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FORME DEL MOVIMENTO

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Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo MIUR-programmi di ricerca Cofin 2004

Responsabile nazionale G. Fabbri

Gruppi di ricerca

Unità locale Università Iuav di Venezia (DPA) G. Fabbri (responsabile scientifico), P. Montini, A. Villa, con: C. Eusepi, M. Minguzzi, F.M. Scarpi, collaboratori: V. Vescovo, P. Tomasi, G. Liva.

Unità locale Politecnico di Milano G. Sartorio (responsabile scientifico), F. Pinto, P. Di Cresce.

Unità locale Università di Cagliari (D’ARCH) E.A. Corti (responsabile scientifico), G.M. Chiri, A. Curreli (collaboratore).

Unità locale Università di Napoli “Federico II” (DPUU) G. Mainini (responsabile scientifico), F. Rispoli, P. Miano, F. Bruni, F. Viola, A. D’Agostino, A. Andriello, S. Avvedimento, R. Di Vaio, M.T. Giammetti.

Unità locale Università di Roma “Tor Vergata” (Dipartimento di Ingegneria Civile)L. Ramazzotti (responsabile scientifico), F. Lucchini, M. Colocci, A. Falsetti, C. Saggioro, F. Cerrini, P. Stacchi (collaboratore).

© copyright 2008by Officina Edizioni, Roma via Virginia Agnelli, 58http://www.officinaedizioni.it

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FORME DEL MOVIMENTO

PROGETTI PER INFRASTRUTTURE LINEARIIN CONTESTI STORICI E AMBIENTALI DI RILIEVO

curatore Gianni Fabbri

La sub-lagunare a Venezia: ipotesi e progettia cura di Cristiana Eusepi

Cinestetica del paesaggio: un caso di studio nell’area di Cagliaria cura di Giovanni Marco Chiri

Paesaggio, memoria e progetto in due infrastrutture lineari dismesse:la Sicignano-Lagonegro nel Vallo di Diano e la Circumvesuviana Napoli-Nola-Baiano

a cura di Francesco Viola

(In)naturale infrastruttura: il sistema lineare del Teverea cura di Filippo Cerrini, Antonella Falzetti

Officina Edizioni

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Indice

p.

7 PresentazioneGianni Fabbri

La sub-lagunare a Venezia: ipotesi e progetti11 La questione dell’istmo e delle “nuove porte”

Gianni Fabbri21 Sotto sopra. Le forme del movimento nella città antica

Patrizia Montini31 I manufatti della metropolitana sublagunare: tipi-prototipo tra identità formale e ripetibilità tecnica

Angelo Villa, Filippo-Mattia Scarpi41 Una sub-lagunare ferroviaria per Venezia. Tracciati e stazioni

Cristiana Eusepi47 Intermodalità ferroviaria e sviluppo urbanistico. Il caso Venezia

Gianluigi Sartorio, Fulvia Pinto, Pierluigi Di CresceScheda 1 Dimensionamento dell’esercizio ferroviario e uscite di sicurezza Silvio Nocera

Scheda 2 Stazioni ferroviarie/tipoCristiana Eusepi

57 I progetti75 Bibliografia

Cinestetica del paesaggio: un caso di studio nell’area di Cagliari79 Premessa

Forme del movimento: forme del tempo, forme dello spazioEnrico Corti

85 Cinestetica del paesaggio, Cultura e paesaggi della mobilità,Omologazione dei modelli urbani, Omologazione, estetica e intenzionalità, Sintassi della mobilità: glossarioGiovanni Marco Chiri

127 Infrastrutture e paesaggio nella fascia costiera dell’Area urbana di CagliariEnrico Corti

139 Cinestetica della mobilità: protocolli di osservazione e sperimentazioni di progetto Giovanni Marco Chiri, Alessandra Curreli

159 Bibliografia

Paesaggio, memoria e progetto in due infrastrutture lineari dismesse:la Sicignano-Lagonegro nel Vallo di Diano e la Circumvesuviana Napoli-Nola-Baiano

163 Il recupero della ferrovia dismessa nel parco del Cilento e Vallo di DianoI temi della ricercaGiancarlo Mainini

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168 Il riuso della ferrovia Sicignano-Lagonegro fra tutela e trasformazioneFrancesco Viola

175 Infrastrutture lineari e questioni del progettoFrancesca Bruni

180 Il progetto del territorio tra paesaggio, infrastruttura e arteAngela D’Agostino

185 Il percorso e il metodo. Un libro di bordo al termine di un viaggio tra le infrastruttureFrancesco Rispoli

Caso studio 1 Tra Sicignano degli Alburni e il Carcere borbonico di PollaGiancarlo Mainini, Antea Andriello, Sarah Avvedimento, MariaTeresa Giammetti

Caso studio 2 Polla Francesco Rispoli, Raffaele Di Vaio

Caso-studio 3 Lo spazio “tra” le infrastrutture: un disegno di parco lineare tra le stazioni ferroviarie di Padula e Sassano-TeggianoFrancesca Bruni, Angela D’Agostino

Caso-studio 4 Il parco delle infrastrutture, da Padula a Montesano Francesco Viola

204 Una infrastruttura lineare tra memoria e progetto: la Circumvesuviana Napoli-Nola-BaianoPasquale Miano

237 Bibliografia

(In)naturale infrastruttura: il sistema lineare del Tevere241 Un fiume lungo duemila anni

Luigi Ramazzotti247 Paradigmi di intervento nelle trasformazioni del paesaggio urbano-fluviale

Antonella Falzetti253 Progetti per il fiume Tevere

Carla Saggioro258 Ordini dimensionali del Tevere: un sondaggio per progetti

Flaminio Lucchini265 Caratteri del Tevere tra G.R.A. e Capo due Rami. Materiali per una lettura critica

Antonella Falzetti272 Programmi e strumenti per la trasformazione: 1860-2006

Filippo Cerrini285 La dimensione rimossa. Capisaldi per un programma quadro delle strategie di trasformazione

Massimo Colocci295 Materiali sperimentali nel progetto urbano: un sistema di isole per il Tevere

Filippo Cerrini, Massimo Colocci, Antonella Falzetti, Luigi Ramazzotti316 Bibliografia

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Una sensazione diffusa di inadeguatezza – arretratezza e inefficienza – caratterizza il clima culturale e politico italianodei primi anni di questo nuovo millennio.

La crescita civile ed economica del Paese è appesantita e frenata da un insieme complesso e complicato di residuidi “un’altra storia” e dall’impotenza a intraprendere processi di modernizzazione. In questo quadro uno dei fattoripiù potenti – in negativo o in positivo – è dato dal sistema infrastrutturale della mobilità territoriale e urbano. Il pro-blema della mobilità e delle sue forme fisiche è ormai diventato un’emergenza: la sua soluzione un passaggio indispen-sabile per superare le condizioni di inadeguatezza (premessa dei fenomeni depressivi…).

Ma ci troviamo di fronte a un (semplice) problema di innovazione tecnica e tecnologica? O non è vero e ormai evi-dente che i molti tentativi – progetti e realizzazioni – di (semplici) innovazione tecnica e tecnologica hanno un lorolimite “radicale” proprio nell’impatto con la condizione “identitaria” dell’Italia: l’essere cioè il luogo a più alta sedi-mentazione storica, artistica paesaggistica del mondo?

Non è forse proprio in questa divaricazione che appaiono drammaticamente insufficienti i processi innovativi (delsistema infrastrutturale) fondati sulla pura “potenza della tecnica”? Non è forse questa contraddizione irrisolta unodei motivi strutturali della “lentezza” dei processi operativi (nel tempo della “rapidità”) e dunque della arretratezza equindi della diffusa sensazione di “fatica” che avvelena il Paese? Non ci troviamo forse di fronte a un vero e proprio“atto di resistenza” – delle città, dei territori – all’azione omologante della tecnica e dei suoi esiti tecnologici, veri epropri cittadini di un mondo indifferenziato?

Gli studi qui raccolti tentano di dare risposta – teorica e sperimentale – ad alcuni di questi interrogativi sapendobene che è nel concreto dei casi, non certo in una generalistica definizione di norme e di tecniche, che possiamo tro-vare le tracce di alcune ricomposizioni tra bisogni organizzativi-funzionali e identità storiche, artistiche, paesaggisti-che.

Le quattro situazioni urbano-territoriali prese in esame e i temi progettuali in esse circoscritti, sono notevolmentediversi: rappresentano una piccola costellazione di “casi estremi” e perciò emblematici, anche se non esaustivi, deimodi con cui si da l’ossimoro tecnica-contesto. Essi tuttavia, nella loro diversità, hanno in comune:

a) il riguardare “manufatti lineari”, tali cioè da intersecare situazioni e contesti assai diversi a fronte di ognuno dei qualiè necessario cercare una risposta “progettuale” dove far convivere universalità tecnica e singolarità storico-morfologica;

b) il punto di vista secondo il quale sono i manufatti a dover esprimere e rappresentare – nella loro forma di archi-tetture – i contesti “attraversati” e così valorizzare la componente “paesaggio”. Non è mai stata assunta l’ottica di una“progettazione del paesaggio”;

c) che passaggio indispensabile e fondativo di ogni progetto di manufatto infrastrutturale sia la ricomposizione deisaperi tecnico-costruttivi e storico-morfologici. Semplificando: tra ingegneria e architettura. Questione strategica, que-sta, della “cultura del progetto” di matrice italiana, in conseguenza della divaricazione realizzatasi in questo camponella seconda metà del XX sec. (e di cui la formazione universitaria è stata specchio fedele).

Durante i due anni della ricerca, via via che si raggiungevano risultati e affioravano ipotesi interpretative e propo-ste progettuali, abbiamo svolto un confronto serrato tra i singoli gruppi di lavoro, senza che ciò significasse “unifor-

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PresentazioneGianni Fabbri

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mazione” ma anzi nel tentativo di portare al massimo dei risultati lo studio dei singoli temi e di valorizzare le differen-ti culture – teoriche e tecniche – che distinguono (anch’esse) i singoli contesti urbano-territoriali e i saperi dei singoligruppi di ricerca; con in più quel tanto di “libera sperimentazione” che una ricerca universitaria consente, fino allamessa in campo di proposte e soluzioni diverse o alternative per alcuni dei temi-problemi.

L’infrastruttura lineare comporta lo svolgersi nello spazio-tempo di un percorso. Essa richiede dunque una doppiaattenzione: alla necessità di variazione di forma del manufatto-infrastruttura nell’attraversamento dei diversi contesti;alla necessità di configurazione del manufatto-infrastruttura “dall’interno verso il contesto”, sia esso il paesaggio natu-ralistico o l’addensamento edilizio e spaziale della città.

Si tratta dunque di una “sequenza doppia” in cui è assai rilevante la componente dinamica e la dimensione deltempo.

Da a questo punto di vista diventa rilevante la forma della “linea” e il suo andamento nel territorio; dove la “linea”interseca “nodi” – strutture insediative o “luoghi estremi” del paesaggio – lì assume valore primario la definizionearchitettonica del manufatto e delle sue relazioni spaziali e figurali con l’intorno. Nei diversi casi affrontati “linea enodi” sono dunque l’ambito tematico comune ed è comune il tentativo di oggettivare le procedure interpretative-pro-gettuali fino a delineare “protocolli”, metodologie ripetibili, standard operativi.

Il primo tipo di sequenza – dall’interno della linea – è stato particolarmente studiato nel caso delle infrastrutture edel paesaggio nella fascia costiera di Cagliari. Qui è stata assunta come dominante la questione “percettiva” e deglistrumenti concettuali e tecnici per oggettivare i processi descrittivi. A tal fine è stata messa a punto un’interfaccia gra-fica e video come strumento di controllo dello spazio-tempo (G. M. Chiri) e di verifica degli impatti ambientali e deglistandard normativi.

Al carattere doppio della sequenza – interno ed esterno della linea; intersezione della linea con i “nodi” – si riferi-scono invece gli studi condotti per Napoli e per Roma.

Per Napoli, dove il caso del recupero della ferrovia dismessa del Parco del Cilento e Vallo di Diano, è stato affron-tato come parte di un sistema lineare complesso, coinvolgendo le altre infrastrutture che l’affiancano, il fiume Tana-gro e una serie di nodi di scambio capaci di generare rimandi trasversali rispetto alle direttrici di fondovalle (G.C. Mai-nini). O, nel caso della ferrovia circumvesuviana, dove centrale diventa il “progetto della memoria” del vecchio trac-ciato e la ricerca di luoghi e forme architettonici in corrispondenza dei “nodi” interessati dal nuovo tracciato (P. Miano).

Per Roma, dove il tema dello studio è il percorso del Tevere dai territori a dominante naturalistica fino al suo diven-tare “spazio urbano”. Qui lo studio si propone il riscatto dell’infrastruttura fiume dalle sue attuali condizioni di seg-mentazione per pensarlo come sistema unitario, da elemento di separazione-allontamento a fattore di unificazione.Operazione particolarmente complessa, indagata agendo sia sul versante della configurazione delle rive che su quellodel ridisegno dei “nodi” caratterizzati dai ponti (L. Ramazzotti).

Infine nel caso veneziano dove il tema è quello di una linea di metropolitana urbana sub-lagunare; qui la scelta deltracciato diventa parte di un’idea di città e non semplice operazione trasportistica mentre l’architettura dei “nodi” – lestazioni –, affrontando l’anomalia e la singolarità di una città “anfibia”, è dialogo tra un raffinato, innovativo evento tec-nico e un contesto paesaggistico unico; interpretazione di una straordinaria cultura dello spazio, della linea, del linguag-gio architettonico.

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LA SUB-LAGUNARE A VENEZIA: IPOTESI E PROGETTIa cura di Cristiana Eusepi

Benedetto Bordone, Venezia 1534. La città è qui rappresentata nella sua grande dimensione di centro di un arcipelago(lagunare). Sarà la dimensione che la “modernità” otto-novecentesca verrà perdendo e che ora è necessario ricuperare.

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Fondamenta degli Incurabili, Venezia (disegno di G. Fabbri).

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La città isola e i luoghi dell’accessibilitàChe quello della mobilità e dell’accessibilità sia da sem-

pre per Venezia un problema drammatico non occorreràqui dimostrarlo. Che esso abbia assunto, nella sua accezio-ne più strettamente tecnicistica, negli ultimi due secoli, unavalenza “salvifica” rispetto ai processi di decadenza poli-tica, economica e sociale della città, sta ormai nella storiae nella densa cronaca di ipotesi, progetti, tentativi e realiz-zazioni che hanno accompagnato Venezia nel suo incertoattraversare il tempo del “moderno”. Per certi versi la que-stione “accessibilità” è apparsa come la leva principale perridurre i caratteri di “inattualità”, la riduzione delle distan-ze dai modi di vita delle città “normali” (tutte le altre città).

Proprio in questi nostri anni sta arrivando a conclusio-ne un processo di mutazione profonda del senso e del ruolodella città che ha percorso, tra lacerazioni sociali, collassiambientali e ridefinizione delle politiche, almeno tutta l’ul-tima metà del XX secolo. Abbiamo, sotto ai nostri occhi,appena prendiamo le distanze dal flusso ininterrotto, appa-rentemente continuo, della quotidianità, una vera e pro-pria rivoluzione (ancorché inconclusa) rispetto alla condi-zione configurata e definita tra la fine della Serenissima eil pieno dispiegarsi della modernità “fordista” dei due seco-li che abbiamo alle spalle. (Fig. 1.1, 1.2, 1.3, 2, 3, 4.1, 4.2)

Sul finire degli anni ottanta, ormai era del tutto evi-dente l’essere giunta a conclusione un’intera fase stori-

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La questione dell’istmo e delle “nuove porte”Gianni Fabbri

Fig. 1.1 Area ovest nel 1798 (T. Viero).

Fig. 1.2 Situazione nel 1845 dell’areaovest in seguito alla costruzione della fer-rovia (G. Combatti).

Fig. 1.3 Situazione dell’area ovest inseguito alla costruzione della stazionemarittima e all’uso a scopo industrialedell’ex Campo di Marte (L. Querci).

1.1 1.2 1.3

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ca e che nuove condizioni materiali e nuove sensibilità con-sentivano di guardare ai problemi della città e al suo pos-sibile futuro senza dover più operare attraverso isolate azio-ni dimostrative o dover ripiegare sulla mediocrità di azio-ni strettamente conservative.

L’innovazione tecnologica e quella artistica hanno ini-

ziato ad operare nell’ambito e in qualche modo in funzio-ne di un progetto che ricollocava al proprio centro l’orgo-gliosa rivendicazione del carattere singolare della città e delsuo ambiente lagunare, del ruolo ritrovato di capitale cul-turale, della sua dimensione cosmopolita prima che nazio-nale e regionale.

Fig. 2 Indicazione dei principali interventirealizzati nel periodo napoleonico e prece-denti al piano di risanamento del 1891. (tratto da Urbanistica n. 52, 1968).

Fig. 3 Concorso nazionale di idee per l’im-postazione del PRG del Comune diVenezia, 1957. Progettisti: L. Quaroni,L. Giovannini, Avv. F. Benvenuti,Ing. A. De Carlo. (Tratto da Urbanistica n. 52, 1968).

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Insomma sembra essere in corso – certo ancora in mododiscontinuo e incompleto – la definizione di un nuovo,diverso “destino” di Venezia, in grado di riscattarla dallacondizione di drammatica “inattualità” a cui l’ha condan-nata un secolo e mezzo di “moderno”.

Diventa dunque necessario pensare in termini di “siste-ma” il rapporto tra le polarità funzionali costitutive di que-sto nuovo “destino” – le attività della ricerca, della forma-zione, della convegnistica, degli eventi culturali, del tempolibero, della salute, della cura del corpo, ecc., – e i modi delloro essere in rapporto di accessibilità con il mondo. Per-ché, innestandosi su una tradizione millenaria, è all’inter-no di questo rapporto che quell’“unicum” urbano e ambien-tale che è Venezia, può ritrovare appieno un ruolo di “capi-tale” mondiale, di nuova “res publica litteraria universalis”(F. Sansovino).

Non c’è dubbio che tra i principali fattori trainanti diquesto processo vi sia il fenomeno del turismo di massa,nelle sue complesse articolazioni e nei suoi intrecci con inuovi valori collettivi basati sulla presenza della storia e del-

l’arte, delle bellezze ambientali e paesistiche, sul caratteretransnazionale degli eventi e delle mete.

Entro questa prospettiva, la dimensione ineluttabilmen-te crescente del turismo propone un aspetto più concreto,fisico: quello dei modi e dei luoghi dell’accesso e dell’acco-glienza, tenendo ben presenti i caratteri assai differenziatiinterni alla domanda turistica e i diversi gradi di sovrappo-sizione con quella di altri settori di attività. (Fig. 5.1, 5.2)

Si tratta di una domanda che, come hanno dimostratoa Parigi la “piramide” del Louvre e le stazioni del Météoro a Londra la nuova linea Jubileum non è solo di “moder-nizzazione” – un semplice accrescimento di efficienza deitrasporti urbani, la previsione sensata di nuove funzioni diaccoglienza –: si tratta di pensare a percorsi, infrastruttu-re e luoghi attrezzati che sappiano coniugare la loro a-topiatecnologica e funzionale con il carattere singolarissimo diquesti luoghi, con la qualità e la diversità degli assetti mor-fologici delle parti del sistema insediativo.

Va dunque svolta una riflessione attenta sul tema del-l’accessibilità, non assumendo questo tema come essenzial-

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Fig. 4.1 e 4.2 Stralci del PRG adottato nel 1959 relativi al versante est (4.1) e al versante ovest (4.2) della città storica con i nuovi insedia-menti residenziali, direzionali e i nuovi collegamenti. (Tratto da Urbanistica n. 52,1968). Il sistema infrastrutturale e dell’accessibilità è il piùimportante strumento di “interramento” della città.

4.1 4.2

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Fig. 5.1 5.2 G. Fabbri, Venezia, studi di progetto per l’accessibilità e l’accoglienza del polo marciano: planimetria generale e schizzo prospet-tico (da “Luoghi monumentali e accessibilità: Venezia, Roma, Napoli, Arles”, quadernIUAV 21, 2002).

5.1

5.2

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mente tecnico ma per il senso che esso può avere nel confer-mare, dare compiutezza a un’idea di città (ed essere occasio-ne, schiudere possibilità, per nuove architetture). (Fig. 6)

Venezia è una città che ha sempre vissuto con soffe-renza (insofferenza) l’azione di quelle tecniche trasfor-mative degli assetti fisici i cui statuti si sono venuti for-

Fig. 6 Schema riassuntivo della proposta di nuovo assetto insediativo messa a punto alla fine degli anni ’80 (da G. Fabbri “La VeneziaPossibile” in “Idea di Venezia”. Quaderni della Fondazione Istituto Gramsci Veneto 3/4 – Arsenale ed. Venezia 1988).

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mando “altrove”, nella “terraferma”. Così è stato ancheper tutte le soluzioni via via prospettate al problema dellamobilità e dell’accessibilità alla città-isola. (Fig. 7, 8)

La condizione geografica, fisica, di insularità ha sot-terranee e molteplici relazioni con l’idea di se: è autoco-scienza collettiva, radicamento culturale, fondamentoprimo di identità. Essa si accompagna al doloroso e orgo-glioso sentimento dell’alterità, si apparenta al mito del-l’isola di Utopia e della sua separazione dal “continente”con il taglio dell’istmo.1 E distanza dalle vicende della“terraferma”, dai suoi conflitti, dalle sue tradizioni. Edistacco dal tempo storico e dai suoi ritmi comuni.

Nella condizione di insularità, più che nelle città di terra,il/i luogo/i delle relazioni con “l’altro da se” assumono ine-vitabilmente un carattere di singolarità che va ben oltre ildato strettamente funzionale. In essi si addensa un’ener-gia latente che è bisogno di figurazione, di rappresentazio-ne del proprio legame con il mondo.

Così è stato per Venezia. Prima nella sua condizionedi città rivierasca in fieri con le Ville/Palazzi Fondacodisposti lungo le rive dei fiumi-canali – i luoghi “priva-ti” del sistema di rapporti commerciali col mondo –; poicon il Bacino Marciano, luogo collettivamente conven-zionato e designato a locus communis, via via consolida-

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7

Fig. 7 Le due idee di città: Venezia mantiene e sviluppa la suaidentità singolare di città “nell’acqua” (Cristoforo Sabbadino).

Fig. 8 Venezia interrata viene ad assumere caratteri simili alle città “nor-mali”. Un’alternativa che percorre l’intera storia urbana veneziana.Ricostruzione di Venezia cinta da mura in acqua secondo la proposta diAlvise Cornaro. (da M. Tafuri, Venezia e Rinascimento, Einaudi, 1985)

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to e rappresentato nel suo ruolo di Porto-Porta dellacittà.

Ma questa energia latente, questo bisogno di rappre-sentare oltre il puro dato funzionale, possiamo coglierloanche nell’Arsenale, luogo della produzione dei mezzi – lenavi – che consentivano le connessioni con il mondo. Onel ponte di Rialto, emblematico elemento di connes-sione/accessibilità tra le due parti della città divise dal CanalGrande, tra città delle Istituzioni e città dei Commerci.

Per questi luoghi, in massimo grado si è venuto espri-mendo il bisogno di innovazione; la tensione verso nuoveforme rappresentative, in un continuo succedersi di opereche solo in parte sostituivano il preesistente e molto spes-so aggiungevano forme a forme, architetture ad architet-ture.

La costruzione dell’istmoVa dunque ripensata la costruzione dell’“istmo”. Il senso

e i modi dei collegamenti della città isola con il mondoSupponiamo allora che il problema dell’“istmo” debba

avere una soluzione articolata in una pluralità di soluzionitecniche – tipi di percorsi e di tecnologie – a seconda delledifferenti domande o necessità di collegamento che scatu-riscono dai diversi ruoli urbani: città capitale, città metro-politana, turismo ambientale, turismo di consumo, residen-zialità, ecc. (Fig. 9)

Non è nostro compito, né nostra intenzione, affrontarein questa sede una delicata e complessa questione traspor-tistica. Considereremo qui un’ipotesi di lavoro che ha a chefare più direttamente con aspetti e problemi di morfologiaurbana e di architettura; vale a dire il collegamento tra laprincipale struttura portante di una Venezia “capitale” – ilsistema ovest-est Pili/SanGiuliano, Marittima, Canale dellaGiudecca, Bacino Marciano, Lido – con le altre parti delsistema insediativo di quella che è stata chiamata la Gran-de Venezia e con ... il mondo. (Fig. 10) Qui la necessità dicollegamenti veloci e diretti con il sistema infrastrutturaledi grande scala appare assolutamente incontrovertibile.

Trattandosi di un percorso lungo e che necessita di con-tinuità entro un territorio fisicamente discontinuo (terra-

acqua), allo stato dei fatti l’ipotesi della linea metropolita-na sembra l’unica a garantire una risposta tecnologicamen-te efficace.2

Ipotizziamo dunque che in continuità con la linea suferro della metropolitana regionale e il tram (in via di rea-lizzazione), in rapporto di contiguità con la ferrovia, congli arrivi autostradali e aeroportuali di terraferma, vi siauna linea di metropolitana che si innesti in laguna (diven-tando sub-lagunare) lungo il canale Brentelle e di qui arri-vi a lambire le propaggini sud del porto di Marittima, perinnestarsi nel canale della Giudecca e, attraversato il baci-no di San Marco, arrivi fino all’isola del Lido. Si trattaovviamente di un’ipotesi di percorso del tutto schematica.In questa sede è importante sottolineare come in terrafer-ma tale infrastruttura deve necessariamente intersecare laStazione ferroviaria di Mestre, lambire (e servire) le areead alta intensità di attrezzature di via Torino, l’ambito delPolo Scientifico e Tecnologico, il Parco di San Giuliano ele aree in via di riconversione dell’ex Prima Zona Indu-striale. Questi luoghi-funzione vengono così a far parte delsistema attrezzato est-ovest che assume una dimensioneben superiore a quella della città insulare e dello stessoambito lagunare: un vero e proprio sistema dei luoghi cen-trali della Grande Venezia.

Quest’ipotesi non esclude, anzi presuppone, l’esisten-za di altri percorsi, altre infrastrutture, in un quadro dinuove gerarchie e di relative specializzazioni. Altri rami dimetropolitana sub-lagunare, come quello ipotizzato dalComune di Venezia e in fase di progettazione da parte diun pool di società e imprese3 e di cui si è occupato questostudio con lo sviluppo progettuale di prototipi di stazio-ne. Quelli esistenti come il ponte ferroviario e la StazioneFF.S., il ponte automobilistico e il suo terminal di Piazza-le Roma, i terminals di bordo laguna – Cavallino, Tessera,San Giuliano, Fusina – e i relativi percorsi acquei e canaliavranno ruoli complementari e, in questo quadro, trove-ranno nuove misure e funzionalità.

In tutte le fasi di grandi trasformazioni urbane cambia-no il senso e il ruolo originari delle componenti infrastrut-turali: ognuna di esse viene oggi ad assumere una diversa

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identità, una diversa importanza; nuove componenti diven-tano necessarie; alcune di quelle pre-esistenti terminano laloro funzione…

La nuova configurazione del sistema infrastrutturaleveneziano ha poi un compito preciso: consentire una dra-stica riduzione del traffico acqueo motorizzato e, conse-

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Fig. 9 Schema dei sistemi dell’acces-sibilità.1) principali percorsi acquei a carat-tere paesaggistico; 2) tram di superficie; 3) linea metropolitana sub-lagunare.

Fig. 10 Attrezzature di scala metro-politana e accessibilità nell’ipotesidell’asse “centrale”. 1) Centro Mestre/Università di viaTorino; 2) Polo Scientifico Tecnologico; 3) S. Basilio Marittima; 4) Università;5) Molino Stuky; 6) Percorso Zattere-Gesuati-Rialto;7) Redentore; 8) Punta della Dogana; 9) S. Giorgio; 10) S. Marco; 11) Arsenale/Biennale; 12) Lido.

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guentemente, del fenomeno del moto ondoso; l’uso deimezzi acquei motorizzati dovrà essere radicalmente ridot-to e riguardare esclusivamente un lento traffico locale diinterconnessione.

Nuovi segni architettoniciVediamo ora, in modo più ravvicinato, le conseguenze

di quest’ipotesi sugli assetti morfologici e le possibili “occa-sioni” di nuove architetture che essa genera nella città insu-lare.

In generale si pone un problema di disegno delle sta-zioni della metropolitana: un disegno modulare e ripetiti-vo secondo quella tradizione veneziana abbastanza riccache ha prodotto, nella città, piccoli oggetti aventi una natu-ra incerta tra quella delle architetture permanenti o dellearchitetture effimere. Dagli “stazi” dei traghetti agli episo-di ottocenteschi dei Caffè-haus e dei piccoli Fari, fino alTeatro del Mondo (e agli allestimenti per gli ingressi allaBiennale)…Figure modulari di piccola dimensione ma digrande scala, che hanno il compito di ritmare e dare misu-ra agli ampi spazi della laguna.

Le singole stazioni sono anche occasioni di ridisegnodei bordi della città; sono luoghi dove si ri-definisce il rap-porto tra terra e acqua, tra percorsi pedonali e collegamen-ti acquei pubblici e privati. Le stazioni sono luoghi di con-densazione e di organizzazione del movimento da/per lacittà. Da/per esse confluiranno le barche, i taxi d’acqua, imezzi pubblici per garantire l’accessibilità lenta e capilla-re. Potranno essere ordinatrici di piccole darsene e di pon-tili per l’attracco dei mezzi più grandi.

Per il loro essere sempre sul bordo della città costrui-ta, le stazioni sono anche possibili luoghi di sosta ove sof-fermarsi – prima dell’immersione nelle profondità oscuredel tunnel o dopo esserne usciti – per una pausa di con-templazione degli spazi acquei della laguna o per ammira-re il raro spettacolo della città costruita nell’acqua.

Esse vanno dunque pensate in questa chiave, sia dal puntodi vista dei servizi che della forma, come vere e proprie nuoveporte di città.

Le alternative progettualiPartendo dalle soluzioni e dal progetto messi a punto

dal Comune e dall’ATI-Promoter, abbiamo valutato primadi tutto la Variante al percorso Tessera-Arsenale con il pro-lungamento del tracciato fino all’isola del Lido.

Abbiamo quindi valutato la possibilità-opportunità chequesto collegamento fosse integrato da un tracciato di sub-lagunare (Mestre-Lido) capace di intersecare la quasi inte-rezza del pendolarismo (90.000 utenti).

Si è quindi proceduto allo studio di un’alternativa disoluzione al mezzo di trasporto del tipo TRAM (propostodal progetto Comune-Promoter), prevedendo l’uso di unmezzo del tipo TRENO.

Si sono poi sviluppate due tipologie di soluzione archi-tettonica delle Stazioni, l’una come approfondimento tec-nico e formale del progetto ATI-Promoter, l’altra comeconfigurazione alternativa del rapporto tra “camerone” diarrivo dei convogli e modalità della stazione emersa.

La prima – il cui progetto è stato predisposto sotto laguida del prof. Angelo Villa – ha assunto come dato carat-terizzante la propria identità formale la “rappresentazio-ne” del carattere di “macchina” della metropolitana e dellesue stazioni.

La seconda – il cui progetto è stato predisposto sottola responsabilità del prof. Gianni Fabbri – ha propostosoluzioni interpretative dell’identità urbana e delle sue sedi-mentazioni storiche.

NOTE

1 M. Cacciari, L’arcipelago, Adelphi, 1997.2 Va sottolineato che questo tracciato interseca la maggior parte, laquasi totalità del pendolarismo per-da Venezia consistente mediamen-te in ca. 90.000 persone al giorno, con punte che arrivano a 200.000;mentre sul percorso Tessera-Arsenale le previsioni più ottimistiche nonarrivano a prevedere utenze superiori alle 20.000 unità giornaliere.3 ACTV, BNL, Mantovani, SACAIM, Arsenale Venezia, Metropoli-tana Milanese, Studio Altieri, NETengeenering, SAVE engeenering.

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Ricevimenti per Enrico III nel 1574, Francesco Bertelli (da Venezia e lo spazio scenico, ed. La Biennale di Venezia, 1979).

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Pensare oggi il progetto di percorsi, infrastrutture signi-fica riflettere sulla possibilità di costruire nuovi luoghiurbani che sappiamo coniugare l’a-topia tecnologica efunzionale con il carattere singolarissimo e la diversitàdegli assetti morfologici delle parti urbane e del sistemainsediativo che attraversano. È proprio in questi proget-ti a grande scala che affiora il tema della città contem-poranea. Potrebbero costituire una grande occasione percontribuire a dare una più attuale gerarchia ai fatti urba-ni esistenti e per riappropriarsi della specificità di ognicittà, invece di contribuire al disegno di una città stereo-tipata, senza passato né avvenire.

Sono importanti, sono gli spazi nuovi della città edomandano soluzioni in grado di rideclinare il rappor-to che si viene ad instaurare tra il nuovo del internazio-nalismo tecnologico e la stabilità del sito e della tradi-zione.

Lo studio di architetture, tecniche e tecnologie inno-vative in ambito trasportistico adottate recentemente inaltre città europee e italiane è stato un passo obbligatodella ricerca per impossessarsi della quantità di variabiliin gioco propria di questi progetti complessi. Il passo suc-cessivo è stato quello di assumere tutte le componenti nelprogetto d’architettura, da quelle riguardanti la geotecni-ca e l’equilibrio del terreno all’interazione tra ingegneriaimpiantistica ed ambiente, dagli aspetti riguardanti la sicu-rezza all’ottimizzazione dei metodi e dei processi costrut-tivi e di organizzazione del cantiere sul fragile e comples-so ambiente storico lagunare. Nella piena consapevolez-za che la qualità finale non è mai assicurata dalla sommadelle singole componenti.

Particolare attenzione è stata rivolta a quelle lineemetropolitane che possono servire da riferimento o model-lo per caratteri e analogia di situazioni, per sviluppo ditracciato e numero di stazioni, per tipo di rapporti instau-

rati con luoghi centrali e monumentali o con aree di altaqualità ambientale e paesistica.

Le linee prese in considerazione, nonostante attraver-sino città di dimensioni affatto diverse, hanno più o menotutte la stessa lunghezza: Torino, 9,6 km e 15 stazioni, ilMétéor di Parigi 8 chilometri e 8 stazioni, la linea North-South di Amsterdam 9,5 km di lunghezza e 8 stazioni, 7km di linea per Genova e 6 stazioni; un po’ più estesa laJubilee line di Londra, con i suoi 16 km e le sue 11 sta-zioni. (Fig. 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5)

I tracciati analizzati collegano le parti più antiche dellacittà con il “resto del mondo” configurando le stazioniprincipali come importanti nodi di interscambio tra siste-mi di accessibilità e di trasporto pubblico.2

Un primo confronto tra i casi presi in esame ha eviden-ziato come tutte le stazioni presentano caratteristiche tec-niche e funzionali molto simili. Le soluzioni adottate sonoricorrenti e sono riconducibili all’uso di pochi elementi:l’area di incarrozzamento dotata di banchine con binariodoppio o singolo, la cui dimensione dipende dalla lun-ghezza e dal numero dei treni; il mezzanino, la bigliette-ria e la hall, il sistema verticale degli impianti di risalita.In generale, all’interno di una stessa linea, le stazioni con-fermano un’impostazione progettuale simile – nella distri-buzione delle funzioni e dei piani tipo – che viene poi adat-tata a situazioni ambientali anche molto diverse. Un capi-tolo a parte merita la metropolitana di Amsterdam perl’interesse che riveste il particolare processo costruttivodell’aula – camerone di tutte le stazioni ipogee, che per-mette contemporaneamente di non intaccare il delicatoequilibrio delle costruzioni storiche prossime alle stazio-ni e di lavorare agevolmente in presenza di acqua. (Fig.2.1, 2.2)

Circoscritto e ridimensionato l’aspetto tecnico, il veroelemento di novità che emerge dai casi campione è il matu-

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Sotto sopra. Le forme del movimento nella città antica1

Patrizia Montini

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Fig. 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5Linee metropolitane: Jubilee line-Londra; Météor-Parigi;Metropolitana-Genova, Linea 1-Torino, North-South-Amsterdam. Confronto tra tracciati. (da K. Powell, The JubileeLine Extension, King Publishing, Londra; da North/South Lineconnection to tomorrow, pubblicazione a cura di Department forInfrastructure Traffic and Trasportation; da Genova inMovimento, la metropolitana di Genova, pubblicazione a cura delComune di Genova e Ansaldo Trasporti).

1.1

1.2

1.4

1.3

1.5

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rare di un modo diverso di concepire il progetto delle lineedi metropolitana nel rapporto tra stazioni e città.

All’idea della leggibilità della linea come sistema unita-rio, che ci ha lasciato alcune delle più suggestive architet-ture ipogee – le stazioni della metropolitana di Mosca, lametropolitana parigina riconoscibile con le gallerie sotter-ranee rivestite dalle igieniche piastrelle bianche e dalle edi-cole di Gallimard, la più lunga “galleria d’arte” del mondocostruita nelle viscere di Stoccolma, la linea rossa di Albi-ni a Milano – si è venuta sovrapponendo l’idea di una lineacomposta da un insieme di luoghi diversi tra di loro. Lestazioni si trasformano in “nuove porte” che introduconoe riflettono il carattere diversificato delle parti urbane incui sicollocano. In molti casi le stazioni non sono più qual-cosa da nascondere semplicemente sotto terra, ma costi-tuiscono una presenza in grado di qualificare la città o ilterritorio.

I nuovi progetti non intervengono sugli spazi interni(banchine e collegamenti, predefiniti nell’organizzazionefunzionale e spesso caratterizzati formalmente dalle esigen-ze tecnologiche) ma introducono nei mezzanini, nella halle nelle parti emergenti una concezione che afferma la spe-cificità delle singole stazioni della linea in relazione allediverse situazioni urbane attraversate dal treno metropoli-tano.

Nella Jubilee Line gli elementi architettonici e costrut-tivi degli ambiti sotterranei delle stazioni sono stati unifor-mati e standardizzati, mentre i livelli di accesso sono statidefiniti di volta in volta in relazione alle peculiari caratteri-stiche dei luoghi; il caso genovese in cui viene proposto unmodello di metropolitana esportabile – le stazioni sono rea-lizzate con componenti standard, scale, ascensori, sale dicontrollo, biglietteria, sistema d’illuminazione – adattabile

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Fig. 2.1, 2.2Amsterdam, Metropolitana North-South, stazione Borsa.Ricostruzione virtuale dell’intervento a ridosso della stazione ferro-viaria esistente e sezione trasversale (da North/South Line connec-tion to tomorrow, pubblicazione a cura di Department forInfrastructure Traffic and Trasportation).

2.1

2.2

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ad altre città con popolazione superiore agli 800.000 abi-tanti.

Caso estremo di questa “tendenza” è la metropolitanadi Torino che ha previsto di raddoppiare il numero dellestazioni, liberandole da tutti gli elementi di servizio tradi-zionali, per privilegiare l’utilizzo di convogli dalle ridottedimensioni e dalla grande frequenza. L’idea è che questestazioni, queste nuove “architetture di transito” si configu-rino anche come delle passeggiate d’arte, come spazi daattraversare velocemente e con la massima facilità per ritro-vare subito il rapporto perduto con la città.

La forte inversione di tendenza che i progetti qui mostra-ti rappresentano si gioca tutta nel nuovo rapporto che lestazioni instaurano tra l’interno e l’esterno, nella ricerca dianticipare la specificità dei luoghi urbani attraversati dallalinea. Il progetto delle metropolitane non viene più conce-pito solamente come un problema di flussi o di regolariz-zazione e razionalizzazione dei percorsi e del tunnel.

Le stazioni si trasformano volta a volta in delle piazzecoperte, in nuovi luoghi centrali, occasioni di ridisegno eriqualificazione della città, rese riconoscibili all’esterno daelementi di copertura trasparenti (Canada Water e CanaryWharf, nell’area dei docks di Londra), o da grandi voltevetrata (Centurbaan ad Amsterdam, Saint Lazaire a Pari-gi, Corvetto a Genova. (Fig. 3.1, 3.2, 4.1, 4.2)

Meno esibita è la presenza delle stazioni collocate in areestoriche e monumentali, individuabili solo da ingressi cheemergono in superficie in modo più discreto, come nellastazione di Westminster che si sviluppa al di sotto del nuovoPalazzo degli Uffici del Parlamento. (Fig. 5.1, 5.2, 6.1, 6.2)

I nuovi progetti non intervengono dunque sugli spaziinterni direttamente legati alla mobilità, definiti dalle esi-genze tecniche, ma dialogano nei mezzanini e nel livello diaccesso con la città circostante, rispecchiando nel sottosuo-lo alcune caratteristiche – luoghi, edifici, specifiche funzio-ni – che si possono ritrovare in superficie. Diverso è il casoin cui le stazioni si trovino in aree periferiche o in parti urba-ne prive di un disegno degli spazi pubblici: in questi con-

testi i manufatti perdono il loro carattere di luoghi di tran-sito, e si trasformano in spazi dove poter svolgere attivitàdiverse o sostare.

Esemplare è la stazione della Bibliothéque del Météor,l’invenzione di un nuovo luogo per la città di Parigi, unapiazza ipogea in un quartiere che manca di spazi di aggre-gazione riconoscibili. (Fig.7.1, 7.2, 7.3, 7.4)

Il progetto per le stazioni della metropolitana sublagu-nare diventa così l’occasione per ricollocare al centro larivendicazione del carattere singolare della città e del suoambiente, ponendo l’invenzione tecnologica a servizio delruolo di capitale culturale e di luogo d’incontro internazio-nale.

L’alternativa di percorso e di mezzo di trasporto sugge-rita in questa fase di studio è funzionale ad un diverso sensodel collegamento sublagunare. La scelta di un tracciato cuisono connesse le caratteristiche del mezzo di trasporto –treno o tram – è quindi strettamente correlata ad una pre-cisa idea di città. Rimando all’articolo di Gianni Fabbri ”Laquestione dell’istmo” In questo stesso volume per un appro-fondimento della questione.

Non si tratta di andare a costruire nuove porte per lacittà dalla terraferma, scimmiottando quello che si fa nelmondo, ma di misurarsi con una questione radicata da sem-pre nella storia di costruzione della città insulare: ridisegna-re Venezia nei suoi margini, continuando a tessere quel par-ticolarissimo rapporto tra naturale e artificiale che ha defor-mato l’idea stessa di pensare alla città insulare. Non c’è spa-zio naturale più artificiale di quello della laguna veneziana,come notava Gianni Fabbri, parlando di fiumi deviati dalloro alveo naturale, tagli di canali, consolidamento di argi-ni, terre emerse e bonificate, e via di seguito.3

Queste nuove fabbriche architettoniche veneziane sicostruiscono nella parte sommersa attraverso il montaggiodegli stessi elementi che si ripetono in tutte le metropolita-ne del mondo: banchine, sistema delle risalite, mezzaninodistribuzione, pozzi di ventilazione e calaggio materiali,uscite di sicurezza, carico e scarico merci. Lavorare nella

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Fig. 3.1, 3.2 Jubilee Line-Londra, Canary Worf station: sezione trasversale e imagi-ne dei dispositivi di collegamento sottosuolo/superficie (da FosterAssociates, Selected and current works of Foster and Partners,Mulgrave, 1997).

Fig. 4.1, 4.2 Metropolitana di Genova, Stazione in Piazza De Ferrarsi: sezione epianta in cui vengono evidenziati i percorsi e gli accessi alla stazio-ne (materiali gentilmente forniti dal Comune di Genova e AnsaldoTrasporti).

3.1 3.2

4.1 4.2

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Fig. 5.1, 5.2 Jubilee line, Londra, Westminster Station: spacco essonometrico in cuivengono i livelli che compongono la stazione al di sotto di Westminster evista dall’alto dell’area di intervento. (da K. Powell K, The Jubilee Line Extension, King Publishing, Londra2000. K. Allinson, London's contemporary architecture, Architectural Press,Londra, 2003).

Fig. 6.1, 6.2 Météor, Parigi, Stazione di Saint Lazare: sezione dell’elemento di connes-sione sottosuolo superficie e vista di uno degli ingressi alla stazione(da Station Météor, in «AMC n. 139», 2004).

6.1

6.25.1

5.2

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complessità vuol dire inanzitutto riuscire a governare la con-tinua interazione tra tutte le variabili del sistema, nella cer-tezza che qualsiasi vera soluzione in un progetto comples-so non è mai di tipo tecnologico ma sempre di tipo morfo-logico. Se le ipotesi progettuali sono state concepite indivi-duando soluzioni atte a minimizzare l’impatto e il disturboprovocabile dalle nuove costruzioni sul terreno circostan-te e sulla navigabilità dei canali, nella parte che esce dall’ac-qua viene meno qualsiasi facile retorica legata all’introdu-zione della nuova infrastruttura nel contesto storico vene-ziano. In superficie escono solo architetture di piccoledimensioni che rimandano alla Venezia mercantile, di legno,contenuta nei quadri del Carpaccio, alle macchine galleg-gianti e oniriche delle feste, al sogno del Teatro del Mondo

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Fig. 7.1, 7.2, 7.3, 7.4 Météor, Parigi, Stazione Bibliothèque Mitterand: lastazione concepita come una piazza/teatro sottera-nea. Viste e spaccato assonometrico.(da Station Bibliothèque-François-Mitterand in«Domus n. 812», 1999)

7.1

7.2

7.3

7.4

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di Aldo Rossi, e vanno a costituire un unico straordinariodispositivo che scopre nuovi paesaggi e ricolloca i frontilagunari, le grandi aperture dei canali in una nuova pro-spettiva, misurandosi col particolare carattere scenografi-co dello spazio veneziano. Il sistema di riferimento resta ilvasto orizzonte della laguna che rimanda ad una tradizio-ne di figure che hanno sviluppato i caratteri illusionisticiconnessi alla percezione degli oggetti a grande distanza nelpiatto e allucinato panorama lacustre.

Queste piccole architetture galleggianti assumono carat-tere e significato dalla città. Si costruiscono con spazi eforme che fanno parte di una storia nota e ci fanno legge-re l’eccezionalità del nostro essere a Venezia: la sezione aimbuto dell’atrio che riflette l’infrangersi del sole sulle acquedella laguna, stanze d’acqua, tagli, cavedi, pozzi, chiostri,ponti: un’architettura che partecipa in pieno della capaci-

tà degli edifici veneziani di riflettersi e riflettere la luce. Lestazioni creano nessi e relazioni e riscoprono l’architetturadella città, pensate come macchine per spiare Venezia, doveinterno ed esterno ancora una volta si confondono. “Uninterno veneziano non può vivere soltanto della sua quali-tà di interieur ma deve fatalmente appartenere ai mari diVenezia e ai legni che li solcano”.4 (Fig. 8, 9.1, 9.2, 9.3)

Questi piccoli edifici fortemente misurati sulla morfo-logia della città-isola consentono di strappare terreno edi-ficabile alla laguna, creando nuove fondamenta e darsene,e ne ridisegnano gli incerti limiti, continuando nel intesse-re quel rapporto così intimo tra terra e acqua che ha da sem-pre presieduto alla costruzione della città insulare. (Fig.10.1)

NOTE

1 Studi contenuti nel fascicolo “Sotto sopra. Casi studio” primaparte del lavoro elaborato nell’ambito della convenzioneIuav/MM/ACTV-ricerca Cofin 2004, gruppo G. Fabbri, P. Montini,C. Eusepi, M. Minguzzi, P. Tomasi.2 La Jubilee Line collega il centro della City – stazione di Westmin-ster – alla stazione di interscambio con la rete internazionale euro-star – stazione di Stratford. Il Météor, una delle tratte più frequen-tate di Parigi, incrocia sette linee metropolitane urbane, quattro dellaRER, la SNCF, collegando il centro di Parigi con i nuovi quartieriperiferici e con le maggiori stazioni di interscambio europeo. AdAmsterdam la North-South line connette la città con le altre capita-li europee attraverso la stazione più a sud – Zuidas. A Genova, il pro-getto rientra in un ampio programma di riqualificazione del water-front e del porto antico. Molte strutture del porto sono state recu-perate e incluse nei progetti delle stazioni della metropolitana, avvian-do un processo complessivo di risanamento del centro storico e rior-ganizzazione del trasporto pubblico. A Torino la linea metropolita-na collega tra loro le stazioni Porta Susa e Porta Nuova, i due piùimportanti nodi di interscambio metropolitana/ferrovia/servizio ditrasporto pubblico di superficie.3 G. Fabbri, Una città arcipelago. Luoghi centrali, accessibilità, archi-tetture in «G. Fabbri Venezia quale modernità – idee per una città capi-tale 2», Franco Angeli, Milano 2005.4 A. Rossi. Dalla relazione al “Progetto di ristrutturazione delle chie-se delle Zitelle, Venezia” in: A. Rossi, Architetture 1988-1992, Electa,Milano 1992.

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Fig. 8 V. Carpaccio, Il patriarca di Grado libera un indemoniato, (daVenezia e lo spazio scenico, ed La Biennale di Venezia, 1979).

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Patrizia Montini ZimoloSi è laureata in architettura nel 1979 all’IUAV di Venezia con AldoRossi, di cui è stata assistente. Attualmente è titolare del Laboratorioin Progettazione Architettonica e Urbana al III anno della Laurea inScienza dell’Architettura e del Laboratorio di Progettazione al Ianno Specialistica in Sostenibilità. All’attività di insegnamento affianca l’attività di architetto. Dal 2006è responsabile del programma GAU:DI ed è impegnata in una ricer-ca sull’architettura sostenibile, riferita, in particolare, al tema dellaresidenza.

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Fig. 9.1 A. Rossi, The light house, 1981, pag.172, Aldo Rossiarchitetture 1959-1987, a cura di A. Ferlenga, Electa,Milano, 1987.

Fig. 9.2 A. Rossi, Veduta del Teatro alla punta della Dogana,pag. 159, Aldo Rossi architetture 1959-1987, a cura diA. Ferlenga, Electa, Milano, 1987.

Fig. 9.3 A. Rossi, Progetto per la Sacca della Misericordia aVenezia, 1991. Disegno di studio, pag. 274. Aldo Rossiarchitetture 1988-1992, a cura di A. Ferlenga, Electa,Milano, 1987.

Fig. 10.1 Lo skyline di Venezia da Ricerca Ministeriale, Convenzione ACTV, MM, Venezia: La questione infrastrutturale e la metropolitana sublagunare.Studio di fattibilità, formulazione di indirizzi progettuali, studio di prototipi e di casi dimostrativi G. Fabbri, P. Montini, con C. Eusepi, M. Minguzzi, V. Vescovo, P. Tomasi.

9.1 9.2

9.3

10.1

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Fotogramma tratto dal film Things to come, diretto da William Cameron Menzies nel 1936.

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Nell’ottica di una ricerca universitaria, il progetto deimanufatti previsti dal Sistema Trasportistico Metropoli-tana Sublagunare (stazioni, installazioni di interscambio,installazioni di sicurezza e impiantistiche) è stato assun-to come caso particolare di una tematica (a nostro giudi-zio) tipica del progetto contemporaneo: l’architettura perle infrastrutture del trasporto di massa.

Cosa si intende per infrastrutture?Giulio Sapelli (docente di Storia Economica all’Uni-

versità Statale di Milano) in un saggio titolato Discorren-do di infrastrutture e di istituzioni1, si chiede: “Siamo certiche le infrastrutture (di qualsiasi tipo e forma, dai gasdot-ti alle autostrade, dai ponti alle gallerie) siano soltanto leopere della trasformazione ingegneristica, dell’artificialitàtecnologica che ci circonda, e non anche quelle della tra-sformazione architettonico-paesaggistica, dell’artificialitàpostnaturale che vorremmo ci circondasse? (....)” Rispettoalla capacità della tecnica di essere immediatamente testi-monianza di civilizzazione ( secondo la definizione diMarcel Mauss, formulata guardando agli acquedottiromani e ai ponti fine-ottocento degli ingegneri france-si), “le mutazioni intervenute nell’ultimo tratto del ‘900inducono la necessità di ricostruire il concetto stesso diinfrastruttura, ossia di unificare la cultura tecnologico-posi-tivistica che ne è troppo spesso alla base, con una culturapolitecnica, dove la trasformazione architettonico-paesag-gistica diviene anch’essa componente essenziale dell’infra-struttura.”

Trasponiamo queste considerazioni in termini riferibi-li al tema in oggetto: le opere connesse all’infrastrutturatrasportistica-metropolitana sublagunare sono manufattiche si ripetono lungo il tracciato della linea, caratterizzan-dolo-identificandolo in senso architettonico-paesaggisti-co, agendo come landmark del paesaggio contemporaneo.

- In termini generali un approccio progettuale con-gruente a questa sostanziale particolarità deve implicarenecessariamente la nozione di ripetibilità: in funzione dieconomie tecnico-costruttive ma anche in funzione di unariconoscibilità dell’impianto trasportistico nel paesaggioterritoriale o urbano, non avendo senso parlare di pola-rità dei manufatti rispetto ad un luogo, ad un assetto urba-no singolare, etc.

Ancora in termini generali, progettare un manufattoin funzione della sua ripetibilità significa progettare unprototipo,, ovvero un manufatto con specifici requisiti pre-stazionali, standard dimensionali e normativi, etc., carat-terizzato da una particolare impostazione costruttiva chene consenta la produzione seriale o ripetizione tecnica.

- Assunti come criteri sia il fattore economico (ripeti-bilità) sia il fattore formale (identità-riconoscibilità), ci siè orientati verso un procedimento che consentisse un“compromesso tecnico” tra produzione seriale e caratte-rizzazione formale, evitando da una parte la rigidità el’anonimato della prefabbricazione, dall’altra i costi del-l’intervento “caso per caso”.

In prima approssimazione, questo procedimento èstato identificato in un sistema costruttivo costituito dacomponenti seriali da produrre in officina e da assembla-re-montare in cantiere attraverso lavorazioni a secco.

Dal punto di vista progettuale è un procedimento chesi può definire analitico ovvero impostato sulla scompo-sizione dei manufatti in elementi-componenti identificatisecondo ruoli e gerarchie che attengono alla statica, alfunzionamento, alle finiture.

Dal punto di vista costruttivo è un procedimento chaha lontane origini e ambiti di applicazione assai diversi-ficati: da Jean Prouvè a Louis Kahn (i Laboratori Ri-chards, la torre-prototipo per componenti in cls precom-presso, etc.) a Pier Luigi Nervi (ultimo caso la Sala Paolo

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I manufatti della metropolitana sublagunare: tipi-prototipo tra identità formale e ripetibilità tecnicaAngelo Villa, Filippo-Mattia Scarpi

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VI) alle innovazioni (materiali-tecnologie) di Peter Ricenegli anni 70-80.

- Nel caso dei manufatti per la metropolitana subla-gunare (e nel caso di manufatti per infrastrutture traspor-tistiche analoghe, in sotteraneo o in superficie) questoprocedimento è caratterizzato da fattori riferibili (anche)ad una valutazione economica degli interventi diversa dauna valutazione puramente computistica:

a) il manufatto-prototitpo è progettabile attraversocomponenti seriali disegnati ad hoc (per ragioni di fun-zionamento, di costruzione, di figura, etc.): la ripetizio-ne del manufatto secondo le quantità programmate (ades. il numero delle stazioni previste) consente l’ammor-tizzazione dei costi di impianto: ad es. le matrici di estru-sione per componenti in alluminio “fuori catalogo” (eco-nomia d’intervento come economie di scala).

b) il procedimento per assemblaggio di componentiseriali consente la predisposizione in officina di “macro-componenti” (ovvero: tranches identificate per funzioned’uso o per funzione statica e costruttiva: corpi scala,corpi ascensori, strutture portanti, coperture, tampona-menti, etc.) a loro volta combinabili in tipi-prototipodiversificati per particolarità di layout distributivo, etc.:si induce una forte riduzione non solo dei tempi di lavo-razione in opera, ma anche delle invasive installazioni dicantiere (economia d’intervento come bilancio ‘costi-benefici’).

E riduttivo considerare queste posizioni solo in ter-mini di “approccio tecnico”: sono assunti progettuali insenso tout-court architettonico, se si assume che le ragio-ni ontologiche dell’architettura sono l’immaginario (ilmito) e la costruttività (la necessità).

- Rispetto all’intento progettuale detto sopra (i manu-fatti infrastrutturali come landmark del paesaggio con-temporaneo) agiscono (anche da un punto di vista espres-sivo) le seguenti posizioni:

a) i manufatti relativi agli impianti infrastrutturali tra-sportistici sono intesi come meccanismi di una funzioneessenziale per la vita di città, aree metropolitane, etc.: gli

spostamenti dell’abitare, del lavorare, etc.: sono mecca-nismi disposti in un territorio che è sempre più difficileriportare a categorie di compiutezza e identità;

b) interpretare questi manufatti per analogia a figure-archetipi della città della tradizione: le porte, le piazze, iluoghi della socializzazione collettiva, etc. (ovvero secon-do un immaginario come “identità di luoghi e contesti”)è puro espediente retorico o storicismo senza storia: agi-sce un immaginario contemporaneo ormai esteso benoltre gli archivi storici delle città dell’architettura: E.W.Soja parla della città contemporanea come Postmetro-polis, “un luogo in cui reale e immaginario si fondonosecondo modalità che si sono appena cominciate a compren-dere”.2

- Entro queste posizioni si delinea la questione cen-trale del progetto-architettura: l’identità formale deimanufatti rispetto alla ripetibilità tecnica:

a) perseguire una linea progettuale per cui la caratte-rizzazione architettonico-paesaggistica è componenteessenziale degli interventi infrastrutturali (in altri termi-ni perseguirne una nuova qualità architettonica comeaddendo necessario) non significa esorcizzare la tecnicaattraverso la sua spettacolarizzazione-estetizzazione, néappiattirne le risorse in un rapporto di osmosi con “sto-ria-passato” dei contesti: la qualità-identità formale èposta come contenuto delle scelte progettuali relative a“tipizzazione, costruttività, tecnologie, cantierizzazione”del manufatto-prototipo, ovvero: la concezione tecnico-costruttiva del prototipo si fa immediatamente carico dellaqualità morfologico-paesaggistica degli interventi;

b) l’invenzione figurativa non si esaurisce certo in unarisposta deduttiva rispetto alle logiche del sistema costrut-tivo: i procedimenti formativi (secondo proprie ragioni)interpretano la meccanica “componenti-assemblaggio”(ovvero la logica progettuale assunta come “necessaria”)in figure di autonomo valore-significato, disvelandone lepotenzialità espressive in caratterizzazioni del manufat-to-oggetto a fronte della dimensione insediativa-paesag-gistica;

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c) in termini di “metodo” si delinea uno spostamen-to nella sequenza degli specialismi che partecipano alladefinizione del progetto: all’usuale sequenza per cui isaperi costruttivi (sia in senso strutturale che in senso tec-nologico) intervengono solo “a seguito” della definizio-ne morfologico-formale dei manufatti in progetto, si sosti-tuisce una presenza delle cognizioni costruttive (nel dupli-ce senso detto) fin dal momento della concezione delmanufatto, della sua impostazione-ideazione.

Rispetto alla linea progettuale esposta, il caso Metro-politana Sublagunare presenta significative particola-rità.

- I manufatti in progetto si collocano in un paesaggiodel tutto peculiare, al tempo stesso naturale e artificiale:la laguna tra Tessera, Murano e il bordo settentrionale diVenezia-isola, da Fondamenta Nuove all’Arsenale.

Non si può parlare in senso generale di “identità-riconoscibilità” dei manufatti trasportistici: adottareun’impostazione di progetto è al tempo stesso adottare unaprecisa modalità di interazione tra opere infrastrutturali equesto paesaggio.

- Proponendo un intervento affidato a manufatti-prototipo ripetibili, il progetto svolge dunque una precisastrategia architettonico-paesaggistica, oltre cheeconomico-costruttiva: i manufatti-prototipo sono intesicome elementi formalmente caratterizzati da collocare“per ripetizione” nei luoghi previsti dal progettotrasportistico; sono intesi come parti emerse di undispositivo tecnologico sommerso, affioranti in ruolo diarchitetture del paesaggio; la loro ripetizione si farappresentazione dell’intero Sistema TrasportisticoSublagunare che attraversa il paesaggio lagunare, traTessera, Murano e Arsenale (Venezia-isola); la connes-sione “opere-paesaggio” è istituita alla scala di “Sistematrasportistico-Laguna” e non alla scala di “singolomanufatto-contesto limitrofo”.

Lo studio progettuale fa riferimento alle prescrizioniindicate negli elaborati del Progetto preliminare relativo

al sistema trasportistico: tracciato, quota e posizione deltunnel, volume dei flussi passeggeri, tipologia dei convo-gli, layout, caratteristiche dimensionali e prestazionali deimanufatti di stazione e installazioni tecniche.

- Per i corpi immersi si sono mantenute le caratteristi-che dimensionali e costruttive previste nel Progetto Pre-liminare, (diaframmi in calcestruzzo armato e lavorazio-ne tradizionale in opera con cantiere a cielo aperto), indu-cendo solo modifiche relative all’organizzazione dellospazio interno sia per il camerone di fermata che (in par-ticolare) per il vano impianti di risalita, concepito come“pozzo di luce naturale”, tra la quota dell’atrio di acces-so (+2.00 s.l.m.) e la quota del tunnel che collega gliimpianti di risalita al camerone di fermata (-10.00 s.l.m.).(Fig. 1, 2)

- Lo studio di manufatti-prototipo ha riguardato i corpiemersi: l’atrio di superficie (atrio di accesso alla Sublagu-nare ) e la torre impianti (corpo emerso dei dispositivi disicurezza e di aerazione). (Fig. 3.1, 3.2, 4)

a) Il manufatto-prototipo per l’atrio di superficie èconfigurato in funzione di un duplice effetto “dipercezione”: l’immagine percepita nella laguna e (incontrocampo) l’immagine percepita dalle fondamenta odalle rive. Agisce la doppia scala relazionale checaratterizza questi manufatti: la scala urbana (l’ingressoalla Sublagunare dalle fondamenta, la sua riconoscibilità)e la scala paesaggistico-territoriale (i corpi emergenti nellalaguna in ruolo di architetture del paesaggio, tra cielo eacqua).

In adesione a quanto indicato dal Progetto Traspor-tistico, il prototipo è previsto secondo due assetti di fun-zionamento: atrio di stazione-fermata come accesso allametropolitana e atrio di stazione intermodale come inter-scambio tra metropolitana e vaporetti o motoscafi.

b) Il manufatto-prototipo per la torre impianti èconfigurato in quanto elemento isolato-puntuale che

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Fig. 1 A. Villa, F.M. Scarpi. Vista d' insieme dei corpi emersi: il rapporto tra l’atrio di superficie, la torre impianti e la riva.

Fig. 2 Sezione longitudinale del sistema: 1. vano impianti di risalita; 2. atrio di superficie;3. tunnel di collegamento; 4. camerone di fermata;5. torre impianti.

1

2

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Fig. 3.2 Sistema di accesso: 1. atrio di superficie; 2. vano impianti di risalita; 3. dispositivi di interscambio; 4. pontone galleggiante. La logica per macrocompo-nenti funzionali garantisce flessibilità e facilità dimontaggio al sistema.

Fig. 4 L’atrio di superficie in configurazione interscambio:fondamenta nuove. L’ impatto dalle rive è fortemen-te ridotto grazie all’uso di un tamponamento ‘alamelle’ che garantisce una sorta di “permeabilitàvisiva” del manufatto.

Fig. 3.1 Pianta q. 2.00 s.l.m.: 1. ponte scoperto di accesso; 2. riva; 3. dispositivi di interscambio; 4. pontone galleggiante.

3.1 3.2

4

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contrappunta con frequenza (ogni 600 mt) il paesaggiolagunare:: un’immagine volumetricamente univoca,fortemente caratterizzata per forma e materiali.

Il manufatto è previsto sia in linea che in stazione, conanaloghe caratteristiche prestazionali: installazionepredisposta per i dispositivi di sicurezza (scala dievacuazione, piattaforma di soccorso) e per gli impianti diventilazione-areazione: camera di ventilazione, vano settisilenziatori, camini di esalazione.

Come sostenuto nella prima parte di questo scritto,l’approccio progettuale per prototipi implica necessaria-mente la definizione di un procedimento costruttivocongruente, ovvero di un sistema costtruttivo atto agarantire la ‘ripetibilità’ dei manufatti-prototipo.

Sia pure in via del tutto preliminare, lo studioprogettuale attende ai modi della ripetibilità tecnica: ladefinizione formale dei manufatti-prototipo è perseguitanella logica di un procedimento per “componenti-assemblaggio”, i processi formativi lavorano istituendoun definito abaco di componenti seriali assemblabili inopera secondo le modalità del cantiere a secco ocomponibili in tranches costruttive (macrocomponenti)da installare direttamente in cantiere.

Occorre ribadire che, nella fase di progetto quidocumentata, le elaborazioni relative a queste tematicheappaiono soprattutto come indicazioni preliminari di unprocedimento costruttivo congruente con l’impostazioneprogettuale per prototipi.

a) L’adozione di un procedimento costruttivo (eprogettuale!) per “componenti seriali-assemblaggio” sifonda su precedenti ricerche svolte dai progettisti: dallostudio di tipi-prototipo per le stazioni della MetropolitanaOver-Fly di Milano3 (1992) (Fig. 5.1, 5.2, 5.3), ai progettidi concorso per le Piccole stazioni ferroviarie RFI4 e perle Stazioni di esazione di Autovie Venete s.p.a.5 (2007).(Fig. 6.1, 6.2, 6.3, 6.4)

E una strada di quindici anni, lungo la quale ilprogetto si evolve da meccanica combinatoria di elementi-

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Fig. 5.1, 5.2, 5.3 Progetto per la metropolitana overfly di Milano: esempio di confi-gurazione tipo.

5.1

5.2

5.3

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componenti in estrusi di alluminio (secondo layoutdistributivi di funzionamento, etc.) ad interpretazionefigurativa del procedimento costruttivo “componenti-assemblaggio”, sia come disegno dei componenti (mate-riali e forma) che come logica di assemblaggio, quasi unalogica di composizione riferita a ruoli-gerarchie sia statico-costruttive che funzionali.

b) Nel caso in oggetto il procedimento prevedecomponenti seriali disegnati ad hoc: sono elementi in legadi alluminio prodotti per estrusione secondo un disegnoche ne ottimizza i profili non solo in funzione dei requisitiprestazionali-costruttivi ma anche in funzione di intentifigurativi; costituiscono un abaco di diciotto pezziattraverso cui è possibile attuare (per assemblaggio) imanufatti-prototipo previsti: atrio di superficie e torreimpianti. (Fig. 7.1, 7.2, 7.3)

Semplicità di lavorazione e montaggio, leggerezza enotevole rapporto ‘peso-rigidezza’, alto grado di finituracaratterizzano i componenti-estrusi, rendendo altresì pos-sibile l’assemblaggio in officina di tranches costruttive omacroponenti, anche di notevoli dimensioni.

Una valutazione economica per costi-benefici (e nonsolo computistica) dimostra i vantaggi indotti da un siste-ma di giunzioni totalmente “a secco” e dalla possibilitàdi installare macrocomponenti predisposte in officina, inprimis come riduzione delle lavorazioni in cantiere(tempi-mano d’opera) e delle invasive installazioni prov-visionali.

Infine, da un punto di vista manutentivo, il materialeadottato (estrusi in lega di alluminio) garantisce un’ecce-zionale resistenza alla corrosione in ambiente marino eall’azione degli agenti atmosferici, con una durevolezzacertificata di oltre trent’anni.

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Fig. 6.1, 6.2, 6.3, 6.4Progetto per stazioni di esazione: macrocomponenti; sistema di montaggio; esempio di assemblaggio in stazione tipo pic-cole stazioni ferroviarie RFI: schema macrocomponenti ed esempiodi assemblaggio in stazione-tipo.

6.2

6.3

6.1

6.4

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7.1

7.2

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NOTE

1 G. Sapelli, Discorrendo di infrastrutture e di istituzioni in «Cittànel mondo n. 3», B. Mondadori ed., 2006.2 E.W. Soja, Postmetropolis: Critical Studies of Cites and Regions,Basil Blackwell, Oxford 2000.3 A. Villa, L’ architettura della Metropolitana Sopraelevata di Mila-no: viadotti e stazioni, progetto-ricerca su convenzione MM s.p.a. eI.U.A.V., in collaborazione con Alusuisse s.p.a., 1993.4 A. Villa, F.M. Scarpi, E. Martinelli, L. Guoli, V. Carli, Piccole Sta-zioni Ferroviarie e Fermate R.F.I., Concorso Internazionale di Idee, 2007.5 A. Villa, F.M. Scarpi, E. Martinelli, L. Tramontin, Stazioni di Esazionerete autostradale Autovie Venete s.p.a., Concorso Internazionale di Idee,2007.

Angelo Villa (1945), architetto, ha progettato e costruito complessi diabitazione sociale, padiglioni fieristici, dighe e metropolitane. InsegnaComposizione Architettonica al biennio specialistico Architettura-Costruzione della facoltà di Architettura-Università IUAV di Venezia.È titolare della rubrica Cinema-Architettura sulla rivista “Interni”.

Filippo-Mattia Scarpi (1978), architetto, conduce attività di ricercapresso il Dipartimento di Progettazione Architettonica dello IUAV diVenezia. Presso lo stesso Ateneo svolge attività didattica nel Labora-torio di Progettazione Architettonica e Urbana del Corso di Laureain Scienze dell’ Architettura. In qualità di libero professionista hapreso parte a numerosi progetti sul tema delle infrastrutture dei tra-sporti.

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Fig. 7.1, 7.2, 7.3 Atrio di superfice, dispositivo di intercambio e torre impianti: abaco contenente estrusi in alluminio. L’approccio per prototipi ha permessodi operare attraverso procedimenti costruttivi di tipo seriale.

7.3

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La metropolitana sub-lagunare a Venezia/stazioni tipo: l’elemento di connessione sottosuolo/superficie come spazioespositivo per l’arte contemporanea (disegno e fotomontaggio di G. Fabbri).

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Tracciati: tra centro storico e resto del mondoTrattandosi di una ricerca universitaria – sviluppata sullascorta di uno studio di approfondimento al Progetto Pre-liminare per una linea sub-lagunare a Venezia1 – il grup-po di progettazione ha considerato l’opportunità di esplo-rare soluzioni interpretative e alternative al collegamen-to metropolitano proposto dall’Amministrazione Comu-nale veneziana, tra aeroporto e centro storico.

Lo studio ha affrontato la possibilità di adottare unmezzo di trasporto di tipo ferroviario (con un aumentodella quantità di persone trasportabili) prevedendo untracciato – diverso da quello individuato dall’amministra-zione promotrice – integrato in un disegno tendente aintersecare in modo diretto e completo i flussi pendolariesistenti e futuri2 in relazione alle trasformazioni funzio-nali e di ruolo della città. Tutto ciò avendo presente chela ragion d’essere primaria delle infrastrutture metropo-litane è il rapido collegamento tra le aree di antica strati-ficazione, l’hiterland e il resto del mondo.

La proposta contempla un numero relativamenteridotto di stazioni – ogni 1200 metri circa, dalle partico-lari caratteristiche di intermodalità ferro-acqua-terra –collocate strategicamente in relazione ai nodi urbani peri quali il problema dell’accessibilità si pone in terminiestremi.

L’utilizzo, infine, di due distinti tunnel sub-lagunari,anziché di uno, riguarda la possibilità di ridurre il nume-ro delle uscite di sicurezza da prevedersi lungo il traccia-to e la semplificazione della dotazione impiantistica del-l’intera linea.

Stazioni tipo: “passaggi stupefacenti”, riti e arteIn anni recenti significativi esempi di stazioni metro-

politane, hanno contribuito a diffondere la convinzioneche l’architettura – in contrapposizione all’antiquata for-

mula funzionalistica che vedeva la stazione come uno spa-zio tecnico/anonimo – può essere considerata lo strumen-to più idoneo in grado rendere efficace e attraente l’usodel trasporto pubblico.3

Da questo presupposto lo studio delle stazioni ferro-viarie sub-lagunari è stato concepito e caratterizzato dalladefinizione di piccoli edifici che integrano coerentemen-te le qualità formali dello spazio architettonico con le esi-genze funzionali e prestazionali proprie del manufattostazione.

“Le figure”Si tratta di figure “discrete”, caratterizzate da pochi

ma importanti segni identificativi: una cupola ribassataornata di vetri colorati, un tronco di cono corrisponden-te a un “pozzo di luce”, una torretta per gli impianti, pen-sata come un piedistallo su cui potranno essere colloca-te sculture, immagini, scritte…

Pur nella ripetizione delle stesse forme le stazioni nondovranno confliggere con i contesti, anche se molto diver-si, in cui saranno collocate, semplicemente dovranno sta-bilire una continuità identitaria della linea metropolitana.

“Lo spazio”L’elemento più significativo di questa identità pensia-

mo non dovrà essere dato tanto dall’ ”apparenza ester-na” ma dai “caratteri dello spazio interno” e dalla suaconfigurazione. Uno spazio che è rappresentazione diun’azione rituale: ascendere dal sottosuolo/sottoacquaalla città costruita nell’acqua; scendere dalla città costrui-ta nell’acqua al suo sottosuolo.

Il progetto da prioritariamente senso a questo trau-matico passaggio ed emersione stupefacente nelle dilata-te dimensioni della laguna e nell’improvvisa apparizionedella città: dal buio indefinito del “tubo”, dal paesaggio

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Una sub-lagunare ferroviaria per Venezia. Tracciati e stazioniCristiana Eusepi

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meccanico della stazione di arrivo, si ascende verso laluce, i colori, il cielo, le figure architettoniche, il paesag-gio lagunare. Questa emersione non può essere sempli-cemente un gesto funzionale, un evento meccanico; essadeve avvenire entro un percorso “rituale”, analogamen-te a quanto avveniva/avviene per le grandi scale degli edi-fici pubblici veneziani, veri e propri percorsi processio-nali di avvicinamento a una “meta”. (Fig. 1, 2.1, 2.2)

“Le scale”Le scale – mobili e fisse, con tutti i loro requisiti tec-

nico/normativi – i vani ascensore nel loro lento movimen-to ascensionale, sono pensati come parte di uno spazioche si dilata progressivamente verso l’alto e che, manmano che si sale, accentua la sua luminosità. Lungo il per-corso il piano della copertura risente di questo lento pro-cedere in salita verso la stazione di superficie articolan-dosi nei pochi significativi momenti prima ricordati: untronco di cono che illumina l’inizio dell’ascensore; poi,all’arrivo, una cupola ribassata punteggiata di vetri lumi-nosi/colorati.

“Le istallazioni artistiche”La superficie traforata della cupola riprende i motivi

coloristico-luministici di quella serie straordinaria di qua-dri che Lucio Fontana ha dedicato a Venezia4 e introdu-ce al tema della presenza delle arti visive nell’ambito dellestazioni della metropolitana sub-lagunare. Se è vero, ingenerale, che una parte importante delle arti visive con-temporanee ha una sostanziale “consanguineità” con glispazi urbani del movimento e si presta a quella che vienedefinita la “percezione distratta”5 caratteristica di questiluoghi, tanto più ciò appare rilevante e “necessario” peruna città come Venezia – città d’arte per eccellenza, sededella Biennale delle arti visive – in quei singolarissimi luo-ghi dove la modernità tecnologica incontra l’invarianzamorfologica e la sedimentazione della storia.

Così tra i movimenti ascendenti/discendenti delle scaleviene disposta una serie di gradoni ove sarà possibile col-locare installazioni artistiche che potranno interpretare

il carattere e il ruolo dei singoli luoghi-stazione, in un dia-logo sorprendente con la storia urbana.

Stazioni tipo: qualità e funzionalitàTra i principali obiettivi perseguiti nel progetto delle

stazioni si è cercato di ottenere continuità/unità tra spa-zio ipogeo e a cielo aperto e ciò attraverso lo studio disezioni che permettono di ottenere il massimo di “traspa-renza” tra interno ed esterno, tra sotto e sopra.

La ricercata qualità e funzionalità dello spazio inter-no ha trovato, inoltre, la sua trasposizione nel progettodegli ambiti pubblici lungo le rive, interventi puntualiche si prendono cura della superficie “abitabile” dellacittà organizzando – attraverso la realizzazione di imbar-caderi per i mezzi pubblici acquei e di darsene per leimbarcazioni private – i principali affacci urbani verso icanali navigabili.

“La soluzione a T”Planimetricamente le stazioni tipo a T sono organiz-

zate su due livelli sovrapposti: un livello di incarrozza-mento (per volumi di traffico fino a 500 passeggeri) e unmezzanino di distribuzione. Il mezzanino nelle stazioni ècollegato, attraverso un doppio dispositivo di accesso(scale e ascensori), con la quota di arrivo/partenza trenie relazionato con il sistema di connessione alla superficieattraverso un “pozzo di luce”. Questo elemento caratte-rizza dal punto di vista formale l’intera stazione permet-tendo alla luce e all’aria di penetrare in profondità, con-tiene i dispositivi di risalita e gli spazi espositivi.

La soluzione a T contempla due varianti (con came-rone distante e con camerone ravvicinato alla riva) stu-diate in relazione alla dimensione dei canali in cui è pre-vista la specifica collocazione.

La stazione più “distante” sarà appropriata ai grandispazi acquei, quella più “vicina” ai luoghi ove i canalihanno dimensione più ridotta.

In entrambe le soluzioni variano anche le relative siste-mazioni degli spazi contermini che assumono maggioreo minor dimensione nel caso, per esempio, del progetto

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1

Fig. 1 Stazione pianta a T: il percorso sottosuolo/superficie.

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delle darsene organizzate tra riva/stazione/imbarco deivaporetti.

“La soluzione a pianta rettangolare”Analogamente alle stazioni a pianta a T le stazioni tipo

a pianta rettangolare vengono organizzate nella parte sot-terranea in due livelli sovrapposti. In questo caso i livel-li sono relazionati con la superficie attraverso un doppiosistema di risalita posizionato agli estri delle banchine diarrivo/partenza dei treni.

Nelle stazioni a pianta rettangolare un elemento con-figurato come un tronco di piramide vetrato connettedirettamente e visivamente la superficie con la zona sot-terranea di imbarco ai treni. In questa soluzione piccolispazi espositivi si trovano in corrispondenza dei livelliintermedi delle risalite, affacciati verso le banchine.

Queste stazioni sono state pensate per essere colloca-te lungo canali molto stretti in cui, cioè, si rende neces-saria la realizzazione di un camerone vicino alla riva e unaorganizzazione delle stazione in superficie che interferi-sca il meno possibile con la navigabilità dei canali e lapercorribilità pedonale della riva.

“Segni urbani”Le diverse conformazioni sotterranee – con tipologie

di entrata differenti (in ogni stazione a pianta a T in cor-rispondenza del “pozzo di luce”, nella stazione a piantarettangolare in corrispondenza delle due distinte scale agliestremi del camerone) – determinano elementi e modali-tà di accesso che, in ogni caso, non interferiscono con iltessuto edilizio storico o con i servizi pubblici esistenti.

In particolare, lungo le rive, le stazioni-tipo sono arti-

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Fig. 2.1, 2.2 L’emersione dal piano di incarrozzamento è stato concepito come un “percorso rituale” analogamente a quanto avveniva per le grandi scaledegli edifici pubblici veneziani: lo scalone della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (da: M. Tafuri, Venezia e il Rinascimento,Einaudi, 1985).

2.1 2.2

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colate in due zone: la prima caratterizzata da una grandecopertura, ospitante un atrio di ingresso, scandita daglielementi che segnalano la presenza degli accessi alla retedi servizi del sottosuolo; l’altra protetta da una lunga pen-silina che ripara il molo di imbarco dei mezzi acquei.

L’atrio vetrato sotto la copertura principale offre con-nessioni visuali verso la città e la laguna mentre l’elemen-to verticale di connessione, il “pozzo di luce” che comeun imbuto raccoglie e incanala i flussi, si anima con ilmovimento verticale dei viaggiatori.

I volumi emergenti delle stazioni diventano nuovipunti di riferimento, segnali urbani: lungo le rive saràpossibile ammirare slanciati coni di luce e cupole ribas-sate ispirate alle coperture di San Marco e ai “cieli” diFontana.

L’opera di scavo diventando progetto restituisce unarinnovata visione di quella Venezia che da tempo sembravoler rifiutare il rapporto con la modernità.

NOTE

1 Rapporto redatto nel dicembre 2006 da una Commissione diesperti voluta dal Comune di Venezia promotore dell’opera. La com-missione era composta da tecnici rappresentanti l’Amministrazionecomunale, la Camera di Commercio della Provincia di Venezia(CCIAA), l’Azienda di Trasporto Pubblico municipale (ACTV).2 Il pendolarismo medio giornaliero verso il centro storico di Vene-zia è di circa 90.000 persone. Attualmente tale flusso gravita quasiintegralmente sull’asse costituito dal ponte ferroviario e automobili-stico che collega la città alla terraferma. Le previsioni di utenza delservizio metropolitano nel segmento Aeroporto Arsenale è inferiorea 20.000 persone (valori desunti dagli elaborati contenuti nello Stu-dio di impatto ambientale – sublagubare Venezia, 2004).3 In particolare si vedano gli esempi raccolti e analizzati nella primafase della ricerca che sono illustrati all’interno di questo stesso libronel testo di P. Montini.4 La serie completa di questi quadri è stata ricomposta in una bellamostra dal titolo Lucio Fontana:Venezia /New Yourk organizzata dalMuseo Peggy Guggenheim, Venezia 2006.5 Si veda in proposito la significativa esperienza condotta nellaMetropolitana di Napoli da Achille Bonito Oliva.

Cristiana Eusepi si è laureata in architettura a Venezia nel 1994. È Dot-tore di Ricerca in Composizione Architettonica. Dal 2006 professorea contratto presso l’Università Iuav di Venezia - Facoltà di architet-tura. Dal 1999 svolge attività professionale autonoma partecipando anumerosi concorsi di progettazione nazionali e internazionali.

Gruppo di progettazione: Gianni Fabbri, Patrizia Montini, CristianaEusepi, Yara Veronese, Valentina Vescovo

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Schema dell’accessibilità nel Comune di Venezia. Elaborazione da Sistema di Trasporto Sublagunare – Proposta di ProjectFinancing – Progetto Preliminare – Studio di Impatto Ambientale, 31 ottobre 2004.

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La metropolitana sublagnare di Venezia: inquadramentoL’idea di realizzare nella laguna di Venezia un sistemadi trasporto mediante collegamenti sublagunari nascegià dal secolo scorso. Attualmente l’eccessivo affolla-mento in alcune zone della città e la conseguente neces-sità di gestire i flussi, specialmente turistici, è uno deiprincipali problemi.

Nel tempo sono state avanzate varie proposte condiverse ipotesi di tracciato e di metodologie costruttivee recentemente l’intervento è stato inserito nel “Docu-mento di Programmazione Economica e Finanziaria delleInfrastrutture Strategiche 2005-2008”, deliberato dalConsiglio dei Ministri il 29 luglio 2004, qualificandolotra quelli realizzabili in finanza di progetto.

La nuova linea di trasporto, in particolare, costitui-rebbe l’apertura di una nuova via d’accesso al centrostorico di Venezia.

Caratteristiche del ProgettoIl progetto della linea metropolitana si sviluppa lungo

un tracciato di circa 8200 m in sotterranea sotto la lagu-na, prevede sei fermate ed un punto di interscambio;effettua un percorso che ha origine a Tessera, dov’è loca-lizzato l’aeroporto, passa dall’isola di Murano e giungeal centro storico della città, per finire nei pressi dei vec-chi cantieri navali, in località Arsenale.

Il sistema sublagunare Tessera – Murano – Arsena-le è progettato per il trasporto di persone e merci e pre-senta le seguenti caratteristiche:

- tracciato completamente in galleria;- sistema con unica via di corsa condivisa per le due

direzioni;- possibilità di incrocio nelle sole aree di stazione e

in un apposito punto di interscambio;- materiale rotabile su gomma;

- guida meccanicamente vincolata al terreno tramitel’utilizzo di una rotaia centrale.

Le stazioni della metropolitana saranno sotterranee,collocate a circa 60 m dalle rive esterne della città anti-ca. I passeggeri scenderanno in ascensore o con scalemobili fino ad una galleria che conduce alle stazioni.

Il progetto prevede la possibilità di realizzare unaseconda corsia, affiancata alla prima, in modo da poterdisporre di due vie di corsa completamente indipenden-ti: le stazioni sono state progettate e dimensionate inmodo da poter prevedere l’innesto della seconda corsiasenza pesanti interventi di ridimensionamento della sta-zione stessa e senza compromettere il mantenimento inesercizio della metropolitana sublagunare. Tale scelta èrisultata opportuna in quanto il confronto tra doman-da e offerta annua porta ad un rapporto sufficiente. Difronte ad un aumento della domanda nell’ora di punta,le possibilità di aumento dell’offerta sono:

- l’aumento della frequenza dei convogli;- il suddetto raddoppio della linea.

È stato inoltre realizzato un confronto tra i tempi dipercorrenza relativi alle attuali modalità di collegamen-to tra Aeroporto M. Polo e Centro Storico. (Tab. 1)

Obiettivi del progettoGli obiettivi del progetto della linea di trasporto

metropolitana sublagunare sono riportati nel documen-to “Collegamento sublagunare Tessera – Murano – Arse-nale – Criteri guida per la formulazione della proposta”,dell’ottobre 2002 e risultano essere i seguenti:

- dare attuazione alla politica di diversificazione degliaccessi alla città antica, prevedendo un sistema di col-legamento rapido sublagunare tra l’aeroporto e l’Arse-nale, integrato con il trasporto terrestre in modo tale da

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Intermodalità ferroviaria e sviluppo urbanistico. Il caso Venezia.Gianluigi Sartorio, Fulvia Pinto, Pierluigi Di Cresce.1

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dare risposta sia alla mobilità interna che a quella turi-stica oggi concentrate sulla testa di ponte;

- infrastrutturare e mettere a sistema due grandi areedella città, Tessera e Arsenale, ridare sviluppo a partidella città insulare come Murano, oggi in condizioni diprogressiva marginalità, ridare impulso alle funzioniinsediative ed economiche nei comparti attualmentemeno accessibili;

- assicurare un alleggerimento della domanda di tra-sporto sull’asse del Ponte della Libertà e sulle estremi-tà lagunari di terraferma, favorire la messa a regime ditutta la rete dei trasporti lagunari, in particolare perl’estuario e le altre isole della laguna.

Dunque, ci si pone un obiettivo di “assetto dellamobilità”, che consiste nella diversificazione degli acces-

si alla città antica, un obiettivo “territoriale” sia sul fron-te Terraferma, nelle area dell’ Aeroporto di Tessera, chesul fronte della Città Storica, con la riqualificazione dellearee di Murano e Arsenale, infine un obiettivo di “asset-to dei trasporti”, considerando la capacità della nuovalinea e la sua integrazione con i servizi di trasporto diterraferma e lagunari.

L’accessibilità del territorio veneziano e gli strumenti dipianificazione

Il sistema dei trasportiLa questione dell’accessibilità di un’area così particola-

re come Venezia manifesta evidenti criticità e pone vincolie limiti significativi al proprio sistema infrastrutturale.

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Tab. 1 Confronto dei tempi dipercorrenza tral’Aeroporto M.Polo ePiazza S.Marco.

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La forte domanda di collegamenti tra Venezia e la ter-raferma si sviluppa forzatamente su due livelli:

- l’asta principale multimodale costituita dal Pontedella Libertà;

- i collegamenti acque che si snodano presso i quattroprincipali terminal di interscambio terra-acqua: Cavalli-no-Treporti,Tessera aeroporto, Fusina e Chioggia.

L’impossibilità di circumnavigazione totale della cittàlagunare, data la presenza del Ponte della Libertà con lesue arcate molto ribassate, ha reso infatti necessario indi-viduare due poli, siti a nord e a sud del ponte stesso, perla distribuzione degli accessi lungo i due semiperimetridella città: i due poli sono Tessera Aeroporto a nord e Fusi-na a sud.

I terminal di Cavallino – Treporti e Chioggia sono statirealizzati per soddisfare particolarmente la domanda dispostamento turistica per l’accesso dalle spiagge del lito-rale nord e per l’accesso dalle spiagge dell’area meridiona-le veneta e dalla riva romagnola.

La disparità di questi due livelli è data dalla preponde-ranza della direttrice del Ponte della Libertà in termini didiversificazione delle modalità di trasporto offerte, capa-cità complessiva fornita per il trasporto, sia merci che pas-seggeri e dal notevole peso demografico ed economico delcomparto di terraferma, costituito da Mestre e Marghera,che sta alla “base” del ponte, rispetto agli altri comparti:Cavallino, Tessera, Fusina e Chioggia.

I quattro collegamenti acquei risentono di un ulterio-re fattore di condizionamento rappresentato dai vincolifisici dei fondali e dalla particolare fragilità dell’ambientelagunare che impongono rigide limitazioni al sistema deitrasporti.

Queste disparità comportano alcune peculiarità, con-solidate nel sistema territoriale e nel sistema dei trasporti,con effetti in taluni casi negativi.

Per quanto riguarda l’assetto territoriale della città sto-rica si individua una polarizzazione della popolazione edelle attività socioeconomiche nella parte prossima al Pontedella Libertà, che viene equilibrata solo dalla presenza del-

l’eccezionale peso del patrimonio storico-monumentaledell’area San Marco – Rialto.

Tale polarizzazione ha comportato l’espansione fisicadella parte della città storica prossima al Ponte della Liber-tà, che si protende verso la terraferma attraverso i prolun-gamenti di Marittima e Tronchetto, realizzati tramite imbo-nimenti della laguna caratterizzati da forte impatto ambien-tale e paesaggistico.

Sul fronte del sistema trasporti, la concentrazione delladomanda di mobilità fra terraferma e Città Storica sull’astadel Ponte della Libertà ha comportato problemi di capa-cità sia dell’asta stessa che del sistema di smaltimento neipunti di recapito a valle e nei punti di smistamento a monte.A tutto ciò si affianca inoltre la vulnerabilità nel sistemadegli accessi, oggi sostanzialmente dipendente dal funzio-namento del Ponte della Libertà come corridoio multimo-dale. Le aree alla base del Ponte della Libertà risultanodensamente sfruttate, per la presenza di rilevanti insedia-menti, come ad esempio il Parco Scientifico Tecnologico,con il conseguente incremento della domanda e ulterioridifficoltà nel risolvere il sistema dei nodi di distribuzione.

A questo sistema delle relazioni terraferma – Città Sto-rica si aggiungono le questioni legate alle relazioni fra Vene-zia ed il comparto nord-est veneziano, costituito sia dallefrazioni ad est di Mestre sia dai centri della provincia chesi sviluppano lungo la direttrice nord-est.

Questo comparto territoriale nord-est del comune diVenezia è interessato sia da possibili sviluppi urbanisticicome il nuovo stadio e la realizzazione di una seconda pistaaeroportuale, sia da progetti di conservazione ambienta-le – bosco di Mestre, parco di San Giuliano – che dovreb-bero preservare da possibili eccessi di carichi insediativisul territorio.

Una prima serie di risposte a questi problemi è stata datadall’amministrazione comunale con l’adozione di alcunemisure “soft” di controllo e regolamentazione del traffico:l’avvio della realizzazione di parcheggi scambiatori, la chiu-sura del centro e transiti a targhe alterne in alcuni periodidell’anno, la predisposizione e attuazione di piani del traf-fico, l’introduzione di road-pricing per l’accesso a Venezia.

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Il Piano dei Parcheggi, volto a limitare gli ingressi sugomma in Mestre e a Venezia, si considera opportunamen-te articolato, sebbene risulti necessaria la riorganizzazionedelle linee di bus di collegamento tra i parcheggi scambia-tori e Piazzale Roma nell’ottica di uno scenario futuro com-prendente le due linee tranviarie STG (Sistema Tranviariosu Gomma) ed il Servizio Ferroviario Metropolitano Regio-nale SFMR. È tuttavia evidente che significativi cambia-menti della situazione attuale si potranno solo ottenereattraverso iniziative strutturali “forti”, realizzando sistemidi trasporto pubblico che siano in grado di limitare il traf-fico privato proponendosi come valida alternativa di tra-sporto in termini sia di servizio offerto – comfort, sicurez-za, regolarità e tempi di viaggio – che di costi. Da questopunto di vista il progetto della Sublagunare risulta coeren-te con le politiche trasportistiche dell’amministrazionecomunale. Tale progetto sarà reso conveniente dalla suaintegrazione con le due linee STG e l’aeroporto M. Polo,di cui potrebbe diventare struttura di supporto.

L’integrazione della nuova linea metropolitana con ilsistema del trasporto pubblico del territorio veneziano saràfortificata dalla realizzazione della bretella di collegamen-to tra la linea ferroviaria Venezia-Trieste e l’aeroportoMarco Polo. Tale intervento permetterà di connettere ilSistema Ferroviario Metropolitano Regionale con il termi-nal aeroportuale e la Sublagunare mediante ascensori etapis roulant.

Il collegamento sublagunare potrebbe comportare unacontenuta riduzione di domanda di traffico ai terminalacquei in direzione Arsenale, viste le caratteristiche del ser-vizio in termini di tempo di percorrenza e frequenza e l’in-tegrazione con la rete di trasporto pubblico locale del col-legamento in progetto.

Analisi del Comparto “Fondamenta Nove”Gli ambiti urbani oggetto di trasformazioni urbanisti-

che interessati dal passaggio della Sublagunare sono Tes-sera, Murano, la zona di Fondamenta Nove e Arsenale.Per tali ambiti sono stati proposti vari progetti riguardan-ti attività artigianali, culturali ed espositive di alto livello

contenuti nel Programma di Recupero e Sviluppo Soste-nibile del Territorio (P.R.U.S.S.T.) “Il Sistema Urbano Tes-sera – Arsenale”, che mirano a favorire un processo di recu-pero di tali aree. In tale quadro il comparto di Fondamen-ta Nove è destinato a divenire la nuova porta di accesso alcentro storico di Venezia. Il nuovo collegamento costitui-sce una connessione rapida e diretta tra le aree oggetto delP.R.U.S.S.T., mettendo a sistema i quattro ambiti e contri-buendo ad accelerarne i processi di trasformazione.

Analizzando nello specifico i dati riferiti all’ambito cheospiterà le stazioni del centro storico della Sublagunare, èlecito prevedere un efficace recupero di immagine nell’in-torno delle fermate della nuova linea di trasporto.

In tali aree è da presupporre un aumento consistentedella pressione turistica, portando ad una possibile conge-stione degli angusti spazi disponibili, caratteristici del cen-tro storico della città.

Venezia è una città con una forte vocazione turistica. Acausa di una non equilibrata ripartizione dei flussi lungole calli del centro storico, la città è interessata da proble-mi di saturazione. La costruzione della Sublagunare miraad alleggerire il traffico lungo il classico percorso, seguitodalla maggioranza dei turisti dell’isola, che dal Ponte delleLibertà giunge a Piazza S. Marco. (Fig. 1, 2)

L’attuale percorso Stazione – S. Marco è fortementeinfluenzato dalla forte attrattività di Piazza San Marco,destinazione della quasi totalità dei flussi turistici, e dallaforte accessibilità della testa di ponte (Ple. Roma), da cuiha origine il percorso schematizzato.

I flussi legati alla domanda turistica in arrivo tramitebus privati, secondo le intenzioni dell’amministrazionepubblica verrebbero indirizzati sul sistema dei terminallagunari Fusina (collegamento con vaporetti) e Tessera (col-legamento sublagunare).

È stato valutato il carico sulla rete pedonale nell’areadi influenza della futura stazione sublagunare “Fondamen-ta Nove” (200 m di raggio), utilizzando un modulo speri-mentale per flussi pedonali del software di microsimula-zione VISSIM, della PTV AG e distribuito in Italia dallaTPS srl. (Fig. 3, 4)

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Fig. 1 Schema dei percorsi turistici in Venezia Centro Storico. Fig. 2 Flussi turistici uscenti dall’area di studio “Fondamenta Nove”.Fig. 3 Rete area di studio modellizzata con VISSIM – visualizzazione sem-plice.Fig. 4 Sezione di rilievo (VISSIM). Flussi totali nell’ora di punta 8.00-9.00.Numero, sezione, numero di pedoni “totali” ped/OdP.

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Dalla microsimulazione è risultato che alcune calli, quel-le che permettono di minimizzare la lunghezza del percor-so, sono maggiormente caricate rispetto ad altre. I flussicalcolati sono la somma dei flussi del modello di assegna-zione e di quelli derivanti dagli ingressi con bus turisticiattestanti al Terminal Tessera che, non essendo modelliz-zabili con il normale algoritmo di assegnazione, sono statiindirizzati secondo itinerari supposti identificati da unachiara segnaletica. Ad esempio Calle del Fumo (sezioni dirilievo 1 e 2), interessata da percorsi sia di attraversamen-to che turistici, ha un flusso pedonale elevato. La manca-ta attuazione di una differenziazione degli itinerari turisti-ci comporterebbe un volume di carico nell’ora di puntatale da rendere possibili fenomeni di congestione.

La realizzazione della Sublagunare porterà ad unanuova configurazione di equilibrio all’interno della città,creata dall’impatto socio-economico della nuova linea ditrasporto rapido sugli ambiti destinati ad ospitare le fer-mate di ingresso nel centro storico e ad un nuovo assettodei percorsi turistici aventi come destinazione le principa-li attrazioni del centro storico.

Dall’analisi svolta sui dati di carattere socio-demogra-fico, abitativo ed i dati inerenti i servizi agli abitanti ed aituristi, relativi all’ambito della Sublagunare, situato in cor-rispondenza della zona destinata alla realizzazione delledue stazioni della Sublagunare, a cavallo tra i sestrieri Can-naregio e Castello, si stima che l’aumento dell’accessibili-tà e dei flussi di transito potrà comportare delle modifica-zioni sui valori immobiliari, sulla tipologia dei residenti,sulla presenza di strutture ricettive, sul numero e la tipo-logia di esercizi commerciali in prossimità della stazione;potrà altresì rappresentare la motivazione per una riquali-ficazione degli spazi pubblici (campi e campielli) e unadiversificazione dei servizi.

NOTE

1 Il lavoro è una sintesi della ricerca prodotta dall’Unità del Poli-tecnico di Milano, cofinanziata dal MIUR (anno 2004): Intermodali-tà Ferroviaria e Sviluppo Urbanistico. Il Caso di Venezia. La stesura delparagrafo 1 si deve a Gianluigi Sartorio, quella del paragrafo 2 a Ful-via Pinto e quella del paragrafo 3 a Pierluigi Di Cresce.

Il gruppo di ricerca opera da anni sulle interazioni tra centri intermo-dali e riqualificazione urbana. Gianluigi Sartorio è professore ordina-rio di Tecnica e Pianificazione Urbanistica, Fulvia Pinto è ricercatoredi Tecnica e Pianificazione Urbanistica, Pierluigi Di Cresce è titolaredi assegno di ricerca presso il Politecnico di Milano.

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Sub-lagunare studio di prefattibilità: dimensionamento del-l’esercizio ferroviarioLa prefattibilità dell’intervento – studio che andrebbecomunque implementato con dati maggiormente parti-colareggiati – non basandosi su alcuna analisi di doman-da di trasporto, è da intendersi semplicemente come iltentativo di illustrare una metodologia che si ritiene possagovernare con buona approssimazione sia il dimensiona-mento dell’esercizio ferroviario che quello delle vie difuga.

Il dimensionamento complessivo dell’esercizio ferrovia-rio di 90.000 passeggeri/giorno (45.000 passeggeri/gior-no per senso di marcia) effettuato calcolando la mediadegli utenti su 18 ore ipotetiche di servizio1, ha portatoad avere 5.000 passeggeri/ora (2.500 passeggeri/ora persenso di marcia) ovvero un presumibile valore di dimen-sionamento dell’esercizio di circa 4.000 passeggeri/oraper senso di marcia.Considerando che la capienza di un normale treno pas-seggeri destinato a traffici di media importanza è di circa350 posti, compresi quelli in piedi, in ora di punta si èprevisto di far viaggiare 12 convogli (frequenza di 5treni/ora).Nella stazione tipo è stata considerata un’’utenza massi-ma contemporanea di 1,5 treni al massimo della capaci-tà (500 passeggeri).

Capienza max 350 passeggeriLunghezza 52 mLarghezza 3 mVelocità max 160 km/hCosto 3,5-4 milioni di euro

Dati tecnici orientativi del treno prescelto

Uscite di sicurezzaLo studio delle uscite di sicurezza è stato distinto in: usci-te di sicurezza in stazione e uscite di sicurezza in galleriaferroviaria.Lo studio delle uscite di sicurezza in stazione è basato sulDM 10 marzo 1998 – “Criteri generali di sicurezza antin-cendio per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavo-ro. Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio”-che prevede tra l’altro: di evitare, per quanto possibile,percorsi di uscita in un’unica direzione; di disporre di unnumero sufficiente di uscite, di adeguata larghezza, daogni locale e piano dell’edificio; di avere scale protettedagli effetti di un incendio tramite strutture resistenti alfuoco e porte resistenti al fuoco munite di dispositivo diautochiusura quando la distanza da un qualsiasi puntodel luogo di lavoro fino all’uscita su luogo sicuro nonsuperi rispettivamente i valori di 45 e 60 metri (30 e 45metri nel caso di una sola uscita); di prevedere vie di usci-ta e uscite di piano sempre disponibili per I’uso e tenu-te libere da ostruzioni in ogni momento.Tenuto conto infine che, per i luoghi a rischio di incen-dio medio o basso, la larghezza complessiva delle uscitedi piano deve essere non inferiore al valore ottenuto dallaformula:

L (metri)= A/50 x 0,60

A = numero delle persone presenti al piano (affollamen-to);0,60 = larghezza (in metri) sufficiente al transito di unapersona (modulo unitario di passaggio);50 = numero massimo delle persone che possono deflui-re attraverso un modulo unitario di passaggio, tenendoconto del tempo di evacuazione.

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Scheda 1Dimensionamento dell’esercizio ferroviario e uscite di sicurezzaSilvio Nocera

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Per un affollamento massimo previsto di 500 passeggeriè stato previsto il seguente dimensionamento:

6 numero di moduli da 60 cm (valore di riferimento)2 uscite da 360 cm12,00 verifica/ valore almeno uguale quello di riferimento

Dimensionamento delle uscite di sicurezza nella stazione tipo

Lo studio delle uscite di sicurezza in galleria si è basatosul Decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasportidel 28 Ottobre 2005 “Sicurezza nelle gallerie ferroviarie”che nel nostro caso – ovvero per le gallerie di lunghezzanon superiore a 2 km, con volume di traffico non supe-riore a 220 treni/giorno; tipologia di traffico senza la con-temporanea presenza in galleria di treni passeggeri e trenicon merci pericolose; andamento altimetrico senza inver-sioni di pendenza; assenza di aree a rischio specifico inprossimità degli imbocchi – non richiede una specificaanalisi di rischio considerando il rispetto dei requisitiminimi sufficiente a garantire un adeguato livello di sicu-rezza.

Per quanto riguarda il dimensionamento di tali uscite, lanormativa non prevede una metodologia precisa, limi-tandosi a segnalare che gli accessi intermedi devono esse-re realizzati in modo tale da potere essere utilizzati siacome vie di esodo dei passeggeri sia come vie di accesso(per i mezzi se carrabili) e le squadre di soccorso. Nell’ambito del dimensionamento delle uscite interme-di in galleria, deve essere individuato, ed opportunamen-te segnalato, un percorso pedonale di larghezza utile paria 120 cm, riducibile eccezionalmente a 90 cm. Tenendo presente ciò sarebbe auspicabile la costruzione,ove possibile, di una canna “di soccorso” con accessi posi-zionati ogni 500 m.

350 affollamento massimo previsto0,6 modulo porta50 numero massimo delle persone che possono defluire

attraverso un modulo unitario di passaggio, tenendo contodel tempo di evacuazione

7 rapporto A/507 arrotondamento rapporto A/504,20 numero minimo di moduli da 60 cm5 numero di moduli da 60 cm (valore di riferimento)SOLUZIONE ADOTTATA1 uscite da 360 cm6,00 verifica/ valore almeno uguale quello di riferimento

Dimensionamento delle uscite di sicurezza in galleria

NOTE

1 Valori desunti dagli elaborati contenuti nello Studio di impattoambientale – sub-lagunare Venezia, 2004.

Silvio Nocera ha conseguito la laurea in Ingegneria Civile presso l’Uni-versità della Basilicata nel 2000 e il Dottorato di Ricerca in Ingegneriadei Trasporti presso la Technische Universität München (Germania)nel 2004. Dal 2003 è titolare di assegno di ricerca presso l’UniversitàIUAV di Venezia, dove dal 2007 è professore a contratto di “Traspor-ti”.

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1 stazioni tipo/qualità/funzionalità/confort:integrazione tra qualità formale degli elementi adot-tati, esigenze funzionali e di comfort ambientale inter-no ed esterno, uso di tecniche e tecnologiche costrut-tive standardizzate

2 stazioni tipo/architettura:studio di sezioni che permettono di ottenere unità econtinuità tra interno ed esterno, tra “sotto e sopra”

3 stazioni tipo/percezione:nuovi segnali urbani lungo le rive. Elementi emergen-ti dalla copertura (cupole e prismi vetrati) segnalanoi percorsi di ingresso e di uscita alla stazione, invita-no i passeggeri a scendere verso i treni e, viceversa, asalire dalla banchina verso le rive.

4 stazioni tipo/arte:stazione come spazio espositivo per l’arte contempo-ranea

5 stazioni tipo/ubicazione:posizioni che agevolino utilizzo del servizio sub-lagu-nare favorendo la riqualificazione degli spazi urbaniprospicienti

6 stazioni tipo/realizzazione: minimizzazione dell’impatto e il disturbo provocatodal manufatto sul tessuto edilizio consolidato e sullanavigabilità dei canali

7 stazioni tipo/funzionalità/tecnologica/sicurezza:razionalizzazione della funzionalità degli elementi tec-nologici; ottimizzazione dei sistemi di sicurezza e degliingombri in superficie dei pozzi di ventilazione e calag-

gio dei materiali, livelli di incarrozzamento a -20 ms.l.m.m

8 stazioni tipo/piante:pianta a T con “camerone distante” o “camerone rav-vicinato” alla riva (in prossimità di ampi spazi acquei,a seconda della soluzione si possono avere darsene eimbarchi ai vaporetti più o meno spaziosi), pianta ret-tangolare (in canali molto stretti).

9 elementi che compongono la stazione/camerone:elemento sotterraneo di stazione comprendente duelivelli: incarozzamento e mezzanino di distribuzio-ne.

10 elementi che compongono la stazione /“pozzo di luce”:elemento che caratterizza formalmente e funzional-mente la stazione; permette alla luce e all’aria di pene-trare ai livelli più sotterranei; nelle stazioni pianta a T,contiene il sistema distributivo di connessione (scalefisse e mobili); nelle stazioni rettangolari collega visi-vamente direttamente la superficie con il livello di arri-vo/partenza treni.

11 elementi che compongono la stazione/pozzi di ventila-zione e calaggio dei materiali:elementi contenenti gli impianti tecnologici configu-rati in copertura come veri e propri elementi “archi-tettonici” (cilindri e prismi in materiale opaco o tra-slucido)

12 elementi che compongono la stazione/spazi espositivistazioni tipo pianta a T: gradoni, affiancati alle scale mobili e fisse, all’internodel “pozzo di luce”

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Scheda 2Stazioni ferroviarie/tipoCristiana Eusepi

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13 elementi che compongono la stazione spazi/espositivistazioni a pianta rettangolare: aree in corrispondenza dei livelli intermedi delle risa-lite, affacciati verso le banchine.

14 accesso/stazione pianta a T: uno in corrispondenza del “pozzo di luce”. Con scalae ascensore si arriva al mezzanino.

15 accessi/stazione pianta rettangolare:due distinti posti in corrispondenza degli estremi del-l’ingombro sotterraneo del camerone

16 accessi/posizione in superficie: uscite che non interferiscono con il tessuto ediliziostorico, con i servizi pubblici esistenti, con la naviga-bilità dei canali; determinata per favorire l’interscam-bio tra rete sublagunare e trasporto pubblico di navi-gazione.

17 elementi architettonici di superficie/stazioni emerse:elementi che riorganizzano lo spazio pubblico. Il pro-getto della stazione in superficie prevede la presenzadi: moli ed approdi per mezzi acquei privati e pubbli-ci, pensiline, percorsi pedonali, belvedere.

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LA SUB-LAGUNARE A VENEZIA

I PROGETTI

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Fig. 1Tracciato della metropolitana sub-lagunare a canna unica condivisa nelle due direzioni e utilizzo di un tram, nel progetto base dell’A.T.Promoter, attualmente allo studio.

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Fig. 2Ipotesi di tracciati/sub-lagunare ferroviaria: tracciato principale Mestre-stazione/Lido (il tratto via torino-università/piazzale Roma-SantaMarta è un’eventuale alternativa di percorso); tracciato complementare aeroporto/Arsenale/Lido.

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3

4.1 4.2

Fig. 3 A. Villa, F.M. Scarpi, stazione prototipo sublagunare: spaccato assonometrico longituduìinale in cui è possibile distinguere gli elementi che com-pongono il manufatto (corpi emersi e corpi sotterranei).

Fig. 4.1, 4.2A. Villa, F.M. Scarpi, sezioni sul vano di risalita (atrio): l’uso di una copertura a lamelle garantisca l’illuminazione naturale fino a quota -10m s.l.m.

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Fig. 5.1, 5.2A. Villa, F.M. Scarpi, l’atrio di superficie in configurazione interscambio: è possibile modificare la configurazione del manufatto unicamente peraddizione di macrocomponenti funzionali quali i dispositivi di interscambio e i pontoni galleggianti.

5.1

5.2

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Fig. 6.1, 6.2A. Villa, F.M. Scarpi, atrio di superficie in configurazione semplice, interscambio e torre impianti: inserimenti fotografici. I manufatti-prototi-po si pongono come apparizioni di un dispositivo tecnologico in ruolo di architetture del paesaggio.

6.1

6.2

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Fig. 7.1, 7.2, 7.3Villa, F.M. Scarpi, il camerone: sezione, piante del livello di incarozzamento e del mezzanino.

7.1

7.2

7.3

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Fig. 8.1, 8.2 A. Villa, F.M. Scarpi, torre impianti: sezioni.

Fig. 9.1, 9.2 A. Villa, F.M. Scarpi, torre impianti: soluzione alternativa ipotesi di un manufatto per lo stoccaggio merci. La flessibilità del sistema per com-ponenti consente di dar luogo ad un notevole numero di varianti funzionali e figurative dei manufatti.

8.1 8.2

9.1 9.2

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10.1

10.2

Fig. 10.1, 10.2G. Fabbri e coll., stazione pianta a T con camerone vicino alla riva. Sezione trasversale e pianta livello di acceso.

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66

11.1

11.2

Fig. 11.1, 11.2G. Fabbri e coll., stazione pianta a T a camerone distante dalla riva: pianta della copertura e pianta del livello di accesso.

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11.4

11.3

Fig. 11.3, 11.4G. Fabbri e coll., stazione pianta a T a camerone distante dalla riva: pianta del mezzanino e pianta del livello di incarrozzamento.

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68

12.1

12.2

Fig. 12.1, 12.2G. Fabbri e coll., stazione a pianta rettangolare: sezione longitudinale e pianta del livello di accesso.

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12.3

12.4

Fig. 12.3, 12.4G. Fabbri e coll., stazione a pianta rettangolare: pianta del mezzanino e pianta del livello di incarrozzamento.

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Fig. 13, 14G. Fabbri e coll., stazioni a pianta a T e rettangolare: gli elementi che caratterizzano la copertura (coni di luce, cupole ribassate, ecc.) e glielementi architettonici che riqualificano le rive (nuovi attracchi per i mezzi pubblici acquei e darsena per imbarcazioni private. Viste di insie-me.

13

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15

Fig. 15, 16G. Fabbri e coll., stazione a pianta a T e stazione a pianta rettangolare: viste in cui sono evidenziati gli elementi e i dispositivi che mettono inrelazione la parte ipogea con la superficie (il “pozzo di luce” e le scale).

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16

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Fig. 17.1, 17.2, 17.3G. Fabbri e coll., stazione prototipo/sublagunare ferroviaria: il percorso dal livello treni alla superficie nella soluzione a pianta a T.

17.1

17.2

17.3

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CINESTETICA DEL PAESAGGIO: UN CASO DI STUDIO NELL’AREA DI CAGLIARIa cura di Giovanni Marco Chiri

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La riflessione sull’architettura delle infrastrutture puòavere molteplici chiavi di lettura e molteplici quadri disfondo, in rapporto alle intenzioni che la sostengono eagli obiettivi che si propone.

Il rapporto di ricerca dell’Unità di Cagliari che vienepresentato in questa sezione assume alcuni punti focali inbase ai quali viene strutturata l’esposizione.

Da un punto di vista generale (teorico e metodologico)si sente anzitutto l’esigenza di attualizzare l’argomento, te-nendo conto delle stratificazioni che si sono prodotte neltempo e degli sviluppi considerevoli che ne richiedono al-meno la rilettura in vista del possibile ri-ordinamento eadeguamento alle condizioni poste dall’attualità.

Da un punto di vista più specifico si sente l’esigenzadi interpretare il significato della problematica infrastrut-turale nel contesto che si assume come ambito di appli-cazione della ricerca; si tratta, in definitiva, di proiettarela problematica su un quadro di sfondo, in riferimento adun “focus” in base al quale fare emergere la specificitàdella trattazione.

Il tema delle infrastrutture per la mobilità è usual-mente proiettato sullo sfondo dell’organizzazione funzio-nale del territorio e principalmente connesso al formarsidella metropoli industriale; le tecnologie per la mobilitàche accompagnano il processo di industrializzazione sonoa tal punto costitutive dell’organizzazione spaziale metro-politana da poterne essere considerate congiuntamentecausa ed effetto. Innovazioni tecnologiche che vannoben oltre la risoluzione del problema della mobilità dimassa (rendere possibile lo spostamento di un gran nu-mero di persone in domini spaziali sempre più vasti)perché, istituendo nuove esperienze di misurazione e diappropriazione spazio-temporale, sconvolgono di fatto lapercezione della realtà. Aspetti particolarmente avvertitied esplicitati dalle avanguardie artistiche del novecento

tutte comunemente impegnate alla ricostruzione del pro-getto percettivo adeguato allo scardinamento spazio-tem-porale intervenuto. In ogni caso, fino alle soglie del secoloscorso, le tecnologie per la mobilità sono a tutti gli effettitecnologie per la città (e per il territorio) in quanto sot-tendono e sono sottese, più o meno esplicitamente, dauna propria configurazione spaziale e temporale, comedimostrano le reti e i tracciati per le ferrovie, le metropo-litane, le tramvie, i trasporti collettivi di superficie, che se-guono precisi itinerari con orari di partenza e tempi dipercorrenza altrettanto definiti e che pertanto possono le-gittimamente interpretarsi come forme della mobilità.Ma se questo vale per le tecnologie della mobilità dimassa, sembra valere di meno per quella che risulterà es-sere la più grande rivoluzione maturata nei primi de-cenni del novecento: la mobilità individuale attraversol’automobile. In questo caso infatti, la tecnologia non ri-guarda “sistemi di trasporto” che implicano, come si èdetto, configurazioni spaziali e scansioni temporali, mabensì “mezzi di locomozione” che, nel mentre restitui-scono la massima potenzialità dello spostamento indivi-duale, parallelamente appaiono indifferenti alla formadello spostamento, in quanto implicitamente in grado diconvivere con qualsiasi modellizzazione spaziale e tempo-rale. La mobilità individuale sembra così essere costitu-tivamente “antiurbana” non portandosi appresso unaconfigurazione spaziale congruente, e contemporanea-mente, fattore di nuove e molteplici urbanità, consen-tendo la libera organizzazione delle trame dei rapporti edelle relazioni tra le attività dell’uomo nello spazio. Inogni caso, la mobilità individuale “di massa” mette in crisila modellizzazione spaziale della città, ed è in questosenso che “l’architettura delle infrastrutture” si presentacome problema critico dello sviluppo urbano. La grandeespansione urbana del secondo dopoguerra si è confron-

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PremessaForme del movimento: forme del tempo, forme dello spazioEnrico Corti

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tata con questo problema con modalità che, nella maggiorparte dei casi, si sono rivelate inadeguate; l’infrastrutturaper la mobilità, divenuta uno specialismo settoriale dellapianificazione urbanistica, si progetta al più con riferi-mento agli aspetti funzionali e dimensionali e assai menoai caratteri formali della spazialità urbana. Di fatto que-sta mobilità si è rivelata in grado di invadere, pervasiva-mente, qualsiasi regione spaziale fino al limite della con-gestione da essa stessa determinata; il problema si spostadi conseguenza sul controllo degli effetti indotti (il traf-fico)1 attraverso un insieme di prescrizioni che andrannocomplessificandosi fino al punto da rendere la formateoricamente più libera e personale di mobilità espres-sione della più sofferta e inaccettata costrizione esercitatasull’individuo dalla città.

Per attualizzare la nostra riflessione e per calarla nel no-stro contesto ci è parso che il “focus” non potesse conti-nuare ad essere la proiezione della tematica infrastruttu-rale sulla criticità spaziale della città contemporanea madovessimo ragionevolmente ricercare un più appropriatoquadro di sfondo. E questo non solo perchè nel territoriosardo, tutti i caratteri insediativi della modernità indu-striale e postindustriale si sono esplicitati in forme com-promissorie, incomplete e frequentemente contradditto-rie, quanto perché, con sempre maggior evidenza anchea livello politico e amministrativo, è emersa la necessitàprioritaria della ricostruzione del senso e della identitàdella spazialità regionale.

Concetti che la politica regionale ha espresso po-nendo la “centralità del paesaggio” come riferimento perogni atto di governo del territorio e reso concreti attra-verso la approvazione del Piano Paesaggistico Regionale.

Sono così risuonate altre parole-chiave che non pos-sono essere considerate un puro cambiamento nomina-listico: la connessione esplicita che i documenti che ac-compagnano il PPR istituiscono fra paesaggio, identitàe sviluppo sostenibile implica una politica del paesaggiocome politica di identità e di sostenibilità dello svi-luppo.

Mutano di molto i quadri di sfondo e i riferimenti con-cettuali, sintetizzati nel concetto-precetto di “divenireidentitario”, che stimolano alla ricerca dei nuovi signifi-cati che possiamo attribuire alle nostre relazioni spazio-temporali.

Su questa apertura di prospettive, gli scritti che se-guono forniscono approfondimenti metodologici e spe-rimentazioni progettuali, secondo lo schema assunto perla ricerca.

La strada e la cittàChe l’intreccio fra memoria, identità, progetto sia un

fuoco fondamentale e costitutivo della riflessione sullacittà contemporanea è certamente troppo noto per do-verlo richiamare nei suoi presupposti. Proverò invece, inquesta sede, ad esemplificare la complessità e la ricchezzadi questi percorsi assumendo come filo conduttore iltema dell’architettura delle infrastrutture. Tratterò dun-que delle strade come tracce che ci possono restituire lamemoria della città; argomento significativo se appli-cato, come facciamo nei nostri studi, alle realtà particolaridi una specifica città. Qui, naturalmente, mi limiterò afare qualche considerazione generale per suggerire laloro natura di forme del tempo e dello spazio in grado,come tali, di raccontare la città. La seconda considera-zione, a questa connessa, riguarda invece la necessità direvisionare profondamente i nostri atteggiamenti analiticie progettuali, anzitutto per metterci in grado di ascoltarela città e promuovere il progetto di identità.

In sintesi: la strada racconta; ma noi sappiamo ascol-tare?

La strada racconta; percorsi nello spazio e percorsi neltempo

Le strade di una città sono lunghi e robusti fili che ten-gono insieme la costruzione più complessa dell’umanità;fili fatti di spazio e di tempo che, per secoli, hanno presoordine, peso e misura, dal ritmo del passo.

Non sempre le strade sono state strade; all’originesono state percorsi di lenta appropriazione di un territo-

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rio; evitando terreni malfidi, antichi abitatori hanno trac-ciato pazientemente le reti del possesso e hanno generatoi luoghi nei quali fermarsi e dai quali irradiare nuovetrame. Spesso un incrocio ha segnato la nascita e il destinodi una città.

Altre volte il progetto ha anticipato il destino: uominiarmati hanno deciso il luogo del loro futuro; senza ambi-guità o tentennamenti, hanno orientato il reticolo delleloro geometrie, eretto mura; hanno segnato il dentro e ilfuori del loro spazio, il presente e futuro del loro tempo.

Sempre la città ha danzato tracciando nello spazio ilenti mutamenti dei suoi tempi; le figure di questa danzasono impresse nelle strade; orme dei suoi passi, a voltecancellate da nuove figure sovrapposte; sepolte, mai irri-mediabilmente perdute perché intessute nello spazio e neltempo, nella materia come nella stratificazione della me-moria.

Fino a quando le strade sono state strade, la città è ri-masta città; lo spazio e il tempo della vita quotidiana edella memoria le hanno intrecciate insieme; il passo del-l’uomo entrambe le ha costruite e misurate; sul ritmo delpasso si scandiscono i ritmi mentali del pensiero; è nellacittà che nasce l’architettura; è con l’architettura che na-sce la città.

Quando l’uomo moderno inizia a interrogarsi sullacittà ne scopre il misterioso intreccio di spazio e tempo:allo sguardo dell’uomo nuovo dell’umanesimo l’affastel-larsi della vita con i suoi odori, rumori, dis-ordini, apparecome un barbarico balbettio senza logos. Alla ricostru-zione dell’ordine della città dedicherà tutte le sue ener-gie: prima mette in ordine lo spazio e lo incentra sull’oc-chio; traccia così le prospettive e si assicura che ciò chela mente ordina con la geometria (perspectiva artificialis)trascriva correttamente ciò che l’occhio vede (la perspec-tiva naturalis). Poi mette in ordine il tempo; il tempo or-dinato della città è il tempo della storia: non più il tempodella vita quotidiana dell’uomo comune che si ripetesenza costrutto, ma quello della civitas e delle sue istitu-zioni. Le strade costituiscono il principale strumento diordinamento spaziale e temporale; attraverso la strada si

percorre, infatti, non solo lo spazio ma anche il tempo sto-rico, la memoria della civitas narrata con il linguaggio pe-renne dell’architettura, codificato dalle remote antichità.Città di pietra e città vivente si identificano nella cittàideale.

In modo del tutto differente saranno tracciate le stradenei secoli successivi quando il culto del potere e dellaforma imporranno di concepire le città per i re; la realtànon è quella rappresentata dall’occhio ma quella mentaledell’immagine e la città, come il mondo, si fa teatro;astrazione affascinata dall’infinito, dalla spaziosità, dalmovimento: l’architettura, come la città, si autocelebranella magnificenza. Così nelle storie della città le epochesi seguono con le loro immaginazioni delle quali riman-gono i segni nelle pietre che, per lunghi secoli, sono stateparole, speranze solidificate.

Ma da un certo punto in poi, il tempo e lo spazio dellestrade della città non sono più quelli dell’esperienza del-l’uomo storico; non sono più quelli dell’architettura. Tragli ultimi decenni del ‘800 e i primi del ‘900 si diffondono,con ritmi differenti a seconda del diffondersi della moder-nità industriale, le nuove tecnologie per la città che, allafine del processo, lasceranno una città profondamente di-versa dalla città antica: città che dilagano nello spazio, chevivono il giorno e la notte, dense di avvenimenti e ricchedelle opportunità che si generano dai flussi di comunica-zione – materiali e immateriali – che sempre più si con-centrano nei nuclei urbani. Le strade sono diventate ar-terie pulsanti percorse da sempre più veloci artificimeccanici; altre strade sono diventate di ferro, altre im-palpabili come l’aria; tutte lontano dal respiro ritmico delpasso. Da allora la città, non più città, si maschera connuovi nomi: metropoli, conurbazione, area metropoli-tana, città diffusa, città globale; urbe effimera di istanti edi non luoghi; da allora la città moderna attende unanuova qualità. Se volgiamo l’attenzione alla città costruitanell’ultimo secolo ci sembra venir meno, infatti, quellaconfidenza che abbiamo con le cose naturalmente note;la trama della città a noi più vicina è forse più difficile daleggere; difficile attraversare con lo sguardo questa città

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immatura, comprenderla nelle sue diverse realtà; e cipervade un senso di estraneità. Se non razionalmente, al-meno emotivamente, il passato prossimo e il presente dellanostra città, frutto di eventi che pure ci sono noti, non an-cora illuminato da una adeguata prospettiva storica, nonha un carattere rassicurante, e in ciò sta forse una delle ra-gioni della “bruttezza” che attribuiamo alla città mo-derna e contemporanea. Una delle ragioni, ma non la solané la più importante; ce n’è un’altra infatti, che invecetocca la sostanza della modernità e imputa la progressivaperdita di senso della città alle profonde trasformazioniculturali che hanno segnato il secolo scorso; insomma, allaqualità della civitas che non può non riflettersi sulla qua-lità dell’urbs.2

Problemi che si sono moltiplicati e accentuati con lagrande crescita del secondo dopoguerra che ci ha lasciatouna città contemporanea ormai scomposta e dispersanello spazio, faticosamente tenuta insieme da una rete stra-dale che, nel mentre ha perduto l’antica caratterizzazionespaziale, non ha neppure conseguito l’efficienza richiestaad un sistema di infrastrutture per la mobilità. Da tempo,tuttavia, ci domandiamo se le strade della città contempo-ranea che percorriamo con i nostri artifici tecnologici ab-biano perduto irrimediabilmente ogni senso urbano onon possano acquistarne degli altri. Non a caso la rifles-sione sulla strada è uno degli argomenti topici della rea-zione che il postmoderno – sia nelle sue espressioni lette-rarie che architettoniche – ha mosso nei confronti dellacittà moderna e soprattutto del suo progetto.3 La città(come la lingua che conosce solo l’ordine che gli è proprio)è un fenomeno troppo complesso per poter essere gover-nata dal di fuori e dall’alto; così, mentre la cultura urba-nistica “ortodossa” del progetto moderno ha continuato aleggere la crisi della città come crisi della capacità di con-trollo dei processi di produzione, negli anni ’80 del secoloscorso, una nuova cultura (e, per primi, nei paesi anglo-sassoni, una diversa politica) ha iniziato a leggere la cittàcontemporanea come una condizione inedita di inedite li-bertà che esprime e fa nascere un nuovo e cosciente indi-vidualismo. Lo sviluppo che ha rotto le briglie della sup-

posta pianificazione moderna, con la sua intrinseca insta-bilità e indeterminatezza, ha in realtà arricchito la città dialtre sfaccettature; alla fredda immagine della città razio-nale si oppone la città labirintica, emporio di stili, molte-plice e inestricabile. La conquistata libertà di movimentoindividuale diventa al tempo stesso irrinunciabile e perva-siva; la strada ritorna ad essere il luogo della più acuta rap-presentazione della contemporaneità. Si può così imparareda Las Vegas e rivalutare la strada come fattore di produ-zione di cultura attraverso l’eterogeneità, la congestione ela casualità degli incontri e del molteplice. Strade di me-tropoli divenute soft, continuamente deformabili, plasti-che, vissute e percepite attraverso l’esperienza dinamica,attiva, non più contemplativa perché non ancorata, né an-corabile, ad alcuna statica fissità.

La percezione della città si è radicalmente modifi-cata, così come si sono modificate le attività urbane, an-ch’esse divenute molteplici e fluttuanti; assai più di prima,abbiamo della città una percezione geografica e cinemato-grafica; la visione che la continua mobilità ci imprimenella mente è assai più simile ad un montaggio di eventi,ad un monologo interiore piuttosto che alla contempla-zione di un quadro. Abbiamo la convinzione che, percomprenderla, dobbiamo scoprirne la struttura narrativa,le infinite narrazioni che ci disvelano le stratificazioni disenso proprie di quel luogo, unico e irripetibile nella suaapparente incongruità.

La strada racconta, ma noi sappiamo ascoltare?C’è una bella favola di Karen Blixen, riassunta da

Adriana Cavarero4 che mi torna in mente guardando letracce scomposte della città recente. Narra di un pesca-tore che, svegliatosi per il rumore causato dalla rottura de-gli argini dello stagno presso il quale viveva, corre dispe-ratamente nel buio della notte per riparare gli argini efermare i rivoli che ne fuoriescono. Dopo l’immane faticadel suo andirivieni, la mattina, passato il pericolo, ri-guardando dall’alto della finestra le tracce che aveva la-sciato nel fango, si accorge che, nella notte, con le sue im-pronte, aveva disegnato una cicogna…

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Tutti naturalmente speriamo che il nostro andirivienisignifichi qualcosa oltre l’affanno ma anche oltre ciò cheabbiamo progettato, oltre ciò di cui siamo stati consape-voli. E aspettarsi questo “di più” che riunifica l’apparentecasualità in un possibile significato è, in fondo, l’aspetta-tiva del senso della vita.

Lo speriamo anche per le nostre città; speriamo che,oltre quello che ci mettiamo con i nostri piccoli e fram-mentari progetti che sono sempre banali e ciechi nei con-fronti della vita, riemerga infine il senso della città; quelloche ancora ci sfugge ci sveli i suoi significati, ci coinvolganelle trame dei suoi racconti.

Per cogliere questo senso, per ascoltare i racconti o ve-dere le cicogne che si nascondono nei molteplici interrottidisegni nascosti, dobbiamo cambiare atteggiamento(come progettisti ma anche come cittadini) nei confrontidella città; dobbiamo rompere, come suggerisce Calvino,la marea montante di oggettività nella quale ci siamo in-capsulati.

Non c’è dubbio che la cultura scientifica positiva ciha spinto molto avanti e sostiene i nostri successi nel do-minio del mondo; ma non c’è dubbio che, sempre meno,è possibile accettare l’esclusione dalla nostra possibilitàdi discorso razionalmente fondato (e quindi di pro-getto), del discorso attinente la unicità locale e l’identità,visto che riconosciamo in questi valori l’antidoto alleomologazioni della città generica e conseguentemente at-tribuiamo alla loro espressione un rilevante significatoculturale e politico in rapporto al focus delle criticitàcontemporanee. Da questi spunti prende le mosse l’at-teggiamento che invoca altri strumenti di indagine miratiall’identità, capaci di interagire e arricchire il discorsoscientifico e filosofico con il paradigma della narrazionecome specifico discorso dell’identità. É da molto tempoche alla perentorietà del discorso analitico scientificosulla città si affianca il modello più leggero del raccontocome possibilità di trovare connessioni plurime senza peraltro presupporre l’esistenza o l’univocità di una strut-tura totalmente esplicativa dei fatti e dei fenomeni ur-bani.

Applicate alla città, queste considerazioni non pos-sono avere altro che un riferimento metaforico; possonotuttavia aiutare a comprendere e a revisionare i nostri at-tuali atteggiamenti progettuali.

Spinti dalle nostre esigenze pratiche noi ci rivolgiamoalla città domandando: ma tu che cosa sei? E costruiamole nostre risposte sempre più complesse, come se la cittàci rispondesse: sono case e strade, scuole e chiese, mer-cato e tribunale, questo e quello; sono acqua, terra, cieloe mare, sono vita o sasso e via enumerando le infinite eti-chette delle nostre analisi che poi la nostra mente ordina-trice metterà insieme fino a restituirci una struttura coni suoi processi…

Per altro, l’intenzionalità di possesso che muove que-sta domanda è molto esplicita: a che cosa mi servi?

Ma se per noi la città è quel deposito vivo di memo-rie, documento dell’umanità che trascrive il continuosvolgersi della nostra identità (nostra, individuale e socialedel gruppo storico al quale apparteniamo) allora ad essaci dobbiamo rivolgere domandando: ma tu chi sei? comese la città potesse risponderci narrandoci una storia, – unastoria di vita – restituendoci l’identità, quell’unicità irri-petibile che caratterizza individualmente ogni realtà sto-rica che concepiamo come il soggetto della sua esistenza,il soggetto di tutte le sue possibili narrazioni. É l’ascoltodi una storia che consente l’identificazione, il riconosci-mento della identità, che non è sostanza, che non è enu-merazione infinita di etichette, ma divenire nella conti-nuità della memoria.

Anche in questo caso l’intenzionalità di appartenenzache muove la domanda è molto esplicita: in che modo tued io (entrambi soggetti con propria identità) ci relazio-niamo?.

Nel nostro fare progettuale le dicotomie concettuali(del possesso vs. appartenenza) si traducono in dicotomiestrumentali e metodologiche che, al di là di ogni inten-zione, mantengono tuttora alti livelli di incoerenza e nonc’è dubbio che il primo continua a prevalere sul secondo.Per questo dobbiamo moltiplicare e migliorare i nostristrumenti di immersione nella realtà viva della città: pos-

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siamo ascoltare le storie che le città raccontano solo se ciaccostiamo ad esse come a un palinsesto (come suggerivaArgan); come a un testo o un ipertesto, come suggeriscela metafora del racconto. E dunque, perché possano scat-tare le nostre domande e perché possano aver senso le no-stre letture, ci dobbiamo riferire almeno a un codice at-traverso il quale siamo in grado di interpretare ciò che, indefinitiva, è una città, e in termini ancora più generali, unpaesaggio: un documento del sistema delle relazioniumane nello spazio e nel tempo trascritto in un sistemadi forme singolari dello spazio e del tempo. Un codice dun-que che ci consenta di elaborare la struttura spazio-tem-porale della città.

Decifrare questo documento è indispensabile per pro-muovere il vero progetto di cui abbiamo bisogno: il pro-getto di identità che ci costringe da un lato ad andare ol-tre la oggettività pretestuosa della veridicità scientificaa-storica, dall’altro ad andare oltre l’atteggiamento dellaformalizzazione purovisibilista, contemplativo o pseudo-estetico per confrontarci in modo molto serio proprio conla questione dell’identità.

Alle discipline del progetto sembra richiesto di fare unpasso indietro nei confronti delle loro certezze e un passoin avanti nelle problematicità dell’ascolto, dell’interpre-tazione storica e, in definitiva, del dialogo.... Perchésiamo ancora lontani dal definire l’identità in terminiprogettuali tirandola fuori dall’idea retrospettiva che l’ac-compagna (l’identità come frutto maturo dell’accumula-zione storica dei processi comunitari) per assumerla comesoggetto consapevole della progettualità orientata al di-venire. In questo senso l’innovazione disciplinare nonpuò andar disgiunta dal rinnovamento politico e culturalee non può andar disgiunta da una vera e propria azioneformativa che sappia coinvolgere, in forme diverse, i mol-teplici soggetti che agiscono nella costruzione e trascri-zione nello spazio e nel tempo dei mutevoli rapporti co-munitari.

NOTE

1 Come è stato notato, l’innovazione tecnologica che la mobilitàindividuale di massa proietta sulla città è l’invenzione del semaforo(Londra 1929).2 “Ma forse l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio sol-tanto: è nel mondo. La peste colpisce anche la vita delle persone e la sto-ria delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senzaprincipio né fine. Il mio disagio è la perdita di forma che constato nellavita…”. Italo Calvino, Lezioni americane – Sei proposte per il pros-simo millennio, pag. 59, Garzanti Milano 1988.3 Cfr. Mauro Pala “Urbe effimera” Cuec-Cagliari.4 Il riferimento è a Adriana Cavarero (nello specifico a una intervi-sta per una trasmissione radiofonica, ora nell’Enciclopedia Multime-diale delle Scienze Filosofiche). La Cavarero, autrice del volume Tuche mi guardi, tu che mi racconti; Filosofia della narrazione (Feltrinel-li 1997) sviluppa il rapporto fra identità e narrazione, riconoscendo aquest’ultima una funzione essenziale per superare l’esclusione che ilpensiero scientifico ha compiuto nei confronti dell’unicità e dell’iden-tità (come concetti scientificamente indicibili e quindi superflui); con-cetti che sono invece sostanziali in ogni narrazione (che ha sempreper tema la singolarità e l’identità). In questo stesso testo si troval’esemplificazione attraverso le domande (che cosa-chi), ed in parti-colare sulle domande di identificazione.“Questo tipo di domande richiedono l’identificazione di una perso-na, l’individuazione di essa colta in tutta la sua irripetibilità, ossia nellairripetibile esistenza che ciascuno di noi ha, e c’è una sola domandacapace di far riemergere questa esistenza in tutta la sua irripetibilità:“Chi sei?” Perché se io chiedo: “cosa sei?” ebbene, allora posso rispon-dere accennando a una mia qualità, al mestiere che svolgo, a una miaappartenenza culturale, alla mia natura biologica, la mia specie diappartenenza... ma il “chi sei?” ha una sola risposta intesa come rispo-sta verbale che può rendere il suo contenuto dotato di senso. Rispo-sta che si dà nel discorso e che è appunto la narrazione, il raccontareuna storia. In questo caso è ovviamente la storia di una vita.”L’idea (e la responsabilità) di applicare questo tipo di domanda di iden-tificazione alla città e al paesaggio – come fosse una persona – derivainvece dalle mie sporcizie metodologiche.

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Un punto di vista sulle infrastruttureIn Jumcut Urbanism, Richard Ingersoll apre il suo ce-

lebre articolo, con la sorprendente affermazione secon-do cui: il terrapieno, il temenos e l'autostrada sopreleva-ta costituirebbero gli archetipi occidentali dell'architet-tura dello spazio aperto.1

Con coraggio intellettuale, e forse memore della lezio-ne di Robert Venturi, secondo il quale “l'architetto deve sa-per imparare dall'esistente senza moralismi”, il teorico ame-ricano eleva il viadotto al rango di modello primigenio.

La parola “viadotto”, usata da Ingersoll, non sta qui adindicare un particolare fenomeno, quanto piuttosto una“classe” di fenomeni: solo per mezzo della sintesi del lin-guaggio, infatti le generalizzazioni necessarie all'uomo pos-sono essere discusse, descritte e conservate.

Sottoposta al processo di astrazione e generalizzazio-ne di cui si serve l'individuo per riconoscere e discernerei rapporti tra i fenomeni e scoprire le leggi che ne gover-nano i processi, la complessa nebulosa costituita dai feno-meni dello spazio delle infrastrutture, viene improvvisamen-te riassunta nella parola e ricondotta al suo significato pro-fondo.

Il concetto di archetipo è usato in filosofia per defini-re l'idea Platonica del paradeigma delle forme di cui le cosesensibili sono semplici copie.

In S.Agostino la teoria degli archetipi viene sviluppa-ta in “De diversis quaestionibus” definendola “idea prin-cipalis”, allo stesso tempo modello delle cose create e con-dizione per la loro intellegibilità.

In Heidegger è il linguaggio la principale fonte di in-formazione sull'uomo e sull'esistenza in generale.2

Analizzando la storia di parole quali “casa”, “edificare”e “abitare”, il filososo tedesco ci ha donato una base piùconcreta sulla quale intendere il rapporto che ci lega al no-stro ambiente.

Il linguaggio, in Heidegger, parla e racconta l'uomo.Secondo questa interpretazione, l'architettura del viadot-

to rappresenterebbe da un lato il punto di partenza per ogniulteriore sviluppo di immagini e di concetti spaziali (model-lo), dall'altro costituirebbe la chiave di interpretazione delsignificato dello spazio aperto contemporaneo (idea);

Secondo Norbergh-Schultz, cui questi ragionamentifanno riferimento, il compito dell'architettura non èquello di replicare modelli, quanto piuttosto quello di ren-dere concreto e tangibile lo spazio esistenziale; proprioquando l'architettura riesce ad esprimere con chiarezzai significati esistenziali, gli spazi diventano luoghi.3

“Cosa vuol essere l'edificio?”(Louis Kahn)

Lo stesso concetto di “spazio esistenziale”, introdot-to da Christian Norberg-Schulz, si riferisce alla filoso-fia di Heidegger. Nell'affrontare il problema del sensodell'essere, il filosofo tedesco afferma che “l'uomo nonè un che cosa, ma un chi, un'esistenza”, il suo modo di es-sere costitutivo è di essere nel mondo non come la par-te di un tutto (come l'acqua contenuta nel bicchiere) macome apertura ad esso. L'esser-ci di Heiddegger il Da-sein non è la somma delle cose semplicemente presentiin esso, secondo l'immagine delle scienze naturali, ma èla significatività (Bedeutsamkeit) di ciò con cui si ha a chefare.

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Cinestetica del paesaggioGiovanni Marco Chiri

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L'apertura dell'uomo al mondo si articola nella situa-zione emotiva, nella comprensione e nel discorso.

Mentre la situazione emotiva apre l'uomo al nudo fat-to di esserci, la comprensione è proiezione attiva, è pro-getto (Entwurf) o interpretazione (Auslegung).

In questo modo l'uomo si prende cura delle cose, de-gli altri e di se stesso.

Il senso dell'esistenza risiede quindi nell'aperturadell'uomo alla comprensione e all'interpretazione o attri-buzione dei significati alle cose: al progetto.

Il questo senso l'architettura per Norbergh-Schultz, inquanto linguaggio e storia di forme significative, è una for-ma dell'esistenza e il suo scopo è di attribuire significatiad un sistema concreto di luoghi e cose.

Se al dominio dell'infrastruttura sembrano essere impu-tate le principali responsabilità per la perdita dell'identitàdei luoghi, la ragione risiede nel fatto che l'architettura nonè stata capace (o non gli è stato permesso) di trasformarequegli spazi (siti, manufatti) in luoghi, cioè di attribuire si-gnificato allo spazio, di esprimere significati esistenziali.

“Lo scopo dell'architettura è commuovere”(Le Corbusier)

Il progetto delle infrastrutture si è limitato a replicareil modello senza attribuire ad esso valore e significato, dan-do risposte a tutte le altre funzioni e bisogni fisici che pos-sono essere appagati anche senza l'architettura, cui unicoscopo dovrebbe risiedere, come si è visto, “nel contribuirea rendere significativa l'esistenza umana” (Norbergh-Schultz).

La difficoltà nel dare definizioni univoche allo spaziocontemporaneo (vedasi non-luoghi, terrains vague, etc.),è un chiaro sintomo di una sostanziale mancanza di signi-ficato di quegli spazi che l'architettura, nel suo venir menoal proprio ruolo esistenziale, ha abbandonato alla condi-zione di genericità. Questo processo di recupero della di-

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mensione esistenziale dell'architettura nel campo del pae-saggio delle infrastrutture, dipende dal “come” sono fat-te le cose ossia, come sosteneva Louis Kahn: “dalla formae dalla tecnologia (ispirata)”.4

La rinuncia dell'uomo moderno all'attribuzione di si-gnificato esistenziale e il ricorso acritico alla scienza e allatecnologia ha lasciato supporre, secondo M. Webber, checiò potesse in qualche modo “liberarlo da una dipenden-za diretta dai luoghi”5, il progetto ha assunto i connotatidi atopia e genericità di cui adesso faticosamente provia-mo a descriverene i contorni.

Lo sradicamento dal significato dei luoghi, che ora sem-bra attraversare diagonalmente l'intera cultura del proget-to e che coinvolge alla scala globale l'intera dimensione del-l'abitare (qui usato nel senso di esser-ci, di esistenza), ha comerisvolto due drammatiche conseguenze sul piano psicolo-gico: la perdita di orientamento e la rarefazione dell'iden-tificazione con “l'immagine ambientale che da al suo posses-sore un senso di profonda sicurezza emotiva”6 (K. Lynch).

La sicurezza emotiva descritta da Lynch è tanto mag-giore quanto più chiara e forte è l'immagine ambientale:“dove il sistema è debole l'uomo si sente perso”.

La forza del sistema, dell'immagine, non deriva in que-sto caso da suo imporsi sul piano economico (aritmetico)come descritto nella “Città generica” di Koolhaas7, quan-to piuttosto dalla sua capacità di rendersi comprensibilee riconoscibile sul piano del significato (spaziale e cultu-rale) evitando all'individuo il terrore di perdersi, offren-dogli al contrario nuove possibilità di orientamento.

Tuttavia il recupero del senso di orientamento non èdi per se sufficiente a riallacciare la trama interrotta de-gli spazi esistenziali.

L'attenzione tutta rivolta alle ragioni pratiche delle coseha lasciato la questione dell'identificazione al puro caso.

Il senso di alienazione e la perdita di identità che nederiva non può essere contrastata né con l'avversione pre-concetta nei confronti dello spazio urbano contempora-neo né con la sua accettazione passiva e acritica.

Se identificazione significa, osserva Norbergh-Schultz,diventare “amici” di un determinato spazio, ciò non signi-fica non doversi difendere dagli elementi e dalle forze chelo governano.

Se identificazione e orientamento sono aspetti prima-ri dello stare al mondo, l'identità dell'uomo presupponel'identità del luogo.

supergenericoI supporti e le infrastrutture per la mobilità e il com-

mercio, insieme ai rispettivi corollari urbani, appaiono ten-denzialmente indifferenziati, omologati, privi di qualsia-si intenzionalità estetica e quindi: generici.

“I sobborghi americani, i centri commerciali, gli impian-ti sportivi e per il tempo libero, officine, magazzini, gara-ge e servizi distribuiti con accessibilità diffusa, segnano leimmagini di un territorio fatto di strade e strade.

E così il consumismo acritico si estende anche al territo-rio, e in certi casi viene proposta la spontaneità, l'urbanizza-zione diffusa e il coordinamento indiretto non solo come ten-denza ma anche come modello, e il territorio risultante nontanto come luogo di tensioni ma come periferia splendida eammirevole. In realtà l'accettazione critica della periferia splen-dida, le difese a priori del disordine periferico e gli elogi este-tizzanti del caos urbano come paradigma figurativo, non sonofacili da sostenere al di là dell'intuizione iniziale”.8

Lo “stile libero”, la migliore definizione dell'estetica del-la Città Generica secondo Koolhaas in cui i tre elemen-ti: “le strade, gli edifici, la natura coesistono in relazione fles-sibile, apparentemente senza ragione in una spettacolare di-versità organizzante”9, se da un lato può essere assuntocome metafora per descrivere i processi di costruzione dei

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margini urbani contemporanei, dall'altro non è accetta-bile in quanto presupposto disciplinare.

La sostanziale rinuncia (o il disinteresse) nella costru-zione per questi nuovi scenari urbani, di un arsenale tas-sonomico equivalente a quello che trent'anni fa consen-tì la comprensione delle diverse aree urbane (ed in par-ticolar modo della città compatta) ha impedito alla nostracultura di applicare i propri strumenti a questi nuovi pae-saggi oltre il semplice godimento della loro esperienza.

Citando Rudolph Arnheim: “l'ordine senza complessi-tà produce noia ma la complessità senza ordine produce con-fusione”.10

Tuttavia la percezione non razionalizzata di un ordi-ne armonico per quanto apparentemente insondabile tra-spare dalle parole dello stesso Koolhaas:

“Il piano urbano adesso accoglie solamente il movimen-to necessario, fondamentalmente le automobili; le autostra-de sono la versione superiore dei boulevard e delle piazze,prendendo sempre più spazio. Il loro design apparentemen-te indirizzato all'efficienza della circolazione, è nei fatti sor-prendentemente sensuale, un'utilitaristica pretesa di entra-re nel dominio dello spazio morbido”.11

Ciò che c'è di nuovo in questo nuovo locomotore del-lo spazio pubblico è che non può essere misurato attra-verso le sue dimensioni: “Lo stesso (facciamo dieci miglia)di strada produce tipi assolutamente diversi di esperienza:essa può durare cinque minuti o cinquanta; può essere con-divisa con quasi nessuno o con un'intera popolazione; puògenerare un assoluto piacere di pura, incontaminata velo-cità, punto nel quale la sensazione della Città Generica puòdiventare inteso o acquisire densità o assolutamente clau-strofobici momenti di sosta nei quali la superficialità dellaCittà Generica è più apprezzabile”.12

Seppur in maniera episodica e frammentaria, non man-cano all'interno della storia delle teorie e delle tecnichedell'architettura tentativi di razionalizzare e individuarela sintassi degli elementi costituenti in nuovi paesaggi ge-nerati dalle infrastrutture: dall'approccio simbolico-per-cettivistico di Lynch all'architettura del billboard di Ven-turi, attraverso i riferimenti all'introduzione della dimen-sione temporale nella percezione-costruzione dello spa-zio urbano accennata da Sigfried Gideon in “Space-Timeand Architecture” e parzialmente verificata dagli esperi-menti delle avanguardie costruttiviste russe del Vchute-mas fino ai suggerimenti più recenti di Richard Ingersolle del gruppo olandese Mecanoo.

Se la gestione e la manipolazione dell'estetica prodot-ta dai paesaggi delle infrastrutture (ammesso che questosia un obiettivo sociale condiviso) rimanesse fondata sulsolo approccio empirico, essa difficilmente potrebbesfuggire alla sua tendenziale genericità, condannando i luo-

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ghi cui le strade si relazionano ad essere perpetuamenteprivi di identità specifica.

D'altro canto non è neanche accettabile che tali opera-zioni possano continuare ad essere condotte facendo ricor-so continuo all'ipercaratterizzazione.

L'infrastruttura come simbolo, dal Golden-gate bridge alPonte di Messina, e le molteplici operazioni di maquillageo di design civile, incidono sicuramente sui processi urba-ni a livello mediatico e di mercato, ma l'operazione è al piùutile a costituire il fondale per un nuovo spot ambiguamen-te pianificato per vendere sia la city sia la city-car.

L'acquisto dell'auto sembra comprendere l'acquisto delfondale, della strada, del ponte strallato, implica l'ottenimen-to dell'appartenenza ad uno status, la condivisione di un mo-dello di sviluppo e il raggiungimento di una qualità della vitacui si aspira su scala planetaria.

Il simbolo-status-immagine dell'auto-città veicolato daglistrumenti operativi del mercato diventa patrimonio collet-tivo, trasfigurandosi o mutando da identitario a generico,da locale a globale (e viceversa).13

Queste manifestazioni ultraidentitarie e supergenericheallo stesso tempo non sono il prodotto di un “passato con-diviso che si cristallizza riducendosi in polvere insignificante”(Koolhaas), ma il preciso e tangibile effetto di un approc-cio nichilista (e mercantile) che reitera (più o meno consa-pevolmente) gli stessi processi di annullamento che hannoprodotto la condizione attuale.

Conseguentemente la “convergenza tra la città e l'aeropor-to” teorizzata da Koolhaas oltre che un semplice fenomenoin progress sembra essere quasi un orizzonte strategico, ma-nifestato dalla sostanziale rinuncia al progetto o quantome-no del ripiegamento della cultura del progetto su posizio-ni spesso complessivamente estranee alla disciplina e sostan-zialmente arrendevoli, sia nei confronti della dissoluzionedel concetto di luogo sia in relazione alla costruzione di sin-tassi tecniche operative per la trasformazione delle città.

implosioneEsaurita l'avventurosa fase programmatica degli anni

novanta, la sperimentazione architettonica più avanzata èdiventata prassi e consuetudine nel linguaggio e nella sin-tassi della forma costruita. Il centro dell'Europa continen-tale, attorno alla quale si addensano gli scambi e i flussi dimerci, di persone, di capitali, d'informazioni e di culturapolitica e sociale, è diventata oggi terreno di verifica pro-gettuale. Tuttavia la rapida diffusione dei risultati di que-ste sperimentazioni ha già prodotto effetti omologanti d'an-nullamento delle diverse posizioni e dei singoli messaggi.L'insistente ed esasperata ricerca estetizzante intorno ai con-cetti di congestione, omologazione, iperdensità, caos me-tropolitano, reti, velocità, paesaggi ibridi (Zardini), junkspa-ce (Koolhaas), ecc. diffusi in ambienti disciplinari mittleu-ropei, pur facendo meritatamente luce sui processi metro-politani contemporanei ha reso per esempio meno com-prensibile il rapporto tra questi fenomeni (globali) e le spe-cificità locali, rimanendo vittima (inconsapevole?) degli stes-si fenomeni omologanti descritti dallo stesso Koolhaas, im-plodendo a causa delle proprie contraddizioni interne.

inversioneLa dissoluzione del concetto di luogo, la convergenza

tra identitario e generico, tra centro e periferia, tra globa-le e locale e i molteplici corollari delle questioni emersenella nostra recente storia urbana (ammesso che urbanosia ancora un termine sufficiente a descrivere il campo diquesti fenomeni), non coinvolge soltanto il tema delle in-frastrutture né soltanto l'ambiguità dei luoghi e dei pae-saggi da esse in qualche modo generati. Tuttavia se l'ar-chitettura volesse individuare un proprio campo di ope-rabilità all'interno della dimensione contemporanea talecampo sarebbe il dominio dell'infrastruttura.

Il tema delle autostrade, ad esempio, delle connessio-ni in rete in generale, può essere certamente considerato

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un argomento di peso analogo a quanto ad esempio fu-rono i teatri della città borghese, o i musei del coloniali-smo o gli shopping mall della società del consumo, ma ri-spetto ai temi urbani ottocenteschi e novecenteschi l'in-frastruttura è molto di più, è un'arma strategica, usata con-tro un nemico economico o sociale per sostenere una pro-pria posizione di vantaggio o per conquistare obiettivi cru-ciali. Non è un caso che, ad esempio in campo economi-co, il tema infrastruttura emerga sempre più spesso in re-lazione al termine competitività, conquista di nuovi mer-cati, logistica della produzione e della distribuzione, approv-vigionamento delle risorse etc. L'infrastruttura è un armastrategica anche, (e forse prevalentemente) per assenza.La sua assenza emargina e allontana, allunga tatticamen-te le maglie delle isocrone territoriali, restringendo o di-latando (comunque piegando) lo spazio-tempo in funzio-ne degli obiettivi economici prefissati. La sua assenza creaconfini che la politica e la diplomazia (talvolta) tenta diabbattere. L'infrastruttura convoglia risorse o produceemarginazione.

Occorre adesso individuare l'ambito spaziale entro ilquale operare (se è ancora possibile) questa inversione delprocesso.

Citando lo stesso Koolhaas: “Nel nostro programma con-centrico (l'autore ha speso parte della propria giovinezza adAmsterdam, città dalla centralità assoluta), l'insistenza delcentro come cuore dei valori e dei significati, fonte di ognisignificanza, è doppiamente distruttivo: non solo la semprecrescente massa di dipendenze genera una definitiva intol-lerabile tensione, ma ciò significa anche che il centro deveessere costantemente mantenuto, per esempio modernizza-to. Essendo “il posto più importante” esso deve essere pa-radossalmente, allo stesso tempo, il più vecchio e il più nuo-vo, il più stabile e il più dinamico”.

Il centro economico e culturale è condannato ad au-torigenerarsi a fagocitare energie e risorse per non auto-

distruggersi, o a perpetuare o rinnovare la propria imma-gine con sempre maggiore velocità.

“L'identità centralizza; essa insiste sull'essenza, su un pun-to. La sua tragedia è offerta in semplici termini geometrici.Come una sfera di influenza essa si espande, l'area caratteriz-zata dal centro diventa sempre più grande, senza speranza an-nacquata nella forza e nell'autorità del nucleo; inevitabilmen-te la distanza tra il centro e la circonferenza aumenta fino alpunto di rottura. In questa prospettiva, la recente tardiva sco-perta della periferia come zona di valore potenziale, una spe-cie di condizione preistorica che potrebbe essere infine degnadi attenzione architettonica, è solo una camuffata insistenzadella prevalenza e della dipendenza dal centro: senza centro,nessuna periferia; gli interessi per il primo presumibilmentecompensano per la vacuità della seconda.

Concettualmente orfana, la condizione della periferia, è resapeggiore dal fatto che sua madre è ancora viva, appropriando-si dello spettacolo, enfatizzando le inadeguatezze della sua di-scendenza. Le ultime vibrazioni emanate da un centro esau-sto preclude la lettura della periferia come massa critica. Nonsolo il centro è per definizione troppo piccolo per assolvere aisuoi obblighi ma esso non è neanche più il centro reale ma unmiraggio sulla via della propria implosione; la sua illusoria pre-senza nega al resto della città la sua legittimazione.”

Ma se l'assunto precedente individua nella periferia il cam-po legittimo di operabilità e se è accettabile sostituire al de-finizione “resto della città”, connotazioni geografiche, i ter-ritori in cui sembra essere ancora possibile intervenire nel-le scelte di costruzione dei paesaggi per mezzo delle infra-strutture sembrano essere i luoghi al margine dei processitotalizzanti del centro.

Le periferie geografiche ed economiche del mondo cu-stodiscono le premesse per un inversione di rotta conceden-do un'opportunità rara per confrontarsi con i valori prima-ri della disciplina, fuori dal turbinio dell'architettura con-temporanea.

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Le indagini sui territori ai margini dei processi in atto oc-cidente, in quei contesti che per ragioni economiche, geo-grafiche, sociali rimangono ancora solo superficialmente lam-biti dai fenomeni urbani contemporanei, sono ancora sostan-zialmente assenti. In queste realtà i temi delle reti di scam-bio e di flusso, delle infrastrutture “pesanti” siano esse stra-de, porti o aeroporti, dei nodi commerciali e dei vaghi pae-saggi interstiziali ad esse connesse, si relazionano spesso aduna geografia in attesa di essere colonizzata, ad una storiache resiste dall'essere mercificata, ad una ad una economiamarginale associata ad una modernità ancora in divenire.

In questi luoghi le infrastrutture di supporto allo svi-luppo economico e alla mobilità delle merci, delle perso-ne, ma soprattutto dell'informazione, più genericamen-te “le reti”, variano dall'essere ulteriori contributi alla mo-dernità fino a diventare veri atti fondativi in territori al gra-do zero dell'architettura, fruttiferi di relazioni urbane com-plesse non ancora indagate.

Le “reti” come tessuto connettivo delle relazioniumane: fisiche (come strade, ferrovie ad alta velocità o si-stemi “lineari” in genere), ma anche digitali (le autostra-de informatiche), superano così il concetto stesso di sem-plice mobilità per comprendere quello di connessione-tran-sazione-collegamento (link) al livello culturale, economi-co e geografico. Nei territori marginali, ipodensi, menosviluppati, le infrastrutture tendono ad essere potenzial-mente leggere, flessibili, modificabili, economiche e in mag-giore relazione con l'ambiente e quindi più sostenibili, nonsolo strumenti del movimento nel paesaggio ma elemen-ti di costruzione del paesaggio.

reazioneLa descrizione e la documentazione dei nuovi paesag-

gi della dimensione urbana e territoriale contemporanea,il tentativo di confutare sul piano teorico i presupposti con-cettuali della resa disciplinare alla genericità, rischia di di-

ventare un puro esercizio di stile se l'architettura non saràcapace di incidere attraverso lo strumento del progetto sulsenso delle trasformazioni, rifiutando sia di inseguire lo-giche di rifondazione disciplinare viste come processo ca-tartico verso una nuova dimensione del fare che rischia-no di diventare puri esercizi di antagonismo esistenzialem,sia di cedere a posizioni nichiliste che legittimino una so-stanziale inutilità sociale del progetto.

Con riferimento alla distinzione che Crespi proponeall'interno della prefazione all'edizione Italiana della“Storia dell'Utopia”14 tra eu-topia come modello del vive-re buono o del vivere felice e quello dell'utopia come de-rivato da ou-topia, dall'idea di non-luogo o di un luogo di-verso da quello nel quale ci troviamo, potremmo dire cheper quanto essi siano entrambi segni del superamento del-la crisi della progettualità sociale, la loro distinzione è cen-trale perché si traduce nei fenomeni contemporanei da unlato nella tensione verso il cambiamento come negazionedel reale, nella opposizione, nella denuncia, nell'antago-nismo radicale no global, nell'interferenza culturale, dal-l'altro nell'avanzamento verso la costruzione pragmaticadi un modello auspicabile attraverso la gestione e la ma-nipolazione dei processi attraverso il progetto.

La contrapposizione tra ou-topia, come aspirazione ver-so ciò che non c'è ma che realisticamente non potrà maiesserci, ed eu-topia, in quanto percorso di trasformazio-ne e miglioramento della realtà attraverso il progetto, coin-volge profondamente la disciplina delle trasformazioni ter-ritoriali ed urbane.

A partire da queste posizioni, se si considerano la Cit-tà ed il paesaggio come scrigni del senso del luogo e l'in-frastruttura come campo di operabilità è possibile prefi-gurare nuovi paradigmi che costruiscano nuova identitàsenza perderne?

É possibile l'inversione del processo?

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propositiLa ricerca si prefigge di indagare attraverso lo strumen-

to del progetto d'architettura, le potenzialità spaziali chesi possono produrre dalle relazioni tra le reti e il territo-rio, il paesaggio, l'ambiente; con preferenza verso quei con-testi dove i processi d'accumulazione urbana appaiono an-cora embrionali e pertanto suscettibili di nuove ipotesi ditrasformazione e selezionando i temi che maggiormente

tendano al valorizzare questi rapporti: il recupero di areead esempio che, a causa della loro condizione di margi-nalità, sfuggono sia ad un qualsiasi interesse di valorizza-zione immobiliare sia ad ogni ipotesi di rinnovo urbano.Queste infatti, sottratte alla pianificazione politica o allaprogettualità tecnica, ma spesso spontaneamente organiz-zate, risultano essere più di altre lo specchio delle muta-zioni territoriali.

Il presupposto di partenza consiste dunque nel sottrar-re il tema infratrutturale alla logica che lo vede come ele-mento estraneo o sovrapposto, in ogni caso “altro” rispet-to al contesto; oggetto di cui valutare ex-post le relazio-ni con il paesaggio in termini di “impatto”.

L'infrastruttura vista scome “offesa” o “deturpamen-to”, può essere sostituita da un progetto infrastrutturalecapace di catalizzare i significati latenti dei luoghi.

A partire da queste premesse il tema proposto, in coe-renza con le più recenti ricerche contemporanee, si ponel’obbiettivo di fornire strumenti nuovi per la lettura e peril progetto delle interazioni tra le opere infrastrutturali ei contesti ambientali di particolare rilevanza da essi attra-versati, delineandone possibili chiavi di lettura e di inter-pretazione dei reciproci sistemi di relazione.

Si propone inoltre di individuare attraverso la ricercadi modelli e sperimentazioni, strategie innovative che aiu-tino a qualificare architettonicamente ambiti spaziali e am-bientali altrimenti risolti attraverso le consuete logiche d'in-gegnerizzazione e omologazione tecnico-normativa.

Il documento di sintesi della ricerca si compone di dueparti:

La prima si propone di individuare i cardini e le co-ordinate culturali e storico disciplinari nella quali matu-ra il tema in oggetto, provando a definirne i nuovi para-digmi attraverso il riferimento alle principali esplorazio-ni progettuali e teoriche dell’architettura contemporanea.

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La seconda parte si sviluppa in forma di verifica pro-gettuale su un caso di studio localizzato a partire dalla let-tura del paesaggio condotta da un punto di vista mobilee coincidente con il percorso lungo il tracciato stradale.

L’osservazione cinematica è stata realizzata mutuandouna tecnica di ripresa video e scomposizione analitica svi-luppata dal gruppo diretto dal Prof. Ing. Francine Hubendel TU di Delft (NL) pubblicata nel volume “Holland Ave-nue” e presentata alla Biennale dell’architettura olandesedel 2003 “Mobility” dedicata ai paesaggi della mobilità.

Le riprese video realizzate dall’unità di ricerca di Caglia-ri sono state elaborate per via informatica e rimontate all’in-terno di un software che simula un interfaccia riassuntivadelle principali informazioni relative al percoso, alla posi-zione, alla velocità e che restituisce fotogramma per fotogram-ma le differenti prospettive osservabili dall’abitacolo.

Le osservazioni prodotte dall’uso di questo strumen-to analitico di controllo spazio-temporale hanno informa-to puntualmente le scelte progettuali sviluppate nel casodi studio.

NOTE

1 R. Ingersoll, Jumpct urbanism in «Casabella n. 597-598», 1993.2 M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Milano, Mursia1990.3 C. Norberg-Schulz, in “Genius Loci. Paesaggio, Ambiente Archi-tettura”, Electa 1999.4 Gli ultimi disegni di Louis Kahn per il Centro Civico di Filadel-phia furono sviluppati tra il 1959 e il 1962. In questi elaborati il signi-ficato simbolico dei grandi silos-parcheggi-colossei che apparveronelle prime versioni è amplificato dall’introduzione di un nuovo ele-mento archetipo: il viadotto-acquedotto. Così come i colossei-par-cheggi hanno il ruolo simbolico di definire i centri, i nodi della nuova

città, l’acquedotto-viadotto ha lo scopo di rendere concreta l’astra-zione dello spazio direzionale dell’infrastruttura. La coincidenza tra l’astrazione dell’idea di spazio e della funzione de-rivante dalla modernità con due elementi archetipi della cultura archi-tettonica occidentale (l’anfiteatro e l’acquedotto) rendono questo la-voro la summa dello spazio esistenziale, un progetto-manifesto più chela soluzione ai reali problemi viabilistici di una città come Philadelphia.5 M. Webber, in “Indagini sulla struttura urbana”, Il Saggiatore, Mi-lano 1968.6 K. Lynch, The Image of the City, The MIT Press, Cambridge 1960.7 R Koolhaas, The Generic City, in “S.M.L.XL” The MonacelliPress N.Y., 1995, p.1239.8 M. de Solà – Morales, Territori privi di modello Catalogo “Ilcentro altrove”,Triennale di Milano e in “Progettare Città”, Qua-derni di Lotus, p.104, 1990.9 “Ognuno di questi tre elementi può dominare: qualche volta lastrada si perde per trovare qualche meandro di incomprensibile devia-zione; certe volte non si vedono edifici, solo natura; altre, egualmenteinaspettate, ti trovi circondato soltanto da edifici” in “The GenericCity” op. cit.10 R. Arnheim, “Gestalt Psycology and Artistic Form”, Indiana Uni-versity, Press 1966.11 Si pensi ad esempio alla cosiddetta “Victorian scallop” cono-sciuta anche come “la linea della bellezza”, proposta nel 1753 dall'ar-tista inglese William Hogarth nel suo libro “L'analisi della bellezza”.12 in The Generic City op. cit.13 si pensi al celebre spot di una casa automobilistica francese in cuiin un generica città indiana, un ragazzo locale si affannava a trasfor-mare la sua utilitaria in una fiammante automobile europea.14 L. Munford, Storia dell'Utopia, Donzelli ed., Roma 1997.

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Da quando Daimler, Maybach e Benz cominciarono adavere i primi successi commerciali, producendo veicolicon quattro ruote e un motore a scoppio è passato benoltre un secolo, tuttavia il nostro atteggiamento nei con-fronti dell'automobile rimane ambiguo e contraddittorio.L'attuale condizione contemporanea ed una riflessionenon moralistica sulla realtà del fenomeno, consentono dicondurre il ragionamento su alcune considerazioni car-dine.

Nella cultura dell'auto permane una non facile relazio-ne con i paesaggi ed i fenomeni che essa ha contribuitoa generare; essa si è sempre sviluppata (quasi simmetri-camente) tra i suoi valori positivi ed le loro corrisponden-ti connotazioni negative.

L'automobile è rapidamente passata dall'essere sem-plicemente un nuovo contributo della tecnologia al-l'idea di modernità (poi un accessorio insostituibile), finoa diventare tema artistico e letterario, elevandosi rapida-mente a oggetto di dibattito culturale di dignità propria.

Nonostante la diffusione dell'automobile sia stata trale concause che hanno prodotto l'attuale “genericità” deipaesaggi urbani, in taluni casi essa ha contribuito alla co-struzione di nuove culture e nuovi modelli identitari vei-colati dalla letteratura e dal cinema.

Nel 1934, quando J.B. Priestley nel suo “English Jour-ney”, si scagliò contro la cultura dell'auto, i mutamenti av-venuti nel paesaggio erano ancora poco familiari; egli fusconcertato nel vedere “un'Inghilterra di arterie stradali esottopassi, di stazioni di servizio e officine che sembrano pa-diglioni di una fiera, o cinema giganti e sale da ballo e café,bungalows con minuscoli garages, cocktail bar ecc, e mol-

te altre prove che stiamo per assistere ad una americaniz-zazione della cultura inglese”.

In tempi successivi le posizioni ideologiche di difesaidentitaria, così come gli atteggiamenti quantomenocritici se non d'aperta scomunica, nei confronti dello spa-zio delle automobili si sono da allora alternati e contrap-posti alle strenue difese della modernità e delle trasfor-mazioni indotte sul paesaggio dalla diffusione dell'autodi massa.

Nel 1970 sulla rivista “Life”, John Kenneth Galbraithdescrisse la stazione di servizio come “la più repellente ar-chitettura degli ultimi duecento anni”, tanto da essere cita-to due anni più tardi da Robert Venturi, Denise Scott Browne Steven Izenour ad esempio positivo della “sostanziale il-logicità di resistere all'architettura basata sull'automobile”.1

Cultura e paesaggi della mobilità

La “grande gomma” sul bordo interstatale 94, vicino Dearborn nel-lo stato del Michigan.

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Il tentativo operato dal gruppo di Venturi di promuo-vere l'accettazione dei nuovi spazi generati dalle auto de-scrivendo le potenzialità espressive dei nuovi “oggetti” delpaesaggio, pur sostenuto dagli approcci semiologici nel-le analisi degli spazi urbani basati sul punto di vista del-l'automobile in movimento di “The road with a wiew” e“The Image of the City” di Kevin Lynch del 19602, è sta-to per lungo tempo considerato, specie in Europa, comeun fatto isolato ed episodico privo di conseguenze cultu-rali di vaste proporzioni.

Nonostante l'Architettura del bordo-strada, sotto la loroinfluenza, cominciò ad essere accettata e mediata attraver-so un certo gusto moderno-vernacolare del kitsch-trash,perfino oggi non c'è arteria stradale, né edificio di servi-zio ad essa riferito, che non sia oggetto di derisione da par-te dei critici urbani più tradizionalisti.

É vero, tuttavia, che il tema dell'automobile con i suoipaesaggi sembra contenere realmente un gene di negati-vità, accetta dentro di se tanto il tema della vita e del pia-cere, quanto il brivido del rischio e l'eventualità della mor-te, l'esperienza estetica edonistica del guidare e la conge-stione e il degrado dei suoi paesaggi.

Perfino Rober Moses, il principale artefice del sistemadi mobilità dell'area metropolitana di New York e promo-tore della costruzione delle parkways, ammetteva che unapianificazione basata sulle strade comporta la trasforma-zione di alcune aree in ghetti; conseguenza questa espo-sta per la prima volta nel 1961 da Jane Jacob in “Vita e mor-te delle grandi città americane” , in cui ella descrive gli ef-fetti della suburbanizzazione sulle comunità tradizionali,fornendo indicazioni che furono lette ma non ascoltate inAmerica.

Suggerisce in proposito Peter Wollen: “scrivendo del-l'automobile, sin dal 1986 J.G. Ballard, pose la questione:Autopia o Autogeddon? – Da una parte, si assiste ad un en-tusiasmo per i motori che ha più di cento anni ormai, dal-

l'altra c'è una crescente paura per il lato oscuro dell'auto-mobile – incidenti automobilistici, invasività delle strade,congestione, danni sull'ambiente, estrazione di petrolio, di-spersione urbana, autobombe ecc.”.3

Per Paul Virilio infine “in ogni innovazione tecnologi-ca è presente intrinsecamente seppur celata, la sua negati-vità, ed entrambe fanno parte del medesimo progetto”.4

Tuttavia, osserva Joe Kerr in “Motorspaces”: “Per la mag-gior parte delle persone, questo nuovo paesaggio non richie-de né di essere demonizzato né d'essere idealizzato: esso è sem-plicemente uno spazio da consumare, di cui appropriarsi e dicui godere. Attraverso l'America, e adesso attraverso gran par-te del mondo sviluppato, gli spazi del lavoro, del piacere e leabitazioni sono semplicemente connessi e resi accessibili permezzo delle automobili. Il futuro basato sulle automobili, de-scritto dalle avanguardie, è vero che non si è realizzato 'esat-tamente' come essi avevano previsto, tuttavia esso è sempli-cemente 'avvenuto' lo stesso”.5

Così mentre da un lato la cultura dell'auto e del guida-re si è diffusa sino a diventare un tema estetico per la let-teratura, la pittura, la scultura ed il cinema oltre che na-turalmente per il design, il progetto degli spazi e dei pae-saggi generati dall'era dei motori, sembra essersi sviluppa-

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La catena di montaggio nella fabbrica fordista.

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to in una complessiva indifferenza, ridotto a male neces-sario, appiattito sulla norma e sull'omologazione tecnicadel manuale.

Forse è corretto l'approccio di Koolhas, il quale nel suoscritto “The Generic City” sostiene che “l'auto non è qual-cosa che deve essere emulata, simbolizzata, accettata o rifiu-tata, essa è semplicemente un sottoprodotto della cultura delcapitalismo e della società del consumo”; così l'atto finale delrapporto tra automobile e architettura/urbanistica è che leune tenderanno a dissolversi nelle altre.6

L'automobile come tema estetico“La magnificenza del mondo è stata arricchita di una nuo-

va bellezza, la bellezza della velocità” F.T. MarinettiI futuristi italiani, furono dei primi a vedere nella mac-

china il soggetto dell'arte d'avanguardia individuando nel-la cultura dei motori, della velocità, del frastuono e della po-tenza gli attributi della nuova epoca e il fondamento per l'este-tica del dinamismo e della modernità.7 La realtà della guer-ra meccanizzata uccise gli entusiasmi di molti di loro e cosìfu nel 1920, con la pubblicazione di “Vers une architecture”,che l'automobile diventò stabilmente l'icona industriale delMovimento Moderno.

Mentre per Marinetti, le automobili contemporanee, “sonopiù belle dell'antica Vittoria Alata di Samotracia”, per Le Cor-busier le automobili dimostrano, al pari dei templi Greci,“l'incapacità dell'Architettura del tempo ad interpretare la mo-dernità”.

In quegli anni molti artisti espatriati negli Stati uniti eda New York in particolare, introdussero la nuova sensibili-tà nel mondo artistico locale e la nascente estetica futuristasi traspose nel continente americano dove si mescolò conil varietà, il jazz, il cinema.

Iniziò così una storia di rimandi tra la pragmatica e spes-so avventuristica cultura americana e quella del vecchio con-tinente che, da allora, sembra essere costretta ad assisterein differita agli accadimenti d'oltreoceano, specie in ordineagli sviluppi del rapporto tra Architettura, infrastrutture perla mobilità delle auto e il paesaggio.

In “Vers une Architecture” compaiono alcune immaginidi edifici americani che Le Corbusier descrive come “frut-to della nuova epoca” si tratta in realtà di un edificio di Al-bert Khan, “l'Highland Park plant” di Detroit, costruito perHenry Ford nel 1910. Mentre la “Robie House” del 1909,di Frank Lloyd Wright, oltre ad essere tra le più rappresen-tative del rapporto simbolico tra Architettura e Paesaggioamericano è importante, sostengono Murray Fraser e Joe Kerrin “Motopia: Cities, Cars and Architecture” anche “in relazio-ne all'adattamento alle nuove realtà di vita nei sobborghi diChicago. Non a caso, il cliente, Frederick Robie era uno deipionieri nella costruzione di autoveicoli e la sua casa è la pri-ma del ventesimo secolo ad essere provvista manifestamentee senza ambiguità di un ampio e garage interno e di un'areadi parcheggio dalla quale i proprietari e i loro ospiti possonoarrivare e partire”.

Le Corbusier, a partire dal 1923, si occupò continua-mente di ridefinire il rapporto tra l'Uomo e le sue macchi-ne, in particolare le automobili, alle diverse scale, dall'abi-tazione privata fino alla “Città per tre milioni di abitanti”,

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Ed Ruscha, Standard Oil Station.

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tuttavia è importante ricordare che la relazione tra uomoe macchina fu espressa da LC più in termini teorici e sim-bolici che attraverso i disegni e le rappresentazioni.

Nella “Maison Citrohan” il concetto di macchina soprag-giunge per analogia col fine di perseguire l'efficienza tec-nica e costruttiva delle automobili, mediante l'applicazio-ne dei principi Tayloristi-Fordisti all'architettura.

É con la “Villa Savoye” del 1930, e più tardi nei pro-getti urbani più complessi e diagrammatici della “Ville Con-temporaine” ed il seguente “Plan Obus” per Algeri, che in-daga con maggiore profondità le relazioni tra il nuovo mez-zo di trasporto e l'ambiente costruito.8

Negli anni '30, negli Stati Uniti, circolava un consisten-te numero di veicoli privati (il 50% dei quali Ford model-lo “T”) che potevano muoversi su una vasta rete di stradecostruite durante il periodo bellico; durante gli anni '20, in-fatti, la produzione di autoveicoli ed il numero dei posses-sori si era triplicato. Nel 1925, il comitato di vendita dellaGeneral Motors stabilì che ogni hanno la GM avrebbe do-vuto produrre un modello differente dal precedente non solonella tecnologia ma nello stile.

Il design divenne tanto preminente che numerosi artistifurono chiamati a collaborare con le principali case automo-bilistiche. Per Peter Wollen in “Automobiles and Art” dal mo-mento in cui Sonia Delaunay intorno al 1920 “cominciò adindagare un nuovo rapporto tra l'artista e l'automobile dipin-gendo se stessa e la macchina con il medesimo schema di co-lore: l'automobile fu trasformata in un oggetto artistico”.

L'attenzione generale in tal modo si trasferì prevalen-temente sui veicoli futuribili (la “Cantilever Car” diF.L.Wright del 1920, la “Voiture minimum” di Jeanneret eLe Corbusier sviluppata tra il 1928 e Il 1936, gli schizzi diAdolf Loos per un'automobile Lancia (1923), le automo-bili affusolate dei primi anni '30 di Norman Bel Geddes ela Dymaxion Car di Buckminster Fuller del 1933, il lavo-ro di Mario Sironi per Fiat tra il 1930 e il 1954) o verso gli

aspetti tecnologici e stilistici delle automobili e non già ver-so il progetto dello spazio fisico da esse trasformato.

Tale processo continuò poi ad essere reiterato più re-centemente dagli artisti Pop americani ed europei comeArman, Robert Rauschenberg, César, Victor Vasarely, WolfVostell, Andy Warhol, Larry Rivers, James Rosenquist eRoy Lichtenstein molti dei quali lavorarono contestualmen-te, tra il '50 e gli anni '70, a programmi di sviluppo stili-stico con grandi case automobilistiche statunitensi ma so-prattutto europee come Renault e BMW.

Road generation“Là attorno c'era aria di mistero. La macchina correva

su una strada fangosa elevata sulle paludi che strapiomba-va da entrambi i lati e lasciava pendere dei viticci. Oltre-passammo un'apparizione: un negro con una camicia bian-ca che camminava con le braccia levate verso il cielo d'in-chiostro. Poteva essere che pregasse oppure invocasse unamaledizione. Noi gli saettammo proprio accanto; mi voltaia guardare dal finestrino posteriore per vedere i suoi occhibianchi”9 Jack Kerouac “On the road”

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Elvis Presley al volante della sua Cadillac Eldorado del 1956.

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Come nota J. Flink in “The Automobile Age” (1988) “lamotorizzazione, ha cambiato profondamente il carattere del-le piccole città”; a cavallo tra gli anni '50 e '60, la genera-zione del Rock 'n Roll comincia segnare profondamentela car-culture degli Stati Uniti.

La Ford Thunderbird è commercializzata nel 1954,come risposta alla Corvette della GM, le due scelte pri-vilegiate per i piloti delle gare clandestine.

Furono gli anni di Elvis Presley e di Chuck Berry, maanche di Jeames Dean e di “Rebel without a cause” (1955),di “Kustom Kar Kommandos” (1965) e di “American Graf-fiti” (1973), durante i quali l'automobile fu correlata conuna nuova vibrante cultura giovanile.

La quiete borghese del middle-west cominciò così adessere messa in crisi dal nuovo stato delle cose e i villag-gi tradizionali si trasformarono: al posto dei negozi, arri-varono stazioni di servizio, i garages, i ristoranti e gli innsnei quali transitare stando all'interno delle proprie auto-mobili; per di più, “la diffusione delle automobili nelle fa-miglie come servizio utile al menage familiare cominciò aprodurre cambiamenti destabilizzanti nella struttura dellefamiglie e gli adolescenti in particolare”, sostiene Peter Wol-len: “cominciando a richiedere l'accesso all'auto, scatenaro-no conflitti generazionali minando alle fondamenta la su-pervisione e l'autorità dei genitori. Inoltre l'uso estensivodi questo nuovo strumento da parte dei giovani consentì diestendere enormemente la loro mobilità e il raggio delle al-ternative: l'automobile divenne un luogo scelto per roman-tici interludi e avventure sessuali.”

Così i classici roadmovies rappresentano così spesso unacoppia in fuga attraverso l'America, senza una meta pre-cisa. L'automobile diventa icona di libertà ed il viaggio(spesso a folle corsa) una metafora della ricerca della pro-pria individualità dentro se stessi che finisce come in“Crash” di J.G. Ballard (1973) o in “Thelma & Luise”, dopouna serie d'inseguimenti, distrutta in un crepaccio.10

NOTE

1 Imparare dal paesaggio esistente è un modo per essere rivoluzionarioper un architetto. Gli architetti hanno perso l'abitudine di guardare senzamoralismi all'ambiente, poiché l'architettura Moderna ortodossa è puristica,utopica e rivoluzionaria; essa è disaffezionata alle condizioni esistenti.L'Architettura Moderna è stata tutto fuorché tollerante: gli architettihanno preferito cambiare l'ambiente costruito piuttosto che lavorare conciò che c'è" R. Venturi in "Learning from Las Vegas: The forgotten Sym-bolism of Architectural form", The MIT Press, Cambridge, 1977.Venturi si riferisce ad un articolo di Galbraith apparso sulla rivista “LIFE”il 27 marzo del 1970 dal titolo “To my friends in the affluent society-Gree-tings”.2 K. Lynch, The Image of the City, The MIT Press, Cambridge, 1960e K. Lynch, D. Appleyard, J. Myer, A wiew from the Road, The MITPress, Cambridge 1964. 3 La fonte è nell’introduzione al testo di P. Wollen e J. Kerr, Autopia-Cars and Culture, Reaktion Books, London 2002.4 Il concetto di negatività intrinseca nell’avanzamento tecnologico èespresso da Virilio in un articolo pubblicato sul settimanale “L’Espresso”.5 vedasi P. Wollen e J. Kerr, Autopia – Cars and Culture, op. cit.6 R. Koolhaas, The Generic City, in "S,M,L,XL", The MonacelliPress, Rotterdam 1999.7 U. Boccioni (1901), L. Russolo, Dinamismo di un'automobile (1906)e G. Balla con Velocità astratta e Automobili+Luce+Suono, lo stessoMarinetti con Zang Tumb Tumb e Automobile in velocità.8 Nella Villa Savoy secondo M. Fraser (in Autopia, op.cit.), le propor-zioni sono determinate dal percorso circolare che i visitatori devono com-piere con l'automobile; con un processo analogo a quello con cui l'ar-chitettura classica derivava i rapporti dal corpo umano che lo storico TimBurton definisce "Automobile Vitruviana".9 J. Kerouac, On the road, Ed. Novecento, Milano, 2002. Prima edi-zione italiana Mondadori, 1959.10 Un approfondimento su questo argomento si trova in Autopia – Carsand Culture, op. cit.

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“Nelle grandi città ‘Sears’ ha posizionato i propri magaz-zini sempre fuori dai principali distretti commerciali, susuoli economici, solitamente vicino a grandi arterie auto-stradali con ampi spazi di parcheggio”, dichiarava RobertE. Wood, che fu Direttore generale vendite per una gran-de compagnia di vendita per corrispondenza la “Montgo-mery Ward”. Secondo Peter Wollen “Il primo Centro com-merciale di portata regionale fu costruito in Kansas City,Missouri, nel 1922, mentre il primo centro pianificato comeun complesso commerciale monofunzionale con i nego-zi circondati dalle strade d'accesso, fu costruito a Dallas,in Texas, nel 1931.” A partire dagli anni '50, shopping cen-ter similari furono provvisti di da spazi di parcheggio perdiverse migliaia di autoveicoli.1

Il paesaggio urbano americano è largamente spiegabi-le facendo riferimento alla logica dell'efficienza a breve ter-mine della teoria economica neoliberista: agilità, ricam-bio, scala. Già a partire dagli anni cinquanta negli Stati Uni-ti un mercato veloce, economico e sostanzialmente fuoricontrollo ha dimostrato alle economie locali (anche del vec-chio continente) come fosse possibile raggiungere una mag-giore efficienza (economica) rinunciando sostanzialmen-te a qualsiasi ostacolo legato alla pianificazione o al dise-gno. Questo approccio “scientifico” e pragmatico nei pro-pri propositi si è diffuso in maniera talmente rapida e bril-lante da costituire l'unico motore di reale trasformazio-ne urbana del secondo novecento.

Secondo Koolhas “è il sistema stesso a decidere ciò cheè necessario con estrema rapidità e molto prima che il pae-saggio sia in grado di assorbirlo completamente”.2

Il risultato è quel puro movimento di risorse che si muo-ve spontaneamente per raggiungere un obiettivo senza leviscose limitazioni imposte dalle forze locali, dalle tradizio-ni, dalle specificità di un luogo, dal tempo o dal contesto.

E così si viaggia inconsapevolmente non più in uno spa-zio geometrico ma in uno spazio aritmetico dove ciò checonta sono i numeri del mercato (bacino d'utenza, distan-za, prezzo per unità di superficie, vantaggio fiscale etc, tem-pi di percorrenza, volume edificabile, numero e quote dimercato della concorrenza).

Questa svolta storica nella costruzione del paesaggio,strettamente connessa con il trionfo della cultura del con-sumo e dell'economia del capitale ha privato l'architettu-ra e la pianificazione del proprio ruolo storico di attrici del-le trasformazioni riducendole al ruolo di comprimarie an-che i quei luoghi (l'Europa in primis) laddove forme di re-sistenza politica e culturale avrebbero potuto invertirne orallentarne il processo.3 La caratteristica più interessante,ed allarmante allo stesso tempo, di questo fenomeno è lasua pervasività connessa alla sua velocità nell'attuarsi.

La natura transnazionale, policentrica, diffusa e liqui-da, del capitalismo contemporaneo tende inesorabil-mente alla trasformazione profonda della geografia e delpaesaggio a tutti i livelli, generando da un lato la progres-siva perdita di significato delle classificazioni e dei recin-ti convenzionali su scala planetaria, dall'altro la modifi-cazione profonda delle città e dei paesaggi locali in rela-zione alla contaminazione e ibridazione con modelli, sti-li e marchi, globali.

Viviamo in un mondo di flussi, in cui le relazioni frala realtà globale e quella locale costantemente rimodella-

Omologazione dei modelli urbani

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no la cultura e la società. In questa accelerata interconnes-sione globale, la tradizionale congruenza tra luogo e cul-tura è stata messa in sostanziale crisi dalla diffusione del-la mobilità su vasta scala, dall'accelerazione esponenzia-le dei flussi d'informazioni veicolate dai mezzi di comu-nicazione di massa, dal conseguente incremento del pro-cesso di ibridazione dei modelli e degli stili di vita. Iden-tità e luogo non rappresentano più nozioni “certe”.4

I modelli urbani a bassa densità basati sulla rete del-le connessioni infrastrutturali, inizialmente caratteristicodel middle-west americano hanno in breve tempo ottenu-to successi analoghi nelle periferie suburbane del vecchiocontinente, contaminandone i modelli tradizionali trasci-nati dall'efficienza delle corrispondenti economie e dal-l'omologazione crescente dei riferimenti culturali.

La casa suburbana ha superato di gran lunga il vive-re in centro come orizzonte per la qualità della vita peruna grande fetta della classe media europea.

Nel mondo contemporaneo, questa tangibile instabi-lità dei luoghi, trascinata da questo processo di inarresta-bile omogeneizzazione culturale, sembra essere destinataa provocare un meticciato che stravolge l'autenticità e lacoerenza del paesaggio. I luoghi rischiano di essere unifor-mati in uno spazio privo di significato ibrido e generico allostesso tempo, appiattiti da un punto di vista architettoni-co in collezioni più o meno omogenee di edifici di formastandardizzata, che trasformano la realtà visiva in una sor-ta di flatscape, oppure “rimodellati da un'industria dell'-heritage che cerca disperatamente di ricostruirne l'indivi-dualità locale, livellati nella loro specificità o riprodotti inpaesaggi (disneyficati) che ne spettacolarizzano le forme”.5

A riprova della surreale condizione di instabilità glo-cale6, i protagonisti fisici di questa mutazione territoria-le, siano essi i contenitori della produzione, del consumoe dell'intrattenimento o i sobborghi residenziali, sottopro-dotto del neoliberismo economico globalizzante, diven-tano il campo tangibile di manifestazione per nuove for-me di rappresentazione pseudo-identitaria.7 Sembra qua-si che la reazione psicologica nei confronti della generi-cità dei paesaggi contemporanei si traduca sul piano tipo-logico e linguistico, in particolare nello spazio domesti-co, nella sua caratterizzazione iperlocale, epidermicamen-te antimoderna e pittoresca.8

In “Paesaggi Ibridi”, Mirko Zardini suggerisce di re-cuperare il concetto di pittoresco9 come chiave di lettu-ra del paesaggio contemporaneo: “La dissimetria, la va-rietà, l'irregolarità, l'insolito, la materia grezza, i valori tat-tili diventano le qualità estetiche del pittoresco attraver-so una logica inclusiva ed mediante l'accettazione di unanuova sensibilità basata sul contrasto, la tensione, la di-scontinuità, la frammentazione.”

Ma l'assunzione dell'instabilità e della disarmoniacome canone estetico non spiegano le ragioni per le qualisia così efficiente e diffuso il riferimento alla presupposta

Una pubblicità immobiliare degli anni sessanta.

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“dimensione tradizionale” nell'iconografia e nel linguaggiodella forma costruita pur in relazione (spesso immediata)ad un paesaggio infrastrutturale complessivo che è al con-trario moderno e omologato. É possibile teorizzare che lospazio domestico sia intimamente percepito come l'ultimaroccaforte di uno stile di vita e di una qualità del paesag-gio che si considera ormai irrimediabilmente perduta?

Se così fosse si spiegherebbero le ragioni dell'implo-sione linguistica di segni cui spesso assistiamo nelle villet-

topoli suburbane che sempre più spesso tracima perfinonell'iconografia dei centri commerciali e di intrattenimen-to. Questa forma di apparente resistenza identitaria chetende a surrogare il significato con significante, la cultu-ra dei luoghi con la loro iconografia deve essere interpre-tata e condotta.

É necessario interrogarsi se non sia altro che un sin-tomo della volontà di esprimere il concetto di luogo in que-sti tempi globali e mobili. “In un simile contesto, qualesignificato si può conservare, o ricostruire, intorno al con-cetto di luogo?”10

Se la globalizzazione non significa in modo determini-stico e automatico la fine del concetto di luogo, pone peròserie domande sul modo di concepire il luogo e sul mododi spiegare come mai questi chiedano di mantenere la lorounicità in un periodo di rapido e fondamentale mutamen-to sociale.

NOTE

1 P. Wollen nell’introduzione al testo Autopia op.cit.2 R. Koolhaas, Generica, in “Mutation”, Actar, Barcellona 2003. Nella lettura di Koolhaas lo spazio contemporaneo è la conseguenza del-l’applicazione alla città della teoria neoliberista conosciuta come “del-l’efficienza del mercato”. Si veda anche “The american city” nello stes-so testo.3 A questo proposito è possibile riferirsi al testo di Jeremy Rifkin “Ilsogno Europeo”, Mondadori, 2005. Altri interessanti annotazioni sulleforme di resistenza identitaria si possono trovare nel libro di N. Klein NOLOGO con riferimento ad esempio al sito\gruppo “Adbusters” e in Luo-ghi culture e globalizzazione di D. Massey e P. Jess, Utet, Torino 2001.4 Nell’introduzione al libro “Luoghi culture e globalizzazione” op. cit. Sul superamento dei recinti convenzionali ci si riferisce ai testi di SaskiaSassen, tra gli altri “Le città nell’economia globale”, Mulino e The Glo-bal City: Introducing a Concept and its History in “Mutation”, Actar, Bar-cellona, 2002. Si veda anche “Le economie urbane e l'annullamento delledistanze” in Lotus 110, Electa, Milano 2001, p. 23.

Un centro commerciale. Da “Mutation” op.cit.

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Tokyo Urban Highway. Sezioni trasversali. Rielaborazione M.Kaijima et al. Da "Metropolitan Expressway Guidebook" in 10+1 n.16, Tokyo 1999.

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5 M. Augé, Nonluoghi – Introduzione a una antropologia della surmo-dernità, Elèuthera, Milano 1992.6 È la contrazione di Globale e Locale, usato da diversi autori per de-finire la compresenza della globalizzazione del mercato con una maggiorespecificità e differenziazione degli stili di vita. Cfr. B.P.Lange, Locale\Glo-bale, «Tecnology Rewiew n.100», 1997.7 Il riferimento è all’ipercaratterizzazione spesso stereotipata dellemanifestazioni e dei prodotti della globalizzazione. Ne parla Koolhaasin The Generic City, ma è sufficiente aver presente ad esempio la strate-gia di marketing della McDonald dei Menù “etnici” per capire come ilglobale deve essere localizzato per poter essere venduto.8 Sull’architettura dello sprawl la letteratura è vastissima. Basti citare“Learnig from Lewitton” il corso di progettazione che Rober Venturi de-dicò al Trash-Kitch dell’architettura suburbana americana. Annotazionisono contenute in “Autopia-Car and Culture” e in “Mutation”. Tutta-via l’argomento viene qui solo accennato perchè meriterebbe una trata-zione a parte.9 Sul recupero del concetto di “pittoresco” si veda M. Zardini in Pae-saggi Ibridi, Skira, Treviso 1996.10 in Luoghi culture e globalizzazione op.cit.

Foto di Alex S. MacLean in Casabella 673-64 pag. 154.

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La tecnica è divenuta il segno del meraviglioso (si dice: «lemeraviglie della tecnica») che sostituisce le meraviglie del-l'arte: o meglio, l'arte sembra decentrarsi, avere il compi-to di scenografia adeguata alla tecnica e ai suoi impeti.1

(V. Gregotti)Le valutazione di ordine estetico in ordine al paesag-

gio complessivo generato dalla presenza dei supporti allamobilità di massa sono ormai ben più numerose di un tem-po; esse variano dall'essere entusiastiche lodi, iconoclastenei confronti della città e dell'urbanistica tradizionale, finoalle posizioni più radicali tendenzialmente antimodernee talvolta antistoriche di completa opposizione nei con-fronti dei fenomeni in divenire.

Tuttavia il sentimento di compiacimento nei confron-ti di una realizzazione di carattere infrastrutturale parti-colarmente ardita nelle sue caratteristiche tecnologiche odimensionali è generalmente unanime.

“Date le modeste prestazioni dell'architettura contem-poranea, succede, sempre più spesso di trovarsi ad ammira-re la bellezza delle realizzazioni tecniche; spesso ci capita difare un'esperienza estetica incontrando la bellezza là doveessa si è prodotta quasi inconsapevolmente. (...) Così si è par-lato della bellezza prodotta dal calcolo, o dal buon funzio-namento di un meccanismo, o dalla grandezza di un manu-fatto, o dal superamento di un'ardua difficoltà e sulla basedi questa ammirazione per un qualche esemplare qualcunosi è illuso che un nuovo atteggiamento naturalistico potes-se legittimare ogni realizzazione tecnica perché semplicemen-te oggettiva: buona propria perché priva di una specifica in-tenzionalità estetica.”2 (P.L. Nicolin)

La complessiva ammirazione nei confronti dei risulta-ti della tecnica stradale e delle opere d'ingegneria nel com-plesso può costituire il tema attorno al quale costruire nuo-vi elementi di identità (si pensi all'Holland tunnel o al Gol-den Gate Bridge), tuttavia la mancanza di intenzionalitàsignifica in fondo mancanza di progetto.

Si tratta nei fatti di una sorta di riedizione dell'esteti-ca novecentesca dell'estetica della macchina e della pro-duzione o della standardizzazione, che la disciplina (e lacultura complessivamente) ha già superato: “L'arte delleavanguardie introietta il tema della macchina in forma as-sai diverse: ironiche e di radicale messa in questione per idadaisti, politicamente ottimistiche e pedagogiche per il Bau-haus. (…) Per i Futuristi è soprattutto il movimento ad apri-re l'arte a una costante condizione di instabilità creativa, con-dizione connessa per essi con l'idea di modernità come ve-locità, dinamismo e persino violenza. Per i puristi è la chia-rezza matematica e geometrica della macchina che viene pre-sa a modello figurativo, mentre per i costruttivisti la mac-china è soprattutto strumento etico e produttivo per la co-struzione di una nuova società: nella macchina come sim-bolo del progresso tecnico si alleano il nuovo sociale e il nuo-vo dell'arte.” (V. Gregotti).3

La fiducia nella macchina (qui inteso nel senso gene-rale di tecnologia) e nel progresso come strumento di avan-zamento sociale è (come è noto) intimamente legata ai con-cetti di riproducibilità e di standard cui tutta la civiltà delmoderno ha fatto ampio riferimento. Tuttavia come os-serva lo stesso Gregotti “dopo la metà del XX secolo, que-sta spinta al rinnovamento radicale della Città per mezzodella tecnica e della mimesi del pensiero scientifico si tra-

Omologazione, estetica ed intenzionalità

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duce progressivamente a normativa burocratica o a formedi utopia tecnologica”.

La coincidenza del manufatto infrastrutturale nella suaforma costruita con la norma che lo ha generato non co-stituisce che l'ultimo atto di questo lungo processo di av-vicinamento tra finalità tecnica e finalità estetica.

Il presunto primato della industrializzazione ediliziadurevole fino agli anni sessanta, unito ad un'idea di ter-ritorio tendenzialmente omogeneo ed uniforme, ha pro-dotto il cristallizzarsi del trattato nel manuale, l'omologa-zione del progetto delle opere infrastrutturali alla normagiuridica, fenomeno che è la principale ragione della so-stanziale perdita di identità delle opere stradali in relazio-ne ai luoghi che esse attraversano.

Il tradizionale legame tra tecnica come arte del proget-tare e progetto come struttura razionale che presiede al-l'opera e che genera i suoi ultimi esiti formali nell'archi-tettura, sembra essere sciolto in favore di un processo acri-tico e tendenzialmente oggettivo fruttifero di manifestazio-ni cui solo ex-post si tende ad attribuire qualità estetichein termini tristemente cosmetici o puramente metaforici.

La sostituzione della norma alla regola produce due ef-fetti: da un lato, in un certo senso deresponsabilizza e as-solve dietro il paravento dell'oggettività matematica,aritmetica direbbe Koolhaas), dalla perdita dell'identitàdei luoghi (la critica architettonica contemporanea e l'eco-nomia provvederanno a giustificarne le ragioni); dall'al-tro genera l'arresto del processo di genesi dell'innovazio-ne, il continuo rapporto, ad esempio, tra l'esperienza delfare e il pro-getto del non ancora fatto che “ha caratteriz-zato il progetto di architettura e costituito riferimento im-prescindibile fin quando alla 'tecnica' non è stata sostitui-ta la 'tecnologia', cioè fino al momento in cui l'attività disperimentazione non è stata abbandonata in favore di unariflessione astratta su modalità e procedure in assenza delmanufatto” (M. Aprile) 4

“Estetica dell'ingegnere, Architettura, due cose solida-li, conseguenti, l'una in piena fioritura, l'altra in penoso re-gresso.

L'ingegnere, ispirato dalla legge dell'Economia e guida-to dal calcolo, ci mette in comunicazione con le leggi del-l'universo. Raggiunge l'armonia.”5

(Le Corbusier)

Ma se la presunta armonia raggiunta dai manufatti tec-nologici non è frutto di un'intenzionalità che mira a con-seguire obiettivi estetici ma l'applicazione sic et simplici-ter di un protocollo giuridico, ciò significa che è possibi-le disgiungere l'arte dalla sua intenzionalità?

L'insieme delle motivazioni e delle intenzioni che divolta in volta accompagnano la nascita di un'opera e cheattraverso la soluzione di una molteplicità di questioni che

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Uno svincolo a quadrifoglio, dal “Manuale dell’Architetto”.

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si sono delineate producono il risultato finale sono di perse sufficienti?

Oppure esiste (come suggerisce Gregotti) un'ambitoculturale (e spaziale si potrebbe aggiungere) in cui di vol-ta in volta, l'artista (o il progettista di strade) è immersoe cui continuamente si relaziona?

La questione così come è posta, può apparire un puroesercizio retorico: il progetto dell'infrastruttura sta al luo-go e al suo contesto culturale esattamente come un qual-siasi altro tema di progetto eppure, nella prassi della for-ma costruita, l'approccio più prolifico di manifestazionifisiche sembra aver seguito logiche estranee.

Da un lato emerge, in maniera sempre più evidente ilricorso all'alta tecnologia al fine del raggiungimento diobiettivi estetici, dall'altro il ricorso a metafore organicheallo scopo di rendere tali manufatti infrastrutturali, più ap-petibili sul piano dell'immagine.

La continua ricerca dell'effetto scenografico e della no-vità sembra tendere inesorabilmente ad un fatale ritornoai caratteri decorativi delle arti applicate.

NOTE

1 V. Gregotti in “Architettura, Tecnica, Finalità”, Saggi Tascabili La-terza, Roma-Bari 2003.2 P. Nicolin, “Spazio-tempo e Architettura”, in «Lotus Internatio-nal n. 56».3 V. Gregotti in “Architettura, Tecnica, Finalità” Op.cit.4 M. Aprile , “Tecnica e Progetto” in Assi e Incroci, appunti di ri-cerca in corso di pubblicazione.5 Le Corbusier, Verso una Architettura, a cura di P.L. Cerri e P.L. Ni-colin, Longanesi, Milano 1984.

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Santiago Calatrava, Ponte “Alamillo” e viadotto “La Catuja”, Siviglia1987-1992.

Il logo di “Mobility”, NL.

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Prima della diffusione dell'automobile lo spazio della cit-tà si riferiva a codici teatrali fissi e prospettici. Nell'era deimotori l'esperienza estetica del paesaggio è vissuta cine-maticamente ed a velocità elevate.

Oggi è ovunque accettato il concetto per il quale l'Ar-chitettura convenzionale e l'Urbanistica siano inadatte senon incompatibili con le necessità di una società basatasull'uso dell'automobile. Il paesaggio ha bisogno di esse-re trasformato in una scala comparabile con quanto av-venuto durante la rivoluzione industriale. Tuttavia la re-torica neorealista e antimoderna europea del dopoguer-ra ed una più recente ricerca, forse eccessivamente ozio-sa ed estetizzante, sui non-luoghi o sugli spazi vaghi delnon-finito, hanno rallentato un'indagine organizzata in-torno a temi del rapporto tra l'architettura della città e lacultura dell'auto ed una ricerca tassonomica equivalentea quanto la disciplina architettonica riuscì a produrre perdescrivere la città compatta.1

“I progettisti di strade e di case non hanno ancora rece-pito la lezione di Einstein: lo spazio della fisica moderna èconcepito in relazione a un punto di vista mobile, non comel'entità assoluta e statica del sistema barocco di Newton”avvertiva Gideon in “Space, Time, Architecture”.2

È possibile costruire relazioni a partire da questi prin-cipi? Quali sono gli strumenti e le tecniche giuste per far-lo? Quali i codici interni?

Da Kevin Lynch a Robert Venturi, da Richard Inger-soll fino alle più recenti ricerche di Francine Houben/Me-canoo, Martin Price, Martha Schwartz e Rodolphe Luscher,molti si sono cimentati nell'interpretazione di queste re-lazioni e nel progetto dei loro paesaggi.3

Si tratta in questa sede di provare a riassumerne le prin-cipali chiavi di lettura.

Di seguito sono raccolti in forma glossario (dizionariospecifico disciplinare) gli elementi e i termini attorno aiquali riteniamo sia possibile chiarire (o costruire laddo-ve sia necessario) le corrette sintassi per il progetto delleinfrastrutture, delle architetture e dei paesaggi nelle loromutue relazioni.

Si fa riferimento alle fonti bibliografiche e alle archi-tetture costruite o progettate ed ai relativi apparati icono-grafici.

Sintassi della mobilità: glossario

Carrillo da Graca, Istituto superiore di comunicazione a Lisbona.

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AutomobiliL'insieme delle relazioni che l'automobile ha instaura-

to con il proprio contesto fisico e culturale, a partire dalsuo divenire fenomeno di massa è progressivamente diven-tato complesso e in larga misura contraddittorio. Tuttaviaesistono tre elementi che in varie forme e con diverse de-clinazioni possono essere considerati costanti: il concettodi abitacolo come spazio fisico interno intermedio tra il gui-datore-abitante e il paesaggio; il principio della libertà dimovimento cui ciascun guidatore-cittadino aspira e con-quista con l'acquisto dell'auto; ed infine l'autorappresen-tazione e la proiezione di sé sull'intorno fisico e sociale.

Automobile>abitacoloLa radice etimologica di abitacolo è la stessa di abita-

zione così come di habitat. Esso non è più soltanto lo spa-zio fisico destinato al conducente o ai passeggeri così comeil cofano lo è per il motore, esso è diventato spazio da abi-tare. Se nelle fasi iniziali della storia dell'auto, l'applica-zione delle arti figurative al progetto di autovetture, cheha mutato il tradizionale prodotto industriale della cate-na di montaggio fordista in tema artistico, ne riguardaval'aspetto esteriore e i rispettivi riferimenti simbolici, piùtardi il design automobilistico avrebbe offerto una qua-lità dello spazio interno con standard e applicazione di ri-sorse umane e materiali sempre più prossime a quelle de-stinate alla costruzione dello spazio architettonico.4

Sorprendentemente, mentre i tentativi dell'architettu-ra erano orientati a far diventare le case come le automo-bili5 (Le Corbusier), imitandone i processi produttivi e lecaratteristiche estetiche e prestazionali, gli abitacoli si av-vicinano sempre di più ad includere le doti tipiche dellospazio domestico: confortevolezza, senso di sicurezza e diappartenenza.

Questo strano fenomeno di reciproca rincorsa tra l'au-to e l'architettura dello spazio domestico costringe a rive-

dere i limiti tra i due mondi; la convergenza tra abitacoloe abitare, di cui è possibile trovare gli archetipi nella Dy-maxion car di Buckminster Fuller6 in cui la casa e l'autosi sviluppano a partire dalla stessa radice concettuale, in-duce a considerare l'auto non già in termini di semplice mez-zo di locomozione ma in quanto “contenitore spaziale mo-torizzato”7 secondo la definizione di Willy Muller.

Tuttavia se si accetta l'interpretazione di Koolhaas secon-do il quale “il destino dell'auto è quello di un progressivo pro-cesso di ibridazione con lo spazio della città”8, è necessario por-re l'attenzione su alcuni possibili fraintendimenti.

È necessario cominciare a guardare allo spazio inter-no all'auto come frammento dello spazio della città, ac-cettando che esso stabilisca, alla stregua di un camera convista9, un'insieme di relazioni di tipo architettonico conlo spazio esterno, esse tuttavia non possono essere solo ditipo percettivo o simbolico (come sembra essere rappre-sentato nelle ricerche condotte negli anni sessanta e set-tanta del secolo scorso da Lynch o da Venturi) quanto piut-tosto di tipo organico, strutturale: il parabrezza sta all'au-tomobile come il balcone sta al soggiorno.

Si tratta di ripensare lo spazio della città e dell'auto intermini tipologici a partire dai sistemi di interfaccia: stra-de, parcheggi, stazioni di servizio, drive in etc, sistemi di co-municazione e di orientamento.

Uno dei concetti più comuni connessi al tema del con-tenitore di spazio mobile è la sua dote di impermanenza.10

Il tentativo di superamento dell'abitare stanziale e lapresunta poetica del nomadismo cui si sono dedicate mol-te energie contemporanee non è mai stato accettato total-mente dalla società del consumo, la poetica della mobi-lità non si è mai associata realmente alla dimensione del-lo spazio domestico se non per alcuni fenomeni transito-ri nel tempo e marginali nel significato.

“La metafora della mobilità ha funzionato come para-dosso: mentre gli architetti moderni associavano alla velo-

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cità i concetti di progresso e modernità, l'opinione pubbli-ca ha rinfocolato sempre di più l'aspirazione sociale alla casacome proprietà immobile, tradizionale e regressiva incari-cando altri manufatti di rappresentare l'idea di modernità”11

(W. Muller)L'ultima avvertenza riguarda il tema dell'apparenza este-

riore. Il gioco di continue allusioni incrociate tra lo spa-zio dell'auto e quello dell'architettura conducono a riflet-tere sui meccanismi comuni che oggi ne conducono, in en-trambi i casi, gli esiti formali. Se l'avanzamento tecnolo-gico della meccanica automobilistica è innegabile (cosìcome lo è per l'industria delle costruzioni) ciò che rendeappetibile un modello è, nella maggioranza dei casi, il suoaspetto esteriore: la carrozzeria. L'involucro esterno èl'espressione insieme dell'identità del marchio, della lineae del posizionamento strategico; tutto ciò determina in granparte le decisioni formali ed estetiche fino alla corrispon-dente campagna pubblicitaria. Il processo di nascita e mor-te di una linea, di uno stile, è programmato dalla sua con-cezione fino alla sua rapida obsolescenza, non è difficileleggere in questo un parallelo con l'attuale condizione di-sciplinare.

Automobile>libertà di movimentoLa filosofia e gli studi sociali sono concordi nell'attri-

buire all'automobile connotazioni fortemente simbolicheconnesse al senso di libertà12:”quando comparse come mez-zo alternativo di locomozione l'automobile fu il primo vei-colo (a motore) che poteva essere guidato autonomamente.”(Lomasky).

La possibilità di scelta dell'itinerario, della velocità dipercorrenza, delle tappe, delle soste, della compagnia li-berarono di colpo il rapporto tra l'individuo e la perce-zione estetica del territorio. La contemplazione del pae-saggio, non solo non poté essere più confinata all'inter-no di un rapporto statico di tipo classico ma il viaggiare

nei dintorni divenne un'esperienza estetica frequente e so-prattutto di massa.13

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La pubblicità di una nota marca di SUV.

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Fu subito chiaro che la mobilità tra le città o verso iluoghi di vacanza dovesse avere dignità pari a quella ri-conosciuta ai temi più tradizionalmente urbani.

Richard J.Williams in “Pleasure and the Motorway”14

ricorda, riprendendo un saggio di Peter Hall, che la LongIsland Motor Parkway, appena fuori New York City, co-struita tra il 1906 e il 1911 “fu deliberatamente costruitaper fornire un'esperienza ricreativa”; allo stesso modo pos-sono essere interpretate gran parte della parkways attor-no a N.Y., come dimostrano i ponti leggeri inadatti al traf-fico pesante di tipo commerciale.

Lo stesso appellativo dato dagli americani alla nuovatipologia nascente: parkway o freeway per indicare l'au-tostrada indica il senso di libertà che produce allontanar-si in velocità dalla città attraversando il paesaggio.

La strada è sin dall'origine il luogo di un'esperienzaedonistica ben prima di diventare infrastruttura utilita-ristica.

Alla piacevole passeggiata descritta dagli almanacchiillustrati degli anni quaranta, si associa presto ciò che giài Futuristi Italiani riconobbero come valore estetico e cheBalint nel 1959 in “Thrills and Regressions”, chiama filo-batismo: il piacere del brivido.

Il senso di libertà si associa per la generazione di Jea-mes Dean e di “Rebel without a cause” all'ebbrezza del-la velocità e del rischio, assimilando all'esperienza esteti-ca del guidare le sue ormai consuete connotazioni triste-mente negative.15

Tuttavia adesso che l'automobile è diventata di mas-sa e il suo uso prevalente è spesso all'interno della città,la velocità si è ridotta ed il rapporto con l'intorno è cam-biato: nel traffico la libertà del movimento si riduce e ilpunto di vista torna ad essere statico. “Sarebbe interessan-te”, suggerisce Nicolin, “riflettere sul cambiamento del no-stro rapporto con l'automobile. L'entusiasmo di un tempoè stato messo duramente alla prova. Ai brividi che ancora

intravediamo nei quadri di Boccioni è venuta a sostituirsiuna realtà completamente diversa.

Lo spazio dell'automobile, l'abitacolo, è diventato unospazio deprivato di sensazioni; esso ci invita alla solitudi-ne, ad accendere la radio.”16, o la televisione, come a casa.

Quando la velocità dell'auto si riduce a zero e i popo-losi abitacoli sono deserti, milioni di vani colorati e me-tallici costruiscono passivamente il nostro paesaggioquotidiano.

Automobile>identità individualeCiò che distingue l'automobile dagli altri mezzi di lo-

comozione consiste nel fatto che essa è al contempo unmezzo di trasporto ed uno strumento di autorappresen-tazione. Mentre del treno, dell'autobus vediamo le rispet-tive qualità in termini di efficienza come strumento

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Automobili e lifestyle, da “Autopia” op.cit.

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d'uso, all'automobile solitamente vengono attribuiti for-ti connotati simbolici relativamente alla proiezione di sénello spazio delle relazioni sociali.

Oltre le intuibili implicazioni relativamente al merca-to dell'auto, al design, al dominio dell'immagine pubbli-ca ed ai corrispondenti simboli del proprio status econo-mico non è chiaro come questa questione possa interfe-rire con le caratteristiche fisiche del paesaggio. Tuttaviaè vero che attraverso la scelta delle caratteristiche tipolo-giche della propria auto, ciascuno tenda a stabilire un de-terminato tipo di rapporto con il paesaggio in cui ci si muo-ve, allo stesso modo in cui ciascuno sceglie di instaurareuno specifico campo di relazioni con il territorio o lo spa-zio urbano attraverso la scelta della propria casa.

Gli spot delle case automobilistiche spesso puntano nonsolo a stimolare il senso di appartenenza sociale facendocoincidere lo stile marchio con lo status economico ma sem-pre più spesso alludono ad un determinato stile di vita edi rapporti tra l'individuo e il proprio habitat, sia esso ur-bano, suburbano, rurale o di una natura selvaggia.17

Riprendendo il possibile parallelo tra lo spazio dell'abi-tacolo e quello domestico potrebbe dirsi che alla forte di-stinzione tra le identità dei veicoli così come delle case (cuiin entrambi i casi corrispondono proiezioni della propriaidentità individuale) si relazionano luoghi e percorsitendenzialmente generici che raramente coincidono conlo stile di vita ricercato.

Non è possibile stabilire una sintassi degli elementi delpaesaggio delle infrastrutture senza includere i rapporti conlo spazio mobile contenuto negli abitacoli.

In fondo si tratta di capire qual è il rapporto tra lo spa-zio contenuto e mobile dell'auto e il luogo o i luoghi cheessa attraversa o in cui si staziona: un tema proprio del-l'architettura.

Ritornando alle immagini degli spot automobilistici, ilfuoristrada è sempre fotografato al bordo di un precipi-

zio o si staglia sul crinale di una ripida collina, la city carserpeggia veloce tra gli angusti interstizi del traffico me-tropolitano sostando in spazi di proporzioni minime, laveloce coupè sublima l'immagine del paesaggio in striscedi luce sfuggenti, la capiente monovolume trasportamoltitudini e ingloba lo spazio domestico, l'automobiledi classe fa da basamento alla lunga scalinata monumen-tale classica, la sport utility vagon si adatta flessibile ai di-versi gradi di asprezza della topografia che incontra.

Bidimensionalità“Le insegne di Las Vegas si riflettono persino più verso

la highway che verso gli edifici.La grande insegna, indipendente dall'edificio e più o

meno scultorea o pittorica, si comporta grazie alla sua po-sizione, perpendicolare e ai bordi della highway, alla sua sca-la e qualche volta alla sua forma. Le insegne di Las Vegasusano vari media combinati tra loro: parole, immagini e scul-ture, per persuadere e informare. Un'insegna è contraddit-toriamente, per il giorno e per la notte. La stessa insegnafunziona come scultura policroma sotto il sole e come nerasilhouette in controluce, mentre di notte è una sorgente lu-minosa; ruota di giorno e diventa un gioco di luci di notte;contiene elementi in scala per la percezione sia da vicino cheda lontano.” (R. Venturi)

Nell'architettura del pannello pubblicitario, comedell'insegna al neon della Las Vegas descritta da Ventu-ri, il compito di veicolare il messaggio è affidato nella mag-gior parte dei casi ad un supporto a due dimensioni.

La relazione tra il punto di vista e il quadro da osser-vare è univoco ed unidirezionale, non c'è scambio.

La direzione di marcia dell'auto determina i lato sul qua-le affiggere il manifesto che deve essere illuminato anchedi notte, al di là esso non ha spessore e non ha qualità.

Le dimensioni sono congruenti alla distanza e alla ve-locità di osservazione18, ma il suo spessore non aumenta

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proporzionalmente, sembra sospeso sul suolo, i sostegnisottili sono invisibili alla velocità dell'auto in relazione alsupporto sostenuto e si smaterializzano la notte quandole uniche luci sono puntate sulla strada e sul messaggio infacciata.

L'architettura del pannello stradale ha una decorazio-ne mutevole che cambia ciclicamente in relazione all'esi-genze del mercato, cambiano i colori, le forme, il letteringe il messaggio, la gerarchia degli elementi che compongo-no la grafica dell'immagine; questa impermanenza del mes-saggio19 è una caratteristica che l'architettura non ha an-

cora recepito completamente: “Il tasso di obsolescenza diun'insegna sembra essere più vicino a quello di un'automo-bile piuttosto che a quello di un edificio. La ragione non stanel deperimento fisico ma nella spietata concorrenza dei vi-cini.

Il sistema di leasing operato dalle compagnie di insegnee la possibilità di un totale esonero fiscale possono avere ache fare con tutto ciò. Le parti più singolari e monumenta-li della Strip, le insegne e le facciate dei casinò, sono anchele più soggette al cambiamento; sono le retrostanti struttu-re neutrali dei sistemi di motel che sopravvivono a una suc-cessione di chirurgie plastiche e a una serie di motivi diver-si che si avvicendano sul fronte.”20 (R. Venturi)

Il pannello può trovarsi agganciato ad un muro o allafacciata cieca di un edificio, non c'è relazione tra essi, ognu-no risponde al proprio sistema di riferimento. La relazio-ne simbiotica tra il pannello e l'edificio può essere un temainteressante, i due elementi possono tendere ad ibridar-si o meno, rispondendo ciascuno al proprio scopo.

Lo stesso Venturi distingue tra duck-bulding (edificiopapera) e shed (quinta decorata) come due distinti approc-ci all'architettura della rappresentazione lungo le highways.

Nel primo è l'articolazione spaziale dell'edificio che fun-ge da ornamento e ha il compito di trasmetterne i signi-ficati simbolici, nel secondo caso invece il dispositivo de-corato di facciata risulta essere bidimensionale e disgiun-to dalla restante articolazione spaziale.

Nell'architettura del pannello pubblicitario ad esem-pio la geometria delle forme ricorrenti è legata al corrispon-dente significato simbolico: le proporzioni del rettango-lo stondato, del cerchio o del triangolo equilatero corri-spondono ad altrettante categorie della comunicazione stra-dale: informazione, attenzione, divieto etc. così come l'at-tribuzione del colore.21 Di ciò esistono innumerevoli esem-pi nella storia dell'architettura e quindi non sarebbe di perse un fatto nuovo se non vi fossero applicati i principi di

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La torre KPN di Renzo Piano a Rotterdam.

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risoluzione e di visione cinematica propri invece della re-altà contemporanea.22

BordoNella consueta configurazione della strada è possibile

identificare tre condizioni spaziali distinte: la superficie del-la strada, il campo e il bordo come luogo intermedio tra iprimi due.

In apparenza il bordo può essere definito semplicisti-camente come la soglia netta tra il dominio dello spaziodirezionale della strada e il paesaggio genericamente in-teso come l'altro da sé. Il bordo è una terra di nessuno,un non luogo; è spesso privo di un programma e inutiliz-zato o comunque con poco riguardo rispetto all'esperien-za estetica del guidatore.

In realtà esso è il luogo principale della scenografia del-la strada ed allo stesso quello maggiormente regolato dal-la normativa stradale.

È lo spazio direttamente influenzato dalle conse-guenze della presenza dell'autostrada: è la prima linea.

La gestione delle distanze di rispetto in relazione al po-tenziale trasporto di materiali pericolosi sulla strada, allasoglia del rumore, alla qualità dell'aria così come i siste-mi di sosta e interfaccia, la cartellonistica ed i messaggi,le corsie di decelerazione e gli svincoli con cui la stradasi riannoda al tessuto urbano, il verde di arredo stradale,trovano posto sul bordo.23

Il bordo svolge un ruolo cruciale nelle relazioni tra la stra-da e il paesaggio. È necessario riconsiderare il bordo comecampo operativo ricombinandone la relativa sintassi:

“L'immagine della strip commerciale è il caos. L'ordinedi questo passaggio non è ovvio. La stessa continua Highwaye i suoi elementi di svincolo sono certamente coerenti traloro. La strip mediana serve sia per le inversioni a U neces-sarie alla promenade automobilistica dei vari utenti del ca-

sinò che lentamente si spostano lungo la strip, sia per le svol-te a sinistra verso il locale tessuto di strade attraversato dal-la stessa strip. Le interruzioni dello spartitraffico permet-tono frequenti svolte a destra per i casinò e altri servizi com-merciali, nonché facilitano i difficili passaggi dalla highwayal parcheggio. I semafori funzionano in modo sovrabbon-dante lungo molti lati della strip che sono casualmente, main maniera anche notevole, illuminati dalle insegne; tutta-via, di giorno, la coerenza tra forma e posizione dei sema-fori, nonché le forme ad arco, sono un primo segno di iden-tificazione di uno spazio continuo della Highway e il lororitmo costante contrasta efficacemente con i ritmi irregola-ri delle insegne retrostanti.

Questo rapporto dialettico rinforza il contrasto tra duetipi di ordine presenti sulla strip: l'ovvio ordine visivo de-gli elementi stradali e il difficile ordine visivo delle insegne.La zona della highway è dotata di un ordine comunemen-te accettato, mentre quella esterna alla highway è di ordi-ne più particolare. Gli elementi della highway sono pubbli-ci mentre gli edifici e le insegne sono privati. Combinando-

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Edificio-papera e schermo decorato, da "LFLV".

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si, questi elementi comprendono continuità e discontinui-tà, andare e fermarsi, chiarezza e ambiguità, cooperazionee competizione, comunità e spietato individualismo. Il si-stema della highway dà ordine alle delicate funzioni di usci-ta ed entrata, così come all'immagine della strip in quantounità consequenziale genera i luoghi per far sviluppare leimprese individuali, controlla la direzione generale di que-sto sviluppo permette varietà e mutamento lungo i suoi latie accoglie l'ordine dialettico e competitivo delle imprese in-dividuali. Esiste un ordine lungo i lati della highway, poi-ché varie attività sono giustapposte. (…)

La vicinanza immediata di funzioni rapportate tra loro,come ad esempio su Main Street, dove si cammina da un ne-gozio all'altro, non è richiesta sulla strip perché l'interazio-ne è tra automobile e highway. Ci si sposta in automobileda un casinò all'altro persino quando sono adiacenti, pro-prio a causa della loro distanza e una stazione di servizio ètutt'altro che superflua.”24

Francine Houben e il gruppo Mecanoo in “HollandAvenue – Design road Atlas” individuano due strategie dibase: ripulire il bordo portando il paesaggio a diretto con-tatto con la strada o identificare il bordo introducendo nuo-vo programma indipendente dalla strada e dal paesaggioattraverso il ridisegno degli elementi che possono avereil maggiore effetto sull'esperienza del guidatore: le stazio-ni di servizio, la vegetazione di arredo stradale e le strut-ture di protezione del bordo stradale.

CampoLa nozione di campo è generalmente legata a quella di

profondità, in ottica si definisce profondità di campo l'in-tervallo spaziale entro il quale gli oggetti appaiono nitidi.

In architettura questa relazione può essere recupera-ta insieme allo strumento della sezione per definire l'am-piezza massima di spazio percepibile a partire da un pun-

to di vista. Nell'esperienza del viaggiare su una strada, ol-tre alla sequenza del quadro ottico, è importante la per-cezione della condizione del campo e la sua profondità.

In “Holland Avenue – Design Road Atlas”25 il gruppoMecanoo ricostruisce in modo analitico la variazione del-la profondità di campo sull'anello delle principale auto-strade olandesi.

La misurazione quantitativa non aggiunge di per sé nul-la alla possibilità di manipolazione di tale parametro, tut-tavia ci consente di individuare alcune strategie di adden-samento o rarefazione degli ostacoli ottici sul bordo (edi-fici, barriere o elementi vegetazionali) in modo da modu-lare il rapporto tra il punto di vista ed il limite ottico.

La selezione del panorama può essere un tema interes-sante.

Se è difficile riuscire a superare le restrizioni normati-ve che governano il supporto autostradale è possibile al con-trario operare sul campo, sottolineando elementi del pae-saggio o schermano alcune prospettive, introducendo ele-menti di riconoscibilità a breve e media distanza, lavoran-

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Grafica realizzata con le conchiglie nel progetto di West 8.

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do sulla superficie e sulla sezione. Il progetto di strade nondovrebbe poter prescindere dall'architettura del paesaggio.

È implicito che la nozione di campo debba essere ibri-data e correlata con le nozioni di sequenza e visione ci-nematica: gli elementi che vengono messi in gioco non pos-sono essere considerati nell'ottica del paesaggismo clas-sico di matrice pittoresca ma hanno bisogno di essere ri-distribuiti in un a nuova sintassi.

CurvaturaIl rapporto che regola la velocità di progetto e il rag-

gio di curvatura è il presupposto della geometria del trac-ciato stradale.

Tanto più alta è la velocità di progetto, tanto più gran-de sarà il raggio minimo di curvatura accettabile. Una stra-da pensata per le alte velocità è poco incline alla forma flui-da e mal si adatta alle asperità del suolo.

I progettisti di strade hanno ben compreso che l'esitofinale sarà il giusto compromesso tra i requisiti tecnici e lepossibilità pratiche in relazione ai criteri di economicità.

Il costo di un tracciatosi misura in metri o chilometrilineari e una variazione dal tracciato considerato più equi-librato rispetto a questi parametri appare del tutto irra-zionale.

Per questa ragione è sempre difficile argomentare il pro-getto si un tracciato a partire da presupposti puramenteestetici. Tuttavia il lavoro sulla curvatura potrebbe apri-re esiti del tutto inattesi stabilendo nuove relazioni con ilpaesaggio.

Due progetti del gruppo olandese MVRDV provanoad esplorare le potenzialità inespresse di questa condizio-ne. Sia nel progetto per il Flight forum che in quello perla A6-Almere 2015 le velocità di progetto vengono mo-dulate per relazionarsi alle varie scale dal globale al loca-le, stabilendo connessioni con le reti ai vari livelli.26 In se-condo luogo l'articolazione spaziale diversa dei tracciati

che si snodano a partire dall'elemento autostradale prin-cipale disegnano curve sulla superficie del paesaggio chestrutturano e generano identità.

Nel progetto del Flight Forum, con una notevole in-versione di senso, l'edificato emerge dalla sagoma dellospazio residuale rispetto al tracciato. Il rapporto conven-zionale tra tracciato-bordo e campo è rimesso in giocoquando la curvatura delle corsie seguendo geometrie di-stinte a seconda delle velocità ingloba parti del campo ge-nerando nuove relazioni al bordo.27

JumpcutJumpcut è un termine di origine cinematografica che

sta ad indicare un improvviso salto da un fotogramma al-l'altro, connessi tra loro per soggetto per profondità o persenso. In “A man with a Movie Camera” (1928) Dziga Ver-

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Il progetto di MVRDV per il Flight Forum.

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tov esplora le potenzialità dello strumento del montaggiorappresentando ad esempio la particolare simbiosi che legale veloci automobili della città e il suo personale strumen-to meccanico di trasformazione: il tempo si abbrevia e sispezza, mentre lo spazio tende a scomparire. Per analo-gia il termine è usato per riferirsi all'esperienza estetica pro-dotta dal muoversi a bordo di un'automobile tra un edi-ficio e l'altro.

La velocità infatti c'impedisce di percepire la comple-tezza di uno spazio urbano, obbligandoci a coglierne i fram-menti.

Già Gideon in “Spazio-tempo, architettura” avevachiarito che “L'unità spazio temporale condivisa dal palco-scenico prospettico e dallo spazio pubblico è stata definiti-vamente sconvolta dall'introduzione dell'automobile”.28

Chi guida vede sia quanto sta davanti sia quanto è nel-lo specchietto retrovisore e come nell'esperienza filmicaè il percipiente a dover ricomporre mentalmente i fram-menti singoli frammenti spazio-temporali.

Quando Richard Ingersoll descrive l'esperienza esteti-ca quotidiana del tipico lavoratore di downtown Houston29,va ben oltre il fine consueto di rappresentare le relazioniterritoriali e urbane tra le conurbazioni dello sprawl e l'iper-densità dei centri direzionali mediate dal sistema strada-le; egli in realtà afferma il definitivo tracollo dello spazioclassico a tre dimensioni. La velocità del veicolo può cam-biare rapidamente fino ad arrestarsi con accelerazioni e de-celerazioni impossibili ad un essere umano e ciò cambiaistante dopo istante la griglia delle isocrone spazio-tempo-rali e la scala delle relazioni possibili ad ogni momento.

Lo stesso sguardo alterna continuamente alla dimen-sione geografica del paesaggio quella minima del displayo del tachimetro, il bordo strada e il viso del passeggero.Tutto ciò rende la sequenza totalmente non lineare e as-solutamente imprevedibile. Ciò che definiamo esperien-za della strada non è alla fine che una ricomposizione sog-gettiva di frammenti di una cognizione dello spazio par-ziale e irripetibile per la quantità di variabili che vi par-tecipano di volta in volta.

A differenza della pellicola cinematografica, sul para-brezza dell'auto l'immagine proiettata non è mai comple-tamente identica a se stessa.

Interfaccia“Il parcheggio sul fronte strada costituisce un simbolo:

rassicura l'utente ma non nasconde l'edificio. Parcheggio si-gnifica prestigio: l'utente paga. La maggior parte dei parcheg-gi lungo i lati del complesso permette l'accesso diretto all'-hotel ma resta ancora visibile dalla highway; infatti il par-cheggio si trova raramente sul retro.”30 (R. Venturi)

La sintassi dell'autostrada comprende le regole che go-vernano le sue interfacce.

Lungo il bordo della strada, gli svincoli, i parcheggi,le stazioni di servizio, i caselli autostradali, gli autogrill co-

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Immagine dalla guida dell’automobile club di NYC.

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stituiscono le soglie intermedie tra il dominio dello spa-zio direzionale e la continuità del tessuto urbano. In que-sta condizione intermedia le regole sintattiche si ibrida-no e si mescolano, cambiano i rapporti.

La velocità si riduce gradualmente, alle volte si azze-ra, cambia la relazione tra punto di vista e sequenza delquadro ottico.

Il dettaglio aumenta di importanza, aumenta la riso-luzione. L'araldica delle insegne cambia di scala.

L'abitacolo può ancora costituire lo spazio fisico inter-medio tra l'individuo e l'esterno o può essere completa-mente abbandonato. È necessaria una nuova ergonomiatra l'abitacolo e il dispositivo di interfaccia: la macchinadel casello autostradale, il vassoio del drive in etc. Lo spa-zio dell'interfaccia se è privato (l'autogrill o il drive-in) esi-ge caratterizzazione, al contrario se è pubblico (uno svin-colo) esso è solitamente generico e omologato. Lo spaziodell'interfaccia ha una sua ritualità interna diversa da quel-la dell'autostrada come da quella della città. L'approccio

è inconsapevole e convenzionale ma ricorrente. Lo spa-zio dell'interfaccia è indipendente dall'uso: esso può es-sere alcova, campeggio, belvedere, corsia di emergenza,binario preferenziale, campo sportivo e foro pubblico tut-tavia esso è progettato per essere monofunzionale.31

Landmark“Il paesaggio della mobilità offre le autentiche sensazio-

ni vitali alle quali aspira un urbanista. Non soltanto grandiestensioni di terreno ma anche icone di cultura: profili di cit-tà e aeroporti, decorazioni notturne di zone industriali e com-merciali, ponti atletici o dighe in un movimento che generaun sentimento di scala e di proporzione rispetto al mondo”.32

I landmarks sono strutture territoriali rispetto allaquali è possibile stabilire la propria posizione relativa.

Storicamente i cosiddetti portolani, erano delle rappre-sentazioni cartografiche che indicavano elementi visibilisulla costa, consentendo ai navigatori di localizzare il pun-to di stazione attraverso operazioni geometriche di trian-golazione.

Questo semplice principio (oggi adottatato ancheper il Global Positioning System, mediante sistema dei sa-telliti in orbita geostazionaria), è comunemente, perquanto intuitivamente, adottato da chiunque si muova invelocità lungo una strada. In “The wiew from the road” que-sti elementi vengono chiamati “elementi di attenzione” enon necessariamente devono essere il frutto di un proget-to specifico, anzi spesso il sistema degli elementi che de-finiscono la posizione rispetto al territorio può cambia-re in relazione alla velocità del moto: alle alte velocità ilcampo visivo si restringe e si tende a cercare punti di ri-ferimento lontani e presenti nel quadro ottico anteriore(relativamente più stabili e più marcati), viceversa alle bas-se velocità è possibile che gli elementi cambino di natu-ra e siano posti all'interno del campo della visione peri-ferica e laterale.

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Stazione di servizio. Samyn e partners.

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Al contrario di quanto avviene alle basse velocità, il rap-porto tra il punto di vista e gli elementi che marcano il pae-saggio all'interno del quadro ottico sequenziale non è co-stante. L'automobile non solo può accelerare o decelera-re, ma può curvare a destra o a sinistra o aumentare o di-minuire la quota in relazione all'andamento della strada; ciòproduce il cosiddetto “movimento del campo”33 o movimen-to apparente dei punti di riferimento sullo sfondo o in pri-mo piano: essi possono ruotare o scomparire perdendo im-provvisamente importanza. La quantità delle variabili in gio-co è tale (moltiplicando le infinite combinazioni tra velo-cità, percorso dei veicoli, soggettività del sistema di riferi-mento, condizioni ambientali) che pensare di controllarleparametricamente e progettualmente appare realisticamen-te troppo complesso. Rimane però il messaggio che un edi-ficio landmark può veicolare: io sono qui, e tu?

Punto di vista La maggior critica condotta all'approccio percettivi-

stico proposto da Lynch, Myer ed Appleyard in “The View

from the road” consistette nel sottolineare quanto le sen-sazioni prodotte dall'esperienza estetica del viaggiare fos-sero del tutto soggettive. Non era cioè possibile, in que-sto caso, far derivare in modo deterministico una regoladall'osservazione empirica. Sebbene questo processo si co-munemente alla base della ricerca scientifica modernaavrebbe dovuto adattarsi maggiormente alla molteplici-tà delle varianti in campo. Il punto di vista dell'automo-bilista è considerato come un'entità geometrica, non comel'interfaccia ottica di un filtro sensoriale.

La psicologia della percezione ci ha insegnato che nontutto ciò che viene visto viene filtrato in modo univoco maal contrario esso assume connotati diversi a seconda del re-gistro emozionale del momento. Ciò significa che a pari-tà di velocità, a parità di accelerazione, di relazione con glialtri elementi mobili in campo e di condizioni ambienta-li ciascun individuo difficilmente produrrà la stessa cate-goria di sensazioni. Il punto di vista come entità geome-trica mobile in accelerazione-decelerazione deve essere so-stituito dal concetto di percipiente il cui profilo-tipo con-tribuisce a determinare l'insieme delle relazioni e gli ele-menti che vengono messi in gioco. Quando il gruppo Me-canoo comincia a costruire analiticamente i termini dellasintassi stradale in Holland Avenue, distinguono chiaramen-te le informazioni derivate in modo analitico e tendenzial-mente oggettive dai fattori che vengono definiti aleatori.

I parametri che definiscono gli utenti della strada sono:quando, perché, tipo di veicolo, durata del Viaggio, età e ge-nere, passeggero o guidatore. Dalla combinazione di que-sti parametri base si ottiene il profilo medio di una deter-minata categoria di utenti ai quali corrisponderà (in me-dia) un determinato tipo di approccio all'esperienza delviaggio. Si ha così che i punti di riferimento o landmarksdel camionista saranno prevalentemente notturni, cosìcome l'attenzione del tassista sarà orientata prevalentemen-te sul traffico e meno sul paesaggio (che gli è familiare),

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(Foto G. Chiri).

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al contrario il passeggero troverà più interessante guarda-re fuori dal finestrino orientando il proprio punto di vi-sta verso il campo.34

RiferimentoLa velocità dell'automobile ci impedisce di percepire

la completezza di uno spazio urbano, obbligandoci a ve-dere frammenti di un ambiente piuttosto che il tutto.

“Chi guida vede sia quanto gli sta davanti sia quanto ri-flesso dallo specchietto retrovisore e cerca punti di riferimen-to a grandi distanze, con una tecnica simile a quella dei na-viganti: un pannello pubblicitario o un cartello stradale, unsovrappasso o uno svincolo, una torre, una pala eolica, le lucial neon o i bruciatori di una raffineria di notte, partecipa-no alla costruzione del nostro sistema di riferimenti: lan-dmarks e paesaggio”.35

L'esperienza estetica della guida diventa allo stesso tem-po lettura soggettiva dei segni lungo o attorno al percor-so e manifestazione oggettiva dell'identità del paesaggio.Tuttavia non è necessario che gli elementi di riferimentosiano il frutto di un processo intenzionale o di un sistemacodificato a priori.

Nelle attuali condizioni economiche e disciplinari del-l'architettura e dell'urbanistica è realisticamente impossi-bile, oltre che anacronistico, tentare di proporre e giusti-ficare nel processo di pianificazione della città l'esigenza

di introdurre elementi di riferimento urbano come furo-no i campanili, le torri e le cupole del passato.

“Louis Khan, nel suo Plan for Midtown, Philadelphia,1961-62, propose un pattern dei movimenti per un piano deltraffico che prende forma dai flussi automobilistici e trovail suo punto di esaltazione nei parcheggi disegnati come tan-ti “colossei”. Di fatto il “colosseo” è da intendere come lan-dmark. Sicuramente in tale preoccupazione nell'uso degli edi-fici come segnali per favorire il movimento, si può ravvisa-re una risposta alle preoccupazioni di Kevin Lynch. Di con-seguenza anche in Kahn possiamo ravvisare il venir menodella pienezza della parola architettonica, vediamo emerge-re quella crisi dell'architettura che la investe in una oscilla-zione tra ontologia del linguaggio e riduzione semantica.”36

(P.L. Nicolin).

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Louis Khan. Philadelphia Plan.

Profilo utente-tipo da “Holland Avenue”, Mecanoo op.cit.

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I tentativi di rappresentazione del parcheggio-colos-seo-landmark del Piano di Philadelphia di Louis Khan de-vono essere letti quindi più in chiave provocatoria e sim-bolica che in termini oggettivi.

Tuttavia è certo che esista di fatto un sistema di rife-rimento istintivo che ciascuno adotta nell'orientarsi nel pae-saggio, i cui componenti possono essere di ordine archi-tettonico, manufatti industriali o elementi naturali; l'ar-chitettura delle infrastrutture può contribuire al disegnodel paesaggio operando delle azioni di attribuzione di sen-so, di selezione o di risonanza tra gli elementi che com-pongono il sistema di orientamento.37

L'autostrada intesa come campo di operabilità dell'ar-te di “The View from the Road” e la città interpretata comedispositivo per la comunicazione dei messaggi di “Lear-ning from Las Vegas” sono entrambe dispositivi urbani po-sti in relazione con il moto veicolare ma mentre in “Lear-ning from Las Vegas” si impongono i messaggi espressa-mente dedicati a un obiettivo comunicativo, in “The Viewfrom the Road”, sono invece valutati sotto l'aspetto comu-nicativo ex post elementi urbani e naturali che formanol'ossatura del territorio – edifici, ponti, sottopassi, l'attra-versamento di un fiume o rincontro con una linea ferro-viaria.

Come osserva Nicolin: “Nella realtà, le due comunica-zioni si sovrappongono, e molto spesso la veduta dalla stra-da non ci appare più come film, come una narrazione ordi-nata e sequenziale, ma come uno zapping televisivo dal rit-mo mutevole, aleatorio e imprevedibile.”38

Il percorso e l'esperienza estetica del viaggio in autonon assomiglia più in questo senso al percorso narrativoclassico in cui i segni del nel paesaggio trasmettono cia-scuno un frammento di un codice in una sequenza pre-ordinata, al contrario permangono nella condizione di unsistema di relazioni instabile e mutevole.

Risoluzione«Avete mai visto quei cartelloni pubblicitari alti come

grattacieli ai margini delle autostrade appena fuori città? Losapevate che una volta i cartelloni pubblicitari erano alti almassimo sei o sette metri? Ma poi le auto sono diventatecosì veloci che si è reso necessario dilatare la superficie ri-

servata alla pubblicità, perché gli automobilisti avessero iltempo di leggerla passando.»

«No, non lo sapevo, questo!» E Montag scoppiò brusca-mente a ridere.39

La nozione di risoluzione è legata al concetto di scala.In termini fotografici, la risoluzione è la misura di quan-

to un sistema ottico è in grado di discernere, o separare,i minimi dettagli del soggetto per darne una dimensione

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Robert Venturi, Magazzini “Best”, Oxford Valley, Philadelphia.

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visibile. Un'economia corretta delle risorse all'interno diqualsiasi dispositivo significante sia esso fotografia, com-puter graphic, cartellone pubblicitario o facciata di un edi-ficio, vorrebbe che il livello di dettaglio predisposto sia tan-to minore quanto maggiore sia la distanza del punto di vi-sta o la sua velocità di moto.

In architettura, la qualità architettonica di una faccia-ta passa sempre meno per la qualità del suo dettaglio quan-to sempre più per la capacità di veicolare con immedia-tezza il proprio messaggio. Lo stesso “Learning from LasVegas” ed opere come “Fire Station n. 4” a Columbus, In-diana (1964), gli edifici dei magazzini “Basco” e “Best” inPennsylvania (1977) o il “National Football Hall of Fame”a New Brunswick, New Jersey (1967), sono esplicite le-zioni di un'architettura disegnata per essere consumata dal-l'interno di una vettura in movimento.40 In questo sensoil significato architettonico e la distanza unita alla veloci-tà di moto del soggetto destinatario del messaggio sonostrettamente correlati. Se ci si riferisce ad esempi come il“chilometro rosso” di Jean Nouvel sembra che l'architet-tura contemporanea abbia ben interpretato questo elemen-tare principio, tuttavia per trovare dei parametri oggetti-vi che spieghino oggettivamente questo insieme di rela-zioni è necessario ancora una volta riferirsi alla norma giu-ridica piuttosto che ad una regola interna alla disciplinadell'architettura.

Ritmo“L'autostrada è una forza lineare orizzontale e l'architet-

tura dovrebbe interagire con questo flusso di forze orizzon-tali. Il ritmo di questo movimento orizzontale può essere pa-rallelo o perpendicolare alla strada, possono serpeggiare o on-deggiare lungo la strada oppure attraversarla da sopra o dasotto…Un'architettura del colore può collegarsi ad un'archi-tettura del ritmo e del movimento lungo la strada. Luci, pali,pannelli metallici, messaggi dipinti o stampati propongono

infinite possibilità interessanti. Raggi di colore utilizzati rit-micamente, come le sculture di Judd, propongono una dram-matizzazione efficace della dinamica del movimento.”41 (Mar-tin Price)

Il moto lungo la strada genera una sequenza di im-magini e di elementi la cui successione e progressione

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Alcune immagini dal “The View from the road”, K. Lynch.

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può essere gestita e scandita da accadimenti puntuali allediverse scale e con un proprio ritmo; dal momento chesarebbe misurata in unità di tempo, gli effettivi interval-li di luogo dipenderebbero dalla velocità a cui si viag-gia.

La qualità di questo ritmo può essere il tema della com-posizione tendendo all'armonia o al contrappunto.

“L'andamento del percorso dovrebbe avere lo stesso sen-so di ritmo vitale e di movimento del tracciato dello sciato-re, una fluidità che dovrebbe interrompersi, ogni tanto, peruna sorpresa, per un capriccio, per una improvvisa alterazio-ne del ritmo.

Il movimento deve seguire un'armonia coreografica, unacontinuità con varianti che evita i due eccessi opposti: unadrammaturgia troppo serrata, troppo eccitante e faticosa, ela monotonia provocata dalla mancanza di un ordine leg-gibile e di un ritmo chiaramente percepibile”.42

(Lynch, Myer, Appleyard)

Sequenza del quadro otticoIn “The View from the road”, Appleyard, Lynch e Myer

descrivono l'esperienza di guida dell'automobile come una“sequenza proiettata per gli occhi di un pubblico prigionie-ro, in qualche modo pauroso, ma parzialmente distratto, lacui visione è filtrata e diretta in avanti”43(Lynch).

L'abitacolo della vettura è una stanza con quatto fine-stre. Le immagini e le sequenze ottiche sono proiettate inrapida successione sul parabrezza e sui vetri laterali o sullunotto posteriore.

Questa condizione cambia il rapporto convenzionale trail percipiente e la città nel godimento della sua esperienza.

Robert Venturi segnalava in Learning from Las Vegascome la rappresentazione della Strip fosse più comples-sa con gli strumenti della fotografia tradizionale.44

“La Strip non è fotogenica!”.

Il filmato, ossia la sequenza rapida di fotogrammi de-scrive l'idea di successione e di cambiamento della rela-zione topologica tra gli elementi che sono protagonisti delquadro visivo. Questo tipo di relazione può essere rappre-sentato ed opportunamente gestito.

In “The wiew from the road” si suggeriscono alcune pos-sibili strategie di manipolazione: “le sequenze visive alle-stite per l'automobilista si propongono di determinare le im-pressioni legate al senso del movimento”.

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Sequenze da "The View from the road", K. Lynch.

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Per esempio, una teoria di elementi periodici ravvicina-ti e allineati lungo il margine accresce il senso della velo-cità, mentre l'assenza di termini di riferimento provoca lasensazione opposta.

Effetti analoghi sono suscitati dall'ampiezza dei raggi dicurvatura, dalla grana delle pavimentazioni, dalla distan-za e dalla localizzazione dei traguardi ottici. Il controllo pro-gettuale di questi elementi induce reazioni e comportamen-ti prefissati in termini di velocità, di livelli di attenzione,e quindi di sicurezza, e anche di piacevolezza della guida.”45

Per gli autori di The View from the Road, è possibile ge-stire la comprensione del percorso operando delle vere eproprie manipolazioni percettive: una deviazione improv-visa, ad esempio, dovrebbe essere marcata da un segno sulquale la strada possa fare perno rendendo la rotazione unelemento di variazione positiva e non una interruzione del-la continuità percettiva.

SuperficiLa maggior parte dello spazio occupato dall'infrastrut-

tura è occupato dalla superficie del manto stradale, tut-tavia questa osservazione per quanto banale sembra sfug-gire inspiegabilmente alla riflessione progettuale.

Soffocata dalla normativa prescritta nel codice della stra-da, la superficie sembra essere sottratta al campo dell'ope-rabilità rinunciando a grandi potenzialità ad oggi inespres-se.

Nella Las Vegas di Venturi, i supporti per la trasmis-sione del messaggio simbolico nella città sono di tre tipi:le insegne, le facciate degli edifici, gli elementi isolati diservizio (le cappelle dei matrimoni, i fast-food etc).46

La superficie della Strip, per quanto attraversata da mi-lioni di veicoli, non entra nel gioco narrativo.

La comunicazione è tutta privata, la superficie della stra-da è pubblica e non ha da comunicare alcun messaggio.

Il supporto del fondo stradale potrebbe essere il

nuovo orizzonte della comunicazione stradale47: una bil-lroad.

L'oggetto del messaggio potrebbe essere commercia-le, come nel caso dei billboards della Strip o di altro tipo.Come nella strada dal pavimento giallo del Mago di Oz,la superficie di ciascuna strada potrebbe essere caratteriz-zata per renderla unica e distinta dalle altre. Con un ap-proccio site-specific48, la superficie della strada potrebbecontribuire a sottolineare alcuni aspetti e potenzialità la-tenti caratteristiche del luogo, uno scorcio, un panorama,una curva, un elemento lontano.

In “Asfalto, nuova crosta terrestre”, Mirko Zardini af-fronta il tema del progetto di strade a partire dal suo ele-mento primario, il suo materiale. Ubiquo, economico, na-turale e riciclabile l'asfalto sembra essere destinato a ri-manere a lungo protagonista del paesaggio urbano con-temporaneo.49 Eppure ad esso viene associata simbolica-mente la negatività indotta dal paesaggio delle infrastrut-ture, contrapponendo ad esso strategie di rimozione, il de-paving, come presunto ritorno allo strato topografico pri-migenio e la riconquista di una migliore qualità della vita.

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Zaha Hadid, Strasburgo, Parcheggio intermodale.

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Da quando esso, agli albori della motorizzazione, fu ac-colto come ennesimo splendido prodotto della moderni-tà che avrebbe liberato le strade (e i polmoni) dal subdo-lo diffondersi nell'aria delle polveri fini, il rapporto conquesta superficie sembra aver cambiato segno.

Visione cinematica (...) I progettisti di strade e di case non hanno ancora re-

cepito la lezione di Einstein: lo spazio della fisica moderna èconcepito in relazione a un punto di vista mobile, non qualel'entità assoluta e statica del sistema barocco di Newton. 50

(S. Gideon) Prima dell'avvento dell'automobile, lo spazio della cit-

tà si riferiva a codici teatrali fissi e prospettici; oggi lo spa-zio della città è vissuto cinematicamente. Il passaggio trauna relazione statica ad una dinamica è di importanza paria quello descritto da Leonardo Benevolo in “La catturadell'infinito”, tra la sintassi rinascimentale legata alla vi-sione binoculare e lo spazio barocco di Vaux le Vicom-te, Marly e Varsailles.51

“La percezione del movimento lungo una strada avvie-ne all'interno di un ordine strutturale di elementi costan-ti: la strada, il cielo, il ritmo dei lampioni e le strisce gial-le, che costituiscono un sistema di orientamento, mentre ilresto accade semplicemente! Lynch ha scoperto che più del-la metà degli oggetti osservati lungo una strada, sia da chiguida che dai passeggeri, sono quelli che si trovano propriodi fronte a loro, mentre a mala pena vedono gli oggetti po-sti ai lati, come se portassero i paraocchi, Ciò spiega perchél'insegna deve essere grande e collocata lungo la strada: cir-ca un terzo dell'attenzione è inoltre concentrata sugli ogget-ti “in movimento” piuttosto che su quelli stabili, ad eccezio-ne di quando l'osservatore oltrepassa una barriera visiva eper riorientarsi scruta un nuovo paesaggio. La velocità è ilfattore che determina l'angolo focale, sia per chi guida cheper i passeggeri. Gli incrementi di velocità diminuiscono l'an-

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Alcune immagini dal "The View from the road", K. Lynch.

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golo focale con un conseguente spostamento visivo dal det-taglio al generico; l'attenzione si sposta sui “punti di deci-sione”. Le sensazioni corporee della velocità sono, in effet-ti poche all'interno di un'automobile e la nostra sensazio-ne di velocità dipende da quel che vediamo. Gli oggetti checi passano sopra aumentano in modo consistente il senso divelocità”.52 (Daniel Scully e Peter Schmitt)

In quest'ottica Venturi mette in relazione il rapportotra lo spazio-scala e la velocità di fruizione dello spazio conil grado di simbolizzazione nel rapporto insegna-simbo-lo-edificio dimostrando come i tre elementi siano legatoda una relazione osservabile per quanto ancora poco ap-partenente agli strumenti disciplinari usuali.53

NOTE

1 La descrizione dello spazio delle reti e delle infrastrutture inizia a farsispazio agli inizi degli anni novanta, tuttavia la riflessione sembra non riu-scire a proporre un’immagine analitica della questione, ricorrendo fre-quentemente alla retorica del non-luogo.2 S. Gideon, Space, Time, Architecture, Harvard University Press,1962.3 Le fonti prevalenti in questo testo sono quattro: Learning from LasVegas di Venturi, The Image of the city e The wiew from the road di Lynch,Holland Avenue di Mecanoo. Questi testi al contrario di altri propon-dgono un approccio “tecnico” nella tradizione del “manuale”, sono perquesto più adatti a chiarire le sintassi dei singoli temi in relazione alla que-stione delle infrastrutture. Secondariamente si è fatto riferiento agli ar-ticoli più recenti ed ai progetti pubblicati.4 P. Wollen, Automobile and Art in “Autopia – Cars and Culture”, Re-aktion Books, London 2002.5 A. Tzonis, Le corbusier la poetica della macchina e della metafora, Riz-zoli, 2001.6 Sulla Dimaxion Car è possibile consultare The Downfall of the Di-maxion Car di M. Pawley in “Autopia – Cars and Culture”,op.cit.7 In Cars? «Mobility – Quaderns n. 218».8 In The Generic City, in S.M.L.XL., op.cit.9 È la definizione che M.L. Calabrese e F. Houben danno dello spa-zio dell’abitacolo in relazione al paesaggio esterno. Si confronti il Cata-logo “Mobility” op.cit. In particolar modo l’introduzione di M.L. Cala-brese “Overture”.10 La definizione è di Willy Muller in Cars? «Mobility – Quaderns n.218» op.cit.11 Cars? op.cit.12 A questo proposito R. Moses soleva dire che piuttosto che portarela Natura a Manhattan egli avrebbe consentito ad ogni Newyorker di rag-giungerla all’esterno.13 Il programma dichiarato di Henry Ford consisteva del resto nel do-tare ogni americano di una Ford modello T.14 In “Autopia – Cars and Culture”, op.cit.15 Si è accennato a questo in ordine alla negatività intrinseca e alle con-traddizioni della car culture.16 P.L. Nicolin in Metamorfosi dell'Architettura urbana, «quaderni diLotus» p.17, op.cit.17 Su questo argomento si veda Men, Motors, Markets and Women in“Autopia – Cars and Culture”, op.cit.

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18 Principio peraltro contemplato dalla normativa sulla sicurezza stra-dale.19 Il tema dell’impermanenza del messaggio è per esempio ripresonella Torre KPN a Rotterdam di Renzo Piano.20 Venturi, Scott, Izenour, Learning from Las Vegas: The forgotten Sym-bolism of Architectural form, The MIT Press, Cambridge 1977.Venturi ricostruisce la gerarchia interna del pannello pubblicitario. Cia-scuna parte ha il compito di veicolare il messaggio a una data scala e aduna determinata velocità.21 Tuttavia messaggio può essere ambiguo e relativo al contesto cultu-rale. Venturi fa l’esempio della Cina dove nei semafori Rosso e Verdesono invertiti.22 Si pensi al “chilometro rosso” di J. Nouvel o all’Istituto Superiore dicomunicazione di Carrillo da Graca.23 Mecanoo Architects, Holland avenue – Research and design RoadAtlas, The Hague, 2003.24 Venturi, Scott, Izenour, Learning from Las Vegas: The forgotten Sym-bolism of Architectural form, The MIT Press, Cambridge 1977.25 Mecanoo Architects, Holland avenue – Research and design RoadAtlas, The Hague, 2003.26 MVRDV, Living along the highwa, in «Quaderns n. 218», Collegid’Arquitectes de Catalunya, 1997.27 Lo stesso concetto è ripreso da Mecanoo Architects in Holland ave-nue – Research and design Road Atlas, The Hague, 2003.28 S. Gideon, Space, Time, Architecture, Harvard University Press,1962.29 R. Ingersoll, Jumpcut urbanism in «Casabella n. 597-598».30 Venturi, Scott, Izenour, Learning from Las Vegas: The forgotten Sym-bolism of Architectural form, The MIT Press, Cambridge 1977.31 Si veda la descrizione di R. Venturi, Sintassi della stazione di servizioin "Learning from Las Vegas”, op. cit.32 G. Adriaan, A yearning for authentic city, in West 8, Rotterdam, 01Publishers, 1995.33 K. Lynch, D. Appleyard, J. Myer, A wiew from the Road, The MITPress, Cambridge 1964.34 Mecanoo Architects, Holland avenue – Research and design RoadAtlas, The Hague, 2003.35 Lynch, Appleyard, Myer, The wiew from the Road, The MIT Press,Cambridge 1964.36 P. Nicolin in Il Paesaggio delle Freeway, Lotus Navigator-EditorialeLotus, Milano 2003.37 In “Louis Kahn: In the Realm of the Architecture” di David B.Brow-

nlee/David G. De Long Pref. V. Scully.38 P. Nicolin in Il Paesaggio delle Freeway, op.cit.39 R. Bradbury, Farenheit 451, Oscar Mondadori, Milano 2004.40 P. Wollen, Cars and architecture in “Autopia”, Reaktion Books, Lon-don,2002.41 M. Price, Resonating with the highway in «Quaderns-Mobility n.218», 1998.42 K. Lynch, The wiew from the Road, The MIT Press, Cambridge1964.43 “The wiew from the Road”, The MIT Press, Cambridge, 1964 diLynch, Appleyard e Myer, 1964.44 Venturi, Scott, Izenour in Learning from Las Vegas: The forgotten Sym-bolism of Architectural form, The MIT Press, Cambridge 1977.45 “The wiew from the Road”, op.cit.46 R. Venturi e alt. “Learning from Las Vegas: The forgotten Symbo-lism of Architectural form”, The MIT Press, Cambridge 1977.47 È una delle suggestioni proposte nel manualetto dei Mecanoo Ar-chitects, Holland avenue – Research and design Road Atlas, The Hague,2003.48 Si vedano ad esempio i progetti di M. Schwartz la quale lavoraspesso con la sola attribuzione del colore e della grafica all’asfalto.49 Uno stralcio ampio è pubblicato in “Asfalto: una corsa attraverso lacittà” in Lotus Navigator “Il Paesaggio delle Freeway”, Editoriale Lo-tus.50 S. Gideon, Space, Time, Architecture, Harvard University Press,1962.51 L. Benevolo, La cattura dell’Infinito, Laterza, Bari 1990.52 Il testo è tratto dall’edizione italiana di Learning from Las Vegas.53 Si vedano i diagrammi e le matrici di relazione costruite da R. Ven-turi e alt. in “Learning”.

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Elaborazione fotografica del sistema infrastrutturale costiero dell’area urbana di Cagliari.

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Cagliari – città eterna – ha attraversato molte storie; nontutte la hanno segnata con la medesima intensità o han-no lasciato impronte indelebili; nella città di oggi i segnidel passato si sono fatti misteriosi; nulla è più come nac-que e ogni giorno un nuovo presente rigenera o annien-ta la sua identità.

Le trame del nostro racconto seguono balzi dello spa-zio e del tempo: la città nascosta, la città del lungo medioe-vo che la porta alle soglie della modernità, la città che con-quista la natura, che si fa borghese quando si libera e siriflette in una nuova dignità; la città moderna e contem-poranea che, come in tutti i secoli trascorsi, si interrogasulla sua identità e sul suo destino.

Cagliari città fatta di molte presenze ma anche di nonmeno importanti assenze; lunghi periodi della sua storiasono come sospesi: difficile intravedere, se non per fram-menti, gli spazi urbani del logos rinascimentale o la ma-gnificenza barocca, o la metafisica dell'illuminismo che in-venta il candore del classico; inutile cercare un unico rac-conto: le sue strade richiedono letture leggere come l'ar-te della passeggiata, dello smarrimento dentro le cose, men-tre si inseguono altri pensieri…

La città nascostaIl germe della città non lo cerchiamo nel visibile e nel

costruito ma nella sua geologia e nella sua archeologia pro-fonda, nella terra e nell'acqua della sua geografia, là dovele perigliose strade del mare si incontrano con quelle del-la terra.

Il primo nucleo urbano organizzato lascia le sue spo-glie ai margini della laguna di S. Gilla e rimanda l'eco del-

la cultura punica del V, IV secolo a.C. e lo stretto rappor-to della città con il mare e con le vie più facili verso l'en-troterra. Tra la centrale elettrica di S. Gilla, dove fu ritro-vata la statua di Bes, e Campo Scipione che, negli anni '40del secolo scorso, restituì urne e stele del Tophet, la cit-tà dei vivi ci lascia deboli tracce mentre, imponente, allesue spalle la città dei morti di Tuvixeddu conserva e tra-manda assai più segni e memorie; destino inevitabile, per-ché la vita umana è breve, ma la morte è eterna.

Con nuove forme la città romana per altri otto secolisi distende con molteplici testimonianze, più volte sovrap-ponendosi a se stessa. L'orgoglio romano non si rassegnafacilmente a scomparire e ad ogni scavo fa esplodere i se-gni di una lunga stagione che dall'età repubblicana (dal238 a.C.) si protrae alla fine del V. Un complesso di abi-tazioni romane (Villa di Tigellio), un complesso di testi-monianze che attestano l'origine repubblicana del fulcrourbano che accompagnerà la crescita e lo sviluppo dellacittà anche nei secoli imperiali. Crescita e sviluppo segna-lata altresì dai luoghi delle sepolture che, nella prima faserepubblicana e imperiale, si localizzano nel declivio di Tu-vixeddu e nella via Maglias, mentre è dei primi secoli del-l'impero la necropoli (la cui più celebre manifestazione èla Grotta della Vipera) scavata ancora nella roccia di Tu-vixeddu. Altre sepolture, rinvenute a est, (fra Via ReginaMargherita e Via Lanusei), i numerosi cippi in calcare diBonaria, i resti di un tempio di età augustea riutilizzati nel-la Basilica di s. Saturnino, segnalano l'espandersi della cit-tà e il progressivo spostamento dalla laguna al mare del-le attività portuali (dei naviculari caralitani ricordati a Ostia)testimoniato dagli impianti per lo stoccaggio delle merci

Infrastrutture e paesaggio nella fascia costiera dell’Area urbana di CagliariEnrico Corti

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e cisterne per le riserve d'acqua e per attività industriali(tintura dei tessuti del I secolo d.C.). Una città che, nel IIsecolo d.C., è rinvigorita dalla grandi opere dell'architet-tura romana: un acquedotto, con i suoi 40 km di lunghez-za, una basilica, numerose abitazioni con pregevoli pavi-menti mosaicati e statue marmoree; diversi impianti ter-mali e soprattutto con l'anfiteatro, legato alla roccia e allaconca (dove ora sorge l'Orto Botanico) che, per la presen-za di acqua, cisterne e vasche di pregevole lavorazione la-scia intuire un ambiente concepito con il respiro e l'inten-zione dell'arte.

Poi la vita si fa silenziosa; la testimonianza ritorna allesepolture tra le quali (nel IV secolo) quelle di particola-re significato religioso localizzate a S. Saturnino, a Bona-ria, a San Paolo, a S. Gilla testimoniano il trascorrere deisecoli (VII e VIII) fino a quando la città ritorna là doveaveva iniziato la sua prima avventura. Negli stessi siti aimargini di S. Gilla, alle prime strutture puniche in partesi sovrappongono le labili tracce altomedioevali della Cit-tà Giudicale, ancora nascosta nella sua forma e nella suasostanza. Conclusione della prima figura della sua danza,del ciclo di urbanizzazione della città nascosta; all'iniziardel secondo secolo del nuovo millennio, sulla rocca di Ca-stello si innalza il primo corpo di una nuova città, città vi-sibile destinata ad accompagnarci per lunghi secoli, finoalla nostra contemporaneità.

Le strade medievali “Le strade medioevali cagliaritane sono quelle traccia-

te all'atto di fondazione da tecnici capaci, lì per lottizzarela terra, con i loro regolamenti sotto braccio e muniti di cor-de e picchetti. Li guidava la ragione di un'arte antica, quel-la dei disegnatori di città, molto precisa e ricca di ragioniestetiche, di simboli propiziatori; erano mossi dal desideriodi emulare altre città nuove, scelte tra le migliaia fondatenel medioevo europeo.

Cagliari non nasce in un solo atto; tutto incomincia dalCastello nel 1217. La via Lamarmora – in origine Via deiMercanti – fu la prima strada, la più bella e la più larga, trale due porte dedicate all'Aquila e al Leone; corre sinuosa ver-so il mare, alternando dolci curvature e aprendosi, secondoil gusto europeo del dodicesimo secolo, su prospettive urba-ne sempre diverse. La strada era ed è curva – non storta –tracciata di proposito così, con le botteghe e gli uffici tra por-tici e tettoie. Solo vista dal cielo, o in pianta, rivela in pie-no il suo fascino, imitata con perfetto parallelismo dalle stra-de ai suoi fianchi, più strette ma di identico tracciato

Alla porta del Leone tutte si raccordano e da lì giù allaMarina, il vecchio quartiere della Pola, attraverso i tornan-ti sui bastioni. E' via Barcellona la strada maestra, princi-pio del quartiere del porto, nei cui dintorni i primi fonda-ci mercantili, le prime chiese e i primi ospedali supportava-no le attività di scambio, come sull'altra via antica, di SanLeonardo o di Sant'Agostino, chiamata oggi Baylle. Due stra-de curve, come le vie del Castello, oggi meno prestigiose main origine veri viali.

Le collega un'altra via di gran rilievo nella formazione delquartiere, la grande diagonale tra il nodo urbano di PiazzaYenne e l'abside della Parrocchiale di Santa Eulalia; una essesulla quale si aprono in sequenza le tre piazze della Marina.

Ed il resto della Marina, più a valle? Tutta città nuova,costruita verso il porto nel 1326: strade ad incroci ortogo-nali, isolati quadrati che hanno fatto in passato ipotizzareuna città ricalcata sul castrum dell'antica città romana. In-vece è uno dei più limpidi esempi di urbanistica trecente-sca, un bel quartiere residenziale fatto sui modelli colonia-li collaudati nel duecento nel meridione della Francia e nel-la stessa Montpellier, capitale della cultura del tempo.

La città romana c'è, ma molti metri più sotto, sepolta ingrande profondità, con larghi viali lastricati ancora nuovi,disposti con logiche molto diverse da quelle che regolano lanostra superficie.

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Scheda d’ambito dal Piano Paesaggistico Regionale.

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Ci sono altri due quartieri, Stampace e Villanova, fon-dati dai pisani intorno al terzo quarto del duecento, lottiz-zazioni regolari ai fianchi della alta roccia del Castello. Fileordinate di casette a schiera, su vie dritte e regolari; a Stam-pace quasi ogni strada aveva una chiesa, piccola ma fonda-ta sulle antiche spoglie di sacrari paleocristiani, quali san-ta Restituta o il martire Sant'Efisio; la sua chiesa, su unagrande grotta, ha un carisma e un prestigio straordinario incittà, fin dalla fondazione pisana.

Ma qualcuno dice che la vera Cagliari sia quella delle stra-de della vecchia periferia, Su Brugu, il Borgo, corso Vitto-rio Emanuele. Si snoda dalla colonna miliaria numero zerodella Strada Reale, in piazza Yenne, e corre verso antichi luo-ghi periferici, la chiesa di San Pietro Pescatore, il Borgo diSant'Avendrace, alle antiche necropoli. È una strada anti-ca e ricca di storia, oggi sede di cento attività artigiane, lun-go cui si allineavano la Porta di Palabanda, antico arco, in-gresso ad una delle tante Osterie e osterieddas della zona,presso il cimitero medievale degli ebrei, sotto la valle del-l'anfiteatro romano.” (M. Cadinu)

La città moderna Gli anni a cavallo del secolo sono stati per la storia ur-

bana cagliaritana di grandissima importanza. Sono gli annidella nascita della via Roma (a partire dal 1880), della si-stemazione del Largo Carlo Felice, del parterre di fron-te alla Stazione, della realizzazione del nuovo Municipio,del Bastione S.Remy con la passeggiata coperta; ma an-che gli anni della realizzazione dei moli (1887) della inau-gurazione della Stazione delle Ferrovie secondarie in ViaBonaria (1888), della tramvia del campidano (1893), de-gli appalti per la fognatura cittadina (1886), dell'illumi-nazione pubblica… Gli interventi sulla rete stradale perle zone di espansione, sviluppati in parte secondo le in-dicazioni del Piano Regolatore del 1890 (Costa), interes-sano prevalentemente le aree occidentali a margine del-

la città storica; l'apertura di Via Caprera (1901) il prolun-gamento della via Roma parallelamente alla ferrovia(1903-12), il viale S. Pietro (v. Trento), la strada dell'An-nunziata (viale Merello), il viale del Ricovero (Viale S. Igna-zio), il collegamento di via Genovesi con via Ospedale aimargini del Fosso di S. Guglielmo

Gli schemi di crescita della Cagliari moderna sono ab-bastanza espliciti nell'evidenziare una sorta di contraddi-zione fra le trasformazioni dell'impianto insediativo e le rea-li trasformazioni della città. Lo sguardo alla grande scalanon rivela sostanziali mutamenti fra la città cartografata al1885 e quella al 1931: è la stessa base cartografica che do-cumenta le aggiunte ai margini della città, sia a est, doveinizia a germinare la città nuova di S. Benedetto, sia ovest,dove si consolida l'espansione verso S. Avendrace, entram-be sostenute dai principali tracciati preesistenti. Eppure,come si è detto, le due rappresentazioni si riferiscono a unacittà profondamente diversa: diversa per numero di abi-tanti ,ma soprattutto diversa per l'avvio del processo di mo-dernizzazione che l'attraversa in tutti i suoi aspetti.

La consapevolezza dell'esigenza di riordinare la strut-tura dell'intera città è resa esplicita dal Bando (1928) e dal-le proposte urbanistiche maturate a seguito del concor-so per il Piano Regolatore della Città, attraverso le qualisi cerca di dare consistenza alla Città Moderna assecon-dando le direttrici che si erano determinate dal primo do-poguerra:

"tutta la città attuale risulta distribuita su uno schemaa T rovesciato, nel quale il tratto verticale rappresenta la dor-sale collinosa della ‘vecchia’, e il tratto orizzontale rappre-senta la parte pianeggiante più recente, allineata lungo il mareda S. Avendrace a Bonaria”. (L'Unione Sarda-18/1/1931)

La nuova "città di pianura" ha iniziato a espandersi nel-la vallata che si apre verso Pirri, con i moduli della moder-nità e con l'aspirazione ad un disegno urbano che si ma-nifesta nei grandi isolati-blocco (case comunali) di Via Al-

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ghero e Piazza Galilei e, soprattutto, nella nuova piazza cir-colare di S. Benedetto con le strade a raggiera e le geome-trie degli isolati che ne derivano. Geometrizzazione del re-ticolo stradale che assume il senso della autonomia figu-rativa e mostra tutta la distanza che intercorre tra la cittàcollinosa e il nuovo impianto destinato ad accogliere le ti-pologie della nuova società. Una parte di città che, nelleintenzioni trasposte nel bando di concorso per il Piano re-golatore, dovrà assumere un ruolo predominante nello svi-luppo futuro: problema urbanistico che si avverte preva-lentemente da un punto di vista organizzativo/funziona-le; e, infatti, la soluzione si ricerca attraverso le infrastrut-ture, con nuove strade e nuove centralità.

"Verso il mare e verso Bonaria, lo spostamento delle Fer-rovie Complementari e dell'officina del Gas, consentiran-no di rimaneggiare lo schema della città. Ed è precisamen-te questo settore che, per la sua felice posizione tra la cittàdel passato e quella di domani, magnificamente si presta adiventare uno dei poli del centro moderno, anzi a diventar-ne senz'altro il fulcro principale all'incrocio tra le due ar-terie di comunicazione S.Avendrace-lungomare Roma-Po-etto (Est-Ovest) e la Via Dante (Nord-Sud), nuova spina dor-sale intorno alla quale graviterà la zona intensiva delle co-struzioni".(idem)

Il Piano regolatore del 41 che scaturisce faticosamen-te dal concorso, (revisionato nel '45 e approvato nel'47come Piano di Ricostruzione), viene portato avanti con si-mili intendimenti: accanto ai due capisaldi già contenutiin quello del '34 (spostamento delle Ferrovie Complemen-tari dalla parte di Decimo-Elmas e creazione della zonaindustriale fra la zona ferroviaria, il porto ed il canale na-vigabile (progettato nel 1935), “viene proposto l'attraver-samento Est-Ovest per consentire le comunicazioni diret-te tra Stampace, S.Benedetto e Bonaria mediante un siste-ma viario i cui assi principali sono:

- una nuova arteria in V.S Margherita ed una galleria sot-to il Castello che sbocca nel cuore di Villanova;

- un'arteria diagonale che attraversa il quartiere Mari-na e che congiunge Piazza Yenne col nuovo centro di Bo-naria.

Inoltre, il traffico da e per i nuovi quartieri, per il cen-tro e per le direttrici esterne, sarà disimpegnato da:

- ad Oriente dalla via Dante che, immessa con un'am-pia curva fino alla via Roma, costituirà la spina dorsale deinuovi quartieri, dalla nuova strada del Poetto lungo la viaDiaz allargata e dal lungomare di Bonaria;

- a Nord dalla via Liguria prolungata da Monte Claro evia S. Avendrace;

- a Ovest dalla Via S. Paolo asse del quartiere industriale;- a Sud dalla via Roma”.(L'Unione Sarda luglio'47)

Come questi scritti evidenziano, anche per Cagliari ilgrande cambiamento nella concezione della strada è or-mai avvenuto: non più strade per il passo che crescono as-sieme alle case che le delimitano o tracciati che imbasti-scono la geometria spaziale della città, o palazzate che nedisegnano la dignità. Ora le strade sono reti per il traffi-co, arterie che reggono la vita pulsante della città: le stra-de della città moderna sono, sempre più, strade per l'au-tomobile. Le importanti conquiste tecniche del secolo scor-so hanno allontanato il cittadino dalla natura e dalla sto-ria, dai loro ritmi, dallo spazio e dal tempo naturale e sto-rico sui quali si era costruita la cultura dei secoli passati.Questo tema progettuale, dopo più di un secolo di cre-scente motorizzazione, non è stato preso adeguatamentein considerazione; in particolare nei confronti delle pro-fonde modificazioni che la strada dell'automobile gene-ra nei rapporti con la città. Così si soffrono i mali della tec-nologia senza saper valorizzarne appieno le opportunità.

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Le relazioni tra città, infrastruttura e linea di costa.

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La città contemporanea Sulla trama degli antichi percorsi storici si sonno in-

nestate le grandi viabilità extraurbane della città contem-poranea; come un tempo, convergono a raggiera verso ilcentro urbano secondo le direzioni imposte dalle princi-pali relazioni territoriali. L'impianto non si modifica so-stanzialmente (Viale S. Avendrace si allaccia al Viale Mo-nastir che sfuma nella Carlo Felice(La strada Regia) o di-rama verso Viale Elmas che si collega all'Iglesiente.

L'unica modifica è rappresentata dalla litoranea (Casic)che, tramite S. Paolo, Campo Scipione, arriva, con i carat-teri della strada extraurbana, fino ai margini della città sto-rica, collegandosi direttamente con la Via Roma e da lì, tra-mite il Viale Colombo al territorio orientale, al viale Poetto.

Il problema principale inizia ad essere determinato dalcollegamento fra la parte ovest e la parte est separate dalrilievo di Castello. Così dagli anni 30 si inizia a pensare aun tunnel sotto Castello previsto fra le grandi opere infra-strutturali del Piano regolatore del '41, con imboccatura aPiazza Jenne (Grotta Marcello) e fuoriuscita a Villanova;

Il Piano del 65 propone invece il rafforzamento dellaVia Roma con una sopraelevata (in analogia con la coe-va realizzata a Genova) e la realizzazione di un nuovo asse(asse mediano di scorrimento) con lo scopo di intercon-nettere le nuove espansioni a est e a nord-ovest della cit-tà; opera che entrerà in funzione solo 30 anni dopo…

Ancora oggi il collegamento est-ovest è affidato pre-valentemente al percorso litoraneo che si incentra sulla viaRoma mentre a monte è costituito da un semianello cheaggira Castello: Viale regina Elena, Viale S. Vincenzo, Via-le Merello (che interseca il Corso) e si richiude sul VialeTrieste. Questi percorsi sono entrambi critici e sovracca-richi: il primo, lineare e pianeggiante, è però congestio-nato; il secondo tortuoso, costituito da porzioni di stra-de concepite diversamente e ricomposto per frammentidi diverse sezione e caratteristiche.

Così continua ad essere alla ribalta la questione del tun-nel, più volte preannunciato e continuamente rimandato…

È da tempo riconosciuta la "centralità funzionale" dellungomare urbano (dalla Scaffa a S. Elia) come ambito ter-ritoriale nel quale si sono manifestati e sovrapposti nei se-coli i più rilevanti processi antropici (di strutturazione delterritorio). Ambito nel quale l'accostarsi delle comples-se organizzazioni proprie della città moderna, ha deter-minato profonde dis-funzioni che hanno posto in crisi ilrapporto tra la città e il mare; in particolare, con il cresce-re dell'insediamento, l'esile linea di costa ha rappresen-tato l'elemento di continuità tra la parte Ovest e la parteEst della città caricandosi dei problemi legati alle crescen-ti esigenze di collegamento. Così, a partire dalla metà delsecolo , si sono predisposti numerosi progetti che hannoriguardato sia gli aspetti relativi alle infrastrutturazione por-tuale, sia quelli riguardanti la rifunzionalizzazione urba-na (il lungomare), con riferimento particolare alle infra-strutture viarie

L'obiettivo dell'intervento è la ridefinizione del rap-porto tra la città storica e il sistema portuale, con la ricon-quista agli usi urbani dell'ampia fascia che separa i por-tici della palazzata dal banchinamento che segna la lineadelle acque. Questa superficie di circa 8 ettari (con unalunghezza superiore ai 750 m e una larghezza superioreai 100 m) rappresenta l'occasione più rilevante (e forse uni-ca) per la rivitalizzazione sostanziale del centro storico; Conalcune condizioni:

- che si elimini radicalmente il traffico di attraversamen-to: restano compatibili (in superficie) il servizio strettamen-te locale e il percorso dei mezzi pubblici. L'accessibilitàesterna è garantita dai parcheggi di testata del parco fer-roviario (sul lato occidentale) e di Bonaria/Diaz/Colom-bo (sul lato orientale). Le connessioni interquartieri Est-Ovest in sottovia.

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Sintesi del sistema infrastrutturale nel tratto urbanoUn’immagine della Via Roma.

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- che si interpreti progettualmente come una parte dellacittà storica strutturalmente legata alla stessa matrice insediativa;

- questa condizione impone di previligiare la trama tra-sversale dei percorsi e di superare la banalizzazione fun-zionale (l'idea del passeggio sul lungomare) a favore di unsistema di attrezzature e di attività;

- che si reintegrino nel nuovo assetto le funzioni deglispecchi d'acqua;

Per il lungomare della via Roma, si ritrovano proble-matiche antiche. Il tempo trascorso ha certamente resoesplicito e concreto il senso urbano della Palazzata che as-sume, oggi, valenze che sono assai più rivolte alla conti-nuità e alla memoria nei confronti di una fase della sto-ria cittadina, piuttosto che alla prospettiva dell'innovazio-ne; rappresentazione del buon tempo andato, che gli edi-fici, con il loro decoro di facciata, con i linguaggi propridell'epoca e delle culture manifestamente legate ai con-testi europei, ancora testimoniano.

Paesaggi della contemporaneitàAbbiamo molte occasioni per cogliere la complessità e

la ricchezza d'insieme della nostra città. Cagliari, per le suecaratteristiche morfologiche, offre molti affacci e molte vi-sioni; può essere abbracciata in un unico sguardo dai suoinumerosi punti "alti": dai Bastioni di Castello, dal VialeBuon Cammino, dal Belvedere, da Monte Urpinu, dal S.Michele, recentemente regalato alla città con le sue stre-pitose visioni notturne. Ma tutte queste importanti visio-ni, sono visioni "distanti" (si potrebbe dire "estetiche") chesfumano i dettagli; soprattutto richiedono una intenziona-lità di osservazione, una buona disposizione dell'animo checi fa compiacenti della nostra città; visioni un po' retori-che, un po' consolatorie, manifesti pubblicitari che offria-mo ai turisti di una giornata. Di tutt'altro tipo l'esperien-za percettiva offerta dalle numerose strade che attraversa-no la città: percorrere l'asse mediano è un modo nuovo e

diverso per visualizzare una sezione spaziale e temporaledella città; a suo modo una lezione di storia e di geogra-fia della città. La visione è una sequenza, fatta congiunta-mente, di vicino e di lontano, di destra e di sinistra, di det-tagli e di viste d'insieme, di artifici e di natura; appena pren-de quota, innalzandosi di qualche metro, introduce nuo-vi temi, affastella infinite percezioni, come svolgere un pa-linsesto che sempre si rinnova. Così non è solo la dimen-sione spaziale che il percorso ci rivela, quanto piuttosto unsistema di differenze e di articolazioni di pieni e di vuotiche, in sintesi, ci dicono come è composta (o scomposta)la città, come si adagia al suolo, come muta indefinitamen-te; simile alla visione dell'ordito di uno strano tappeto cherivela il disegno che nessuno ha mai concepito.

I sistemi infrastrutturali della città contemporanea sonopotenzialmente diventati la struttura fisica delle retimentali con le quali costruiamo i nostri rapporti con la cit-tà; strutture integrate alla storia e alla geografia della cit-tà, forme che interpretano e costruiscono il paesaggio ur-bano della contemporaneità: il modo giusto per proget-tarli, ma anche per utilizzarli, non può prescindere da que-sta fondamentale funzione.

Il sistema delle reti e delle acque interne.

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Il sottopasso in trincea e la piastra di attraversamento. Dallo stesso lavoro: un’immagine complessiva della piastra infrastrut-turale tra il porto e la Città.

Il bordo infrastrutturale costiero come sistema di interfaccia. Il tratto della Via Roma. Tesi di Laurea di Michele Congiu.

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Diagramma delle relazioni fisiche e funzionali nell’area di Bona-ria. Dalla Tesi di Laurea di Riccardo Planu.

Dallo stesso lavoro: un’immagine complessiva della proposta.

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Dettaglio delle matrici fotogrammi\secondi.

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I presupposti teorici che hanno condotto sin qui l’insie-me di queste riflessioni, inducono a prendere atto dellanecessità di recuperarele talune nozioni correlate al temadella cinestetica del paesaggio.

Le investigazioni condotte a cavallo degli anni sessan-ta e settanta (Venturi e Lynch in primis) hanno avuto il me-rito di portare al centro del ragionamento il nuovo siste-ma di relazioni nella percezione del paesaggio generato dal-la mobilità del punto di vista.

I codici fissi di matrice prospettica, descritti e analiz-zati da Leonardo benevolo in “La cattura dell’infinito”, se-gnano il passo a favore di una nuova sintassi in cui pun-to di osservazione e il quadro ottico si rincorrono stabi-lendo rapporti differenti attimo dopo attimo. L’inclusio-ne della variabile temporale nella lettura e percezione del-lo spazio, che ha stimolato ed eccitato la creatività degliartisti contemporanei, ha però solo raramente prodottoconseguenti formulazioni organizzate del pensiero scien-tifico. Le ragioni di questo ritardo sono, come si è visto,imputabili a diversi fattori: l’approccio percettivistico-sim-bolico Lynchiano è stato confutato in ragione della sog-gettività dei filtri percettivi di ciascun individuo che ren-dono non ripetibili i risultati dell’analisi; le osservazionidi Venturi hanno il difetto di essere troppo legate al con-testo, del tutto speciale, nel quale esse vengono sviluppa-te e dunque poco generalizzabili. Il tentativo di recupe-ro di questo filone di ricerca, condotto dal gruppo Meca-noo di Francine Houben, TU di Delft (NL), all'interno del-la ricerca “Holland Avenue”, appare in questo senso comeun esplorazione di metodo, la definizione di un protocol-lo che consenta l’oggettività e la trasmissibilità dei dati rac-

colti. La ricerca olandese, finanziata dal governo dei Pae-si Bassi, ha riguardato un anello di percorso costituito dal-le principali autostrade nazionali.

Un dispositivo di ripresa video costituito da quattro te-lecamere commerciali montate a bordo di autoveicolo, haripreso simultaneamente le immagini nelle quattro dire-zioni principali. Il dispositivo di cattura ha consentito diriversare analiticamente le informazioni su cartografie te-matiche, analogamente a quanto usualmente viene fattonell’ambito della pianificazione su basi cartografiche.

Il limite teorico riconoscibile in questo approccio è quel-lo di non indagare pienamente l’inclusione della variabi-le temporale: la cartografia prodotta è in scala metrica enon già in scala temporale; ciò significa che si ha cogni-zione di una determinata configurazione percettiva in undeterminato punto dello spazio, mentre appare sfumatala sua collocazione nel tempo. Questo limite appare tan-to più evidente quando si considera l’importanza che hala velocità di moto nella definizione del rapporto percet-tivo, o ancora quando si ha necessità di definire i mutuirapporti di posizione su base temporale come nel caso del-le mappe isocrone.

Il protocollo di cattura e restituzione proposto dall’uni-tà di ricerca di Cagliari, si prefigge di superare questo li-mite, costruendo dispositivi analitici in grado di consen-tire letture molteplici delle relazioni spazio-temporali chesi producono all’interno di un’esperienza percettiva di tipocinematico.

Le riprese video, sono state elaborate per via informa-tica e rimontate all’interno di un software che simula uninterfaccia riassuntiva delle principali informazioni rela-

Cinestetica della mobilità: protocolli di osservazione e sperimentazioni di progettoGiovanni Marco Chiri, Alessandra Curreli

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Cameracar.

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tive al percorso, alla posizione, alla velocità e che restitui-sce fotogramma per fotogramma le differenti prospetti-ve osservabili dall’abitacolo.

L’interfaccia grafica assume quindi le caratteristiche distrumento di controllo dello spazio-tempo: è possibilie “con-gelare” l’istante temporale e leggere le corrispondenti con-figurazioni spaziali e i principali dati geometrici, di posi-zione geografica, di velocità etc.

Le riprese, che hanno riguardato un tratto di strada co-stiera del territorio di Cagliari di cui si parlerà appresso,sono state condotte in sei direzioni principali dello “sguar-do” del guidatore: avanti, 45° destra, 45° sinistra, destra,sinistra e retro attraverso lo specchietto retrovisore dell’au-tomobile, ciò ha consentito di campionare con buona ap-prossimazione le immagini che restituiscono le viste dal-l’interno dell’abitacolo verso il paesaggio e la strada.

Una prima fase dell’elaborazione per via informaticaha riguardato la necessità di sincronizzare le riprese inmodo tale che i rispettivi fotogrammi coincidessero nel-lo stesso istante. Comuni software di montaggio video con-sentono di utilizzare uno strumento di interfaccia chiama-to “timeline” o linea del tempo, con la quale è possibile ge-stire e leggere la posizione di un fotogramma (e dunquedi un punto di vista in movimento) su scala temporale.

Successivamente sono stati individuati alcuni “punti dicontrollo” corrispondenti ad eventi di un qualche rilievo,come il passaggio al di sotto di un ponte, che stabilisse-ro una corrispondenza biunivoca tra un punto sul terre-no ed un momento nello spazio. Sulla base di questi “pun-ti di controllo” è stata regolata per via informatica la ve-locità dei rispettivi filmati in modo da ottenere una velo-cità media epurata dalle differenze di accelerazione e de-celerazione esistenti tra le riprese. I sei filmati sincroniz-zati sono stati riportati nella parte superiore dell’interfac-cia grafica, consentendo una restituzione simultanea del-le immagini in movimento.

Nella parte inferiore dello schermo, sono stati simu-lati gli strumenti di navigazione comuni ai cruscotti de-gli autoveicoli come tachimetro, contachilometri e navi-gatore G.P.S., a questi sono stati aggiunti alcuni elemen-ti di supporto alla lettura del percorso: sulle immagini ap-paiono in sovraimpressione informazioni relative alle ca-ratteristiche geometriche del tracciato (lunghezza del ret-tilineo, raggio di curvatura, presenza di rotatorie etc, ca-ratteristiche della sezione stradale), così come indicatoridi posizione degli elementi di paesaggio di particolare ri-levanza in termine di riferimento ottico (landmarks).

In tal modo viene simulata la prestazione di unH.U.D. (head up display), un dispositivo derivato dall’avio-nica aeronautica e che presto sarà implementato sui mo-delli di automobili commerciali, in grado di proiettare sulparabrezza informazioni di viaggio.

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Schema del dispositivo del gruppo olandese Mecanoo.

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In ultimo è stata ricostruita nella parte centrale una ti-mebar che consente di conoscere la corrispondenza esat-ta di un determinato evento monitorato con la sua posi-zione nel tempo e nello spazio rispetto alla totalità del per-corso, la diversa modalità di progressione delle barre co-munica accelerazioni e decelerazioni del punto di vista.

Il filmato eleborato, restituisce dunque una sorta di re-altà implementata, consentendo da un lato il tempo perla riflessione e l’osservazione delle immagini che le tele-camere hanno raccolto, dall’altro l’aumento della consa-pevolezza della propria collocazione spazio-temporaleistante dopo istante.

I video realizzati hanno scopo esemplificativo ed è im-plicitamente ammessa la necessità di ripetere più volte lostesso esperimento ripetendo il percorso in diverse con-dizioni al fine di avere un campione statistico realistico.Nonostante il limite imposto dalla dimensione del’espe-rimento, è comunque possibile tracciare una strategia dimetodo che conduce dalla fase di cattura a quella di re-stituzione e analisi dei dati raccolti.

Si è reso necessario trasferire le immagini in movimen-to su una base cartacea, onde superare la fugacità dell’im-magine stessa.

Allo scopo di evitare che in questo passaggio si perdes-sero le informazioni relative al tempo, il filmato (della du-rata di otto minuti per tratta) è strato scomposto in un in-sieme di 5760 fotogrammi, che corrispondono ad un fra-me-rate di 12 fotogrammi al secondo, raccolti in matrici“secondi-fotogrammi” di misura 60x12, ciascuna delle qua-li rappresenta sinteticamente un minuto di viaggio. L’in-sieme degli otto pannelli ricostruisce la totalità dell’espe-rienza. Bisogna notare che un frame-rate inferiore a 25-30f\s produce una perdita di informazioni rispetto alla per-cezione diretta, tuttavia si è ritenuto accettabile abbassa-re questa soglia trattandosi di velocità di moto non supe-riori ai 120km\h.

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La matrice 12x60 che rappresenta un minuto di viaggio.

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L’interfaccia grafica che completa il dispositivo di cattura.

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La costruzione delle matrici dei fotogrammi, ha con-sentito di ottenere analiticamente informazioni sulle ca-ratteristiche del percorso, sulle condizioni allo stato di fat-to, sulle relazioni che esso costruisce con il paesaggio e con-seguentemente sulle sue potenzialità inespresse.

In primo luogo sono state raccolti i dati relativi alla con-figurazione del bordo e del campo, ossia dello spazio al-tro rispetto a quello dell’abitacolo, che confina con il na-stro stradale e si estende sin dove lo sguardo del guida-tore è libero di spaziare coinvolgendo elementi di paesag-gio anche molto lontani. In questa chiave sono state rea-lizzate mappe che rappresentano la profondità possibiledello sguardo così come la presenza e le caratteristiche de-gli eventuali limiti a questa visione.

I filmati hanno restituito informazioni relative al rit-mo e alla ripetitività degli elementi che compongono il pae-saggio lungo il percorso ma anche la presenza di elemen-ti o eventi eccezionali “di soglia” come ad esempio un pas-saggio in galleria che produce una repentina mutazionedelle condizione di illuminazione o ancora di un elemen-to che funge da traguardo ottico a grandi distanze, oltreche la durata di questa variazione.

Altre osservazioni hanno riguardato la risoluzione de-gli elementi e la loro importanza in relazione alla velocitàdi moto, secondo i criteri espressi nei capitoli precedenti.

Alla luce di queste considerazioni è stato possiblie in-dividuare per ciascuna tratta alcune situazioni “tipo”, de-finendo un abaco in cui le principali modalità con cui ilpercorso si rappresenta nel suo svolgersi vengono rappre-sentate per mezzo di una grafica sintetica.

Il metodo si qui descritto dunque si propone di affian-care, in fasi di analisi, le correnti metodologie progettua-li basate sull’approccio e la ricognizione cartografica e ze-nitale, con l’opportunità di costruire un sistema di cono-scenze più ariticolato e complesso che supporti il proget-to stradale specie in quegli ambiti in cui un approccio stan-

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Letture sintetiche degli elementi formali nei fotogrammi chiave.

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dardizzato si trovi ad interferire con delicati equilibri pae-saggistici e ambientali; esso può essere strumento comple-mentare di verifica in sede di valutazione degli impatti odegli standard normativi specie in merito all’andamentodel percorso, alle relazioni con il paesaggio (anche in ter-mini di godibilità estetica della strada), alla profondità delcampo di vista nelle varie direzioni (così importante dalpunto di vista della sicurezza), al ritmo o all’eventuale mo-notonia degli elementi del bordo strada etc.

Lo sviluppo del caso di studio ha consentito di veri-ficare in un ambito limitato e controllabile, la quantità ela qualità delle informazioni derivanti dall’analisi che talemetodologia consente nelle fasi preliminari della proget-tazione stradale, valutandone sperimentalmente gli even-tuali benefici diretti e indiretti.

Il caso di studio della S.S. 195 Cagliari-Pula(elaborazioni dalla Tesi di Laurea di Alessandra Curreli)

L'area scelta come caso di studio si sviluppa a partiredall'estremo margine sud-ovest di Cagliari fino alla zonaindustriale di Macchiareddu, seguendo la prima parte del-l'attuale tracciato della S. S. 195, più precisamente dal Pon-te della Scafa all'innesto di quest'ultima con la strada perCapoterra. Il nastro stradale si articola in un contesto de-cisamente sensibile dal punto di vista ambientale inquanto comprende l'intera Laguna di S. Gilla (che occu-pa il versante nord-ovest) e la fascia costiera occupata dal-la spiaggia di Giorgino (verso sud-est). Lo stagno si pre-senta come un vasto bacino di forma triangolare che siestende, con una superficie di circa 4000 ettari, nella zonaimmediatamente retrocostiera e si insinua nell'entroter-ra con frastagliate ramificazioni. Il principale sbocco na-turale verso il mare è collocato in corrispondenza del Pon-te della Scafa, mentre altri canali minori (alcuni dei qua-li artificiali), sempre deputati allo scambio delle acque, sonopresenti nella zona litoranea. Lo specchio lagunare ha una

natura prevalentemente palustre, di conseguenza al suointerno si alternano variabilmente zone asciutte e zone umi-de; la bonifica degli anni '20 ha interessato principalmen-te la parte centro-settentrionale dello stagno, tuttora oc-cupata dalle vasche di evaporazione delle Saline di Mac-chiareddu, appartenenti alla società “Conti Vecchi”.L'altro sistema ambientale che contraddistingue quest'areaè il sottile cordone sabbioso (detto La Plaia) che si svilup-pa lungo la costa per circa 8 chilometri, segnando il limi-te sud-orientale della laguna stessa. La spiaggia, continua-mente ridefinita e rimodellata dal moto ondoso, ha unalarghezza di pochi metri e, soprattutto in alcuni tratti, ri-sulta essere decisamente prossima alla carreggiata, dallaquale viene separata mediante un ridotto lembo di terraoccupato dalla vegetazione. La strada infatti si sviluppaproprio su questa fine striscia di terraferma, occupando-ne buona parte.

Nonostante la valenza naturalistica propria del conte-sto svolga un ruolo piuttosto forte nella caratterizzazio-ne del territorio e richieda pertanto particolare attenzio-ne e opportune misure di tutela, questo non ha impedi-to l'insediamento antropico e l'introduzione di attività an-che di un certo peso ad esso collegate. La presenza del-l'infrastruttura è il segno più tangibile di questo fenome-no, ma l'area di studio comprende, per esempio, anche l'in-tera superficie del Porto Canale, il nodo informatico delCampus Tiscali, le già citate Saline di Macchiareddu. Lastrada “Sulcitana”, essendo attualmente l'unica strada ex-tra-urbana al servizio di questo nodo industriale, deve es-sere in grado di accogliere opportunamente i flussi di traf-fico anche pesante, al fine di renderli scorrevoli e di evi-tare interferenze con gli altri tipi di utenza, bisogna tenerconto anche del fatto che buona parte del traffico gravan-te sulla S. S. 195 è dovuto a fenomeni di pendolarismo.Da diversi anni si discute di una possibile implementazio-ne della capacità della strada che solo per un breve trat-

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Lettura della profondità di campo. Dalla Tesi di Alessandra Curreli.

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to ha connotazioni di scorrimento veloce con velocità di pro-getto superiori ai 70Km\h. La sezione del percorso si ridu-ce a sole due corsie nel tratto parallelo al cordone sabbio-so. Questa condizione ha frenato, per ragioni di compati-bilità ambientale, il suo allargamento sia verso il mare cheverso lo stagno. Il progetto si propone di individuare pos-sibili strategie di compatibilità tra il progetto di implemen-tazione stradale e le componenti ambientali e di paesaggio.

Descrizione del nastro stradaleScomposta nelle sue componenti principali, ovvero la

carreggiata, il bordo e il campo visivo della strada sono sta-te rilevate, a livello qualitativo, le caratteristiche tipologi-che e tecniche in ordine al numero di corsie, tracciato pla-nimetrico, tracciato altimetrico.

All'interno della categoria “bordo” sono compresi tut-ti gli elementi di completamento e arredo presenti ai mar-gini della carreggiata: per ciascuno è stato definito il tipo,la qualità e la frequenza: banchine, barriere di protezio-ne (centrali e laterali), piazzole di sosta, vegetazione, in-segne pubblicitarie. L'analisi della profondità di campo,infine, è stata finalizzata all'individuazione dell’ampiezzapotenziale dello sguardo. Le distanze rilevate sono stateordinate e classificate in sei differenti categorie.

Alla luce di queste valutazioni è stato possibile indivi-duare tre tratti di strada con caratteristiche tipo-morfo-logiche omogenee:

Tratto A.Questa prima parte della strada Sulcitana si sviluppa,

eccetto il tratto iniziale che corre sul Ponte della Scafa, in-teramente nella parte più interna del territorio, pur seguen-do il contorno della costa, ed è caratterizzato da un trac-ciato orizzontale in cui si alternano rettifili e curve.

I due sensi di marcia, per ciascuno dei quali sono riser-vate due corsie, sono separati da una barriera di protezio-

ne in cemento che impedisce completamente la visuale sullato sinistro del guidatore. Superato il Ponte della Scafa,il lato nord-est del territorio prospiciente la laguna, è oc-cupato dalla vegetazione locale bassa e spontanea che siestende su una zona umida e caratterizzata dalla presen-za di alcuni canali; le banchine, che alternano tratti in asfal-to e in terra battuta, ospitano solo saltuariamente il guard-rail metallico. Oltre l'immediato margine della carreggia-ta, verso il bordo della laguna, si individua un piccolo grup-po di fabbricati occupato da un maneggio, mentre più avan-ti si intravede solo indistintamente il complesso di Sa Il-letta che ospita strutture e servizi di diverso genere.

Complessivamente il bordo risulta irregolare e poco cu-rato e non possiede quindi un carattere del tutto defini-to; tuttavia questo tipo di sistemazione, benché priva diuna chiara identità, garantisce la totale apertura delcampo visivo, invitando lo sguardo verso interessanti scor-ci sulla città e sulla stessa laguna. Lo skyline di Cagliari,visibile e riconoscibile distintamente per un tratto di qua-si un chilometro, diventa particolarmente evidente di not-te quando le luci artificiali della città fanno da riferimen-to per gli automobilisti.

Proseguendo oltre il chilometro 2.00, lo scenario co-mincia a trasformarsi: la strada si discosta leggermente dal-la zona umida e il bordo ospita un ordinato uliveto chefa da preambolo agli edifici del complesso di Tiscali, unodei primi landmarks. La visuale si riapre poi improvvisa-mente per godere di un nuovo breve scorcio sulla lagu-na e poi lasciare spazio sul ciglio ad un altro oggetto: lastazione dell'Agip e il piccolo punto di ristoro ad essa an-nesso, anche se non così notevoli dal punto di vista for-male, svolgono un ruolo importante come elementi di ri-ferimento, oltre che una specifica funzione di servizio perla circolazione.

Le stesse considerazioni non possono essere fatte a pro-posito del margine opposto, quello rivolto verso il Porto

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Canale. Qui l'intero bordo è definito da una collinetta ar-tificiale (di circa 2-3 metri di altezza), sormontata da alticespugli, la quale si sviluppa senza interruzioni, a ridos-so della carreggiata, per tutto il tratto esaminato (A); il ver-ge ha quindi un proprio carattere, ma non un senso datoche l'unica funzione di questo sistema è quella di nascon-dere uno dei landmarks più significativi di questa zona,cioè le “monumentali” gru azzurre del Porto Canale.

La visuale è dunque completamente impedita daquesta “barriera” che viene sovrastata solamente dagli enor-mi tralicci dell'alta tensione, gli unici elementi visibili dal-l'automobilista, i quali scandiscono il percorso, altrimen-ti privo di qualunque tipo di riferimento. L'unico puntoin cui l'apertura del campo può dirsi totale è, come si in-tuisce facilmente, quello in cui la strada passa sulla boc-ca della laguna: qui, grazie alla quota più elevata della car-reggiata (circa 8,00 metri sul livello del mare) e all'assen-za di ostacoli visivi, si può godere di un panorama note-vole e avere il controllo complessivo del territorio, espe-rienza questa che si protrae per circa 20 secondi.

Tratto B.Il segmento a quattro corsie che si sviluppa per circa 2

chilometri a partire dallo svincolo per la zona industrialedi Macchiareddu e che viene percorso mediamente in 1 mi-nuto e 20 secondi (con una velocità media di 100 Km/h),si estende per tutta la sua lunghezza attraverso la laguna diS. Gilla, sul versante nord-est. Questo tratto di strada è in-teramente rettifilo: la scelta di utilizzare per questa parte deltracciato orizzontale elementi geometrici con curvatura nul-la, non si adatta alla morfologia del territorio, caratterizza-to da forme più plastiche e irregolari, e soprattutto dello sta-gno, il quale risulta nettamente diviso in due parti dal na-stro d'asfalto. La quota della piattaforma stradale è costan-te e pari a circa 2,50 metri, pertanto il dislivello rispetto allasuperficie dello stagno non è considerevole; il guidatore ha

quindi la possibilità di un contatto ravvicinato con il luo-go, anzi, potenzialmente, egli potrebbe avere la sensazio-ne di “attraversarlo” e di esserne parte. Tuttavia questo tipodi esperienza non è del tutto consentita; in primo luogo in-fatti bisogna tener presente che il rettifilo, proprio a cau-sa delle sue caratteristiche geometriche, viene percorso, nel-la quasi totalità dei casi, ad alte velocità (anche oltre100Km/h): lo sguardo del conducente è fisso davanti a sé e ilcono ottico non ha quindi un'ampiezza sufficiente da con-sentire la piena percezione del contesto laterale.

Inoltre in alcuni tratti il campo ha profondità quasi nul-la, a causa di elementi di ostruzione sistemati sul bordo.

Questo è ciò avviene proprio sul lato destro di chi viag-gia in direzione di Cagliari: similmente a quanto rilevatonel tratto A, la scelta e la sistemazione di specie verdi altee fitte e l'inserimento di collinette in terreno di riporto suibordi, impedisce ogni tipo di relazione con il paesaggio,coprendone gli elementi peculiari (nel caso specifico Por-to Canale e la Laguna) e privando ancora una volta il per-corso di punti di riferimento. Il percorso in direzione del-la città risulta pertanto monotono e ripetitivo: questa si-tuazione, insieme alle caratteristiche planimetriche del trac-ciato, invita gli automobilisti alla velocità, nella ricerca dinuovi elementi di localizzazione e orientamento. Nella par-te opposta invece, la sporadica ripetizione di gruppi di can-neti e di altre specie floristiche tipiche, lascia spazio a scor-ci interessanti sullo stagno che proiettano improvvisamen-te davanti agli occhi le immagini dello stagno e del sul suohabitat, proprio come dei fotogrammi.

Tratto CLa parte terminale del percorso si articola interamen-

te a ridosso della linea di costa, con un tracciato planime-trico costituito prevalentemente da rettifili e solo da alcu-ne curve a raggio molto ampio. L'andamento altimetricoè anche in questo caso abbastanza regolare: la quota me-

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dia della superficie asfaltata si attesta sui 2 metri, ma rag-giunge i 5 metri in corrispondenza dei canali di collegamen-to fra i due sistemi d'acqua. A differenza dei precedenti,il tratto C è caratterizzato da una carreggiata a due corsie(una per ogni senso di marcia) ed è priva di barriere di se-parazione centrali: questa tipologia di manufatto in mol-te situazioni non è in grado di sostenere la consistente por-tata di veicoli che vi si riversa, pertanto è la causa princi-pale delle frequenti congestioni dei flussi di traffico.

Dal punto di vista panoramico però questo segmentoè sicuramente il più favorito: il campo visivo è praticamen-te illimitato su entrambi i lati e la giacitura planimetricadella strada (fra mare e laguna) è ottimale per una perce-zione reale e completa dell'identità del luogo. Per chi sisposta verso Cagliari, il panorama urbano è presente co-stantemente sullo sfondo e le sagome della città si delinea-no in maniera sempre più chiara man mano che ci si av-vicina a destinazione. La presenza di alcuni isolati fabbri-cati collocati sul bordo della carreggiata prospiciente lalaguna, contribuisce al completamento di questo interes-sante contesto: questi funzionano infatti come accadimen-ti puntuali lungo il percorso e, ulteriormente valorizzati,potrebbero costituire un importante sistema di riferimen-to visivo e funzionale.

Sul versante nord-occidentale, intorno al chilometro10,200, il muro di recinzione di un cantiere in disuso chiu-de per circa 250 metri la visuale, che poi si riapre improv-visamente sullo stagno; qualche centinaio di metri più avan-ti, procedendo in direzione di Capoterra, si incontrano, incorrispondenza di uno dei canali di sbocco, le strutture diuna vecchia idrovora e successivamente l'imponentestruttura del pontile dell'oleodotto che scavalca la stradain prossimità dell'innesto per la zona industriale. Intornoal chilometro 13,00, il cantiere Remaccio per la costruzio-ne di imbarcazioni, e la cementeria segnano la progressi-va chiusura del campo in prossimità del centro abitato.

Questo tipo di riferimenti spaziali è invece del tutto as-sente sul lato rivolto verso il cordone sabbioso, dove per-tanto il panorama è costantemente aperto e continuo; lasensazione del movimento viene data dalle colline che fan-no da quinta alla scena e che vengono percepite a scalasempre maggiore.

In generale, entrambi i margini sono privi di ostacoli perla visuale, ma allo stesso tempo non sembrano del tutto de-finiti: vegetazione spontanea, porzioni e sovrapposizioni dibarriere metalliche, cartelloni pubblicitari si ripetono e simescolano senza una logica, conferendo al bordo strada-le un'apparenza disordinata e un carattere indefinito chepuò talvolta rendere ripetitiva l'esperienza della guida.

Considerazioni conclusive e strategia d'intervento.Nei primi due segmenti (A e B) la presenza di una car-

reggiata con due corsie per senso di marcia, garantisce unoscorrimento del traffico veicolare sufficientemente rapidoe fluido, attraverso un tracciato planimetrico ormai conso-lidato: i margini del territorio sono definiti in modo abba-stanza marcato, per cui il campo d'azione sulla geometriaorizzontale è limitato. Piuttosto che intervenire direttamen-te sulla strada, sarebbe quindi più opportuno in questi duecasi, lavorare sui bordi, tramite operazioni di purificazionee identificazione , finalizzate al miglioramento della quali-tà del campo e quindi della visuale percepita dell'utente.

In particolare si fa riferimento alle montagnole di ter-ra disposte lungo il perimetro dell'area di competenza delporto Canale: queste potrebbero essere eliminate, alme-no parzialmente, per consentire l'apertura della visuale ocomunque di scorci panoramici verso la laguna e verso lecaratteristiche strutture blu dello stesso porto, che rappre-sentano un elemento caratterizzante del paesaggio

Al contrario, il tratto che si sviluppa dall'incrocio perGiorgino fino a quello per Capoterra, dispone di una solacorsia per ogni direzione: questa tipo di struttura non è

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in grado di sostenere le consistenti portate di traffico chevi si riversano, di conseguenza la formazione di rallenta-menti, incolonnamenti e ingorghi, soprattutto in determi-nate fasce orarie, è all'ordine del giorno. La prima neces-sità è dunque di tipo funzionale: la strada, in quanto sup-porto alla mobilità, deve svolgere il proprio ruolo di mez-zo di collegamento in modo efficiente ed adeguato rispet-to alle esigenze che si presentano.

Il secondo aspetto, non meno importante, riguarda irapporti che l'infrastruttura intrattiene con il complessocontesto ambientale che la circonda e con gli automobi-listi che la percorrono; allo stato attuale, infatti, la stradasi staglia, con un tracciato quasi completamente rettilineo,tra la laguna e la spiaggia (e quindi il mare), dividendo cosìdue sistemi fortemente collegati; dato che la prerogativaprincipale di questo tipo manufatto è quella di collegare eagevolare le comunicazioni fra due sistemi diversi, perchénon trasferire questa stessa funzione nei confronti del luo-go e degli utenti?

A partire da queste considerazioni, ci si propone il ri-disegno di massima del tratto della strada laddove essa nonha ancora caratteristiche di strada “a scorrimento veloce”,tratto nel quale permangono le maggiori criticità di carat-tere ambientale connesse alla posizione del sedime stra-dale rispetto al cordone sabbioso e allo stagno.

L’interpretazione creativa delle indicazioni prodotte dal-la norma consentono di immaginare strategie alternativedi qualificazione geometrica e morfologica dell’infra-struttura.

Nuovi protocolli: infrastrutture del paesaggioAlessandra Curreli

I concetti di raggio di curvatura, velocità di progetto, va-riazione, distanza tra le carreggiate, sempre richiamati dal-la manualistica, quando sono interpretati in maniera re-strittiva e standardizzata producono conflittualità con le

tematiche del paesaggio. L’applicazione di metodi inno-vativi, l'utilizzo di strumenti operativi apparentemente "inu-suali" e un approccio più "architettonico" al progetto stra-dale non devono tuttavia indurre a trascurare alcuni pa-rametri tecnici fondamentali che consentono di control-lare l'effettiva realizzabilità dell'opera. Sebbene si sia ri-tenuto più opportuno concentrare l'interesse sul punto divista compositivo e sul sistema di relazioni che l'infrastrut-tura genera piuttosto che sugli aspetti tecnico-normatividi carattere specialistico, il progetto è stato sottoposto adalcune verifiche di massima.

Il progetto può prevedere la realizzazione di diversi tipidi corsie per ogni senso di marcia, studiati in relazione allediverse velocità di percorrenza, alla morfologia del terri-torio e al comfort degli utenti, con l'obiettivo di propor-re una gamma di esperienze differenziate a seconda del-le priorità momentanee dei fruitori. Questo sistema si com-porta come una “trama”, i cui fili si diramano e si reintrec-ciano sul sottile cordone sabbioso per inserirsi meglio neltessuto territoriale e ricucirlo, interpretandone ed eviden-ziandone i caratteri peculiari. I nuovi spazi creati dall'in-frastruttura vengono studiati, parallelamente al tracciato,alla stregua di luoghi veri e propri, con un significato e unafunzione specifici: essi fungono da interfaccia tra l'infra-struttura e il contesto e pertanto assumono un ruolo di“mediazione” in cui creare nuove relazioni spaziali e vi-sive.

Il primo punto affrontato in questa fase, è stata la de-terminazione delle diverse possibilità di itinerario; sullabase delle valutazioni fatte a proposito della situazione at-tuale, si è scelto di avere tre tipologie di percorso per cia-scun senso di marcia, fissando per ognuna una ipoteticavelocità di percorrenza.

1) un percorso principale, veloce (90-100 Km/h), condoppia corsia che garantisce rapidi e fluidi collegamentie si sviluppa per tutto il tragitto fino a Capoterra;

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2) un percorso lento (40-60 Km/h), a corsia unica, chesi dirama in corrispondenza di specifici punti per la fer-mata, precedendone e facilitandone l'accesso;

3) un percorso intermedio (70-90 Km/h), anch'esso conuna sola corsia, interposto ai primi due, nei tratti oppor-tuni.

Per la determinazione di un profilo planimetrico di mas-sima, è stato preso come riferimento l'asse del tracciatoattuale; dopo aver eseguito l'offset di questa linea, è sta-to considerato un fascio di curve (una per ogni tipo di per-corso, a distanza reciproca di 12 metri) parallele ad essa,

fra le quali sono stati stabiliti dei legami di dipendenza,secondo i criteri prima fissati: gli accessi al percorso piùlento e a quello più veloce avvengono cioè sempre trami-te il tratto intermedio che quindi si interpone fra i primidue, funzionando come elemento di connessione; inquesto modo si evitano brusche accelerazioni e decelera-zioni e si rendono più scorrevoli i flussi di traffico. L'in-sieme di curve ha una struttura simmetrica: le corsie più ve-loci sono collocate nella parte centrale, mentre quelle piùlente risultano progressivamente più esterne, di modo chetutti i punti di innesto si trovano sul lato destro del guida-

Il fascio delle corsie e le dipendenze indotte dal sito.

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tore. Questa configurazione, ancora simile ad una rigidagriglia, è stata poi sovrapposta al territorio per compren-dere che tipo di relazioni potessero essere create o eviden-ziate fra i due sistemi. La possibilità di traslare e amplia-re il campo d'azione del tracciato orizzontale verso la la-guna, è apparsa concreta, dato che su questo fronte i mar-gini non sono chiaramente definiti; sul lato opposto inve-ce il confine del territorio, rappresentato dalla linea di co-sta, si mostra decisamente più netto e quindi meno fles-sibile. La scelta di adottare, per le due strade a scorrimen-to veloce, carreggiate separate nei due sensi di marcia, lacui distanza reciproca non è mai inferiore ai 12 m, è mo-tivata dal fatto che in questo modo è possibile evitare, al-l'interno di tale margine, la sistemazione di dispositivi diritenuta che costituirebbero un elemento di ulteriore se-parazione oltre che un ostacolo per il campo visivo.

Sull’esempio del modello fornito da MVRDV, il fasciodi linee è stato considerato come un insieme di elastici tesi;a partire da quelle più interne, le curve sono state quindideformate e rimodellate sulla base degli input forniti dalcontesto, compreso lo stesso tracciato originale, e delle fun-zioni legate alla strada stessa: le due corsie si allargano peresempio in corrispondenza degli svincoli per agevolare iraccordi con le strade secondarie ed evitare incroci a raso.Un andamento analogo viene utilizzato per i punti di in-nesto con le altre corsie, sempre con l'intento di garanti-re una maggiore coordinazione fra i diversi percorsi. Lad-dove il territorio naturale è già compromesso da interven-ti precedenti, le strade si dilatano per ospitare un eventua-le programma (strutture di servizio all'infrastruttura, areedi sosta), mentre diventano più ravvicinate in corrispon-denza dei punti che meritano maggiore tutela; le linee ve-loci del tracciato per esempio mantengono una distanza re-ciproca di circa 20 metri in corrispondenza del cantiere re-cintato e dell'idrovora, per consentire il mantenimento dialcuni edifici esistenti. Gli altri due tipi di percorso (quel-

lo lento e quello intermedio) si “sfilano” progressivamen-te dal percorso principale e prendono forma seguendo glistessi principi utilizzati i precedenza; i tracciati vengonomodellati considerando le azioni di entrata e uscita dallecorsie che determinano rispettivamente l'allargamento eil restringimento delle stesse.

Seppur ancora a livello esclusivamente qualitativo, si èinoltre tenuto conto, del fatto che a minori velocità di per-correnza (e quindi di progetto) possono corrispondere mi-nori raggi di curvatura; il risultato complessivo è pertan-to l'ottenimento di un tracciato che, in alcuni tratti, si rad-doppia o si triplica, con una curvatura progressivamentepiù accentuata man mano che la velocità diminuisce. Conquesto procedimento, gli spazi definiti dalle corsie più ester-ne risultano evidentemente più ampi, al punto da poter ospi-tare aree pedonali o di sosta (zone a velocità nulla), alle qua-li si può accedere direttamente dalla strada a scorrimen-to lento. Mentre nel primo tratto la geometria del profiloplanimetrico appare più flessibile, offrendo una ricca gam-ma di variazioni, nella seconda parte il nuovo tracciato nonsi discosta notevolmente dall'andamento di quello prece-dente, poiché il tessuto territoriale circostante consolida-to limita le possibilità d'azione: le due strade a scorrimen-to veloce procedono parallele, mantenendo comunque unadistanza di 12 metri, per poi diramarsi nuovamente intor-no al chilometro 13,00 e consentire l'accesso alla zona disosta, collocata nell'area oggi occupata dalla cementeria.Allo stesso modo, sul versante opposto, un altro percor-so lento garantisce l'ingresso alle strutture del Villaggio Ma-ramura. Attraverso successive operazioni di controllo, è sta-ta ridotta la larghezza complessiva del sistema che si atte-sta in media sui 60 metri, con un valore massimo pari a cir-ca 100-120 metri in corrispondenza degli svincoli e dellearee di sosta. Se si considera che la laguna si estende in di-rezione nord-ovest per quasi 4 Km, si intuisce immedia-tamente che i due ordini di grandezza non sono confron-

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tabili, e che quindi, osservato ad una scala territoriale, ilsistema non viene percepito nelle sue componenti, ma comeun unico sottile elemento di margine. Osservando invecela configurazione risultante ad una scala più ravvicinata,essa viene percepita come una trama, i cui fili (cioè gli assidelle corsie) scorrono e si diramano progressivamente perintessere forti relazioni reciproche e con i luogo, per poiriunirsi e raccordarsi in opportuni punti di snodo.

Regolarizzazione del tracciatoLo studio del tracciato è stato effettuato finora a livel-

lo prettamente qualitativo: le operazioni compiute han-no portato alla determinazione di un modello che pur espri-mendo una serie di relazioni possiede comunque una suaconcretezza e quindi può fornire indicazioni significati-ve anche dal punto di vista geometrico. Prendendo quin-di come riferimento questo schematico sistema di percor-si, è stata effettuata la regolarizzazione dello stesso, conl'obiettivo di ridurre ciascuna curva ad una successionedi elementi geometrici regolari e controllabili, ovvero ar-chi di cerchio e rettifili. Questa procedura ha consentito,in un secondo momento, di verificare la compatibilità frala geometria del tracciato e le velocità di progetto assegna-te. Si tratta di verifiche di massima, effettuate con l'obiet-tivo di constatare la fattibilità della proposta, senza evi-dentemente giungere a un livello dettagliato di definizio-ne tecnica. Con riferimento alla classificazione propostadalle Norme funzionali e geometriche per la costruzionedelle strade, i percorsi più veloci e quelli intermedi sonostati assimilati, per le loro caratteristiche, a strade extraur-bane (rispettivamente come principali e di servizio) e quin-di inseriti all'interno della Categoria B;

per i percorsi più lenti invece è stato supposto unalimite massimo di percorrenza di 50 Km/h, pertanto lavelocità di progetto assegnata è compresa nell'interval-lo 40-60 km/h.

Dalle stesse Norme sono poi state dedotte e assegna-te le caratteristiche tecniche e geometriche relative a que-ste tipologie di strade, cioè il numero e la larghezza del-le corsie, le dimensioni delle banchine, dei margini e de-gli spartitraffico. In particolare, in corrispondenza degliintervalli di velocità di progetto, è stato possibile indivi-duare i campi di raggi di curvatura consentiti, mediantel'abaco fornito dalla medesima Normativa; in questo gra-fico tali valori sono funzione anche della pendenza trasver-sale della carreggiata che, secondo le disposizioni di leg-ge, deve sempre essere compresa tra il 2,5 e il 7%: in par-ticolare, ad una diminuzione del raggio deve corrispon-dere un aumento dell'inclinazione della carreggiata ver-so l'interno della curva, finalizzato al mantenimento del-l'equilibrio del veicolo modificato dalla forza centrifuga.Senza entrare nel merito della determinazione delle pen-denze trasversali corrispondenti ad ogni singola curva cir-colare utilizzata, la verifica si è occupata di controllare chele stesse assumessero valori accettabili e che le misure deiraggi rientrassero nei limiti consentiti. Questa operazio-

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Dipendenze e relazioni nel nuovo tracciato.

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ne è stata ripetuta lungo gli assi delle strade principali edi servizio della categoria B e per le corsie di accesso allearee di sosta, tenendo presente che gli innesti sono sen-z'altro punti di rallentamento, in cui la velocità di percor-renza sarà sicuramente inferiore a quelle previste. Nellaregolarizzazione del tracciato è stata posta attenzione alrapporto fra archi di cerchio consecutivi: al fine di garan-tire una certa fluidità nel tracciato, in corrispondenza deipunti di raccordo le due curve (o la curva e il rettifilo) suc-cessive hanno evidentemente la stessa tangente, in modoche la variazione di curvatura non interrompa la continui-tà del percorso.

Per ragioni relative al comfort e alla sicurezza, è statoprivilegiato l'utilizzo di elementi geometrici a curvaturanon nulla; i rettifili sono stati inseriti solo nei punti in cuile condizioni imposte dal contesto circostante non con-sentivano altre soluzioni e comunque, in questi casi, il ten-tativo è stato quello di limitarne al massimo lo sviluppo.Il tratto rettifilo più lungo misura circa 600 metri, men-tre tutti gli altri si attestano su valori compresi fra i 200 ei 400 metri.

Attraverso la composizione geometrica del tracciato,sono quindi stati definiti gli assi delle strade che costitui-scono il nuovo sistema di viabilità; con le indicazioni re-perite nel già citato regolamento ministeriale, sono quin-di state assegnate le ampiezze delle corsie e la geometriadegli elementi marginali e di completamento della piat-taforma (banchine, cigli e cunette). Lungo i margini del-le due corsie ad alta velocità, sono stati inoltre posiziona-ti, ad intervalli di circa 500 m, opportuni varchi, cioè “zonepavimentate atte a consentire lo scambio di carreggiata”, da utilizzarsi in caso di temporanee interruzioni della cir-colazione in uno dei due sensi di marcia.

A questo punto, il modello di partenza, non ha più uncarattere esclusivamente diagrammatico, ma ha raggiuntouna maggiore concretezza e una più precisa definizione geo-

metrica e tecnica, cioè può essere ora considerato come unsistema di strade, non solo di relazioni e percorsi.

Come nella fase di studio dello sviluppo orizzontale,anche nello studio dello sviluppo altimetrico, il tracciatoattuale della strada è stato considerato come riferimentodi base; allo stato di fatto, come già descritto in fase di ana-lisi, l'altezza della piattaforma rispetto al livello del mareoscilla fra i 2 e i 3 metri, con punti che toccano i 5 metriin corrispondenza dei canali di sbocco della laguna.

Si è scelto quindi di mantenere le quote sugli stessi va-lori, eccetto che in corrispondenza di specifici e brevissi-mi tratti in cui la carreggiata è stata sollevata leggermen-te con l'obiettivo di portare più in alto il punto di vista del-l'utente e di garantire un maggiore godimento visivo delpaesaggio. Gli interventi si sono comunque limitati a va-riazioni altimetriche piuttosto tenui: l'andamento del ter-ritorio è prevalentemente pianeggiante, di conseguenza in-nalzamenti troppo accentuati avrebbero potuto costitui-re elementi di disturbo visivo, nonché di ulteriore sepa-razione e ostacolo fra il mare e la laguna. D'altronde, lestesse caratteristiche morfologiche del luogo fanno si chesia sufficiente elevare lo sguardo di alcune decine di cen-timetri per poter dominare l'intera area. Nei punti con va-lenza panoramica notevole il percorso lento raggiunge quin-di un'altezza di 3 metri in modo da consentire l'accessoa piccoli belvedere (con possibilità di sosta) sistemati allastessa quota, per poi abbassarsi nuovamente e riconnet-tersi con il resto del sistema viario. In questo modo, si creaun dislivello di circa 1 metro con la strada a scorrimentoveloce, la quale viene quindi a trovarsi in trincea per al-cuni brevi tratti; il campo visivo viene così parzialmenteoccluso, ma rimane completamente aperto sul lato oppo-sto rispetto alle parti sopraelevate, il cui sviluppo plani-metrico è comunque abbastanza ridotto. Le parti in trin-cea non costituiscono quindi un ostacolo alla visuale, mabensì una serie elementi che caratterizzano il bordo e che

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possono funzionare anche come elementi di riferimento.Gli altri punti in cui la piattaforma stradale si solleva ri-spetto all'altezza originaria, sono i due svincoli, quello perraggiungere la zona di Giorgino e quello che regola il col-legamento con la zona industriale di Macchiareddu. In en-trambi i casi, l'innalzamento della quota della carreggia-ta da 2 a 4 metri, ha l'obiettivo di creare, al di sotto di que-st'ultima, una connessione trasversale fra la parte laguna-re e quella costiera e di garantire l'accessibilità ai luoghi chela stessa infrastruttura genera; questa soluzione costituisceun vantaggio anche per le comunità locali in quanto fun-ziona come attraversamento sicuro per il raggiungimentodella parte costiera del loro territorio di appartenenza.

L'esiguità dei dislivelli (che non vanno mai oltre i 2 me-tri) consente l'utilizzo di livellette con inclinazione mode-rata, non superiore al 4%; inoltre, considerando che perle velocità di progetto scelte le percentuali massime con-sentite sono rispettivamente 6 e 10, i valori scelti risulta-no più che accettabili e rendono il percorso abbastanzacontinuo e regolare, senza eccessive variazioni di penden-za che potrebbero disorientare l'utente e falsare la sua vi-sione prospettica.

Le intersezioniNel tratto in esame, I punti di intersezione della S. S.

195 con la rete locale, sono stati gestiti e ripensati conl'obiettivo di ottimizzare lo smistamento del traffico e ditrovare nuove relazioni tra questi nodi e il contesto cir-costante. Nel caso dell'innesto con la strada per Giorgi-no, per esempio, l'incrocio a raso implica necessariamen-te, per chi guida in direzione di Capoterra, l'attraversa-mento della corsia con senso di marcia opposto, creandosituazioni di rallentamento e di improvviso arresto, rischio-se per la sicurezza degli utenti. Nell'altro incrocio inve-ce il traffico è coordinato da un sistema a circolazione ro-tatoria, molto più funzionale e scorrevole.

In entrambi i nodi è stato pertanto previsto un funzio-namento di questo tipo nel quale però la forma tradizio-nalmente circolare della rotatoria è stata allungata e de-formata, secondo lo stesso principio di elasticità che haportato alla definizione del tracciato orizzontale; in que-sto modo si ottiene una maggiore fluidità sia nello scor-rimento dei flussi di veicoli che nella forma dell'infrastrut-tura stessa; le diverse strade che convergono nel nodo, quin-di, non si intersecano, ma si raccordano in modo armo-nico, senza interrompere la continuità del percorso.

Gli svincoli restano necessariamente dei punti di ral-lentamento, ma in questo modo la riduzione della velo-cità avviene in modo progressivo, favorita anche dalla lie-ve pendenza delle livellette che precedono il tratto a quo-ta 4 metri.

La dilatazione elastica trasforma quindi il cerchio ori-ginario in un ovale e consente di definire spazi più ampie più facilmente utilizzabili per accogliere un nuovo pro-gramma funzionale. L'area interna allo svincolo viene pro-gettata come un piccolo parco ed assume quindi una di-mensione urbana e pedonale, pur trovandosi all'internodi un sistema in cui le auto sono indiscusse protagoniste.

La carreggiata si trova a 4 metri di altezza, mentre ilgiardino è a una quota di 1 metro sopra il livello del mareed è raggiungibile sia dalla spiaggia che dalla laguna; losvincolo non è più una struttura “massiccia” che impo-ne la propria forma sul territorio, ma diviene permeabi-le e si integra con il territorio definendo altri luoghi, nonpiù degradati e isolati (come spesso avviene a seguito direalizzazioni infrastrutturali di questo tipo), ma accessi-bili e fruibili; nello specifico caso questi diventano ancheun'occasione per creare nuove relazioni trasversali fra i duesistemi ambientali che in si incontrano proprio all'inter-no dello svincolo.

La struttura flessibile e permeabile del sistema dei per-corsi orizzontali si intreccia con i segni e gli elementi pree-

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sistenti sul territorio, inserendosi completamente in essoe creando una sorta di tessuto di spazi e relazioni. Questosistema costituisce un interessante spunto per stabilire nuo-ve connessioni fra luogo e infrastruttura e per definire me-glio i margini del territorio, soprattutto per quanto riguar-da la parte dello stagno. I tasselli che compongono que-sto pattern vengono studiati sia dal punto di vista funzio-nale, inserendo nuovi tipi di programma che da quello for-male, studiandone la geometria e le tinte di colore.

Gli interspazi definiti dai flussi della circolazione posso-no essere infatti classificati sulla base della loro struttura for-male e della loro funzione, individuando tre diverse tipolo-gie: i centri, ampie aree definite dall'allargamento della cor-

sia più lenta e destinate alla sosta; i nodi, cioè gli spazi in-terni alle rotatorie di raccordo, sistemati a giardino; le stri-sce, ovvero gli interstizi longitudinali fra le corsie a differen-ti velocità. Tutti gli spazi sono stati progettati facendo rife-rimento alla velocità di percorrenza e quindi alla conseguen-te visione dell'ambiente circostante da parte dell'utente.

I centriNel caso dei centri, la velocità è chiaramente nulla, per

cui il paesaggio può essere percepito nei suoi particolarie l'inserimento di piccoli belvedere panoramici leggermen-te sollevati ha proprio l'obiettivo di valorizzare tale con-dizione: in queste “isole pedonali” infatti è possibile fer-

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Il nuovo tracciato in relazione al paesaggio della laguna e del cordo-ne sabbioso.

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marsi, parcheggiare temporaneamente l'auto e godere del-lo scenario circostante da un punto di vista privilegiato.D'altronde, la sistemazione di piccole aree destinate allasosta risulta necessaria se si tiene conto del fatto che at-tualmente i veicoli vengono lasciati in modo disordinatolungo il bordo stradale o in mezzo alla vegetazione, costi-tuendo un evidente pericolo per la circolazione, oltre cheun'offesa alla flora locale. Il rapporto con il territorio vie-ne rafforzato inoltre dall'inserimento di specifici percor-si pedonali che consentono il collegamento diretto dei pun-ti di fermata con la spiaggia e con lo stagno.

Le altre aree di sosta sono invece dotate di opportu-ni servizi di supporto per la circolazione , come stazioniper il rifornimento del carburante o officine per eventua-li riparazioni, punti per le chiamate di emergenza o di ri-storo; queste attività vengono inserite in prossimità di strut-ture e fabbricati preesistenti, attualmente non funzionan-ti, che possono essere efficacemente riutilizzati, evitandoulteriori interventi ex-novo sul territorio. Per esempio, incorrispondenza del cantiere, collocato proprio sul mar-gine della carreggiata al Km 10,200 e apparentemente instato di semi abbandono, si prevede la demolizione delmuro di recinzione (forte ostacolo per il campo visivo) eil mantenimento di alcuni dei fabbricati presenti: mentrel'edificio situato tra le due corsie veloci può funzionare dalandmark, gli altri capannoni, più arretrati rispetto alla stra-da, accolgono nuove funzioni legate ad essa.

I nodiI nodi sono tratti sopraelevati, percorsi a velocità mo-

derata, in cui il territorio viene colto dall'alto e in modo ab-bastanza definito; questa percezione può essere enfatizza-ta mediante l'introduzione di opportuni segni di riconosci-mento che consentono all'utente l'immediata individuazio-ne di queste strutture e quindi della propria posizione ri-spetto al tracciato.

Nel caso del raccordo in corrispondenza della zona in-dustriale, il sistema di identificazione viene creato trami-te l'utilizzo di semplici elementi di arredo stradale: pic-coli segnapasso, elementi di illuminazione stradale siste-mati alla quota del terreno vengono ripetuti in modo re-golare in corrispondenza dello svincolo e nelle zone im-mediatamente adiacenti, fino a formare una “distesa” ri-conoscibile anche dalla lunga distanza. I segnapassosono disposti secondo file parallele, la cui giacitura seguela direzione del raggio di curvatura della strada in quel trat-to: lo stesso elemento geometrico e quello ad esso succes-sivo, definiscono l'intera area occupata dalle luci. Il risul-tato è una sorta di fitta griglia visibile sia di giorno che dinotte, in cui i punti luminosi sono disposti secondo ma-glie di 6 per 6 metri.

La scelta di questo sistema di riconoscimento è anchedi tipo funzionale, in quanto legata anche alle caratteristi-che dello spazio che esso occupa che, come già accenna-to in precedenza, viene sistemato a giardino. Un sistemadi rampe in terra battuta leggermente inclinate consenteil superamento dei lievi dislivelli su entrambe le parti, men-tre altri percorsi, anch'essi disegnati seguendo l'orientamen-to dei raggi di curvatura o la traccia di sentieri preesisten-ti, indirizzano l'utente verso il mare e verso la laguna.

Il giardino (e quindi il nodo) rappresenta il punto incui i due sistemi ambientali si incontrano e si confondo-no, sfruttando il termine che li accomuna e che caratte-rizza l'identità del luogo, cioè l'acqua, e creando un pat-tern in cui la spiaggia, la vegetazione palustre e l'elemen-to unificatore si combinano insieme in modo armonico;facendo convergere le pozze d'acqua nella preesistente boc-ca della laguna si evidenzia maggiormente il collegamen-to con il mare e si crea un sistema di canali che definiscemeglio il territorio.

Il nodo svolge quindi un duplice ruolo di coordinazio-ne e collegamento: dal punto di vista strettamente funzio-

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nale, esso raccorda strade provenienti da diverse direzio-ni, dal punto di vista formale connette i due sistemi co-stiero e lagunare.

Le strisceLo spazio definito dalle due strade a rapido scorrimen-

to, la cui forma è assimilabile a un lungo “fuso” di larghez-za variabile, viene studiato in relazione alla funzione chele stesse strade svolgono. Considerando l'elevata veloci-tà che caratterizza questo tipo di percorsi, si deduce cheil cono visivo del guidatore è piuttosto ristretto, pertan-to quest'ultimo percepisce solo indistintamente i contor-ni di tutto ciò che si trova lateralmente: il rapporto conil contesto è quindi molto più debole rispetto a quello chesi crea nei centri e nei nodi. Lo spazio interposto alle duecarreggiate veloci deve relazionarsi con questa condizio-ne, di conseguenza si prevede per esso l'installazione disistemi che scandiscano il percorso e di accadimenti pun-tuali che ne interrompano di tanto in tanto la monotonia.

I varchi per il passaggio da una corsia all'altra, realizza-ti con strutture in acciaio corten, il cui caratteristico colo-re bronzeo è ben visibile dalla strada, insieme agli edificigià presenti sul bordo stradale, costituiscono dei chiari se-gni di riconoscimento per gli utenti e suddividono il per-corso in campi di lunghezze più o meno regolari. Ciascu-no di questi spazi può essere trattato in maniera differen-te, ma facendo comunque riferimento alla componente ci-nematica; l'idea è quella di destinare questi intervalli spa-ziali e temporali ad opere di public art, la cui installazionedeve essere organizzata in rapporto a un pubblico in mo-vimento. In questo modo la strada si troverebbe ad attra-versare e allo stesso tempo a tenere insieme un mosaico ditemi ed eventi che si susseguono in modo vario, ma rego-lare, trasformando il tragitto in una confortevole parkway.

A questo proposito, una possibilità è quella di lavora-re, all'interno di uno dei campi, ancora una volta sulla ri-

petizione di elementi di arredo stradale: la successione dipali per l'illuminazione alti e sottili, orientati secondo la geo-metria del tracciato, viene percepita con un ritmo che va-ria in funzione della velocità e che quindi da adito ad espe-rienze di vario tipo; lo stesso sistema produce sensazionie input differenti a seconda del momento della giornata incui si guida: di notte si percepiranno solamente una seriedi “strisce” di luce nella parte superiore del palo, mentredi giorno sarà la “selva” degli steli a prevalere nella visua-le dell'utente.

I canali di sbocco della laguna forniscono lo spunto percreare degli “episodi puntuali” che interrompono improv-visamente la continuità della scansione; così come avvie-ne all'interno del nodo, i due sistemi ambientali si incon-trano in corrispondenza di questi particolari punti, supe-rando il “confine” segnato dalle corsie più veloci e pene-trando nello spazio ad esse interposto; anche in questi casil'acqua svolge un ruolo di unione determinante e sotto-linea il significato del luogo.

Gli interstizi minori individuati dalle strade principa-li e dalle rispettive corsie di servizio, sono situati fra le areeper l'arresto e lo spazio centrale, percepito ad alta velo-cità, e assumono quindi una posizione e una funzione in-termedie; al loro interno la morfologia del territorio e lageometria del tracciato si combinano per definire le dif-ferenti campiture: gli elementi che caratterizzano il siste-ma ambientale (cioè l'acqua, la sabbia, la vegetazione del-la laguna e quella della costa) riempiono questi tasselli, cre-ando un'alternanza di forme e di tinte riconoscibile an-che dalla grande distanza. Tra queste grandi macchie dicolore si inseriscono sottili passerelle parallele ai raggi dicurvatura, le quali contribuiscono alla definizione dellecampiture e funzionano, dal punto di vista formale,come elementi di ricucitura fra il mare e la laguna, oltreche come percorsi di accesso pedonali.

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Ferrovia e autostrada presso Sicignano.

PAESAGGIO, MEMORIA E PROGETTO IN DUE INFRASTRUTTURE LINEARI DISMESSE:LA SICIGNANO-LAGONEGRO NEL VALLO DI DIANO E LA CIRCUMVESUVIANA NAPOLI-NOLA-BAIANO

a cura di Francesco Viola

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La sezione Teorie e Modelli dell’Architettura del Dipar-timento di Progettazione Urbana dell’Università di Na-poli “Federico II”, nell’ambito delle più generali temati-che inerenti la trasformazione della città e del territorio,in questi ultimi anni ha indirizzato la propria attività diricerca verso i progetti complessi dell’ingegneria, le infra-strutture, gli impianti per il risanamento e la manutenzio-ne dell’ambiente e le architetture ad essi connesse che oggirappresentano temi centrali e di particolare rilevanza pro-blematica.1

Purtroppo, va sottolineato come spesso tali opere sianostate concepite e realizzate con una notevole indifferenza peri caratteri dei luoghi e dei contesti, finendo per tradire quel-la stessa tradizione dell’ingegneria che per tutto l’Ottocen-to e gli inizi del Novecento aveva prodotto opere di gran-de valore e coerenza che avevano fatto entrare negli interes-si della critica e della storia dell’architettura interi campi delcostruire che prima ne erano rimasti esclusi.

Il nostro intento di tornare a legare intervento archi-tettonico ed ingegneria, vuole recuperare quella tradizio-ne di studi portata avanti, a partire dai primi dell’Otto-cento, proprio della Scuola di Applicazione di Napoli, dicui in qualche modo ci sentiamo eredi, che formava i tec-nici del Corpo degli Ingegneri di Ponti e Strade.

Uno degli aspetti più significativi del rinnovamento dicui essa si fece portatrice è rappresentato dal costituirsidi un’idea completamente nuova e moderna di territorio,inteso come entità spaziale aperta e disponibile a diversiinterventi, in cui territorio e paesaggio, contesto e manu-fatti erano chiamati ad integrarsi vicendevolmente. La lorostessa rappresentazione grafica aveva acquistato una for-te rilevanza simbolica.

Le planimetrie del territorio, acquerellate e modella-te, divengono luogo di sperimentazione di interventi pos-sibili. Non si tratta più solo di un territorio tecnico da per-

correre, conquistare o misurare ma dell’invenzione di unadimensione totalmente nuova dello spazio del progetto:uno spazio dilatato in cui le carte forniscono i siti e il pro-getto ne trasforma la dimensione geografica in dimensio-ne storica.

In questo spazio, in cui forse per la prima volta la cit-tà non è più l’oggetto esclusivo, convivono i modi dellacartografia tecnica e le rappresentazioni naturalistiche delpaesaggio, il disegno delle infrastrutture e l’idea della lorocostruibilità, espressa anche attraverso l’approfondimen-to di dettagli esecutivi.

Come nelle pagine di un trattato, questi elaborati espli-cano la loro carica teorica e metodologica ponendosi comerappresentazione di quella necessaria correlazione tra lediverse scale del progetto che costituisce uno dei momen-ti fondativi del fare progettuale. Una riflessione imprescin-dibile per l’elaborazione di un’idea di organizzazione delterritorio che sappia averne cura attraverso un insieme si-stematico di interventi, anche di diversa natura, ma comun-que sempre capaci di riconoscerne e valorizzarne i carat-teri, di interpretarne le necessità di trasformazione.

L’unitarietà racchiusa in queste elaborazioni, nel cor-so del tempo, si è andata progressivamente disperdendo,frammentandosi in vari saperi, ognuno geloso esclusiva-mente del proprio portato teorico. Il vuoto lasciato daglieccessi di questa fedeltà disciplinare è stato spesso riem-pito da una semplicistica concezione del progetto che in-vece, attraverso la logica finalizzazione dei mezzi ad essonecessari che ogni disciplina è chiamata a coltivare, restatecnica che ha in sé la capacità di tenere insieme questio-ni diverse, con i loro diversi gradi di avanzamento e conle loro diverse resistenze nel rapportarsi alle specificità del-le situazioni e ad obiettivi di maturazione più generali.

Nella consapevolezza che oggi sia assolutamente ne-cessario tornare a saper cogliere le grandi opportunità con-

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Il recupero della ferrovia dismessa nel parco del Cilento e Vallo DianoI temi della ricercaGiancarlo Mainini

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nesse ai progetti complessi dell’ingegneria, a partire dal-la qualificazione morfologica di cui possono farsi porta-tori, l’Unità operativa di Napoli ha individuato, già da al-cuni anni, un filone di studi incentrato sul progetto ed ilrecupero delle infrastrutture di trasporto, intese come oc-casioni specifiche per l’architettura e capisaldi di un siste-ma spaziale complesso, in grado di stabilire connessionisignificative tra parti, anche distanti, di città e di territo-rio.

Ambito di applicazione privilegiato della riflessione teo-rica, delle metodologie e delle sperimentazioni progettua-li è stato il territorio campano con le sue concrete occa-sioni di trasformazione. Infatti, proprio in Campania, inquesti ultimi anni, grazie all’azione di istituzioni, enti, for-ze della cultura e della società civile, si è registrata una si-gnificativa maturazione sui temi delle infrastrutture con-nesse alla mobilità. Ne è derivata una maggiore consape-volezza verso gli aspetti relativi alla loro specifica quali-tà architettonica che comincia ad esplicarsi, con analogoimpegno, anche in rapporto alle più ampie tematiche chestanno rinnovando profondamente l’idea di tutela e di ri-qualificazione del paesaggio.

In questo senso è opportuno sottolineare come il la-voro svolto abbia inteso inquadrarsi e dare un contribu-to a tutta quella serie di iniziative che la Regione Campa-nia ha avviato in relazione al recepimento e all’attuazio-ne dei principi contenuti nella Convenzione europea delPaesaggio, a partire dal ruolo svolto nella costituzione del-la Rete degli Enti territoriali, fino alla Carta di Padula, re-lativa agli accordi tra Regione e Enti locali, dalla elabo-razione delle Linee Guida per la Tutela e Valorizzazionedel Paesaggio regionale, alla creazione di un Osservato-rio per il Paesaggio proprio presso il Parco nazionale delCilento e del Vallo di Diano, fino a promuovere la parte-cipazione di enti territoriali al Premio del Paesaggio delConsiglio d’Europa.

È evidente come le prossime azioni non potranno esau-rirsi nella sola prassi del vincolo delle eccellenze esisten-ti ma dovranno costituirsi come concrete occasioni per unarricchimento dei luoghi grazie ai valori di cui i diversi tipi

d’intervento, dalla conservazione e restauro alla riquali-ficazione e trasformazione, sapranno farsi portatori.

L’architettura, con la sua funzione culturale e comu-nicativa, sia nelle nuove costruzioni che negli interventidi recupero, dovrà saper colloquiare con i contesti inte-ressati, e ciò, in particolare, in una regione come la Cam-pania dove il patrimonio storico-culturale e quello pae-saggistico rappresentano sicuramente una risorsa diffusae consistente, sia in termini di qualità che di quantità, maanche unica, fragile e non rinnovabile.

In questa prospettiva siamo convinti che l’Università,e per quanto ci riguarda il nostro Centro di Ricerca, deb-ba saper cogliere ogni occasione per esplicare con chia-rezza e ai livelli più elevati il suo impegno disciplinare chenon può essere scisso da quello civile, dando così reale con-sistenza al suo ruolo di interlocutore privilegiato e di ser-vizio pubblico nel confronto e nella definizione dei temie degli strumenti necessari alle trasformazioni che le cit-tà e i territori della regione, e più in generale la società me-ridionale, richiedono.

Come ormai si suole dire, si tratta di “tornare a soffri-re la realtà”, senza però che questo si traduca in una ri-duttiva ed opportunistica adesione acritica. Soffrire la re-altà, per noi, significa proporre la nostra competenza e spe-cificità disciplinare al confronto critico con le altre com-petenze e specificità sugli aspetti centrali di una società,oggi in crisi, ma certamente non priva delle energie e del-le risorse necessarie a disegnare e conseguire rinnovati li-velli di maturazione e consapevole crescita.

L’insieme delle considerazioni sin qui svolte è alla basedella definizione dei temi, degli obiettivi e della articola-zione metodologica della ricerca di cui, qui di seguito, pre-sentiamo una sintesi del rapporto conclusivo.

Lo studio, che ha rivolto la sua attenzione al recupe-ro della ferrovia dimessa nel Parco del Cilento e Vallo diDiano, dall’obiettivo iniziale di verificare le potenzialitàdi un recupero del tracciato, delle aree e dei manufatti con-nessi alla linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro, ormai nonpiù attiva dal 1987, progressivamente si è andato indiriz-zando verso una ipotesi più ampia, stategicamente fonda-

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ta sull’individuazione di un sistema lineare complesso cheha finito per coinvolgere anche le altre infrastrutture chela affiancano, il fiume Tanagro e una serie di nodi di scam-bio capaci di generare rimandi trasversali rispetto alle di-rettrici di fondovalle. Si è delineato un possibile percor-so che potrebbe innescare un processo di valorizzazionedi più vasti ambiti territoriali del Cilento e delle loro ri-sorse storico-culturali ed ambientali. Questo sistema po-trebbe costituire l’ossatura di un parco lineare, inteso comeluogo in cui emergenze e normalità ambientali e insedia-tive, esistente e nuovo, artificio e natura si integrano e siqualificano vicendevolmente ponendo così, finalmente incontinuità, e non più in contrapposizione, azione di tu-tela ed interventi di valorizzazione. Dovrebbe trattarsi diun ampio progetto di “manutenzione programmata”con interventi di integrazione in grado di tenere insiemescala architettonica e dimensione territoriale, interventi fisicied iniziative immateriali. Non si tratta di produrre un di-segno territoriale da sovrapporre alla complessità della re-altà, né tanto meno di eliminarne i conflitti e le contrad-dizioni. Si tratta, invece, di sviluppare una pratica di go-verno del progetto in grado di indirizzare conflitti e con-traddizioni verso sbocchi evolutivi. Un sistema flessibileed articolato di interventi, di tipo diverso e di diverso peso,dovrebbe potersi fare interprete della singolarità delle dif-ferenti situazioni e al tempo stesso restituire e proporread esse orizzonti di senso socialmente e culturalmente avan-

zati. Dovrebbe poter essere superata la logica dell’inter-vento straordinario e riparatore: il nuovo parco lineare eil fascio infrastrutturale che lo innerva, oltre a costituireun sistema di collegamenti, un luogo di spostamenti ed at-traversamenti, dovrebbe porsi come elemento qualifican-te in termini funzionali e figurativi, diventando di per séun nuovo attrattore.

Non potrà, quindi, essere secondaria la riflessione sulruolo che l’architettura sarà chiamata a svolgere in que-sti progetti complessi specialmente per le loro articolazio-ni tematiche e per i particolari approcci metodologici dicui necessitano. Un ruolo, come abbiamo già sottolinea-to, in cui l’architettura dovrà essere presente con le suecompetenze e le sue specificità e la capacità di rapportar-si criticamente alle questioni della realtà contemporanea,garantendo livelli di qualità a tutte le scale del progetto.

Abbiamo già fatto riferimento a come i temi della mo-bilità e delle sue infrastrutture anche in Italia, già da qual-che anno, abbiano cominciato ad assumere nuovo rilie-vo. E’ ormai evidente come il peso delle trasformazioniurbane e territoriali di cui esse sono portatrici in mododiretto o indiretto non sia legato solo alle nuove occa-sioni di scambi e alla possibile dotazione di nuovi ser-vizi. Accanto all’idea di una riqualificazione funzionaledelle aree attraversate, ha cominciato a svilupparsi la con-sapevolezza che una migliore qualità dell’architettura del-le opere di ingegneria potesse aiutare a superare le cri-

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Scorcio della stazione di Lagonegro.

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ticità ad esse connesse. Se questa è una condizione ne-cessaria, certamente non è sufficiente. In primo luogo iltema non può essere affrontato nei termini di “ripara-zione” o “attenuazione” di un danno comunque inevi-tabile. Questo atteggiamento finirebbe per tradire, nel-la sua essenza, qualsiasi avanzamento nella consapevo-lezza della funzione culturale e comunicativa dell’archi-tettura, relegandola ad un ruolo meramente esornativo,privo di un reale rapporto con la realtà sociale e produt-tiva. Dell’architettura finirebbe per essere assunto il soloaspetto del design a scapito del suo più vasto compitodi costituirsi come evento ambientale. Occorre invece,sviluppare una progettualità che sappia correttamenteesplicitare e gerarchizzare le diverse questioni definen-do i campi e le scale di intervento più opportune, in modoche i momenti di criticità si trasformino in opportunitàper il progetto.

In questo senso, i rapporti di scala si pongono comequestione centrale, specialmente in una situazione comequella oggetto del nostro interesse dove, per la ricchez-za e la diffusione del patrimonio storico culturale e del-le risorse ambientali, ogni intervento è chiamato a cono-scerne e interpretarne lo spirito per la costruzione di unfuturo consapevole delle proprie radici.

Il valore di tali beni si esplica dalla scala territoriale,con le sue forme organizzative e le sue misure, a quelladel dettaglio architettonico, entrambe espressive dellacultura materiale che nel corso del tempo ha caratteriz-zato i processi formativi e le trasformazioni di queste aree.

Oggi, quei processi hanno perso la loro unitarietà ori-ginaria ed hanno dato luogo a realtà organizzativeframmentate e guidate spesso da logiche autonome e set-toriali, a volte non prive di conflittualità, con diversi gra-di di avanzamento, con diversi tempi e modalità di in-cidenza sul territorio. Come in un’area archeologica ilcompito dello scavo non è quello di portare alla luce pez-zi separati di una realtà sepolta ma, tramite un’accortaricomposizione dei vari livelli, restituire senso ai sedimen-ti che nel corso del tempo si sono stratificati in quel sito,compito del progetto è quello di sapere integrare la com-

plessità e le contraddizioni della situazione attuale for-nendole nuovi orizzonti di senso. Quindi, sono le rela-zioni tra i manufatti e tra questi e il loro territorio, a do-ver essere prioritariamente oggetto della riflessioneprogettuale e destinatari della qualità. Nel vuoto che esi-ste tra loro, nelle loro cavità può svolgersi la vita, se as-sunti solo nella loro solidità di oggetti isolati, tutto è im-modificabile, tutto è già avvenuto, probabilmente tuttosarà, ancora una volta, compromesso.

Quindi, definire le connessioni e la dimensionalità delcampo di intervento, la loro articolazione, le gerarchie, lecomponenti e i diversi tempi delle loro mutazioni è com-pito primario del progetto di recupero del tracciato e deimanufatti della ferrovia Sicignano-Lagonegro che, per lanatura stessa dell’operazione, dovrebbe tendere a porsicome concretizzazione del legame che in quel territoriolega passato e disegno di un possibile futuro.

Un ulteriore aspetto del nostro tema di ricerca che ab-biamo ritenuto indispensabile affrontare, anche in rela-zione al particolare taglio che abbiamo inteso dare al la-voro, è rappresentato dal fatto che ai progetti di nuove in-frastrutture per la mobilità e a quelli per la loro moder-nizzazione, sempre più di frequente, si sono affiancate azio-ni mirate alla promozione dell’arte contemporanea e variconosciuto come la Regione Campania sia decisamen-te all’avanguardia nell’aver assunto la presenza dell’artecontemporanea come elemento di qualità e riconoscibi-lità delle nuove architetture connesse ai sistemi del traspor-to pubblico.

Il ricorso all’arte nella riqualificazione delle infrastrut-ture, nelle sue diverse espressioni e nelle differenti scale,è sicuramente un contributo utile e appropriato perchéoltre a rappresentare un salto di scala culturale, se non èvisto solo come facile occasione per ulteriori sottolinea-ture di momenti di singolarità, può costituire una oppor-tunità per realizzare, attraverso un progetto “straordina-rio” per la mobilità, un momento di rilievo in quella cheormai costituisce la vera emergenza del nostro territorio,e cioè l’attivazione di un normale, serio e ampio program-ma di “manutenzione ordinaria”.

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Nel nostro caso di studio, la costruzione del paesag-gio, il recupero dell’infrastruttura e la messa in scena del-l’arte, sono aspetti diversi di un unico progetto strategi-co di qualificazione della struttura del territorio solcatodalla ferrovia. La proposta per un suo recupero diventadunque, proposta di recupero di un territorio segnato daun complesso fascio di infrastrutture, definito da diversisistemi morfologici, con una cospicua presenza di beni cul-turali e ambientali e con un peculiare disegno del paesag-gio agrario.

In questo progetto, l’arte non dovrà essere esposta aconnotare un certo tipo di architettura ma dovrà diven-tare essa stessa espressione dell’infrastruttura e del pae-saggio, dando al loro rapporto misura e articolazione, re-gistrandone i mutamenti e regolandone i tempi delle tra-sformazioni.

NOTE

1 Per gli aspetti urbanistici, ha contribuito alla ricerca P. Giannat-tasio.

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Nel corso degli ultimi decenni la rete dei trasporti su fer-ro ha conosciuto nei paesi occidentali una profonda tra-sformazione sia per le mutate esigenze di mobilità della po-polazione sia per la diversa distribuzione delle attività pro-duttive sul territorio, ad alcune delle quali – pensiamo alleminiere, ai bacini portuali, alle industrie – la rete ferrovia-ria, sin dalla sua nascita, ha legato i propri destini.

Un grande patrimonio di aree infrastrutturali, di of-ficine e depositi, di piccole stazioni e caselli risulta oggiabbandonato ed offre straordinarie opportunità non solodi riqualificare di ampie porzioni del territorio, ma an-che di intervenire su spazi e manufatti particolarmentesuggestivi per le intrinseche qualità formali e spaziali. Luo-ghi dalla natura complessa ed ibrida nei quali sono ac-costati in un’apparente libertà stupefacenti architettureindustriali e manufatti dal carattere domestico e tipica-mente rurale, eterei scheletri in acciaio e massicci volu-mi in mattoni, giardini incolti e fasci di binari che si in-trecciano; un miscuglio di archeologia e natura selvati-ca che riesce ad affermare nel paesaggio una propria benprecisa identità insediativa.

Nei paesi europei in cui per primi si è intrapresa la di-smissione del patrimonio ferroviario è risultata, purtrop-po, prevalente l’omologazione di queste occasioni alle al-tre iniziative di speculazione edilizia: le tracce della fun-zione infrastrutturale sono state definitivamente cancel-late ed i siti sono oggi occupati da un anonimo tessutoedilizio. In Italia la ristrutturazione della rete ferroviariaè iniziata in ritardo, ma può ancora offrire molte oppor-tunità di riqualificazione non solo nei grandi centri ur-bani, dove più evidenti sono le sacche di degrado, ma an-che in quei territori a bassa densità, privi di reali elemen-ti gerarchici e di strutturazione spaziale, nei quali proprioil ridisegno dei siti infrastrutturali può consentire di in-trodurre una nuova qualità paesaggistica.

Su questo ultimo ambito, ancora privo di riferimenti me-todologici e di significative esemplificazioni progettuali, siè appuntata l’attenzione della nostra ricerca.

L’assunto da cui si è partiti è che il riuso delle ferroviedismesse può rappresentare un’occasione importante permettere in moto processi virtuosi di riqualificazione a con-dizione che si riesca a salvaguardare l’identità di questi ma-nufatti, un’identità fatta di ricorrenze e di singolarità, ditracciati e di architetture apparentemente simili fra loro,con caratteristiche tipologiche e formali ricorrenti in luo-ghi distanti, ma tanto più differenti fra loro quanto più for-te è il legame che essi hanno stabilito con il contesto, ra-dicandosi non solo nell’immagine del paesaggio , ma an-che nella cultura delle comunità locali. In tal senso non esi-ste una ferrovia uguale ad un’altra, la configurazione delsuo tracciato, le soluzioni tecniche per il superamento de-gli ostacoli naturali sono legate alla natura del suolo, all’oro-grafia, alla specifica disposizione degli insediamenti nel ter-ritorio. L’intreccio fra le ricorrenze e le singolarità, fra i re-pertori di architetture e le tecniche consolidate, da un lato,ed i legami della ferrovia con i luoghi, dall’altro, ha dun-que costituito il filo conduttore della ricerca, rispetto al qua-le misurare anche le proposte di trasformazione.

La scelta del caso-studio è caduta sulla ferrovia che uni-va Sicignano, nel Cilento, a Lagonegro, in Basilicata; co-struita negli ultimi anni del XIX secolo come diramazio-ne della linea da Eboli a Metaponto, la linea è stata chiu-sa nel 1987 per consentire l’esecuzione di lavori di conso-lidamento ed ammodernamento e non è stata più riattiva-ta, sia per gli alti costi di ripristino sia per la concorrenzadel trasporto su gomma che ha dimostrato di poter garan-tire una maggiore capillarità di collegamenti.

La ferrovia presenta diversi motivi d’interesse:- il ragguardevole sviluppo del tracciato, di quasi 80

chilometri, dal massiccio degli Alburni alla Lucania, fa

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Il riuso della ferrovia Sicignano-Lagonegro fra tutela e trasformazioneFrancesco Viola

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sì che la strada ferrata si raffronti con condizioni orogra-fiche ed insediative molto differenti tra loro – dagli aspririlievi montuosi dei tratti estremi alla vasta pianura nel-la parte centrale, dai territori incontaminati degli Albur-ni agli insediamenti diffusi nel Vallo di Diano – consen-tendo di prendere in considerazione differenti scenari pro-gettuali;

- la Sicignano – Lagonegro attraversa un territorio che,soprattutto nel Vallo di Diano, presenta una diffusa an-tropizzazione, con insediamenti a bassa densità costitui-ti prevalentemente da casette isolate, una condizione ti-pica della provincia italiana, nella quale le infrastruttu-re (le strade, le ferrovie) risultano gli unici elementi strut-turanti in un contesto privo di significative gerarchie e ri-ferimenti spaziali; gli esempi di riqualificazione di siti fer-roviari in contesti analoghi sono stati sinora pochissimie ciò rende il nostro caso particolarmente interessante;

- la circostanza, infine, che si tratti di una ferrovia ab-bandonata da venti anni, ma con un futuro non ancoradefinito, consente di prendere in considerazioni diverseopzioni progettuali e, in prospettiva, di incidere ed orien-tare le future scelte di riconversione.

Nell’intento di verificare se la ferrovia possa, seppu-re attraverso la sua trasformazione, contribuire ad un pro-cesso di rinnovamento del territorio, non semplicemen-

te tramite la disponibilità delle proprie aree, ma anche at-traverso l’uso della propria tradizione architettonica edinsediativa, la ricerca, attraversando in parallelo la scalaterritoriale e quella architettonica, si è sviluppata in duecampi d’interesse: la definizione delle azioni progettua-li compatibili con la salvaguardia dell’identità dei luoghiinfrastrutturali e l’individuazione di nuove relazioni fraferrovia e territorio nell’ipotesi di un diverso uso dei ma-nufatti ferroviari.

Nel primo caso si è rilevato come l’identità degli spa-zi infrastrutturali sia legata alla permanenza di tre elemen-ti: le architetture ferroviarie, il percorso lineare, la par-ticolare percezione del paesaggio.

La salvaguardia dell’identità infrastrutturale è, dun-que, legata alla conservazione degli originari manufatti,sia di quelli funzionali all’esercizio (ponti, gallerie, via-dotti) sia di quelli connessi alle attività del servizio viag-giatori ed al funzionamento della linea (stazioni, case can-toniere, magazzini). Molti di questi edifici realizzati ne-gli ultimi anni dell’Ottocento hanno conservato intatti ipropri caratteri: tipologie standardizzate con soluzioni di-stributive semplici e razionali, edifici solidi con sobri ca-ratteri formali. Nel caso specifico delle Ferrovie italianel’immagine forte e coerente del sistema è il prodotto diuna cultura disciplinare autonoma, quella degli ingegne-

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Casello ferroviario semplice. Galleria Massa.

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ri ferroviari, che ha da sempre imbrigliato la progettazio-ne delle opere in rigide norme e ferrei capitolati d’appal-to. Il principio secondo cui tutto ciò che è costruito perle ferrovie deve essere incorruttibile, inalterabile dal tem-po e dagli eventi esterni, si è tradotto emblematicamen-te nel sovradimensionamento degli elementi architetto-nici, nell’accurato disegno dei dettagli d’arredo e nel lar-go uso di materiali solidi, strutturalmente e figurativamen-te, l’acciaio, il mattone, la pietra.

Alcuni degli antichi fabbricati della Sicignano-Lago-negro sono stati alterati da incongrui interventi di ristrut-turazione ed hanno perso gli originari caratteri architet-tonici; in qualche caso i fabbricati sono stati distrutti da-gli eventi sismici che hanno colpito l’area nel secolo scor-so e sostituiti da modeste costruzioni. La nostra propo-sta prevede il “ripristino e consolidamento” dei caratte-ri formali delle originarie architetture ferroviarie ricor-rendo a differenti soluzioni progettuali: dal restauro con-servativo, alla ristrutturazione, alla costruzione ex-novoin base agli elementi superstiti ed ai documenti conser-vati negli archivi delle Ferrovie, alla integrazione con nuo-vi elementi volumetrici.

Il secondo aspetto cui è legata la conservazione del-l’identità dei luoghi ferroviari, la permanenza del traccia-to, ha suggerito l’approfondimento di alcuni temi: la qua-lità del percorso pubblico, la sua continuità nel territo-rio, la visione del paesaggio. All’esperienza dell’attraver-samento in velocità del territorio su un suolo artificialesopraelevato è legata la particolare percezione del pae-saggio; una visione “panoramatica” fatta di molteplici pae-saggi in rapida successione, da punti di vista inediti, dal-l’alto dei ponti o dal profondo delle trincee scavate suifianchi delle montagne. Gli elementi di dettaglio si per-dono, scompare il “primo piano”, e diventa più nitida lapercezione sintetica degli elementi distanti nel paesaggio.

Permanenza del percorso e delle qualità percettive han-no orientato l’attenzione verso quelle soluzioni compa-tibili con forme alternative di mobilità, come le “green-ways”, percorsi a ridotta velocità che si snodano attraver-so lunghi parchi lineari. All’estero molte esperienze di que-

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La stazione di Galdo.

La stazione di Padula.

La stazione di Casalbuono.

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sto tipo hanno riguardato proprio la riconversione del-le ferrovie abbandonate, tant’è che sono stati coniati deitermini specifici per individuare gli interventi: in GranBretagna “railway paths”, negli Stati Uniti “rails-trails”,in Francia e in Belgio “chemins du rail”, in Spagna “viasverdes”.

L’idea di trasformare la vecchia ferrovia in percorsoriservato al traffico a ridotto impatto ambientale è natacon l’intento di risolvere in maniera più evoluta i proble-mi di accessibilità, di spostamento e di attraversamentodel territorio cilentano. Il recupero della ferrovia favo-rirebbe la conoscenza di un paesaggio poco noto, pur ric-co di straordinarie risorse ambientali e culturali, crean-do nuovi circuiti organizzati di turismo, un turismo di qua-lità e di nicchia, orientato alla conoscenza del territorioe dei suoi valori specifici, compatibile con la salvaguar-dia dell’ambiente e capace di stimolare lo sviluppo di al-tre attività economiche complementari (ricreative, spor-tive, ricettive, ecc.). Facilitando l’accessibilità e ricercan-do una qualità diffusa che investa l’ambiente e le sue in-frastrutture si lavora anche a mettere a regime un terri-torio attraverso azioni convergenti di tutela e valorizza-zione e se ne favorisce la crescita consapevole e comples-siva.

Le caratteristiche costruttive della ferrovia, peraltro,ben si prestano ad una riconversione in forme di traspor-to leggero, come le tramvie leggere, ed alla realizzazio-ne di percorsi individuali non motorizzati (piste pedona-li e ciclabili): l’indipendenza del tracciato dalle strade car-rabili garantisce, infatti, l’incolumità degli utenti e l’as-senza d’inquinamento atmosferico e acustico; le penden-ze modeste e regolari favoriscono l’uso anche da parte disoggetti a bassa motricità; lo sviluppo del percorso conlunghi tratti rettilinei e curve di ampio raggio aumentala sicurezza; i numerosi edifici ferroviari (stazioni, casel-li, guardiole, ecc.) offrono l’opportunità di localizzare lun-go il tracciato servizi pubblici ed attività di supporto alturismo (ricettività, ristorazione, punti di informazione),la trasformazione della linea richiede, infine, una spesamodesta e tempi brevi.

La seconda parte della ricerca ha indagato sull’evolu-zione del rapporto che ha legato ferrovia e territorio, conl’intento di comprendere in che modo l’infrastruttura ab-bia influenzato le trasformazioni del territorio e le dina-miche insediative ed individuare quale ruolo essa possaancora svolgere nell’attuale contesto.

La Sicignano-Lagonegro è nata come infrastruttura alservizio del territorio piuttosto che come ferrovia dellecittà; più che per gli abitanti del Vallo è stata costruita perrendere più agevole il trasporto del legname di cui sonoancora ricchi i monti del Cilento e della Basilicata. Que-sto spiega perché il suo tracciato si sviluppi sempre di-stante dai centri abitati, in un paesaggio che nei due trat-ti estremi, da Sicignano a Polla e da Montesano a Lago-negro, ha le caratteristiche dell’ambiente naturale incon-taminato e che nella parte intermedia del Vallo di Dia-no appare invece tipicamente rurale. Per tal motivo le sta-zioni ferroviarie, con la sola eccezione di Polla, risulta-no tutte esterne ai paesi di cui pure portano il nome edattestate lungo il margine o a breve distanza dalla stra-da statale.

Nella seconda metà del secolo scorso l’apertura del-l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, il cui tracciato cor-re parallelamente alla strada statale ed alla ferrovia, ha de-terminato sensibili cambiamenti nei flussi del traffico, mo-dificando il ruolo svolto dalla strada e dalla ferrovia. Laprima, raccordando tra loro gli svincoli dell’autostradae questi con i centri abitati del Vallo, ha visto sensibilmen-te aumentare la propria importanza, trasformandosi ingrande attrattore lineare di nuovi insediamenti, centri com-merciali, artigianali e produttivi, nuclei residenziali, chesi sono distribuiti lungo i suoi margini, con aree di par-ticolare densificazione nei tratti antistanti gli abitati di Pol-la, Atena Lucana e Sala Consilina.

L’infittirsi delle infrastrutture nel Vallo ha generato an-che inedite forme di paesaggio, ritagli ibridi di territorioche non sembrano appartenere né alle infrastrutture néal territorio agricolo, spazi in attesa di definizione e po-tenzialmente soggetti di nuova qualità. In tal senso i pro-getti sviluppati nella parte finale della ricerca hanno in-

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Ponte in ferro presso Padula.

Ponte in ferro presso Padula.

Viadotto delle Ferrovie Calabro-Lucane a Lagonegro.

teso affrontare contemporaneamente il ridisegno della fer-rovia abbandonata, della strada statale e dell’autostrada– nel suo complesso il “fascio infrastrutturale” – con l’in-tento di delineare l’ossatura di un nuovo parco lineare,luogo complesso in cui emergenze, normalità ambienta-li e insediative, esistenti o di progetto, artifici e natura,riescano ad integrarsi e valorizzarsi reciprocamente,creando una sinergia, e non più una contrapposizione, traazione di tutela ed interventi di trasformazione.

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Il tracciato e le architetture ferroviarie.

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Quadro programmatico e progetti strategici.

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Infrastrutture lineari e questioni del progettoFrancesca Bruni

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Lo spazio geografico della trasformazione«Non esiste paesaggio senza sguardo, senza coscien-

za del paesaggio».1

La riflessione sulla riqualificazione delle infrastruttu-re lineari applicata allo studio del recupero della ferroviaSicignano-Lagonegro ha posto una serie di questioni uti-li a precisare il tema, delimitandone l’ambito, ed a sele-zionare le strategie di un progetto inteso come “tecnicadescrittiva del luogo”.2

Innanzitutto la caratteristica specifica della linea fer-roviaria di svilupparsi entro un paesaggio dal forte carat-tere naturalistico, dalla complessa condizione orograficae dall’alta qualità “diffusa” degli insediamenti, suggeriscel’applicazione di “sguardi territoriali” che spingono ad uni-re ciò che è vicino a ciò che è lontano, a ricercare i mate-riali della trasformazione entro un più ampio catalogo diinsiemi non omogenei.

Il territorio stesso, inteso come “ciò che tiene insiemecose diverse ad una grande scala”, è dunque letto come“spazio sistematizzato” di cui viene interpretata la strut-tura: quello che ad un primo sguardo poteva essere con-siderato esclusivamente nel suo valore paesaggistico vie-ne letto nel ruolo strutturante di spazio geografico, in cuiogni luogo è determinato dalla propria collocazione nel-l’insieme.

La linea ferroviaria, nella nuova interpretazione che neviene data, viene considerata come “struttura” che dà sen-so e leggibilità allo spazio che specializza, facendosi essastessa narrazione di un nuovo ed unico racconto territo-riale nell’interpretare le specificità dei paesaggi attraver-sati.

Infrastruttura e spazio geografico sono considerati dun-que come materiali di un unico “progetto strategico di re-lazioni” in cui la valorizzazione della composizione di in-sieme si compie nel racconto delle diverse identità.

Le infrastrutture, da manufatti prettamente tecnici edindifferenti al territorio, vengono considerate come “luo-go” di sistemi complessi, “paesaggi lineari” che contengo-no i diversi tempi della trasformazione del territorio e chesegnalano nuove connessioni possibili con altri materia-li: la questione tecnica diviene così questione di forma efigurazione.

Percezione e forma del progetto«E’ oramai un pregiudizio quello secondo il quale dal fi-

nestrino del treno non si vede nulla. (…) Ma dopo esser-mi esercitato (…), io ho disegnato dal finestrino dello scom-partimento paesaggi (...) e ne ho “riferito”. (...) La condi-zione per fare ciò – per “descrivere” – è molto semplice: oc-corre sapere tutto quanto prima».3

La particolare qualità del quadro paesistico entro cuiricadono le aree a ridosso dei tracciati di percorrenza li-neare che strutturano il territorio (stradali, ferroviari, flu-viali), impone una riflessione sulle relazioni visive che sistabiliscono tra osservatore, paesaggio e area di trasfor-mazione. Su questo tema la ricerca ha intrapreso una spe-rimentazione, indagando i termini della possibile riscrit-tura del luogo.

Il lavoro sull’orientamento della “fruizione percettiva”fondata su relazioni visive rilevanti ha costituito il presup-posto comune alle diverse ipotesi progettuali: una rete piùo meno fitta di relazioni diventa la scena che struttura ilpaesaggio e ne rappresenta la qualità.

D’altro canto la ferrovia stessa nel suggerire modali-tà inedite di percezione del paesaggio “in movimento” in-troduce una idea di percezione spaziale “selettiva” che sug-gerisce una successione di “quadri” come tecnica di mon-taggio del progetto.

Da un lato, dunque, la forma dell’intervento viene de-clinata nel tracciamento sulla geografia del suolo delle “tra-

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iettorie invisibili” dei coni relazionali e visivi tra luoghi si-gnificativi che si sceglie di privilegiare, dall’altro nel trac-ciamento, questa volta fisico, delle ampie campiture con cuile superfici di progetto vengono di volta in volta trattate.

Quest’ultima modalità, presa a prestito dall’ambito deldisegno del paesaggio, viene peraltro suggerita dalla na-turale conformazione morfologica del sito attraversato dal-la linea ferroviaria che consente di praticare in più pun-ti, lungo i rilievi che ne definiscono i bordi, una visionedall’alto come ulteriore possibilità formale che permettedi apprezzare in maniera unitaria il disegno del progetto.

La linearità del segno«La linea geometrica è una entità invisibile. E’ la trac-

cia del punto in movimento, dunque un suo prodotto».4

Il tema della linearità, come “traccia del punto in mo-vimento” – il treno – o come “tensione tra punti secon-do una direzione” – le stazioni –, declinato in ambito ter-ritoriale viene interpretato come possibilità di rafforzamen-to di una “traccia” la cui continuità tende a perdersi nel-la eterogeneità del paesaggio attraversato: segno difficil-mente riconoscibile per la prevalenza del suo sviluppo per-ché poco strutturante il paesaggio antropizzato, mentreper ampi intervalli addirittura scompare a causa dei nu-merosi tratti in galleria.

Il rafforzamento della linearità dell’infrastruttura fer-roviaria rappresenta un tema che il progetto sviluppa edinterpreta secondo tre modalità diverse: attraverso un au-mento dello spessore trasversale della linea che disegnaun’ampia superficie a parco – entro il Vallo di Diano –;mediante la successione di interventi puntuali posti a ca-vallo della sua traccia a coinvolgere le preesistenze e ri-marcare la presenza dei manufatti ferroviari – a Polla, nelpunto di passaggio tra il Vallo ed il tratto orograficamen-te impervio della catena dei monti Alburni –; con un’ideadi parco non più longitudinale ma trasversale alla linea stes-sa, disegnato da lunghe fasce trasversali che ricuciono latraccia della linea che scompare e ricompare tra i monti,secondo giaciture individuate dalle traiettorie che colle-gano tra loro elementi puntuali strategici – nel tratto traPolla e Sicignano.

Le figure della ripetizione«La strada ferrata e i carri che porta formano una sor-

ta di macchina complessa, le cui parti non potrebbero es-sere pensate isolatamente».5

Un ulteriore aspetto della riflessione progettuale hainteressato i manufatti dell’infrastruttura come elemen-ti rappresentativi dell’identità della linea (stazioni, casel-li) nella loro duplice caratteristica di ripetizione e di dif-

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Veduta del tracciato ferroviario presso Auletta.

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ferenza: oggetti ricorrenti nello spazio ed elementi di mi-sura di un territorio; architetture riconoscibili perchè ti-pologicamente normate nelle soluzioni spaziali ma carat-terizzate da specificità locali legate ai valori di posizionerispetto al territorio ed ai suoi sistemi di percorrenza prin-cipali.

Di questi edifici, che per le loro caratteristiche spazia-li possono essere interpretati come contenitori disponibi-li ad accogliere funzioni diverse, viene riconosciuto ed im-plementato il valore di ripetitività in quanto elementi-se-gnale che nel loro “fare serie” danno riconoscibilità allalinea, facendo emergere al tempo stesso le resistenze par-ticolari legate all’appartenenza ad un luogo e ad una con-dizione specifica.

La misura dello spazio intermedio: le sezioni territoriali«Le ferrovie conoscono soltanto i luoghi di partenza,

di sosta e di arrivo, e di solito questi luoghi sono moltodistanti l’uno dall’altro. Agli spazi intermedi, che esse at-traversano sprezzanti e che degnano soltanto di un inu-tile sguardo, nulla le lega».6

Aree di rispetto infrastrutturale o zone residuali ed in-colte, gli spazi “tra” le infrastrutture sono il vero terrenodel progetto di trasformazione, occasione per lavorare supossibili ricuciture o, al contrario, per accentuare le di-versità. Ma, ancor più, l’attenzione verso gli spazi inter-medi tra le linearità che attraversano il territorio serve a“misurare” l’ambito della modificazione, a “descriverne”i caratteri, a “selezionare” i materiali.

A partire da queste considerazioni il tracciamento dilinee di sezione territoriali viene assunto come tecnica spe-cifica del progetto di conoscenza e di modificazione. Que-sta consente di evidenziare i rapporti tra le infrastruttu-re ed il suolo e delle infrastrutture tra loro, di registrarele variazioni altimetriche sottolineando le peculiaritàorografiche del sito, di misurare le distanze nel paesaggioe le caratteristiche morfologiche degli insediamenti.

Il progetto delle trasversalità consente di ridefinire divolta in volta la misura dell’intervento e di introdurre leeccezioni alla regola di costruzione della figura continua

dell’infrastruttura-parco, riconoscendo il senso dell’iden-tità alla linea.

I temi della trasformazione connessi al recupero del-la ferrovia derivano dunque da una interpretazione criti-ca degli specifici caratteri del contesto, dell’infrastruttu-ra e del ruolo che di volta in volta essa assume rispetto alterritorio che attraversa ed alle sue risorse culturali ed am-bientali.

Il procedimento progettuale«La città si presenta a noi come stratificazione e accu-

mulazione di materiali storici su cui operare letture e scel-te. Ciò che la storia e la tradizione hanno costruito ha, nelfatto urbano, una concretezza contestuale e una presen-za speciali; è il campo o, se si vuole, il testo con il quale ciconfrontiamo, da cui traiamo gran parte dei nostri mate-riali, in cui più particolarmente si opera ogni trasformazio-ne (…) in rapporto a tale testo si esercita l’innovazione».7

La strategia di trasformazione generale dell’infra-struttura lineare viene desunta dalla risoluzione puntua-le di alcune condizioni tipo-morfologiche diverse con ele-vato livello di generalizzabilità, che configurano un qua-dro dei possibili criteri-guida del progetto.

Attraverso il riconoscimento di ambiti omogenei percaratteristiche e per temi progettuali sono state seleziona-te le quattro aree-progetto strettamente connesse al fascioinfrastrutturale di cui di seguito vengono approfondite lecaratteristiche. Queste si propongono come attrattori ter-ritoriali per la rilevanza strategica riconosciuta e per ap-partenere a condizioni tematiche differenti, ma comple-mentari: naturalistiche, turistiche e storico-culturali.

La verifica dei “limiti” dell’intervento, alle diverse sca-le, ha rappresentato un passaggio importante nel proces-so seguito nei singoli ambiti di trasformazione, riassumi-bile nella sequenza di tre operazioni principali: la defini-zione dell’ambito di intervento della linea ferroviaria, laindividuazione dei perimetri di progetto delle aree, la mes-sa in forma dei temi progettuali per azioni strategiche.

- La definizione dell’ambito dell’intervento: dalla lineaferroviaria al fascio infrastrutturale.

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La riflessione sull’ambito dell’intervento, inteso comearea vasta entro cui ricadono tutti gli elementi che entra-no in relazione con il progetto di trasformazione, ha for-nito il contributo forse più originale dello studio, consen-tendo di allargare lo sguardo dalla singola linea ferrovia-ria verso un insieme lineare di più ampie proporzioni cheindividua una “figura” unitaria: un vero e proprio fascioinfrastrutturale che comprende quattro canali lineari di di-versa natura per tipologia, modalità di costruzione e in-serimento nel paesaggio (l’autostrada Salerno-ReggioCalabria, la ferrovia, la strada statale n. 19, il fiume Tana-gro). Queste quattro infrastrutture, che segnano il terri-torio correndo parallelamente tra loro, stabiliscono rap-porti privilegiati di appartenenza ad uno stesso ambito qua-si sempre a due a due, ed attraverso i propri elementi co-stitutivi (ponti, viadotti, sovrappassi, argini, manufatti), peril loro “valore di posizione”, instaurano dialoghi con i si-stemi territoriali contigui.

L’aver attribuito a questa “figura” complessa una for-te appartenenza all’area di trasformazione della linea fer-roviaria, ha significato considerare che qualunque sua mo-dificazione potesse riverberare nelle altre linearità. Ciò haportato a individuare i limiti trasversali delle aree di pro-getto nelle due infrastrutture che di volta in volta vannoa definire le estremità del fascio.

Si tratta di una prima operazione di selezione dei ma-teriali del progetto e di loro tematizzazione che ha permes-so di considerare tutte le opportunità che questa nuovadimensione dell’intervento conteneva, relative al recupe-ro e riqualificazione delle diverse infrastrutture nei lorotracciati e nei loro manufatti; alla definizione di un nuo-vo ruolo ed una rinnovata qualità delle aree racchiuse daquesto insieme lineare, spesso residuali e fortemente de-gradate; alla valorizzare dei beni architettonici e delle te-stimonianze della cultura materiale presenti, sottolinean-done le relazioni con il sistema delle risorse storico-cul-turali della zona; al risanamento ambientale del fiume; allariscoperta delle potenziali connessioni con ambiti oggi mar-ginali rispetto alle dinamiche territoriali.

- La individuazione dei perimetri di progetto: la consi-stenza dei margini delle quattro aree di intervento.

Questa operazione, strettamente legata alla prima, con-tribuisce alla specificazione di sezioni strategiche intesecome condizioni-guida nella riprogettazione del fascio in-frastrutturale; per ogni sezione vengono messe in eviden-za le infrastrutture che di volta in volta entrano diretta-mente a definire il perimetro di progetto e gli elementi delpaesaggio naturale ed antropizzato che si sceglie di far en-trare a sistema con questo. La sezione del corridoio infra-strutturale si presenta estremamente variabile a secondadei sistemi territoriali che incontra e con i quali stabilisceforme di relazione trasversali. A loro volta, le aree com-prese all’interno del fascio pongono temi progettuali spe-cifici in relazione ai sistemi trasversali che intercettano: nemodificano continuamente l’ampiezza, rafforzano o ren-dono più labile il limite con il resto del territorio, ne fan-no un sistema chiuso o lo aprono alla molteplicità dellesituazioni che strutturano il territorio.

- La messa in forma dei temi progettuali: le azioni stra-tegiche.

Infine il progetto diventa sintesi di strategie progettua-li possibili. Gli ambiti omogenei dati dalle aree di rilevan-za strategica individuano differenti sezioni del fascio infra-strutturale legate a trasversalità possibili, introducono temiricorrenti come risposta a questioni specifiche e indicazio-ni di metodo per contesti simili. I criteri operativi sono rias-sunti in alcune azioni elementari, operazioni compositivelegate a possibili strategie di trasformazione che si confor-mano al luogo modificandone le qualità del suolo in rela-zione a particolari intenzionalità formali – accumuli, inci-sioni, piegature, scavi, sollevamenti, contenimenti.

La ricerca, dunque, propone soluzioni ed introducequestioni legate ad una interpretazione del progetto sul-l’infrastruttura lineare come grande opportunità di riqua-lificazione e recupero dei manufatti, delle aree interstizia-li degradate e, attraverso una riflessione in termini di si-stema fra infrastrutture e paesaggio, della stessa identitàdei luoghi.

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NOTE

1 M. Augè, Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Borin-ghieri, Torino 2004, p.37 .2 Interrogare il luogo, comprenderne il carattere, come “tecnica” delprogetto significa operare selezione, giudizio e lavoro compositivo ri-conoscendo e svelando l’attualità di segni consolidati in un’area di in-tervento; interpretando il legame di continuità del nuovo con temi, ca-ratteri, identità consolidate nel tempo; disvelando condizioni diappartenenza, misure, rapporti tra le parti di una composizione.3 L. Strindberg, 1885, in W. Schivelbusch, Storie dei viaggi in ferro-via, Einaudi Torino 1988, p.55.4 W. Kandinsky, Punto linea superficie, Milano Adelphi edizioni1968, p.57.5 W. Schivelbusch, in Storie dei viaggi in ferrovia, cit., p.55.6 Ch. Dunoyer, 1840, in Storie dei viaggi in ferrovia, cit. p.40.7 V. Gregotti, La città visibile, Torino Einaudi 1993, pp.29-30.

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Il fabbricato viaggiatori della stazione di Padula.

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Il progetto del territorio tra paesaggio, infrastruttura e arteAngela D’Agostino

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C’è una visione a lunga distanza nella quale l’architettura sidissolve nel paesaggio, il quale emerge nella sua dimensionegeografica, in cui le montagne si fanno visibili nella loro gran-dezza in una forma descrivibile e gli altri elementi che segna-no il territorio, come colline, fiumi, boschi, rivelano la loro geo-metria e le relazioni che li legano. (…) Solo i grandi traccia-ti si rendono realmente presenti assieme a qualche infrastrut-tura notevole – un’autostrada, una diga, un acquedotto – e glistessi insediamenti si pongono come entità intermedie tra ar-chitettura e natura, molte volte confondendosi con il profilodi un’altura e con i colori del suolo su cui poggiano.1

Paesaggio e infrastruttura sono i due elementi che siintrecciano e si fondono ‘ad arte’ a comporre il progettodi recupero della ferrovia Sicignano-Lagonegro e più ingenerale del territorio del Vallo di Diano nel quale si sno-dano paralleli i sistemi lineari di autostrada, strada stata-le, fiume Tanagro e ferrovia, e il disegno delle relazioni traquesti sistemi lineari propone una lettura del territorio chene esalti le singolarità e ne restituisca il senso in un pro-getto unitario e generale.

Così, l’intervento di riqualificazione del tracciato del-la ferrovia Sicignano-Lagonegro da un lato rappresental’occasione per potenziare l’accessibilità al sistema di pic-coli centri e di beni culturali e ambientali disposti sui dueversanti del Vallo (in linea con quanto previsto dal Pia-no Regionale dei Trasporti che ipotizza un sistema inte-grato che metta in rete i diversi sistemi su ferro realizzan-do scambi anche con altri sistemi di mobilità) dall’altrosi dilata per includere gli elementi del sistema lineare chelo attraversa nonché il territorio tra questi, assimilando-ne gli elementi strutturali: la fitta rete di canali, le textu-re dei campi ecc.

La costruzione del progetto parte dall’intreccio di re-lazioni tra struttura del territorio e infrastrutture che lo

attraversano e assume il primo come luogo degli avveni-menti fisici che supportano un contesto inteso come luo-go degli avvenimenti socio-culturali. Il paesaggio includee rappresenta contemporaneamente territorio e contesto,patrimonio fisico e storico-culturale in quello che potreb-be essere definito il ‘museo aperto nel Vallo di Diano’.

La costruzione del paesaggioLa costruzione del paesaggio è il titolo di un breve scrit-

to, quasi una dimostrazione sperimentale, di Augustin Ber-que che restituisce tre immagini diverse di uno stesso luo-go: una fotografia da turista in cui il paesaggio è “un in-sieme neutro di elementi”; una fotografia di Gabriele Ba-silico in cui il paesaggio “è più strutturato, caratterizza-to e tipizzato, cosicché l’immagine, al contrario di quel-la del turista rappresenta veramente un paesaggio”; unoschizzo di Martine Bouchier che “riproduce solo alcunielementi scelti dall’artista”. Nel ragionamento di Berqueil paesaggio appare costruito attraverso la rappresentazio-ne che se ne propone. Il breve inserto è all’interno di unpiù ampio saggio sull’origine del paesaggio. Qui l’autorepropone un tipo di approccio necessario a chi si ponga ilproblema di ‘comprendere il paesaggio’. Berque è peren-torio: «Le lingue europee utilizzano lo stesso termine perdesignare i “paesaggi di Cézanne” e i paesaggi dei dintor-ni di Aix-en-Provence sebbene la realtà a cui questi rin-viano non sia la stessa. Nel primo caso si tratta di una rap-presentazione (il paesaggio immagine) e, nel secondo, diun ambiente reale (il paesaggio a grandezza naturale). Inquesto caso l’ambiguità del termine è particolarmente evi-dente: un’espressione come i paesaggi di Cézanne può in-fatti riferirsi tanto ai quadri dipinti da Cézanne, quantoai dintorni di Aix-en-Provence. Questa ambivalenza de-termina una confusione tra due modalità incompatibili diapproccio al paesaggio: l’una relativa agli elementi dell’am-

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biente considerati nella loro forma intrinseca, l’altra allaloro rappresentazione (…). Per superare l’aporia, (…) oc-corre dunque un ambito concettuale diverso».2

Il paesaggio può essere interpretato come l’individua-zione, la descrizione e la rappresentazione dei caratteri diun territorio e da più parti, in diversi contesti, ci si inter-roga sulle modalità di costruzione di paesaggi specifici. InFrancia, ad esempio, dove il disegno del territorio agri-colo acquista sempre più importanza non solo per moti-vi connessi alla produzione ma anche, e soprattutto, permotivi connessi ad una fruizione dei luoghi molto spes-so quasi solo visiva, si sono sperimentati negli ultimi tren-t’anni una serie di progetti in cui gli interventi previsti ten-dono proprio a disegnare il territorio in modo da ottene-re tipiche immagini di paesaggi agricoli francesi.3

Per dirla con Alain Roger «la percezione, storica e cul-turale, di tutti i nostri paesaggi – campagna, montagna,mare, deserto ecc. – (…) si verifica (…) secondo quellache, prendendo a prestito un termine di Montaigne, si puòdefinire una artialisation. Vi sono due modi di “artializ-zare” un luogo per trasformarlo in paesaggio. L’uno con-siste nell’inscrivere direttamente il codice artistico nellamaterialità del luogo, sul terreno che rappresenta il suozoccolo naturale. Si “artializza” in situ. È questo il casodella millenaria arte dei giardini e, dal Settecento, del lan-dscape gardening o, della più recente, Land art. Un altro

modo è invece indiretto: anziché in situ, si artializza in visu,agendo cioè sullo sguardo collettivo, al quale si fornisco-no modelli di visione, schemi di percezione».4

Con un atteggiamento teorico/pratico l’operazione diartializzazione va intesa come volontà di ri-conoscere edesplicitare ad un tempo i caratteri di un territorio. Per dir-la con Solà Morales, è necessario ritornare alla tradizio-ne del progetto del territorio; «vuol dire che l’architettu-ra parte da dati esistenti (…), resti, memorie, frammen-ti, direttrici, scegliendoli in maniera selettiva quali vinco-li al proprio progetto, nel momento in cui questo viene pro-posto come risposta e soluzione a uno stato di cose chegià in precedenza veniva sentito come incompiuto, spez-zato, irrisolto».5

Nel Vallo di Diano lo stato di cose incompiuto, spez-zato, trova nella ferrovia attualmente dimessa un puntodi accumulazione; da qui parte l’operazione di artializza-zione che recupera e seleziona resti, memorie, frammen-ti, direttrici del territorio del Vallo.

Il progetto dell’infrastrutturaLa ferrovia Sicignano-Lagonegro, punteggiata da casel-

li e stazioni che ne descrivono e rendono riconoscibile iltracciato stabilendo, al contempo, relazioni ritmate con ilterritorio, si configura come un manufatto intermedio trale strade del passato e le infrastrutture contemporanee.

Colture agricole nel Vallo di Diano.

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Le strade, nei secoli costruite per collegare luoghi vi-cini o lontani, consentivano, a chi le percorreva, di descri-vere territori, città e architetture, attraversati o semplice-mente osservati. E, in molti casi, è possibile rintracciareuna vera e propria architettura della strada: le strade co-lonnate, gli acquedotti percorribili, ecc.

Le infrastrutture contemporanee, strade o ferrovie, peril ritmo sempre più veloce di percorrenza e le tecniche sem-pre più avanzate per la realizzazione di tracciati che su-perano gli ‘ostacoli’ morfologici scavalcandoli o sottopas-sandoli, si presentano quasi sempre come elemento estra-neo al contesto.

Tra l’altro, più è specializzato il tipo di traffico cui èriservato un tracciato, minori sono le relazioni con il luo-go in cui si colloca l’infrastruttura; così, una strada inter-poderale descrive minuziosamente il territorio agricolo cheattraversa mostrando tipi di colture, posizione di canalidi irrigazione, connessione con altri percorsi, piccole ar-chitetture ecc., mentre un tratto di autostrada che corredi fianco allo stesso territorio consente solo di percepireche si tratta di un territorio agricolo.

In maniera ancora più evidente, una linea ferroviariadell’alta velocità consente al viaggiatore di percepire mol-to poco di quanto si sta attraversando; di contro, una li-nea ferroviaria di rilevanza regionale stabilisce numero-se relazioni con il territorio, sia visive, per i tempi di per-correnza decisamente più lenti, sia fisiche per la presen-za di numerose piccole stazioni e opere infrastrutturali chespesso non sono di uso esclusivo della ferrovia.

Il progetto dell’infrastruttura trova dunque il suo in-cipit nel tracciato e nei manufatti della ferrovia per inclu-dere infrastrutture e strutture fondative del Vallo assumen-do come premessa metodologica al progetto quanto, giànel 1932, scriveva Mies Van Der Rohe in Le autostrade comeproblema artistico: «E ovvio che sono soprattutto le ragio-ni economiche e tecniche a determinare il tracciato del-le autostrade. Ma, al di là di questo, molto può essere fat-to per proteggere le peculiarità e il carattere specifico diun paesaggio. Si può per fino affermare che l’inserimen-to di nuovi nastri autostradali non soltanto debba rispet-

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A. Burri, Cretto.

J. Christo, Wrapped coast.

J.Christo, Curtain Valley.

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tare l’obbligo di salvaguardare i valori agricoli, ma ancheche, in determinate circostanze, comporti il dovere di po-tenziare i valori paesaggistici. (…) Per esempio, la pian-tumazione ai margini in forma di obelisco fa risaltare, piùche inserire, la strada all’interno del paesaggio. La siste-mazione di piante ai margini dell’autostrada tende a spez-zare il paesaggio, mentre dovrebbe fondersi con esso. (…)Si tratta più di un atteggiamento che non di regole, piùdi un senso artistico che non di misure restrittive. Tuttosommato, si tratta di dar forma più che di problemi am-ministrativi».6

La messa in scena dell’arteEsiste, dunque, un problema artistico legato al proget-

to delle infrastrutture, ma più in generale al progetto delterritorio di cui le infrastrutture sono uno degli elemen-ti strutturanti. Ed è rispetto alla complessità di questo pro-getto che assume particolare significato il contributo del-l’arte contemporanea. Da più parti, in più luoghi e con di-verse modalità si assiste al coinvolgimento dell’arte nel pro-getto del territorio.

In un lungo articolo dal titolo Guadagnare terreno: artenella natura e natura come arte Kim Levin descrive il pas-saggio, sicuramente non lineare ma complesso, da un’ar-te della cultura, quella del Ventesimo secolo, ad un’artedella natura, quella contemporanea.

Oggi si assiste spesso ad una convergenza del proget-to del paesaggio e del progetto dell’arte in luoghi analo-ghi. «Gli artisti vivono il deserto e gli spazi del “terrainvague” come riserve sottratte allo sfruttamento capitali-stico. (…) I paesaggisti (…) vanno alla ricerca di una nuo-va dimensione del progetto, cercando di non cadere nel-le tradizionali limitazioni dell’architettura e dell’urbani-stica. (…) L’intervento del paesaggista, da opera di riuti-lizzo, sta diventando lavoro di predisposizione del suoloper uno sviluppo urbano meno alienato».7

La prerogativa fondamentale dell’arte contemporaneache interviene nel progetto del territorio è quella di ave-re abbandonato la dimensione monolitica della sculturaper ricercare un rapporto con il contesto che, in alcuni casi,

oltre a costituire la ‘cornice’ dell’opera, diventa esso stes-so materiale da manipolare. Alcuni dei maggiori esponen-ti della Land art per realizzare i loro lavori usano terra erocce (Robert Smithson, Spiral Jetty), scavano solchi (Mi-chael Heizer, Double Negative), ricoprono luoghi propo-nendone nuove visioni (Alberto Burri, Cretto-Jaracheff Cri-sto, Wrapped coast).

Con i materiali del territorio e con l’intenzione di de-scrivere un paesaggio lavorano progetti come il parco li-neare tra Caltagirone e Piazza Armerina (M. Navarra) doveil territorio attraversato viene descritto lavorando sui ca-ratteri fisici (materiali, colori, ecc.) del nastro-percorso;l’isola artificiale di conchiglie (West8) dove le tessiture del

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C. Dalvoky e M. Desvigne, evocazioni campestri nel disegno di parco urbano sulle rive del Théols.

M. Navarra, i colori del nastro-percorso del parco lineare traCaltagirone e Piazza Armerina.

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suolo vengono disegnate riutilizzando i materiali di sca-vo del cantiere di una diga; il parco fluviale sulle rive delThéols (C. Dalvoky, M. Desvigne) che evoca disegni cam-pestri. I progetti per il Campus Center di Chicago (P. Ei-senman) o quello della collina di rifiuti dell’Emscher Parknel bacino della Ruhr dove il suolo viene modellato conl’intenzione di costruire nuovi caratteri e nuove immagi-ni lavorano, invece con un atteggiamento più impositivoche descrittivo.

Nell’uno o nell’altro caso, il modo di guardare e di usa-re il territorio dell’artista è analogo a quello dell’architet-to come sottolinea a proposito di sé l’artista Mary Miss inuna recente intervista: «Fin quasi dall’inizio guardavo al-l’ambiente costruito e cercavo di immaginarmi quale fos-se il suo rapporto con l’ambiente naturale, si trattasse deiconfini delle città o dei campi petroliferi o del modo incui le autostrade incontrano il paesaggio».8

Così la costruzione del paesaggio, il progetto dell’in-frastruttura e la messa in scena dell’arte si ricompongo-no a definire i caratteri del paesaggio del Vallo di Dianoesemplificato in quattro aree strategiche emblematiche didiverse condizioni della natura dei luoghi, del tracciato del-la ferrovia e della struttura e dei rapporti reciproci deglielementi del sistema lineare fiume-autostrada-ferrovia-stra-da statale.

Disboscare i versanti del Vallo, movimentare il suoloper orientare lo sguardo, conformare l’architettura dell’in-frastruttura, connettere luoghi, allagare il parco, colora-re i campi, sono alcune delle azioni progettuali con le qua-li si disegnano possibili frammenti del parco lineare tra leinfrastrutture o luoghi singolari del Vallo.

NOTE

1 F. Purini, Lo sguardo dell’architetto, in Comporre l’architettura,Edizioni Laterza, Bari 2000, p. 110.2 A. Berque, All’origine del paesaggio, in «Lotus n. 101», giugno1999, p. 42.3 Cfr. P. Donadieu, Può l’agricoltura diventare paesistica?, in «Lotusn. 101», cit.4 A. Roger, Vita e morte dei paesaggi, in «Lotus n. 101», cit., p. 83.5 Ivi, p. 46.6 M. Van Der Rohe, Le autostrade come problema artistico, in F. Neu-meyer, Mies Van Der Rohe. Le architetture, gli scritti, Skira, Milano1996, p. 304.7 P. Nicolin, La terra incolta, in «Lotus n. 87», novembre 1995, p. 32.8 C. Zapatka, Intervista a Mary Miss, in «Lotus n. 88», febbraio 1996,p. 34.

P. Eisenman, le colline artificiali del Campus Center di Chicago.

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Il percorso e il metodoUn libro di bordo al termine di un viaggio tra le infrastruttureFrancesco Rispoli

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Premessa Quali, pur provvisorie, conclusioni si possono trar-

re dalle esperienze sviluppate? Queste hanno mostra-to una pluralità di situazioni con le quali il progetto siè dovuto confrontare. La presenza di un sistema di in-frastrutture (vie d’acqua, strade, autostrada, stradaferrata), caratterizzante in modo affatto peculiare i ter-ritori attraversati, ha aggiunto ulteriori condizioni di com-plessità per i rapporti enucleabili tra gli elementi del si-stema e tra questi ed i contesti attraversati.

È poi apparso con evidenza che anche per le infra-strutture, come per tanti altri temi di architettura, la spe-rimentazione comincia con alcune esplorazioni cheprocedono per mosse limitate a individuare il campo en-tro il quale si colloca il progetto che, perciò, assume isuoi fondamenti relativi nelle condizioni specifiche incui opera. Si tratta di agire sempre di nuovo su siti, ri-sultati di stratificazioni, l’insieme dei ‘materiali’ da cuiproviene la loro identità e che affiorano su estensioni geo-grafiche e da profondità storiche ogni volta diverse e suiquali deve essere fondata la modificazione attraverso ungiudizio critico per opera del progetto.

Vengono così in primo piano le preesistenze, le lororelazioni, forme strutturate o semplici indizi affiorantida interstizi di trame sdrucite; si possono selezionare ma-teriali sparsi organizzandoli in gerarchie e sequenze; sipossono allestire ipotesi strategiche ridefinendo i rap-porti tra le preesistenze cogliendone il valore di luoghiove si deposita la memoria collettiva. Modificare in talsenso significa agire per mosse discrete che diano sen-so al progetto e rivelino i luoghi attraverso una nuovaarchitettura. Significa agire per confronto, legare e cu-cire, lavorare sul limite, sul bordo – come margine cheapre e chiude –, sulle condizioni che si stabiliscono nelmomento in cui ciò che perimetriamo paradossalmen-

te si apparta da un contesto e, nello stesso tempo, ne faparte.

Lavorare con questo sguardo significa entrare nel re-gime della complessità con alcuni fili-guida, marcando al-cuni segni come tracce significative, rivelandone la lun-ga durata. Quello del limite – con le sue chiusure e le suepermeabilità – è forse il pensiero che ancora una volta af-fiora per primo in questo esplorare; limite che non coin-cide tout-court con quello fisico, ma si protende in esten-sione, nello spazio, laddove la sua presenza incontra o in-duce modificazioni significative, e in profondità, neltempo, nella durata, immanente nelle tracce esistenti e nel-la memoria dell’abitare propria di una particolare comu-nità. Ciascuna situazione in cui operiamo presenta diffe-renti densità e qualità di relazioni sui bordi, rapporti va-riamente articolati con più ampi contesti: essa è, in defi-nitiva, problema spesso affatto specifico e scarsamente ge-neralizzabile.

Quali azioni questi presupposti possono indicare al pro-getto?

La prima (ovvia solo in apparenza) è quella del peri-metrare: stabilire i margini attenti a ciò che vi è dentro ea quel che si lascia fuori; di leggere lo spessore di storiache vi è depositato; di cogliere le strutture di relazione epensare in termini di dialogo con queste.

Occorre poi alle varie cose dare peso – nella doppia ag-glomerazione di significati: importanza, valore o, all’oppo-sto, gravame, impaccio – per stabilire criticamente gli ele-menti di permanenza, in quali forme riconoscere la me-moria di tracce di fatica umana senza che divengano ge-nerici oggetti di culto passatista, a quali narrazioni affida-re il senso del progetto.

Legare e cucire sono, infine, tra i predicati più ricorren-ti del progetto della modificazione e, nel caso delle infra-strutture, essi si specificano in varie articolazioni di azio-

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ni, ruolo e importanza delle quali crescono generalmen-te con la loro dismissione.

Agire di volta in volta su un luogo definito significa an-che indicare un percorso possibile ad un progetto che nonvoglia trovare meccanicamente nel campo contestuale i suoielementi di definizione o, per altro verso, rifarsi in via esclu-siva a modelli astratti ove sia omologata ogni differenza. Nel-la distanza tra i due estremi l’esplorazione critica è un’av-ventura conoscitiva che prende le mosse da una ri-cogni-zione in cui il tempo è possibilità aperta di senso.

In territori a prima vista privi di qualsivoglia forma è pos-sibile che alcune trame siano riconoscibili, alcuni traccia-ti mostrino segni di lunga durata, alcuni punti discreti for-niscano indizi per selezionare relazioni che è possibile pro-tendere, ribaltare, sviluppare. Osservando un filare di al-beri che sta scomparendo … si può operare un ribaltamen-to del tempo: si può pensare che esso stia invece apparen-do e farne una prima traccia del progetto. Talvolta è pos-sibile enucleare punti privilegiati dai quali partire per sta-bilire un’ipotesi, un embrione di forma. È possibile pensa-re di raccogliere intorno ad elementi di permanenza partidi esistente che possano tendere più chiaramente ad una for-ma, pervenire, attraverso una ri-composizione, da un arci-pelago di episodi ad un insieme dotato di senso. Si defini-sce così una pluralità di ‘giochi’. Regola generale è coglie-re caso per caso le relazioni sedimentatesi ed agire su di essecon procedure che di volta in volta le vaglino attivando pra-tiche di conferma, soppressione, rafforzamento, riduzionee/o moltiplicazione che diano conto del senso della modi-ficazione; che siano cioè in grado di coglierne il valore disistema ed agire criticamente su di esso assumendo il tem-po presente come piano di proiezione.

Strategie per il progettoAlcune mosse nei singoli casi possono interpolare, nel

loro insieme, strategie per costituire segni di identità. Sipuò provare ad elencarne alcune, senza pretendere di far-ne un repertorio:

- introdurre figure e maglie di regolarità come dispositi-vi di ordinamento, legando e cucendo altre geometrie a quel-

le che testimoniano precedenti usi, anche agricoli, sovrap-ponendo, come in un palinsesto, diverse scritture, disponen-do i territori a più narrazioni (o, se si vuole, strutture testua-li) che ne scandiscono i diversi significati nel tempo;

- addensare funzioni e relazioni dove si incrociano le retidi connessione alla scala territoriale in rapporto con i nu-clei metropolitani;

- postillare con nuovi frammenti i lasciti disseminati chein filigrana possono rivelare una chance di possibili itine-rari in cui sia possibile istituire sequenze e gerarchie: uti-lizzare, cioè, i testi esistenti come pre-testi del progetto;

- rafforzare la densità dei margini maggiormente sfran-giati; il limite qui va pensato nella sua paradossale condi-zione di appartenenza sia all’interno che all’esterno e a par-tire dalla considerazione che lì le cose cominciano ad as-serire la propria presenza; questo richiede strategie talvol-ta affatto diverse entro il campo ai cui estremi si colloca-no l’introduzione di nuovi frammenti per ‘postillare’ la-sciti interpolabili e la costituzione di frammenti imponen-ti per dar ordine a lasciti casuali (come in certe città mu-rate dove il ‘limite’ è muro e insieme ponte tra vecchio cen-tro e nuova espansione);

- introdurre figure che abbiano ‘somiglianza di rappor-to’ con quelle dell’architettura urbana, come semi per pos-sibili regole di ordinamento, come figure retoriche in gra-do di innescare forme di dialogo e di appartenenza in cuigli abitanti si riconoscano.

Descrizione/modificazioneL’attenzione per i temi dell’appartenenza e della situa-

zione specifica non deve indurre a pensare che, quando siprogetta in una situazione determinata, si tratta di somma-re tout court tra loro un’architettura e un contesto. Intan-to perché ciò che chiamiamo contesto scaturisce già da unaprima decisione, da un primo livello del progetto, da unavalutazione. Un’architettura, poi, non è qualcosa d’altro chesi sovrappone al contesto soltanto trovando spazio. Essa sidetermina proprio in rapporto ad esso poiché ne qualifi-ca e ne misura le potenzialità – in quanto sito specifico –di costituire un luogo che corrisponda ad uno scopo de-

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terminato. Il risultato non è una mera sommatoria ma unsistema a un livello di equilibrio più alto che non punta adinserire delle architetture nel contesto, ma – piuttosto – aridescrivere il contesto per mezzo dell’architettura.

Per riconoscere le singole ‘identità’, dobbiamo sonda-re i rapporti stratificatisi e sottesi alle forme che una co-munità ha costruito per il proprio abitare. Segni, tracce,caratteri sono termini che hanno a che vedere con i signi-ficati di impronta e del mostrare. Sono impronte che mo-strano rapporti preesistenti e ne suggeriscono altri. Sonotermini che propongono l’indicazione del senso. L’analo-gia esprime una similitudine di struttura, una somiglian-za di rapporti, e consente di individuare legami in dipen-denza dai temi selezionabili nell’occasione specifica. Il temastabilisce l’ambito di esistenza dei suoi correlati in termi-ni di oggetti e rapporti e comporta l’individuazione di uncampo associato di strutture ordinate nell’archivio dellamemoria e nel repertorio delle forme presenti nel conte-sto. Ambito di esistenza e campo associato rendono pos-sibili i rapporti tra le parti, il loro ordinamento, la loro com-posizione.

Perciò la descrizione è già essa stessa una prima mos-sa del progetto: i segni, le tracce di esistente cui si rico-nosce valore si selezionano e dispongono come tratti delcontesto – e che attivano i possibili correlati attraverso ildispositivo analogico – di cui operare la modificazione permezzo del progetto.

Pratiche del progettoQuali manovre1, quali azioni sono possibili? Le pra-

tiche di progetto di suolo si sostanziano in un insieme aper-to di azioni elementari che, nella continua metamorfosi delterritorio, pongono in essere diverse scritture in un datoarco di tempo. L’architettura del suolo costruisce un pae-saggio in divenire, un ambito di sperimentazione della for-ma che si estende in ampie distanze e coinvolge piccolae grande scala. Di queste azioni più che un elenco esau-stivo più umilmente si possono indicare esempi, rinvian-do alla concretezza delle specifiche condizioni il compi-to di esplicitarle, svilupparle e ulteriormente definire.

Azioni indotte dalla descrizione delle continuità e/o di-scontinuità dei manufatti lineari: introdurre elementi di de-finizione dei singoli brani; sottolineare inizi, interruzionie conclusioni; costituire nuove centralità; ribaltare i trac-ciati dismessi stabilendo relazioni con elementi prima mes-si da parte dall’infrastruttura. Il manufatto ferroviario in-duce altre riflessioni che investono le questioni del-l’omogeneità e disomogeneità che il progetto affronta conla ripetizione e la messa in evidenza della differenza e del-l’eccezione.

Azioni indotte dal lavoro tra le infrastrutture: ridefini-re margini e relazioni (intersezioni, attraversamenti, sfal-samenti, svincoli, ecc.). Quando è in gioco la dismissio-ne cucire quel che prima era reciso ribalta il senso dei luo-ghi disegnando architetture che favoriscono nuove rela-zioni tra le diverse parti che il sistema lineare un tempoimpediva. Elementi di continuità eliminati (posti ex-limi-ne) nella storia e nella geografia del territorio possono riaf-fiorare collegando parti, insediamenti ed ambiti a lungoesclusi.

Azioni indotte dalla presenza di differenti condizioni con-testuali: lungo i tracciati storici si sovrappongono diversistrati della trasformazione, segni sui quali si attestano for-me urbane riconoscibili. A volte la dismissione lascia fram-menti sparsi – stazioni, argini, ponti, viadotti, ecc. –, for-me erratiche, o affioramenti carsici se si vuole, interpolabi-li in nuove sequenze attraverso un progetto capace di darloro nuovo senso senza rinunciare a custodire la memoriadel loro essere stati edificati in quel sito in vista di un pre-ciso scopo. Come pure favorisce molteplici intrecci tra dif-ferenti strati della trasformazione ed anche una sorta di in-versione del tempo laddove si possono far diventare le trac-ce, piuttosto che relitti di una forma in dissoluzione, ca-pisaldi a partire dai quali rivelare nuovi paesaggi.

Peraltro nei nodi delle infrastrutture spesso si aggru-mano, come una volta nei crocevia i mercati, episodi ur-bani (aree di servizio multifunzionali) intorno ai quali spes-so sorgono altre strutture (ipermercati, cinema multisa-la, ecc.). L’autogrill è una sorta di archetipo, di ponte abi-tato in un punto nodale, che testimonia ancora una vol-

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ta la capacità del dispositivo analogico di produrre nuo-ve forme architettoniche a partire da forme date.

Sulla ‘linea’ possono poi articolarsi differenti scrittu-re testuali. Molte recenti stazioni sono connotate ciascu-na da uno specifico disegno, mostrando una sorta di au-torialità – una pluralità di autori –, mentre le vecchie ave-vano un’aria di famiglia il cui autore era un rigido quan-to impersonale Capitolato. Così, se nel primo casol’identità dell’opera può mostrare debiti formali verso lacondizione contestuale e/o l’identità del singolo proget-tista, nel secondo essa si propone come vero e proprio ‘te-sto’ di cui sono possibili, nelle differenti condizioni, solo‘variazioni dell’identità’.

Azioni indotte dalla presenza di figure dell’architettu-ra: tagli, delimitazioni, sottrazioni producono tracciati,tessuti, margini. Generano immagini capaci di rivelare fi-gure ed orientare la conformazione del suolo. Queste pos-sono avere i tratti di ciò che contiene un invaso (una diga),di un tessuto o di una aggeratio (la griglia), di un relitto(una nave … un’eterotopia), di un frammento di preci-sa geometria (un emiciclo, un’esedra, ecc.), di un colle-gamento netto (un asse, un taglio), di un limite (una mu-razione, un contrafforte, un argine, ecc.) e possono nelloro insieme articolare nuovi racconti nel territorio.

Azioni che definiscono figure dell’architettura: altre azio-ni ridisegnano e rafforzano i margini dei nuclei attraver-sati segnando immagini urbane, a partire dai dispositividi delimitazione (un tempo le mura) e da quelli di pene-trazione (un tempo le porte). Si tratta di elementi di di-versa natura: cortine di edifici, filari di alberi, viadotti orilevati sono dispositivi di conformazione che marcanoil rapporto tra figura e sfondo o tra diverse figure.

I margini si possono attraversare varcando una soglia,oltrepassando un ponte, superando un dislivello. Un li-mite può diventare anche dispositivo di connessione, comei viali alberati, che si protendono a legare spazi aperti ester-ni con altri più interni alla città.

Ancora è possibile sottolineare specifici ‘crocevia’ incui costituire forme di centralità urbane, architetture emer-genti per localizzazione, ruolo nel territorio, forma.

Azioni indotte dall’andamento delle infrastrutture nelterritorio e dal ribaltamento di senso che la dismissione puòconsentire: è specifico delle grandi infrastrutture attraver-sare vari contesti e incontrare lungo il percorso moltepli-ci situazioni. La loro configurazione va riferita non soloa questioni tecniche (le ingegnerie dei trasporti e della co-struzione), ma anche a valutazioni architettoniche che in-vestono il rapporto con gli insediamenti e la loro modi-ficazione. Il progetto insiste qui sulle logiche della sezio-ne trasversale: alle ragioni tecniche dello scorrimento sene accompagnano altre, capaci di accogliere altri usi edeffetti urbani. Si determinano così sezioni complesse cheintorno ai luoghi del movimento veloce avvolgono spa-zi a mo’ di magneti capaci di ricucire ambiti vasti. Il la-voro sulla ‘trasversalità’ può definire molteplici connes-sioni capaci di legare lo sviluppo ‘filiforme’ dell’infrastrut-tura ad una serie di punti che via via incontra, metten-do in relazione differenti contesti ambientali, specie nelcaso delle infrastrutture dismesse. Proprio lì, infatti, inmodo più palese prende corpo un’idea di modificazio-ne della forma del territorio che si struttura come siste-ma complesso di relazioni in cui la trasversalità può ri-comporre geografie a lungo interrotte, talvolta prossimema radicalmente recise, portando alla luce inediti incon-tri con la natura e con gli insediamenti.

Azioni indotte dall’andamento delle infrastrutture nelterritorio e dal loro rapporto con le figure dell’architettu-ra: perché si possa parlare di soglia, di porta, di un mar-gine attraversabile occorrono scritture del suolo nomina-bili e, prima ancora, riconoscibili. Cose come centro, nu-cleo, viale, assi, reticoli, nodi, tracciati, bordi, confini, re-cinti, trame, ecc., segni, geometrie e luoghi della geo-gra-fia urbana, che nella città sono anche nomi comuni, nel-la città diffusa appaiono oggi solo relitti e residui. Nonc’è corrispondenza tra la città materiale e quella imma-teriale delle relazioni e degli scambi. Quel che emerge ap-pare caratterizzato dall’interruzione, dalla frantumazio-ne, dal dissolvimento. Quando molteplici ‘racconti’ si in-tessono su una struttura comune si dà una condizione ur-bana, dotata di sue proprie immagini, in cui i suoi abitan-

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ti si riconoscono. Nel percorrere certi territori abbando-nati lo sguardo si disperde invece tra oggetti dissemina-ti, reciprocamente muti, senza la pur minima costituzio-ne di forme di dialogo, senza che cose individue si incon-trino in qualche narrazione che dia loro il senso di un luo-go comune.

In questa difficoltà occorre tuttavia disporsi ad affron-tare un itinerario incerto e rischioso. Non ci sono qui me-todi precostituiti che valgano a indicare forme, modi e pro-cedure di intervento che riconducano normativamente ag-glomerati rizomatici2 a spazialità urbane. Rintracciare for-me di corrispondenza tra abitanti e attuali forme insedia-tive, tra civitas e urbs è impresa quasi sempre destinataallo scacco. Le più recenti trasformazioni hanno compro-messo, confuso e finanche cancellato ogni traccia di iden-tità. Forse occorrerà pensare a nuove forme di identifi-cazione a partire da diverse modalità di equilibrio tra am-biente e sviluppo, reinterpretando anche forme insedia-tive in alcun modo ormai presenti e innescando nuove at-tribuzioni di valore che gli abitanti possono conferite ailuoghi in cui sono insediati e nei quali possano in qual-che modo riconoscersi. Gli spazi potranno forse, allora,di nuovo riferirsi ad un linguaggio condiviso: le parole ca-paci di generare le immagini di cui parliamo potranno es-sere di nuovo le stesse: viale, sentiero, strada porticata, vi-colo, corso, piazza, sagrato, ma la loro articolazione di for-me, misure, usi, densità, relazioni si riferirà ad una inten-zionalità di progetto che apra a possibili nuove forme divita collettiva.

Tutto questo serve a stabilire il plot di narrazioni pos-sibili, di una filigrana di struttura in cui anche elementiepisodici e spazi residuali possano connettersi in un di-segno dotato di senso.

I compiti dell’architetturaStiamo parlando di compiti rischiosi che si giocano

su un’opposizione – quella tra ordine e disordine – co-mune a tanti campi del pensiero. Ma in questa difficol-tà l’architettura può trovare soccorso nelle parole di Cal-vino: “l’universo si disfa in una nube di calore, precipi-

ta senza scampo in un vortice di entropia, ma all’inter-no di questo processo irreversibile possono darsi zoned’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una for-ma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un di-segno, una prospettiva. L’opera letteraria – e tanto piùquella di architettura! (n.d.r.) – è una di queste minimeporzioni in cui l’esistente si cristallizza in una forma, ac-quista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidi-to in una immobilità minerale, ma vivente come un or-ganismo”.3

La forma – ci ricorda Simmel – è confine.4 Ma dovesono più i confini nei nostri paesaggi? Dove se non neifantasmi degli orizzonti appiattiti, percepiti da lontanoe velocemente lungo le infrastrutture? A questa doman-da – e a questo disappunto!– tenta di dare risposta que-sta ricerca assumendo come scopo primario la qualità diun paesaggio che, come in un dispositivo ottico che con-sente visioni panoramiche e osservazioni ravvicinate, ri-chiede modi del progetto capaci di allargare e di restrin-gere lo sguardo dalla piccola alla grande scala.

Certo, è vero che “la città, il territorio sono divenu-te immense collezioni di oggetti paratatticamente acco-stati e muti. (Che) la disaggregata società contempora-nea comincia ad avere nostalgia di un uso ristretto del-la città e del territorio, di relazioni di prossimità tra si-mili, di piazze, strade, giardini, spazi tra le cose che sia-no significativi perché ugualmente utilizzati da chi li abi-ta, che siano luogo ed occasione di incontro, di frequen-tazione e di aggregazione”.5 Ma è anche vero che “losguardo da vicino, quando quei luoghi vengono realmen-te attraversati, riporta in evidenza le variazioni di inten-sità, permettendo di riconoscere forme abbozzate del-l’urbanizzazione, siano esse costellazioni di nodi e ansedi linee, di reticoli”.6 E se, infine, si condivide il puntodi vista per cui solo in rapporto all’infrastruttura “appa-iono dotate di senso molte delle più recenti urbanizza-zioni altrimenti incomprensibili: i nuovi edifici cercanola strada, le facciate si caricano di insegne fino a diven-tare esse stesse veri e propri cartelloni pubblicitari”7, èancora possibile, tuttavia, specie quando il ritmo si fa più

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lento, percorrere con gli strumenti dell’architetturaspazi urbani per rivelarli uno ad uno, cercando con il pro-getto luoghi dell’abitare, cercando casa.

NOTE

1 Utilizzo qui questo termine con specifica analogia al linguaggiomarinaresco nel quale ‘manovra’ indica una specifica azione da com-piere in rapporto ad una specifica situazione. Si può dire che le ‘ma-novre’ sono, per la navigazione, veri e propri codici di pratica.2 Cfr. G. Deleuze, F. Guattari, Rizoma, Pratiche Parma-Lucca 1977,p. 56: «Il rizoma è un’antigenealogia. Il rizoma procede per variazioni,espansione, conquista, cattura, iniezione. All’opposto della grafia,del disegno o della foto, all’opposto dei calchi, il rizoma si riduce a unacarta che deve essere prodotta, costruita, sempre smontabile, collega-bile, a ingressi e uscite multiple, con le sue linee di fuga (…) il rizomaè un sistema acentrico, non gerarchico, e non significante, senza ge-nerale, senza memoria organizzatrice o automa centrale, unicamentedefinito da una circolazione di stati».3 I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, Milano 1988, p. 68.4 G. Simmel, trad. it., in Arte e civiltà, a c. di D. Formaggio e L. Pe-rucchi, Milano 1976, p. 67; ed. originale Zur Metaphisik des Todes. Lacitazione è presa in prestito da M. Tafuri, La sfera e il labirinto, Mi-lano 1980, p. 8 al quale espressamente si rinvia per le ulteriori rifles-sioni che vi si trovano sviluppate.5 B. Secchi, Un’urbanistica di spazi aperti, in «Casabella n. 597-598»,gennaio/febbraio 1993, p. 8. 6 L. Reinerio, Varcare, in AA.VV., Infra. Manuale forme insediativee infrastrutture, Marsilio Venezia 2002, p. 313. 7 Ibidem

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Caso-studio 1Tra Sicignano degli Alburni e il Carcere borbonico di PollaGiancarlo Mainini, Antea Andriello, Sarah Avvedimento, MariaTeresa Giammetti

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L’area studioIl tratto della linea ferroviaria tra la stazione di Sicigna-

no e l’ex-Carcere borbonico, situato poco a monte della cit-tà di Polla, si sviluppa per intero all’interno della valle delTanagro occupandone, assieme alla strada statale e all’au-tostrada, il versante meridionale tra il fiume e le scoscese pa-reti degli Alburni. A nord, la fitta vegetazione boschiva chele riveste cede il passo alla piana del fiume che si apre dol-cemente verso vasti terreni coltivati. Le infrastrutture, or-ganizzate quasi in un unico fascio, camminano in quota, rit-mando con terrapieni, ponti, viadotti e gallerie i fianchi del-le colline. Più in basso, tra Sicignano e Galdo, il Tanagro,con larghe anse scorre attraverso l’ampia piana di esonda-zione per poi acquistare una natura decisamente carsica neipressi di Pertosa. La strada statale, che ha affiancato il siste-ma lineare in prossimità della stazione di Galdo, superatoil Ponte nuovo, si porta sulla riva settentrionale del fiumee, nella piana coltivata, serve i centri di Castelluccio, Aulet-ta e Pertosa. L’autostrada, che cammina prevalentemente suterrapieni e viadotti a quote più alte, è visibile con continui-tà da tutta la valle mentre la ferrovia scompare per lunghitratti o mimetizzandosi in ampie evoluzioni che seguono ilprofilo delle curve di livello o per il susseguirsi di gallerie.Nel complesso l’area è poco urbanizzata, complice l’artico-lata orografia dei luoghi. Solo le porzioni in prossimità delTanagro sono coltivate, lasciando il resto dei terreni alla ve-getazione boschiva.

Il parco della mobilitàNell’eventualità della riattivazione del collegamento

ferroviario tra Sicignano e Lagonegro, le proposte sino-ra avanzate non ne prevedono il ripristino fino alla sta-zione di Auletta. Ipotesi in via di definizione suggerisco-no una variante attraverso il versante settentrionale del-la valle con un innesto nel vecchio tracciato subito dopo

questa stazione. Sarebbe un intervento di forte impattoambientale e paesaggistico anche in relazione alla parti-colare sensibilità dei luoghi. Questa doppia condizione,comunque contribuisce a rafforzare alcune linee d’azio-ne che sono alla base del nostro lavoro:

- sviluppo di un sistema metropolitano regionale;- rifunzionalizzazione dei tracciati dismessi facendo

ricorso anche a sistemi intermodali;- intervenire in maniera coordinata sulle diverse infra-

strutture;- perseguire un progetto integrato di alta qualità pae-

saggistica in forte connessione con le risorse dei diversicontesti, capace di porsi come nuovo attrattore territo-riale (il parco lineare della mobilità: del tempo e dello spa-zio).

Nell’area di questo caso-studio, i quattro segni linea-ri che innervano il parco si ramificano assumendo con-figurazioni diverse in relazione all’orografia: in alcuni pun-ti il fascio si resrtinge, in altri le infrastrutture si divari-cano con ampie curve o tagliano i rilievi con traiettorierettilinee, il Tanagro, comunque, costituisce semprel’ordinata rispetto alla quale misurare le variazioni. Se laferrovia è costituita da punti e segmenti a velocità costan-te, il Tanagro è una linea sinuosa ad intensità inversamen-te proporzionale al suo spessore, la statale lo accompa-gna, al servizio dei centi e dei nuclei abitati e di suppor-to alla più capillare distribuzione alla piana, l’autostra-da, indifferente, scarica a valle i detriti dei suoi eterni can-tieri e prosegue. Il parco, con interventi ora su uno di que-sti segni, ora sull’altro, ora negli spazi tra essi, intende va-lorizzare i diversi modi in cui è possibile percepire tem-pi e spazi di questo vasto comprensorio, portandoli a rea-gire e ponendosi quindi come filo conduttore di un gran-de, unico ma articolato evento ambientale.

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I temi progettualiI quattro segni lineari, nella loro stratificazione storica

-il fiume Tanagro, la S.S. n. 19, la ferrovia e l’autostrada-interagiscono in maniera differente con l’articolata orogra-fia dei luoghi consentendo così di individuare sia alcuni pun-ti di singolarità sia alcune situazioni ricorrenti utili nella va-lutazione delle potenzialità e delle criticità nel rapporto trale infrastrutture e il territorio.

Il parco fluvialeIn questo tratto, la ferrovia corre in piano affiancando

il corso del Tanagro; il fiume scorre lento e con larghe ansetra distese sabbiose su cui si pratica la pesca; un ampio am-bito di intervento è delimitato, da un lato dalla piana di eson-dazione del fiume, dall’altro dal tracciato della ferrovia, riu-tilizzabile come percorso a mobilità ecosostenibile. L’auto-strada è in quota e risulta sempre ben percepibile, sebbe-ne isolata rispetto al sistema fluviale di fondovalle; laS.S.19, che percorre il versante opposto del massiccio Per-niciata, costituisce il margine superiore, poroso, del parcolineare.

Il fascio infrastrutturaleQui, le tre infrastrutture della mobilità si sviluppano in

quota, a mezza costa, e sono disposte l’una accanto all’al-tra, anche se su livelli sfalsati. Questa configurazione non con-sente una loro reciproca visibilità tuttavia il sistema è benpercepibile dalla valle solcata dal Tanagro come un ampiosegno rettilineo nel fianco delle colline alle falde degli Al-burni. Le tre infrastrutture, vicine tra loro ma “distanti”, siaperchè costruite in tempi e con logiche diverse sia perchéinducono tempi e modi differenti di mobilità e percezione,definiscono la dimensionalità del campo d’intervanto e leparole-chiave dei temi progettuali: limite, trasversalità, ar-ticolazione scalare, autonomia, legame.

L’accessibilitàIn corrispondenza dello svincolo autostradale di Petina

si colloca il più importante meccanismo di accesso al siste-ma del parco. Da qui si dipartono le strade che collegano

l’autostrada al paese, al fiume, alla ferrovia e al sistema del-la S.S. 19, intrecciando, in un complesso sistema di relazio-ni, molteplici percorsi caratterizzati da modalità struttura-li, percettive e simboliche differenti.

Il loopSi tratta di una figura geometrica generata dall’interazio-

ne tra il tracciato ferroviario e il tracciato autostradale. Men-tre la ferrovia disegna ampie curve sul versante delle colli-ne, l’autostrada supera i salti di quota con traiettorie retti-linee. Nel percorrere il lato meridionale della vallata del Ta-nagro, la ferrovia, in alcuni punti, devia rispetto alla traiet-toria principale seguendo le anse delle colline e lasciando-si scavalcare dagli alti viadotti autostradali. Le due infrastrut-ture circoscrivono così quasi degli ambienti, come delle zonedi “decompressione”, dei luoghi di sosta nel procedere li-neare del parco. Queste anse costituiscono pause, momen-ti di ricapitolazione e rigenerazione durante il percorso: saledi raccolta ed esposizione nel lungo l’itinerario di un mu-seo all’aperto che espone la struttura di un territorio, la cul-tura materiale di un contesto, l’idea della possibilità di re-cuperare il valore simbolico che il paesaggio, opera d’artecollettiva nel tempo, deve tornare a racchiudere.

La sequenza dei viadottiIn questo tratto, ferrovia e autostrada camminano in quo-

ta, disposte su traiettorie parallele a livelli sfalsati. I profon-di valloni che incidono i fianchi delle colline vengono segna-lati dal susseguirsi dei viadotti ferroviari ed autostradali cheindividuano una sequenza binata di segni che misurano l’am-piezza e scandiscono la cadenza dei solchi verticali tra la co-lina e il fondovalle. La sequenza dei viadotti rivela il rappor-to scalare tra le due infrastrutture e tra esse e il paesaggiocircostante.

Le azioniNegli ambiti in cui sono stati effettuati i sondaggi pro-

gettuali sono state definite alcune azioni che organizzano escandiscono la costruzione del progetto del parco lineare:

- individuazione della griglia: i quattro segni lineari del-

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le infrastrutture costituiscono quasi il “pentagramma” su cuiviene costruita la partitura delle azioni progettuali;

- individuazione dei bordi: in quest’operazione si stabi-liscono i confini del parco e la loro natura, l’ampiezza del-la sezione trasversale e i tratti su cui intervenire sia nei se-gni lineari sia negli spazi che essi racchiudono;

- individuazione dei punti: in questa fase si procede alladelimitazione dell’ambito d’intervento in senso longitudi-nale, attraverso la selezione degli episodi puntuali che cir-coscrivono il campo di azione del progetto;

- individuazione delle trasversalità: vengono messi a fuo-co gli elementi che riconnettono trasversalmente le quattroinfrastrutture, rendendo possibile la configurazione di unsistema unitario. Si tratta di “elementi-ponte” che consen-tono l’accessibilità e lo scambio tra i quattro segni lineari.(Fig. 1)

Tre aree progettoIl procedimento proposto è stato esemplificato su tre aree,

in cui emergono alcuni dei temi individuati nelle fasi pre-cedenti. In questo primo caso-studio l’approfondimento pro-gettuale dall’ambito di area vasta si è spinto ad una scala dimaggior dettaglio, ma sempre di livello sovralocale, riman-dando le sperimentazioni alle scale più ravvicinate agli al-tri casi-studio che riguardano ambiti più ristretti e ben de-finiti insiemi di manufatti. (Fig. 2)

Tra Auletta e PertosaAll’interno dello spazio individuato dalla divaricazione

tra l’autostrada e la ferrovia, il nodo della masseria Muru-sella organizza, attraverso percorsi che seguono le vie del-l’acqua ed alcuni sentieri esistenti, l’accesso alla stazione diAuletta, al fiume Tanagro e alla S.S.19. In quest’area, lo spet-tacolare loop con le sue trentatre arcate su due ordini e lasequenza di terrazzamenti individuano quasi delle sale al-l’aperto di un sistema espositivo della cultura materiale e peristallazioni temporanee finalizzate a promuovere e qualifi-care i caratteri del sistema paesaggistico circostante.

In prossimità di Polla, il fascio lineare si stringe come inun nodo e le quattro infrastrutture si scavalcano reciproca-

mente più volte, per poi distendersi di nuovo all’imbocca-tura del Vallo di Diano. Qui, la delimitazione dell’ambitod’intervento è affidata, sul lato occidentale, all’individuazio-ne di una sequenza di manufatti -alcuni esistenti, altri di pro-getto- disposti secondo un’ideale asse trasversale che con-giunge la ferrovia al centro urbano di Auletta: la vecchia sta-zione, la piattaforma per la pesca sul Tanagro, alcuni edifi-ci rurali, e infine, un edificio storico disposto sul perimetrodella cittadina. I diversi manufatti, trattati secondo un me-desimo protocollo di regole, sono messi in relazione median-te alcuni interventi di natura percettiva e/o funzionale: ri-salite, belvederi, filari di alberi, linee di disboscamento ta-gliafuoco, piccole torri informative telematiche, ricoveri. Al-l’estremo opposto, l’ambito d’intervento è delimitato da unarisalita meccanica che dovrà ricongiunge le grotte di Perto-sa con la nuova piccola stazione ferroviaria da connetteread un’ampia area di sosta dell’ autostrada. Viene così defi-nito un nuovo accesso pedonale al parco lineare con un per-corso che utilizza e amplia, il sistema di risalita delle acquedel Tanagro che alimentano la centrale idroelettrica funzio-nante in prossimità della stazione di Pertosa. Le ricucituretrasversali del sistema si articolano in più soluzioni. Alcu-ne linee di disboscamento tagliafuoco segnalano i solchi deivalloni, attraversando i viadotti ferroviari e autostradali finoal fiume Tanagro, limite settentrionale del fascio. Questi se-gni accoglieranno anche i piccoli manufatti necessari alla ma-nutenzione e alla gestione delle aree boschive e delle diver-se infrastrutture (acquedotti, elettrodotti, autostrada, ferro-via) che innervano le colline degli Alburni. Inoltre, un per-corso, recuperando frammentari tracciati esistenti, riconnet-terà, in corrispondenza di Pertosa, l’autostrada e la ferro-via con il fiume, la masseria Murusella, la vecchia stazionedi Auletta e il paese, strutturandosi così come sostegno in-terno dei diversi nodi del sistema. (Fig. 3)

Lo svincolo di PetinaIn questo tratto, l’intervento si articola attorno ad alcu-

ni nodi strategici. Il tracciato ferroviario è solo parzialmen-te accessibile, per via dei numerosi segmenti in galleria, per-tanto si prevede la riconversione della sola area della stazio-

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ne di Petina e del viadotto S. Onofrio, che supera con undislivello di cinquanta metri il torrente omonimo. Tra le duearee si sviluppa lo svincolo autostradale di collegamento conla strada statale mediante una doppia bretella che condu-ce, da un lato al fiume, passando per la stazione ferroviaria,dall’altro al paese, affiancandosi al viadotto S. Onofrio. Labretella costituisce l’elemento su cui innervare i diversi si-stemi di accessibilità e scambio tra le quattro infrastruttu-re, articolando diverse velocità e modalità di percorrenza.In quest’area-progetto, il parco non si sviluppa sulle fascecomprese tra i segni lineari ma sulle tracce che collegano traloro alcuni elementi puntuali ritenuti strategici. Pertanto, an-che la delimitazione dell’ambito di intervento avviene nonper linee ma per punti, attraverso l’individuazione di nodi,posti a diverse quote, di cui i principali sono la stazione fer-roviaria e lo svincolo autostradale.

Tra Galdo e Castelluccio CosentinoAi piedi della collina di Castelluccio, l’insieme lineare,

composto dall’autostrada, dalla ferrovia e dal fiume Tana-gro, si espande disegnando un’ampia curva. In corrispon-denza di questa ansa viene ad inserirsi di nuovo nel sistemail quarto segno lineare e cioè la strada statale provenientedal versante opposto del massiccio Perniciata. La ferroviae l’autostrada formano un nuovo loop, innervato, come nelcaso di Auletta, dai corsi d’acqua che scorrono verso il Ta-

nagro e da una viabilità interna, costituita, in questo caso,dalla strada statale. Lungo il torrente Galdo, la principalevia d’acqua che attraversa il loop, s’innesta un percorso diaccesso alla stazione di Castelluccio che costituisce il termi-nale del primo tratto precorribile della ferrovia. Dopo la sta-zione di Castelluccio, infatti, l’utilizzo della sede del traccia-to ferroviario è compromesso dalla presenza di numerosegallerie e il parco lineare si sviluppa seguendo i sentieri lun-go il corso del fiume Tanagro. Le azioni progettuali ipotiz-zate mirano a rafforzare la consistenza del segno costituitodalle tre infrastrutture, ridisegnando l’area di sedime del trac-ciato ferroviario e gli spazi compresi tra la ferrovia e la S.S.19.Questi spazi diventano luogo privilegiato per ospitare ope-re, istallazioni ed eventi legati alle attività e al funzionamen-to del parco. Si tratta di aree visibili anche da grandi distan-ze, interpretabili come un lungo spazio, all’aperto e nelle gal-lerie, per esposizioni e sperimentazioni , accessibili facilmen-te dalla strada statale. Come nell’ambito del parco fluvialeanche nel fascio infrastrutturale, l’idea di continuità del trac-ciato potrà essere recuperata mediante fasce di vegetazio-ne che si alternino secondo il ritmo dei viadotti e delle gal-lerie, evidenziando i tratti in superficie e segnalando i trat-ti in galleria. Le ricuciture trasversali saranno costituite an-cora una volta dal sistema di impluvi che taglia trasversal-mente i tracciati della ferrovia, dell’autostrada e della stra-da statale per giungere fino al Tanagro.

Il fascio infrastrutturale fra Sicignanodegli Alburni e Polla.

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Caso-studio 2PollaFrancesco Rispoli, Raffaele Di Vaio

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Qui la condizione geografica e i manufatti infrastruttu-rali si annodano in due ‘strozzature’ ai margini dell’in-sediamento e ne costituiscono in qualche modo le ‘por-te’. Tra l’una e l’altra formano una sorta di fuso; oltre si‘rilasciano’ nel territorio a monte ed a valle. (Fig. 4)

A nord l’orografia serra il fascio delle infrastrutture chesi intersecano su quote diverse offrendo prospettive dif-ferenti dalla medesima condizione planimetrica alla qua-le corrispondono più punti di osservazione sfalsati in al-tezza. La prevalenza del segno d’acqua e la vicinanza diopere idrauliche e del vecchio Carcere borbonico sugge-riscono di utilizzare questi manufatti per raccontare la sto-ria e la storia della geografia – organizzando un “museodell’acqua” – di questo territorio a partire da punti rile-vanti che il progetto mette in dialogo tra loro. (Fig. 5)

A sud soltanto le “vie d’acqua” e quella “di ferro” siserrano in un punto di sutura che apre e chiude verso ilterritorio. Ma anche qui le geografie e le altre scrittureche nel tempo hanno conformato questi luoghi sono uti-lizzate per tessere il plot di narrazioni inedite. Le ‘por-te’ sono limiti che aprono e chiudono – nei due sensi diattraversamento –, l’insediamento principale, capisaldiche ne definiscono i “termini”; ed esse moltiplicano il lorospessore semantico aprendo una “finestra” sulle storiedel luogo.

Proseguendo da nord a sud il progetto constata unasorta di riappropriazione da parte della natura di un trat-to in galleria e, piuttosto che proporne un improbabilerecupero, decide di abbandonarlo per organizzare un by-pass pedonale/ciclabile che costeggia la collina e trovai suoi capisaldi nelle sarciture con il vecchio tracciato incorrispondenza delle due estremità della galleria, doveincontra i ponti che vi si attestano.

Sui margini del fiume, laddove la dismissione dei bi-nari offre nuove opportunità di ricucire segni di storia

con segni della geografia, le diverse condizioni deimargini vengono stabilite in rapporto alla maggiore o mi-nore rigidezza, alla differente porosità, alla prevalenzadella continuità o della discontinuità. Quest’ultima è col-ta come occasione narrativa, come racconto nel raccon-to.1 Così il tracciato dismesso raccoglie nel suo percor-so via via le occasioni della natura e della storia, sotto-lineando le presenze esistenti ed offrendole a nuove for-me di dialogo.

Il riuso del tracciato ferroviario ai margini del fiumeconsente di dare un ritmo alle sequenze percettive. Cosìla ‘lente’ di suolo che separa la via di ferro da quella d’ac-qua viene densificata da un sistema di verde ed organiz-zata con delle ‘lacune’ per mirare punti privilegiati del-l’insediamento.

Per quanto riguarda ciò che accade lungo i tracciatie nel loro reciproco relazionarsi la modificazione criti-ca lavora sui variabili intrecci dei sistemi lineari, attra-verso azioni di completamento, diradamento, polarizza-zione, interruzione. Ma anche tematizza singolarità e ri-petizioni sottolineando gli elementi di identità e le dif-ferenze, operando per contaminazione, sviluppando i temidella misura o della dismisura.

L’idea stessa di soglia è legata ad una differenza trainterno ed esterno, tra ‘dentro’ e ‘fuori’. Il suo pensie-ro allude a geografie “definite”, parti di territorio anco-ra distinguibili e nominabili – centro/periferia, città/cam-pagna, esterno/interno, ecc. –, a forme della città anco-ra riconoscibili.

Ma, soprattutto, è dentro lo spazio che le infrastrut-ture disegnano tra loro che bordi, margini, intersezionie sovrapposizioni possono essere ridefiniti a partire dalribaltamento di taluni rapporti che la dismissione indu-ce per progettare nuove e differenti relazioni.

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Vengono colte, così, le nuove opportunità per lega-re le diverse parti e gli insediamenti tra loro o con le oc-casioni della natura o con i lasciti della storia. Lungo lesezioni dei manufatti quel che prima era distinto, sepa-rato, reciso si può ora riconnettere. Nuove possibilitàdi intreccio, consentono di mixare immagini fram-mentarie (il muro-ponte, la trincea-solco, il rilevato-ba-stione, ecc.) per rivelare l’identità del luogo organizzan-do nuove scene, nuove sequenze.

In questa metamorfosi il progetto di suolo prospet-ta altre scritture, diverse possibili conformazioni, tro-va un campo in cui opera una sperimentazione forma-le in ambiti riferiti alle diverse scale, dalla più piccolaalla più grande. Il lavoro tra i differenti strati della tra-sformazione tende a sottolineare la loro compresenza,ma anche a svilupparsi in una sorta di inversione del tem-po: lo sguardo del progetto osserva le tracce dell’infra-struttura più che come relitti di una forma che va scom-parendo, come capisaldi a partire dai quali organizza-re, far apparire nuove forme del territorio, i primi af-fioramenti di nuovi paesaggi urbani.

Nei nodi della rete infrastrutturale si addensano anchegrumi di effetti urbani (quelli che un tempo mescolava-no mutuamente città e stazione, città e strade di accesso,mercati e crocevia), quelli che altrove trovano nell’auto-grill la forma archetipica – tutta contemporanea – del con-tenitore del servizio, del ristoro, del mercato, ecc.. Intor-no a queste polarità possono svilupparsi strutture per iltempo libero ma anche complessi di edifici, luoghi di cen-tralità per attività collettive diverse, emergenti per loca-lizzazione, per ruolo nel territorio, per forma.

Così nel suo margine meridionale la vecchia stazio-ne viene dismessa e ‘riusata’ come museo ferroviario. Maproprio per marcarne la sua essenza di “testo” architet-tonico fortemente tipizzato – capace di punteggiare edinterpolare la linea ferroviaria anche laddove essa vie-ne dismessa e recando in tal modo ‘traccia’ della memo-ria della ferrovia – ad essa il progetto accosta il suo “dop-pio” e valorizza ulteriormente le forme di contatto se-dimentatesi e le relazioni aggrumatesi nel punto in cuila linea incontra la città esistente. (Fig. 6)

Nel margine meridionale la strada ferrata viene re-cuperata al suo uso ed il progetto sottolinea questo pun-to di ripresa con il grande segno di un ponte abitato chesi dispone a costituire, insieme alla nuova stazione, unimponente dispositivo di centralità.

Lavorare sugli spazi marginali consente di definireluoghi per diverse funzioni, che corrispondono a nuo-ve esigenze ma che, soprattutto, disegnano immagini alla

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Piccole architetture “aprono” lo sguardo nel territorio.

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scala della città o del territorio. Un limite può separa-re o unire, può chiudere o consentire l’attraversamen-to, ma può anche deformarsi e attrarre il verde nel tes-suto edificato, creando nuove relazioni fra spazi urba-nizzati e spazi aperti.

La strade, la ferrovia attraversano, nel loro percor-so, contesti diversi. Connettendo il fascio infrastruttu-rale in tratti singolari, secondo “sezioni territoriali tra-sversali”, è possibile far reagire tra loro i diversi conte-sti. La città diffusa, che si stende nell’invaso definito dal-le reti lunghe trova in un sistema di azioni e modifica-zioni trasversali le modalità per istituire differenze e mar-gini, figure urbane capaci di ritrovare con la natura deiluoghi dialoghi rimasti a lungo interrotti.

Ma questo fascio, che nelle mappe topografiche e nel-le ortofoto si dispone ad uno sguardo zenitale che tut-to lo comprende ed appare perciò nell’immagine stati-ca del ‘foglio’, può essere invece percorso nei tracciatidi scorrimento marginali o in quelli centrali mostrando-si in differenti prospettive. Esso appare allora come untesto che è necessario ‘sfogliare’, per rivelare, proceden-do lungo le sequenze delle scritture, l’architettura delterritorio.

NOTE

1 Si pensi ad esempi letterari assai noti: il racconto “Il grande inqui-sitore” ne “I fratelli Karamàzov” e “La monaca di Monza” ne “I pro-messi sposi”.

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La “descrizione” del paesaggio: tecniche e procedure per ilprogetto

Il ragionamento compiuto intorno alla stazione di Pa-dula, individuata come situazione-tipo emblematica delrapporto tra ferrovia e beni culturali di grande rilievoterritoriale, assume il paesaggio come “materiale” delprogetto dell’infrastruttura sia in quanto repertorio dielementi impiegati a definirne la forma sia in quanto am-bito tecnico stesso dell’intervento.

D’altro canto, il paesaggio inteso come “struttura delterritorio” assume un ruolo centrale nell’ambito dellarecente strumentazione normativa. Particolarmente in-teressante ai fini del nostro ragionamento appare l’in-terpretazione di tipo vedutistico utilizzata per valutarela sensibilità di un sito e che considera le relazioni per-cettive che l’intervento trasformativo intrattiene con unintorno più ampio, dove la maggiore ampiezza può va-riare molto a secondo delle situazioni morfologiche delluogo. Non solo, quindi, diviene di primario interesse“quanto si vede”, ma “cosa si vede e da dove”. Questoconcetto di quadro visuale entro cui far rientrare alcu-ni elementi ed escluderne altri a seconda del risultatoche si vuole ottenere o mantenere, individua un proce-dimento molto vicino alle modalità di “descrizione” delcontesto che il progetto stesso innesca sulla base dellestrategie di “relazioni” che intende privilegiare.

A partire da queste considerazioni è stata articolatala struttura interpretativa del progetto, riassumibile inuna sequenza di operazioni generalizzabili:

- la ricerca di un ambito di intervento, come area dal-l’unità interna spesso composita entro cui si ritrova unsistema di corrispondenze tra le parti che si vuole far en-trare in relazione con il progetto e con le sue tematiz-zazioni;

- la definizione di un’area di progetto entro cui calarele strategie di modificazione, più chiaramente misurata edefinita da un limite geometricamente ritrovato come “bor-do” architettonico;

- la messa in forma dei fenomeni sottesi dalla coppiaoppositiva lineare/trasversale, in cui il primato della linea-rità viene rafforzato dalla presenza di connessioni trasver-sali che ne identificano di volta in volta le relazioni conil territorio specifico attraversato;

- la gerarchizzazione delle continuità infrastrutturali: lavalutazione della loro distanza relativa; la misurazione del-la quantità di suolo “tra” le infrastrutture; la verifica del-le potenzialità di un lavoro sulle aree di margine e di ri-spetto infrastrutturale;

- la individuazione delle “vocazioni” alla trasformazio-ne del territorio – naturalistiche, trasportistiche e cultu-rali-;

- la valutazione delle condizioni di omogeneità del pae-saggio e di ricorrenza dei suoi elementi;

- la interazione tra i moduli e ritmi della linea infrastrut-turale con quelli del territorio antropizzato;

- la messa a punto di strategie di “azioni” possibili comemosse progettuali specifiche da applicare ad alcune sezio-ni del fascio infrastrutturale.

«L’architettura nel creare i luoghi definisce tre dispo-sitivi: “perimetrare”, “fare centro” e “attraversare”» (C.Norberg-Schultz, 1973), così nella individuazione dell’area-progetto intesa come architettura unitaria, la delimitazio-ne, la presenza di elementi di centralità e l’attraversamen-to come messa in rete tra le parti, hanno rappresentato letre operazioni utili a specificare l’identità del luogo nel-la nuova figura assunta dalla descrizione compiuta.

La “geometria dell’intervento” nelle sue coordinateprincipali è stata definita dalla condizione morfologica del

Caso-studio 3Lo spazio “tra” le infrastrutture: un disegno di parco lineare tra le stazioni ferroviarie di Padula e Sassano-TeggianoFrancesca Bruni, Angela D’Agostino

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Vallo: uno spazio pianeggiante disegnato dai cromatismidella divisione dei campi e dai margini segnati da una li-nea di crinale continua su entrambi i versanti. Al centrodi questo invaso naturale il “corridoio infrastrutturale”,con i suoi quattro canali, ne attraversa ed innerva longi-tudinalmente l’intera dimensione secondo una configu-razione che vede ferrovia e autostrada correre ravvicina-te e fiume e statale allontanarsi.

Questa condizione poco “contaminata” dalla presen-za di insediamenti ha chiarito il senso dell’intervento chesi è specificato come riflessione sul tema del disegno di par-co lineare entro una fascia definita da linea ferroviaria etracciato autostradale, ed in cui le trasversalità solo in quan-to “eccezioni” entrano a qualificare la linearità/ripetitivi-tà del disegno del parco. (Fig. 8)

La dimensione longitudinale dell’ambito è stata de-terminata così dalla presenza di due trasversalità prin-cipali caratterizzate da una specificità tematica legata allaporzione di territorio che portano entro il parco, che fan-no perno su due stazioni: l’asse viario legato alla stazio-ne di Padula trova “a nord” del parco, nel complesso mo-numentale della Certosa di San Lorenzo, il suo elemen-to di centralità e nel tema del rapporto tra arte/architet-tura/paesaggio la propria specificità; l’asse viario lega-to alla stazione di Sassano-Teggiano ha, invece, “a sud”il proprio sistema di polarità, dato da una infilata di pon-ti che scavalcano i numerosi canali del sistema di drenag-gio del Vallo, e trova quindi nel tema dell’acqua la pro-pria identità.

A queste due trasversalità, che più che “attraversamen-ti” rappresentano gli elementi catalizzatori del disegno delparco, se ne aggiunge una terza, la strada statale, che, alcontrario, attraversa il parco sottoforma di “incisione” nelportare al suo interno frammenti di edilizia. Infine, la retecapillare di stradine poderali e canali che innervano il ter-ritorio rappresentano altrettanti momenti di incisione checonsentono al sistema longitudinale di aprirsi alle due in-frastrutture che corrono ai margini. Elemento di misura-zione del percorso è il sistema dei caselli ferroviari postiin prossimità delle intersezioni con la viabilità secondaria.

Il progetto, dunque, è già contenuto in queste consi-derazioni principali mentre si specifica come strategia insette “azioni” tecniche contestuali da applicare a condi-zioni ricorrenti: (Fig. 9)

- Allagare il parco come dispositivo che suggerisce lapossibilità di riportare entro l’area di progetto elementie materiali ad essa esterni ed appartenenti ad altri allinea-menti;

-Sezionare il fascio infrastrutturale come possibilità diritrovare ambiti traversali “segnati” dalla scansione del-la misura relativa tra le quattro infrastrutture;

- Integrare frammenti urbani come possibilità di ragio-nare per “inclusioni” di materiali differenti attraverso unastrategia che unisce, coordina, crea corrispondenze ma se-para, identifica, progetta la distanza tra gli oggetti per ren-derne più leggibili le singole identità;

- Connettere i versanti del Vallo come possibilità di met-tere in relazione l’infrastruttura con elementi delle diver-se scale, da punti del paesaggio a frammenti di una urba-nità diffusa, individuando relazioni a distanza, visuali pri-vilegiate e continuità di suolo;

- Movimentare il suolo come possibilità per l’architet-tura di modellare il suolo raddoppiandone la superficiee proponendo usi diversi degli spazi interstiziali, innalzan-do l’altezza dell’occhio dell’osservatore per orientarne lavisione, o anche come possibilità di superare puntualmen-te l’infrastruttura stessa per mitigarne l’impatto;

- Relazionare i flussi come possibilità di creare puntidi interscambio che siano anche luoghi dai quali poter ve-dere il territorio “dalle” infrastrutture;

- Conformare l’architettura dell’infrastruttura come oc-casione di disegno del paesaggio, per “segnare”, conferen-do forma e figurazione, i punti ricorrenti di sovrapposi-zione e intersezione tra le infrastrutture. Muri di sostegno,scarpate, sovrapassi, si conformano in relazione alle diver-se condizioni topografiche divenendo elementi orientan-ti e, in quanto misuratori dello spazio, “brani” di commen-to al paesaggio.

(F.B.)

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Struttura, forma e misura del parco lineare tra Padula e Sas-sano-Teggiano

Il parco lineare tra Padula e Sassano-Teggiano comeprogetto strategico (soluzione specifica e indicazione me-todologica) per la valorizzazione del territorio interpre-ta numerose iniziative che la Regione Campania ha av-viato per la tutela del paesaggio (Recepimento Conven-zione Europea sul Paesaggio, Carta di Padula, Linee Gui-da per la Tutela e Valorizzazione del Paesaggio Regiona-le, ecc.).

Il procedimento progettuale costruisce soluzioni perluoghi specifici e individua interventi per una “manuten-zione programmata” del territorio da realizzarsi per fasitemporalmente differenziate.

Il tema portante è l’interpretazione del paesaggio in-teso come ‘sistema di segni’ che restituisce significato uni-tario alla frammentarietà (spaziale e temporale) della tra-sformazione del territorio: il disegno dei campi, il fascioinfrastrutturale, i beni culturali, i rilievi montuosi ai mar-gini del Vallo, i centri storici arroccati.

La definizione del territorio come paesaggio fa rife-rimento al termine artialisation (A. Roger, Vita e mortedei paesaggi, Lotus n. 101) utilizzato per intendere l’in-sieme di operazioni di descrizione e progetto che consen-tono di definire i caratteri e gli elementi costitutivi del pae-saggio.

Il codice artistico è direttamente inscritto nella mate-rialità del luogo, sul terreno e riferimento per il proget-to diventano opere di land art che, lavorando con la ter-ra, rivelano un patrimonio di paesaggi esclusi o intersti-ziali rispetto alla tradizione di “luogo del bello”.

Il sistema infrastrutturale del Vallo, insieme allo spa-zio tra le infrastrutture, diventa un attrattore/condensa-tore sia in termini organizzativi, sia sul piano figurativodei caratteri del paesaggio.

Questi ultimi vengono esplicitati attraverso l’utilizzodi categorie di giudizio secondo cui attribuire un valoresia agli elementi del paesaggio sia agli interventi di pro-getto: valore morfologico-strutturale, valore vedutistico,valore simbolico.

I termini del progetto del paesaggio- L’ambito di intervento è la porzione di territorio del

Vallo di Diano attraversata dal fascio infrastrutturale co-stituito dall’intreccio di autostrada, ferrovia, strada stata-le e fiume cui si aggiungono porzioni di territorio o ma-nufatti cui il progetto si rivolge in direzione trasversale.Tra Padula e Sassano-Teggiano la ferrovia e l’autostradacorrono parallele in direzione nord/ovest-sud/est, sono inleggero rilevato, mantengono una distanza di circa 50 mche in prossimità delle stazioni si raddoppia, e vengonointersecate dalla strada statale (a raso in direzione nord-sud) solo in un piccolo tratto. L’autostrada costituisce unavera cesura (il rilevato è più alto e sono poche le occasio-ni di attraversamento), mentre la ferrovia stabilisce frequen-ti connessioni con il territorio soprattutto verso est, dallato della statale. In particolare la stazione di Sassano-Teg-giano è a raso e intorno ad essa si è costituito il piccolonucleo urbano di Teggiano-scalo. Il fiume ha la configu-razione di una rete di canali che irrigano in maniera dif-fusa la parte occidentale del Vallo al di là dell’autostrada.

- La struttura del territorio è pianeggiante ed è segna-ta dalla sovrapposizione di due sistemi: il sistema infra-strutturale e il sistema agricolo. Il primo si dirama a sol-care il Vallo in tutta la sua ampiezza e presenta poche ope-re civili (viadotti, ponti ecc.) in corrispondenza degli in-croci tra le linee. Il sistema agricolo (che dal punto di vi-sta temporale precede il primo) è quello che ha struttu-rato la piana subito dopo la bonifica e costituisce l’elemen-to principale del paesaggio del Vallo.

- La misura longitudinale del progetto è determinatadall’intersezione del territorio tra le infrastrutture con letrasversali verso Padula a sud e verso Sassano a nord incorrispondenza delle omonime stazioni, trasversali che, in-tercettando emergenze peculiari del territorio (la Certo-sa di S. Lorenzo, principale attrattore culturale dell’inte-ro Vallo, e la strada dei ponti che conduce a Sassano) con-sentono di fissare gli estremi della sperimentazione pro-gettuale (che ha una estensione di oltre 4 km).

- La misura trasversale del progetto è individuata con-siderando i caratteri specifici del territorio attraversato e

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le relazioni che i sistemi del fascio infrastrutturale instau-rano tra di loro e con singoli elementi del territorio attra-versato: il parco è contenuto tra ferrovia e autostrada conuna serie di prolungamenti in direzione trasversale a in-cludere luoghi significativi del territorio.

- I materiali del progetto sono elementi e parti dell’in-frastruttura e del territorio: da un lato le opere civili del-l’infrastruttura e il costruito di relazione tra infrastruttu-ra e territorio, dall’altro i campi coltivati e i sistemi a rete,di strade sentieri e canali. La scala delle prime esplicita ipiù immediati rapporti gerarchici tra le diverse infrastrut-ture in esame; la frequenza, la forma e l’estensione del se-condo regolano il rapporto tra infrastruttura e territorio.

Il disegno del parco lineareIl disegno del parco è realizzato mediante la sovrappo-

sizione/intersezione di tre tipologie di intervento: lineare,relativo ai percorsi di attraversamento del parco;; puntua-le, relativo al singolo manufatto; areale, relativo alla por-zione di suolo che costituisce il parco. (Fig. 10)

- Il percorso longitudinale è pedonale e ciclabile e cor-re parallelo alla linea della ferrovia - ripensata in questo trat-to come ferrovia leggera, lenta ed ecocompatibile - cui sirelaziona seguendone il ritmo: le stazioni e i caselli diven-tano luoghi di sosta, di informazione e valorizzazione delterritorio. Il ruolo affidato al nuovo elemento lineare è quel-lo di narrare il paesaggio del Vallo. Gli attraversamenti tra-sversali sono in prossimità delle discontinuità dell’autostra-da e della ferrovia: sottopassi, sovrappassi, passaggi a raso.

- Questi costituiscono alcuni dei manufatti di proget-to: elementi che svolgono un ruolo esclusivamente di at-traversamento vengono ripensati come architetture: sca-le e rampe sono contenute da muri che ne segnalano la pre-senza prolungandosi nel parco.

- Il progetto di suolo riprende l’orditura dei campi e lasua riconoscibilità viene affidata all’utilizzo di particolaricolture mentre in corrispondenza delle testate si opera at-traverso una artificializzazione del suolo.

Nel tratto in corrispondenza della stazione di Padulala misura della Certosa viene proiettata fino al parco dove

il suolo viene sollevato e inclinato (fino a coprire l’auto-strada e a contenere un sistema di interscambio con la sta-zione) per orientare lo sguardo verso il monumento. L’ar-chitettura dei giardini delle celle viene duplicata nel di-segno di verde del suolo inclinato.

In corrispondenza della stazione di Sassano-Teggianoil parco viene allagato, si opera, cioè, con una azione ro-vesciata, con una sottrazione di terreno che introduce iltema dell’acqua della trasversale dei ponti.

Il parco lineare tra le infrastrutture, nella dimensionedel suo sviluppo longitudinale e nel trattamento delle pro-prie texture, naturali o artificiali, dei suoi percorsi, dei suoimanufatti, dei suoi margini, evoca una grande opera pae-saggistica in cui arte, infrastrutture e architettura concor-rono alla formazione di un progetto unitario.

L’arte diventa espressione dell’infrastruttura e delpaesaggio ridisegnandone elementi, manipolandone imateriali, misurandone l’estensione, storicizzandone la for-ma.

(A.D’A.)

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Caso-studio 4Il parco delle infrastrutture, da Padula a MontesanoFrancesco Viola

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La vecchia ferrovia e l’autostrada corrono per chilometril’una affianco all’altra; in alcuni tratti, strette tra le mon-tagne, si intersecano e si sovrappongono, in altri, dove purel’assenza di ostacoli naturali consentirebbe di seguire di-rezioni differenti, restano vicine, accomunate da un singo-lare destino geografico. Nel Vallo di Diano la ferrovia e l’au-tostrada si mantengono costantemente parallele, ad una di-stanza di 35-50 metri l’una dall’altra. Insieme delimitanouna sottile striscia, lunga diversi chilometri, fisicamente se-parata dal territorio, morfologicamente differente: néporzione di campagna, né frammento di periferia in for-mazione. E’ come se qui le dimensioni del sito, l’anoma-lo sviluppo e la ridotta profondità, avessero impedito il con-solidarsi di una chiara regola insediativa. Prevalgono le areeincolte, l’accumulazione casuale di tutto ciò che residua dal-le attività dell’intorno, i depositi di materiali eterogenei, gliscarti delle lavorazioni. La circostanza, poi, che entrambele infrastrutture si sviluppino al di sopra del piano di cam-pagna - l’autostrada su un rilevato alto 7-8 metri, la ferro-via su una massicciata di 2-5 metri – accentua ancor piùl’isolamento di questa fascia dal contesto.

I due rilevati definiscono, dunque, i bordi di un cana-le lungo diversi chilometri, una sequenza continua di spa-zi oggi priva di qualità, ma che possiede delle grandi po-tenzialità di trasformazione offrendo l’opportunità didare vita qui ad un nuovo parco pubblico attrezzato, con-

Vista aerea del Parco lineare nella soluzione “naturalistica”.

Nuovo specchio d’acqua tra ferrovia e autostrada.

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nesso al sistema della mobilità autostradale ed al traspor-to su ferro. (Fig. 10)

La porzione di territorio presa in considerazione nel-la sperimentazione progettuale è compresa tra la stazionedi Padula e lo svincolo dell’Autostrada “Padula-Buonabi-tacolo” presso Montesano Scalo.

Tra le qualità che il sito possiede, ve n’è una in parti-colare che il progetto intende valorizzare: la percezione sem-pre diversa dei luoghi infrastrutturali in relazione al mu-tare dei punti di vista e della velocità di attraversamentodel territorio. Da lontano prevale la dimensione d’insieme,le relazioni alla grande scala che il rilevato infrastruttura-le stabilisce con il paesaggio del Vallo di Diano; lungo l’au-tostrada e la ferrovia la velocità e gli scorci prospettici esal-tano la sequenza e la rapida successione degli spazi, dal-l’interno della fascia infrastrutturale prevale l’isolamentodegli spazi interclusi.

Pur conservando tali qualità il progetto si propone diribaltare l’attuale condizione del fascio, da spazio nega-to ed incavato nel suolo ad elemento emergente e visibi-le nel paesaggio. Ciò è stato ottenuto colmando lo spaziocompreso tra ferrovia ed autostrada e realizzando un si-stema continuo di colline artificiali che si elevano di unadecina di metri al di sopra della sede autostradale. Sonostate sperimentate due soluzioni per il disegno del profi-lo del nuovo parco lineare: una ha riprodotto le condizio-ni tipiche dell’ambiente “naturale”, sagomando le colli-ne con profili curvilinei, un’altra ha proposto una confi-gurazione geometrica regolare con terrazze a gradoni didifferente profondità. (Fig. 11, 12)

I punti di intersezione del parco con le altre infrastrut-ture del territorio, la rete stradale ed i corsi d’acqua, sonostati sottolineati ampliando le sezioni e localizzando in cor-rispondenza le attrezzature ed i servizi d’interesse collet-tivo. Le aree di sosta lungo l’autostrada e i caselli della li-nea ferroviaria hanno, inoltre, offerto lo spunto percreare nuove opportunità di interscambio fra le infrastrut-ture di trasporto. Allo svincolo autostradale di Padula-Buo-nabitacolo è stato, infine, dedicato uno specifico appro-fondimento, suggerito dalla particolare conformazione del

sito. Qui i tornanti che collegano l’autostrada alla stradastatale disegnano delle ampie traiettorie curvilinee che ri-spondono esclusivamente alle logiche trasportistiche,trascurando il disegno e la qualità degli spazi residuali in-terclusi. Il progetto ha proposto di realizzare una più stret-ta corrispondenza tra le geometrie del tracciato infrastrut-turale e la morfologia dei luoghi, modellando il terrenodello svincolo con colline, belvederi e nuovi percorsi nelverde nei quali natura ed artificio possano fondersi tra loro.

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Una infrastruttura lineare tra memoria e progetto: la Circumvesuviana Napoli-Nola-BaianoPasquale Miano

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L’interesse del caso della ferrovia Circumvesuviana Na-poli-Nola-Baiano rispetto ai temi generali della ricerca sul-le infrastrutture lineari è da individuare fondamentalmen-te nella particolarità della situazione che si è determina-ta negli ultimi anni: una infrastruttura lineare della fine del-l’Ottocento molto semplice nella sua originaria configu-razione, che agli inizi degli anni novanta del secolo scor-so è stata parzialmente abbandonata, sostituendo il bina-rio originario con una nuova e più moderna infrastruttu-ra a doppio binario, in gran parte in viadotto.

Ciò è avvenuto all’interno di un più articolato proces-so di trasformazione dell’area nord-orientale di Napoli,un grande pezzo di pianura disposto tra il Vesuvio, le pri-me pendici del Partenio e i “reticoli centuriati” settentrio-nali, che ha perso i suoi antichi connotati di insediamen-to lineare a nuclei separati per assumere configurazioni ti-piche di un territorio urbano composto da elementi diver-si, spesso contrastanti.

In questo territorio si è determinata una nuova geogra-fia degli insediamenti riconoscibili per addensamenti e ra-refazioni, più che per elementi puntuali. Diventa allora mol-to importante il riconoscimento della permanenza delletracce delle preesistenti configurazioni in grado di con-tinuare ad influenzare in modo determinante i nuovi in-terventi, obbligando ad approfondire le relazioni tra ma-trici storiche e nuove modalità insediative.

Nel territorio direttamente attraversato dalla ferroviaCircumvesuviana si sono innescati due differenti proces-si, in parte autonomi e in parte intrecciati:

- la perdita di funzione del vecchio binario, delle sta-zioni e di altri spazi ferroviari in posizioni centrali rispet-to agli insediamenti;

- la mancata connessione del nuovo tracciato ai cen-tri urbani preesistenti, in conseguenza della localizzazio-ne marginale e della rigidità della soluzione in viadotto.

Le linee SFSM nel 1948.

Alla ricerca ha partecipato l’architetto Ida Palumbo (contrattista); sultema sono stati incentrati il laboratorio di sintesi del V anno del corsodi laurea magistrale a ciclo unico 5UE della Facoltà di Architettura,Federico II di Napoli, le tesi di Marina Di Iorio, Annalisa Di Mase,Giuseppe Ruocco e Rosa Vitanza.

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A circa quindici anni dall’entrata in esercizio della nuo-va linea ferroviaria, si sono inoltre generate altre proble-matiche:

- la progressiva perdita del segno del preesistente trac-ciato ferroviario, riutilizzato solo per tratti limitati dai sin-goli comuni attraversati dalla linea, al punto che la stes-sa memoria dell’infrastruttura si è andata cancellando in-sieme alle sue tracce fisiche;

- l’assenza di una strategia di reintegrazione urbana delnuovo tracciato che ha finito per far perdere di ruolo allastessa ferrovia complessivamente intesa, per non parlaredei suoi luoghi emblematici quali le aree delle stazioni.

Oggi, anche se qualche intervento di trasformazioneè stato oramai realizzato, vi è una situazione di sospensio-ne e di incompiutezza, che sembra sollecitare una rifles-sione progettuale sulle azioni da intraprendere, ma ancheun approfondimento sulle interrelazioni che nel tempo sisono stabilite tra la linea ormai abbandonata e gli insedia-menti.

Volendo sintetizzare in poche battute le questioni prin-cipali sulle quali si è lavorato, anche al fine di delinearele peculiarità del caso rispetto ai temi principali della ri-cerca locale e nazionale, si può affermare che per il vec-chio binario si è ragionato sulla “riprogettazione di un se-gno lineare” oramai perduto e per la nuova infrastruttu-ra sulla riscoperta di tracce e memorie non considerate nel-la logica funzionale e trasportistica in base alla quale è sta-to realizzato il nuovo tracciato ferroviario.

Nel caso della ferrovia Circumvesuviana Napoli-Nola-Baiano, memoria e progetto sembrano pertanto di-sporsi in modo invertito; si può parlare di “progetto del-la memoria” del vecchio binario e di recupero dei segnie delle memorie antecedenti la realizzazione del nuovo trac-ciato ferroviario in viadotto.

Parlare di questi temi significa riavviare una riflessio-ne sulla forma della città, sulla sua idea e configurazionecomplessiva e impostare un progetto in grado di dare pre-dominanza alla geografia e alla morfologia, superando lalogica della frammentazione e provando a determinare unainversione di tendenza, in primo luogo culturale.

Questa inversione diventa uno spunto significativo an-che per individuare riferimenti nell’ampia casistica di in-terventi relativi ad infrastrutture ferroviarie dismesse sucui si è molto discusso negli ultimi anni. Per il vecchio trac-

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ciato della Napoli-Nola-Baiano possono essere utilmen-te citati gli interventi relativi alla High Line di New York,vale a dire di una infrastruttura ferroviaria prevalentemen-te in viadotto trasformata in spazio pubblico. La replicadell’antico segno diventa un punto di partenza essenzia-le per restituire la dignità perduta.

Per il nuovo tracciato può essere richiamato il progettodi Parco lineare tra Caltagirone e Villa Armerina, parzial-mente realizzato da Marco Navarra, che recupera il segnodi una ferrovia dismessa nella campagna aperta. La ricercadi relazioni con il suolo e con il paesaggio può reintrodur-re il nuovo tracciato ferroviario nella dinamica territoriale.

Ovviamente questi sono solo esempi utili a sintetizza-re un lavoro di ricerca che è stato costruito su una pro-gressiva acquisizione di conoscenze e su sondaggi proget-tuali relativi a situazioni specifiche. In particolare gli ap-profondimenti più significativi sono stati svolti sul temadella reinterpretazione del vecchio segno lineare nella nuo-va dinamica urbana e sull’individuazione di nuovi spaziurbani, che potrebbero caratterizzare in maniera signifi-cativa gli insediamenti disposti tra Napoli e Nola.

D’altra parte, abbandonando il discorso della linea perragionare sulle intersezioni, sulle aree delle stazioni, ap-pare utile sottolineare che, mentre lungo il tracciato di-smesso si determina la possibilità di utilizzare, in una cer-ta misura, una logica di ripetizione e di serialità, al fine diridare identità al segno lineare, lungo il nuovo tracciatoè prevalente la necessità di introdurre variazioni e artico-lazioni, in grado di far assumere una configurazione de-finita ai luoghi coinvolti.

Queste prime considerazioni sulla ferrovia napoleta-na rientrano nell’affascinante ricerca sulla linearità, che haattraversato ciclicamente la storia delle infrastrutture e chesi rivela uno dei pochi indispensabili strumenti in gradodi indagare il rapporto di queste con la città e con l’archi-tettura. Ma non si tratta nel nostro caso di assecondare sem-plicemente un modello o una interpretazione della formadel territorio che può diventare astratta, al pari delle piùattuali schematizzazioni basate su configurazioni a rete epolicentriche, ma di sviluppare una riflessione sui mate-

riali che compongono gli insediamenti dell’area metropo-litana, sulle loro origini e sulle loro relazioni nella situa-zione attuale.

Processi di costruzione e decostruzione di un territorio ur-bano

Evoluzione nel tempo del rapporto tra la linea e gli insedia-menti.

La linea ferroviaria Napoli-Nola-Baiano, a scarta-mento ridotto, è entrata in esercizio nel 1884 ed ha subi-to un numero limitato di modifiche, soprattutto di trac-ciato, fino alla metà degli anni settanta, allorché sono sta-ti elaborati i primi progetti di raddoppio del binario.

Nel suo secolo di vita l’infrastruttura lineare non ha su-bito variazioni determinanti, anche se, nello stesso arcotemporale, la situazione insediativa è mutata profondamen-te e in questa processualità la posizione e la configurazio-ne del tracciato ferroviario non sono state ininfluenti.

In sintesi, la ferrovia, grande elemento di innovazio-ne e di modernità alla fine dell’Ottocento, nell’arco di unsecolo, si è trasformata in un elemento anacronistico, unfattore di blocco più che di progresso.

Eppure i centri della Napoli-Nola, già di per sè rela-zionati ad una infrastruttura di grande importanza stori-ca, la strada Nazionale delle Puglie, hanno assecondatoin una certa misura il processo innescato dalla ferrovia, as-sumendo, in tutto o in parte, una configurazione lineare.

Non si tratta tuttavia di un sistema territoriale facilmen-te schematizzabile per due ordini di ragioni: in primo luo-go in quanto tra i centri urbani e la strada delle Puglie sisono nel tempo consolidate relazioni molto variabili, in fun-zione delle morfologie e delle posizioni dei centri ed in se-condo luogo in quanto la strada e la ferrovia si interseca-vano in alcuni punti, modificando sostanzialmente la na-tura delle loro relazioni nelle varie parti del tracciato.

Riguardando in sintesi alla situazione urbano-territo-riale che si è determinata all’atto della costruzione dellaferrovia, nel rapporto tra linea ed insediamenti possonoessere individuate, contrariamente a tanti altri territori ita-

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liani, dove si registra una condizione di maggior omoge-neità, situazioni differenziate:

- la linea come limite tra parti urbanizzate e campagnae tra pianura insediata e orografia più accidentata, comenel caso di Poggioreale;

- la linea come elemento del territorio aperto e del pae-saggio, che attraversa la campagna avvicinandosi talvol-ta a piccoli aggregati edilizi;

- la linea come attraversamento del tessuto urbano.Pur giocando il tracciato ferroviario un ruolo diverso

nelle parti di territorio attraversato, nel progetto inizialedi costruzione della linea è riconoscibile una capacità strut-turante. Risulta possibile riconoscere infatti almeno dueelementi urbani di nuova formazione direttamente colle-gati alla ferrovia: gli insediamenti lineari longitudinali, chehanno riempito prevalentemente gli interstizi tra la stra-da delle Puglie e la ferrovia e gli insediamenti trasversa-li rispetto alla ferrovia, diffusi prevalentemente in corri-spondenza delle aree delle stazioni. Questi ultimi si con-figurano come “viali della stazione”, in parte spontanei edin parte progettati, che hanno restituito un carattere di cen-tralità alle stazioni, facendole diventare punti di riferimen-to nel processo di crescita urbana. In prevalenza (Mari-gliano, Nola) questi viali si configurano come prolunga-menti di centri consolidati verso la stazione. Accanto alprocesso di crescita per linee (longitudinali e trasversali)si riscontrano però anche modalità di sviluppo urbano di-verse, caratterizzate dalla giustapposizione di parti com-patte: pezzi specializzati (cittadelle industriali, quartieridi edilizia economica e popolare), che tendono a confi-gurarsi come recinti; maglie urbane ad impianto ortogo-nale, disposte ad un lato della linea, saturate in tempi suc-cessivi; riempimenti che si sono progressivamente ricom-pattati trasformandosi in nuclei rigidi.

Pur attraversando la linea un territorio prevalentemen-te pianeggiante, si riconoscono anche differenti rappor-ti con il suolo: non solo le più diffuse situazioni a raso, maanche tratti in rilevato, in trincea e in galleria. Nello stes-so tempo si individuano alcuni manufatti caratterizzantiil tracciato ferroviario: fossati, passaggi a livello, ponti.

Ricostruendo una mappa di queste situazioni e di que-sti manufatti risulta possibile circoscrivere alcuni punti si-gnificativi, nei quali la ferrovia continua a rappresentare unelemento fondamentale di identificazione del paesaggio.

Questi manufatti si collocano prevalentemente all’in-tersezione con altri elementi infrastrutturali, in particola-re con le altre linee ferroviarie. Si possono citare i casi diCasalnuovo e di Marigliano, oltre che di Nola.

Nell’ambito di questo insieme di punti eccezionali di-sposti lungo la linea rientra ovviamente il sistema delle sta-zioni, che si presentano, a meno di qualche eccezione, comemanufatti molto semplici, che hanno subito diverse mo-dificazioni nel tempo, perfettamente ricostruibili sulla basedella documentazione storica che si è reperita.

È tuttavia possibile introdurre alcuni criteri di classi-ficazione, al fine di valutare, nel caso della linea della Cir-cumvesuviana Napoli-Nola, le peculiarità del tema dellastazione che, per sua natura, si presta ad essere interpre-tato in chiave tipologica secondo il rapporto regola-ecce-zione.

L’elemento di base è il blocco lineare semplice a duelivelli, con una pensilina aggettante verso i binari. Al pia-no terra è collocato un piccolo atrio-biglietteria, al qua-le solo in qualche caso si affiancano attività commercia-li. Al piano superiore si dispone invece l’alloggio. Fonda-mentalmente si tratta di blocchi di limitate dimensioni.

In alcuni casi il blocco viene articolato in più elemen-ti, determinando configurazioni leggermente diversifica-te rispetto allo schema edilizio di base. Questa articola-zione del manufatto originario deriva dall’esigenza di col-legare strada di accesso e binari disposti a quote diverse.

Rispetto agli insediamenti urbani le aree delle stazio-ni tendono ad assumere la caratterizzazione di luoghi dibordo o più raramente di luoghi centrali. In funzione diquesti differenti ruoli si sono formati gli spazi aperti di per-tinenza delle stazioni che, prevalentemente, si sviluppa-no secondo forme allungate e disarticolate, collegate al-l’andamento lineare della ferrovia .

In molti casi gli spazi di pertinenza delle stazioni rap-presentano una sorta di dilatazione della linea.

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Questi spazi di pertinenza ferroviaria sono entrati ine-vitabilmente in connessione con gli spazi aperti urbani, percui risulta interessante individuare alcune situazioni ricor-renti, storicamente consolidate costruendo una classifica-zione sintetica del rapporto delle stazioni con i centri ur-bani:

- rapporto diretto stazione-strada urbana esterna;presenza di elementi intermedi, di pertinenza delle sta-

zioni, di connessione con le strade urbane;- costruzione preordinata di uno spazio urbano davan-

ti alla stazione, definibile sinteticamente come slargo;- recinti fortemente estroversi rispetto al sistema urbano.

La nuova condizione della linea dopo la dismissione.Agli inizi degli anni novanta è entrata in funzione la nuo-

va linea a doppio binario della Circumvesuviana, relati-vamente al tratto Napoli-Scisciano, per cui è stato defi-nitivamente dismesso il corrispondente tratto dell’origi-naria linea a binario unico, che non ha invece ad oggi su-bito variazioni nel tratto Scisciano-Baiano. Relativamen-te alla linea dismessa, con gli interventi di raddoppio, siè determinata una differenziazione in tre tratti, in funzio-ne della posizione e della quota dei binari:

- il tratto oggetto dell’interramento, nel quale il vecchiobinario risulta abbandonato, ma in qualche misura ancheconnesso posizionalmente alla nuova linea;

- il tratto in sopraelevata, ma al di sopra del sedime delvecchio binario, per cui si registra ancora una connessio-ne molto forte;

- il tratto in sopraelevata autonomo rispetto al binariopreesistente, per cui il vecchio binario risulta completa-mente abbandonato.

Nell’ambito del progetto di raddoppio non è contenu-to alcun elemento di specificazione sull’uso del binario di-smesso. Dopo qualche tentativo iniziale, si è presto rinun-ciato alla costruzione di una strategia unitaria di riquali-ficazione e di riutilizzazione del binario abbandonato.

In alcuni casi i singoli comuni sono intervenuti in al-cuni tratti parziali di loro competenza territoriale, recu-perando il segno lineare con l’introduzione di piste cicla-

bili (Pomigliano d’Arco) o anche avanzando soluzioni diestensione parziale degli interventi progettati alle aree cir-costanti, a partire dalla riutilizzazione dell’elemento linea-re. Ma queste operazioni hanno segnato il passo eviden-ziando tutti i limiti della parzialità degli interventi, sia perla ridotta estensione dei tratti considerati, sia per l’assen-za di un adeguato studio dei rapporti con le aree urbanecontigue, con particolare riferimento ai retri delle corti-ne edilizie disposte lungo il binario.

In qualche caso, nell’ambito dei piani regolatori gene-rali dei singoli comuni, si è tentato di costruire una stra-tegia di rinnovamento urbano in grado di tenere conto del-le trasformazioni intervenute nel sistema infrastruttura-le. Ma anche da questo versante non si segnalano risulta-ti significativi.

Più che una casistica degli interventi realizzati risultaoggi possibile tracciare una mappa dell’abbandono e del-le sovrapposizioni, con la conseguente perdita parziale delsegno lineare e dei manufatti ad esso connessi.

D’altra parte, riguardando alle diverse condizioni ur-bane attuali delle aree disposte intorno alle vecchie stazio-ni, sembra spontaneamente determinarsi una condizionedi maggiore integrazione con gli spazi urbani, soprattut-to con quelli che sono stati in qualche misura condiziona-ti dalla presenza della linea ferroviaria e della stazione.

Si origina in questo modo un sistema di luoghi conca-tenati, che danno luogo potenzialmente ad una nuova tra-ma di spazi urbani, sospesi tra permanenze consolidate enuove possibili articolazioni, da definire attraverso appro-fonditi progetti specifici.

Nuovi spazi urbani in formazioneRipensando in maniera unitaria al progetto delle aree

interessate dalla dismissione della linea ferrovia Napoli-Nola-Baiano, si ravvisa in primo luogo la necessità di faremergere i caratteri di continuità di un segno, che si è par-zialmente perduto, superando il discorso della frammen-tazione e della casualità degli interventi.

La linea ferroviaria dismessa rappresenta una dupliceoccasione di progetto: da un lato come “serbatoio” di aree

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inedificate resesi improvvisamente disponibili, può favo-rire l’inserimento all’interno dei tessuti compatti di unaserie di attrezzature, di attività, di spazi aperti pubblici,di cui i centri hanno spesso bisogno; dall’altro come se-gno che, avendo rappresentato, insieme con la strada del-le Puglie, un elemento essenziale per la definizione mor-fologica dei centri urbani, si presta a diventare la spina dor-sale di un ragionamento in grado di modificare profon-damente l’attuale configurazione, ridefinendo molte situa-zioni da tempo irrisolte.

E’ inoltre da ribadire in questo quadro la necessità diridefinire i rapporti tra i centri urbani con la nuova lineae con le sue stazioni, coinvolgendo altre aree e generan-do altre e più articolate tematiche, di fondamentale im-portanza per la riorganizzazione dei centri urbani.

In molti casi parlare di connessione tra la linea pree-sistente e la nuova significa ragionare in termini di attra-versamenti trasversali, di nuovi “viali della stazione”, a dop-pia testata, in grado di connettere luoghi e spazi comple-tamente separati.

In ogni caso il ripensamento complessivo delle aree fer-roviarie dismesse e il rapporto tra esse e gli altri elementiin gioco nello scenario urbano possono costituire il fulcrodi una strategia progettuale di livello territoriale, a partiredalla scelta di accettare la frammentarietà del paesaggio ur-bano come aspetto fondamentale della contemporaneità,reinterpretandola come ricchezza del disegno di insieme.

Si è spesso ragionato sulla formazione di nuovi spazidella città contemporanea. Nel caso in questione risultasicuramente possibile una ricerca di invarianti progettua-li, a partire dalla constatazione delle analogie che si de-terminano lungo la linea dismessa.

Ciò non significa che di volta in volta nel progetto nondebbano essere utilizzati pienamente gli strumenti dell’ar-chitettura, che, ritornando a riflettere sulla costruzione del-la città contemporanea, deve anche farsi carico della mes-sa a punto delle componenti autonome nel complicato pro-cesso di trasformazione dell’esistente.

Un primo elemento di definizione si origina dall’indi-viduazione degli elementi che compongono gli insediamen-

ti attraversati dalla linea e dalle relazioni che questi sta-biliscono con la linea stessa.

Inglobando di volta in volta in una impostazione pro-gettuale unitaria gli elementi in stretto rapporto con la li-nea dismessa e riconoscendo il tipo di relazione che si in-staura risulta possibile ragionare su un “ispessimento” del-la linea che progettualmente può essere definita, nelle suenumerose declinazioni, come fascia, intesa come moltipli-catore di relazioni in grado di chiamare in gioco preesi-stenze significative, ma anche di favorire il radicamentodi nuovi contenuti. Una fascia che si configura comeun’unità che attraversa paesaggi e insediamenti distinti,deformandosi e adattandosi alle diverse situazioni conte-stuali. Proprio all’interno della fascia, vale a dire all’inter-no della linea allargata attraverso l’inserimento di elemen-ti e materiali urbani coinvolti, in diverse misure, nel pro-cesso di dismissione, assume un preciso significato l’indi-viduazione di elementi di generalità e di ripetibilità del-le situazioni. Così come le stazioni definiscono una serie,i luoghi delle stazioni abbandonati sembrano oggi ripro-porsi come elementi correlati e di riferimento nelle diver-se situazioni urbane, una sorta di sequenza molto varia-bile, al pari delle nuove stazioni della linea in viadotto, spes-so ancora in posizioni marginali e in luoghi connotati soloda una logica infrastrutturale.

Risulta allora possibile costruire una casistica di pos-sibili nuove “sezioni della linea”, a partire dalle diverse con-dizioni di “ispessimento”, che si determinano lungo di essa.

Nelle sperimentazioni progettuali, che si sono elabo-rate nell’ambito del laboratorio di sintesi sulle aree dismes-se di Poggioreale e di alcune tesi di laurea (casi di Caso-ria, Pomigliano d’Arco, Brusciano e Marigliano) si sonoindividuati e sviluppati alcuni temi fondamentali, che han-no consentito di confrontare situazioni completamente di-verse, cogliendone inaspettate analogie, oltre a significa-tive differenze.

Ci sono indubbiamente situazioni in cui l’elemento sucui ragionare è l’area di sedime del binario, con l’imme-diato allargamento alle aree di stazione, che godono delparticolare privilegio di essere stati spesso luoghi centra-

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li nei relativi contesti urbani e che si prestano quindi adaccogliere elementi di nuova concezione di particolare pre-stigio. In questi casi il tema ricorrente è quello della ricon-figurazione dei limiti di uno spazio che è fondamentalmen-te un vuoto con oggetti. I materiali prevalenti del proget-to sono le retrocortine, i piccoli spazi aperti e i manufat-ti ferroviari dismessi.

E’ il caso di Poggioreale, dove il lavoro si è svolto lun-go il tratto interrato dell’antica linea e in corrisponden-za dell’area di progetto di una nuova stazione. La trasfor-mazione dell’infrastruttura lineare investe in realtà una por-zione di territorio più ampia, un’area di giuntura tra la con-solidata cortina edilizia di via Nuova Poggioreale e il gran-de ambito di completamento del Centro Direzionale, dadecenni in abbandono, ma anche ricco di potenzialità edi presenze storiche significative. Attraverso il discorso del-la linea risulta possibile mettere in relazione aree comple-tamente separate sotto il profilo urbanistico-normativo,studiandone le possibili interrelazioni.

L’idea è di progettare un tratto di parco lineare che se-gue la traccia del binario e si rapporta con il viadotto e viaNuova Poggioreale. Il parco penetra negli spazi retrostan-ti le cortine consolidate ed ingloba luoghi completamenteabbandonati rappresentando nello stesso tempo un’occa-sione di connessione tra le stazioni già presenti e le nuove.

L’articolazione nel parco diventa una sorta di grandeossatura, che utilizzando il tracciato in disuso, fissa unanuova condizione, un nuovo rapporto tra struttura e in-frastruttura, in grado di rompere antiche separazioni. Suquesto tema nel laboratorio di sintesi si sono studiate di-verse alternative: alcune imperniate sull’esaltazione del se-gno lineare, altre sull’individuazione di innesti trasversa-li significativi.

Lungo i preesistenti limiti delle aree ferroviarie si col-locano anche vuoti urbani spesso consolidati, come nelcaso di Brusciano e di Marigliano, che offrono occasio-ni di importanti allargamenti della sezione fino a compren-dere alcuni elementi storici ed emergenti del panoramaurbano consolidato, per i quali risulta possibile ridefini-re i rapporti con la linea. Si determina in questo modo,

con una notevole ricorrenza, il tema della dilatazione del-lo slargo.

In molte situazioni risultano coinvolte diverse partiurbane (dai centri di antico impianto all’edilizia sparsa)e sono messe a confronto diverse assialità urbane, ridan-do centralità a spazi disposti ad incastro tra sistemi linea-ri, collegati tra loro attraverso elementi primari preesi-stenti e nuovi.

Emblematico è il caso di Brusciano. L’idea di proget-to che si è sviluppata è quella di trasformare lo spazio ur-bano, dove sorgeva l’edificio–stazione abbattuto ed in cuioggi è presente un parcheggio sotterraneo da poco rea-lizzato e non utilizzato, in un’area centrale dalla forte con-notazione urbana (anche con l’inserimento di nuove fun-zioni) in grado di collegare il nucleo antico e le parti dipiù recente formazione, ridisegnando il tracciato del bi-nario, attualmente in trincea e chiuso su entrambi i latied aprendolo al contesto. L’obiettivo è quello di dilata-re il preesistente luogo pubblico, inglobandolo in un si-stema integrato di spazi (Piazza XI Settembre, i due slar-ghi del municipio a diverse quote e il cortile della scuo-la) e percorsi, che si relazionano tra loro e con altri ele-menti progettati ex-novo (edificio scolastico e municipio)diventando trama di connessione tra antico e nuovo.

A Marigliano, invece, si è ragionato sul valore posi-zionale dell’area della vecchia stazione, in fase di abbat-timento, che, proprio nel momento in cui sono stati eli-minati i binari, risulta sicuramente accresciuto.

Si è allora avanzata l’idea di introdurre un teatro in-teso come un edificio a ponte sulla strada – binario, unedificio che sovrasta uno spazio che assume i connota-ti di una piazza coperta.

D’altra parte il posizionamento di architetture centra-li lungo la preesistente linea rappresenta nell’ambito deldiscorso del progetto unitario della linea-fascia, un im-portante fattore di identificazione e di specificazione. Edin questo senso si sono anche valutate ulteriori potenzia-lità di innesti architettonici, nuovi edifici pubblici nel si-stema urbano di Marigliano, in grado di “misurare” le di-stanze lungo il preesistente tracciato ferroviario.

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Questi allargamenti e dilatazioni assumono potenzial-mente dimensioni e portata ancora più vasta in corrispon-denza degli spazi aperti interni ad aree costituite da ele-menti rigidi. Il tema ricorrente diventa allora quello del-la rottura dei recinti, della riconfigurazione del piano sucui sono sorti quartieri residenziali e cittadelle produt-tive. Ciò è particolarmente evidente nel caso di Pomiglia-no d’Arco, dove lo spazio liberato dei binari diventa ele-mento di connessione tra la città nuova e la parte indu-striale, offrendo la possibilità di reinterpretare il tema del-la città di nuova formazione, che era stato impostato ne-gli anni trenta con il piano Cairoli. D’altra parte, proprioin questa elaborazione sembra delinearsi con chiarezzal’idea di una fascia intermedia tra il quartiere residenzia-le e gli stabilimenti industriali, con diverse attrezzature.Oggi la preesistente fascia ulteriormente delimitata a suddalla nuova linea ferroviaria in viadotto con la stazionee a nord della strada di Puglia, comprende la linea fer-roviaria dismessa, non più intesa come limite, ma comeelemento di una nuova e più articolata composizione ur-bana. Ed in questa ottica la stazione e le pensiline del-la ferrovia così come gli altri elementi architettonici ri-salenti agli anni ’40, diventano elementi strutturanti diuna parte urbana molto articolata, nella quale il parcolineare assume una caratterizzazione autonoma ma an-che di elemento di continuità tra la parte residenziale ela parte industriale della città.

Ancora interessanti sono le situazioni in cui è possi-bile integrare al progetto della linea il ridisegno delle fa-sce di bordo di altre infrastrutture: è possibile così tro-vare ingenti spazi disponibili ad essere riconfigurati, di-segnando elementi di livello territoriale più articolati ri-spetto al semplice discorso del parco. Ed in queste situa-zioni il nodo-stazione può essere pensato come elemen-to di interscambio (occasione di superamento della bar-riera ferroviaria), come semplice piastra percorribile. Inquest’ottica si è ritenuta la situazione di Casoria parti-colarmente interessante, in quanto si è avuta l’occasio-ne di “sperimentare” nuove modalità di interpretazio-ne del rapporto tra la nuova stazione e le parti di città

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di ultima formazione. In questa ottica gli “avvicinamen-ti della città alle stazioni” individuati nell’evoluzione sto-rica dei rapporti tra centri e linea vecchia, sono stati ri-meditati alla luce delle esperienze moderne di progettodi parti di città, provando a costruire una nuova connes-sione urbana con la stazione, in spazi peraltro caratte-rizzati da una bassissima qualità insediativa ed architet-tonica. Il sistema della piastra e del piccolo insediamen-to residenziale si inseriscono in una fascia verde inter-media tra il costruito e campagna, delimitata marcata-mente da una serie di infrastrutture ferroviarie. Allargan-do ancora il discorso è possibile ipotizzare estensioni del-la fascia che si sviluppano verso la campagna aperta, de-lineando il tema della costruzione del parco agricolo.

In questo meccanismo di correlazioni risulta possi-bile coinvolgere, almeno in alcune situazioni, quali an-cora una volta Brusciano e Marigliano, il nuovo binario,soprattutto in corrispondenza delle aree delle nuove sta-zioni. In questo modo, ragionando sulle “trasversali”, an-che consolidate, si individuano spazi di connessione traelementi primari, in grado di modificare notevolmenteil sistema delle correlazioni urbane attualmente conso-lidate.

L’idea di progetto della fascia lungo l’infrastrutturadismessa si sviluppa così a partire dall’individuazione deirapporti che questa assume nel presente ed ha avuto congli altri elementi dell’urbano. E’ il gioco delle parti chedi volta in volta si riscontrano nell’attraversamento di si-tuazioni differenti che porta al riconoscimento di ana-logie interne e di ripetitività di alcuni temi, oltre alla mes-sa in gioco di aree ben più ampie della stretta sezione tec-nica.

Si delinea allora, a partire dalla linea dismessa, attra-verso la verifica progettuale una nuova trama di temi com-positivi nella città in estensione, capace di lavorare su nuo-ve misure, includendo elementi eterogenei attraverso unprincipio di relazione strutturale tra i diversi fatti archi-tettonici, tra i diversi elementi fisici coinvolti nella tra-sformazione.

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Fig. 1 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 1: Le aree, le azioni e i temi.

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Fig. 2 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 1: L’area studio e le sue articolazioni.

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Fig. 3 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 1: Il procedimento, i temi e i progetti nell’ambito tra Auletta e Pertosa.

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Fig. 4 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 2: Il fuso infrastrutturale tra i margini longitudinali e trasversali.

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Fig. 5 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 2: L’intersezione al margine nord: il museo dell’acqua.

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Fig. 6 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 2: Le connessioni trasversali ai margini delle infrastrutture.

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Fig. 7 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 2: Il margine meridionale si ribalta in un nodo di centralità.

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Fig. 8 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 3: Il parco lineare tra le stazioni di Padula e Sassano-Teggiano, area-progetto.

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Fig. 9La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 3: Il parco lineare tra le stazioni diPadula e Sassano-Teggiano, temi di progetto.

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Fig. 10 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 4: Vista aerea del nuovo parco lineare fra autostrada e ferrovia a Montesano.

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Fig. 11 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 4: Profili del nuovo parco lineare a Montesano.

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Fig. 12 La ferrovia Sicignano-Lagonegro – Caso studio 4: Veduta aerea del nuovo parco lineare nella soluzione delle colline “a gradoni”.

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Fig. 13 La ferrovia Circumvesuviana Napoli-Nola-Baiano: l’architettura della linea.

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Fig. 14 La ferrovia Circumvesuviana Napoli-Nola-Baiano: la formazione di nuovi spazi urbani.

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Un fiume lungo duemila anniLuigi Ramazzotti

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Un luogo fisico, un luogo storico, un luogo di norme, unluogo di programmi. Sono queste, tra le tante, alcune dellepossibili aggettivazioni che accompagnano la sovraccari-ca realtà di un fiume: il Tevere. Di un fiume e della cittàche ne rispecchia la sua stessa ragione, governandone esubendone insieme il carattere.

La concreta materialità dell’alveo si scompone neimutevoli giochi linguistici che lo descrivono e nelle fina-lità operative che la sua conoscenza si propone.

Lo studio delle modalità di trasformazione del sistemalineare fiume-città segnala, con inequivocabile evidenza,i limiti di un approccio unicamente analitico e sistemati-co. Il quale, per quanto obbligato, non può essere, da solo,il lascito di questa ricerca. Che resta, essenzialmente, anco-rata allo sperimentalismo delle ricognizioni progettuali.Nello sviluppo delle ipotesi e nei vari passaggi dell’inda-gine si delinea, speriamo con sufficiente chiarezza, la con-sapevolezza del limite pertinente ad una forma di cono-scenza che antepone l’aspetto metodologico, con le suecertezze, alle incertezze provenienti dalle congetture edalle intuizioni del progetto.

Nel privilegiare i criteri e la globalità del procedimen-to, assunti come obiettivo primario, si rischia di antepor-re l’euristica al progetto. Con la conseguenza che i mezzisaranno significativi più dei risultati.

Il lascito metodologico non può prospettarsi dunquecome “la sola eredità” dello studio. Per varie ragioni.

La prima è che un Metodo in sé non esiste. Come affer-ma Sergio Moravia “la conoscenza non possiede principiformali stabiliti una volta per sempre, categorie predeter-minate, chiavi euristiche buone per tutti gli usi. O meglio,le possiederebbe, ma deve guardarsene se […] vuole evi-tare di essere conoscenza-di-generalità e di astrazioni, peressere invece conoscenza-di-particolarità e di eventi/pro-cessi compresi nel modo più adeguato possibile”.1

La seconda è che appare necessario recuperare unaprospettiva dello sguardo attraverso le anticipazioni delprogetto. Uno scatto del pensiero che si impone per viaintuitiva, attraverso l’immaginazione e il riscatto di unatensione visionaria che ci autorizza ad “uscire da quel-l’incantevole prigione di Circe che oggi ha nome circoloermeneutico. Occorre mostrare che anch’esso è inganno.Non esiste regressus infinito. L’interrogarsi non è confi-narsi nel circolo, ma appellarsi a quell’altro dal circoloche appunto ci consente di riconoscere il circolo in quan-to tale”.2

Una terza ragione, infine, deriva dal convincimentoche le costruzioni progettuali, non possono invocare l’ana-lisi come forma di garanzia. Il progetto, pur avvallato daadeguati riscontri di conoscenza e di indagine, mantienepur sempre una sua autonomia. E in questo si sottrae alcorto-circuito deterministico che lo indica come il risul-tato scontato dell’analisi. Una ricerca incentrata sullo spe-rimentalismo delle proposizioni architettoniche produ-ce ipotesi e anticipazioni anche in modo autonomo rispet-to all’analisi. Rispetto alla quale registra pur sempre unoscarto nella conoscenza.

Né l’analisi né il progetto possiedono completamen-te i propri oggetti. Contro il dominio totale del metodoil progetto contiene, in funzione correttiva, il momentodel gioco e dell’enigma. Nel quale viene confermato quan-to osservato da Schönberg per la teoria musicale tradi-zionale: “da essa si impara propriamente soltanto comeuna frase cominci e come finisca, ma niente sulla stessafrase, sul suo sviluppo”.

Analogamente la “ricerca progettuale non dovrebbefarsi ridurre a categorie, ma in certo modo anzitutto com-porre. Essa deve continuamente rinnovarsi nello svilup-po, per propria forza e per frizione con ciò con cui simisura. Decisivo è ciò che avviene in essa, non la tesi o la

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posizione; decisivo è il tessuto, non lo svolgimento uni-direzionale, deduttivo o induttivo, del pensiero”.3

La riflessione entro il tessuto della realtà, che è conna-turata al nostro studio, va intesa nella duplice prospetti-va di un sondaggio operativo “immanente” e di una esplo-razione di mondi possibili passando per la vitalità antici-patrice del linguaggio. Fuori e dentro le cose dunque. Gliscenari virtuali sui quali allora operiamo costruisconoaltrettante figure retoriche che accompagnano la mossasorprendente di chi vuole essere “nello stesso momentonelle cose e al di fuori delle cose; e il gesto del barone diMünchhausen, che si solleva dallo stagno afferrandosi peril codino, diventa lo schema di ogni conoscenza che vogliaessere qualcosa di più che constatazione”.4

InterpretazioniLa nostra indagine assume come ipotesi di lavoro la

verifica delle possibilità concesse al progetto di architet-tura nella riqualificazione della rete fluviale del Tevere.Al Tevere sono state inoltre associate le nozioni di rete,di sistema lineare, di infrastruttura. Ma esiste sempre unoscarto tra premesse e conclusioni. Le categorie unifican-ti, assunte inizialmente, si scontrano con le contraddizio-ni e l’eterogeneità della realtà indagata. Il prodotto dellaricerca si offre dunque come esito, pur “provvisorio e fal-libile”, di un lavoro il più possibile “interno” alle condi-zioni di esistenza del fiume nella città, alle sue sfuggentipolarità entro le quali continuamente si scompongono esi ricompongono i giochi eterogenei dell’identità e dellarelazione. Certo alla fine di un sondaggio conoscitivo,dietro ai risultati parziali ed alle inevitabili approssima-zioni, restano pur sempre i tracciati dei percorsi intrapre-si nel determinare la rilevanza del tema e nell’enunciareil problema. Questo andare conoscendo per vie appro-priate, muovendosi con metodo in ordine al significatoetimologico dei termini μετά (verso, alla volta di) e õδóς(cammino, via), mantiene una validità generale, distintadai risultati, ma rinuncia all’identificazione di un meto-do generalizzabile al di fuori delle specificità del luogo-fiume indagato.

Il quale resta pur sempre un insieme di differenze,interpretabili con la misura del saggio e del commento, diquelle che T. W. Adorno e W. Benjamin amavano chiama-re «micrologie». Siamo convinti che la ‘sovraccarica real-tà’ del fiume non può essere ricondotta all’armonia for-male di una ricostruzione interpretativa, ad una mistifi-cante totalità concettuale e metodologica. Ora, invece, lecondizioni materiali del Tevere, che solo per una astrazio-ne di comodo abbiamo inizialmente immaginato come‘sistema lineare’ nello spazio irreale e unitario della geo-metria, si presentano come una sequenza di episodi chehanno smarrito compattezza. Alla nostra analisi spetta ilcompito di indicare i conflitti e le disarmonie, piuttostoche ricreare improbabili omogeneità affidate alla logicaformale del “sistema”. Nel nostro caso il sistema linearefiume.

La linea, assunta come antefatto e dominio concettua-le, si identifica con uno schema del pensiero piuttosto checon il suo evidente correlato geometrico. La declinazionedella linearità si dispiega nella scomposizione in casi esem-plari, che tentano di rendere ragione di un insieme discon-tinuo, non sistematico, allentato. Si tratta di modelli inter-pretativi parziali che operano le necessarie conversionidella linea in spazio, dello spazio in luogo, della fisicitànella temporalità della storia. Il carattere della linea, secorrelato alla nozione di infrastruttura, porta a riconosce-re alcuni fatti identificativi e distintivi. Nell’ipotesi chepossa essere riconoscibile una specificità del tracciato, unaarchitettura della linearità, che siano individuabili gli ele-menti che le danno identità, come ancora le invarianti chefondano i rapporti tra fatto urbano e assetto geometricolineare.

Il presupposto della “linearità” come atto fondantepeculiari architetture di città non è riducibile all’eviden-za e all’astrazione della geometria. Alla quale spetterebbeuna funzione vicaria espressiva di una illusoria totalità.

Totalità che in campo filosofico costituisce il Sistema.Si tratta piuttosto di essere “vincolanti senza sistema”, spe-rimentando “modelli di pensiero” che rimandano ad unadialettica delle differenze e delle singolarità. La volontà

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di ridurre le discontinuità all’interno di un insieme orga-nizzato razionalmente, sovrapposto alle cose e affidato allaesemplarità del metodo, dovrebbe lasciare il campo ad unpensiero che si sviluppa come un ”insieme di analisi dimodelli”.

Il senso della linea, nella nostra ipotesi di lavoro, vaperseguito dunque senza sopravanzare l’oggetto fenome-nico e storico. Il quale mantiene pur sempre una sua irri-ducibile eterogeneità. Le ricognizioni conoscitive impo-ste agli oggetti e richieste dal pensiero per poterli far par-lare, andrebbero intese allora non come forze mobilitatedall’esterno, ma come intelligenza che, piuttosto che esse-re imposta ai fenomeni, finisca per illuminarli acquietan-dosi in essi. “L’utopia della conoscenza sarebbe di aprirecon concetti l’aconcettuale senza renderglielo simile”.5

Il Tevere, traguardato attraverso le categorie del siste-ma e della linearità, mette in gioco la sequenza, comesomma delle numerose temporalità che incalzano lungoil suo percorso. Un fatto spaziale, percettivo e fisico, mainsieme una procedura dinamica che richiama il tempocome fattore dell’esperienza, che conosce e misura perparti, per segmenti. Le procedure della sequenza riman-dano a dimensioni discrete, a punti misuratori della scan-sione. Nel sistema lineare si confrontano e insieme convi-vono due differenti scale: quella territoriale sottratta allosguardo ma riferita ad un insieme presupposto omogeneoin virtù della categoria astratta della linearità, e quella loca-le che si identifica e rimanda alla descrizione della parte,alla concatenazione, all’esplorazione delle intersezioni, alnodo, alle cesure e interruzioni dell’ impianto, ai più pun-tuali rapporti col fatto urbano.

Nel caso specifico la linea, associata alla nozione diinfrastruttura, sembra vivere una evidente contraddizio-ne. L’associazione presuppone innanzi tutto capacità diconnettere, collegare, tenere insieme. Tali caratteri nonsono evidenti e pienamente riscontrabili nel caso del fiumeromano. Dove emerge, viceversa, un assestamento stori-co segnato da discontinuità, cesure, segregazioni. La seco-lare vicenda approda sulle rive del contemporaneo nelsegno di un’assenza e di una sottrazione all’interno della

città. Escluso dalla più manifesta quotidianità, il fiumedeclina una sua imponente, quanto appartata esistenza.L’alveo disunisce, separa, divide, allontana. Tale condizio-ne può essere vinta solo imponendo alla ‘sacralità’ dell’ac-qua il sacrilegio dei ‘ponti’.

Questa costitutiva duplicità si coglie e si descrive inquel luogo virtuale che si realizza nella sezione. La lettu-ra delle cavità dell’invaso attraverso le sezioni trasversalisi dispiega come una narrazione rivelatrice dei modi in cuicittà e fiume si ricompongono o, viceversa, si escludono.Immaginata per estrusione di sezioni caratteristiche la trin-cea delle acque configura il suo calco spaziale ormai indi-pendente dalla città. Una condizione bipolare parallela eautonoma. Ineludibile.

Gli unici episodi che interrompono questo mancatoconfronto sono i ponti. Per dimensione e immagine, costi-tuiscono altrettante cesure spaziali capaci di ‘radunare nel-l’urbano’ l’ormai latitante presenza del fiume. L’analisi dialcuni casi nel contesto storico, conferma come in alcuniepisodi (pochi) il segmento unificatore del ponte sia asso-ciato ad un nodo dotato di rilevanza architettonica e spa-ziale. In ogni caso la dislocazione su differenti livelli delfiume e della città non riconsegna continuità perdute, nétrasferisce sul livello delle acque il potenziale urbano checompeterebbe alla eccezionalità di tali punti nodali.

Lungo il tracciato storico, da Ponte Milvio a PonteMarconi, il significato urbano del Tevere è infatti univo-camente caratterizzato, pur con rare ma significative ecce-zioni, dalle opere di contenimento a ‘muraglia’6 realizza-te dall’ing. Raffaele Canevari a partire dal 1876. “Il puntofondamentale, cui si deve dare atto a Canevari rispetto alledifferenti proposte di deviazione dell’alveo, era, comun-que, il mantenimento del corso urbano del fiume: il Teve-re, pur «imprigionato», continuava a vivere con la città.Snaturato delle sue funzioni, non più navigabile, percepi-bile dall’alto delle spallette dei ponti e dei lungotevere, di-veniva asse viario di primaria importanza nel nuovo tes-suto urbanistico di Roma capitale”.7

Nato nella evidente necessità di dare soluzione defini-tiva al problema delle alluvioni con gli strumenti affida-

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bili dell’ingegnere, il progetto risponde inoltre alle reto-riche celebrative di una città simbolo dell’Italia unita.Espressione di questo doppio registro è la soluzione pro-posta per l’Isola Tiberina. Il progetto Canevari, mentre lainquadra nella prospettiva prevaricante dei muraglioni,ne propone la soppressione con il prosciugamento del latosinistro.

Né d’altro canto la riconquista della sponda come suolocarrozzabile può essere considerata un valore aggiunto aldelicato equilibrio del sistema urbano. Il quale, nelle mil-lenarie mutazioni che hanno segnato il rapporto città-fiume, ha espresso configurazioni spaziali dotate di queicaratteri identitari, relazionali e storici che identificanol’architettura con il “luogo”.

In questo rinnovato contesto l’Insula Tiberina, uscitaindenne dall’ultimo grande progetto di trasformazione delfiume, che ne avrebbe tuttavia stravolto il senso, si impo-ne ancora per la sua univoca eccezionalità, sostenuta daadeguati riscontri di spazio e di forma.

Traguardata sullo sfondo compatto della città storica,la metropoli contemporanea si presenta nel segno delleinnumerevoli aggettivazioni che tentano di ricollocarne ilsenso e ne segnano le differenze: terreni vuoti, di accumu-lazione, interstizi, spazi residuali, spazi del possibile. Afronte della sovrabbondanza lessicale che tenta di coglier-ne gli attributi, la città sembra perdere la sua sostanza,diluendosi nell’elenco sterminato delle sue parziali perti-nenze. Né questa sostanza sembra più alla portata deglistrumenti consolidati dell’analisi urbana.

Oltrepassato il Grande Raccordo Anulare, il Teveresi inabissa e scompare allo sguardo. La sua giurisdizioneviene definita “Ambito di programmazione strategica”dal vigente Piano Regolatore. La calzante indicazione uni-taria è priva tuttavia di uno scenario di insieme, che puòscaturire soltanto dalle visioni anticipatrici del progetto.Alla compattezza tematica del fiume, senza ulteriorimediazioni, corrisponderebbe un disegno di trasforma-zioni e tutele dove la bontà degli obiettivi si scontra conla genericità dei mezzi. In ogni caso le strategia urbaneadombrate non si misurano con il problema conoscitivo

di fondo: l’esplicitazione della dialettica possibile trafiume e città. Nonostante la dichiarata necessità di unavisione strategica, le trasformazioni in atto riproduconomeccanismi di esclusione già noti, che relegano il fiumenel territorio indeterminato di un retroscena urbano.Nella visione del Tevere come agente di qualificazionedel Parco urbano del litorale, si consuma il suo definiti-vo ritorno allo stato naturale, quando ancora una volta lacittà gli si è negata.

Rimane, aperta, una questione di fondo: la conversio-ne del quesito conoscitivo suscitato dalla realtà, relativoalla dialettica città-fiume, da un piano puramente teore-tico a quello della prassi. La risposta deve ispirarsi e con-vertirsi in una forma di azione piuttosto che diluirsi in uncircuito interpretativo o nell’elenco dei problemi. “L’in-terpretazione della realtà data e il suo superamento sirichiamano l’un l’altra. Vale a dire, la realtà non viene supe-rata nel concetto, bensì dalla costruzione della figura realederiva praticamente l’esigenza di una sua reale trasforma-zione. Il gesto modificante dell’enigma, non la sua merasoluzione in quanto tale, dà il modello delle soluzioni…”.8

Non si tratta di un semplice quesito retorico. Comeevidenziato in alcuni scritti di questa ricerca, mancanoprogetti di trasformazione commisurati alla scala del Teve-re e che lo coinvolgano in quanto agente di trasformazio-ni conformi. Il fronte fluviale sembra piuttosto costituireil limite di interdizione per gli “enigmi” del progetto. Inmancanza di opere e di esperienze concrete di trasforma-zione, come invece è avvenuto in molti casi europei, ci tro-viamo di fronte ad episodi parziali ( fuori misura e fuoriscala rispetto al problema) vissuti nella dimensione neces-sitante di una ingegneria che pure, in precedenti ed esem-plari occasioni, era stata in grado di indicare, oltre le neces-sità della tecnica, un nuovo immaginario territoriale.

Il progetto si offre allora come terreno virtuale dove laconoscenza che lo alimenta viene traslata nelle figure anti-cipatrici di una modificazione controllata di luoghi e dispazi. Come “modello di soluzioni” esce dallo spazio purodella conoscenza per istituire una forma di prassi virtua-le, alla quale rimanda, e per indiziare una realtà che non

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può essere superata nel concetto ma nella costruzione dialtrettante omologie del reale.

“A fronte dell’orientamento disciplinare oggi preva-lente, che tende a dissolvere il progetto sia nella semplicerestituzione di ciò che l’analisi della città è in grado di rive-lare, sia nel nuovo funzionalismo insito nelle “logiche diprogramma”, si sostiene in queste pagine la necessità cheil progetto d’architettura si riappropri della capacità cheè solo sua di anticipare e modificare il futuro nella vitali-tà organica del linguaggio”.9

NOTE

1 S. Moravia, Adorno. Filosofia dialettico-negativa e teoria critica dellasocietà, Mimesis, Milano 2004, p. 24.2 E. Benvenuto e R. Masiero, Sull’utilità e il danno della conservazio-ne per il progetto, in B.Perdetti (a cura di), Il progetto del passato. Memo-ria, conservazione, restauro, architettura , Mondadori, Milano 1997, p.114.3 Nella citazione il termine ‘filosofia’ viene sostituito con ‘ricerca pro-gettuale’. Una traslazione, che pur nella sua evidente forzatura, sembraesprimere con efficacia il senso delle nostre argomentazioni. Si veda S.Moravia op. cit., p. 140.4 T. W. Adorno, Minima Moralia, trad. it., Einaudi, Torino 1954, p.71.5 S. Moravia, op. cit., p. 121.6 Il tema della trasformazione delle rive del Tevere per far fronte allealluvioni e le relative soluzioni proposte alla fine dell’800 sono riporta-te nei saggi di R. Sorbello, Il problema delle alluvioni; L. di Sabatino, Ilavori della commissione governativa del 1871. Progetti alternativi, dibat-tito parlamentare, polemiche; M. Catalano, L’intervento realizzato, inAA. VV., “Roma Capitale1870-191. Architettura e urbanistica. Uso e tra-sformazione della città storica”, Marsilio, Venezia 1984.7 M. Catalano, Ivi., p. 431.8 T. W. Adorno, L’attualità della filosofia, in «Utopia, n. 7-8», 1973,a cura di C. Petazzi, pp.8-9.9 F. Purini, R. Albiero, V. Tronchin, Città e luoghi. Materiali per la“Città rimossa”, Gangemi, Roma 2004, p. 7.

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Canale di Borgogna, pianta generale, particolare del ponte canale, casa del guardiano echiusa presso Saint Florentin, J.Foucherot, 1810. Archives Nationales, Paris.

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Paradigmi di intervento nelle trasformazioni del paesaggio urbano-fluvialeAntonella Falzetti

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Un territorio, osservato in volo, restituisce con perento-ria eloquenza la traccia disegnata dai corsi d’acqua. Unagrafia di un paesaggio essenzialmente lineare, disconti-nuo, a volte imprigionato in un tessuto urbano, altreintrattenuto in disgregate conformazioni periferiche, altreancora integrato in paesaggi agricoli. Testimone di unaprogressiva estraneità, dovuta all’annullamento di pri-mordiali requisiti utilitaristici, il fiume ha finito per esse-re, nel tempo, poco valorizzato anche come elementonaturalistico e mal disciplinato come risorsa economicae turistica.

Una condizione reiterata in più svariati contesti euro-pei, espressione, fino a poco tempo fa, della mancanza diun disegno comune idoneo a promuovere azioni di gestio-ne dei corsi d’acqua in una dimensione fruitiva e ricreativastrettamente connessa alla natura dei luoghi attraversati.

Uno degli obiettivi della ricerca pone l’attenzione sulletrasformazioni, in ambiti territoriali internazionali, deitessuti di bordo delle città lungo i fiumi e confronti trastrategie locali.

Questioni di confine, quindi, tra architettura, natura,città e paesaggio testimoniate attraverso casi esemplari incui l’attenzione è indirizzata alla riprogettazione dei pae-saggi fluviali come espressione di possibili narrazioni.

Si tratta infatti di raccontare esiti di interventi selezio-nati nel contesto europeo, rappresentativi di una culturache sta cambiando, che si evolve verso l’assunzione del-l’elemento fiume come infrastruttura in grado di intera-gire in accordo alle diverse valenze paesistiche e di strut-turare le variabili declinazioni del progetto urbano.

La pluralità e la diversità delle sue apparizioni ne mol-tiplicano a tal punto le manifestazioni che risulta ridutti-vo considerarlo in un’unica figura concettuale ma è leci-to acquisirne la sua natura mutevole lasciandolo alla suacostitutiva libertà semantica.

Ragioni oggettive hanno indirizzato la selezione diesperienze concretamente maturate in questo campo, per-correndo due logiche principali: da una parte, predomi-na il criterio dell’assonanza tra le tematiche di applica-zione affrontate dalla ricerca e altri contesti fluviali, ricer-cando analogie nella conformazione del territorio fluvia-le ed equipollenti polarità urbane che vi si attestano; dal-l’altra si è focalizzata la questione dei lungofiume nei trat-ti interni della città come serbatoi concettuali di possibi-li insediamenti caratterizzati dalla ridestinazione d’uso diampie aree dimesse o degradate, e dove la relazione conil fiume permane evidente.

Inoltre la domanda insita nelle pieghe di questo appro-fondimento è rivolta a dare risposta non solo in terminidi conoscenza e documentazione, ma come tentativo diverificare, in contesti in cui la trasformazione è già avve-nuta, le soluzioni scaturite per risolvere l’apparente insa-nabile frattura che il corso di un fiume determina, comeinfrastruttura naturale, e il suo intorno, spesso di interes-se naturalistico, qanto fondante sviluppi urbani.

Quanto detto implica che le azioni principali tese a risa-nare il legame tra il fiume ed il suo intorno sono essenzial-mente rivolte a migliorare un reciproco rapporto di con-vivenza tra luoghi ancora fertili di qualità naturalistichecon il tessuto urbanizzato e le emergenti infrastrutture.

Processi di trasformazione, metamorfici, legittimatidalla disciplina del progetto urbano, che man manomodella, insedia, disegna, consegnando, attraverso unasinergia di interventi, trasformazioni, rispettose del carat-tere proprio sia della configurazione urbana che dell’ele-mento naturale.

La molteplicità di interventi realizzati o pianificati èla dimostrazione che una cultura ed una sensibilità versoil tema della riqualificazione e salvaguardia del patrimo-nio fluviale è ormai cambiata, e che l’uomo ha riscoper-

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to il fiume come agente di rigenerazione di un paesaggioin continua evoluzione. (Fig. 1)

“Dire al pittore che la natura deve essere presa com’è, è come dire almusicista che puo’ sedersi sul pianoforte.”

James Abbott McNeil Whistler

Paesaggi con l’acqua: natura e artificioLa composizione dell’immagine paesaggistica non può

esaurirsi nella «natura», nello spazio determinato dallegerminazioni spontanee e casuali degli elementi. La pre-senza umana con i suoi segni, modificazioni, figure faentrare con evidenza la storia nel paesaggio naturale. Ciòrichiama la dialettica, non scontata e sempre mutevole,che l’uomo istituisce con la natura, consumando nelle dif-ferenti temporalità imposte dalle trasformazioni e dall’ar-tificio lo statuto immodificabile dell’origine. L’arte e l’ar-chitettura, intese nella loro costitutiva alterità, rappresen-tano il secondo estremo entro il quale oscilla la nozionedi paesaggio. Così si dissolve la distinzione tra natura estoria: “… le « figure » che costellano l’immagine paesag-gistica sono per l’appunto quelle che nello sviluppo dellaciviltà ne hanno segnato non solo le trasformazioni fisichee culturali, ma anche i modelli concettuali chiamati a valu-tarla”. In questa dimensione complessa e densa di strati-ficazioni, il paesaggio non ha soltanto il ruolo di sfondo,memore di valori originari non modificabili, ma viene isti-tuendosi come insieme di mutazioni dove l’artificio è luistesso costitutivo dei luoghi. Mentre l’analisi storica nemette inesorabilmente in evidenza il suo carattere proget-tuale, la costruzione del paesaggio attraverso il progettointroduce un singolare slittamento dei piani concettualiche legano la figura (architettura) e lo sfondo (paesaggio).

Nel dipinto Jardin de la France (1962) Max Ernst tra-sferisce un ricordo emozionale della Touraine sul pianodi una rappresentazione simbolica. La figura non vienedisposta in un ambiente che la inquadra in quanto com-plemento scenico, ma è lei stessa costitutiva dello sfon-do. Anzi è lei stessa il paesaggio, e da questo emerge conuna perentoria tridimensionalità che ribalta e rompe irapporti scontati di questo binomio. La figura e lo sfon-

do, l’architettura e il paesaggio (al cui interno opera l’ar-chitettura) scambiano i rispettivi ruoli e continuamentetrapassano dall’uno all’altro. Nel giardino di Ernst, sep-pure sotto la forma ambigua di una metafora, vive unadelle condizioni fondamentali della composizione archi-tettonica dello spazio, che si completa in questo recipro-co scambio tra figura e sfondo. Si stabilisce così, sebbe-ne solo sul piano concettuale, una condizione costitutivadell’artificio, quando questo sia non soltanto un eventoche si inserisce nel paesaggio, ma un’operazione che locostruisce, progettandolo.

L’acqua rappresenta l’elemento naturale che maggior-mente ha ispirato una pluralità e diversità di apparizioninel gioco dell’artificio. La sua presenza, sia che si trattidi un fiume di un canale o di una costa marittima, rac-chiude aggettivi fondamentali per il progettista: è suono,è movimento, è energia, è riflesso ed ombra. Materialidella composizione che assecondano, fecondandolo, ilprocesso ideativo. La manifesta qualità poetica dell’ac-qua, tuttavia, non è utilizzabile in architettura senza ulte-riori traslazioni e pazienti slittamenti. Per il progettistal’acqua, come materiale della composizione, rientra nellaforma di una indagine sperimentale, che egli intrapren-de per rivelare una soluzione pertinente, e questa nonpuò che coincidere con la ricerca della sostanza dell’ar-chitettura. “ Quindi, secondo scienza l’elaborazione pro-gettuale sarà di per sé problematica ma, allo stesso tempo,concatenata dalla logica dei saperi dell’ architettura, anchese alcuni passaggi resteranno inspiegabili, perché origi-nati dal mistero (poetico) della creazione” (PasqualeCulotta).

Il tema dell’acqua come materiale di architettura intes-se le sue trame sottili con l’enigmatico immaginario pro-gettuale. Che resta, prima di tutto, un immaginario ter-ritoriale.

Nel momento della sua formazione moderna, il temadell’acqua si impone come proiezione ideale dell’artedell’ingegnere nel paesaggio.

Già nel XVIII secolo i progetti che i numerosi Corpitecnici inviano a Parigi, con il prezioso corredo degli

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Max Ernst, Jardin de la France (1962).

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“accompagnamenti”, raccontano e descrivono un territo-rio reale e insieme fantastico, dove i grandi segni natura-li dei rilievi altimetrici, delle foreste, dei fiumi, coabitanocon i borghi, i tracciati artificiali di canali e strade nelnuovo spazio della cartografia magistralmente disegnata.

Quando Chabrol de Volvic, ingegnere e prefetto diMontenotte sotto il Primo Impero, presenta il progetto diun “Canale dell’Adriatico” che attraversa la valle del Bor-mida (1824) usa espressioni visionarie: “Nulla potrà esse-re paragonabile all’effetto della biforcazione meridionale.

La valle stessa sembrerà in più punti esser stata scava-ta dalla mano dell’uomo per inserirvi un canale. Infine, leacque che, all’uscita della valle, correranno sulla cima dellemontagne ( alla soglia dello spartiacque) e domineranno,su versanti profondi, la galleria che attraversa la crestaappenninica, i due bacini attigui disposti con arte infini-ta dalla natura stessa, … tutto sarà fatto per attirare losguardo ed eccitare l’ammirazione del viaggiatore”.

Il luogo può essere segnato dall’opera d’arte stessa,nella sua concezione architettonica o paesaggistica, inte-grata all’ oggetto tecnico che diventa così monumento insé. L’impareggiabile punto di incontro tra il Canale e ilGolfo di La Spezia sarebbe stato inoltre il luogo di fon-dazione di una nuova città, unendo le ragioni dell’operafatta con arte, a un problema di economia e di strategiapolitica. Solo frequentando e alimentando questo nuovoimmaginario, dove l’opera è non solo nel paesaggio ma èlei stessa il paesaggio, l’artificio sapiente del progetto puòcompetere con la natura stessa. La supponente convin-zione dell’ingegnere che “pensa di possedere la propriaarte al punto da indurre a credere che sia la natura adimitare l’opera dell’uomo” è una memoria storica, mainsieme un rinvio al futuro. E ci ammonisce sulle capaci-tà anticipatrici del progetto, quando questo sappia cor-redare un materiale primigenio come l’acqua, con ade-guati riscontri di immaginazione e di sapienza tecnica.

Recupero dei margini fluvialiGli argini e le sponde naturali dei fiumi sono la sot-

tolineatura di un’incisione erosiva ed il confine lineare

di una soglia discontinua, dovuta alla presenza di duestati diversi della materia: la solida consistenza del ter-reno e la cedevole resistenza dell’acqua. Essi sono, comele coste, il luogo di incontro primordiale tra terra e acqua.

Le sponde si percorrono in senso tangenziale, dise-gnano una traiettoria, accompagnano un percorso. Dota-te di un ordinamento naturale costituiscono un marginefisico già rivelatore di una forma, mentre il loro ricon-giungimento è inevitabilmente subordinato a una neces-sità d’uso che viene vinta solo con l’artificio della tecni-ca. Tensione dialettica e sperimentazione progettualesono gli ingredienti che accompagnano la costruzione dimanufatti tanto specialistici come un ponte o una pas-serella. Strutture ardite, risolte spesso nell’imprevedibi-lità di un gesto plastico, lanciate a riallacciare le spondementre assecondano i vincoli e le ragioni della scienza,.

Nelle pieghe di questa oggettiva specificità si inseri-sce la duplice questione della fruizione e della valorizza-zione del sistema dei margini fluviali. Temi che si accom-pagnano ad un riconosciuto valore paesaggistico e natu-rale, alla questione della percorrenza e della continuitàdelle rispettive sponde, alla ricerca di un principio rive-latore dell’intimo rapporto con le variabili dimensiona-li degli agglomerati urbani.

Il legame tra i quartieri abitati e la successione inin-terrotta dei percorsi d’alveo, appare oggi ridotto in fran-tumi. Gli accessi alle sponde sono poco numerosi, chiu-si al contesto e privi di gerarchie. I percorsi pedonali eciclabili lungo i bordi del fiume, per la loro costitutivafragilità, non sono in grado di articolare un più sostan-ziale e fondativo rapporto con lo spazio della città. Chepulsa, viceversa, al ritmo sordo dei bisogni, mentre scom-pagina la quieta, quanto illusoria, pacatezza del fiume.Una rapida ricognizione degli assetti spaziali e funzio-nali rende visibile, nel caso romano, l’incontrollabile pro-liferazione delle negazioni e dei silenziosi abbandoni.

La ricerca di soluzioni progettuali pertinenti si indi-rizza allora verso la comprensione, nel senso di compre-hendere, afferrare, possedere, del significato del marginefluviale in quanto agente, ancora e se possibile, di un rap-

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porto organico con la città. Abbandonando le artificiosesegmentazione del tempo nelle ragioni dell’uso (tempolibero, del lavoro, dello spostamento, della quiete …) siimpongono ipotesi progettuali capaci di riallacciare letrascrizioni ordinate della modificazione con i fili di unaspazialità relazionale e identitaria. Ciò che chiediamo aduno spazio perché possa costituirsi in luogo. Il marginefluviale, nella sua estrema accezione di limite, confine,fine, tra ciò che è dell’uomo e ciò che è della natura, ciporta di fronte al difficile equilibrio che nasce nel con-fronto tra luogo naturale e luogo artificiale. Su questasoglia siamo portati a meditare sul senso delle azioni del-l’architetto quando ha l’obiettivo di operare con proce-dimenti e materiali della natura per “sottomerterli” alleragioni di un linguaggio e alle occorrenze della tecnica.

Recupero degli spazi di interfaccia tra fiume e i tiranti urbaniLa città e i corsi d’acqua costruiscono insieme un rap-

porto corale che si esprime nella molteplicità di luoghi,e nella irripetibilità degli spazi; ma, che infine, vengonoriconsegnati ad una sola storia comune. Per questa asso-nanza ogni città porta con sè un pezzo di storia profon-damente legato alla presenza dell’acqua, una memoria direciproche opportunità innescate da un intreccio di even-ti, sanciti da risvolti economici e produttivi.

Al fiume è stato da sempre riconosciuto un indiscus-so ruolo di straordinaria risorsa come agente indispensa-bile e utile alle primarie necessità di sostentamento. Unrapporto necessario e cauto che ha finito per eleggerlocome attrezzatura idonea a costruire le grandi fabbrichedurante la rivoluzione industriale, un serbatoio di occa-sioni legate ad attività produttive e commerciali, cherichiedevano la presenza dell’acqua.

Ma nuove ragioni economiche e nuove tecnologiehanno con il tempo indebolito quell’apparente, indisso-lubile legame, trasformando, fino all’abbandono, luoghiche un tempo erano fertili di attività.

Oggi è cresciuta la necessità di identificare elementi epolitiche di sviluppo e di controllo per la rigenerazione evalorizzazione di quelle preesistenze industriali e commer-

ciali, mutate rapidamente in aree depresse della città. Unimpegno volto a ricucire uno strappo tra i tessuti urbanilimitrofi e queste aeree frammentate dalla inutilità e dal-l’abbandono, dando l’occasione di progettare spazi ricrea-tivi, immaginario di nuovi destini e future fruibilità.

Poiché il carattere di questi interventi investe non solola morfologia degli argini e la struttura dell’edificato diret-tamente adiacente, la richiesta di un’analisi urbana a piùlargo raggio diviene una obbligante necessità, come pureuna riflessione sul senso che una strategia di riqualifica-zione e rifunzionalizzazione puo’ avere per un interoagglomerato urbano. Spesso infatti, l’intervento di recu-pero si consolida come contributo alla costruzione di unanuova immagine della città, diventando motore che deter-mina, in alcuni casi, una risalita in termini di gerarchiaurbana, o addirittura un successo riconosciuto alla scalainternazionale.

Il fiume come officina d’arte e luogo d’eventiNella molteplicità delle riflessioni sul rapporto tra

fiume e città, si innesta una strategia che vede il fiumecome luogo flessibile in cui promuovere una sperimen-tazione, alla luce di un interesse che apre la permeabili-tà dei confini dell’alveo ad un dialogo con installazionidi oggetti artistici.

Il rapporto con la dimensione materiale del paesaggiosi fonda sulla possibilità di istituire una interpretazionedialettica del fluire del fiume come soggetto di esperien-ze estetiche ed eventi culturali. Condizione per cui nè ilfiume, nè il paesaggio vengono letti come sfondo e l’ope-ra non è un qualcosa da documentare e mettere singolar-mente in mostra, piuttosto è l’insieme di questi attratto-ri che crea le circostanze per immergere il fruitore in unaesperienza di continuità tra natura e arte.

Ne risulta, una strategia espressiva e spaziale che sicompone di gesti artistici in cui il fiume diventa l’elemen-to fisico di un percorso itinerante, connaturato da episo-di che dialogano con il paesaggio e si scoprono soprat-tutto nel rapporto visivo fiume-sponde. Sono occasioniche si colgono dall’acqua e nell’acqua in una cornice

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ambientale che rende più evidente il funzionamento delprocesso visivo in una concezione operativa di luogo; cosìil fiume, non diventa solo luogo della visione ma anchepalcoscenico, mentre l’espressione artistica diviene moto-re linguistico di un tentativo di recuperare uno spazio diinterazione con le molteplici forme e dimensioni del corsod’acqua.

Queste condizioni innescano una riflessione sul carat-tere polimorfico e mutevole che il fiume puo’ assumerenel rendere accessibili luoghi programmati, nei quali visi-

vamente e spazialmente non si palesa alcuna relazionestrutturante. A questo si aggiunge il valore di propulso-re di un’azione di progetto, garante dell’intento di esplo-rare questioni come la permeabilità degli argini in rela-zione ai quartieri circostanti; la funzione sociale di attivi-tà di carattere fruitivo ed artistico disseminabili lungo lesue sponde; l’esaltazione del valore estetico e culturalericonoscibile in eventi che, in risposta a bisogni comples-si, convivono in sinergia con gli elementi della natura edel paesaggio urbano.

Estuaire 2007, I Biennale d'arte, "Les Anneaux", installazione di Daniel Buren e Patrick Bouchin nell'isola di Nantes.

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Progetti per il fiume TevereCarla Saggioro

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Un sistema infrastrutturale dedicato ai flussi del turismourbano, un parco lineare continuo innervato da piste ciclo-pedonali e fecondato da interventi di carattere ludico-arti-stico, quali Portal (la spiaggia sul fiume organizzata dalComune di Roma) o Tevereterno che destina lo spaziourbano di un tratto del Tevere a piazza fluviale per le articontemporanee. A chi riguardi il fiume, proiettandolo sullavariegata filigrana dei più recenti progetti, esso apparecome un territorio di confine, come limite e segno di un’as-senza. La sua concreta fisicità, imprescindibile nella for-mazione dell’impianto e dell’immagine di città, è segnatada una originaria condizione marginale. Alla quale corri-sponde, simmetricamente, il modello di un “sistema linea-re fiume” che si consolida nella nozione di Parco, mentreperde progressivamente il suo potenziale di elemento ger-minale di trasformazioni urbane più strutturate, dove siain gioco un più sostanzioso rapporto fiume-città. Quan-to sopra emerge dall’antologia dei progetti qui esamina-ti, dal permanere delle pesanti limitazioni alla navigabili-tà, dal carattere endemico di una linea che separa invecedi unire, mentre rende improbabile l’associazione del corsod’acqua alla nozione di infrastruttura. E questo nonostan-te le previsioni del nuovo Piano Regolatore che riconoscenel sistema lineare del fiume uno dei cinque grandi “Ambi-ti di Programmazione Strategica”.

Il tema principale introdotto dal nuovo PRG è lanecessità da parte della città e dei suoi abitanti di riap-propriarsi del fiume. Nell’affrontarne la soluzione si evi-denzia con immediatezza la difficoltà di una pianificazio-ne omogenea, difficoltà determinata dalla variabilità deidifferenti rapporti di scala dell’elemento fiume con il suointorno, che vanno dalla scala locale, alla scala di quar-tiere, a quella di piano urbanistico, fino ad arrivare a toc-care il territorio assimilandolo alla nozione di paesaggio.

Impossibilità, quindi, di una gestione unitaria del

“tema Tevere”, nonostante le linee guida del Master Plandefinito dal nuovo P.R.G.

Uno degli obiettivi principali è la riconquista della tra-sversalità attraverso il ridisegno dei percorsi e degli spaziaperti di connessione tra le sponde, il recupero o la ricon-figurazione di alcuni degli spazi insediativi, l’inserimentodi nuove funzioni, con specifici caratteri di microcentrali-tà urbana e con un controllo della qualità architettonica.

Nonostante la grande flessibilità definita dal Pianoattraverso i programmi complessi, questi non sempre rie-scono a fornire soluzioni unitarie e tali da coinvolgere inuna visione d’insieme le parti di città che in qualche modointeressano il Tevere.

Da una analisi dei programmi e dei piani già matura-ti dai vari dipartimenti del Comune di Roma emerge comele strategie proposte, per recuperare il Tevere nella città,sono fondamentalmente tre:

1. L’architettura lineare dell’invaso fluviale da riqua-lificare;

2. Le trasversali;3. Il ridisegno degli affacci sul fiume;Il progetto delle trasversali Aventino e Gianicolo,

redatto dal gruppo Farina, Gasparrini, Manieri Elia, pro-pone una serie di interventi che vanno dalla navigabilità(pensata in collaborazione con l’Autorità di bacino) trala foce e Castel Giubileo, ai nuovi attracchi, alla pratica-bilità lineare delle sponde secondo tracciati pedonali eciclabili, al ripristino e alla realizzazione di nuove disce-se architettoniche, alla connessione dei tratti di banchi-na discontinui anche con passerelle mobili, alla definizio-ne di una scenografia urbana attraverso un puntuale inse-rimento delle luci artificiali. Contemporaneamente ven-gono rimodellati gli affacci, le superfici verticali dei mura-glioni, razionalizzato il sistema dei barconi e delle piatta-forme galleggianti, dei nuovi ponti pedonali.

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Ma le soluzioni proposte dal progetto Aventino-Gia-nicolo, non possono essere generalizzate e applicate, sem-plicisticamente, nell’area del quartiere Ostiense. L’averproposto, in questo caso, alcuni interventi in trincea alfine di mantenere la visibilità del fiume e delle sue rive,o per enfatizzarne in qualche modo gli elementi legati alletrasversalità, non determina l’unitarietà delle soluzioni inuna zona dove convivono e sono compresenti una infini-ta variabilità di situazioni legate al Tevere. D’altra parteil Progetto Urbano Ostiense definisce un possibile con-trollo della qualità degli interventi, e pone in primo piano,nei rapporti di scambio con i privati, il recupero degliaffacci sul fiume. Ma per quanto si riferisce al controllodella qualità architettonica i progetti presentati, indipen-dentemente dalla capacità dei gruppi di progettazione,non danno luogo ad una omogeneità qualitativa nell’am-bito della stessa parte di città.

Il programma di recupero urbano Acilia-Dragonaintroduce nuove micro centralità per attribuire una iden-tità ai luoghi attraverso l’organizzazione di nuove emer-genze urbane riconoscibili, che definiscono un sistema difunzioni pubbliche e private riqualificanti il tessuto edi-lizio esistente.

“Il programma è legato ad un progetto unitario di tra-sformazione della periferia su cui si interviene con unaidea di città. L’identità formale mette in connessione traloro gli interventi puntiformi e rende riconoscibile ilmanufatto architettonico come un elemento strutturan-te il programma di recupero”. L’idea di città ventilata dalprogramma richiama l’ipotesi di Peter Cook, presentataalla Biennale di Venezia, dove una griglia continua vienedefinita dagli edifici residenziali mentre alcuni punti noda-li, rappresentati da edifici culturali o sociali di particola-re qualità architettonica, determinavano elementi di fortericonoscibilità architettonica.

Quello che invece si evince da alcune proposte dei pri-vati è la presenza di ampie lottizzazioni e nuovi compren-sori residenziali dove la dispersa presenza dei cosiddettipunti di aggregazione collettiva, consistenti soprattuttoin centri di terziario, commerciali, multisale ecc., non rie-

sce a costituire queste nuove micro-centralità dedicatealla riqualificazione.

Tutte le indicazioni del Piano nell’ambito della pro-grammazione strategica, per quanto riguarda l’ultima trat-ta, non sono quasi mai di possibile applicazione tranneforse per:

- la praticabilità lineare dell’invaso per una fruizionecontinua di tipo idroviario e ciclopedonale;

- la valorizzazione delle identità spaziali connesse aidiversi segmenti del fiume, aperte verso la città e i suoidiversi riferimenti architettonici e ambientali, contigui edistanti.

L’ipotesi di lavoro, a suo tempo espressa da un grup-po di ricerca dell’Università della Sapienza di Roma pro-poneva:

- costituzione di una fascia verde continua lungo ilfiume;

- percorso turistico ricreativo anulare (ciclopedonale)con penetrazione verso il fiume in prossimità dei conte-sti ambientali più interessanti;

- attrezzature, culturali, produttive ricreative, sporti-ve, di servizio, ecc..;

- attraversamenti esclusivamente pedonali in corri-spondenza dei punti di smistamento;

- attrezzature turistico-ricettive sulle rive con puntiemergenti che suggeriscano la percezione di un ambitospaziale più ampio di quello offerto dalla conformazio-ne piatta del terreno;

- rivalutazione e recupero del paesaggio agricolo, delsistema dei canali e delle marrane.

In conclusione la ristrutturazione della zona è pensa-ta in funzione del tempo libero, una fascia-parco dove ilTevere diviene elemento di ricucitura geografica, morfo-logica e fruitiva.

Queste indicazioni sono state tutte recepite dal Pianodi Gestione del Litorale Romano, approvato nel 2004.

L’ordinamento geografico proposto nella tavola di“inquadramento generale” del P.R.G., che suddivide ilTevere in relazione ai suoi caratteri morfologici, ambien-tali ed urbani in tre grandi sottosistemi, costituisce un

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utile quadro di riferimento. Il sistema è ripartito in tremacro settori:

1. Settore Nord dal confine comunale a Ponte Milvio;2. Settore centrale da Ponte Milvio alla Magliana;3. Settore Sud dalla Magliana alla foce.La strategia del Piano è variamente graduata in un arti-

colato compendio di indicazioni programmatiche e distrumenti operativi. In questo contesto vanno inseriti iprogetti catalogati e le tavole sinottiche che li richiama-no. (Fig. 2 e 3)

Settore nord da Castel Giubileo a Ponte MilvioIl Piano riconosce al fiume oltre ad una forte valenza

naturalistica e paesaggistica, anche una valenza urbana,in funzione dei molti settori di città consolidata che vi siaffacciano.

Gli elementi di maggiore interesse sono: - Il Programma di recupero urbano Labaro-Prima Porta

che comprende il parco Tevere Nord, la nuova centralitàurbana di Saxa Rubra, Prima Porta e il parco di Veio. Signi-ficative le indicazioni programmatiche: “percorsi pedona-li collegheranno l’area della piazza con la valle di PrimaPorta, attraversando una zona verde che da discarica abu-siva diverrà un parco. Il recente parco Marta Russo verràcollegato alla zona con percorsi pedonali. La marrana, com-pletata con due nuove aree verdi a monte ed alla sua foce,sarà valorizzata nella sua funzione di corridoio ecologicoche collega il Parco del Tevere Nord al parco di Veio”.

- Il Progetto Urbano Flaminio, ancora in corso di defi-nizione, che interessa l’area da ponte Milvio al Foro Ita-lico. Il Flaminio-Foro Italico è un’area centrale strategi-ca per le nuove attrezzature culturali della città. I puntichiave del Progetto Urbano Flaminio, che interessanoparzialmente il Tevere, sono: la Passeggiata delle Arti conil collegamento tramite il Ponte della Musica tra VillaGlori e Monte Mario; il sistema delle sponde e degli argi-ni del Tevere con il recupero, la valorizzazione e il miglio-ramento della fruibilità per funzioni sportive e ludico-ricreative; l’Auditorium, attrezzatura di maggior rilievo,ma marginale rispetto al fiume.

Settore centrale da Ponte Milvio alla MaglianaCinque le questioni principali individuate, in questo

settore, dal programma dell’Ambito Strategico Tevere:1. L’invaso fluviale;2. La mobilità lungo il fiume;3. Il programma funzionale;4. La risorsa delle aree dimesse;5. La percezione del Tevere e della città.I principali interventi sono: il progetto dell’arch.

Richard Meier per l’Ara Pacis, che tuttavia non crea nes-sun rapporto né con il fiume, né con il lungotevere; il Pro-getto integrato di riqualificazione urbana.

Il progetto si pone l’obiettivo di fornire una rispostaad alcune problematiche inerenti il Lungotevere in Augu-sta, nel tratto compreso tra Ponte Cavour e Ponte Mar-gherita: “la realizzazione del nuovo Museo dell’Ara Paciscostituisce infatti l’occasione per trasformare il tratto dilungotevere antistante l’edificio in una zona pedonale afruizione pubblica – una piazza affacciata sul Tevere chesovrappassa il traffico veicolare. Il progetto ha integratotutti i temi coinvolti – la piazza, il sottopasso e il parcheg-gio – in un unico intervento. Alla stratificazione, uno deitemi fondamentali della città di Roma, è stato dato unvalore particolare”.

Il progetto trasversali Tevere-Aventino-Gianicolo pro-muove un ridisegno del Lungotevere Aventino in pienacoerenza con i più recenti assunti del Comune. Gli obiet-tivi qualificanti sono riconducibili a due strategie tra lorointegrate:

1. riqualificare la linearità dell’invaso fluviale e amplia-re lo spazio destinato al trasporto pubblico;

2. valorizzare l’integrazione urbana del fiume con lemolteplici trasversalità esistenti.

Viene così definito un unico sistema di pavimentazio-ne che estende ampiamente la fruizione pedonale dellazona, stabilendo un nuovo rapporto trasversale tra l’an-damento naturale della pendice e la percorrenza del lun-gotevere. L’intervento è finalizzato al recupero e all’inte-grazione visiva e funzionale delle componenti strutturan-ti di questo contesto urbano. La riqualificazione della

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sponda fluviale novecentesca è ottenuta attraverso dueinterventi:

1. Il restauro della calata monumentale di VincenzoFasolo e l’attrezzatura dell’attracco fluviale;

2. La realizzazione di un’ampia terrazza pedonale, inaggetto rispetto al muraglione, che enfatizza la connes-sione con lo spazio cavo a ridosso del colle, e definisceun affaccio panoramico sul fiume.

Il Progetto Urbano Ostiense-Marconi prevede lariqualificazione dell’intero quadrante urbano con il recu-pero di aree per servizi pubblici, verde, attrezzature edinfrastrutture, attraverso l’inserimento di importanti fun-zioni urbane quali quelle universitarie e mediante la rea-lizzazione di una consistente parte del Parco del Teveresud in corrispondenza delle aree del Gazometro, del Lun-gotevere Papareschi e del Valco S. Paolo.

Pone in primo piano la riqualificazione ambientaledell’area, e la previsione di nuovi servizi e verde attrez-zato. Definisce indirizzi generali per il successivo recu-pero ambientale delle limitrofe zone ripariali del Tevere.

I principali contenuti sono:1. Un nuovo schema della viabilità che prevede per il

settore urbano sud-orientale interno il prolungamentodei lungotevere su entrambe le rive, confermando la retedei percorsi pedonali e ciclabili ed il Ponte pedonale dellaScienza sul Tevere. Al fine di mantenere la continuitàpedonale tra le aree interessate dalla variante e le rive delfiume, i tratti di lungotevere antistanti il Parco Papare-schi, l’area della Città della Scienza e l’area del CampoBoario del Mattatoio dovranno essere previsti in sedeinterrata o in trincea.

2. Il programma relativo ai nuovi insediamenti univer-sitari destinati all’Università di Roma Tre localizzati lungola via Ostiense, e l’approvazione del Piano di utilizzazio-ne dell’ex Mattatoio, con l’individuazione delle funzionigenerali di utilizzo.

3. La riqualificazione dell’area dei Mercati attraversouna nuova destinazione urbanistica a servizi pubblici eprivati al fine di trasformare il complesso in un nuovocentro di aggregazione giovanile.

In questo quadro si inseriscono programmi e proget-ti, numerosi quanto eterogenei, per: l’ex Mattatoio, laristrutturazione degli ex Mercati Generali, la residenzauniversitaria in area Papareschi, la riqualificazione del-l’area ex Consorzi Agricoli, il Ponte della Scienza.

Settore sud dalla Magliana alla foceIn questo settore si evidenzia una strategia variamen-

te segnata dalla pulsione sorda di una periferia disunita,con giuste pretese di riqualificazione e di servizi urbani,e dalle nuove icone di un sentire ecologico diffuso, cherichiede non solo la salvaguardia, ma la costruzione di unnuovo ambiente naturale per la città.

Il Programma di Recupero Urbano Magliana, che siestende per circa 170 ettari nel territorio del XV Muni-cipio, persegue i seguenti obiettivi:

- migliorare ed integrare l’accessibilità complessiva siaa livello veicolare che ciclabile;

- arricchire in quantità e qualità il verde pubblico, inte-grandolo con percorsi pedonali e spazi pubblici;

- demolire manufatti non residenziali e di pessima qua-lità realizzando al loro posto aree di verde pubblico o edi-fici di alta qualità architettonica;

- dotare il quartiere di funzioni e servizi pubblici e pri-vati di qualità e livello urbano, favorendo l’inserimentodi attività capaci di generare nuovi posti di lavoro.

Assume un ruolo primario la realizzazione del “ParcoPubblico Pian due Torri”, che si distingue per la presen-za del “... parco fluviale attrezzato ecocompatibile, com-prensivo di un centro servizi polivalente con infrastrut-ture per l’ambiente, per la cultura e per il tempo libero,dedicate al fiume ed alle attività acquatiche integrate conuna offerta per il turismo plein air e non convenzionale.L’area e la sua golena così ricucita attraverso una pistaciclabile ed il ponte pedonale diventerebbe un unicumcon quella di Marconi, con lungotevere Dante ed i suoicentri sportivi, la Terza università e lo Stadio degli Euca-lipti”.

In questo contesto vanno letti i numerosi progettiavanzati e le differenti formulazioni che li hanno promos-

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si: il Concorso a inviti per la progettazione di uno dei piùimportanti interventi privati nell’ambito del Programmadi Recupero Urbano della Magliana; il progetto per laCentralità Magliana-Alitalia-Progetto Millennio; il pro-getto per la Centralità Castellaccio; il progetto per il Pontedei Congressi.

Il Programma di Recupero Urbano Acilia-Dragona valetto alla luce delle seguenti chiavi interpretative:

1. la concentrazione intorno al nucleo storico di Aci-lia di seri problemi di degrado urbano rispetto al conte-sto territoriale;

2. i PRU secondo l’art.11 della legge 493/93 devonointervenire in aree interne contigue ai piani di zona pub-blici.

L’area interessata dal recupero urbano è contigua infat-ti ai quattro piani di zona di Dragoncello, di Acilia, diPalocco e di Madonnetta, e ai quartieri di proprietà comu-nale e dell’ATER, di S. Giorgio e di S. Francesco.

Le principali indicazioni del piano che interessano ilTevere sono:

- Parco di Monte Cugno e Parco archeologico natu-ralistico di Ficana;

- Parco di Dragona, in cui è previsto un impianto spor-tivo di atletica leggera con spogliatoi ed attrezzature dipertinenza;

- Parco di San Paolo;- Nuovo Ponte di Dragona;- Porto fluviale sulle sponde del Tevere, che renderà

accessibile l’area di Acilia anche dal fiume, in prospetti-va della sua navigabilità e consentirà di arrivare agli scaviarcheologici, con prospettiva la realizzazione di un parcofluviale archeologico. Tutta la cubatura residenziale eparte della non residenziale viene spostata al di fuori delperimetro della Riserva del Litorale Romano.

Di grande rilevanza urbana, ma ancora una voltadistanti dalla dialettica Tevere-Città, risultano infine ilProgetto per la Centralità di Acilia-Madonnetta e il Pro-getto per la Fiera di Roma.

Infine Piano di Gestione della “Riserva del Litoraleromano” che con i suoi principali obiettivi (conservazio-

ne dei valori naturali, dell’eredità storica e culturale, valo-rizzazione economica delle risorse naturali e storico cul-turali) riconferma come le pur giuste istanze della salva-guardia e della conservazione occupino i vuoti di una pro-gettualità complessivamente carente, a fronte della que-stione principale qui sollevata: il significato e la scala delsistema fiume nella strategia delle modificazioni urbane.

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Una sperimentazione progettuale sul Tevere entra di dirit-to nella vicenda millenaria del rapporto tra questo fiumee la città di Roma. Questa si è formata nella valle che attra-versa questo corso d’acqua a carattere quasi torrentizioe che ha prodotto nei millenni un’incisione della pianu-ra laziale, nel suo lato nord. Per immaginare il futuro diquesti luoghi occorre riconsiderarne le origini1, che sipossono trovare proprio sulle rive del fiume. Il sito daprendere in considerazione si trova a valle dell’Isola Tibe-rina, nel punto in cui, probabilmente già in età preisto-rica, era più facile l’attraversamento del corso d’acqua.Infatti qui il Tevere si impantanava formando una vastapalude e in questo luogo era possibile, per gran parte del-l’anno, passare a guado. Per questa ragione qui conver-gevano camminamenti arcaici. Da sud un percorso dallealture del vulcano laziale, dove erano insediate popola-zioni latine: questo percorso si sarebbe consolidato nellavia Appia. Da nord un altro itinerario scendeva il monteGianicolo, provenendo dal territorio etrusco, e si attesta-va sulla riva di fronte. Questo percorso sarebbe stato poila via Aurelia. Un altro camminamento incrociava i pre-cedenti sulla riva sinistra, lungo la direttrice est-ovest.Esso collegava il mare con i territori interni, abitati dapopolazioni sabine: era usato per il trasporto del sale eper questa ragione avrebbe preso il nome di via Salaria.Un’altra via di comunicazione passava in quello stessoluogo: il fiume svolgeva questa funzione per le navi,soprattutto greche, che, seguendo la costa del Tirreno,entravano nella foce e risalivano il fiume fino all’IsolaTiberina. Qui, presso il luogo di cui si sta parlando, dove-va esserci un porto, come testimonia la presenza di unedificio, detto tempio della Fortuna Virile, in realtà dedi-cato a Portumno, dio del porto. Una descrizione delmodo di usare il corso d’acqua per la navigazione è nelpoema di Virgilio, dove si dice che Enea risalì il fiume,

sbarcò presso l’isola e vide i luoghi che sarebbero diven-tati Roma.2

Ma questo luogo sul fiume vitale e animato non è quel-lo della città istituzionale. Esso era poco difendibile, lepiene del Tevere lo inondavano continuamente e la suastessa definizione geografica doveva essere precaria, dalmomento che era occupato dalla palude che penetravafino alla valle del Foro Romano e dentro la valle Murcia,che sarebbe diventata il Circo Massimo. La città dell’ar-chitettura fu costruita sulle colline a ridosso di quel luogoe così fin dalle origini si istituì una dualità tra città varia-bile delle comunicazioni e dei commerci sul fiume e cittàconsolidata della residenza sulle alture. La relazione difiume e città è ancora oggi incerta e per questa ragione iltema del progetto è ancora all’ordine del giorno. Naturae artificio sono qui messe a confronto in modo irriduci-bile, come più volte è emerso dal tempo in cui GiulioCesare avrebbe voluto deviare il corso del fiume per gua-dagnare alla città il campo Vaticano a quando il governoitaliano, dopo il 1870, pietrificò gli argini con colossalimuraglioni per sottrarre la città alle inondazioni.

L’Ambito di Programmazione Strategica Tevere Il Piano Regolatore Generale approvato dalla giunta

comunale di Roma il 20 ottobre del 2000 introduce larelazione tra fiume e città alla scala del vastissimo terri-torio comunale.3 Il piano individua un comprensorio ter-ritoriale di forma lineare e lo propone quale tema coor-dinato di intervento.

La filosofia del piano infatti presenta, alla grande scala,sistemi puntuali, sistemi lineari e aree di intervento. I siste-mi puntuali sono indicati come centralità e destinati arisolvere un problema da lungo tempo presente nella capi-tale: la sua crescita nella contrapposizione di un’unicaarea centrale, coincidente con la città storica, con vaste

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Ordini dimensionali del Tevere: un sondaggio per progettiFlaminio Lucchini

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aree periferiche a sviluppo residenziale. Per evitare ledisfunzioni della “città cresciuta a macchia d’olio” il pianointroduce nuove centralità, in modo da delineare un siste-ma urbano multipolare.

Accanto ai sistemi puntuali sono presentati sistemilineari: cinque strutture a scala urbana, definite Ambitidi Programmazione Strategica. Ognuna di esse ha comeelemento di sostegno una infrastruttura. Esse sono nel-l’ordine: l’anello ferroviario, il circolo delle mura Aure-liane , il sistema delle aree archeologiche che dal centrosi allunga nel parco lineare dell’Appia Antica, la sequen-za di spazi monumentali che dal Foro Italico si proietta-no all’Eur e infine il Tevere con le sue pertinenze.

Nel lavoro qui presentato è stato scelto come oggettodi sperimentazione progettuale il sistema lineare del Teve-re, inteso, secondo la definizione del piano, come Ambi-to di Programmazione Strategica.

Il sistema Tevere è diviso dal piano in diversi settori:uno centrale, in cui il fiume attraversa l’abitato, e dueesterni, di cui uno a nord, detto Parco Tevere Nord e unoa sud detto Parco Tevere Sud. In questi ultimi il fiumescorre attraverso un territorio non urbanizzato. Il setto-re centrale è a sua volta riconducibile a elementi minori:il tratto dei muraglioni ottocenteschi nel centro storico,un ambito della città consolidata a nord e uno analogo asud, a cui si aggiunge, ma con caratteri propri, il trattodella foce.

La complessità del tema è notevole. Nella sperimen-tazione si è scelto di agire solo su alcuni settori, ma conil riferimento all’insieme. In particolare, nel sondaggioper progetti qui presentato, si è scelto di condurre proveprogettuali nel tratto di attraversamento della città con-solidata a sud e nel tratto della foce. La scelta è legataall’idea che in questa parte del sistema lineare esista unampio margine di intervento per l’architettura. In questiluoghi infatti il tessuto urbano si presenta spesso incom-piuto e offre lo spunto per progetti che il piano segnalaesplicitamente. In questi luoghi esiste infatti un eviden-te margine di azione, dal momento che si registra un giocoancora libero tra città e fiume. Questo margine infatti non

esiste o è ridottissimo nel tratto del centro storico o, alcontrario, è diluito a scala più vasta nei settori del ParcoTevere Sud e del Parco Tevere Nord. Presso la foce siritrova un carattere analogo a quello della città consoli-data e dunque anche questa area è stata inclusa nella spe-rimentazione.

Il parco lineareQuale sia la natura di uno strumento urbanistico

come l’Ambito di Programmazione Strategica non risul-ta chiaro. Si tratta di una sorta di piano direttore le cuiascendenze culturali possono essere trovate nei tentati-vi di superamento della pratica del piano per vincoli estandard. A partire dalla fine degli anni Sessanta, la cul-tura architettonica italiana ha infatti posto il problemadi una pianificazione che non gestisca solo funzionalitàe quantità edilizie, ma si occupi della qualità architetto-nica e ambientale. Indizi di queste tematiche possonoessere rintracciati nel Piano Programma per Palermo diGiuseppe Samonà4, nelle ricerche di Ludovico Quaro-ni sul progetto a grande scala5, negli studi di Aldo Rossisu tipologia e morfologia nell’architettura della città.6

Un tale approccio si è sviluppato fino ad anni recenti etrova riscontro oggi nel nuovo piano regolatore perRoma, come pure nei lavori della Commissione per laQualità istituita dall’Amministrazione Comunale e nonancora pubblicati.7

Dunque l’Ambito di Programmazione Strategica Teve-re va considerato come strumento di una pianificazioneper progetti, che offre prescrizioni qualitative degli inter-venti previsti. Nel piano è messo a fuoco l’ecosistema delfiume, intersecato da una rete di corridoi ecologici, peril quale viene fatta la previsione di un parco lineare, con-tinuo lungo il corso d’acqua, fino alla foce. Il progettovalorizza elementi di continuità del sistema, anche dove,ad esempio nel tratto di attraversamento del centro sto-rico, essi sono ridotti nell’estensione (i lungotevere e lebanchine) e spesso interrotti dai manufatti dei ponti. Ilsistema trova poi la sua massima espansione nei due par-chi territoriali a nord e a sud dell’area centrale.

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Inoltre è messo in evidenza un altro elemento lineare agrande scala, cioè il sistema infrastrutturale che accompa-gna il fiume. Esso comprende strade urbane di margineall’invaso, poste sull’argine nel tratto centrale, dislocate aridosso di questo nelle aree periferiche e correnti a mag-giore distanza nei tratti esterni. Il tema della navigabilitàviene riproposto. Rilevante è anche il problema dei siste-mi infrastrutturali trasversali e della loro intersezione ointerruzione della continuità longitudinale del parco: laprogettazione di nuovi ponti viene infatti a misurarsi conquesto problema. Elemento ad altra scala, ma di granderilevanza, è costituito dal sistema dei margini. E qui, incerto senso, evidenziato il luogo deputato alla relazionepiù diretta tra fiume e città. Esso si articola per nodi, linee,aree. In alcuni tratti assume il carattere di prospetto sulfiume (water front), in altri di sistema spaziale di connes-sione, in altri ancora di ricucitura di una relazione tra il tes-suto della città e il fiume mai definita prima. In questoambito viene in risalto il progetto dello spazio pubblico ela ricomposizione del paesaggio. Gli aspetti percettivi sonoconsiderati rilevanti almeno quanto quelli infrastrutturali,ribaltando quanto accadeva in precedenza, con progetti(ponti, lungotevere) in cui il fiume era visto come elemen-to minimale o come ostacolo alla continuità del tessutourbano.

L’idea di un parco lineare è stata dunque tratta dal pianoe assunta nel sondaggio progettuale. Anzi essa è stataampliata con un’ipotesi più generale di assetto della città.Si è supposto che per lo sviluppo sostenibile di grandi areeurbane europee si possa immaginare una rete di itineraricostituenti parchi lineari, serviti da sistemi di trasporto noninquinanti, che possano creare un uso alternativo dellacittà, prevalentemente orientato al benessere psicofisicodegli abitanti. Luoghi protetti dall’inquinamento acusticoe visivo, con caratteri visuali progettati a diverse scale,potrebbero essere destinati ad un uso prevalentementepedonale e formare alternative disinquinate al sistema dellestrade. Nella sperimentazione condotta l’Area di Program-mazione Strategica Tevere viene considerata asse portan-te di un sistema di questo tipo per la città di Roma.

I sondaggi progettualiLa sperimentazione è stata messa in atto nel tratto

compreso tra ponte Marconi e il ponte della Magliana.Qui il fiume corre in una fascia di terreno ampia, con lerive dotate di argini di terra e le aree golenali occupateda costruzioni abusive. Si è scelto di esplorare in questiluoghi la dimensione trasversale, quella longitudinale equella di area del parco. (Fig. 4 e 5)

La dimensione trasversale è stata sondata con una spe-rimentazione sulla sezione della valle del Tevere, dallecolline del Portuense fino ai rilievi della Garbatella sullariva opposta. Sono state scelte come estremi della sezio-ne polarità urbane significative: la basilica di S. Paolo suun lato, il forte Portuense sul lato opposto. Con un son-daggio8 viene immaginato il riuso del forte come attrez-zatura culturale polivalente. A questa nuova attrezzatu-ra è associato un percorso urbano articolato in più spazidi discesa della valle, fino al fiume che viene attraversa-to con un ponte pedonale, oltre il quale un itinerario pro-segue verso il parco della basilica e la via Ostiense.

Sul forte è stato condotto un intervento di riqualifica-zione degli spazi esistenti (la corte, i ridotti, gli edifici) conl’aggiunta di strutture leggere che configurano in modonuovo ma reversibile la corte, i vani interni, gli spalti. Unsondaggio è stato inoltre messo in atto trasformando unodei terrapieni del sistema difensivo in una struttura archi-tettonica nuova, che conserva il volume, ma ne varia lamateria, accogliendo all’interno attrezzature diverse.

La dimensione longitudinale del parco è stata esplo-rata con un progetto sulla riva destra, a ridosso di via dellaMagliana.9 Qui il piano individua un comprensorio diriqualificazione dell’area golenale, occupata oggi da inse-diamenti abusivi. Sono stati riconosciuti nel progetto alcu-ni elementi lineari: primo tra tutti l’alveo del fiume e unafascia della riva, profonda alcuni metri, destinata a zonadi espansione naturale della massa d’acqua. Quest’area èlasciata allo sviluppo della vegetazione spontanea, anchedi alto fusto. Una fascia parallela, più interna, viene trat-tata come parco vero e proprio, anche se, in casi eccezio-nali, è destinata ad invaso delle piene. Al suo interno corre

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una pista ciclabile e un camminamento (via di S. Passe-ra) che connette le presenze storiche e archeologiche esi-stenti. Questo percorso è parte della passeggiata centra-le del parco. Ma l’elemento di maggiore interesse emer-ge dal progetto dei margini, che risolvono la relazione trail parco e via della Magliana. Sono state disegnate archi-tetture capaci di includere la doppia valenza di relazionecon la città su un lato, con il parco dall’altra. Si tratta anzi-tutto di un edificio a doppia faccia, prevalentemente chiu-so su via della Magliana e articolato sul lato opposto, aper-to ai percorsi lungo il fiume.

Più a valle, dove la quota di via della Magliana siabbassa rispetto all’argine, è stata scelta una soluzionediversa: l’argine di terra è qui attraversato da corpi di fab-brica trasversali che creano piazze di penetrazione dallacittà al fiume.

Un altro sondaggio è stato effettuato a valle dei pre-cedenti, dove l’area golenale si allarga in un’ansa. Nellasperimentazione10 si delinea un ampliamento del parcolineare con una rete di percorsi, campi di verde e padi-glioni. Al parco previsto sul terreno naturale, degradan-te sulle rive, si sovrappone un sistema di affacci sospesoalla quota dell’argine, formato da passerelle e padiglioni,da utilizzare in caso di piena. Sul margine dell’invaso alcu-ni edifici insistono su una doppia piazza: a un livello piùalto affacciata sul fiume, a quota più bassa volta al tessu-to urbano, di cui raccoglie le strade circostanti. Due edi-fici, uno maggiore e uno minore introducono nel paesag-gio della valle del Tevere una triangolazione monumen-tale con altre architetture esistenti, come il Gasometro eil Palazzo della Civiltà dell’Eur. In un altro sondaggio11

è stato disegnato il progetto di un ulteriore ponte pedo-nale gettato tra le due rive: questo è stato immaginatocome ponte-palazzo, cioè come un’attrezzatura posta alcentro del parco che include l’attraversamento del corsod’acqua. In questo esperimento si è verificata la possibi-lità di intervenire con la tipologia del ponte con piloni disostegno abitabili. Un altro sondaggio è stato messo inatto per la riqualificazione di piazza A. Meucci12. Si trat-ta di una piazza con giardino centrale, nodo del sistema

della viabilità urbana. Ne è stata progettata la connessio-ne con l’antistante sponda del fiume, in modo da confi-gurare uno spazio pubblico aperto all’invaso e commisu-rato alla dimensione spaziale e paesaggistica del parco.Può diventare questa una delle porte dalla città verso ilparco lineare. Un’altra sperimentazione è stata condottain un’area residuale sulle pendici del colle Portuense, aridosso della linea ferroviaria Roma-Fiumicino.13

Particolare attenzione è stata rivolta ai progetti per lafoce, luogo culminante del parco. Sono stati redatti dueprogetti, uno per la riva destra, uno per la sinistra. Nelprimo caso14 si è disegnato, come previsto dal piano, unvasto parco. Ad esso è stato dato il carattere di maglia dipercorsi ortogonali che formano isole di verde di diver-se qualità. Questa rete è intersecata da un ampio spec-chio d’acqua per ripristinare in parte il carattere laguna-re-paludoso dei luoghi. A fronte del parco, verso l’abita-to di Fiumicino, è stata prevista la collocazione di un’ar-chitettura che segnala il limite dell’abitato e svolge la fun-zione di ingresso al parco. Si tratta di una piazza inclina-ta, aperta verso il fiume che ne diventa l’orizzonte per-cettivo.

Sulla riva sinistra15 vengono trasformati i capannonidel vecchio idroscalo in stazione capolinea della naviga-zione sul fiume. Presso questi è disposta una grande piaz-za con una cavea per spettacoli all’aperto. Uno dei latidella piazza è occupato da un grande edificio che puòcontenere al suo interno allestimenti spaziali diversi. Daquesto prende l’avvio una estesa costruzione che si pro-tende nel mare. Questa ha il duplice carattere di operamuraria, quasi una lunga diga di protezione della foce, edi pontile che riprende le forme delle strutture provviso-rie per la pesca o l’ormeggio. E destinata a museo natu-ralistico, con spazi espositivi nella parte muraria, acqua-ri e voliere nella struttura più leggera.

Risultati.I sondaggi progettuali hanno messo alla prova gli

obiettivi dell’Ambito di Programmazione Strategica Teve-re. Ad esempio, considerando il caso di piazza Meucci,

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questa oltre a far parte di un ambito di valorizzazione,viene presentata come nodo di scambio, quale spazio daprogettare come piazza, come stazione fluviale di proget-to, attraversata da una strada di grande viabilità. Inoltreil programma implica la riorganizzazione e sistemazionedell’invaso della piazza… con particolare attenzione alleconnessioni viabilistiche… la riqualificazione ambientaledella sponda del Tevere mediante la riorganizzazione deglispazi aperti, la creazione di percorsi pedonali e ciclabili ela riconfigurazione del fronte sulla piazza con elementicostruiti puntiformi, la riqualificazione dei fronti costruitilungo via della Magliana. La tavola degli obiettivi forni-sce cioè non solo prescrizioni di carattere normativo, maanche istanze qualitative per il progetto. I sondaggi sonostati dunque condotti per mettere in atto queste indica-zioni e valutarne l’efficacia. Si tratta di procedure volte asollecitare una “sfida della qualità” che porta a conside-rare il “piano come componente del progetto della città”che in qualche modo rimette in discussione il modo diintendere l’urbanistica.16 Il piano tende infatti a ricono-scere con l’analisi “l’ingente patrimonio di materiali urba-ni (approdi, banchine, impianti idraulici, aree verdi, restiarcheologici, edifici industriali dismessi) in un’enclavelineare, protetta dalla caoticità della città ai suoi bordi”.17

Se infatti il carattere dei luoghi, formatosi soprattut-to nel periodo di maggiore sviluppo delle periferie neldopoguerra, ha condotto fino ad oggi a considerare ilfiume uno spazio sempre più estraneo alla vita e all’im-magine urbana, con il progetto si sperimenta la possibi-lità di rovesciare tale situazione, facendo diventare l’in-vaso luogo di centralità, che si può articolare a un dop-pio livello dimensionale: alla scala metropolitana con l’isti-tuzione dei due parchi (Tevere Sud e Tevere Nord), allascala urbana con un programma di sistemazioni che sta-biliscano nuovi rapporti tra fiume e città costruita neidiversi settori. Nei sondaggi progettuali dunque si è assun-to l’obiettivo generale di rovesciamento della dualitàfiume-città nel senso di considerare il fiume elementocentrale rispetto alla città che ne risulta il contesto. E risul-tato che un tale obiettivo si può realizzare in modo diver-

so nei diversi tratti del fiume. Nel centro storico, oltrealla navigabilità e all’arredo più o meno provvisorio dellebanchine, l’oggetto di un eventuale progetto riguarda l’as-setto dei lungotevere e la loro relazione funzionale e pae-saggistica con l’invaso. Questo tema è stato fino ad oggitrascurato o affrontato in termini soltanto viabilistici (sot-topassi e parcheggi sotterranei). Nelle aree esterne delparco Tevere Nord e del parco Tevere Sud, oggi consi-derate ambiti di rispetto naturalistico e potenziali riser-ve di verde nel territorio metropolitano, va messo incampo il loro ruolo infrastrutturale per un sistema diaccessibilità nuovo e alternativo a quello del traffico vei-colare, secondo sistemi non inquinanti. Per quanto attie-ne alle aree attraversate dal fiume nella periferia urbanasi pongono infine due questioni. Da un lato l’individua-zione della rete di sistemi lineari urbani, in modo da assi-curare la connessione della città al sistema Tevere, dal-l’altro la necessità di svolgere progetti architettonici cherisolvano, punto per punto, la relazione di completamen-to del disegno urbano a partire dal fiume e dal suo svol-gimento lineare.

NOTE

1 F. Coarelli, Guida archeologica di Roma, Mondadori, Verona 1974,p. 278. Tra i molti testi sulle origini della città, vedi: A. Carandini, Dairioni dei Quiriti alla città dei Romani, Einaudi, Torino 2006.2 Virgilio, Eneide, VIII.3 I lineamenti del nuovo Piano Regolatore Generale di Roma sonostati presentati in un numero monografico della rivista Urbanistica(«Urbanistica n. 116», 2001).4 Elaborato con U. Di Cristina dal 1979, il Piano Programma peril centro storico di Palermo consiste in un documento di analisi-pro-getto, che indica obiettivi di qualità architettonica. Vedi G. e A. Samo-nà 1923-1993. Inventario analitico dei fondi conservati presso l’Archi-vio Progetti IUAV, (a cura di G. Cortese, T. Corvino, I. Kim), Il Poli-grafico, Padova 2003.5 Il progetto per il quartiere Casilino di Roma è stato elaborato apartire dal 1964 e poi costruito negli anni Settanta. Si tratta di unodegli interventi regolati dalla legge n. 167, per il quale l’architetto spe-rimenta elementi introdotti alla grande scala per garantire la qualità

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architettonica nel processo di attuazione. Vedi Paola Di Biagi, La cittàpubblica: un laboratorio della modernità da riqualificare e tutelare ,Ricerca MIUR 2006-2008 ed in particolare il testo Idee di quartiere:un’articolata riflessione di Ludovico Quaroni. Alcuni testi della ricer-ca sono rintracciabili in rete.6 A. Rossi, L’architettura della città, Marsilio, Padova 1966.7 La Commissione per la Qualità, sostitutiva della CommissioneEdilizia, ha prodotto un quadro di indirizzo per i progettisti, ancorain fase di elaborazione e successiva pubblicazione.8 Tesi di laurea di Marco Strona, relatore Flaminio Lucchini, Uni-versità di Tor Vergata, anno accademico 2003-2004.9 Tesi di laurea di Andrea Barzetti, relatore Flaminio Lucchini, Uni-versità di Tor Vergata, anno accademico 2004-2005.10 Tesi di laurea di Diego Ruggeri, relatore Flaminio Lucchini, Uni-versità di Tor Vergata, anno accademico 2004-2005.11 Tesi di laurea di Maurizio Castelli, relatore Luigi Ramazzotti, Uni-versità di Tor Vergata, anno accademico 2004-2005.12 Tesi di laurea di Laura Catacchio, relatore Luigi Ramazzotti, Uni-versità di Tor Vergata, anno accademico 2005-2006.13 Tesi di laurea di Marcella Pasquini, relatore Luigi Ramazzotti,Università di Tor Vergata, anno accademico 2005-2006.14 Tesi di laurea di Fernando Terzini, relatore Flaminio Lucchini,Università di Tor Vergata, anno accademico 2005-2006.15 Tesi di laurea di Giorgio Mazzei, relatore Flaminio Lucchini, Uni-versità di Tor Vergata, anno 2006-2007.16 R. Morassut, I caratteri del piano , in «Urbanistica n.116», 2001,pp. 41-46.17 R. Morassut, bidem.

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Il Tevere a Roma, tra il G.R.A. e Capo due Rami (QuickBirdsatellite, 2003).

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Caratteri del Tevere tra G.R.A. e Capo due RamiMateriali per una lettura criticaAntonella Falzetti

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Sfogliando le rappresentazioni ideali della cartografiasiamo introdotti in uno spazio inesistente dove si descri-ve, rappresentandola, la morfologia di un territorio.Segnata da una condizione di inequivocabile reciproci-tà, la carta istituisce una efficace “metafora della terra”dove, con pazienti traslazioni, possiamo orientarci e ope-rare. Ma il rapporto di somiglianza che tiene insieme isegni e le cose è qui interrotto. A chi guarda il palinsestodelle scritture che rappresentano le strade, le ferrovie, leanse di un fiume, i fronti delle acque, l’apparato dellenotazioni grafiche appare immediatamente espressivodelle relazioni proporzionali e di contiguità tra le parti,mentre è muto su ciò che, muovendo dall’esperienza dellospazio, si costituisce come sensazione, immagine mute-vole e incerta, figura instabile: come paesaggio.

Al viaggiatore che percorre un territorio, lo stessoapparirà segnato dalle modalità del suo attraversamento.Le autostrade mostrano paesaggi, a volte quasi aerei,molto diversi da quelli percepiti muovendosi sulle stra-de provinciali, lungo una ferrovia o un corso d’acqua.

La condizione dell’attraversamento incide sulle moda-lità delle stratificazioni visive, ne dispone le profonditàdi campo, le dislocazioni spaziali, le sequenze tempora-li. Ciò che circoscrive il concetto di paesaggio vive in que-sta duplice pratica dei luoghi, dove si consuma il giocodell’apparire, delle figure dello spazio, ma anche del tra-sparire, del manifestarsi attraverso la coscienza, le emo-zioni, i filtri concettuali dello spettatore. In questa acce-zione il paesaggio non è mai un dato obiettivo ma unanostra costruzione.

Una forma di questa costruzione è la narrazione dellospazio.

Questo studio parte dal riconoscimento che i luoghiurbani, intesi come parti di territorio in cui si compie ine-

vitabilmente quel processo di contaminazione tra l’am-biente fisico e quello naturale, conservano, comunque, letracce della loro originaria morfologia, benché celate orese anonime da successive alterazioni.

Un territorio è uno spazio individuabile per moltepli-ci fattori, quali ad esempio la geometria dei tracciati, laconformazione dei suoi margini, la dimensione degli inse-diamenti e delle identità locali; è una sorta di florilegio didati manipolati da un processo di modellazione, fruttodell’interazione di sistemi economici, ecologici e sociali.

In tal senso l’urbanizzazione, intesa come propulsoredi una trasformazione, non è altro che un evento chedisgrega significativamente la struttura originaria o il fun-zionamento di un sistema e quindi ne altera la trama delleinterazioni generando una serie di complesse variazioni.

Il concetto di “variazione” diventa, in questo ragio-namento, una componente estremamente significativa; inquanto è il parametro che stabilisce il passaggio da unacondizione di omogeneità, in cui sistemi naturali, comeacqua, terra e piante conservano tra loro, ancora, delleconnessioni, a quella di discontinuità, dove lo spazio assu-me una dimensione rarefatta; si configura come sistemaeterogeneo, subordinato alla organizzazione di sottosi-stemi sovrapposti, identificati nella densificazione edili-zia, nell’infrastrutturazione urbana o nella complessitàdella rete stradale e ferroviaria.

Di fatto gli spazi abitati sono sempre posti a confron-to con problemi complessi di infrastrutture stradali o fer-roviarie, spesso inadeguate alla necessità di uno sviluppoin atto, ma allo stesso tempo configurate come elementodominante della scena urbana. Questo carattere di pre-minenza sta a testimoniare un processo di “crescita” e dinuove dotazioni non curante del valore di continuità deltessuto urbano e privo di un disegno unificante a largascala.

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Per cui questa frattura tra caratteri urbani e sistemamorfologico originario rappresenta un valore emblemati-co, determinante nel dilemma della ricerca di un equili-brio dimensionale e funzionale, in altri termini nella defi-nizione, in rapporto al costruito, di un’armonia calibratae misurata sia sui caratteri dimensionali e topografici, siasu quelli dei materiali componenti la natura dei luoghi.

Luoghi molto spesso disarticolati, complessi e carat-terizzati da contrasti di scala, sono il risultato delle mas-sicce trasformazioni del paesaggio dalla sua vocazioneoriginaria con un proprio carattere potenziale, ad un dive-nire per successive stratificazioni, “luogo della città”.

Pertanto, quello che viene denominato luogo dellacittà, acquista una singolare rilevanza nella comprensio-ne della forma e dell’assetto del tessuto urbano che haavuto la sua ragione di essere a partire dalla struttura delsuo sito.

Sebbene queste precedenti considerazioni possonoalludere ad una volontà giudicatrice, altro non sono cheun postulato alla conduzione di questo ragionamento; unpresupposto necessario a fissare le condizioni per unastrategia preliminare e disciplinare che collochi in termi-ni non riduttivi e schematici un tema attuale come il rap-porto tra istanza di trasformazione, nonché di espansio-ne, e gli strumenti di gestione del territorio.

Infatti è partendo dall’analisi, dalla comprensione edella percezione del luogo che si possono interpretare isegni che conformano il paesaggio della città e configu-rano l’identità di una consolidata estetica urbana.

Alla luce di queste premesse si delinea l’obiettivo delnostro approccio, condotto all’insegna dell’identificazio-ne e del rilevamento di quei caratteri significativi e inva-rianti che permangono in qualsiasi trasformazione siarurale che urbana.

Per cui l’intento è quello di cogliere, attraverso unalettura analitica dell’ambiente urbanizzato, le stratifica-zioni dei segni che hanno governato il passaggio da unacondizione naturalistica ad una antropizzata, assumen-done tutta la complessità, e cercando di costituire dellecornici concettuali che aiutino ad organizzare il quadro

della ricerca e che permettano una effettiva integrazionefra le diverse interferenze ed implicazioni.

Il piano operativo di questo scenario si è concentratosu un preciso ambito territoriale, individuato su un ter-reno di sperimentazione che raccoglie in sé l’insieme diqueste appariscenti contraddizioni.

È evidente che la dimensione a cui si fa riferimentonon appartiene ai perimetri urbani della città storica; incui insistono, tangibili, i rapporti tra elementi primari, leemergenze, i tessuti residenziali e dove permane, netta,la gerarchia di luoghi definitisi nel tempo.

Lo sguardo si orienta ad altre realtà urbane. Luoghi dove l’articolazione degli spazi è fortemente

legata alla loro fruizione piuttosto che alla loro godibili-tà, dove si stabiliscono gerarchie che non corrispondonoa quelle tra le attività e al senso che alcune di questehanno per la fruizione collettiva, e dove si percepisce mag-giormente la perdita di identità di luogo: in termini piùespliciti la condizione della smarrita periferia urbana.

Ma la dimensione della periferia, se da un lato costi-tuisce il terreno in cui risulta più difficile recuperare ilcontrollo e il trattamento dei vuoti generati fra i diversiinterventi che conformano gli spazi e i loro processi disovrapposizione di frammenti costruiti, dall’altro è spes-so fertile terreno per sollecitare le modificazioni, poichéin essa sopravvivono generalmente “luoghi strategici”,condensatori di future possibilità progettuali.

Se la città storica ha goduto di una crescita progressi-va, assimilando nel tempo un lento processo di sedimen-tazione, la periferia, in virtù della sua stessa natura, cioèperimetro di territorio deputato dagli strumenti urbani-stici ad accogliere le capillari espansioni della città con-temporanea, ha subito quel carattere provvisorio di unsistema dinamico in rapida evoluzione. Connotata da unasuccessione di eventi che, benché pianificati, si attuanoin un tempo troppo breve per assicurare uno sviluppocoerente, o per favorire coesione tra estesi ambiti limi-trofi, o per conservare quegli elementi di qualità esisten-ti nel paesaggio, anche semplicemente intesi come corni-ce ambientale da salvaguardare.

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Ecco che si mettono in atto processi di trasformazio-ne implicitamente generatori di luoghi improbabili, luo-ghi invariabilmente sospesi tra differenti ambiti urbani,separati dalle opere infrastrutturali di trasporto, conce-piti piuttosto come addensatori di funzioni, in cui si legit-tima la mancanza di relazioni e diviene preminente ilcarattere di confine, di margine e di separazione.

Sebbene il quadro fin qui presentato debba essereassunto con il valore di indagine puramente descrittiva,con riferimento ad alcuni caratteri delle periferie metro-politane e senza una precisa appartenenza ad una cittàpiuttosto che ad un’altra, i confini operativi e gli obietti-vi di questa analisi condividono un preciso ambito geo-grafico. (Fig. 6)

Il campo di indagine e di analisi si è concentrato su unaporzione della periferia sud-ovest di Roma, perimetratadall’autostrada Roma Fiumicino a nord e dal fascio di infra-struttura metropolitana e stradale dell’Ostiense a sud, par-tendo dall’innesto del Grande Raccordo Anulare.

L’insieme di questi tracciati lineari limita progressiva-mente i confini di un’area che si estende da Ponte di Mez-zocammino fino a Capo due Rami, attraversata in posi-zione mediana dal Tevere.

Una localizzazione territoriale in cui la presenza delfiume annuncia e legittima una arbitraria ma motivataattenzione verso l’oggetto di studio; una indagine cono-scitiva, la cui centralità è rivolta non più ai vincoli cheuna consolidata urbanizzazione impone ma si riferisce alvalore che il fiume può assumere nell’ambiente urbanocome potenziale agente di rigenerazione, nel tentativo diricucire una dimensione più congrua con la città.

Un dialogo che ricerca l’interazione tra sistema natu-rale e costruito a fondamento di una interpretazione dellaforma urbana, assumendo come cornice concettuale laconsapevolezza che un paesaggio, ricco di elementi, comead esempio un corso d’acqua, non è una semplice attrez-zatura del sistema urbano ma deve essere parte integran-te della città.

Una condizione che alimenta l’aspettativa di valoriz-zare questo inespresso ed isolato paesaggio fluviale. Per

cui il fiume viene eletto come asse portante di un siste-ma variabile che a tutt’oggi si inserisce come elementonettamente scollegato, sia all’interno della città storicache nella stessa periferia romana discontinua e casuale.

Il Tevere scorre all’interno di Roma per una cospicuaporzione di territorio, circa 50 chilometri di corso d’ac-qua, che ha lentamente perduto nel divenire dei secoli ilrapporto diretto ed intimo con la città e le sue attivitàprincipali.

Ciò che ne caratterizza il percorso lungo la direttriceche idealmente congiunge il suo ingresso alla città con lafoce, è la estrema variabilità di testimonianze episodicheche si incontrano e si percepiscono; alternate tra la com-patta ed articolata strutturazione della città storica, tral’eterogeneità della crescita urbana delle zone periferi-che, tra i discontinui vuoti interstiziali di quelle aree allimite tra una dimessa attività industriale e una tradizio-nale vocazione agricola.

Se la principale condizione del Tevere, all’interno delladimensione addomesticata della città storica, si traducein una forzata canalizzazione, limitata dal tracciato uni-forme degli argini ottocenteschi, con il conseguente annul-lamento dello spessore temporale e della variazione dellasua percezione, la parte più a sud-ovest, una volta abban-donato il vincolo dei muraglioni, evoca una progressivama lenta riappropriazione del colloquio tra il fiume e iluoghi costruiti.

Espressione di una condizione che permane in unintervallo temporaneo, molto limitato, in quanto il fiume,durante la sua discesa nella porzione di città “moderna”,intendendone il limite geografico incluso nella fasciaimmediatamente all’interno del G.R.A. (Magliana. EUR),incontra ancora elementi disgreganti che ne alterano ildelicato equilibrio tra gli argini.

Per cui, una rapida quanto introduttiva osservazionedelle caratteristiche relazionali e spaziali del contestofiume-città restituisce il senso di un carattere di intermit-tenza radicato in quei “luoghi costruiti” che vivono unrapporto di estraneità con qualsiasi elemento della natu-ra, sopravvivendo indisturbati ad ogni sua variazione.

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Le tre sezioni-tipo descrivono il rapporto sequenziale dellediverse componenti territorialipresenti nel tratto di fiumeoggetto di studio:Nella prima, (dal basso) l’inse-diamento di Giano è l’unico adarrivare a contatto con l’arginedel fiume, ma a questo dà ine-sorabilmente le spalle, affac-ciandovi i retrocortili. Un mar-gine fisico di distacco consenteun recupero di questo rapporto.Sulla riva destra l’argine, moltoarretrato, separa una ampia areagolenale da un territorio agrico-lo e paesistico di qualità, finoalla cesura dell’autostrada.Nella seconda l’insediamento diAcilia, attestato come gli altrisul fascio stradale e ferroviario,pur sfrangiandosi verso il fiume,soprattutto attraverso i corridoiverdi, trova dei rapporti conquesto, al di là del quale legrandi strutture commercialipresentano al fiume frontiocclusi e strade di servizio.Nella terza, in corrispondenzadi Capo due Rami – Saline diOstia, la sequenza è resa ariosaed articolata dalle strutturedella bonifica e dalle areearcheologiche del Porto diTraiano. (questo territorio finoal 1878 appariva per un quintocoperto da acquitrini, fino allabonifica che fu decisa dalloStato nel 1878 e data in appaltoall’Associazione GeneraleOperai Braccianti di Ravenna)Un’analisi delle caratteristicheinsediative dell’area mette inevidenza il ruolo delle attivitàagricole. Una vasta area che perdimensioni si potrebbe configu-rare come la naturale compo-nente di un parco di cinturametropolitana, dove ancora unavolta il fiume sopravvive comecomponente estraneo.

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Lettura interpretativa del carattere degli argini (1).

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Una realtà che viene confermata anche da una visio-ne trasversale ed integrata, svelando l’inesistenza di segniqualificanti di una matrice che rafforzi e aiuti a ricono-scere il carattere specifico dei luoghi in relazione alla pre-senza del fiume.

Il lavoro svolto in questa fase della ricerca si diramasu due versanti conoscitivi e metodologici distinti. Da unlato si è trattato di organizzare un’analisi attraverso unapproccio strutturato per sezioni omogenee che illustrale peculiarità proprie dei margini fluviali, generando unacasistica di variabili relazioni tra il fiume e il tessuto urba-nizzato; dall’altro di affrontare una investigazione di queifattori legati alla complessità di un organismo urbano-ambientale traducendola in un repertorio di indaginitematiche, schematizzato ed esemplificativo, capace dimettere in evidenza i dati significativi delle trasformazio-ni e di individuare le strutture formali di determinate real-

tà edilizie, marginalmente legate alla presenza del fiume,e connotate da un debole rapporto di vicinanza con esso.

Per rispondere a quest’ultima istanza metodologica ealla specificità del tipo di analisi sono stati adottati alcu-ni strumenti di interfaccia selezionati tra le varie tecnichedi raccolta di dati: ulteriormente supportate dall’appara-to teorico e critico: la fotografia aerea come “rappresen-tazione non interpretata” e strumento che fa apparire unterritorio visivamente percepibile, riproponendo intattele caratteristiche e le potenzialità dello sguardo; la carto-grafia, come strumento che restituisce informazioni già“codificate”.

L’utilizzo simultaneo di entrambi permette una ana-lisi che procede per stratificazioni successive dell’imma-gine in insiemi che visivamente appaiono omogenei, unsistema di segni e tracciati che generano tessiture a voltenaturali, altre artificiali. Questa registrazione, coadiu-

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vata dall’indagine diretta, restituisce la misura territo-riale del paesaggio, inteso come contenitore, e il rappor-to tra questo e le disseminate agglomerazioni urbane,formulando una interpretazione reale di questi insedia-menti, fondata sul rilevamento di quei fattori che inci-dono sulla qualità dell’abitare i luoghi e che produco-no ricadute sulle relazioni tra forma urbana, spazio verdepubblico, sistema dei collegamenti ed eredità naturali-stiche.

Come già accennato, il luogo deputato per coglierealcune relazioni fondative del sistema Tevere è stato lacostruzione di sezioni tipo. Accompagnando lo svilup-po del tracciato lineare, la sezione descrive e chiarisceciò che in pianta rimane indeterminato. Innanzitutto ilcarattere delle relazioni trasversali: le dislocazioni alti-metriche dell’invaso fluviale, la natura dei rapporti spa-ziali tra invaso e città, la morfologia dei margini golena-

li, le gradazioni tra volumi e il sistema proporzionalegeo-urbano.

La sezione è inoltre il complemento, in qualche misu-ra autonomo, della rappresentazione planimetrica, allaquale pure rimanda, mentre istituisce una scrittura sepa-rata del sistema.

Il luogo che qui si descrive, con notazioni specifiche,è la trasversalità che si articola attraverso le negazioni ole inclusioni che caratterizzano la linea. L’estrusione dellasezione può fondare una sequenza lineare, mentre risul-ta ineffettuale il tentativo di ribaltare il procedimento.

La lettura parziale del fiume, nel seguire il tracciatodescrittivo della sezione, registra le differenze e le tra-duce nel linguaggio omogeneo della rappresentazione,che le rende comparabili; tali scritture ci introduconoin una sorta di grammatologia della linearità, renden-done apprezzabili alcuni fatti distintivi e fondativi.

Lettura interpretativa del carattere degli argini (2).

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Alla sezione possiamo inoltre sovrapporre alcuni ope-ratori visivi che riportano il suo spazio virtuale e geo-metrico nell’ambito più strettamente fenomenologico.

Infatti il fiume induce ad una forma di percezionedinamica fortemente condizionata dalla posizione del-l’osservatore che, nel caso specifico, si sovrappone alparametro di mobilità regolato dal movimento del flui-do: un carattere apparentemente palese, ma ricco divalori positivi se interpretato come attributo che ricon-quista nella dinamicità e mutevolezza dell’acqua l’ele-mento capace di conferire nuova qualità ed identità ailuoghi. L’esperienza dinamica e prospettica del fiumeviene, così, registrata e tradotta in ideogrammi che siaccompagnano, esplicitandoli, ai caratteri percettivi pre-senti nella sezione stessa.

Quindi, nell’indagine condotta, il rapporto con illuogo, caratterizzato dalla presenza del fiume, si impo-ne come sostegno concettuale che travalica il senso diestraneità che oggi persiste tra fiume e quartieri.

Benché il Tevere trasmetta attualmente il senso dellanegazione, di margine che fisicamente impedisce un dia-logo, viene invece considerato un luogo strategico chesi mette in gioco nel tentativo di configurarsi come tiran-te urbano, riconvertibile ad una nuova logica di utiliz-zo per la collettività, e vivibile come concentrato di fun-zioni rilevanti sotto il profilo naturalistico e socio-cul-turale. (Fig. 7 e 8)

Settore Acilia-Dragona – Nuova Fiera di Roma: planovolumetricoLa struttura territoriale evidenzia la presenza estraniante del fiume,dal ruolo quasi di assenza urbana, che costringe gli edificati a noncongiungersi mai, a configurasi come due città parallele fra lorogenerate dagli assi di comunicazione territoriale (Via Ostiense el’autostrada Roma-Fiumicino).

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Programmi e strumenti per la trasformazione: 1860-2006Filippo Cerrini

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La riconquista del territorioFino alla metà dell’800 la zona è pressoché disabita-

ta, salvo sporadici nuclei di allevatori o carbonai; è palu-dosa e malarica a causa dei due stagni di Ostia e di Mac-carese. Tuttavia, già dai primi del secolo, il fiume ricopri-va un ruolo strategico nell’approvvigionamento di Roma,grazie ai porti di Ripa Grande, per le merci provenientidal Tirreno, e di Ripetta, per il commercio con l’altoLazio; inoltre dal ’28 al ’78 un servizio fluviale collegavaFiumicino e Orte. (Fig. 9)

La navigabilità era costantemente compromessa dall’in-stabilità del fiume e dai frequenti interramenti del canaledi Fiumicino, tanto che, con lo sviluppo delle strade ferra-te, il trasporto fluviale entra seriamente in crisi: la ferroviaRoma-Civitavecchia (1857) e il Ponte dell’Industria (1863),invalicabile ai grossi bastimenti, faranno dimezzare il traf-fico per Ripa Grande, mentre la linea ferroviaria Roma-Orte (1865) assorbirà quasi del tutto il traffico per Ripetta.Al 1870 l’unico tratto navigabile è quello tra Roma e il mare.

Con l’elezione di Roma a capitale, si pone il proble-ma della bonifica di quell’Agro mefitico. Ma fin qui gliobiettivi sono l’igiene dell’abitato e la difesa dalle inon-dazioni, piuttosto che la promozione produttiva dellecampagne. La pianificazione urbanistica rimaneva con-finata entro le mura Aureliane e mancava una politicaimprenditoriale di più ampie vedute, visto che i nuoviceti emergenti, burocrati o proprietari terrieri, si dimo-stravano ansiosi di lucrare con terreno e costruzioni nellacittà. Ma poi anche la bonifica finirà per configurarsicome impiego di denaro pubblico a beneficio della nobil-tà o della borghesia romane, che detenevano in possessoo enfiteusi le tenute di Risaro (Vitinia-Casal Bernocchi),Malafede, Monti di San Paolo e Ostia.

Mentre si moltiplicano i programmi per la navigabili-tà del Tevere, le istituzioni temporeggiano e i possibili

finanziatori preferiscono la speculazione edilizia. Solodopo la memorabile piena del ’70, verrà intrapresa la rea-lizzazione, a partire dal ’75, degli argini urbani progetta-ti dall’ingegnere Raffaele Canevari; i lavori saranno con-clusi i primi anni del ’900.

Nel 1883 arriva la prima legge per la bonifica di Ostia.Alla mezzanotte del 25 novembre 1884, giungono a Fiu-micino i 420 braccianti dell’Associazione Generale degliOperai Braccianti del Comune di Ravenna per intrapren-dere la bonifica, finalizzata stavolta alla trasformazioneagricola della regione. Dopo la rete di canali si passò allarealizzazione delle idrovore che, attivate il 16 dicembre’89, prosciugarono, in soli 12 giorni, più di 1.700 ettaridi acquitrino. L’innalzamento degli argini del fiume avreb-be poi scongiurato un nuovo impaludamento dei suoli.1

Da qui, i ravennati e altri agricoltori venuti dalle monta-gne iniziano a colonizzare l’area bonificata, con il siste-ma insediativo dei casali che ancora oggi si riconosce nel-l’area di Capo Due Rami. Il 1° luglio del ’93 si registra ilprimo raccolto.

Roma marittima, Roma industrialeLa riconquista della vallata avrebbe ben presto dato

nuovo slancio al mito, mai sopito, di ricongiungere Romaal proprio mare.

Dal ’75 vengono elaborati diversi e ambiziosi proget-ti sulla navigabilità del fiume e per abbassare il livello dipiena in città; si inizia a parlare di nuovi tracciati naviga-bili alternativi all’alveo naturale e di un porto marittimoper la capitale, da realizzare ex novo, presso Fiumicino oCastel Fusano, o ricostruendo gli antichi bacini di Clau-dio e di Traiano. A queste proposte si affiancavano, intan-to, i primi progetti per una ferrovia tra Roma e il litorale.

Eppure, con la realizzazione dei muraglioni la naviga-bilità nel tratto urbano inizia a peggiorare: l’ampliamen-

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to dell’alveo portava infatti ad un abbassamento dei livel-li di magra e l’innalzamento dei lungotevere rendeva com-plicato l’accesso alle banchine di Ripa Grande. In effet-ti, lo stesso Canevari aveva proposto lo spostamento deidue porti fluviali, uno a monte di Ponte Milvio e l’altronei pressi di San Paolo, dove il piano regolatore del ‘73collocava una nuova zona industriale. Nel ’89 Ripettaviene spostato a monte del Ponte Margherita mentre RipaGrande continuerà a funzionare ancora per alcuni anni.Ulteriore colpo al traffico fluviale era stato intanto infer-to dal nuovissimo tronco Ponte Galeria-Fiumicno (1878)sulla ferrovia per Civitavecchia.

Proprio in questi anni, il sogno della ‘Roma la mare’si fondeva con quello della ‘Roma industriale’ grazie all’in-gegnere Paolo Orlando che, negli anni 1878-87 elaborae perfeziona un mastodontico progetto: estendere la zonaindustriale di San Paolo fino al mare lungo la via Ostien-se e creare un grande porto marittimo a Castel Fusano,collegato attraverso un canale di navigazione di 25 km adun porto fluviale presso San Paolo.

Mentre sembra prendere consistenza l’idea del portomarittimo e si vagliano nuove proposte per il ripristinodella navigazione verso l’alto Lazio, Orlando fonda, nel1904, il Comitato Pro Roma Marittima2, promotore delprogetto già descritto, ampliato ora con il prolungamen-to della via Ostiense da Ostia Antica fino al mare, la rea-lizzazione della ferrovia per il lido a supporto alle attivi-tà produttive, e il recupero dell’arenile demaniale tra lafoce del Tevere e Castel Fusano3, ove fondare un nuovoquartiere litoraneo.

Con la costituzione del Comitato, l’area di San Paoloconosce un discreto sviluppo industriale e si progetta,proprio in questi anni, il nuovo porto fluviale a valle delPonte dell’Industria, dopo che la costruzione di un secon-do ponte ferroviario sul tronco tra Termini e Trastevere,affiancato al precedente, avrebbe definitivamente resoinaccessibile il porto di Ripa Grande.

Il 1907 sembra sancire il decollo del sogno di Orlan-do. Il 5 marzo lo Stato cede al Comune la fascia costierarecentemente acquisita, compresa tra Fiumara e il Cana-

le di Fusano, su cui dovrà sorgere la nuova borgata. Il 5maggio viene inaugurato il Viale del Comitato, prolun-gamento della via Ostiense iniziato nel 1905. L’11 lugliosono dichiarate di pubblica utilità4 tutte le aree interes-sate dal progetto del Comitato. Infine, il 25 novembre siinsedia il nuovo sindaco Ernesto Nathan Rogers.

La nuova amministrazione (1907-12) recepisce il pro-gramma del Comitato, nonostante il diffuso timore di unamassiccia concentrazione operaia nella capitale politica,nonostante l’opposizione degli industriali del Nord Ita-lia e con tutte cautele che imponeva un programma pro-mosso da un Paolo Orlando divenuto consigliere di oppo-sizione. La legge n. 116/085 e il Piano Regolatore del ’09destinano allo sviluppo industriale e commerciale tuttoil territorio lungo il Tevere, da San Paolo al nascituroporto marittimo. Per la realizzazione di Ostia Nuova veni-va espropriato il nastro di terra profondo 500 m adiacen-te a quello già ceduta dallo Stato; altri espropri investi-vano il sito del futuro porto marittimo, il tracciato delcanale di navigazione e la fascia larga 850 m a cavallo dellavia Ostiense, necessaria alla trasformazione di questa inarteria di grande traffico, alla realizzazione della ferroviaper il lido, a nuovi insediamenti industriali e a nuovi vil-laggi per i lavoratori sulla zona collinare dei Monti di SanPaolo.

L’illuminato Nathan intendeva proiettare Roma versol’autonomia economica, attraverso un programma terri-toriale di espansione-decentramento che, cogliendo i frut-ti della bonifica, contemplava sviluppo urbano e indu-striale, attraverso quello che oggi chiameremmo un soli-do ‘sistema della mobilità’ (stradale-ferroviaria-fluviale).

La giunta si mette subito a lavoro, procedendo agliespropri. Le prime attuazioni del programma sono nel-l’area industriale urbana; tra queste, il porto Fluviale èconcluso nel ’12. Fuori dalla città, mentre procede la boni-fica e inizia la sistemazione della via Ostiense, si moltipli-cano le case coloniche nelle tenute dei Benfenati, Aldo-brandini e Colonna.

Intanto nel ’09 il Comitato redige un piano regolato-re di Ostia Nuova e viene siglata una prima convenzione

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per la costruzione della ferrovia; ma il progetto si arenaimmediatamente. Nel ’10 Nathan fonda l’Ufficio Anno-na e Agro Romano preposto alla colonizzazione agricoladei territori esterni alla cinta daziaria, attraverso la fon-dazione di borgate rurali: la prima sorge, appunto, suiMonti di San Paolo nel ’136: 48 abitazioni unifamiliari,che diverranno poi 73, su poderi di mezzo ettaro. La bor-gata era dotata di piccole strutture produttive e dei ser-vizi comuni e si strutturava sul quel tridente, con asse nel-l’attuale via di Acilia, visibile ancora oggi sulla sinistradella via Ostiense. Si trattava, insomma, di un centro dipopolazione del tipo che sarebbe stato millantato comenovità, molti anni dopo, nelle Paludi Pontine; ossia qual-cosa di diverso da una borgata rurale come concepita finoad allora, e più vicino, invece, alla nuova idea di città-giardino verso il mare abbracciata da Giovannoni pro-prio in quegli anni: una visione dinamica del tessuto urba-no che può distendersi nella campagna attraverso inse-diamenti estensivi grazie alle nuove potenzialità dei mezzidi trasporto.

Ma il decollo dell’area industriale suburbana aveva leali tarpate. In primo luogo, l’edilizia in città assorbivagran parte dei capitali imprenditoriali; mancava inoltreun mercato per l’industria romana. Infine, una legge del’10, svincolando dall’esproprio ai fini industriali i terre-ni oggetto di bonifica, rendeva doppio il tornaconto deilatifondisti nel bonificare i propri possedimenti, a spesedello Stato, per non incorrere nell’esproprio. Nel ’12 ilComitato chiede l’autorizzazione a costruire il portomarittimo ma la otterrà dopo cinque anni. Nel ’14, conOrlando Assessore all’Agro, il Comune incarica l’Asso-ciazione tra i Cultori dell’Architettura di un nuovo pianoregolatore per Osta Mare, da concepire «come quartie-re residenziale e centro balneare […] indipendentemen-te dalle funzioni discusse per il porto». Il piano sarà con-cluso nel ‘16 e verrà preferito a quello del Comitato. Sonochiari i sintomi della crisi di Roma industriale.

Con lo scoppio della guerra si riaccende la questionedell’approvvigionamento della città, riportando a galla laquestione della navigabilità del Tevere. Nel ’16, il Gover-

no approva la realizzazione della ferrovia Roma-Lido mai lavori si interrompono immediatamente per gli eventibellici. Lo stesso anno la borgata dei Monti di San Paoloè requisita dall’esercito per alloggiarvi i prigionieri austria-ci, i quali verranno impiegati, dal ’17, per riprendere lacostruzione della linea ferroviaria. Lo stesso anno, Gio-vannoni progetta il nuovo porto fluviale a San Paolo,secondo il piano del Comitato e giunge, finalmente, l’ap-provazione del porto marittimo; ma il finanziamento e laconcessione per la costruzione giungeranno nel ’18, assie-me alla dichiarazione di pubblica utilità delle opere neces-sarie alla realizzazione della zona industriale annessa edel quartiere suburbano. Tuttavia la questione era ormaifumosa e l’inizio dei lavori veniva rimandato di un anno.

Nel ’19 lo SMIR, l’ente morale per lo Sviluppo Marit-timo e Industriale di Roma nato nel ’14 in seno al Comi-tato, è riconosciuto ente autonomo e diventa l’esecutoreufficiale del progetto di Orlando. Riprendono i lavoridella ferrovia, nuovamente interrotti, ma l’attuazione delprogramma non sarebbe proseguita nel senso auspicato.I lavori della darsena marittima iniziano il 29 giugno 1920,quando già non si parla più del porto a San Paolo; la fer-rovia avanza a rilento e il 30 aprile 1921 avviene la con-giunzione dei due tronchi presso la stazione di Risaro(Vitinia). Mancano ancora le stazioni terminali, il secon-do binario e l’elettrificazione, ma il 12 novembre Orlan-do si appresta a inaugurarla con un treno a vapore. Nelnovembre del ‘22 vengono sospesi i lavori del porto, uffi-cialmente a causa di difficoltà finanziarie e del timore diuna pericolosa concorrenza con i porti di Napoli e Civi-tavecchia; più verosimilmente, a causa dell’opposizionedi determinati ambienti economici e del senato.

In altre parole il Regime non avrebbe fatto proprio ilprogetto di Orlando, concentrandosi, invece, su operepiù atte a impressionare il giudizio popolare. Così, al 1923l’attività dello SMIR si era concretizzata nella ferrovia,nella campagna di espropri lungo il Tevere, nell’area indu-striale di San Paolo – con la costruzione di strade e snodiferroviari cui erano seguiti nuovi impianti produttivi equartieri di abitazione – e, infine, nella bonifica del lito-

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rale con l’avvio dell’urbanizzazione di Ostia Nuova. Manulla si era riusciti ad attuare riguardo al porto maritti-mo, al nuovo porto fluviale e alla zona industriale subur-bana, come lo stesso SMIR denunciava apertamente; forsetroppo apertamente, tanto che l’ente viene sciolto pro-prio in quell’anno.

Svaniva ogni interesse per la navigabilità del Tevere,che rimaneva percorribile solo con modeste imbarcazio-ni, dal porto-canale di Fiumicino al vecchio porticciolodi San Paolo, poiché il collegamento stradale tra Roma eil lido era stato potenziato e la ferrovia stava per essereconclusa.

Il tramonto dell’area industriale tranquillizzava la pro-prietà latifondista, strenuamente ancorata alla certezzadelle rendite agricole, in un momento in cui la specula-zione edilizia si limitava ancora alle sole aree urbane. Conla bonifica, la vittoria sulla malaria, le nuove tecniche dicoltivazione e con il progressivo passaggio dei terreni dallanobiltà alla borghesia imprenditoriale, si registra addirit-tura un rilancio della produzione nell’Agro, che quindiconferma sempre più la sua vocazione agricola

Dal canto suo, Ostia Nuova si stava configurandocome il primo esperimento di decentramento residenzia-le di una città che conquistava, sì, il suo mare, ma a favo-re dei bagnanti domenicali. Parallelamente, il Borgo Aci-

lia7, che fino al ’21 conta 76 famiglie, inizia ad essere cir-condata da altri piccoli insediamenti. Se consideriamoche, nel frattempo, la zona industriale a San Paolo erafinita nelle mani degli speculatori e stava diventando unazona di espansione residenziale, possiamo presagire loscenario futuro.

Si stava affermando la tendenza a mantenere Roma,sede e rappresentazione del nuovo potere, un centro diconsumo, e ad emarginare le classi subalterne in borga-te remote, lontane dalla vita della città borghese.8 Cosìnel ‘24, mentre il centro di Roma risorge sotto i colpi delpiccone risanatore, viene fondata la borgata fascista diAcilia come ampliamento della borgata del ’13 e vi ven-gono deportati gli abitanti delle zone sventrate del Forodi Cesare e di Traiano.

Il 10 agosto 1924 viene ufficialmente inaugurata la fer-rovia Roma-Lido, ancora a vapore e a singolo binario. Ilcompletamento avviene nel ’25, anno in cui si ventilal’ipotesi di una autostrada per Ostia e prende il via labonifica di Maccarese.9 Nel ‘26 è inaugurato e l’idrosca-lo Carlo del Prete, sulla riva sinistra di Fiumara, in un’areada tempo espropriata per la vecchia zona industriale. Dal‘30 il neonato consorzio ‘Valle Sinistra del Tevere’ intra-prenderà la realizzazione di impianti di irrigazione conle acque del fiume.

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Il piano dello SMIR per la zona industriale tra Roma e il mare (1919). Assieme al canale navigabile tra porto marittimo a Castel Fusano e portofluviale a San Paolo, erano previsti tre drizzagni sul Tevere, a Pian due Torri, a Mezzocammino-Tor di Valle e a Dragoncello.

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La terza Roma di Mussolini è ormai polo di attrazio-ne per un crescente flusso di immigranti, smistato poiverso le borgate; la loro densità abitativa cresce, tanto dacostringere l’amministrazione a provvedere ai servizi pri-mari. Questo innesca il fenomeno speculativo sulle areelimitrofe, valorizzate dai servizi che la borgata vi ha fattoarrivare, ove compaiono urbanizzazioni improvvisateanche su terreni non edificabili. Il reticolo formato daborgate, lottizzazioni abusive, maglia stradale indifferen-ziata e sistema dei casali agricoli fornisce il supporto perla saturazione edilizia dei territori, che si trasformano inquartieri di pendolari, spesso con la totale sostituzionedella popolazione agricola.

Con l’istituzione del Governatorato (1925) sembragiunto il tempo di provvedere ad un programma coordi-nato di espansione della città per decongestionare il cen-tro storico e per arrestare la proliferazione dei nucleispontanei nell’Agro. Ne consegue l’apertura di un dibat-tito che produrrà una serie di proposte.

In aderenza ad una tendenza ormai in atto, Piacenti-ni avanza la proposta di un’espansione urbana verso este i Colli Albani, ripresa nella mai approvata Variante del‘25-’26 al piano del 1909. Per contro, l’apertura, nel ‘28,della via del Mare – l’autostrada per Ostia – non fa cheincrementare lo sviluppo di Acilia, ove l’accanita doman-da di terreni porta al frazionamento dei latifondi e allaprogressiva cancellazione del panorama rurale. Lo stes-so anno, riprendendo le parole di Mussolini, Virgilio Testariaffaccia l’ipotesi di una espansione al mare individuan-do l’Ostiense come asse portante. Il medesimo tema è poirielaborato entusiasticamente dall’Istituto di Studi Roma-ni e dal Gruppo Urbanisti Romani che, in una propostadi piano regolatore, contemplerà l’opportunità di unaduplice espansione verso i Colli e verso Mare.

Ma a questo punto l’aspirazione al mare avrà un carat-tere tutto nuovo. Lo SMIR è disciolto, l’espansione di cuisi parla è residenziale e sta innescano specifiche mire suldemanio un tempo gestito dall’ente, che si palesano quan-do il Duce ne chiede la cessione dallo Stato al Comune.Lo sviluppo di Ostia Nuova, unico investimento fruttuo-

so fino ad allora, è tanto rapido da suggerire consistentiampliamenti proprio verso Castel Fusano, sull’area delvecchio porto. Il trasporto fluviale sopravvive ormai gra-zie a modestissimi interventi di dragaggio dei fondali econosce persino un piccolo incremento negli anni ’30 seb-bene, con il progredire della bonifica, il prelievo d’acquaa fini irrigui minasse la navigabilità e la concorrenza dellanuova via del Mare e della ferrovia Civitavecchia-Orte(1928) fosse schiacciante.

Il Piano Regolatore del ’31 interviene congelare ildibattito sull’espansione dell’Urbe. Abbandonata la visio-ne a scala territoriale della questione, limitava la pianifi-cazione ai soli suoli urbanizzati, sancendo la separazionetra la città ufficiale del piano e quella illegale al di fuori.Tra le numerose critiche alla crescita a macchia d’olio cheavrebbe prodotto, nel ’35 Giovannoni10 tornerà sulla pro-posta della città lineare lungo direttrice Ostiense, figura-ta come una sequenza di centri abitati autosufficienti ilcui primo esempio era, appunto, «la modesta borgataembrionale di Acilia». Mentre il dibattito sembra trarrenuovi spunti da questa proposta, l’avida imprenditoriaedilizia romana, da sempre capace di plagiare la pianifi-cazione urbanistica, registra un’importante vittoria con-tro il Piano: la delibera comunale del ’35 che, identifican-do determinati ‘Nuclei edilizi’ esterni al Piano ma pree-sistenti alla sua adozione, ne dichiarava edificabili i ter-ritori limitrofi. Acilia era tra quei nuclei. Mentre i priva-ti si accaparrano i terreni circostanti, nel ’40, sul latodestro della via Ostiense, nasce il borgo ‘Casette Pater’11

per famiglie bisognose di alloggio: 150 abitazioni unifa-miliari, che saliranno presto a 286, su lotti di 1000 mq. Ilcarattere estremamente povero delle costruzioni e la lorodensità sono sintomo della nuova concezione della bor-gata. Malgrado ciò, la retorica del regime – basti consi-derare che l’inaugurazione avviene il 21 aprile, il giornodel Natale di Roma! – celebra Acilia come «una ridentecontrada nella sua profumata distesa di orti e di aiuole,di semplici ma confortevoli case baciate dalla brezza sal-mastra del mare di Roma» che perpetuava «l’antichissi-ma tradizione della nascita dell’Urbe». La proposta di

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Giovannoni diventava una demagogica giustificazionealle borgate «edilizio-agricole» – borgate degli espulsi,diremmo noi – sull’asse Roma-Lido.

Intanto, nel ‘35 l’Ufficio Speciale del Genio Civile peril Tevere e l’Agro Romano programmava la regolarizza-zione dell’alveo del fiume a valle di Roma con il taglio deimeandri negli stessi punti già individuati dallo SMIR, ela sistemazione del porto di Fiumicino con lo sbarramen-to di Fiumara Grande. I lavori avrebbero favorito lo smal-timento delle piene e portato i fondali a 3 m. Ma ora per-sino gli ambienti economici e industriali riconoscevanonel Tevere una via di comunicazione troppo costosa, eappoggiavano esclusivamente i lavori sul canale di Fiu-micino per renderlo definitivamente il capolinea del tra-sporto marittimo verso la capitale.

Vista la necessità di un nuovo aero-idroscalo allaMagliana Vecchia che sostituisse il sottodimensionatoCarlo Del Prete, nel marzo del ’37 viene intrapreso il driz-zagno di Spinaceto-Mezzocammino, stralciato dal pro-getto del ‘35. I lavori si interrompono di lì a breve, peruna nuova rovinosa piena che rimetteva seriamente indiscussione l’utilizzo del fiume. Quindi nel ‘38 il Consi-glio Superiore dei LL PP studia un nuovo piano controle inondazioni e conclude di subordinare definitivamen-te la navigabilità al problema della sicurezza: completa-re il drizzagno dell’idroscalo (1940), allargare l’alveo avalle di Roma ma abbandonare il resto del progetto.

L’esito degli interventi fu l’aumento della corrente delfiume e la riduzione drastica dei fondali, tanto da far spa-rire immediatamente anche la navigazione tra Roma e ilmare e far cadere in disuso il porto di San Paolo; quellodi Fiumicino sarebbe stato gravemente danneggiato, dilì a poco, dagli eventi bellici.

La Roma al Mare di Mussolini e l’E42La novità della proposta di Giovannoni risiedeva nel-

l’aver individuato l’esigenza di un volano nell’espansio-ne della città verso il mare: un quartiere per le grandiesposizioni, localizzato nei pressi della Basilica di SanPaolo. La proposta contemplava, inoltre, una ‘succursa-

le di arroccamento’, una nuova arteria a sud dell’Ostien-se, a margine della fascia di espansione. Tutto sembraintrodurre all’evento che avrebbe segnato le sorti del ter-ritorio. Infatti, dal ‘36 si affaccia l’ipotesi che l’Urbe possaospitare l’Esposizione Universale del ’41: «strade versoil mare, centri abitati verso il mare, ed edifici che, se ospi-teranno domani l’Esposizione, potranno in un secondotempo essere devoluti ad altri compiti: e solo così nonsarà lontano il giorno in cui non vi sarà più soluzione dicontinuità tra Roma e il Tirreno».12 Ma il programma delregime, lo capiamo, aveva il fondamento meramente ideo-logico di celebrare, con la parallela espansione verso iCastelli Romani, le glorie di una Capitale Imperiale este-sa «dai colli al mare».

Nel ’37 si concretizza l’ipotesi dell’E41, ormai E42.La scelta dell’area alle Tre Fontane, in quel vuoto dere-golato esterno al piano regolatore, ancorché legata a ragio-ni di natura speculativa, era ufficialmente giustificata dal-l’amenità del sito, dalla vicinanza dall’area balneare piùpopolata e ricca d’Italia, dalla presenza del Tevere, via dicomunicazione «economica e suggestiva non ancora valo-rizzata a dovere», e degli scavi di Ostia, documentazio-ne della grandiosità di Roma; ma anche dalla ecceziona-le dotazione di infrastrutture ereditate dalla precedentepianificazione. Ed è subito pronto l’ambizioso piano diespansione: un’espansione definitivamente residenzialedi nuclei edilizi e borgate rurali tra la via Ostiense e lanuova via Imperiale (la succursale di arroccamento) contestate nel quartiere dell’esposizione e nel quartiere marit-timo di Ostia. Si noti che adesso, ad eccezione fatta perl’area di Acilia, il limite settentrionale della fascia di espan-sione è l’Ostiense e non più il Tevere e che, come nei pro-getti dello SMIR, l’area di Capo due Rami è esclusa daogni previsione. Intanto, il rinnovato slancio della ‘Romaal mare’ produce la concentrazione delle proprietà nellemani di un lungimirante oligopolio di costruttori e fami-glie patrizie, anticipando quello che sarà il meccanismodella crescita urbana di Roma nel dopoguerra.

Nel ’39 il quartiere dell’esposizione, la seconda via delmare, il nuovo aero-idroscalo previsto proprio l’evento

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del ‘42, la questione del saldamento con il centro e la codadi espansione verso il mare vengono compendiati in unvero e proprio piano regolatore: una coda di cometa inner-vata sulla via Imperiale che, da succursale, si trasformanel cardo dell’Esposizione nonché nell’asse del saldamen-to con Roma; sul suo tracciato, tra l’E42 e il lido, sorge-ranno zone residenziali di tipo signorile, contro le resi-denze di tipo medio ed economico previste lungo tuttala via Ostiense. Ciò stabiliva una evidente distinzione neltenore delle future espansioni lungo la vecchia e la nuovaautostrada per il mare: la realizzazione di quella che oggichiameremmo una nuova centralità aveva trasferito l’at-tenzione sull’asse della nuova via Imperiale, facendo vira-re verso sud la coda di cometa di Orlando.

Nell’ottobre 1937 il Duce dà il via agli sbancamentialle Tre Fontane; il 21 aprile 1938 inaugura il cantieredella via Imperiale al Circo Massimo; nell’agosto 1940 èinaugurato il drizzagno per il nuovo aero-idroscalo, maquest’ultimo non verrà realizzato; attraverso l’ansa pro-sciugata oggi corre il GRA.

L’operazione E42 aveva messo in discussione il Pianodel ‘31 ed ebbe un seguito nella Variante generale del ’41-’42, o Piano del Ventennale, che recepì in toto la coda di

cometa. Nonostante una legge del ’41 collocasse sulla viaTiburtina il principale polo industriale, la Variante neintroduceva uno minore a Capo due Rami. Il polo Tibur-tino lo ritroveremo nel piano del ‘62, quello di Ostiamuore qui: l’istituzione della Cassa per il Mezzogiornoalle porte di Roma e l’industrializzazione dell’asse Roma-Latina comporteranno, infatti, lo spostamento degli inve-stimenti verso quei territori – ancora verso sud! –, per-petuando la tendenza a non industrializzare la Capitale.

Dal secondo dopoguerra al Piano ‘62Del Piano del Ventennale si perse ogni traccia anco-

ra prima dell’approvazione ministeriale, probabilmentegrazie all’opposizione della grande proprietà fondiariainvestita dagli espropri. E con quel piano tramonta la sta-gione dei grandiosi programmi ufficiali sulla valle bassadel Tevere. Il Piano in vigore dopo la guerra è ancoraquello del ‘31 e la nostra area torna ad essere un lembodell’Agro deregolato.

Nel ’46 il Comune commissiona una revisione delPiano, vista la sua imminente scadenza13, con l’orienta-mento di ridimensionare decisamente le ipotesi di espan-sione verso il mare a vantaggio della direttrice orientale.

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Planimetria della zona di espansione di Roma al mare e della zona destinata alla Esposizione Universale 1941-42 (1937). Il territorio è attraver-sato dalla via Imperiale, che giunge al litorale esattamente dove Orlando aveva voluto il porto. Nella planimetria sono riportati i tre drizzagnidel progetto dell’Ufficio Speciale, già previsti dallo SMIR, e in nuovo aero-idroscalo alla Magliana Vecchia, sulla riva destra.

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Ma nel ’49 è nuovamente l’iniziativa pubblica ad inter-venire ad Acilia con la costruzione del Villaggio San Fran-cesco per i senza tetto14: 100 case quadrifamiliari con ortodi 250 mq, una chiesa, una scuola e un mercato. Nel ’50inizia la costruzione del quartiere convenzionato di Viti-nia, attestato anch’esso sulla via del Mare. Nel ’52 l’ICPè incaricato di costruire, presso Acilia, abitazioni per iprofughi istriani15, mentre si sta lavorando alla riqualifi-cazione e all’ampliamento del borghetto Pater. Tra il ’57e il ’59 verrà realizzato il quartiere INA-Casa Casal Ber-nocchi, ulteriore ampliamento di Acilia.

Parallelamente la via dell’Impero, ormai via Cristofo-ro Colombo, riprende il suo più nobile sviluppo. Il quar-tiere dell’EUR, nuova denominazione dell’E42, sebbeneincompleto e in cerca di una nuova definizione, torna sog-getto forte nella vicenda urbanistica a partire dal ’51 quan-do, con Virgilio Testa, l’Ente EUR comincia a vendere ipreziosissimi terreni attorno ai cantieri per finanziarne lariapertura: gli edifici dell’Esposizione sarebbero diven-

tati sedi scientifiche, amministrative, culturali, espositi-ve, congressuali e fieristiche. Sempre nel ‘51 la via Colom-bo è completata nel tratto Roma-EUR e, nel ’54, finoall’agognato litorale. Abbandonata dal ‘47 l’impresa allaMagliana Vecchia, si inizia a pensare ad un nuovo aero-porto a Fiumicino. Si arrestano invece le opere di rego-larizzazione e manutenzione sull’alveo del Tevere.

A seguito delle transazioni fondiarie promosse daTesta, e grazie a quel sistema di mobilità sempre più com-pleto, dal ‘51, prende il via l’urbanizzazione della tenutadi Palocco-Malafede (acquistata con prontezza dallaSocietà Generale Immobiliare già nel ’37): dapprima concase economiche e via via con case di tono superiore, perconcludersi tra il ’61 e il ’75, con il lussuoso quartiere resi-denziale.

Dunque, mentre Roma si avvia verso un nuovo pianoregolatore, la coda di cometa si sta attuando, proprio sullabase dei programmi precedenti e del piano ombra delVentennale. Acilia passa dai 178 abitanti del ‘21 agli

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La “Coda di Cometa” dello schema di Piano regolatore della zona da Roma al Mare (E. Fuselli, L. Piccinato, C. Valle, 1938): zone residenzia-li di tipo medio ed economico lungo la via Ostiense fino ad Acilia; una vasta zona agricola a Capo due Rami; una vera espansione urbana attor-no all’E42, seguita da zone a ville e poderi lungo la via Imperiale la quale assume finalmente il tracciato definitivo.

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11.000 degli anni ’50. Il propellente non è più neancheideologico; è la speculazione privata che trova qui dellevalide teste di ponte: nell’EUR, ma anche nel nucleo diAcilia che, si noti, continua a crescere per iniziativa pub-blica; infine nell’efficiente rete di comunicazioni, che dal’55 verrà potenziata con la metropolitana Termini-EUR.Ulteriore contributo viene dagli interventi privati auto-legittimati dall’istituto della convenzione quali, in picco-

la parte, Vitinia e, in special modo, Casal Palocco-AXA.A tutto ciò si aggiungono le lottizzazioni abusive a mar-gine di quelle legali, per giungere progressivamente allasaturazione edilizia del territorio.

Dunque, è ormai l’oligopolio dei proprietari a traina-re la pianificazione futura. E, quando dal ‘51 si inizia alavorare per il nuovo piano regolatore, le direttive delleGiunta auspicano l’espansione verso i Castelli Romani

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Il Piano Regolatore del 1962. La coda di cometa si dilata verso sud. L’area di Capo due Rami è definitivamente congelata come Agro RomanoVincolato mentre gli argini del fiume sono identificati come parco pubblico, innescando da subito una serie di riflessioni sull’istituzione del“Parco Tevere-Sud” quale elemento chiave di connessione tra il sistema dei parchi costieri e quello dei parchi più propriamente urbani.

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ma, ancora e comunque, verso il mare. Il processo di ela-borazione del nuovo piano sarà caratterizzato da una certaconfusione tra i due indirizzi. E proprio mentre si inizia-va a parlare dell’Asse Attrezzato, strumento del ribalta-mento verso est dell’espansione, la politica di Testa e lametropolitana dell’EUR riportavano l’attenzione di pia-nificatori e speculatori sulla vecchia coda di cometa.

Il nuovo piano è adottato nel ’62 e sarà un compro-messo tra le due posizioni. L’espansione urbana verso icolli è strutturata sull’Asse attrezzato, che non ribalta masi innesta sulla via Colombo, riconfermata direttrice diespansione verso il mare. Aree per attrezzature e indu-stria, servite dall’autostrada per il nuovo aeroporto di Fiu-micino, compaiono sulla riva destra del Tevere. Una ulte-riore novità è data dalla collocazione nella pianura Pon-tina, in aree della Cassa per il Mezzogiorno, di una vastis-sima area industriale che attira a sé una consistente espan-sione residenziale in territori mai considerati fino ad ora:l’esito del compromesso è la coda di cometa virata nuo-vamente verso sud.

In ogni caso, l’EUR conosceva nuovi fasti con le opereper le Olimpiadi del ’60 e nel ’61 veniva aperto l’aero-porto di Fiumicino; dal ’67 sarà servito con l’autostradae solo dal ’90, per i Campionati mondiali di calcio, da untronco ferroviario che giunge direttamente al terminal:infrastrutture, queste, che contribuiranno allo sviluppoodierno della sponda destra del Tevere, dimenticata daun secolo di pianificazione.

Nel febbraio ’64 viene elaborato il primo Peep inattuazione della L. 167/62 che, in accordo con le previ-sioni del PRG, colloca nella nostra area tre interventi:Acilia, Palocco e Ostia Antica.

Quaranta anni, verso il NPRGMa il PRG entra in crisi già prima della sua approva-

zione.16 La mancata attuazione dei tre Piani di Zona lasciail campo all’iniziativa privata, legale e più spesso abusiva,che si consolida via via in un tessuto edilizio, fitto e senzarespiro, composto da nuclei dormitorio dipendenti in tuttoda Roma e, quindi, dalla vecchia e sempre più congestio-

nata arteria dello SMIR. L’Asse Attrezzato-SDO, è lette-ra morta, perché privo di un’adeguata rete infrastruttura-le. Così il proliferare – programmato o meno – di nume-rose aree terziarie e direzionali nel settore sud occidenta-le17 della città fornirà ulteriore impulso all’espansioneverso il mare, fino ai giorni nostri. Quando nell’82 vengo-no perimetrale le Zone ‘O’ (Nuclei spontaneamente sorti),qui ne conteremo numerose; e tra queste le tre zone vin-colate dal Peep.

A partire dagli anni ‘90 Roma guarda al nuovo pianoregolatore. Ormai, vista la stabilità demografica, non siparla più di espansione quanto di ristrutturazione del tes-suto esistente, alla luce di un modello policentrico emetropolitano. Gli strumenti sono quelle ‘centralità’ chea suo tempo Giovannoni aveva visto nell’E42. Nel ’96viene perimetrato il Parco del litorale romano, che oracomprende anche il parco Tevere-Sud, ampliato a nordfino all’autostrada per Fiumicino e a sud fino ai marginidell’abitato.

In una visione metropolitana fondata su un efficacesistema della mobilità, l’area tra il GRA e Capo due Ramitorna ad assumere un importante potenziale, grazie anchealla realizzazione della Ferrovia Metropolitana FM1 Mon-terotondo-Fiumicino per il Giubileo del 2000 e al poten-ziamento della vecchia Roma-Lido; tanto che la pianifi-cazione localizzerà proprio nelle aree libere tra l’Ostien-se e la Colombo ben cinque nuovi Piani di Zona, oltre alPiano di Recupero Urbano di Acilia.

Il potenziamento del fascio infrastrutturale per l’ae-roporto diventa quindi supporto per nuovi insediamen-ti prevalentemente terziari sulla riva destra del Tevere:Commercity e la Nuova Fiera di Roma, sulle previsionidel vecchio piano, e, poco più a valle, il quartiere-centrocommerciale di Parco Lenardo. Vecchi e nuovi tessutiinsediativi, pur nella loro profonda diversità, e pur vol-gendo tutti le spalle al Tevere, finiscono per conferire alfiume, e al suo Parco, una posizione centrale rispetto aduna nuova coda di cometa,

Non sono mancati, negli ultimi decenni, progetti dirivalutazione del fiume, a partire dallo Studio di navi-

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gabilità del Tevere dell’8418 che prevedeva la valorizza-zione del fiume per il turismo e il tempo libero, rilan-ciando inoltre il trasporto fluviale come valida alterna-tiva al trasporto terrestre.

Seguiva a questa, nell’87, il progetto Ideatevere19,più ambizioso del primo che, oltre al risanamento igie-nico del fiume e al ripristino della navigazione, preve-deva una rete di canali per connettere sull’acqua il nasci-turo porto turistico di Ostia, l’aeroporto di Fiumicino,i siti archeologici del porto di Claudio-Traiano, di OstiaAntica e di Ficana, con il centro.

Nel ’92 è redatto uno studio di fattibilità per la navi-gazione da Castel Giubileo alla foce20 che propone lacreazione di due linee fluviali; una urbana fino allaMagliana e una più rapida fino al lido. Dopo un anacro-nistico progetto del ’96 per la navigazione commercia-le tra Fiumicino e Orte, nel 2003 partono un serviziourbano di linea, oggi sospeso, e due turistici, nei trattiPonte Duca d’Aosta-Isola Tiberina e Ponte Marconi-Ostia Antica.

I Monti di San Paolo (Volo SARA-Nistri, 1969).

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L’ultimo piano regolatore: gli scenari futuriNel 2003 Roma adotta il nuovo piano regolatore che,

con la realizzazione della centralità urbana di Acilia-Madonnetta, intende conferire a quella coda di cometauna precisa identità. Inoltre, il nuovo ponte di Dragona,all’altezza della nuova Fiera, metterà in rete la centralitàurbana con quella metropolitana di Magliana-Fiumicino,sanando quella spaccatura tra le due città a cavallo del

Tevere.Il settore occidentale della città assumerà allora un

ruolo strategico, vista la consistente presenza di risorse:le nuove centralità (Acilia-Madonnetta, Fiumicino-Magliana, Alitalia-Magliana, EUR-Castellaccio), quellaconsolidata dell’EUR, l’aeroporto intercontinentale, ilporto turistico di Ostia (1999), quello di Fiumicino, lacentralità di Parco de’ Medici, la nuova Fiera; si aggiun-

Sintesi del Nuovo Piano Regolatore del 2003: “Roma verso il mare. La nuova infrasrutturazione verso l’aeroporto e verso il mare”.

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ga la straordinaria vocazione ambientale (Parco del Lito-rale-Parco Tevere Sud, tenuta di Castel Porziano, tenutaagricola di Maccarese) e la significativa presenza di beniarcheologici (Ostia Antica, i porti di Claudio e Traiano,Ficana); infine il sistema della mobilità (GRA, autostra-da Roma-Fiumicino, via del Mare, via Cristoforo Colom-bo, ferrovia FM1, ferrovia Roma-Lido, metropolitana del-l’EUR) da integrare con collegamenti trasversali sia viari(a Dragona ma anche tra Ostia e Fiumicino) sia ferrovia-ri (è recentissimo il progetto di una diramazione dellaRoma-Lido che da Dragona scavalchi il Tevere per unir-si alla FM1). Le polarità vecchie e nuove fanno, oggi, dellavecchia coda di cometa un Corridoio Metropolitano Attrez-zato in grado di diventare un vero e proprio DistrettoInternazionale di Roma, tale da portare la nostra al livel-lo delle altre capitali europee. E ci piace riconoscere inquesta idea le mille tracce di una pianificazione che affon-da le radici in un passato remoto; le tracce dell’utopia diOrlando, di Nathan, del Regime, che sovrapponendosi,intralciandosi o integrandosi, riescono finalmente oggiad acquisire un rinnovato significato, diventando gli ele-menti di sostegno per una definitiva qualificazione diquella vituperata coda di città.

NOTE

1 Nella piazza Umberto I, a Ostia Antica, troviamo ancora i bustidei pionieri della bonifica. Quando nel ’31 verrà inaugurata ad Aci-lia la nuova strada adiacente alla via Ostiense, sarà battezzata ‘via deiRomagnoli’.2 Al Comitato partecipano imprenditori, banche, grandi societàromane e nazionali. 3 I terreni costieri erano illegittimamante nelle mani del Vescovatodi Ostia, ovvero, per enfiteusi, degli Albobrandini. Quando fu possi-bile stimare l’avanzamento della costa avvenuto negli anni, lo Statorisultò proprietario di una fascia di 7 km, larga mediamente 90 m.4 Legge 11 luglio 1907 n. 502.5 Legge 6 aprile 1908 n. 116 che in parte inglobava L. 502.6 Prenderà il nome di ‘Borgo Acilio’, ‘Borgo Acilia’ dal ‘19.7 La Giunta Comunale riconosce per la prima volta, con una deli-

bera del ‘21, nove nuovi centri abitati nell’Agro tra i quali compaio-no Ostia, Ostia Mare e Borgo Acilia.8 Come ricorda Insolera, il principio di decadenza sociale e mora-le insito in questa politica farà sì che il termine borgata assumerà, pro-prio con il caso di Acilia, una connotazione dispregiativa. 9 Il lavoro di bonifica, iniziativa della famiglia Torlonia e della S.A.di Bonifiche di Maccarese, terminerà nel 1939.10 Con Calza Bini, Cancellotti, Civico, Nicolosi.11 Realizzato dalla Società per la Bonifica dell’Agro romano, pren-de il nome dal progettista, l’ingegnere Dario Pater.12 Così era presentato il programma alla Camera dei Fasci e delleCorporazioni il 15 dicembre 1936.13 La scadenza del Piano sarebbe stata il 1° settembre 1952.14 Finanziato da Vaticano e UNRRA-Casas, è progettato da Vincen-zo Passarelli.15 Legge n. 137 del 4 marzo 1952.16 Si rimanda alla vasta letteratura sull’argomento.17 Dopo l’EUR e l’aeroporto di Fiumicino, le zone di Trastevere-PortaPortese-Viale Marconi, viale Aventino-via Ostiense e via Amba Ara-dam-via Cristoforo Colombo, che si intrecciano con altri di naturacommerciale locali; e ancora: il palazzo della Regione in via della Pisa-na-GRA, il centro dati dell’Alitalia sulla Portuense, infine uffici e depo-sito ATAC in via della Magliana e il centro ITALCABLE a Casal Paloc-co.18 Lo studio è dell’Assessorato al Traffico e Motorizzazione delComune di Roma e del Centro studi e Ricerche Ripa Grande.19 Il progetto è dell’ingegner Antonio Tamburino, cattedratico diIdraulica, uno dei massimi esperti del Tevere di cui ha curato tra l’al-tro i primi impianti di depurazione.20 Curato dall’Ufficio Speciale del Genio Civile per il Tevere e l’AgroRomano.

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La necessità di ripensare globalmente l’apparato concet-tuale e strumentale adottato dall’urbanistica si sviluppaparallelamente alla crescita delle città della fine del XXsecolo, per descriverne e governarne le fasi di espansio-ne e trasformazione urbana.

La questione ambientale diventa ormai centrale e sipone ora come problema di sostenibilità delle trasforma-zioni, comprese quelle orientate alla conservazione ericonversione piuttosto che all’espansione del territoriourbanizzato.

Tali questioni hanno favorito l’affermarsi, nelle poli-tiche urbane, di quello che viene definito, in una accezio-ne ampia, l’approccio integrato.

Sulle nuove reti di comunicazione materiale ed imma-teriale vengono ridisegnate le forme insediative, ed i nodicui danno origine (i nuovi luoghi centrali), senza la neces-sità di preconfigurazioni formali rigide. Ma contempora-neamente, laddove questi luoghi centrali rappresentanonuove identità locali, intorno ad essi possono essere deli-mitati e anche formalmente definiti i nuovi luoghi “del-l’abitare”.

Le trasformazioni indotte da questi processi nonriguardano evidentemente il solo aspetto fisico delle città,ma anche la struttura delle relazioni immateriali, della cir-colazione di informazioni permessa dalle reti delle nuovetecnologie, che se da un lato moltiplicano i nodi di con-centrazione delle informazioni, dall’altro selezionano lereali opportunità di accesso in base al possesso del lin-guaggio e della cultura specifica necessaria per utilizzar-le. La loro capacità di essere utilizzate e comunicate dachi abita i luoghi stessi diviene quindi decisiva.1

La questione ambientale appare ancora più stretta-mente connessa con il concetto di integrazione. L’esten-sione alle politiche urbane dell’approccio maturato nellediscipline ecologiche, ha inevitabilmente portato all’in-

tegrazione delle politiche rivolte all’ambiente artificialecon quelle rivolte all’ambiente naturale (o naturale antro-pizzato, o meglio ancora a basso grado di artificialità).

I tipi di relazione che intercorrono fra loro e le moda-lità di coevoluzione destano nuove attenzioni. L’atteggia-mento quindi di lavorare per strategie, di prefigurare iprocessi da governare, di utilizzare strumenti adatti a for-mulare e guidare trasformazioni, è richiesto dal caratte-re dinamico di queste relazioni. E ciò ad ogni scala terri-toriale, da quella globale a quella locale.

Va ripensata la condizione umana e del suo habitat, nellesue interrelazioni con il contesto. Il territorio diviene il risul-tato del complesso sistema di relazioni fra società insedia-ta e ambiente fisico. Ogni luogo è descrivibile come un orga-nismo complesso, dotato di identità, storia, carattere, strut-ture stabilizzate e forme contingenti. L’attenzione ai rap-porti fra tutti gli elementi che lo costituiscono può passareper differenti stati di equilibrio, senza ridurre la propriacomplessità e quindi la propria ricchezza.

Tra i meccanismi che hanno prodotto un rapportoequilibrato fra insediamento umano e ambiente fisico,quello della partecipazione diretta alla costruzione delproprio spazio abitativo sembra essere programmatica-mente negato nelle periferie urbane pianificate. Tanto daassumere, questa alienazione, quasi il carattere distintivodella condizione di perifericità. Paradossalmente puòessere guardata come esempio opposto la periferia del-l’abusivismo, cresciuta prevalentemente per l’attività diautocostruzione dell’insediamento e delle abitazioni attra-verso un accrescimento ed una modificazione nel tempodello spazio e delle sue forme d’uso, definibile, sotto que-sto aspetto, come una costante produzione di “senso”, disignificato, di valore identitario.

La periferia dell’abusivismo è connotata in senso nega-tivo dall’assenza di una cultura della trasformazione equi-

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La dimensione rimossa. Capisaldi per un programma quadro delle strategie di trasformazioneMassimo Colocci

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librata del territorio, condizione altrettanto fondamenta-le per lo sviluppo e la produzione di valori territoriali.

La domanda sociale, nel caso delle periferie urbane,è stata sollecitata dai processi ormai compiuti di integra-zione, di omologazione, di estensione della cultura e deglistili di vita metropolitani. Ma può oggi essere originatada processi più particolari di neoradicamento, di identi-ficazione e riappropriazione da parte dei cittadini del pro-prio spazio quotidiano di vita, entro parti di territorio piùcircoscritte, che sono spesso il risultato di aggregazionispontanee ma possono anche essere l’esito intenzionaledi politiche di ridisegno della struttura urbana.

La Legge Bassanini n. 127/97 sulle creazione di Socie-tà ad Economia Mista per la trasformazione urbana intro-duce delle novità che costituiscono una opportunitàimportante in questa direzione. Una strategia di riquali-ficazione mediante progetti di valorizzazione delle risor-se identitarie delle periferie apre ampi spazi di sperimen-tazione in questa direzione. Non può in ogni caso esseredisgiunta la scelta delle modalità operative dal contenu-to delle politiche urbane, dal “disegno” urbanistico e dallestrategie che si vogliono perseguire. Forma della città eforma della sua gestione costituiscono una unità inscin-dibile. Una nuova idea della forma che si vuole dare allastruttura della città metropolitana deve essere costruitaavendo contestualmente presenti sia il problema dellaforma fisica e della sua dinamica, sia il problema dellenuove relazioni che si vogliono istituire e quindi delleforme con cui i nuovi soggetti protagonisti ne gestirannol’attuazione.2

La sequenza classica che va dalla grande alla piccolascala, perde di senso. Ogni piano/strategia conterrà scaledi progetto differenti, appropriate agli obiettivi ed agliattori da coinvolgere, ogni progetto dialogherà con i pro-getti alle scale inferiori e superiori per trovare i necessa-ri raccordi, gli adattamenti reciproci e le verifiche di fat-tibilità.

Il passaggio dal piano-oggetto al piano-processo ed infi-ne al piano-gestione implica la sperimentazione più corag-giosa di un approccio strategico al piano urbanistico, ade-

guato al carattere frammentario, discontinuo nello spazioe nel tempo, degli attuali processi di urbanizzazione.

La periferia del XIII municipio: nuovi caratteriNell’area, a partire dall’ultimo ventennio, le nuove peri-

ferie dell’abusivismo, ma anche quelle pianificate, sonostate coinvolte dal decentramento di servizi e del terzia-rio superiore avvenuto in gran parte in modo non pro-grammato, casuale per tempi, funzioni e scelta dei luoghi.

I conflitti d’uso dello spazio, generati dalla contiguitàoccasionale di molteplici funzioni specializzate, vannogovernati per restituire nell’organizzazione dei luoghi edelle reti, oltre che nell’immagine urbana, la complessitàe la ricchezza delle relazioni da esse generate. Ripensare iluoghi delle funzioni urbane specializzate (Fiera di Roma,Commercity, Parco Leonardo …) e i luoghi del consumoe delle relazioni sociali (lungo le urbanizzazioni della Viadel Mare), reintegrando i primi con i tessuti urbani, devefar sì che questi non restino corpi separati o causa di degra-do (consumo di suolo, congestione), ma contribuiscanoad arricchire di occasioni e di valori il territorio.

L’immagine di questa parte di città dipende in granparte dalla questione ambientale e paesistica e riguardalo stato dei margini tra le aree urbanizzate e il Tevere, inparte ancora salvaguardate proprio grazie al permaneredi forme d’uso compatibili con i caratteri del paesaggiodell’agro. E utile qui sfruttare le politiche di sostegnoall’uso agricolo del suolo e alla sua integrazione con atti-vità urbane, come strumento di salvaguardia attiva delterritorio non ancora urbanizzato.

Nella programmazione urbanistica il paesaggio agri-colo viene considerato come fatto residuale piuttosto checome funzione strategica ai fini della difesa dell’interoecosistema urbano e dei caratteri peculiari della campa-gna romana, oltre che come risorsa per migliorare la qua-lità dello spazio urbano locale e dell’ offerta di servizi.

Il progetto urbano: l’esperienza italiana nel contesto europeoNegli anni Settanta si delineano con chiarezza le poli-

tiche di riqualificazione di molte città europee, e inizia

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una sfida per attrarre e localizzare attività pregiate, persalire, o risalire, nel ranking della qualità delle attrezza-ture urbane. Vengono progettati ed attuati interventi com-plessi di trasformazione per costruire un’immagine for-temente attrattiva della città.

Nella realtà italiana, piani o programmi a-scalari e a-formali assumono diverse denominazioni come “pianid’area”, “progetti d’area”3, “programmi” o “progetti ope-rativi”, ecc ..., secondo l’accento che si intende determina-re tra gli strumenti innovativi e quelli formali e disciplina-ri, a seconda del loro assetto prevalente, atto ad assicura-re una condivisibile efficacia. Ma lo strumento che assu-me un significato emblematico per i rapporti con il conte-sto è senza dubbio il “progetto urbano”. In questa espres-sione viene compresa quella vasta gamma di programmi edi progetti, che intendono dare spessore e qualità alle poli-tiche di trasformazione e riqualificazione urbana.

Il “progetto urbano” viene inteso come strumentooperativo in grado di incidere efficacemente nella realtàdi una struttura urbana, in ordine alla strategia della com-petitività, ma anche come sistema di interventi, finalizza-to alla soluzione di specifici problemi della città.

Questo sembra affermarsi nella cultura architettoni-ca come elemento di mediazione nel rapporto tra archi-tettura e urbanistica e di rimozione delle discrasie che trale due discipline si erano progressivamente determinate;ovvero come strumento atto a recuperare quel rapportointerrotto tra i due termini (individuabile nell’intornodegli anni Trenta), con l’affermarsi dell’urbanistica razio-nalista codificata dalla Carta d’Atene e del conseguentecredere di poter controllare lo sviluppo e le trasforma-zioni della città con parametri quantitativi (zoning, stan-dards urbanistici); anche se, d’altra parte, nelle facoltà diarchitettura, il progetto urbano viene spesso propostocome mera operazione di macro-architettura.

L’attenzione della cultura urbanistica e degli operato-ri, dopo un periodo di sperimentazione del recupero deicentri storici, alla fine degli anni Ottanta, si rivolge allefrange urbane, alla periferia (la città intermedia), che nellanostra realtà urbana presenta al suo interno molte aree a

spiccata trasformabilità, con volumi edilizi dismessi, cheoffrono importanti occasioni per la riqualificazione diparti consistenti della città.

L’esigenza di gestire importanti trasformazioni urba-ne, fa sì che in Europa si sperimentino nuovi strumenti,dalle ZAC (concepite nel 1967, ma operanti in modo dif-fuso negli anni Settanta e Ottanta) al “projet de quartier”(del 1984) in Francia; all’inizio degli anni Ottanta, si isti-tuiscono le DDC (Urban Development Corporation) ele EZ (Enterprise Zones) in Gran Bretagna.4 Queste ulti-me introdotte proprio per superare gli ostacoli, indivi-duati proprio nella disciplina urbanistica, alla realizza-zione e gestione degli interventi individuati come neces-sari per la riqualificazione di vaste parti delle città.

L’intervento dei Docklands Londinesi è senza dubbiouno tra i più consistenti; la LDDC (London DocklandsDevelopment Corporation) interviene su duemila ettari diterritorio dismesso per la mutata localizzazione e consi-stenza delle strutture portuali. A Canary Wharf, all’inter-no dei Docklands, è stata prevista anche una EZ che haconsentito di realizzare, in tempi piuttosto contenuti, strut-ture edilizie di grandi dimensioni. Senza dubbio l’inter-vento dei Docklands costituisce una delle più grandi ope-razioni di trasformazione territoriale di questo scorcio disecolo, che supera per dimensione anche la Defense.

La ricostruzione di Berlino viene attuta attraverso lacostituzione, con aspetti del tutto sperimentali, di un entecome l’IBA (Internazionale Bauhaustellung) in grado dichiamare, a riqualificare e ricostruire l’immagine dellacittà, i più grandi architetti contemporanei. Più recente-mente una seconda grande operazione IBA è stata lan-ciata nel distretto della Rhur lungo il fiume Emscher, perla riqualificazione di un territorio costellato di struttureindustriali e carbonifere dismesse.

Una struttura ad hoc è stata messa in piedi per gesti-re tutta l’operazione in un tempo determinato: un insie-me di progetti vanno a delineare e formare un comples-so e vasto sistema territoriale in cui è previsto il recupe-ro di parti di territorio attraverso operazioni di bonificadei corsi d’acqua e dei terreni e la relativa rinaturalizza-

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zione, oltre alla costruzione di strutture urbane conte-nenti attività diverse, in grado di determinare sia la con-venienza degli operatori, che un ambiente di grande qua-lità per i futuri utenti.

Sulla base delle esperienze che venivano condotteall’estero, il progetto urbano, nel contesto italiano, persupplire alle carenze dalla strumentazione urbanistica, èandato proponendo soluzioni definite e strumenti forma-li più idonei a percorrere l’iter procedurale che conducedal piano al progetto edilizio.

Il nuovo strumento, assunto come occasione di riqua-lificazione urbana o di reinfrastrutturazione, viene usatoper superare la rigidità delle previsioni dei piani.

Gli accordi di programma5, quindi i programmi inte-grati e i programmi di riqualificazione urbana6, e i pro-grammi di recupero urbano7, hanno contribuito a farciapparire la strumentazione che deriva dalla legge del 1942sempre meno attuale rispetto ai tempi economici, che inuovi strumenti richiedono.

Nel quadro dell’applicazione di queste leggi innova-tive, il progetto urbano viene inteso come strumento dicoordinamento e di messa in coerenza di azioni e di inter-venti o di progetti architettonici, di verifica dell’attualitàdelle previsioni del piano e della fattibilità tecnico-eco-nomica, di individuazione degli operatori e dei soggettiattuatori, di valutazione dell’impatto sull’intorno urbanoe di previsione degli esiti.

Le sperimentazioni attuative dei programmi integra-ti, quindi dei programmi di riqualificazione urbana e deiprogrammi di recupero urbano, hanno determinato unaulteriore evoluzione del significato del progetto urbano.

Qualità e dimensione dello spazio urbanoLa ricerca assume come tema centrale i modi e le scale

appropriate per il trattamento della qualità morfologicadella città. E cioè il complesso di operazioni concettualie pratiche che dalla concezione di una idea formale pos-sono portare, attraverso il progetto, ad una ipotesi di tra-sformazione, o di un assetto fisico e identitario di questaparte del territorio urbano.

Qualità: “Elemento o insieme di elementi concreti checostituiscono la natura di qualcuno o di qualcosa e nepermettono la valutazione in base a una determinata scaladi valori. (...) Dote, virtù, pregio”.8

O anche: “proprietà che caratterizza una persona, unanimale o qualsiasi altro essere, una cosa, un oggetto ouna situazione, o un loro insieme organico, come speci-fico modo di essere, soprattutto in relazione a particola-ri aspetti e condizioni, attività funzioni e utilizzazioni”.9

I numerosi e diversi modi di essere della qualità urba-na possono essere ricondotti a tre grandi categorie: la qua-lità sociale, la qualità funzionale e la qualità formale, chesi traducono nella equità distributiva delle risorse, nelbuon funzionamento, nella bellezza dei luoghi.

I lemmi che articolano e specificano i significati, sulpiano della forma urbana, potrebbero essere allora ricon-nettere, ridare margine, ricucire e riorganizzare, per quan-to riguarda i tipi di atteggiamenti, da tradursi in interven-ti tramite il progetto, sulle parti di città.

Riconnettere individua il problema del rapporto tragrande e piccola dimensione; in termini di forma urba-na, il problema delle relazioni tra la forma complessivadi parti di città e interventi progettuali puntuali e strate-gicamente distribuiti. Nonchè del ricollegamento dellediverse parti di città tra loro, della loro ricomposizionein parti di dimensione superiore, che restituiscano iden-tità alla percezione della forma urbana attraverso i siste-mi ambientali e le infrastrutture.

Ridare margine comporta operazioni mirate a costrui-re delle strutture lineari dense di servizi, di funzioni pub-bliche e del tempo libero che costituiscano sia il limitericonoscibile delle aree urbanizzate che le strutture fisi-che e funzionali di fasce-filtro tra la città e il paesaggiodell’agro.

Ricucire sottintende un indirizzo verso la costruzionedi reti materiali e immateriali fatte di viali, di passeggiatepedonali, di corridoi verdi, di canali navigabili, di traspor-ti pubblici sostenibili e a basso impatto ambientale (maglev,pulmini elettrici, taxi elettrici collettivi, …), ma anche direti cablate, di reti wireless, di centri per il telelavoro e

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quanto possa servire a rendere la mobilità locale una scel-ta di qualità di vita e non una costrizione.

Riorganizzare restituisce il senso progettuale di realiz-zare una struttura urbana chiara ed equilibrata, in cui gliinterventi accentuino ed enfatizzino la complessità dellacittà (oggi costituita da tessuti omogenei, specializzati eseparati per funzioni), fatta di diversificazione interna, digerarchizzazione, di integrazione delle funzioni, di confor-mazione organizzata degli spazi urbani.

Saranno le condizioni morfologiche della città esisten-te a proporre le occasioni per il potenziamento o la crea-zione di strutture che restituiscano ambiti di identità delleparti di città e miglioramenti della qualità della vita. Dun-que, alla specificità e varietà di situazioni morfologiche cor-risponderà una specificità e varietà di strutture organizza-trici, sia per forme sia per dimensione.

Gli strumenti di controllo della forma della città coin-volgono una serie ampia e complessa di problemi di tipodisciplinare (la qualità estetica della città, criteri e regolecondivise, formazione progettuale).

Uno degli strumenti possibili per il controllo: le sche-de progetto; esse sono costituite da un insieme di regolevolte a guidare le trasformazioni di uno spazio urbano, conobiettivi che anzitutto siano rivolte alla equità sociale e allaefficacia funzionale, ma anche in modo esplicito alla bel-lezza.

Il metodo da seguire può essere fondato su due princi-pi di base:

- perseguire le condizioni per l’espressione della quali-tà formale;

- fornire al procedimento regole leggere;I valori fisici esistenti ed il loro trattamento proget-

tuale sulla base dei requisiti della qualità urbana, a segui-to della individuazione e selezione dei luoghi identitarisui quali intervenire, saranno raccolti nella scheda pro-getto, che dovrà fornire le indicazioni, costruite sempresulla base di quei stessi requisiti, per le trasformazioni daintrodurre.

La leggerezza della regola scongiura il rischio di rigidi-tà operativa, in funzione anche del grado di maturazione

della previsione trasformative, ed ha caratteristiche di guidaall’intervento, più che di norma, che possa intervenire nelmomento della formazione dell’idea, e segua flessibilmen-te il processo di progettazione.

La tratta del Tevere tra il G.R.A. e Capo due Rami: premes-se per la riqualificazione urbana

L’importanza dell’area nella riorganizzazione comples-siva della città, risiede in grande misura proprio nell’esse-re rimasta l’unica tratta del territorio, dai limiti settentrio-nali alla foce del Tevere, a non serrare il fiume con inter-venti affatto o male programmati, e dove quindi si puòcogliere l’occasione di riqualificare i tessuti urbani ed ilpaesaggio, riducendo i margini della sua trasformabilità.

Alla qualità ambientale dell’intera area, che dipende inmisura rilevante dall’efficienza e integrità dei sistemiambientali dell’agro, si somma la qualità generata dagliinsediamenti periferici, ormai elevata quanto quella espres-sa delle parti più consolidate della città. Questa periferiapossiede risorse (luoghi di lavoro, attrezzature e funzionisuperiori, risorse umane qualificate, patrimonio immobi-liare privato e pubblico di valore elevato, sistemi ambien-tali, beni storici e archeologici ...) tali da costituire le pre-condizioni per il suo sviluppo e la sua riqualificazione, masubisce il degrado prodotto dal traffico, dall’inquinamen-to, dall’abbandono delle aree residuali, dal disagio socia-le, dall’assenza di spazi qualificati per la socialità e la vitacivile e culturale, dall’assenza di identità dei luoghi.

Il primo obiettivo strategico è quello di rafforzare,costruire o ricostruire la sua identità per parti, per luoghi,dando forma alle nuove relazioni che in essa si sono svilup-pate.

Il progetto d’area, anche nella sua accezione di disegnodi un possibile scenario d’assetto spaziale, esprime un’ideadi città locale, va a ricomporre il quadro dei frammenti urba-ni e ne costruisce o rafforza le relazione reciproche.

La tratta del Tevere in oggetto è divisa tra il XV Muni-cipio sulla riva destra e il XIII Municipio sulla riva sinistra.La stessa suddivisione dei confini amministrativi dei Muni-cipi, che assume il Fiume come confine, realtà di margine

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e quindi “marginale” nella considerazione del ruolo urba-nistico e territoriale, fa capire come gli sforzi di program-mazione del territorio si concentrino sulle zone urbanizza-te attorno agli assi paralleli al Fiume dell’autostrada Roma-Fiumicino e della Via del Mare Ostiense e sulle testate piùconnotate come “centralità”, rispettivamente della Maglia-na e di Ostia.

Comunque in alcuni degli interventi programmati, invia di realizzazione o realizzati nell’ambito delle comples-se e sovrapposte strategie di programmazione di iniziativapubblica e privata, possono essere individuati ambiti di tra-sformazione da recepire come capisaldi di una diversa con-siderazione e trattazione dell’area di influenza della trattafluviale in oggetto.

Sulla riva destra, dove piccoli nuclei urbanizzati si atte-stano sulla via Portuense, le tensioni trasformative si carat-terizzano in grandi complessi terziari come la Nuova Fieradi Roma, o misti come il Parco Leonardo, ove comunqueil rapporto con il Fiume non è mai strutturato e si configu-ra come pura contiguità.

L’area tra il G.R.A. e la Nuova Fiera di Roma è conser-vata paesisticamente da attività agricole di qualità, integra-te al Parco e in questa tratta il Fiume presenta una profon-da area golenale.

L’area tra il Parco Leonardo e Capo due Rami è carat-terizzata dai paesaggi ordinati della bonifica e misurata dalletorri di avvistamento, fino all’area archeologica del Portodi Traiano.

Le infrastrutture viarie (con l’eccezione della via Por-tuense) e ferroviarie hanno carattere di collegamento velo-ce e si astraggono da qualsivoglia rapporto con il territorioattraversato.

Sulla riva sinistra una maggiore complessità è marcatadai cospicui insediamenti lungo la Via del Mare, da unaorografia più mossa e dalla vasta area di bonifica che occu-pa l’ansa del fiume da Acilia Sud agli scavi di Ostia Antica.

Tutti gli insediamenti tuttavia si attestano sulle vie com-planari al fascio infrastrutturale costituito dalla Via del Mare,dalla Via Ostiense e dalla ferrovia Roma-Lido, strettamen-te serrate e protette, a formare una cesura territoriale quasi

insuperabile, mentre si sfrangiano e si rarefanno man manoche si avvicinano al Fiume.

Il P.R.U. di Acilia tenta di strutturare un qualche rap-porto con il fiume e con l’oltrefiume individuando dei cor-ridoi di “Verde qualità”, innervati di corridoi e parchi linea-ri a reti infrastrutturali minori e di servizio che si attestanocon testate-piazza sul Fiume, con l’indicazione di un colle-gamento/traghetto verso la Fiera di Roma.

Il N.P.R.G. prevede la realizzazione di un nuovo asseintegrato (strada ferrovia) tra Infernetto e Nuova Fiera attra-verso il nuovo ponte di Dragona e la viabilità di allaccio conl’autostrada e la via del Mare, ma tale asse, in mancanza diuna attenta integrazione e scambio con le reti infrastruttu-rali minori, rischia di perpetuare il non-rapporto dei pontidi Roma sud con il Fiume.

La ferrovia Roma-Lido ha carattere di metropolitana siaper il collegamento di Roma con il suo mare, che come arte-ria di mobilità capillare per le aree urbanizzate. La stazio-ne di Acilia, prevista a servizio dell’area industriale e degliinsediamenti di Dragoncello ed Acilia, sud può offrire unaoccasione per un intervento di ricucitura del tessuto edili-zio e per l’inserimento di servizi ed attrezzature pubblichee private. La stessa logica è valida per l’ambito 6 “stazioneristrutturata di Acilia nord”. La stazione di Ostia Antica èinserita all’interno di un contesto ad elevate caratteristicheambientali, ma la barriera costituita da sistema della mobi-lità, la posizione isolata e l’inadeguatezza della stazione stes-sa costituiscono un limite per il suo utilizzo. La strategia disviluppo che il Nuovo Piano Regolatore individua per isistemi dell’entroterra è basata sulla tutela dell’identità delpaesaggio, specie nelle aree di margine e di connessione trai differenti sistemi urbani.

Sono elementi essenziali di tale identità del paesaggio:- le torri e gli insediamenti lungo il fiume da valorizza-

re attraverso la riqualificazione delle preesistenze lungo ilTevere e la realizzazione di un sistema attrezzato di fruizio-ne dei beni storico-archeologici tra Ostia Antica, gli Scavidi Ostia Antica, il sistema delle torri di avvistamento lungoil fiume e la Foce del Tevere.

- la bonifica per la quale è da porre in essere una atten-

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Il P.R.U. di Acilia – Interventi. Da strumento di verifica della coerenza e della fattibilità tecnico-economico a strumento procedurale, che indi-vidua e percorre una procedura innovativa per il raggiungimento degli obirttivi, ovvero strumento in grado di controllare, attraverso il conti-nuo monitoraggio, e se necessario modificare, i percorsi per raggiungere gli obiettivi.

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ta riscoperta della memoria storica dell’opera di Bonifica ela messa in valore delle “infrastrutture della Bonifica” che“misurano” e “segnano” così profondamente il territorio.

- la ferrovia ove indispensabile è il rafforzamento delruolo delle stazioni come “luoghi centrali” attrezzati in ter-mini di servizi e spazi pubblici. La riqualificazione del trac-ciato ferroviario dovrà essere anche finalizzata alla minimiz-zazione delle cesure indotte sul tessuto urbano.

NOTE

1 In questa direzione si è sviluppata l’esperienza dei Laboratori diQuartiere, in particolare quella romana.2 Le Società di Trasformazione Urbana, ad esempio, costituisconostrumenti dalle vaste potenzialità.Le città metropolitane ed i comuni, anche con la partecipazionedella provincia e della regione, possono costituire società per azionimiste pubblico-private per progettare e realizzare interventi di tra-sformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigen-ti. L’art. 7, comma 1, della Legge 8 febbraio 2001, n. 21, al fine dipromuovere la costituzione da parte dei comuni e delle città metro-politane delle società di trasformazione urbana di cui all’art. 120 delDecreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha disposto il finanzia-mento, da parte del Ministero LL. PP., degli studi di fattibiltà, delleindagini conoscitive necessarie al’approfondimento della realizzabi-lità economica, amministrativa, finanziaria e tecnica delle ipotesi ditrasformazione deliberate, nonché degli oneri occorrenti alla proget-tazione urbanistica.3 Passante ferroviario di Milano, area Bagnoli a Napoli, Lingotto aTorino, programma per Roma-Capitale.4 Per quanto riguarda la Francia il riferimento per le politiche urba-ne è la legge sull’uso del suolo (Loi d’ orientation foncière) del 1967che istituisce lo “Schéma directeur d’aménagement et d’urbanisme”SDAU, il “Plan d’ occupation des sols” POS e, all’ interno di questo,le “Zones d’aménagement concerté” ZAC. Per quanto riguarda ilRegno Unito, oltre alla legge del 1968 che introduceva lo “structuralplan” e il “local plan”, è fondamentale il “Local government, Plan-ning and Land act” del 1980, che introduce le Enterprise zones EZ.5 Previsti dalle leggi 142/90 e 396/90 per Roma Capitale.6 Previsti dagli articoli 16 e 2 della legge 179/92.7 Previsti dall’art. 11 della legge 493/93.8 Il Nuovo Zingarelli, 1986.9 Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991.

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Capisaldi per un programma quadro delle strategie di trasformazione: scheda progetto- Costituzione di una serie di “river front” che ribaltino, costruendo funzioni urbane complementari a quelle attestate sui fasci infrastrutturaliesistenti, la polarizzazione delle strutture insediative, ponendo le basi di un rapporto integrato e controllato con il Fiume e il paesaggio del-l’agro e consolidando in margini certi i limiti delle zone urbanizzate.- Razionalizzazione del sistema di trasporto pubblico fluviale, attestato sugli scavi di Ostia Antica.- Realizzazione di una linea metropolitana leggera di superficie al piede dell’argine sinistro, con mezzi non inquinanti e stazioni scandite lungoil fiume e le nuove isole, in corrispondenza delle stazioni della navigazione fluviale.-Realizzazione di anelli di circolazione ciclopedonale e di trasporto pubblico leggero con mezzi non inquinanti, a collegare in rete le due spon-de del Fiume, i relativi insediamenti, i “river front”, le nuove attrezzature per la mobilità e le emergenze dell’identità territoriale.- Costituzione di una rete di attrezzature di servizio, scandite lungo il fiume e sui nodi delle strutture della bonifica, a innervare capillarmenteuna nuova permeabilità e percorribilità, fisica e immateriale, del territorio e del paesaggio. La rete così costituita andrà a servire e ad interlac-ciare profondamente le aree di recupero naturalistico, i parchi nelle anse fluviali e i corridoi di verde-qualità, i nodi di scambio delle nuovestrutture di mobilità tra metropolitana leggera, attraversamenti del fiume, trasporto pubblico leggero, reti di piste ciclopedonali, stazioni deltrasporto fluviale e punti di ingresso al parco.

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Schizzi di progetto.

Interpretazioni del programma quadro: l’isola di Giano e di Dragona-Fiera costituiscono degli attrattori urbani tra reti e infrastrutture.L’acqua, fiume o canale, intesse una trama scalare di connessione tra il parco e i margini urbani interrotti.

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Il Tevere può essere colto parzialmente nella concretez-za della sua fisicità. Sulla soglia del presente premono levoci del passato, delle radicali trasformazioni, della suastoria. E con la storia si presentano i materiali della memo-ria che, variamente accumulati, hanno a che fare con unarifigurazione dell’esperienza temporale attraverso il rac-conto. La lettura di alcuni nodi significativi del fiumenella città antica hanno il significato del cogliere, del com-prehendere attraverso una narrazione gli elementi di unagrammatica. Non per indicare principi e regole fondati-ve, ma per avvertici semmai dell’impraticabilità del model-lo storico nella città contemporanea. La Storia comememoria e come campo di differenze.

I luoghi analizzati hanno il carattere di nodi segnatida una evidente eccezionalità. Non sono ripetibili. Eppu-re in tutti è presente, come costante, un elemento ricor-rente: il ponte. Così per Piazza Augusto Imperatore,Castel S. Angelo, Ponte Sisto, Ponte Mazzini, l’Isola Tibe-rina. Una sistematica trasversalità che reagisce alla incri-natura perentoria del fiume, negandola e vincendola. Alponte, che si accompagna al gesto necessario e coraggio-so, un tempo sacrilego, del cingere le acque, spetta il com-pito di fondare spazi identitari e relazionali, imprimen-dovi i propri sigilli urbani.

La Carta dell’architettura, che qui avanziamo in viadel tutto provvisoria, va intesa come registrazione di unpercorso compiuto (rintracciabile e dunque nuovamen-te ripercorribile) e come antologia delle anticipazioni delprogetto, inserito nel perenne ciclo delle mutazioni cheassecondano le geografie del fiume.

Un doppio registro caratterizza questa fase del lavo-ro: il ripercorrimento critico dei tracciati grammaticalidel testo (i luoghi, le storie) e l’incorporazione delle rego-le nel linguaggio. Un linguaggio che si fa corpo, manife-standosi apertamente nell’idioma segreto dell’architetto.

La lettura comparativa di alcuni punti nodali per-mette di individuarne e compararne i caratteri distinti-vi ed identificativi. La campionatura dei modelli stori-ci mostra il ruolo dei ponti nell’impaginato cittadino.Ruolo oggi vicario, e spesso solo evocativo della presen-za del fiume. Il suolo urbano corre mediamente ad unaquota di nove metri superiore al livello delle acque erestituisce assetti separati dal Tevere, segnati dalla ete-rogeneità delle stratificazioni. La Piazza Augusto pre-senta una centralità dislocata rispetto al Ponte Cavour,che consolida il suo tracciato tangente lungo la viaTomacelli.

Nel caso di Ponte S. Angelo e Ponte Sisto il sistemaè giocato, viceversa, sulla gerarchia delle testate.

La simmetria originaria, che accompagna il ricon-giungimento delle sponde, è messa in relazione con unvuoto (slargo e piazza) e con la perentoria monumenta-lità del mausoleo di Adriano.

L’Isola Tiberina riporta l’architettura dello spaziourbano nel fiume. Episodio singolare e unico, nel qualesi manifesta una delle possibili figure della città nell’ac-qua, l’Isola ritaglia una distinta autonomia, variamentearticolata in un gradiente di fattori costitutivi, segnatida connessioni e dipendenze, piuttosto che da esclusio-ni e distacchi.

Il basamento sul fiume, le discese, la convergenza deiponti, il dislocamento della piazza sull’attraversamen-to, la compattezza del tessuto, la definizione architetto-nica dei margini.

Tali elementi distintivi, mentre commentano l’irripe-tibile eccezionalità del modello storico, delineano nellostesso tempo una grammatica di base e sollecitano unasperimentazione delle regole che si risolve nella vitalitàorganica del linguaggio.

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Materiali sperimentali nel progetto urbano: un sistema di isole per il TevereFilippo Cerrini, Massimo Colocci, Antonella Falzetti, Luigi Ramazzotti

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Il Tevere tra piazza Augusto Imperatore e Monte Testaccio: lettura comparativa di punti nodali.

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La riduzione ad uno schema concettuale del dispositivo geourbano del fiume, passando per le astrazioni della geometria, autorizza una rap-presentazione ideo-grammatica del contesto. Nelle figure, da leggere da sinistra a destra e dall’alto in basso, si schematizza un ordinamento deiprogetti possibili, una condizione grammaticale che precede l’esplorazione progettuale.

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I dispositivi del Piano traducono in sistemi e regoleuna visione pregiudiziale del Tevere inteso come elemen-to svincolato dalla dinamica metropolitana. In questoquadro, e per l’obbligante vincolo del non risolto regimedelle acque, il fiume è confinato entro margini di terra,isolato all’interno di un fascio infrastrutturale che trovaun solo debole punto di connessione nella previsione diun ponte tra Dragona e Capo due rami: unico e distanteotto km dal G.R.A.

Relegato in un territorio marginale, a fronte di eviden-ti limitazioni alla sua navigabilità, il fiume viene sottrat-to ad un puntuale confronto con l’eterogeneo incalzaredegli episodi urbani; restando di fatto escluso dai mec-canismi di trasformazione della città. Questo vasto spa-zio libero è assimilato piuttosto alla nozione di paesaggioche, concettualizzando il naturale, asseconda le nuoveicone del sentire ecologico.

Lo svolgimento del piano direttore in termini di pro-getto e di contenuti architettonici può dipanarsi in unindeterminato numero di soluzioni progettuali il cuicomune denominatore sarà comunque di restituire unaidentità alla percezione della forma urbana attraverso itessuti, le emergenze, i sistemi ambientali e le infrastrut-ture.

Il masterplan, la scheda progetto o il programma qua-dro come lo si voglia definire, nel suo significato di dise-gno di un possibile scenario d’assetto spaziale, esprime,nelle localizzazioni strategiche di Giano, Acilia-Dragonae Capo due rami, tre repertori di sistemi complessi di tes-suti, emergenze, sistemi ambientali ed infrastrutture,secondo un’idea di città locali e di nuove centralità, e vaa ricomporre il palinsesto dei frammenti urbani e necostruisce o rafforza le relazione reciproche.

L’obiettivo strategico è quello di rafforzare, costruireo ricostruire la identità dei luoghi per parti, dando formaalle nuove relazioni che in essa si sono sviluppate.

Il fiume, dal ruolo attuale, inteso come confine, real-tà di margine e quindi “marginale” nella considerazionedel ruolo territoriale e simbolico, inverte le polarità diprogrammazione del territorio che oggi si concentrano

sulle zone urbanizzate che gli fanno corona, ad una distan-za più concettuale che reale, e sulle testate più connota-te come “centralità”, rispettivamente del quartiere Maglia-na e di Ostia.

Le “Isole”, che per dimensione e geometria declina-no una scala territoriale intermedia, sono recinti, margi-ni aperti, percorsi per la mobilità, che esplorano il luogocon differenti punti di vista, nuove e desuete percezioniprospettiche, dall’alto degli argini o dal fiume e lungo icanali artificiali. La intersezione e concentrazione di tes-suti, maglie urbane, infrastrutture ed elementi di paesag-gio ne fanno i nodi di una nuova rete di relazioni spazia-li, e le configurano come ponti complessi, non lineari, ariallacciare e ricucire in continuum le due sponde delTevere e gli insediamenti esistenti.

La costituzione dei “river front” sugli attuali marginiurbani, che ribaltano la polarizzazione delle strutture inse-diative nei confronti del Fiume e del paesaggio dell’agro,la realizzazione di una linea metropolitana leggera disuperficie, le stazioni scandite lungo il fiume e le nuoveisole, gli anelli di circolazione ciclopedonale e di traspor-to pubblico leggero innervano capillarmente una nuovaidentità e percorribilità, fisica e immateriale, del territo-rio e del paesaggio.

Le IsoleI modelli proposti raccontano tre possibili schemi

direttori per il progetto delle isole/oasi. Variamente dislo-cate lungo il percorso del fiume, le Isole costruiscono fun-zioni urbane complementari a quelle attestate sui fasciinfrastrutturali esistenti.

In tutti gli esempi è presente un ragionamento sullascala d’insieme e sull’impianto planimetrico, che riper-corre alcune specificità dei luoghi.

Nell’isola-ponte si reintroduce l’artificio dell’architet-tura di città, mentre la si riconsegna al suo ideal-tipo ori-ginario: la natura. Gli schemi vanno dunque riferiti aduna libera interpretazione delle scritture latenti del ter-ritorio, assunte come condizione per “legittimi proget-ti”.

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Declinazioni del temaL’isola viene intesa come un’ Oasi urbana, lei stessa

un paesaggio operazionale, dove si tenta di ribaltare lascontata dialettica tra “figura” e “sfondo”, rovesciando-ne i reciproci ruoli.

Lo sfondo, il paesaggio-isola è pensabile come mate-riale dell’architettura, fatto di incisioni, sollevamenti, slit-tamenti, usi differenziati ed integrati in luoghi ad altovalore paesistico. Un progetto di suolo che va integratocon un sistema di reti leggere, un nodo di canali relazio-nali.

L’isola Giano costruisce una centralità dislocata sul-l’acqua, lavora nelle porosità urbane di una periferia sfi-lacciata, suggerendo una cerniera di scambio con il parco,la Tenuta Campo di Merlo, la complanare sull’asse Roma-Fiumicino.

L’isola Dragona-Fiera unendosi al ponte circolare pro-pone la riconfigurazione di un sistema che vive tra duedistinte polarità: la Nuova Fiera di Roma e il territorioarcheologico di monte Cugno-Ficana.

Le presenze identitarie del territorio di Capo due rami,tra i poli archeologici di Ostia antica e del Porto di Tra-iano, si sovrappongono alle stratificazioni storiche delpaesaggio dell’Agro romano.

Un canale-bacino ellittico si propone come una lenteevidenziatrice delle complesse maglie che disegnano i rap-porti tra il fiume, i casali e i canali della bonifica e la tes-situra dei campi dell’Agro, ricucendo e ricollegando leemergenze esistenti e di progetto.

I tre terzieri-isole, ritagliati all’interno della figura ellit-tica dal Tevere, dalla Fiumara grande e dal Canale deipescatori, concentrano le emergenze-simbolo identitariedei tessuti circostanti.

Il terziere settentrionale presenta un edificio isolatoche costituisce l’accoglienza, il supporto logistico e di ser-vizio all’area archeologica del Porto di Traiano, stagliatoa contrasto sulla tessitura dei campi.

Il terziere meridionale inserisce su un layout comples-so a matrice binaria la preesistenza del casale della boni-fica al centro di un complesso di servizi ed attrezzature

culturali legate al paesaggio agrario, la stazione fluviale eun bacino artificiale da cui si diparte un canale che lo col-lega alla stazione di Saline di Ostia.

Su quello occidentale la permanenza delle maglie urba-ne a matrice quadrata si confronta con la nuova sede delMuseo Archeologico di Ostia antica.

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L’isola Giano: l’isola come tessuto di tessuti.

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L’isola Dragona -Fiera: l’isola come sistema relazionale.

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Isola Capo due Rami: l’isola territorio.

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Fig. 1 In sequenza da sinistra a destra:Parco del Bois Le Roi, Regione di Parigi, G. Vezlard – J. Navarro Baldeweg, Progetto di concorso sul Rio Manzanares, Madrid – C. Mosbach, JardinBotanique, Bordeaux – J. Nouvel, Riverside Court, Praga – Parque de Cabecera, Valencia – Zaha Hadid, L’isola di Zorrozaurre, Bilbao – EsposizioneInternazionale, Zaragoza 2008 – Parque Carlos I, Madrid.

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Fig. 2 1. Ponte Della Musica, Buro Happold Ltd + Powell – William. 2. Lungotevere in Augusta, Labics. 3. Trasversale Aventino, G.Farina, C. Gasparrini, M. Manieri Elia, F. Mossa, P. Pineschi, P. Pulcini. 4. Progetto Urbano Ostiense Marconi, F. Cellini, A. Anselmi,G. Ciucci, G. Piccinato, V. Quilici. 5. Ponte della Scienza, APsT Architettura. 6. Residenze Universitarie, Re Consult s.p.a. F. Purini,G. Rebecchini, Laura Thermes 7. Citta’ per i Giovani R. Koolhaas. 8. Polo Umanistico Roma 3, F. Cellini, A. Anselmi, G. Ciucci, G.Piccinato, V. Quilici.

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Fig. 3 1. Ponte dei Congressi, E. Sivierio. 2. Torre Eurosky 2005 F. Purini, Laura Thermes. 3. Torre alla Magliana, R. RogerPartnership 4. Parco Leonardo, Gruppo Leonardo Caltagirone 5. Fiera Di Roma, Studio Valle. 6. Centralita’ Acilia – Madonnetta,Gregotti Associati international. 7. ”Strategy Park”, M. Darò, E. Buffo, T. Di Felice, C. Pallottino.

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Fig. 4 Progetti nell’area tra Ponte Marconi e Ponte della Magliana. Progetti per la foce del Tevere.

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Fig. 5 Dall’alto in basso: Progetti di M. Strona: planimetria dell’asse trasversale alla valle del Tevere, di D. Ruggeri: planimetria del parco Pian due Torri, di M. Castelli,il nuovo edificio-ponte, di G. Mazzei: il museo della foce.

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Fig. 6 Modello virtuale del sistema Tevere riferito allo stato attuale con tre aree oggetto di studio.

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Fig. 7 Complessità e forma del paesaggio naturale,scomposizione analitica delle grafie del territorio:- il sistema del verde;- il sistema della mobilità e delle reti di infrastrutture.

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Fig. 8 Complessità e forma del paesaggio naturale,scomposizione analitica delle grafie del territorio: - il paesaggio agrario ed il sistema dei canali;- il sistema del verde.

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Fig. 9L’area di studio nello stato attuale: l’urbanizzazione del territorio.

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Fig. 10 e 11 Il sistema delle isole/oasi urbane e il fiume Tevere.Le isole come insieme di relazioni complesse. L’isola di Giano: un calco spaziale di volumi e di incisioni sotto il segno ordinatore di unponte. L’isola di Dragona: una collina artificiale e il recinto delle acque.

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Fig. 12 Le differenti coniugazioni delle matrici identitarie assumono pesi e scale diverse inragione della peculiarità dei luoghi.

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Finito di stampare nel mese di marzo 2008dalla Tipografia MG Sistemi - Roma