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OPPORTUNITÀ E RISCHI IN UN CONTESTO CHE CAMBIA IN COLLABORAZIONE CON NETWORK NON AUTOSUFFICIENZA (N.N.A.) Franco Pesaresi Direttore Asur Senigallia DOVE VA LA RESIDENZIALITÀ IN ITALIA? GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2011 Forum sulla Non Autosufficienza Bologna 9-10 novembre 2011 Centro Congressi Savoia Hotel

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OppOrtunità e rischi in un cOntestO che cambia in cOllabOraziOne cOn netwOrk

nOn autOsufficienza (n.n.a.)

franco pesaresiDirettore asur senigallia

DOVE VA LA RESIDENZIALITÀ IN ITALIA? GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2011

Forum sullaNon AutosufficienzaBologna 9-10 novembre 2011Centro Congressi Savoia Hotel

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Forum sulla Non Autosufficienza

Il sociale e il sanitario:

una rete di servizi che tende a convergere

Franco Pesaresi (Anoss)

Bologna 10 novembre 2011

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IL PUNTO UNICO

DI ACCESSO

(PUA)

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IL QUADRO NORMATIVO

NAZIONALE Pochissime norme nazionali.

Decreto di riparto Fondo per le non autosufficienze (dm

6/8/08): Fondo finalizzato alla “previsione o rafforzamento

di punti unici di accesso alle prestazioni e ai servizi con

particolare riferimento alla condizione di non

autosufficienza che agevolino e semplifichino

l'informazione e l'accesso ai servizi socio-sanitari”.

Documento di sperimentazione della “Casa della salute” : “ai fini della

integrazione tra attività sanitarie e attività socio-assistenziali deve

essere presente lo Sportello unico di accesso con personale dedicato”.

Piano sociale nazionale 2001-2003: “Nei piani di zona vanno

individuate le soluzioni più idonee per unificare l’accesso ai

servizi sociali e a quelli sociosanitari presenti nel distretto

sanitario” .

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I modelli

MODELLI REGIONI prestazioni NOTE

1. Porta sociale

senza presa in

carico

Emilia Romagna,

Marche, Liguria

Sociali Modalità organizzativa della

accoglienza che non si

sovrappone ai servizi.

2. Porta sociale

con presa in

carico

Campania,

Umbria

Sociali Riproduce modello dei servizi

sociali (segretariato soc. +

servizio soc. professionale).

3. Sportello

sanitario

Emilia Romagna sanitarie Per le prestazioni sanitarie

distrettuali

4. Punto unico di

accesso

Abruzzo,

Campania,

FVG, Lazio,

Lombardia,

Liguria, Marche,

Molise, Piemonte,

Puglia, Sardegna,

Sicilia, Toscana

Sociali,

socio-

sanitarie,

sanitarie

In genere per prestazioni

sociali e sociosanitarie. Più

raramente anche le altre

prestazioni distrettuali

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Il modello PUA

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PUA: Le tendenze PUA: modello prevalente. Previsto da una ampia

maggioranza di regioni. Ma il numero di regioni

cresce costantemente.

Tutte le ipotesi, comunque, prevedono un

accordo fra ASL e comuni per la gestione unitaria

o integrata dell’accesso alle prestazioni.

Le varie normative regionali sono spesso scarne

e generiche.

Le esperienze reali sono quantitativamente

limitate anche perché la normativa è recente.

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A cosa serve il PUA?

Unificare il percorso dell’utente per agevolare e semplificare le informazioni e l’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari;

Favorire l’erogazione di prestazioni integrate;

Trattare i dati degli utenti in modo unitario.

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ALCUNI

NODI

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PUA: tipologia di prestazioni

SOCIALI (9) SOCIOSANITARIE (13) SANITARIE (6)

6.Abruzzo, Campania,

Lazio, Marche,

Molise, Piemonte

6.Abruzzo, Campania,

Lazio, Marche,

Molise, Piemonte

6.Abruzzo, Campania,

Lazio, Marche,

Molise, Piemonte

3.Lombardia,

Puglia,

Sicilia

3.Lombardia,

Puglia,

Sicilia

4.Friuli VG, Liguria,

Sardegna, Toscana

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PUA: Le funzioni

FUNZIONI PUA REGIONI PUA

1. Informazione e orientamento al

cittadino (prevista anche dalla Porta sociale)

12. Abruzzo, Friuli VF, Lazio,

Liguria, Lombardia, Marche,

Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia,

Sardegna, Toscana

2. Accompagnamento del cittadino e

attivazione (avvio presa in

carico) dei servizi di competenza (prevista anche dalla Porta sociale)

12. Abruzzo, Friuli VG, Lazio,

Liguria, Lombardia, Marche,

Molise, Piemonte, Puglia,

Sardegna, Sicilia, Toscana

3. Risoluzione problemi semplici 5. Abruzzo, Friuli VG, Lazio,

Molise, Piemonte

4. Raccolta ed elaborazione dati. (prevista anche dalla Porta sociale come osservatorio)

2. Liguria, Piemonte

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R1: PUA x + prestazioni

Possiamo parlare di PUA solo se questo si occupa di un ampio spettro di prestazioni sociali e sociosanitarie.

Qualcuno p.e. ha previsto il PUA solo per le cure domiciliari. Un servizio di questo tipo non è un PUA. E’ semplicemente l’ufficio che si occupa dell’accesso a quel determinato servizio.

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La funzione: Accoglienza,

informazione e orientamento (sanitaria e sociale)

Ascolto delle richieste e dei bisogni e loro decodifica;

Comunicazione della informazione;

Orientamento del destinatario nella lettura dell’informazione fornita;

Orientamento verso il canale più adeguato per ottenere una informazione relativa ad altri servizi.

Prevista in tutte le esperienze attive.

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La funzione ACCOMPAGNAMENTO

(sanitaria e sociale)

Indirizza attivamente e accompagna l’utente verso le strutture erogatrici di servizi (diversi da quelli forniti dal PUA) attraverso, per esempio, la definizione di appuntamenti (per la presa in carico) e l’attivazione di servizi ed équipe professionali.

Prevista in tutte le esperienze regionali.

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La funzione RISOLUZIONE

PROBLEMI SEMPLICI (solo sanitaria)

Consente l’attivazione di prime e rapide risposte, anche esaustive, quando si tratta di bisogni semplici.

Prevista solo in cinque regioni.

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La funzione OSSERVATORIO. Raccolta ed elaborazione dati (sanitaria e sociale)

Si sostanzia nell’attività di raccolta e di analisi di dati sulla domanda e sull’offerta di servizi.

Realizza prevalentemente attività di monitoraggio dei servizi e degli interventi erogati sul territorio di riferimento e cura la ricezione dei reclami e la gestione delle liste d’attesa.

Prevista in due sole regioni.

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R2: Funzioni essenziali PUA

Collocare fra le funzioni minime ed essenziali del PUA (altre si possono aggiungere):

–L’accoglienza, l’informazione, l’orientamento;

–L’accompagnamento

del cittadino che ha bisogno di prestazioni sociosanitarie integrate

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Il bacino del PUA Tutte le regioni hanno previsto almeno un PUA per ogni

distretto sanitario (Abruzzo, Lazio, Liguria, Molise,

Piemonte, Sicilia, Toscana) o ambito sociale (Campania,

Puglia).

La maggioranza delle regioni ha previsto un PUA

centralizzato a livello di distretto ed una serie di sedi

decentrate a livello comunale, come segue:

– Puglia: uno sportello di segretariato sociale ogni

20.000 abitanti

– Sicilia, Toscana: sportelli territoriali decentrati. Firenze

p. e.: un PUA centrale e 5 sedi territoriali.

– Abruzzo, Liguria e Molise: sedi decentrate c/o gli

sportelli di cittadinanza (sociale)

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R3: distretto = ambito

Anche per il PUA, importante è la coincidenza fra

distretto sanitario e ambito sociale.

Il PUA va previsto in ogni distretto/ambito.

Si utilizzino gli sportelli già esistenti (del sociale)

per allargare la rete degli sportelli PUA ed essere

più vicini ai cittadini.

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PUA strutturale o funzionale?

Il PUA strutturale

Per Abruzzo, Molise e Piemonte il PUA è un luogo

fisico; un’ampia sede strutturale

tecnologicamente dotata e gestita in

collaborazione fra ASL e comuni.

Particolarità: nella sperimentazione delle Marche

il PUA è strutturale ed è in ospedale per favorire

le dimissioni protette.

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PUA funzionale

Friuli VG , Lazio, Lombardia, Sicilia: Il PUA

rappresenta non tanto un unico luogo fisico al

quale gli utenti possono rivolgersi, ma una

strutturazione integrata tra tutti i punti di contatto

e di accesso dei cittadini presenti nel territorio. E’

una modalità di lavoro propria degli operatori

sociali e sanitari che ricercano l’integrazione

attraverso strumenti organizzativi e telematici.

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Un po’ funzionale e un po’

strutturale: la Puglia Attualmente ASL e comuni hanno proceduto con modalità

diverse alla istituzione della PUA, intendendola in alcuni

contesti come unica (punto di accesso unificato a livello

distrettuale), in altri casi come unitaria, attraverso la

integrazione procedurale e operativa tra il punto di accesso

del distretto, variamente denominato, e i servizi sociali dei

comuni.

Per la Puglia è però irrinunciabile è che sia unico il back-

office della PUA al fine di produrre benefici reali per l’utente

finale, ma anche semplificazione e migliore governo del

caso e della appropriatezza del sistema di risposte.

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R4: Una gestione integrata

Non importa se il PUA sia strutturale o funzionale. Conta l’efficacia del sistema prescelto.

L’importante è che

a) coinvolga nella gestione la ASL e i comuni /ambiti e che

b) funzioni come un corpo unico.

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Il personale dei PUA/1

La maggior parte delle regioni (Abruzzo, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte) affermano che il PUA deve essere gestito in collaborazione fra ASL e comuni da personale sociale e sanitario (certo non la sperimentazione ospedaliera della Marche).

3 regioni (Abruzzo, Molise, Toscana) indicano anche una dotazione minima costituita da 3 o 4 persone (medico, infermiere e assistente sociale). Il max del personale è previsto dalla regione Lazio con 8 unità (2 A.S., 3 amministrativi, 2 infermieri, 1 medico)

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Il personale dei PUA/2

Sono tutti d’accordo nel prevedere (almeno) un medico, un assistente sociale, un infermiere. Metà delle regioni prevedono anche una figura amministrativa

Solo la regione Lazio stabilisce esplicitamente le figure professionali fornite dai comuni: 1 assistente sociale e 2 amministrativi (Firenze 2

amministrativi).

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R 5: il personale dei PUA

Le linee guida regionali devono indicare chiaramente l’utilizzo di personale sanitario e di personale sociale dei comuni.

Le linee guida regionali nel definire le figure professionali utilizzabili non devono dimenticare la funzione dei PUA che è quella di promuovere e semplificare l’accesso alle prestazioni. La valutazione e l’erogazione delle prestazioni, di norma, sono affidati ad altri organismi. Non sempre le linee guida regionali ne tengono conto.

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Due livelli

In alcuni casi (Liguria, Puglia e Toscana) sono previsti due livelli

organizzativi degli sportelli (come per le porte sociali):

• Primo livello: La Puglia ha previsto gli sportelli di

segretariato sociale come punti di accesso PUA nei

comuni. In Toscana I “Punti Insieme” garantiscono

l’accoglienza, l’informazione e l’orientamento del cittadino

e l’avvio della presa in carico. In Liguria i punti di accesso

sono gli sportelli di cittadinanza degli ambiti sociali che

inviano tutto agli sportelli integrati sociosanitari dei

distretti.

• Secondo livello, PUA (Puglia). In Toscana il PUA coordina

il sistema. In Liguria gli sportelli integrati sociosanitari

ricevono le segnalazioni dagli sportelli di cittadinanza.

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Sistema informativo

Molte regioni sottolineano l’importanza di

un valido sistema informativo a supporto

del PUA: Abruzzo, Molise, Liguria,

Lombardia, Puglia.

La sede deve possedere la strumentazione

tecnologica necessaria e dovrà garantire il

collegamento on line fra i servizi della ASL

i servizi sociali dei comuni.

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Gestione integrata: la Puglia

La formulazione più netta e chiara è della Puglia. Dice:

La PUA deve essere realizzata e gestita congiuntamente da

comuni e ASL per assicurare una responsabilità condivisa

nella presa in carico successiva.

La Pua va ad integrarsi con l’organizzazione di servizi di

accoglienza (sportello sociale, segretariato sociale, ecc) già

organizzati in ciascun ambito territoriale consentendo in tal

modo l’accesso unificato a tutte le prestazioni socio-

assistenziali e socio-sanitarie previste dal piano di zona.

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Accordo ASL-Comuni/1

La maggioranza delle regioni ha previsto qualche forma di

accordo fra ASL e Comuni/ambito sociale per la gestione

integrata dei PUA:

– PROTOCOLLO DI INTESA (Campania, Lazio,

Liguria, Piemonte, Puglia);

– REGOLAMENTO comune che preveda il

collegamento in rete di tutti i punti di accesso

sociali e sanitari (Campania) e l’organizzazione

del PUA (Puglia).

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Accordo ASL-Comuni/2

Altre regioni hanno previsto modalità

di integrazione meno strutturate:

– Lombardia: realizzazione o potenziamento di sistemi

informativi condivisi e collegati a livello interistituzionale,

(p.e.: cartella sociale condivisa, anagrafe non autosufficienti)

siti informatici, guide servizi on line).

– Abruzzo: prevede stretto collegamento con il

segretariato sociale.

Solo la Sardegna non fa alcun riferimento alla

collaborazione ASL-Comuni.

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I contenuti dei protocolli

I protocolli di intesa devono definire:

– Le modalità per l’accoglienza delle richieste e la lettura del bisogno

(Puglia);

– le tipologie di informazione da fornire, (Piemonte)

– le modalità di presa in carico dell’utente, (Piemonte)

– la base informatizzata e flussi delle informazioni, (Liguria, Piemonte)

– la messa in rete delle modalità di domanda e di quelle di accesso alla

rete di prestazioni e servizi, con relativa modulistica, (Campania,

Piemonte)

– le risorse economiche e di personale. Piemonte)

– Le modalità per l’effettuazione dell’indagine sociale (Puglia)

– Le modalità per l’attivazione dell’UVM, la verifica periodica dei casi e

l’individuazione del case manager (Puglia).

Il Piemonte propone anche delle tracce per i protocolli.

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R 6: I protocolli di intesa

ASL e ambiti sociali devono sottoscrivere accordi per la gestione

integrata dei PUA. Gli accordi devono essere puntuali.

Tali accordi devono definire:

– Sedi, risorse e personale messe a disposizione da ogni ente;

– Organizzazione e competenze dei soggetti della rete PUA;

– Definizione delle prestazioni gestite dai PUA;

– Definizione delle procedure e della modulistica condivisa per

l’accesso alle prestazioni;

– Flussi informativi e responsabilità dei nodi della rete PUA;

– Disponibilità di un comune sistema informativo.

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Le prospettive Il settore del welfare dell’accesso vive una fase di

sviluppo e di riorganizzazione.

Dopo la fase dell’avvio delle porte sociali, tutto il sistema

sta ora evolvendo verso la sperimentazione del Punto

unico di accesso (PUA) alle prestazioni sociali e

sociosanitarie che è il modello più avanzato ma anche più

complesso. Per questo è importante una implementazione

graduale delle prestazioni che passano attraverso il PUA.

Nella realtà non sono molte le esperienze significative.

Occorre un impegno vero e coerente. Più occasioni di

benchmarking e più punti di riferimento culturali ed

organizzativi puntuali per far crescere il sistema.

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10 REGOLE PER

L’INTEGRAZIONE

SOCIOSANITARIA

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REGOLA 1

1. Le regioni stabiliscano le regole

dell’integrazione.

Solo 11 regioni hanno definito le regole

dell’integrazione e ripartito i costi fra i vari soggetti,

recependo con modificazioni il DPCM 29/11/2001.

Senza le regole non si creano le condizioni per lo

sviluppo locale dell’integrazione sociosanitaria.

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REGOLE 2 e 3

2. Le regioni devono coinvolgere gli enti locali nella definizione dei criteri per l’integrazione.

La regolazione sociosanitaria delle regioni ha un impatto finanziario sui comuni per cui ha bisogno di un livello sufficiente di consenso comunale.

3. Gli incentivi finanziari regionali sono gli strumenti più potenti per implementare l’integrazione sociosanitaria.

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REGOLE 4 e 5

4. L’integrazione si realizza a livello di ambito

territoriale sociale coincidente con i distretti

sanitari. A questo livello coincidono i livelli di

pianificazione, tutti i comuni possono avere rappresentanza,

c’è il livello operativo di integrazione dei servizi.

5. L’integrazione si realizza se gli strumenti di

programmazione locale dei comuni e del

distretto sanitario perseguono la medesima

strategia. Occorre rendere unitario il processo

programmatorio del programma delle attività territoriali (PAT)

con il piano sociale di zona (PDZ).

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REGOLA 5

Programma delle attività territoriali (PAT)

Sanitario sociosanitario

sociosanitario sociale

Piano sociale di zona (Pdz)

sociosanitario

sociosanitario

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REGOLE 6 e 7

6. L’integrazione si realizza se la valutazione dei

bisogni viene effettuata in modo integrato. Gli

organismi (UVM) che decidono l’assistenza integrata devono

veder rappresentati i due enti (Comune e ASL).

7. Quando le prestazioni erogate agli utenti

dipendono da due enti diversi occorre che

qualcuno si assuma la responsabilità di

coordinare gli interventi sui singoli cittadini.

Laddove serve, per ogni assistito, occorre nominare il case

manager con il compito di coordinare gli interventi,

valutarne gli effetti, proporre aggiustamenti, rapportarsi con

l’assistito.

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REGOLA 8

8. L’integrazione professionale per funzionare ha bisogno di un Sistema informativo integrato

a cui possano accedere sia gli operatori sanitari che

quelli sociali. Senza il sistema informativo integrato si riduce l’efficacia dell’integrazione ed alcuni strumenti decisivi come il PUA non potranno funzionare a dovere.

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REGOLA 9

9. Gli accordi fra comuni e ASL sull’integrazione sociosanitaria devono ricercare elevati livelli di analiticità

(chi, che cosa, come, quando).

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REGOLA 10

10. Per una efficace integrazione sociosanitaria

occorre innovare come hanno fatto diverse

nazioni europee.

Alcune nazioni hanno trasferito in capo ad una unica

amministrazione la gestione delle prestazioni

sociosanitarie: Svezia e Finlandia ai comuni; Regno

Unito ai comuni (ass. residenziale e domiciliare

anziani), in Danimarca ass. domiciliare ai comuni.

Queste ed altre innovazioni, con la legislazione attuale,

sono possibili per le regioni italiane. Coraggio!!

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE