fotovoltaico nella zona industriale La caduta di Sandro ... · tari locali e la tutela della...

20
“Per un giornalista la libertà di scrivere la verità non ha prezzo” (Sebastiano Messina - REPUBBLICA) • Quindicinale di fatti e opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • e-mail: [email protected] • direttore: Franco Oddo • vicedirettore: Marina De Michele edizione online: www.lacivettapress.it Anno IV - n. 06 venerdì 23 marzo 2012 € 0,70 prossima uscita 6 aprile La caduta di Sandro Ferraro amico di Gianni e La Bianca VENERDÌ SCORSO PERQUISIZIONI DOMICILIARI AD AUGUSTA ANCHE IN CASA DELL’AVV. PIERO AMARA E DEL PADRE Di questo personaggio ha parlato Magma nei suoi articoli del novembre scorso in relazione alle vicende che hanno visto l’avvocato Piero Amara e un cancelliere di Catania condannati per l’accesso illecito al sistema informatico della Procu- ra. A un certo punto del racconto Magma riferisce che l’avvocato Amara, volendo farsi fotografare insieme a un giudice ad insaputa di quello per simulare (forse) un’estorsione, si rivolse proprio al Ferra- ro che, successivamente, interrogato dai carabinieri sulla sua professione, ebbe a riferire di essere collaboratore dell’avvo- cato Calafiore. Questa del farsi fotografa- re insieme ai personaggi eccellenti con cui veniva a contatto era una fissa di Amara, che in molti suoi viaggi in Sicilia, in Italia e all’estero si faceva accompagnare dallo stesso Ferraro il quale entrava nella stan- za in cui l’avvocato e il suo interlocutore parlavano, si sedeva in disparte e appro- fittando di momenti di distrazione immor- talare l’incontro con il professionista au- gustano. Ma Ferraro, che in un interrogatorio am- mise candidamente questi fatti, non è solamente amico di Amara. È anche, da tempo, uno dei supporter dell’on. Pippo Gianni e, in ispecie, dell’assessore ai lavo- ri pubblici del Comune di Siracusa, Con- cetto La Bianca. Non è stato infrequente incontrarlo nei corridoi dell’assessorato, dove pare entrasse e uscisse dalle stanze senza bussare, essendo da tutti ricono- sciuto come persona che conta nell’en- tourage. La sua sfera d’influenza, chia- miamola così, si allargava alle imprese che avevano rapporti con il Comune ma anche ai consiglieri comunali, persino dell’oppo- sizione, tra i quali vanta qualche amicizia che non t’aspetti. Pag. 3 Rischia il crollo il sistema Caltagirone Pag.5 (De Michele) PORTO TURISTICO Miracolo raccolta differenziata a Noto Centro 66% Pag.12 (Pellegrino) IN SOLI 2 ANNI “Alla Tecnall cinque proroghe Controlli zero” Pag.4 (De Michele) GRANDI STORE Le scatole cinesi della Qohelet Solar fotovoltaico nella zona industriale BOOM DI IMPIANTI A LENTINI (NEL 2010 TRECENTO ETTARI) A MELILLI IN CINQUE ANNI PRESENTATE 69 RICHIESTE È corsa al fotovoltaico in tutta la Sicilia, Sira- cusa compresa, da quasi un decennio, ormai. Risale, infatti, al 29 dicembre 2003 il Decreto Legislativo n. 387 per l’Attuazione della di- rettiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energe- tiche rinnovabili nel mercato interno dell’elet- tricità. I privati non perdono tempo: è in arrivo una pioggia di finanziamenti che non pos- sono andare persi. Il solo Comune di Lentini, nel corso del 2010, con delibera- zioni del Consiglio Comunale, esprime all’Assessorato Re- gionale Territorio e Ambiente parere positivo per la realizza- zione di ben 30 progetti di im- pianti fotovoltaici con potenza fino a 1 MW. E, nello stesso anno (in realtà: con le stesse deliberazioni), esprime parere positivo per la realizzazione di altri 23 im- pianti di potenza superiore a 1 MW e fino a 20 MW. Stando alle stime presenti nelle delibere in nostro possesso i 53 progetti ricoprono una superficie totale che va ben oltre i 300 ettari: un’enorme estensione di terreni che implica la radicale trasformazione di parte del territorio. Il Piano Energetico Ambientale Regionale Siciliano (P.E.A.R.S.), approvato con delibe- razione n.1 del 3 febbraio 2009 dalla Giunta della Regione Sicilia, è chiaro: l’autorizzazio- ne per la realizzazione di impianti di energia da fonte rinnovabile su terreni agricoli non può essere rilasciata ove essi non siano dichiarati dall’Amministrazione com- patibili con la valorizzazione delle produzioni agroalimen- tari locali e la tutela della bio- diversità e del patrimonio cul- turale e del paesaggio rurale. Al Comune di Melilli (anche questo preso come exemplum tra i tanti) arrivano, tra il 2007 e il 2011, ben 69 richieste per impianti: 22 di questi sono in- feriori alla potenza di 1MW, perciò ad esprimere parere sono chiamati l’A- SI e il Comune di Melilli; per gli altri, invece, è richiesto l’intervento dell’Assessorato Regio- nale Territorio e Ambiente. Ad arrivare su territorio melillese per prima è la Qohelet Solar Italia S.p.A., una società con sede legale a Caltanissetta ma legata alla multi- nazionale spagnola Qohelet solar S.A. Pag. 9 (Privitera) ENZO TOMASELLO (CGIL): “L’INTERA GARA SEMBRA VIZIATA MOLTE LE PERPLESSITÀ SU CUI SI DEVE FARE CHIAREZZA Gestiva la pulizia, vince l’appalto ASP per collaborazioni sanitarie al Rizza La ditta, sul mercato dal 2004, con capitale socia- le di 815mila euro, è attiva in particolare, ma non solo, nei settori di progettazione ed erogazione di servizi di pulizia e disinfezione in ambito civile, industriale nonché ospedaliero, di facchinaggio e custodia di beni immobili, servizi alberghieri (ausiliariato e reception), manutenzione del ver - de pubblico e giardinaggio, ed ha appalti in tutta Italia. È stata creata da Totò Navarra, originario di Mussomeli (provincia di Caltanissetta), emigrato a 18 anni in Inghilterra, e poi rientrato in Italia dove è divenuto responsabile di questa ditta per la quale sull’intero territorio nazionale lavorano più di 2.300 dipendenti e che si avvale, per l’ammi- nistrazione e i rapporti con gli enti, di un nutrito gruppo di professionisti: commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e ingegneri. Pag. 6 (De Michele) A Siracusa su 1830 strade alle donne 60! Pag.15 (Lanaia) Per prenotarsi bigliettino sotto la pietra Pag.4 (Rametta) SERIT “Gli eventi ci sfuggirono di mano” Pag.16 (Magnano) MARIANO FERRO TOPONIMI VIE La madre di Alessio Attanasio “Tre giorni di fatica e non posso nemmeno abbracciare mio figlio Pag.7 La madre di Alessio Attanasio “Tre giorni di fatica e non posso nemmeno abbracciare mio figlio Pag.7

Transcript of fotovoltaico nella zona industriale La caduta di Sandro ... · tari locali e la tutela della...

“Per un giornalista la libertà di scrivere la verità non ha prezzo”(Sebastiano Messina - REPUBBLICA)

• Quindicinale di fatti e opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • e-mail: [email protected] • direttore: Franco Oddo • vicedirettore: Marina De Michele

edizione online: www.lacivettapress.it

Anno IV - n. 06 venerdì 23 marzo 2012

€ 0,70

prossima uscita 6 aprile

La caduta di Sandro Ferraro amico di Gianni e La Bianca

VENERDÌ SCORSO PERQUISIZIONI DOMICILIARI AD AUGUSTAANCHE IN CASA DELL’AVV. PIERO AMARA E DEL PADRE

Di questo personaggio ha parlato Magma nei suoi articoli del novembre scorso in relazione alle vicende che hanno visto l’avvocato Piero Amara e un cancelliere di Catania condannati per l’accesso

illecito al sistema informatico della Procu-ra. A un certo punto del racconto Magma riferisce che l’avvocato Amara, volendo farsi fotografare insieme a un giudice ad insaputa di quello per simulare (forse) un’estorsione, si rivolse proprio al Ferra-ro che, successivamente, interrogato dai carabinieri sulla sua professione, ebbe a riferire di essere collaboratore dell’avvo-cato Calafiore. Questa del farsi fotografa-re insieme ai personaggi eccellenti con cui veniva a contatto era una fissa di Amara, che in molti suoi viaggi in Sicilia, in Italia e all’estero si faceva accompagnare dallo stesso Ferraro il quale entrava nella stan-

za in cui l’avvocato e il suo interlocutore parlavano, si sedeva in disparte e appro-fittando di momenti di distrazione immor-talare l’incontro con il professionista au-gustano.Ma Ferraro, che in un interrogatorio am-mise candidamente questi fatti, non è solamente amico di Amara. È anche, da tempo, uno dei supporter dell’on. Pippo Gianni e, in ispecie, dell’assessore ai lavo-ri pubblici del Comune di Siracusa, Con-cetto La Bianca. Non è stato infrequente incontrarlo nei corridoi dell’assessorato, dove pare entrasse e uscisse dalle stanze senza bussare, essendo da tutti ricono-sciuto come persona che conta nell’en-tourage. La sua sfera d’influenza, chia-miamola così, si allargava alle imprese che avevano rapporti con il Comune ma anche ai consiglieri comunali, persino dell’oppo-sizione, tra i quali vanta qualche amicizia che non t’aspetti.

Pag. 3

Rischia il crolloil sistema

CaltagironePag.5 (De Michele)

PORTO TURISTICOMiracolo raccolta

differenziataa Noto Centro 66%Pag.12 (Pellegrino)

IN SOLI 2 ANNI“Alla Tecnall

cinque prorogheControlli zero”

Pag.4 (De Michele)

GRANDI STORE

Le scatole cinesi della Qohelet Solarfotovoltaico nella zona industriale

BOOM DI IMPIANTI A LENTINI (NEL 2010 TRECENTO ETTARI)A MELILLI IN CINQUE ANNI PRESENTATE 69 RICHIESTE

È corsa al fotovoltaico in tutta la Sicilia, Sira-cusa compresa, da quasi un decennio, ormai. Risale, infatti, al 29 dicembre 2003 il Decreto Legislativo n. 387 per l’Attuazione della di-rettiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energe-tiche rinnovabili nel mercato interno dell’elet-tricità. I privati non perdono tempo: è in arrivo una pioggia di finanziamenti che non pos-sono andare persi.Il solo Comune di Lentini, nel corso del 2010, con delibera-zioni del Consiglio Comunale, esprime all’Assessorato Re-gionale Territorio e Ambiente parere positivo per la realizza-zione di ben 30 progetti di im-pianti fotovoltaici con potenza fino a 1 MW. E, nello stesso anno (in realtà: con le stesse deliberazioni), esprime parere positivo per la realizzazione di altri 23 im-pianti di potenza superiore a 1 MW e fino a 20 MW. Stando alle stime presenti nelle delibere in nostro possesso i 53 progetti ricoprono una superficie totale che va ben oltre i 300 ettari: un’enorme estensione di terreni che implica la radicale trasformazione di parte del territorio.

Il Piano Energetico Ambientale Regionale Siciliano (P.E.A.R.S.), approvato con delibe-razione n.1 del 3 febbraio 2009 dalla Giunta della Regione Sicilia, è chiaro: l’autorizzazio-ne per la realizzazione di impianti di energia da fonte rinnovabile su terreni agricoli non può essere rilasciata ove essi non siano dichiarati

dall’Amministrazione com-patibili con la valorizzazione delle produzioni agroalimen-tari locali e la tutela della bio-diversità e del patrimonio cul-turale e del paesaggio rurale.Al Comune di Melilli (anche questo preso come exemplum tra i tanti) arrivano, tra il 2007 e il 2011, ben 69 richieste per impianti: 22 di questi sono in-feriori alla potenza di 1MW,

perciò ad esprimere parere sono chiamati l’A-SI e il Comune di Melilli; per gli altri, invece, è richiesto l’intervento dell’Assessorato Regio-nale Territorio e Ambiente. Ad arrivare su territorio melillese per prima è la Qohelet Solar Italia S.p.A., una società con sede legale a Caltanissetta ma legata alla multi-nazionale spagnola Qohelet solar S.A.

Pag. 9 (Privitera)

ENZO TOMASELLO (CGIL): “L’INTERA GARA SEMBRA VIZIATAMOLTE LE PERPLESSITÀ SU CUI SI DEVE FARE CHIAREZZA

Gestiva la pulizia, vince l’appalto ASPper collaborazioni sanitarie al Rizza

La ditta, sul mercato dal 2004, con capitale socia-le di 815mila euro, è attiva in particolare, ma non solo, nei settori di progettazione ed erogazione di servizi di pulizia e disinfezione in ambito civile, industriale nonché ospedaliero, di facchinaggio e custodia di beni immobili, servizi alberghieri (ausiliariato e reception), manutenzione del ver-de pubblico e giardinaggio, ed ha appalti in tutta Italia. È stata creata da Totò Navarra, originario di Mussomeli (provincia di Caltanissetta), emigrato a 18 anni in Inghilterra, e poi rientrato in Italia dove è divenuto responsabile di questa ditta per la quale sull’intero territorio nazionale lavorano più di 2.300 dipendenti e che si avvale, per l’ammi-nistrazione e i rapporti con gli enti, di un nutrito gruppo di professionisti: commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e ingegneri.

Pag. 6 (De Michele)

A Siracusasu 1830 stradealle donne 60!

Pag.15 (Lanaia)

Per prenotarsibigliettino

sotto la pietraPag.4 (Rametta)

SERIT“Gli eventi

ci sfuggironodi mano”

Pag.16 (Magnano)

MARIANO FERROTOPONIMI VIE

La madre di Alessio Attanasio“Tre giorni di fatica e non possonemmeno abbracciare mio figlio

Pag.7

La madre di Alessio Attanasio“Tre giorni di fatica e non possonemmeno abbracciare mio figlio

Pag.7

2 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

L’Azienda Agricola Fausta Mansio si trova in una delle più belle valli del siracusano, la Val d’Anapo, a circa 50 metri sul livello del mare, zona particolarmente vocata per la viticoltura di qualità. Il vigneto si estende su una proprie-tà di 6 ettari, di cui 4 ha. impiantati nel 1999 ed i restanti 2 ha. impiantati nel 2003. L’ubica-zione dei propri vigneti su terreni dolcemente collinari permette alle brezze marine di rag-giungere i grappoli e conferir loro quel par-ticolare sentore di salino che distingue dagli altri il Moscato di Siracusa. Il terreno su cui sorge il vigneto e di natura prettamente argil-losa, ciò ha permesso un perfetto adattamento della pianta, riuscendo così ad ottenere delle uve pregiate.Il Moscato di Siracusa è uno dei vini più anti-chi del mondo. Conosciuto già presso l’antica Roma con il nome di “Pollio”, questo vino fu importato nella Sicilia Orientale in tempi an-cora più remoti dagli antichi Greci.Nel 1973 fu uno dei primi vini siciliani ad ot-tenere la D.O.C.Negli stessi anni però a causa di una forte cri-si economica che incombeva sulla zona e di una conseguente reale incapacità produttiva da parte delle aziende del settore, queste ul-time si videro costrette ad estirpare quasi to-talmente i vigneti esistenti per sostituirli con nuovi impianti di agrumeti ritenuti al tempo più redditizi.Prevedendo la normativa, la perdita della DOC in mancanza di produzioni per un perio-do di oltre 40 anni, a metà degli anni 90 la nostra azienda decide di impiantare il vigneto autoctono al fine di recuperare una delle più significative tradizioni della nostra provincia.Il terreno su cui sorge il vigneto è di natura

prettamente argillosa; ciò ha permesso un per-fetto adattamento della pianta, riuscendo così ad ottenere un’alta qualità delle uve.Si aggiunga a questo una condizione climati-ca estremamente favorevole con temperature medie estive intorno ai 35° C, che consentono una raccolta verso la fine del mese di agosto di uve che raggiungono i 28/30° zuccherini.Il mosto dalle uve ottenuto viene fatto fermen-tare ad una temperatura di 17° C. Il vino viene poi riposto a maturare in botti d’acciaio per un periodo di 12 mesi e successivamente affinato in bottiglia per un ulteriore periodo di 12 mesi.Tutto ciò consente di ottenere un’elevata gra-dazione alcolica del vino ed un’alta acidità totale, caratteristiche essenziali che donano un’inconfondibile amabilità alla dolcezza fi-nale del Moscato di Siracusa.

Il sole, la terra e una tradizione millenaria sono la fonte di ispirazione di una sana azienza agricola siciliana

Dall’antica Grecia un lascito di vini DOC e IGT derivati da uvecoltivate e fermentate con saggia maestria. Una eccellenza

3anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

L’avvocato augustano se lo portava appresso in tutti gli appuntamenti, a Lavori Pubblici era di casa

L’inchiesta Comin sull’evasione fiscale da due milioni solleva domandesu Sandro Ferraro, amico di Amara, di Gianni e di Concetto La Bianca

Non c’è stata solo una tem-pesta metereologica in questi 15 giorni a Siracusa. Un’altra tempesta, certo meno visibile ma altrettanto sovvertitrice, si è scatenata ed ha investito il mon-do forense. Gli avvocati sono scesi in scio-pero ma non solo per dissentire nei confronti delle proposte di riforma del loro ordinamento. L’astensione dalle udienze civi-li e penali del 15 e 16 marzo è stata la risposta “al momento di grande tensione e difficoltà che rischia di compromettere l’im-prescindibile e irrinunciabile serenità che l’amministrazione della Giustizia richiede” come si può leggere nel comunicato dell’ordine, là dove quella let-tera maiuscola indica da sola la valenza che si intende dare al presupposto stesso di una ordi-nata e serena convivenza civile. Ad essere stigmatizzati il com-portamento di una certa stampa che ha dato spazio ad articoli “altamente lesivi della dignità e del prestigio dell’Avvocatura intera”, le minacce di nuovi at-tacchi a noti professionisti, av-vocati e magistrati, di cui non si faceva il nome ma la cui identità era facilmente individuabile, la riesumazione “di un provve-dimento di archiviazione di un processo penale nei confronti di un avvocato penalista, che non costituiva affatto notizia di interesse pubblico”. Una sorta di bomba ad orologeria prossi-ma a consumare il suo tempo. Da queste premesse la richiesta della Camera Penale di Siracu-sa di manifestare apertamente il dsiderio di “operare in un clima di serena e corretta ammini-strazine della Giustizia libera da ogni strumentalizzazione”, un’istanza accolta e condivisa dall’Assemblea del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.E che il clima che si respira in città, ma non solo a Siracusa - Augusta, Priolo sono in fibril-lazione e basta partecipare a un incontro, a un convegno per

averne tangibile dimostrazione -, sia pesante, e insieme sospe-so, si è compreso anche dall’ar-rivo degli ispettori ministeriali. Tre giorni alla Procura di Ca-tania, e poi qui a Siracusa per raccogliere la documentazione necessaria a dare consistenza alle ipotesi di incompatibilità ambientale di alcuni magistrati o a fugare ogni dubbio sulla as-soluta terzietà di chi è chiamato a garantire diritti costituzionali intangibili. Una trasferta di qua-si 15 giorni sulla quale il riserbo è quasi assoluto, impenetra-bile. Ma contemporanamente tre esponenti dell’ordine degli avvocati, tra cui naturalmen-te il presidente da poco eletto, l’avvocato Alvise Troja, erano a loro volta in trasferta a Roma per un’audizione avanti alla Commissione per l’incompati-bilità ambientale del Consiglio Superiore della Magistratura. 8 alti magistrati attenti e consape-voli della gravità del momento, della domanda di trasparenza che proviene dalla comunità

siracusana, di chi parla e di chi preferisce tacere, di quelli che sanno e di quelli che pensano di sapere. E non c’è dubbio che l’ordine degli avvocati di Sira-cusa abbia dimostrato in questa circostanza il senso alto della propria funzione istituzionale che non consente, non dovrebbe mai consentire, nè indifferenza nè ossequioso silenzio nè pavi-dità. Materiale documentale, in-formazioni che ora passeranno al vaglio e che presto dovreb-bero incominciare a dare rispo-ste che speriamo siano chiare complete e soprattutto inequi-vocabili per porre fine a veleni e illazioni. Ma questo in fondo è stato il fiu-me carsico del sommovimento in atto. Parallelamente, in altri ambienti, si è mosso altro e i punti di contatto ci sono, si pos-sono agevolemente individuare.Abbiamo già indicato come di particolare importanza l’inda-gine sulla rete illegale di inter-cettazioni e sembra che alcune perquisizioni di questi giorni

caldi, di cui si sussurra, siano da riferire a quel filone. Ma da seguire sono anche i movimenti della Guardia di Finanza e della Polizia Tributaria.In ambedue i casi il punto di partenza è un’evasione fisca-le, spesso il punto debole di un sistema forte come la storia insegna: da una parte nel set-tore degli impianti termici con il sequestro di immobili, au-tovetture, quote societarie, 18 conti correnti aperti presso di-versi istituti di credito dai due indagati ed investimenti per quasi 5 milioni di euro, dall’al-tra nel settore del fotovoltaico. In quest’ultimo caso ad essere caduta sotto il mirino degli in-vestigatori la Comin srl: suo amministratore di diritto Ange-lo Caruso residente ad Avola, in realtà un semplice prestanome secondo le notizie di stampa, e ammnistratore di fatto Alessan-dro Ferraro, detto Sandro Napo-li dal luogo di nascita e molto noto in città. Secondo Siracusa News “Sono attualmente in

corso le operazioni di sequestro del denaro nei conti correnti di pertinenza degli amministrato-ri nonché le quote societarie di diverse società detenute dagli stessi. Nel corso delle attività di perquisizione domiciliare è sta-ta, inoltre, recuperata un’auto-vettura di cui l’amministratore occulto si è appropriato in danno di una società di leasing che ne aveva provveduto a finanziare l’acquisito”, un particolare evi-dentemente rilevante. Di questo personaggio ha parlato Magma nei suoi articoli del novembre scorso in relazione alle vicende che hanno visto l’avvocato Pie-ro Amara e un cancelliere di Ca-tania condannati per l’accesso illecito al sistema informatico della Procura. A un certo punto del racconto Magma riferisce che l’avvocato Amara, volendo farsi fotografare insieme a un giudice ad insaputa di quello per simulare un’estorsione, si rivolse proprio al Ferraro che, successivamente, interrogato dai carabinieri sulla sua profes-

sione, ebbe a riferire di essere collaboratore dell’avvocato Calafiore. Questa del farsi fo-tografare insieme ai personaggi eccellenti con cui veniva a con-tatto era una fissa di Amara, che in molti suoi viaggi in Sicilia, in Italia e all’estero si faceva accompagnare dallo stesso Fer-raro il quale entrava nella stanza in cui l’avvocato e il suo inter-locutore parlavano,, si sedeva in disparte e approfittava di suoi momenti di distrazione per im-mortalare l’incontro con il pro-fessionista augustano.Ma Ferraro, che in un interro-gatorio ammise candidamente questi fatti, non è solamen-te amico di Amara. E’ anche, da tempo, uno dei supporter dell’on. Pippo Gianni e, in ispecie, dell’assessore ai lavori pubblici del Comune di Siracu-sa, Concetto La Bianca. Non è stato infrequente incontrarlo nei corridoi dell’assessorato, dove pare entrasse e uscisse dalle stanze senza bussare, essendo da tutti riconosciu-to come persona che conta nell’entourage. La sua sfera d’influenza, chiamiamola così, si allargava alle imprese che avevano rapporti con il Co-mune ma anche ai consiglieri comunali, persino dell’opposi-zione, tra i quali vanta qualche amicizia che non t’aspetti.Com’è noto, l’inchiesta sulla Comin si è estesa anche perchè gli inquirenti vogliono rico-struire il movimento del denaro prelevato dai conti correnti del-la società. Non sappiamo anco-ra se le perquisizioni effettuate venerdì scorso sono tutte col-legate ma è un fatto che nella stessa giornata sono state per-quisite le abitazioni di Augusta dell’avvocato Piero Amara e del padre Pippo. Comechessia, sono giorni di grande attività delle forze dell’ordine, della Guardia di Finanza e della Pro-cura della Repubblica sulle cui inchieste la città guarda con at-tenzione.

Palazzo Vermexio

Più che un’agevolazione alle imprese, si rischia di produrre al territorio danni irreversibili

Un disegno di legge prevede il controllo in maniera “amichevole”concordandolo con chi lavora materie dannose a salute e ambiente

Il D.L. 5/2012 recante misure urgenti in materi di semplificazione e sviluppo all’art. 14 sem-plifica abolendole tutte le norme riguardanti il controllo ambientale, che dovrà avvenire in ma-niera “amichevole” , cioè concordandolo con chi lavora materie che possono essere dannose all’ambiente ed alla salute.Mentre si può condividere la linea di semplifica-zione delle procedure, di eliminazione di innu-merevoli permessi, spesso duplicati, per agevo-lare le attività produttive, manifestiamo allarme per le norme che riguardano questo campo. L’art. 14, infatti, vanifica tutta la legislazione di controllo in materia di inquinamento ambientale e appare del tutto inattuale in un campo e in una realtà dove i cittadini hanno già grandi difficoltà a difendersi dagli appestatori. Nel campo ambientale non può valere questa

agevolazione all’intrapresa ed il controllo a po-steriori perché i possibili danni sono irreparabi-li. Il “controllo amichevole” in questo campo è di fatto una concessione di libertà d’inquinare. Teniamo presente la realtà di Priolo, di Gela, di Taranto, del Paese in generale che deve faticosa-mente difendersi dal malaffare in un campo dove mafia, camorra, ndrangheta prosperano senza “amicizia”.L’iter del provvedimento non è comunque ter-minato, vi sono altri passaggi parlamentari, in-vitiamo tutti, cittadini enti locali, associazioni, a rivolgersi ai Presidenti del Consiglio, della Camera, del Senato, ai parlamentari e quant’al-tri per sollecitare una piccola e importantissima modifica al decreto che escluda dal procedimen-to “amichevole” i controlli ambientali.

Luigi Caruso

4 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Editrice Associazione

Culturale MinervaViale Teocrito, 71 - Siracusa

Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009

e-mail: [email protected]:

Franco OddoVice direttore:

Marina De Michele

Redazione, Amministrazione:Viale Teocrito, 71 - Siracusa

Pubblicità: cell. 333.1469405

Stampa: Tipolitografia GenyCanicattini Bagni (SR)Telefax: 0931.946013

Confesercenti e Confcommercio chiedono la vigilanza sugli atti e il rispetto della normativa di settore

Arturo Linguanti: “Alla Tecnall ben 5 proroghe del tutto discutibiliE non sappiamo che si farà all’Epipoli dove la scadenza era a fine anno”

di MARINA DE MICHELE

È rimasta senza risposta la richiesta del presiden-te della Confesercenti Arturo Linguanti, avallata e condivisa anche dal presidente della Confcom-mercio Sandro Romano, in merito alla regolarità dell’inizio attività dell’area commerciale inte-grata “Central Park” della Ditta Tecnall, l’outlet di Contrada Spalla. Nonostante Linguanti e Romano abbiano sollecitato un rapido riscontro alle loro domande inviate il 23 febbraio scorso, sia il sindaco di Melilli che il governatore Lom-bardo e il suo assessore alle attività produttive, così come i rappresentanti istituzionali locali, il presidente della Camera di Commercio e quel-lo della Provincia, quindi tutti i componenti di diritto delle conferenze di servizi attraverso cui passa il procedimento autorizzativo, hanno fatto “orecchie da mercante”. Eppure la questione non è di poco conto. “La società Tecnall ha iniziato la sua attività com-merciale effettivamente al concludersi dell’anno 2011, vale a dire a distanza di nove anni dalla concessione del titolo autorizzatorio?” - chie-dono Linguanti e Romano -. Ha cioè rispettato la prescrizione imposta dal decreto assessoriale, che disciplina le attività commerciali, di avviare entro i termini stabiliti almeno l’80% della su-perficie di vendita autorizzata e la restante parte entro i 90 giorni successivi? Perché se così non fosse, e così non è, ai sensi dell’articolo 4 del decreto si viene a configurare la decadenza au-tomatica dell’autorizzazione concessa. E inoltre: “Il Comune di Melilli ha provveduto a verifi-care, tramite i propri organi di controllo, quan-ta superficie di vendita di quella autorizzata sia stata effettivamente attivata dalla Società, per verificare se, nel caso in cui il limite prescrittivo non sia stato rispettato, non sia da considerare a tutti gli effetti decaduta l’autorizzazione n. 54 del 25/02/2002?” Dunque, in altre parole, si sta rispettando la nor-mativa di settore, si stanno esercitando le dove-rose funzioni di vigilanza, o tutto viene lasciato a compiacenti accordi tra le parti in dispregio del-la legge? Sarebbe falso e ingeneroso ritenere il comportamento della Confesercenti, e oggi, con il nuovo presidente anche della Confcommercio, un accanimento immotivato nei confronti della

società che ha realizzato la giurassica struttura. L’ente presieduto da Arturo Linguanti conduce da almeno quindici anni la sua battaglia contro le disfunzioni del sistema commerciale nella pro-vincia di Siracusa (e il problema riguarda tutta la regione). L’insediarsi sul territorio siracusano delle grandi strutture di vendita, senza che sia stato elaborato un organico piano commerciale a livello provinciale, senza tener conto dell’effet-tiva domanda della clientela, sulla scorta di studi di settore che hanno sollevato serie perplessità anche solo a una valutazione meramente logica e razionale, ha determinato una crisi sistemica senza precedenti, ha letteralmente spazzato via un tessuto commerciale fatto di piccole e medie imprese - locali questo è l’aspetto di cui si do-vrebbe tener maggior conto - che non solo ha significato l’impoverimento dei nostri imprendi-tori e di economie familiari già in difficoltà, ma ha anche, da una parte, cambiato lo stile di vita dei siracusani che trascorrono i propri week end negli ipermercati abbandonando i centri cittadini immiseriti dalle tantissime saracinesche ormai abbassate, dall’altra trasformato il nostro territo-rio in una colonia delle multinazionali che assor-

bono come spugne le nostre ricchezze e le trasfe-riscono altrove, lasciando dietro di sé null’altro che povertà e un precariato senza futuro. Per non parlare poi dei danni consequenziali della nostra produzione, in particolare agricola, impossibili-tata a sostenere la competizione con i giganti che invadono il mercato. Queste le motivazioni che hanno visto la Con-fesercenti fortemente critica nei confronti di autorizzazioni rilasciate con troppa facilità a chiunque abbia chiesto di aprire un nuovo mega spazio commerciale e inutilmente impegnata a denunciare, di volta in volta, le tante irregola-rità che hanno contrassegnato le conferenze di servizi: mancato rispetto dei termini di legge, rinnovo ad libitum di concessioni e autorizza-zioni, indifferenza nei confronti della regolari-tà documentale come la reale sussistenza degli indispensabili certificati di agibilità. “Nel caso in discussione, ma è solo l’esempio di un me-todo divenuto prassi costante, per ben 5 volte è stata accordata una proroga alla Tecnall (febbra-io 2004, aprile 2005, settembre 2010, dicembre 2010 e infine dicembre 2011) con motivazioni del tutto discutibili mentre nulla sappiamo di ciò

che si intende fare per il centro commerciale di viale Epipoli la cui ultima, ennesima proroga, è datata al 31 dicembre 2011 e che, per quanto ci risulta, non ha presentato nuove istanze. Non solo, come più volte segnalato, questo regime di proroghe che si susseguono per anni e anni condiziona la libera concorrenza, ma registria-mo anche le difficoltà in cui versano gli esercizi che aprono in centri commerciali ancora provvi-sori. Nel caso dell’outlet di contrada Spalla, per esempio, nel corso delle conferenze dei servizi è stato presentato un programma nel quale, in ma-niera dettagliata, si indicava quale sarebbe stata l’entità del flusso di clientela una volta aperta la struttura. Ma è evidente che una potenzialità del solo 20% attivata, come in realtà è in questo caso, danneggia commercianti costretti a versare mensilmente esosi affitti a fronte di vendite del tutto irrisorie. Dunque la società gestore non ri-esce a mantenere fede agli impegni formalmente assunti. Riteniamo che sia ormai improrogabile il prendere responsabilmente atto dello stato di crisi in essere. I dati più recenti della Camera di Commercio indicano un saldo negativo di 367 esercizi commerciali chiusi in tutta la provin-cia. Come dire che cessa l’attività un negozio al giorno, mentre 1200 persone perdono il proprio posto di lavoro, tutto nella disattenzione e indif-ferenza generale. La grande distribuzione abbandona i nostri mercati lasciando il deserto: Carrefour si ritira non solo dalle città siciliane: Siracusa Catania Palermo, ma anche dalla Calabria e dalla Cam-pania. L’Auchan pare intenzionato a chiudere. E intanto si programmano nuove aperture qui a Siracusa, come a Carlentini, 44mila mq di ven-dita, e Rosolini, 20mila mq. Ci chiediamo se chi ha responsabilità di controllo e vigilanza non debba iniziare a porsi alcune domande come di chi sia la proprietà dei terreni scelti per i nuovi megastore o quale sia l’effettiva regolarità delle procedure autorizzative che devono rispondere a modalità rigorosamente prescritte dalle norme di settore. Crediamo che sia questa la via giusta da seguire e non il vessare, perseguire con accani-mento, i piccoli negozianti colpevoli di insigni-ficanti infrazioni”.

Guai ad arrivare dopo le 7, c’è il rischio di passare negli uffici l’intera mattinata di lavoro

Per prenotarsi alla Serit di viale Santa Panagia sveglia all’albae poi sottoporsi al metodo della pietra piatta con bigliettino

di SALVATORE RAMETTA

Negli ultimi tempi si è parlato molto di attentati dinamitardi alle varie sedi delle Agenzie delle En-trate, ma senza voler arrivare a tanto e biasimando decisamente chi compie questi atti sconsiderati e inutili, forse sarebbe bene che, almeno a livel-lo locale, si prendessero alcuni piccoli provvedi-menti in merito ai criteri organizzativi degli Uffici SERIT di Siracusa. E questo perché credo sia ne-cessario che, in primo luogo, la dignità delle per-sone vada rispettata e non ci si allontani ulterior-mente dal resto della civiltà. Un aspetto davvero singolare riguarda il metodo della prenotazione allo sportello, che è stato integralmente riportato dalla vecchia Sede di Viale Scala Greca. Occorre premettere che qualora ci si debba ne-cessariamente recare ai suddetti Uffici, oggi col-locati in Viale Santa Panagia, bisogna per prima cosa svegliarsi all’alba per non essere costretti a perdere l’intera mattinata. Quindi, arrivati sul po-sto, non più tardi delle 7, prenotarsi. Ma come? A quell’ora? E qui interviene l’ingegno del Si-racusano… Una bella pietra piatta è posta sulla soglia del portoncino d’ingresso agli Uffici e sot-to la pietra va scrupolosamente messo, a seguito degli altri, il nostro bigliettino con il numero di turno! Credo che la pietra sia la stessa già usata nella vecchia sede di Viale Scala Greca, ma an-dava benissimo e l’hanno riciclata (della serie ri-sparmiamo su tutto). La cosa davvero incredibile

è che il metodo è pacatamente accettato da tutti . Gli anziani che non riescono ad inginocchiarsi da-vanti alla pietra, devono solo chiedere a qualche volenteroso in attesa che si genufletterà inserendo il bigliettino numerato del turno. Ma non è finita qui. Arriva finalmente la Guardia giurata che, all’orario d’apertura previsto, racco-glie pietra e bigliettini e inizia a chiamare i nume-ri relativi facendo sfilare dal portoncino in fila indiana gli utenti che dovranno poi ulteriormente prenotarsi ad una macchina di emissione automa-tica di biglietti numerati. Ma i siracusani lo sanno

che esiste la possibilità dell’attesa in fila? Altrove è così ma la nostra pazienza ed il nostro ingegno non hanno limiti e forse il metodo della pietra è più comodo. Nell’attesa si può passeggiare, si può fumare, si può andare al bar. Per migliorare il servizio forse si potrebbe mettere una bella sedia all’ingresso, magari in paglia, ancorata con fil di ferro alle maniglie del portoncino, così pietra e bigliettini sarebbero davvero alla portata di tutti e non si sarebbe costretti a piegarsi la schiena. Della serie “ Chi vivrà, vedrà”.

Arturo Linguanti

5anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

“Società dell’imprenditore si sono passate la commessa tra loro, all’unico scopo di lucrare sulla intermediazione”

di MARINA DE MICHELE

Almeno da quattro cinque mesi, a quanto ci ri-sulta, sono fermi i lavori al porto di Caltagirone, il Marina di Archimede (e lo sono anche quelli dell’albergo contestatissimo di via Elorina di me-desima proprietà). Dicono che il cantiere sia stato in parte smobilitato e d’altra parte non si sa quan-do potranno essere ultimati i lavori al confinante Molo di Sant’Antonio (di fatto una parte del por-to dell’imprenditore romano attualmente nei guai con la giustizia), dove si registra da tre settimane uno stand by dovuto probabilmente a mancati pa-gamenti all’impresa impegnata nelle opere di ade-guamento dei fondali. Ritardi nella consegna dei lavori enormi se si pensa che, sulla carta, le nuove banchine del molo Sant’Antonio avrebbero dovu-to essere ultimate già l’anno scorso. Ma oggi la bufera che si è abbattuta su Francesco Bellavista Caltagirone, agli arresti dal 5 marzo con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato, rischia di complicare ancora di più l’intera situazione e la preoccupazione che emerge è il trovarsi, di fatto, con ecomostri destinati a non essere mai com-pletati o, almeno, a restare così per anni e anni. Sono gli stessi timori del sindaco di Fiumicino, il comune dove è in corso di realizzazione il “por-ticciolo” turistico più grande del Mediterraneo: 1500 posti realizzati con il supporto di Italia Na-vigando, società pubblica controllata da Invitalia, un tempo la più nota Sviluppo Italia. I magistrati di Civitavecchia, un pool guidato dal procurato-re Gianfranco Amendola, hanno infatti ordinato alla Guardia di Finanza di acquisire negli uffici del Comune i documenti relativi alle concessioni e autorizzazioni per verificare al momento solo “un’ipotesi investigativa”, sollecitata da una de-nuncia il cui autore rimane ovviamente top secret.Il sospetto è che, anche a Fiumicino così come a Imperia, sia stato messo in atto il consueto italico meccanismo della corruzione nei confronti degli amministratori pubblici per facilitare l’iter proce-durale e non solo. Ad allertare la procura di Civi-tavecchia quella della città ligure, origine dei guai dell’imprenditore, dove già si è quantificato in 130 milioni di euro l’entità della truffa perpetrata ai danni dello Stato, in concorso con imprenditori e funzionari del comune, per la realizzazione di un porto turistico da 1.300 posti barca. Motore politico dell’operazione, secondo i giudici, l’ex ministro “non a conoscenza” Claudio Scajola. Francesco Caltagirone, a giudizio del pubblico ministero Maria Antonia Di Lazzaro, “attraverso logiche di conoscenza, anziché nel rispetto delle procedure stabilite dalla legge, ha trasformato in una truffa dalle proporzioni gigantesche la prin-cipale opera pubblica nonché occasione di svi-luppo della città”. Sotto osservazione la catena di “subappalti fittizi”, attraverso la quale una serie di “società riconducibili a Caltagirone si sono passate la commessa tra loro, all’unico evidente

scopo di lucrare sulla mera intermediazione”, e la lievitazione dei costi di costruzione per poi ap-propriarsi del 70% delle opere realizzate, quelle più remunerative quali i posti barca. Una permuta definita scandalosa da uno degli indagati che al telefono commenta: “La sproporzione è gigan-tesca: non mi puoi valutare i gabinetti…. i cessi come gli appartamenti”.Al vertice della filiera ideata da Acqua Marcia la società Acquamare, una srl da soli 20mila euro di capitale sociale. Scrive la pm così come riferito dal Secolo XIX: “Il fatto che Acquamare si sia fat-ta finanziare dagli Istituti di credito dimostra che essa non aveva le risorse economiche per procede-re alla realizzazione dell’opera”. Lo attesterebbe la sollecitudine con cui il pool di banche guidato da Unicredit, che vede la partecipazione della Bnl, del Monte dei Paschi e del Banco popolare di Ca-rige, ha immediatamente finanziato l’opera, da 80 milioni di euro, concedendo un fido di 140 milioni, garantendosi con un’ipoteca di primo grado sul di-ritto di superficie e sui beni demaniali. Un’ipoteca insolita quella sui beni demaniali, viene evidenzia-to, ma consentita dal Codice della navigazione che all’articolo 41 recita: “Il concessionario può, pre-via autorizzazione dell’autorità concedente, costi-tuire ipoteca sulle opere da lui costruite su beni demaniali”. In realtà l’autorizzazione del Comune di Imperia arriverà solo due mesi dopo la conces-sione dei fidi, e non prima come previsto dalla normativa, ma soprattutto rileva che, da parte del dirigente del comune, firmatario dell’atto “dietro pressione del suo superiore”, fossero state solleva-te perplessità sulla circostanza che le opere erano ben lontane dall’essere state già costruite. Scrive infatti la Di Lazzaro che probabilmente neanche le banche finanziatrici erano in possesso dello sta-to di avanzamento lavori e a rischiare sono oggi anche loro, proprio per quell’ipoteca che potrebbe rivelarsi nulla.Ma nella vicenda di Imperia emerge anche altro

di particolarmente interessante. Dalle intercetta-zioni si evidenzia infatti “l’arroganza” con cui Caltagirone interveniva sugli amministratori pub-blici della città per ottenere delibere e atti ammi-nistrativi di suo gradimento e come, considerando Scajola e l’amministrazione comunale “una cosa sola”, pretendesse proprio dal ministro un inter-vento per “mettere in riga i suoi” perché il comu-ne “ci rompe il c…”. Caltagirone sembra spadroneggiare: “Si fa pas-sare dal sindaco del pdl la bozza della delibera comunale che definisce i rapporti della parte pub-blica con quella privata e gli corregge gli errori, opponendosi a una verifica sulla congruità degli accordi economici sul porto”. Ogni passo, ogni atto viene ricostruito dai magistrati. Attraverso scatole cinesi Caltagirone avrebbe appaltato i la-vori a società che di fatto controlla, gonfiando i costi a piacere. “L’articolato meccanismo creato per pilotare l’attribuzione dell’appalto – scrivono i giudici – induce a ritenere quanto mai verosi-mile l’esistenza di una sotterranea spartizione di ritorno dei profitti” sebbene ancora le indagini debbano continuare per avere evidenza certa dei fatti e individuare reati di corruzione così come la sussistenza di altri reati quali l’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Ma si va oltre perché, sempre a giudizio della pro-cura ligure, non si tratterebbe di un caso isolato dal momento che, anche nella realizzazione del porto turistico di Fiumicino, un progetto da 400 milioni di euro, è stata utilizzata “la medesima modalità di fraudolenta lievitazione dei costi spe-rimentata a Imperia”: un vero e proprio metodo Caltagirone, dunque. Di qui parte perciò l’indagi-ne di Amendola e dei suoi sostituti che sospettano che le procedure per l’avvio della realizzazione del porto di Fiumicino abbiano avuto la “spinta” decisiva del pagamento di qualche mazzetta, seb-bene il sindaco di quel comune si affretti a opera-re i dovuti distinguo. “Fiumicino non è Imperia.

Le procedure sono differenti: a Imperia si tratta di partecipazioni pubbliche, qui a Fiumicino di un’o-pera privata realizzata con concessioni regionali e permessi comunali (proprio come a Siracusa ndr). I documenti prelevati dagli uffici comunali saran-no utili alla Procura per fare chiarezza, si tratta di accertamenti che serviranno per allontanare ogni dubbio” dichiara Canapini che intanto però si mostra non intenzionato ad attendere l’esito dell’inchiesta ma piuttosto a chiedere un incontro con Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, per “invitare” la Iniziative Portuali, società concessionaria del porto legata all’Acqua Marcia di Caltagirone, a offrire garanzie finanziarie e operative sul completamento dell’opera. “In caso contrario si può anche revocare la concessione” afferma con determinazione.Sull’altro versante appare poi significativa, e di insegnamento anche nelle vicende siracusane, la posizione del capogruppo PD, Esterino Montino, all’epoca della concessione vice presidente della Regione Lazio, che, pronto a distogliere l’atten-zione dagli organismi regionali - “In fondo si trat-tava di lavori tutti a carico del privato e in cambio si erano pattuiti importanti opere di urbanizzazio-ne” -, domanda: “Come mai da un anno non si riunisce la conferenze dei servizi per verificare l’andamento dei lavori, e cosa fa il sindaco, auto-rità di vigilanza designata?”E c’è infine un altro fronte che sembra essere una sorta di lente di ingrandimento grazie alla quale poter abbastanza agevolmente leggere i nomi del-le persone eventualmente compiacenti: il mercato dei posti barca, degli attracchi o anche di immo-bili. Sconti significativi per i parenti, gli amici e i parenti degli amici, nonché rivendita degli stessi a cantiere ancora aperto “con ottimi margini di guadagno”.Intanto si fa strada tra gli osservatori una certezza: se crolla Fiumicino crolla il sistema. E Siracusa fa ormai parte di questo sistema.

Il lungomare Alfeo in Ortigia al tramonto

Probabile class action contro Sai 8 a Solarino e Augusta

Nel capoluogo imminente l’avvio di un’azione legale

Probabile Class Action a Solarino. Ci giunge no-tizia e conferma dell’im-minente avvio di una class action a Solarino, dove un gruppo nutrito di cittadini, assistito gra-tuitamete dall’avvocato Emanuela Scorpo, si sta organizzando per proce-dere contro SAI8. Tra i motivi dell’azione lega-le ci sarebbero l’esosità della fatturazione rispet-

to all’effettivo consumo o la richiesta di somme non dovute in quanto relative ad abitazioni chiuse e la minaccia di distacco della fornitura nonostante l’esistenza di un contenzioso in corso. Ad Augusta alcuni citta-dini, esasperati, si stanno rivolgendo all’avvocato Mario Michele Giarrus-so per l’avvio di un’a-zione collettiva.

Anche a Siracusa pare che sia imminente l’av-vio di una analoga class action relativa alla man-cata riduzione al 50% della tariffa relativa all’acqua non potabile erogata in vari quartieri della città. La Civetta è già mobili-tata per far convergere all’iniziativa quanto più soggetti sociali e studi legali.

Piazzale Marconi, in pochi mesi da fontana pubblica a pozzo asciutto

Anche a Fiumicino c’era un vero e proprio metodo CaltagironeSe crolla questo porto crolla il sistema, e noi ci siamo dentro

6 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

“L’intera gara sembra viziata. Appare più un’intermediazione di manodopera che l’affidamento di un servizio”

Gestiva per l’ASP la pulizia, ora PFE ottiene l’appalto per i collaboratorisanitari e ausiliari nelle RSA del Rizza e dell’ospedale di Lentini

di MARINA DE MICHELE

È stata la ditta PFE (Puligienica Facility Esco), con sede legale Milano e sede amministrativa in Sicilia, a Caltanissetta, ad aggiudicarsi la gara d’appalto indetta nel dicembre scorso dall’Azienda Sanitaria Locale per l’esternalizzazione dei servizi di collaboratore professionale sanitario e di ausilia-riato presso le Residenze Sanitarie Assistite (RSA) da attivare temporaneamente - l’appalto è di soli 12 mesi - presso il Nuovo Ospedale di Lentini (a regime 45 posti letto, di cui 10 riservati a pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer) e il Rizza di Si-racusa (20 posti letto).La ditta, sul mercato dal 2004, con capitale socia-le di 815mila euro, è attiva in particolare, ma non solo, nei settori di progettazione ed erogazione di servizi di pulizia e disinfezione in ambito civile, industriale nonché ospedaliero, di facchinaggio e custodia di beni immobili, servizi alberghieri (ausiliariato e reception), manutenzione del ver-de pubblico e giardinaggio, ed ha appalti in tutta Italia. È stata creata da Totò Navarra, originario di Mussomeli (provincia di Caltanissetta), emigrato a 18 anni in Inghilterra, e poi rientrato in Italia dove è divenuto responsabile di questa ditta per la qua-le sull’intero territorio nazionale lavorano più di 2.300 dipendenti e che si avvale, per l’amministra-zione e i rapporti con gli enti, di un nutrito gruppo di professionisti: commercialisti, avvocati, consu-lenti del lavoro e ingegneri. Insomma una bella espressione di un self-made man siciliano. La PFE già svolge per l’ASP provinciale il servi-zio di pulizia e, come risulta dal proprio sito web, “ha partecipato con grande entusiasmo e grande orgoglio dei propri collaboratori e di tutta l’Am-ministrazione alla cerimonia di inaugurazione del Nuovo Ospedale di Lentini che si è svolta il 17 ottobre scorso a fianco delle molte autorità civili, militari e religiose”, di certo condividendo la gioia di un ampliamento delle proprie opportunità occu-pazionali. Ma l’aggiudicazione dell’appalto di cui si è detto, contro la quale già sono stati presentati ricorsi da parte delle ditte escluse, ha lasciato per-plessi tanto la Funzione Pubblica della Cgil quanto il presidente di Confcooperative Salvo Leone per una serie di motivazioni che, comunicate al re-sponsabile amministrativo dell’Azienda Sanitaria, sono attualmente oggetto di attenta valutazione da parte dell’Asp.“Sappiamo che l’azienda sanitaria sta prendendo in seria considerazione le nostre richieste. Ovvia-mente si tratta al momento di chiarimenti necessari a diradare alcuni dubbi senza assolutamente voler avversare immotivatamente la ditta PFE – chiari-

sce subito il dottor Salvo Leone -. Nel disciplinare di gara, un appalto di oltre un milione e 300mila euro a pieno regime dei posti letti occupati, si defi-niscono le professionalità necessarie in 22 turni di operatori socio sanitari e 13 turni di collaboratore professionale sanitario-infermiere. Trattandosi di attuare piani di assistenza individualizzati, si ri-chiede correttamente che il personale sia idoneo e qualificato oltre che regolarmente assunto”. Ciò che non è del tutto chiaro quindi è se la figura dell’OSS sia realmente presente in questa impresa che si occupa prevalentemente di pulizie. La PFE ha infatti indicato nella sua offerta un contratto di multiservizi nel quale sembrano non figurare le mansioni richieste dal bando di gara. Inoltre per abbattere i costi e fruire di importanti agevolazio-ni fiscali dichiara di far ricorso alla legge 407, la quale prevede lo sgravio contributivo totale, sia ai fini previdenziali che assistenziali (Inps-Inail), fino a 36 mesi, nel caso di assunzione di operai iscritti nelle liste di collocamento da almeno 24 mesi quali disoccupati o con minimo reddito, non superiore agli 8mila euro annui. La ditta comunica di aver già preliminarmente ricercato nelle liste di colloca-mento, territoriali e regionali, proprio le figure pre-viste dal disciplinare di gara che siano in possesso dei requisiti richiesti. Sebbene la PFE dichiari di poter fornire elementi probatori che attestino ciò, si ritiene opportuno che l’Asp verifichi da subito la qualità professionale, il possesso di titoli idonei delle persone individuate proprio per la delicatezza delle mansioni che saranno loro affidate nella cura delle persone. A lasciare anche perplessi è il fatto che il ricorso alla 407 prevede un’assunzione a tempo indetermi-nato del personale così individuato. “È forse anche questo un problema dell’Asp?” chiediamo a Leone.“Un problema etico direi, visto che l’appalto è di soli 12 mesi. Le altre partecipanti al bando infat-ti non si sono rifatte alla 407 che indubbiamente consente di risultare più competitive. Il problema è forse a monte: di per sé la logica del criterio dell’of-

ferta economicamente più vantaggiosa appare ve-ramente discutibile nel settore sanitario dove in gioco è la salute dei pazienti, non un’attività come un’altra”.Ed anche su un altro aspetto si chiede una maggio-re attenzione. Quali requisiti considerati indispen-sabili per la partecipazione alla gara vi sono tanto l’attestazione di aver svolto almeno un servizio di ausiliariato in ambito sanitario quanto l’esibizione per il triennio 2008-2010 di un fatturato globale di-chiarato di valore pari o superiore a 1.333.800 euro, cioè di uguale valore dell’appalto in essere, nonché di un fatturato specifico annuo proprio nell’ambito del servizio di ausiliariato sanitario pubblico e pri-vato, sempre per lo stesso triennio, non inferiore a 600mila euro. “Bene – aggiunge Leone -: a noi sembra che il termine “ausiliariato” usato nel disci-plinare di gara sia troppo generico, onnicompren-sivo, perché una cosa è espletare servizi di pulizia, disinfezione eccetera, altra avere a che fare con la cura della persona: eppure sia un’attività che l’altra rientrano nella stessa definizione”. È’ indispensabile dunque che l’Asp verifichi ef-fettivamente quali siano stati i servizi effettuati dalla società e che lo faccia sollecitamente perché l’intenzione che sembra emergere è di convocare quanto prima un tavolo all’ufficio del lavoro seb-bene si dimostri fiducia nell’azione di ulteriori ve-rifiche promesse dall’Azienda.In realtà problemi sul tipo di contratto che la PFE intenderebbe applicare per il proprio personale sono stati sollevati anche dalla Cgil che ha indi-viduato ribassi eccessivi sulla paga oraria: per gli OSS dai 18,50 indicati dall’Asp a 13,67 e per il collaboratore sanitario professionale da 23,50 a 17,36, retribuzioni da contratto di pulizie e non da cooperative sociali o di sanità privata. La figura professionale dell’OSS richiesto dall’Asp – dicono al sindacato - ha un preciso percorso formativo che culmina con l’acquisizione di uno specifico diplo-ma; le mansioni da svolgere sono ben individuate e riguardano la cura della persona e non la pulizia di ambienti. Ne consegue che non è affatto appli-cabile il CCNL per il personale dipendente da im-prese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi come intenderebbe fare la PFE. “Tale contratto - dichiara Enzo Tomasello - non prevede in alcun punto dell’articolato la figura dell’Opera-tore Socio-Sanitario. Per quanto riguarda invece la figura del Collaboratore Professionale Sanitario-Infermiere, sia che vengano applicate le tabelle ministeriali sul costo del lavoro per le “cooperative del settore socio-sanitario-assistenza-educativo e

di inserimento lavorativo” sia che la PFE applichi il contratto AIOP di sanità privata, il ribasso offerto è molto lontano dalla possibilità di garantire l’ap-plicazione dei contratti citati, anche considerando gli sgravi contributivi previsti dal ricorso alle liste di collocamento. A dire la verità - continua Toma-sello - l’intera gara sembra viziata. Di fatto così come aggiudicata, la gara appare più un’interme-diazione di mano d’opera che l’affidamento di un servizio ad una ditta”. E in verità che qualcosa non quadri sembra do-versi evincere da una sentenza del Tar di Catania che in sostanza accoglie quanto rilevato in quella occasione dall’Osservatorio regionale della Sici-lia per le imprese di pulizia (e che noi crediamo sia applicabile alla fattispecie). Per l’Osservato-rio “l’offerta doveva essere considerata anomala, perché la ditta, per affrontare il costo del perso-nale necessario per attuale il servizio di pulizie, e per giustificare il ribasso praticato rispetto al prez-zo a base d’asta, ha inteso usufruire degli sgra-vi contributivi offerti dalla legge 407/90. Ma le motivazioni che le ditte partecipanti ad una gara d’appalto adducono per giustificare i ribassi d’a-sta “devono riferirsi a fatti certi ed attuali, e non a eventi futuri e incerti…”. Inoltre, le norme che tali agevolazioni prevedono “favoriscono solamente le imprese che effettuano nuove assunzioni, fra le quali… non possono essere ricomprese quelle munite di sufficiente personale, come la ditta, pre-cedente gestore del servizio, che non necessita di incrementare il proprio organico”.Conseguentemente, per l’Osservatorio se tali disposizioni, nazionali e regionali, “si applicas-sero anche in sede di gara d’appalto per l’affi-damento di servizi di pulizia si finirebbe con il privilegiare le imprese capaci di assumere nuovi lavoratori, violando, in tal modo, i principi di libera concorrenza e della par condicio sanciti sia dall’art. 92, 1° comma, del trattato CEE, sia dall’art. 41 della Costituzione. Infatti, si verreb-be a creare, già al momento della presentazio-ne delle offerte, una disparità di trattamento fra l’impresa partecipante già esercente il servizio e le nuove ditte offerenti che, a differenza della prima, potrebbero invocare l’erogazione di con-tributi regionali per giustificare i ribassi pratica-ti”. Infine l’Osservatorio rileva anche che nella sua scheda tecnica la ditta aggiudicataria “non ha indicato in che maniera intende utilizzare gli addetti uscenti che, in base alle leggi che regola-no il settore, hanno diritto alla conservazione del posto”. Le similitudini appaiono evidenti.

Enzo Tomasello (CGIL)

7anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

“I detenuti nella cella liscia, insieme agli ergastolani, sono considerati carne da macello”

La madre di Alessio Attanasio (41 bis): “Tre giorni di faticheper un’ora con lui e non posso nemmeno abbracciarlo”

di LUCIA ATTANASIO

Pubblichiamo la testimonianza resa in un recente convegno a Firenze da Lucia Attanasio, madre di Alessio, ritenuto (Wikipedia, Storia della mafia siracusana) “il capo della criminalità siracusana”, che sarebbe divenuto tale nel 2005 in seguito al suicidio del boss Bottaro di cui aveva sposato la figlia, anche se la madre difende con forza “la sua innocenza”. Lo facciamo sia perché conosciamo da tempo Lucia Attanasio, come

conoscevamo il defunto marito Nino, da decenni ferventi cattolici in una comunità neo catecumenale di Siracusa, sia perché “La Civetta” perse-gue il principio contenuto nel terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Spesso questo principio all’interno delle carceri è ignorato, come attesta anche un magistrato di Potenza che l’1 dicembre scorso ha scritto al “Quotidiano della Basilicata” una lettera il cui contenuto offriamo ai nostri lettori.

Sono la madre di Alessio At-tanasio, detenuto al 41 bis. Da marzo, finita di scontare la condanna per associazione mafiosa, mio figlio dovrebbe essere fuori ma le persone preposte non intendono li-berarlo perché c’è ancora un processo in corso dove un pentito vomita accuse non suffragate da alcuna prova, e allora ogni scusa è buona nell’attesa dell’esito. Il grande errore di mio figlio fu quello di sposare la figlia di un boss e, dopo la morte per suicidio di quest’ultimo, le forze di polizia e i magistrati hanno voluto donargli a forza lo scettro di successore e da allora per lui non c’è stato più scampo; qualsiasi cosa succe-deva in città il capro espiatorio era Alessio. Da sette anni mio figlio è separato dalla moglie, ma nessuno vuole tenerne conto e per qualsiasi indagine le forze dell’ordine sembrano fare copia e incolla dei verbali redatti molti anni prima.La nostra è una famiglia di ceto medio, onesta, religio-sa. Al momento dell’arresto Alessio interruppe gli studi. Mio marito, adesso defunto, serviva lo Stato nella Pubbli-ca Sicurezza ed io sono un’in-segnante in pensione. Quando mio figlio fu arrestato, mio marito diede le dimissioni ma il Prefetto, conoscendo il suo valore, le sue qualità, la sua integrità, gli chiese di tornare e per un mese tenne sospese quelle dimissioni che mio ma-rito non ritirò. In carcere mio figlio riprese gli studi ma tro-vò enormi difficoltà perché fu ostacolato in tutti i modi. La sua tenacia, però, la sua de-terminazione gli hanno fatto superare ogni cosa ed ha rag-giunto la sua meta laureando-

Fallimento totale, default di diritto, assenza di umanità di uno Stato che viola la Costituzione

Hanno venti minuti di aria al giorno, dopo 23 ore di convivenzatra sei persone in celle della superficie di dodici metri quadrati

di *GAETANO BONOMI

Ben 70 mila esseri umani detenuti – come ani-mali – in spazi chiusi, dalle dimensioni esigue, in grado di accogliere tutt’al più 40.000 persone, ripartiti su appena 201 istituti di pena; sessanta suicidi nelle patrie galere d’Italia nel solo anno 2011; venti muniti di aria al giorno, dopo una convivenza di circa 23 ore al giorno per non meno di sei persone in celle della superficie di due metri per sei.Sono queste le cifre salienti e i numeri del falli-mento totale, del default di diritto, dell’assenza

di umanità, del carattere quasi delinquenziale di uno Stato che violando palesemente l’articolo 27 della Costituzione, va ad accomodarsi, udite udite, alle celebrazioni per l’avvenuta elimina-zione da parte di alcuni stati africani (Gabon e altri) della pena di morte, mentre in casa propria continua poi ad applicare una pena come la re-clusione fino alla morte.La sensazione di nausea che affligge molti degli operatori del diritto chiamati ad occuparsi, nei vari ruoli di avvocato, magistrato, assistente so-

ciale, agenti di polizia penitenziaria, degli esseri umani da cui è popolato il pianeta carcerario è sicuramente di intensità pari se non superiore all’assoluto disinteresse pure manifestato per la sorte di tali individui da parte di altri cosiddetti operatori della materia, da cui i detenuti sono ve-rosimilmente considerati alla stregua di cavie da laboratorio, suscettibili, in quanto tali, si “mera osservazione e valutazione scientifica”.Ma quand’è che saremo tutti un po’ più seri, ri-nunciando ad atteggiamenti manichei e di puro

perbenismo, per cui quell’amnistia che è chiesta da gente seria e onesta qual è quella che milita nel partito radicale va respinta o quanto meno guardata con sospetto, solo perché uno Stato incapace non solo deve continuare a far morire le persone in carcere, ma deve anche tentare di apparire (a chi?) come uno Stato munito di una cosiddetta etica, che in realtà non sembra pos-sedere?

Sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Potenza

si in Scienze della Comunica-zione con il massimo dei voti: centodieci e lode. Questo tra-guardo anziché essere tenuto in considerazione come un merito è ritenuto un motivo a discapito, infatti quelli che dirigono i lager dove vivono i detenuti al 41 bis ritengono che una persona intelligente e colta come mio figlio ha la possibilità e la capacità di di-rigere meglio l’associazione e i loschi traffici senza tenere conto che la censura blocca qualsiasi missiva sospetta.Per Alessio l’inferno sulla ter-ra è stato vissuto nel carcere di Opera dove è stato sottopo-sto a continue punizioni per-ché non era tollerata la penna facile con la quale mio figlio faceva continui ricorsi per chiedere i suoi diritti che con quel regime sono già molto pochi e quei pochi gli erano negati, Alessio doveva solo abbassare il capo, strisciare e sopportare in silenzio ogni

cosa: Alessio non intendeva sopportare i soprusi di ogni genere e ricorreva legalmente con carta e penna. Per questi motivi, al 41 bis gli aggiunse-ro il 14 bis e dopo una dispu-ta col direttore fu accusato di grave condotta nei confronti del dirigente e per questo iso-lato nel padiglione dei malati psichiatrici gravi, nella “cella liscia”, col solo letto e il ma-terasso che puzzava di urina e null’altro. La finestra era schermata e la porta blindata con lo spioncino chiuso, era luglio e c’era un caldo soffo-cante. Aveva solo quello che indossava: pantaloncino, ma-glietta, ciabatte, niente cam-bio, niente occorrente per la pulizia personale.A giorni doveva dare un esa-me e, oltre a togliergli i libri, carta e penna, cercarono in tutti i modi di farglielo salta-re. Dopo tre giorni di questo inferno, senza la possibili-tà di uscire all’aria, di colpo

gli portarono gli abiti e tut-to l’occorrente per lavarsi e sbarbarsi; quella mattina do-veva comparire in video con-ferenza per sostenere quell’e-same che avevano tentato inutilmente di fare annullare. In una lettera mio figlio mi scrisse che lì non si sentiva al sicuro, è chiaro dunque che temeva per la sua vita. Una lettera fu spedita dal suo av-vocato alla Corte di Giustizia europea, ma nessuno si fece vivo per un’ispezione. Mio figlio è stato poi trasferito per l’intervento del Garante dei diritti delle persone private della libertà della Regione Si-cilia, Ha continuato a studia-re, ha raggiunto il suo scopo laureandosi e continua a lot-tare per riacquistare la libertà che gli negano per le accuse di un pentito che, nonostante sia stato sconfessato da parec-chi testimoni, viene ritenuto credibile dai magistrati.Nelle carceri non c’è bisogno soltanto di riforme struttu-rali ma anche di indagini sul comportamento degli opera-tori a contatto con i detenuti, che, quando approfittano del loro stato di superiorità sui detenuti, dovrebbero anch’es-si essere sottoposti a giudizio ed essere puniti e condannati per le loro azioni. Ma nessuno si interessa di come vivono i detenuti al 41 bis perché, in-sieme agli ergastolani, sono considerati carne da macello. Ci sono testimonianze di tan-te morti che avvengono nelle carceri, spesso per suicidi ma talora anche per le conseguen-ze di pestaggi. Che cosa si fa per queste vite soppresse? Si inizia a fare indagini e poi non se ne sa più niente. Ringrazio Dio che mio figlio è riuscito a sopravvivere.

A Siracusa io vivo nell’attesa quotidiana di notizie di mio figlio che spessissimo arriva-no con molto ritardo perché, oltre alla censura, c’è anche la comodità che si prendono i secondini nella spedizione delle lettere, che spesso non arrivano per niente. Per ovvia-re a questi inconvenienti sia io che mio figlio siamo costretti a scrivere per raccomandata ce-lere. Potrei vedere mio figlio una volta al mese, ma Terni è molto lontana da Siracusa e oltre alla difficoltà per il lungo viaggio c’è anche la questione economica che incide molto sulla pensione. Quando posso andare parto col treno delle 19 da Siracusa e arrivo la mattina dopo alle 9,30. Vado a trovare mio figlio e non posso abbrac-ciarlo e baciarlo come deside-rerei fare perché un vetro blin-dato a tutta altezza mi separa da lui, posso stare con lui solo un’ora. Il treno per il ritorno è la sera, perciò rimango tut-

to il giorno in giro senza ave-re dove andare sopportando una stanchezza che per i miei settant’anni è ormai terribile. Rientro a casa il giorno dopo, perciò per parlare solo un’ora con mio figlio manco da casa tre giorni.Mi privo di molte cose per non far mancare a lui la som-ma che gli mando mensilmen-te e che gli serve per l’acqui-sto di prodotti per l’igiene, di prodotti alimentari, di fran-cobolli, carta e penna per scrivere, per le tenacissime raccomandate, per la telefo-nata che mi fa quando io non vado a trovarlo, per spedirmi il pacco con gli indumenti da lavare. La pena che vive una madre è indescrivibile perché sa quello che soffre il figlio, il pensiero è sempre rivolto a lui che non c’è e che per mol-ti mesi non posso vedere. La tortura non è solo per i dete-nuti al 41 bis ma è anche per i genitori di questi detenuti.

Lucia Attanasio Alessio Attanasio

8 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Con una iniziativa definita “mail bombing” il popolo dei Comitati ha subissato di e-mail i deputati

La Legge regionale sull’acqua pubblica all’esame della IV CommissioneI promotori: vigileremo sull’operato dei componenti e ne daremo conto

di CONCETTO ROSSITTO

La IV^ Commissione Ambiente e territorio ha avviato, il 13 marzo scorso, la trattazione del pri-mo testo di legge promosso nella nostra Regione per iniziativa popolare e dei consigli comunali e provinciali, per ripubblicizzare l’acqua in Si-cilia.Il Comitato promotore della legge, il Forum Si-ciliano dei Movimenti per l’Acqua e i Beni Co-muni e il Coordinamento degli Enti Locali per l’Acqua Bene Comune, intenzionati a tallonare la Commissione, hanno intrapreso due iniziati-ve. Hanno diramato un loro comunicato stampa in cui “chiedono con forza ai componenti della IV Commissione che venga rispettata la volontà popolare espressa dalla maggioranza degli elet-tori col Referendum di giugno. Una indicazione politica chiara, che mette tutte le parti politiche di fronte alla responsabilità di fare uscire i pri-vati dalla gestione del bene comune primario sul quale non si devono fare profitti”. In tale co-municato hanno inserito una promessa (delica-tamente e vagamente minacciosa), un auspicio (un po’ ruffiano) ed una considerazione (amara e realistica): “Vigileremo sull’operato di ognu-no dei 14 Componenti, che dovranno rispondere innanzi tutto ai 2.079.819 siciliani che il 12 e 13 giugno hanno detto col 97,9% Sì all’acqua Bene Comune. Confidiamo nella loro volontà di mettersi in sintonia con gli elettori. La nostra Regione ha già visto il fallimento delle gestioni privatizzate, ed i cittadini stanno già pagando a caro prezzo scelte politiche sulla cui legittimità e trasparenza ci sarebbe molto da dire.

Oltre al comunicato, di cui abbiamo riportato un breve stralcio (commentandolo), il popolo dell’acqua ha fatto ricorso ad un’altra iniziativa definita “mail bombing”: ha subissato di e-mail i deputati regionali componenti la IV Commis-sione. Ecco il testo della mail bombing, a nostro avviso, edulcorato come una carezza. L’esordio suggerito dai rappresentanti ragionali del Forum era: “Gentile Onorevole”. Qualcuno ha preferi-to sostituire il vocativo iniziale con una formula più asciutta. “Signor Deputato, Le scriviamo per ricordarLe che il testo di legge “Principi per la tutela, il go-verno e la gestione pubblica delle acque. Ade-guamento della disciplina del servizio idrico alle risultanze del referendum popolare del 12 – 13 giugno 2011” che è chiamato a discutere, è la sintesi di un lungo percorso partecipato trasver-salmente dagli Enti Locali e dalle Associazioni di tutta la nostra Regione, costituite in Coordina-mento Nazionale degli Enti Locali per l’Acqua Bene Comune e Forum Siciliano dei Movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni. Gli stessi sogget-ti che hanno dato vita al Comitato Referendario Regionale “2 Sì per l’Acqua Bene Comune ”che ha portato anche in Sicilia la maggioranza degli elettori al voto con percentuali per il Si anche superiori a quelle nazionali.“Riteniamo che la proposta di legge sottoposta alla Vostra approvazione, programmaticamente ispirata ai più recenti sviluppi della legislazione interna e comunitaria, rappresenti uno strumen-to avanzato ed originale in grado di realizzare

una riforma organica della materia che potrebbe benissimo essere assunta quale modello per una nuova disciplina nazionale del settore, dando risposta alla richiesta di una gestione pubblica in grado di coniugare il soddisfacimento di un bisogno primario con la lotta al dissesto idroge-ologico ed uno sviluppo economico compatibile con le ragioni della difesa dell’ambiente. “Questo il valore politico nazionale, oltre che regionale, di questa proposta di legge, che con-sentirebbe di sanare, in un ambito legalitario, le innumerevoli storture che in questi anni hanno contraddistinto le privatizzazioni in Sicilia.“Una occasione unica per tutte le parti politiche per dimostrare sintonia e capacità d’ascolto della volontà del Popolo sovrano, della legittima aspi-razione degli Enti Locali, 140 Comuni ed una Provincia, e dei 35.000 cittadini che hanno pro-mosso la legge.

Le battaglie si vincono se si ha memoria lunga, si è coesi, si mira insieme a raggiungere gli obiettivi

La Civetta in queste elezioni svolgerà un ruolo politico extrapartiticoSi voti secondo le proprie idee ma non si scordino i trascorsi dei candidati

La Civetta continuerà a dare spazio alle iniziative e alle informazioni pro-venienti dal popolo dell’acqua, cioè dai mille comitati, associazioni, mo-vimenti, riuniti in Sicilia nel Forum Regionale dei movimenti per l’Acqua e per i Beni Comuni. Tale galassia di cittadini attivi non se ne staranno con le mani in mano e vigileranno sull’in-tero iter parlamentare del disegno di legge, del nostro disegno di legge, nel senso che è esso è frutto della prima proposta di iniziativa popolare che sia stata presentata in Sicilia attraverso il meccanismo previsto dalla legge 1/2004 (di cui fu relatore il deputato del nostro territorio Egidio Ortisi). La proposta di legge in questione reca la firma di una marea di elettori, ma è stata presentata anche (ad abundan-tiam) da 140 Enti Locali (Comuni dell’isola e Provincia di Messina). Il testo è stato poi integrato anche col precedente, presentato dal deputa-to regionale Giovanni Panepinto del PD, sindaco di Bivona, che nel suo comune ha promosso un referendum sulla gestione pubblica dell’acqua, consultazione che ha fatto registrare la presenza alle urne del 71,6 % dagli elettori e, tra i votanti, il 98,46 % di sì. Mobilitazione dei cittadini, vittoria referendaria, esercizio dell’iniziativa legislativa popolare sono tutti sintomi evidenti di un risveglio della coscien-za civica, che i sindaci e i politici più accorti non stanno trascurando affatto di tenere nella giusta considerazione. Qualcuno che non lo ha fatto adesso viene dato come sicuro perdente o viene indotto, prudentemente, dai suoi amici persino a non ricandidarsi alle elezioni della prossima primavera. Il popolo dell’acqua, assolutamente

trasversale rispetto ai partiti esistenti, sta diventando un soggetto politico in grado di influire sulle scelte determi-nanti. Ed è costituito in massima parte da cittadini che non hanno ambizioni di carriera politica, ma forse sempli-cemente l’ardire (qualcuno direbbe la velleità) di mettersi di traverso alle mire di chi fa della politica strumento dei suoi interessi personali e forse an-che di quelli di consorterie, cricche e compagni di cordata. Questo rinascente impegno civico (che si richiama ai valori testimonia-ti da Placido Rizzotto, da Giovanni Falcone, da Paolo Borsellino, da uno stuolo di magistrati, da Rodolfo Par-maliana, da Alberto Bertuzzi e mille altri cittadini che hanno con intran-sigenza resistito a testa alta contro le angherie, i soprusi e il malaffare, da qualsiasi parte provenissero) trova oggi spazio attraverso la libera stam-pa, come La Civetta, attraverso i net-work e la rete, preziosissima per la posta elettronica. La Civetta è giusta-mente orgogliosa di contribuire a dar voce al popolo dell’acqua ed ai movi-menti di cittadinanza attiva, solidale, ambientalista, responsabile della cosa pubblica e pronta a difendere gli inte-ressi comuni e l’incolumità collettiva da qualsiasi attentato: cementifica-zione selvaggia, tentativo di insedia-menti di una colossale bomba come il temibile rigassificatore, gestione pri-vata dell’acqua pubblica con profitto garantito per legge, fornitura di acqua non potabile a prezzo di acqua potabi-le, intrecci di potere… Fedele a questa linea, La Civetta darà voce a quanti sorveglieranno l’iter parlamentare della nostra legge di iniziativa popolare che punta alla ri-

pubblicizzazione del servizio idrico in Sicilia. Se i nostri deputati regionali vogliono rendersi utili alla cittadinan-za e fare ciò che essa chiede a gran voce, con la sua mobilitazione, col referendum, con l’attivazione (per la prima volta!) dell’iniziativa popolare e degli Enti Locali, sappiano che de-vono solo affrettarsi a votarla, senza permettersi di stravolgerla. Non sa-rebbero perdonabili! Già da tempo qualcuno di loro gracida a favore della ripubblicizzazione, bocciata dai cittadini. Qualche altro in occasione del Convegno svoltosi a Floridia il 20 novembre del 2009 con la presenza di Panepinto si espresse pubblicamen-te per la difesa dell’acqua pubblica e promise un suo impegno in tale dire-zione, smentendolo successivamente, in dichiarazioni rilasciate ad un noto quotidiano, in cui si è pronunciato a favore della continuità dell’affida-mento al gestore SAI8. Ci riferiamo a Bonomo. Un altro, Pippo Gianni, aveva in tale occasione assicurato che avrebbe vo-tato e fatto votare a favore dell’acqua pubblica, ma a brevissima distanza di tempo i consiglieri comunali di Flo-ridia che lo tengono come referente votarono contro una mozione. Ci ri-feriamo alla seduta del Consiglio Co-munale del 28 novembre 2009, in cui fu discussa la mozione che chiedeva di riconoscere il servizio idrico “privo di rilevanza economica” (per sottrarlo alla malasorte della privatizzazione) e di impegnare il C.C. stesso a sostenere la proposta di legge per la ripubbliciz-zazione di tale servizio. Il risultato della votazione finale fu il seguente: su sedici consiglieri presenti 12 vota-rono contro e solo 4 a favore.

Votarono contro: i consiglieri del PDL (Battello, Idà, Limoli, Sala, Sarcià e Scorpo); i consiglieri di Nuove Idee (Germano e Teodoro); i consiglieri dell’UDC (Agnello, Brancato e Giar-ratana); il consigliere dell’MP (Getu-lio). Votarono a favore i consiglieri del PD (Caccamo, Fontana e Garofa-lo) e il consigliere del PDL (Marino).L’amministrazione Spadaro troppo frettolosamente, il 7 maggio 2009, aveva già consegnato gli impianti idrici e i ruoli per la riscossione della tariffa a SAI8, mentre il piano presen-tato dal gestore prevedeva la presa in carico del servizio idrico floridiano nella seconda tranche, cioè nel 2010, non essendo la SAI8 in grado di as-sicurare da subito la gestione su tutto l’ambito. Eppure aveva vinto la gara (sia pure con le illegittimità riscontra-te dalla sentenza del CGA). E non si era, dunque, proposta per la gestione unitaria su tutti i Comuni dell’ambito? O la gestione unitaria è divenuta un dogma solo dopo? Ma questo è un di-scorso che appartiene ad altro capitolo di questa fosca vicenda.Giova riferire e richiamare alla memo-ria collettiva tali circostanze, ora che vari personaggi scalpitano per trovar spazio all’interno di partiti, partitelli ed alleanze, in cerca di un successo elettorale, magari barando nell’esibire la loro immagine, i loro trascorsi e la loro identità politica. Come qualcuno che, pirandellianamente, di identità ne ha una per ogni occasione, nessu-na coerente e sincera e… centomila accumulate nel corso del tempo. Ci chiediamo e chiediamo ai lettori che ci azzecchi con Italia dei Valori uno dei consiglieri comunali sopra citati, uno che militava allora (appena due

anni or sono) nel PDL, uno che figura nell’elenco dei 14 che votarono contro la mozione del popolo dell’acqua. Del quale i veri appartenenti ad IdV han-no fatto e fanno parte con convinzio-ne! Ma forse la domanda è destinata a rimaner dispersa nel vento, poiché qualche persona solitamente ben in-formata segnala già quel personaggio in navigazione su una rotta con dire-zione UDC. Forse vi si troverà più a suo agio, tra seguaci di un noto po-litico nazionale notoriamente lega-to a Caltagirone e agli interessi dei privatizzatori. Gli auguriamo buona navigazione: acqua davanti e vventu darreri… con quel che segue nella no-tissima espressione idiomatica che ci piace incastonare qui, con buona pace di coloro a cui non va giù il nostro dialetto o la nostra lingua regionale arricchita da contributi dell’adstrato dialettale. Ci piacerebbe che IdV fosse più prudente nel reclutamento dei suoi candidati, dopo l’incresciosa espe-rienza fatta con Scilipoti, ma forse il nostro invito alla prudenza risulterà superfluo se qualcuno è già in viaggio verso una nuova Itaca. La Civetta fornirà ai lettori ed ai cit-tadini tutte le informazioni utili per giudicare politici ed amministratori della città e del territorio provincia-le in relazione al loro operato pro o contro gli interessi comuni. Il giorna-le non parteggerà per questa o quella forza politica, ma riferirà e ricorderà agli elettori di qualsiasi orientamento elementi utili affinché sappiano giu-dicare le persone in relazione ai loro comportamenti.Ciò sarà utile per i cittadini liberi elet-tori. E tanto ci basta.

Concetto Rossitto

“Per questo Le chiediamo, dopo averlo valuta-to, di approvare il testo di legge, soppesando at-tentamente l’introduzione di emendamenti che possano alterarne i contenuti, e poi di sostenerlo in Aula.“Le auguriamo quindi un buon lavoro, anche per conto dei 2.079.819 siciliani che il 12 e 13 giu-gno si sono recati alle urne per dire col 97,9% Sì all’Acqua Bene Comune, fuori i profitti dall’Ac-qua, e che attendono l’attuazione legislativa di quel plebiscito.“L’approvazione del testo di legge darebbe alla Sicilia una riforma organica del settore in grado di coniugare il soddisfacimento di un bisogno primario nella forma pubblica e partecipativa, con la lotta al dissesto idrogeologico ed uno sviluppo economico compatibile con le ragioni della difesa dell’ambiente”.Oltre a curare le due iniziative sopra riferite, i promotori hanno chiesto (ed ottenuto per la giornata di martedì 20 marzo) un incontro con i capigruppo parlamentari all’ARS per sostenere l’approvazione del testo. Purtroppo, dalle noti-zie che filtrano dalla Commissione mentre scri-viamo questo articolo, apprendiamo che sareb-be stato introdotto qualche emendamento non proprio migliorativo: qualcuno vuole evitare la ripubblicizzazione del carrozzone Siciliacque. Brutto segno! Dovrebbe comunque rimanere salva la ripubblicizzazione dei servizi idrici nei vari ambiti. Altrimenti… i promotori della legge di iniziativa popolare e i cittadini tutti potrebbe-ro arrabbiarsi troppo.

9anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

In zona industriale aggirate le disposizioni dell’art. 19 del decreto sugli impianti inferiori a 1 MW

Fotovoltaico a iosa. A Lentini (2010) 53 progetti su un’estensione di 300 Ha A Melilli in un lustro 69 richieste. Le scatole cinesi della Qohelet Solar Italia

di ALESSANDRA PRIVITERA

È corsa al fotovoltaico in tutta la Sicilia, Siracusa compresa, da quasi un decennio, ormai. Risale, infatti, al 29 dicembre 2003 il Decreto Legislativo n. 387 per l’Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mer-cato interno dell’elettricità. I privati non perdono tempo: è in arrivo una pioggia di finanziamenti che non possono andare persi.Il solo Comune di Lentini, nel corso del 2010, con deliberazioni del Consiglio Comunale, esprime all’Assessorato Regionale Territorio e Ambien-te parere positivo per la realizzazione di ben 30 progetti di impianti fotovoltaici con potenza fino a 1 MW. E, nello stesso anno (in realtà: con le stesse deliberazioni), esprime parere positivo per la realizzazione di altri 23 impianti di potenza su-periore a 1 MW e fino a 20 MW. Stando alle sti-me presenti nelle delibere in nostro possesso i 53 progetti ricoprono una superficie totale che va ben oltre i 300 ettari: un’enorme estensione di terreni che implica la radicale trasformazione di parte del territorio.Il Piano Energetico Ambientale Regionale Sicilia-no (P.E.A.R.S.), approvato con deliberazione n.1 del 3 febbraio 2009 dalla Giunta della Regione Sicilia, è chiaro: l’autorizzazione per la realizza-zione di impianti di energia da fonte rinnovabile su terreni agricoli non può essere rilasciata ove essi non siano dichiarati dall’Amministrazione compatibili con la valorizzazione delle produ-zioni agroalimentari locali e la tutela della biodi-versità e del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.Come interviene il Consiglio Comunale per tute-lare territorio e ambiente? Approva il cambio di destinazione d’uso delle aree interessate da zona agricola “E” di PRG ad “Area per impianti indu-striali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda” limitatamente alla costru-zione di impianti solari fotovoltaici per la produ-zione di energia elettrica, secondo i progetti pre-

sentati, precisando che l’impegno al pagamento delle misure di compensazione – da parte delle società richiedenti – dovrà essere preso con ap-posita dichiarazione anticipatamente all’approva-zione dei progetti in conferenza dei servizi.Il Comune di Lentini, infatti, a fronte delle nume-rosissime richieste di impianti, aveva già regola-mentato la realizzazione e la gestione di impianti fotovoltaici approvando un regolamento che sta-bilisce una percentuale massima del 15% di oc-cupazione, con impianti fotovoltaici, del territorio del Comune, depurato da qualsiasi tipo di vincolo. Considerando, infatti, che l’intero territorio è di circa 21 mila ettari e che il territorio depurato dal centro abitato e da ogni tipo di vincolo (archeolo-gico, paesaggistico, etc.) è di circa 10 mila ettari, la superficie massima da occupare – se si applica la percentuale del 15%, appunto – è di 1500 ettari. Un mare di specchi, insomma, sulla terra ferma. Tra gli obblighi, assunti dalle società richiedenti, vi è la sottoscrizione – per gli impianti autorizza-ti dal Comune – di una polizza fideiussoria pari al 3% del valore di realizzazione dell’impianto, come garanzia di smantellamento dell’impianto in fase di dismissione e ripristino dello stato ex ante dei luoghi. È mai possibile che il Comune sia allettato solo da questa miserrima percentuale e, per ciò stesso, disposto a trasformare radicalmen-te parte del suo territorio?A inoltrare la richiesta per gli impianti fotovoltai-ci di potenza nominale pari e superiore a 1 MW sono, più o meno, le stesse società: in contrada Guardara, per esempio, sono la Guardara srl, la MTS srl, l’A&P srl, la Costruzioni Sortino srl, l’Art Residence Carlentini e la GSM srl; in con-trada Dagala, invece (?), la MTS srl, la Guardara srl (per 3 impianti), la ditta Nanfitò Salvatore di Lentini, la TRIAB IMPIANTI, l’Arte Casa Co-struzioni e la Energy di Incognito Daniele (che, oltre a tre impianti da 1 MW e un impianto da 2,970 MW in contrada Dagala, inoltra richieste: per 4 impianti da 1 MW rispettivamente in C.da

Abbandonato, in C.da Santalanea, in C.da Ma-riolisi, in C.da Sant’Andrea; per un impianto da 3,190 MW in C.da Santa Chiara e per un impianto da 2,805 MW sempre in C.da Santalanea). Per capire il desiderio di energia pulita, che ci fa tutti invertire la rotta con l’obiettivo di mi-gliorare le condizioni ambientali del nostro pa-ese, della nostra regione, della nostra penisola, basta cliccare http://www.gse.it/it/Conto%20Energia/Fotovoltaico/Quarto%20Conto/Pages/default.aspx: in base alla tipologia di impian-to, alla data di entrata in esercizio e alla sua potenza il Decreto Ministeriale del 5 maggio 2011 (conosciuto come “Quarto Conto Ener-gia”) prevede diverse tariffe incentivanti che è possibile calcolare sulla pagina indicata. Se, ad esempio, abbiamo installato un impianto, con un intervallo di potenza da 200 a 1000 kW, entrato in esercizio nel giugno del 2011, allora percepiremo una tariffa incentivante di 0,291 euro per kWh prodotto. Lasciamo ai nostri let-tori i calcoli per ottenere le esorbitanti cifre di guadagno.Il Comune di Lentini, ovviamente, non è l’unico nella provincia di Siracusa ad essersi “attrezza-to” per il cambio di destinazione d’uso delle aree agricole in aree per impianti industriali; così come uniche non sono le società citate come paradigma di una prassi costante. Ci sarà modo e tempo per parlare anche degli altri. Piuttosto è il caso, forse, di capire cosa succede per gli impianti fotovoltaici collocati a terra inter-namente ad aree di sviluppo industriale (che, cioè, sono di competenza del consorzio ASI), di poten-za fino a 1 MW. Essi, stando al P.E.A.R.S., sono soggetti esclusivamente ai provvedimenti abilita-tivi comunali di natura urbanistica e/o edilizia. In-somma: Regione, Soprintendenza, Provincia non vengono chiamate in causa.Al Comune di Melilli (anche questo preso come exemplum tra i tanti) arrivano, tra il 2007 e il 2011, ben 69 richieste per impianti: 22 di questi sono inferiori alla potenza di 1MW, perciò ad esprimere parere sono chiamati l’ASI e il Comu-ne di Melilli; per gli altri, invece, è richiesto l’in-tervento dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente. Ad arrivare su territorio melillese per prima è la Qohelet Solar Italia S.p.A., una società con sede legale a Caltanissetta ma legata alla multinazio-nale spagnola Qohelet solar S.A. In Contrada Santa Catrina, la Qohelet Solar Italia S.p.A. rea-lizza – tramite la Elias srl (società partecipata) – l’installazione su suolo di ben 5 impianti (ELIAS 1 - ELIAS 2 - ELIAS 3 - ELIAS 4 - ELIAS 5) e inoltra – tramite la Bezaleel srl (società anch’essa partecipata) – la richiesta per la realizzazione di altri 5 impianti su suolo (BEZALEEL 1, BEZA-LEEL 2, BEZALEEL 3, BEZALEEL 4, BEZA-

LEEL 5) nella stessa contrada. Dal sito della Qohelet Solar Italia S.p.A. (all’indirizzo:http://www.qoheletsolaritalia.com/web/images/sto-ries/pdf/technical%20sheet%20bezaleel%2042mw%20land.pdf) è possibile scaricare la pro-posta di progetto dei cinque impianti Bezaleel: la società specifica che si tratta di impianti autonomi e singolarmente autorizzati, trattati – però – come fosse un unico impianto dalla potenza di 4.198 kWp, su una superficie complessiva di 124.843 m2. Come si evince dal prospetto, infatti, l’ENEL ha rilasciato un’unica connessione STMG con un cavidotto MT.Cosa non risulta chiaro? La seconda parte dell’art. 19 (Interventi soggetti a provvedimento dei Comuni) del P.E.A.R.S. affer-ma che «le istanze per le autorizzazioni relative agli interventi fotovoltaici di potenza inferiore a 1 MW possono essere presentate esclusivamente da soggetti che non abbiano eseguito né direttamente né indirettamente attraverso persone fisiche o So-cietà controllate e/o collegate, iniziative di natura similare in terreni contigui». Di certo ci sembrano d’obbligo un paio di con-siderazioni: la Qohelet Solar Italia S.p.A. non fa mistero delle sue partnership (che possono essere recuperate all’indirizzo http://www.qoheletsolari-talia.com/web/index.php/it/azienda/partnerships) tra cui figura Bezaleel srl; e, tra i progetti realiz-zati in Italia, vanta, con orgoglio, i progetti della Elias srl (http://www.qoheletsolaritalia.com/web/index.php/it/progetti/progetti-realizzati/italia). Si sarà trattato di ingenuità? O, piuttosto, di smaccato desiderio di infischiarsene delle regole? Perché ci sembra chiaro come venga infranta la clausola secondo cui possono presentare istanza “soggetti che non abbiano eseguito né diretta-mente né indirettamente attraverso persone fisi-che o Società controllate e/o collegate, iniziative di natura similare in terreni contigui” dal momen-to che le società sono, per loro stessa ammissione, collegate e controllate.Ma chi avrebbe dovuto preoccuparsi di controlla-re la presenza o l’assenza di questi collegamenti?Dagli Uffici Comunali di Urbanistica contattati nella provincia ci viene detto che il P.E.A.R.S. non dà chiarimenti in merito (non stabilisce, cioè, chi sia l’Ente competente): per ciò stesso, essi si sentono chiamati in causa solo per il rilascio delle autorizzazioni alle società che hanno già ottenuto l’ok dal Consorzio ASI, ma sostengono che non sia di loro competenza appurare la natura dei rap-porti tra le società, dal momento che gli impianti vengono autorizzati singolarmente.D’altra parte il P.E.A.R.S. sembra lasciare alla libera interpretazione di quei “terreni contigui”: non viene specificata la distanza minima tra un impianto e l’altro; una strada statale? Una siepe? 15 m? 1 km? A chi l’ardua sentenza?

10 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Alessandra Trigilia e Rosa Lanteri hanno offerto una ricostruzione storica e normativa dello strumento

Nel Piano paesaggistico l’estensione di centro storico alla zona Umbertina e alla Borgata S. Lucia apre scenari nuovi allo sviluppo della nostra città

di ENERGIE NUOVE

Sabato scorso, nella sede di Energie Nuove, la dott.ssa Ales-sandra Trigilia (responsabile dell’Unità Operativa 07 della Soprintendenza di Siracusa – Beni paesistici, naturali e na-turalistici) e la dott.ssa Rosa Lanteri (responsabile dell’Unità Operativa 08 – Beni archeolo-gici) hanno presentato il Piano Paesaggistico Regionale ad un’attenta rappresentanza di associazioni siracusane. L’in-contro è stato fortemente volu-to da una società civile che sta prendendo coscienza del sacco della città e che vuole conoscere lo strumento che argina l’inces-sante flusso cementificatorio di questi ultimi anni. Dall’appro-vazione del Piano Paesaggistico Regionale, pubblicato l’8 feb-braio scorso, ci vorranno 120 giorni perché il comune citta-dino possa presentare le osser-vazioni che riterrà opportune e, a tal fine, è utile segnalare che esiste un DVD illustrativo del Piano in vendita presso PC Free (Viale Tica, 150).Il nuovo Piano copre quel vuoto normativo che ha consentito lo stato di anarchia e di nebulosi-tà con cui ci si è mossi fino ad ora. Alessandra Trigilia ha de-lineato, con estrema cura dei dettagli, l’iter che ha portato alla pubblicazione del PP, ricor-dando come alla fine degli anni Novanta in Sicilia fossero state già tracciate le linee guida al piano paesaggistico territoriale (nel 2000 17 ambiti territoriali suddivisi per omogeneità pae-saggistica) e come a questo atto non avesse fatto seguito una normativa regionale di pianifi-

cazione paesaggistica (come, ad esempio, nella Regione Tosca-na nell’anno 2005), tant’è che il punto di riferimento è rimasto il Codice dei Beni Culturali. Sono state passate in rassegna le diverse carte (geologiche, geomorfologiche, dei paesaggi locali, dei valori agrari e pae-saggistici, dell’uso del suolo) sulle quali è stato modellato il Piano Paesaggistico, al quale dovrà adeguarsi il Piano Rego-latore Generale del Comune di Siracusa, approvato nel 2004. La carta dei beni paesaggistici si concentra su territori già vin-colati con diversi livelli di vin-colo, che danno spazio anche alla trasformabilità e riqualifica-zione dell’esistente (ad es., vin-colo di livello 4 per il recupero

urbanistico). In questo senso, acquista un valore straordinario il riconoscimento dello status di centro storico alla zona Umber-tina e alla Borgata Santa Lucia, sancito dal nuovo PP. A Rosa Lanteri va riconosciuto il merito di aver ricostruito le tappe che hanno visto i Soprin-tendenti “storici” della città, in primis Luigi Bernabò Brea, im-pegnati in prima linea nella di-fesa dei beni archeologici. Sono state individuate le 58 aree di vincolo archeologico, che go-dono di formali provvedimenti a tutela. Dal vincolo delle Mura Dionigiane a quello dell’intera contrada Bufalano (15 dicem-bre 1959) si è passati alla car-ta dei regimi normativi con le prescrizioni obbligatorie per le

aree vincolate. E, considerando lo scempio di questi anni, im-pressiona leggere, in una lettera degli anni Cinquanta, le grida di dolore di un siracusano per la realizzazione di un cementificio in contrada Targia! Era solo l’i-nizio… Il dibattito è stato serrato e mol-to partecipato, prova di come questi temi stiano a cuore ad un crescente numero di siracusani. Energie Nuove vuole esprime-re la sua gratitudine alle dott.sse Trigilia e Lanteri per la di-sponibilità dimostrata in ogni momento dell’incontro e vuole condensare il suo pensiero in tal modo. E’ emerso chiaramente il ruolo della società civile come unico vettore di una trasforma-zione della politica nella nostra

città. Pur con le dovute corre-zioni ad errori o incongruen-ze, che sicuramente verranno segnalate nelle osservazioni, il Piano Paesaggistico è lo stru-mento più idoneo per assicurare un futuro a Siracusa e ad esso si dovrà adeguare il PRG del 2004 che ha aperto le porte della città alla stagione della speculazione edilizia, contando sulla “gene-rosità” di una Soprintendente, l’arch. Mariella Muti, che non ha difeso la sua città come il suo ruolo avrebbe richiesto. Peraltro, non esiste alcun pe-ricolo di fermare lo sviluppo della città, come Titti Bufardeci e le armate attrezzate del Gran-de Sud vorrebbero far credere, incutendo una sorta di terrore nella popolazione già provata

dalla forte crisi che stiamo at-traversando. Impugnare il PP e cercare di sotterrarlo è eversivo e mira palesemente a conse-gnare la città nelle mani degli speculatori e restituire ai nostri figli e alle generazioni future un paesaggio fatto di palazzi sulle Grotte dell’Artemision (Scala Greca), sulle Mura Dionigia-ne (contrada Bufalano), sulle necropoli (Via Napoli e Balza Acradina), sulle Latomie (Via Tica-Via Damone), sulle La-tomie del Casale (Largo Nedo Nadi-via Costanza Bruno) e an-cora… Continuare a costruire case (solo a Tremilia sono previste villette per 2.400 persone e purtroppo il piano non è retroattivo), a fronte di uno stallo demografico le cui ragioni forse sono anche facili da ricostruire, significa deser-tificare la città, svuotarla della sua storia e isolarla dal resto del mondo, in cui le scelte in tema di paesaggio parlano il linguag-gio della sostenibilità e della riqualificazione dell’esistente. E, proprio in relazione all’ulti-mo punto, è evidente come la nuova nozione di centro storico applicata alla zona Umbertina e alla Borgata Santa Lucia apra scenari nuovi allo sviluppo del-la nostra città perché crea basi nuove anche per la richiesta dei finanziamenti. Quindi il PP non ingessa il ter-ritorio ma sono gli appetiti, mai sazi, degli imprenditori del ce-mento a ingessare lo sviluppo e a bloccare la crescita culturale ed economica della nostra città.

Mariarita Sgarlata, Rosario Lo Bello e Andrea La Monica

L’insulto diventa marchio dell’invidia più autentica, che bolla come nostro inferiore chi ce la rivolge

“A si ‘n cunnutu, si”. Non sappiamo in quante altre città esista l’abitudine di volgere in positivo l’ingiuria, ma a Siracusa di sicuro siamo dei virtuosi

di AGOSTINO FILLIOLEY

Qua dire a uno che è un cornuto può risultare pure un gran complimento. Spesso lo diciamo a un no-stro caro amico, come per premiarlo di un com-portamento spavaldo: a sì ‘n cunnutu, sì. E quello sorride contento. A volte ce lo diciamo da soli, come per darci una pacca sulla spalla: a sugnu ‘n cunnutu, sugnu. A volte lo indirizziamo addirit-tura ai nostri figli più piccoli, o ai nipotini, a mo’ di vezzeggiativo: è ‘n cunnutellu. Praticamente è sinonimo di essere sperto, cioè furbo, scaltro. In traduzione che significa sperto? Direi che più o meno sta a indicare uno che all’occorrenza è capace di comportamenti riprovevoli, volti di so-lito a tutelare o promuovere il proprio interesse. Identifichiamo in questo una qualità, che speria-mo di riscontrare nella nostra prole sin dalla più tenera infanzia. È auspicabile che il bambino di-mostri il prima possibile la propensione a saltare certi passaggi, a cavare il meglio dalla situazione, e soprattutto a farlo subito, alla svelta, intuendo prima degli altri quod facendum est. Molto me-glio un figlio sperto che un figlio babbo, non c’è dubbio. Chi lo vorrebbe un bambino che si attie-ne scrupolosamente alle regole che cerchiamo di impartirgli con l’educazione? Preferiamo di gran lunga averne uno che sappia stupirci per la sua capacità di aggirarle con un’idea brillante. Una dote da premiare col plauso, ma da mascherare

di riprovazione mediante il mistificatorio utilizzo della parola cunnutello. L’ossequio verso la regola è sinonimo di scarsa elasticità mentale. La capacità di procurarsi un vantaggio lo è di intelligenza brillante. Lo stesso vale per te stesso, quando ti autodefinisci un cor-nuto. In pratica stai anticipando il giudizio altrui su ciò che hai appena fatto (cioè un’azione che non avresti dovuto compiere) e che dunque pro-vocherà in chi vi ha assistito il desiderio di darti del cornuto. E te ne compiaci. Perché conosci (o pensi di conoscere) anche la psicologia di chi ti insulta. Sei cioè convinto che nel cornuto che ti arriva da chi ti ha visto parcheggiare in tripla fila, ci sia anche una malcelata ammirazione. Avrebbe voluto farlo lui, ma tu sei stato più svelto e l’hai fregato: sei stato più cornuto di lui. E questo l’ha indispettito. L’insulto riusciamo a interpretarlo come una specie di arma spuntata, utilizzata solo da chi ha la sfortuna di non potere fare quello che facciamo noi. Di non poter essere come noi. Non una vera offesa, dunque, quanto piuttosto il mar-chio dell’invidia più autentica, che bolla come nostro inferiore chi ce la rivolge.Non so in quante altre città esista questa abitu-dine di volgere in positivo l’ingiuria, ma qua di sicuro siamo dei virtuosi. In pratica ci sentiamo così in alto, così perfetti, da poterci permettere

ogni bassezza senza che questa intacchi il nostro status di privilegiati. Semidei, le cui azioni sono sempre al di là del bene e del male. L’autoironia non c’entra nulla. L’autoindulgenza sì. Ci trattia-mo coi guanti gialli. Ci diamo carta bianca su tut-to. Ci consideriamo eccezioni alla regola viventi. Noi possiamo quello che gli altri non possono. E se deroghiamo dalla norma, per noi, al massimo c’è un affettuoso buffetto sulla guancia. Lo stesso che diamo a nostro figlio quando ci fa pavoneg-giare per una delle sue marachelle da cunnutello. Un rimprovero appena simulato, alla cui radice c’è invece una forte approvazione per quanto si è appena compiuto.Utilizzare un insulto per esprimere ammirazione è una tecnica molto sofisticata. Rientra in quella prassi linguistica che qua si definisce trasi e nesci.Dire qualcosa c’o trasi e nesci significa essere capaci di utilizzare un linguaggio ambivalen-te: qualcosa che possa essere interpretata in un modo, ma all’occorrenza – cioè se la situazione dovesse ribaltarsi – anche nel suo opposto. Defi-nire tuo figlio ‘n cunnutello ti consente di rimar-care negativamente, in pubblico, la sua spittizza, ma contemporaneamente di autoassolverti come genitore: non è colpa tua se ha fregato la meren-dina del compagno di asilo, anzi, tu non approvi per niente, gli dai pure del cunnutello. Ci provi a

insegnargli l’educazione, ma u picciriddu è trop-pu spettu. Nel crescere i nostri bambini, siamo mossi da un doppio intento pedagogico, che poi è la vera eziologia del nostro essere socialmente e politicamente schizofrenici. Gli inculchiamo le regole di casa e quelle della buona educazione, e nello stesso tempo gli suggeriamo che trasgredir-le nel modo giusto è una gran qualità. Per farlo, li svezziamo con una pappa lessicale speziatissima, a base di trasi e nesci. Ed ecco che senza nean-che accorgercene lo catapultiamo nel mondo am-biguo che dovrà abitare. Di fatto costruendolo, questo mondo ambiguo.Traslare tutto questo a un livello più alto è quasi automatico. Chi vorrebbe essere rappresentato o governato da un figlio babbo? Nessuno. Preferia-mo tutti che a farlo sia uno sperto. Poi, quando ci raccontano delle sue spittizze, gli diamo del cor-nuto. Ma giusto davanti alla maestra, per salvare le apparenze. Una volta tornati a casa, ce lo spu-pazziamo ammirati. E per premio gli regaliamo il nostro voto.P.S.: Voglio dedicarlo al nostro caro Roberto Sin-daco Visentin che ci stiamo spupazzando, ammi-rati, da circa cinque anni. E voglio dedicarlo al Sindaco che verrà che ci spupazzeremo, regalan-dogli il nostro voto, per i prossimi cinque anni. Meditiamo, Gente, meditiamo.

11anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

“L’introduzione di soci di mero capitale negli studi legali determina sudditanza verso i soci di maggioranza”

Di Giovanni: “Tra i 230mila avvocati ce ne sono che non sbarcano il lunarioCon questa riforma la difesa diventa funzionale al profitto economico”

di MARINA DE MICHELE

Qual è stata la ricaduta media-tica dello sciopero nazionale indetto dall’Organismo unita-rio dell’avvocatura per la setti-mana dal 15 al 23 marzo (oggi è l’ultimo giorno)? Nessuna. Non è la prima volta che acca-de: ogni volta che è l’ordine fo-rense a scendere in piazza sem-bra che nessuno se ne accorga, o meglio che nessuno voglia darvi visibilità. “Sarà perché piace il considerarci una corpo-razione, gelosa dei propri pri-vilegi – commenta l’avvocato Umberto Di Giovanni al termi-ne del nostro lungo colloquio sulle aberrazioni di una riforma in discussione che proprio non soddisfa - Non può che far sorridere pen-sarlo: bisognerebbe andarlo a raccontare alla massa di quei 230mila professionisti che af-follano le aule dei tribunali di Italia, a quelli che non ce la fanno neanche a sbarcare il lunario, al limite della soglia di povertà. A quelli che certo non possano vantare gli introiti dell’avvocato che regge oggi le sorti del ministero di giustizia. Un’altra dimensione, a distan-za astrale dalla normalità. Ma la nostra lotta dovrebbe essere in primo luogo quella dei cit-tadini che vogliono una giu-stizia rapida e efficace, biso-gnerebbe dirlo con chiarezza.

Non siamo contro una riforma dell’ordinamento forense, che invece invochiamo da tempo, ma contro questa riforma. Vo-gliamo aprire uno spazio per una discussione di merito, per confrontarci apertamente, per affrontare le vere questioni che sono alla base del pessimo fun-zionamento del sistema giudi-ziario, per sgombrare il campo dalle parole d’ordine che na-scondono la realtà, che mistifi-cano le cose, che rappresentano lo svilimento e la mercificazio-ne della nostra professione, di una professione che invece ha una funzione di intermediazio-ne fondamentale tra gli organi giudicanti e le istanze di giu-stizia dei cittadini: la sostanza

della nostra deontologia”. L’avvocato Di Giovanni smon-ta proposta dopo proposta le ipotesi avanzate dal governo dei tecnici con la stessa preci-sione con cui demolirebbe la comparsa della sua controparte in un processo.Il punto di partenza è lo stesso del suo collega Glauco Reale: il punto più critico, la presunta liberalizzazione della profes-sione. Un controsenso, secon-do Di Giovanni, oltre che il pilastro fasullo su cui poggia tutta la ventilata riforma: “Si liberalizza un settore asfitti-co che si intende rendere più concorrenziale con l’ingresso di un numero maggiore di par-tecipanti. In Italia gli avvocati

sono nel rapporto quasi di 1 a 600 cittadini, si vuol dire che non sia sufficiente? Si tratta di una boutade come quella che, attraverso questa via magni-ficata quale risolutiva di ogni problema, la strada maestra per uscire da ogni forma di crisi strutturale e di sistema, prospetta maggiori possibilità professionali, di acquisizione di un giusto reddito per chissà quanti giovani ancora. Per fa-vorire l’occupazione si assicu-rino piuttosto benefici fiscali in relazione alla forza lavoro oc-cupata dai professionisti ”.Il secondo punto. “Questa pre-sunta liberalizzazione si inscri-ve in una linea di tendenza che vuole espungere la giustizia come funzione statuale e farne merce per conseguire una mag-giore competitività economica. In realtà, riducendo la funzione costituzionale dell’avvocato ad una mera attività mercantile, si mortifica e comprime il diritto del cittadino alla difesa, sanci-to dalla Costituzione all’artico-lo 24. Si suggerisce l’idea che anche la giustizia deve essere considerata alla stregua di un semplice servizio da offrire agli utenti consumatori al prez-zo più basso possibile come se questo non conducesse a un sensibile abbassamento della qualità.

Il terzo punto. L’abolizione delle tariffe non potrà mai ga-rantire un più efficace servizio. Al contrario la loro sussistenza garantisce che la professione si svolga con dignità, assicura la qualità stessa della prestazione professionale che non può es-sere barattata a livelli minimi che si tradurrebbero inevitabil-mente in un servizio scadente del quale il cittadino sarebbe la prima vittima, privato del suo stesso diritto alla giustizia. È piuttosto necessaria una tabel-la nazionale di riferimento dei compensi professionali per sal-vaguardare da eventuali tenta-tivi speculativi. Il quarto punto. La costitu-zione delle società di capitali. Bisogna evitare l’introduzione di soci di mero capitale negli studi legali proprio per scon-giurare da una parte conflitti di interesse con grossi gruppi imprenditoriali e per impe-dire dall’altra che si determi-nino situazioni di sudditanza a vantaggio soprattutto degli studi più potenti e dei soci di maggioranza. Basta detenere il 5-10% di quote per control-lare una società, come è noto. Faccio un esempio per chiari-re. Se all’interno di uno stu-dio il mio socio che ha l’1% ha un cliente in conflitto con il mio che possiedo il 5%, chi

avrà la meglio? Se la difesa diventa funzionale al profitto, si prefigura una minore tutela di diritti e si va a penalizzare proprio chi dispone di mino-ri risorse economiche. Viene messo in gioco il bene inalie-nabile della libertà di esercizio della professione. Se l’avvo-cato non sarà più homo dignus bensì homo oeconomicus non ci sarà più l’orizzonte deon-tologico dell’esercitare con probità ma solo l’orizzonte del mero utile dell’imprenditore. Con ricadute al momento im-prevedibili.Il quinto punto. Alcune misu-re proposte, come l’abolizione della gratuità del pubblico pa-trocinio, o un indiscriminato e illogico aumento dei costi, o ancora la limitazione o l’im-pedimento della possibilità di impugnare le decisioni giudi-ziarie, non aiutano la giustizia, ma la precludono ai cittadini e insieme sviliscono la figura del difensore. Questi quindi alcuni dei pas-saggi principali che chiari-scono i motivi di una protesta che appare in realtà destinata a continuare con la stessa iden-tica determinazione con cui il governo dei tecnici si prepa-ra a minare dalle fondamenta principi sostanziali dell’attività forense.

“Con la media-conciliazione 9.200 euro per le controversie più importanti e poi, magari, c’è la causa”

Glauco Reale: “La riforma è uno strumento di ingiustizia sociale dati i costi insostenibili, nessuno potrà più rivolgersi a un avvocato”

È di umore nero l’avvocato Glauco Reale: “Av-vocato, come va?” “Male, vedo il buio per il nostro Paese”. Discutiamo anche con lui della riforma professionale e anche in questo caso tro-viamo la convinzione che si voglia snaturare la figura dell’avvocato, sminuirne le funzioni, fargli perdere il suo fondamentale ruolo istituzionale. “Si vuole renderli schiavi, asservirli alla logica di mero e arido profitto dell’imprenditoria”. Seb-bene nel corso dell’intervista ricordi che anche durante il fascismo la figura dell’avvocato fosse tenuta in ben altra considerazione, ha più il pi-glio, l’ardore e le istanze egualitarie di un giaco-bino che di un avanguardista (absit iniuria verbis, avvocato!).Si parte da una premessa nella nostra conversa-zione: la decisa presa di distanza dal mondo rap-presentato dal Ministro di Giustizia, l’avvocato Paola Severino. “È un bel dire che il Ministro è avvocato quando si apprende l’entità dei suoi guadagni professionali: 7 milioni di euro non possono che essere il frutto non della normale at-tività forense quanto piuttosto di consulenze per affari miliardari. Nessun legale, pur se affermato, pur se in una grande città, potrebbe guadagnare tali cifre dal lavoro di studio, figuriamoci poi se si parla di noi, avvocati di periferia pur se già al top della carriera. Per non parlare dei giovani, o in genere dei 230 mila avvocati di tutta Italia. Su noi tutti si sta abbattendo una riforma che parte già con il piede sbagliato, con quell’istituto della media- conciliazione che se oggi riguarda anco-ra solo il 70-75% di cause è destinata nei piani del governo a interessare dal prossimo 21 marzo il 95% di tutte le varie cause. Un meccanismo perverso sul quale l’unica speranza di intervento pare essere la Corte Costituzionale che dovrebbe esprimersi sui rilievi di incostituzionalità avan-

zati da più parti. Uno strumento di ingiustizia sociale, di privazione di diritti perché, dati i costi insostenibili, nessuno potrà più rivolgersi a un avvocato per sostenere le proprie ragioni, per chiedere ed avere giustizia per un torto subito, per la lesione dei propri diritti sanciti dalla Co-stituzione”.Il calcolo è presto fatto: per adire gli organismi della media-conciliazione si prevedono esborsi fino a 9.200 euro per le controversie più impor-tanti, tra cui per esempio le successioni, a pre-scindere se si raggiunga o meno un accordo. E così un primo costo sarebbe sostenuto per la fase della media- conciliazione; non andato a buon fine il tentativo, inizierebbe la causa, con l’ul-teriore costo rappresentato dal contributo unifi-cato per lo Stato; le briciole, al difensore. Ma nessuno si accollerebbe tali oneri: la giustizia negata quindi. Forse un modo machiavellico per risolvere il problema dell’intasamento degli uf-fici giudiziari, per ridurre di fatto il numero dei procedimenti. Un espediente per risolvere alla radice il problema di un sistema giudiziario che non funziona.Ma poi, il vero grande inganno: la liberalizza-zione. “L’inganno delle parole che nascondono altro rispetto a quanto dicono. La promozione delle società tra avvocati e imprenditori privati con finti paletti, perché ben sappiamo che anche solo con l’8 o il 10% di quote si possono gover-nare di fatto le società. È questo ciò che chiedo-no le banche e le assicurazioni. Società centrali-stiche, nelle grandi città, che affidano ai propri legali ambiti settoriali, super specialistici, così da poterli sostituire con facilità se ce ne fosse necessità, liberando così professionisti incapaci di esercitare un’attività complessa come oggi è la nostra. Si vuole legalizzare una nuova schia-

vitù del lavoro.Gli avvocati periferici diventerebbero semplici domiciliatari, quando già da tempo è stato abo-lito l’istituto del codifensore nella città dove si svolge la causa. E questo naturalmente con compensi micragnosi. Tutto sarebbe gestito direttamente dal centro, anche grazie al nuo-vo processo telematico e ai nuovi strumenti di certificazione con la firma digitale. Avremo così gli avvocati part time: dipendenti pubblici che possono più facilmente esercitare il patrocinio avanti ai tribunali monocratici. 200mila persone in più a contendersi un mercato già saturo, il tut-to mistificato con la prospettiva di un aumento di redditività per tutti che è solo una menzogna per-ché ci sarà solo una parcellizzazione ulteriore su di un plafond in diminuzione. Se immaginiamo il reddito disponibile per affrontare le spese della giustizia a sostegno delle proprie ragioni come una pagnotta e ne diamo il 23% all’Iva, una parte ai meccanismi della media conciliazione, un’al-tra allo Stato attraverso il cosiddetto contributo unificato, cosa resta a questa pletora di avvocati? Intorno agli anni 60 si iniziò a discutere di stato di diritto e di stato di giustizia. Il primo da solo non veniva considerato sufficiente a risolvere i problemi sociali del cittadino.Si comprendeva che non poteva esserci egua-glianza nello stato di diritto di tradizione “libe-rale” se non si coniugava con la giustizia distri-butiva. E lo stato di diritto secondo alcuni andava verso il cosiddetto stato tecnocratico, quello del futuro, che si vedeva come la soluzione. Ma in questo stato tecnocratico che ha sostituito quello liberale è finito che l’uomo è stato posto al servi-zio della tecnica e del capitale, non il contrario. E se prima il “padroncino” che ci metteva i capi-tali almeno aveva un rapporto con la sua azienda

che produceva beni e servizi, i tecnocrati di ora, i Marchionne per intenderci, sono andati chi verso l’esiziale finanza creativa, chi verso il dominio assoluto della tecnica. Fino a quando al gover-no resteranno persone che hanno sempre agito nell’alveo dei poteri forti: banche, assicurazioni, multinazionali, non potremo avere giustizia di-stributiva. È la stessa Europa che deve prendere atto di aver preso un percorso sbagliato, che deve rimettere l’uomo al centro e la tecnica al suo ser-vizio come oggi viene ribadito da personalità di diversi schieramenti: Fisichella, Ferrarotti, Ba-gnasco. Occorre fondare un nuovo umanesimo per arrivare a un nuovo rinascimento”.Da queste considerazioni la decisione dello scio-pero ma senza che si giungerà a nulla secondo l’avvocato Reale, decisamente pessimista sulle possibilità di incidere realmente sull’azione di governo. “Loro andranno avanti e noi anche. Si è arrivati ormai all’ignominia. Attraverso il ricorso a queste società si aggredisce anche la Cassa nazionale degli avvocati. Chi ha versa-to in rapporto alla propria attività si vedrà pri-vato di quanto gli spetta allorquando la nostra gestione virtuosa finirà nel calderone dell’Inps. Come accaduto in Grecia, così non recuperere-mo neanche i nostri stessi soldi. Si colpisce chi ha sempre regolarmente pagato le tasse e si la-sciano fuori le transazioni internazionali, un di-scorso che andrebbe affrontato a livello europeo più che italiano. Bisogna uscire dalla sudditanza alle poche potenti famiglie che governano l’eco-nomia globale e guardare a una redistribuzione delle ricchezze. Ma la fame genera brutti scherzi e quando i padri non potranno più mantenere i figli, giovani frustrati con retribuzione da fame o non retribuiti per mesi, sarà difficile mantenere la pax sociale”

12 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Si costituiscono in provincia i Comitati di Iniziativa Civica impegnati nell’igiene urbana come Bene Comune

Illegittime le bollette Tarsu per i garage, non vi si produce spazzaturaMa la norma non si applica erga omnes, bisogna presentare ricorso

di CONCETTO ROSSITTO

Giunge notizia di bollette invia-te da vari Comuni ai cittadini ai quali si chiede di pagare la Tar-su per i loro locali adibiti a ri-messe. E fioccano, ovviamente, i ricorsi. Infatti, i giudici della Commissione tributaria regio-nale con alcune recenti senten-ze (n. 483/34/11, 453/34/11, 450/34/11 e 451/34/11) hanno dichiarato che i locali adibiti a garage non sono assoggettabili alla tassa sui rifiuti solidi urba-ni, poiché in essi la presenza dell’uomo, soggetto in grado di produrre tali rifiuti con la sua attività di consumatore, risulta del tutto sporadica. Precisano anzi i giudici che “secondo la comune esperienza, il garage di uso privato è luogo adibito al ricovero di uno o più veicoli e quand’anche la persona vi si trattenga per tempi non brevi non è plausibile che ne deri-vino rifiuti”. La commissione tributaria regionale ha inoltre ritenuto che l’onere della prova (relativa alla mancata produ-zione di spazzatura in garage) non gravi sul contribuente: il cittadino, dunque, non deve dimostrare che nel suo gara-ge non siano prodotti rifiuti: il semplice fatto che il suo garage sia classificato come tale com-porta la possibilità di evitare il pagamento della TARSU. Però occorre presentare ricorso per respingere (citando le senten-ze) l’eventuale richiesta illegit-

tima da parte del Comune. Ribadiamo e precisiamo questo punto: l’esonero dal pagamen-to della TARSU per i locali in questione non si applica auto-maticamente erga omnes, ma ha valore per ogni singolo cit-tadino che presenti ricorso. E’ facile immaginare che vari Co-muni della Sicilia siano ora in-dotti a presentare, a loro volta, ricorso, spinti dalla condizione attuale di scarsa disponibilità di entrate, ma è anche vero che le prossime elezioni amministra-tive potranno scoraggiare tale reazione, che potrebbe apparire vessatoria ai cittadini eletto-ri, di cui gli amministratori in carica non vorranno alienarsi il consenso. A nostro modesto parere, questa scaramuccia tra Comuni e cittadini è solo l’i-nizio di un’altra mobilitazione civica che presto, molto presto, prenderà di mira il sistema di smaltimento dei rifiuti urba-ni ed entrerà nel merito della sua attuale e futura organizza-zione. I cittadini si chiedono se sia possibile lasciare che a gestire questo delicato ser-vizio di igiene urbana siano uomini dal bollino blu, il cui unico requisito pare sia quello di essere fedelissimi di questo o di quel personaggio politi-co. Si chiedono perché si stia ritardando la piena attuazione della raccolta differenziata, che consentirebbe di riciclare e ri-

utilizzare varie risorse (vetro, carta, plastica, alluminio, ecc,); perché ci si debba esporre al ri-schio che una iniziativa di lotta dei lavoratori del settore o del-le loro ditte (spesso costrette ad attendere a lungo il pagamen-to di quanto contrattualmente spettante) comporti l’assedio delle città mediante la mancata rimozione dei rifiuti; perché si debba spendere per il conferi-mento alle discariche del ter-ritorio una somma superiore a quella con cui i rifiuti di Napoli vengono trasportati e trattati in Olanda… Ovviamente nessuno suggeri-sce tale follia della trasmigra-zione dei rifiuti e ciascuna per-sona dotata di un minimo buon senso si augura che tale stra-tegia partenopea sia di breve durata e serva solo a superare la fase di emergenza, ottima-mente affrontata dal nuovo sin-daco di Napoli De Magistris. E’ giusto ed opportuno che ciascun territorio si organizzi per lo smaltimento in loco dei rifiuti residui, dopo aver fatto tutto il possibile per realizza-re gli obiettivi prioritari della riduzione degli imballaggi e della movimentazione delle merci (privilegiando quelle a chilometri zero), e degli altri obiettivi complementari del riciclaggio dei materiali e del compostaggio della frazione umida (in compostiere priva-

te, in siti adeguati messi a di-sposizione volontariamente da imprenditori agricoli locali e in altri intercomunali da appron-tare). Ma nell’attesa (si spe-ra breve il più possibile) che questo avvenga, ci si interroga sul motivo degli alti costi di conferimento in discarica. E si sospetta, ovviamente, che nella filiera del processo ci siano dei costi impropri o ingiustificati. La nuova legge regionale 9/2010 (sulla Riforma degli ATO in Sicilia e la gestione integrata dei rifiuti) contie-ne interessanti e promettenti elementi di novità, ma anche

qualche aspetto che suscita motivate perplessità: per esem-pio, convince poco la funzione degli organismi che essa defi-nisce SRR, su quali sarà bene che i cittadini e i Comitati di Iniziativa Civica per l’Acqua e per I Beni Comuni comincino a vigilare ed a riflettere critica-mente. A Floridia è in fase di costituzione uno di tali Comita-ti. Esso avrà come oggetto spe-cifico del suo impegno l’igiene urbana come Bene Comune. Non è e non sarà l’unico. E’ prevedibile che avverrà, come già per l’acqua, un proliferare (opportuno!) di movimenti e

di comitati. Ben vengano! Per troppo tempo i cittadini hanno delegato troppe cose alla po-litica e questa ha a sua volta delegato a privati. Fa rabbia che si sia arrivati addirittura a legiferare nel senso di imporre l’affidamento (mediante gara, ma sappiamo come sono anda-te le cose in moltissime gare) di tutti i servizi locali di rilevanza economica. Solo i servizi loca-li che non rappresentavano un affare potevano restare relegati alla gestione pubblica. Come dire: dove c’è polpa, questa va affidata a privati; i servizi in cui si dimostrerà che non potranno offrire alcun vantag-gio economico restino pure pubblici. Non c’è che dire: si è trattato di una legislazione pro-dotta con una autentica logica predatoria! I cittadini vogliamo invece che i servizi locali (anche quelli di rilevanza economica) siano ge-stiti, in modo doverosamente efficace ed economicamente efficiente, dai pubblici ammi-nistratori da noi eletti. Se ciò accadrà, i Comuni avranno modo di finanziarsi attraverso una corretta gestione dei ser-vizi. Siano i nostri amministra-tori a stabilire come modulare le tariffe, come ripartire i costi tra i cittadini e quale utile trar-ne per finanziare un corretto e responsabile funzionamento dell’Ente Locale.

Risultato ottenuto in soli due anni nonostante la mancanza di un Centro Comunale di conferimento

Raccolta differenziata, miracolo a Noto. Nel centro storico il 66%L’assessore Tringali: “Incentiveremo il compostaggio domestico”

di FERNANDA PELLEGRINO

17 marzo 2012, partiamo per Noto per un’inter-vista a Paolo Tringali, assessore all’Ambiente del Comune; pare che in questa municipalità si registri uno dei rari casi di successo di raccolta differenziata in provincia di Siracusa. La cosa, ovviamente, ci interessa. Appena all’ingresso dela città, notiamo una moto ape della Dusty, azienda che cura il servizio di raccolta dei rifiu-ti a Noto e ci viene naturale cominciare dal suo conducente la nostra intervista. Sorprendente: il sig. Rizza, alla guida del mezzo, è ben felice di presentarci subito le sue attività e per prima cosa ci consegna un vademecum per la raccolta diffe-renziata dal titolo ”Raccogli la Differenza”.Notiamo entusiasmo ed anche un po’ di orgoglio nel suo comportamento e capiremo poi, durante il colloquio con l’assessore e il dirigente di set-tore, geom. Leonardo La Sita, che i dipendenti della Dasty sono stati responsabilizzati nel ruolo di promotori delle corrette pratiche di raccolta dei rifiuti differenziati, al punto che esercitano attività di monitoraggio e controllo della qualità del differenziato fornendo all’amministrazione dati utili sulle anomalie della raccolta causate dall’utenza. L’amministrazione è molto attenta al rispetto dei contenuti del suo vademecum da parte dei cittadini, perché i costi della raccolta differenziata porta a porta hanno incrementato i costi di gestione dei rifiuti e non ci si può per-mettere di annullare gli effetti positivi con in-crementi dovuti alla disomogeneità delle partite differenziate. Nel centro storico la raccolta differenziata ha raggiunto in meno di due anni la rispettabilissi-ma quota del 66%; tenuto conto che la raccolta

è partita da zero, stiamo parlando di un vero e sorprendente successo. Purtroppo il Comune di Noto è molto vasto, ha il territorio più ampio fra i comuni siciliani fatto anche di contrade, dal punto di vista ambientale non virtuose, in cui la raccolta si attesta ad un modesto 16%. E allora vale la pena incrementare i controlli, distaccare al settore Igiene pubblica una gentilissima fun-zionaria del corpo di Polizia Municipale, e far sentire ai cittadini il rigore dell’amministrazione prima con delle lettere di ammonimento ai sin-goli cittadini rei di incuria nella raccolta e poi, se del caso, con l’applicazione delle sanzioni am-ministrative disposte per legge.Ma fare bene la raccolta differenziata non si-gnifica attivare subito dei virtuosismi. Mentre il vetro e la carta hanno un loro flusso che li porta velocemente al recupero, plastica ed alluminio vengono conferiti insieme e devono essere sele-zionati in appositi impianti prima di essere inse-riti nei flussi di recupero cui sono destinati, con evidenti incrementi di costo. L’organico poi, in assenza di impianti di compostaggio nella nostra provincia, deve arrivare fino a Caltanissetta per poter diventare un ammendante per l’agricol-tura. L’amministrazione è consapevole di tutto questo, e sarebbe favorevole quantomeno a for-me di recupero della frazione organica mediante il compostaggio domestico: si tratterebbe di un risparmio netto dato dal mancato conferimento di rifiuti al sistema. Vale la pena ricordare che il biologico rappresenta il 35% della produzione media di rifiuti e quindi poter produrre ammen-dante domestico con una banale compostiera fa-cilmente collocabile in giardino può sottrarre ai

costi della gestione delle discrete partite.Ci sembra opportuno sottolineare che i successi dell’amministrazione di Noto sono stati attua-ti in assenza di una struttura strategica per la corretta gestione dei rifiuti differenziati non-ché di quelli da apparecchiature elettriche ed elettroniche: il Centro Comunale di Raccolta. Noto ne è sprovvisto. Realizzarlo ha dei costi elevati: circa 2 milioni di Euro. Il Centro, qua-lora esistente, potrebbe amplificare la raccolta da parte dei cittadini che, senza attendere il porta a porta, potrebbero farsi parte diligente, e migliorerebbe la logistica ed i relativi costi. Quindi siano di fronte ad un successo che per essere valorizzato e non gravare sulla casse

dei contribuenti deve trovare l’autosufficienza impiantistica. Molte cose mancano all’appel-lo da questo punto di vista su tutto il territorio provinciale: in nostro è un territorio sprovvisto di quelle infrastrutture integrate che rendono possibile il recupero delle frazioni di rifiuto valorizzabili ed il trattamento delle restanti per scopi di produzione energetica/termica. Queste carenze rendono sovente i buoni progetti inat-tuabili o producono costi che superano i bene-fici ambientali attesi. Tuttavia, come accade nel caso di Noto, pur non esistendo un sistema di gestione dei rifiuti vincente, ci si può avvicina-re progressivamente all’efficienza di un siste-ma ambientalmente corretto.

13anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

L’inquilino di un palazzo accanto: “Ogni tanto vedo camion svuotare i cassoni di ogni porcheria”

Nel campo container ex Saline Regina di Augusta una discarica abusiva con laterizi, elettrodomestici, carcasse di animali, eternit in frantumi

di GIANMARCO CATALANO

Una discarica abusiva e a cielo aperto, in pieno centro abitato, a qualche centinaio di metri dall’ospedale Muscatello, e a pochi passi dalla piazza “Unità d’Italia” pomposamente inau-gurata dall’amministrazione comunale lo scorso anno. Ci troviamo in contrada ex Saline Regina, nell’area del campo container, oggiAggiungi un ap-puntamento per oggi dismesso, che ha ospitato gli sfollati vit-time del terribile terremoto del ‘90. Uno scenario indecoroso e insostenibile che si protrae da troppi anni: laterizi, copertoni, elettrodomestici, carcasse di animali e rifiuti urbani di ogni genere abbandonati impune-mente in quest’area, anche in pieno giorno. E oltre al grave pregiudizio cagionato all’am-biente, lastre di eternit accanto-nate e in frantumi minacciano la salute dei cittadini che abi-tano il circondario densamente popolato.

<< Da anni mi espongo in pri-ma persona per segnalare l’ab-bandono in cui versa questa zona, ma nessuno è intervenuto per risolvere definitivamente il problema >>, denuncia Dome-nico D’Angelo, inquilino della cooperativa “Rinascita”, sita proprio nei pressi del “giardino dell’eternit”. Lo stesso stabile in cui risiede l’assessore all’e-cologia, Michele Accolla, ben cosciente, dunque, dell’immon-dezzaio che può ammirare quo-tidianamente proprio sotto casa.<< Qualche mese fa, dopo le ripetute denunce – precisa D’Angelo – è intervenuta una ditta, rimuovendo solo un an-golo dei rifiuti giacenti. Io ho avuto seri problemi di salute proprio a causa dell’amianto, e qui siamo ancora costretti a respirarne le polveri>>.L’inerzia istituzionale è testi-moniata anche dall’assenza di controlli: << Ogni volta che mi accorgo di camion intenti

a scaricare – ci dice la signo-ra D’Angelo - chiamo subito vigili urbani, polizia e carabi-nieri. Ma quando arrivano, è già troppo tardi>>. Il campo container, infatti, pare essere la meta preferita da alcuni opera-tori edili che, sgravandosi degli oneri economici richiesti per il corretto smaltimento dei rifiuti speciali, ritengono più conve-niente disfarsi illegalmente del materiale di risulta: un “sacri-ficio” da immolare sull’altare dell’inciviltà.Eppure, proprio nel sito in og-getto, l’intenzione propagan-data dall’amministrazione è quella di realizzare un progetto di campo sportivo polivalente, di recente ammesso a finan-ziamento dal PON Sicurezza, nell’ambito dell’iniziativa “Io gioco LeGale”, di cui è tito-lare il Ministero dell’Interno. Nell’attesa, sarebbe forse op-portuno transennare il terre-no, di modo da contrastare

più efficacemente il fenomeno dell’abbandono degli inerti. E, naturalmente, provvedere alla sua immediata bonifica, mi-gliorando considerevolmente la qualità di vita dei residenti.

<< Che senso ha – si chiede D’Angelo – realizzare una im-mensa piazza per rivalutare un quartiere, lasciando accanto una discarica?>>. Chiaramen-te, seguiremo attentamente l’e-

volversi della vicenda. Atten-diamo, inoltre, una replica da parte dell’assessore Accolla, se vorrà anche attraverso le pa-gine del nostro portale: www.studentinonondifferenti.it

Il progettista di impianti fotovoltaici: “Installazione conveniente, con un doppio ritorno economico”

Daniele Giannì (Elio Sud): “Noi non abbiamo né petrolio né gasma qui abbiamo il sole e dovremmo sfruttarlo al cento per cento”

di STEFANIA FESTA

“Sul fotovoltaico c’è ancora molto da fare: l’Ita-lia finora ha coperto appena un terzo della quota di elettricità verde che l’Europa ci ha imposto di raggiungere entro il 2020, ma devo riconoscere che c’è una maggiore sensibilità fra l’opinione pubblica, confermata da un leggero incremento delle richieste per l’installazione di impianti fo-tovoltaici nel nostro paese.” Così Daniele Gian-nì, progettista di impianti fotovoltaici e titolare dell’azienda Elio Sud di Siracusa (www.eliosud.it), che ha deciso di proseguire la strada intrapresa dal padre Rosario nel 1982 coniugando il lavoro con il suo impegno ambientalista. “Mi ricordo di quando, all’età di otto anni – continua Giannì, – aiutavo mio padre ad installare i primi impianti con tipologia “ad Isola”. Devo dire che i tempi sono cambiati perché prima il fotovoltaico ve-niva percepito soprattutto come business mentre adesso, pur non dovendo rinunciare ai vantaggi economici derivanti dall’energia solare, c’è una maggiore consapevolezza ecologica”. Un piccolo impianto di 3 kilowatt, ad esempio, previene che vengano bruciati, in vent’anni, circa 15 tonnellate di petrolio. Una quantità considere-vole che va letta non solo in chiave ambientalista, ma anche in termini di ‘indipendenza’ dalle fonti energetiche tradizionali come il petrolio e il gas. “Questo è un fattore importante – spiega Daniele Giannì – perché significa non essere assoggetta-ti alle oscillazioni e alle variazioni del mercato dell’energia. L’Italia non è un produttore di pe-trolio o gas. Noi abbiamo il sole, e dovremmo sfruttarlo al cento per cento, e c’è ancora tanto da fare.” Siracusa, così come la Sicilia, infatti, non sfrutta appieno le proprie potenzialità climatiche, forse perché ancora, nell’immaginario collettivo, si abbina l’impianto fotovoltaico alla villetta o ai piccoli condomini, ma esistono diverse mo-dulazioni per coniugare le più svariate esigenze. I grandi condomini, ad esempio, pur ospitando numerose unità immobiliari, non hanno tetti con ampie superfici, quindi l’energia elettrica prodot-ta da un impianto fotovoltaico non sarebbe suf-ficiente ad alimentare tutti gli appartamenti, ma coprirebbe sicuramente il fabbisogno energetico per alimentare l’ascensore e la luce della scala, producendo anche utili da destinare alle spese

condominiali, con un chiaro risvolto economico per tutti i condomini. L’impianto fotovoltaico non è solo una centrale elettrica a tutti gli effetti sopra il tetto di casa, ma può essere utilizzato come termo-copertura per-ché impedisce ai raggi del sole di penetrare in ma-niera eccessiva all’interno dell’abitazione. “Que-sto – afferma il sig. Giannì – è un altro elemento positivo, a livello di risparmio energetico, oltre alla produzione di elettricità. E rappresenta anche un valore aggiunto nella classificazione energeti-ca, prevista dalla legge e ormai richiesta sempre nei casi di vendita o affitto degli immobili.” I costi, afferma il titolare di Elio Sud, sono ac-cessibili a tutte le tasche, anche grazie al conto energia, una forma di incentivazione attiva fino al 2016. Da giugno di quest’anno, in effetti, ci sarà una riduzione dell’incentivazione, ma l’in-stallazione di pannelli fotovoltaici continuerà ad essere conveniente, con un doppio ritorno econo-mico. “Fin quando gli incentivi – spiega Giannì – riescono a dare più di quello che si spende nel comprare l’impianto, si avrà sempre un vantag-gio, a partire dal fatto di non dover più pagare la corrente e avere l’energia necessaria per produrre acqua calda, riscaldare o refrigerare l’abitazione.”Perfino i costi di manutenzione sono molto con-tenuti, dal momento che la prima manutenzione si effettua generalmente dopo dieci anni, e in vent’anni non sono necessari più di due/tre in-terventi di manutenzione. Fondamentale, in que-sto caso, come ci spiega il titolare di Elio Sud, è l’installazione corretta dell’impianto con l’im-piego di tutti quegli accorgimenti necessari per prevenire i fenomeni che potrebbero, alla lunga, danneggiare l’impianto stesso. Gli utenti, inoltre, sono tutelati perché la documentazione per l’at-tivazione dell’impianto e la successiva messa in rete dell’impianto stesso è soggetta ad una serie di controlli severissimi da parte del comune, dell’E-nel e del GSE, nonché di TERNA che censisce gli impianti. “Installare i pannelli fotovoltaici sulle villette o sui condomini – afferma Daniele Giannì – è solo un punto di partenza. Mi piace immaginare un futuro ‘verde’ con impianti di zona, cioè in-teri quartieri alimentati dal fotovoltaico.” L’idea,

che forse oggi sembra futuristica, potrebbe in-vece rappresentare la soluzione energetica di un prossimo futuro, partendo per esempio dalle zone adesso periferiche dove vengono costruite villette a schiera, e che potrebbero essere interamente ali-mentate da parchi fotovoltaici costruiti anche in

mezzo al verde. “Si tratta di progetti realizzabili – conclude il titolare di Elio Sud – perché sono già in commercio pannelli installabili a vela con inseguitori, vale a dire delle strutture rotanti da dove si può attingere energia per tutto l’arco della giornata per alimentare davvero intere aree.”

Daniele Giannì

14 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

4.500 posti di lavoro persi nell’ultimo triennio, dal 2009 ad oggi riduzione (30%) del pescato siciliano

Non è la pesca del tonno col metodo del palangaro a mettere a rischio l’ecosistema marino del Mediterraneo

di PASQUALE ALIFFI

Se nel passato la Pesca era un ridente settore in espansione, oggi uno dei punti critici è la diminuzione del pescato che richiede, insieme ad altre criticità, l’intervento della politica per un’immediata iniziativa volta alla tempestiva e non più rimandabile “Dichiarazione dello stato di crisi del settore ittico” che in verità è sta-to espresso dalla Regione Siciliana nel 2011, senza però finanziare adeguatamente il relativo capitolo di spesa. Il costo del gasolio tradizionale è aumentato del 40% negli ultimi 12 mesi (quasi 70 centesimi al litro). Da qui la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha unito la categoria della Pesca insieme ai “forconi” che hanno manifestato re-centemente il loro malcontento.Quello che può essere definito il primo punto critico della Pesca riguarda le politiche di chi le-gifera per tale settore. Purtroppo a tutti i livelli negli enti pubblici di governo le problematiche del settore Pesca sono accorpate a quelle del settore Agricoltura le cui rubriche sono sempre state guidate da esperti Agronomi che poco co-noscono delle crude realtà della pesca.Quanto sopra ha comportato 4.500 posti di lavo-ro persi nell’ultimo triennio, una riduzione del pescato siciliano del 30% dal 2009 ad oggi, una paradossale diminuzione dei prezzi alla banchi-na di molte specie insieme all’aumento costante e vertiginoso dei costi di produzione (in primo luogo quelli energetici) uniti alle forti tensioni e alla conseguente militarizzazione delle zone tra-dizionali di pesca. (la Guarda Costiera che deve far rispettare le leggi europee).Per la riduzione delle quote latte si mobilitò mezza Italia. Fu proprio l’allora ministro leghi-sta Zaia che sacrificò le quote tonno a favore del-le quote latte, senza che gli amici del PDL hanno mosso un dito. In conseguenza di ciò la scelle-rata decisione adottata dall’Unione Europea sul-la diminuzione delle quote tonno ha distrutto la

marineria siciliana e l’intero indotto senza che nessuno, nelle sedi opportune, si sia opposto.La quota pesca del tonno con il sistema del palangaro (“u cuonzu”) di solo 220 tonnellate (erano 550 tonnellate nel 2010) è assurda se si considera che non c’è alcuna equità con le 1400 tonnellate di pescato autorizzato dall’U-

nione Europea per chi pratica la pesca con il sistema della circuizione (tonnare) che come tutti sanno è molto più invasivo e devastante per il delicato ecosistema. Tutto ciò è a tutto vantaggio delle tonnare volanti giapponesi che vengono a pescare nei nostri mari quanto a noi non è consentito.

A livello europeo si è legiferato il Piano Co-mune Europeo (PCP) che ridisegna il settore in tutta Europa non tenendo conto delle caratte-ristiche di ciascun Paese e delle specificità del settore ittico siciliano in particolare, che è sta-to messo alle corde da una serie di divieti che limitano tutto. Dalla pesca del tonno a quella del pesce spada, dallo strascico al prelievo di alcune specie su cui si fonda il nostro mercato ed infine gli errati periodi di fermo biologico generalizzati. È senza dubbio necessario ed opportuno salva-guardare l’ambiente e il ripopolamento ma non è possibile imporre solo divieti senza avere la percezione delle reali ripercussioni economi-che e sociali dei cambiamenti che si vogliono apportare. Tantissimi pescatori ed industriali della trasformazione sono pentiti di aver dato fiducia a chi oggi li rappresenta in Europa e che in campagna elettorale spronava loro a sceglie-re “LAVIA” del cambiamento del settore. Per quanto riguarda il tonno è auspicabile che si ritorni alle quote previste dalla normativa del 2010 con cui si possa reggere il mercato, facen-do presente che non è la pesca col metodo del palangaro a mettere a repentaglio l’ecosistema marino del Mediterraneo. Inoltre, oltre a quello recentemente stilato con la Libia, si dovrebbe-ro raggiungere accordi con gli Stati membri dell’intera fascia settentrionale africana. Infine ci si auspica, che in un momento di grande crisi come quello attuale, si possano rivedere quelle normative rigide che attualmente impongono a chi di dovere l’assillo dei continui controlli che stanno contribuendo a mettere a repentaglio l’intero settore con il disarmo di tante unità di pesca e la chiusura di tante attività dell’Indu-stria conserviera con il relativo aumento della disoccupazione di tanta gente nata e cresciuta a mare che non sa fare altri mestieri che quello tramandato dai loro padri.

Le premiazioni domenica 22 aprile nel salone “Borsellino” di Palazzo Vermexio, presenti molte autorità

Concorso grafico, letterario e multimediale sulla disabilitàorganizzato dall’Avdd in tutte le scuole della nostra provincia

di PIETRO GENOVESE

Ancora una brillante iniziativa dell’AVDD. E’ infatti in corso di svolgimento in tutte le scuole di Siracusa e dei vari comuni della provincia il “4° Concorso AVDD - Grafico, letterario e mul-timediale“ sui temi della disabilità e della comu-nicazione sulla disabilità, riservato, appunto, agli studenti delle scuole primarie e secondarie di 1° e di 2° grado. Il Concorso è organizzato per il quarto anno consecutivo dall’Associazione Volontari per i Diritti dei Disabili presieduta dal giornalista Sal-vatore Cimino, nel quadro del “Progetto AVDD 2012 sulla Comunicazione sulla Disabilità” e nell’ambito della “4a Settimana della Comuni-cazione sulla Disabilità (15-22 aprile prossimi )”, con il patrocinio della Provincia Regionale di Si-racusa, del Comune di Siracusa, dell’Ufficio Sco-lastico Regionale per la Sicilia e dell’Ufficio Sco-lastico Territoriale di Siracusa, delle Associazioni dei disabili Ens, Anmic, Anmil, Unms, Anvcg, Il volo degli Angeli senza ali, Comitato Provinciale dell’Unicef di Siracusa, presidenza del Rotaract Club - Palermo Ovest e presidenza del Kiwanis Club International di Siracusa.Ricordiamo le interessanti tracce proposte per la partecipazione al concorso:Per le Scuole Primarie e Secondarie di 1˚grado a) “La ricerca scientifica ha, negli ultimi anni, am-piamente dimostrato che l’integrazione scolastica degli studenti diversamente abili ha un riscontro pedagogico ed educativo positivo per la comunità scolastica tutta e non solo per lo studente portatore di handicap”. Il candidato illustri con un disegno o con un elaborato le soluzioni tecnologiche e gli

approcci didattici innovativi per la migliore inte-grazione scolastica e qualità di vita degli studenti sordi esprimendo le personali riflessioni e i propri suggerimenti.b) “Le barriere architettoniche e le barriere men-tali costituiscono ostacoli spesso insormontabili lungo il cammino quotidiano dei diversamente abili. Pertanto occorre abbatterle subito entrambe se desideriamo, come è giusto che sia, la completa integrazione dei disabili sensoriali, fisici e intellet-tivi nella Società”.c) “Un incidente sul lavoro, oltre ad oscurare la serenità del lavoratore stesso e della sua famiglia, costituisce una grave ed imperdonabile colpa, ol-tre che per i diretti responsabili, anche per tutta la Società che ha il dovere di vigilare e proteggere i lavoratori che operano per essa e per il suo pro-gresso”.Per le Scuole Secondarie di 1˚ grado e di 2° grado:a) La Comunicazione sulla disabilità attraverso i giornali, le radio, le televisioni, Internet e le inizia-tive dell’AVDD,, costituisce un mezzo indispen-sabile per la conoscenza e la comprensione del mondo dei disabili. Aiuta a capire i loro proble-mi e il loro desiderio di integrarsi nel mondo del lavoro, nella scuola e nella Società. Contribuisce infine a suggerire l’abbattimento di tutte le bar-riere (architettoniche e mentali) che impediscono ai disabili di vivere la vita di ogni giorno come i “normodotati“. Una speciale Commissione presieduta dal dr. Giu-seppe Cappello, dirigente dell’Ufficio Integrazio-ne scolastica alunni disabili dell’Ufficio Scolasti-

co Territoriale di Siracusa, e dal dr. Salvo Sorbello assessore comunale alle Polituche sociali ed alla Famiglia, e composta dal presidente dell’AVDD Salvatore Cimino, dalle dirigenti scolastiche dott.ssa Carmela Pace e dott.ssa Carmela Fronte, dai docenti prof.ssa Maria Azzaro, prof.ssa Paola Si-monetti, Prof.ssa Marina Ligama, prof. Gianni La-

tino, da giornalisti e da dirigenti delle associazioni provinciali di disabili patrocinanti, selezionerà i lavori pervenuti stilando una graduatoria delle scuole e degli studenti da premiare. La cerimonia delle premiazioni avrà luogo dome-nica 22 aprile nel salone “Borsellino” di Palazzo Vermexio, sede del Comune di Siracusa.

15anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Un artigiano potrà rimborsare le lezioni private per il figlio facendo lavori manuali per l’insegnante

Anche a Siracusa la Banca del Tempo. Rosanna Magnano: “Gli aderentisi scambiano prestazioni che soddisfano bisogni legati alla vita quotidiana”

di STEFANIA FESTA

Kairos o kronos? Il tempo speso nella realizzazione consapevole, o il tempo fug-gevole, sprecato, infarcito di noia improduttiva, che non è il dolce far niente. All’origi-ne della Banca del Tempo vi è questa necessaria interroga-zione. Incontriamo Rosanna Magnano, presidente della neonata Banca del Tempo di Siracusa.Rosanna, ci parli di questa nuova realtà siracusana.“La Banca del Tempo di Si-racusa nasce per iniziativa dell’associazione “Tempo Solidale” la cui missione è quella di avviare e gestire ini-ziative di promozione sociale. I cittadini, tutti e allo stesso modo, subiscono democrati-camente almeno in questo il fluire del tempo. Il censo, la cultura, l’intelligenza vengo-no appiattite da questa varia-bile universale. Nel tempo del villaggio globale è diventato molto semplice comunica-

re con chi si trovi nell’altro emisfero del pianeta, mentre si sa poco o nulla del proprio vicino di casa, con l’evidente rischio di solitudine e chiusu-ra verso chi è a noi più vicino. La Banca del Tempo afferma e sostiene i valori della soli-darietà e della reciprocità”.Può descrivere in dettaglio i vantaggi di questa vostra iniziativa?“L’offerta gratuita del tempo, che ci rende uguali sotto ogni profilo, è l’elemento unifican-te tra i partecipanti. Ciò assi-cura a chiunque la possibilità di accedere gratuitamente a servizi a volte molto costosi in relazione alle proprie pos-sibilità”.Ma perché è denominata Banca del Tempo?“Abbiamo visto come il tem-po trascorra universalmente per qualunque persona, ciò rende inequivocabile la perce-zione del tempo. L’uomo più ricco del pianeta verserebbe

tutti i suoi averi per poterne congelare il fluire. Assume un valore molto più prezioso di ogni avere. Ecco perché renderlo tanto prezioso da te-

saurizzarlo. Il termine Banca assume un valore metaforico, è il momento dell’interme-diazione e della reciprocità in un sistema di rapporti “dare/

avere”, una sorta di conto corrente. I cittadini aderen-ti “versano” in conto la loro disponibilità in relazione al loro saper fare. L’aderente è registrato su di un data-base che elenca le prestazioni per le quali lo stesso “correnti-sta” si rende disponibile o che richiede e utilizza il proprio tempo come fosse denaro”.Ci faccia un esempio prati-co.I servizi che i soci possono scambiare tra loro sono infi-niti perché coincidono con le capacità che i soci sono in gra-do di esprimere. Aggiustare una bicicletta, accudire bam-bini, impartire lezioni private a studenti, effettuare piccole riparazioni domestiche e an-cora dare lezioni di informa-tica o dare lezioni di cucina o fare del giardinaggio. Tutti i servizi sono gratuiti, vi è solo la quota societaria annuale del costo di quindici euro di cui una parte necessaria ad

assicurare gli aderenti.Questo meccanismo di reci-procità è alla base di una rete fondata sullo scambio alla pari di prestazioni che soddi-sfano bisogni legati alla vita quotidiana. Un papà artigiano potrà rimborsare le lezioni private per il proprio figlio facendo lavori manuali per l’insegnante. La grandiosa realizzazione della Banca è dato da questo. Uno scambio sul posto, avulso dalla mera componente monetaria. Que-sta è solidarietà realizzata”. Ci ha proprio convinti dell’enorme valore della vo-stra iniziativa. Come si può aderire alla Banca del Tem-po? “I cittadini interessati iscritti su Facebook possono colle-garsi su Banca del tempo Città di Siracusa e rilasciarci i loro dati. Chi vuole può inviarci una email all’indirizzo [email protected] o chiamare al 3476560777”.

A Catania il dieci per cento, a Palermo su settemila toponimi quelli femminili sono appena 239

Nelle 1830 vie, vicoli e ronchi di Siracusa solo 60 dedicati alle donneÈ tempo di tingere di rosa la nostra città, i personaggi non mancano

di MONICA LANAIA

Anche quest’anno l’otto marzo, anniversario che mira a risvegliare la memoria e la consape-volezza femminile, è stato atteso, è arrivato, è trascorso. Cosa resta? Dal 9 al 7 marzo di ogni anno scorrono tanti giorni di discriminazioni e disparità: prescindendo dall’eco delle tragedie che ci giunge dal mondo – infibulazioni, burqa e chador, stupri e sfruttamento della prostitu-zione, per citarne alcuni – le donne devono fare il doppio dello sforzo per aver riconosciuta la metà del risultato. Dite che è un cliché? Se lo è, si accompagna a quelle frasi che le donne de-vono sentirsi dire tante volte, nel corso della vita: “Non mettere una gonna, potresti indurre in tentazione un potenziale stupratore”, “Una donna primario (solo il 13%, per la cronaca) o presidentessa del Consiglio, è uno scherzo?”, “Ma picchì c’hannu a dari a machina e fimmi-ni?”. Le donne sopportano anche questo e in tante combattono, giorno dopo giorno, per contrasta-re l’idea che siano un bel corpo o una mise pro-vocante il passe-partout e per provare che una bella testa, una testa pensante, può stare anche sotto dei lunghi capelli e dei colpi di sole.E poi, le donne, puntano i piedi sulle questioni di principio. Com’è avvenuto in Francia, pochi anni fa, quando si è insistito nel modificare la grammatica e introdurre, anche negli atti le-gislativi, il femminile di “ministre” e di “di-recteur”. In Italia, da un paio di mesi, le donne hanno attirato l’attenzione delle giunte comu-nali e dei media su un dato, forse irrilevante a prima vista, ma che, nel ventunesimo secolo, solleva molti interrogativi: vi siete mai accor-ti che i nomi delle vie, delle piazze, dei corsi sono prevalentemente declinati al maschile? I risultati della ricerca, avviata da una docente romana e sviluppatasi su facebook, sono sor-prendenti: a Roma su 16.500 strade solo 580 sono intitolate a donne, a Milano 134, a Fi-renze 72, a Torino 27. A Napoli, su quasi 4000 vie, solo 55 sono femminili, a Bari addirittura il 94% delle strade è dedicato a uomini. Nem-meno in Sicilia la situazione migliora: a Zaffe-rana Etnea (CT), per esempio, solo due strade

sono dedicate alle donne, ma una delle due si chiama solo “Salto della monaca”; nel comu-ne di Sant’Alfio, sempre nel catanese, non c’è nemmeno una strada femminile, nemmeno una dedicata alla Madonna. A Paternò (CT) solo sei vie sono intitolate al gentil sesso. A Messina, a fronte di quasi trecento strade, solo 28 sono dedicate alle donne e, di queste, 17 sono dedi-cate a sante e religiose; vi è, però, un quartiere dedicato a due eroine dei Vespri siciliani, Dina e Clarenza. A Catania su più di 2000 fra stra-de e piazze il rapporto fra donne e uomini è di 700 a 75: la maggior parte delle vie femminili è dedicata alla Madonna e al culto di Sant’Aga-ta; vi è una via dedicata a un’artista catanese, Rosina Anselmi, un’altra dedicata a un’antro-pologa catanese,Carmelina Naselli. A Palermo, su quasi 7000 toponimi 239 sono femminili: si tratta prevalentemente di sante, religiose e personaggi mitologici, ma vi sono anche strade dedicate ad Anita Garibaldi, a Maria Montesso-ri, ad Artemisia Gentileschi, a Mary Shelley, a Elsa Morante, a una docente palermitana, Anna Maria Fundarò, a un’archeologa che durante la seconda guerra mondiale salvò i reperti di un museo conservandoli in un convento e che si occupò del restauro del tempio di Segesta, a cantanti e musiciste del capoluogo siciliano. In-fine, tre vie di Palermo ricordano delle vittime della mafia: Francesca Morvillo, moglie di Fal-cone, Emanuela Loi, che scortava Borsellino e Ida Castelluccio, moglie di un agente di polizia ammazzata insieme al marito.E Siracusa? Nelle nostre 1830 strade, vicoli e ronchi prevalgono i nomi legati alla mitolo-gia greca: Gelone, Ierone I e II, Tucidide, ma anche Aretusa, Berenice, Calliope, Cassiopea, Circe, Elettra, Erato, Minerva, Tiche e Tersi-core. Sono 60 le strade dedicate alle donne a Siracusa, ma alcune si riferiscono ad esse solo genericamente, come via delle vergini e via delle grazie; molte vie sono dedicate a sante e madonne, due a regine. Esistono anche una via Rosa Agazzi, pedagogista lombarda, una via Maria Montessori, una via Costanza Bru-no, crocerossina siracusana morta nella prima

guerra mondiale, un largo Maria Grazia Cutuli, la giornalista catanese uccisa qualche anno fa in Afghanistan, una via Eleonora Duse, una via Christiane Reimann, che dà il nome anche alla sua villa, ora di proprietà del comune.Solo 60 strade, a fronte di 1830, dedicate alle donne; sono più utilizzati persino i nomi di fio-ri: via delle ginestre, via delle rose, via delle azalee.Questi dati, su cui mai nessuno si era sofferma-to in precedenza, sono stati raccolti grazie al lavoro del gruppo di facebook “Toponomastica femminile”, un gruppo aperto al quale chiun-que può aderire per dare il proprio contributo.

Sono solo retaggi storici, obietterete? Mere questioni lessicali, adottate per convenzione così come la regola grammaticale che vuole che in un elenco di nomi maschili e femminili, il plurale sia al maschile? La società, però, si evolve: e, allora, facciamo evolvere la lingua italiana decidendo, una buona volta, che è cor-retto dire “ministra” e “avvocata” o “avvoca-tessa”, rivoluzioniamo i libri di storia parlando pure delle grandi donne, consentiamo ai genito-ri di scegliere se dare ai propri figli il cognome del padre o della madre.E tingiamo di rosa le nostre strade: ci sono tante donne che aspettano di averne intitolata una.

Rosanna Magnano

16 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Franco, Solarino, Musumeci e Bonomo: occorre l’isolamento sismico dei serbatoi Lng

Rigassificatore. Martelli, direttore dell’Enea di Bologna, è stato chiaro Andrebbe costruito in aree non sismiche, Mazara del Vallo o Gela

Sei anni di lotta di AugustAm-biente, Decontaminazione Sicilia e dei Comitati NO-Ri-gassificatore di Priolo e Melil-li contro il progetto Rigassifi-catore di Melilli, perché non ci si poteva rassegnare alle rassicurazioni sulla pericolo-sità dell’impianto fornite dai tecnici della Ionio-Gas, ed alle autorizzazioni disposte dell’ex ministro Prestigiacomo, ben lungi dall’essere fonti di sicu-rezza per il territorio.Nella conferenza del 18 feb-braio scorso tenutasi a Palazzo S. Biagio di Augusta, relativa alla pericolosità del rigassifi-catore di Melilli, tutte le nostre perplessità e preoccupazioni sono state condivise e confer-mate dalle relazioni tecniche presentate dai vari relatori. Le conclusioni finali del Prof.

Alessandro Martelli direttore dell’ENEA di Bologna, uno dei massimi esperti di Inge-gneria Industriale Antisismi-ca e Presidente GLIS (Grup-po di Lavoro Isolamento Sismico), sono qui riassunte: Il rigassificatore di Melilli è un impianto RIR (a Rischio di Incidente Rilevante) che prevede 3 grandi serbatoi di metano liquido da 150.000 m3 ciascuno. Perché non co-struirlo in aree meno sismiche come per esempio Mazara del Vallo o Gela dove, tra l’al-tro, arrivano i metanodotti dall’Algeria e dalla Libia? Volendolo proprio costruire a Melilli, sarebbe stato necessa-rio garantire la sicurezza degli impianti industriali già esisten-ti, di cui sette a rischio inciden-te rilevante, e dei componenti

circostanti, quali parchi serba-toi sforniti per la quasi totalità di isolamento sismico:1) Isolando sismicamente alla base i serbatoi LNG (cosa che sembra non prevista nel pro-getto Ionio-Gas, nonostante la sismicità S-12 della nostra area);2) Facendo riferimento ad azioni sismiche di progetto (input sismico), in accordo anche con i dati forniti dal progetto Enea NDSHA (Neo-deterministic seismic hazard Assessment). In tale proget-to, già sperimentato con suc-cesso in altre aree altamente sismiche, sono stati studiati e sviluppati sistemi antisismici, per strutture critiche presenti in impianti chimici, prenden-do in particolare considera-zione i serbatoi di stoccaggio

ed i grandi serbatoi criogenici LNG;3) Realizzando un’adeguata barriera anti maremoto.Naturalmente oltre al rischio industriale e sismico non va trascurato il rischio militare legato alla presenza delle basi della Marina Militare Italiana e della Nato.Se il problema è il lavoro che il rigassificatore avrebbe por-tato, non ne porterebbe forse di più (e più utilmente) l’ade-guamento sismico degli im-pianti e dei componenti RIR già esistenti?Ed ha ragione da vendere il Governatore Raffaele Lom-bardo quando dichiara che “non si possono fare sconti in materia di sicurezza”, ri-badendo che “per opere di questa importanza” (rigassi-

ficatori di Trieste e Brindisi), le relative Regioni, Friuli Ve-nezia Giulia e Puglia, abbiano preso più tempo per dire “no”.Per AugustAmbiente, Decon-

taminazione Sicilia e Comita-ti NO-Rigassificatore di Prio-lo e Melilli: Giacinto Franco, Luigi Solarino, Angelo Musu-meci ed Eugenio Bonomo.

Eugenio Bonomo

“La strada è lunga e tortuosa ma la candidatura all’Ars dobbiamo tentarla, non è più tempo di deleghe”

Mariano Ferro: “In quei giorni gli eventi ci sono sfuggiti di manochiunque poteva dirsi Forcone, ma ora ci siamo organizzati”

di CICCIO MAGNANO

Ha gli occhi di un azzurro intenso, proprio quelli di un sognatore, di un cinquantenne col cuore pieno di speranze. Lo incontriamo assie-me ad un gruppo di giovani, piccoli imprendi-tori di quelli chiamati “il popolo delle partite iva”. Andiamo subito al dunque.Signor Ferro, o meglio Mariano, due mesi fa avete messo a soqquadro l’intera isola. Come rispondete agli attacchi giunti da ogni dove?“Quando è partita la nostra protesta, avevamo condiviso le imposizioni della Questura. Quat-tro blocchi stradali non uno di più. Purtroppo da subito la protesta ha assunto proporzioni inimmaginabili. Basti pensare che si sono cre-ati quarantacinque blocchi non autorizzati, né dalla questura né tanto meno da noi. Si è arri-vati a non poter più controllare le adesioni che giungevano al movimento. Da qui in poi è sta-to uno spaventoso caos. La gente deve sapere che mai e poi avremmo permesso ad esempio il blocco di diciassette autocisterne di latte fresco andato distrutto. Insomma noi lottiamo senza sosta per migliorare le condizioni dei comparti produttivi dell’isola, non certo per distruggerli. Sia chiaro una volta per tutte. Ammetto e faccio ammenda di quanto accaduto. Paradossalmente gli eventi ci sono sfuggiti di mano. Non spera-vamo nemmeno potesse esserci una tale parte-cipazione”.Ad un certo punto nei blocchi si è visto di tutto, da gente poco raccomandabile a sem-plici disperati non appartenenti a nessuna delle categorie aderenti. Cosa è accaduto? “Come dicevo poc’anzi abbiamo scontato l’as-soluta mancanza organizzativa. Un’adesione così inaspettata, oltre a coglierci di sorpresa, ha squinternato la nostra minima struttura. Chiunque si è potuto autoproclamare Forcone, autoinvestendosi di poteri al limite, se non oltre la legalità. Volutamente orchestrato, poi questo è stato amplificato dalla stampa e dalle televi-sioni.“Ai blocchi si intervistava chiunque, non si cer-cava un portavoce ufficiale del movimento per conoscere le motivazioni. Il primo sprovveduto incontrato andava bene, anzi i più scalmana-ti avevano un microfono in mano. La prova è che si è sentito di tutto, da chi chiedeva di non dover più pagare le dovute tasse indispensabili in ogni società, a chi autoproclamava la libera-zione della Sicilia. Aggiungete l’assoluta man-canza di visibilità televisiva ed il gioco è fatto.

Completa delegittimazione del movimento. Ol-tre a tutto, se non bastasse, è arrivata l’infamia dell’accusa di infiltrazioni mafiose al vertice del movimento. Noi stessi affermiamo che nella concitazione del momento è accaduto di tutto, comprese le infiltrazioni, ma rigettiamo con as-soluta fermezza le stupide generalizzazioni. In Sicilia la mania diffusa è che se fai qualcosa di utile per la collettività deve essere comunque frutto di interessi più o meno sospetti”.Mariano, vediamo adesso la posizione dei politici regionali. Dal prudente silenzio pare siano passati a dei tentativi di intestarsi il pa-trocinio del movimento.“Abbiamo avuto ministri siciliani, una miria-de di deputati, senatori e consiglieri regionali totalmente indifferenti alla disperazione dei comparti primari e terziari. Dovevano acca-dere i fatti di gennaio per destarli dall’ignavia colpevole che da lustri li vede organici ad un governo centrale, sordi ai bisogni della gente. Adesso è facile sbandierare gli interventi presso il governo Monti, le commissioni di studio sulla possibile applicazione almeno dell’articolo 37 dello statuto siciliano, ma dove sono stati per settant’anni, allineati e coperti, hanno gozzovi-gliato con i faraonici vantaggi della casta.“Adesso nessuno, ribadisco nessuno, può inte-starsi alcunché. La destra, la sinistra e il centro sono stati patrigni, premurosi solo avvicinando-si le elezioni. Questi signori non hanno capito che i nostri drammi non sono punto barattabili.

Abbiamo perso le case, le terre, i siti produttivi, Serit ci ha spogliato di tutto, anche delle spe-ranze, ha infranto i nostri sogni oltre al futuro dei nostri figli”.Quale adesso, ad acque più calme, l’oggetto della vostra rivendicazione.“Intendiamo strutturarci solidamente. Un uffi-cio stampa curerà la comunicazione, ciò eviterà la raccolta di deliranti dichiarazioni mai rila-sciate dal movimento.“Nessuno potrà parlare a nostro nome. Gruppi di studio divisi per comparto analizzeranno le problematiche in ragione delle diversità di cate-goria. Al primo punto dopo questa preparazione vi è la richiesta non più procrastinabile dell’ap-plicazione dello statuto. Quindi la defiscaliz-zazione degli idrocarburi prodotti e consumati nell’isola. Queste richieste da sole basterebbero già a dar respiro a produttori ormai allo sban-do. L’agricoltura da sola rappresenta di già un dramma senza pari”. Mariano, a proposito di agricoltura, ci parli dello scandalo dell’accordo col Marocco.“Ha detto bene, di scandalo bisogna parlare. Inconcludenti quanto ignoranti parlamentari europei italiani hanno votato affinché l’Europa aiuti la nascente democrazia magrebina, apren-do le frontiere ai prodotti agricoli. Bene! Be-nissimo! Aiutiamo le democrazie nordafricane sterminando l’agricoltura siciliana. Ecco da dove nasce il nostro sdegno verso i politici ita-liani. Conoscono i problemi del caffè brasiliano

o del grano ucraino, ma non si curano delle di-sgrazie di casa nostra.“In Sicilia è accaduto che i grossi produttori, appoggiati dalle grandi corporazioni, abbiano prodotto in Tunisia ed importato illecitamen-te in Italia, sbarcando nei porti liguri merce contraffatta venduta ad esempio come Cilie-gino Pachino Dop. Le navi prima di attracca-re dichiarano alla dogana la provenienza ed il contenuto trasportato. E’ semplice intervenire. Perché questa incuria? Tanto solerti nella di-struzione dei prodotti delle grandi firme taroc-cate tanto insensibili ai prodotti agricoli di falsa provenienza. Il nord Africa ha discrete pro-duzioni industriali, aprano a queste. E no! La Confindustria si metterebbe di traverso di certo. Noi no. Noi siamo i figli di un dio minore”.Avete pensato che con tale adesione ricevuta potreste adesso prevedere una vostra rap-presentanza al parlamento siciliano? “Sicuramente, chi meglio di noi potrebbe di-fendere i nostri stessi diritti? Certo la strada è lunga e tortuosa ma almeno questo dobbiamo tentarlo. Non è più tempo di deleghe. I siciliani hanno abbandonato i loro destini, le loro aspi-razioni ad insulsi quanto collaborazionisti del governo centrale. Non siamo separatisti, siamo cittadini italiani. Ma adesso basta. Ci siamo svegliati.“Siamo certi che questa sia l’ultima nostra oc-casione di riscossa. Perduta questa torneremo a dormire per altri mille anni. Ci chiederanno ap-parentamenti, tenteranno prima di comprarci e quindi di poterci convogliare in qualche partito politico. Siamo stanchi, diceva il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. A differenza del Princi-pe proprio perché stanchi non daremo più carta bianca a nessuno”.La Civetta è un quindicinale attento alle nuove energie di questo paese, cosa può dirci di altri giornali?“Oltre al colpevole silenzio spesso siamo stati tacciati di populismo,”il Masaniello siciliano”.Il capopopolo arrivista, chissà che interessi nutrirà. A questi giornali asserviti, dico solo di aspettare.Il disagio del popolo può essere una forza assai potente, una marea come lo tzunami. Piuttosto se vogliono fare informazione seria, attenta e puntuale, ci diano il loro spazio. Abbiamo asso-luto bisogno di visibilità. Il tempo è galantuo-mo usava dire una volta”.

Mariano Ferro

17anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Signore della penna ma anche del pentagramma, inventò in Rai “Salvatore radiocommentatore”

Quando Pino Filippelli da cantante, contrabbassista e poi chitarristanell’Hot Five Zannelli a Noto cullò l’amore di Sammy Davis e May Britt

di CORRADO CARTIA

MAESTRO della parola, Pino Filippelli, Fran-cesco all’anagrafe, jazzista, cantante, con-trabassista, chitarrista, giornalista di fama, è nato a Caltagirone il 1 Giugno 1929 e, secondo l’Anagrafe, arrivò a Siracusa da Augusta dove lavorava nella zona industriale, ma ben presto entrò negli ambienti giornalistici siracusani co-minciando a collaborare con gli uffici pubbli-citari della S.P.I, “Società Pubblicità Italia”, concessionaria di diversi giornali quotidiani tra cui “LA SICILIA” di Catania, che aveva un mo-desto ufficio in un ammezzato di corso Matteot-ti 50, lo stesso dove c’era lo Studio Dentistico Cartia. Il passo per iniziare a collaborare con la redazione siracusana fu breve e il responsabile di allora, prof Aldo Carratore, non se lo lasciò scappare. Così, Pino iniziò la sua splendida carriera di giornalista imponendosi nella cronaca e nel 1956 fondava e dirigeva “La Domenica”. Pino Filippelli si distingue anche per la sua innata dote di attento osservatore, tanto che la RAI lo inserisce fra gli autori della rubrica regionale di costume “Il Ficodindia”, un programma di Mario Giusti irradiato dagli studi di Catania che vantava la partecipazione di attori già noti allora come Turi Ferro e Ida Carrara, Tuccio Musu-meci, Pippo Pattavina, musiche di Nino Lom-bardo, Filosì. Resterà famoso il suo personag-gio “Salvatore Radiocommentatore”, il classico catanese che scrivendo al “fratello che faceva il militare in Continente” raccontava tutto ciò che succedeva a Catania, un personaggio spassosis-simo che contribuì notevolmente al successo del programma. Intanto si appassiona a “I Figli di Archimede” che il penalista Piero Fillioley scri-ve su “La Domenica”, con piglio umoristico su personaggi siracusani e curando anche il boz-

zetto relativo. Pino Filippelli li pubblicherà in volume. Diventa giornalista professionista nel 1975, ri-correndo alla Corte di Cassazione, difeso dallo stesso avv. Piero Fillioley. Nel 1996 si lascia attrarre da una illusione, dirigere cioè un altro quotidiano, “Il Gazzettino di Siracusa” per l’e-ditore Manzella, ma non ce la fa ad abituarsi a un altro giornale e si dimette. Lo sostituirà il sottoscritto, ma dopo un anno il quotidia-no dichiara forfait e chiude. Pino si dedica al suo settimanale che sarà diretto, poi, dal figlio Carlo che seguirà le orme del padre e dove il

sottoscritto sarà chiamato alla vicedirezione. Da cantante e contrabbassista prima e da chitarri-sta dopo, all’indomani del conseguimento della “Bacchetta Siciliana“, il 3 settembre 1948 al Lido dei Ciclopi di Catania, Pino Filippelli en-trò a far parte dell’Hot Five Zannelli composto da Aldo Zannelli alla fisarmonica, Mario Ferrara alla tromba, Titino Italia nell’orchestrachitarra, Roberto Fiore contrabbassista e cantante, nonchè amministratore dell’orchestra, e Umberto Brotto alla batteria. Pino Filippelli scriverà su “La Domenica” del 28 Giugno 1998: “Non ci credereste, ma qualche anno dopo entrò in formazione anche il sotto-scritto, dapprima come contrabbassista e cantan-te, poi come chitarrista (e in qualche occasione anche presentatore!). Ricordo un’estate trascorsa a suonare a Noto, nella villa comunale, per allie-tare le serate di pausa di una troupe cinematogra-fica, di cui faceva parte il cantante, attore e bal-lerino Sammy Davis jr, componente del clan di Frankie Sinatra, assieme all’attrice svedese May Britt, biondissima regina del set. Ebbene, proprio le musiche del complesso fecero da soave sotto-fondo all’iniziale flirt fra i due, trasformandosi nel tempo in grandissimo amore coronato infi-ne dalle nozze. Musica per sognare, così veniva definito un certo repertorio zannelliano che in-dulgeva molto alla melodia di stile americano, una sorta di raffinata mezzana che, sicuramente, all’epoca, fece nascere e fiorire non pochi amori. Non vorrei fare torto, dimenticandoli, i tanti al-tri che poi sono entrati a far parte del complesso mentre alcuni come Fiore e Brottolo abbandona-vano per altri lidi: il virtuoso pianista Marcello Cirasa, il finissimo cantante Sergio Bosco, appe-na uscito da una grave crisi depressiva per avere perso una gamba in un incidente motociclistico.

In anni più recenti, il complesso - che mante-neva come elementi fissi Zannelli e Ferrara - cambiò fisionomia, trasformandosi nei folklori-stici e creativi Mammasantissima con l’arrivo di Enzo Annino, Enzo Bongiovanni e dei fratelli Massimo e Bruno Bianca. Era rimasta viva e pregnante l’impronta del vecchio “Hot Five” at-traverso l’inesauribile fantasia di Aldo Zannelli e l’inossidabile quadratura di Mario Ferrara, e dopo con Turuzzo Filippino alla batteria”.

Rispetto a Carratore e a Lino Romano, seppe cogliere il nuovo corso dell’informazione locale

E tre! Dei miei maestri di giornalismo era l’unico ancora viventeFu lui a introdurmi ne “La Domenica” e poi nel quotidiano “La Sicilia”

di FRANCO ODDOGli ho sempre dato del lei, anche dopo anni di contiguità e nonostante lui stesso mi invitasse al tu, come si usa tra colleghi che partecipano allo stesso progetto. Quando, appena diciannovenne, bussai alla porta della sua abitazione in viale Tunisi, senza nemmeno conoscerlo, e gli manife-stai la mia voglia di scrivere, mi accolse come ci conoscessimo da anni. “Vediamo come te la cavi”, mi disse. “Fammi un articolo sulla vita dei calciatori del Siracusa fuori dal rettangolo di gioco”. Erano le 19 di un giorno di primavera del ‘76. Alle 20 ero già nella palazzina adiacente al Vittorio Emanuele a parlare con il portierone Bellavia e con altri che ora non ricordo. Ci rimasi fino a mezzanotte. E l’indomani, alle dieci in punto, ero di nuovo dietro la sua porta con il pezzo già scritto. Tirò fuori un mezzo risolino che, poi, nel corso degli anni, risentii più volte. Lesse le quattro cartelle, ammiccò, e: “Ora non scomparire”, mi disse. “Sarà pubblicato domenica”.Fu così che iniziò la mia avventura ne “La Domenica” di Pino Filippelli, un settimanale che si stampava da Flaccavento e che accoglieva nella re-dazione nomi altisonanti del giornalismo siracusano, primo fra tutti Nuc-cio Spada. Al giornale dedicai anima e corpo anche perchè – lo riconosco – mi gratificava l’assegno che Pino Filippelli mensilmente mi consegnava con tanto di ricevuta. A me, che ero squattrinato, quelle piccole somme sembravano enormi, così tanto che da qualche parte debbo ancora avere quei rettangolini di carta mai riscossi.Poco alla volta diventai un frequentatore abituale dell’appartamento di viale Tunisi, dove vive-vano anche i familiari di Pino, la moglie Pupa e i figli ancora pargoletti. Pino Filippelli aveva attrezzato una stanzetta, dirimpetto alla porta d’ingresso, che ricordo strapiena di fogli dattilo-scritti attorno a una olivetti 66. Raccoglievamo gli articoli del giornale successivo mentre i bimbi facevano sortite improvvise vociando e rincorrendosi.“La Domenica” era un giornale borghese che trattava temi di costume, spettacolo, sport. Il massi-mo della trasgressione erano gli articoli su processi penali a contenuto erotico che Pino Filippelli trattava con fine ironia, mai scadendo in figurazioni oscene o di cattivo gusto. Erano storie di tra-dimenti tra le fresche frasche per le quali il giornalista cedeva il passo al narratore, allo scrittore sempre attento alle nuove tendenze dello stile. Ricordo ancora una serata dedicata a stroncare l’uso che taluni continuavano a fare di vie più, in guisa di, le discussioni se fosse più giusto scrivere iradiddio o ira di Dio e cose di questo tipo. C’era in lui un gusto nuovo della parola che doveva concorrere a uno stile musicale, armonioso, mai inceppato.Fu lui a volere che io scrivessi su “La Sicilia”. Lino Romano, accanto ai chiaroscuri in lingua azzurra, si occupava anche delle poche notizie che riguardavano il Comune di Siracusa. Ormai

attempato, pubblicava quanto arrivava in redazione, in quel tempo alle spalle di via Arsenale. Perciò mi assegnò la cronaca amministrativa (Co-mune e Provincia) che io, mese dopo mese, occupai per intero estendendo la mia competenza anche sui partiti politici e su alcuni enti. In quel tempo gli articoli venivano inviati a Catania con l’autobus delle 17,30 e io, che amavo scrivere a casa, ero un tiratardi. Filippelli e Romano, con la com-plicità di Rino Durante, avevano organizzato una lotteria puntando sui di-versi orari in cui sarei arrivato e ci si divertivano un mondo. Ma arrivavo, alla fine, perchè in una redazione diretta da Pino Filippelli l’esempio del capo trascinava tutti. E io fui trascinato al punto che un giorno, saltando sul molo da una barca, misi un piede in fallo e mi fratturai un dito della mano ma mi recai in redazione, scrissi con l’altra mano gli articoli e poi andai in ospedale.Pino Filippelli non mi rimproverò mai. Sbuffava se tardavo, indulgeva a frizzi e frazzi mordaci ma sempre cordiali, cercava di temperarmi in quel mio libellismo che qualche volta mi causa danni, ma sempre, sempre, mi manifestava stima e rispetto. Intanto a Siracusa era sorto un altro quotidiano, “Il Diario” di Parret-ti, dove transitarono alcune firme de “La Sicilia”, tra cui Saretto Leotta. Comune e Provincia in quel giornale furono affidati a Nino Sunseri, oggi editorialista del “Giornale di Sicilia”, che per evitare buche mi tallonava.

Ma, con vari stratagemmi, riuscivo a sfuggirgli e l’indomani su “La Sicilia” spuntavano titoloni su fatti ignoti al giornale concorrente. Umberto Bassi, altro mio maestro, che mi ha insegnato la fatica di un direttore anche a costo di dormire in redazione a giornale finito, mi contattò e mi offrì la responsabilità del giornale a Ragusa e l’agognato contratto.Ne parlai con Pino Filippelli, che in quell’occasione si rivelò un grande amico e un consigliere fidato. Se gli avessi dato ascolto, non sarei mai andato via da “La Sicilia”. Ma ero giovane e scalpitante e mi recai a Ragusa. Poi a Catania e poi ritornai a Siracusa, responsabile della locale redazione del “Giornale del Sud” di Pippo Fava, l’ultimo dei miei maestri, che mi ha insegnato il valore della legalità anche a costo del prezzo più grande.Oggi che Pino Filippelli è scomparso si affollano i ricordi. Su tutti prevale l’immagine di un uomo colto, brillante, spiritoso. Una persona aperta con tutti, disposta al dialogo con chiunque, in particolare con i giovani, capace di mettere sempre a proprio agio l’interlocutore. Su una sola cosa mi accapigliavo con lui, e lo farei ancora. Filippelli consigliava sempre ai giornalisti di non prendersi troppo sul serio, sostenendo che non ne valeva la pena. “Dopo una settimana nessuno ricorda più cosa hai scritto”, diceva. Non sono d’accordo. Degli articoli che lui ha scritto io ne ricordo tanti e molti mi hanno formato. Grazie. Un giorno, se Dio c’è, ci rivedremo.

Pino Filippelli

18 anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Arriva anche a Siracusa il Movimento 5 stelle ed esordisce con una pro-posta semplice ma effi-cace: “Se questa ammi-nistrazione non riesce a risolvere i problemi più importanti, non si chiu-da in un immobilismo inutile ma faccia almeno qualcosa per risolvere le questioni più basilari, come ad esempio gli innumerevoli sprechi di piccola entità che fla-gellano questa città.” E’ questo il sunto del primo comunicato stampa dif-fuso pubblicamente dal movimento politico a cui Beppe Grillo, meno di 3 anni fa, ha dato i natali e che da oggi opera anche sul territorio siracusano.“Dopo aver chiesto al sindaco ed alla sua giunta, come cittadini privati ed attraverso diversi video pubblicati in Internet, di fornire spiegazioni su al-cuni temi caldi della città, quali la scarsa qualità dell’acqua che fuoriesce dai rubinetti delle case siracusane, gli affitti di immobili privati adibiti ad uffici comunali rinnovati da oltre 20 anni anche quando il Comune dispone di immobili propri che anzi sono stati messi in vendita, l’esternaliz-zazione a perdere di servizi strategici per milioni di euro, l’attuazione di politiche per la mobilità sostenibile alquanto trascurabili, etc., ci siamo ef-fettivamente resi conto che forse questa ammini-strazione non rispondeva alle nostre domande non perché non voleva farlo, bensì perché non era in grado di pensare, né pianificare alcun intervento efficace per risolvere i problemi che sollevavamo. A questo punto abbiamo capito che dovevamo ab-bassare il tiro ed immaginarci delle iniziative di cittadinanza attiva non troppo impegnative per il sindaco, che fossero cioè alla portata sua e della sua giunta”. E’ così che, spiegano nel loro comunicato i ragaz-zi del Movimento a 5 Stelle, nasce l’idea di “Share the Waste” (dall’inglese condividi lo spreco). Si tratta di un’iniziativa che ha lo scopo di raccogliere le segnalazioni provenienti dai cittadini che riten-gono opportuno mettere al corrente la collettività di uno o più sprechi (meglio se di piccola entità) a cui l’amministrazione potrebbe porre rimedio mediante degli interventi dal trascurabile impat-

to economico. Questi sprechi, presi singolar-mente, potrebbero non essere significativi ma visti complessivamente, se abbattuti, potrebbero contribuire a far rispar-miare ingenti risorse.Per partecipare all’i-niziativa è sufficiente collegarsi al sito (www.movimento5stellesr.it), andare nell’apposita sezione “Share The Wa-ste” e seguire le semplici istruzioni mostrate a vi-

deo. “Ogni segnalazione pervenuta verrà portata all’attenzione del sindaco dopo essere stata veri-ficata e per trasparenza verrà anche pubblicata sul nostro sito” – si legge nel comunicato stampa.Il primo spreco l’hanno voluto segnalare proprio i ragazzi del Movimento 5 Stelle, con un video vi-sionabile dal loro sito Internet, che dimostra come l’energia elettrica di una struttura scolastica statale sita nel quartiere Grottasanta venga sfruttata poco intelligentemente. “E’ da circa 2 anni e mezzo (da quando la struttura è stata ultimata e sono comin-ciate le lezioni) che l’illuminazione dell’Istituto Chindemi di Via Basilicata viene lasciata peren-nemente accesa 24 ore su 24, di giorno e di notte, con il sole e con la pioggia. Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che non sia così (il ri-vestimento delle lampade è di materiale opaco e quando la giornata è soleggiata è difficile notare che le luci sono accese) ma basta che il sole sia leggermente oscurato da qualche nuvola per capi-re che lo spreco è reale, come tra l’altro abbiamo avuto modo di documentare attraverso dei video e delle foto”.“Perché sperperare tutta questa energia elettrica? E’ normale lasciare le luci accese anche quando la giornata è soleggiata ed il sole tramonta dopo le 8 di sera? Su chi ricadono i costi in bolletta di questo spreco?” - si chiedono gli aderenti al Movimento 5 Stelle. Stando alle loro dichiarazioni, basterebbe davvero poco per risolvere il problema: “Occorre semplicemente tarare in modo opportuno il tem-porizzatore delle luci (costo di acquisto di poche decine di euro) un impegno a cui l’amministrazio-ne, malgrado il risicato stato di salute delle casse comunali, può certamente far fronte”.

La nutre con un cannello naso gastrico, la lava sul suo lettino, la pettina con infinita rassegnazione

Vita di donne siracusane. Una mamma coraggio da dieci annivive segregata in casa per accudire la sua bimba in stato vegetativo

di CICCIO MAGNANO

Secondo il parere dei medici, la piccola non sen-te, non vede e non ha alcuna percezione senso-riale. Di tutt’altro avviso la sua mamma che da dieci anni l’accudisce notte e giorno. Una storia questa uscita dal “Cuore” di De Amicis.E’nata sana, poi pare per un errore medico ha subito una grave ipossia cerebrale. La chiame-remo Anna per evitare possibili riconoscimenti. E’ cresciuta come una bimba di dieci anni, ma il suo stato è pressoché vegetativo. Appena sveglia la sua mamma la ripone su di un lettino in cuci-na e da allora le rimane accanto avvolgendola di cure inesauribili. Non esce mai questa mamma coraggio. Una vita segregata. Ha appena quarant’anni, da dieci vive in questo modo.La televisione accesa da mattina a sera è il suo unico legame al mondo esterno. I parenti più vicini assicurano la logistica esterna di cui ne-cessita una famiglia. Il marito morto assai pre-sto non è stato per così dire uno stinco di santo. Così questa eroina di oggi, pressoché unica, vive un’esistenza ovattata. Parla alla sua bimba con la toccante certezza che possa comprendere le sue parole.La nutre con un cannello naso gastrico, la lava

sul suo lettino, la pettina con infinita rassegna-zione questa bambola di umanità nascosta. Mai le si paleserà un cenno, uno sguardo grato, il toc-co esplicito di una mano. Ma lei l’accarezza con la testarda convinzione che, imbrigliata in que-sto corpo di gesso, la sua bimba possa un giorno liberarsi dall’incantesimo restituendole un cen-no di vitalità ad oggi negatole. Di tanto in tanto il parroco del quartiere va a trovarla. Poche parole, le porta un conforto fatto di presenza fisica, non serve parlare, come non serve una confessione: lei dice, vive la Croce tutti i giorni. Dovrebbe in-segnare teologia a tanti di noi sedicenti cristiani.Testimone inesauribile del senso della vita, non si rende nemmeno conto del suo sacrificio. Non proponetele mai di ricoverare la piccola in un centro specializzato, potrebbe aggredirvi.Immersi come siamo in questo forsennato gi-rotondo effimero ed insensato, una storia come questa vuole restituirci un cenno di umana saggezza. Qualcuno potrebbe fornire letture di assoluta liceità: fuga dalla realtà, alienazione, mancanza di amor proprio. Ma quanta lezione in questo surrogato di vita, quanta speranza per una umanità smarrita. Altro che farfalla all’inguine di Belen.

Prima segnalazione: al Chindemi di via Basilicata luce elettrica accesa anche nelle giornate assolate

Il Movimento 5 stelle (Beppe Grillo): “Segnalate piccoli e grandi sprechial nostro sito, share the waste, e noi li denunceremo al sindaco Visentin”

Istituito nel 2011 da Unioncamere nazionale, permette di ottenere un importante logo di riconoscimento

Non c’è alcuna azienda siracusana nel Regi-stro generale delle imprese storiche, anche se, qua e là, viene segnalata sulle vetrine degli esercenti la longevità dell’azienda, specie per ristoranti, alberghi, bar. Eppure, a tutt’oggi, in tutti i settori merceologici del Registro nazionale Siracusa non è mentova-ta. E molto probabilmente non sarà menzio-nata ancora per un anno poiché la scadenza per le iscrizioni delle imprese ultracentena-rie (per ciò stesso storiche) è proprio oggi, 23 marzo.Il Registro, istituito nel 2011 da Unionca-mere nazionale, vede ad oggi l’iscrizione di circa 1.800 aziende in tutta Italia. Esso permette alle imprese longeve di ottenere un logo di riconoscimento nazionale apposita-mente predisposto da Unioncamere. Desti-natarie dell’iniziativa sono tutte le imprese di qualsiasi forma giuridica operanti in qual-

siasi settore economico, iscritte nel Registro delle imprese e ancora attive, con esercizio ininterrotto dell’attività nell’ambito del me-desimo settore merceologico per un perio-do non inferiore a 100 anni. Varie forme di promozione segnalano ai consumatori tali imprese, ancora oggi operative, che conti-nuano a trasmettere alle nuove generazioni il proprio patrimonio di esperienze nel fare impresa. Tali iniziative, peraltro, ricadono nelle celebrazioni promosse in occasione del 150° dalla fondazione delle prime Camere di Commercio italiane nello Stato Unitario. Il 6 luglio 1862, infatti, il Parlamento italia-no promulgava la prima legge istitutiva de-gli enti camerali, a poco più di un anno dalla proclamazione dell’Unità, dando il via alla costruzione dell’architettura istituzionale e della rete diffusa sul territorio.

Corrado Fianchino

Nesssuna impresa siracusana nel Registro italiano delle aziende storicheche raccoglie 1800 ditte operanti nello stesso settore da più di 100 anni

19anno IV/n.05 - venerdì, 23 marzo 2012

Nel 16% dei maschi il tabagismo determina la riduzione degli spermatozoi e della loro mobilità

Le sostanze tossiche introdotte fumando provocano nelle donne la morte precoce degli ovociti, infertilità e menopausa anticipata

Da tempo si parla delle conseguenze negati-ve del fumo sulla salute in generale, ma sono ancora pochi gli studi sugli effetti nocivi del fumo sulla funzione riproduttiva e sulla pro-creazione. E’ stato dimostrato che il genoma dell’ovoci-ta e dello spermatozoo è molto sensibile agli effetti delle sostanze liberate dal fumo di si-garetta. C’è un significativo aumento del rischio di sviluppare ovociti con un numero di cromoso-mi doppio rispetto nella norma, proporzionale al numero di sigarette fumate e un aumento del 12% del rischio di alterazioni cromosomi-che negli ovociti di donne che fumano almeno 10 sigarette al giorno. Nelle coppie fumatrici, infatti, il rischio di infertilità causato dal fumo aumenta del 13% rispetto a quelle non fumatrici. In particolare, le sostanze tossiche introdotte fumando (idrocarburi aromatici policiclici) provocano la morte precoce degli ovociti, provocando infertilità e menopausa anticipata di 1-2 anni. Inoltre nel 16% dei fumatori di sesso maschile il tabagismo determina una significativa ridu-zione della produzione di spermatozoi e del-la loro mobilità. Nelle cellule spermatiche il

fumo provoca un aumento dei radicali liberi e “stress” ossidativo. Questo a sua volta deter-mina frammentazione del Dna e un aumento del rischio di aneuploidie (numero di cro-mosomi alterato) in particolar modo disomie (raddoppio) del cromosoma Y, X e 8. Infine nell’ambito della procreazione medico-assistita la percentuale media di riuscita per ciclo nelle donne fumatrici scende inesorabil-mente dal 25% al 12%. Per quanto riguarda la salute del nascituro, in uno studio condotto su 2.000 donne america-ne si è osservato un rischio aumentato di circa il 50% di aborto spontaneo nel primo trime-stre nelle forti fumatrici e un rischio maggiore di 3,5 volte di gravidanze extrauterine. Inol-tre si è notato ridotto peso alla nascita e au-mento dei parti prematuri per alterazioni della circolazione del sangue fra utero e placenta e conseguente insufficienza della funzione pla-centare. Infine, uno studio condotto su circa 2.000 giovani uomini tra 18-20 anni ha dimostrato quanto il fumo della madre durante il 3° trime-stre di gravidanza abbia compromesso il loro quoziente intellettivo (Pediatric Perin. Epide-miol 2005).

*Andrologo - Ginecologo - Sessuologo

di *LAMBERTO COPPOLA

Un mondo di ladri: rubare tutti, rubare di piùE chi non obbedisce sarà la nostra pecora neradi ITALO CALVINO

C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassina-re la casa di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovava la casa svaligiata.E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si arrivava ad un ultimo che rubava il primo. Il commer-cio in quel paese si praticava solo sotto forma d’imbroglio e da parte di chi comprava. Il governo era una associazione a delin-quere ai danni dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciam-pi, e non c’erano né ricchi né poveri.Ora, non si sa come, accadde che nel paese si venisse a trovare un uomo onesto. La notte, invece di uscirsene col sacco e la lanterna, stava in casa a fumare e a leggere romanzi.Venivano i ladri, vedevano la luce accesa e non salivano.Questo fatto durò per un poco. Poi bisognò fargli comprendere che se lui voleva vivere senza fare niente, non era una buona ragione per non lasciare fare agli altri. Ogni notte che lui pas-sava in casa, era una famiglia che non mangiava l’indomani.Di fronte a queste ragioni l’uomo onesto non poteva opporsi. Prese anche lui a uscire la sera per tornare all’alba, ma a ru-bare non ci andava. Onesto era, non c’era nulla da fare. Anda-va fino al ponte e stava a vedere passare l’acqua sotto. Tornava a casa, e la trovava svaligiata.In meno di una settimana l’uomo onesto si trovò senza un soldo, senza di che mangiare, con la casa vuota. Ma fin qui poco male, perché era colpa sua; il guaio era che da questo suo modo di fare ne nasceva tutto uno scombinamento. Perché lui si faceva rubare tutto e intanto non rubava a nessuno; così c’era sempre qualcuno che rincasando all’alba trovava la casa intatta: la casa che avrebbe dovuto svaligiare lui. Fatto sta che dopo un poco quelli che non venivano derubati si trovarono ad essere più ricchi degli altri e a non volere più rubare. E quelli che venivano per rubare in casa dell’uomo onesto la trovavano sempre vuota; così diventavano poveri.Intanto, quelli diventati ricchi presero l’abitudine anche loro di andare la notte sul ponte, a vedere l’acqua che passava sotto. Questo aumentò lo scompiglio perché ci furono molti altri che diventarono poveri. Ora, i ricchi videro che ad andare la notte sul ponte, dopo un pò sarebbero diventati poveri. E pensarono: “Paghiamo dei poveri che vadano a rubare per conto nostro “. Si fecero i contratti, furono stabiliti i salari, le percentuali: naturalmente sempre ladri erano, e cercavano di ingannarsi gli uni con gli altri. Ma, come succede, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.C’erano dei ricchi così ricchi da non avere più bisogno di rubare e di fare rubare per continuare ad essere ricchi. Però se smettevano di rubare diventavano poveri perché i poveri li derubavano. Allora pagarono i più poveri per difendere la roba loro dagli altri poveri, e così istituirono la polizia e costruirono le carceri.In tal modo, già pochi anni dopo l’avvenimento dell’uomo one-sto, non si parlava più di rubare o di essere derubati ma solo di ricchi o di poveri; eppure erano sempre tutti ladri.Di onesti c’era stato solo quel tale, ed era morto, subito, di fame.

L’evento sta arrivando...

shannon donna presenta

SFILATA PRIMAVERA-ESTATE31 MARZO 2012 ORE 18,00

DURANTE L’EVENTO VERRÀ SERVITO UN APERITIVOVIA ADIGE, 7/9 - SIRACUSA