].

3.1.3 Gradienti interni di densità

Come già accennato, la misura della densità all’interno degli stormi nonè banale come potrebbe sembrare dalla sua definizione, in quanto ha sensosolo per sistemi omogenei. La correlazione tra r1 e % sembra suggerire chequesta richiesta sia sempre soddisfatta, ma in realtà ho dimostrato che in

81

Page 90: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

alcuni stormi è presente un gradiente di densità crescente dal centro al bordo[25]. È infatti sufficiente dividere il sistema in shell, considerando in ognuna

Gradiente radiale di esse i punti interni che abbiano una certa distanza d dal bordo. All’internodi ogni shell si calcola poi la distanza media di primo vicino e la si riporta sudi un grafico in funzione di d. In Figura 3.3 è visibile l’andamento di r1(d)

per gli stormi che mostrano un gradiente più marcato.

Gradiente di densità dal bordo al centro

57-0325-0869-1069-19

r 1(d)

[m]

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

1,4

1,6

1,8

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

1,4

1,6

1,8

d [m]0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5

Figura 3.3 Distanza media di primo vicino calcolata all’interno di shell distanti d dalbordo. In tutti gli stormi è stato riscontrato un gradiente di densità più o meno forte, percui il bordo risulta più denso rispetto alle zone centrali. In questo grafico sono riportatii quattro casi con gradiente più marcato. Le linee tratteggiate sono da intendersi comesemplice guida all’occhio.

Predazione etensione superficiale

La presenza di un chiaro gradiente di densità dal bordo al centro in mol-ti degli stormi analizzati contraddice i risultati di alcuni recenti modelli delcomportamento collettivo degli animali, come ad esempio [112]. Possiamoavanzare qualche ipotesi biologica per questa caratteristica, rifacendoci al-l’assunto comunemente accettato che il comportamento collettivo degli ani-

82

Page 91: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.1. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

mali abbia fondamentalmente una motivazione evolutiva, quindi un’utilitàanti-predatoria: gli uccelli vicini al bordo sono oggettivamente più espostiagli attacchi dei predatori ed essendone consapevoli (il loro campo visivo èmolto più ampio rispetto agli uccelli interni, almeno in particolari direzioni)probabilmente tendono a rientrare nel gruppo, producendo così una sorta ditensione superficiale e il gradiente di densità riscontrato. Inoltre avere unasuperficie più densa permette al gruppo di apparire molto più compatto enumeroso di quanto non sia in realtà, confondendo ulteriormente il predato-re che ha così difficoltà a concentrarsi su un singolo individuo per catturarlo(confusion effect).

Gradiente fronte-retroIn altri lavori [56, 57, 112, 113], focalizzati soprattutto su osservazioni emodelli numerici di banchi di pesci, si conclude che la pressione esterna delpredatore sul gruppo comporti una densità più alta nella sua parte frontalerispetto a quella posteriore, utile anche nella ricerca di cibo.

Già in [25], calcolando semplicemente il bilanciamento degli stormi, cioèla distanza orientata tra il centro geometrico e quello di massa5, avevamosottolineato come non ci fosse alcuna evidenza di una maggiore densità sulfronte (bilanciamento positivo e parallelo alla velocità globale). Ho raffinatoquesta analisi separando lo stormo in settori e calcolando in essi la distanzamedia di primo vicino, ottenendo una funzione r1(α) dipendente dall’angolotra il vettore posizione di ogni uccello rispetto al C.d.M. e la velocità globale.

Come riportato in Figura 3.4 nella pagina seguente, i risultati confermanoquanto da noi precedentemente trovato e non permettono di generalizzare irisultati in letteratura ottenuti sui banchi di pesci. A questo punto dell’analisinon è possibile affermare se si tratta di una differenza specifica nel compor-tamento di uccelli e pesci oppure di una caratteristica universale in contrastocon quanto riportato in letteratura. Probabilmente un’analisi dinamica delletraiettorie dei singoli individui all’interno del gruppo, condotta focalizzandol’attenzione proprio su questa problematica, potrà fornire ulteriori indizi infavore dell’uno e dell’altro caso.

5Nel primo caso si mediano i valori delle tre coordinate dei soli punti di bordo, nelsecondo si considerano tutti i punti dell’insieme.

83

Page 92: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Gradiente di densità fronte-retro

17-0625-0829-0331-01D

ista

nza

med

ia d

i prim

o vi

cino

[%]

-10

-5

0

5

10

-10

-5

0

5

10

Posizione rispetto al C.d.M lungo la velocità globale-1 -0,5 0 0,5 1

Figura 3.4 Distanza media di primo vicino per settori dello stormo individuati dal pro-dotto scalare tra la posizione degli uccelli rispetto al C.d.M. e la velocità globale (in ascissa,cos(ϑi) = ~ri · ~V ). In ordinata vi è la differenza in percentuale rispetto alla distanza mediadi primo vicino r1 calcolata su tutto lo stormo. Sono riportati solo 4 casi caratteristici,che evidenziano come non ci sia un andamento universale né tanto meno un gradiente fissodi densità fronte-retro decrescente come riscontrato nei pesci.

3.2 Fluttuazioni e correlazioni di densità

Essendo la densità media un’osservabile globale, può assumere lo stessovalore per un’infinita di distribuzioni spaziali di punti, a parità di numero edi volume, ma le sue fluttuazioni nello spazio possono essere utili indizi perottenere informazioni sulla struttura di queste distribuzioni. In particolaredai risultati ottenuti finora emergono due questioni che coinvolgono densità estruttura che devono essere approfonditi. Innanzitutto abbiamo trovato chealcuni stormi presentano forti gradienti di densità al loro interno e questopone il problema di se e quanto questi stormi siano effettivamente omogenei.Inoltre lo studio dell’anisotropia della Sezione 2.5 ha mostrato come nello

84

Page 93: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

stormo vi sia una struttura non banale, indicata dalla distribuzione angolarestatisticamente non isotropa dei vicini di ogni uccello. In questa Sezioneaffronterò queste due importanti questioni.

3.2.1 Scala di omogeneità

Come visto, il concetto di densità è molto utile per caratterizzare uninsieme di punti, anche se per tratteggiare un parallelo con le fasi solida,liquida e gassosa è più adatto il concetto di packing fraction.

Sistemi omogeneiIn termini rigorosi, però, la definizione di densità richiede una sorta dilimite termodinamico, in cui N →∞ e V →∞. In altre parole, se si consi-dera un volume finito, le fluttuazioni di densità devono avere una dipendenzada esso del tipo

%V = %± %

V 1/2−−−→V→∞

% . (3.3)

Se ciò è vero, il sistema si dice omogeneo: la densità calcolata prendendouna sfera interamente contenuta in esso è indipendente dalla posizione e dalraggio della sfera stessa, a meno di fluttuazioni dell’ordine di V −1/2. In sistemifiniti è importante porre attenzione al fatto che le sfere in cui si calcola ladensità debbano essere interamente contenute in essi, per non introdurre biasdovuti alla presenza del bordo al risultato6. Questo è una variante del metododi Hanisch già discusso e la particolare morfologia degli stormi limita il raggiomassimo delle sfere con cui calcolare la densità all’estensione dell’asse minore.

Scala di omogeneitàIl risultato appena enunciato è rigorosamente valido solo per distribuzionipoissoniane di punti, generati in maniera casuale e in assenza di correlazionireciproche. Un esempio è riportato in Figura 3.6a nella pagina 87. Nel casoinvece ci siano dei vincoli sulla generazione dei punti, il sistema non risultarigorosamente omogeneo: l’esempio più semplice è la presenza di un hard-core, cioè di una zona di esclusione attorno ad ogni punto in cui la probabilitàche se ne trovi un altro è nulla (cfr. Figura 3.6b nella pagina 87). Finché le

6Se per esempio solo metà sfera si trova all’interno del sistema, la densità risulterà piùbassa che altrove, ma solo perché si è considerato una porzione di volume non appartenenteal sistema.

85

Page 94: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

sfere con cui si calcola la densità hanno raggio inferiore a quello dell’hard-core, le densità rilevate oscillano tra i valori 0 e 1/V . Al di sopra dell’hard-core, invece, il sistema appare nuovamente omogeneo e si può definire una suadensità globale. Quando è presente una interazione più complicata tra i puntivi sono anche correlazioni nelle densità locali e in questo caso ci si aspettache l’omogeneità venga raggiunta su scale maggiori. Il discorso si generalizzaintroducendo il concetto di scala di omogeneità: il valore del raggio dellesfere oltre il quale il sistema appare omogeneo [111].

Sisteminon omogenei

Non sempre si può definire una scala di omogeneità: le distribuzioni fratta-li, ad esempio, sono intrinsecamente non-omogenee, in quanto ad ogni scalasono presenti strutture di punti o zone vuote (self-similarity), e vi si puòdefinire solo una densità locale (cfr. Figura 3.5, per una trattazione piùapprofondita sui frattali cfr. [111, 114]).

Attrattore di Hénon

-0,4

-0,3

-0,2

-0,1

0

0,1

0,2

0,3

0,4

-1,5 -1 -0,5 0 0,5 1

0,18

0,2

0,22

0,24

0,26

0,28

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5

Figura 3.5 Esempio di un frattale bi-dimensionale (DF ∼ 1.25), nell’inset èevidente la proprietà di self-similarity : aqualsiasi scala è presente una struttura nonomogenea di punti e zone vuote, per cuinon è definibile una scala di omogeneitàper questi oggetti.

Fluttuazioni di densità È evidente che all’interno dello stormo gli uccelli sono soggetti ad unqualche tipo di interazione, che sappiamo già influenzare la loro distribuzio-ne spaziale dall’analisi dell’anisotropia nella posizione dei primi vicini. Percaratterizzare al meglio la loro distribuzione spaziale, quindi, è necessarioandare oltre la semplice misura di una densità globale ed analizzare le flut-tuazioni della densità a varie scale, in modo da individuare quale degli scena-ri precedentemente descritti, tra omogeneo, non-omogeneo oppure omogeneosolo oltre una certa scala, riproduca meglio il sistema biologico in esame.

Si può anticipare qualche risultato considerando le caratteristiche già co-nosciute degli stormi: gli uccelli posseggono una propria zona di esclusionemetrica, quindi a piccole scale ci si aspetta una situazione simile ai sistemi

86

Page 95: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

(a) Distribuzione poissoniana

(b) Distribuzione di sfere dure con rHC ∼ 0.1

Figura 3.6 Scala di omogeneità per distribuzioni poissoniane (a) e con hard-core (b). Itre colori delle sfere indicano tre scale a cui si calcola la densità. Le sfere tratteggiate noncontano nella media perché non interamente contenute nel sistema.

87

Page 96: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

con hard-core. Sono però soggetti ad una interazione non banale, quindi laloro scala di omogeneità sarà sicuramente maggiore del raggio di hard-core.Scale più grandi forniranno informazioni sulla natura della distribuzione de-gli uccelli, ma il valore del raggio delle sfere sarà fortemente limitato dalladimensione lineare più piccola dello stormo che, come sappiamo, è moltoinferiore alle altre due a causa della sua forma appiattita.

3.2.2 Funzione di densità condizionale

Lo strumento standard per lo studio dell’omogeneità dei sistemi è la co-siddetta densità condizionale integrata Γ(r), che misura la densità a variescale a partire da sfere centrate sui punti del sistema. In questo senso è unamisura della densità su scala r ([111, 115], cfr. le curve nere della Figura 3.7a fronte per degli esempi riguardo solidi cristallini e liquidi).

Densitàcondizionale

integrata

Per ottenere operativamente la Γ(r) si calcola la densità di sfere centratesui punti del sistema, dividendo il numero di punti contenuti in ogni sfera,escluso il centro, per il suo volume, e si media:

Γ(r) =1

nc

nc∑i=1

Ni(r)

4/3πr3, (3.4)

in cui nc è il numero di sfere considerate alla scala r, Ni(r) e 4/3πr3 sonorispettivamente il numero di punti contenuti nella sfera di raggio r centratanel punto i-esimo e il volume di quest’ultima.

Minus-sampling ecorrezione all’errore

Il fatto che le sfere debbano essere contenute interamente nel sistema7

limita fortemente la base statistica su cui mediare man mano che r crescee ciò rende preziosa la possibilità di avere a disposizione stormi anche dimigliaia di uccelli per avere un errore abbastanza piccolo da rendere la mediasignificativa. Vicino alla massima scala possibile, comunque, il numero dicentri disponibili diviene molto basso e in più le sfere centrate in essi sono cosìestese da avere una grande sovrapposizione l’una con l’altra. Questo poneun problema di significatività della base statistica a grandi scale: mediarele densità di diverse sfere è sensato se le regioni che esse includono sono

7Questo metodo prende il nome di minus-sampling, per approfondimenti cfr. [111].

88

Page 97: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

Γ(r)g(r)

Funz

ioni

di d

ensi

tà c

ondi

zion

ata

[m-3

]

0

0,5

1

1,5

2

2,5

r [m]0 1 2 3 4 5 6

(a) Cristallo Simple Cubic

Γ(r)g(r)

0

0,5

1

1,5

2

2,5

r [m]0 1 2 3 4 5 6

(b) Liquido

Figura 3.7 Esempi di Γ(r) (in nero) e g(r) (in rosso) per un sistema cristallino (a) eper un liquido (b). Nel primo caso sono presenti delle δ nella g(r) che individuano il passoreticolare (primo picco a r = 1.5) e la posizione delle altre shell di punti (si noti che lag(r) lavora con sfere, mentre la simmetria del cristallo è cubica). Nel secondo caso i picchipiù smooth individuano le prime shell della struttura del liquido, evidenziando come siaomogeneo a grandi scale. In entrambi i casi è evidente come la g(r) fornisca informazionipiù precise riguardo la struttura rispetto alla sua variante integrata.

indipendenti l’una dall’altra, ma ciò non avviene quando si sovrappongonoparzialmente. In altre parole l’errore associato alla media deve tener contodel volume dell’intersezione delle sfere considerate.

Stormi omogeneiIn Figura 3.8 nella pagina successiva riporto un primo insieme di Γ(r)

[26]: al di sotto di una scala dell’ordine della distanza media di primo vici-no le curve sono nulle, quindi raggiungono rapidamente un valore massimo,coincidente con il raggio della prima shell di vicini e quindi con la distanzamedia di primo vicino, e successivamente un asintoto che costituisce a tuttigli effetti una misura della densità globale dello stormo. Nell’inset della Figu-ra 3.8 vediamo che questa misura è consistente con la definizione più grezzadella densità, ottenuta dividendo il numero di punti interni dello stormo peril suo volume.

Le curve non sono riscalate e ciò mostra come sia la scala di hard-coresia l’asintoto siano caratteristiche proprie di ogni stormo. La forma generale

89

Page 98: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Esempi di funzioni di densità condizionata integrata

49-0532-0628-1025-1121-0625-1069-1316-0531-01

Γ(r)

[m-3

]

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

r [m]0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

ρ as [

m-3]

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

ρint [m-3]0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

Figura 3.8 Esempi di Γ(r) di stormi biologici che presentano un chiaro asintoto orizzon-tale, quindi omogenei oltre la distanza media di primo vicino r1: si evidenzia il contributodella zona di esclusione e la stima di r1 (primo picco della curva). Il valore asintoticocorrisponde grosso modo al valore della densità globale media (inset).

delle curve è comunque universale in tutto l’ampio range di valori di densitàdegli stormi presentati e si evidenzia il fatto che il loro asintoto, la densitàglobale, non dipende dalle dimensioni assolute dello stormo. Per un confrontodiretto tra curve di stormi diversi è utile rinormalizzarle, misurando la scalametrica in unità di distanza media di primo vicino (ascissa) ed eventualmentedividendo la curva per il valore dell’asintoto (ordinata).

Per gli esempi riportati la posizione del primo picco indica la scala diomogeneità, ma in generale essa è definita dalla scala oltre la quale la Γ(r)

rimane costante, dato che ciò significa che la densità non dipende più dalraggio delle sfere. Gli stormi presentati in Figura 3.8 sono omogenei oltre lascala fissata dalla loro distanza media di primo vicino.

Come detto la scala massima a cui si può calcolare la Γ(r) è pari alla

90

Page 99: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

lunghezza dell’asse minore dello stormo e per questo le curve hanno lunghezzediverse, sia in metri, sia in unità topologiche.

Espansioni econtrazioniSe ci si sofferma su un solo stormo nella sua evoluzione temporale, lo

studio delle Γ(r) istante per istante permette di evidenziare l’andamento delladensità e quindi, dato che il numero di uccelli è costante, di caratterizzarecontrazioni ed espansioni del sistema ([26], cfr. Figura 3.9).

32-06 - Contrazione

0.15 s0.75 s1.25 s1.55 s1.85 s

Γ(r)

[m-3

]

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

1,4

1,6

r [m]0 0,5 1 1,5 2 2,5 3

(a) Stormo in contrazione

21-06 - Espansione

0.05 s0.35 s0.65 s1.15 s1.75 s

Γ(r)

[m-3

]

0

0,1

0,2

0,3

0,4

r [m]0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5

(b) Stormo in espansione

Figura 3.9 Due esempi di stormi in cui l’andamento nel tempo della forma delle Γ(r) neevidenzia un’evoluzione della dimensione e della forma. I tempi in legenda si riferiscono aisecondi trascorsi dal primo scatto. Durante la contrazione (a) l’asintoto della Γ(r) crescecon la densità, mentre la posizione del primo picco diminuisce con la distanza media diprimo vicino. La variazione del volume dello stormo coinvolge l’asse minore, in quantole Γ(r) si accorciano al suo diminuire. Viceversa nel caso dell’espansione (b), durante laquale la lunghezza dell’asse minore rimane sostanzialmente invariata.

Storminon omogenei

I comportamenti appena visti non sono universali, perché ci sono stormiche mostrano una forma della Γ(r) differente, priva di un chiaro asintoto [26].A piccole scale l’effetto dell’hard-core è il medesimo, ma dopo il massimo alladistanza media di primo vicino, di valore più alto rispetto alla densità globale,la curva mostra una discesa continua, più o meno accentuata, limitata solodalla scala massima accessibile (cfr. Figura 3.10 nella pagina successiva).Non è presente alcun asintoto, quindi non è possibile definire come fatto inprecedenza una scala di omogeneità di questi stormi. Non necessariamente

91

Page 100: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

questo risultato implica però distribuzioni degli uccelli caratterizzate da self-similarity [114].

Esempi di Γ(r) discendenti

57-0325-0869-1069-19

Γ(r)

[m-3

]

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

r [m]0 2 4 6 8

Γ(r)

[m-3]

00,10,20,30,40,5

r [m]0 0,5 1 1,5 2 2,5 3

Figura 3.10 Quattro esempi di Γ(r) discendenti, che evidenziano l’assenza di una scaladi omogeneità inferiore alle dimensioni dello stormo.

In effetti dall’analisi precedente (cfr. Sezione 3.1.3) sappiamo che gli stor-mi non sono omogenei, in quanto possiedono un gradiente più o meno fortedella densità dal centro al bordo. Vediamo ora come tale fatto sia diret-tamente connesso con l’andamento peculiare delle Γ(r). Proviamo infatti aconsiderare un insieme di punti estratti da una distribuzione con gradienteradiale di densità. Dalla sua definizione operativa si può intuitivamente ri-cavare la forma della Γ(r): a piccole scale la densità interna ad ogni sfera èabbastanza uniforme, ma ci sono molte più sfere sul bordo, ad alta densità,rispetto alla zona centrale, a bassa densità. Ecco il picco che indica valoripiù alti rispetto alla densità globale media. Man mano che la scala aumenta,sempre più le sfere prenderanno contributi sia dalla zona centrale sia da quel-

92

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3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

la prossima al bordo, ma quest’ultima occupera un volume sempre minoredella sfera rispetto alla prima. La Γ(r) quindi diminuirà, fino alla scala mas-sima accessibile, ad un valore minore rispetto alla densità globale. A piccolescale, quindi, il bordo più denso porterà a sovrastimare la densità totale,mentre a grandi scale la zona centrale meno densa porterà a sottostimarla(cfr. Figura 3.11).

Figura 3.11 Distribuzione poissoniana di punti con gradiente di densità crescente dalcentro al bordo. A piccole scale la densità calcolata è costante all’interno della singolasfera, ma dipende fortemente dalla sua posizione (rosso). A grande scala all’interno diuna sfera la densità non è più uniforme e pesa di più il volume della zona a bassa densitàrispetto a quello della zona ad alta densità (verde e blu).

Non omogeneità egradiente di densità

Per verificare questa ipotesi ho condotto un’analisi approfondita del com-portamento della Γ(r) calcolata su distribuzioni sintetiche di punti: ho gene-rato un numero di punti paragonabile al numero di uccelli all’interno di unvolume sferico mediante una distribuzione spaziale radiale a potenza, quindiho mappato la sfera in un ellissoide che avesse le medesime proporzioni deglistormi da analizzare. Confrontando l’andamento della distanza media di pri-mo vicino in funzione della distanza dal bordo dell’insieme sintetico e dellostormo biologico ho scelto il valore dell’esponente della potenza che rendessele due curve più simili. Il confronto successivo delle due Γ(r) dimostra comela discesa della curva sia ben riprodotta da una distribuzione casuale di punticon un gradiente radiale di densità a potenza (cfr. Figura 3.12).

93

Page 102: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

Figura 3.12 Confronto tra le Γ(r) (a sinistra) e le relative r1(d) (a destra) di due stormibiologici con due distribuzioni sintetiche con gradiente di densità radiale a potenza (inrosso).

Ciò comporta che quando il gradiente di densità all’interno di uno stormoè abbastanza forte distrugge la scala di omogeneità e il valore della densitàglobale media perde di significato. In questo caso solo l’intero andamentodella curva della densità condizionale fornisce una descrizione coerente dellostormo.

3.2.3 Funzione di distribuzione a coppie

La funzione di densità condizionale fornisce un’accurata descrizione delladensità media su scala r, ma integrando l’informazione sulla distribuzione deipunti a tutte le scale inferiori a quella data nasconde dettagli sulla strutturaspaziale del sistema in esame. La funzione di distribuzione a coppie, invece,analizza le correlazioni di densità attorno a due punti del sistema distanti r:

g(r) =1

4πr2nc

nc∑i=0

∑j 6=i

δ(r − rij) . (3.5)

In un sistema infinito coincide con la probabilità di trovare una coppiadi punti distanti r tra loro, da cui il nome, mentre nel nostro caso vi è

94

Page 103: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

il problema del bordo, controllato con il medesimo metodo di Hanisch giàdescritto. Operativamente ciò significa calcolare la densità media della solabuccia spessa dr delle sfere centrate sui punti del sistema (cfr. Figura 3.13).

Figura 3.13 Calcolo della g(r), viene misurata la densità all’interno della superficie dellesfere, spessa dr.

Analiticamente le due funzioni di densità sono legate da un’operazione diintegrale:

Γ(r) =1

4/3πr3

∫ r

0

4πg(s)s2ds .

La g(r) è uno strumento molto usato nello studio dei liquidi e più ingenerale per analizzare la struttura in spazio reale della materia condensata[111, 115]. Ad esempio, come già anticipato nella Figura 3.7 nella pagina 89,nei solidi cristallini mostra picchi molto pronunciati, localizzati alle distanzefisse tra le particelle del reticolo, che non decadono a grandi scale. Nei liquidinon vi è un tale ordine a lungo range, ma le correlazioni statistiche sonoancora abbastanza forti da determinare la presenza di picchi che decadonoall’aumentare di r e che danno alla g(r) una caratteristica forma oscillante. Ipicchi individuano le distanze delle varie shell di vicini, sempre meno ordinateman mano che cresce la distanza. Per concludere questa casistica, nel casodei gas è presente solo il primo picco, che individua l’ampiezza della zona di

95

Page 104: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

esclusione, mentre per una distribuzione poissoniana di punti la curva nonpresenta alcuna struttura.

Oscillazioninella g(r)

Analizzando i valori di packing fraction siamo giunti alla conclusione chegli stormi sono molto più vicini ad una fase gassosa, piuttosto che ad unaliquida, quindi se presenti ci possiamo aspettare picchi poco pronunciati e arapido decadimento. Per questo la Γ(r) non è lo strumento più adatto, perchél’integrazione che introduce li attenuerebbe ulteriormente. La g(r) invece ne èmolto più sensibile, anche se d’altra parte la sua natura differenziale aumentanotevolmente l’effetto del rumore statistico. Per ottenere infatti una veramisura della densità dalla sua definizione 3.5 è necessario moltiplicare perun dr che, a seconda del suo valore, aumenta o diminuisce la risoluzione e ilrumore statistico, in ragione inversa l’una dall’altro.

Esempi di g(r) oscillanti

49-05 32-0628-10 25-1131-01 16-05

g(r)

[m-3

]

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

r [m]0 1 2 3 4 5 6

g(r)

[m-3]

00,020,040,060,080,1

0,12

r [m]0 2 4 6 8

Figura 3.14 Sei esempi di stormi che presentano una g(r) oscillante, con ben visibilialmeno due picchi.

96

Page 105: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

3.2. FLUTTUAZIONI E CORRELAZIONI DI DENSITÀ

In Figura 3.14 riporto le g(r) degli stormi che mostrano una strutturaliquid-like, in cui sono sempre visibili almeno due picchi, anche se moltodeboli, per valori di densità anche molto diversi tra loro. Vi è chiaramenteun problema di base statistica che non permette di distinguere chiaramenteeventuali picchi dal rumore dipendente dal binning : il valore dello spessoredr deve essere abbastanza piccolo per fornire risultati quantitativaementedifferenti rispetto alla Γ(r), ma il numero di uccelli degli stormi analizzati,per quanto grande, non risulta sufficiente per avere la risoluzione richiestadalla g(r). C’è anche da notare, comunque, che la g(r) è uno strumentosostanzialmente metrico che integra sugli angoli, mentre abbiamo visto chel’interazione degli uccelli è topologica e che la struttura suggerita dalle mappedi anisotropia riguarda per lo più le direzioni reciproche delle posizioni deiprimi vicini. Per questi motivi la g(r) non ha fornito informazioni aggiuntivea quelle suggerite dalle mappe di anisotropia.

Lo stormo tragas e liquidoLa forma delle g(r), comunque, esclude l’ipotesi che ci sia una struttura

approssimativamente cristallina all’interno degli stormi, piuttosto suggerisceuna struttura a metà strada tra quella dei gas e quella dei liquidi: i valoridella packing fraction sono tipici del primo caso, mentre la presenza di unadebole correlazione tra gli uccelli è tipica del secondo. Nell’ambito dellamateria condensata questo è un comportamento anomalo, in quanto le trefasi sono caratterizzate da packing fraction ben definite e molto diverse fraloro. L’interazione che lega gli uccelli, però, è molto diversa da quella che legale molecole, perché ha una natura topologica [24]. Non importa quanto siadenso lo stormo, o equivalentemente quanto siano distanti i primi vicini, ogniuccello interagisce con essi sempre allo stesso modo. È questa caratteristicadell’interazione che assicura una struttura e una coesione all’interno dellostormo indipendentemente dalla sua densità [26].

Analisi in spazio diFourierDi fronte a g(r) che sembrano mostrare una debole struttura oscillante

si può pensare di tentare di evidenziarne la periodicità mediante un’analisinello spazio dei momenti. Senza entrare nei dettagli, abbiamo fatto qual-che tentativo utilizzando il cosidetto fattore statico di struttura S(~k), sianella sua versione scalare che vettoriale, ma i parziali risultati a cui siamogiunti non hanno fornito informazioni più chiare sulla struttura degli stormi

97

Page 106: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 3. ANALISI STRUTTURALE

rispetto a quanto già visto. La S(|~k|) scalare soffre evidentemente degli stessiproblemi della g(r) nel tentativo di identificare una struttura prevalentemen-te angolare, mentre la S(kx, ky, kz), senz’altro più adatta a questo scopo,amplifica enormemente il problema della ristrettezza della base statistica adisposizione.

98

Page 107: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

Capitolo 4Campi di velocità

Come gli stormi d’anitre che passano gridando,che nelle notti d’autunno passano gridandoverso lagune del sud che non han viste maie non sanno chi le sospinge né verso cosa muovono.

Come gli stormi d’anitre che passano gridandoErnest Cardenal

indice del capitolo4.1 Caratterizzazione dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

4.1.1 Velocità individuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1034.1.2 Fluttuazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

4.2 Correlazioni di velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1104.2.1 Domini di correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1124.2.2 Funzioni di correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1134.2.3 Campi sintetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1184.2.4 Parametro d’ordine vettoriale e teorema di Goldstone . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

L’algoritmo di ricostruzione dinamica presentato e discusso in [34] e nel-la Sezione 2.4 ha permesso di ricavare le velocità individuali degli uccelliall’interno di uno stormo, fornendo la possibilità di caratterizzare anche di-namicamente gli stormi, di verificare quantitativamente molti dei risultatiottenuti dai modelli numerici e testarne così le ipotesi di lavoro: tratteròtutto ciò nella Sezione 4.1.

99

Page 108: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

Nella Sezione 4.2, invece, mostrerò forse il risultato più rilevante del miolavoro all’interno del progetto Starflag: l’evidenza sperimentale della pre-senza di correlazioni a lungo range delle fluttuazioni delle velocità individualidegli uccelli, sia riferite al grado di libertà orientazionale che al loro modulo.La presenza di una velocità globale non nulla dovuta all’alta polarizzazione,considerata il parametro d’ordine del sistema, rompe la simmetria rotazio-nale e produce modi soft di Goldstone per il grado di libertà trasverso alparametro d’ordine, quello angolare. Il teorema di Goldstone risulta quin-di valido anche per sistemi non hamiltoniani e fuori dall’equilibrio come glistormi, ma non ne esaurisce le proprietà: risulta infatti che anche il modulodelle fluttuazioni di velocità, grado di libertà questa volta longitudinale alparametro d’ordine, sia correlato a lungo range.

Interpreterò in chiave biologica questi notevoli risultati in un contesto discambio di informazione all’interno dello stormo: la correlazione completa alungo range permette al gruppo di rispondere collettivamente ad una qualsiasiperturbazione esterna, mediante la trasmissione di stati dinamici.

4.1 Caratterizzazione dinamica

La polarizzazione comeparametro d’ordine

Riprendendo quanto visto nel Capitolo 1, in tutte le simulazioni in let-teratura la transizione dalla distribuzione iniziale casuale delle velocità de-gli agenti ad una fase ordinata è indicata dalla variazione di un parametrod’ordine, la polarizzazione, che descrive il grado di allineamento globale delgruppo. Se chiamiamo ~v le velocità individuali, la definizione formale dellapolarizzazione è

ϕ =1

N

∣∣∣∣∣N∑i=1

~vi|~vi|

∣∣∣∣∣ , (4.1)

si tratta cioè del modulo della media dei versori delle velocità individualiassolute.

Self-PropelledParticles Models

I modelli che vanno sotto il nome di Self-Propelled Particles models (SPP),poi, considerano solo il grado di libertà angolare, fissando ad una costante ilmodulo delle velocità individuali.

100

Page 109: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

4.1. CARATTERIZZAZIONE DINAMICA

Studiando i campi di velocità biologici ho potuto verificare nel primocaso la bontà della definizione del parametro d’ordine, vicino ad 1 per tuttigli stormi analizzati, e nel secondo l’erroneità dell’assunto dei modelli SPP, inquanto i moduli delle velocità individuali risultano essere distribuiti secondouna Γ-distribution attorno al modulo della velocità globale:

f(x; k, ϑ) = xk−1 exp(−x/ϑ)

Γ(x)ϑk. (4.2)

In letteratura è presente un solo lavoro, risalente al 1980, che prevedeesplicitamente la distribuzione 4.2 delle velocità individuali [116].

Velocità assolutee relativePer l’analisi che segue è utile introdurre accanto alle ~v le fluttuazioni di

velocità ~u, definite come~ui = ~vi − ~V , (4.3)

dove

~V =1

N

N∑i=1

~vi (4.4)

è la velocità globale. La definizione 4.3 implica banalmente il vincolo

N∑i=1

~ui =N∑i=1

(~vi − ~V ) =N∑i=1

~vi −N~V = 0 , (4.5)

in quanto le ~u non sono altro che le velocità individuali rispetto al centro dimassa dello stormo.

Scelta di un sistemadi riferimentoScegliere un sistema di riferimento per queste quantità vettoriali associate

agli uccelli non è banale, come non è scontato che effettivamente esista unsistema di riferimento privilegiato. Naturalmente non può essere quello dellemacchine fotografiche, assolutamente arbitrario. La proposta più naturale equi adottata è il sistema di riferimento individuato dai tre vettori ~V (velocitàglobale), ~G (gravità) e ~V × ~G (direzione alare), insieme all’origine coincidentecon il centro di massa dello stormo. In realtà i primi due vettori non sonorigorosamente perpendicolari, ma l’evidenza mostra come il loro prodottoscalare sia comunque sempre molto piccolo [24].

Su questa base ho analizzato in particolare la polarizzazione delle velo-

101

Page 110: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

cità assolute, la distribuzione dei moduli sia di ~v che di ~u, la distribuzionedi ~u ·~r, con ~r posizione dell’uccello rispetto al C.d.M., e la distribuzione del-le componenti di ~u parallela e perpendicolare a ~V e a ~G. Nelle seguentisezioni approfondirò e mostrerò i risultati per ognuna di queste analisi, se-parando quelle eseguite sulle velocità assolute (Sezione 4.1.1) da quelle sullefluttuazioni (Sezione 4.1.2).

Serie Uccelli Velocità globale Polarizzazione EstensioneN |~V | [m/s] ϕ L [m]

16-05 2940 15.2 0.962 79.217-06 552 9.4 0.935 51.821-06 717 11.8 0.973 32.125-08 1571 12.1 0.962 59.825-10 1047 12.5 0.991 33.525-11 1176 10.2 0.959 43.328-10 1246 11.1 0.982 36.529-03 440 10.4 0.963 37.131-01 2126 6.8 0.844 76.832-06 809 9.8 0.981 22.242-03 431 10.4 0.979 29.948-17 871 11.2 0.886 31.149-05 797 13.9 0.995 19.254-08 4268 19.1 0.966 78.757-03 3242 14.1 0.978 85.758-06 442 10.1 0.984 23.163-05 890 9.9 0.978 52.969-09 239 11.8 0.985 17.169-10 1129 11.9 0.987 47.369-13 1947 9.6 0.937 44.869-19 803 13.8 0.975 26.472-02 122 13.2 0.992 10.677-07 186 9.3 0.978 9.1

Tabella 4.1 Caratteristiche dinamiche globali ed estensione degli stormi analizzati (me-die all’interno della serie). È stato considerato L ∼ Rmax, distanza massima tra due uccelliappartenenti allo stormo.

102

Page 111: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

4.1. CARATTERIZZAZIONE DINAMICA

4.1.1 Velocità individualiPolarizzazioneIn tutti i modelli numerici la polarizzazione definita dall’Equazione 4.1

costituisce il parametro d’ordine del coordinamento degli agenti, analogo allamagnetizzazione per sito nei materiali magnetici. Esso assume un valoreprossimo allo 0 in caso di un campo di velocità non ordinato e prossimoa 1 in caso contrario. Si può apprezzare la differenza dei due casi dallaFigura 4.1: i campi vettoriali sono stati prodotti generando per ogni vettore4 numeri reali casuali con distribuzione uniforme e scorrelati l’uno dall’altro(x1, x2,∆x1,∆x2), indicanti le coordinate della base (x1, x2) e della testa(x1 + ∆x1 + A, x2 + ∆x2 + A) del vettore. Il parametro A è una costante esi ha |∆xi| A nel caso di ϕ ∼ 0 e |∆xi| A nel caso di ϕ ∼ 1.

(a) ϕ ∼ 0.0 (b) ϕ ∼ 0.9

Figura 4.1 Esempi di campi di velocità sintetici con ϕ differenti. Per i dettagli sullaloro generazione, vedi il testo. I vettori sono stati debitamente scalati per migliorare laleggibilità dei grafici.

Un’alta polarizzazioneimplica una rottura dellasimmetria rotazionale

Un sistema che presenti un’alta polarizzazione è evidentemente caratte-rizzato da una velocità globale non nulla. È utile riformulare questo fattoin altri termini [72, 77]: lo spazio vuoto in sé è isotropo, nel senso che leleggi del moto a cui ubbidisce un corpo libero sono invarianti per rotazionitridimensionali, e qualsiasi stato del corpo in questione, identificato dal pro-prio vettore velocità, è equivalente. Se è presente un campo gravitazionalecome quello terrestre lungo un asse, la simmetria rotazionale completa vienerotta, ma permane sui piani perpendicolari al vettore gravità. Le leggi delmoto degli storni, quali esse siano, sono ancora invarianti sotto rotazioni bi-

103

Page 112: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

dimensionali ed ogni uccello lasciato a sé stesso può muoversi liberamente inqualsiasi direzione sul piano. Nel momento in cui si trova all’interno di unostormo nella sua fase ordinata, però, la sua velocità è allineata con quelladegli altri e le direzioni sul piano non sono più per esso equivalenti. Lo stor-mo nel suo complesso può ancora muoversi indifferentemente sul piano, ma isingoli uccelli no, altrimenti la velocità globale sarebbe nulla. Eppure le leggidel moto non sono cambiate: vi è una rottura, questa volta spontanea perchénon dovuta alla presenza di un campo esterno, della simmetria rotazionale.

I modelli numerici con interazioni isotrope mostrano una effettiva rotturadi questa simmetria e l’emersione di una velocità globale non nulla, riprodu-cendo aggregati con ϕ ∼ 1 dopo un transiente temporale più o meno lungo[58]. La verifica fatta sui campi di velocità biologici a disposizione, che sitrovano chiaramente nella loro fase ordinata, mostra coerentemente sempreun valore molto alto della polarizzazione (cfr. Tabella 4.1). In particolare sene è ricavato un valore medio pari a 〈ϕ〉 = 0.964± 0.007 su 23 eventi.

Un’alta polarizzazioneimplica fluttuazioni delle

velocità piccole inmodulo

La presenza di un’alta polarizzazione implica che le fluttuazioni delle ve-locità nella fase ordinata in cui si trova il sistema in esame siano piccole.È interessante che in questa fase le principali correzioni alla polarizzazionesono espressamente dovute alle fluttuazioni ortogonali alla velocità globa-le. Deriviamo questa relazione nel caso di modulo delle velocità costante(|~vi| = v, ∀i), scomponendo la velocità individuale nella componente paral-lela alla velocità globale e in quella ortogonale, molto più piccola in modulorispetto alla precedente a causa dell’alta polarizzazione: ~vi = v

‖i n + ~u⊥i , con

n versore della velocità globale.

ϕ2 =1

N2v2

∑ij

~vi ·~vj =1

N2v2

∑ij

~v‖i ~v‖j +

1

N2v2

∑i

~u⊥i∑j

~u⊥j

Il secondo termine è nullo, perché per l’Equazione 4.5∑

i ~u =∑

i ~u‖i +∑

i ~u⊥i = 0 e le due somme, essendo vettori perpendicolari, devono annul-

larsi separatamente. Il primo termine può invece essere sviluppato ponendo

104

Page 113: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

4.1. CARATTERIZZAZIONE DINAMICA

v‖i =

√v2 − (u⊥i )2 ∼ v[1− 1

2(u⊥iv

)2] e ottenendo così

ϕ2 ∼ 1

N2

∑ij

(1− 1

2(u⊥iv

)2

)(1− 1

2(u⊥jv

)2

)

= 1− 1

N2

∑ij

(u⊥iv

)2 + O((u⊥)4

)= 1− 1

Nv2

∑i

(u⊥i )2 + O((u⊥)4

).

Quindi per alte polarizzazioni (ϕ2 ∼ 1 e V . v) è presente una correzio-ne piccola che dipende dal solo modulo della componente delle fluttuazioniperpendicolare alla velocità globale.

Si può ripetere il medesimo conto considerando il modulo delle velocitàindividuali non più costante, come avviene per il caso biologico: si ottieneesattamente lo stesso risultato, perché ulteriori termini sono comunque diordine O

((u⊥)4

).

(a) Velocità assolute (b) Fluttuazioni

Figura 4.2 Campo di velocità dello stormo 49-05: il modulo delle velocità relative alC.d.M. è di un ordine di grandezza più piccolo rispetto a quello delle velocità assolute.

In Figura 4.2 si può già apprezzare visivamente come gli stormi analizzatiabbiano fluttuazioni del campo delle velocità molto più piccole in modulodelle velocità individuali.

La distribuzione delmodulo della velocitàsegue una Γ-distribution

Verifichiamo ora esplicitamente che le velocità individuali degli uccelli nonsono costanti come assunto dai modelli SPP, considerando che nella realtàsono presenti attriti e accelerazioni dovuti all’aerodinamica e soprattutto vi

105

Page 114: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

è l’azione di meccanismi cognitivi alla base del comportamento reale deglianimali.

Distribuzioni del modulo delle velocità

Velocità assolute v Fluttuazioni u

P(|v

|)

0,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0,25

0,30

Velocità [m/s]0 5 10 15 20 25

Figura 4.3 Fit mediante Γ-distribution (definita in 4.2) della distribuzione delle |~v| e |~u|nella foto 122 macchine 2 della 16-05 (∼ 2500 uccelli). Valori dei parametri: kv = 30.706±1.322, ϑv = 0.499±0.022 con χ2

v = 2,37 · 10−5 e ku = 2.618±0.193, ϑu = 1.296±0.117 conχ2

u = 3,56 · 10−4. Notare come il modulo delle fluttuazioni sia di un ordine di grandezzainferiore rispetto a quello delle velocità assolute.

La Figura 4.3 mostra chiaramente come la distribuzione del modulo dellevelocità assolute all’interno di uno stormo non è una δ(~vi− ~V ), ma è compati-bile con una Γ-distribution, definita dall’Equazione 4.2, come già evidenziatoin [116] sui banchi di pesci.

In conclusione, la polarizzazione è un buon parametro d’ordine per la faseordinata del sistema, mentre l’ipotesi di base dei modelli Self-Propelled Parti-cle non è pienamente supportata dai dati biologici, ma è un’approssimazionetanto più buona quanto più stretta risulta la distribuzione dei moduli dellevelocità.

106

Page 115: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

4.1. CARATTERIZZAZIONE DINAMICA

4.1.2 Fluttuazioni

Ciò che può fornire informazioni sull’interazione che lega gli uccelli nellafase ordinata è il campo delle fluttuazioni ~u delle velocità individuali, chenel contesto del teorema di fluttuazione-dissipazione è legato alla risposta delsistema a perturbazioni esterne1.

Come anticipato nel paragrafo precedente e come atteso dall’alto valoredella polarizzazione, il modulo delle fluttuazioni è di un ordine di grandezzapiù piccolo rispetto a quello delle velocità assolute (cfr. Figura 4.3).

Contributitrasversali elongitudinali

Se si separano i contributi longitudinale e trasversale delle fluttuazionirispetto alla velocità globale, la loro importanza relativa è determinata dalvalore della polarizzazione e dalla larghezza della distribuzione delle ~v.In particolare, dati i valori tipici osservati di queste grandezze e l’Equazio-ne 4.1.1 nella pagina 105 che abbiamo ricavato, ci si aspetta una fluttuazioneper lo più trasversale alla ~V , come effettivamente si ricava dalle distribuzionidei prodotti scalari tra ~u e ~V (in Figura 4.4a nella pagina successiva un esem-pio tipico). L’unica eccezione notevole è lo stormo 17-06, caratterizzato dallalarghezza maggiore della distribuzione delle ~v, le cui fluttuazioni longitudinalisono preponderanti (cfr. Figura 4.4b con la didascalia corrispondente).

Legame con le proprietàdi diffusione degli uccelli

Questo risultato suggerisce che la diffusione degli uccelli all’interno dellostormo avvenga prevalentemente sui piani ortogonali alla velocità globale, ra-gionevole anche da un punto di vista energetico: all’interno di una strutturain movimento traslatorio i moti interni longitudinali sono meno vantaggiosirispetto a quelli trasversali. Ciò risulta vero anche per la distribuzione an-golare delle fluttuazioni rispetto alla gravità, che risulta avere quasi sempreun massimo in zero (cfr. Figura 4.4c nella pagina seguente): la direzionedi diffusione privilegiata sembrerebbe quindi quella alare. Questo risultatoè coerente con l’analisi sulla diffusione degli uccelli effettuata in [34] sullostesso insieme di dati: calcolando l’esponente e il coefficiente di diffusionemedio in alcuni stormi, infatti, a partire dalla relazione

σ2 = 〈~x2(t)〉 − 〈~x(t)〉2 = 6Dtα , (4.6)

1Che nel presente caso hanno prevalentemente origine predatoria, si pensi all’attaccodi un falco.

107

Page 116: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

32-06 - Distribuzione angolare tipica delle fluttuazioni u rispetto alla velocità globale V

<P(c

os(θ

))>

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

(a) Distribuzione tipica di ~u · ~V

17-06 - Distribuzione angolare anomala dellefluttuazioni u rispetto alla velocità globale V

<P(c

os(θ

))>

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

<P(|v

|)>

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

Velocità assolute [m/s]0 5 10 15 20

(b) Stormo 17-06

21-06 - Distribuzione angolare tipica dellefluttuazioni u rispetto alla gravità G

<P(c

os(θ

))>

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

(c) Distribuzione tipica di ~u ·G

17-06 - Distribuzione angolare anomala dellefluttuazioni u rispetto alla gravità G

<P(c

os(θ

))>

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

(d) Stormo 17-06

Figura 4.4 Distribuzione di cos(ϑ) con ϑ angolo delle fluttuazioni rispetto a ~V (in alto)e ~G (in basso). La notevole eccezione della serie 17-06 (a destra) è dovuta al fatto chesono presenti in realtà due stormi, in allontanamento l’uno dall’altro. Si tratta cioè di unostormo in separazione, il che probabilmente spiega il doppio picco nella distribuzione delle~v (nell’inset) e le fluttuazioni prevalentemente longitudinali a ~V e in parte a ~G.

risulta sempre un comportamente superdiffusivo (α ∼ 1.40 > 1), con valoridel coefficiente di diffusione D diversi a seconda della direzione di diffusionescelta. In particolare i valori ottenuti in [34] mostrano come la diffusionesia più forte sul piano perpendicolare alla velocità globale e che su questo siaminore nella direzione parallela alla gravità, in perfetto accordo con i risultatie le considerazione energetiche appena esposte (cfr. Tabella 4.2 nella paginasuccessiva).

108

Page 117: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

4.1. CARATTERIZZAZIONE DINAMICA

Diffusione α D [m2/s]Scalare 1.39± 0.01 3.68± 0.87

Parallela a ~V 1.46± 0.05 0.50± 0.08

Perpendicolare a ~V 1.46± 0.26 3.00± 0.87

Parallela a ~G 1.36± 0.06 0.96± 0.10

Perpendicolare a ~G 1.40± 0.25 2.30± 1.18

Tabella 4.2 Parametri di diffusione (esponente α e coefficiente D, cfr. Equazione 4.6nella pagina 107) misurati in [34] per gli stessi stormi che mostrano distribuzioni angolaridelle fluttuazioni che privilegiano prevalentemente la direzione alare (cfr. Figura 4.4 nellapagina precedente).

Moti espansivi econtrattivi

Analizzando i moti relativi al centro di massa è anche possibile stabilirese ci sia preferenzialmente un moto verso l’interno o verso l’esterno, in mododa caratterizzare gli stormi in espansione o in contrazione. Calcolando ladistribuzione media della quantità 〈~u ·~r〉, con ~r vettore posizione dell’uccellorispetto al C.d.M., effettivamente, si ritrovano un po’ tutti i casi, confer-mati dall’andamento del volume nel tempo (cfr. Figura 4.5) e in accordocon quanto già ottenuto nella Sezione 3.2.2 studiando le funzioni di densitàcondizionale (cfr. Figura 3.9 nella pagina 91).

21-06 - Distribuzione angolare delle fluttuazioni rispetto alla posizione dal C.d.M.: dilatazione

<P(c

os(θ

))>

0

0,5

1

1,5

2

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

Volu

me

[m3 ]

1,0x103

1,5x103

2,0x103

2,5x103

3,0x103

3,5x103

4,0x103

Tempo [s]0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4

(a) Espansione

69-19 - Distribuzione angolare delle fluttuazionirispetto alla posizione dal C.d.M.: contrazione

<P(c

os(θ

))>

0

0,5

1

cos(θ)-1 -0,5 0 0,5 1

Volu

me

[m3 ]

1,0x1031,2x1031,4x103

1,6x1031,8x1032,0x1032,2x103

Tempo [s]0 0,5 1 1,5 2

(b) Contrazione

Figura 4.5 Esempi di distribuzioni medie di cos(ϑ) con ϑ angolo tra ~u e il vettoreposizione dell’uccello rispetto al C.d.M. dello stormo. Negli inset l’andamento del volumedello stormo nel tempo.

109

Page 118: Funzioni di struttura e correlazioni di velocità in stormi di uccelli in volo

CAPITOLO 4. CAMPI DI VELOCITÀ

In conclusione, lefluttuazioni dellevelocitàsonopiccoleeprevalentemen-

te ortogonali alla velocità globale, come ci si può aspettare dall’alto valore

dellapolarizzazione. In accordocon semplici considerazioni energeticheecon

i risultati sulla diffusione in [34], la distribuzioneangolaredi questefluttua-

zioni privilegia la direzionealare rispetto non solo a quella lungo la velocità

globale, ma anchea quella lungo la gravità. Il fatto che i principali modelli

contemplinosolovelocitàcon unadistribuzioneinfinitamentestrettaattorno

alla velocità globale, a differenza di quanto verificato negli stormi biologi-

ci, rende difficile qualsiasi paragone tra dati sintetici e biologici riguardo i

moduli dellefluttuazioni esoprattutto delle loro proiezioni lungo la velocità.

4.2 Correlazioni di velocità

110

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4.2. CORRELAZIONI DI VELOCITÀ

111-132

SUBM

ITTE

D M

AN

USC

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T

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PLO

S BIO

LOGY"

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Conclusioni

Comprendere la complessità non è difficilequanto spiegarla con parole semplici.

La complessità, Fabio Montuori

Il progetto Starflag (Capitolo 2) costituisce ormai un punto fermo im-prescindibile nello studio sperimentale del fenomeno del comportamento col-lettivo animale. Ha sostanzialmente risolto il grave problema della scarsità didati empirici quantitativi che ha afflitto questo campo di ricerca per decenni(Sezione 2.2), ponendosi come punto di riferimento per tutti gli esperimen-ti futuri che abbiano il medesimo obiettivo: ricostruire posizioni, velocità etraiettorie di grandi aggregati di agenti in movimento.

Come hanno dimostrato questi primi anni di analisi dati, poter lavoraresu aggregati di migliaia di uccelli permette un’accuratezza e una significa-tività senza precedenti dei risultati, ottenuti mediante tecniche e strumentisviluppati ed usati comunemente in campi molto differenti. Parallelamenteconsiderare sempre la necessaria presenza di basi evolutive del comportamen-to animale fornisce un’importante aiuto sia in fase di scelta degli obiettivi e diprogettazione dell’analisi, sia in fase di interpretazione dei risultati ottenuti.Ecco due prodotti di quella preziosa cross-fertilization tra Fisica e Biologiadi cui ho parlato nell’Introduzione.

Caratterizzazione dellastruttura ed anisotropie

La prima fase di analisi (Sezione 2.5) ci ha portato ad una completacaratterizzazione delle principali osservabili globali degli stormi quali densi-tà, distribuzione dei valori della distanza di primo vicino, packing fraction,

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CONCLUSIONI

morfologia e orientazione spaziale. Centrale in queste ricerche è stato il trat-tamento del bordo, sia per la sua determinazione che per la gestione dei suoieffetti statistici, troppo spesso trascurato in studi precedenti su aggregatimolto più piccoli (Sezione 2.3 e 1.1).

La ricerca di una struttura interna dell’aggregato ci ha spinto ad unostudio approfondito delle anisotropie angolari dei primi vicini, che hannomostrato un risultato inatteso: il range di interazione non è metrico, cometutti i modelli hanno sempre assunto, bensì topologico, o, come l’abbiamo de-finito collegandolo alle abilità numeriche del cervello dello storno, cognitivo.La possibilità di ogni uccello di interagire con un numero fisso di compagnidi volo indipendentemente dalle dimensioni o dalla densità dello stormo per-mette al gruppo di mantenere una maggiore coesione, in particolar modo neicasi di attacco predatorio.

Correlazioni di densità Ispirati dall’impianto teorico e sperimentale dello studio dei liquidi abbia-mo approfondito l’analisi della densità degli stormi (Capitolo 3), evidenzian-do mediante funzioni di correlazione a due punti che non è sempre presenteuna scala di omogeneità inferiore alle dimensioni del sistema. A fronte distormi omogenei oltre la scala della distanza media di primo vicino, ne ab-biamo identificati diversi che presentano una funzione di correlazione densità-densità integrata Γ(r) decrescente. Abbiamo mostrato come la presenza diun forte gradiente di densità crescente dal centro al bordo è responsabile del-la mancanza di omogeneità sulla scala del sistema e abbiamo argomentatocome questa proprietà possa essere legata a una maggiore capacità di difesadel gruppo nei confronti dei predatori (confusion effect).

Abbiamo inoltre eseguito un’analisi della struttura spaziale dello stormoattraverso la funzione di correlazione a coppie g(r). In alcuni stormi è possi-bile evidenziare la presenza di almeno due deboli picchi nella g(r), indice diuna debole struttura liquid-like, anche se la risoluzione a disposizione, nono-stante le dimensioni notevoli degli stormi, non è sufficiente per caratterizzaremeglio questa proprietà strutturale. Considerando però i valori estremamen-te bassi della packing fraction misurati, caratteristici delle fasi gassose dellamateria, concludiamo che gli stormi abbiano una struttura intermedia traliquidi e gas, possibile grazie alla natura topologica dell’interazione che la

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CONCLUSIONI

determina (alta coesione nonostante una bassa packing fraction).

Correlazioni di velocitàLo studio condotto sui campi di velocità all’interno dello stormo (Ca-pitolo 4) ha portato ad un immediato confronto dei dati sperimentali coni modelli numerici, che basano prevalentemente le interazioni tra gli agentisull’allineamento reciproco delle velocità individuali. Abbiamo evidenziatocome il parametro d’ordine comunemente usato, la polarizzazione, sia effica-ce nel caratterizzare la fase ordinata di questo tipo di sistemi, in quanto isuoi valori misurati per gli stormi sono tutti molto vicini ad 1. Abbiamo peròverificato che l’assunto di tutti i modelli SPP (Self-propelled particles models,Sezione 1.2) non sia adeguato per gli stormi di uccelli, in quanto presentanotutti una distribuzione dei moduli delle velocità individuali compatibile conuna Γ-distribution e non con una δ-distribution.

A fronte di valori così alti della polarizzazione ci siamo concentrati sullostudio delle fluttuazioni angolari delle velocità individuali rispetto a quellaglobale, che ha evidenziato come il campo delle fluttuazioni sia strutturato indomini di correlazione, le cui dimensioni scalano linearmente con l’estensionetotale dello stormo. Questo chiaro scaling con la taglia del sistema ci hasuggerito il calcolo di funzioni di correlazione angolare che hanno mostratoun punto di annullamento, e quindi una lunghezza di correlazione, moltomaggiore rispetto al range di interazione, pari alla dimensione lineare deidomini e quindi come quest’ultima legato linearmente all’estensione dellostormo.

Abbiamo verificato la connessione tra queste tre osservabili, dimensionedei domini, zero della funzione di correlazione e lunghezza di correlazione,studiando approfonditamente campi di velocità sintetici prodotti imponen-do una correlazione angolare analitica con lunghezza di correlazione sia finita(esponenziale) che infinita (a potenza). Ne è emerso che lo zero della funzionedi correlazione è un buon estimatore dell’estensione dei domini ed è propor-zionale alla lunghezza di correlazione del sistema solo quando quest’ultimaè notevolmente inferiore all’estensione dello stormo. Oltre una certa scala,pari a circa un terzo dello stormo, divengono determinanti gli effetti di tagliafinita, che fissano la dimensione massima dei domini benché la lunghezza dicorrelazione possa essere più grande. Questo comportamento suggerisce una

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CONCLUSIONI

natura infinita della lunghezza di correlazione angolare, cioè che le fluttua-zioni del campo di velocità degli stormi siano soggette da una correlazione agrande scala, quindi ad un ordine a lungo raggio. A fronte di un’interazionefinita e a corto raggio la fase ordinata del sistema mostra una correlazio-ne macroscopica tra le direzioni delle velocità, o, in altre parole, del gradodi libertà trasverso al parametro d’ordine del sistema, quello angolare. No-nostante si tratti di un sistema non hamiltoniano e fuori dall’equilibrio, lostormo ubbidisce quindi al teorema di Goldstone, rompendo spontaneamenteuna simmetria continua, quella rotazionale, come previsto da alcuni modelliteorici. Oltre però le conseguenze del teorema, anche la lunghezza di corre-lazione del modulo delle fluttuazioni mostra di risentire degli effetti di tagliafinita, suggerendo che l’ordine a lungo raggio sia esteso anche al grado dilibertà longitudinale al parametro d’ordine.

La presenza di un ordine a lungo range in un sistema ordinato e coesocome uno stormo di uccelli è naturalmente attesa, ma è notevole il coinvol-gimento del teorema di Goldstone e soprattutto la prova che lo stormo vadaoltre le sue conseguenze necessarie. La possibilità per gli uccelli di scambiar-si informazioni sullo stato di volo direttamente, senza codifiche intermedie,mediante la presenza di correlazioni su estensioni spaziali anche di centinaiadi metri, permette loro una risposta immediata ed efficace a qualsiasi tipodi perturbazione esterna, specialmente predatoria, agendo come un tutt’uno.Nei termini del paradigma della complessità, mediante semplici interazionidi repulsione-allineamento-attrazione, agenti su scale sia metriche (1,3) chetopologiche (2), è possibile l’emersione auto-organizzata di una fase ordinatadel sistema avente caratteristiche e capacità ben al di là dei singoli individuiche lo compongono, evidentemente efficaci in un’ottica di selezione naturale.

Scenari futuri Da un punto di vista sperimentale tutto l’apparato di Starflag è per-fettamente riproducibile e applicabile ad un gran numero di fenomeni dicomportamento collettivo animale. In particolare tutto il sistema di rico-struzione, dalle foto alle traiettorie, avendo una struttura modulare e seriale,è sostanzialmente indipendente dalle modalità effettive di presa dati. Que-ste ultime sono naturalmente ottimizzate per lo studio di stormi di storni involo sui propri siti di roosting all’interno di una città, ma con relativamente

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CONCLUSIONI

piccoli adeguamenti è possibile applicarle anche ad altre specie simili, co-me pipistrelli e moscerini3, o semplicemente agli stessi storni, ma puntandoad eventi di diverso tipo: stormi più grandi, più densi, con forme più va-rie come quelle tubulari, fenomeni di separazione o unione di sotto-stormi,di formazione della fase ordinata o di attacco di un falco, per fare qualcheesempio.

Per tutti gli altri sistemi si dovrà naturalmente sviluppare un setting dipresa dati anche molto differente dal nostro (si pensi al caso dei pesci, quindidi una presa dati in apnea), ma finché questo sarà basato sulla stereome-tria e sul metodo trifocale tutto il sistema di ricostruzione sarà pienamenteutilizzabile. Questo non dovrebbe essere un problema nel caso di sistemisostanzialmente fermi in uno spazio limitato (come il cielo sovrastante unparcheggio), mentre probabilmente sarebbe inapplicabile per studi su speciein migrazione.

Dal fronte dell’analisi dei dati già in nostro possesso, c’è ancora un in-tero mondo da esplorare. Intanto è possibile aumentare il numero di eventiricostruiti raffinando la selezione di quelli fotografati, ma scartati in un pri-mo momento, e così estendere le analisi già eseguite su una base statisticamaggiore.

Per quanto riguarda la struttura degli stormi è senz’altro necessario ap-profondire lo studio delle anisotropie spaziali e sviluppare nuovi metodi pertentare di identificare un pattern delle prime shell di vicini, la cui presenzaè suggerita sia dalle mappe di anisotropia, sia dalle oscillazioni rilevate nellag(r). Abbiamo fatto già qualche tentativo in questa direzione, calcolandodistribuzioni angolari e definendo funzioni di correlazione dei vettori dei pri-mi vicini o di combinazioni di questi, ma senza risultati rilevanti o che nonfossero già contenuti nelle mappe. Abbiamo anche provato la strada di unostudio in spazio di Fourier, supponendo una per quanto debole struttura pe-riodica dello stormo, mediante il calcolo del fattore di struttura statico S(~k),ma senza riuscire ad isolare caratteristiche e universali per tutti gli eventi.

3È attualmente in studio un esperimento proprio sugli sciami di questi insetti, chesono sì molto piccoli, molto numerosi e molto veloci, ma hanno il vantaggio di formareaggregati poco estesi, quindi potenzialmente riproducibili in laboratorio.

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CONCLUSIONI

Riguardo i campi di velocità, l’analisi qui presentata è solo la punta diun iceberg. Oltre a caratterizzare meglio la correlazione a lungo range delmodulo delle velocità, considerando anche in questo caso opportuni campisintetici con correlazione data, è possibile analizzare la dipendenza del motodi ogni individuo in funzione per esempio della sua posizione all’interno dellostormo oppure dello stato dinamico dei suoi vicini, aprendo così la porta delmondo delle correlazioni dinamiche, cioè a tempi diversi. Queste permetto-no di capire come le correlazioni su una certa scala spaziale decadano neltempo, quindi forniscono indizi sui meccanismi di propagazione dell’informa-zione. Può essere interessante per esempio cercare di studiare direttamenteeventuali onde di orientazione e di densità, un tipo particolare di scambio diinformazione dinamica all’interno dello stormo, sviluppando metodi appositi.Si potrebbero così studiare esplicitamente i moti collettivi interni macrosco-pici e collegarli con quelli individuali, tracciando un ponte sperimentale tral’approccio Euleriano e quello Lagrangiano dei modelli (Sezione 1.2).

Dallo studio delle correlazioni dinamiche, poi, può venire la prova defini-tiva dell’adeguatezza della regola sociale allineati con i tuoi vicini alla basedi tutti i modelli a partire da quello di Vicsek e probabilmente indicazioniper renderla ancor più biologica.

A questo proposito, man mano che il progetto Starflag e affini prose-guono con la raccolta e l’analisi dei dati, sarebbe prezioso un’approfondimen-to dal lato della modellizzazione, per individuare quelle interazioni microsco-piche e quelle condizioni che riproducano le proprietà dell’aggregato rilevatenegli stormi biologici.

Un lungo viaggio Quanto mostrato in questo lavoro, necessariamente una sintesi di quantoè stato effettivamente fatto in questi anni4, è probabilmente solo una piccolascalfittura sulla superficie della Complessità e i suggerimenti appena dati suiprossimi possibili traguardi solo una minima parte di ciò che le magnifichemanifestazioni del comportamento collettivo ancora ci celano, ma dopotuttola strada verso la conoscenza del mondo è infinita e noi tutti sappiamo quantoci piace percorrerla.

4Inclusi tentativi, errori, ripensamenti...

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GALLERIA STARFLAG

16-05 17-06

21-06 25-08

25-10 25-11

28-10 29-03

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GALLERIA STARFLAG

31-01 32-06

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GALLERIA STARFLAG

63-05 69-09

69-10 69-13

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Ringraziamenti

Quando un lungo viaggio finisce, una nuova strada si snoda sempre di fronte al vian-dante. Prima di intraprenderla vien voglia di fermarsi e rivolgersi indietro, con un sorrisoa tutti coloro che hanno accompagnato il cammino e che solo in parte imboccheranno lastessa via.

Il mio primo pensiero non può che andare alla mia famiglia, che mi ha sostenuto,supportato e sopportato per il tempo maggiore: è tanto ovvio quanto straordinario il fattoche senza di loro non sarei giunto a nulla, a loro va la mia riconoscenza e il mio affetto. Unbacio speciale a Giulia, a cui ho dedicato questo lavoro con piacere e un po’ anche comeumile esempio: le difficoltà sono tante e onnipresenti, ma son lì per essere superate e farcicrescere.

Un grazie grande quanto il più grande stormo che abbiamo fotografato ad Andrea eIrene, punti di riferimento professionale di rara eccellenza ed umanità. Tra mille difficoltà,ma altrettante soddisfazioni, devo a loro tutto ciò che ho imparato sulla pratica scientificae su come si affronta un lavoro tanto vasto e difficile, quanto appassionante. Quel foglioappeso sbilenco su un’anonima porta dell’Edificio Fermi si è tramutato in un’avventurascientifica e formativa che ha lasciato tracce indelebili in me. Un bacio ai loro splendidibimbi, Elsa e Francesco detto Ciccio, con l’augurio che raggiungano la piena realizzazionepersonale, nei campi che più li appassioneranno (due fisici in famiglia possono andare bene,ma 4 è un esperimento genetico! :)). Accanto a loro ringrazio Giorgio Parisi per la suadisponibilità e il suo esempio di acutissima riflessione e chiarezza scientifica.

La Scienza fornisce le chiavi della comprensione della Natura, ma a me ha portatoanche amicizie importanti e indimenticabili. Estremo di un dipolo dalle forsennate vibra-zioni, Fabio mi ha fatto conoscere un tipo di persona per me inedita, che ha contribuito afar crescere in me la stima per questo nostro popolo un po’ scalcagnato. Raro e preziosoesempio di una miscela di sensibilità artistica, di ironia immensa, di intuito e di professio-nalità scientifiche, gli auguro una straordinaria carriera in quel di Zurigo: cervello in fuga,ma senza paura perché vero cittadino del mondo. A Raffaele posso solo dire di volergli ungran bene. Soprattutto dalla fine della sua collaborazione con il progetto, la nostra ami-cizia si è saldata tanto che chissà che non ci porterà ad un futuro cammino professionalecomune. Grazie ragazzi, non dimenticherò mai il nostro transiente di random walk primadi decidere cosa e dove mangiare.

Un abbraccio corale a tutti i miei compagni di viaggio in questi lunghi 7 anni, studentie docenti con cui ho condiviso brevi tratti o mille avventure. Un pensiero speciale a Chiara

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RINGRAZIAMENTI

e alle centinaia di chilometri fatte per accompagnarla la sera a casa, a Margherita per i suoisempre puntuali suggerimenti e consigli, ad Angelo e Chiara per il tanto tempo piacevolepassato insieme, a Kristian e ai folli racconti delle sue avventure, le cui riflessioni hannosempre lasciato un segno. Un saluto a Michele, Enrico, Giulia, Flavio, Vittorio, Simona,Erica, Matteo, Michela e a tutti quei conoscenti di vista che hanno riempito la giornata disaluti. Un saluto anche al prof. Federico Ricci-Tersenghi, al dott. Piero Vicini e al dott.Davide Rossetti a cui devo la mia dissertazione, ai prof. Mario Mattioli, Paolo Postorino ePaolo Dore per le piacevoli conversazioni durante i laboratori, alla prof. Lucia Zanello peri tanti incontri e chiacchierate e a tutti gli altri che hanno posto anche un solo mattonedelle mie attuali conoscenze.

Un bacio affettuoso a Sara, straordinaria scienziata e donna, sempre vicina quandonecessario e punto di riferimento professionale e umano: un cuore colmo di tutte le energiee le qualità necessarie per costruire un futuro importante. Un abbraccio forte a Riccardo,scienziato e musicista che ha il merito speciale di avermi insegnato a sentire il basso,musicalmente e metaforicamente. Un bacio a Pietropaolo, forse la persona più ecletticache abbia mai conosciuto, con la certezza che le nostre infinite discussioni proseguirannoancora a lungo.

La vita all’interno dell’università non è solo studio e desidero ringraziare tutta lacomunità di accatagliato, che ha permesso la nascita e il successo di un’iniziativa all’inizioconsiderata folle o superflua dai più. Merito speciale va a Carlo e alla sua capacità diconoscere chiunque e di avere un’idea al minuto, alla sua passione e serietà. Un graziemai sufficiente a Silvia e ai suoi appunti non lineari. Un grazie agli amministratori e aimoderatori che animano e gestiscono il sito della comunità ogni giorno.

Sento il bisogno di ringraziare tutta la comunità mondiale che supporta l’open-source,in special modo quella attorno GNU/Linux, LATEX, Ubuntu e KDE. Un grazie anche adalcuni privati, come Packard Bell, Asus, Google. Senza dimenticare naturalmente TimBerners-Lee.

Ho poi l’obbligo morale di salutare e ringraziare il protagonista indiscusso di questavicenda, lo storno, che non ho mai guardato davvero negli occhi, ma con cui ho passatodavvero tanto tempo.

E infine desidero chiudere questa tesi e questa avventura universitaria ringraziandoun magico carrello della spesa, che mi ha aiutato nell’impresa più importante di questianni: legare con un sentimento infinitamente profondo il mio cuore con quello di Emma,il cui amore in mille modi mi ha sostenuto e sospinto fino a questo traguardo e che miaccompagnerà per le prossime sei ere glaciali. Almeno.

Alessio Cimarelli

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