Formazione Il Metodo delle competenze - Le nostre riviste - … · 2012-02-16 · senza esaminarne...

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7 Formazione Biblioteche oggi gennaio-febbraio 2004 Come, quando e soprattutto per- ché la comunità dei bibliotecari e dei documentalisti a livello inter- nazionale si è interessata al Meto- do delle competenze? In questo articolo mi propongo di chiarire le diverse accezioni del termine “competenza” e di illustrare che cos’è il Metodo delle competenze universali degli Spencer, conside- rando le principali evidenze emer- se dalle ricerche sulle competenze dei professionisti dell’informazio- ne a livello internazionale negli ul- timi dieci anni e citando casi italia- ni di ricerche sui professionisti dell’informazione che si richiama- no a tale metodologia. L’obiettivo di questa ricognizione è stimolare una riflessione sui metodi impie- gati per la definizione dell’identità professionale del cybrarian nella società dell’informazione e la con- seguente elaborazione di nuovi curricula per la formazione dei bi- bliotecari. Il concetto di competenza Negli ultimi vent’anni si è afferma- to, dapprima nel mondo della for- mazione professionale e aziendale e successivamente in tutto il setto- re dell’educazione, il concetto di competenza. 1 In effetti esistono molte definizio- ni di “competenza”, riconducibili a tre accezioni. – La prima, quella originaria, è il Metodo delle competenze (MdC), di provenienza americana, che mi propongo di illustrare brevemente in questo articolo. Questa accezio- ne di competenza mette in risalto le qualità personali, o attitudini, degli individui, ricavate a partire dalle prestazioni eccellenti o di successo in un certo contesto or- ganizzativo. Il MdC ha la particola- rità di sostenere che tali compe- tenze di interesse trasversale si possono non solo condizionare, ma anche sviluppare attraverso la formazione. – La seconda, molto diffusa in Europa, è la concezione “una e tri- na” della competenza, documen- tata in Italia dall’ISFOL e cui ci si riferisce in genere con le espres- sioni “saper fare” e “saper essere” in aggiunta al “sapere” disciplina- re. “Saper fare” e “saper essere” sono due aspetti del concetto di competenza su cui tutti gli autori concordano: vengono percepiti ormai come qualità di valore pra- tico superiore rispetto alla esclusi- va dimensione delle conoscenze Brunella Longo Panta Rei, Milano [email protected] Il Metodo delle competenze Una prospettiva per le biblioteche e i servizi di informazione e documentazione

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Biblioteche oggi – gennaio-febbraio 2004

Come, quando e soprattutto per-ché la comunità dei bibliotecari edei documentalisti a livello inter-nazionale si è interessata al Meto-do delle competenze? In questoarticolo mi propongo di chiarire lediverse accezioni del termine“competenza” e di illustrare checos’è il Metodo delle competenzeuniversali degli Spencer, conside-rando le principali evidenze emer-se dalle ricerche sulle competenzedei professionisti dell’informazio-ne a livello internazionale negli ul-timi dieci anni e citando casi italia-ni di ricerche sui professionistidell’informazione che si richiama-no a tale metodologia. L’obiettivodi questa ricognizione è stimolareuna riflessione sui metodi impie-gati per la definizione dell’identitàprofessionale del cybrarian nellasocietà dell’informazione e la con-seguente elaborazione di nuovicurricula per la formazione dei bi-bliotecari.

Il concetto di competenza

Negli ultimi vent’anni si è afferma-to, dapprima nel mondo della for-mazione professionale e aziendalee successivamente in tutto il setto-re dell’educazione, il concetto dicompetenza.1

In effetti esistono molte definizio-ni di “competenza”, riconducibili atre accezioni.– La prima, quella originaria, è ilMetodo delle competenze (MdC),

di provenienza americana, che mipropongo di illustrare brevementein questo articolo. Questa accezio-ne di competenza mette in risaltole qualità personali, o attitudini,degli individui, ricavate a partiredalle prestazioni eccellenti o disuccesso in un certo contesto or-ganizzativo. Il MdC ha la particola-rità di sostenere che tali compe-tenze di interesse trasversale sipossono non solo condizionare,ma anche sviluppare attraverso laformazione.

– La seconda, molto diffusa inEuropa, è la concezione “una e tri-na” della competenza, documen-tata in Italia dall’ISFOL e cui ci siriferisce in genere con le espres-sioni “saper fare” e “saper essere”in aggiunta al “sapere” disciplina-re. “Saper fare” e “saper essere”sono due aspetti del concetto dicompetenza su cui tutti gli autoriconcordano: vengono percepitiormai come qualità di valore pra-tico superiore rispetto alla esclusi-va dimensione delle conoscenze

Brunella LongoPanta Rei, Milano

[email protected]

Il Metododelle competenze

Una prospettiva per le biblioteche e i servizidi informazione e documentazione

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dichiarative. L’introduzione di que-sta nozione di competenza nelmondo della scuola, dove attual-mente convive con l’approccio“per materia” della progettazionedidattica, costituisce per molti stu-diosi e professionisti del settoreuna rivoluzione comparabile a ciòche è stata, per il mondo occiden-tale, la nascita delle università. Perusare le parole di Edgar Morin,pensare all’istruzione e all’educa-zione in termini di competenze enon di contenuti significa “armareogni mente nel combattimento vi-tale per la lucidità”, ovvero inse-gnare agli individui ad apprenderelungo tutto l’arco della vita, a si-tuare delle conoscenze in un con-testo, a utilizzare risorse interioriper affrontare le sfide della socie-tà aperta, globale, informazionalein cui viviamo:

La conoscenza non può essereconsiderata come un attrezzoready made, che si può utilizzaresenza esaminarne la natura. Così, laconoscenza della conoscenza deveapparire come una necessità pri-maria, volta a preparare e adaffrontare i rischi permanenti di er-rore e di illusione, che non cessanodi parassitare la mente umana. [...].È necessario sviluppare l’attitudinenaturale della mente umana a situa-re tutte le informazioni in un conte-sto e in un insieme. È necessario in-segnare i metodi che permettono dicogliere le mutue relazioni e le in-fluenze reciproche tra le parti e iltutto in un mondo complesso. [...]Bisogna apprendere a navigare inun oceano di incertezze attraversoarcipelaghi di certezza.2

– Il terzo significato, molto fre-quente oggi in Italia, è collegato alsecondo e considera la competen-za un “dispositivo” interoperabile,una sorta di ingranaggio linguisti-co decisivo nel sistema di certifica-zione che si sta sviluppando a se-guito della riforma dell’istruzione edella formazione.3

Nel definire l’oggetto della certifica-

zione dei processi formativi, il legi-slatore italiano prevede infatti che:

al fine di definire con criteri omo-genei il patrimonio conoscitivo edoperativo degli individui, per com-petenza certificabile [...] si intendeun insieme strutturato di conoscen-ze e di abilità, di norma riferibili aspecifiche figure professionali, ac-quisibili attraverso percorsi di for-mazione professionale, e/o espe-rienze lavorative, e/o autoforma-zione, valutabili anche come credi-ti formativi.4

Dalle “competenze certificabili”sono escluse le competenze tra-sversali o qualità personali.

Il metodo originale degliallievi di McClelland

Il MdC (Metodo delle competen-ze) si è sviluppato negli anniSettanta a partire dalle ricerche diuno psicologo della personalità,McClelland,5 dapprima nelle mul-tinazionali americane e nel de-cennio successivo in tutto il mon-do aziendale anche europeo. Que-sto metodo è stato a lungo citatoin letteratura anche come movi-mento, per la natura innovativa ri-spetto ai metodi tradizionali (tay-loristici, fordisti ecc.) di gestionedelle risorse umane nelle impresee alla tradizione burocratica, eticae legale della pubblica ammini-strazione.Il MdC ha il fine di individuare,misurare, sviluppare comporta-menti “di successo” all’interno diun’organizzazione, ossia funziona-li a raggiungere obiettivi di eccel-lenza e a garantire “risultati” (eco-nomici, di efficacia, di gradimento,di prestigio, di immagine ecc.). Secondo il MdC, la competenza è:

una caratteristica intrinseca dell’in-dividuo che è causalmente correla-ta a prestazioni efficaci o superioriin un certo ruolo o situazione.6

La competenza risulta quindi vin-colata anzitutto alle qualità perso-nali dell’individuo e si manifesta inun rapporto di causalità con l’am-biente organizzativo. La “presta-zione” che permette di inferire unacompetenza viene considerata, in-fatti, in relazione a tre aspetti:1) un preciso contesto o ambienteorganizzativo;2) obiettivi espliciti, assegnati a uncerto ruolo o posizione;3) comportamenti specifici che de-terminano l’efficacia della presta-zione stessa.L’approccio proposto dal MdC per-mette di mettere al centro dell’or-ganizzazione del lavoro, quantomeno sul piano teorico, il soggettoe di considerare i processi di lavo-ro più importanti delle struttureformali, gerarchiche. Scrive Auteri,7

uno dei maggiori esperti italiani digestione delle risorse umane, aproposito del cambiamento diparadigma che si è verificato nel-l’organizzazione del lavoro negliultimi vent’anni, cui il MdC ha in-dubbiamente contribuito:

I risultati che assicurano la compe-titività dell’impresa dipendonosempre meno dall’organizzazioneformale disegnata per raggiungerlie sempre più dalle persone inquanto tali, meno classificabili nel-le caselle di un organigramma e neiconfini certi e rassicuranti di unaposizione, e più preferibili a ruoliin continua evoluzione, e, dunque,a un sistema di competenze damettere in campo. [...] In questaprospettiva, per le imprese diventavitale – per garantirsi l’eccellenzadelle competenze necessarie a so-stenere le sfide del business – nonsolo tenere alta l’attenzione sui ri-sultati di lavoro e quindi delle pre-stazioni dei singoli e delle varieunità, ma anche individuare, man-tenere e sviluppare quello che lepersone sanno, quello che sannofare e come lo sanno fare.

Scoprire “quel qualcosa in più”che determina le prestazioni eccel-

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lenti è stato lo scopo delle ricerchecondotte a partire dal 1982 daBoyatzis, Goleman, Spencer e altriallievi di McClelland, riuniti in unasocietà, la McBer, successivamenteacquisita da un grande gruppo diconsulenza di direzione (HayGroup). I ricercatori si concentrarono sul-l’analisi del contesto di lavoro eusarono un metodo di ricerca ope-rativa che permetteva la condivi-sione dei risultati con il personaledelle aziende. Un presupposto delmetodo è, infatti, che l’ambienteorganizzativo consenta alle perso-ne di esprimere, ma anche di ap-prendere e di maturare, dinamica-mente, una competenza. La misu-razione delle competenze divienepossibile adottando una metodo-logia che si compone di sei fasi di-stinte, nelle quali vengono coin-volti esperti e gruppi di soggettiche si ritengono in possesso dicompetenze a vari livelli. I soggetti da coinvolgere rientranoin tre categorie:– gli esperti: discutono e definisco-no un “inventario” ideale di com-petenze che ritengono possano as-sicurare prestazioni di livello supe-riore; – il gruppo di controllo: si trattadelle persone che formano il cam-pione della ricerca. Il gruppo devecomprendere sia gli outstandingperformers, cioè le persone che siriconoscono come capaci di pre-stazioni eccellenti, sia i lavoratoriin grado di assicurare una perform-ance nella media. Il gruppo di

controllo non dovrebbe essere in-feriore alle 20 unità complessive;– gli osservatori (valutatori e ricer-catori esterni all’organizzazione):effettuano le rilevazioni e curanotutto il procedimento di ricerca,con particolare attenzione per leinterviste: queste devono, infatti,“catturare” la descrizione dei com-portamenti di successo in partico-lari situazioni critiche da parte de-gli outstanding performers (inter-viste sull’episodio comportamenta-le, o Behavior Event Interview, alcentro della fase più operativa del-la ricerca). La classificazione dei diversi livellidi competenza è effettuata su unascala di valutazione che permettedi ottenere degli “indicatori dicompetenza”.Su queste misurazioni quantitativesi basano successive analisi ed ela-borazioni di strategie e i piani perlo sviluppo, la formazione e la va-lutazione. In definitiva il MdC deriva la suaaffidabilità dal coinvolgimento de-gli interessati e da una forte co-struzione del consenso tra coloroche lo utilizzano, introducendonell’ambiente organizzativo unacultura riflessiva e autovalutativache innesca consapevolezza sull’a-gire orientato al raggiungimento diobiettivi.Secondo Richard Boyatzis 8 lecompetenze fondamentali degliesseri umani non sono poi molte enon cambiano così rapidamente:esse si possono modificare neltempo e nello spazio, se e quando

l’individuo scopre come organiz-zarle in base a schemi9 d’azionesempre più sofisticati per rapidità,complessità, dettagli. Nella formulazione generale piùaggiornata che il brillante espertoamericano ha avuto occasione dipresentare proprio in Italia, nel2000,10 si tratta di ventuno compe-tenze, raggruppate in tre cluster(tabella 1).Secondo altre formulazioni piùadatte al mondo aziendale, prece-denti a questa e diffuse dal grup-po Hay11 (tabella 2), i cluster di in-teresse generale possono esseresei e le competenze diciassette: èinteressante notare come in questosecondo schema – che evidenziamaggiormente le competenze ma-nageriali e le capacità di assistenzae di servizio – vengono menziona-te alcune competenze trasversalidi particolare interesse per i ruolidi bibliotecario e documentalista.Si tratta della ricerca informativa,considerata come una delle varia-bili chiave del processo generaledi problem solving, intesa come“capacità di realizzazione e opera-tiva” e dell’orientamento al clienteche qualifica la capacità di assi-stenza e servizio. Riferendosi alla leadership, Boyatzise colleghi hanno individuato di-ciotto competenze, aggregate inquattro cluster:12 consapevolezzadi sé, gestione di sé, consapevo-lezza sociale, gestione dei rappor-ti interpersonali. E così via, i clus-ter delle competenze universalipossono essere molteplici, in rela-

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Tab. 1 - Le ventuno competenze universali

Capacità cognitive Abilità nelle relazioni Autogestione– Uso dei concetti (pensiero concettuale) – Empatia – Orientamento al risultato – Pensiero analitico / sistemico – Obiettività sociale (sensibilità culturale) – Pianificazione– Riconoscimento di schemi – Influenza sugli altri – Spirito di iniziativa – Analisi quantitativa – Costruzione di legami – Attenzione ai dettagli – Uso della tecnologia – Gestione dei conflitti – Autocontrollo– Comunicazione scritta – Leadership e lavoro di gruppo – Flessibilità

– Sviluppo degli altri – Fiducia in se stessi / Autostima– Comunicazione orale

Fonte: Boyatzis, 2000

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zione all’utilità pratica che esse as-sumono in un contesto. Il modo con cui le persone e le or-ganizzazioni assemblano le com-petenze nei diversi ruoli, tempi esituazioni lavorative determina la“ricetta” per ottenere comporta-menti eccellenti. Ad esempio, èstato dimostrato che chi possiede“forti” competenze di orientamen-to all’efficacia, pianificazione, ini-ziativa, attenzione ai dettagli, ge-stione delle persone (empatia, in-fluenza o persuasione, negoziazio-ne, costruzione di rapporti, fiduciain se stesso, gestione del gruppo,sviluppo degli altri) e ragionamen-to analitico è in grado di offrireuna prestazione superiore soprat-tutto nella funzione dove ha matu-rato un’esperienza tecnico-profes-sionale (marketing, amministrazio-ne, sistemi informativi o, per rife-rirci al mondo bibliotecario, acqui-sti, catalogazione, reference ecc.).L’esistenza dei cluster delle com-petenze universali ha favorito ladiffusione e la conoscenze delMdC. La McBer è stata imitata daistituti di ricerca e società di soft-ware che hanno introdotto il me-todo con il supporto di modelli,database e programmi volti a ren-dere più facili e semplici da im-plementare le fasi operative dellaricerca o addirittura... a farne ameno, dando luogo a una infinitàdi “varianti” del MdC. Una ricercaISVOR Fiat ha individuato, nel2000, diciotto metodologie distin-

te, utilizzate da altrettante societàdi consulenza italiane negli ultimidieci anni, e conosciute con l’eti-chetta “Metodo delle competen-ze”. Molto note, ad esempio, sonostate le ricerche dello Studio Metadi Bologna, che ha supportato illavoro sulle competenze distintivedi alcuni ruoli nella Regione EmiliaRomagna, durato diversi anni, maanche gli interventi della societàPLAN volti a definire piani di svi-luppo delle risorse umane a parti-re dall’analisi del fabbisogno for-mativo e in base al citato concettodella competenza “una e trina”.Data questa eterogeneità di meto-di c’è chi dubita che esistano “so-luzioni” scientifiche affidabili pergestire le competenze delle perso-ne.13 D’altro canto, malgrado lecritiche (all’impianto originario dimatrice comportamentista, ai costie alla circolarità di alcuni assunti:chi valuta i valutatori? chi nominagli esperti?) il successo del MdCsembra indiscutibile nelle grandiimprese come la General Electricche lo hanno ormai adottato davent’anni.Esistono inoltre riforme di ampiorespiro in ambito pubblico chehanno scelto il MdC come “piatta-forma” per promuovere innovazio-ni sociali, applicandolo cioè a in-tere famiglie professionali più chea particolari luoghi e contesti or-ganizzativi: in Gran Bretagna, adesempio, il governo Blair nel 2000ha affidato alla Hay una ricerca

sulle caratteristiche dell’insegna-mento efficace, i cui principali ri-sultati sono stati tradotti anche inItalia dall’Associazione dei docenti(ADI).14

In Italia, si ispirano al MdC o ad al-cune sue “varianti”, nuove praticheintrodotte nella gestione delle risor-se umane di diverse pubbliche am-ministrazioni, come il sistema di va-lutazione del personale dell’Agen-zia delle entrate (SIRIO) e, proprionel settore delle biblioteche, inda-gini sui profili professionali, comele ricerche SATEF commissionatedalla Regione Lombardia.

Le competenze trasversali dei professionisti dell’informazione

Nelle recenti linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo della bi-blioteca pubblica nella società del-l’informazione si trovano indicaticome requisiti del personale l’atti-tudine ai rapporti interpersonali, laconoscenza della realtà sociale, ladisponibilità al lavoro di gruppo,la competenza nelle pratiche enelle procedure dell’organizzazio-ne di appartenenza.15

Si tratta di competenze trasversalisulle quali sembra di poter direche oggi si gioca il riconoscimentodell’identità professionale non so-lo degli operatori delle bibliotechepubbliche ma più in generale delcybrarian. Uso qui questo termine

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Tab. 2 - Le diciassette competenze chiave in azienda

Capacità di realizzazione e operative Competenze d’influenzamento Competenze manageriali– Orientamento al risultato – Influenza sugli altri – Sviluppo degli altri– Attenzione ai dettagli – Sensibilità culturale – Leadership e lavoro di gruppo– Spirito di iniziativa – Costruzione di legami – Ricerca di informazioni

Capacità di assistenza e di servizio Competenze cognitive Competenze di efficacia personale– Empatia – Pensiero analitico – Autocontrollo– Orientamento al cliente – Pensiero concettuale – Flessibilità

– Capacità tecnica – Fiducia in se stessi / Autostima – Impegno verso l’organizzazione

Fonte: Hay Group, 1993

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con riferimento alle varie articola-zioni della figura del “professioni-sta dell’informazione” (biblioteca-rio, documentalista, informationofficer, analista, ricercatore, know-ledge manager o archivista) cosìcome hanno fatto a livello interna-zionale molti autori soprattutto trail 1993 e il 1999. Proprio il dibatti-to che negli ultimi dieci anni ha vi-sto schierarsi da un lato cybrar-ians e dall’altro coloro che espri-mevano posizioni più conservatri-ci16 ha avuto il merito di far matu-rare nella cultura anglo-americana(Stati Uniti, Canada, Australia, GranBretagna) nuovi curricula formati-vi e standard di competenze, conil contributo delle associazioni pro-fessionali.In questa direzione si è mossaper prima la statunitense Special Li-braries Association (SLA) che nel1996 ha prodotto lo studio Compet-encies for special librarians17 su bi-

bliotecari, documentalisti e informa-tion brokers, in cui vengono indicateundici competenze “professionali” etredici competenze “personali”.Si tratta del primo approccio chedescrive in modo pragmatico, at-traverso esemplificazioni, le attitu-dini che permettono ai biblioteca-ri di lavorare in modo efficiente edi essere buoni comunicatori, con-centrati sull’apprendimento conti-nuo durante tutto l’arco della car-riera, consapevoli che il loro ruolorichiede una costante creazione divalore aggiunto da sviluppare nel-l’ambito delle relazioni con gliutenti finali dei servizi di informa-zione. In sintesi, il professionistadell’informazione:1) tende all’eccellenza nei servizi;2) affronta le sfide e vede nuoveopportunità sia all’interno sia all’e-sterno della biblioteca;3) ha una capacità di visione d’in-sieme;

4) cerca partnership e alleanze;5) crea un ambiente di rispetto efiducia reciproci, orientato alla ri-soluzione dei problemi;6) comunica in modo efficace;7) lavora bene in gruppo;8) favorisce la leadership propria edegli altri;9) pianifica, individua le priorità esi focalizza su ciò che è critico;10) è sensibile all’apprendimentocontinuo e alla pianificazione del-la propria carriera personale;11) ha spirito imprenditoriale ecrea nuove opportunità;12) riconosce il valore della colla-borazione professionale e della so-lidarietà;13) è flessibile e positivo.L’elaborazione del documento SLAsulle competenze ha risposto an-che a finalità di marketing di que-sta associazione, che gode di unabase molto ampia (15.000 membrinel 1996, il 60% dei quali impiega-

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ti in staff di ridotte dimensioni,con meno di 6 addetti, e circa il30% e il 50% delle persone impie-gate in biblioteche e centri di do-cumentazione monoposto), met-tendo in luce il reale impiego del-la figura professionale nelle orga-nizzazioni in un periodo così diffi-cile per questa posizione (vistaspesso come “ridondante” neinuovi assetti organizzativi che ten-dono ad appiattirsi, a diventareorizzontali e privi di funzioni distaff). Ma la sollecitazione al cam-biamento contenuta nelle Compe-tencies for special librarians ri-sponde a tre tendenze globali pre-senti in ogni contesto: la conver-genza digitale, il lavoro di gruppoin rete e la maggiore richiesta diresponsabilità per guidare la ricer-ca di eccellenza nelle prestazionilavorative. Se da un lato il documento dellaSLA non manca di ribadire l’im-portanza delle competenze tecni-co-specialistiche, dall’altro esso ri-conosce nelle competenze trasver-sali la risposta più adeguata da

parte dei professionisti dell’infor-mazione alle grandi trasformazioniin atto nel mondo del lavoro.Un passo oltre si è spinta, nel1999, dopo un lavoro durato cin-que anni, un’“alleanza” canadesecostituitasi tra le associazioni pro-fessionali dei bibliotecari, degli ar-chivisti, dei documentalisti e degliesperti di risorse umane. Questaalleanza ha prodotto una delle ri-cerche a mio parere più innovati-ve e interessanti nel panorama in-ternazionale sulle competenze delcybrarian.18 ALARM (Alliance ofLibraries, Archives and Record Management) ha classificato l’inci-denza delle competenze trasversa-li nel processo tradizionale delleattività biblio-documentarie, offren-do così un esempio molto concre-to di applicazione delle competen-ze universali definite dal MdC.Anche in Europa non è mancatal’attenzione verso le competenzetrasversali. L’esperienza europeacontinentale più significativa èsenza dubbio quella francese, chemerita di essere conosciuta attra-

verso la mediazione dell’ECIA(European Council of InformationAssociations, che riunisce associa-zioni di settore di vari paesi, comel’ASLIB per la Gran Bretagna ol’AIDA per l’Italia, senza peròcomprendere quelle più “tradizio-nali”, come l’AIB).Forte di un’associazione professiona-le (l’Association des professionnels,de l’information et de la documen-tation, ADBS) che da anni ricondu-ce sotto un cartello comune diffe-renti figure professionali con ap-procci specialistici al mondo del-l’informazione, del libro, della mul-timedialità, la Francia possiede lapiù elevata concentrazione di bi-bliotecari e documentalisti impie-gati nel settore pubblico e privato,nell’editoria, nelle organizzazioninon profit. Il progetto professiona-le e culturale dell’ADBS si è coro-nato nel 1992 con l’istituzione diuna scuola di specializzazionepost-universitaria, l’ENSSIB con se-de a Lione, alla quale possono ac-cedere laureati di discipline uma-nistiche o scientifiche. L’ENSSIB sipuò considerare come punto dieccellenza della ricerca sulle com-petenze del professionista dell’in-formazione francese.19

L’ADBS ha realizzato una prima ri-cognizione dei profili professiona-li esistenti del 1995:20 con questaindagine sono stati censiti dician-nove “mestieri-tipo”, presenti nelsettore pubblico e privato francesedella metà degli anni Novanta. Ilrepertorio ADBS è stato poi usatocome base del lavoro sulle com-petenze finanziato dall’Unione eu-ropea e promosso dall’ECIA, pub-blicato nella EuroGuida I&D21 sul-le competenze europee dei pro-fessionisti dell’informazione. Lamappatura “a tavolino” dell’Euro-Guida risente in modo predomi-nante del lavoro dei francesi maha il pregio di avere individuatotre gruppi di conoscenze e capaci-tà sicuramente presenti nelle pras-si di tutti i paesi europei.

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L’EuroGuida definisce sintetica-mente per la prima volta in Euro-pa, in appendice al lavoro princi-pale, le attitudini dei professioni-sti dell’informazione e della docu-mentazione. Queste vengono defi-nite come “disposizioni, naturali oacquisite, che inducono un com-portamento” e che “più ancora chei saperi teorici o applicati, assicu-rano l’efficienza di un professioni-sta e il suo buon inserimento in unambiente di lavoro”. Queste attitu-dini sono:1) facoltà di adattamento;2) capacità di analisi;3) senso di anticipazione;4) capacità di comunicazione;5) spirito critico;6) curiosità di spirito;7) spirito di decisione;8) capacità di ascolto;9) spirito di gruppo;10) spirito di iniziativa;11) senso dell’organizzazione;12) senso pedagogico;

13) perseveranza;14) rigore;15) capacità di sintesi.La finestra aperta sul fatto “che so-no proprio queste le attitudini chei datori di lavoro ricercano per pri-me” ci riporta alla definizione ori-ginaria del concetto di competenzadegli Spencer, base del Metododelle competenze. Possiamo forseconcludere che in Europa il MdCha fatto la sua prima apparizioneformale nel settore dell’informazio-ne e della documentazione propriocon l’EuroGuida I&D, il cui limite èpurtroppo il fatto di essere pococonosciuta al di fuori delle associa-zioni che fanno capo all’ECIA.L’attenzione che ha portato via viaa enfatizzare il ruolo delle compe-tenze trasversali nella formazionedel cybrarian si ritrova in molti al-tri gruppi di lavoro, studi e ricer-che prodotte in vari paesi. Le con-siderazioni emerse dai lavori dellaSpecial Library Association ameri-

cana, dell’ALARM canadese, dal-l’ECIA in Europa e di altre associa-zioni professionali – le cui vicendebastano da sole a testimoniare legrandi trasformazioni in atto comela chiusura “solo per ragioni eco-nomiche” della FID, la Federazio-ne internazionale della documen-tazione, o la fusione tra le associa-zioni dei bibliotecari e documenta-listi inglesi nella nuova CILIP – po-trebbero essere facilmente trasferi-te da un paese all’altro. Viene dunque da chiedersi se equanto incidano oggi le culturenazionali, con i loro diversi sistemieducativi tradizionali e i loro siste-mi socio-economici di riferimento,sulla identificazione delle com-petenze di una figura professiona-le che si confronta con standard eprassi ormai “globali”. Si può par-lare di internazionalizzazione delprofilo professionale del cybrar-ian ? The future of the Informationscience profession22 è il titolo di

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uno studio condotto in Israele ne-gli anni 1998-2000 con metodolo-gia Delphi e che può fornire qual-che risposta a questo proposito.L’indagine ha coinvolto quarantaesperti del settore provenienti daUSA, Canada, Israele, Europa, se-lezionati in relazione alla loro an-zianità professionale, posizione ri-coperta, pubblicazioni, ai quali èstato chiesto di valutare le proba-bilità e l’opportunità (“desiderabi-lità”) di ventiquattro tendenze evo-lutive della professione, previa-mente individuate attraverso l’ana-lisi documentale della letteraturaLIS internazionale. In sintesi, lostudio ha voluto monitorare:– la transizione da modelli tradi-zionali a biblioteche virtuali;– la transizione da un approcciotecnico a un approccio orientato ocentrato sull’utente;– le capacità richieste e i ruoli deiprofessionisti LIS. La maggior parte degli esperti in-terpellati ritiene che la bibliotecafisica continuerà a lungo a coesi-stere con la biblioteca virtuale (77%).Le biblioteche porranno semprepiù enfasi in futuro sui servizi al-l’utenza. Il livello di consenso sul-l’importanza che i bibliotecari sidedichino a comprendere i com-portamenti informativi delle perso-ne e le modalità con cui si consu-ma informazione è straordinario:l’85% del panel ritiene che sia mol-to opportuno (highly desirable) eil 73,8% ritiene questa trasforma-zione molto probabile. Le stessemodalità di relazione con l’utentevengono considerate rivoluzionateda Internet e dagli ambienti virtua-li: per l’85% del panel è altamentedesiderabile che i bibliotecari sidedichino all’utenza creando, col-tivando, “nutrendo” delle comuni-tà. Il 70% ritiene probabile che ibibliotecari lavorino sempre più insituazioni di telepresenza, comuni-cando con l’utenza via email, tele-fono e fax.Esiste un forte consenso sul fatto

che l’ambito dispecializzazioneriguarderà sem-pre più il pro-cesso di identifi-cazione, selezio-ne e valutazionedi fonti elettroni-che. Ma esistecontemporanea-mente ancheuna straordinariaconvergenza diopinioni sullanecessità che ilprofess ionis tadell’informazio-ne sappia agirein modo asserti-vo e proattivo esulla opportuni-tà che sappiapromuovere leproprie capacità e la propriafunzione in contesti differenti. Il90% del panel ritiene debba esse-re “altamente raccomandabile”aumentare le capacità di marke-ting e promozione dei servizi in-formativi.Le conclusioni dello studio coinci-dono con quelle di altri progettiangloamericani e internazionali.Dall’enfasi sulle competenze rela-zionali, sociali, di comunicazioneemergono nuovi ruoli e articola-zioni della figura che vanno dalruolo di analista e knowledge man-ager a quello di formatore o “teacher/librarian”.

La ricerca sulle competenze dei bibliotecari in Lombardia

L’evoluzione dei ruoli e delle pro-fessionalità richieste negli enti lo-cali in Italia è stata oggetto negliultimi anni di iniziative di ricercapromosse da diverse amministra-zioni pubbliche, con il coinvolgi-mento di centri e istituti pubblicie privati, delle rappresentanzesindacali e più raramente di asso-

ciazioni professionali, gruppi diprofessionisti ed esperti in singo-le aree. Il fenomeno ha riguardato anche ilmondo bibliotecario, come nel ca-so della Lombardia. I bibliotecaridi ente locale, e non solo di que-sta regione, sono oggi interessatida un complesso di innovazioninormative e gestionali di ampiaportata,23 non limitato alla solacertificazione delle competenzeprofessionali o alla definizione deiprofili professionali.La proliferazione, l’eterogeneità dimetodi, la sovrapposizione di ri-sultati, la frammentarietà degli in-vestimenti e soprattutto la finaliz-zazione delle iniziative in direzio-ne della certificazione delle com-petenze professionali sono di re-cente divenute oggetto di una spe-cifica attività di monitoraggio e co-ordinamento in seno all’ISFOL: ap-pare infatti fin troppo evidente ilrischio che per salvaguardare leautonomie, e nel rispetto dell’ac-cordo Stato-Regioni del 2000, ledifferenziazioni nella elaborazionedi profili di competenze rischinodi rimandare ancora quella stan-

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dardizzazione minima sui livelli diaccesso alle professioni che è unobiettivo della attuale riforma del-l’istruzione professionale e dell’e-ducazione ma che interseca anchela riforma delle professioni, da an-ni in fase di stallo in Italia. Le ricerche lombarde sulle compe-tenze dei bibliotecari di ente loca-le si inseriscono quindi in un filo-ne di iniziative intraprese con unapluralità di intenti, in uno scenariosovraffollato di provvedimenti nor-mativi diversi: da un lato c’è l’esi-genza di monitorare i bisogni diaggiornamento e formazione con-tinua del personale di biblioteche,archivi e musei, dall’altro l’urgenzadi orientare la progettazione di in-terventi del Fondo sociale euro-peo, mentre sullo sfondo c’è loscopo istituzionale di definire li-nee di indirizzo sui profili profes-sionali degli operatori dei serviziculturali, obiettivo previsto dalla

legge regionale di riordino del si-stema delle autonomie.24

Una prima desk research è statacommissionata dalla Regione Lom-bardia al CRORA Bocconi e si èconclusa nel 200025 con una map-patura del contesto evolutivo dellaprofessione bibliotecaria: attraver-so l’analisi della documentazioneesistente, italiana e internazionale(le raccomandazioni del Consigliod’Europa e dell’IFLA) e con unpanel composto da sette esperti eosservatori italiani, si è cercato dicostruire un “inventario delle figu-re professionali” operanti in Italianelle biblioteche, oltre che neimusei e negli archivi, al fine di for-nire agli enti locali delle racco-mandazioni per le assunzioni el’inquadramento delle varie figure. La ricognizione del CRORA rispon-deva anzitutto all’interesse per losviluppo di un “sistema culturaleintegrato” che ha dominato la po-

litica culturale lombarda nella se-conda metà degli anni Novanta.Sembrava una priorità, affatto su-perata oggi, riuscire a integrarel’offerta culturale rispetto a un ter-ritorio e/o pubblico di riferimentoe soprattutto spostare “l’accentosulla fruizione piuttosto che sul-l’efficienza del sistema”. Tale prio-rità appare nel 2003 un po’ deca-duta, o semplicemente posticipata,data l’urgenza di definire i profilidi competenze e i relativi titoli dicredito contemplati dalla riforma,seguendo l’approccio propostodall’ISFOL.Questa necessità di ricondurre aiprofili professionali la ricerca sullecompetenze porta nella direzioneopposta rispetto a un progetto in-tegrato, che prescinda cioè dagliinteressi particolari delle singole fi-gure coinvolte, mettendo al con-trario in risalto le differenze piùche gli elementi comuni.

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La ricerca CRORA ha indicatoquattro profili professionali (diret-tore di biblioteca o di altre istitu-zioni bibliotecarie di ente locale;bibliotecario; collaboratore biblio-tecario multimediale, previsto “perle mediateche e le biblioteche chehanno una sezione multimedialeconsistente”; assistente tecnico bi-bliotecario) di cui tuttavia non sisono fornite specifiche in terminidi competenze, conoscenze o abi-lità e attitudini. Stupisce che questaricerca, viste le sue finalità, non ab-bia preso in considerazione la cita-ta esperienza canadese ALARM.In definitiva la ricerca CRORA, a giu-dizio degli stessi estensori, non haprodotto indicazioni sufficienti a de-finire linee di indirizzo benché, co-me abbiamo già accennato nelle pa-gine precedenti, la quantità di mate-riale proveniente dalle esperienze dipaesi più sviluppati del nostro fossegià significativa negli anni 1998-1999. I ricercatori hanno concluso didover considerare il quadro delinea-to “provvisorio”, in attesa di una de-finizione formale dei profili profes-sionali per il settore. Mi pare che la riflessione si sia fer-mata proprio a questo livello didifficoltà, con un imbarazzanteanacoluto posto nella premessa delrapporto di ricerca finale CRORA:

data la generale scarsa disponibili-tà di informazioni e documentazio-ni sul tema dei profili e delle figu-re professionali in Italia, quanto quipresentato può essere consideratosolo una base su cui impostare unaricerca empirica che si dovrà pro-porre richiedere [sic!] alle singoleistituzioni [per avere?] informazioniprecise sulle figure che operano alloro interno.26

Nonostante le conclusioni, è signi-ficativo che la ricerca CRORA abbiaindividuato un’area di criticità dellavoro del bibliotecario di ente lo-cale, quando afferma che la priori-tà di questa figura è l’assistenza alcliente. Questa

comprende le atti-vità di indirizzo,orientamento, assi-stenza all’utente nelsuo processo di ri-cerca delle informa-zioni. Si tratta di at-tività molto criticheper l’immagine del-la biblioteca, pur-troppo spesso dele-gate a personalenon adeguatamen-te preparato. L’im-magine di serviziodella biblioteca nerisulta in questo ca-so fortemente dan-neggiata.27

Sulla criticità dellerelazioni con l’u-tenza che chiama-no in causa com-petenze trasversa-li converge tutta l’ampia casisticadi ricerche e studi citati e non(unica inquietante eccezione è for-se il rapporto CREMISI, che preve-de l’istituzione di ruoli distinti inrelazione ai supporti, come adesempio il “tecnico-informatico in-terfaccia front-end”).28

Negli anni successivi la RegioneLombardia ha intrapreso nuove ri-cerche realizzate dalla SATEF, unasocietà di ricerca e consulenza chepropone una propria metodologiaper portare avanti la ricerca empi-rica suggerita dal rapporto CRORA.I risultati delle ricerche SATEF sonostati in parte già pubblicati29 e inparte sono ancora in fase di elabo-razione, soprattutto per quanto at-tiene al Dizionario delle competen-ze, che riguarda i profili professio-nali individuati. Accanto a questoobiettivo prioritario se ne è nel frat-tempo aggiunto un altro, e cioè larilevazione dei bisogni formativi,oggetto di sperimentazione nel2002-2003 nella sola provincia diBrescia e che ha permesso di met-tere in pratica il modello e la meto-dologia SATEF anche a questo fine.

Il risultato del consistente lavorodi ricerca su più fronti paralleli sipuò pertanto esaminare per ora,solo parzialmente, riguardo gliaspetti di impostazione strategica emetodologici.Per le conclusioni operative e perpoter esprimere una valutazionecomplessiva di questo genere diindagine occorre attendere la pub-blicazione completa di tutta la do-cumentazione e soprattutto le suc-cessive iniziative da parte delleamministrazioni coinvolte. Emerge, per il momento, la crea-zione di un impianto di inedita eaffascinante complessità concettua-le che però all’atto pratico, a dettadegli stessi autori, ha prodotto so-lo l’esigenza di ulteriori fasi di ri-cerca sul campo, questa volta subase provinciale, al fine di compie-re verifiche sulla metodologia e laspendibilità di questo approcciosul territorio. Il primo interrogativo che suscitatale impianto è infatti se esso nondebba misurarsi a livello nazionalecon altri approcci metodologici alfine di assicurare la spendibilità

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dei risultati. Malgrado la riformadel Titolo V della Costituzione, mipare improbabile che i bibliotecaridi ente locale di qualsiasi provin-cia lombarda debbano avere curri-cula formativi così distanti daquelli dei bibliotecari di un’altraregione, al punto da richiederemappature di competenze analiti-che, su base provinciale, comemomento iniziale di una progetta-zione ad hoc. Altra cosa è, invece,la rilevazione dei fabbisogni for-mativi nel breve periodo per esi-genze di formazione continua, percui si dovrebbero individuare nongià metodi di ricognizione sistema-tica, economici, efficaci e non cer-to una tantum, noti da alcuni de-cenni in letteratura, quanto moda-lità di implementazione di quelleesigenze da parte dei soggetti isti-tuzionali coinvolti e del loro per-sonale (singoli comuni, sistemi bi-bliotecari e amministrazioni pro-vinciali).Il secondo interrogativo è se nonsia più opportuno, vista la rapiditàcon cui evolve il contesto normati-vo italiano negli ultimi anni (inuna situazione cioè di profonde ri-forme istituzionali che vanno dalladevolution al sistema educativo eall’apparato burocratico centrale eperiferico dello stato), un approc-cio modulare invece che sequen-ziale, con il vantaggio di esaurirein tempi brevi qualche obiettivo epoter introdurre immediatamentenel sistema bibliotecario regionaleelementi di innovazione dei servi-zi offerti dalle strutture biblioteca-rie ai cittadini. Se è vero che “la ricerca non ha fi-ne”, per dirla con Popper, sarebbeforse il caso di specificare quali fi-ni della ricerca sono stati raggiun-ti prima di proseguire con ulterio-ri fasi. Il modello di competence manage-ment (governo delle competenze)predisposto dalla SATEF contienesuggestioni che riprendono il mo-dello della competenza “una e tri-

na” dell’ISFOL, il metodo dellecompetenze di successo della Haye il bilancio di competenze allafrancese. Ma si tratta evidentemen-te di tre modi di concepire la ri-cerca e l’azione sulle competenzenei settori dell’educazione, dellaformazione professionale e dell’or-ganizzazione del lavoro completa-mente diversi. Non giova, inoltre,alla comprensione del modello ilfatto di voler sperimentare ancheapprocci tipici del mondo azienda-le (soprattutto quelli della metodo-logia Plan), partendo dall’analisidei processi di lavoro invece chedagli episodi comportamentali disuccesso o da altri indicatori di ef-ficacia e di efficienza dei serviziper definire i fabbisogni formativi.L’indagine svolta nella provincia diBrescia sembra proprio tener con-to di questo primo limite, e pro-pone un completo ribaltamentometodologico: non si parte piùdalla definizione dei processi di la-voro ma dalle interviste ai top per-formers.L’intera costruzione SATEF fa quin-di riferimento ai processi produtti-vi “ideali” del settore specifico,mentre con la “verifica” del model-lo nelle varie realtà provinciali as-sistiamo a un completo ribaltamen-to metodologico: i processi “pro-duttivi” sono stati ricostruiti a tavo-lino dal gruppo di ricerca formatoda ricercatori, committenti e alcuniesperti esterni e sono in definitivaricondotti alla catena documenta-ria, iter del libro o altra espressio-ne con cui si designa da circa ven-t’anni un modo di lavorare in bi-blioteca e nei centri di documenta-zione. Questo modello non esistepraticamente più se non in formeburocratizzate all’interno dei centridi grandi dimensioni. Per esempio,sono poche le singole bibliotechedi ente locale dove si svolgono an-cora attività di catalogazione, e alcontrario molte le realtà in cui i bi-bliotecari si occupano di n proces-si di lavoro che fanno capo a di-

versi settori dell’ente di apparte-nenza. Le competenze necessarie all’eser-cizio della professione sono statescomposte nei loro elementi costi-tutivi (conoscenze, capacità e com-portamenti) e riaccorpate in clu-ster a seconda dei loro scopi. Cosìfacendo la ricerca offre alla Regio-ne gli elementi per l’orientamentodella formazione universitaria deibibliotecari, la definizione di profi-li professionali e di livelli di in-quadramento del personale, la de-finizione di obiettivi operativi e si-stemi di valutazione ecc., ma sen-za riferimento a processi di lavororeali.Lo studio comprende una “map-pa sintetica” delle competenzenecessarie all’esercizio della pro-fessione di bibliotecario,30 utiliper la progettazione di curriculaformativi (tabella 3). La mappafornisce indicazioni sul livello mi-nimo di competenze che il perso-nale dovrebbe assicurare in ognicontesto bibliotecario di ente lo-cale, a prescindere cioè dalle di-mensioni geografiche. Si notal’assenza di riferimenti a lineeguida e standard internazionali onazionali (per esempio i curricu-la Unesco).L’identificazione delle unità dicompetenza deriva da una fortetensione analitica, ma pare eviden-te che questo sforzo porta con séanche il rischio inevitabile di al-lontanarsi dall’area concreta dellaprestazione (dei comportamenti) edi favorire, improduttivamente,l’attenzione agli elementi astrattidel modello che i componenti delpanel intervistato danno per scon-tati nel loro modello mentale dellavoro bibliotecario: in definitivasembra quasi che sia il costrutto dicompetenza in sé e per sé a esse-re studiato, più che quello che ci siaspetta dai bibliotecari.Conoscenze e abilità sono statescomposte in conoscenze disci-plinari generali, conoscenze teo-

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riche specifiche del settore, meto-dologie professionali, tecnicheoperative di base, metodologie eprocedure operative specialisti-che. Così troviamo indicate comeconoscenze disciplinari generalitredici discipline, tra cui si distin-gue l’assenza dell’informatica edelle telecomunicazioni e la pre-senza di statistica o teorie dell’or-ganizzazione:1) Elementi di pedagogia2) Elementi di statistica applicata3) Elementi di sociologia4) Elementi di comunicazione dimassa5) Marketing strategico6) Teorie di riferimento sui sistemidi gestione della qualità (ISO,TQM, MCQ)7) Approccio sistemico e organiz-zazione aziendale8) Elementi di contabilità generale,analitica e di controllo9) Elementi di diritto amministrativo10) Psicologia della comunicazione11) Psicopedagogia della lettura12) Teorie dei cambiamenti sociali13) Lingua ingleseLa definizione dei comportamenticomprende l’indicazione di diecicompetenze che si riducono a cin-que per quanto concerne i tratti dicompetenza “essenziali e irrinun-ciabili” a tutti i livelli dimensionali:1) solidarietà con l’équipe e colla-borazione;2) flessibilità e adattamento aicambiamenti;3) cortesia e accoglienza verso l’u-tente;4) centratura sui risultati e sulla so-luzione dei problemi;5) saper gestire imprevisti edemergenze;6) rispettare le scadenze – orga-nizzare il proprio tempo;7) valorizzare e responsabilizzare icollaboratori;8) promuovere la comunicazioneinterna e la diffusione delle infor-mazioni;9) curare l’autoaggiornamento e losviluppo delle competenze;

10) garantire un costante autocon-trollo di qualità.Rimane impossibile per ora com-prendere quali eventi comporta-mentali, quali prestazioni eccel-lenti o quali situazioni tipo si pos-sono mettere realisticamente inrelazione con la mappa dellecompetenze, il cui unico obiettivosembra essere quello di giustifica-re la definizione di nuovi livelli diprofili professionali per il bibliote-cario di ente locale. Siamo ancoraall’anacoluto della premessa delCRORA?La ricerca ci propone cioè una de-finizione dei livelli delle compe-tenze “essenziali e irrinunciabili”,ma non permette di comprenderecome interpretarla e in relazione aquali dati empirici, evidenze, crite-ri, ipotesi di organizzazione del la-voro, alcune voci siano classificatecome conoscenze, abilità e attitu-dini comportamentali “irrinuncia-bili”, e non altre. La complessitàdell’approccio deduttivo, e un po’astratto, di questa prima fase dellericerche SATEF viene in partestemperata da altri due aspetti chefortunamente vanno invece in unadirezione opposta, ossia quella disuggerire possibili usi di tutto illavoro svolto finora in risposta aesigenze concrete degli operatorilocali.1) La costruzione di un “alberodelle competenze” del “responsa-bile della biblioteca” permette agliamministratori degli enti locali diinterpretare più facilmente la map-patura delle competenze e di co-struire, nel loro contesto, il profiloche serve.L’albero delle competenze SATEFprende a prestito la nota metaforadi Authier e Levy, la astrae dal suosignificato originale, sociologico epedagogico, e la impiega per vi-sualizzare una prima corrispon-denza tra gli elementi di compe-tenza individuati e i profili e livel-li professionali (che il Dizionariodelle competenze dovrebbe per-

mettere di precisare in un secondotempo). Il fine di questa rappresentazionepuò essere quello di supportare iprocessi di reclutamento e valuta-zione del personale degli enti lo-cali, un’idea molto semplice e diimpatto immediato. Il limite del-l’approccio sembra consistereunicamente nella staticità della fo-tografia di partenza: essa fa riferi-mento a processi di lavoro chenon rendono l’idea della naturaevolutiva del servizio biblioteca-rio pubblico in ente locale cuiproprio il responsabile dovrebbefare fronte, dopo e durante la par-tecipazione a iniziative di forma-zione continua e sviluppo profes-sionale.2) L’oggetto del secondo ausiliointerpretativo è la “centratura sul-l’utenza”.31 Con una rappresenta-zione visuale efficace (la metaforautilizzata è il mirino di una mac-china fotografica) si propone dimettere a fuoco la “presa in caricodell’utente e del suo bisogno in-formativo”, considerata il noccio-lo della professionalità del respon-sabile della biblioteca di ente loca-le. Ciò significa, in pratica, che inun gran numero di enti locali do-ve il servizio bibliotecario vieneassicurato da uno o due addetti, lapercezione dell’utilità sociale delservizio o la misurazione della suaefficacia potrebbero strettamentedipendere dalla capacità del per-sonale di assistere l’utente nelle at-tività di ricerca, di rispondere adomande selezionando e acceden-do a fonti elettroniche just in time,e da capacità di risolvere problemiinformativi di varia origine e natu-ra. Si tratta, del resto, di conside-razioni note agli addetti ai lavori,già emerse come punto di arrivodella precedente ricerca CRORA ealtri studi. Le capacità di gestire “la catena deiprocessi di una biblioteca” potràinvece, secondo i ricercatori dellaSATEF, continuare a essere un

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punto di riferimento per la profes-sionalità del responsabile nei cen-tri di maggiori dimensioni.Fin qui la ricerca SATEF ha avutouna valenza soprattutto culturale.Il suo vasto impianto metodologi-co, per certi versi affascinante, hapermesso ad alcuni referenti dellebiblioteche degli enti locali lom-bardi di familiarizzare con proble-matiche quali la progettazione del-la formazione e la definizione dicompetenze, e di sperimentare unapproccio riflessivo e autovalutati-vo alla propria attività. Tuttavia lacomplessità di queste ricerche cele fanno apparire incompiute, talida suscitare aspettative e al tempostesso creare delusioni. Dall’appli-cazione concreta alla definizionedi profili professionali specifici,con la divulgazione del Dizionariodelle competenze, e dall’analisi delfabbisogno formativo nei singolicontesti provinciali ci si aspettaora contributi maggiormente inci-sivi e costruttivi.

Conclusioni

Il Metodo delle competenze oggipuò suscitare qualche insofferenza,diffidenza, sospetto. Malgrado ilsuo indubbio successo nel mondoaziendale e le sue buone “entratu-re” nel mondo pubblico si presta ainterpretazioni e applicazioni stru-mentali e in ogni direzione.Esso viene spesso associato a unainfinità di sollecitazioni, stimoli, ri-chieste che ci spronano a cambia-re qualcosa della nostra esistenzae delle nostre azioni, sotto formadi elenco prescrittivo di cose chedovremmo conoscere e saper fare,di fattori di cui dovremmo tenerconto nel prendere decisioni, dicomportamenti che dovremmo as-sumere rapidamente dinanzi a si-tuazioni critiche, di criteri che do-vremmo saper applicare per ana-lizzare e valutare informazioni, ecosì via. Ma quando non è ridotto

a una lista di controllo, il MdC por-ta a comprendere non solo che co-sa potremmo apprendere per faremeglio le cose che già facciamoma anche, e soprattutto, chi siamoe che cosa sappiamo fare e qualialtre opportunità abbiamo di“spendere” ciò che siamo e ciòche conosciamo. Si comincianocosì a mettere in pratica le primescoperte che la scienza ha fatto inquesto ambito negli ultimi vent’an-ni, dopo un secolo di suggestiveteorie filosofiche, psicologiche esociologiche, sul “circuito dell’e-mozione” e sul rapporto tra cer-vello umano e conoscenza.È con questa autentica funzione digrimaldello del cambiamento e distrumento di apprendimento cheil metodo di Boyatzis e soci, pas-sando attraverso le esperienze de-gli special librarians o documen-talisti d’impresa tra la fine deglianni Ottanta e i primi anni Novan-ta, è entrato anche nella comunitàLIS, fino a gettare una nuova lucesulle qualità richieste al personaledi tutti i servizi di informazione,ricerca e documentazione, biblio-teche pubbliche comprese, in ter-mini di attitudini, atteggiamenti,disponibilità al dialogo e alla co-struzione negoziata di nuove for-mule di servizio che tengono inmassima considerazione la com-petenza bibliografica. Proprio que-st’ultima è all’origine della profes-sionalità di bibliotecari e docu-mentalisti intesi in senso moder-no, non più cioè schiavi al servi-zio dell’affermazione del potere diturno (imperatori, monaci, princi-pi o re) ma, mi sia consentita l’im-magine un po’ retorica, paladinidella democrazia e del diritto al-l’informazione e primi utenti, trapari, della ricerca intesa come stru-mento di conoscenza. Oggi il contesto socioeconomicoin cui si colloca la nostra azioneprofessionale richiede un approc-cio nuovo. Oltre a essere strumen-to di conoscenza, la ricerca serve a

se stessa: è diventata strumento dicompetizione, alla base di un nuo-vo modello di sviluppo socioeco-nomico (informazionalismo) e for-se anche di un’epoca di civiltàassai diversa dalle precedenti.Il concetto di competenza è cosìdiventato il catalizzatore delle ri-flessioni sul ruolo e sull’evoluzio-ne dell’identità di molte professio-ni. Il cybrarian è simbolo di unaprofessionalità in divenire che sipropone di integrare oltre un se-colo di studi scientifici e di teorieempiriche, per agire in modo effi-cace in una pluralità di contesti fi-sici e virtuali, superando non sologli specialismi via via elaborati nel-le discipline di riferimento (biblio-grafia, biblioteconomia, documen-tazione o scienza dell’informazio-ne) ma anche la stessa nozione dispecialismo.Quando si considerino l’orienta-mento al risultato, la pianificazio-ne di nuovi servizi, la fiducia in sé,l’attenzione ai dettagli, l’autocon-trollo, l’essere proattivi come com-ponenti essenziali dell’agire pro-fessionale, appare meno urgentecontrastare l’avanzata di altri spe-cialismi nel nostro territorio d’azio-ne o la crisi di processi, prassi,procedure tecniche che riteneva-mo, razionalmente, incrollabili.Forse stiamo scoprendo che ilprincipio di razionalità limitata siapplica anche al mondo bibliote-cario! Diventa meno urgente, allaluce di queste riflessioni, intrappo-lare il “chi siamo” in una definizio-ne dei profili professionali che al-l’inizio rischia di essere una foto-grafia sbiadita, un “come eravamo”e di farci cadere in un meccanismodi credenziali, più che di compe-tenze, riconosciute.Servono pochi e semplici tratti diidentità professionale e che sianocompresi, accettati e spendibilinel maggior numero possibile dicontesti pubblici e privati. Tutto ilbagaglio del sapere tecnico dei bi-bliotecari e dei documentalisti de-

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ve diventare oggetto di “sottrazio-ne di peso”, di revisione e di ri-pensamento. Dobbiamo capirecome trasferire ad altri, distribuirenel modo più ampio e pervasivopossibile, pratiche e strumenti chestoricamente ci appartengono mache noi stessi oggi dobbiamo rein-ventare perché possano servire astrutturare e rendere efficiente edefficace il lavoro intellettuale nellasocietà dell’informazione. È que-sto il senso ultimo, ad esempio,delle innovazioni che si stannocompiendo in aree molto tecnichecome la catalogazione e i metada-ti, il controllo terminologico e ithesauri. La priorità educativa e politica del-l’information literacy, o alfabetiz-zazione informativa, inizia a esse-re oggetto di intervento anche inItalia, in funzione di questo allar-gamento di interesse per le temati-che dell’informazione e della mediaeducation da parte della scuola,delle imprese, della pubblica am-ministrazione: queste tre aree pro-cedono sia pure con lentezza econtraddizioni a recuperare il gapnell’uso delle tecnologie dell’infor-mazione e della comunicazione edei servizi informativi che contrad-distingue l’Italia. Non contrastiamoquesti fenomeni, non cerchiamoconfini, dazi, protezionismi che ciisolino ulteriormente dalla comu-nità internazionale!Gli specialisti dell’informazionehanno riconosciuto che il loro suc-cesso professionale nel mondo dioggi dipende anche e soprattuttodal possesso di competenze tra-sversali. Il Metodo delle compe-tenze ci può guidare a scoprirecome fare a mantenere una forteidentità professionale, a conquista-re più potere nella società dell’in-formazione (perché questo è ilpunto chiave) e allo stesso tempo“perdere peso”, liberarsi di una za-vorra di atteggiamenti, chiusure erivendicazioni che allontano ilcybrarian dall’utenza e trattengo-

no l’innovazione in un cortile au-torefenziale e conservativo. Aspet-tative di riconoscimento del ruolodi questa figura sono destinate arimanere irrimediabilmente fru-strate, se non cercano la “distru-zione creatrice”, se non si allinea-no con le priorità economiche epolitiche della società dell’infor-mazione. E quando non fossimopiù gli unici depositari delle chiavidi accesso al sapere e alla cono-scenza? C’è solo da rallegrarsene.Il mondo informazionale funzio-nerebbe meglio, ho scritto altrove,se ogni lavoratore della conoscen-za fosse anche un po’ un bibliote-cario, grazie a noi.32

Note

1 La bibliografia sul Metodo dellecompetenze è molto ampia e si è ar-ricchita negli ultimi tempi di ricerche,articoli, dati distribuiti in rete da pub-bliche amministrazioni, aziende, entipubblici e associazioni. Segnaliamodue recenti antologie che documenta-no l’evoluzione del concetto di com-petenza sotto vari punti di vista (psi-cologico, antropologico, sociologicodel management) e con riferimentoparticolare alla formazione: Compe-tenze e formazione: organizzazione,lavoro, apprendimento, a cura di G.Cepollaro, Milano, Guerini e Associati,2001 e La formazione verso il terzomillennio, a cura di C. Montedoro,Milano, Seam, 2000. Un testo “base”sugli aspetti di gestione delle risorseumane cui faccio riferimento in que-ste pagine è: E. AUTERI, Managementdelle risorse umane: fondamenti pro-fessionali, Milano, Guerini e Associati,20013. Per una rapida ricognizionedelle applicazioni del Metodo dellecompetenze in vari contesti aziendalie a livello europeo, si veda la ricercasvolta dalla ETDF (European Trainingand Development Federation), tra-dotta anche in Italia: F. GEFFROY – R.TIJOU, Il management delle competen-ze nelle imprese europee. Politiche epratiche, Milano, Franco Angeli, 2002.Questa ricerca evidenzia il peso cheogni teoria sulle competenze ha nelle

prassi organizzative. Riguardo a con-cetti, modelli, schemi, esemplificazio-ni sulle competenze elaborati in Italia,il punto di riferimento indispensabileè costituito dalle ricerche dell’ISFOLpubblicate da Franco Angeli.2 E. MORIN, I sette sapere necessari all’e-ducazione del futuro, Milano, RaffaeleCortina, 2001, p. 11, 12, 14.3 ISFOL, La certificazione delle compe-tenze e il riconoscimento dei crediti:una panoramica nazionale su riformee innovazioni, 2001. Il testo è dispo-nibile sul sito <http://www.isfol. it>.4 D.m. 174 del 31 maggio 2001 (G.U.n.139 del 18 giugno 2001 integrato daERRATA CORRIGE in G.U. n. 150 del30 giugno 2001). Nel 2002 sono stateavviate sperimentazioni cofinanziatecon risorse comunitarie: coinvolti ilMinistero della Istruzione, dell’univer-sità e della ricerca scientifica e tecno-logica, le Regioni e le parti sociali el’ISFOL per la definizione a livello na-zionale degli “standard minimi” dicompetenza, ipotizzando che leRegioni possano nel contempo “pre-vedere autonomamente in via provvi-soria alla definizione degli stessi ed alrilascio delle certificazioni relative”. IlD.m. 174/2001 definisce all’art. 3 il“credito formativo” come “valore, at-tribuibile a competenze comunqueacquisite dall’individuo, che può es-sere riconosciuto ai fini dell’inseri-mento in percorsi di istruzione o diformazione professionale, determi-nandone la personalizzazione o la ri-duzione della durata. Al riconosci-mento del credito formativo ed allarelativa attribuzione di valore, prov-vede la struttura educativa o formati-va che accoglie l’individuo, anche incollaborazione con la struttura di pro-venienza. [...] Le competenze certifi-cate costituiscono credito formativospendibile nel sistema di formazioneprofessionale in base ai seguenti cri-teri: coerenza con gli standard dicompetenze di cui all’art. 3: in questocaso il credito è spendibile su tutto ilterritorio nazionale; presenza di spe-cifici accordi tra istituzioni e/o agen-zie formative competenti in ordine al-l’oggetto del credito: in questo caso ilcredito è spendibile limitatamenteagli ambiti interessati dall’accordostesso”.5 D.C. MCCLELLAND, Testing for compe-

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tence rather than intelligence, “Amer-ican Psychologist”, (1973), 28.6 L.M. SPENCER – S.M. SPENCER, Compe-tenza del lavoro. Modelli per una per-formance superiore, Milano, FrancoAngeli, 1995.7 E. AUTERI, Management delle risorseumane: fondamenti professionali, cit.,p. 158.8 R.E. Boyatzis, The competent man-ager: a model for effective performance,Wiley, 1992.9 M. PELLEREY, Il portafoglio formativoprogressivo come nuovo strumento divalutazione delle competenze, “Orien-tamenti pedagogici. Rivista internazio-nale di Scienze dell’Educazione”, 47(2000), 5. Accessibile all’URL: <http://www.seieditrice.com/sei/ Docenti/>.10 R.E. Boyatzis, Sistemi di competen-ze come sentieri di sviluppo indivi-duale e orientamento delle energie or-ganizzative, presentazione al Conve-gno AIF “Il senso dell’apprendere.Motivazioni, responsabilità, spazi dicrescita nelle organizzazioni”, Milano,Università Cattolica del Sacro Cuore,5-6 ottobre 2000. 11 HAY GROUP, Risorse umane e logichedi impresa, Milano, Pirola, 1993.12 D. GOLEMAN – R. BOYATZIS – A.MCKEE, Essere leader, Milano, Rizzoli,2002, p. 305-308.13 S. CORTELLAZZI – I. PAIS, Il posto del-la competenza, Milano, Franco Angeli,2001.14 Una sintesi in italiano della ricercaMcBer per il Ministero dell’istruzione in-glese è stata pubblicata sul sito dell’ADI(Associazione docenti italiani) <http://www.bdp.it/adi/ProfDoc/McBer.htm>(ultima visita: 30 giugno 2003).15 Il servizio bibliotecario pubblico: li-nee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo,AIB, 2002. 16 W.A. WARR, The cybrarian and thelibrasaur, “Chemistry and Industry”,(1993), 20, p. 813.17 Competencies for special librariansof the 21st century, SLA, October1996. Il documento integrale (full re-port) si trova all’URL: <http://www.sla.org/content/SLA/professional/meaning/competency.cfm> (ultima visita:30 giugno 2003).18 ALARM, Profil des compétences.Spécialistes en gestion de ressources in-formationnelles: une analyse intégréeet intersectorielle des compétences re-

quires dans les domains des archives,de la bibliothéconomie et de la gestiondocumentaire, réalisée par l’Alliancedes bibliothèques, des archives et de lagestion des documents en collabora-tion avec le Conseil des ressources hu-maines du secteur culturel avec le sou-tien de Développement des ressourceshumaines Canada, 1999. Il documentoè accessibile sul sito all’indirizzo:<http://www.fis.utoronto.ca/groups/alarm>.19 F. DUPUGRUINET DESROUSSILLES, Forma-re/Informare. Che cosa insegnare oggiin una scuola di scienze dell’informa-zione? Pensieri di un direttore perplesso,“AIDA informazioni”, 19 (2001), 2, p.34-36.20 ADBS, Premier recensement desmétiers des bibliothèques. Guide inter-entreprise pour la caractérisation desprofils de compétences des professionnelsde l’information et de la documenta-tion. 1re partie: caractérisation des sa-voirs et savoir-faire, ADBS, 1995.21 ECIA, EuroGuida I&D dei professio-nisti europei dell’informazione e delladocumentazione, Casalini libri, 2000.Vedi anche <http://www.aidaweb.it/euroguida/>.22 S. BARUCHSON-ARBIB – J. BRONSTEIN, Aview to the future of the library andinformation science profession: aDelphi study, “Journal of the AmericanSociety for Information science andTechnology”, 53 (2002), 5, p. 397-408.23 Sull’argomento vedi gli articoli diNerio Agostini pubblicati su “Bibliote-che oggi” nel 2001 e 2002, e dellostesso autore La gestione della biblio-teca di ente locale. Normativa, struttu-re, servizi, personale, Milano, EditriceBibliografica, 2002 e Le schede di va-lutazione del bibliotecario di ente lo-cale, “AIB Notizie”, 13 (2001), 2, p.16-17. Sull’applicazione del Metododelle competenze nella pubblica am-ministrazione, alcuni contributi recen-ti e sintetici sono: La valutazione e laretribuzione delle prestazioni. Espe-rienze e materiali, a cura di G. DellaRocca, Rubbettino, 2001; N. DE

SANCTIS – M. BOTTEGONI, La formazio-ne ed il credito formativo nel processodi selezione e di valutazione del perso-nale, Tavola rotonda “La selezione delpersonale negli enti locali: nuove me-todologie ed esperienze operative”,Rimini, Università degli studi di Urbi-

no, 12-13 ottobre 2001; La valutazio-ne delle risorse umane tra innovazio-ne ed inerzia: esperienze a confronto,Atti del convegno, EuroP.A., Rimini 18febbraio 2003 (accessibili attraverso ilmotore di ricerca del sito web delFormez, <http://www.formez.it>).24 Legge regionale 1/2000 Riordinodel sistema delle autonomie inLombardia. Attuazione del d.lgs. 31marzo 1998, n. 112 – Conferimento difunzioni e compiti amministrativi dal-lo Stato alle regioni e agli enti locali,in attuazione del capo I della legge 15marzo 1997, n. 59).25 CRORA, Nuove professionalità:progettisti per lo sviluppo di sistemiculturali integrati. Rapporto di ri-cerca, CRORA Università Bocconi,2000.26 CRORA, cit., p. 7.27 CRORA, cit., p. 47.28 CREMISI, Le nuove professioni in bi-blioteca, Amitié, 1999. Il progettoCREazione di Mediateche per Intro-durre la Società dell’Informazione èstato sostenuto da: Ministero per i be-ni e le attività culturali - Ufficio cen-trale per i beni librari, le istituzioniculturali e l’editoria, Consorzio Amitié,AIM Servizi, Associazione italiana bi-blioteche, CISL-FPI Potenza, Spin,Union comunicazione. Il rapporto èaccessibile sul sito del progetto all’in-dirizzo: <http://www.cremisi.org>.29 SATEF, Le professionalità operantinel settore dei servizi culturali, Regio-ne Lombardia-IREF, ottobre 2001. 2 v.Vol.1: I musei lombardi. Vol.2: Le bi-blioteche lombarde. Il 30 maggio 2003è stata inoltre presentata la prima boz-za del rapporto sulla sperimentazionedel modello di analisi del fabbisognoformativo nella Provincia di Brescia,oggetto di un’azione innovativa finan-ziata con il FSE: SATEF, Competenzeprofessionali e fabbisogni formativinelle biblioteche pubbliche, Provinciadi Brescia - Regione Lombardia –IREF, 2003.30 Idem, p. 102-104.31 Idem, p. 105.32 B. LONGO, How a librarian can livenine lives in a knowledge-based econ-omy, “Computers in Libraries”, 21(2001), 10, 40-43. Vedi anche la ver-sione elettronica all’indirizzo: <http://www.brunellalongo.it/pubblicazio-ni.html>.

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