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Page 1: Franz Schubert Der Hirt auf dem Felsen Lara Matteini voce ... · PDF fileNon è il valore del testo ad accompagnare l’ispiraz Claude Debussy Sonata n° 2 Pastorale – Interlude

Franz Schubert Der Hirt auf dem Felsen

Lara Matteini voce Giuseppe Grippi pianoforte

Giorgio Levorato clarinetto

Claude Debussy Sonata n° 2 Pastorale – Interlude – Final

Mauro Fiorin flauto Barbara Zennaro viola Alessandra Trentin arpa

Camille Saint-Saëns Capriccio su arie danesi e russe

Mauro Fiorin flauto Stefano Marangoni oboe Giorgio Levorato clarinetto

Irena Ristovic pianoforte

note al programma a cura di Enrico Folin Franz Schubert (Vienna, 1797 – Vienna, 1828) Der Hirt auf dem Felsen, (Il pastore sulla roccia) per voce con accompagnamento di clarinetto e pianoforte, D. 965, op.129 (1828) Testi di Wilhelm Mu ̈ller (1794-1827) e di Helmina von Che �zy (1783-1856) Il Lied Der Hirt auf dem Felsen, cronologicamente l’ultimo di un catalogo che ne conta più di seicen-to, è un esempio dell’immutata vocazione di Schubert a ritrovare nel Lied, genere da lui stesso consoli-dato tra le grandi forme dell’arte musicale, il più naturale territorio di sperimentazione. Innanzitutto l’organico: al consueto abbinamento voce pianoforte è qui aggiunto il clarinetto, con il risultato di sottrarre la composizione alla specificità della liederistica classica per avvicinarla, d’un trat-to, allo stile dell’aria concertata. Assieme al Lied Auf dem Strome, per voce, pianoforte e corno, (D. 943, op.119, testo di Ludwig Rel-lstab,1828), è un raro esempio di organico liederistico allargato in tutta la vasta produzione schuber-tiana. Poi il testo: assemblato in sette strofe, è insolitamente ricavato da composizioni poetiche di autori di-versi. Le prime quattro e l’ultima dalle odi Der Berghirt e Liebesgedanken di Wihlelm Mu ̈ller, la quin-

ta e la sesta da uno scritto di Helmina von Chézy, attribuzione quest’ultima considerata dubbia e asse-gnata da alcuni allo scrittore Karl August Varnhagen von Else (1785-1858). L’insieme dei versi contribuisce alla realizzazione di un quadretto di carattere amoroso-sentimentale perfettamente coerente con i più consueti stilemi del canto popolare, ove si narrano i tormenti dell’amore lontano e inappagato; ma arriverà la primavera, il pastore scenderà dal monte e ogni tristez-za svanirà nello sperato incontro con l’innamorata. Non è il valore del testo ad accompagnare l’ispirazione in Schubert. Coesione e unitarietà sono ricerca-te nella forma musicale, nella sapienza dell’equilibrio tra le voci, nell’aderenza della musica alle parole e ancor più alle espressioni intime che esse rappresentano. Coerentemente con le sezioni narrative della lirica, il Lied trova la sua naturale disposizione in tre di-verse sezioni musicalmente caratterizzate, oltre che per la diversa indicazione ritmica (Andantino, Alle-gretto, Più mosso), per i frequenti cambi di tonalità, per le variate figure melodico-ritmiche assegnate all’accompagnamento pianistico, e ancora per la particolare funzione solistica del clarinetto. Su tutto, dopo una breve introduzione strumentale, emerge la voce, in un racconto che passa dai toni pacatamente introspettivi e descrittivi della propria condizione di solitudine –concezione romantica del paesaggio sperduto come luogo dell’anima– a quelli della più sofferta espressione delle pene d’amore. Un Solo del clarinetto, ritmicamente cauto, introduce alla parte finale, dove canto e strumento gareg-giano in virtuosismo nel rappresentarsi testimoni di una gioia ritrovata. Da notare come in questo Lied al clarinetto sia assegnato un compito che solitamente spetta per intero al pianoforte: quello di “contrapposizione” dialogica alla voce, attraverso interventi melodici variamen-te finalizzati a sostenere o contrappuntare la melodia principale. Gli effetti imitativi d’eco e i richiami allo Jodel tirolese sono un’esplicita concessione all’elemento de-scrittivo e popolare. Claude Debussy (Saint-Germain-en-Laye, 1862 – Parigi, 1918) Sonata n. 2 per Flauto, Alto e Arpa, L. 137 (1915) La seconda sonata per flauto, viola e arpa appartiene all’ultima stagione compositiva di Debussy ed è concepita nell’atmosfera di una duplice condizione di afflizione: l’entrata della Francia in guerra, espe-rienza dichiaratamente vissuta e sofferta dal compositore con angoscia, e le condizioni fisiche per una malattia della cui gravità egli è pienamente consapevole. Rimane traccia, pur in aspetti non strettamente musicali, di entrambi gli eventi, nella fiera affermazione d’appartenenza richiamata già nel titolo «Claude Debussy musicien français» e nella forzata incomple-tezza dell’originale progetto di Sei sonate per vari strumenti, delle quali soltanto le prime tre sono state portate a termine. Definitivamente abbandonato l’assioma romantico che obbligava ad una narrazione, anche musicale, temporalmente definita, a favore di una rappresentazione che si forma ed esaurisce entro le brevità di un susseguirsi di istanti; in questa Sonata il passo avanza entro procedimenti che appaiono ancor più estremi. Nel primo movimento soprattutto, dove, tra sfumate assonanze con il Prélude à l’après-midi d’un fau-ne, le idee e i temi si creano e dissolvono nel breve spazio della loro intuizione. Nel continuo gioco di azione e reazione cui nessun parametro del linguaggio è sottratto, vi è quasi il sapore dell’improvvisazione, come se tutto accadesse per la prima volta in quel momento. Più formalmente delineato l’Interlude, in Tempo di Minuetto nella sua classica suddivisione in tre se-zioni nel quale il richiamo all’originale danza è riconoscibile, oltre che nel carattere complessivo, nell’insistita presenza del ritmo puntato. Il Finale traccia, infine, una sintesi delle atmosfere espresse dai due primi tempi, sottraendoli con deci-sione ad ogni possibile lettura che ne fraintenda il carattere. Non vi è leggerezza né disincanto, la scrittura è ritmicamente densa; arpa e viola insistono su armonie e

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sonorità che inibiscono ogni ritorno all’iniziale atmosfera pastorale invano rievocata dal flauto. E il tratto complessivo della scrittura ci parla persino della più recente esperienza stravinskiana. Fa da contraltare alla modernità della scrittura, la scelta di collocare la composizione all’interno di un’area di riferimento, dato tra i più evidenti nell’ultimo Debussy, che è quella della tradizione sette-centesca francese. Pastorale, Interludio e Finale ricordano i movimenti di un Ballet di Jean-Baptiste Lully e l’organico –in origine flauto, oboe e arpa– rievoca gli ensembles cameristici di Philippe Rameu e François Couperin. All’arpa del resto è assegnato un ruolo che sa di tastieristico, e non mancano frequenti passaggi in stile albertino. Tutto è compreso nell’arte strabiliante di Debussy, egli sa trarre dall’insolito insieme atmosfere, colori ed effetti del tutto inusitati e rari anche per chi conosca le sue opere precedenti. Questa sonata è davvero un capolavoro, per alcuni il capolavoro. Debussy ne era cosciente, in una lettera al suo editore Durand del 16 settembre 1915 scriveva: «è venuta così bella che sento quasi di dovermene scusare». Camille Saint-Saëns (Parigi, 1835 – Algeri, 1921) Capriccio su arie Danesi e Russe, per flauto, oboe, clarinetto e pianoforte, op. 79 (1887) Questo capriccio, quarto dei sei composti tra il 1859 e il 1904, è scritto in occasione dei sette concerti organizzati dalla Croce Rossa di San Pietroburgo per le festività pasquali del 1887 e pensato per gli stessi tre solisti che lo accompagnavano in tour: Paul Taffanel (flauto), Georges Gillet (oboe), e Charles Turban (clarinetto). La ragione del particolare abbinamento di temi danesi e russi trova motivazione delle origini della dedicataria Marija Fëdorovna di Russia, nata Dagmar di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg, figlia del re di Danimarca, e sposata dal 1866 con lo zar Alessandro III. I temi sono scritti nello stile popolare, ma interamente ideati dal compositore; nel 1885 aveva cono-sciuto Čajkovskij e già allora aveva manifestato interesse per la funzione strutturale che i compositori russi usavano attribuire ai materiali tematici tratti dalla tradizione del canto folclorico. Ma non è quello il mondo al quale Camille appartiene e del tutto diversi sono gli ideali e le premesse estetiche. Saint-Saëns fa parte di quella generazione di compositori francesi cui va riconosciuto il merito di aver rappresentato la più efficace reazione sia alla prepotente affermazione del dramma wagneriano, sia al disfacimento di ogni residua vitalità propositrice degli ideali romantici. La sua è un’attiva rinuncia all’impegno intellettuale estremo per una scelta d’arte che favorisca la sem-plicità dell’ascolto al sovrabbondare di idee e contenuti astratti. Il Capriccio va ascoltato con questo spirito, cercando in esso anche il diletto del puro sentire, con la leggerezza, che mai è superficialità, di un approccio curioso e quietamente disposto. Appariranno allora le tante coloriture strumentali, i repentini inseguimenti e sovrapposizioni delle voci, le volubili figurazioni del pianoforte: una variabilità continua e una costante richiesta di agilità virtuosi-stica inseriti in una condotta formale precisa e rigorosa. Il brano, internamente diviso in quattro sezioni, inizia con un’introduzione nello stile della cadenza nella quale flauto, oboe e clarinetto si presentano insieme attraverso rapidi passaggi omoritmici. I tre fiati introducono quindi, alternandosi, le melodie danesi e russe in un’atmosfera d’insieme nostal-gica e meditativa. Il Finale, che sa di galop, accende gli animi in un crescendo cui tutti gli strumenti concorrono fino ai due accordi finali in fa maggiore nel fortissimo. La prima esecuzione, avvenuta il 21 aprile 1887 alla presenza dello zar Alessandro, fu accolta –si rac-conta– con soddisfazione e grande entusiasmo.

La Dirigente Scolastica dell’Istituto d’Istruzione Superiore

Marco Polo – Liceo Artistico di Venezia dott.ssa Annavaleria Guazzieri

è lieta di presentare il

Concerto dei docenti del Liceo Musicale

Marco Polo di Venezia

Palazzo Bollani giovedì 22 dicembre 2016, ore 18.30

Ingresso libero con offerta responsabile

da destinare alla Croce Rossa Italiana

in aiuto alle persone colpite dal sisma del 24 agosto 2016