Fruizione di contesti archeologici...

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Fruizione di contesti archeologici inaccessibili Il progetto MARTA Racconta Edizioni Grifo a cura di Maria Teresa Giannotta Francesco Gabellone Antonietta Dell’Aglio in collaborazione con

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Fruizione di contesti archeologici inaccessibiliIl progetto Marta racconta

Edizioni Grifo

a cura diMaria Teresa Giannotta

Francesco GabelloneAntonietta Dell’Aglio

in collaborazione con

Progetto realizzato dal Consiglio Nazionale delle ricerche Istituto per i Beni archeologici e Monumentali di Lecce

In collaborazione con Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del turismo Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia Marta. Museo Nazionale archeologico di taranto

© Edizioni Grifo 2014 Via Sant’Ignazio di Loyola, 37 - 73100 Lecce www.edizionigrifo.it ISBN 9788898175765

è assolutamente vietata la riproduzione o l’utilizzo della documentazione grafica, fotografica, artistico-letteraria, in qualsiasi forma e con qualsiasi metodo, senza l’autorizzazione scritta dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (CNR) di Lecce e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.

Coordinamento editoriale: Maria teresa Giannotta

Progetto grafico e copertina: Francesco Gabellone

Testi: angela Calia, antonio Castorani, amelia D’amicis, antonietta Dell’aglio, Ivan Ferrari, Flavia Frisone, Francesco Gabellone, Maria teresa Giannotta, Lui-gi La rocca, Mariateresa Lettieri, Mario Lombardo Daniele Malfitana, Laura Masiello, Davide Melica, Giovanni Quarta, armanda Zingariello

Restituzioni e ricostruzioni 3D: Information technologies Lab (ItLab) IBaM-CNr di Lecce Coordinamento e authoring: Francesco Gabellone; 3D work: Ivan FerrariVray lighting: Francesco Giuri;Consulenza archeologica: Maria teresa Giannotta

Collaborazione tecnica: Valerio amadei, Piero angotti, anna Magrì, Mau-rizio Masieri, Giulio Leone, anna Maria Prenna

Acquisizione ed elaborazione immagini: Maria Chiffi

Elaborati grafici:angela Calia, Ivan Ferrari, Francesco Gabellone, Ermanno Guida, Davide Melica, Giovanni Quarta, augusto ressa, armanda Zingariello

Documentazione fotografica:Giuseppe Bagordo, Paolo Buscicchio (Soprinten-denza per i Beni archeologici della Puglia) angela Calia, Francesco Gabellone, Davide Melica, Maria teresa Giannotta, Davide Melica, Giovanni Quarta (Istituto per i Beni archeologici e Monu-mentali di Lecce)

Si ringraziano per la disponibilità:Michele Brienza, Michele Cornacchia, Marilena De Marco, Salvatore Falconieri, Kutlutan Fisecki, Giuseppe Garafolo, alessia Labbate, Saverio Marti-radonna, antonio Monte, anna Montuori, Emilio Paticchio, Giuseppe Pellicoro, Franca Pierri, Di-mitri roubis, Giuseppe Scardozzi, rosa Zampa, il Personale dell’area della vigilanza e accoglienza del Marta e in particolare la famiglia Strippoli

con il contributo della

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ambienti virtuali e fruizione arricchitaFrancesco Gabellone

L’uso del termine Virtual Heritage è divenuto oramai abbastanza consueto. Chi si occu-pa di beni culturali, di musei, di ricerca storica e archeologica lo usa per definire quelle metodologie e tecnologie innovative basate sull'uso di modelli digitali 3D, al fine di rappresentare, comunicare e trasferire informazioni diverse sul Cultural Heritage. Il ter-mine Cultural Heritage definisce invece tutte quelle componenti materiali o immateriali, appartenenti al patrimonio culturale di una data società. Fanno parte di questa categoria i beni tangibili quali edifici, siti archeologici, opere dell’ingegno umano, opere d’arte, manoscritti, siti con particolari caratteristiche naturalistiche, siti con un valore scienti-fico o antropologico rilevante, ma anche beni immateriali quali tradizioni orali, canti popolari e manifestazioni artistiche intese come espressione di una identità culturale.

al fine di preservare siti o ecosistemi che presentano un elevato valore culturale o naturale l’UNESCO stila annualmente una lista, definita World Heritage List [14], in cui sono inclusi luoghi e monumenti che meritano particolare attenzione da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica.

Nei primi anni Novanta il termine ‘realtà virtuale’, coniato nel 1989 dal guru dell’in-formatica Jaron Lanier, ottenne una rapida diffusione tra chi si occupava di comunica-

14. Distribuzione dei Siti Patrimonio dell’Unesco

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zione e visualizzazione scientifica [15]. «afferrare la realtà attraverso l’illusione» è stata la più convincente sintesi di cosa abbia rappresentato questa nuova disciplina nella si-mulazione di processi fisici, nella manipolazione interattiva di macchinari, nella rappre-sentazione stessa della realtà materiale. L’avvento della realtà Virtuale segnò una nuova strada ed in qualche modo fornì un punto di vista differente sulla realtà, permettendone una ‘lettura’ alternativa. Ben presto si iniziò ad associare questa nuova modalità di rap-presentazione e simulazione con il termine virtual environment, usato per indicare quei modelli tridimensionali navigabili ed interattivi che permettono di simulare in tempo reale un luogo, un edificio, o un modello sintetico che lo rappresenti. Un ambiente virtuale non deve essere necessariamente costituito da una copia digitale di un bene materiale, perché, come detto poc’anzi, la sua utilità è legata indubbiamente alla pos-sibilità di attivare percorsi di conoscenza con modalità nuove [16]. In questo senso un ambiente virtuale può essere realizzato sia a partire da una rappresentazione realistica di un referente materiale realmente esistente, che attraverso una sua ricostruzione astratta e schematica. In effetti, un ambiente virtuale è come un ‘microscopio per la mente’ che

15. rappresentazione 3D del Tandreton

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16. Esempi di ambienti virtuali fruibili in real time: Santa Maria di Orsoleo

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17. ricostruzione di un quartiere abitativo a Siracusa

18. Lecce. Chiesa dello Spirito Santo: esempio di fruizione di dati geofisici

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permette di elaborare proiezioni amplificate del mondo materiale, di “vedere” al di là della semplice apparenza e di realizzare connessioni logiche tra elementi appartenenti ad un insieme. Da tutto questo è comprensibile quanto il mondo della simulazione e della rappresentazione abbia trovato giovamento nell’uso dei virtual environment. Questo è evidente in diversi settori tra i quali il design industriale, la prototipazione rapida, la realtà aumentata in campo medico, l’industria dell’intrattenimento, l’addestramento di piloti e soldati, la simulazione di piani di emergenza, ma anche in tutti quei settori in cui la simulazione digitale permette di risparmiare preziose risorse umane o eseguire attività rischiose in modo sicuro. Per chi, come noi, si occupa di conoscenza e valorizzazione del Cultural Heritage, forse l’aspetto più interessante è l’aver associato i virtual environment ad un nuovo modo per apprendere e comunicare, non solo le peculiarità del patrimo-nio vivo ed attuale, ma soprattutto le molteplici sollecitazioni provenienti dai problemi interpretativi e ricostruttivi legati alle civiltà scomparse, cioè il mondo dell’archeologia. Il ricorso alle tecniche di simulazione coincide infatti con il preciso tentativo di rispon-dere ad una delle istanze fondamentali dell’archeologia moderna: ricostruire sempre più ampi scenari delle antiche civiltà con il più alto livello di attendibilità e verosimiglianza possibile. Lo studio di un monumento a fini ricostruttivi appartiene alle finalità di ogni generazione di archeologi, ma lo slancio dato dall’avvento delle nuove tecnologie ha insegnato quanto sia importante coniugare i saperi storici e umanistici con le enormi possibilità offerte dall’informatica, non solo per capire ed interpretare i manufatti e le opere d’arte, ma anche e soprattutto per trasmettere le conoscenze acquisite ad un pub-blico vasto ed eterogeneo, a qualsiasi livello di interesse e comprensione. Credo che l’ar-cheologia attraversi oggi un momento di grande vivacità ed attenzione da parte del grande pubblico anche grazie anche alla forza comunicativa che risiede nei nuovi strumenti di comunicazione, con i quali è possibile ricreare non solo forme e materiali dell’antichità, ma anche rievocarne le suggestioni del quotidiano [17]. Ne è testimonianza l’enorme fiorire sul web di musei virtuali e tematici, di collezioni e gallerie virtuali, tutti finalizzati alla valorizzazione e alla conoscenza dei Beni archeologici e Monumentali attraverso l’uso della computer vision e dei virtual environments. In questo contesto l’immagine 3D non viene più concepita come pura rappresentazione iconica, come espressione artistica o fantasiosa, ma come strumento di sintesi che permette di trasferire e veicolare in forma grafica gran parte dei risultati acquisiti da una ricerca scientifica, rappresentando con un linguaggio immediato gli elementi indispensabili per una corretta interpretazione e comprensione delle informazioni da cui essa stessa deriva. L’approccio integrato tra i diversi saperi ha evidenziato la facilità di apprendimento, lettura e veicolazione non solo delle valenze storico-archeologiche o morfologiche di un bene, ma anche di quelle infor-mazioni tecniche in uso dalle hard sciences solitamente rappresentate da grafici e tabelle. Dati archeometrici essenziali nei processi ricostruttivi che, integrati all’interno degli sce-

17. ricostruzione di un quartiere abitativo a Siracusa

18. Lecce. Chiesa dello Spirito Santo: esempio di fruizione di dati geofisici

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nari virtuali, qualificano un percorso spesso misconosciuto [18]. Il ‘virtuale’ diventa così il punto di partenza per la creazione di un mondo artificiale che arricchisce e decodifica il ‘reale’, ricreandolo in una forma 3D, idonea ad una interpretazione facilitata delle informazioni che è chiamato a veicolare. è del resto indubbio che la fruizione tridi-mensionale favorisce una lettura diretta di informazioni complesse e che molte rappre-sentazioni 2D di particolari architettonici o anomalie strutturali con notevole sviluppo tridimensionale, risultano spesso di difficile lettura, soprattutto per i non specialisti [19].

Negli scenari virtuali è possibile associare alla visita real time 3D praticamente qualsiasi media, in un unico ambiente di fruizione: l’utente è libero di esplorare il modello 3D da ogni punto di vista, ma può attivare in qualsiasi momento dei link che gli consentano di collegarsi ad una fonte di informazioni in teoria inesauribile. Inizia da qui un percorso conoscitivo che va al di là di una logica semplicemente estetizzante, in cui l’oggetto non viene più esposto nella sua pura manifestazione morfologica o estetica, ma al contrario si propone di risolvere il processo di visita negando la contemplazione esclusiva dell’og-getto in sé. Questo percorso è volto principalmente a decifrare i contenuti peculiari del bene oggetto di studio, partendo da quelli visibili per concludersi a quelli invisibili, a quel corpus di informazioni, anomalie e strutture celate sotto la pelle visibile di un monumento che solo una visione artificiale permette di svelare. L’oggetto, in quanto portatore di valori, viene analizzato nelle sue componenti mineralogico-petrografiche, chimiche, fisiche, ma anche nei suoi aspetti storici e formali, nei suoi rapporti con il con-

19. accesso ad informazioni 3D sugli elementi decorativi

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testo antico. Così lo spazio virtuale accelera e potenzia le capacità cognitive, diventa cioè capace di generare processi ‘virtuosi’ di apprendimento estremamente efficaci, basati su metafore del mondo reale, perciò facili da usare e comprendere.

Dal restauro all’archeologia virtuale: un problema di trasparenza scientifica dei risultati

Negli ultimi anni gli ambienti virtuali sono stati accolti molto positivamente dal pub-blico e dagli studiosi, ne è testimonianza l’enorme fiorire di convegni tematici sul tema della Virtual Archaeology. Ciononostante, molte sono ancora le contraddizioni legate alle varie terminologie ed alle finalità stesse delle nascenti discipline che gravitano intorno alla realtà virtuale: Cultural Virtual Environment, restauro Virtuale, archeologia Virtuale, realtà arricchita, realtà Mixata, solo per citarne alcune. a fronte di questo, gruppi di specialisti hanno lanciato negli ultimi anni degli orientamenti metodologici che cercano di delineare i confini di questa disciplina, per riportare le attività di ricerca connesse allo sviluppo di prodotti di realtà virtuale su una base teorica condivisa. Due iniziative impor-tanti hanno avuto il grande merito di aver stabilito dei principi riconosciuti a livello inter-nazionale nell’uso dei sistemi di computer vision, a vantaggio di ricercatori, educatori ed organizzazioni culturali: la Carta di Londra del 2009 ed i Principi di Siviglia del 2012.

Successivamente alla grande ondata che ha seguito il successo e la diffusione delle tecnologie digitali per la ricostruzione archeologica degli anni passati, è emersa la ne-cessità di dotarsi di un sistema di riferimento metodologico, di principi universalmente riconosciuti come fondamento scientifico di un modus operandi. Questo sancisce un momento importante per gli sviluppi futuri di una nuova disciplina, poiché da un lato ne traccia le linee guida per le generazioni a venire e dall’altro ne individua temi di rifles-sione sullo stato dell’arte. analogamente per quanto avvenne nell’ambito del restauro, i Principi di Siviglia, ratificati nel 2012 ma discussi nei tre anni precedenti, hanno il valore di una carta che non definisce un sistema di norme, di leggi, ma gli orientamenti di una vasta comunità scientifica che si propone di dare impulso all’archeologia virtuale come disciplina matura, la quale viva nel rispetto di queste regole e si fondi su metodi scientificamente validi ed ampiamente condivisi. Se gli enunciati della Carta di Venezia del 1964 affermarono che «Il restauro deve fermarsi dove ha inizio 1’ipotesi», potremmo sostenere che l’archeologia virtuale inizia quando finisce il restauro. In effetti, malgrado questa apparente cesura, la distanza tra le due materie è molto meno lontana di quanto ci si aspetterebbe, considerando che entrambe le discipline condividono molte finalità. Un primo legame è da individuarsi nella possibilità di dare voce a quella spinta creativa,

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che sulla scorta di uno studio preliminare, dia luogo ad interpretazioni utili a formu-lare ipotesi ricostruttive. Nell’evoluzione del concetto di restauro, infatti, l’esigenza di controllare – o meglio frenare – l’atto creativo a favore della pura conservazione è stata una conquista relativamente recen-te. Il cosiddetto restauro storico, sostenu-to ed applicato in Italia da Luca Beltrami fino agli anni ‘30 del secolo scorso, prende come fondamento ideologico le conquiste della filologia e parte dalla convinzione che ciascun monumento è un fatto di-stinto e concluso. al restauratore, definito precedentemente come artista-ricreatore che cerca di immedesimarsi nel primo ar-chitetto, si sostituisce lo storico-archivista, il quale fonda il suo operato esclusivamen-te su una documentazione sicura ed atten-dibile. Così l’architetto-restauratore scru-poloso nei metodi, opera con i documenti alla mano. Luca Beltrami, a Milano, appli-ca questi principi al restauro del Castello Sforzesco [20]. Egli si serve dei documenti disponibili, li sceglie scrupolosamente e

solo nel momento in cui ha la certezza di ben operare, effettua il restauro storico. Così consente che venga rifatta la decorazione della Sala delle asse, opera di Leonardo e rico-struisce la torre del Filarete, distrutta nel 1521, della quale si conservano delle stampe in-complete, a livello di schizzo. Questo atteggiamento, produsse dei falsi storici clamorosi che, data la discutibile documentazione di base, finì per legittimare il restauro stilistico.

Potremmo dire che il restauro storico si fondava su sani principi, ma mancando un preventivo controllo e un riferimento normativo rigoroso che validasse quei dati assunti come supporto alla ricostruzione, i risultati erano spesso in contrapposizione con gli stessi assunti di base, quindi ancora una volta dei falsi.

In tempi più recenti alcuni studiosi arrivarono a formulare nuove ed inattese teorie, quale evoluzione del concetto di restauro critico. Il progetto di restauro divenne opera-zione riconducibile a quel rapporto dialettico fra processo critico e atto creativo finaliz-zato alla reintegrazione dell’immagine originaria dell’opera. In considerazione di questo,

20. La torre del Filarete

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la reintegrazione del «valore espressivo dell’opera» e del recupero della sua immagine ori-ginaria è attuabile attraverso un atto critico, che sappia ricreare una nuova e valida unità figurativa. Questo assunto è anche in linea con quanto dichiarato nella Carta Italiana del restauro del 1972 (art. 4) ove si formulano i tre principi fondamentali del restauro: mantenimento, trasmissione al futuro e facilitazione della lettura. Il desiderio di decifra-re, tradurre, rendere comprensibile, equivale ad accostare una interpretazione critica alla visione sterile e diretta di resti monumentali, restituendone idealmente l’immagine [21]. è l’inizio di un nuovo modo di concepire i Beni Culturali ed il restauro stesso. Nella carta di amsterdam (Carta europea del patrimonio architettonico) del 1975, all’artico-lo 5 si legge che «Il patrimonio architettonico ha un valore educativo determinante», concetti poi ribaditi nel simposio del 1978 tenutosi in Messico: il restauro ormai inteso come pura conservazione apre le porte ad un concetto più ampio, che recepisce il va-lore di testimonianza storico-artistica come fondamento educativo, capace di attrarre,

21. Virtual Cerrate: un modello di fruizione arricchita dei BB.CC.

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23. tivoli. tempio di Ercole Vincitore: rievocazione in situ

22. Esempio di restauro digitale (c) e ricostruzione mimetica reversibile

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di generare interesse turistico, ricchezza. Facilitare la lettura di un monumento equivale a rendere trasparenti e intelligibili le sue trasformazioni, la sua identità, le sue origini, la sua ragion d’essere. Ma riflettendo su questa evoluzione si è portati a concludere che tutte queste operazioni, tese ad esaltare i valori di cui il bene è portatore, non possono più inquadrarsi nell’ambito del restauro conservativo: l’irreversibilità di qualsiasi rico-struzione in situ contrasta fortemente con i principi inviolabili del minimo intervento e del rispetto dell’istanza storico-estetica. Lo scopo del restauro è, e rimane, quello di con-servare e garantire la continuità temporale di un’opera d’arte, spetta invece alla nascente disciplina dell’archeologia virtuale il compito di ricostruire sempre più ampi scenari del nostro passato, attraverso ogni tipo di ausilio visivo. In questo senso sembrerebbe errata la denominazione recente di ‘restauro virtuale’, riferita a tutte quelle operazioni che non siano strettamente connesse ad interventi volti a rimettere in efficienza i pro-dotti dell’attività umana. Forme di restauro virtuale sono pienamente ammissibili in operazioni finalizzate alla simulazione di un ipotetico intervento (restauro guidato), al restauro di copie digitali di un’opera (vecchie foto), alla ricostruzione di frammenti, ma

23. tivoli. tempio di Ercole Vincitore: rievocazione in situ

22. Esempio di restauro digitale (c) e ricostruzione mimetica reversibile

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come potrebbe essere intesa la reintegrazione digitale dell’aspetto originario di un bene pervenuto fino a noi in frammenti, se non pura ipotesi? Ogni ricostruzione, attraverso la quale sia possibile veicolare informazione, non solo su quanto è direttamente osserva-bile da una visita diretta dell’opera, ma anche e soprattutto su quegli elementi che sono difficilmente leggibili o decifrabili, è in linea con alcuni principi espressi nelle carte del restauro: l’esaltazione del valore educativo-didattico e l’esigenza di rendere comprensibili i ruderi sono, come abbiamo visto, finalità condivise sia del restauro che dell’archeologia virtuale. Quest’ultima, servendosi prevalentemente di tecnologie appartenenti ad un dominio immateriale, cioè al mondo digitale, mette fine ai problemi di irreversibilità, compatibilità chimico-fisica, minimo intervento, posti dal restauro ‘materico’, puramen-te conservativo [22].

Come detto all’inizio, l’archeologia virtuale inizia quando finisce il restauro, ma ne risolve definitivamente le contraddizioni, ne completa le aspirazioni di sempre, perlo-meno quelle legate al desiderio di far rivivere le suggestioni e il fascino delle architetture perdute. Una esigenza, questa, evidente fin dalle prime esperienze di restauro stilisti-co e rintracciabile, certamente in misura minore, fino a qualche intervento di restauro moderno. anche oggi le Soprintendenze sollecitano, con cautela, l’adozione di ausili didattici che aiutino il visitatore a comprendere i contesti antichi, spesso ricorrendo a soluzioni di musealizzazione in situ tutt’altro che reversibili e minimali, ma sicuramente utili ed efficaci [23].

L’archeologia ricostruttiva risolve quindi – perlomeno in parte – questo problema, ma i suoi punti di forza sono evidenti anche oltre questa vocazione: attraverso uno studio sistematico, ‘tracciabile’ nella sua evoluzione, possibilmente ‘trasparente’ ed intelligibile, l’archeologia virtuale si propone di consegnare al pubblico dei risultati interpretativi su monumenti ed opere d’arte la cui figuratività sia stata danneggiata o compromessa. In questo processo di studio, tutte le informazioni emerse dalle diverse discipline della ricerca archeologica convergono in un ‘modello di conoscenza’, il quale, come detto all’inizio, viene così identificato come ‘sintesi’ dei dati raccolti. L’archeologia virtuale riassume in sé e canalizza in forma di immagine digitale, di modello 3D, di applicazione CVE, di DataBase, i molteplici risultati di una indagine interdisciplinare. Ma proprio in risposta alle esperienze negative figlie del restauro storico e del restauro critico già descritte, queste fasi di lavoro devono necessariamente presentarsi come parte integrante dei risultati e questa possibilità può essere finalmente garantita dalla natura digitale di ogni ambiente virtuale.

Poiché il pericolo di incorrere in rappresentazioni che mostrino il falso è evidente an-che nell’archeologia virtuale, memori delle contraddizioni emerse nella storia del restau-ro, i Principi di Siviglia ribadiscono con forza che le metodologie di analisi, le tecniche

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24. Selinunte. tempio C: anastilosi digitale

di rilievo, le interpretazioni, devono essere chiare, comprensibili e riusabili. L’articolo 7 sancisce: «tutti i sistemi di visualizzazione computer-based devono essere essenzialmente trasparenti, ad esempio verificabili da altri ricercatori o professionisti, dato che la validi-tà – e quindi la finalità – delle conclusioni prodotte da tali visualizzazioni dipenderà in gran parte dalla capacità degli altri di confermare o rifiutare i risultati ottenuti». La tra-sparenza scientifica è quindi premessa indispensabile e momento di verifica che ‘misura’ il livello qualitativo ed il rigore scientifico di ogni applicazione e studio di archeologia virtuale [24]. Solo l’analisi dei dati preliminari, accessibile da chiunque, potrà validare gli esiti di uno studio ricostruttivo e garantire alle nuove generazioni una revisione dei risultati senza necessariamente ricominciare il lavoro dall’inizio. Naturalmente in tutti i progetti di archeologia ricostruttiva, esiste sempre un certo livello di incertezza, perché uno degli obiettivi di questa disciplina è proprio quello di ‘proporre’ soluzioni plausibili. Nessuno studio ricostruttivo sarebbe tale se si conoscessero tutti i particolari costruttivi e decorativi originali. Non si tratterebbe più di ricostruzione, ma di restituzione, e questa differenza sostanzia di fatto il grande appeal emotivo che una ricostruzione ci trasmette.

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Taranto. Ipogeo dei Festoni: restituzione 3D da scansione laser

INDICE

INtrODUZIONE

Territorio e Beni Culturaliantonio Castorani .................................................................................................... p. 7

Archeologia e ValorizzazioneLuigi La rocca .......................................................................................................... “ 9

Ricerca e Beni CulturaliDaniele Malfitana ..................................................................................................... “ 11

Il progetto MARTA RaccontaMaria teresa Giannotta - Francesco Gabellone ......................................................... “ 15

Marta MUSEO NaZIONaLE arCHEOLOGICO taraNtO

Museo Nazionale Archeologicoantonietta Dell’aglio ................................................................................................ “ 19

tECNOLOGIE DIGItaLI E COMUNICaZIONE

Ambienti virtuali e fruizione arricchitaFrancesco Gabellone ................................................................................................. “ 31

Comunicazione dei Beni CulturaliFrancesco Gabellone ................................................................................................. “ 45

taraNtO tra Età ELLENIStICa E rOMaNIZZaZIONE

Vicende storiche: da Archita ai RomaniMario Lombardo ...................................................................................................... “ 59

Misteri al femminileFlavia Frisone ............................................................................................................ “ 69

Spazio urbanoantonietta Dell’aglio ................................................................................................ “ 77

Spazio funerarioantonietta Dell’aglio ................................................................................................ p. 85

Semata funerariLaura Masiello .......................................................................................................... “ 91

Rituali funerariMaria teresa Giannotta ............................................................................................. “ 97

Tombe a cameraMaria teresa Giannotta ............................................................................................. “ 105

LE tOMBE GEMINE

Documentazione archeologicaamelia D’amicis ...................................................................................................... “ 113

Studio archeometrico delle pittureGiovanni Quarta - Davide Melica ............................................................................. “ 119

Archeologia virtualeFrancesco Gabellone ................................................................................................. “125

L’IPOGEO DEI FEStONI

Documentazione archeologicaMaria teresa Giannotta ............................................................................................. “ 131

Acquerelli e disegni d’archivioarmanda Zingariello ................................................................................................. “ 145

Gli intonaci dipinti: i pigmenti e le tecniche esecutiveangela Calia ............................................................................................................. “ 153

Policromia e analisi archeometriche: la lekaneGiovanni Quarta - Davide Melica ............................................................................. “ 159

Archeologia virtualeFrancesco Gabellone ................................................................................................. “ 167

L’IPOGEO DELLE GOrGONI

Documentazione archeologicaantonietta Dell’aglio ................................................................................................ p. 179

Studio archeometrico degli intonaciDavide Melica - Giovanni Quarta ............................................................................. “ 197

Analisi chimiche dei residui organiciMariateresa Lettieri ................................................................................................... “ 203

Archeologia virtualeIvan Ferrari ............................................................................................................... “ 211

aPPENDICE

Tecniche analitiche impiegateMariateresa Lettieri - Davide Melica - Giovanni Quarta ........................................... “ 221