FRA NOI - Frati Cappuccini Italiani · Se sei oppresso dal peccato, Egli è la santità. Se hai...

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Mi è capitato tra le mani il “Processo a Gesù” (1955) di Diego Fabbri (1911-1980), un dramma teatrale. In questa opera l’autore cerca di de- scrivere il tentativo messo in atto, in teatro, di capire se Gesù meriti veramente, op- pure no, di essere condanna- to. Mi ha colpito una delle ulti- me scene. Sono intervenuti diversi personaggi e ad un certo punto dal fondo del teatro viene avanti una don- na di mezza età, più verso i cinquanta che i quaranta anni, vestita dimessamente; tiene alzato a metà un brac- cio. Non si sa se per dare un mite allarme, o per chiedere altrettanto, mitemente, la parola. “Posso parlare anch’io? Ve- do che parlano tutti”. “Si accomodi”. “Non dovete dire, signori, che il mondo è rimasto quel- lo che era! No! No! E’ un grosso sbaglio! Voi – ho ca- pito – vorreste addirittura vederlo sui giornali in carat- teri cubitali: il mondo questa notte è stato capovolto dall’- amore di Gesù! Una specie di bomba atomica”. Molti spettatori ridono. “Non c’è niente da ridere, signori. Il mondo ha un mo- do suo di camminare e di capovolgersi, bisogna avere occhi per vedere e stare at- tenti e pazienti”. “E allora?” “Anch’io voglio dire quello che ha detto quella signora (una prostituta), e il giova- notto (un drogato): Gesù non ce lo dovete toccare! Noi non abbiamo l’intelligenza per stare delle giornate inte- re a ragionare. Noi siamo poveri e semplici e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo - chiedo scusa- come se fosse uno dei nostri. E’ il nostro tesoro! E allora non dovete toglierci questa sola cosa che abbiamo, ma che per noi è tutto. Gesù è tutto, per noi! Io sono una madre, lavoro nel teatro, faccio le pulizie e prendo due soldi e mi danno un buco di casa”. E poi racconta la sua storia di madre il cui figlio si è al- lontanato e quando è ritor- nato, non lo riconosceva più. Quello che colpisce dentro le parole di questa donna che si mette in sintonia con due persone che sicuramente non appartengono ai “benpensanti” (la prostituta e il giovane drogato): Gesù è il nostro tesoro e non ce lo dovete toccare! Penso che ognuno di noi, almeno in alcuni momenti, percepisce la verità di questa affermazione, ma nello stes- so tempo è consapevole - come dice san Paolo- che è un tesoro in vasi di creta. E allora l’obiettivo che si po- trebbe perseguire durante questo anno è renderci conto di che cosa ci è stato donato, per vivere nuovamente di Lui. L’augurio per questo nuovo anno è che ci mettiamo in cammino, in ricerca (come i Magi) per scoprire sempre “di più” di questo “tesoro”: Colui che ci ha chiamato a seguirlo e che ci chiede ogni giorno di “metterci in gioco” per Lui e per la causa del Regno. Buon Anno! ******* Sempre nel 1955 il card. Montini scriveva la sua pri- ma lettera pastorale alla dio- cesi ambrosiana: “Cristo è tutto per noi” e terminava con la preghiera “Cristo, tu ci sei necessario”. Eccola FRATI CAPPUCCINI DI LOMBARDIA gennaio 2010 Numero 137 FRA NOI FOGLIO INFORMATIVO RISCOPRIRE IL VOLTO DI GESÙ

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Mi è capitato tra le mani il

“Processo a Gesù” (1955) di

Diego Fabbri (1911-1980), un

dramma teatrale. In questa

opera l’autore cerca di de-

scrivere il tentativo messo in

atto, in teatro, di capire se

Gesù meriti veramente, op-

pure no, di essere condanna-

to.

Mi ha colpito una delle ulti-

me scene. Sono intervenuti

diversi personaggi e ad un

certo punto dal fondo del

teatro viene avanti una don-

na di mezza età, più verso i

cinquanta che i quaranta

anni, vestita dimessamente;

tiene alzato a metà un brac-

cio. Non si sa se per dare un

mite allarme, o per chiedere

altrettanto, mitemente, la

parola.

“Posso parlare anch’io? Ve-

do che parlano tutti”.

“Si accomodi”.

“Non dovete dire, signori,

che il mondo è rimasto quel-

lo che era! No! No! E’ un

grosso sbaglio! Voi – ho ca-

pito – vorreste addirittura

vederlo sui giornali in carat-

teri cubitali: il mondo questa

notte è stato capovolto dall’-

amore di Gesù! Una specie

di bomba atomica”.

Molti spettatori ridono.

“Non c’è niente da ridere,

signori. Il mondo ha un mo-

do suo di camminare e di

capovolgersi, bisogna avere

occhi per vedere e stare at-

tenti e pazienti”.

“E allora?”

“Anch’io voglio dire quello

che ha detto quella signora

(una prostituta), e il giova-

notto (un drogato): Gesù

non ce lo dovete toccare! Noi

non abbiamo l’intelligenza

per stare delle giornate inte-

re a ragionare. Noi siamo

poveri e semplici e Gesù lo

sentiamo, lo conosciamo -

chiedo scusa- come se fosse

uno dei nostri. E’ il nostro

tesoro! E allora non dovete

toglierci questa sola cosa che

abbiamo, ma che per noi è

tutto. Gesù è tutto, per noi!

Io sono una madre, lavoro

nel teatro, faccio le pulizie e

prendo due soldi e mi danno

un buco di casa”.

E poi racconta la sua storia

di madre il cui figlio si è al-

lontanato e quando è ritor-

nato, non lo riconosceva più.

Quello che colpisce dentro le

parole di questa donna che

si mette in sintonia con due

persone che sicuramente non

appartengono ai

“benpensanti” (la prostituta

e il giovane drogato): Gesù è

il nostro tesoro e non ce lo

dovete toccare!

Penso che ognuno di noi,

almeno in alcuni momenti,

percepisce la verità di questa

affermazione, ma nello stes-

so tempo è consapevole -

come dice san Paolo- che è

un tesoro in vasi di creta. E

allora l’obiettivo che si po-

trebbe perseguire durante

questo anno è renderci conto

di che cosa ci è stato donato,

per vivere nuovamente di

Lui.

L’augurio per questo nuovo

anno è che ci mettiamo in

cammino, in ricerca (come i

Magi) per scoprire sempre

“di più” di questo “tesoro”:

Colui che ci ha chiamato a

seguirlo e che ci chiede ogni

giorno di “metterci in gioco”

per Lui e per la causa del

Regno.

Buon Anno!

*******

Sempre nel 1955 il card.

Montini scriveva la sua pri-

ma lettera pastorale alla dio-

cesi ambrosiana: “Cristo è tutto per noi” e terminava

con la preghiera “Cristo, tu

ci sei necessario”. Eccola

FRATI CAPPUCCINI DI LOMBARDIA

gennaio 2010 Numero 137

FRA NOI FOGLIO INFORMATIVO

RISCOPRIRE IL VOLTO DI GESÙ

O Cristo, nostro unico Mediatore, Tu ci sei necessario

per venire in comunione con Dio Padre, per diventare con Te,

che sei suo Figlio Unico e Signore nostro, suoi figli adottivi,

per essere rigenerati nello Spirito santo.

Tu ci sei necessario, o solo vero Maestro

delle verità recondite e indispensabili della vita,

per conoscere il nostro essere e il nostro destino,

la via per conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,

per scoprire la nostra miseria morale e per guarirla;

per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;

per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del genere umano,

per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,

i fondamenti della giustizia, i tesori della carità,

il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori,

per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa

un valore d'espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o Vincitore della morte,

per liberarci dalla disperazione

e dalla negazione e per avere certezza che non tradisce

in eterno.

Tu ci sei necessario, O Cristo, o Signore, o Dio con noi,

per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia

e nella forza della tua carità la nostra via faticosa,

fino all'incontro finale con te amato,

con te atteso, con te benedetto nei secoli.

******** Cristo per noi è tutto (sant’Ambrogio: De Virginitate 16,99)

Se vuoi curare le ferite, Egli è il medico.

Se sei riarso dalla febbre,

Egli è la fontana.

Se sei oppresso dal peccato,

Egli è la santità.

Se hai bisogno di aiuto, Egli è la forza.

Se temi la morte, Egli è la vita.

Se desideri il cielo, Egli è la via.

Se fuggi le tenebre, Egli è la luce.

Se cerchi il cibo, Egli è l’alimento.

Noi ti seguiamo, Signore Gesù,

ma tu chiamaci perché ti seguiamo.

Senza di te nessuno potrà salire.

Tu sei la via, la verità, la vita, il premio.

Accogli i tuoi, sei la via.

Confermali, sei la verità.

Vivificali, sei la vita.

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► Agenda -13-14 gennaio 2010: Villafranca – giornate di formazione permanente sul sacramento della riconciliazione - 13-15 gennaio: Sassone di Ciampino – Convegno CISM area evangelizzazione - 17-23 gennaio: Albino - Dehoniani – Esercizi Spirituali interprovinciali - 25-30 gennaio: Assisi – formazione permanente Assistenti OFS - 25-30 gennaio: Assisi – incontro annuale formatori - 3-4 febbraio: Varese – incontro fratelli laici - 7-13 febbraio: Roverè – esercizi spirituali interprovinciali per i guardiani - 8-18 febbraio: Terra Santa – pellegrinaggio frati del decennio - 17-18 febbraio: Varese - giornate di formazione permanente sul sacramento della riconciliazione ► Santità cappuccina Il 19 dicembre 2009, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti: - un miracolo, attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Giuseppe Tous y Soler, Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e Fondatore della Congregazione delle Suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore; nato il 31 marzo 1811 a Igualada (Spagna) e morto il 27 febbraio 1871 a Barcellona (Spagna); - un miracolo, attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Leopoldo da Alpandeire Sánchez Márquez (al secolo: Francesco), Laico professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini; nato il 24 luglio 1866 ad Alpandeire (Spagna) e morto il 9 febbraio 1956 a Granada (Spagna); * Fra Leopoldo de Alpandeire, l’umile questuante delle “tre Ave Marie”, sarà beatificato a Granada il 12 settembre 2010, ha reso noto durante una conferenza stampa l’Arcivescovo della Diocesi andalusa, monsignor Javier Martínez. L’Arcivescovado di Granada sta cercando un luogo ampio per la celebrazione, visto che si attende la partecipazione di un numero di pellegrini compreso tra i 300.000 e un milione. Il cappuccino era molto stimato già in vita per il suo contatto con la gente nelle strade visto che era questuante, e continua a suscitare ancora oggi una grande devozione popolare. Fra Leopoldo, che prima di vestire l’abito cappuccino si chiamava Francisco Tomás Márquez Sánchez, nacque nella località di Alpandeire il 24 giugno 1864. Crebbe in una famiglia di cristiani agricoltori e trascorse 35 anni tra lavoro dei campi, vita familiare e di pietà e preghiera. Fin da piccolo aiutava i poveri. Condivideva la sua merenda con altri pastorelli più poveri di lui, dava le sue scarpe ai bisognosi o consegnava il denaro guadagnato nella vendemmia di Jerez ai poveri che incontrava sulla via del ritorno al suo paese. “Dio dà per tutti”, disse anni dopo. Dopo aver sentito predicare due cappuccini nella località di Ronda, vicino a casa sua, in occasione delle feste del 1894 per celebrare la beatificazione del cappuccino Diego José de Cádiz, il giovane Francisco Tomás rispose alla chiamata a diventare cappuccino. Comunicò il suo desiderio a quegli stessi predicatori, ma dovette aspettare alcuni anni per certe negligenze e dimenticanze nell’iter di ammissione. Il 16 novembre 1899 vestì l’abito nel Convento di Siviglia. Il suo nuovo nome, scelto dal suo maestro dei novizi, non gli piacque perché non era comune tra i membri dell’Ordine, ma rappresentò un’opportunità per seguire Cristo sulla via della croce.

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Il 16 novembre 1900 fece la sua prima professione e da allora visse brevi stagioni, come contadino, nei conventi di Siviglia, Antequera e Granada. Il 23 novembre 1903 emise i primi voti perpetui a Granada, e il 21 febbraio 1914 si insediò definitivamente nel convento di Granada. Lavorò prima come ortolano, poi come sagrestano e infine questuante, compiti che gli permisero di unire la dimensione contemplativa alla vita attiva andando e venendo per le vie e avendo grandi contatti con la gente. Era sempre più conosciuto dal popolo, visto il suo lavoro di andare a trovare e ripartire l’elemosina ai poveri che mendicavano al convento. In occasione delle nozze d’oro della sua vita religiosa, sapendo che l’evento era arrivato alla stampa, confessò a un compagno: “Che noia, fratello! Siamo diventati religiosi per servire Dio nell’oscurità e ci mettono sul giornale!”. Nelle vie di Granada si fermava con i bambini per spiegare loro il catechismo, e con i più grandi per parlare delle loro preoccupazioni. Fra Leopoldo aveva trovato un modo di diffondere su tutti la bontà divina: recitava tre Ave Marie per unire l’umano con il divino e la gente si allontanava da lui trasformata, con la tranquillità di sapere che Dio aveva preso nota delle loro preoccupazioni. Ebbe alcuni problemi di salute che si sforzava di nascondere e dissimulare, soprattutto un’ernia e geloni ai piedi che sanguinavano abbondantemente. A 89 anni cadde e tornò al convento per non uscire più e dedicarsi totalmente a Dio fino alla morte, avvenuta il 9 febbraio 1956. La notizia della sua morte commosse tutta la città di Granada. Una folla immensa accorse al convento dei cappuccini per dargli l’estremo saluto.

► Nomina Benedetto XVI ha nominato sette consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi: Mons. Ermenegildo Manicardi (rettore del Collegio Capranica); Markus Graulich, SDB (Promotore di Giustizia Sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica); Godfrey Igwebuike Onah (vicerettore della Pontificia Università Urbaniana), padre Paul Béré (docente di Antico Testamento nell’Università di Abidjan – Costa d’Avorio) ); Juan Javier Flores Arcas, OSB (rettore dell’Università Sant’Anselmo di Roma); fra Paolo Martinelli OFM Cap (preside dell’Istituto di Spiritualità dell’Antonianum) ; Samir Khalil Samir, S.I. (professore di Storia della Cultura Araba e di Islamologia - Libano). La Segreteria Generale è l’organo permanente del Sinodo dei Vescovi ed è presieduta da un Segretario generale, nominato dal Papa, assistito dal Consiglio della Segreteria, formato da Vescovi, alcuni dei quali eletti dallo stesso Sinodo, altri dal Papa. Il Sinodo dei Vescovi con la sua Segreteria Generale permanente non fa parte della Curia Romana e non dipende da questa, ma è sotto l’autorità diretta ed esclusiva del Santo Padre, al quale rimane unito nel governo universale della Chiesa.

► Dal Brasile L’8 dicembre u.s. frei Liberato Giudici è rientrato in Provincia per motivi di salute. Attualmente risiede nella nostra infermeria di Bergamo per tutte le cure necessarie. Il 5 gennaio è stata pubblicata la Lista della Provincia del Maranhão-Parà-Amapà. Riguardo ai nostri confratelli segnaliamo i seguenti trasferimenti: Belém: Fr. Aquilino Apassiti, responsabile dei frati ammalati e dei progetti sociali della parrocchia di S. Giorgio do Prata. Porto Franco: Fr. Antonio Vegetali, guardiano e parroco.

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► Frate Vento a ottant’anni (di Stefano Sarpellini, L’Eco di Bergamo, 13 gennaio 2010) Padre Pasquale Rota, 79 anni, frate cappuccino di Almenno San Bartolomeo ha voluto provare l’ebbrezza del volo, lanciandosi con il parapendio dal monte Farno, a Gandino, insieme all’istruttore Diego Servalli «Non avrei mai pensato che un giorno avrei volato più in alto di un campanile». Se indossi il saio da più di mezzo secolo, l’unità di misura non può essere che quella. L’avevano sfidato, gli amici della Valle Imagna: «Dài, prova, così ti sentirai più vicino a Dio», pensando - e, in fondo, sperando, vista l’età - a un rifiuto. E invece, a 79 anni suonati, padre Pasquale Rota, frate cappuccino di Almenno San Bartolomeo, li ha spiazzati con lo spirito d’avventura dei giramondo, lui che è stato vent’anni in Brasile e da 23 è a Gerusalemme. «Le mie valigie sono sempre pronte, anche quelle per l’eternità», ama ripetere. E sul parapendio biposto c’è salito per davvero. Lo ha fatto qualche mese fa, a fine estate, lanciandosi dal Monte Farno, a Gandino, insieme all’istruttore Diego Servalli, di 40 anni più giovane, quest’ultimo bardato di tutto punto, lui, Frate Vento, in sandali e saio «perché questa è la divisa che porto sempre». Panico? Macché. «Parlava, commentava tutto quello che vedeva, ogni tanto recitava qualche preghiera, ma di ringraziamento, mica per paura. Insomma, al fàa mai sìto», non faceva mai silenzio, confida ancora ammirato Servalli. Quaranta minuti di volo sopra la Valgandino, raggiungendo i 1.700 metri di quota, con l’aria frizzante che faceva svolazzare la sua veste e lui con lo sguardo avido di meraviglia, un bimbo di ottant’anni a spasso per il cielo. «Voliamo sopra Gandino – ricorda nella memoria che da Gerusalemme ha inviato al nostro giornale -, raccolto attorno alla sua basilica imponente, nella quale, anni or sono, ho predicato ai fratelli vivi, e commemorato i defunti, già “volati in cielo”... per raccomandarli a Dio. Osservo gli omìni che vagano, brulicano faticosamente laggiù... mentre io, con agilità incredibile, guidato dalla mano esperta di Diego, salgo rapido, nel vortice della corrente ascensionale che dolcemente ci “prende in giro”. Fantastico! Come sono differenti le cose e le persone viste dall’alto! Mi immagino come ci vede Dio dal suo Cielo!». «Di altri frati ne ho portati ancora - rivela Servalli -, in tre lo scorso anno hanno preso il brevetto di parapendio. Però, nemmeno loro finora erano saliti col saio e i sandali. Diciamo che era una cosa più professionale. Con padre Pasquale, invece, è stato tutto così diverso ». Anche Gustavo Vitali, responsabile dell’ufficio stampa della Federazione italiana Volo libero, uno degli artefici dell’«impresa», ne parla quasi rapito: «Il suo entusiasmo da fanciullo ci ha davvero sorpresi». Su in alto a padre Pasquale, da buon francescano, è venuto in mente il Cantico delle Creature, frate Vento, ma anche Domenico Modugno e, sì, «Nel blu dipinto di blu» che si è messo a canticchiare per qualche secondo. «Le emozioni si inseguivano vertiginosamente - ricorda il religioso -, il tempo è volato, è stato Diego a ricordarmi che dovevamo rientrare. Discesa dolce e tranquilla. L’impatto al suolo è un abbraccio amico». Anche gli amici che lo attendevano sotto lo hanno abbracciato, ancora increduli per tanto coraggio. «Eravamo preoccupati, pensavamo che stesse male, sa, a quell’età. E, invece, era pimpante e ci ha detto che vuole riprovare quanto prima». È una bella storia, quella di questo frate cappuccino, undicesimo di dodici fratelli, capace di affrontare l’argomento con la leggerezza dell’ironia («Ringrazio mia madre di non essersi fermata al decimo figlio»), sempre allegro eppure mai superficiale, ciarliero eppure schivo: vent’anni fra i poveri del Brasile con padre Alberto Beretta, poi guida a Gerusalemme con i suoi «corsi biblici itineranti» ai pellegrini latinoamericani, quasi mezzo secolo in giro per il pianeta liofilizzato nelle poche righe di qualche articolo ingiallito. «Sono un fraticello semplice – dice di sé -, vado dove Dio mi chiama. Mi lascio guidare dallo Spirito Santo e dai miei superiori». La valigia è sempre pronta, così come la sua arguzia. «Quando era a Milano - ricorda don Dante Cortinovis, parroco di Almenno San Bartolomeo -, qualcuno di notte scrisse sul muro del convento

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“Frati cani”. Bene, padre Pasquale la mattina successiva durante la predica disse: “Ringrazio il fratello che ha scritto questa cosa. Guardate i cani come sono fedeli al loro padrone. Magari tutti noi frati fossimo così fedeli a Nostro Signore”. Sembra sempre così scanzonato, ma è un vulcano d’iniziative e di santità. Il suo modo di fare così poco serioso, semplice e “leggero”, ha conquistato anche molti non credenti, che sono diventati suoi amici e lo interpellano spesso». Ora Frate Vento è ripartito per Gerusalemme, in aereo. Anche stavolta sopra il campanile. Ma l’aereo di linea è viaggio, non volo. «Col parapendio è tutta un’altra cosa. Giuro che ci riprovo». ► I nostri morti Ricordiamo nelle nostre preghiere Lucia Bruna, mamma di Fr. Andrea Cassinelli e Fr. Gabriele Maroscia, della Provincia umbra, ma dal 1971 risiedeva nel nostro convento di Milano Monforte. Il giorno 5 gennaio 2010 è tornato alla casa del Padre il signor Fausto Sartorelli, una figura significativa per tutti i frati che l’hanno conosciuto. Ormai pensionato, ha dedicato quasi vent’anni al nostro convento di Varese come volontario. Tecnico capace, ma soprattutto uomo di profonda fede, si è speso con generosità, gratuità e disponibilità. Ed è stato una testimonianza di vita cristiana per noi frati. I funerali sono stati celebrati nella nostra chiesa di Varese in data 7 gennaio, con la partecipazione di diversi frati, compreso il Ministro provinciale. Affidiamo al Signore questo fratello giusto.

► Segnalazioni librarie Beata Maria Rosa di Gesù (Bruna Pellesi), a cura di Alessio Martinelli, Scritti inediti inviati al padre spirituale. «Mi tenga sempre presente sul suo altare», Edizioni Messaggero, Padova 2009, p. 326, € 20. Il 29 aprile 2007 è stata beatificata a Rimini questa suora, che appartiene all’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Cristo, ed è morta nel 1972. Nel volume vengono pubblicate 207 lettere e qualche altro documento. È fuori discussione che gli scritti dei santi e le lettere, in particolare, sono fondamentali per conoscere la loro esperienza spirituale. Nella difficoltà di riassumere una quantità così vasta di documenti, mi limito a proporre quanto è scritto nella 4ª di copertina: “Gli scritti riferiti rivelano una donna singolarmente realizzata nell’amore, nel dolore, nella gioia, mentre l’ambiente monotono e opprimente del sanatorio sembrerebbe rendere triste e insopportabile un’esistenza segnata da gravi malattie e in progressivo deterioramento. Eppure per la beata Maria Rosa di Gesù (1917-1972) è stata questa l’esaltante esperienza che si è protratta per ben 27 anni sino alla consumazione finale. Quanti hanno avvicinato la suora lungodegente in sanatorio, ne ammiravano il costante equilibrio, la serenità, la disponibilità al servizio, il sorriso irradiante. Merita poi una particolare attenzione la «comunione» che si era instaurata nel tempo tra la figlia e il padre spirituale, come ampiamente confermano le lettere a lui inviate. Teologia, ascesi, mistica vi si intrecciano in mirabile sintesi e portano a giorno una nuova antropologia, redenta da Cristo, custodita e promossa dallo Spirito Santo”.

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CRONACA DEL CINQUANTESIMO DI FONDAZIONE DI OPERA SAN FRANCESCO PER I POVERI

Il Ministro provinciale mi ha chiesto di raccontare attraverso le pagine di Fra Noi gli eventi che hanno caratterizzato il cinquantesimo anniversario della fondazione di Opera San Francesco per i Poveri. Pochi giorni prima di Natale è stato inviato ad ogni confratello un libretto dal titolo “1959 – 2009. Una storia di accoglienza” unitamente alla “Cronichetta” che riporta la cronaca della costruzione della mensa scritta da Padre Ignazio Leonardi da Inzago presente nel convento di Monforte durante i lavori. Spero che l’invio sia stato gradito e che abbia permesso di conoscere ulteriormente la realtà di Opera San Francesco, la sua storia, la sua evoluzione, le tappe di un cammino ricordando le origini di una storia di accoglienza. Prima di parlare degli eventi mi piace ricordare i concetti portanti della campagna del 50°. Senz’altro avrete avuto modo di vedere su alcune testate di quotidiani e di riviste immagini di OSF che parlano di rinascita, anzi di un luogo dove l’uomo rinasce ogni giorno. La campagna ha voluto presentare una visione di OSF come un mondo fatto di persone unite, legate tra di loro e soprattutto messe sullo stesso piano. Chi sono queste persone? I poveri, i volontari e i benefattori che ogni giorno si incontrano perché nei gesti donati e ricevuti, nel dono del tempo e delle proprie risorse si rinasce e si può aiutare gli altri a rinascere. La rinascita rappresenta la speranza e la crescita spirituale. I gesti di amore, di aiuto e di accoglienza ridanno fiducia e dignità a chi li riceve e a chi li dona. Abbiamo voluto sottolineare valori quali la solidarietà piuttosto che riproporre il tema della povertà, anche se le povertà delle persone a noi vicine ci interpellano e chiedono risposte concrete. È la concretezza del discorso escatologico che riporta l’evangelista Matteo e che viene ogni giorno declinato nelle attività di OSF: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36). Gli obiettivi che ci siamo prefissati pensando e creando gli eventi sono stati i seguenti:

1. radicare maggiormente OSF nel territorio. La nostra associazione è presente solo a Milano e le sue attività solo visibili a tutti. La coda di persone in fila per entrare in mensa (e questo accade tutti i giorni) non è certamente “uno spettacolo edificante”. Evidenzia che la povertà c’è, la grave emarginazione è un fatto che non può essere taciuto o nascosto, i senza dimora sono molti, le risposte soprattutto da parte dell’ente pubblico sono insufficienti. Le attività rappresentano la socialità del nostro intervento a favore della città dove siamo radicati e nel contempo parlano di carità e di una presenza francescana capace di andare verso gli ultimi.

2. Gli eventi non sono stati “autocelebrativi”, ma hanno voluto sensibilizzare le persone alla solidarietà e stimolare alla partecipazione. Abbiamo voluto raggiungere nei vari eventi soprattutto i giovani e le famiglie, facendo conoscere in modo sintetico ed efficace il mondo di OSF a chi non lo conosce.

3. abbiamo poi privilegiato come luogo degli eventi (fin dove è stato possibile!) la mensa perché è in quel luogo che dal 20 dicembre 1959 prima Fra Cecilio e poi tanti altri hanno servito i poveri. Per molti entrare in un luogo dove quotidianamente si siedono i poveri a mangiare è stata un’occasione di riflessione e di apertura verso il mondo sempre nuovo della povertà.

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Veniamo agli eventi che cercherò di commentare brevemente:

� Il pane in piazza. L’idea realizzata è stata quella di proporre al pubblico di donare un piccolo contributo a favore di una confezione di pane. La scelta del pane non è solo legata alle attività di OSF (la mensa), ma costituisce un messaggio universale ed ecumenico: il pane è il cibo comune a tutti i popoli, il pane è comunione, il pane è condivisione. Il pane rimanda al mistero eucaristico, è il Pane di vita eterna, è il Pane per la vita della Chiesa, è l’alimento della vita cristiana.

Nei giorni 6-7 giugno 2009 abbiamo allestito con l’ausilio di un centinaio di volontari dei punti di incontro in alcune piazze di Milano e di Como. L’interesse della gente e il coinvolgimento dei volontari è stato più che positivo, a tal punto che molti hanno chiesto di ripetere l’esperienza della piazza aprendosi anche ad altri capoluoghi di provincia della Lombardia, soprattutto laddove c’è una presenza di frati cappuccini.

Sempre in tema di pane presso la nostra mensa insieme all’Associazione Panificatori di Milano (sponsor tecnico dell’iniziativa) domenica 7 giugno abbiamo dato vita al laboratorio del pane dove circa sessanta bambini seguiti dai genitori, ma soprattutto da esperti panificatori hanno preparato e cotto il pane che poi hanno portato a casa. Un modo per educare i piccoli all’importanza del pane segno di condivisione e alimento indispensabile per tutti.

� Il mese di ottobre ha fatto la parte del leone nella realizzazione degli eventi. Molti hanno visitato la mostra allestita nel chiostro del convento di Viale Piave nei giorni

dal 3 al 18 ottobre. Tutti l’hanno trovata interessante e questo motivo ci ha spinto a raccogliere testi e fotografie in un volumetto che è stato regalato a molte persone a noi vicine in occasione del Santo natale. Anche i frati l’hanno ricevuto. Certamente nella mostra abbiamo dato risalto a Fra Cecilio…e non poteva essere diversamente!. Come non ricordare l’origine di Opera? È la preghiera che Fra Cecilio eleva al Signore. «Faceva freddo, la fila delle persone era lunga e l’attesa, per loro, anche. Fra Cecilio nel guardare i suoi poveri infreddoliti e bagnati che aspettavano il loro turno, elevò una preghiera al Signore: “Tu Signore, hai moltiplicato il pane per cinquemila persone, ma le hai fatte sedere sull’erba: segno che non pioveva. Guarda qui come piove, come si bagna questa gente”»

Fra Cecilio insegna che preghiera e carità non possono essere disgiunte, contemplazione e azione sono le facce di una stessa medaglia.

Il 10 ottobre molti volontari e benefattori hanno partecipato alla Santa Messa in onore di San Francesco e presieduta da Mons. Erminio De Scalzi vicario episcopale per la città di Milano. Il 6 ottobre inoltre “Un coro per Milano” ha tenuto un concerto in memoria del Maestro Mino Bordignon scomparso nel mese di aprile 2009, sempre molto attento e sensibile alle attività di OSF.

Per tre domeniche consecutive (4-11-18 ottobre) OSF ha organizzato tre pranzi benefici

preparati da grandi cuochi della cucina milanese e mondiale: Carlo Cracco, Gualtiero Marchesi e Pietro Leemann. Hanno cucinato alla mensa di Opera San Francesco e la loro presenza non solo ha richiamato molte persone, ma ha permesso di sottolineare nuovamente il valore della solidarietà e dell’attenzione alle situazioni di grave emarginazione.

� Sabato 7 novembre Fra Claudio Todeschini ha presieduto l’Eucarestia nella quale in

particolare si ricordano gli ospiti, i volontari e i benefattori defunti. In questa occasione sono

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molti coloro che ci chiedono di celebrare intenzioni di Sante Messe che vengono poi destinate alle nostre missioni. Al termine della celebrazione si è svolto il concerto Voci di Pace “Ensemble Nu Yallah”, concerto creato con l’intento di educare al dialogo e di crescere nella pace attraverso la musica etnica (ebraica e araba).

� Sempre nel mese di novembre, precisamente il 27, nella nostra chiesa di viale Piave si è

tenuto lo spettacolo “Francesco canto di una creatura” con la partecipazione straordinaria di Lucio Dalla. Tratto dall’omonimo libro di Alda Merini, scomparsa lo scorso 1° novembre, lo spettacolo di versi e musica è stato presentato per la prima volta il 25 ottobre 2008 nello

scenario suggestivo della Basilica Superiore di Assisi. La voce di Marco Alemanno “ha cantato” la vita di Francesco “elemosiniere di Dio” attraverso i versi di Alda Merini, con l’aiuto del quintetto d’archi Nu Ork String Quintet, di un pianoforte suonato dal Maestro Beppe D’Onghia e del coro Kitaredium Ensemble di Milano. Allo spettacolo hanno partecipato circa settecento persone.

� Il giorno 16 novembre è stato inaugurato il nuovo centro di raccolta di Via Vallazze. Dopo

tanta attesa finalmente si è realizzato il “sogno” di avere un centro efficace e razionale per la raccolta di vestiti e di stoccaggio dei generi alimentari, funzionale alle attività del guardaroba e della mensa. Le donazioni di indumenti, scarpe, coperte e quant’altro serve a chi vive per strada o in situazione precarie (sono più di centomila i capi raccolti, sistemati e inviati alla distribuzione) avevano bisogno di un luogo idoneo e a norma di legge. I volontari che vi lavorano sono entusiasti della nuova soluzione che facilita le operazioni di accoglienza dei benefattori, cernita, lavaggio e stoccaggio degli indumenti.

� OSF è andata anche allo stadio. Su proposta del presidente dell’Inter Massimo Moratti

alcuni nostri volontari sono scesi in campo prima della partita portando uno striscione che ricordava il 50° anniversario di fondazione mentre il maxischermo proiettava alcune immagini dei servizi di OSF. Anche al pubblico di San Siro abbiamo parlato di solidarietà!

� Sabato 19 e domenica 20 dicembre si sono tenuti gli ultimi due eventi ricordando in

particolare il medesimo giorno di 50 anni fa quando il Card. Giovanni Battista Montini, Fra Cecilio, il Ministro Provinciale di allora Padre Romano Cavallone, i frati di Monforte e le autorità civili avevano inaugurato la nuova mensa.

Sabato 19, vigilia dell’anniversario, presso la mensa di OSF, benefattori e volontari hanno

servito a circa 1000 utenti un pranzo speciale, offerto interamente da un donatore. Il pranzo, preparato appositamente per l’occasione, è stato particolarmente gradito. E’ stato un momento di convivialità reso ulteriormente significativo dalla presenza del sindaco di Milano, Letizia Moratti che ha ringraziato l’operato quotidiano di OSF e ricordato l’importanza della sua attività per tutti i poveri della città di Milano. Il sindaco, accompagnato dall’Assessore Mariolina Moioli, ha visitato i vari servizi, congratulandosi per l’organizzazione e per l’impegno fedele della nostra opera. Si è poi seduta a tavola a mangiare con i nostri ospiti. Domenica 20 dicembre, anniversario della fondazione, è stata celebrata dall’Arcivescovo di Milano Card. Dionigi Tettamanzi la Santa Messa.

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Nonostante la giornata particolarmente fredda la chiesa si è riempita di fedeli, volontari e benefattori di OSF. L’Arcivescovo nell’omelia ha ripreso temi a lui cari, proponendoli alla riflessione dei presenti. Ha infatti parlato di solidarietà che allevia le sofferenze di molti provati dalla povertà, ha richiamato al dovere, forti di una storia di accoglienza, di continuare a “onorare e servire il povero”, ha lodato l’impegno costante e fedele dei volontari e dei sostenitori che permettono ad Opera di essere segno di carità e di passione per l’uomo, tutti i giorni. Al termine della celebrazione, dopo aver salutato personalmente tutti i presenti, si è intrattenuto per alcuni minuti a pregare sulla tomba di Fra Cecilio. Il Cardinale ha poi visitato i locali della mensa di Opera San Francesco intrattenendosi con coloro che hanno partecipato al buffet.

Se c’è una storia da raccontare, c’è anche un futuro da costruire. Ora la nostra attenzione si concentra sul trasferimento degli ambulatori medici nel convento di Piazzale Velasquez. Il trasloco è previsto per il mese di maggio e ci sarà bisogno di un tempo ragionevole per organizzare l’accoglienza e le visite nei nuovi locali. Certamente le attività dell’ambulatorio troveranno spazi idonei tenuto conto che nel 2009 le visite effettuate in totale sono state 33.356 con una media giornaliera di 142. Desidero terminare con una citazione di Vita Consecrata al nr. 75: «A Pietro, che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama: «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17, 4), è rivolto l’invito a tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio: «Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore». Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell’apostolo l’impegno per l’uomo; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la deturpa. La ricerca della divina bellezza spinge le persone consacrate a prendersi cura dell’immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna. La vita consacrata mostra così, con l’eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo dell’amore gratuito ed operoso». Un caro e francescano saluto di pace e bene a tutti.

Fra Maurizio Annoni Fra Vittorio Arrigoni

Fra Domenico Lucchini Milano, 12 gennaio 2010

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Tra gli eventi promossi dal Museo dei beni Culturali Cappuccini in occasione della celebrazione dell’VIII centenario dell’approvazione orale della Regola di San Francesco, alle fine di gennaio si svolgerà il

CONVEGNO di STUDIO

sabato 30 gennaio 2010 dalle ore 10.00

Piazza S. Angelo, 2 – Milano “FRATE FRANCESCO: LA VIA DEL VANGELO TRA UMBRIA E L OMBARDIA” Intervengono: Dall’originaria forma vitae alla Regula bullata: lettura teologica di un cambiamento Prof. Cesare Vaiani, OFM (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, Milano) Postquam Dominus dedit mihi de fratribus: i primi compagni di frate Francesco Prof. Grado Giovanni Merlo (Università degli Studi, Milano, Presidente della Società Internazionale di Studi Francescani) La Regola dei Frati Minori: una novità all’inizio del Duecento Prof. Maria Pia Alberzoni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) Da Assisi alla Lombardia: un percorso itinerario e istituzionale dei Frati Minori Prof. Luigi Pellegrini , OFM cap. (Università degli Studi, Chieti) (La sede del Convegno scelta nel segno della collaborazione con la famiglia dei frati Minori che insieme ai Conventuali e al Tor hanno partecipato all’organizzazione di tutti gli eventi collegati alla mostra)

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L’IMMACOLATA,

olio su tela, Palma il Giovane (1544-1628, attribuito)

Chiesa della SS. Annunciata, Piancogno (Brescia)

Il primo giorno di gennaio, Ottava di Natale, consacrato per antica tradizione dalla Liturgia a Maria Madre di Dio, per volere di papa Paolo VI è stato specialmente dedicato a pregare Maria Regina della Pace per la pace nel mondo. Anch’io desidero quindi iniziare il nuovo anno 2010 con un omaggio a Maria, affidando tutti noi alla sua materna intercessione. Tutte le virtù e le grazie di Maria Le derivano dall’esser stata scelta come Madre del Salvatore, come l’abbiamo celebrata nella Natività considerata il mese scorso. In questo mese di gennaio e nel prossimo mese di febbraio, la celebreremo come Immacolata Concezione: ripercorreremo, in estrema sintesi, la lunga e travagliata evoluzione iconografica del dogma prendendo in considerazione due quadri presenti nelle nostre chiese. Il primo è attribuito a Palma il Giovane e si trova alla Santissima Annunciata di Piancogno, il secondo è ottocentesco e lo descriveremo il prossimo mese di febbraio: si trova a Lovere ed è opera del nostro confratello pittore fra Camillo Kaiser, ed è databile verso il 1861.

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L’Immacolata Concezione è la dottrina per cui Maria, per grazia di Dio, fu esclusa fin dal primo istante della sua concezione dalla macchia del peccato originale, trasmessa da Adamo ed Eva a tutto il genere umano. Nelle Chiese Orientali questa dottrina dava luogo pacificamente a una festa celebrata il 9 dicembre, e l’iconografia rappresentava questo dato della fede attingendo ad un passo di un vangelo apocrifo, il Protovangelo di Giacomo. Nell’antico testo si narra che Anna e Gioacchino non potessero avere figli e che egli fuggisse a causa della vergogna. Un giorno, però, un angelo predisse a Gioacchino la nascita di una figlia e di lì a poco, da un casto bacio con Anna, che, anch’essa per ispirazione angelica, si era recata ad incontrarlo alla Porta d’Oro di Gerusalemme, nacque Maria: una delle celebri raffigurazioni di questo episodio è quella di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova (fra 1303 - 1305). La festa passò in seguito in Occidente, in Italia meridionale e poi in Inghilterra, e fu fissata all’8 dicembre, cioè nove mesi prima della data tradizionale della festa liturgica della Natività della Beata Vergine, che era stata fissata in quel giorno dalla Chiesa di Gerusalemme per farla coincidere con l’inizio dell’anno ecclesiastico.

In Occidente invece le diverse interpretazioni teologiche accesero un vivacissimo dibattito sulla veridicità dell’Immacolata Concezione e sull’opportunità di confermarne la festa, dando luogo ad accesissimi dibattiti e scontri teologici, vivaci scambi epistolari e da pubblicazione di trattati, da parte di difensori e oppositori, ed anche da predicazioni infiammate e da dispute pubbliche. Soprattutto i grandi teologi della Scolastica si opposero. Ma la maggior parte degli Ordini Religiosi come i Carmelitani, i Francescani e i Serviti nel XIV secolo appoggiarono la tesi favorevole all’Immacolata che divenne molto popolare. Solamente i Domenicani mantennero una posizione contraria preferendo il culto della Madonna del Rosario. Il papa francescano Sisto IV della Rovere, nel 1477 e nel 1483, iniziò gli interventi pontifici a sostegno dell’Immacolata Concezione, cercando di temperare la violenza delle controversie teologiche; dal punto di vista liturgico, affermò solennemente il culto dell’Immacolata e della sua festa1.

Contemporaneamente ai dibattiti teologici, si manifestò il fenomeno della fioritura delle diverse iconografie mariane che cercavano di rappresentare il mistero della Immacolata Concezione: la

lunga elaborazione per la raffigurazione dell’Immacolata nell’arte rispecchia la altrettanto lunga e difficile elaborazione del dato teologico. Infatti il tipo iconografico bizantino dell’incontro alla Porta Aurea fu ritenuto idoneo a esprimere l’idea della “concezione verginale” di Maria, ma completamente inadatto a esprimere il mistero della “Immacolata concezione” e progressivamente scomparve: si dovette dunque cercare una nuova immagine idonea a esprimere il mistero. Una delle melodie mariane medievali più popolari che in latino suona così: “Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te” (Tutta bella sei, Maria, e in te non c’è la macchia originale del peccato). La frase, che si presta ad esaltare l’Immacolata Concezione, è la rielaborazione di un versetto del Cantico dei cantici in cui l’amato dice alla Sposa del Cantico dei Cantici: “Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia!” (Cantico dei Cantici 4,7). La rilettura mariana del Cantico era iniziata nel

1 Costituzioni Cum praeexcelsa 1477 e Grave nimis 1483, confermate nella quinta sessione del Concilio di Trento nel Decretum de peccato originali 1546.

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Medioevo ed era il segno di una prassi diffusa che coinvolgeva altri testi biblici: furono raccolti progressivamente sia dal Cantico dei Cantici che da altri testi biblici tutta una serie di appellativi mariani, molti dei quali confluiranno poi anche nelle litanie del Rosario. Maria circondata dalle raffigurazioni simboliche dei suoi titoli, come nell’incisione del 1556 riprodotta a lato. Le parole “Tota pulchra …” vengono fatte pronunciare dall’Eterno padre, raffigurato nella parte alta dell’immagine, come recita il cartiglio. Si ricorse anche ad una immagine, che era presente nelle miniature che illustravano l’Apocalisse già a partire dal sec. IX, e che si ispirava alla Donna dell’Apocalisse descritta nel capitolo 12 di tale libro: Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle… Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna…(Apocalisse 12): la Donna, che l’esegesi vedeva in epoca predente come immagine della Chiesa, fu nei secoli successivi progressivamente interpretata anche come immagine di Maria. Il quadro nella chiesa dei Cappuccini della SS. Annunziata a Piancogno (Brescia), attribuito a Palma il Giovane2, rappresenta un interessante esempio della fusione di queste due iconografie.

Al centro Maria rappresentata come la Donna dell’Apocalisse, con una corona di dodici stelle, con la mezzaluna sotto i suoi piedi, circondata da alcuni attributi mariani; ai suoi piedi il dragone infernale a più teste. In alto Dio Padre benedicente che guarda e benedice la Vergine, capolavoro della creazione, e la colomba dello Spirito Santo. Due angioletti incoronano Maria come Regina, mentre un concerto di angeli musicanti festeggia in cielo. Nella parte inferiore del quadro le figure, presumibilmente, dell’offerente e della sua famiglia.

I simboli mariani sono: a destra di Maria, dall’alto in basso il sole (electa ut sol), una grande città con mura e torri posta sul monte (civitas Dei), una palma (statura tua adsimilata est palmae), un albero (ut cedrus exaltata ? oppure oliva speciosa ?) uno specchio (speculum sine macula); a sinistra, sempre dall’alto in basso: una stella (stella matutina), la luna (pulchra ut luna), una torre (turris davidica), un cipresso (cypressus in altitudinem se extollens), una porta di città (ianua caeli), un pozzo (puteus aquarum viventium), una fontana (fons hortorum), interpretabile anche come fontana sigillata (fons signatus) con particolare sottolineatura della verginità di Maria.

Un altro passo della Sacra Scrittura, dal libro della Genesi, il cosiddetto “Protovangelo”, cioè il primo annunzio profetico della Redenzione fatto da Dio stesso subito dopo la caduta dei nostri progenitori, fu molto importante per la ricerca di nuove immagini: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Genesi 3,15). Nelle rappresentazioni ispirate da questo versetto Maria compare nell’atto di schiacciare la testa al serpente, cioè al diavolo. Maria è rappresentata come una giovane fanciulla, in abito bianco e mantello blu, in atteggiamento orante. Questa iconografia fu preferita soprattutto dalla scuola pittorica spagnola della seconda metà del Cinquecento e del Seicento: El Greco, Velasquez, Zurbarán, Ribera, nonché il celeberrimo Bartolomé Esteban Murillo che dipinse, sembra, più di una trentina di figure dell’Immacolata. L’Immacolata viene raffigurata come una bellissima e giovane fanciulla, senza velo, con i capelli sciolti e mossi dal vento, in abito bianco e mantello blu, con la corona di dodici stelle. L’attenzione dunque si concentra tutta e solo sulla unica

2 Soprannome di Jacopo Negretti (Venezia, 1544 – 14 ottobre 1628), pittore veneto alunno di Tiziano. Fu protagonista della scena artistica veneziana tra la fine del XVI secolo e l'inizio del secolo seguente; fu detto Palma il Giovane per distinguerlo dal prozio Jacopo da Palma il Vecchio.

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figura della Madonna che si staglia contro il cielo luminoso. Maria è certamente raffigurata dunque come la donna dell’Apocalisse, vestita di sole, coronata di dodici stelle, con la luna sotto i suoi piedi, ma il dragone, che abbiamo visto nel quadro dell’Annunciata, è stato sostituito dal serpente: con il piede destro infatti Maria calpesta il capo del serpente, immagine che traduce visivamente il versetto della Genesi sopra accennato.

La preferenza accordata nei dibattiti teologici ai passi dell’Apocalisse e della Genesi, insieme alla tradizionale immagine della Tota pulchra del Cantico dei Cantici, portarono alla semplificazione e fusione delle iconografie precedenti, verso la definitiva elaborazione di quello che diventerà lo”schema classico” per raffigurare l’Immacolata Concezione e che tratteremo nel prossimo mese prendendo in considerazione la pala dell’Immacolata di Lovere, databile verso il 1861, opera del nostro confratello pittore fra Camillo Kaiser.