franco tagliente

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La Terra stava diventando una sinistra pietra tombale. Nelle fosse occultavamo le spoglie della Natura che andavamo uccidendo. Il suo dolore scorreva in miliardi di tetre forre. Eppure l’ostinata sua speranza d’essere e durare si concesse nei colori. Furono colori di resurrezione nel muto rigoglio d’una fioritura, nello sbucare glorioso e affaticato d’un germoglio. Terra martoriata Caldi colori ti avvolgono e ti proteggono Terra cotta e acrilico il lutto della terra devastata e risorta Franco Tagliente laboratorio d’arte www.ilbattitodali.com Via Municipio, 17 Treviso Per informazioni [email protected] 348 4555460 Affordable Art Association laboratorio ed esposizioni d’arte che ci si può permettere sculture, pitture, incisioni

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sculture, pitture, incisioni

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Page 1: franco tagliente

La Terra stava diventando una sinistra pietra tombale. Nelle fosse occultavamo le spoglie della Natura che andavamo uccidendo. Il suo dolore scorreva in miliardi di tetre forre. Eppure l’ostinata sua speranza d’essere e durare si concesse nei colori. Furono colori di resurrezione nel muto rigoglio d’una fioritura, nello sbucare glorioso e affaticato d’un germoglio.

Terra martoriataCaldi colori ti avvolgonoe ti proteggonoTerra cotta e acrilico

il lutto della terradevastata e risorta

Franco Taglientelaboratorio d’arte

www.ilbattitodali.comVia Municipio, 17 Treviso

Per informazioni [email protected] 4555460

Affordable Art Association

laboratorio ed esposizioni d’arte che ci si può permettere

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Ancora nel buioMille volte sono sceso al centro della Terra ed ho cercato non so più cosa.

Terra cotta

La città dei morti 1Antichi percorsi incisi nella memoriasigilli di vite Linoleografia stampa a secco

La città dei morti 2Vite dorate delle verdi età del passato

Linoleografia e acrilico

La città dei morti 3Colori infantilicurano vecchie ferite

Serigrafia

AcidiLi ho analizzati e separatie non sapevo perché

Acrilico su carta

Senza sospettarlo, Franco Tagliente modellò nella creta la maschera del padre morto. Gli si è imposta così la scultura, nel 1992. In un furente apprendistato, tormentò nei primi anni la materia, solcandola, scavandola, scalzandola. Nella rivelazione drammatica del tangibile – creta, metallo o marmo – egli non agognava l’ottusa matericità quanto l’inquieto brivido che la anima. Attingere l’invisibile tramite il visibile e concreto. L’attività artistica di Franco Tagliente è, in toto, una forma della ricerca interiore.

Fuori delle tassonomie accademiche dell’arte, ne ha ripercorso la traiettoria con fulminea sperimentazione, approdando precocemente a una sua riconoscibile cifra. Franco Tagliente torna sistematicamente alla terra, mai abbandonata in verità. Alla terra (creta) come strumento espressivo e alla Terra come nucleo tematico. Alla “materia riconquistata”, dopo un lungo percorso che ambiva superarla.

Franzaldo Di Paolo

Dopo un periodo d’incertezza, di pausa creativa, Franco Tagliente stende la creta in uno spesso foglio. Vi pratica ritmiche aperture. Scopre poi, con sgomento, d’aver tracciato una stesa d’infiniti avelli. La “città dei morti” de Il Cairo o l’interminabile camposanto cui la nostra miope cupidigiaha ridotto il pianeta. Gli si presenta così l’urgenza della Terra, nella sua martoriata consunzione. La pone al centro d’un nuovo percorso. Riparte dalla terra-creta, docile alla mano eppure riottosa a superare il suo limite materico. Solo attraverso la terra è possibile giungere al cielo. Superare il limite. La cura dell’ineludibile dimensione fisica (terrena e terrestre) è anche cura della Terra, che ne è casa. Perché, qualcuno disse, la Terra è in verità il corpo del Cristo. Senza residuo alcuno di figura, si svolgono le sfere compatte e disossate di Franco Tagliente: l’attonita offesa del vivente.

Persino le cose ci chiedono di durare. E noi siamo quanto ci include e circonda, il nostro ambiente e ambito. Riserviamo ad esso la medesima, frettolosa distrazione che riserviamo agli affetti. Siamo noi quegli avelli, dunque, senza la dignità d’un Farinata degli Uberti che vi si sporga torvo. Eppure, v’è il colore. Cede un guizzo estatico alla chiusa opacità della terracotta. L’ostinata speranza d’essere e durare della Natura si concede nell’apertura cromatica. Il muto rigoglio d’una fioritura. Lo sbucare, glorioso e affaticato, d’un germoglio. Il colore s’aggiunge alla forma, la pittura alla scultura. Così la meditazione sulle ferite della Terra prende pure la via delle incisioni – segretamente crittografiche, a indicare una possibile via d’esito – o d’una pittura inedita per Franco Tagliente, nella sua ritmica fluidae insieme martellante. Un composto grido, un amoroso allarme.

Franco Tagliente

Il lutto della Terra