Incipit_Memorie di una interprete di guerra

39
ELENA RŽEVSKAJA MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA VOLAND AMAZZONI

description

Mosca, ottobre 1941. Sono passati quattro mesi dall’attacco della Germania hitleriana all’URSS. Elena Rževskaja, ventiduenne, lascia la fabbrica di orologi dove lavora e si iscrive a un corso per interpreti militari. Inizia un’avventura che la porterà a diventare testimone attenta e partecipe della guerra, in un movimento continuo che attraverso cittadine e villaggi sconvolti dal conflitto la condurrà al fronte, e infine a Varsavia e a Berlino. Ed è qui, nel suo ruolo di interprete militare, che la giovane Elena si troverà nel maggio del ’45 al centro della misteriosa vicenda del riconoscimento del corpo carbonizzato di Hitler, di cui Stalin non informa neanche il maresciallo Žukov, comandante dell’Armata Rossa che entra vittoriosa in Berlino. E a questo punto il libro da avvincente narrazione diventa anche un ineludibile documento storico che contribuisce a chiarire una delle vicende più oscure della Seconda guerra mondiale. Il libro è arricchito da un inserto fotografico con immagini

Transcript of Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Page 1: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

ELENA RŽEVSKAJA

MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

VOLAND

AMAZZONI

Page 2: Incipit_Memorie di una interprete di guerra
Page 3: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Elena Rževskaja

Memorie di una interprete di guerra

La guerra vista da me, dalla battaglia di Moscaagli ultimi giorni nel bunker di Hitler,

e i tentativi di Stalin di riscrivere la storia a modo suo

traduzione di Daniela Di Sora

Voland

Page 4: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Titolo originale: Zapiski voennogo perevodčika© 2007 Elena RževskajaPublished by arrangement with ELKOST Intl. Literary Agency

© dell’edizione italianaVoland s.r.l. 2011

Tutti i diritti riservati

Per le immagini © Elena Rževskaja

Prima edizione: giugno 2015

ISBN 978-88-6243-120-0

Le note sono della traduttrice, escluse quelle con asterisco che sono dell’autrice.

The publication was effected under the auspices of the Mikhail ProkhorovFoundation TRANSCRIPT Programme to Support Translations of Russian Literature.

Published with the support of the Institute for Literary Translation (Russia).

Page 5: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Sono infinitamente grata a Elena Kostjukovič, che ha portatoquesto libro a una casa editrice italiana, si è preoccupata dellasua sorte e nei giorni dell’uscita mondiale del suo stupefacen-te libro Perché agli italiani piace parlare del cibo, accolto ancheda noi a Mosca da uno sfolgorante successo, ha continuato aessere prodiga di attenzioni al testo con consigli e osservazio-ni fin nelle ultime tappe del mio lavoro.

Grazie per l’aiuto e il sostegno a questo libro anche alla miaamica e interlocutrice, mia nipote Ljuba.

E.R.

Page 6: Incipit_Memorie di una interprete di guerra
Page 7: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

INTRODUZIONELa voce dei documenti

Questo libro parla di vicende da me vissute in prima persona.Come interprete di guerra ho percorso con l’esercito l’inte-

ro fronte, dai dintorni di Mosca fino a Berlino, e nel maggio1945 mi sono trovata nell’epicentro degli avvenimenti storiciche hanno concluso la Seconda guerra mondiale. Nella miaqualità di interprete dello Stato Maggiore dell’Esercito sono en-trata nel gruppo che aveva l’incarico di cercare Hitler, ero fracoloro che hanno ritrovato il suo cadavere carbonizzato, hopreso parte al processo di accertamento della verità sulla suafine e all’identificazione dei suoi resti. A me è toccato il compi-to di esaminare lì sul posto i materiali rinvenuti nei sotterra-nei della Cancelleria del Reich e nel bunker del Führer, doveAdolf Hitler aveva trascorso i suoi ultimi giorni.

Nella Cancelleria del Reich ho trovato alcuni dossier con lecarte di Bormann1: i radiogrammi ricevuti da Hummel, suo as-sistente, che era a Obersalzberg2 e le copie di quelli a lui invia-ti. Vi si trovava la conferma che subito dopo il 20 aprile era sta-to progettato di trasferire il Quartier generale a Berchtesgadene che Hitler aveva rinunciato al progetto ed era rimasto nelbunker perché l’offensiva che aveva ordinato era fallita e gli al-leati erano entrati a Monaco. E poi molte carte con informa-zioni giunte a Bormann dai capidistretto del partito (Kreislei-ter) sul carattere particolarmente critico della situazione.

Ho visionato le carte di Hitler rimaste nel bunker, fra cuiuna cartella con i radiogrammi intercettati: uno conteneval’informazione che Mussolini, dopo essere stato fucilato dai

Page 8: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

partigiani, era stato anche impiccato per i piedi insieme allasua amante Clara Petacci. Questa frase era stata sottolineatada Hitler con una matita blu. Pensai che le disposizioni im-partite per la distruzione del suo corpo dopo la morte fosserouna conseguenza proprio di questa notizia.

Sempre qui ho trovato le minute delle lettere di Hitler allasorella, al presidente Hindenburg, e a von Papen3.

Nell’ufficio di Goebbels erano rimaste due valigie di docu-menti. E proprio qui ci attendeva il ritrovamento più impor-tante dal punto di vista della Storia, vale a dire una decina diquaderni del diario di Goebbels, scritti a mano e iniziati pri-ma della presa di potere da parte dei nazisti, e interrotti l’8luglio 1941. Sempre qui trovammo la corrispondenza di lavo-ro del Ministro della Propaganda e alcuni fascicoli di MagdaGoebbels con l’inventario dettagliato dei beni di famiglia. Epoi le foto private: Magda con i bambini, l’intera famigliacompreso Goebbels e un ritratto di Magda. Questo me lo so-no tenuto come souvenir.

Eravamo impegnati nella febbrile ricerca di Hitler, vivo omorto. Riuscivo a stento ad annotare il contenuto dei docu-menti che mi passavano per le mani e ad approntare una notadi accompagnamento per inviarli allo Stato Maggiore del Fron-te. I miei brevi appunti mi sono stati utili in seguito, quandolavorando all’archivio mi resero possibile stabilire subito laprovenienza di un determinato documento, il suo contesto.

La notte del 6 maggio furono portati fuori dal giardino del-la Cancelleria del Reich i resti di Hitler e di Eva Braun. Fu ese-guita una perizia medico-legale. L’8 maggio mi fu affidata unascatola rosso scuro che conteneva la mascella intatta di Hitler:una prova decisiva per la sua identificazione.

In questa maniera singolare il mio destino si è intrecciatocon la storia della Germania.

8 ELENA RŽEVSKAJA

Page 9: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

In quei giorni ho partecipato alle ricerche dei testimonichiave: i dentisti di Hitler. In calce ai protocolli dei loro inter-rogatori e dell’identificazione di Hitler c’è la mia firma cometraduttore.

I tre mesi precedenti al mio congedo, lo Stato Maggiore del-l’Armata si trovava nella piccola città di Stendal. Qui ho avutol’opportunità di occuparmi di nuovo dei documenti trovati nel-la Cancelleria del Reich e in altri luoghi: nei ministeri, nelle ca-se dei dirigenti nazisti. Nel frattempo l’interesse per i docu-menti era scemato. La guerra apparteneva al passato. Noi stes-si appartenevamo alla Storia, e quei documenti non interessa-vano nessuno. Tranne me.

Io non sono una storica, non sono una ricercatrice. Sono unascrittrice. Non potrei scrivere un lavoro basato su avvenimen-ti storici, fare una ricerca su fenomeni sociali con i quali nonavessi nessun legame. Questo è un libro personale che si basasu documenti. Vi si raccontano fatti e avvenimenti autentici, lasua fabula è autentica: le conseguenze della guerra, la ricerca eil ritrovamento del corpo di Hitler, la sua identificazione, l’in-chiesta sulle circostanze del suo suicidio a cui l’autrice avevapreso parte direttamente in qualità di interprete di guerra. Cre-do che la cosa principale in queste circostanze sia l’autenticità.L’autenticità è la cosa più sensazionale.

I sovietici tennero segreta la scoperta e l’identificazione del cor-po di Hitler. Io scrissi della sua morte sulla rivista “Znamja”(1955, n. 2), tuttavia la parte relativa alle scoperte e alle indagi-ni non fu autorizzata. Per la prima volta riuscii a rivelare que-sto segreto nel 1961, nel libro Vesna v šineli4. Solo allora ho po-tuto realizzare il desiderio in me maturato alla morte di Stalin:raccontare ai lettori la verità sulla fine di Hitler.

9MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 10: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Per dare ai lettori un’immagine più completa degli avvenimentie supportare con documenti il mio racconto di testimone, permolto tempo ho cercato di ottenere l’autorizzazione a consul-tare gli archivi. A ogni mia richiesta mi veniva risposto: “Nonsi fanno eccezioni per nessuno.” Mi sono rivolta anche al Co-mitato Centrale, ma non ho ricevuto alcun sostegno. Scrissi al-lora a Suslov5. Ho ritrovato da poco nel mio archivio persona-le la minuta di questa lettera, datata 6 agosto 1964: essa giocòcertamente un ruolo determinante, visto che a fine settembredi quell’anno le porte dell’archivio segreto mi si aprirono.

Fui affiancata da un capitano con le mostrine da carrista. Sipresentò come membro del “Gruppo di studio sulla Guerra pa-triottica”, si chiamava Vladimir Ivanovič. Era entusiasta delcompito di fornirmi i documenti necessari a scrivere il mio li-bro. Molti anni dopo Vladimir Ivanovič mi telefonò, espressegiudizi lusinghieri su un mio nuovo libro (dedicato alla città diRžev durante la guerra) e io gli chiesi il nome preciso dell’ar-chivio di allora, dal momento che non mi era mai stato detto.“Archivi del Consiglio dei Ministri” mi rispose. E mi rivelò an-che che ero stata autorizzata a consultarli su disposizione delComitato Centrale.

L’avvicinarsi del XX anniversario della vittoria risvegliò nelpopolo il ricordo di quella guerra, e anche in un ex combat-tente come Vladimir Ivanovič, evidentemente un dilettante nelsuo nuovo ruolo mentre io, sola in uno studio vuoto con il ri-tratto di Chruščëv alla parete, ero un “caso privilegiato”. Luinon si limitava a fornirmi i documenti che richiedevo, d’al-tronde difficilmente avrebbe potuto trovarli fra le montagnedi faldoni, e mi portava tutto quello che gli capitava sotto ma-no. Alla fine della giornata di lavoro dovevo consegnare il qua-derno con i testi copiati a mano dai documenti e le osservazio-ni che mi erano venute in mente. Non avevo a disposizione

10 ELENA RŽEVSKAJA

Page 11: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

nessun mezzo tecnico. La mattina seguente il quaderno mi ve-niva restituito, suppongo dopo essere stato esaminato. Una vol-ta riempite tutte le pagine, il quaderno rimaneva a me e pote-vo portarmelo a casa. Furono in tutto cinque grossi quaderni.

Vidi di nuovo i documenti del maggio 1945, in calce a moltidei quali c’era la mia firma. In vent’anni nessuno li aveva toc-cati, ne fui molto turbata.

La prima edizione del mio libro Berlino, maggio 1945, corre-dato da questi documenti, uscì in Russia nel 19656. Con il tito-lo La fine di Hitler fuori dal mito il libro fu pubblicato in italiano,tedesco, ungherese, finlandese, giapponese e in molte altre lin-gue. Berlino, maggio 1945 ha avuto in patria fino a oggi 12 edi-zioni, con una tiratura complessiva di 1.500.000 copie, e ogniedizione era più completa della precedente. Nel quarto capito-lo del presente volume propongo al lettore una variante ag-giornata di quel testo, con le aggiunte successive.

Con il passare degli anni le vicende vissute non si cancella-no dalla mente, anzi, alcuni aspetti assumono una maggiorechiarezza. La memoria continua a tornare a quei fatti e il rac-conto degli importanti avvenimenti storici degli ultimi giornidi guerra rimarrebbe a mio parere incompleto senza le paginesui primi giorni del conflitto, sul corso per interprete di guer-ra, sui quasi quattro anni passati al fronte. Credo che anche peril lettore non sia indifferente sapere attraverso quali esperien-ze l’autrice è arrivata a Berlino.

L’interprete militare occupa una posizione particolare nelturbine della guerra. Si trova sempre in contatto con entrambele parti belligeranti. Per le mie mani sono passati documenti diogni tipo, da quelli di fondamentale importanza alle istruzioniper i soldati tedeschi su come proteggersi dal freddo, dagli or-dini e dai volantini fino alle lettere private. Traducevo questidocumenti e li trascrivevo per me su un quaderno, per ricordo.

11MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 12: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

I quaderni portati dal fronte, tutti laceri, con le pagine strap-pate, fogli aggiunti, interi pezzi quasi illeggibili scritti nel re-tro di un camion traballante, hanno nutrito il mio racconto sul-la guerra. Io ora mi rivolgo a loro per ricostituire il mio viaggioda Mosca a Berlino.

Una volta completato, il libro continua ad arricchirsi di sco-perte inattese. Nel novero degli incontri più importanti natidalla prima pubblicazione di Berlino, maggio 1945 includo laconversazione con il maresciallo Georgij Žukov7. Altri che han-no partecipato alle ricerche, al ritrovamento e al riconosci-mento di Hitler sono entrati in corrispondenza con me, com-preso il responsabile della perizia medico-legale sui suoi resti,F.I. Škaravskij, e mi hanno fornito numerosi dettagli. Le lorolettere, insieme a molte altre, costituiscono il mio archivio e so-no state da me utilizzate per questa nuova edizione.

E, per finire, i documenti. Nella prima edizione di Berlino,maggio 1945 avevo inserito la seguente nota: “I documenti checompaiono in questo libro (deposizioni, atti, diari, lettere e al-tro) sono pubblicati qui per la prima volta.” In nome di taleprincipio ho agito a volte contro l’interesse del lettore, evitan-do di includere testi già noti, come il testamento politico e quel-lo privato di Hitler, e accennandovi solo rare volte. Ho inclusosolo i documenti da me esaminati all’inizio di maggio del 1945nella Cancelleria del Reich e poi allo Stato Maggiore dell’Eser-cito, e i documenti da me rinvenuti nell’archivio segreto nelcorso dei venti giorni d’intenso lavoro nel settembre del 1964.

Per scrivere il libro ho utilizzato in grande quantità le mie ri-cerche di archivio. Sono stata la prima a pubblicare alcuni bra-ni della deposizione di Hans Rattenhuber, capo delle guardiedel corpo di Hitler8; i verbali dei primi interrogatori dell’aiu-tante personale di Hitler, Otto Günsche, e del suo cameriere

12 ELENA RŽEVSKAJA

Page 13: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

personale Heinz Linge. Per prima ho riportato le deposizionidei medici che avevano partecipato all’avvelenamento dei figlidi Goebbels, gli atti del ritrovamento dei cadaveri di Hitler edEva Braun, di Goebbels e di sua moglie, i referti medici.

Nell’archivio erano conservate le trascrizioni dattiloscrittein russo di documenti essenziali, come i diari di Bormann,(l’originale era stato trovato all’inizio di maggio a Berlino, instrada) e una versione più dettagliata delle memorie di HansRattenhuber.

Uno dei miei contributi più significativi è stata la pubblica-zione di alcuni brani del diario di Goebbels, che ha spinto glistorici tedeschi alla pubblicazione in quattro tomi dei suoi qua-derni, dopo averne ottenuto i microfilm dai nostri archivi.

Oggi sono accessibili e tradotti in molte lingue i testi a cuiper prima ho avuto accesso con enorme fatica, superando gliostacoli del segreto di Stato e della censura. Non vedo dunquela necessità di impoverire la narrazione continuando a segui-re il principio della prima pubblicazione, e ritengo possibile,anzi necessario, utilizzare anche documenti già diffusi in pre-cedenza o utilizzati già da me.

I documenti, soprattutto a distanza di anni, svolgonoun’azione particolare all’interno della narrazione: la loro di-rompenza può inghiottirti e spingerti ad accordare a essi unafiducia assoluta. Ma sbaglia chi si affida a tale inganno, chi ten-de ad assolutizzarli, a considerare alla stessa stregua il docu-mento e il fatto: non tutti i documenti sono un fatto, e anche unfatto non costituisce sempre tutta la verità. È il contesto a esse-re importante. I dati entrano in contrasto tra loro, si contrad-dicono a vicenda, cozzano. In queste relazioni vive e conflit-tuali tra i documenti io facevo a volte da arbitro, poiché cono-scevo molte delle cose rimaste fuori.

13MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 14: Incipit_Memorie di una interprete di guerra
Page 15: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

CAPITOLO PRIMOMosca 1941. Verso l’ignoto

Quando ci si accinge a scrivere di cose che si sono vissute, co-stringiamo spesso la memoria a una certa coerenza. Ma questanon è una sua caratteristica. La memoria vive di punti, di as-sociazioni, di odori, di rimandi, di dolore…

Quaderno dal fronte

Un freddo crepuscolo autunnale, vento gelido, cielo nero, qual-che bagliore più chiaro annuncia il giorno seguente.

Una strada fangosa, impraticabile. Una lunga colonna di sol-dati si trascina verso la prima linea. Silenzio. Nessun richiamo,nessun ordine, nessun suono di voce. La luce di un razzo che siaccende sopra la prima linea tedesca illumina per un attimovolti non più giovani, indistinti. Evidentemente si tratta di unacompagnia di linea composta da soldati curati alla meglio nel-le infermerie da campo e negli ospedali.

Cammino sul ciglio della strada, sto tornando allo StatoMaggiore.

Nel silenzio si avverte un suono sordo, quasi una eco dellecannonate che si sono andate placando nel corso della giornata.

– Sorella! – grida un tipo che esce dalla fila. – Hai da fumare?– No!E lui continua a camminare come niente fosse, questo indi-

menticabile soldato attempato.

Page 16: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Nascosti dal cielo nero, illuminati di tanto in tanto da un ac-cecante razzo nemico, i soldati si trascinano nell’umida notteinospitale incontro alla battaglia mattutina.

Non so spiegarmi perché questo grido mi abbia turbato tut-ti questi anni, e ancora oggi mi turbi, fino a farmi tremare, fi-no a farmi piangere.

– Sorella! Hai da fumare?

***

Viene condotto via un prigioniero da spremere, strappato fuo-ri dalla trincea di un avamposto. È intirizzito. Imbacuccato inuno scialle in lana da contadina, la bustina da aviere ficcata so-pra. Ai piedi, Dio solo sa cosa: stivali leggeri di cuoio infilati suuna specie di gambali di paglia intrecciata. L’esploratore chel’ha catturato lo spinge da dietro con la canna del fucile, perchévada più in fretta. Lui, con i suoi gambali di paglia riesce a sten-to a camminare sulla strada resa scivolosa dal passaggio dei vei-coli. Per la strada si accodano due o tre soldati e altrettanti con-tadini del luogo, per vedere cosa succederà. Si fermano davan-ti allo Stato Maggiore. L’esploratore lo consegna ad alcuni sol-dati che sono lì, poi entra nell’izba a fare rapporto.

Hanno attorniato il tedesco. Un silenzio carico di una oscu-ra tensione. Tra l’autunno e dicembre i contadini avevano giàvisto i tedeschi, ma abbigliati in modo completamente diversoe, imbarazzati, guardano di sottecchi.

– Ecco un crucco che ha finito di fare la guerra – dice un ve-terano. – Tu te la caverai, canaglia.

Gli occhi del tedesco, dentro cavità orlate di ciglia gelate, fis-sano immobili e opachi come quelli di uno spirito delle acque.

È a disagio. E gli altri intorno a lui pure. Ma un giovane sol-dato, che vedeva un tedesco per la prima volta, a un tratto non

16 ELENA RŽEVSKAJA

Page 17: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

resiste e scoppia a ridere. Il tedesco ha i ghiaccioli che gli spun-tano dal naso, e pure dalla bocca, come una barba, sullo scial-le congelato. Non puoi infierire su uno conciato in quel modo,è troppo buffo. E comunque è un bel sollievo vedere un nemi-co ridotto in quello stato.

– Ma guarda un po’ te che razza di spaventapasseri – dice ilveterano e gli dà una pacca sulla spalla, con aria protettiva.

Il giovane lo imita, per ridere cerca di tirare via un ghiac-ciolo, ma questo non si stacca, e pure lui gli batte sulla spalla colguanto.

Il tedesco capisce di essere ridicolo, tutto coperto di ghiac-cioli, e che questo forse gli salverà la vita. Allora dalle lunghemaniche del pastrano tira fuori le mani infilate alla meglio ingrossi calzettoni e le protende davanti a sé, e quelli attorno alui ridono compiaciuti.

L’esploratore ritorna e lo porta dentro. Nell’ingresso il te-desco si affretta a sfilarsi i calzettoni dalle mani e se li ficca nel-le tasche del pastrano, sfila gli stivali da quei gambali di paglia,varca la soglia, batte i tacchi, si mette sull’attenti e rimane sen-za fiato per il calore. Nell’izba il caldo è soffocante.

Si accorge che il comandante lo guarda trattenendo a sten-to un sorriso: nome, unità, grado?

Il soldato tedesco mezzo assiderato scosta il fazzoletto dallabocca irrigidita e risponde, senza udire la propria voce, in-ghiottendo avidamente il calore, a sorsate. E all’improvviso,spaventato, si porta le mani al viso.

Si riprende, mette le braccia lungo i fianchi. Sul viso, sulloscialle, sul pastrano scivolano i ghiaccioli, che si spezzano e ca-dono rumorosamente in terra.

***

17MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 18: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Strade. I motori gemono sul punto di cedere, le ruote si impan-tanano in solchi profondi. Avanzano carri armati, camion. Ca-valli trainano cannoni. Una colonna di fanteria. Uno zaino suuna schiena, con appesa – ballonzolante – una gavetta anneritadal fumo. Un viso giovane o anziano, stretto tra i paraorecchi delberretto, ben annodati sotto il mento. Un cavallo sobbalza per losforzo. A un tratto nella foschia nevosa appare un’abitazione.Una contadina, da sotto il fazzoletto tirato giù fino agli occhi, ciaccompagna col suo sguardo fisso, profondo. Con tutti loro, conogni cosa io provavo allora una tale profonda e dolorosa comu-nione che a quel tempo mi sarebbe stato impossibile, strano esgradevole esprimere a parole.

Un incrocio. Una ragazza delle parti di El’nja, spersa in unpellicciotto troppo grande per lei, il fucile in spalla. Agita la ban-dierina – nell’altra mano regge una lampada a cherosene – e fer-ma i veicoli, controlla meticolosamente i documenti, il carico. Fasalire un ferito diretto all’infermeria. C’è chi scherza con lei, chila copre di improperi, e si va oltre.

Nevica. La nebbia ricopre i campi e la strada. Si sentonodegli spari, vicino. Il fronte si è allungato, impossibile difen-derlo tutto. Si temono infiltrazioni tedesche. La ragazza fa laguardia a un posto di controllo. Tutta la crudezza, il valore,le speranze, gli eroismi e l’angoscia della guerra le sfilano din-nanzi.

“Soldati! Davanti a voi c’è Mosca!”

Dal diario di Kurt Grumann, sottotenente del 185° reggimentodi fanteria, 87a divisione:

La mattina del 22 giugno il reggimento si è disposto lun-

18 ELENA RŽEVSKAJA

Page 19: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

go la prima linea. Alle 3,05 le nostre prime granate sonovolate al di là del confine.Dopo i primi combattimenti che mi hanno portato fino aBelostok, ho ricevuto la Croce di ferro di seconda classe.All’epoca non eravamo contenti di trovarci nelle retrovie.Adesso ci si ricorda con rimpianto dei giorni spensieratitrascorsi negli ex territori polacchi, dei piatti insoliti dellacucina da campo polacca. In quel periodo ricevetti la no-tizia sconvolgente dell’eroica morte di mio fratello Hans.

Mentre riordinavo il mio archivio di guerra mi sono imbattutain questo diario9*; lì per lì non sono riuscita a capire come mail’avessi conservato, dal momento che mi ero liberata di moltidei materiali, escluse solo le cose più importanti. Sfogliandoloperò vi trovai menzionata Ržev, e capii.

Il sottotenente della Wehrmacht inizia il suo diario quandol’esercito tedesco è già nei pressi di Mosca. Il destino di Moscaassediata è strettamente legato a questa lunga lotta crudele,drammatica e piena di abnegazione dei suoi difensori lungo lesue vie d’accesso: la testa di ponte di Ržev. E Ržev fa parte an-che del mio destino10.

Eravamo alla fine di cinque mesi sanguinosi. Il marescialloŽukov riteneva il novembre del ’41 il mese più critico, più peri-coloso per Mosca, che decideva lì il suo destino. Il diario inclu-de anche il corso successivo degli avvenimenti, quando l’Ar-mata Rossa, in apparenza stremata, a dicembre passa all’of-fensiva nei dintorni di Mosca. Per la prima volta i tedeschi su-biscono una disastrosa sconfitta. L’autore del diario descrive ildisordine, il materiale bellico abbandonato, lo scompiglio: co-se che prima aveva visto solo durante la ritirata delle truppefrancesi. Sono pagine sincere, un’occasione rara di vedere congli occhi del nemico la situazione nei giorni in cui la vittoria

19MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 20: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

sembrava ai tedeschi ormai a portata di mano, e vennero tra-volti dalla valanga della ritirata.

17 novembre 1941. Desidero riandare col pensiero al tem-po a me più caro, il fertile periodo degli studi, le bellezzedel paesaggio di Versailles. È un tale piacere per me ri-pensare alle serate nella sala del circolo con le sue como-de poltrone, in mano un bicchiere di scintillante assen-zio o una bottiglia delle marche più rinomate: Martell,Hennessy o Monmousseau. Con la nomina a ufficiale siera realizzato il sogno della mia giovinezza. L’altro even-to eccezionale fu l’arrivo in una Parigi rinata a nuova vi-ta, che vidi nel suo inebriante splendore. Poi il fragore eil rombo dei treni. Ed ecco che io stesso mi sono ritrova-to su un treno che portava a est noi ufficiali della com-pagnia motorizzata che si andava formando. Dovevamo andare di nuovo a combattere. Dopo un lun-go viaggio in ferrovia raggiungemmo Smolensk. Ricor-derò sempre i violentissimi combattimenti che causaro-no terribili perdite da entrambe le parti. Il mio comandante il 18 ottobre mi ha insignito della Cro-ce di ferro di prima classe. Poi ci è toccato affrontare unastagione di fanghiglia da impantanarcisi dentro, è statoallora che ho imparato ad andare a cavallo. Davvero in-dimenticabile lo stadio di Choščevka immerso nel fan-go. Abbiamo attraversato il campo di Borodino, dovecombatté Napoleone, come ricordano ancora i numero-si obelischi militari. Abbiamo guadato il fiume Moscovae iniziato la marcia verso Višenki, respinto gli attacchidel nemico e per la prima volta sperimentato sulla nostrapelle le divisioni siberiane. Era iniziato l’attacco a Mosca.

20 ELENA RŽEVSKAJA

Page 21: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

All’inizio di ottobre io mi trovavo ancora a Mosca. Davanti allemie finestre che davano sulla strada, ora Leningradskij prospekt,passavano colonne di volontari diretti al fronte sotto Mosca: stu-denti, lavoratori, scienziati; passò l’intero conservatorio, i nostrifamosi musicisti. Tutti a difendere Mosca. E in direzione oppo-sta il filobus n. 12 (anche oggi fa lo stesso percorso) trasportava iferiti. Dalla prima linea li portavano al capolinea del filobus, sul-la strada per Volokolamsk – tanto vicino era il fronte.

Soltanto da tre stazioni partivano treni per l’interno del pae-se, le altre non servivano che la regione di Mosca. Vicino a ca-sa mia, accanto alla stazione Bielorussia, palizzate anticarro ecavalli di Frisia. Sul Sadovoe kol’co, l’anello dei giardini, barri-cate. Le vetrine erano state murate con dei mattoni e munitedi feritoie. Mosca si preparava a combattere strada per strada.

È tempo di guerra, difendi la tua casa. A me è capitato dimontare la guardia sul tetto di un alto edificio, di spegnerebombe incendiarie. C’è della sabbia, non so però ancora cosafarci, come utilizzarla. Ma sono sola qui sopra la città, nel mon-do della guerra. Un boato: poco lontano è stata sganciata unabomba. Dal tetto vicino spara un cannone della contraerea, ri-velando la nostra presenza. La città è oscurata, tutto è avvoltodalle tenebre, solo serpentine di proiettili traccianti. Tutto è diuna bellezza straordinaria, infinita, miracolosa, da toglierti ilfiato.

Nel primo periodo, quando la mobilitazione era più intensa egli uffici di reclutamento intasati, per una ragazza non sogget-ta a obblighi di leva e per di più senza specifiche competenzefarsi arruolare era impossibile.

Io e la mia amica Vika Mal’t fummo spedite alla Seconda fab-brica moscovita di orologi, nell’officina che, in base al piano dimobilitazione, aveva subito cominciato a produrre bossoli per

21MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 22: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

cartucce. Ma io e Vika non avevamo nessuna intenzione dipiantare le radici in quella fabbrica e “senza interrompere laproduzione” ci iscrivemmo ai corsi serali accelerati per diven-tare infermiere. Questi corsi non si tenevano a un indirizzo fis-so, peregrinavamo lungo la Malaja Bronnaja vuota di gente, einsieme a noi vagabondava l’ingombrante materiale didattico:un enorme scheletro dalle costole scricchiolanti, le gambe so-lide e il numero d’inventario 4417 attaccato all’osso pubico. Ve-niva con noi nello stanzone deserto di un supermercato ali-mentare, nella palestra di una scuola, al Teatro ebraico sullaMalaja Bronnaja, proprio sul palcoscenico, dietro il cartello “Si-lenzio, prove in corso!”. Il teatro si preparava a inaugurare lanuova stagione.

Una volta ricevuto l’attestato del corso accelerato da infer-miere ci rendemmo conto che nessuno aveva la benché mini-ma intenzione di inviarci al fronte. Si mettevano su ospedali aest. Ma noi, invece, non pensavamo che al fronte.

Ebbi un’intuizione: si cercavano urgentemente candidati aicorsi per interpreti militari. La richiesta di interpreti era altis-sima. Non eravamo più ai tempi della Prima guerra patriottica,quella contro Napoleone, quando gli stessi ufficiali russi par-lavano correntemente la lingua del nemico. La Seconda guer-ra mondiale era tutta un’altra cosa.

Allora non esistevano scuole specializzate nello studio del-le lingue straniere. In quasi tutte le scuole si insegnava il tede-sco. Ma come noi consideravamo questa materia è ben espres-so da una quartina all’epoca molto popolare nelle scuole:

C’è il tedesco da studiare?E io non lo voglio fare.Perché mai in terra sovieticadevo imparare la lingua germanica?

22 ELENA RŽEVSKAJA

Page 23: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Al fronte però c’era enorme bisogno di interpreti. Risultò chia-ro che senza interpreti non si poteva condurre la guerra in mo-do efficace. Si corse ai ripari: per ordine dello Stato MaggioreGenerale vennero organizzati corsi per interpreti militari pres-so la facoltà di lingue occidentali dell’Accademia militare. L’esa-me d’ammissione fu in linea con le nostre conoscenze: assolu-tamente ridicolo. Alcuni di noi, e fra questi anche io, avevanostudiato il tedesco da bambini. Il mio nome figurava tra coloroche avevano superato l’esame, ma con riserva. Furono ammes-si a seguire le lezioni solo i ragazzi, correva voce che preparas-sero gli interpreti per le truppe aviotrasportate.

Passarono i giorni. Si combatteva sulle vie d’accesso a Kali-nin. Orel fu presa. Infine il 9 ottobre andai a chiedere quandosarebbe stato possibile iniziare i corsi.

– Ma lei non ha ancora prestato giuramento, – mi disse ilmaggiore – per cui decida lei. Lo vede in che situazione siamo.Però, se non ci ha ripensato…

E mi disse l’ora e il luogo dove avrei dovuto presentarmi l’in-domani.

I miei preparativi non furono lunghi. Il giorno prima avevofatto il bucato, le lenzuola e le federe non fecero in tempo adasciugarsi nell’appartamento gelato e rimasero lì, appesi ai fi-li tesi in cucina. Misi in valigia una vecchia coperta che utiliz-zavo da sempre per stirarci sopra, con le bruciature rossicce delferro: non me ne separai per tutta la guerra. Mica potevo por-tarmi appresso l’imbottita… Non ricordo cos’altro presi con me,dimenticai di portarmi appresso un asciugamano. Ero sicurache, in quanto volontari, ci avrebbero spedito nel punto più vi-cino del fronte, nei pressi di Mosca, e che l’esercito ci avrebbefornito di tutto. Andò diversamente.

Ci aspettava una motonave ormeggiata. Navigammo lungo

23MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 24: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

il canale Mosca – Volga, allontanandoci dalla città. E intanto labattaglia infuriava sulle vie d’accesso a Mosca. Era il 10 ottobre.Navigammo a lungo, lentamente. Stanchezza, ansia, ma anchecuriosità: cosa sarebbe successo? Intanto eravamo affamati, in-quieti. Dove stiamo andando? Segreto militare. Infine attrac-cammo: eravamo nella cittadina di Stavropol’ sulla Volga.

Più tardi, quando ero ormai al fronte nei pressi di Ržev, tra-dussi un documento preso al nemico, datato ottobre 1941:

“Ai soldati tedeschi. Appello.Soldati! Davanti a voi c’è Mosca! In due anni di guerratutte le capitali del continente si sono piegate dinanzi avoi e voi avete marciato per le strade delle più belle città.Non resta ormai che Mosca. Costringetela a piegarsi, mo-stratele la forza delle vostre bocche di fuoco, attraversa-te le sue piazze. Mosca rappresenta la fine della guerra!Il Comando supremo della Wehrmacht.”

Dal diario del sottotenente tedesco Kurt Grumann:

18 novembre 1941. Si è fatto giorno. Dobbiamo partecipa-re all’accerchiamento di Mosca.Il 3° battaglione spazza via rapidamente la resistenza ne-mica ai margini del bosco. Si prosegue in direzione di Pe-trovo. Secondo le testimonianze dei prigionieri, le forti-ficazioni campali devono essere là. A causa della neve ilbattaglione che ci sta di fianco ha sbagliato direzione nel-l’attraversare il bosco. Le carte sono talmente impreciseda essere quasi inutilizzabili.20 novembre. Si intensifica l’attività del lanciarazzi che illinguaggio dei soldati ha soprannominato l’“organo di

24 ELENA RŽEVSKAJA

Page 25: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Stalin”. Noi non ci siamo trovati ancora sotto il suo fuoco.Si dice che l’effetto demoralizzante di questi razzi esplosi-vi sia persino peggiore della loro forza distruttiva.21 novembre. I proiettili esplodono in mezzo al villaggio.Tutti si buttano a terra. Per strada le grida e i gemiti deiferiti gravi.…I cannoni anticarro sono impotenti contro i grossi cin-golati, chiediamo che ci venga assegnata una batteria an-tiaerea.22 novembre. Il nemico attacca il 173° reggimento. Un at-tacco impetuoso e il nemico è sconfitto. I russi lascianosul campo 60 morti. 100 sono fatti prigionieri. L’offensi-va è uno spettacolo entusiasmante. L’intero reggimentova all’attacco, allo scoperto dal bosco al villaggio. All’im-provviso un carro T34 sbuca da dietro le case, si gira co-minciando a vomitare fuoco. Cannoni anticarro di ognicalibro e batterie antiaeree aprono il fuoco contro di lui.La torretta del mostro si è probabilmente inceppata. Inogni caso, spara solo con la mitragliatrice. Un proiettilecentra il tubo di scappamento. All’esterno divampa il fuo-co. Dal motore esce fumo. Ma il carro armato prosegue agran velocità la sua corsa. Alla fine salta un cingolo delmeccanismo di trazione. Il carro armato prende a ruota-re su sé stesso. Il colpo successivo spezza l’altro cingolo.Il T34 finalmente si arresta.

Al fronte toccava a me, all’interprete, chiedere al prigioniero, seera un ufficiale, quali fossero dal punto di vista dei tedeschi leeccellenze del nostro esercito. Rispondevano: il T34, il valoredei soldati, il maresciallo Žukov. Lo dissi al maresciallo nel cor-so del nostro incontro.

25MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 26: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

25-29 novembre 1941. Non siamo stati in grado di spezza-re la resistenza del nemico. Le unità delle SS e i carri ar-mati hanno occupato Istra e avanzano verso est. Sonoquesti che ci privano per il momento della gloria di arri-vare a Mosca per primi. Seppelliamo i caduti del nostroreggimento nei pressi di Surmino. La nostra speranza sifonda sui carri armati di Guderian che avanzano da sud-ovest verso Mosca.5 dicembre 1941. Non sappiamo quando ci daranno il cam-bio. Pian piano iniziamo a calcolare quand’è che non ci sa-rà più nessuno in grado di tenere un’arma in mano. Sonocosì pochi gli uomini in grado di far funzionare le mitra-gliatrici a terra e i mortai pesanti, che in caso di ulterioriperdite queste armi non potranno più essere impiegate.Una parte l’abbiamo già abbandonata quando siamo en-trati a Ruza, per mancanza di personale specializzato.7 dicembre 1941. È impossibile tenere più a lungo la lineadi difesa. Insieme al comandante abbiamo studiato il ter-reno per scegliere una nuova posizione. Approntiamo unposto di medicazione in un orfanatrofio. Ci hanno tra-sportato 80 persone, di cui 40 con congelamenti di II eIII grado.Cosa accadrà? Perché ci tocca tutto questo?11 dicembre 1941. In esecuzione degli ordini, le unità logi-stiche si ritirano e danno fuoco ai villaggi. Le fiamme del-l’incendio illuminano il cielo notturno. Alle 15 ascoltia-mo attenti il discorso del Führer al Reichstag, appren-diamo con soddisfazione che abbiamo dichiarato guerraagli Stati Uniti. Le nostre forze navali sapranno rispon-dere alla sfrontata sfida di Roosevelt.14 dicembre 1941. Il nemico si è incuneato nelle nostre re-trovie. Non siamo riusciti ad annientarlo… Pericolo di ri-

26 ELENA RŽEVSKAJA

Page 27: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

manere isolati. Ci dobbiamo ritirare immediatamente.Si creano i primi intasamenti fra reggimenti che si riti-rano. Ma a Lichovo, il villaggio vicino, ci attende la con-fusione più totale: vi sono affluite le unità di numerosedivisioni che stanno indietreggiando.15 dicembre. Per la strada dovunque casse abbandonatedi munizioni, proiettili; più avanti, se ne vedono ormaimontagne. Tutto bloccato. Né avanti né indietro.16 dicembre 1941. Penso che si era visto qualcosa di simile aOccidente solo quando l’esercito francese si era ritirato. Attraverso Ruza, abbandonata, quasi deserta. Da qualcheparte alcune case di legno bruciano. Le loro fiaccole illu-minano la città. C’è un chiarore come se fosse giorno. Dinotte giunge l’ordine: prepararsi alla difesa. Finalmentela parola imperiosa del Führer: vietato indietreggiare.Mantenere fino allo stremo la linea di difesa di Ruza. Lacittà di Ruza deve diventare una testa di ponte.

Il feldmaresciallo Brauchitsch, comandante delle truppe di ter-ra che aveva perso la Blitzkrieg, considerò la ritirata alle portedi Mosca una catastrofe e la guerra ormai perduta e, insiemeai suoi generali, insistette perché l’esercito ripiegasse fino aiconfini del Reich. Fu quindi destituito da Hitler che, già co-mandante in capo, assunse da quel momento anche il coman-do supremo delle truppe di terra.

La guerra continuava. Il Comando tedesco al fronte richie-se all’Intendenza indumenti pesanti per i soldati: non ne erastata prevista la necessità, dal momento che la “guerra lampo”avrebbe dovuto esaurirsi già nei mesi estivi.

Il piano “Barbarossa” prevedeva di attaccare l’Unione So-vietica il 15 maggio del 1941. A quel punto i tedeschi avrebberoavuto a disposizione un mese in più prima dell’arrivo dell’in-

27MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 28: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

verno, un indubbio vantaggio. Ma la Grecia scombinò i loropiani. Lavorando in archivio sui diari di Goebbels ho letto latrascrizione di un lungo colloquio con Hitler alla vigilia del-l’entrata in guerra. Tracciando i piani della Blitzkrieg e della ful-minea disfatta della Russia, il Führer spiega: “La campagna diGrecia ci ha molto indebolito, per questo motivo la faccendadurerà un po’ di più. Per fortuna il tempo è brutto, e in Ucrai-na non è ancora l’epoca della mietitura (16 giugno 1941)11*.”

Nella primavera del 1941 Hitler aveva dichiarato guerra allaGrecia, che aveva respinto l’ultimatum degli italiani. Iniziò unaimpari lotta fra la piccola Grecia e la Germania nazista nel pie-no della sua espansione militare, che aveva già sottomesso qua-si l’intera Europa continentale. Questa lotta eroica, accanita, lacui conclusione era già scritta, costrinse l’esercito tedesco a unlungo conflitto nei Balcani.

Negli anni ’80 del secolo scorso sono stata in Grecia nelGiorno del No (Το óχι.), la festa nazionale del 28 ottobre isti-tuita in ricordo del No detto dal popolo all’ultimatum del ne-mico. Al corteo festivo partecipavano anche i più piccoli, toc-canti nelle loro camicette bianche, ognuno con in mano la suabandierina con i colori nazionali. Mi sono commossa al pen-siero del legame che unisce noi russi ai greci e al loro No cheaveva influenzato il corso della guerra.

21 dicembre. All’inizio potevamo rifornirci nei territori oc-cupati, quando eravamo abbandonati a noi stessi. Ades-so continuiamo a stare fermi nello stesso posto. Mi ver-rebbe da dire che non abbiamo quasi nulla da prendere,né dove prenderlo.28 dicembre 1941. Gli insetti tormentano in modo invero-simile gli uomini. Purtroppo, siamo obbligati a ridurrela razione di pane.

28 ELENA RŽEVSKAJA

Page 29: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Ormai da diversi mesi gli uomini non hanno la possibi-lità di cambiarsi, la biancheria intima sporca è negli zai-ni da quest’estate. Non bastano il sapone e l’acqua, è ne-cessaria la certezza di avere tempo sufficiente per farasciugare le proprie cose. Inoltre nelle condizioni attua-li i malati rimangono all’interno dei ranghi. 29 dicembre 1941. E poi la mancanza di indumenti inver-nali! In autunno ci si poteva magari preparare meglio al-l’inverno. In ogni caso era chiaro che l’equipaggiamentomilitare sarebbe stato insufficiente per un’ulteriore avan-zata, visto il ritardo dei rifornimenti. Ma il comando dei rossi può anche evitare di cullarsi nel-le facili speranze di una brillante vittoria. Il suo tempo-raneo successo si spiega con i nostri errori. Non ci sonodubbi che in estate i bolscevichi sentiranno di nuovo lanostra potenza.In Nord Africa pare che gli inglesi siano riusciti a radu-nare le forze, e sono passati all’offensiva. In Libia man-cano le truppe, quelle destinate a questo settore del fron-te sono state trasferite per combattere a est. Tutte le no-stre speranze sono riposte in Rommel.30 dicembre 1941. L’intera popolazione che aveva abban-donato i villaggi torna indietro alla ricerca di qualsiasicosa da mangiare. Ma noi dobbiamo essere spietati. Nonpossiamo sprecare le scarse risorse. Che la fame porti acompimento quello che il piombo ha lasciato in sospeso!

L’ultima frase riprende quasi alla lettera le direttive di Hitlersullo sterminio degli slavi anche attraverso la fame, in questaguerra razziale, così come l’aveva chiamata Hitler. Per la pri-ma volta nel diario vengono menzionati gli abitanti del luogo,e l’autore li vede solo per condannarli a morte.

29MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 30: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

31 dicembre 1941. Nella stanza calda splendono per l’ulti-ma volta le candeline dell’albero di Natale. Il cielo è dinuovo pulito, stellato, molto freddo. 11 gennaio 1942. Ržev e Kaluga sono ormai teatro di vio-lenti combattimenti… Noi organizziamo la difesa. Il no-stro 185° reggimento fucilieri non indietreggerà. Resi-stere o morire.20 gennaio 1942. 40 gradi. Fossati anticarro. Reticolati difilo spinato. A che serve tutto questo? Non vogliamo la-sciare il territorio a questo popolo sporco e straccione.La maggior parte dei reggimenti della nostra divisionesta ritirandosi. Altri casi di congelamento. In molti vil-laggi i pozzi sono già stati fatti saltare.La sera il cielo in molti punti si tinge di rosso sangue. Av-vampano i villaggi incendiati. Le lingue delle fiamme di-vorano con avidità le sudice casupole. La guerra è spie-tata: o noi o loro…

Il diario si interrompe qui.Nei dintorni di Mosca, nei luoghi abitati che i tedeschi ave-

vano abbandonato, ho visto un manifesto: “Der Russe muss ster-ben, damit wir leben” – il russo deve morire per permettere a noidi vivere.

“La vostra arma di lotta è la lingua tedesca”

In quegli stessi giorni in cui il sottotenente tedesco faceva lesue annotazioni sul diario, noi – i primi ad aver terminato ilcorso di interpreti di guerra – lasciavamo con i due quadratinida tenente sulle mostrine la cittadina di Stavropol’ sulla Volga,

30 ELENA RŽEVSKAJA

Page 31: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

tranquilla cittadina di provincia, quasi un villaggio, omonimadell’altra Stavropol’ nel sud del paese. I corsi si erano tenuti quiperché si era più vicini allo Stato Maggiore Generale, sposta-tosi da Mosca a Kujbyšev. Stavropol’ distava da Kujbyšev più di100 chilometri lungo la Volga. Non c’erano né ferrovie né stra-de. E quando la Volga ghiacciò fummo tagliati fuori dal mondo,finché non venne istituito un collegamento con le slitte sul fiu-me gelato.

In questo luogo sperduto, con le misteriose colline al di làdella Volga, le luci incerte alle finestre incrostate di ghiaccio, ilsommesso stridore delle slitte soffocato dalla neve soffice, inquesto sovrumano silenzio il fragore della guerra non arrivava.Ma la guerra portava anche là i suoi effetti: fuggiaschi, sfollati,scene drammatiche al mercato delle pulci: l’incontro tra la mi-seria e il lucrare. Alla mensa le nuove inservienti erano solodonne incinte e sfollate. Una disposizione del Soviet cittadinoassicurava loro un “aiuto umanitario”: ritrovarsi nell’unico luo-go di ristoro collettivo della città.

Eravamo isolati da Mosca. Che succedeva laggiù? L’angosciaci divorava.

Un giorno d’inverno la città fu attraversata da una divisione,o piuttosto da quello che ne restava. I soldati dell’Armata Ros-sa percorsero la strada principale, venivano da lontano, dallaguerra, e passarono accanto alle finestre dell’Ufficio agrarioprovinciale, dove si tenevano i nostri corsi, arrancavano tra-scinando i piedi negli scarponi con le mollettiere, congelati,stremati.

Quel giorno a lezione ripetevamo alcuni paragrafi impara-ti a memoria del regolamento della Wehrmacht: “Lo spirito of-fensivo della fanteria tedesca…” Ma alla vista dei soldati che ar-rivavano rimanemmo in silenzio e ci affollammo alle finestre,senza riuscire a staccare gli occhi da quel dolore opprimente.

31MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 32: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Una divisione sconfitta lasciava il fronte e veniva condotta ariorganizzarsi nella Russia profonda. A tratti si scorgeva qual-cosa di bianco: un braccio a tracolla che si era congelato du-rante la marcia, orecchie fasciate sotto una bustina estiva.Qualcuno veniva trascinato su una slitta.

Continuavano a camminare, stremati, congelati. Non si ve-deva la fine della colonna. Calava la notte. Probabilmenteavrebbero marciato per tutta la notte.

Si insinuò una sensazione orribile di disfatta.Fu in quei giorni che prestammo giuramento.Il comandante dell’Accademia militare dove tenevamo i no-

stri corsi, il bel generale Biasi – fino a poco tempo prima atta-ché militare in Italia – arrivò su una slitta bassa. Avanzandocon cautela nei suoi nuovi valenki12 neri, entrò nel locale del-l’Ufficio agrario provinciale dove il nostro primo gruppo eraallineato per giurare. Avvicinò le mani alla grossa stufa al cen-tro della stanza per riscaldarsi e disse solo: “Il destino della no-stra patria è in pericolo.”

Avanzammo uno alla volta e leggemmo il testo: “Se infran-gerò questo mio solenne giuramento mi colpisca il severo ca-stigo della legge sovietica, l’odio di tutti e il disprezzo dei lavo-ratori.” Poi ognuno firmò.

Le lezioni continuano. Argomento: “L’organizzazione del-l’esercito tedesco.” A tenerle è un capitano con una scrimina-tura netta che gli divide i folti capelli castani, un bell’uomo suitrent’anni.

Noi non prestiamo la giusta attenzione, siamo combattuti.La nostra anima è già da un’altra parte, solo il corpo è qui, inquesto locale dell’Ufficio agrario con le finestre sulla stradaprincipale, una strada bianca che porta alla Volga e prosegue,fino al fronte.

32 ELENA RŽEVSKAJA

Page 33: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Quanti obici ha un reggimento d’artiglieria tedesco, quan-te munizioni per queste armi. Il calibro dei cannoni. I tipi diaeroplani: Henschel-126, Junkers-88, Messerschmidt-109. Nonfacile da tenere a mente… là, sul posto, vedremo, ma per oranon ci applichiamo al massimo.

Le lezioni dell’insegnante esterno Auerbach sono più vivaci.Ci esercitiamo: “Tu sei il prigioniero, io il traduttore.” “Io il

prigioniero, tu il traduttore. Parleremo dell’interrogatorio inquanto tale.”

L’insegnante esterno Auerbach non somiglia agli altri inse-gnanti-capitani con una riga netta nei capelli. Bassino, con uncompleto blu di panno comprato nella capitale, è un alieno inmezzo a tutti quei giubbotti militari, quei pastrani grigi. È na-to in Svizzera ma ha trascorso la maggior parte della sua esi-stenza in Russia e ha una dedizione assoluta nei confronti dellavoro. Si può dire che il lavoro è la sua terra natia, che lui col-tiva. I nostri corsi sono appena iniziati, non esiste ancora unsistema di insegnamento codificato e dunque lui ha il suo spa-zio, è assolutamente libero di utilizzare un metodo tutto suo. Enoi ci rimpinziamo di nozioni utili.

Per acquisire il lessico militare nella lingua del nemico, tra-duciamo documenti appena arrivati lungo la Volga dallo StatoMaggiore Generale, datati dicembre:

“Promemoria in presenza di temperature molto basse.Rimedi sussidiari per difendersi dal gelo.Nell’elmetto inserire del feltro, il fazzoletto, carta da gior-nale appallottolata oppure una bustina insieme al passa-montagna. Utilizzare le fasce mollettiere per fare passa-montagna e soprammaniche. Si possono fare sopram-maniche anche utilizzando vecchi calzettoni.Meglio indossare due camicie (anche sottili) invece di

33MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 34: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

una pesante (tra i due tessuti si forma uno strato di ariache è la migliore difesa contro il gelo).Difendere dal freddo soprattutto le parti del corpo al disotto della cintura mettendo uno strato di carta di giorna-le fra la camicia e la maglia, o con bende fatte di stracci.Per gambe e ginocchia: carta di giornale fra mutandelunghe e pantaloni…”

Questo ci fa sorridere. Il nemico è umiliato. Siamo al settimocielo perché loro, le canaglie, soffrono il freddo e avvolgonocon i giornali le loro cosce. Ma, più in generale, per il fatto cheloro soffrano il freddo come noi c’è qualcosa di assurdo. Fin-ché si tratta di obici, di X-126 o di Ju-88, dei paragrafi del rego-lamento, è tutto più o meno chiaro, coerente, impalpabile e mi-naccioso. Ma leggendo un promemoria del genere ti immagi-ni le loro sofferenze: loro soffrono il freddo, loro – che sianomaledetti – sono persone.

La Volga imprigionata nel ghiaccio ci ha tagliato fuori dalmondo esterno. Ma a tarda sera una notizia corre per questestrade deserte e battute dalla neve: i tedeschi sono stati caccia-ti indietro da Mosca!

Non riusciamo a starcene seduti a scuola, corriamo al dormi-torio dei ragazzi, ci abbracciamo, cantiamo. Poi arriva una lette-ra di mio fratello, ricognitore a cavallo nel reggimento volonta-ri di Mosca: “Qui da noi i tedeschi scappano…” Addirittura!

…Ricordo. L’anno passato. C’era già la guerra. Già era stato det-to: il popolo russo difenderà la patria, l’onore, la libertà. Mo-sca. Già le macchine con bandierine straniere erano sfrecciateper le nostre strade, a portare fuori dalle nostre sventure le fa-miglie delle ambasciate. Sono tra la folla muta accanto a un al-toparlante, alla porta Nikitskaja. La voce annuncia: situazione

34 ELENA RŽEVSKAJA

Page 35: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

pericolosa. Di fronte, il manifesto di un film: Quando si sveglia-no i morti.

Ancora un ricordo del primo giorno di guerra: le tende. Di-stribuite a tutti. In carta spessa e resistente, mai vista in pre-cedenza. Le fissiamo, le sistemiamo, le mettiamo alle finestreper non far passare la luce. Fino a quando la guerra non saràfinita. Ormai qualunque cosa, qualunque opera, avrà un’uni-ca misura: la fine della guerra. Per esempio, stai stirando ipantaloni:

– Ecco, ora li porti fino alla fine della guerra.Una nuova concezione del tempo. Non presente, non futu-

ro, ma proteso in un futuro presente, anzi in un futuro evoca-to, la fine della guerra. Ed evocato flebilmente. Siamo ancorascossi, stupefatti, tutti presi dalla novità. Allora eccola, è questala guerra di cui abbiamo tanto parlato. Ma siamo ancora inte-ri, vivi, non l’abbiamo ancora provata di persona.

Già Churchill ha detto “Bombarderemo Berlino giorno enotte”.

Già le prime bombe sono cadute su Mosca.Già sono state introdotte le tessere annonarie.In città sparisce prima una cosa, poi un’altra. Ma la città ci

apre i suoi volumi, le sue superfici nascoste.I suoi tetti dove noi, staccati dalla terra, stiamo di guardia

per scorgere le bombe incendiarie. I suoi scantinati che uomi-ni e donne, immortali al loro posto di guardia, con le masche-re antigas buttate in spalla, indicano alle persone in fuga per unallarme. Dove si odono scoppi di bombe in strada, dove pian-gono bambini e singhiozzano donne. Dove un bimbo di sei an-ni, in piedi accanto alla madre seduta in terra che culla un neo-nato avvolto in una coperta, la mano sulla spalla della madre,le sussurra con le labbra all’infuori:

– Non ci sbombardano, vedrai.

35MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

Page 36: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Ma una città non l’afferri tutta in una volta, non la stringitutta nella guerra. Una città è fatta di più strati ed è ancora le-gata al suo recente passato e dunque non è tutta in guerra. Maanche gli aspetti ordinari della vita cittadina sono straordina-ri, adesso. Il profumo dei fiori di tabacco nel nostro cortile. Lestelle che precipitano sulla città da un cielo ora profondo. Ègià agosto, cadono le stelle. (Scrissi allora ad agosto sul qua-derno: “Ricordarsi che tutto questo era davvero così: il tabac-co, il potere sovietico, le stelle cadenti.”) La cassetta delle let-tere nell’androne con una cartolina che annuncia l’inizio del-le lezioni il 1° settembre, come al solito. Il tragitto dei tram edegli autobus che non è mai cambiato, dagli anni della scuo-la. Il piccolo ristorante sul Tverskoj boulevard, dove la pioggiati spinge a cercare riparo, e scopri che ancora gli zingari can-tano con voci rauche e strazianti. L’orologio cittadino a piazzaPuškin, che la guerra non ha fermato: il faro di tutti i nostriappuntamenti.

Il 1° settembre non andremo all’Istituto. Diciamo addio allacittà. Partiamo senza ritorno. Perché quando torneremo saràuna città completamente diversa.

Per una settimana ancora continuano le lezioni, poi qualcosache somiglia a degli esami. Come al solito, mentre andiamo al-la mensa cantiamo le ultime strofe d’addio:

Eccolo il farabutto, eccolo avanzareeccolo, l’interprete militarelui qui, lui quinon ha imparato nulla. Lo segue una fanciulla…

Qualcosa lo abbiamo comunque imparato. Non ci hanno inse-

36 ELENA RŽEVSKAJA

Page 37: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

gnato le parolacce tedesche, come ci fa notare Auerbach. Chesuccede se il comandante vuole insultare il prigioniero, e l’in-terprete non sa come fare? Panico. Il comando ordina ad Auer-bach di mettere insieme immediatamente un dizionario di pa-rolacce tedesche. Lui prese l’abitudine di venire ogni sera nel-la sala dove ci preparavamo agli esami alla luce delle lampadea cherosene. “Perticone è una parolaccia?” Si consultava connoi: conosceva il tedesco molto meglio del russo. Si rattristavae guardava una studentessa di lettere di cui era innamorato. “Ilvostro arrivo al fronte metterà in subbuglio una divisione ba-varese al completo” le diceva con galanteria.

Nelle ultime lezioni ci istruì in fretta:– Vi lanciate col paracadute nelle retrovie del nemico. Toc-

cate terra. A un tratto da dietro un cespuglio spunta un nazi-sta… Immaginate per un attimo…

Non riesco affatto a immaginarmi una scena del genere, maannuisco.

– Voi gridate ‘altolà!’, ma non basta. Per intimidirlo doveteinsultarlo con forza. – E sollevandosi sulla punta dei piedi pro-nuncia minaccioso: – Adesso ti do una sberla da farti sbatterela testa al muro, e il tuo cervello poi lo dobbiamo raccoglierecol cucchiaino.

– Genosse§ Auerbach, ma insulti più pratici non ne hanno? Più tardi il dizionario delle parolacce fu spedito al fronte,

ma il nostro Stato Maggiore non lo ricevette mai. E sebbenenon abbia avuto bisogno di simile materiale didattico, è un ve-ro peccato che un’edizione unica come quella non sia arrivatain mio possesso. Ma avendolo saputo una mia lettrice, e siamoormai negli anni ’90, mi fece dono della sua copia. Fu senzadubbio un dono generoso: a giudicare dalla dedica, lei e l’au-

37MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA

§ Compagno.

Page 38: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

tore erano legati da qualcosa che andava ben oltre il rapportoinsegnante-studente.

Sfogliando le pagine ingiallite trovai in varie combinazionilessicali il ‘perticone’ (insieme a ‘spilungone’) prediletto daAuerbach, forse non privo di complessi per la piccola statura.Mascalzone, ladro matricolato, cannibale, macinacaffè (chiac-chierone), figlio di puttana, tagliagole, bastardo, reazionario,cane hitleriano, culo…. Il dizionario consiglia di chiamare le SSlacchè di merda. Insomma, Auerbach era riuscito a far passareattraverso la censura militare alcune ‘paroline forti’ e alla finedella dedica si firma infatti come “L’autore dell’unico diziona-rio di parolacce al mondo, Theo Auerbach.”

Mi viene da pensare che l’epoca di Stavropol’, l’epoca del di-zionario, è il momento culminante dell’intera vita di Auerbach.Non so perché, mi invade la tristezza.

È iniziato il 1942

La sera dell’ultimo dell’anno è anche quella dei saluti che i di-rigenti hanno organizzato in nostro onore nel sanatorio cheospitava la scuola. Il generale Biasi ci dice: “La vostra arma dibattaglia è la lingua tedesca, a sparare ve lo insegneranno alfronte.”

Con queste parole siamo congedati, con alcune nozioni ditedesco imparate in fretta in due mesi e mezzo: il Fronte avevaurgente bisogno di interpreti, non si poteva aspettare.

– Genossen – dice Auerbach con voce solenne – questa è lanostra ultima lezione.

Si interrompe e noi aspettiamo con pazienza, cerchiamo dinon far rumore, di non respirare. Lui si solleva sulla punta deipiedi, e inizia a declamare:

38 ELENA RŽEVSKAJA

Page 39: Incipit_Memorie di una interprete di guerra

Kein Wesen kann zu Nichts zerfallen!Das Ew’ge regt sich fort in allen.Am Sein erhalte dich beglueckt!

Niente trabocca giammai nel niente!L’Eterno, in ogni cosa, è presente:Tu tienti all’Essere, fonte d’amor!13

Per qualche istante rimaniamo confusi, non riusciamo a capi-re cosa succede. “L’Eterno, in ogni cosa, è presente.” Com’è det-to bene in Goethe. Auerbach si interrompe e dice, con una du-rezza a lui inusuale:

– Vi prego di non dimenticare, Genossen, che l’autore di que-sti versi era un tedesco. Quando noi avremo vinto e il nazismoin Germania sarà stato definitivamente sconfitto, avremo il di-ritto di dire a noi stessi che mai, neanche negli anni della guer-ra e della ferocia, mai abbiamo smesso di amare questa splen-dida lingua.

Per quanto riguarda invece noi, il nostro rapporto con la lin-gua tedesca si è guastato fin dai tempi di scuola. Ora però que-sto non ha importanza. Siamo toccati dalla nobiltà delle paro-le che ci vengono rivolte.

A tutti vengono distribuiti berretti con i paraorecchi. E fi-nalmente le ragazze ricevono stivali in cuoio al posto di quelliin tela grezza. E così partiamo per davvero. Addio, Stavropol’.Siamo i primi diplomati.

Non abbiamo vissuto qui quattro mesi, come è scritto sugliattestati per “corsi quadrimestrali”, né due mesi e mezzo, co-me è stato nella realtà, ma un’epoca intera, nel turbine liricodell’imminente separazione.

39MEMORIE DI UNA INTERPRETE DI GUERRA