Francesco Lojacono (1838-1915) interprete del …...Francesco Lojacono (1838-1915) interprete del...

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INTRODUZIONE Tra i protagonisti della pittura siciliana dell’Ottocento, Francesco Lojacono viene considerato «il signore del pae- saggio». È assodato che nella rappresentazione di vedute, raggiunse rilevanti livelli, di certo non inferiori a quelli dei maestri partenopei, toscani o piemontesi, non legato soltan- to alla corrente pittorica siciliana, ma con un posto di rilie- vo nella pittura italiana del secolo. Un’artista a lungo a con- tatto con la natura, capace di subirne l’incanto vagando per la campagna, catturandone i colori, le vibrazioni, soprattut- to nelle prime ore del mattino quando l’aria è più tersa e i toni più morbidi e sfumati, affascinato dalla ricchezza delle variazioni cromatiche che il paesaggio offre, dalla gamma più svariata dei verdi degli alberi, dei prati, dei boschi, agli azzurri del cielo e del mare, ai grigi delle montagne lonta- ne, delle pietre e degli uliveti. Lojacono studiò a lungo la natura, s’immerse in essa per conoscerla, percorrerla, ispe- zionarla e riportarla poi sulle sue tele, senza alcun influsso romantico, ma così com’essa è realmente. Rimase sempre fedele al dato naturale e volle rendere nei suoi dipinti la campagna siciliana con obiettivo realismo e con efficacia plastica divenendone il più autentico interprete. CAMPAGNE, GIARDINI E ORTO BOTANICO: LA NATURA COME FONTE DISPIRAZIONE La pittura di paesaggio dell’Ottocento – detta anche di genere – costituisce un capitolo ricco e originale all’interno dei movimenti artistici nazionali ed internazionali del medesimo periodo. Studi che affondano le radici nel secolo illuminista e indagati durante la corrente Romantica – in cui vi è la ricerca e il recupero di una dimensione spontanea, libera e selvaggia in contrasto con la compostezza e la fred- dezza che costituivano le regole neoclassiche. Queste inda- gini gettarono le basi per un’attenzione più disincanta della realtà favorendo – a partire dagli anni Quaranta del secolo – la diffusione delle correnti del Naturalismo e del Realismo nelle arti figurative e in altri ambiti culturali (CISERI, 2005). Luoghi deputati divennero le grandi campagne fuori città: Fonteinbleau in Francia, la Maremma in Toscana, la valle dell’Etna, di Agrigento e della Conca d’Oro in Sicilia, la campagna di Resina a Napoli, le coste e le grandi vedu- te, reiterate dall’archivio d’immagini del periodo neoclassi- co; ma non solo: luoghi di grande interesse divennero anche i grandi giardini storici e scientifici. Così, i pittori della scuola napoletana di Resina, preferirono come luogo d’in- contro le tenute di caccia dei princìpi di Borbone, mentre i maestri macchiaioli, preferirono le atmosfere del parco di Villa dell’Ombrellino a Bellosguardo, presso Firenze (BIANCO & al., 2005). Anche i massimi esponenti della ‘Scuola siciliana’ preferirono, tra un soggiorno e l’altro fuori dall’Isola, approfondire lo studio della realtà, an plein air, presso ville storiche baronali – come l’agrumeto di Villa Napoli, il giardino Romantico di Villa Tasca nel capo- luogo siciliano, il parco di Villa Palagonia a Bagheria – o presso giardini scientifici come l’Orto Botanico di Palermo. L’Istituzione, in questo periodo, divenne fonte d’ispirazio- ne per numerosi artisti che lo visitarono. Fu così che nel 1881, Richard Wagner (1813-1883), immerso tra i sentieri Quad. Bot. Ambientale Appl., 27 (2016): 31-41. Francesco Lojacono (1838-1915) interprete del paesaggio e della natura siciliana VINCENZO MAGRO Società cooperativa Cultura Botanica, via Lincoln 13-15, I - 90123 Palermo. ABSTRACT.– Francesco Lojacono (1838-1915) interpreter of the Sicilian landscape and nature – After a general introduction to land- scape painting and references to the artistic movements that will characterize the post-Risorgimento period, the author focuses on the role played by the painter Francesco Lojacono in the affirmation of the current Verista in Sicily. The importance of landscape and painting as a means of its representation is discussed, with reference to the cultural and natural values of the island. They are the same as those first received by travelers and artists of the Grand Tour, but this time enhanced by the light and by the Sicilian colors all strongly expressed by the great artist. These are natural and cultural landscapes, plants of indigenous and exotic flora, both spontaneous and cultivated, all elements that give life and expression to the Sicilian landscape made known by Lojacono beyond the island's borders. Key words: genre painting, landscape, landscape painters, Naples, Sicily, Tuscany, Nature and botanical culture. Pubblicato online: 09.10.2019 http://www.quadernibotanicambientaleappl.it

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introduzione

tra i protagonisti della pittura siciliana dell’ottocento,Francesco Lojacono viene considerato «il signore del pae-saggio». È assodato che nella rappresentazione di vedute,raggiunse rilevanti livelli, di certo non inferiori a quelli deimaestri partenopei, toscani o piemontesi, non legato soltan-to alla corrente pittorica siciliana, ma con un posto di rilie-vo nella pittura italiana del secolo. un’artista a lungo a con-tatto con la natura, capace di subirne l’incanto vagando perla campagna, catturandone i colori, le vibrazioni, soprattut-to nelle prime ore del mattino quando l’aria è più tersa e itoni più morbidi e sfumati, affascinato dalla ricchezza dellevariazioni cromatiche che il paesaggio offre, dalla gammapiù svariata dei verdi degli alberi, dei prati, dei boschi, agliazzurri del cielo e del mare, ai grigi delle montagne lonta-ne, delle pietre e degli uliveti. Lojacono studiò a lungo lanatura, s’immerse in essa per conoscerla, percorrerla, ispe-zionarla e riportarla poi sulle sue tele, senza alcun influssoromantico, ma così com’essa è realmente. rimase semprefedele al dato naturale e volle rendere nei suoi dipinti lacampagna siciliana con obiettivo realismo e con efficaciaplastica divenendone il più autentico interprete.

caMPagne, giardini e orto Botanico: La natura coMe

Fonte d’iSPirazione

La pittura di paesaggio dell’ottocento – detta anche digenere – costituisce un capitolo ricco e originale all’internodei movimenti artistici nazionali ed internazionali del

medesimo periodo. Studi che affondano le radici nel secoloilluminista e indagati durante la corrente romantica – in cuivi è la ricerca e il recupero di una dimensione spontanea,libera e selvaggia in contrasto con la compostezza e la fred-dezza che costituivano le regole neoclassiche. Queste inda-gini gettarono le basi per un’attenzione più disincanta dellarealtà favorendo – a partire dagli anni Quaranta del secolo– la diffusione delle correnti del naturalismo e delrealismo nelle arti figurative e in altri ambiti culturali(ciSeri, 2005).

Luoghi deputati divennero le grandi campagne fuoricittà: Fonteinbleau in Francia, la Maremma in toscana, lavalle dell’etna, di agrigento e della conca d’oro in Sicilia,la campagna di resina a napoli, le coste e le grandi vedu-te, reiterate dall’archivio d’immagini del periodo neoclassi-co; ma non solo: luoghi di grande interesse divennero anchei grandi giardini storici e scientifici. così, i pittori dellascuola napoletana di resina, preferirono come luogo d’in-contro le tenute di caccia dei princìpi di Borbone, mentre imaestri macchiaioli, preferirono le atmosfere del parco diVilla dell’ombrellino a Bellosguardo, presso Firenze(Bianco & al., 2005). anche i massimi esponenti della‘Scuola siciliana’ preferirono, tra un soggiorno e l’altrofuori dall’isola, approfondire lo studio della realtà, an pleinair, presso ville storiche baronali – come l’agrumeto diVilla napoli, il giardino romantico di Villa tasca nel capo-luogo siciliano, il parco di Villa Palagonia a Bagheria – opresso giardini scientifici come l’orto Botanico di Palermo.L’istituzione, in questo periodo, divenne fonte d’ispirazio-ne per numerosi artisti che lo visitarono. Fu così che nel1881, richard Wagner (1813-1883), immerso tra i sentieri

Quad. Bot. Ambientale Appl., 27 (2016): 31-41.

Francesco Lojacono (1838-1915) interprete del paesaggio e della natura siciliana

Vincenzo MagroSocietà cooperativa cultura Botanica, via Lincoln 13-15, i - 90123 Palermo.

aBStract. – Francesco Lojacono (1838-1915) interpreter of the Sicilian landscape and nature – after a general introduction to land-scape painting and references to the artistic movements that will characterize the post-risorgimento period, the author focuses on the roleplayed by the painter Francesco Lojacono in the affirmation of the current Verista in Sicily. the importance of landscape and painting asa means of its representation is discussed, with reference to the cultural and natural values of the island. they are the same as those firstreceived by travelers and artists of the grand tour, but this time enhanced by the light and by the Sicilian colors all strongly expressedby the great artist. these are natural and cultural landscapes, plants of indigenous and exotic flora, both spontaneous and cultivated, allelements that give life and expression to the Sicilian landscape made known by Lojacono beyond the island's borders.

Key words: genre painting, landscape, landscape painters, naples, Sicily, tuscany, nature and botanical culture.

Pubblicato online: 09.10.2019http://www.quadernibotanicambientaleappl.it

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dell’orto, trovò l’ispirazione per scrivere due pagine di par-titura del “Parsifal” e nello stesso periodo, il medesimo spi-rito contemplativo, armò la mano luminosa di FrancescoLojacono (1838-1915), che fissò nelle sue tele i colori einsieme l’armonia sprigionata da elementi naturali ed artifi-ciali, costituitivi dell’orto (rotoLo, 2004). FrancescoLojacono, “ladro del Sole”, fu un assiduo frequentatore del-l’istituzione accademica – complice una sincera amiciziacon l’allora direttore Vincenzo tineo (1791-1856) – soprat-tutto durante gli anni della maturità pittorica. Più tardi, allesoglie del novecento, l’orto Botanico di Palermo, sarà nuo-vamente fonte d’ispirazione per una delle figure più impor-tanti dell’architettura dell’ottocento siciliano: giovanBattista Filippo Basile (1825-1891). L’architetto durante lasua formulazione teorica e progettuale attinge dal mondodella botanica una inesauribile fonte d’ispirazione.1L’originalità del processo di Basile viene riconosciuto alivello europeo nella realizzazione della grande fabbrica delteatro Massimo Vittorio emanuele, costruito a Palermo trail 1875 e il 1897 e ultimato dal figlio ernesto Basile (1857-1932). Seguendo la vocazione botanica del padre e rispet-tando il progetto originario, vengono indagate in manierascientifica tutte le decorazioni d’ispirazione botanica pre-senti negli ornamenti dell’architettura come, le foglie d’a-canto a decoro dei capitelli in ordine corinzio, i bassorilievicon canestri contenenti differenti varietà pomologiche, i cuistudi vengono presentati al pari di tavole d’illustrazionescientifica.

Suo figlio ernesto, anch’egli architetto ed erede dellastessa linea culturale, frequenta l’orto botanico e fin da pic-colo - come fu per il padre – trae ispirazione dalle collezio-ni. dai disegni e dalle tavole a noi pervenute si evince comeernesto abbia assorbito la lezione paterna nel ricercare leleggi e le proporzioni geometriche insite nel regno vegetale.anche per lui l’orto Botanico di Palermo è il punto di par-tenza per concepire un nuovo percorso creativo e una nuovaarchitettura, che, alle soglie del novecento, daranno vita alcosidetto ‘Stile Floreale’, tutto italiano, elevando Palermo acapitale dell’Art noveau (inizio del sec. XiX) influenzandole arti figurative, l’architettura e le arti applicate in tuttaeuropa. ed è proprio in una delle sue più grandi realizza-zioni architettoniche, realizzate per la famiglia Florio – Villaigiea a Palermo - che si trovano proiettate, all’interno dellesale - e in particolare negli affreschi parietali eseguiti daettore de Maria Bergler (1850-1938) – espressioni natura-listiche tratte dallo studio della botanica irradiate dall’ortoBotanico di Palermo che attraverso l’architetto – e quantiaccolsero il nuovo linguaggio floreale – adesso si trovanonelle decorazioni parietali e architettoniche italiane d’inizionovecento (Lo nardo, 2004).

iL Secondo ottocento in itaLia: FranceSco Lojacono e

iL Suo teMPo

tenendo conto della situazione geo-politica frammenta-ria, il panorama delle arti in italia appare eterogeneo, conprogressiva tendenza alla creazione di uno “Stile naziona-le”, un fenomeno che scorre parallelo al processo di libera-zione e unificazione della Penisola. il comune senso patriot-tico è uno dei fattori che più contribuisce alla ricerca e dif-fusione di un linguaggio pittorico comune, favorito dallacoesione tra artisti di estrazione sociale e culturale assai

diversa. La situazione intellettuale e artistica italiana eraancora comunque caratterizzata dalle scuole regionali chepresentavano tra di esse caratteristiche peculiari diverse,facenti capo a due dei maggiori centri culturali dell’italiarisorgimentale: napoli e Firenze (BartoLena, 2015).

napoli post-unitaria, si presenta ancora come una grandecapitale europea e un centro internazionale di formazioneintellettuale e artistica. ospita – fin dalla fine del Settecento– una fiorente scuola pittorica di vedutisti, che affonda lericerche nella pittura di Hackert (1737-1807) e Kniep(1775-1825), ancora frequentata da molti artisti italiani estranieri sul finire dell’ottocento. Proprio nella città parte-nopea, intorno al 1820 – grazie all’insegnamento e allericerche del pittore anton Sminck Van Pitloo (1790-1837) –nacque la “Scuola di Posillipo” lontana dalle regole accade-miche e così chiamata dai teorici del periodo. Pitloo fu unodei promotori e dei protagonisti del paesaggismo d’inizioottocento. intorno a lui si riunì una prima generazione diartisti partenopei, tra i più rappresentativi giacinto gigante(1806-1876), i fratelli giuseppe (1812-1888) e FilippoPalizzi (1818-1899), più tardi domenico Morelli (1826-1901) e Francesco Paolo Michetti (1851-1929) (argan,2017).

a Firenze, tra il 1850 e il 1860, si sviluppò il movimentodei Macchiaioli. essi tendevano a “ottenere gli effetti delvero”, cioè costruendo l’immagine con fedeltà all’impres-sione visiva, restituendo su tela la forma attraverso massecromatiche solide e concrete, per mezzo del contrasto nettotra macchie di colore, tra zone in luce ed ombra (graSSo,1990) Le discussioni artistiche nascono tra i tavoli del‘Michelangelo cafè’ frequentatissimo ed ubicato nel centrodi Firenze. autorevoli esponenti del gruppo toscano furonogiovanni Fattori (1825-1908), telemaco Signorini (1835-1901), Silvestro Lega (1826-1895) e Vincenzo cabianca(1827-1902).

con i toscani si confrontarono artisti soprattutto campanie siciliani, mescolando le esperienze locali a quelle di que-sti ultimi. È infatti con il gruppo degli artisti napoletani chei macchiaioli cercarono un’azione concorde, un rapportoamichevole. domenico Morelli aveva attivato con essi unprofondo scambio artistico, rafforzatosi tra il 1864 e il 1867quando le ricerche della “Scuola di Posillipo” lasciarono ilposto alla “Scuola di resina” che svolse un ruolo fonda-mentale nell’applicazione dei principi veristi del paesaggio.Scuola avviata, soprattutto, dal pittore napoletano Marco degregorio (1829-1875) insieme al fiorentino adrianocecioni (1836-1886), giuseppe de nittis e Federicorossano (1835-1912). Sebbene la “Scuola” durò solo quat-tro anni, significò comunque l’avvio di uno studio della

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1. giovan Battista Filippo Basile e l’orto Botanico di Palermo hanno un legame indis-solubile. Figlio del guardiano, visse all’interno della Schola Botanica dove si avvarràdella protezione e dell’aiuto di una figura paterna, Vincenzo tineo, allora direttore eper Basile autentico mecenate. Sarà quest’ultimo che accompagnerà fin dall’infanziala crescita culturale di giovan Battista Filippo, rivestendo un ruolo importante nellasua vita. Lo introduce all’insegnamento della Botanica come dimostratore della suacattedra, assorbe i fondamenti del linguaggio della Pittura e dell’architettura neoclas-sica, schizzando le architetture del douforny; viene a contatto con botanici, scienzia-ti, viaggiatori, artisti e letterati provenienti da ogni parte d’europa, attratti dalla ric-chezza delle collezioni dell’orto palermitano. il corso di laurea in architettura cheBasile segue dal 1845 al 1846, anno del conseguimento della laurea franca, si svolgeall’interno della Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche. La Botanica, insieme allageometria, è una disciplina che lascerà un’impronta decisiva sugli sviluppi futuri delgiovane architetto (Lo nardo, 2004).

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natura affrontato dal vero e aprì la strada a un linguaggiobasato sulla sintesi formale e sui rapporti tonali che resti-tuissero le forme del paesaggio, le atmosfere, i colori vivi enaturali. alla “Scuola di resina” vi soggiornarono, inoltre,anche alcuni esponenti della scuola siciliana tra i quali:antonino Leto e Francesco Lojacono.

a queste ricerche vanno accomunate quelle delle scuoleLombarde e Piemontesi del gruppo della “Scapigliaturamilanese” e della “Scuola di torino”, il cui massimo rap-presentante fu l’emiliano antonio Fontanesi (1818-1882)(argan, 2017). L’aspirazione al realismo accomunò tutte lescuole pittoriche della Penisola e anche in scultura, l’ade-sione al “vero”, si manifestò attraverso la ricerca di nuovitemi e di un modellato sempre più disponibile alla resa delnaturale.

Momento determinante per l’evoluzione stilistica dellanuova generazione d’artisti è sicuramente l’esposizionenazionale di Parigi del 1855 che presentò al panorama arti-stico europeo le istanze, profondamente innovative della“École de Barbizon”2, nella quale artisti aderenti al movi-mento dipingevano superando tutte le convenzioni accade-miche. tra i massimi esponenti vi erano theodòre rosseau(1812-1867) considerato il caposcuola, jean FrançoiseMillet (1814-1875) e jean-Baptiste camille corot (1796-1875), che sviluppò precocemente uno stile realista, consi-derato il capofila della scuola moderna di paesaggio.

La contemplazione dell’ambiente naturale, della figuraumana, veniva adesso introdotta nei dipinti mediante unatecnica di osservazione nuova e accuratissima.

al contempo gli artisti, avevano iniziato a considerare lepossibilità di analisi offerte da un nuovo mezzo: la fotogra-fia.3 Quest’ultima – proprio da metà ottocento – da ecce-zionale mezzo sussidiario e sperimentale, entrò a pieno tito-lo nel moderno sistema delle arti, influenzando i linguaggiespressivi e creativi tradizionali. alcuni la adottarono qualesupporto al proprio lavoro, per appunti sulla natura; altri peravere immagini di oggetti o modelli da poter studiare e inse-rire con agio per i propri dipinti. notevole importanza ebbesoprattutto per i paesaggisti. i contorni vaghi e sfuocati sug-gerirono ai pittori di paesaggio nuove soluzioni formali perallontanarsi dalla nitida definizione della pittura accademi-ca, nonché nel contribuire alla sua svolta stilistica, fatta dipennellate rapide e veloci in grado di cogliere l’atmosfera(Bianco & al., 2005).

La fine degli anni Settanta dell’ottocento segnano l’ini-zio della crisi del realismo e del Verismo nella penisola.nel panorama artistico dell’italia di fine secolo, si manife-stano i primi sintomi della crisi estetica realista che avevaguidato le ricerche sulle scelte stilistiche delle scuole regio-nali tra gli anni Quaranta e cinquanta. il realismo si evol-ve in altri linguaggi che da esso discendono, trovando nuovedirezioni. il Verismo si trasforma in Verismo sociale, cor-rente che caratterizzerà gli anni ottanta, con soggetti ispira-ti alle classi meno abbienti, dai toni sentimentali, pietistici edi denuncia, ispirati al mondo della poetica e della letteratu-ra verghiana e da cui si svilupperà successivamente ildivisionismo, a partire dall’ultimo decennio del XiX seco-lo (Bianco, 2003).

naPoLi, PoLo di eccezionaLe VitaLità

alle soglie della metà dell’ottocento, napoli, si presenta

come una grande metropoli, polo attivo d’irradiamento cul-turale, intellettuale e artistico nel sud italia. già massimocentro propulsore della cultura neoclassica in europa e nelsud italia, grazie alla presenza della corte illuminata dicarlo iii di Borbone (1716-1788), divenne una delle piùimportanti capitali europee (MattareLLa, 1982).

dopo le scoperte archeologiche di Pompei, ercolano eStabia – durante gli anni del regno Borbonico – la presen-za di viaggiatori e artisti stranieri che soggiornano nella cittàpartenopea s’intensifica, attratti dal fascino del passato edalle manifestazioni artistiche del presente, dando vita alcosidetto voyage pittoresque, un tour incentrato sui maggio-ri siti d’interesse archeologico del sud e del centro italia. gliartisti fissavano sui loro taccuini non soltanto le magnifichee imponenti vestigia dell’arte greca siceliota, italiota oromana ma anche vedute di città, marine e altri paesaggi,ancora lontani nel tempo e in anticipo sul romanticismo.4

È proprio in questo frangente che la pittura di paesaggio– in particolare quella del sud borbonico – si orientò versoil realismo e il Vedutismo, sviluppandosi soprattutto a par-tire dagli anni Quaranta del XiX secolo.

esempi massimi, furono le opere di grafici e incisori nor-dici come christoph Heinrich Kniep (1755-1825), disegna-tore e pittore tedesco che accompagnò lo stesso goethe nelsuo viaggio in italia, jakob Philipp Hackert (1737-1807)anch’egli tedesco, a lungo in Sicilia, occupandosi prevalen-temente della raffigurazione di paesaggi per conto del reFerdinando iV di Borbone, jean-Pierre Houel (1735-1813),per lungo tempo in italia e acuto osservatore dell’ambientesiciliano e l’olandese anton Sminck Van Pitloo (russo,2015). Luoghi raccolti dapprima in una copiosa produzionedi disegni e incisioni e successivamente rielaborati dalla pit-tura ottocentesca, vengono tuttavia rivisitati con massimaattenzione al naturalismo, attraverso il colore e la luce natu-rale tipica della stagione o delle ore, secondo le ricerchematurate all’interno del Verismo.

a napoli, inoltre, durante la metà del secolo, si potevanoincontrare anche i più autorevoli pittori del tempo, comejean Baptiste corot (1796-1875) – che vi soggiornò dal1825 al 1828 e poi nuovamente dal 1834 al 1843 – conside-rato uno dei più sensibili paesaggisti dell’ottocento oWilliam turner (1775-1851) massimo esponente del pae-saggismo inglese e presente in città tra il 1823 e il 1824.Questi – così come altri artisti – scambiarono le proprieesperienze con una delle più importanti scuole dellaPenisola, la “Scuola di Posillipo”; pioniera del paesaggiopittorico moderno e fucina di nuove generazioni di artisti.

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2. con questo termine si definisce un sodalizio artistico tra alcuni pittori che fondanoun’atelier ai margini del villaggio di Barbizòn, a pochi chilometri da Parigi, posto aimargini della foresta di Fontainbleau. il luogo è stato un ritrovo di artisti principal-mente tra il 1830 e il 1870. La definizione di “scuola” è impropria: questi artisti nonscrivono alcun programma, né hanno rapporti con la istituzioni didattiche ufficiali,ritenute obsolete e incapaci. (Bianco, 2003).

3. già dagli anni cinquanta del secolo, molti pittori vennero a contatto con fotografiedi paesaggi e con studi fotografici parigini che realizzavano ritratti e nudi su albumi-na composti appositamente a uso dei pittori (Bianco, & al., 2005).

4. durante il periodo del voyage pittoresque si avrà, infatti, un’attenzione maggioreverso il vedutismo, verso il realismo e le peculiarità dei luoghi ritratti en plein airassumendo alti livelli nel corso dell’ultimo quarantennio dell’ottocento. La praticadello studio en plein air, inoltre, permise ai maestri, inoltre, di captare rapidamente ilmutare del tempo e della luce, cogliere l’aspetto effimero e fuggitivo della natura e delpaesaggio, in cui trovava spazio l’esperienza immediata ed emotiva dell’artista (Lenzi

iacoMeLLi, 2003).

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La presenza in città di giacinto gigante, considerato ilcontinuatore della scuola di Pitloo e suo massimo esponen-te, e quella dei fratelli giuseppe e Filippo Palizzi (quest’ul-timo Maestro di Lojacono), in rapporto diretto con l’Écolede Barbizon e la città di Parigi, fecero sì che napoli e la“Scuola di Posillipo” diventassero una tappa obbligatorianella formazione e nella specializzazione dei giovani artisti.della scuola fecero parte domenico Morelli - definito“padre del realismo visionario”, che seppe relazionarsi conle ricerche di altre scuole regionali, facendo giungere anapoli le novità della scuola toscana soprattutto, e PaoloMichetti – allievo di quest’ultimo - che contribuì in mododeterminante alla corrente Verista in ambito non solo napo-letano, ma nazionale (argan, 2017).

a napoli si formò anche il palermitano Francesco zerilli(1793-1837), presenziandovi attraverso ripetuti soggiorni.egli è considerato il precursore della pittura di paesaggio inSicilia, il primo artista siciliano che si dedicò totalmente aquesto genere, con tempere di piccolo formato e con inci-sioni, sulla scia del vedutismo settecentesco, prediligendo levedute delle più importanti città siciliane. con zerilli la pit-tura di paesaggio recepisce quella effusiva dimensioneluministica propria della “Scuola di Posillipo” e di artisticome il Pitloo o il gigante (niFoSì, 2014).

anche se influenzata dalla sfera culturale napoletana eaperta verso le novità culturali provenienti dal resto d’italia,in realtà, la Sicilia non riuscì mai a divenire un centro cul-turale realmente attivo, come avvenne per altre regioni dellaPenisola, neanche nel periodo in cui furono produttivi con-temporaneamente Leto, Lojacono e catti, rappresentantiautorevoli del paesaggismo siciliano.

di conseguenza non si formò mai una vera e propria“Scuola siciliana”, sia perché gli artisti siculi cercarono nuovicontatti fuori dall’ambiente locale, per ampliare i loro confiniculturali e artistici, sia perché nella pittura dell’ottocento polod’attrazione fu napoli, tappa fondamentale per la formazione elo scambio di idee culturali con incontri molto frequenti.

L’ambiente napoletano permise loro, infatti, di venire a con-tatto con gli artisti di altre regioni soprattutto dopo la restaura-zione, di entrare in comunicazione prevalentemente con laFrancia, per via dei frequenti viaggi dei pittori partenopei aParigi, nonché con la toscana, considerando Firenze un’altratappa d’obbligo nel processo di ampliamento della propriacultura artistica, grazie alla presenza del gruppo macchiaio-lo.

i MaSSiMi eSPonenti deLLa Pittura deLL’800 SiciLiano: tra

inFLuSSi LocaLi, euroPei e deLLa PeniSoLa

È proprio durante questo fervore culturale, durante que-sta rinnovata ricerca artistica, che si formarono i Maestrisiciliani del paesaggio.

Francesco Lojacono (1838-1915), considerato il piùimportante paesaggista dell’ottocento siciliano, intrapresevari soggiorni all’estero, con il bisogno sempre costante ditornare nella sua isola per catturarne l’atmosfera e le vibra-zioni. apprese le prime nozioni di pittura alla scuola delpadre, Luigi Lojacono (1810-1880) anch’egli pittore divedute, e successivamente fu allievo di Salvatore Lo Forte(1804-1885), per poi trasferirsi a napoli dove frequenta lascuola di Filippo Palizzi. È proprio tornando in Sicilia cheelabora ciò che aveva appreso a napoli: una pittura analiti-ca, attenta al particolare, con un’ampia ricerca di soluzioniper rendere in modo veristico il rapporto tra luce naturale egli oggetti su cui si posa. nelle opere successive all’appren-distato napoletano la tecnica del Palizzi è già assorbita.numerosi i viaggi e i soggiorni per scambi culturali conaltre scuole: Firenze, Parigi, Venezia, Milano, Vienna eBerlino, ma non volle mai distaccarsi dai modi di una cultu-ra realistica, né rimase colpito dalla tecnica dei Macchiaiolio dalle cromie dei naturalisti francesi. (accaScina,1982)

allievo di Luigi Lojacono fu anche il monrealeseantonino Leto (1844-1913), entrato in bottega nel 1862,appena diciottenne. da subito divenne un’abile maestro divedute e scorci architettonici che eseguiva dal vero, stu-diando le forme del duomo e del chiostro della cittadinanormanna. antonino – come Francesco - si formò successi-vamente a napoli, presso la scuola dei fratelli Palizzi, appe-na due anni dopo Lojacono (graSSo, 1990). nella città par-tenopea assorbe i precetti di una resa più rapida, antiaccade-mica della realtà, dei valori della luce, influenzato dagli arti-sti della “Scuola di resina”. tuttavia, dopo il soggiorno anapoli a roma, Firenze, Parigi e capri, il pittore torna pressola sua terra natìa da cui nuovi motivi d’ispirazione. negli ulti-mi anni, decide di trasferirsi definitivamente a capri perimmergersi totalmente nella pittura, nello studio dei coloriintensi del litorale, nelle delicate trasparenze, nelle ombre dellescogliere o nei riflessi del mare (graSSo, 1993) (fig. 1).

diverso fu per l’allievo di Francesco Lojacono, Michelecatti (1855-1914). dopo la fuga dalla casa paterna,5 diven-ne un allievo stimato dal Maestro che lo accolse nel suo stu-

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Fig. 1 - a. Leto, Saline di trapani, 1881 ca. Palermo, galleriad'arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da accaScina, 1982)

Fig. 2 - M. catti, Porta nuova, 1908, Palermo, galleria d'arteModerna - g.a.M. e. restivo (da accaScina, 1982)

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dio appena diciottenne, ma solo per un breve periodo, poi-ché la sua ricerca pittorica discordava dalla visione diLojacono, focalizzata sullo studio attento della natura edella sua realizzazione pittorica in chiave realistica; mentrecatti – il cui realismo non era alla base della sua ricerca –preferì una visione della pittura personale, improntata sullirismo intimo e melanconico, che, negli ultimi dipinti,assunse talvolta accenti di intensa drammaticità, per viadella sua vita triste e travagliata, avvicinandolo molto di piùalla corrente romantica che a quella dei paesaggisti(MattareLLa, 1982). catti, a differenza di Lojacono e diLeto, tende a ricostruire in studio i ricordi, le impressionidelle passeggiate, fissate su carta con veloci schizzi a mati-ta e rielaborati successivamente in atelier, attraverso l’aiutodi disegni preparatori che poi avrebbe tradotto in pittura. Peri suoi studi si avvalse molto anche dell’utilizzo della mac-china fotografica, che egli adoperava con disinvoltura. eraconsuetudine per gli artisti, all’epoca della diffusione dellafotografia, l’uso di questo nuovo strumento nell’esperienzapittorica. opere ambientate in un’atmosfera plumbea,appartenenti a città del nord europa piuttosto che del sud, incui sovrastano cromaticamente i grigi, i neri, talvoltarischiarati da lampi d’amaranto o giallo cadmio, su strade incui passeggiano silhouette femminili, abbigliate secondo lamoda e il gusto della Belle Époque, le cui ombre sonoproiettate in riflesso sulle vie bagnate dopo un temporale,con il riverbero del vago chiarore di un cielo offuscato, benlontano dalle rappresentazioni di natura serena dei maestri(graSSo, 1993) (fig .2).

PercorSo artiStico di FranceSco Lojacono

Francesco Lojacono (fig. 3) nasce a Palermo il 16 Maggio1838. tra il 1852 e il 1856 vanno fissate le date del suo appren-distato presso la bottega del maestro Salvatore Lo Forte, già

direttore dell’ “accademia dell’uomo ignudo” a Palermo.Questa prima formazione diede al futuro artista un orienta-mento sulle scelte stiliste d’approfondire, secondo direttricid’interesse ben precise.

accostatosi al romanticismo, attraverso una pittura dicarattere storico, risalgono a questo primo periodo le opere“Francesco Ferruccio che passa l’arno (Feroccio agavinana), “giovanni dalle Bande nere e Pia dei tolomei”,oggi custodite presso la collezione della galleria d’arteModerna g.a.M. empedocle restivo (La cagnina 2005).dovettero essere soprattutto le riflessioni sulle opere dizerilli e di riolo – che egli certamente osservò nello studiodel Maestro Lo Forte – a segnare, nel giovane Lojacono, lasvolta verso una totale aderenza ai principi della pittura dipaesaggio. nel 1856 all’esposizione delle Belle arti diPalermo, presenta l’opera “Paesaggio grande ideale” (oliosu tela, collezione privata, Palermo) opera fortemente lega-ta alla lunga tradizione del paesaggio d’invenzione.

La partecipazione all’esposizione del 1856 diede al gio-vane artista la possibilità di ottenere una modesta borsa distudio, che gli consentì di proseguire i suoi studi di pittura anapoli. il soggiorno triennale nella capitale borbonica fudeterminante per il percorso formativo di FrancescoLojacono. appena diciottenne, giunse nella città partenopeain un momento di grandi cambiamenti culturali, in una cittàdivenuta un vero crocevia di esperienze, al pari di altre gran-di capitali europee, come torino, Vienna o Parigi. in questoperiodo, infatti, giacinto gigante, era giunto al punto piùalto dei suoi studi sull’interpretazione del paesaggio e dapoco, giuseppe Palizzi, era tornato da Parigi, dopo esserentrato in contatto con le opere di corot e con le ricerche deinaturalisti dell’École de Barbizon, nonché con il verismo dicourbet (accaScina, 1982).

a napoli Lojacono, frequenta la scuola dei fratelligiuseppe e Filippo Palizzi, formandosi come pittore divedute, aderente al realismo, le opere prodotte durante que-sto periodo di studio sono frutto di varie influenze pittorichedei maestri della scuola e dell’assimilazione della tecnicapalizziana.6 terminato il suo apprendistato, il rientronell’isola, nel 1860, coincide con lo sbarco di garibaldi inSicilia. tra i picciotti palermitani che si arruolarono nelletruppe garibaldine vi furono molti artisti e letterati, simpa-tizzanti degli ideali del risorgimento; tra questi anche LuigiLojacono con i due figli Francesco e Salvatore. Luigi, nonpiù giovane, seguì il condottiero fino alla cittadina diMilazzo; Francesco e Salvatore seguirono l’eroe fino alVolturno (graSSo, 2005); Questo non fu un anno da dedi-care all’arte e la produzione del giovane maestro si arresta,a favore delle campagne risorgimentali.

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5. nel 1837 lascia la casa paterna per evitare di dedicarsi - secondo il desiderio delpadre - agli studi giuridici, verso cui non si sentiva portato, ed è accolto dallo scritto-re Luigi natoli. nello stesso anno comincia a frequentare lo studio di FrancescoLojacono (graSSo, 1993).

6. al soggiorno napoletano si possono ricollegare con certezza, alcune opere forte-mente influenzate dalle ricerche pittoriche dei maestri della scuola di napoli. “Piccolamarina” e “Vesuvio” risentono fortemente della minuzia esercitata in pittura daFilippo Palizzi; “Palazzo donn’anna”, eseguito attraverso rapide pennellate sfilac-ciate, pare dimostri un notevole entusiasmo per la pittura di giacinto gigante; “Boscodi capodimonte”, per l’utilizzo della pittura a “macchia” può essere ricollegato all’os-servazione di opere di Michetti. Questi e altre opere mostrano come in un periodo gio-vanile, tutti i maestri della scuola napoletana divennero esempio per la crescita arti-stica del giovane Lojacono (accaScina, 1982).

Fig. 3 - a. campini, busto di Francesco Lojacono, 1830 ca.,Palermo, galleria d’arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da niFoSì,2014)

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deposte definitivamente le armi, nel 1862, intraprendeun percorso incentrato sullo studio della campagna siciliana- sostando a trapani, catania e taormina - quasi per riap-propriarsi dei luoghi della sua terra e della sua pittura, fer-mandosi per più mesi ad agrigento. Fu proprio nella cittàdella valle dei templi che l’apprendista della scuola dinapoli si preparava – tramite le sue ricerche pittoriche e isuoi studi grafici – a divenire uno dei massimi esponentidella pittura siciliana dell’ottocento. Qui conosce i fratelliSinatra, suoi più fedeli estimatori e collezionisti che lo avvi-cinano al mondo della fotografia. inizia un periodo di ricer-ca, che lo porta verso la maturità pittorica: volumi intrisi diluce, luce che trasfigura il tono del colore, pietre metallicheche ardono al sole, rocce calcaree dal bianco riverbero,quasi accecante, immerse nel chiarore del sole di Sicilia.

tra i dipinti di quest’epoca è il “tempio di castore ePolluce” (1862, olio su tela, agrigento, Museo civico,collezione Sinatra) (fig. 4), che risente ancora d’influssi neo-classici per la scelta del soggetto; dalle colonne dorate dalsole, realizzate con pennellate fluide e sfumate – che rivela-no una sensibilità simile a quella di giacinto gigante – allosfumato degli alberi in lontananza, del cielo e del mare chesi fondono all’orizzonte, contrapposti minuzia nella realiz-zazione dei cespugli in primo piano. Lo stesso si può direper “La collina del tempio di giunone” (1862, olio su tela,agrigento, Museo civico, collezione Sinatra) dove l’aria sifa limpida e le forme più nette, come avveniva nelle tempe-re dei vedutisti d’inizio secolo.

Luce che esalta ancor di più i volumi degli ulivi dipintidal vero nelle campagne dell’agrigentino. in “ulivi secola-ri” (1884, olio su tela, agrigento, Museo civico, collezioneSinatra) (fig. 5), si osserva la solida plasticità dei vecchitronchi degli ulivi saraceni, sui quali la luce e la filamento-sa pennellata ne disegnano l’illusoria bellezza. Volume,colore e luce sono fissati sulla tela; la bellezza grigia delvecchio ulivo, le foglie livide al vento, le screpolature dellacorteccia.

gli anni Settanta dell’ottocento costituiscono un periododi piena affermazione sociale per Lojacono e si intensifica-no gli impegni espositivi in italia e all’estero: napoli,Vienna, Parigi, Londra e la germania (La cagnina, 2005).

nel 1871 espone a Vienna il dipinto “La Valle dell’oreto” –oggi trafugato – suscitando l’entusiasmo della critica d’ol-tralpe, proprio in virtù del forte naturalismo e realismoriflesso dall’opera. in austria non perde occasione di vaga-re tra le paludi e i boschi nei pressi della capitale, catturan-done le umide atmosfere, come nel caso della tela di picco-lo formato intitolata “Bosco di Vienna” (1871, olio su tela,collezione cinquemani, Palermo).

tornato in patria, si dedica nuovamente ai monti della suaSicilia. e’ nel 1872 che raggiunge la piena maturità artisticacon l’opera “Vento in montagna” (1872, olio su tela,galleria d’arte Moderna e. restivo, Palermo) (fig. 6) – pre-sentata successivamente all’esposizione universale di Parigidel 1878 – dove i procedimenti dell’indagine verista sonoimpiegati con straordinaria perizia per rappresentare ogniminuto particolare della natura sferzata dal vento, conside-rata, a ragione, una delle espressioni più alte del realismo diLojacono. una veduta aperta, in cui cielo e terra sono dis-tribuiti equamente, lontana dai panorami precedenti sereni eimmobili della campagna siciliana. in primo piano si rico-noscono gli elementi caratteristici dell’ambientazione regio-nale - le rocce coperte dai muschi, gli arbusti, le agavi, lepale di fichi d’india inclinati dal vento. in secondo piano la

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Fig. 4 - F. Lojacono, tempio di castore e Polluce, 1862, agrigento,Museo civico, collezione Sinatra (da graSSo, 2005)

Fig. 5 - F. Lojacono, ulivi secolari, 1884, agrigento, Museocivico, collezione Sinatra (da graSSo, 2005)

Fig. 6 - F. Lojacono, Vento in montagna, 1872, Palermo, galleriad’arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da graSSo, 2005)

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figura del pastore col suo gregge dal vello arruffato, tra imonti via via sempre più evanescenti; cumuli di bianchicirri s’inseguono nel cielo.

nello stesso anno il Maestro è presente – con reiteratevisite – a napoli, dov’è nominato professore onorario dellacattedra di “Pittura del Paesaggio” presso l’accademia diBelle arti, e già scranno di tanti pittori insigni quali antonVan Pitloo e domenico Morello (graSSo, 2005). in questistessi anni, il panorama della pittura italiana subisce profon-di cambiamenti: la “Scuola di Posillipo” e quella dei Palizzilasciano spazio alla “Scuola di resina”, come centro pro-pulsore di nuove idee, grazie all’attività dei pittori degregorio e cecioni, rappresentanti delle ricerche toscane deimacchiaioli, delle loro teorie ottiche sulla luce e delle loroproposte pittoriche (argan, 2017). Lojacono, in questofrangente, fu capace d’intuire il senso di tutte le idee in cir-colazione, di coglierne ogni eventuale esempio o ogni espe-diente tecnico. così in un’epoca di continua sperimentazio-ne, sulla luce, sull’indagine verista della realtà, sull’impiegodella macchia o del tocco, egli non utilizzò mai una tecnicaprestabilita, ma una soluzione che corrispondesse all’esi-genza di realizzare su tela la visione.

La produzione di questi anni risente significatamenedelle diverse posizioni dibattute sia a napoli che a Firenze.negli anni Sessanta dell’ottocento – precisamente tra il1861 e il 1865 – egli è nel capoluogo toscano con la precisavolontà di affermare la propria consonanza stilistica e meto-dologica scaturita dalle ricerche e dalle discussioni del

“Cafè Michelangelo”.7“Monte catalfano” (1865-1870 circa, olio su tela,

galleria d’arte Moderna e. restivo, Palermo) (fig. 7), o“dintorni di Palermo” (1871, olio su tela, FondazioneBanco di Sicilia, Palermo) (fig. 8) dimostrano, ad esempio,un allineamento alle teorie della “Scuola di resina” (La

cagnina, 2005). a questa stessa ricerca possiamo collegare la tela “Veduta

di Palermo” (1875, olio su tela, galleria d’arte Moderna e.restivo, Palermo) (fig. 9) opera, quest’ultima, realizzatacon tocchi rapidi e leggeri attraverso varie sovrapposizionidi tinte, sfumando i contorni e i colori delle figure umane,velando nella distanza il biancheggiare delle case che costi-tuiscono la città, sovrastata dal riconoscibilissimo Montedel Pellegrino, punto focale della salda costruzione prospet-tica, impostata sulla strada di campagna raffigurata al cen-tro. Mai la luce dell’estate siciliana, il gravare dell’afa sullacampagna immobile sono stati resi in maniera così realisti-ca, attraverso veloci pennellate e leggere velature.

La stessa atmosfera riprodotta, ricercata, nell’olio su telarealizzato l’anno successivo, intitolato “il duello (una gior-nata di caldo in Sicilia)” (1876-1877, olio su tela, Museo dicapodimonte, napoli) (fig. 10) in forte taglio prospettico,

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7. a questo periodo di ricerca presso i macchiaioli toscani vanno assegnate le opere:“il mulino di rignano” (1867, collezione privata) e “Paesaggio sull’arno” (1864, col-lezione privata) (SiSi, 2005).

Fig. 7 - F. Lojacono, Monte catalfano, 1865-1870 ca., Palermo,galleria d’arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da graSSo, 2005)

Fig. 8 - F. Lojacono, dintorni di Palermo, 1871, Palermo, FondazioneBanco di Sicilia (da graSSo, 2005)

Fig. 9 - F. Lojacono, Veduta di Palermo, 1875, Palermo, galleriad’arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da graSSo, 2005)

Fig. 10 - F. Lojacono, il duello (una giornata di caldo in Sicilia), 1876-1877 ca., napoli, Museo di capodimonte (da graSSo, 2005)

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immerso in un’atmosfera densa di vapori, di pulviscoloimpalpabile, sollevato dalle ruote del carro in corsa sullastrada sterrata arsa dal sole, in un giorno di piena estate(graSSo, 2005). atmosfera calda e velata riprodotta conestrema perizia nell’opera “arrivo inatteso (il ritorno delcoscritto)” (1882-1883, olio su tela, Segreteria generaledella presidenza della repubblica, roma) (fig. 11) di cui siconservano vari studi su carta e cartone, presso la collezio-ne Sinatra del Museo civico di agrigento. La luce isola lesagome dei contadini in attesa, dopo una giornata di durolavoro nei campi, conferendogli un’alta plasticità delleforme, accentuata dalla presenza di una forte ombra portata,sulle vesti e sui volti dei braccianti. La terra e il cielo ven-gono posti su due registri: una vegetazione ottenuta conpennellate sovrapposte di giallo cadmio, terra di Siena, terradi Siena bruciata, in forte contrasto con il cielo azzurro sol-cato da trasparenti cirri.8 L’opera conferì al Maestro la mas-sima visibilità e onorificenze nell’ambito della pittura,accompagnata da lusinghieri giudizi da parte dei maggioricritici dell’epoca, tra i quali gabriele d’annunzio. Sonoanni importanti per l’affermazione pittorica di Lojacono,reduce dei successi riscossi a Vienna (1871) e a Parigi (1873e 1878), il conseguimento della Medaglia d’oro allaPromotrice di napoli (1878) e la partecipazioneall’esposizione internazionale di roma (1883).

nel repertorio dello stimato pittore un posto di rilievotrovano anche la vastissima produzione di marine, il puntopiù alto di realismo dell’ultimo ventennio dell’ottocento.dopo svariati e approfonditi studi e diverse esercitazioni,

rintraccia una formula di perfetto equilibrio compositivo,abbassando il punto di vista sulla linea d’orizzonte, in modod’aumentare il senso di profondità del mare. Linea d’oriz-zonte posizionata in mezzo alla tela, adesso divisa in dueregistri. Su questo schema tutte le possibili varianti: il primopiano con un tratto di spugnosa scogliera, realizzata a larghepennellate di sapore impressionista, una barca concretizzatacon pennellate pastose per il fasciame, la battigia con ragaz-zini intenti alla pesca con lunghe canne o recanti cestelli invimini, in cerca di ostriche o di patelle, tra il degradare degliazzurri sotto e sulla linea d’orizzonte (graSSo, 2005). difattura estremamente raffinata è l’olio su tela intitolato“Marina di Palermo e Monte Pellegrino” (1884, olio su tela,collezione privata) (fig. 12), che si colloca nel periodo dimassimo successo del pittore. La tela rappresenta una sug-gestiva immagine del porto di Palermo, visto dal litorale diSant’erasmo. Sullo sfondo è la sagoma di Monte Pellegrino– al centro della tela – che emerge dalle acque, suddividel’opera in due registri la linea d’orizzonte. in maniera niti-dissima, si distinguono i singoli edifici a ridosso del vecchioporto e le varie imbarcazioni ormeggiate, raffigurate con

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8. L’opera fu più volte esposta: nel 1883 all’esposizione di belle arti di Monaco diBaviera, nello stesso anno presso l’esposizione di roma e nel 1891 pressoL’esposizione di Berlino. tra i quadri comprati all’esposizione di roma da umbertoi e Margherita di Savoia vi è nell’inventario “L’arrivo inatteso”. in origine, l’operanon fu comperata per adornare il palazzo del Quirinale, bensì per la real Villa diMonza, nell’appartamento di S.M. il re. (iMBeLLone, 2014).

Fig. 11 - F. Lojacono, arrivo inatteso (il ritorno del coscritto),1882-1883 ca., roma, Segreteria generale della Presidenza dellarepubblica (da graSSo, 2005)

Fig. 12 - F. Lojacono, Marina di Palermo e Monte Pellegrino,1884, Palermo, collezione privata (da niFoSì, 2014)

Fig.13(a) - F. Lojacono, La raccolta delle telline, 1880-1890 ca.,Palermo, Fondazione Whitaker (da niFoSì, 2014)

Fig.14(B) - F. Lojacono, La raccolta delle telline, 1880-1890 ca.,Palermo, Fondazione Whitaker (da niFoSì, 2014)

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dovizia di particolari. una luce opalescente esalta l’assolutonitore dell’opera, catturata in un tardo pomeriggio estivo,non escludendo l’utilizzo della fotografia come supporto.Luce indagata anche in altre due fortunate marine: “La rac-colta delle telline” (1880-1890, olio su tela, FondazioneWhitaker, Palermo) (figg. 13a e 14B); due tele, una pendantdell’altra, della stessa impostazione grafica della preceden-te, caratterizzate entrambe da un perfetto equilibrio compo-sitivo e ambientate in due diversi momenti della giornata,evidenziano la grande capacità del pittore di tradurre semprenelle proprie opere, con estremo realismo, “il sentimentodell’ora e del luogo”, capace di far apparire la Sicilia in tuttala sua realtà visiva e tattile, indagata zolla per zolla, filod’erba per filo d’erba, nel movimento di un ramo inclinatodal vento e inerte nella calura estiva (cHiLLÈ, 2005).

L’entusiasmo del pubblico presso le esposizioni accade-miche e le biennali risultava rilevante nel valutare l’alto rea-lismo raggiunto nelle opere da Lojacono; e fu massimodurante l’esposizione nazionale di Palermo del 1891-1892,nella quale il maestro, divenuto ormai il massimo esponen-te del verismo siciliano, presentava “L’estate [L’estate inSicilia. Palermo, via romagnolo]”, (1891, olio su tela,Fondazione Banco di Sicilia, Palermo) (fig. 15), “L’autunno”(1891, olio su tela, collezione privata) (fig. 16), “dall’ospiziomarino” (1891, olio su tela, galleria nazionale d’arteModerna, roma), “L’anapo coi suoi papiri.” (1891, olio sutela, collezione privata) (fig. 17). Quattro opere, quattropaesaggi, dove la luce diffusa sull’azzurro della marina,l’atmosfera densa di vapori e di pulviscolo sullo stradoneassolato, la terra umida di pioggia, l’intricato boschettodi papiri riflessi sulle acque del lento fiume, ci restituisconoparticolari di una natura ritratta dal vero, restituita da un’ecce-zionale sensibilità pittorica (graSSo, 1991). immediatamentesuccessive alla grande esposizione nazionale sono le opereche hanno per soggetto l’orto Botanico di Palermo – operedatate tutte tra il 1895 e il 1905 – in cui i protagonisti sono laluce e le ampie vedute, le pennellate fluide, materiche, amacchia, l’indagare delle atmosfere, adesso in piena lucecome in “Viale delle palme (i Pilastri”) (1838, olio su tela,collezione privata Palermo) (fig. 18) adesso in ombra comein “Vasca con capelvenere e alocasia” (1895, olio su tela,galleria civica e. restivo) (fig. 19) in cui le citate igrofitesono indagate con perizia scientifica. È probabile che questeopere – tutte di medio e piccolo formato – servissero piùcome esercizio al pittore, per affinare la sua sensibilità versoluce e colore, nonché per l’approfondimento botanico delle

tante specie raffigurate nelle sue tele. opere realizzate attraverso studi a grafite dal vero o pre-

paratori su tela - come nel caso della figura del contadino de“L’arrivo inatteso”, oggi nella collezione Sinatra delMuseo di agrigento – o attraverso raccolte fotografichedelle marine, tratte dalle albumine di eugeniointerguglielmi o dalle vedute catturate dalla macchina digiuseppe incorpora, possibili modelli di riferimento nellaraffigurazione dei luoghi, degli scogli e dei picciriddi ripre-si dal vero. durante gli ultimi anni - precisamente gli annidieci del novecento – elabora una nuova maniera, fatta ditoni più bassi e smorzati, eseguiti tramite una stesura dicolori più sfumati, lividi, tralasciando l’identificazionetopografica dei luoghi, che fin ad adesso era stata una pre-

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Fig. 15 - F. Lojacono, L'estate [L'estate in Sicilia. Palermo, viaromagnolo] 1891, Palermo, Fondazione Banco di Sicilia (dagraSSo, 2005)

Fig. 16 - F. Lojacono, L’autunno, 1891, Palermo, collezione privata(da graSSo, 2005)

Fig. 17 - F. Lojacono, L'anapo con i suoi papiri, 1891, collezioneprivata (da graSSo, 2005)

Fig. 18 - F. Lojacono, [orto Botanico] Viale delle palme (i pilastri),1858, Palermo (da graSSo, 2005)

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rogativa del maestro. non a caso i titoli dei dipinti dell’ulti-mo periodo, prediligono indicazioni da paesaggio interiore,come “Solitudine” (1905, olio su tela, galleria nazionaled’arte Moderna, roma) quest’ultimo esposto alla ViBiennale di Venezia o “caducità” (1905-1910, olio su tela,Museo civico, collezione Sinatra, agrigento) (fig. 20), inlinea con l’aggiornamento culturale romantico di fine seco-lo. i dipinti, dove ora Lojacono indagava il groviglio e l’o-scurità misteriosa delle superfici palustri, colpite da unadebole luce autunnale o crepuscolare, destavano sensazionipittoriche inedite, virate sul dissolvimento della forma, checonduce lo spettatore verso ciò che è stato definito “paesag-gio stato d’animo” prima che l’artista si spegnesse, in unafredda mattina del 26 Febbraio del 1915, a Palermo.

diScuSSione e concLuSioni

L’ottocento per la pittura siciliana è il secolo in cui siafferma il realismo come corrente dominante artistica,legata alle principali scuole italiane. in particolare quella deimacchiaioli in toscana, quella di napoli, e infine, ma nonultima quella romana. in Sicilia questa corrente vieneseguita e portata ad altissimi livelli da FrancescoLojacono, non a caso ricordato come la massima autori-tà nell’ambito della pittura nazionale ed internazionale.grazie a quest’artista il paesaggio siciliano viene pro-mosso e fatto conoscere in tutta europa con una ricadu-ta di immagine assolutamente positiva per la regione. Sipuò assimilare questo momento di promozione artisticadella Sicilia, a quella che fu definita la stagione delgrand tour in cui, ad opera di diversi viaggiatori stra-

nieri, il paesaggio siciliano viene portato, e quindiapprezzato, in tutto il mondo, seppure in chiave roman-tica. Se durante il romanticismo viaggiatori e artisti aloro seguito si soffermano sulle maestose rovine dellaclassicità greco-romana, Lojacono, e successivamente isuoi allievi, valorizzeranno le connotazioni e i colori delpaesaggio naturale e rurale dell’isola: i paesaggi costie-ri e montani, quindi la natura e la campagna. Si ritienequesto parallelismo uno degli elementi che danno ulte-riore merito all’artista, grazie al quale colori e luci dellaSicilia attraversano e superano le frontiere regionali epoi anche nazionali. dunque, con Francesco Lojacono, ilrealismo siciliano ha la sua più incisiva espressione.richiamandoci ai soggetti della natura che ricorrononella pittura dell’artista, a parte aspetti della morfologiadei luoghi, come scogliere, coste, monti, le piante costi-tuiscono elementi di particolare ricorrenza. oltre quelleinserite nei dipinti all’orto botanico, come Cycas circi-nalis, ficus, alocasia, capelvenere, quelle della campa-gna siciliana come ulivo, quercie, cipressi, agave e ficod’india, le due ultime notoriamente esotiche e ricorrentigià nell’iconografia dei viaggiatori proprio per la lorooriginalità per il tempo.

ringraziaMenti

L’autore ringrazia la direttrice della galleria d’arte moder-na e. restivo, Prof.ssa antonella Purpura per l’aiuto fornitonella ricerca bibliografica e d’archivio su FrancescoLojacono e le sue opere. È grato altresì al Prof. FrancescoMaria raimondo per i preziosi consigli e la lettura criticadel testo.

BiBLiograFia

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Fig. 19 - F. Lojacono, Vasca con capelvenere e alocasia, 1895, Palermo, galleria d’arte Moderna - g.a.M. e. restivo (da niFoSì,2014)

Fig. 20 - F. Lojacono, caducità, 1905-1910 ca., agrigento, Museocivico, collezione Sinatra (da graSSo, 2005)

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riaSSunto – dopo una premessa generale sulla pitturadi paesaggio e dei richiami ai movimenti artistici checaratterizzeranno il periodo post risorgimentale, l’autoresi sofferma sul ruolo avuto da Francesco Lojacono nel-l’affermazione della corrente Verista in Sicilia. Viene dis-

cussa l’importanza del paesaggio e della pittura comemezzo della sua rappresentazione, con riferimento aivalori culturali e naturali dell’isola. essi sono gli stessi diquelli prima recepiti dai viaggiatori e artisti del grantour, ma questa volta valorizzati dalla luce e dai coloritutti siciliani espressi con forza dal grande artista. Si trat-ta di paesaggi naturali e culturali, di piante della floraindigena e di quella esotica sia spontanea che coltivata,tutti elementi vivificatori ed espressivi del paesaggiosiciliano fatto conoscere oltre i confini dell’isola.

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