Fr[n] s]o Sponzilli (1796-1865) Prosp tto ^i un ]orso ^i ... STAMPATE NEL... · Ferruccio Botti, Il...

82
Fr[n]_s]o Sponzilli (1796-1865) Prosp_tto ^i un ]orso ^i Str[t_gi[ 1836 http://www.ordineingegnerinapoli.it/notiziario/notiz205.pdf ne Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, anno V (1836), vol. XIV N. 27, maggio-giugno, pp. 50-63; N. 28, luglio-agosto, pp. 229 - 246. Vol. XV, N. 29, settembre-ottobre, pp. 118-127. N. 30, novembre dicembre, pp. 223-240. anno VI (1837), vol. XVI, N. 31, gennaio-febbraio, pp. 143-153.

Transcript of Fr[n] s]o Sponzilli (1796-1865) Prosp tto ^i un ]orso ^i ... STAMPATE NEL... · Ferruccio Botti, Il...

Fr[n]_s]o Sponzilli

(1796-1865)

Prosp_tto ^i un

]orso ^i Str[t_gi[

1836

http://www.ordineingegnerinapoli.it/notiziario/notiz205.pdf

ne Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, anno V (1836), vol. XIV N. 27, maggio-giugno, pp. 50-63; N. 28, luglio-agosto, pp. 229 - 246. Vol.

XV, N. 29, settembre-ottobre, pp. 118-127. N. 30, novembre dicembre, pp. 223-240. anno VI (1837), vol. XVI, N. 31, gennaio-febbraio, pp. 143-153.

Francesco Sponzilli

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Francesco Sponzilli (Barletta 26 dicembre 1796 - Napoli 25 giugno 1865). Figlio di Nicola Sponzilli e Maria Nardones, frequentò le scuole elementari a Barletta, quelle superiori nel Reale Collegio Militare di Napoli. Sottotenente del genio nel 1817, capitano nel 1836-46, pubblicò nel 1836 le sue lezioni di strategia e nel 1844 un saggio sul vero sito della battaglia di

Canne (1844), in cui anticipava la tesi, oggi confermata, che la battaglia fu combattuta sulla destra dell'Ofanto. Nel 1845 partecipò alla Settima Adunanza degli Scienziati Italiani tenuta a Napoli dal 20 settembre al 5 ottobre, con memorie su un "nuovo canone tecnologico militare" (4 ottobre, Sezione di Agronomia e tecnologia) e "sulla veridicità delle storie antiche nella parte riguardante la scienza e l'arte militare" (26 settembre, sezione di Archeologia e geografia). Il 25 aprile 1848 fu inviato dal re in missione presso lo SMG dell'Armata sarda. Imbarcatosi il 26 sul Palinuro insieme a Mezzacapo e sbarcato a Livorno, Sponzilli raggiunse Carlo Alberto a Sommacampagna. L'ordine del re era di mantenere le truppe napoletane dietro il Po e di conseguenza Sponzilli rimproverò il colonnello Rodriguez, comandante del 10° di linea, arrivato via mare, per essersi unito all'Armata sarda. La pubblicistica democratica sottolineò che Sponzilli era "uomo addetto alla fazione regia" (La Masa, Documenti, I, p. 444) e sostenne che il suo vero compito era di sabotare la missione del plenipotenziario inviato dal governo costituzionale, l'ex carbonaro ed esule Pier Silvestro Leopardi (di cui v. Narrazioni storiche, Torino 1856, pp. 121, 151, 158, 165, 171-2, 175, 211). In realtà i dispacci di Sponzilli al ministro della guerra dimostrano che si era reso conto perfettamente della debolezza dell'Armata, e riferiscono la contrarietà di Carlo Alberto a impiegare le truppe napoletane, essendo convinto che sarebbero bastate le piemontesi. Promosso Maggiore durante la campagna e decorato nel 1849 da Pio IX del titolo di commendatore dell'Ordine di Cristo, nel febbraio 1850, essendo preposto alla 10a direzione del genio (Darsena) diresse il rischiosissimo sgombero, durato 27 giorni, delle 20 mila ton di carbon fossile Newcastle incautamente ammassate nel 1847 nel deposito sotterraneo della marina situato nelle grotte sotto la strada del Gigante (cioè sotto Palazzo Reale). Promosso tenente colonnello direttore della 10a Direzione del Genio, nel 1851-53 diresse i lavori per il prolungamento del Molo continuo e della rivolta verso i Granili, della grande batteria casamattata e del Faro di 5° ordine, adottando un nuovo e più economico sistema di fondamenta in acqua. Nel 1856, insieme a Pietro Calà Ulloa e a Mauro Musci, intervenne in difesa del re Francesco oltraggiato dall'opuscolo Vita del Re di Napoli pubblicato a Torino da Mariano D'Ayala (1808-1870). Quest'ultimo non perdonò mai al suo "antico compagno" Sponzilli gli articoli pubblicati sulla Bilancia di Milano e il tenace risentimento nei confronti di Sponzilli e il suo tenace risentimento è testimoniato e condiviso nelle memorie del figlio Michelangelo (1888, pp. 225-27). Nel 1857 Sponzilli fu ammesso come socio del R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali di Napoli, e nel 1858 il maggior generale dei Royal Engineer, nonché insigne geologo, Joseph Ellison Portlock (1794-1864) pubblicò una traduzione inglese delle sue Lezioni di strategia. Promosso maggior generale, nel maggio 1860 fu inviato in Sicilia per creare un campo trincerato a Messina, mentre il figlio maggiore suo omonimo, capitano del genio, lavorava alla fortificazione di Mola di Gaeta. Il filoborbonico Giuseppe Buttà (1826-86), cappellano del 9° battaglione cacciatori a Calatafimi, tramandò la voce che Sponzilli avesse intrigato a favore della rivoluzione facendo richiamare Clary a Messina. Nel 1861 lui e i due figli già alle armi furono ammessi nell'esercito italiano coi loro gradi. Il padre entrò nel Comitato del genio e fu poi membro della Commissione consultiva sul porto di Napoli istituita il 1° giugno 1861, mentre il figlio Francesco, con la 17a compagnia del 1° reggimento zappatori, impiantò al Campo di Somma la prima rete telegrafica militare (7 stazioni e 120 km di filo di ferro galvanizzato). Il generale Sponzilli fu il primo a intuire la possibilità di trasmissione di segnali attraverso l'etere, come dimostra un suo articolo pubblicato nel 1858 su Annali delle opere pubbliche e dell'architettura, in cui espone l'idea relativa alla possibilità pratica della telegrafia senza fili. Questa sua intuizione lo pone come uno dei precursori della radio. Come architetto, vanno ricordate sue opere quali il Cimitero di Barletta (apprezzabile il prospetto della facciata e la piramide) inaugurato nel 1842 e l'Obelisco dell'orologio posizionato sulla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore, sempre a Barletta. Ha inoltre realizzato il progetto del Camposanto di Trani. Napoli e Barletta gli ha intitolato strade. Francesco Jr (1837-1897) fu aiutante di campo del re, comandante della Nunziatella e infine maggior generale, Nicola (1840-1927), d'artiglieria, divenne tenente generale e Luigi (1845-1925) colonnello dei Carabinieri Reali (v. Enciclopedia

Militare, VI, p. 1066, con foto). . Collegamenti esterni Pagina dedicata a Francesco Sponzilli su Il Fieramosca Un napoletano divinatore della radio Opere principali:

Sunto di alquante lezioni, o sia prospetto di un corso di strategia, Napoli, 1837, in-8. Cenno critico del Sunto analitico dell'Arte della Guerra del Tenente Colonnello P. Racchia, Napoli, 1837, in-8. Del Dizionario militare italiano: qual è e qual esser dovrebbe, Napoli, 1841, in-8. "Lettera intorno a un ignoto Ingegnere militare del sec. 16°" [P. Silva, piazze di Pescara e Civitella del Tronto], in

Antologia Militare, VIII, 1843, vol. XVI, pp. 109-118. Sul vero sito della celebre battaglia di Canne, Napoli, 1844, in-8. Principi della parte sublime dell'arte della guerra: opera di S. A. I. e R. l'Arciduca Carlo di Austria, tradotta e

commentata con note illustrative del Capitano del Genio Napolitano Francesco Sponzilli, Napoli, 1844, in-4.

Della lingua militare d'Italia origine e progresso non che de' miglioramenti e sussidii di cui pare suscettiva, Reale Tipografia Militare, I vol., 1846: II vol., 1847 (pp. 606); Nobile, 1848-1850, vol. III.

Prove storiche intorno il carattere militare dei napolitani moderni, Napoli, 1848, in-8. Incendio del carbon fossile nelle Grotte del Gigante, 1850, "Parole Funebri", in Ignazio Ferrari (cur.), Strenna militare in occasione de’ solenni funerali eseguiti nella chiesa dello

Spirto Santo in suffragio de’ prodi soldati morti ne’ diversi fatti del 1848-1849. Napoli, R. Tip. Militare, 1850. Analisi descrittiva del bacino da raddobbo di Napoli, 1852 Sulla veracità delle Istorie antiche nella parte che riguarda la Scienza e Arte della guerra, Napoli, 1853, in-4. "Disamina di otto Memorie recate come soluzione del Problema proposto dalla Reale Accad. di Belle Arti di Napoli per

la ricerca di un novello Gran Porto sulle coste delle Due Sicilie", in Annali delle opere pubbliche e del'architettura, Napoli, IV, 1854, pp. 171-73, 797, 906.

"Su i porti di Napoli", in Annali delle opere pubbliche e del'architettura, Napoli, 1855, V, p. 174. I Porti di Napoli, Napoli, 1856, in-4, con tavola. Ricerche intorno i parafulmini e sulla convenienza di adottarli a guarentia dei magazzini da polvere, 1858, (pp. 56). "Sulle polveriere idrifere di sicurezza", in Annali delle opere pubbliche e del'architettura, Napoli, VIII, 1858-59, pp.

145-158. Sul preteso Porto Giulio Memorie quattro (geognostica, archeologica, idraulica e militare), Napoli, 1859, in-4, con

tavole. V. Atti della Riunione degli Scienziati Italiani tenuta a Napoli dal 20 settembre al 5 ottobre MDCCCXLV, Napoli, nella Stamperia del Fibreno, 1846, Parte seconda, pp. xix, xxi, lxxvii, clxi, clxxvii, clxxix, 524 e 614. La Masa, Documenti

della Rivoluzione siciliana del 1847-49, I, p. 444-45 [= La Legge Siccardi, giornale politico-popolare, Genova 9 ottobre 1850, I, N. 22, p. 2]. Carlo Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, 1859, IV, pp. 411-413 (= Gaetano Nobile, Un mese a Napoli, 1863, II, pp. 660. Mariano D'Ayala, Bibliografia militare Italiana

antica e moderna, Torino, Dalla Stamperia Reale, 1854, pp. 61 [cita unicamente le Lezioni di strategia]. Giovanni Scherillo, "Seconda nota sul Porto Giulio", in Rendiconto delle tornate e dei lavori dell'Accademia di archeologia,

lettere e belle arti di Napoli, 1862, p. 19. "Memoir of Gen. Portlock", in Papers on subjects connected with the duties of

the Corps of Royal Engineers, New Series, Woolwich, J. P. Jacson, XIII, 1864, p. xxvii. Alessandro Cialdi, Sul moto

ondoso del mare e su le correnti di esso specialmente quelle littorali, Roma, Tip. delle Belle Arti, 1866, pp. 52, 234, 687. De' lavori accademici del R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecnologiche, Napoli, 1869, pp. 173 e 202. Michelangelo D'Ayala, Memorie di Mariano D'Ayala e del suo tempo, Torino, Fratelli Bocca, 1888, pp. 225-227. Giuseppe Buttà,I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli, Tip. del Giornale La Discussione, 1877, III, p. 143. Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta, M. Savastano, 1875, 1883, I, p. 94. Benedetto Croce, Uomini e

cose della vecchia Italia; Storia della storiografia italiana nel secolo XIX. Vita e Pensiero, 22 (1936), pp. 328-29. Ferruccio Botti, Il pensiero militare e navale italiano dalla rivoluzione francese alla prima guerra mondiale (1789-1915), vol. I (1789-1848), Roma, USSME, 1995, pp. 286, 470. Opere di Sponzilli nel Catalogo di libri antichi e rari vendibili in Napoli presso Giuseppe Dura,

Napoli, Tip. di Gaetano Cardamone, 1862, pp. 861-863.

Joseph Ellison Portlock

From Wikipedia, the free encyclopedia Major-General Joseph Ellison Portlock (September 1794 - February 14, 1864), British geologist and soldier, the only son of Nathaniel Portlock, captain in the Royal Navy, was born at Gosport on 30 September 1794. Educated at the Royal Military Academy, Portlock entered the Royal Engineers in 1813. In 1814 he took part in the frontier operations in Canada. In 1824 he was selected by Lieut-colonel (afterwards Major-General) T.F. Colby (1784-1852) to take part in Ordnance Survey of Ireland. He was engaged for several years in the trigonometrical branch, and subsequently compiled information on the physical aspects, geology and economic products of Ireland, including the Memoir for which he wrote substantial sections on productive economy. In 1837 he formed at Belfast a geological and statistical office, a museum for geological and zoological specimens, and a laboratory for the examination of soils. The work was then carried on by Portlock as the geological branch of the Ordnance Survey, and the chief results were embodied in his Report on the Geology of the County of Londonderry and of parts of Tyrone and Fermanagh (1843), an elaborate and well-illustrated volume in which he was assisted by Thomas Oldham. After serving in Corfu and at Portsmouth he was, in 1849, appointed Commanding Royal Engineer at Cork, and from 1851-1856 he was Inspector of Studies at the Royal Military Academy, Woolwich. For a short time commanding officer at Dover, when the Council of Military Education was formed in 1857 he was selected as a member. During these years of active service he contributed numerous geological papers to the scientific societies of Dublin and to the British Association. He published in 1848 a useful treatise on geology in Weale's Rudimentary Series (3rd. ed., 1853). He was president of the geological section of the British Association at Belfast (1852), and of the Geological Society of London (1856-1858). He wrote a Memoir of the

late Major-General Colby, with a Sketch of the Origin and Progress of the Trigonometrical Survey (reprinted in 1869 from Papers on Subjects connected with the Royal Engineers, vols. iii-v.). He also contributed several articles on military subjects to the 8th edition of the Encyclopaedia. He was elected a Fellow of the Royal Society in 1837. He died in Dublin on 14 February 1864. He married twice: firstly Julia Browne at Kilmaine, Co Mayo, Ireland on 24 February 1831; secondly to Fanny Turner at Cork, Ireland on 11 December 1849. Fanny was the 4th daughter of Major General Charles Turner KH commander of the Cork District. There was no issue from either marriage. References

• This article incorporates text from a publication now in the public domain: Chisholm, Hugh, ed (1911). Encyclopædia Britannica (Eleventh ed.). Cambridge University Press.

• Proceedings of the Royal Society - Vol. XIV - 1865, pp xiii-xvii Thomas A. Larcom, "Memoir of the late Major Gen. Portlock", in Papers on subjects connected with the duties of the

Corps of Royal Engineers, New Series, Woolwich, J. P. Jacson, XIII, 1864, pp. ix-xxix,

Un napoletano

divinatore della radio DI FILIPPO MANNA

Ingegnere in Notiziario dell'Ordine degli Ingegneri di Napoli, marzo-aprile 2005, pp. 8-11.

Nel famoso manuale di radiotecnica di Sacco e Celioni comparso nel 1930 e che conobbe sei edizioni è detto già in premessa, e poi ribadito nel testo, che: “nessuno

prima di Guglielmo Marconi fece

menzione della possibilità di impiegare

le onde elettriche per la telegrafìa

a grande distanza, sebbene

un grande onore sia da tributare al

Faraday, ad Henry e a Lord Kelvin

per i loro studi sulle scariche elettriche

nei conduttori ed a Maxwell

ed Hertz rispettivamente per la

teoria elettromagnetica della luce e

i brillanti esperimenti che di questa

fornirono l’ineccepibile dimostrazione”. L’asserzione non corrisponde a verità giacché ben prima che Marconi effettuasse i suoi primi esperimenti su cui torneremo c’erano state, sull’argomento, dichiarazioni esplicite e proposte concrete da parte di due eminenti studiosi italiani: l’udinese Luigi Magrini (1804-1867) ed il napoletano Francesco Sponzilli (1796-1863). Il Magrini fu il primo in assoluto ad aver intuito l’analogia tra luce ed elettricità e lo si evince dalla nota da lui pubblicata nel 1852 sul Giornale dell’Imperiale Reale Istituto

Lombardo la quale espone i

risultati d’una serie di Ricerche effettuate

sulla natura del principio

elettrico, ossia esperienze tendenti

a provare che il principio delle

oscillazioni può essere applicato

anche ai fenomeni elettrici (fìgg. 1 e 2). È a dir poco singolare che in una di esse il Magrini si dichiari assai lieto se qualche lettore dovesse ravvisare in questa coordinazione tra segnali elettrici e luminosi una qual- che possibilità di propagare i primi analogamente a ciò che si verifica per i secondi.

Assai più esplicito, per ciò che attiene l’argomento in esame, fu il secondo dei menzionati Precursori, l’ufficiale del genio Francesco Sponzilli (fig. 3), nato a Napoli il 22 dicembre 1796 da Francesco di Nicola e da Maria Nardones entrambi appartenenti a una di quelle famiglie medioborghesi che molto ci tenevano a che almeno un componente si dedicasse a vita sacerdotale o militare. Così il giovane Francesco dopo aver conseguito la licenza superiore avanzò nel luglio del 1815 domanda d’ingresso nell’esercito che stava riorganizzandosi dopo il settennato di Gioacchino Murat. Appena un mese prima, e cioè il 17 giugno 1815, con il rientro a Napoli di Ferdinando IV era iniziata la restaurazione borbonica che non fu né brutale né inintelligente, epperò non in grado d’impedire l’insurrezione militare che il primo luglio 1820 aprì quel breve periodo di vita costituzionale cui posero fine la doppiezza dello stesso Ferdinando e l’intervento militare austriaco che ribadì il definitivo divorzio tra la dinastia borbonica e la popolazione del regno di Napoli. Non sappiamo se lo Sponzilli, nominato sottotenente nel 1819, aderì a questa insurrezione ma solo che la sua carriera militare continuò con la qualifica di esperto di meteorologia ch’era allora di competenza delle forze di terra essendo quelle dell’aria ancora di là da venire. In tale qualità e grazie agli scambi di vedute con analoghi uffici di altri Paesi egli apprese delle esperienze effettuate in Inghilterra tra il 1857 ed il 1859 per ottenere comunicazioni telegrafiche senza filo tra le due rive di un fiume servendosi della conduttività dell’acqua, nonché di altre in cui si cercava di ot

tenere segnalazioni per induzione, in un filo telegrafico, dalle correnti variabili lanciati in altro filo parallelo a non grande distanza. Evidentemente si rese subito conto del fatto che di queste iniziative assai poco la seconda, e nulla la prima, avevano a che fare con la radiotelegrafia e che occorreva guardare altrove. Era stato però incaricato, proprio nel 1857, di studiare i mezzi per provvedere alla sicurezza delle polveriera i quali gli offrirono il destro per la pubblicazione di una memoria dal titolo Sopra i Parafulmini

negli Annali delle Opere Pubbliche

di Napoli del 1858-59. Mentre stava correggendo le bozze ebbe però una intuizione che in certo modo unificava tutte le sue precedenti idee sull’argomento ed allora come una parentesi e col singolare titolo di Corollario

inserì nella memoria cui aveva già dato il si stampi la seguente significativa digressione che appunto ce lo fa identificare come detentore della qualifica espressa dal titolo della presente Nota: “Se l’etere, sotto forma di luce,

viene da sé a pingere un’imagine

sulla retina, e per le ignote vie magnetiche

viene da sé a regolare le nostre bussole, non potremo

noi avere una ragionevole speranza che

questo medesimo etere venisse, e

senza esservi costretto dal ferreo

vincolo di un conduttore, ad animare

una macchina telegrafica, onde

favorirne coll’officio suo nelle corrispondenze

nostre, per mezzo dell’elettricità?

Il desiderio è meno ardito

di quello che parer potrebbe a prima

vista, anzi nelle cose odierne della

telegrafia elettrica già si trova ottenuto

per metà. Nei nostri primi apparecchi

telegrafici i fili conduttori

erano due e formavano l’inalterabile

circuito. Il filo è ora uno solo, il circuito

è rotto, e pur come tale adempie

benissimo all’ufficio suo. Insomma,

ov’io mi facessi modestamente a

dire d’una qualche probabilità che

aver si potrebbe per una corrispondenza

telegrafica elettrica «senza filo

alcuno», forse farei ridere li molti

che in queste cose sono maestri

miei; ma sono certo di non trovar

pur uno fra questi miei maestri che

formular potesse una dimostrazione

senza replica, di avere io profferito

un’assurdità. Le trasformazioni dell’etere,

molteplici, lontane, contemporanee

e celerissime, distinte e

sempre circondate dal mistero, non

solamente presentano un vasto teatro

ad ammirar prodigi, ma un vasto

campo ancora a lasciare sperare

e tentar prodigi novelli. Com’io ho

formulato una proposta, così di tentare

ardir voglio una mia particolare

spiegazione del fenomeno d’una precisa

manifestazione dell’onda elettrica

destata e trasmessa come quella

luminosa da acconcio ma per ora

ignoto Reomotore, e ricevuta e mantenuta

da un Reoricettore anche collocato

agli antipodi del primo. Questa

mia spiegazione implicherebbe

l’ipotesi d’una «generale istantanea

commozione” che si manifestasse in

tutta la massa dell’atmosfera elettrica

che riveste la terra: commozione

che comunicar si potesse a tutti i

Reoricevitori adatti a risentirla grazie

a modificazioni della corrente

conseguente a variazioni di resistenza

elettrica avente però luogo solo

da quelli che già si «farebbero predisposti

a ritenerla». Siano macchine

di acconcia futura fabbricazione,

adatte a destare una propagazione

ondosa nel dielettrico rappresentato

dall’aria nonché a riceverne e a ritenerne

l’effetto, e noi avremo stabilito

una comunicazione senza conduttore.

Quando da A voglio corrispondere

con B eccito la generale commozione

elettrica e tutte le macchine

capaci di sentirla l’avvertiranno. Ma

solo fra me ed il mio corrispondente

sarà notato il valore di un pensiero

perché questo, grazie a idee telegra-

fiche convenute, sarà l’effetto di

tanti ripetuti colpi, sarà l’effetto

d’una più o meno lunga loro durata.

Ora intorno alla bizzarra idea

della telegrafia elettrica senza filo

non aggiungerò oltre una parola sola,

poiché tutto quello che potrei

dire di più sarebbe perduto per coloro

che non sono a livello di cosiffatti

studi e superfluo agli uomini

positivi, ai quali - sapienti pauca -

io credo d’aver detto quanto basta

perché giudichino di questo mio

singolare corollario e ne traggano

adeguate conclusioni.

Nota - Nel momento di mettere in

torchio, cioè il 12 febbraio 1859,

mi è venuto nelle mani il volume III

della Revue des Applications de

l’Electricitè (1857-58) par le Vic.

Th. De Moncel, e alla pagina 109

trovo un paragrafo che ha per titolo

Communications sans fìls conducteurs.

Le quali o siano quelle tentate

a Portsmouth servendosi dell’acqua

come conduttore, o siano quelle

intraprese dal Ginth per ottenere

una corrente d’induzione in un filo

telegrafico dalle correnti variabili

lanciate in un altro parallelo a non

grande distanza, sono propriamente

idee di casi particolari e nulla hanno

a che fare con la generalissimo

mia idea di “Telegrafia elettrica

senza fili conduttori” che già da

due anni ho fatto girare manoscritta

presso i nostri scienziati ma che

non prima d’ora ho potuto rendere

di pubblica ragione”.

Com’è dato ad ognuno da rilevare in quanto trascritto c’è l’idea generale ma esatta delle comunicazioni radioelettriche intuite da uno Studioso che non era un fisico ma soltanto un ufficiale del genio, certamente dotto ma che sull’elettricità che allora muoveva i primi passi non aveva che conoscenze embrionali, la qual cosa però, paradossalmente o quasi, ben può invocarsi a giustificazione del fatto accertato che non occorre essere esperti della materia per intravedervi nuovi orizzonti. Del resto sulla rivista La

Scienza per tutti dell’agosto 1918 il critico Umberto Maioli ci tenne a puntualizzare che Guglielmo Marconi notoriamente privo di licenza liceale “fu in grado di fare la sua scoperta perché ignorava l’importanza della lunghezza d’onda”. Evidentemente furono proprio queste scarse conoscenze a portarlo all’improvvisa e nuova intuizione delle possibili comunicazioni a distanza per via eterea nella quale sono in particolare da apprezzare il concetto d’una atmosfera avviluppante la terra entro cui le azioni elettriche e magnetiche possono propagarsi con la velocità della luce e soprattutto l’affermazione che uno scuotimento o impulso prodotto da un apparecchio elettrico, e quindi l’effetto d’una scarica o d’una rapida corrente, possa propagarsi in qualsivoglia direzione ed esser captato e utilizzato da un altro consimile per la produzione di segnali; che anzi potrà solamente essere accolto da apparecchi predisposti a riceverlo ossia, come poi disse Hertz, da circuiti ad esso «accordati ». A questi apparecchi lo Sponzilli, conferendo rispettivamente il nome di reomotori e di reoricevitori, si rivelò antesignano anche nel lessico giacché nel linguaggio scientifico moderno il prefìsso reo attinge il significato di corrente elettrica o quello più semplice di scorrimento in ogni parola

composta di cui costituisce il primo elemento. Tutto ciò rappresenta in germe il principio e la tecnica delle comunicazioni elettriche e noi non possiamo leggere le pagine dello Sponzilli senza provare meraviglia e ammirazione per la voce solenne e profetica del solerte napoletano, la quale s’elevò con oltre sei lustri d’anticipo sulle prime esperienze che condussero all’invenzione della radio. All’atto in cui queste sue idee comparvero, e cioè nell’anno 1859, Enrico Hertz era un bambino di due anni e Guglielmo Marconi era ancora da concepire. Forse lo Sponzilli era a conoscenza di quanto constatato nel 1725 dal fisico e matematico Charles- Francois Du Fay il quale ottenne passaggio di corrente da una sfera metallica ad un’altra previo riscaldamento d’una di esse, perché nella ricordata memoria sui fulmini egli asserisce che delle manifestazioni non violenti e quindi equivalenti solo a scariche elettriche tra due corpi possono ottenersi con un intenso riscaldamento d’uno di essi. La cosa certa è che il fenomeno è alla base dell’emissione termoelettronica e quindi del diodo ove appunto un conduttore ivi rappresentato dal filamento o catodo portato ad alta temperatura in un’ampolla di vetro emette nugoli di elettroni che colpiscono la placca costituente l’anodo a motivo della nota legge di attrazione tra cariche d’opposto segno.

Però questo tubo non ebbe alcun impiego fino a che il Fleming con il brevetto denominato glow lamp

oscillation detector od oscillation

valve del 1905 non ne ricavò il primo rivelatore a valvola delle radioonde che sostituì quello ideato nel 1884 dall’ascolano Temistocle Calzecchi Onesti il quale lo chiamò semplicemente “tubetto a limatura”. Esso da Marconi, ed in conformità dello schema della fìg. 4, fu impiegato nelle prime esperienze da lui effettuate a Villa Grifone presso Pon-tecchio nel 1898 (fìg. 5/1) le quali anticiparono quelle celeberrime

fatte a La Spezia utilizzando per la produzione delle necessarie oscillazioni elettriche l’oscillatore del Righi. Dunque soltanto dopo il 1905 fu possibile al suddetto rivelatore dal funzionamento piuttosto instabile, cui Lodge dette il nome di coherer, sostituire il nuovo dispositivo che il Marconi utilizzò con la placca collegata all’antenna ed il filamento alla terra ottenendo la perfetta udibilità delle onde in una cuffia anch’essa inserita nel circuito (fìg. 5/2)

Obelisco dell'orologio posizionato sulla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore, progettato da Sponzilli