Francesco Menchetti - La fabbrica del convento · fragio “che fo guasto da la gran fortuna del...
Transcript of Francesco Menchetti - La fabbrica del convento · fragio “che fo guasto da la gran fortuna del...
89
Trascorsero quarant’anni tra il 1517, data del-
la concessione della chiesa di San Salvatore
e dell’area per il convento ai Frati Minori
Osservanti, e il 1557, termine dei lavori e con-
sacrazione1. Come chiariscono i documenti,
passò quindi un consistente periodo di tempo
tra l’inizio delle attività edilizie alla chiesa e il
compimento dell’intero cenobio, attività alle
quali in aggiunta alle maestranze locali solita-
mente partecipavano i frati stessi. Il terreno affi-
dato dal Consiglio comunale ai francescani era
collocato in contrada San Salvatore confinante
con la strada comunale, con l’orto di Giovan
Battista Rigo, con l’angolo dell’orto di Maestro
Pietro Zoppo e con la strada e l’orto di proprie-
tà della Confraternita della Trinità2. Nel 1527 il
guardiano del convento di San Lazzaro ricevet-
te un’elemosina dal Consiglio per l’acquisto di
50 pianelle per sistemare “il campo della casa”
e ricoprire un tetto in San Salvatore, materiale
resosi indispensabile in seguito ad un forte nubi-
fragio “che fo guasto da la gran fortuna del ven-
to”3. Il convento inizialmente constava di alcune
case donate da Galeazzo Gabrielli, rettore della
chiesa e dipendente dai monaci Camaldolesi di
Montegiove4. Si trattava di abitazioni singole,
non ancora organizzate attorno a un chiostro,
struttura che sarà centro della vita conventuale.
In questi anni i frati, con molta probabilità, risie-
dettero ancora per un po’ di tempo nel vecchio
monastero extra moenia in San Lazzaro prima
di entrare in città come già suggerito all’intero
Ordine dal provvedimento di papa Gregorio IX
(1240) e dalla Bolla di Innocenzo IV (1252). Nel
1537, come rileva un atto notarile, la chiesa erà
già a buon punto e nuper eretta5, quindi nuova-
mente costruita, ma il convento con i suoi cortili
non veniva neanche citato.
La fabbrica del convento ricevette un’accele-
razione particolare nella seconda metà degli
anni trenta del Cinquecento: questo fu dovuto
a ragioni politiche e religiose e grazie all’opera
di governatori illuminati che vollero preparare
insieme al Senato Cittadino e ai frati un luogo
adatto e convenevole dove ospitare la celebrazio-
ne del Capitolo provinciale dell’ordine france-
scano che ebbe luogo nell’ottobre del 15376. Il
Comune aveva già sostenuto in passato i capitoli
provinciali tenutisi a Fano e in particolare il 9
maggio 1484 a Santa Maria Nuova nella sede di
San Lazzaro7.
Dal 1534 Paolo III Farnese era pontefice e in
città, con la fine del governatorato del temibile
Cardinale di Ravenna, giunse un nuovo gover-
natore: Girolamo Capodiferro, “uomo di grande
letteratura, e da fanesi con grande amorevolez-
za accolto, in vedendosi rimessi nella loro an-
tica libertà, sotto l’immediata soggezione della
sede apostolica”8. Nel 1539 al Capodiferro se-
guì Giovanni Angelo Medici, governatore e fu-
turo Pio IV, il quale si contraddistinse per una
spiccata attività urbanistica a Fano e a Roma.
Nella città adriatica promosse la definizione di
un “guasto” finalizzato alla costruzione di una
strada di collegamento con funzioni militari tra
Porta Marina e la rocca e il progetto della Porta
Angelica situata al termine dell’antico decuma-
no, in direzione di Pesaro9.
Il documento che attesta l’inizio di un impegno
consistente da parte del senato fanese nei con-
fronti del cenobio francescano è conservato pres-
so la Referendaria comunale ed è datato 1537.
Il “referendario” registrava che nel Consiglio
Generale del 30 settembre 1537 si concedet-
te un’elemosina di una soma e mezzo di grano
“per spazio di due anni per la fabrica del loro
convento”10. Non è stato possibile verificare il
contenuto del verbale del consiglio perchè non
si sono conservati i registri degli anni 1537-39
proprio quel periodo di tempo in cui avvenne la
prematura fine del vescovo Cosimo Gheri causa-
ta da Pierluigi Farnese come sostenuto, da Pietro
Paolo Vergerio, vescovo di Capo d’Istria11. La de-
cisione presa in Consiglio cittadino definiva che
attraverso l’opera del Ponte Metauro si sarebbe
versata regolarmente un’elemosina destinata al
compimento del cantiere del convento: a parti-
re da febbraio 153812 si iniziò ad effettuare un
Francesco MenchettiLa fabbrica del convento
A frontePianta del convento annes-
so a Santa Maria Nuova,
sec. XIX (Fano, Biblioteca
Federiciana, Fondo disegni
e rilievi, B8/90)
90
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
versamento con cadenza bimestrale. L’elemosina
continuò poi nel mese di agosto con una quantità
di grano offerto corrispondente all’intero perio-
do di quattro mesi13, poi il 30 ottobre14 e infine
il 31 dicembre15. Le altre offerte sono registrate
nel 1539 a febbraio16, maggio17, giugno18, agosto19
e ottobre20. Per il 1540 e il 1541 non sono più
segnalate elemosine, segno che i lavori si trova-
vano in fase avanzata. Il provvedimento dell’ele-
mosina trova riscontro tra le carte di Ludovico
Rusticucci, Pietro Negusanti e M. Bambini, i
“pontinieri”21 in carica tra il 1536 e il 1540. Il
Ponte elargiva le elemosine al guardiano di Santa
Maria Nova sotto forma di grano misurato in
“some” e “toppi” e segnato nei registri come de-
stinato genericamente “per la fabrica” secondo
disposizione del Consiglio Generale: 3 some il 3
aprile 153722, 3 some il 30 aprile 153723, 4 some
e 4 toppi il 7 luglio 153724, 3 some di grano il 16
febbraio 153825, 4 some e 4 toppi il 30 giugno
153926 e infine 3 some il 26 ottobre 153927.
Le notizie sui cantieri e sulle maestranze sono
scarse e oltre a riferire del riutilizzo del mate-
riale proveniente dalle demolizioni del convento
in San Lazzaro28, descrivono alcuni pagamenti
come quelli registrati tra le spese della fabbri-
ca del Ponte a favore di Mastro Bambino ad-
detto a rifornire le attrezzature di carpenteria.
Il Bambino il 6 agosto 1538 ricevette 90 bolo-
gnini per tre catene di “merollo” utilizzate per
tenere unite le volte che coprivano la scala29,
probabilmente la rampa d’accesso alle celle del
primo piano. Sicuramente alcuni di questi con-
tributi furono destinati all’acquisto del marmo
impiegato per la lavorazione di colonne e corni-
ci utilizzati nel chiostro grande, formato da 16
colonne di ordine ionico su plinto di 1,25 m.
Il quadriportico venne coronato da un puteale
poligonale e scolpito sugli otto lati con i sim-
boli dei Mendicanti (si veda la scheda Il puteale
di Gianni Volpe). Il secondo chiostro, porticato
su due lati, presenta 7 colonne di stile dorico su
plinto di 50 cm. Tra i due cortili collegati da
corridoi voltati a crociera si trova un ambiente
regolare con volta ad ombrello e vele decorate da
piccole maschere in arenaria con figure antropo-
morfe, spazio attiguo alla chiesa e alla sagrestia
che probabilmente ospitava il Capitolo.
A riprova che alla fine degli anni Trenta del
Cinquecento i lavori erano giunti a un buon punto
ricordo la notizia che il Consiglio Generale del 7
dicembre 1539, dietro richiesta di Fra Francesco
da Cartoceto, era riuscito a stanziare 14 ducati
per acquistare i libri della biblioteca: “tanti libri
per ornare la bibliotecha da farsi in detto con-
vento”30. La biblioteca si trovava a piano terra a
fianco del refettorio o tra i due chiostri. A questo
periodo appartenne senz’altro anche l’intervento
dei lapicidi impegnati nei due claustri principa-
li e la rimessa in opera del portale di Maestro
Bernardino di Pietro da Carona, integrato nel-
la parte superiore con il busto in marmo del
Salvatore. Giovanni Bosso da Milano e i suoi
collaboratori, considerati in questo volume nel-
91
Un capitello tamponato
del chiostro grande e il
corridoio di collegamento
tra i due chiostri
la scheda biografica curata da Franco Battistelli,
furono attivi inoltre in San Paterniano (1525),
San Michele (1543) e nel palazzo Malatestiano
(1544)31 dove realizzarono rispettivamente 24
colonne e capitelli di ordine corinzio, 8 colonne
e capitelli di ordine ionico e 7 colonne, capitelli
e plinti32 di ordine ionico. Il termine ante quem
per la messa in opera delle colonne in convento
è da far risalire al 17 marzo 1543, data in cui i
fusti in pietra istriana vengono citati come esem-
pio per quelli da realizzare nell’ospedale di San
Michele33. Nel 1544 Nicolò Bosso, nipote di
Giovanni e gli altri scalpellini oltre che alla corte
Malatestiana, lavorarono alla scala a chiocciola
detta “lumaca”34 nella cancelleria dei priori35. I
capitelli ionici del chiostro grande sono ugua-
li nello stile e nelle misure a quelli scolpiti per
San Michele e per il palazzo malatestiano. Senza
contare il terremoto del 30 ottobre del 1931 e il
conseguente inserimento di alcune chiavi di rin-
forzo, si riscontrarono dei problemi anche prima
della consacrazione della chiesa (avvenuta nel
1557), quando tre colonne della “loggia”, addos-
sate alla chiesa andarono in rovina36. A seguito
di questo increscioso incidente le maestranze
e Geronimo Corbelli, nominato dal convento,
si recarono da Michelangelo Boldrini, notaio.
L’atto rogato descrive la suddivisione delle re-
sponsabilità a seconda della natura del danno
arrecato, a causa della sbagliata messa in posa di
Lorenzo muratore o della lavorazione della pie-
tra eseguita da Nicolò e Filippo Bosso37.
Al di sotto del convento si trova una grotta cru-
ciforme utilizzata come rifugio durante i conflit-
ti bellici. Nel 1736 i chiostri subirono notevoli
danni perchè utilizzati impropriamente come
scuderie per ospitare cento cavalli dell’esercito
tedesco.
Il convento, dal 1870 asilo Gallizi e oggi visi-
tabile solo su richiesta, “riveste una importanza
LA FABBRICA DEL CONVENTO
94
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
storica notevole e mantiene intatta la distribu-
zione planimetrica cinquecentesca”, come ri-
levato dall’Ufficio Tecnico del Comune38. La
struttura mantiene i caratteri comuni alla mag-
gioranza degli insediamenti francescani sorti in
Italia tra XIII e XVII secolo. La suddivisione del
convento mendicante in quattro parti riflette la
disposizione di massima del duecentesco con-
vento benedettino, come riassunto da Goffredo
di Vendôme39. Le quattro zone articolate intor-
no al chiostro grande sono così distinte: la chiesa
dedicata al culto, una zona riservata al mangiare
e al bere con le cucine e il refettorio, un terzo set-
tore dedicato ai lavori diurni e un quarto settore
destinato ai dormitori.
L’edificio dislocato all’interno della cerchia di
mura romane e malatestiane si presenta a due
piani caratterizzato da tre chiostri: uno regolare,
uno più piccolo porticato su due lati con una
fontana in cemento al centro e tracce di una
vecchia pavimentazione a pianelle, e un terzo
chiostro piccolo documentato nella mappa del
1834, detto “chiostro esteriore”. Quest’ultimo,
non porticato, era uno spazio recintato attiguo
al refettorio e destinato ad un utilizzo esclusivo
dei frati; in una pianta ottocentesca dell’”asilo
d’infanzia” presenta addirittura un piccolo giar-
dino all’inglese. Le disposizioni seguono non
solo dettami simbolici ma anche distributivi
e climatici. La chiesa, sul lato settentrionale, è
orientata secondo l’asse est-ovest, affinchè le alte
mura riparino il resto della fabbrica dalle intem-
perie ed è probabilmente per lo stesso motivo
che il secondo chiostro non presentava i porti-
ci sui due lati più a nord. La chiesa con i suoi
annessi, coro, sagrestia e cappelle aveva un suo
ingresso autonomo sul sagrato e una porta late-
rale di accesso interno con il braccio del chio-
stro a cui è tangente. Al piano terreno tra i due
portici era probabilmente collocata la suddetta
sala del capitolo, la quale si affacciava sul lungo
corridoio voltato a crociera, vero e proprio asse
di distribuzione dell’intero edificio. Si accedeva
al convento o dalla porta principale collocata a
sinistra della loggia della chiesa o da una porta
carraia collocata sul retro dov’era l’orto. Superata
la soglia una scala permetteva di raggiungere gli
alloggi, le celle e i dormitori, che al primo piano
occupavano i lati del chiostro, con i “necessari”
o latrine in posizione decentrata. Tra i due chio-
stri principali e il chiostro esteriore serrato da un
alto muro si trovava il refettorio, unico spazio
affrescato con nove lunette con storie di Cristo e
santi francescani, come dovrebbero confermare
i lavori di ripulitura ancora in corso. La biblio-
teca pubblica cittadina venne aperta nel 1621 e
probabilmente si trovava lungo l’asse verticale di
fronte al chiostro principale con alle spalle gli
ambienti di servizio (forno, cantina, dispensa
legnaia e lavatoio). I restanti corpi di fabbrica
avrebbero potuto ospitare altri ambienti di lavo-
ro come officine, stalle, magazzini. Non sappia-
mo se il convento ospitasse anche un’inferme-
ria. Nell’area dell’orto nel 1919 venne realizzato
l’ampliamento dell’asilo con la costruzione della
mensa e altri vani atti a migliorarne i servizi.
Il puteale in pietra del
convento di Santa Maria
Nuova dopo il recente
restauro. Oggi si trova nel
giardino pubblico di Piazza
Leopardi a Fano
95
Note
1. S. Tomani Amiani, Guida storico artistica di Fano, Fano
1853, p. 135; A. Talamonti, Cronistoria dei Frati Minori del-la Provincia Lauretana delle Marche, Monografie dei conventi, Sassoferrato 1941, III, pp. 140-188; F. Battistelli, Notizie e do-cumenti sulla chiesa di S. Maria Nova in S. Lazzaro e sulle opere per essa eseguite alla fine del secolo XV, in “Fano, Supplemento
al Notiziario di informazione sui problemi cittadini”, 4 (1977),
pp. 51-70; Idem, Note su Mo Giovanni Bosso da Milano scalpel-lino a Fano nel secolo XVI, in “Fano, Supplemento al Notiziario
di informazione sui problemi cittadini”, (1979), pp. 75-85.
2. ASP-SASF, AAC, Consigli, Registri, 45, c. 46 r.v.
3. ASP-SASF, AAC, VII, Ponte, 55, c. 48 r.
4. Memorie francescane fanesi. Omaggio a S. Francesco d’Assisi nel VII centenario della sua morte, Fano, 1926, p. 176
5. ASP-SASF, Notaio Cornelio Zagareli, vol. G, c. 227 v.
6. ASP-SASF, AAC, III, Depositeria, 156, c. 134 r. “Reverendo
Guardiano et Convento di San Francesco di Fano fiorini vinte
in denare et some tre de grano che tanto li è stato concesso [...]
per la celebrazione del capitolo della ditta religione da farse qui
in Fano nel presente anno et mese in elemosina 58-0-“.
7. Sono ricordati altri due capitoli provinciali presso la sede di
San Salvatore nel 1699 e nel 1764; Memorie, cit., pp. 175, 179.
8. P. M. Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano
1751, II, p. 147.
9. F. Menchetti, La fabbrica delle mura nella Fano “antirovere-sca” (1532-1590). Committenze, architetti, cantieri, in “Pesaro:
Città e Contà”, 17, (2003), pp. 15-44.
10. ASP-SASF, AAC, III, 81, c. 129 r. [...] “elemosina duna
soma et mezza di grano il mese concessali dal magnifico con-
siglio generale sotto ultimo settembre 1537 per spazio di due
anni per la fabrica del loro convento per ottobre novembre et
xbre 1537 vale some di grano 4-0-0”
11. P. M. Amiani, op. cit., p. 149.
12. ASP-SASF, AAC, III, 81, c. 129 v.
13. Ivi, c. 130 r.
14. Ivi, c. 131 r.
15. Ibidem.
16. Ivi, c. 131 v.
17. Ivi, c. 132 v.
18. Ibidem.
19. Ivi, c. 133 r.
20. Ivi, c. 133 v.
21. I “pontinieri” erano responsabili per tutte le attività perti-
nenti al complesso della Madonna del Ponte Metauro, l’ente
al quale il Consiglio faceva riferimento per il reperimento di
elemosine destinate a chiese e conventi.
22. ASP-SASF, AAC, VII, Ponte, 75, c. 30 v., “Adi 3 aprile. E
più deve haver il dicto (Ponteniero) some tre d grano sono che
tanto ha dato al Guardiano di Santa Maria nova per ordine del
magnifico consiglio generale apare a boletta Some 3-0-0”
23. Ibidem
24. Ivi, Ponte, 76, c. 26 r.
25. Ivi, Ponte, 76, c. 26 v.
26. Ivi, Ponte, 78, c. 97 r.
27. Ivi, Ponte, 78, c. 97 v.
28. P. M. Amiani, op. cit., p. 176
29. SASF, AAC, VII, Ponte, 77, c. 74 r.
30. ASP-SASF, AAC, III, Referendaria, 84, c. 227 r.
31. Battistelli data i lavori al loggiato interno del palazzo
Malatestiano al 1557-58 mentre la “Spesa straordinaria alli ma-
lefici” della Referendaria anticiperebbe il pagamento delle co-
lonne al 13 febbraio 1544 con pagamento a Francesco Lanciso,
ufficiale della confraternita di San Michele. Cfr. Battistelli,
p. 84; “[Giovan Matteo Scacho] Voi medesimo ser Francesco
Sigisberto depositario de li malifitiis ducati quindici mozzi
sonno che tanto avete pagato a Francesco Lanciso officiale di
San Michele per parte de pagamenti delle colonne tolto per la
fabrica del palazzo delli Signori Priori commo apare [...] libre
45-0-”, SASF, AAC, III, Referendaria, 87, c. 163 v.; nel 1551
viene effettuato il pagamento agli eredi di Giovanni Bosso per
la loggia, gli scalini del palazzo malatestiano e la piazza grande
cittadina; ASP-SASF, AAC, III, Referendaria, 93, c. 303 r.
32. I plinti vengono descritti nei documenti come “mezzi piedi-
stalli”. Il 21 dicembre 1545 viene registrata la spesa di 1 fiorino,
24 bolognini a Giovanni Bosso per 7 piedi e ½ di pietre, che
erano sotto il palazzo malatestiano “tolti per farne due mezzi
piedistalli sotto le colonne della loggia delli Signori Priori et per
fare una mezza busa et cornigie per dicta fabrica”. ASP-SASF,
AAC, III, Referendaria, 88, c. 182r.
33. ASP-SASF, Fondo S. Michele, Istromenti, I, 1516-1549,
c. 83 v. “del medesimo lavoro che sonno le colonne poste in
opra nel claustro dei frati de i zochi a sancta Maria Nova cum
prescriti Cap.tis et paulis che dicto mastro giovanne promette
dare et portare qui in Fano octo colonne et quelle darle lavorate
ai dicti ufficiali a tucte spese de [Messer] mastro giovanne per
sino a la festa de San Giovanne de giugno che verà [...] lavorate
como de sopra [...]”.
34. “lumaca che si fa far nella cancellaria” opera di Mastro
Girolamo Scalpellino di Sant’Ippolito, ASP-SASF, AAC, III,
Referendaria, 91, cc. 138 r., 166r.
35. ASP-SASF, AAC, III, 87, c. 173 v. A testimonianza dei di-
versi cantieri attivi in questo decennio e della notevole presenza
di scalpellini forestieri in città durante questi anni si ricorda che
nel 1544 il monastero vendette un carro di calcina alla fabbrica
dell’acquedotto, che scorreva vicino alla piazza; responsabile
dei cantieri era “Mastro Jacomo dell’Ingegnero Scarpellino”;
ASP-SASF, AAC, III, 87, cc. 165 r., 168 r., 168 v., c. 171 v.
36. F. Battistelli, Notizie, cit., p. 70 n. 46
37. ASP-SASF, Notarile, Notaio Michelangelo Boldrini, Vol.
C, anni 1550-55, cc. 357 r.-358 v.
38. Relazione tecnica dell’architetto Mariangela Giommi, U.O.
Settore 5° LL. PP., novembre 2002.
39. Cfr. L. Bartolini Salimbeni, Il convento mendicante: origi-ni, sviluppo, tipologia, in Gli Ordini mendicanti in Val d’Elsa.
Atti del Convegno (6-8 giugno 1996), Castel Fiorentino 1999,
pp. 283-292; Idem, Resti monunentali e modelli architettonici francescani fino all’Osservanza, in L. Pellegrini, R. Paciocco,
I Francescani nelle Marche secoli XIII-XVI, Cinisello Balsamo
2000, pp. 142-143; G. Maria Guarrera, Dall’ hortus conclusus al chiostro, in G. Volpe, (a cura di), Chiostri cortili e corti delle
Marche, Jesi 1999, pp. 56-133.
LA FABBRICA DEL CONVENTO
96
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
Qui e nelle pagine seguentiPiante e sezioni del conven-
to annesso a Santa Maria
Nuova, sec. XIX (Fano,
Biblioteca Federiciana,
Fondo disegni e rilievi, B8/
Tavv. 80-85)
100
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
100
Il puteale
Come scrive Franco Battistelli nel volume de-
dicato al Palazzo malatestiano di Fano, “l’uni-
ca modificazione, imposta dall’adattamento a
teatro all’aperto della corte interna [del Palazzo
Malatestiano] (in una prima sistemazione risa-
lente al 1954 e poi in quella studiata dall’in-
gegner Cesare Eusebi per l’estate del 1965), è
stata quella che ha portato alla scomparsa delle
aiuole e alla rimozione dal centro del cortile del
bel puteale cinquecentesco, con tanto di stem-
ma civico e insegne dell’ordine francescano,
proveniente dal chiostro dell’ex convento di S.
Maria Nuova (oggi sede dell’asilo Gallizi)”1.
Come dimostra una vecchia foto pubblicata
nel 1970 sulla rivista di studi storici fanesi2,
il puteale era ancora nel cortile del conven-
to di Santa Maria Nuova nei primi anni del
Novecento con tutta l’incastellatura di ferri
sagomati per la manovra della carrucola. Non sappiamo con esattezza quando fu trasferito nella corte
malatestiana, dove poi compare al centro del cortile (come dimostra un’altra foto d’epoca), subito dopo
la sistemazione operata dall’architetto Alberto Calza-Bini, tra il 1929 e il 1930.
Il manufatto è rimasto, fino a qualche mese fa, del tutto trascurato e privo peraltro del castello me-
Il puteale al centro del
chiostro grande di Santa
Maria Nuova, come appare
in un’antica mappa otto-
centesca
Il puteale al centro della
corte malatestiana di Fano,
come appare in una foto
degli anni Trenta
101101
Il puteale come appare
oggi, sistemato nei giardini
di Piazza Leopardi
tallico superiore in un angolo della corte, poggiato su un precario basamento cementizio in attesa di
restauro; restauro avvenuto nella primavera del 2009 e che ha portato anche ad una sua nuova e più
dignitosa collocazione nei giardini di Piazzale Leopardi, sul retro della Corte malatestiana, lungo Via
Nolfi. Il puteale ha forma ottagonale ed è stato realizzato in pietra d’Istria lavorata, dividendo le parti
in facciate, angolari, bordo e basamento. Sulle lastre che compongono le otto facce si possono notare: la
data MDLXI e la scritta MEN. AP con la rosa centrale, il simbolo francescano della croce tra le braccia
incrociate; il calice inscritto in un ovale, la sigla IHS sormontata dalla croce; un primo gruppo di sim-
boli della Passione di Cristo (fruste, chiodi e scala), lo stemma del Comune di Fano; un’altra rosa; altri
simboli della passione (la croce, la lancia, l’asta con la spugna, il teschio e le ossa)
Gli angolari sono studiati a mo’ di pilastro con tanto di capitello. Il bordo superiore è aggettante rispetto
al fusto, così come la base forma un gradino molto pronunciato, La data del 1561 e l’iscrizione MEN.
AP. (da leggere, secondo Giuseppina Boiani Tombari, come abbreviazione di “mese di aprile”) sono da
mettere in relazione con la costruzione del convento, avvenuta tra il 1555 e il 15683.
(GV)
1. F. Battistelli, Il Palazzo Malatestiano in Fano Storia e raccolte d’arte, Urbino 1982, p. 52.
2. La foto del puteale, assieme ad un’altra che mostra il parco dell’asilo, è pubblicata a p. 45 del saggio a firma di G. Gaggia, Notizie storiche sull’asilo civico “A. Gallizi”, in “Fano” Supplemento al n. 4, 1970 del “Notiziario di informazione sui problemi cittadini”.
3. La data del 1555 si ricava dall’iscrizione che ne ricorda l’evento. Per la data del 1568 invece giova invece ricordare quanto scrisse il
Tomani Amiani a proposito dell’iscrizione relativa al dipinto di Benedetto Nucci (datato appunto 1568) e cioè che queste pitture furono
le ultime, preparate appunto per l’inaugurazione della chiesa. Sappiamo inoltre dai documenti che nel 1558 fu portata a termine anche
la cisterna.
102
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
102
Qui e nella pagina a fronteI diversi riquadri in pietra
del puteale
1. Monogramma bernardiniano2. Simboli della passione3. Stemma della città di Fano4. Rosa5. Simboli della passione6. Datazione (1561, mese di aprile)7. Stemma francescano8. Simboli eucaristici
1. 2.
3. 4.
105
Tra i più antichi documenti conservati presso la
Soprintendenza ai Monumenti di Ancona alcu-
ne lettere del 1923 accennano a non ben preci-
sate richieste di restauro della chiesa; chiesa che,
“salvo il portico e il portale - si legge - non ha
carattere monumentale benchè abbia presenti
opere d’arte”.1
Alcune lettere del 1933 documentano invece,
seppur in maniera generica, un intervento di
restauro nel portico della chiesa; lavori che in-
teressarono anche la copertura e il cornicione
dello stesso, come si legge in una comunicazio-
ne inviata in data 19 maggio contemporanea-
mente al Podestà della città e al conte Piercarlo
Borgogelli, ispettore onorario a Fano della stessa
soprintendenza regionale. Scrive il soprinten-
dente: “A seguito di una visita effettuata recen-
temente nella chiesa di S. Maria Nova si è presa
conoscenza dello stato dei lavori di restauro del
portico. Questa Soprintendenza, mentre si com-
piace della cura con cui tali lavori sono condotti,
non sarebbe contraria alla ricostruzione del cor-
nicione ad un livello poco più alto dell’originario
in modo che, mentre rimarrebbe possibile rica-
vare all’interno un vano in sostituzione di quello
sopraelevato preesistente, il prospetto del portico
ne guadagnerebbe in proporzione ed armonia.
Naturalmente il paramento dovrà rimanere a
mattoni visti e senza alcuna apertura per finestre
o altro e il cornicione dovrà ricostituirsi integral-
mente in pietra, senza sostituzioni in cemento,
che non possono essere in alcun modo consenti-
te dal carattere artistico del portico”.2
Ma i restauri più consistenti si ebbero negli anni
successivi al secondo conflitto mondiale, da quel
drammatico 20 agosto 1944, quando, per ini-
ziativa delle truppe tedesche in ritirata, Fano
usci menomata soprattutto dei suoi numerosi
Gianni VolpeI restauri del Novecento
Il cerchio indica l’area
urbana attorno a Santa
Maria Nuova (Archivio
di Stato di Pesaro, Cessato Catasto Pontificio, sec XIX,
particolare)
A fronteDisegno del portale di
Santa Maria Nuova realiz-
zato dal prof. arch. Enrico
Alessandri di Firenze agli
inizi del Novecento
106
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
monumentali campanili, uno dei quali, il più
alto, apparteneva proprio alla chiesa di Santa
Maria Nuova. Ecco come Giuseppe Perugini
nel suo Fano e la seconda guerra mondiale narra
quell’evento:
“Alle prime luci del 20 agosto, alle ore 4,25, una
squadraccia di guastatori delle S.S. (dalla sigla
ZZ Staffette della difesa) s’inoltra nel bel chio-
stro di San Paterniano, chiesa officiata dai P.P.
Cappuccini, e con faccia feroce dirige i suoi passi
verso la porta del campanile, guadagnandosene
le scale che conduce al primo pianerottolo. Di-
slocati, ivi, gl’infernali ordigni, alle 5,10, la bella
torre del Sansovino (1547) precipita di schianto
e con il suo immane crollo sfonda l’abside del
tempio, distruggendo e sotterrando l’altare mag-
giore, grandioso e ricco di sceltissimi marmi ed
il coro tutto di noce bello ed elegante, costruiti
dai due maestri fanesi Mencarelli e Fontana.
Dal lato opposto travolge, in completa rovina,
la sacrestia ed una parte del convento. Ovunque
vere montagne di macerie che agghiacciano il
cuore.
Nemmeno mezz’ora dopo ecco un altro scroscio.
Crolla in questo momento il campanile della
Chiesa di Santa Maria Nuova, altissimo, snello
ed imponente, con il suo bene intonacato con-
certo di quattro grosse campane che, fortuna-
tamente scivolando, con i loro metallici castelli,
tutte nell’interno, rimangono salve [...].
Unico caso in cui questo, fra i campanili abbat-
tuti, restituisce le armoniose campane intatte a
dispetto dell’illimitata ferocia di premeditate di-
struzioni. Completa rovina subiscono nella chie-
sa, l’altare maggiore e il grandioso coro, un vero
gioiello d’arte, tutto fregiato ad intarsi.”3
Fatta la drammatica constatazione dei dan-
ni, iniziarono subito i lavori per tamponare lo
squarcio creatosi sopra l’abside con il crollo del
campanile ottocentesco. Il 19 ottobre 1945 l’uffi-
A sinistraIl campanile di Santa Ma-
ria Nuova come appariva
qualche decennio prima
del suo abbattimento (Ar-
chivio Foto Eusebi, Fano)
A destraL’interno della chiesa di
Santa Maria Nuova con lo
squarcio absidale causato
dal crollo del campanile
abbattuto nell’agosto del
1944 (Biblioteca Federi-
ciana di Fano, Archivio
Fotografico)
107
Via Giovanni da Serravalle
prima e dopo l’abbat-
timento del campanile
ottocentesco di Santa
Maria Nuova
I RESTAURI DEL NOVECENTO
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
108
cio pesarese del Corpo Reale del Genio Civile, a
firma del geometra Lorenzo Menegoni di Fano,
redige una prima perizia per i lavori di pronto
intervento. Ecco il testo:
“La monumentale chiesa di S.Maria Nuo-
va in Fano ha subito gravi danneggiamen-
ti in seguito all’abbattimento del campanile
ad opera delle truppe germaniche in ritirata.
La presente perizia prevede lo sgombero delle
macerie, nonché la ricostruzione del tetto e del
soffitto a volta in corrispondenza dell’abside.
Le murature sono state eseguite a cura della So-
vrintendenza ai Monumenti.”4
Sempre nel 1946 si provvide a rispristinare la
gradinata dell’altare maggiore.5 I lavori di pronto
intervento, tutti eseguiti in stretto rapporto con
la Soprintendenza ai monumenti di Ancona, fu-
rono realizzati dalla ditta Domenico Camerini
di Fano; le riparazioni di alcune decorazioni fu-
rono invece fatte da Giuseppe Monaldi, sempre
nel corso del 1946.6
Sempre in questo frangente anche i quadri con-
servati nella chiesa vennero ritenuti necessari
di cure e pertanto furono inviati a Roma per la
pulizia ed il conseguente restauro. Nel 1948 il
quadro dell’Annunciazione non era però ancora
tornato al suo posto, come si legge in una lette-
ra dell’allora Soprintendente alle Gallerie delle
Marche, Pasquale Rotondi, inviata all’ingegnere
Cesare Selvelli che ne sollecitava il ritorno; ri-
torno sollecitato ancora 5 anni dopo sempre dal
Selvelli ed ancora sorprendentemente disatteso.7
I dipinti del Perugino saranno ricollocati in loco
solo nel 1956.
Le pratiche di restauro murario vero e proprio
furono intraprese però solo agli inizi degli anni
Cinquanta e portate avanti pian piano nel corso
degli anni successivi, sia da parte della Soprin-
tendenza ai Monumenti di Ancona che da parte
del Genio Civile di Pesaro.
I frati comunque non stavano con le mani in
mano; si organizzavano collette e si inviava per-
sino un piccolo depliant per la raccolta di fondi
tra gli emigrati in America (vedi foto nella pagi-
na a fianco).8
Risale al 1952 una lettera del sindaco di Fano
che chiedeva al soprintendente di interessarsi
del restauro dell’organo danneggiato9: l’organo
ottocentesco era quello sistemato dalla ditta dei
Fratelli Bazzani di Venezia (allievi del Callido)
nel 185310 e rappresentava un vanto della chiesa
stessa. Una relazione del genio civile, che aveva
fatto anche una perizia, è interessante giacchè
viene minuziosamente descritto non solo il dan-
no, ma la composizione stessa dell’organo, che,
giova ricordarlo, oggi non è più visibile essen-
do stato sostituito nel 1959 dallo strumento che
oggi troneggia, con l’altare maggiore (anch’esso
ricostruito), nel presbiterio della chiesa. Ecco il
testo: “In seguito allo scoppio delle mine fatte
brillare dai tedeschi per la distruzione del cam-
panile ed alla caduta del campanile stesso una
parte della Chiesa di S. Maria Nuova e con essa
l’organo del Bazzani-Venezia è rimasto grave-
mente danneggiato. Lo spostamento d’aria cau-
sato dall’esplosione ha piegato i piedi di tutte
le canne di metallo nell’interno dell’organo e
contemporaneamente ha rovinato le anime delle
canne più pesanti. Le canne storte s’appoggiano
una sull’altra, ne impediscono l’intonazione e
non sono più accordabili.
L’umidità penetrata nell’organo in seguito al
crollo del tetto della Chiesa ha fatto scollare
l’impiallacciatura del crivello causando in segui-
to la sua imberlatura e l’alzamento delle canne
più piccole che non trovano più posto nei buchi
delle basi. L’ossidazione del piombo, dal contatto
col crivello imbevuto di umidità, ha scomposto
i piedi di moltissime canne, che, piene di buchi,
non suonano più.
L’umidità ha fatto inoltre imberlare diverse stec-
che dei registri rendendoli immobili o inservi-
bili per le gravi perdite d’aria. In diversi punti
l’imberlatura delle stecche è arivata al punto di
mettere fuori uso l’intero soprano del relativo
registro, perchè i fori tra la base e la stecca non
corrispondono più.
Tutto il corpo del sommiere principale ha cedu-
109
I RESTAURI DEL NOVECENTO
to nel centro, la registrazione della meccanica
non è più possibile.
Tutte le canne sono piene di polvere, causata dal
crollo del campanile che, insieme all’umidità, ha
coperto tutto con una crosta ormai indurita sot-
to la quale i tarli, l’ossidazione ecc. proseguono
l’opera di distruzione.
L’organo pertanto si trova in grave pericolo. Le
canne storte e pesanti potrebbero all’improvvi-
so rovesciare tutto il crivello che tiene tutte le
canne, e nella caduta potrebbero rovinare anche
quello che ora è ancora salvabile e servibile.
Urge pertanto procedere alla rinnovazione
dell’organo eseguendo tutti i lavori compresi e
descritti nel computo metrico estimativo che si
allega alla presente relazione.
Detti lavori di restauro e di rinnovazione am-
montano alla somma di L. 1.100.000 (lire un
milione centomila lire).” 11
Torniamo ora ai lavori murari. Dalla relazione
redatta dal Perito Capo Sezione del Genio Ci-
vile di Pesaro il 25 ottobre 1953 (già esposta nel
capitolo dedicato al campanile sempre in questo
libro) si ha un quadro del primo intervento da
farsi, non solo per ricostruire il campanile, ma
anche le stanze attigue verso la chiesa12.
Nel novembre del 1954 una nuova perizia inte-
grava la pratica dal Genio Civile di Pesaro. Fatta
una sommaria ricostruzione della vicenda belli-
ca e del primo intervento eseguito immediata-
mente dopo (“subito dopo il passaggio del fronte
di guerra, il parroco Padre Giovanni Barbalar-
ga eseguì alcuni lavori di primo intervento alla
Chiesa per evitare ulteriori danneggiamenti” e
“successivamente la soprintendenza ai Monu-
menti delle Marche eseguì i restauri dell’altare
maggiore”) e ribadendo che “la proprietà degli
stabili sopraddetti è del Comune di Fano”; che
“la Chiesa e il Campanile annesso sono com-
presi nello elenco delle opere monumentali della
Regione”; che “ricostruzione del campanile, delle
sale parrocchiali e il completamento riparazione
Chiesa” per un totale di L. 20.350.000” e che
“nessuna modifica architettonica e strutturale
verrà apportata alla chiesa”, si fa presente che per
completare “la riparazione della chiesa propria-
mente detta” occorrono questi lavori:
a) rifacimento del pavimento e della balaustra
dell’abside;
b) ricostruzione del corridoio di comunicazione
fra la casa parrocchiale (di proprietà dell’Ente
Ecclesiastico) e l’abside della Chiesa;
c) revisione e parziale rifacimento dell’impianto
Depliant postbellico
inviato negli Stati Uniti
d’America per la raccolta
di fondi per il restauro
della chiesa di Santa Maria
Nuova
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
110
elettrico della chiesa;
d) lavori di restauro degli intonaci interni, zocco-
latura, verniciatura e tinteggiatura della chiesa.
Accompagna la relazione un disegno in cui si
mostrano alcuni dettagli costruttivi e decorativi
relativi alla balaustra, all’abside e al corridoio di
fianco all’abside stessa.13
Tutti questi lavori svolti tra il 1955 e il 1957 fu-
rono eseguiti dall’ “Impresa Soc. Lavorazione
Marmi Farabini e C” di Fano.14
Un articolo del 18 novembre 1956 a firma di Ales-
sandro Castellani apparso su “La Voce Adriati-
ca” ci fornisce un riepilogo dei lavori fino a quel
tempo svolti: “[...] Tutti i quadri del Perugino
sono stati di recente assoggettati ad un’opera di
sapiente restauro e ripuliti a cura dell’Istituto del
Restauro di Roma, sì che oggi, perduto il velo di
fumo e polvere che i secoli vi avevano deposta,
sono di nuovo apparsi all’occhio dell’osservatore
tali e quali il Perugino li aveva creati.
Recentemente ad opera dei padri minori la chie-
sa è stata sottoposta ad un’accurata opera di rior-
dino e sopratutto si è provveduto a rinnovare, al
completo, la tinteggiatura delle pareti e del sof-
fitto che da tempo non erano state più ritinteg-
giate. Si è provveduto a rifare, ex novo in mar-
mo, la pavimentazione dell’altare maggiore che
era rimasto rovinato nel crollo del campanile, ed
a togliere dagli altari laterali una serie annerita
di statue di Santi dell’ordine, che più che ornare
abbruttivano ed appesantivano gli altari.
Tra i progetti in programma per la definitiva si-
stemazione della chiesa da parte dei padri mino-
ri c’è il desiderio di atterrare l’attuale cantoria,
posta sopra l’ingresso, che vi deve essere stata
costruita all’epoca del rimodernamento della
chiesa, per riedificarla sul coro dietro l’altare
maggiore. Se si riuscirà nell’intento, se ne avvan-
taggerà tutto l’aspetto generale della chiesa che
tornerebbe a riprendere, se non nella linea archi-
tettonica, la forma primitiva.
E’ sperabile che da parte della Soprintendenza
competente sia provveduto a che il coro, ora
semplicemente appoggiato alle pareti e scom-
Disegni per la nuova
balaustra dinanzi all’altare
maggiore (SBBAAPM,
cartella MPS.13.39)
111
I RESTAURI DEL NOVECENTO
posto, venga, una volta completato il restauro,
fissato al suo posto e possa riprendere, almeno in
parte, il suo aspetto primitivo.
Ed esprimiamo l’augurio che anche il bel cam-
panile distrutto dai tedeschi, torni ad elevare la
sua cuspide al cielo e torni a fare sentire, dall’al-
to, il suono delle sue campane.”15
Nell’articolo del Castellani testé riportato si fa
cenno anche alla questione della cantoria. Infatti
con lettera del 14 dicembre 1955 il rettore della
chiesa, Padre Enrico Bani, aveva inviato forma-
le richiesta alla Soprintendenza ai Monumenti
affinché si autorizzasse la rimozione della can-
toria:
Ill. Signor Sovraintendente,il sottoscritto, in qualità di Rettore della Chiesa di S. Maria Nova in Fano si permette invia-re, dietro parere del Prof. Belli di codesta Spett. Sovraintendenza, alla S.V. Ill.ma le fotografie del-
la Cantoria di detta Chiesa, perchè si degni esami-narle e concedere il permesso di demolizione, dato che sono in corso i lavori per la definitiva sistema-
zione di tutta la chiesa.
A questo proposito si fa notare che la Cantoria in legno posta all’ ingresso principale della Chiesa, ol-tre a nascondere in parte gli elementi architettonici
della parete, s’ inserisce arbitrariamente contro le
paraste laterali mettendo in evidenza la bruttura di una scaletta di accesso.L’ insieme, alquanto inorganico, senza pregi arti-
stici (le decorazioni sono dipinte in chiaroscuro), è
una recente sovrastruttura (1856) la cui conserva-zione non è da ritenersi necessaria nemmeno per le esigenze liturgiche della Chiesa.
D’altra parte non è intenzione di questa Comunità
sostituire, almeno per ora, l’ inefficiente Organo esistente con un nuovo per l’ ingente somma neces-saria, della quale è difficile possa mai disporre.
Pienamente fiducioso in una sollecita (dati i lavo-
ri di sistemazione generale in corso) e affermativa risposta della S.V.Ill.ma alla mia richiesta, distin-
tamente ossequio.16
Nel 1957 si affronta poi la questione dei con-
fessionali e del pulpito per la modifica dei quali
il Sindaco di Fano richiese all’ispettore onora-
rio della Soprintendenza regionale, professor
Gaetano Bartolucci di Fano, un apposito parere,
espresso con questa nota inviata ad Ancona il 4
settembre dello stesso anno:
All’ufficio tecnico del Comune di Fano è stata
presentata, dal Priore della Chiesa di S. Maria
Nuova, la domanda per la rimozione di alcuni
confessionali e per la demolizione del pulpito. Per
quanto sopra, il Sindaco mi ha pregato di fare un
sopralluogo e dare il mio parere in proposito.Ho appreso così che sarebbe desiderio di quella co-munità religiosa, conservare soli quattro degli otto confessionali esistenti, restaurandoli conveniente-mente con il materiale degli altri quattro.Il Priore ha inoltre espresso il desiderio che sia de-molito il pulpito il quale, anche a mio avviso, non
ha alcun pregio artistico. Anzi, la demolizione del suddetto, ridonerebbe all’ossatura muraria della Chiesa quell’armonico equilibrio che essa aveva in
origine.
Il mio parere concorda perciò con il progetto sopra esposto, indipendentemente da ogni decisione che vorrà prendere codesta Soprintendenza.17
I lavori di smontaggio
della cantoria (SBBAAPM,
Archivio fotografico)
112
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
Il progetto di traslazione
sull’altare maggiore del
dipinto del Perugino pro-
posto dal Padre Guardiano
Francesco Talamonti nel
1957 (disegno del professor
Donatello Stefanucci)
113
Gli interni della chiesa
restaurati come appaio-
no nel settembre 1958
(SBBAAPM, Archivio
fotografico)
I RESTAURI DEL NOVECENTO
114
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
Sempre nel 1957 viene avanzata, ma senza suc-
cesso, anche la proposta di traslazione sull’altare
maggiore del dipinto del Perugino; proposta cor-
redata anche da un progetto di un nuovo altare
adeguato alla fama e al valore della pala quattro-
centesca.18
Nel 1959 si iniziò lo smontaggio del pavimen-
to “a piastrelle” disposto a dama diagonale, per
sostituirlo con il pavimento in pietra che ancora
oggi si vede.19 Alcune foto datate 1957 e con-
servate sia presso la Soprintendenza di Ancona
che presso il “Fondo Selvelli” custodito nella Bi-
blioteca Federiciana di Fano, mostrano questo
precedente pavimento che fu posizionato nella
chiesa nel 1901, come si legge in un documento
conservato presso l’Archivio vescovile di Fano.20
Sempre nelle stesse fotografie si vedono anche
altri significativi dettagli relativi alla zona del
fonte battesimale e ai confessionali, muniti del-
la cimasa arrotondata superiore, oggi purtroppo
privi di questo elemento.
Sempre tra le carte del “Fondo Selvelli” si tro-
vano anche lettere che l’ingegnere indirizzava al
vescovo di Fano Vincenzo Del Signore per sco-
raggiare, con l’operazione di rifacimento della
pavimentazione, la rimozione delle lastre tom-
bali ancora presenti in chiesa. Scrive il Selvelli
nel luglio 1959:
Eccellenza Rev.ma,Nella Chiesa di S. Maria Nuova di codesta città,
sono in corso lavori di sostituzione della pavimen-
tazione cementizia (di circa mezzo secolo fa) con altra di materiale nobile. In quella pavimentazio-ne cementizia che coprì le pietre terragne di chiu-
sura delle tombe famigliari (parrebbero 36), erano
inserite semplici piastrelle documentarie indicative delle famiglie titolari delle singole sottostanti cripte. Fra tali piastrelle è quela dei discendenti Selvelli-
Astolfi. La tomba è presso l’altare della Annuncia-
zione del Perugino, come indicato nella epigrafe sotto la targa - bassorilievo Il lupo di Gubbio che
il mio compianto genitore ottenne di collocare, una trentina di anni fa, nell’atrio della Chiesa, in me-
moria della propria madre Selvelli-Astolfi sepolta,
a metà del secolo scorso, in quella cripta.
Alcuni parenti e qualche amico mi hanno informa-
to sul prevalente proposito attuale di sopprimere,
nella nuova pavimentazione, quelle precisazioni
storiche documentarie, puramente indicative, sulle
tombe famigliari.
Mi permetto di segnalare tale tendenza a V.E. Rever.
ma, aggiungendo una soggettiva considerazione.
La pavimentazione di un Tempio plurisecolare,
come quello di S. Maria Nuova, francescano, nel
quale tante famiglie fanesi di ceti eletti hanno de-
siderato le tombe proprie, parrebbe nella funzione
di documento d’archivio connesso alle memorie fa-migliari ed alla storia del Tempio che ha riflessi su quella della Città.Cancellare, in circostanze simili a quella di cui si dice, le indicazioni storiche pavimentali, potrebbe apparire errore di rispetto per non piena compren-sione storica e civica.Non si sa se sia vero che, mezzo secolo fa, durante i
lavori per la pavimentazione cementizia, le cripte
furono vuotate. Ma questo non giustifica la can-
cellazione dei dati grafici e storici che sono nella pavimentazione, la quale è documento storico in
un Tempio multisecolare. Un Tempio che è uno
dei diplomi di nobiltà spirituale nella bimillenaria Città nostra. In esso le cripte famigliari sono fra le componenti del documento storico, indipendente-
mente da eventuali arbitri sugli avanzi mortali,
compresa l’asportazione.Scrivendone al M.R.P. Parroco è parsa corrispon-dente a realtà spirituale e storica la considerazione
del caso come un caso di coscienza civica, religiosa
e storica.Voglia scusarmi V.E. Rev. Ma se, eventualmente, ho sottoposto il caso a torto.21
La nuova pavimentazione fu terminata senza
seguire nessuna indicazione del Selvelli e quella
che oggi si vede è un insignificante pavimento
in pietra, senza alcun segno che ricordi l’antica e
fitta presenza di tombe.
115
Alla fine del 1959 veniva intanto montato il nuo-
vo organo elettrico. Nella cronaca di Pesaro de
“Il Resto del Carlino” del 19 novembre 1959 si
legge questo interessante articolo che ne spiega
anche tutte le caratteristiche: “Sulla complessi-
tà e perfezione del nuovo organo elettrico di S.
Maria Nuova, costruito dai Fratelli Mascioni di
Cuvio, abbiamo avvicinato mons. Igino Tonelli,
progettista dell’opera, perchè ci illustrasse quella
parte dello strumento, ormai da alcuni decen-
ni internazionalmente chiamata ‘consolle’, cioè
quel grande mobile distaccato dal corpo dell’or-
gano e collocato in mezzo all’artistico coro, ma
facilmente trasportabile fino in mezzo al presbi-
terio, in quanto basato su un carrello a balestre a
quattro ruote snodate.
Appare subito, pur nella linea sobria ed elegante,
un vero capolavoro sia di tecnica e praticissima
distribuzione dei tantissimi comandi. C’è da re-
stare più che ammirati: è solo lavoro di artigiani.
La ‘consolle’, ci ha detto mons. Tonelli, è il vero
cervello dell’organo[...]”22.
Nel 1963 si concludeva poi il restauro del trit-
tico cinquecentesco del Nucci, restaurato dal
francescano Arturo Cicchi e che verrà collocato
- come si legge in un articolo a firma di Fiorenzo
Filipetti apparso su “Lo Scambio” del 15 aprile
di quell’anno - “sull’altare dell’Immacolata, dal
quale fu tolto alcuni anni or sono dopo che fin
dal 1850 era stato rimosso il dipinto sovrastante.
La opera infatti faceva parte di un grande di-
pinto, ora scomparso, dell’eugubino Benedetto
Nucci che rappresentava una Vergine delle rocce di notevole pregio. E’ rimasto soltanto il trittico
che ha per soggetto tre storielle bibliche: il pec-
cato originale, la cacciata dal paradiso terrestre
e la discesa al limbo”23. Ancora oggi il dipinto si
trova nella sagrestia.
Il 7 giugno 1970 veniva solennemente consacra-
to dal vescovo Costanzo Micci il nuovo altare
maggiore, “progettato secondo i nuovi canoni
liturgici dall’ing. Franco Baldelli di Ancona”24 e
realizzato dalla ditta Marmifera Pesarese. I capi-
telli furono scolpiti dal fanese Ilario Alegi.
Agli inizi degli anni Ottanta venne sollevata,
sia da parte della Soprintendenza per i beni ar-
tistici e storici delle Marche che da parte di un
gruppo di cittadini del centro storico, la questio-
ne del restauro del portico antistante la chiesa.
Ecco cosa scriveva il soprintendente Paolo Dal
Poggetto in una lettera inviata contemporanea-
mente al rettore della Chiesa, al Comune e alla
Soprintendenza per i beni ambientali e architet-
tonici delle Marche:
In corso di sopralluogo in data 30.10.1980 si è con-
statato lo stato di abbandono in cui viene tenuto il
portico antistante la chiesa di S. Maria Nuova e il portale d’ ingresso: il tutto è imbrattato da uno spesso strato di sudicio. Mentre l’ufficio scrivente può programmare il restauro del portale in pietra, ci si augura che l’Ente proprietario provveda ad un adeguato restauro degli intonaci del portico.[...]25
Nella questione interveniva anche il presiden-
te della Circoscrizione n.1 di Fano, professor
Antonio Battistoni, con questa lettera inviata
alla Soprintendenza ai beni architettonici e am-
bientali delle Marche, al rettore della chiesa e al
preside dell’Istituto statale d’arte di Fano nella
quale proponeva anche la ricostruzione dell’arti-
stica cancellata che un tempo chiudeva il portico
verso la strada:
In seguito alla petizione di un gruppo di cittadini del centro storico di Fano che richiedevano il ri-pristino della cancellata in ferro del Portico della
Chiesa di Santa Maria Nuova in Fano, asportata
durante la seconda guerra mondiale, il Consiglio della Circoscrizione n. 1, approvava la proposta in base ai seguenti motivi:
- riportare l’artistico portico della Chiesa alla sua
completezza;- evitare che detto portico continui ad essere luogo di posteggio per biciclette e di moto e di sosta di
gruppi di ragazzi che deturpano l’ambiente con
scritte varie;- il ripristino della cancellata non permetterà che grup-
pi di sbandati, durante la notte, sostino utilizzando il
I RESTAURI DEL NOVECENTO
116
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
La proposta di ricostru-
zione della cancellata
nell’atrio di Santa Maria
Nuova elaborata dagli
allievi della “Sezione Me-
talli” dell’Istituto Statale
d’Arte “A. Apolloni” di
Fano (anni Ottanta)
117
luogo in modo contrario alla decenza. Tale fatto risul-
ta indecoroso ed offensivo per la cittadinanza e per i
turisti e cultori dell’arte che si recano nella Chiesa per
ammirare alcuni capolavori del Perugino, del Santi,
del Raffaello ecc.;
- la cancellata infine sarà utile anche per salvaguardare
meglio l’interno da eventuali tentativi di furto.
Si fa presente che negli archivi della Biblioteca
Federiciana comunale è stata reperita la foto alle-
gata che riproduce la parte centrale della cancellata
asportata. A questa è stato realizzato il progetto
accluso ad opera degli allievi dell’Istituto Statale
d’Arte “A. Apolloni” di Fano, come lavoro inter-
disciplinare.Gli stessi allievi ne effettueranno la realizzazione e la messa in opera. Si sottolinea che la foto suddetta, pur essendo l’unica esistente, ha permesso la rico-struzione completa del disegno dell’opera.Considerando l’utilità e la validità della richiesta, si prega una favorevole e sollecita approvazione.
Inoltre si allega copia del progetto studiato e realiz-zato dalla locale scuola d’Arte.26
In riferimento a questa lettera l’allora soprin-
tendente Dott. Arch. M. Luisa Polichetti, in
data 10 gennaio 1981, dava il seguente parere:
“Questa Soprintendenza ha esaminato la lette-
ra prot. 015/80 del 21 novembre u.s. di codesta
Circoscrizione comunale, inerente il ripristino
della cancellata in ferro del portico della Chiesa
di S. Maria Nuova di Fano.
Pur condividendo le giuste preoccupazioni circa
lo stato di degrado in cui versa l’immobile, do-
vuto anche all’uso non decoroso del portico in
oggetto da parte di vandali e gruppi di sbanda-
ti, questo ufficio non ritiene di poter esprimere
un parere favorevole alla proposta di ripristino
dell’antica cancellata in ferro in quanto una tale
soluzione che si prospetta come un falso sia di
natura storica che artistica, altera l’equilibrio ar-
chitettonico e spaziale del portico stesso.
Si invita pertanto a studiare una diversa solu-
zione del problema, prendendo eventualmente
accordi con la locale Stazione dei Carabinieri.”27
Della cancellata non si fece più nulla, mentre una
riparazione del tetto e della grondaia della chiesa
venne autorizzata nel 1982.28
Il restauro del portico invece si fece qualche anno
dopo, tra il 1993 e il 1995, e venne realizzato
grazie all’interessamento della Fondazione della
Cassa di Risparmio di Fano.29
Il lavoro di restauro venne svolto da Leonardo
Buffi, Alfio Giuliani e Nino Pieri. Le loro sche-
de di restauro vennero pubblicate in uno dei
Quaderni della Fondazione. Ecco in sequenza le
rispettive relazioni: “I paramenti lapidei presenti
nel portale della chiesa erano interessati da patine
nere più o meno spesse e coerenti. Le indagini
stratigrafiche e la microscopia elettronica a scan-
sione (SEM) hanno ben evidenziato questo stato
di fatto. Dalle analisi eseguite si è rilevato che la
quantità di sostenze estranee al materiale lapideo
era generalmente abbastanza similare. I risultati
evidenziavano la presenza di gesso come elemen-
to centrale dei fenomeni, unitamente ad ossalati
e a basse quantità di cloruri e metalli pesanti.
Per quanto riguarda gli ossolati va messa in evi-
I RESTAURI DEL NOVECENTO
Il portico con la cancellata
come appare in una foto
d’epoca
118
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
denza l’azione protettiva che essi esercitavano
sulle superfici lapidee e che era in relazione alla
loro scarsa solubilità. In definitiva l’alterazione
predominante era quella legata alla presenza di
sali solubili ed in particolare alla discreta concen-
trazione di gesso che giustificava l’alterazione del-
la calcite. La presenza di cloruri e nitrati, seppure
in quantità limitata ed inferiore all’1%, era tutta-
via indicativa dei processi di alterazione legati ai
cicli di cristallizzazione-dissoluzione.
L’indagine petrografica in sezione sottile non ha
comunque evidenziato, sotto la crosta nera, alte-
razioni del materiale lapideo.
Le analisi enzimatiche spettrofotometriche han-
no evidenziato sui campioni [...] la presenza di
discrete quantità di trigliceridi e colesterolo la cui
origine poteva essere messa in relazione non tan-
to con l’inquinamento industriale (idrocarburi),
ma più significativamente con trattamenti anti-
chi effettuati con grassi ed olii a scopo protettivo.
(Leonardo Buffi)
I lavori eseguiti dall’impresa Giuliani Alfio, ditta
specializzata in lavori di restauro su edifici monu-
mentali, hanno interessato il portico della chiesa.
Nello specifico i lavori sono consistiti nella demo-
lizione dell’intonaco in cemento per una fascia di
m 2,80 dal piano del pavimento per i tre lati del
portico. Il restante intonaco è stato raschiato e
scartavetrato.
La superficie precedentemente stonacata è stata
intonacata con malta di calce secondo l’andamen-
to naturale della muratura e rifinita con stucco a
calce estesa anche all’intonaco esistente.
Le pareti sono state tinteggiate a latte di cal-
ce e terre colorate secondo le indicazioni della
Direzione lavori. (Alfio Giuliani)
Il portale della chiesa si presentava, come già pre-
cisato, completamente annerito e illeggibile nella
sua plasticità a causa di spesso strato di sporco
dovuto alle croste nere e alle ossidazioni di oli e
cere protettive usate in precedenti interventi di
restauro.
La via antistante la chiesa
come si presentava in una
foto d’archivio di inizio
secolo. Sul portico si
intravvede la cancellata di
ferro
119
I RESTAURI DEL NOVECENTO
Le colonne del portico con i capitelli ed i piedi-
stalli erano pure neri per le croste, eccettuate le
zone di dilavamento dell’acqua piovana.
La stessa parte superiore del portale, costituita
da una cornice in pietra arenaria e da un Cristo
benedicente in marmo di Verona, presentava una
spessa patina di sporco dovuto a sostanze grasse
usate come protettivi.
Poiché lo spesso strato di sporco raggiungeva
quasi i due millimetri, si è proceduto ai saggi
di pulitura mediante impacchi effettuati con
AB57 e carbossimetilcellulosa. I punti più tena-
ci e nascosti sono stati ripuliti meccanicamente
con l’ausilio della microsabbiatrice e comunque
riguardavano zone minime del manufatto. Le
microfratture e le scaglie, inoltre, sono state con-
solidate con silicato di etile-alchilalcossisilano.
La protezione finale è stata eseguita con silossano
CTS 111. (Nino Pieri)”.30
Note
1. Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio
delle Marche di Ancona (d’ora in poi SBBAAPM), cartella M
PS.13.39, comunicazione del 23 maggio 1923.
2. Ibidem, comunicazione del 19 maggio 1933.
3. G. Perugini, Fano e la seconda guerra mondiale, Bologna 1949,
pp. 159-161.
4. Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi ASP), Genio Civile, Perizie, n. 3781, alla data.
5. SBBAAPM, cartella MPS.13.39, nota del 6 settembre 1946.
6. Ibidem, comunicazione del conte Piercarlo Borgogelli del 7
agosto 1946.
7. Biblioteca Federiciana di Fano (d’ora in poi BFF), Fondo Sel-velli, XVII, 186.
8. Il dépliant, a firma del “Rev. P. Govanni Barbalarga, francesca-
no, Parroco di Santa Maria Nova”, contiene nove foto in bianco e
nero raffiguranti da una parte il campanile, l’interno della chiesa
e il coro, prima della devastazione, con i quadri della Vergine con bambino e Pietà e l’Annunciazione; le restanti riguardano invece
i danni alla chiesa, con l’abside squarciata ripresa dall’interno e
dall’esterno, e i cumuli di macerie alla base del campanile distrut-
to e della chiesa (BFF, Fondo Selvelli, XVII, 186).
9. SBBAAPM, cartella MPS.13.39, comunicazione del 15 dicem-
bre 1952 con riferimento alla precedente lettera del 7 febbraio
1952 inviata al Genio Civile di Pesaro.
10. Il Tosti, che scrive nel 1926, così parla di quest’organo: “ Nel
1845 dal P. Flamini, allora generale dell’Ordine, venne costruita
Il portico della chiesa
come si presentava prima
del restauro del 1993-95
120
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
la Biblioteca; e parimenti dalla munificenza del detto Padre fu ri-
fatto l’organo con l’orchestra. Autori dell’organo furono i Bazzani
di Venezia e il 6 marzo 1853 venne collaudato dal R.mo Pietro
Madei, Maestro della Cappella di Loreto. (P.S. Tosti, L’Osservan-za a Fano, in Memorie Francescane Fanesi, Fano 1926, p. 180.) I
fratelli Bazzani operarono tra Ottocento e Novecento e realizza-
rono nel Veneto, in Abruzzo e nelle Marche molte installazioni
(nella Collegiata di Santo Stefano di Monte Santo, oggi Potenza
Picena, Chiesa dei Cancelli a Senigallia)
11. ASP, Genio Civile, Perizie, pratica 5258.
12. Ibidem.
13. Ibidem.
14. Ibidem.
15. Si veda l’articolo I minori Francescani e la Chiesa S. Maria Nuova in Fano a firma di Alessandro Castellani apparso su “La
Voce Adriatica” del 18 novembre 1956. Dallo stesso articolo si
apprende anche che il nuovo altare maggiore fu rifatto su disegno
del professor Stefanucci.
16. SBBAAPM, cartella MPS.13.39, lettera del 14 dicembre 1955.
17. SBBAAPM, cartella MPS.13.39, lettera del 4 settembre 1957.
18. Questo il testo della lettera inviata al Soprintendente ai
Monumenti di Ancona nel novembre del 1957 dal padre guardiano
Francesco Talamonti: “La Comunità Religiosa di S. Maria Nuova in
Fano, orgogliosa di possedere nella sua vasta e centralissima Chiesa
vari tesori d’arte, fra cui primeggia la pala del Perugino con lunetta
e predella, posta nel terzo altare a destra, inoltra domanda a codesta
Spett. Direzione della Sovraintendenza ai Monumenti perchè que-
sto capolavoro di arte possa traslarsi all’altare maggiore in apposita
iconostasi.
Il collocamento attuale, sia per le condizioni di luce e sia per l’adat-
tamento in un altare non adeguato nelle sue modeste dimensioni
alla pala stessa, non dona all’opera del grande Maestro Umbro quel
risalto che avrebbe qualora fosse posta con un’iconostasi all’altar
maggiore. Si allega il progetto del Prof. Donatello Stefanucci.
Si fa notare - come da allegato progetto - che la predella, pur potendo
inserirsi nel medesimo, si penserebbe di porla in una delle pareti del
presbiterio con robusto ancoraggio, sia per salvaguardarla che per la
migliore visibilità.
L’altare maggiore già esistente, eseguito nell’immediato dopoguerra
sul disegno del medesimo con approvazione della Sovraintendenza,
è in gran parte in pietra di Trani con pannelli di fiore di pesco e
diaspro.
Per la parte nuova si penserebbe di usare per l’ossatura materiale di
Trani, e botticino per le parti aggettanti con panneli d’agata rosato.
Nella fiducia che codesta Spett. Direzione prenda a cuore la presente
richiesta, la Religiosa Comunità ringrazia anticipatamente e porge i
più distinti saluti.” (SBBAAPM, cartella MPS 13. 39, alla data).
19. Si vedano a questo proposito le comunicazioni dell’ampio
carteggio tra Soprintendenza ai Monumenti, Parrocchia Santa
Maria Nuova e ingegner Cesare Selvelli, tutte conservate pres-
so la SBBAAPM, cartella MPS 13. 39, in particolare le lettere
dell’8 giugno e del 12 novembre 1958; del 4, 6, 10 luglio e del 20
agosto 1959. Qui di seguito si riporta parzialmente quella del 22
novembre 1958 del Soprintedente Mesturino, che così recita: “Il
pavimento della Chiesa di Santa Maria Nuova di Fano si presenta
in più punti avallato e logorato dal tempo, con le marmette rotte
e con conseguente serio pericolo alla pubblica incolumità, anche
per la presenza di ossari sottostanti le cui coperture lesionate mi-
nacciano di cedere [...]”
20. “Rifatto il pavimento a piastrelle ponendovi alcune con i no-
minativi sopra i sepolcri di famiglie nobili che avevano diritto
della sepoltura gentilizia ed elitaria”. ASDF, Cartella Santa Maria
Nuova. Esiste poi presso l’archivio di Santa Maria Nuova una
mappa ed un elenco dai quali si può facilmente risalire alla loro
posizione in chiesa.
21. BFF, Fondo Selvelli, XVII, 186. A proposito delle famiglie
aventi “diritto della sepoltura gentilizia ed ereditaria in S. Maria
Nuova” cui fa riferimento il Selvelli, giova ricordare che questo
diritto fu rinnovato nella prima metà del XIX secolo, come ci
informa Riccardo Paolucci nel suo saggio I sepolcri gentilizi a S. Maria Nuova, in Memorie Francescane Fanesi, Fano 1926, pp.
125-126, il quale ci ricorda che a quell’epoca vennero aggiunte
due nuove famiglie: quella di Cesare Falcioni e quella di Sante
Scalabrini Astolfi. A quest’ultima succedettero poi i Selvelli.
22. La “consolle” del nuovo organo installato in Santa Maria Nuo-va, in “Il Resto del Carlino” del 19 novembre 1959 (BFF, Fondo Selvelli, XVII, 186).
23. F. Filipetti, Un trittico cinquecentesco ritorna a Santa Maria Nuova, in “Lo Scambio” del 15 aprile 1963 (BFF, Fondo Selvelli, XVII, 186).
24. ACSMNF, Libro delle cronache, p. 68
25. SBBAAPM, Archivio Deposito, cartella M PS .13.39, comuni-
cazione dell’8 novembre 1980, prot. 4943.
26. SBBAAPM, Archivio Deposito, cartella M PS .13.39, comu-
nicazione del 21 novembre 1980, prot. 015/80. La proposta fu
seguita dal professor Bruno Rivaroni, insegnante presso l’Isti-
tuto Statale d’Arte di Fano, e venne realizzata dagli allievi della
“Sezione Metalli” dello stesso istituto. La cancellata era stata in-
stallata nell’Ottocento e fu rimossa per donare il ferro per la cam-
pagna d’Africa. Devo queste informazioni al professor Giovanni
Bellantuono dell’Istituto Statale d’Arte “A. Apolloni” di Fano che
ringrazio nuovamente per la sempre cordiale disponibilità.
27. SBBAAPM, Archivio Deposito, cartella M PS.13.39, comuni-
cazione del 10 gennaio 1981, prot. 9055.
28 SBBAAPM, Archivio Deposito, cartella M PS.13.39, comuni-
cazione del 13 agosto 1982, prot. 6579.
29. SBBAAPM, Archivio Deposito, cartella M PS.13.39, comunica-
zione del 16 luglio 1993, prot. 514/93. Questo è il testo della lettera
inviata alla Soprintendenza dal Comune di Fano: “Si comunica
che la Fondazione della Cassa di Risparmio di Fano ha recente-
mente espresso l’intenzione di provvedere a sue spese al restauro
dell’artistico portale e portico rinascimentali della chiesa fanese di
S. Maria Nuova.
Si rende pertanto necessario un incontro con i tecnici di codesta
Soprintendenza per esaminare modalità e tempi per il suddetto
restauro e anche definire chi dovrà approntare il relativo progetto.
Come risulta dalla documentazione che si allega, proprietario della
chiesa è il Comune di Fano, mentre i Padri Minori sono solo re-
sponsabili della ufficiatura della stessa.
Si resta in attesa di un cortese riscontro e si porgono distinti saluti.
L’ Assessore alla Cultura (Avv. Manuela Isotti)”.
30. AA.VV., Fano Chiesa di S. Maria Nuova Restauro del portale e intervento sul portico, in F. Battistelli, A. Deli (a cura di), Restauri 1993/’95, Fano 1996, pp. 32-33.
121
I RESTAURI DEL NOVECENTO
Il portale e la lunetta su-
periore dello stesso, come
si presentavano prima del
restauro del 1993-95
122
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO
Alcuni dettagli architet-
tonici del portale e del
portico prima del restauro
del 1993-95