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COMPRESSORI PER LA REFRIGERAZIONE: PROBLEMATICHE RELATIVE ALL’USO DEI NUOVI REFRIGERANTI 1 FLUIDI FRIGORIGENI 3.1 Car atteristiche generali dei fluidi frigorigen i. Per fluidi frigorigeni si intendono quelle sostanze fatte circolare all’interno di un impianto frigorifero i cui cambiamenti di stato sono all’origine della produzione di freddo. Fino al 1930 erano soprattutto utilizzate ammoniaca, anidride carbonica e anidride solforosa, ma anche idrocarburi come l’etano per le basse temperature e altri fluidi, quali il cloruro di etile e il cloruro di metile, per le piccole e medie potenze. Tutti questi composti avevano tuttavia lo svantaggio di essere tossici oltre che, in alcuni casi, altamente infiammabili. Per risolvere questo importante problema, all’inizio degli anni ’30 furono sviluppati e introdotti dall’industria chimica i cosiddetti fluidi alogenati o clorofluorocarburi, adoperati fino ad oggi nella maggioranza degli impianti di climatizzazione di tipo civile ed industriale, anche se l’ammoniaca trova ancora impiego in campo industriale. Il problema dell’impatto ambientale, già approfondito nel corso del primo capitolo, emerso negli anni ’80 e ’90 e, legato ad aspetti quali l’aggressività dei fluidi sintetici nei confronti dell’ozono atmosferico e il loro contributo all’effetto serra, ha portato al progressivo abbandono dei tradizionali clorofluorocarburi. Per questo motivo c’è stato il conseguente sviluppo di una nuova generazione di composti con migliore compatibilità ecologica e una diversa progettazione degli impianti frigoriferi. I fluidi frigorigeni sintetici puri sono comunemente indicati con una sigla costituita dalla lettera R, che sta per refrigerante, seguita da un numero di due o tre cifre in funzione della composizione chimica della molecola. Con l’introduzione dei nuovi fluidi frigorigeni, per i refrigeranti sintetici si è diffuso l’impiego dei simboli CFC, HCFC e HFC al posto della lettera R: ciò permette di distinguere i fluido completamente alogenati (CFC) da quelli parzialmente alogenati (HCFC) o privi di atomo di cloro (HFC). Dal punto di vista chimico, infatti, i fluidi sintetici appartengono alla famiglia dei composti alogeno-derivati, ovvero derivati dagli idrocarburi più semplici quali metano (CH 4 ) ed etano (C 2 H 6 ) tramite sostituzione parziale o totale degli atomi di idrogeno con atomi di alogeni come fluoro e cloro. La composizione chimica della molecola dei fluidi sintetici puri è individuata dal seguente sistema di numerazione: - prima cifra da destra = numero degli atomi di fluoro; - seconda cifra da destra 1 = numero degli atomi di idrogeno; - terza cifra da destra + 1 = numero d egli atomi di car bonio. Il numero di valenze di carbonio (4) che restano da saturare indica il numero di atomi di cloro.  Esempio Fluido R 22 (clorodifluorome tano – CHClF 2 ) 2 = 2 atomi di fluoro; 2 1 = 1 atomo di idrog eno; 0 + 1 = 1 atomo di carbonio; 4 3 = 1 atomo di cloro. I flu idi dive rsi dai refrigeranti sintetici puri sono invec e designati con il seguente criterio : - serie 200 per i propani; - serie 400 per le miscele zeotropiche; - serie 500 per le miscele azeotropiche; - serie 600 per i composti organici;

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Interessante e dettagliata descrizione dei fluidi refrigeranti.

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FLUIDI FRIGORIGENI

3.1 Caratteristiche generali dei fluidi frigorigeni.

Per fluidi frigorigeni si intendono quelle sostanze fatte circolare all’interno di un impiantofrigorifero i cui cambiamenti di stato sono all’origine della produzione di freddo. Fino al1930 erano soprattutto utilizzate ammoniaca, anidride carbonica e anidride solforosa, maanche idrocarburi come l’etano per le basse temperature e altri fluidi, quali il cloruro di etilee il cloruro di metile, per le piccole e medie potenze. Tutti questi composti avevano tuttavialo svantaggio di essere tossici oltre che, in alcuni casi, altamente infiammabili. Per risolvere questo importante problema, all’inizio degli anni ’30 furono sviluppati e introdottidall’industria chimica i cosiddetti fluidi alogenati o clorofluorocarburi, adoperati fino ad ogginella maggioranza degli impianti di climatizzazione di tipo civile ed industriale, anche sel’ammoniaca trova ancora impiego in campo industriale. Il problema dell’impattoambientale, già approfondito nel corso del primo capitolo, emerso negli anni ’80 e ’90 e,

legato ad aspetti quali l’aggressività dei fluidi sintetici nei confronti dell’ozono atmosferico eil loro contributo all’effetto serra, ha portato al progressivo abbandono dei tradizionaliclorofluorocarburi. Per questo motivo c’è stato il conseguente sviluppo di una nuovagenerazione di composti con migliore compatibilità ecologica e una diversa progettazionedegli impianti frigoriferi.I fluidi frigorigeni sintetici puri sono comunemente indicati con una sigla costituita dallalettera R, che sta per refrigerante, seguita da un numero di due o tre cifre in funzione dellacomposizione chimica della molecola. Con l’introduzione dei nuovi fluidi frigorigeni, per irefrigeranti sintetici si è diffuso l’impiego dei simboli CFC, HCFC e HFC al posto dellalettera R: ciò permette di distinguere i fluido completamente alogenati (CFC) da quelliparzialmente alogenati (HCFC) o privi di atomo di cloro (HFC). Dal punto di vista chimico,

infatti, i fluidi sintetici appartengono alla famiglia dei composti alogeno-derivati, ovveroderivati dagli idrocarburi più semplici quali metano (CH4) ed etano (C2H6) tramitesostituzione parziale o totale degli atomi di idrogeno con atomi di alogeni come fluoro ecloro.La composizione chimica della molecola dei fluidi sintetici puri è individuata dal seguentesistema di numerazione:- prima cifra da destra = numero degli atomi di fluoro;- seconda cifra da destra – 1 = numero degli atomi di idrogeno;

- terza cifra da destra + 1 = numero degli atomi di carbonio.Il numero di valenze di carbonio (4) che restano da saturare indica il numero di atomi di

cloro.

•  Esempio Fluido R 22 (clorodifluorometano – CHClF2)2 = 2 atomi di fluoro;2 – 1 = 1 atomo di idrogeno;

0 + 1 = 1 atomo di carbonio;4 – 3 = 1 atomo di cloro.

I fluidi diversi dai refrigeranti sintetici puri sono invece designati con il seguente criterio:- serie 200 per i propani;

- serie 400 per le miscele zeotropiche;- serie 500 per le miscele azeotropiche;- serie 600 per i composti organici;

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- serie 700 per i composti inorganici.Nel passato, fino ad una decina di anni fa, due erano le famiglie di refrigeranti più diffusinel settore della refrigerazione: i clorofluorocarburi (CFC) totalmente alogenati, eidroclorofluorocarburi (HCFC) parzialmente alogenati. Questi fluidi sono stati usati per piùdi cinquant’anni dal loro sviluppo nella maggior parte delle applicazioni frigorifere

commerciali e residenziali finché, dal 1974 come già descritto nel primo capitolo, si costatòla presenza di un assottigliamento dello strato di ozono ad alta quota. Di questadiminuzione di concentrazione dello strato di ozono, fu attribuita la colpa in massima parteai CFC e in parte minore agli HCFC. Da allora questi due fluidi frigorigeni sono stati banditigradualmente da ogni applicazione, ed una delle caratteristiche fondamentali e richiestedalle normative mondiali che debbono possedere questi fluidi è quella di esserecompatibili con l’ambiente.

ODP

( R11=1 )

Vita media

atmosferica ( anni )

GWP CO2 = 1 100

anni

Gruppo di sicurezza

ASHRAE

R 11 1 45 3800 A1R 12 1 100 8500 A1

R 22 0,034 11,8 1500 A1

R 502 ( R 22 / 115 ) 0,3 11,8 / 1700 5490 A1

R 123 0,012 1,4 90 B1

R 134a 0 13,6 1300 A1

R 407C (R 32/125/134a 0 6 / 33 / 13,6 1500 A1

R 410A ( R 32/125 ) 0 6 / 33 1700 A1

R 717 (ammoniaca) 0 1 < 1 B2

R 290 (propano) 0 3 20 A3

Fluido ( miscele )

 Tabella 1 – Caratteristiche d’impatto ambientale e di sicurezza dei principali fluidi.

 A tale scopo sono stati sviluppati alcuni indici di compatibilità ambientale riportati intabella. L’ODP (ozone depletion potential) indica il potenziale distruttivo di un gas neiconfronti dell’ozono atmosferico, è compreso tra lo 0, per le sostanze inerti all’ozono, e l’1riferito al R 12 che è uno dei peggiori nemici dell’ozono. Il GWP (gross warming potential)indica la quantità di energia radiante nella fascia dell’infrarosso che il gas può assorbire inun tempo di 100 anni, resa non dimensionale rispetto al dato dell’anidride carbonica che èil principale gas ad effetto serra, infatti, GWP CO2 = 1, ed indica come l’emissione di unrefrigerante altera direttamente l’effetto di riscaldamento globale.Per quanto riguarda le caratteristiche di sicurezza d’impiego di un fluido si valutano in

termini di tossicità e di infiammabilità. La classificazione in base alla sicurezza dei fluidi,riportata in tabella, avviene secondo lo standard ASHRAE, che util izza una sigla compostada una lettera seguita da un numero. La lettera indica la tossicità del fluido incorrispondenza di una concentrazione inferiore a 400 ppm in volume. In questo modo laclasse A indica una bassa tossicità, mentre la classe B indica un’alta tossicità. Il numeroindica l’infiammabilità del fluido, secondo tre classi: classe 1, non infiammabile ovverosenza alcuna propagazione di fiamma in aria a 18 °C e 101 kPa; classe 2, a bassainfiammabilità, ovvero con limite inferiore di infiammabilità (LFL) superiore a 0,10 Kg/m3 a21 °C e 101 kPa e calore di combustione inferiore a 19.000 kJ/kg; classe 3, ad altainfiammabilità, ovvero con LFL inferiore o uguale a 0,10 Kg/m

3a 21 °C e 101 kPa, oppure

con calore di combustione superiore o eguale a 19.000 kj/kg. (tecnichenuove)

I fluidi devono inoltre possedere caratteristiche di stabilità, ovvero conservare nel tempo leproprietà chimico – fisiche nel campo delle temperature e delle pressioni interessate dalfunzionamento dell’impianto, sia in condizioni di normale esercizio che eccezionali. Non

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deve cioè decomporsi mettendo in libertà qualche elemento che lo compone, né cambiarecaratteristiche per fenomeni di polimerizzazione. Inoltre non devono reagire con i materialie le sostanze presenti nel circuito frigorifero, quali olio, rame e acciaio.La completa solubilità di un fluido frigorigeno nel lubrificante impiegato per il compressoreè determinante per assicurare la perfetta circolazione dell’olio nel circuito, e il suo ritorno al

compressore. Infatti, nel caso di separazione in 2 fasi, si possono formare porzioni ricchedi olio che si raccolgono in determinati punti del circuito, causando l’ostruzione del flusso ela riduzione della trasmissione del calore all’interno degli scambiatori. In questo casol’impianto dovrà essere dotato di meccanismi di scarico dell’olio stesso nei punti in cui sihanno queste ostruzioni di passaggio. Alcuni fluidi come l’R 12, sono miscibili in qualsiasiproporzione e a qualsiasi temperatura con gli oli minerali. Altri, come l’R 22, presentanoinvece limiti di miscibilità soprattutto alle basse temperature a causa dell’aumento diviscosità. In tal caso diventa essenziale progettare con attenzione le tubazioni del circuitofrigorifero.Da un punto di vista termodinamico la scelta di un fluido comporta talvolta uncompromesso tra valori contrastanti dei suoi parametri. Il calore specifico, per esempio,

non deve essere troppo basso poiché ciò implica un elevato surriscaldamento durante lacompressione, tuttavia non così alto da provocare la separazione di liquido nella fase dicompressione e notevoli perdite in quella di laminazione. Per quanto riguarda invece latrasmissione di calore all’interno degli scambiatori, sono sempre da ricercare bassi valoridi viscosità e altri valori del coefficiente di conduttività termica del liquido.

R 11

R 12

R 22R 502

R 123

R 134a

R 407C

R 410A

R 717

R 290

1.167,0

1.077,0

236,2

291,0

126,0

745,0

1.192,01.319,0

110,0

770,1

1.364,0

1.897,0

16,0

163,9

340,7

485,7

20,0

183,0

296,2349,0

FluidoPressione (kPa)

alla temperatura di - 15 °C alla temperatura di 30 °C

 Tabella 2 – Valori di pressione dei principali fluidi frigorigeni.

Per quanto riguarda le pressioni d’utilizzo dei fluidi, sono riportati nella tabella precedente i

valori riferiti alla temperatura d’evaporazione di – 15 °C e di condensazione di + 30 °C.

Naturalmente tutti i componenti dell’impianto devono avere una resistenza alla pressioneadeguata al fluido utilizzato. Poiché le pressioni d’evaporazione e di condensazionerappresentano i limiti entro i quali il compressore deve operare, la caratteristica pressione – temperatura del frigorigeno deve consentire la realizzazione di condizioni operative,rapporto di compressione, favorevoli al sistema costruttivo del compressore. L’efficienza diun ciclo richiede pressioni d’evaporazione elevate, insieme a pressioni di condensazionepiù basse possibili. D’altra parte elevate pressioni all’evaporatore comportano anche altedensità del gas aspirato con maggiori rese volumetriche dei compressori. E’ auspicabileinoltre che l’evaporazione avvenga ad una pressione superiore a quella atmosferica, siaper evitare l’introduzione d’aria nell’impianto, sia per rendere facilmente avvertibile ognifuga di gas.

La tabella di seguito riporta i valori del punto d’ebollizione normale, ovvero alla pressionedi 101,325 kPa, e della temperatura critica. Per le miscele è inoltre riportato il valore delloscorrimento di temperatura, mentre il punto d’ebollizione è stato convenzionalmente

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assimilato alla temperatura di bolla. Per avere una pressione d’evaporazione positivaall’interno del circuito, il punto d’ebollizione a pressione atmosferica, deve essere inferiorealla più bassa temperatura operativa.

Punto di ebollizione normale (glide) Temperatura critica

R 11 + 23,8 198,0R 12 - 29,8 112,0

R 22 - 40,8 96,0

R 502 - 45,6 82,2

R 123 + 27,8 184,0

R 134a - 26,1 101,0

R 407C - 43,6 (5,4) 86,7

R 410A - 51,4 (<0,1) 72,5

R 717 (ammoniaca) - 33,4 133,0

R 290 (propano) - 42,1 96,8

Fluido

 Tabella 3 – Punto d’ebollizione normale, glide e temperatura critica dei fluidi

frigorigeni.

La temperatura critica condiziona il campo d’impiego di un fluido, determinando il valoredelle pressioni operative del ciclo. Il suo valore ottimale è il risultato di un compromessotra l’aumento del rendimento in corrispondenza di temperature critiche elevate, e ilcontenimento della portata volumetrica in fase vapore, che si ottiene invece con valori piùvicini alle temperature operative. E’ tuttavia obbligatorio che la temperatura critica siasuperiore a quella massima che si è costretti a raggiungere per la condensazione delrefrigerante. Nello stesso modo la temperatura di congelamento del liquido deve esseresufficientemente bassa, ed in ogni caso inferiore alla temperatura d’evaporazione che sipuò verificare nell’utilizzazione del fluido come refrigerante.

Per quanto riguarda gli impianti funzionanti con compressori volumetrici è preferibile avereun basso volume specifico del vapore per ridurre al minimo le cilindrate. Infatti, per questotipo di compressori l’esigenza di rendere minime le cilindrate, comporta l’impiego direfrigeranti ad elevata produzione frigorifera volumetrica. Al contrario per i compressoricentrifughi si impiegano refrigeranti con elevato volume specifico, al fine di ottenere larghipassaggi del gas e aumentare il rendimento.Un'altra caratteristica che il fluido frigorigeno deve possedere, è quella di essere solubile inacqua, in modo tale, che nel caso in cui questa è presente nell’impianto, eviti di congelarenei punti delicati del circuito, esempio l’orifizio della valvola d’espansione, e quindil’insorgere di condizioni anormali di funzionamento.La differenza tra i valori di entalpia del refrigerante saturo allo stato di liquido, in

corrispondenza della temperatura di condensazione, e allo stato di vapore, allatemperatura di evaporazione, determina il calore latente di evaporazione, nonché l’effettofrigorifero. Inoltre, l’effetto frigorifero dipende dall’esponente della compressione

adiabatica, p⋅vk

= costante, infatti, migliora nel momento in cui è prossimo all’unità. Ciò alfine di ridurre il grado di surriscaldamento alla compressione e quindi, a parità di salto dipressione da superare, il lavoro richiesto. Detto esponente è espresso dal rapporto tra icalori specifici a pressione e volume costanti del vapore stesso: k = c p / cv. L’effettofrigorifero dipende anche dal calore specifico del liquido che deve essere tale daminimizzare la frazione di liquido evaporata durante l’espansione dalla pressione dicondensazione a quella di evaporazione. Il valore del coefficiente di prestazione, COP, delciclo frigorifero di un fluido riferito a determinate condizioni d’impiego, risulta tra il rapportotra l’effetto frigorifero e il lavoro di compressione. Esso è strettamente legato al valoredella temperatura critica e a quello del calore specifico, parametri che determinano laforma generale della curva liquido –vapore di un fluido.

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Effetto frigorifero ( kj/kg ) COP

R 11 156,22 5,09

R 12 116,58 4,69

R 22 163,79 4,65

R 502 104,39 4,43R 123 142,76 4,86

R 134a 149,95 4,60

R 407C 162,28 4,51

R 410A 167,68 4,41

R 717 (ammoniaca) 1102,23 4,84

R 290 (propano) 279,88 4,74

Fluido

 Tabella 4 – Effetto frigorifero e coefficiente di prestazione (COP) dei fluidi

frigorigeni.

Nella tabella sono riportati i valori di effetto frigorifero volumetrico e di COP riferiti ad una

temperatura di evaporazione di – 15 °C, condensazione di + 30 °C, surriscaldamento esottoraffreddamento nulli. Per spiegare il significato di COP c’è bisogno del concetto diambiente, cioè dello spazio fisico attorno al dispositivo, perché il coefficiente diprestazione dà appunto la misura dell’efficienza energetica in rapporto all’ambiente. Infatti,pensiamo ad un impianto frigorifero, è evidente che il suo funzionamento risentemoltissimo della differenza di temperatura alla quale si trovano i due ambienti tra i quali ilcalore deve essere trasportato, siccome il lavoro da fornire all’impianto sarà diverso seattorno al dispositivo ci sono 10 °C o 40 °C. Si può quindi affermare che l’efficienza di unimpianto frigorifero, o pompa di calore, è misurata dal suo coefficiente di prestazione,definito come rapporto tra la quantità di calore trasportato e la quantità di energia spesaper trasportarlo.

Come ultime caratteristiche che devono avere i fluidi frigorigeni e che sono tra le piùimportanti per le ditte produttrici, sono la facile reperibilità degli stessi e il costo delrefrigerante che deve essere il più contenuto possibile.(tecnichenuove, rapin )Considerando le caratteristiche proprie dei singoli fluidi frigorigeni impiegati nella modernatecnica frigorifera, è bene precisare che nessuno di quelli conosciuti ad ora possiede latotalità delle qualità ideali finora elencate. Sicché la scelta di un fluido non è univoca, bensìva’ valutato caso per caso in relazione alle condizioni di utilizzo richieste.

3.2 I fluidi frigorigeni del passato: i clorofluorocarburi ( CFC ).

Con il termine di fluidi frigorigeni del passato si intendono tutti quei fluidi, normalmente inuso fino a pochi anni fa, composti da tre tipi di elementi chimici: il cloro, il fluoro e ilcarbonio. Da qui la loro denominazione di clorofluorocarburi, abbreviati in CFC. Questifluidi furono inventati negli anni ’30 dall’americano Thomas Midgley, e grazie alle lorocaratteristiche che ne facevano dei formidabili fluidi frigorigeni, soppiantarono rapidamentetutti i fluidi naturali e fino a quel momento rappresentavano l’unica soluzione negli impiantidi refrigerazione. I CFC sono fluidi sintetici, cioè non si trovano in natura ma sono prodottidall’uomo grazie all’industria chimica, e sono derivati da idrocarburi quali il metano ( CH4 )e l’etano ( C2H6 ), per sostituzione di tutti gli atomi di idrogeno ( H ) con atomi di cloro ( Cl )e fluoro ( F ). Questi composti, oltre che utilizzo come fluidi frigorigeni, furono utilizzati per molti anni anche in altri campi, quali: propellenti nelle bombolette spray; agentischiumogeni nella produzione di imballaggi, esempio polistirolo; detergenti usatinell’industria elettronica e prodotti chimici come estinguenti per incendi. Le proprietà chepossiedono i CFC sono:

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• sono fluidi molto stabili chimicamente, cioè mantengono inalterate le loro proprietà nellepiù svariate condizioni fisiche;

• non sono tossici per l’uomo;

• non sono infiammabili;ed inoltre, le caratteristiche specifiche per i CFC nell’utilizzo come fluidi frigorigeni sono:

• garantiscono un buon rendimento della macchina frigorifera in rapporto al quantitativod’impiego;

• possiedono in generale un basso punto di ebollizione alla pressione atmosferica;

• non pongono particolari impieghi d’utilizzo, quali la solubilità con gli oli mineralilubrificanti del compressore, compatibilità con i materiali elettrici isolanti del motore,durante le procedure di carica e reintegro della carica stessa, e diversi altri ancora aseconda del CFC specifico;

• erano prodotti a costi relativamente contenuti.Per tali ragioni dagli anni ’30 sono stati utilizzati senza alcun problema nel campo dellarefrigerazione e del condizionamento. In 60 anni di studi e ricerche le aziende produttricisono riuscite a produrre fluidi, sempre CFC, dalle buone caratteristiche termodinamichecon costi contenuti. Non si sono mai preoccupate però, visto anche che i problemi sononoti solo da alcuni anni, dell’impatto che tali fluidi avevano sull’atmosfera, una volta liberatiin essa. Infatti, come già descritto ampiamente in precedenza, a causa della combinazionetra fluoro e cloro la composizione dei CFC è talmente stabile che può rimanere invariataanche per decine di anni, una volta che sono stati immessi nell’atmosfera. In tale periodo ilgas raggiunge la zona alta della stratosfera, dove il cloro in esso contenuto è libero direagire con l’ozono, diminuendone la quantità, fenomeno del buco dell’ozono, e quindi lacapacità di assorbire i raggi ultravioletti emessi dalle radiazioni solari che sono altamentepericolosi per la salute dell’uomo, e non solo. La stabilità chimica permette ai CFC, inoltre,che essi vadano con il passare degli anni accumulandosi nell’atmosfera, contribuendo ad

accentuare in questo modo un altro problema che impensierisce l’umanità: l’effetto serra.(www.interfred)Per questi motivi i CFC nei paesi sviluppati non sono più in produzione dal 1996, inoltresono previste procedure per la sostituzione nei vecchi impianti funzionanti con CFC confluidi di nuova generazione. Nei paesi sottosviluppati questi composti continuano adessere utilizzati, secondo gli accordi presi a Copenaghen, grazie alla proroga di 10 anniper la dismissione dei CFC. Molti problemi ci sono tuttora per la sostituzione dei CFC conaltri fluidi frigorigeni, questo è dovuto essenzialmente sia per le differenti caratteristichetermodinamiche tra i fluidi in questione, sia per il problema della compatibilità tra il fluidoche sostituisce il CFC e gli organi che compongono l’impianto frigorifero.L’R 11 ( monofluorotriclorometano C F Cl3 ) è un fluido con caratteristiche proprie dei CFC,

precedentemente elencate, inoltre il basso valore, 1.18, dell’esponente di compressioneadiabatica comporta temperature di fine compressione moderate. Grazie al basso valoredi pressione e, di conseguenza, al ridotto effetto frigorifero volumetrico, questo fluido haconsentito di estendere l’impiego di compressori centrifughi al campo delle basse potenze,fino a 300 kW come valore minimo. A causa dell’elevata temperatura di ebollizione ècaratterizzato da pressioni negative in corrispondenza delle normali temperature dievaporazione, con conseguente necessità di impiego di dispositivi di spurgo per eliminareeventuali infiltrazione di aria e umidità dal circuito. Questo fluido allo stato anidro non haattività corrosiva nei confronti dei metalli comuni, tuttavia va evitato l’impiego del magnesioo di leghe che ne contengono più del 2%. La solubilità in acqua dell’R 11 è bassa, anchese le temperature alle quali il frigorigeno è utilizzato non comportano però pericoli di gelo.

Poiché l’impiego dell’R 11 è limitato esclusivamente ai compressori centrifughi, il problemadella miscibilità di questo fluido con gli oli di lubrificazione può essere considerato

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secondario. L’impiego dell’R 11 è limitato al campo del climatizzazione e refrigerazioneindustriale con compressori centrifughi monostadio. ( rapin ) L’R 12 ( diclorodifluorometano C F2 Cl2 ) appartiene anch’esso alla famiglia dei CFC, e diconseguenza le caratteristiche fondamentali rispecchiano quelle elencate in precedenza.E’ stato il primo fluido frigorigeno fluoroclororurato ad essere prodotto su scala industriale

nella metà degli anni ’30. Il valore dell’esponente di compressione è basso, circa 1.14, ciòcomporta temperature di fine compressione moderate per rapporti di compressione ancheelevati. Questo fluido ha trovato largo impiego nei compressori centrifughi al disopra diuna certa potenza frigorifera, 900 kW, come pure nei condizionatori per autoveicoli. E’stato inoltre usato per le pompe di calore per il riscaldamento dell’acqua fino a + 80 °C inquanto consente di raggiungere elevate temperature di condensazione a temperatureinferiori rispetto ad altri fluidi frigorigeni. Per quanto riguarda la corrosività l’R 12 sicomporta nelle stesso modo dell’R 11, cioè attacca solo il magnesio e le sue leghe conpresenza maggiore del 2%. Tuttavia, in presenza di umidità e alle alte temperature disurriscaldamento si verificano fenomeni di corrosione anche sui metalli comunementeimpiegati nella tecnica frigorifera, e ciò in conseguenza alla formazione di acido cloridrico

e fluoridrico. Per questo motivo l’essiccazione degli impianti doveva essere svolta conscrupolosa cura. L’R 12 presenta una grande miscibilità con gli oli lubrificanti, e di ciòoccorre tener conto al fine di assicurare costantemente il ritorno al compressore dellostesso trascinato in circolo dal frigorigeno. Viceversa, è poco solubile nell’acqua, per cuiquella eventualmente presente nell’impianto può congelare all’atto dell’espansione delrefrigerante provocando ostruzioni. ( rapin )

3.3 I fluidi frigorigeni di transizione: gli idroclorofluorocarburi ( HCFC ).

Gli idroclorofluorocarburi, come i CFC, sono composti sintetici derivanti dagli idrocarburi,con la differenza dai fluidi completamente alogenati che gli atomi di idrogeno non sono tutti

sostituiti da quelli del cloro e fluoro, bensì solo per una parte dando così luogo a fluidiparzialmente alogenati. Quindi gli idroclorofluorocarburi sono composti oltre dal cloro,fluoro e carbonio, anche da uno o più atomi di idrogeno ( H ), da qui il nome e la siglaHCFC usata in fisica tecnica. Gli HCFC dal punto di vista dell’impatto ambientale risultanomeno nocivi, rispetto i CFC, nei confronti dell’ozono stratosferico, in quanto meno stabiliper effetto della presenza residua di atomi di idrogeno nella molecola. In questo modo nelmomento in cui alcune particelle di HCFC sono immesse nell’ambiente esterno, risultanopiù facilmente attaccabili da parte degli agente atmosferici, diminuendo cosi la probabilitàche le stesse raggiungano gli strati più alti dell’atmosfera. Per questo motivo gli HCFCimmessi nell’atmosfera hanno una vita media di 10 volte inferiore ai CFC. Gli HCFC hanno

le proprietà principali molto simili a quelle dei fluidi completamente alogenati, vanno quindiconsiderate caso per caso in relazione all’uso che se ne deve fare.L’R 22 ( monoclorodifluorometano C H F2 Cl ) ha l’esponente k di compressione adiabaticapiù elevato che per l’R 12, cioè 1.19 contro 1.14 del CFC, che comporta , a parità dicondizioni operative, temperature di fine compressione più elevate. L’R 22 sotto il profilodella produzione frigorifera volumetrica è paragonabile a quella dell’ammoniaca, con ladifferenza che presenta dei rapporti di compressione meno elevati, una tensione di vaporemaggiore alle basse temperature e una grande sicurezza d’impiego. La produzionefrigorifera volumetrica dell’R 22 è di circa il 60% superiore a quella dell’R 12 e permettel’utilizzo di compressori di minore cilindrata. Tuttora è il fluido frigorigeno maggiormenteutilizzato in impianti di climatizzazione e refrigerazione commerciale e industriale. Viene

utilizzato con tutti i tipi di compressori di qualsiasi potenza, centrifughi con potenzasuperiore a 5000 kW. Allo stato anidro è inerte rispetto ai metalli e alle leghe normalmenteutilizzate negli impianti di refrigerazione, tuttavia in presenza di umidità interviene il

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pericolo di corrosioni per la formazione di acido clorodrico e fluoridrico. L’R 22 è molto piùsolubile in acqua dell’R 12, fino a 10 – 12 volte, escludendo in pratica il pericolo diostruzioni alle valvole di espansione per formazione di ghiaccio, anche se è fondamentalefare un’accurata disidratazione dell’impianto. L’R 22 presenta la particolarità d’esseremolto miscibile con gli oli incongelabili ordinari alle alte temperature, e poco miscibile con

essi alle basse temperature. Una miscibilità più elevata è assicurata dall’impiego di oliincongelabili sintetici, fino oltre i – 70 °C. ( rapin )L’R 123 ( diclorotrifluoroetano C H Cl2 C F2 ) è un fluido sintetico HCFC, appositamentesviluppato per i compressori funzionanti con R 11 quale suo sostituto. Presenta un GWPmolto più basso rispetto tutti gli altri fluidi, e un ridotto valore di TEWI, Total EquivalentWarming Impact, che a differenza dell’indice precedente tiene conto dell’impatto sulriscaldamento della Terra per l’intero ciclo di vita di un fluido, dal processo di produzione,al funzionamento in un impianto frigorifero, fino alla dismissione dello stesso. Tuttavia haun indice ODP non nullo, anche se molto basso 0,012, quindi il suo impiego nei paesi dellaUE è stato vietato in impianti nuovi a partire dal 2001, mentre secondo il Protocollo diMontrèal è consentito fino al 2030. Per tale motivo viene ampiamente utilizzato in Nord

 America anche come sostituto di retrofit dell’R 11 con ottime caratteristiche di efficienzaenergetica. Rispetto all’R 11 comporta una leggera diminuzione di resa e di rendimento,mentre non presenta problemi di compatibilità con gli oli minerali. Ha invece elevateproprietà solventi incompatibili con gli elastomeri delle guarnizioni, delle tenutemeccaniche e con altri materiali impiegati per l’isolamento dei motori dei compressorisemiermetici. Un altro problema risiede nella sua pur modesta tossicità, secondo laclassificazione ASHRAE B1, giacche il limite di esposizione tollerabile ( AEL ) è statostabilito in 10 ppm contro i 100 ppm dell’R 11.Per questo motivo per il suo utilizzo eranorichieste particolari norme di sicurezza.

3.4 I fluidi frigorigeni che non danneggiano l’ozono: gli idrofluorocarburi ( HFC ).

La messa al bando dei CFC e la graduale eliminazione anche degli HCFC dovute allapresenza nella molecola di atomi di cloro, hanno portato alla nascita degli idrofluorocarburi( HFC ), refrigeranti che hanno effetto nullo per quanto riguarda l’aggravamento del bucodell’ozono. Tuttavia, anche tali fluidi non sono perfettamente eco-compatibili, in quanto laloro liberazione in atmosfera contribuisce ad aumentare l’effetto di surriscaldamento dellaTerra. Il successo di questo tipo di fluido frigorigeno non è stato finora esaltante,soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo come fluidi puri. Questo è dovuto maggiormente alfatto che gli HFC non offrono nella maggior parte dei casi prestazioni comparabili con ifrigorigeni CFC e HCFC, per cui l’operazione di retrofit dei vecchi impianti non risulta

sempre di semplice e possibile effettuazione. Gli HFC sono anch’essi fluidi sintetici derivatidagli idrocarburi ma, con la differenza dai fluidi analizzati precedentemente, con gli atomidi idrogeno sostituiti solamente da atomi di fluoro, e non quindi anche da quelli di cloro. Inuovi fluidi sintetici si dividono in fluidi puri a singolo componente, e miscele a piùcomponenti.L’R 134a ( tetrafluoroetano C H2 F C F3 ) è un fluidi sintetico puro della famiglia degli HFC,la molecola non contiene atomi di cloro e per questo possiede un ODP nullo. In virtù dicaratteristiche di resa e rendimento molto simili, viene utilizzato in impianti sia nuovi siaesistenti quale sostituto definitivo dell’R 12 in tutte le applicazioni tipiche di questo fluidoche, ormai vietato anche nei vecchi impianti, vanno dai gruppi centrifughi ai condizionatoriper auto. Inoltre, l’R 134a è utilizzato come sostituto dell’R 114 nelle pompe di calore di

grande potenzialità con elevate temperature di condensazione. L’R 134a non risultasolubile negli oli minerali normalmente impiegati con l’R 12 e richiede l’uso di oli poliesteri,il cui utilizzo esige tuttavia una particolare attenzione data la loro elevata igroscopicità. I

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compressori per l’R 134a sono identici a quelli standard, mentre le valvole termostatiche efiltri essiccatori devono essere studiati specificamente per questo fluido frigorigeno. Per glialtri componenti, che possono essere pressostati, valvole solenoidi, valvole di ritegno evalvole a 4 vie, per le pompe di calore, è necessario ricalcolare i valori di pressione e diportata di massa. L’R 134a risulta invece non adatto come sostituto dell’R 22 in macchine

con compressori volumetrici in quanto, a causa del più basso valore della pressione disaturazione alle stesse temperature, richiederebbe compressori con volumi generatisuperiori al 50% a parità di potenza frigorifera e tubazioni di maggior diametro per contenere le perdite termodinamiche entro certi limiti adeguati. Viene tuttavia impiegato ingruppi con compressore a vite e con scambiatori allagati. L’R 134a non presenta problemidi compatibilità con i materiali normalmente utilizzati per i circuiti e i componenti, possiedeuna bassa tossicità, analoga a quella dell’R 12. (tecniche nuove)  Analizzando ora le miscele si può dire in generale che, quando si miscelano due fluidiaventi la stessa natura chimica e inerti l’uno nei confronti dell’altro, si ottiene una miscelale cui proprietà dipendono da quelle dei componenti. L’ebollizione di una miscela presentad’altra parte le particolarità: la temperatura non resta costante nel corso dell’ebollizione,

ma s’innalza progressivamente; in più, variano progressivamente , sempre nel corsodell’ebollizione, tanto la composizione del liquido quanto quella del vapore sviluppato. Soloalla fine si ritrovano nel vapore le proporzioni iniziali della miscela allo stato liquido.Tuttavia, con una proporzione ben definita dei due componenti è possibile ottenere unamiscela le cui proprietà fisiche sono completamente diverse da quelle di una genericamiscela, sia perché il punto d’ebollizione è più basso di quello dei singoli componenti, siaperché l’ebollizione stessa si svolge a temperatura costante con composizione altrettantocostante tanto del vapore quanto del liquido. (rapin) In questo modo le miscele di varicomponenti vengono definite, secondo le caratteristiche e il comportamento, comeazeotropiche, quasi azeotropiche e zeotropiche. Le miscele azeotropiche realizzano iprocessi di cambiamento di fase a pressione e temperatura constanti, pertanto si

comportano come i fluidi frigorigeni puri, anche per quanto riguarda il mantenimento dellacomposizione nel caso di fughe dal circuito frigorifero. Invece nelle miscele zeotropiche,durante il cambiamento di fase, si riscontra uno scorrimento di temperatura,soprannominato glide. Tale caratteristica può provocare una variazione dellacomposizione della miscela, frazionamento, sia durante la fase di carica sia nel caso difughe, in quanto diminuisce il contenuto del componente più volatile. A sua volta lavariazione della composizione può comportare due effetti negativi: uno scadimento delleprestazioni di funzionamento delle macchine e la trasformazione della miscela in sostanzainfiammabile, nel caso in cui uno dei componenti sia appunto infiammabile. In realtà leprove effettuate sia in laboratorio sia negli impianti realmente funzionanti, hanno permesso

di appurare che, in caso di fughe, il frazionamento non risulta così accentuato dainfluenzare negativamente le prestazioni, né da rendere pericoloso l’utilizzo di questemiscele. Tuttavia il rischio esiste e richiede una certa perizia nelle fasi di manutenzione diun’apparecchiatura frigorifera con queste caratteristiche. Ad esempio dovendo effettuareun rabbocco del circuito a seguito di una fuga, si consiglia lo svuotamento completo nelcaso in cui la perdita è stata maggiore del 30 %.

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 p0

   P   (   M   P  a   )

 pK  3 2

t =  c o sta nt e 

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h (Kj/Kg)

CON GLIDE

 Figura 1 – Comportamento di una miscela zeotropica sul diagramma P – h.

Dalla figura 1 si può notare come i processi di evaporazione e di condensazione riferiti aduna miscela zeotropica, avvengono a pressione costante ma a temperatura variabilesecondo un certo valore di glide. Le miscele quasi azeotropiche presentano un leggeroscorrimento della temperatura durante il cambiamento di fase, tale però da non provocareeffetti apprezzabili sulle prestazioni e la sicurezza dell’impianto.L’R 407c è una miscela zeotropica composta da R 32, R 125 e R 134a, con caratteristicheoperative molto simili all’R 22, infatti, costituisce la soluzione più semplice per il retrofitdegli impianti sia esistenti sia nuovi, considerati i minimi cambiamenti da effettuare sulle

macchine attualmente in produzione. Peraltro, ha un’efficienza inferiore di circa il 5 %rispetto a quella dell’R 22 e, soprattutto, un elevato valore (5,4 °K) dello scorrimento ditemperatura nel cambiamento di fase con conseguente rischio di frazionamento dellamiscela. Il suo impiego è quindi da evitare nelle applicazioni ove il gl ide può causare effettinegativi sulle prestazioni, come ad esempio in impianti con evaporatore allagato o conevaporatori multipli. (tecniche nuove) L’R 410a è una miscela di R 32 e R 125 con comportamento quasi azeotropico, ovverocon glide trascurabile. Rispetto all’R 22 presenta una minore efficienza teorica del ciclofrigorifero, dovuta ad una bassa temperatura critica, compensata tuttavia da miglioricaratteristiche di scambio termico. Inoltre la maggiore densità in fase vapore permette, aparità di potenza resa, di ridurre la grandezza dei componenti meccanici e delle tubazioni,

quindi anche della carica di fluido. Ciononostante è caratterizzata da pressioni operativesensibilmente più elevate rispetto all’R 22, che comportano la necessità di riprogettarecompletamente le macchine e i circuiti frigoriferi. (tecniche nuove) L’R 404, l’R407A, l’R 407B e l’R 507 sono delle miscele utilizzate come sostituti dell’R 502,per l’applicazione in impianti di refrigerazione commerciale. (tecniche nuove) I fluidi HFC non contenenti cloro non sono miscibili con i normali oli minerali utilizzatinormalmente con fluidi CFC e HCFC, per questo motivo al loro posto devono essereimpiegati lubrificanti sviluppati appositamente. I più diffusi tra questi sono gli oli poliesteri(POE), lubrificanti sintetici costituiti da acidi organici e alcoli a base di neopentile. Rispettoagli oli minerali, i POE sono completamente privi di cera, presentano una migliore stabilitàtermica e sono biodegradabili. Tuttavia, il loro utilizzo richiede particolare attenzione

poiché sono estremamente igroscopici e l’umidità che tendono a trattenere è difficilmenterimovibile con le normali tecniche di messa in vuoto e disidratazione, per questo nondevono rimanere esposti all’aria. I maggiori costruttori di compressori prescrivono che il

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massimo contenuto di umidità ammesso negli oli POE sia di 50 ppm. Al disopra di 100ppm possono verificarsi fenomeni di corrosione dei metalli, ramatura e formazione acidi ealcol con una riduzione delle prestazioni e della durata dell’impianto. Particolarmenteimportante è quindi la scelta dei filtri essicatori da installare sul circuito frigorifero, sia nellacostruzione di impianti nuovi sia nelle operazioni si servizio. In caso d’impiego di un fluido

HFC in sostituzione di un CFC o di un HCFC in un impianto esistente, prima della caricacon la nuova miscela refrigerante – olio POE, occorre controllare che non vi siano residuidi CFC, dato che la presenza di cloro può causare la decomposizione del nuovolubrificante, né tracce di oli minerali precedentemente usati. E’ necessario quindi effettuareun perfetto lavaggio del circuito. Oltre ai POE sono disponibili anche altri tipi di lubrificantespecificamente sviluppati per gli HFC, quali ad esempio gli oli polialchilbenzenici (PAG) egli oli di etere polivinile (PVE). (tecniche nuove)

3.5 I fluidi frigorigeni naturali.

Una volta appurata su base scientifica la fondatezza delle teorie relative alla responsabilità

di CFC e HCFC sul buco nell’ozono e ottenuta la loro eliminazione, l’attenzione dellacomunità scientifica e degli ambientalisti si è spostata sull’effetto serra. Questo fenomenoè provocato dal rilascio in atmosfera di vari gas, tra i quali anche gli HFC che rientranonell’elenco di sostanze regolamentate dal protocollo di Kyoto. Per il momento, tuttavia, nonsembra sussista una reale probabilità di regolamentazione a livello mondiale, ma non è daescludere che nel prossimo futuro vengano adottate misure restrittive, in particolare inambito comunitario. Ciò spiega l’interesse verso l’impiego di fluidi naturali, in particolareammoniaca, idrocarburi e anidride carbonica, che presentano un impatto ambientaleinferiore a quello degli HFC, con ODP nullo e GWP e TEWI molto bassi. (tecniche nuove) La prima sostanza reperibile in natura candidata ad essere un fluido frigorigeno negliimpianti detti a compressione di vapore, di cui fanno parte i comuni frigoriferi domestici, è

l’acqua, dato il suo basso costo e la grande disponibilità in natura unito al fatto che non èné tossica né esplosiva. Tuttavia, l’acqua non può essere utilizzata come fluido frigorigenoper diversi ed importanti problemi. L’inconveniente più evidente che ne impedisce l’utilizzoin tutti i campi della tecnica del freddo è la temperatura di fusione che è di soli 0 °C,imponendo così un limite inferiore di temperatura raggiungibile al massimo di 1 °C per evitare il congelamento del fluido frigorigeno acqua. Questa temperatura minimaraggiungibile dal ciclo frigorifero ad acqua è evidente come non sia sufficientemente bassaper la maggior parte delle applicazioni. Inoltre, anche per temperature superiori lapressione di saturazione risulta essere molto bassa, 0.05 bar ad una temperatura di 35 °C,con il problema di possibili infiltrazioni d’aria nel circuito che deve operare in condizioni di

vuoto molto spinto. L’ultimo aspetto negativo per l’uso di acqua come fluido frigorigeno, èquello del valore elevatissimo di volume specifico del vapore saturo, che imporrebbe delledimensioni del tutto antieconomiche per le macchine di compressione. (liceo foscarini) L’ammoniaca ( in fisica tecnica R 717 con formula chimica N H3 ) è stato il primo fluidofrigorigeno utilizzato nelle macchine a compressione di vapore. La prima macchina acompressione di ammoniaca fu messa a punto dall’industriale tedesco Linde tra il 1870 e il1874, mentre il fisico francese Carré fu il primo ad avere l’idea di utilizzare questo fluido inmacchine frigorifere ad assorbimento nel 1859. L’ammoniaca è una sostanza moltotossica, ma il suo caratteristico odore pungente costituisce un segnale d’allarme moltoefficace quando la concentrazione è debole e non ha ancora raggiunto la soglia dipericolosità. Inoltre, è moderatamente infiammabile, secondo il gruppo di sicurezza

 ASHRAE B2, pur diventando esplosiva solo quando la sua concentrazione nell’aria risultafra il 13 e il 27 %, pari a 130.000 e 270.00 ppm. E’ anche incompatibile con la presenza dirame nel circuito: ciò ne esclude l’impiego con i normali compressori ermetici o

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semiermetici utilizzati nel campo della climatizzazione. A questi aspetti negativi fannotuttavia riscontro le ottime caratteristiche di efficienza termodinamica, il ridotto volumespecifico, l’elevato calore di evaporazione, le eccellenti proprietà di trasmissione di caloree il costo contenuto, requisiti che ne giustificano il diffuso impiego in impianti industriali dimedia e grande potenzialità. (tecniche nuove) L’elevato valore dell’esponente k di

compressione adiabatica, pari ad 1.32 nel ciclo frigorifero –15 e +30 °C, limita il rapporto dicompressione amissibile, va infatti evitato che la temperatura di fine compressioneraggiunga valori tali da alterare l’olio di lubrificazione. L’R 717 è solubilissimo in acqua,mentre presenta una solubilità minima con gli oli lubrificanti.(rapin) In particolarel’ammoniaca viene impiegata in impianti per il raffreddamento, surgelazione, congelazionee conservazione di derrate alimentari, realizzati a regole d’arte e dotati di dispositivi dirilevazione ed evacuazione delle fughe di gas come prescritto dalle normative disicurezza. L’impiego dell’ammoniaca nel campo della climatizzazione è stato invece finoralimitato proprio a causa delle sue caratteristiche di tossicità ed infiammabilità, checomportano elevati costi dei sistemi di sicurezza. Tuttavia il suo utilizzo è aumentato negliultimi anni poiché sono disponibili ormai gruppi refrigeratori monoblocco di media

potenzialità aventi dimensioni compatte, con costi più contenuti e carica ridotta grazie alleinnovazioni tecnologiche. Di queste innovazioni fanno parte i nuovi compressorisemiermetici con motore incapsulato compatibili con l’ammoniaca, gli oli sintetici di tipoPAG che permettono l’impiego di scambiatori ad espansione secca, scambiatori a piastresaldate al posto degli ingombranti evaporatori di tipo allagato. Ovviamente le centralifrigorifere devono essere realizzate a perfetta tenuta e dotate di sistemi di ventilazione e dievacuazione all’esterno in condizioni di sicurezza, oppure con assorbimento in lavatorid’acqua. Sono inoltre disponibili gruppi con condensazione ad aria per l’istallazioneesterna, che consentono di evacuare direttamente nell’atmosfera le eventuali fughe. (tecniche nuove) Gli idrocarburi presentano caratteristiche di efficienza energetica e d’impatto ambientale

molto interessanti. L’infiammabilità della loro miscela a contatto con l’aria ne aveva tuttaviasempre precluso l’impiego come sostanze frigorigene, fino a quando la campagnacondotta dai gruppi ambientalisti contro gli HFC ha fatto si che il loro possibile utilizzovenisse riconsiderato ed accolto in apparecchiature di ridotta potenza con carica di fluidofrigorigeno molto contenuta. Attualmente tutti i maggiori costruttori di frigoriferi domesticiproducono apparecchi funzionanti con isobutano R 600a, mentre il propano R 290, chepuò essere considerato un fluido gemello dell’R 22, viene utilizzato da alcuni costruttori inpiccoli apparecchi di condizionamento di tipo trasferibile dotati di caratteristicheantideflegranti.L’anidride carbonica presenta interessanti prospettive di futura applicazione come fluido

frigorigeno, anche se per il momento è ancora in corso la fase di sperimentazione suprototipi. E’ caratterizzata da una temperatura critica molto bassa, pari a 30.85 °C a 73.53bar. Ne consegue che il ciclo frigorifero è di tipo transcritico, ovvero la temperatura di finecompressione è superiore a quella critica. Il condensatore tradizionale è quindi sostituitoda uno scambiatore di smaltimento del calore denominato gas cooler . I campi d’impiegopiù interessanti sono quelli dei condizionatori per autoveicoli, degli impianti direfrigerazione commerciale e delle pompe di calore per il riscaldamento dell’acquasanitaria. In quest’ultimo caso lo scorrimento di temperatura della CO2 durante la fase dismaltimento supercritico del calore comporta un ottimo adattamento della temperatura nelriscaldamento dell’acqua sanitaria e ciò, in aggiunta agli elevati valori di efficienza dicompressione e alle buone caratteristiche di scambio di calore, rende possibile la

realizzazione di sistemi molto efficienti. (tecniche nuove)

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3.6 Considerazioni sulle operazioni di retrofit nei vecchi impianti.

Il problema della sostituzione è stato affrontato seguendo due strade diverse: quella dei

fluidi naturali e quella dei fluidi sintetici. In entrambi i casi si è pensato all’utilizzo di fluidipuri o di miscele. Nella tabella riportata di seguito sono indicati per i CFC e gli HCFCalcuni possibili sostituti evidenziando la possibilità o meno di riutilizzare lo stesso impiantocon opportune modifiche, retrofit.

Composizione

( % fraz. di massa )

GWP CO2 = 1

100 anni

Sostituto

( Retrofit / Nuovo )

R 23 / 12100 R 13 - R 13b1 - R 503

R 134a ( A2 ) / 1300 R 12 - R 22 (R,N)

R 404a ( A1/A1 ) R 125/143a/134a (44/52/4) 3700 R 502 - R 22 (R,N)

R 407a ( A1/A1 ) R 32/125/134a (20/40/40) 1900 R 502R 407b ( A1/A1 ) R 32/125/134a (10/70/20) 2600 R 12 - R 502

R 407c ( A1/A1 ) R 32/125/134a (23/25/52) 1500 R 22 (R,N)

R 410a ( A1/A1 ) R 32/125 (50/50) 1700 R 22 (N)

R 410b ( A1/A1 ) R 32/125 (45/55) 2000 R 22 (N)

R 507 ( A1 ) R 125/143a (50/50) 3800 R 502 (N)

R 717 ( B2 ) / < 1 R 22 - R 502 (N)

Denominazione ufficiale

ASHRAE

( gruppo di sicurezza )

 Tabella 5 – Caratteristiche principali dei fluidi frigorigeni sostitutivi. 

 Allo stato attuale la sostituzione dell’R 11 e dell’R 12, nell’ambito delle macchine operatricia compressione di vapore, è pressoché ultimata con l’utilizzo rispettivamente dell’R 123 edell’R 134a. Quest’ultimo è stato il primo ad essere impiegato come alternativa nei sistemidi condizionamento e fino ad oggi sostituisce anche l’R 12 nelle applicazione di frigoriferidomestici negli Stati Uniti, nonché è utilizzato in tutto il mondo per gli impianti dicondizionamento delle autovetture. L’impiego dell’R 134a presenta come unico problemadi rilievo, data la sua resa volumetrica notevolmente inferiore, la necessità di utilizzarecompressori maggiorati o, a pari dimensioni di compressori, una resa di circa il 30 % inmeno. Per quanto riguarda la sostituzione dell’R 22, il cui processo di eliminazione è già incorso, allo stato attuale i fluidi che sembrano più idonei sono l’R 407c e l’R 410a. Il primodi essi è impiegabile anche in impianti precedentemente caricati con R 22 purchè siprovveda alla contemporanea sostituzione dell’olio di lubrificazione con un tipo POE,laddove il secondo può essere impiegato solo in impianti nuovi appositamente progettati

nel rispetto delle sue caratteristiche termodinamiche. In particolare la sua pressione difunzionamento di molto superiore a quella dell’R 22, quasi il doppio, sa da un lato rende lacapacità di trasporto del calore molto elevata, dall’altro impone il ridisegno delcompressore e di altri componenti. Nel primo caso si tende a parlare di fluido gemello e disostituzione drop in. Non va comunque dimenticato l’R 717 che , soprattutto grazie allemigliorate condizioni di sicurezza, è molto utilizzato per la refrigerazione industriale. Inoltrel’utilizzo dell’R 717 impone la necessità di utilizzare il ferro al posto del rame el’impossibilità di raffreddamento diretto dei motori. Poniamo ora l’attenzione all’esamedegli effetti, sui componenti dell’impianto, dell’utilizzo dei fluidi HFC. Per quanto concerneil compressore bisogna evidenziare come l’utilizzo dell’R 407c non comporti cambiamentisul tipo di compressore da utilizzare, dovendo sostituire solo l’olio di lubrificazione. L’R

410a e l’R 134a comportano il cambiamento del componente e una riprogettazionedell’intero impianto, a causa della maggiore pressione di esercizio, per l’R 410a, e delmaggiore volume, per l’R 134a. Gli scambiatori di calore non subiscono molto l’influenza

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della natura chimica del refrigerante, l’unico problema riguarda le dimensioni, leggermenteminori per l’R 410a, data la maggiore efficienza termodinamica di questo fluido, ricordandosempre la necessità di aumentare la robustezza a causa delle maggiori pressioni in gioco,e maggiori per quanto riguarda l’R 134a. La sostituzione della valvola d’espansione ènecessaria solo per le elevate pressioni di esercizio dell’R 410a. Infine per quanto

concerne le tubazioni, a parte eventuali problemi di dimensioni, i nuovi gas possonocomportare qualche problema nella saldatura e nell’esecuzione stagna. L’R 410a conpressioni d’esercizio circa doppie dell’R 22, impone il ridisegno delle tubazioni, degli organidi sicurezza e di controllo, l’R 134a richiede impianti di dimensioni fisiche maggiori dell’R22, a parità di capacità. Per i nuovi fluidi si richiedono giunzioni saldate e non a cartella,sia per evitare perdite, sia per evitare fuoriuscite di gas che hanno grado di infiammabilitàrilevante. In conclusione va ribadita quindi la necessità per l’utilizzo dell’R 410a e dell’R134a di una completa riprogettazione dell’impianto mentre, come evidenziato inprecedenza, l’R 407c si presenta come l’unico sostituto drop in dell’R 22. (ordine ing.napoli) La Svezia è stato uno dei primi Stati europei ad intraprendere la progressiva eliminazione

dell’R 22 come fluido frigorigeno dalle macchine per la refrigerazione, e dalle pompe dicalore, iniziata nel 1998 con la messa al bando del suo utilizzo nei nuovi impianti. Poi, dal1° gennaio 2002 anche l’utilizzo di questo fluido frigorigeno per le operazioni di ricarica èstato proibito. Nel 2001 è stato completato un progetto sviluppato all’interno deldipartimento di tecnologia energetica presso il Royal Institute of Technology di Stoccolma,concernente la sostituzione dell’R 22 nei nuovi impianti ed in quelli già esistenti, checostituiscono i riferimenti del seguente lavoro. Agli inizi degli anni ’90, quando fu ufficializzata la dismissione dei CFC come l’R 12, eragià disponibile un sostituto con proprietà molto simili a quelle di questo fluido, tanto che lasostituzione del vecchio fluido frigorigeno poteva essere compiuta senza subiresignificative perdite in prestazioni. Tale sostituto era l’R 134a, e gli unici problemi

nell’operazione di retrofit erano riguardo al lubrificante per il compressore ed allacompatibilità dei materiali. Invece, quando si stabilì la progressiva eliminazione dell’R 22non era ancora conosciuto un solo sostituto con proprietà simili a quelle di quest’ultimo. Inuovi fluidi sostitutivi sono per lo più miscele zeotrope, le quali comportano nuoveproblematiche, relative alla loro manipolazione durante le fasi di carica e manutenzione edalla comprensione del loro comportamento. Tutti i sostituti dell’R 22 disponibilicommercialmente comportano variazioni delle prestazioni e del funzionamento degliimpianti. Inoltre, focalizzando l’attenzione sul solo refrigerante non si risolvono i problemiper i proprietari ed i costruttori degli impianti, in quanto occorre adottare una prospettivapiù ampia per ottenere una soluzione rispettosa anche dell’ambiente e che risulti,

oltretutto, economicamente vantaggiosa per i proprietari degli impianti. In definitiva, questonon risulta solamente un problema di sostituzione di una sostanza chimica. La proibizioned’uso di un refrigerante e la sua sostituzione costituisce un problema che interessa variediscipline sia di natura meccanica che chimica come, ad esempio, la compatibilità con imateriali, le proprietà temofisiche, le caratteristiche di trasferimento del calore.Di seguito si intende presentare alcune esperienze concernenti operazioni di retrofitsvoltesi in Svezia in poco più di un decennio, dal 1989 al 2001.Un’idea molto diffusa tra gli addetti del settore è che i tecnici delle case produttrici direfrigeranti siano in grado di trovare un sostituto dell’R 22 con le stesse proprietà, si trattasolo di aspettare che prima o poi ciò avverrà. Questo ottimismo è dovuto dal fatto che giàin passato sono stati in grado di trovare, quando si è reso necessario, nell’R 134a un

sostituto dell’R 12, e che questo possa ancora avvenire con l’R 22. In realtà l’R 134a eraconosciuto già da tempo insieme ad altri refrigeranti simili e, quando ce ne fu bisogno,questo fluido fu riscoperto e l’interesse nei suoi confronti è cresciuto rapidamente a partire

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dal 1987. L’R134a ha dimostrato di offrire prestazioni simili all’R 12 e di avere numerosealtre caratteristiche positive, tali che nessun altro composto chimico è stato analizzato cosìin dettaglio. Sono state misurate le sue caratteristiche termodinamiche e termofisicheassieme alle sue caratteristiche di trasferimento del calore, ed inoltre, sono stati effettuatitest di compatibilità con diversi materiali. La principale problematica per eseguire il retrofit

è risultata essere la compatibilità con l’olio lubrificante, infatti, l’R 12 solitamente lavorabene con l’olio minerale, mentre l’R 134a necessita di olio estere. Verso la fine degli anni’80 altri tipi di fluidi frigorigeni sembrarono candidarsi a sostituire l’R 12, come ad esempiol’R 152a, che però è leggermente infiammabile, oltre ad un gran numero di miscelecosiddette drop-in contenenti R 22 che sono state prodotte e commercializzatespecialmente negli Stati Uniti. La ragione per cui queste alternative hanno incontrato unlimitato interesse in Svezia, come in tutti i paesi della Comunità Europea, è riconducibile alfatto che per l’R 22 era già previsto un programma di eliminazione progressiva.Un aspetto che è risaltato durante le numerose operazioni di retrofit, svolte con diversemetodiche di sostituzione dei fluidi frigorigeni e degli oli lubrificanti, è il fattore umanodeterminante in operazioni di questo genere, basti pensare all’accuratezza con cui si

devono maneggiare gli oli esteri altamente igroscopici. Per questo motivi ci si è resi contoche era fondamentale formare tecnici certificati per svolgere operazioni che richiedevanol’utilizzo di tali sostanze. Con questo aspetto si è voluto evidenziare come il problema dellasostituzione dei fluidi frigorigeni CFC, ha chiamato in causa i produttori dei fluidi e degli oli,i produttori d’impianti, i commercianti, le aziende di manutenzione degli impianti frigoriferie, infine, i proprietari.Durante la sperimentazione si sono verificati molti casi in cui le ricerche teoriche e i datiforniti dalle sperimentazioni risultano discordanti. Un esempio è costituito dall’efficienza, oCOP, di un impianto di refrigerazione sottoposto a retrofit: dall’analisi termodinamica deidue refrigeranti si rileva una differenza nella capacità e nell’efficienza. Numerosi lavoriteorici sono giunti a risultati simili, mentre alcuni risultati ottenuti da sperimentazioni

pratiche su impianti hanno fornito risultati migliori rispetto a quelli teorizzati dalla sempliceanalisi termodinamica. La ragione di tali risultati è riconducibile all’ampia possibilità diregolazione che molti impianti presentano. In molti casi d’impianti sottoposti a retrofit, lemisure effettuate prima e dopo la sostituzione dimostrano che gli impianti presentanoun’efficienza energetica migliore dopo l’operazione di retrofit grazie, ad esempio, allaregolazione del surriscaldamento, all’ottimizzazione della carica o alla definizione di unmiglior sottoraffreddamento dopo il condensatore. Le esperienze positive ottenute nelretrofit in impianti funzionanti a R 12 o R 502, non sono però immediatamente trasferibilialle operazioni di retrofit dell’R 22, soprattutto nel caso in cui venga eseguito con miscelezeotrope come l’R 407c o l’R 417a (miscela composta da R 600, R 125 e R 134a ). Anche

se sussiste la possibilità di procedere ad una regolazione dell’impianto, una volta eseguitoil retrofit, è piuttosto raro riuscire a raggiungere un’efficienza relativa superiore all’unità. Lemiscele zeotrope a base di HFC sono state prodotte a partire dagli anni ’90, con lo scopodi ottenere dei sostituti dell’R 22 ugualmente buoni così come l’R 134a lo è stato per l’R12. Convinzione comune oggigiorno è che non esiste un singolo sostituto adatto alloscopo, puro o miscela che sia, bensì è necessario ricorrere a diverse alternative aseconda del tipo d’impianto e del tipo di condizioni operative. Esiste interesse verso losviluppo di nuove sostanze di tipo chimico, per esempio la famiglia degli eteri, anche seoperazioni di retrofit con questo tipo di sostanza appaiono, comunque, a tutt’oggiimprobabili.Uno dei primi esperimenti di retrofit dell’R 22 con R 407c è stato condotto in Svezia nel

1994. L’impianto utilizzato era stato progettato e costruito per funzionare a R 22, maprevedeva la possibilità di ricorrere alla sua sostituzione, l’impianto era costituito dascambiatori di calore a piaste contenenti ridotti volumi di refrigerante, un compressore

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scroll ed era privo di ricevitore. I risultati ottenuti hanno confermato i calcoli teoricipreventivamente eseguiti, fornendo ulteriori spunti per interessanti considerazioni, nonriportate nemmeno sulle schede tecniche dei produttori di fluidi frigorigeni. In seguito moltealtre prove sono state eseguite per altre tipologie d’impianto, fornendo risultati sempresoddisfacenti ogni qualvolta l’impianto è stato fatto lavorare in condizioni operative

caratteristiche del condizionamento dell’aria. Dall’altra parte l’R 407c è nato proprio comerefrigerante per tale tipo di applicazione, mentre l’R 22 era utilizzato con campo d’impiegopiù ampio. Allo scopo di utilizzare in questi tipi d’impianti, alcune variazioni nellacomposizione dell’R 407c hanno permesso di produrre altre miscele come l’R 407a-b-d-eche, tuttavia, sembrano essere sparite dal mercato.Una delle principali caratteristiche dei fluidi frigorigeni zeotropi, tra cui l’R 407c, è ilcosiddetto glide, ovvero scorrimento di temperatura, che avviene durante l’evaporazione ela condensazione, un fenomeno già conosciuto in passato nel campo chimico. L’R 407c èuna miscela di tre componenti e presenta uno scorrimento di temperatura di 5-7 °K. Alcunilavori sui refrigeranti zeotropi svolti negli anni ’70 si riferivano spesso a miscele di duecomponenti, che presentavano temperature di ebollizione molto diverse, come ad esempio

R 22 e R 114, al fine di ottenere un consistente effetto glide. Infatti, lo scorrimento ditemperatura può rivelarsi un vantaggio nella progettazione degli impianti a R 407c, nelcaso in cui gli scambiatori di calore sono del tipo a controcorrente, viceversa, se ciò non siverifica, lo scorrimento di temperatura può comportare differenze di temperaturaindesiderate negli scambiatori di calore che penalizzerebbero le prestazioni del ciclofrigorifero. Un’ulteriore aspetto della zeotropicità è che la composizione del fluidofrigorigeno può variare quando viene maneggiato, oppure all’interno del sistema,frazionamento, o in seguito a perdite. Numerosi studi sono stati fatti su questo tema emolte “strane esperienze” possono essere spiegate attraverso il cambiamento dellacomposizione. Una delle conseguenze di questa variazione è che la relazione tra lapressione e la temperatura non risulta più valida fino a quando non viene scoperta la

nuova composizione della miscela. La temperatura di condensazione e quella dievaporazione vengono così ricavate attraverso la lettura della pressione sui manometridell’impianto di refrigerazione. Se un refrigerante come l’R 407c è arricchito nei suoicomponenti più volatili, R 32 e R 125, la pressione del sistema tende ad aumentare e diconseguenza, ma in maniera errata, si è portati a credere che il sistema lavori con una piùalta temperatura di condensazione rispetto a prima. Il trasferimento di calore, d’altra parte,sembra essere meno efficiente poiché la differenza di temperatura nel condensatore ora èmolto maggiore. Giungere a tali erronee conclusioni basandosi sulla lettura delle pressionie sulle conseguenti osservazioni risulta essere piuttosto facile. Per questo motivo lacomposizione del refrigerante che si trova all’interno dell’impianto deve essere

determinata esattamente per poter giungere a conclusioni corrette.L’introduzione dell’R 410a costituisce un interessante esempio di un refrigerante nonadatto a sostituire l’R 22 negli impianti esistenti a causa del suo diverso comportamento edelle sue differenti proprietà. Tuttavia, negli impianti nuovi l’R 410a rappresenta ad oggi ilcandidato più probabile per la sostituzione dell’R 22, con conseguente costruzione diimpianti più compatti in seguito alle maggiori pressioni d’esercizio che si verificano.(centrogalileo)