Fortificazioni Tedesche lungo Il fiume Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale

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1 Le fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale Carlo Alfredo Clerici e Francesco Capelletto Articolo pubblicato con lievi modifiche in: - IERI NOVARA OGGI, Annali di ricerca contemporanea dell’Istituto storico della resistenza in provincia di Novara “Piero Fornara”, aprile 1996, Appunti per una storia delle fortificazioni moderne: la linea sul Ticino, con F. Capelletto. Pag. 307 - 321. - I quaderni del Ticino, 1° trimestre 2000, Le fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale. Pag. 9 - 15. Con Francesco Capelletto. Un aspetto particolarmente interessante della storia delle fortificazioni moderne, fino ad oggi poco studiato, riguarda le linee difensive realizzate dall'esercito tedesco lungo la Penisola dal 1943 al 1945. Ricordiamo solo alcune fra le linee fortificate impiegate in Italia: La Linea Gustav fu il principale complesso difensivo dell'inverno 1943- 44, imperniato su Cassino; aveva carattere campale ma impiegava anche opere in calcestruzzo e casematte mobili in acciaio. La Linea Hitler, con struttura simile alla Gustav sbarrava la valle del Liri, presso Aquino. La Linea Gotica, si estendeva fra Pisa e Rimini, lungo gli Appennini e costituì l'ultimo solido baluardo prima dell'irruzione Alleata nella Pianura Padana. Alla sua realizzazione lavorarono circa diciottomila uomini. A difesa della costa ligure fu collocata una linea fortificata denominata Vallo Ligure, che fu la più grande opera difensiva tedesca nel nostro paese e vide impiegata una grande quantità di personale. Nell'aprile 1944 erano al lavoro più di trentacinquemila operai italiani e settemila

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Linea del Ticino. Articolo sulle fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale. Di Carlo Alfredo Clerici e Francesco Capelletto. Articolo pubblicato con lievi modifiche in:- IERI NOVARA OGGI, Annali di ricerca contemporanea dell’Istituto storico della resistenza in provincia di Novara “Piero Fornara”, aprile 1996, Appunti per una storia delle fortificazioni moderne: la linea sul Ticino, con F. Capelletto. Pag. 307 - 321.- I quaderni del Ticino, 1° trimestre 2000, Le fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale. Pag. 9 - 15. Con Francesco Capelletto.Bunker, Linea del Ticino, Fiume Ticino, trincee, fortificazioni, fortificazioni campali, casamatta, TODT, Organizzazione TODT, OT, esercito, tedesco, www.carloclerici.com, Carlo Alfredo Clerici, Francesco Capelletto

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Le fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale

Carlo Alfredo Clerici e Francesco Capelletto

Articolo pubblicato con lievi modifiche in: - IERI NOVARA OGGI, Annali di ricerca contemporanea dell’Istituto storico della resistenza in provincia di Novara “Piero Fornara”, aprile 1996, Appunti per una storia delle fortificazioni moderne: la linea sul Ticino, con F. Capelletto. Pag. 307 - 321. - I quaderni del Ticino, 1° trimestre 2000, Le fortificazioni tedesche lungo il Ticino durante la Seconda Guerra Mondiale. Pag. 9 - 15. Con Francesco Capelletto.

Un aspetto particolarmente interessante della storia delle fortificazioni

moderne, fino ad oggi poco studiato, riguarda le linee difensive realizzate

dall'esercito tedesco lungo la Penisola dal 1943 al 1945.

Ricordiamo solo alcune fra le linee fortificate impiegate in Italia:

La Linea Gustav fu il principale complesso difensivo dell'inverno 1943-

44, imperniato su Cassino; aveva carattere campale ma impiegava

anche opere in calcestruzzo e casematte mobili in acciaio.

La Linea Hitler, con struttura simile alla Gustav sbarrava la valle del

Liri, presso Aquino.

La Linea Gotica, si estendeva fra Pisa e Rimini, lungo gli Appennini e

costituì l'ultimo solido baluardo prima dell'irruzione Alleata nella Pianura

Padana. Alla sua realizzazione lavorarono circa diciottomila uomini.

A difesa della costa ligure fu collocata una linea fortificata denominata

Vallo Ligure, che fu la più grande opera difensiva tedesca nel nostro

paese e vide impiegata una grande quantità di personale. Nell'aprile

1944 erano al lavoro più di trentacinquemila operai italiani e settemila

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uomini dell'OT, per realizzare più di ottomila postazioni campali e semi-

permanenti.

Lungo la costa adriatica fu realizzata un'analoga linea costiera, con

l'impiego di circa ventimila operai.

La linea Gengis Khan, di tipo campale fu posta infine a difesa di

Bologna.

Questa lunga serie di linee fortificate venne realizzata dai reparti della

Organizzazione Todt [1], la struttura paramilitare che alla fine degli anni

Trenta aveva realizzato il Westwall (linea Sigfrido) lungo la frontiera

franco - tedesca [2],

Fino ad oggi sono state studiate le vicende storiche che videro

protagoniste le linee Gotica [3] e Gustav [4] ma nulla è stato scritto sulle

linee fortificate campali che pure ebbero una notevole importanza tattica

nello svolgimento della campagna d'Italia.

Questi sistemi difensivi infatti non riuscirono a mutare il corso degli

eventi bellici ma ebbero un altissimo valore tattico, costringendo gli

Alleati a spendere molto tempo e grandi risorse per riuscire ad averne

ragione.

Tutti furono progettati per svolgere un'azione di contenimenti e di

logoramento del nemico ed i criteri costruttivi erano improntati al

massimo sfruttamento degli ostacoli naturali.

Comune denominatore era la grande economicità di queste realizzazioni.

Vogliamo descrivere in questo breve studio le vicende che portarono alla

costruzione della quasi sconosciuta "Linea del Ticino", le sue carat-

teristiche e la sua storia.

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Nel corso del 1944 il fronte si era stabilito lungo la Linea Gotica ed ai lati

di questa erano stati eretti sistemi difensivi costieri per impedire che una

manovra Alleata di sbarco potesse aggirarla.

Sul finire del 1944 apparve però evidente che in caso di sfondamento

della Gotica gli Alleati avrebbero avuto la possi-

bilità di irrompere nella pianura Padana e di giungere in breve tempo al

Passo del Brennero.

I piani di difesa tedeschi si mossero perciò in due direzioni.

Fu dapprima presa in considerazione la possibilità di trasformare le

principali città della Pianura Padana, prima fra tutte Milano, in capisaldi

difensivi, sull'esempio di quanto era avvenuto a Stalingrado. [6]

Abbandonato questo progetto, fu poi avviata la costruzione di una nuova

potente linea difensiva in Veneto (Linea Veneta) [7] che avrebbe

costituito l'avamposto dell'Alpenstellung (Ridotto Alpino), estrema

fortificazione tedesca progettata sul suolo italiano. [8]

Il governo della Repubblica Sociale Italiana, per iniziativa di Pavolini,

fece avviare la costruzione di un altro Ridotto mai terminato, in Valtellina,

che prese il nome di Ridotto Alpino Repubblicano. [9]

Nel caso in cui la Linea Gotica fosse stata sfondata o le armate alleate

fossero penetrate attraverso le Alpi in Piemonte le forze tedesche

avrebbero corso il rischio di essere travolte prima di aver potuto

occupare saldamente queste posizioni. Per questo il generale

Kesselring ed i suoi ufficiali avevano già da tempo progettato

l'operazione Nebbia Autunnale che mirava ad assicurare l'ordinato

ripiegamento delle truppe germaniche verso la Linea Veneta. Per

consentire l'attuazione di questo ripiegamento e ritardare l'avanzata

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alleata, furono preparate lungo il corso del fiume Ticino e del fiume Po

due linee fortificate di tipo campale.

Lo sviluppo di queste linee era troppo ampio per consentire una

resistenza prolungata ma queste avrebbero comunque potuto avere un

utile compito rallentando e contenendo per qualche tempo l'avanzata

alleata. Lungo il Po, particolarmente nella provincia di Pavia le opere

assumevano un particolare valore tattico data la presenza delle vie di

comunicazione stradali e ferroviarie fra Genova e Milano.

Il Ticino, ed è di questo che intendiamo parlare in dettaglio, costituiva

invece un'utile sbarramento naturale contro azioni offensive Alleate

provenienti dal fronte occidentale, aperto dopo lo sbarco in Provenza

nell'agosto 1944.

L'integrità delle vie di comunicazione rivestiva poi un ruolo

particolarmente importante per le forze armate tedesche; in caso di

distruzione dei ponti i fiumi si sarebbero trasformati da utili linee

difensive, in gravi ostacoli durante la ritirata.

Nelle vicinanze dei ponti e dei traghetti furono così disposte numerose

postazioni contraeree.

Gli argini vennero muniti di una serie di postazioni difensive campali

sfruttando l'ostacolo naturale offerto dal fiume.

Alla costruzione della linea difensiva cooperò con i genieri della

Wehrmacht l'Organizzazione Todt con largo impiego di mano d'opera

locale.

Le opere difensive realizzate erano di tipo campale, costituite quindi per

lo più da scavi in terra con le pareti sostenute da legname.

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A causa della natura precaria di queste realizzazioni, non rimane nulla ai

nosti giorni tuttavia lo studio delle testimonianze scritte offre interessanti

spunti per lo studio degli effetti della guerra sull'economia locale.

Fra i principali problemi che l'Organizzazione Todt dovette affrontare fu

l'approvvigionamento di materiale da costruzione, soprattutto legname,

considerato il tipo di lavori. Data l'estrema penuria di carburante e la

costante minaccia di incursioni aeree che rendevano difficili i trasporti, il

materiale necessario fu ricavato direttamente nelle zone di costruzione

della linea fortificata.

I danni conseguenti ai disboscamenti ed all'impossibilità di coltivare i

terreni nelle zone interdette ai civili, furono rilevanti. E' utile fare qualche

cenno sui metodi di reclutamento del personale italiano dell'OT durante

l'occupazione tedesca. In un primo tempo la raccolta della manodopera

avvenne con metodi coercitivi, ma con il progredire degli eventi un

numero sempre maggiore di uomini decise di arruolarsi nelle file di

quest'organizzazione.

Ciò consentiva di guadagnare il necessario per poter sopravvivere ma

anche (e questo costituì il maggior movente per molti) permetteva di

evitare l'arruolamento nei corpi armati della Repubblica Sociale o l'invio

coatto nelle fabbriche in Germania. L'appartenenza all'OT permetteva di

ottenere altri benefici come un permesso di libera circolazione, cosa di

cui approfittano molti elementi della Resistenza.

Cercheremo ora di ricostruire con l'aiuto dei rapporti informativi partigiani

la storia, la disposizione e la struttura di queste fortificazioni lungo le rive

del Ticino.

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Leggiamo innanzitutto, alcuni rapporti redatti dagli agenti partigiani del

Gruppo Montezemolo. [10]

Le prime notizie di apprestamenti difensivi lungo il Ticino risalgono

all'ottobre 1944 [11] quando nella zona Abbiategrasso - Pavia venne

riferita la costruzione di piazzole isolate. Lo stesso rapporto riferiva la

costruzione di opere di tipo non precisato alla confluenza Po Ticino

(Ponte della Becca) in provincia di Pavia.

Le voci circolanti sulla costruzione di questa linea diventarono sempre

più insistenti, tanto che in un rapporto informativo del mese seguente è

possibile leggere così [12]:

"A sud e a nord del ponte sul Ticino (Trecate) effettivamentesi sta

lavorando, trattasi di buche regolarmente intervallate che danno

l'impressione di opere.

Ciò conferma maggiormente l'informazione, già giunta da altre fonti, che

si sta costruendo una serie di opere leggere, non con il concetto di azioni

anticarro, ma per azioni ritardatrici di retroguardia. Uguale lavoro si sta

eseguendo a nord e a sud del ponte di Turbigo.....

Una relazione sulla zona di Abbiategrasso, di pochi giorni seguente

segnalava così l'evoluzione dei lavori [13]:

" Dal giorno 26 di novembre, si sono iniziati, per opera della Todt, lavori

difensivi sulla sinistra del Ticino e da notizie non accertate, sembra che

anche sulla destra (Trecate) si lavori; per ora si tratterebbe solamente di

trincee normali. Tali opere difensive sono in approntamento nei boschi

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che da 3 a 5 Km ad ovest di Abbiategrasso, si estendono verso

Magenta, come pure nei boschi sulla destra del Ticino, tra Vigevano e

Trecate".

Un nuovo rapporto [14] ai primi del gennaio descriveva la continuazione

dei lavori lungo il Ticino (soprattutto la costruzione di piazzole per armi

automatiche) e lavori di mina sulla riva destra del Po nella zona pavese,

senza però segnalare la presenza di alcun reparto tedesco in grado di

presidiare queste postazioni.

A metà del gennaio 1945 i lavori difensivi lungo il Ticino subirono una

battuta d'arresto a causa della neve [15] mentre proseguirono quelli

lungo il fiume Po [16].

Quale fosse, nello stesso periodo, la situazione dell'arruolamento

nell'Organizzazione Todt è evidente da un rapporto [17] sulle difese nella

zona di Abbiategrasso.

"Lungo il Ticino, come già segnalato, continuano i lavori di

fortificazione. In località Ronco vi lavorano circa 300 uomini inquadrati

nella Todt, i quali hanno accettato il lavoro pur di non essere trasferiti in

Germania. Le fortificazioni consistono in camminamenti (m 1,5 di

profondità e m 1 di larghezza),in piazzole in cemento armato per

cannoni da 88 mm, mitragliere ed armi automatiche".

I lavori difensivi erano in corso ancora nel marzo 1945, quando un

rapporto sulla zona di Abbiategrasso [18], segnalava la requisizione da

parte dell'Organizzazione Todt di 8000 quintali di legname per le

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fortificazioni". E' facile immaginate quali fossero i danni provocati da

questi prelievi sull'economia agricola.

Nell'aprile 1945 la costruzione della linea difensivaera ancora in corso,

tanto che un rapporto speciale, presentato al Comando del Generale

Clark dal Capo del Gruppo Montezemolo il giorno 6, riferiva che lungo il

Fiume Ticino erano stati eseguiti lavori campali con piazzole di

mitragliatrici e pezzi anticarro nelle zone a cavallo del fiume di Oleggio,

Novara, Vigevano, Pavia fino alla confluenza con il fiume Po....

Un rapporto successivo [19], datato 25 aprile 1945, riferiva la

prosecuzione dei lavori fino agli ultimi giorni di guerra, segno di una certa

fiducia da parte tedesca nella possibilità di attestarsi su questa linea per

contenere l'avanzata alleata:

Esamineremo ora i rapporti provenienti da un'altra fonte informativa

partigiana, fino ad oggi inediti, conservati presso l'Istituto per la Storia

della Resistenza di Novara.[20]

Questi rapporti sono utili per chiarire alcuni punti come l'entità delle

forze tedesche disponibili per il presidio della linea difensiva.

E'interessante leggere quanto riferiva a questo proposito un documento

dei primi giorni del marzo 1945 [21]: "Attualmente la linea di difesa sul

Ticino sta per essere presidiata infatti in zona Turbigo e Novate si nota

l'esistenza di una quantità di piccoli presidi e di diversi comandi; posti di

recente. In località Moncucco di Lonate Pozzolo sono state installate

parecchie piazzole di artiglieria per la difesa contraerea sul versante del

Ticino lombardo. Tutti i ponti sul Ticino sono sistematicamente minati già

da tre mesi, è giunta però in questi giorni una squadra di guastatori

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tedeschi la quale ha il preciso compito di minare tutti gli altri ponti sia del

canale Villoresi sia quelli del canale che alimenta la centrale elettrica di

Oleggio".

Altre notizie si possono ricavare da una relazione di pochi giorni

successiva [22], che riferiva l'installazione di nuove batterie contraeree

nei dintorni di Vigevano.

Lo stesso rapporto riferiva la continuazione, sempre a Vigevano, a

monte e a valle del ponte del Ticino dei lavori di fortificazione,

prevalentemenete sulla sponda sinistra (con l'impiego di circa 70

quintali di legname per ogni bunker !).

I rapporti informativi sui movimenti militari nella zona del Ticino non si

limitavano comunque alla puntuale descrizione delle opere difensive; fra

tutti merita di essere riportato questo del 22 marzo 1945 [23], preziosa

testimonianza dell' impiego, anche in Italia delle nuove armi speciali

messe in campo dal Terzo Reich con l'intento di mutare, le sorti del

conflitto.

"Alle 6,40 di ieri all'aeroporto di Lonate Pozzolo giungevain volo un

apparecchio caccia bimotore nuovo tipo a reazione, tedesco e ad alta

velocità. Tutti i presenti al campo, compresi gli operai e i militari furono

allontanati dalla linea di volo per impedire loro di vedere le caratteristiche

del nuovo apparecchio che veniva quindi rimorchiato e nascosto al

margine del campo".

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Nei giorni successivi un nuovo rapporto [24] segnalava campi minati

nella zona tra Porto Varallo Pombia e Castelletto Ticino in prossimità

della sponda del fiume Ticino e nutrite difese antiaeree nei pressi di

Vizzola Ticino e di Sesto Calende (una batteria di cannoni da 88 mm e

molte mitragliatrici da 20 mm a 4 canne binate ed a una sola canna).

Nonostante le segnalazioni precedenti, ancora ai primi di aprile del 1945

le opere difensive non erano state presidiate da alcun contingente

militare [25].

E' opportuno, a questo punto riportare integralmente un bollettino

informativo della metà dell'aprile 1945 [26], che fornisce una completa

descrizione della linea del Ticino.

"10/4/45 - Lavori di fortificazione lungo la vallata del Ticino dal Lago

Maggiore a Pavia.

Sulla sponda Piemontese del Ticino, a una distanza da esso di circa 4 o

5 Km, con andamento pressochè parallelo al corso del fiume, è stato

costruita una linea discontinua ed irregolare di buche di copertura o

trincee anticarro ad angolo, spigolo rivolto ad occidente, profondo m 1,40

- 1,60, lunghezza dei lati esterni m 2, larghezza media interna 0,70, con

le pareti fascinate. Sono mascherate con zolle erbose e distanziate fra di

loro dai 100 ai 300 m.A queste trincee anticarro sono intercalate alcune

piazzole per mortai od armi leggere, rotonde del diametro di circa 2 m e

profondità m 1,60. Davanti a questa linea, ripeto discontinua ed

irregolare fu fatto nei tratti antistanti le trincee, un poco di sboscamento

onde avere libera visuale.

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Furono pure approntati con opere in legna, alcuni piccoli osservatori sui

tetti od abbaini di alcune cascine (es. cascine Picchetta e Galdina).

Sulla sponda lombarda il sistema di fortificazione è più consistente

sfruttando il fiume Ticino e le propaggini della vallata dello stesso.

Consiste quasi ovunque di una linea di camminamenti varia da 250 a

200 m. Il camminamento dal punto più distante dal fiume e

maggiormente occultato, termina in un rifugio chiamato bunker ma che

non ha nessuna caratteristica del fortino. I camminamenti distano l'uno

dall'altro circa 200 m, alcuni sono però stati allacciati fra di loro in modo

da formare un unico camminamento lungo anche più di un chilometro.

Pareva anzi fosse in progetto l'allacciamento di tutti i camminamenti

formando così un'unica linea di difesa, ma esso pare non venga più

attuato.

I camminamenti normalmente hanno una profondità di scavo di m 1,20 -

1,30, a cui devonsi aggiungere 20 cm circa di riporto della terra scavata

sistemata ai lati. Hanno una luce interna media di 70 cm. Sono fascinati

alle pareti per circa 5 cm di spessore per parte e la legna della

fascinatura è sostenuta da paletti del diametro di cm 6 -8 confissi nel

terreno e distanti l'uno dall'altro 80 cm. Sicchè in corrispondenza dei

paletti la luce interna del camminamento non è neppure di 60 cm e

quindi disagevole è il passaggio, specialmente se si tiene conto che,

data la scarsa profondità si è costretti camminare curvati. Ogni

camminamento ha:

a) postazioni mitraglia grandi (tavola di tiro x 1,10 mezzo decimetro

profondità scavo m 1,40, larghezza m 0,90 - 0,70) fascinate, con accanto

un rifugio per postazione mitraglia (potrebbe pure essere un piccolo

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deposito munizioni) della larghezza di un metro, lunghezza m 1,20,

altezza m 1,40 con copertura formata da tronchi di albero del diametro di

cm 20 e strato di terra dello spessore di cm 40.

b) postazioni mitraglia piccole (tavola di tiro cm 70 mezzo decimetri) del

resto uguale alla precedente.

c) postazioni fucilieri agli spigoli volti al fiume.

d) un bunker a rifugio interrato delle dimensioni 2,10 per 1,80 per 3,50

con le pareti formate da tronchi di albero del diametro di cm 25 - 30, con

pozzetto di scolo acque e piccole uscite di sicurezza, con copertura

formata da tronchi di alberi, cartone catramato, strato di fascine, strato di

20 - 25 cm di terra, altro strato di tronchi, altro strato di fascine infine 50

cm di terra e successivo mascheramento del rialzo sporgente dal terreno

per circa 2 m, con humus, zolle o comunque adeguato alla postura del

terreno. In ogni camminamento vi sono in media dalle 8 alle 10

postazioni per mitragliatrice e per fucilieri, quindi ogni 8 - 10 postazioni vi

è un rifugio o bunker. Alquanto arretrati rispetto alle linee furono costruiti

altri bunker o rifugi simili ai descritti che però paiono dover servire come

depositi di munizioni. Nei punti più dominanti ed in genere nei salienti

volti al fiume, sono stati approntati degli osservatori con postazioni

coperte. Constano di un locale quadrato, spigolo rivolto al fiume, delle

dimensioni di circa m 2 di lato ed altezza m 1,80 o m.1,60 nel terrato. Le

pareti sono internamente formate da tronchi di alberi, esternamente da

calcestruzzo, la copertura è fatta con una soletta di calcestruzzo di 30

cm di spessore e strato di terra mascherato. A filo del terreno e sui due

lati dello spigolo volto al fiume è una feritoia ad un'altezza di circa 20 cm

ed una lunghezza di m 1,80 oppure m 0,90 per lato dello spigolo. Nel

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tratto tra circa 4 Km a monte del ponte sul fiume Ticino sulla strada

Turbigo - Galliate e quello della autostrada ne sono stati costruiti 5 sulla

prima linea e circa altrettanti sulla seconda linea. Questi osservatori sono

allacciati ai camminamenti con tratti di trincea di profondità 1,60 - 1,80,

così pure più profondo è il caminamento nel tratto di accesso al bunker.

In molti tratti davanti ai caminamenti furono costruiti reticolato. La sponda

piemontese dal greto del fiume sino al ciglio del costone della vallata

viene sboscata di tutti i cespugli e le piante vengono diradate, onde

avere visuale libera. Invece sulla sponda lombarda non viene eseguito

sboscamento affinchè i camminamenti rimangono celati il più possibile.

Una prima linea di questi camminamenti parte dal Lago Maggiore e corre

parallela al fiume Ticino ad una distanza varia secondo la natura del

greto del fiume, da pochi a qualche centinaio di metri. Nei tratti in cui il

canale Villoresi o il Naviglio Grande si avvicinano molto al letto del

fiume, questa prima linea non è più costituita dai camminamenti descritti

ma da trincee anticarro, ad una distanza di 100 m l'una dall'altra.

Ciò avviene per esempio a Nord di Vizzola e presso il ponte sul Ticino

sulla strada Oleggio - Lonate. Fra questo ponte ed un chilometro a nord

dello scaricatore del Naviglio, cioè nei pressi della cascina S. Maria di

Turbigo. La prima linea è interrotta (esiste in alcuni tratti solo scavo non

fascinato) e viene ora costruita arretrata circa 500 metri dal fiume. Ad un

chilometro a monte da questo scaricatore e lungo la sponda di esso,

riprende la prima linea a correre parallela al Ticino sino a Pavia tranne

alcune brevi interruzioni (non superiori al chilometro) in alcuni tratti di

speciale configurazione del terreno e della ripa, od in cui si stanno

costruendo i ponti in legno e che quindi verranno maggiormente

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fortificati, come di ponti già esistenti, presso i ponti sul Ticino delle

strade di importante comunicazione (es.strada Milano - Torino,

autostrada, strada Galliate - Turbigo) furono costruite piccole gallerie

sotto il terrapieno stradale o della linea ferroviaria. Tali gallerie sono

larghe poco più di 1 m, alte 1,80 - 1,90 e si addentrano per circa 8 m .

Parete e soffitto sono in calcestruzzo; sono collegate con camminamento

ad una ridotta o fortino antistante, pure in calcestruzzo, addossato al

terreno e con feritoia volta al fiume e così pure collegate alla prima linea

di camminamenti. Mentre la prima linea di camminamenti corre a poca

distanza dal letto del Ticino, una seconda linea è costruita ed in alcuni

tratti in via di ultimazione, sul costone della vallata del Ticino, oppure

parallela alle ripe dei canali utilizzando le alture limitrofe. Questa

seconda linea da Oriono a Golasecca consta di trincee anticarro ad

angolo spigolo sempre volto ad occidente oppure rettangolari ed a

postazioni circolari per armi leggere. A Golasecca si inizia la linea di

camminamenti come quelli già descritti, con relative postazioni, bunker,

ossevatori,ecc. Da Golasecca fra Coarezza e Somma Lombarda,

costeggia la strada Somma - Vizzola, poi fiancheggia il canale Villoresi

sino a Tornavento, quindi corre parallela al Naviglio Grande sulla sua

sponda sinistra sino a Ponte Nuovo di Magenta, per poi passare sulla

sponda destra ed allontanarsi alquanto dal Naviglio Grande sino ad

Abbiategrasso e Morimondo, fiancheggia la strada Morimondo - Besate

per avvicinarsi al corso del fiume per proseguire per Torre d'Isola e

quindi Pavia. Questa seconda linea ha maggior importanza come

posizione dominante sfruttando il costone della vallata del Ticino e le

buone possibilità del canale Villoresi, del Naviglio Grande e di quello di

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Bereguardo come fossati anticarro. Nei tratti in cui la linea si avvicina

molto alla prima questa è formata da trincee anticarro, è stata costruita

una terza linea di camminamento (tratto tra Vizzola e Turbigo) pare si

intendano fare lavori di camminamenti ed opere in calcestruzzo".

L'ultimo rapporto di questa serie in data all'11 aprile 1945 [27] segnalava

la partenza del presidio del campo di aviazione di Cameri e la sua

sostituzione con reparti di fanteria tedesca destinati a difendere la linea

del Ticino.

Nonostante i preparativi fatti questo sistema difensivo non venne mai

impiegato, data la situazione di netta inferiorità delle truppe germaniche

dopo l' entrata delle truppe alleate nella Pianura Padana.

Tutti i progetti predisposi per una estrema difesa non vennero attuati ed

al posto di un ripiegamento ordinato su nuove linee arretrate avvenne

una rapida resa delle forze combattenti via via che queste venivano

raggiunte dall'avanzata alleata, o sopraffatte dalle forze della Resistenza.

E con il 25 aprile 1945 si chiuse il più drammatico capitolo della storia

moderna.

NOTE 1) L'Organizzazione Todt realizzò nella seconda metà degli anni Trenta il

Westwall o Linea Sigfrido e nel corso del secondo conflitto mondiale il

Vallo Atlantico e l'innumerevole serie di linee difensive utilizzate

dell'Esercito tedesco in larga parte dell'Europa.

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2) Per la storia del Westwall si veda "Storia delle fortificazioni moderne"

di Ian Hogg, Novara 1982 ed anche C. A. Clerici e V. Giardinieri, "La

Linea Sigfrido", in Panoplia, luglio - settembre 1993.

3) Rochat G., Santarelli E., Sorcinelli P. "Linea Gotica 1944, eserciti,

popolazioni ,partigiani", Milano 1986.

4) Particolarmente note e descritto in numerose pubblicazioni le vicende

culminate con la distruzione dell'abbazia di Montecassino

5) Secondo la terminologia militare si definisce "campale" ogni

fortificazione avente caratteri provvisori, costruita prevalentemente con

terra e legname; può essere realizzata direttamente dalle truppe

combattenti, sul campo di battaglia.

Si definisce permanente la fortificazione costituita da strutture in

calcestruzzo o metalliche o ricavate in roccia ,in zone di previsto contatto

con il nemico.

6) I.Schuster, "Gli Ultimi Tempi di un Regime". Milano 1946. Ed. La Via.

7) Numerosi rapporti informativi partigiani sulla Linea Veneta sono

contenuti nel volume di V. Fornaro, "Il servizio informazioni nella lotta

clandestina Gruppo Montezemolo". Ed.Domus, 1945 Milano.

8) C. A. Clerici "Il Ridotto Alpino", in bollettino del Gruppo di Studio delle

Fortificazioni Moderne, settembre - ottobre 1993.

9) La questione del Ridotto Alpino repubblicano è stata affrontata da

numerosi autori nel dopoguerra. Alcuni hanno perfino messo in dubbio

l'esistenza di questo progetto. Fra i vari studi pubblicati sull'argomento il

più obiettivo e completo è senz'altro quello di A. M. Fortuna, "Incontro

all'arcivescovado". Firenze 1971. Ed. Sansoni.

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Recenti ricerche che il Gruppo di Studio delle Fortificazioni Moderne di

Milano ha compiuto per verificare l'esistenza di testimonianze di questi

lavori difensivi hanno permesso di rinvenire i resti di numerose

fortificazioni, di tipo permanente, realizzate in Valtellina fra il 1944 ed il

1945.

Particolarmente degno di rilievo è lo sbarramento di San Giacomo (So),

costituito da un fossato anticarro, alcune casematte in cemento armato e

numerose gallerie nella roccia.

Per una descrizione delle opere fortificate di questa località si veda C. A.

Clerici, "Il ridotto Valtellinese" in Notizie ai soci, bollettino d'informazione

del Gruppo di Studio delle Fortifica zioni Moderne n°13, novembre -

dicembre 1993.

[10] In V. Fornaro, op. cit. [11] Rapporto n.44 del 20 ottobre 1944

[12] Rapporto n.61 del 29 nov.1944.

[13] Rappporto n°65 del 5 dic.1944

[14] Rapporto n.89 del 6 gennaio 1944

[15] Rapporto n.94 del 16 gennaio 1945

[16] Rapporto n.95 del 20 gennaio 1945

[17] Rapporto 101 del 13 gennaio 1945.

[18] Rapporto n.120 del 17 marzo 1945

[19] Rapporto n.152 del 25 aprile 1945

[20] Rapporti informativi del Corpo Volontari della Libertà, conservati

presso l'Istituto per la Storia della Resistenza di Novara.

[21] Rapporto del 3/3/45

[22] Rapporto del 13/3/45

[23]Rapporto del 22 marzo 1945 (Prot. n°327)

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[24] 25 marzo 1945 (prot.n°334)

[25] 5 aprile 1945 (prot.n°355), intitolato "Notizie militari varie 4/4/45".

[26] Bollettino C.I.P. del C.V.L. in data 12 aprile 1945.

[27] Relazione 11/4/1945 Prot.n°366, Cameri 9/4/45.

BIBLIOGRAFIA -L. Klinkhammer "L'occupazione tedesca in Italia", Bollati Boringhieri,

1993 Torino.

-A. Migliari, "Tra resistenza e Servizi Segreti". Centro Studi Partigiani

Autonomi. Torino 1985

-A. S.Milward "L'economia di guerra della Germania". Milano,Ed. Franco

Angeli, 1987.

-R. Rolf e P. Saal "Fortress Europe", Airlife Pub., 1988, Shrewsbury.

-P. Romualdi "Fascismo repubblicano" a cura di Marino Viganò. Milano

1992.

-F.Saidler "Die organization Todt" Bernard & Graefe Verlag, Koblenz,

1987.

-N. Thomas, C. C. Jurado, S. Mc Couaig "Wehrmacht auxiliary forces",

Osprey Military, 1992 London. Chiunque potesse collaborare alla schedatura delle fortificazioni della linea del Ticino ancor oggi esistenti può inviare segnalazioni o fotografie al Centro Studi Storia e Tecnica Militare di Milano, all’attenzione del dott. Carlo Alfredo Clerici, Via Paolo Sarpi 1, 20154 Milano.