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FONTI PER LA STORIA DEL CILENTO

Fernando La Greca

Vladimiro Valerio

Paesaggio antico e medioevale

nelle mappe aragonesi di Giovanni Pontano

Le terre del Principato Citra

EDIZIONI DEL

CENTRO DI PROMOZIONE CULTURALE PER IL CILENTO

Fernando La GrecaVladimiro Valerio

Paesaggio antico e medioevalenelle mappe aragonesi di Giovanni PontanoLe terre del Principato Citra

© 2008 Edizioni del Centro di PromozioneCulturale per il CilentoVia N. Bixio 59 - Acciaroli (SA)Te!. e fax: 0974904183www.cilentocultura.it

In copertina:Parto con il territorio di Pesto / Paestum(da BNF, Cartes et Plans, GE AA 130517)

Il volume è stato pubblicato con il contributodel Dipartimento di Scienze dell' Antichitàdell'Università degli Studi di SalernoFondi ex 60% del Prof. Fernando La Greca

Finito di stampare nell'Ottobre 2008 pressoCentro Grafico Meridionale - Industria GraficaZona Ind. - Loc. Malagenia84061 Ogliastro Cilento (SA)Te!. e Fax. 0974 844 039

INDICE GENERALE

Presentazione 7

Astronomia, misurazioni geodetiche e disegno del territorio alla corte aragonese di Napoli.. ....... 9VLADIMIRO VALERIO

L'enigma delle pergamene aragonesi 16Alcune antiche pergamene di origine aragonese 24Le carte dei confini 29

Antichità classiche e paesaggio medioevale nelle carte geografiche del Principato Citracurate da Giovanni Gioviano Pontano. L'eredità della cartografia romana 33FERNANDO LA GRECA

Introduzione 35Gli elementi cartografici e paesaggistici 36L'intervento di Giovanni Gioviano Pontano 56La cartografia romana e medioevale 61Due ipotesi sulla genesi delle carte aragonesi 67Le vicende delle mappe 70

Appendice (a cura di Fernando La Greca) 77

Tavole 81

Indice dei nomi 113

Indice generale 113Indice per tavole 123Indice per categorie 133

Elenco delle illustrazioni 143

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PRESENTAZIONE

Il titolo di questo volume è, in parte, una provocazione. Presuppone che tutti conoscano le mappe ocarte geografiche aragonesi (seconda metà del XV sec.), che disegnano dettagliatamente il territorio delRegno di Napoli, mentre a tutt'oggi esse sono in pratica ancora sconosciute. Riscoperte da VladimiroValerio nell' Archivio di Stato di Napoli e nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi una ventina dianni fa, oggetto di importanti pubblicazioni e segnalazioni in volumi e riviste, nazionali ed internazionali,la loro conoscenza non ha ancora arricchito l'orizzonte scientifico e culturale contemporaneo.

Molteplici possono essere state le cause di questa "amnesia": diffidenza verso il "nuovo", paura disconvolgere ricostruzioni storiche che sembrano consolidate, disattenzione, difficoltà di aggiornamento(nell'era dell'informazione!), disinteresse verso aree geografiche che appaiono "minori" e subalterne.

Probabilmente non si sbaglierà di molto attribuendo tutto ciò allo "specialismo" imperversantenelle varie discipline, specialismo che impedisce di superare i (presunti) confini disciplinari, e porta a unsapere frammentato e disgregato, come osserva Lucio Russo nel recentissimo e stimolante libretto Lacultura componibile. Non occorrono nuove specializzazioni, ma una cultura generale condivisa e nonsuperficiale, che sappia organizzare la conoscenza oltre le discipline, trovando nuovi spunti di ricerca.

Si tratta, se vogliamo, di un nuovo umanesimo, e gli autori di questo volume, da parte loro, sisentono un po' "umanisti", studiando e ripercorrendo le vicende di queste carte tra geografia e storia,astronomia e letteratura, cartografia e scienze dell' antichità. Sono le stesse carte passate, in epoche diverse,fra le mani di due grandi umanisti del Mezzogiorno, Giovanni Gioviano Pontano e Ferdinando Galiani.

Il portato innovativo di queste mappe può essere apprezzato sfogliando le tavole a colori in appendice,dedicate al Principato Citra, con il territorio campano da Castellammare di Stabia a Maratea. L'areageografica scelta costituisce un vero e proprio campo di sperimentazione, ma lo studio potrebbe essereesteso alla Basilicata, alla Puglia, al Salento, alla Calabria: le carte sono là, in attesa di qualcuno che levoglia far parlare, e quei documenti straordinari ne hanno di storie da raccontare.

Mentre le altre carte dell' epoca, di fine Quattrocento, comprese le così dette carte Tolemaiche,disegnavano ancora l'Italia con vistosissimi errori e deformazioni, riportando solo i principali elementigeografici (catene montuose, fiumi, città capoluogo), le carte aragonesi descrivono con dettagli corograficiil territorio (in scale variabili da 1 : 50 000 al: 120 000 circa) e con abbondanza di toponimi, riportandomonti, vallate, pianure, torrenti, fiumi, laghetti, coste, scogli, casali, paesi, castelli, santuari, città murate,rovine, e molto altro ancora, delineando un paesaggio ricchissimo di elementi sia medioevali sia risalentiall' antichità classica, e rivelandosi potenziali oggetti di studio e di feconda ricerca in numerose discipline.

Addirittura queste antiche carte, delle quali si era perso il ricordo, una volta ritrovate da FerdinandoGaliani a Parigi nel 1767, furono giudicate così accurate da costituire la base del primo lavoro cartograficomoderno sul Regno di Napoli, la "Carta della Sicilia Prima", opera di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni,incisa e pubblicata a Parigi nel 1769.

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Come spiegare questo improvviso fiorire della cartografia, presso la corte aragonese di Napoli,molto in anticipo sui tempi? In effetti, la storiografia corrente ha un po' trascurato il Regno di Napolisotto i sovrani d'Aragona, e tuttavia gli studi esistenti delineano uno stato moderno, organizzato, promotoredella cultura, della scienza, degli studi umanistici. Simbolo di tutto ciò è certamente Giovanni GiovianoPontano, umanista, poeta, cosmografo, interessato alla letteratura ed alle scienze, ma anche uomo di statoe primo ministro del re Ferrante.

In questo clima, i sovrani aragonesi promossero un rilevamento cartografico completo del Regno,accompagnato da studi astronomici, geografici, geometrici e matematici di indubbia tradizione classicaed umanistica, utilizzando tuttavia anche i più moderni ritrovati della tecnologia (basti pensare alla bussola)e le più recenti maturazioni sulla rappresentazione geometrica dello spazio (proiezioni parallele eprospettiva). Con tali conoscenze realizzarono per primi, e con grande perizia, ciò che altrove sarà attuatosolo successivamente, e con esiti inferiori. La riscoperta dei manoscritti greci e latini, che tanta parte ebbenello sviluppo della scienza moderna, nel Regno di Napoli viene tradotta subito in azione concreta digoverno, di miglioramento nell' amministrazione pubblica, forse proprio perché a funzioni di governosono chiamati grandi umanisti come il Pontano. Il limite dell'intera operazione fu la segretezza: le necessitàmilitari del Regno fecero sì che le carte fossero note solo nel ristretto ambito della corte a pochi addetti ailavori.

È possibile avanzare anche una diversa ipotesi, non necessariamente alternativa: in questo stessoclima di fervore scientifico e culturale il disegno cartografico del Regno fu intrapreso (sia a tavolino chesul terreno) sulla scorta di antiche carte corografiche di tradizione romana, dettagliate e in grado di fornireuna base sulla quale riportare i nuovi toponimi. Questa ipotesi riprende una (forse ingiustamente) trascuratateoria di Assunto Mori, secondo il quale le carte nautiche, comparse improvvisamente verso la fine delXIII sec. già con una incredibile precisione nei tratti costieri del Mediterraneo, furono compilate a partireda originali di tradizione romana, così come le prime carte corografiche.

Al di là delle ipotesi, resta comunque l'incredibile concretezza delle carte, che meritano sicuramenteulteriori studi ed approfondimenti da parte di ricercatori di varie discipline, e che molto possono contribuirealla storia del territorio, del paesaggio e della loro rappresentazione. È questo forse l'elemento centrale eunificante per le tutte le possibili indagini.

Poiché il nostro volume si rivolge, in particolare, allo studio del Salernitano, 1'antico PrincipatoCitra, attraverso l'elaborazione di dettagliati indici dei toponimi e una loro accurata disamina, l'Editoreha voluto inserirlo in una collana di "Fonti", a sottolineare l'estremo interesse non solo locale di questecarte.

In ultimo, desideriamo ringraziare quanti ci hanno sostenuto nella nostra ricerca, e in particolare laBibliothèque Nationale de France di Parigi, l'Archivio di Stato di Napoli e la Società Napoletana diStoria Patria, che hanno autorizzato la pubblicazione delle mappe.

Venezia-Salerno, Settembre 2008

Fernando La GrecaDipartimento di Scienze dell' Antichità

Università degli Studi di Salerno

Vladimiro ValerioDipartimento di Storia dell'Architettura

Università IUAV di Venezia

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FERNANDO LA GRECA

Antichità classiche e paesaggio medioevale nelle carte geografichedel Principato Citra curate da Giovanni Gioviano Pontano.

L'eredità della cartografia romana

INTRODUZIONE

"O che veramente i gnoma romani con le lorolintea, dopo la notte medievale, ricompaiono per laprima voI ta a Napoli, alla corte Aragonese? E' una bellaricerca da approfondire". Così scrive Aldo Blessich inun suo articolo di fine Ottocento sulla cartografianapoletana del XV sec. I , e gli sembra "che realmente sitratta di un lavoro in cui il Pontano entra come partedirettiva e politica (quando sul finire del XV secoloancora presiedeva alle cure dello Stato), mentre chel'esecuzione tecnica si deve senza dubbio alcuno ad uncartografo suo amico o dipendente"2.

Queste linee di ricerca suggerite dal Blessich nonsono state finora accolte, soprattutto perché non siconoscevano ancora le carte geografiche aragonesirinvenute e ricopiate da Ferdinando Galiani a Parigi3.Tali carte, disperse nuovamente alla fine del '7004, sonostate ritrovate, in parte, una ventina di anni fa, graziealla tenacia di Vladimiro ValerioS, negli archivi di Napolie nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Esse riportano,in scala costante e con dettaglio corografico, una buonaestensione del Regno di Napoli. La loro storiaaffascinante ci viene raccontata dallo stesso Valerio nelprimo saggio di questo volume, mettendone in luce ingenerale gli aspetti scientifici e cartografici innovativi,nel contesto umanistico della corte aragonese di Napoli,interessata alla scienza e alla conoscenza del territorioa fini amministrativi e militari. Eppure, questa stessacartografia aragonese, nonostante la riscoperta, restaancora "una delle più grandi amnesie nella storia dellacartografia modema"6, stranamente assente anche neipiù recenti e importanti studi italiani.

Nel presente saggio, in particolare, sianalizzeranno le carte relative al Principato Citra7

, quiriprodotte in dettaglio, con lo studio degli elementiantichi e moderni presenti nel paesaggio e nellatoponomastica; esse sono sicuramente una importante

fonte di ricerca per la storia del territorio.Successivamente, si proverà a dare una risposta ai quesitiaccennati da Aldo Blessich, ossia sul ruolo di Giovanni

I A. BLESSICH, La geografia alla corte Aragonese inNapoli. Notizie ed appunti, Loescher, Roma, 1897, pp. 19­20.

2 A. BLESSICH, La geografia ... , cit., p. 29.3 Vd. A. BLESSICH, L'Abate Galiani geografo (1757-1787),

"Napoli Nobilissima", V, fase. lO, 1896, pp. 145-150; A.BAZZONI (a cura di), Carteggio dell'abate Ferdinando Galianicol Marchese Tanucci (1759-1769), in "Archivio StoricoItaliano", varie annate dal 1869 al 1880; B. TANUCCI, Letterea Ferdinando Galiani, a cura di F. NICOLlNI, 2 volI., Laterza,Bari, 1914.

4 Fra quelle del Galiani, le sole carte rimaste sempre notesono i quattro disegni relativi ai confini fra il Regno di Napolie lo Stato della Chiesa, conservati nella Società Napoletanadi Storia Patria.

5 Vd. V. VALERIa, Società uomini e istituzioni cartografichenel Mezzogiorno d'Italia, Istituto Geografico Militare,Firenze, 1993, in part. le pp. 31-44 e 73-91; V. VALERIa,Astronomia e cartografia nella Napoli aragonese, "RivistaGeografica Italiana", 100, 1993, pp. 291-303; V. VALERIa,Cartography in the Kingdom of Naples during the EarlyModern Period, in D. WOODWARD (Ed.), The History ofCartography. Vol. 3, Cartography in the EuropeanRenaissance, part 1, University of Chicago Press, Chicago­London, 2007, pp. 940-974, in part. le pp. 941-954.Recentemente si sono occupati di queste carte M. IULIANO,Cartapecore geografiche: cartografia calabra in etàaragonese, in S. VALTIERI (a cura di), Storia della Calabrianel Rinascimento. Le arti nella storia, Gangemi, Roma, 2002,pp. 49-68; D. JACAZZI, Il territorio campano in età aragonese,in M. SANTORO (a cura di), Pomeriggi rinascimentali. Secondociclo, Pisa-Roma, 2008, pp. 87-98 (con bibliografiaprecedente dell'autrice).

6 V. VALERIO, Astronomia e cartografia... , cit., p. 292.7 Vladimiro Valeria ha pubblicato due delle mappe

aragonesi del Principato Citra, con una scheda descrittiva, inAA.VV., Tra il Castello e il mare: l'immagine di Salerno

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Gioviano Pontano nella costruzione delle stesse, esull' influenza dell' antica cartografia romana. Per ilmomento, le attribuiremo ad un imprecisato "topografo"aragonese, cercando di evidenziarne i caratteri distintivied il modo di lavorare.

Le carte che illustrano il Principato Citra,conservate nella Bibliothèque Nationale de France, sonotre; la prima con la Penisola Sorrentina (in sigla, nellanostra Appendice, TI, di 101,8 x 50,5 cm, scala1:50.000 ca)8, la seconda da Salerno al fiume Solofrone(T2, di 56 x 128 cm, scala 1:75.000 ca)9, e la terza dalSolofrone a Maratea (T3, di 83,4 x 118 cm, scala1:75.000 ca)IO. Esse comprendono anche localitàconfinanti, del Napoletano, del l'Avellinese, dellaLucania interna e della Calabria. Probabilmente sonostate ricopiate, dal Galiani e dai suoi collaboratori,accostando più fogli originali di dimensioni ridotte,come esplicitamente dichiarato per alcune carte dellaCalabria ll

. Avendo tali carte notevoli dimensioni, perconsentire agli studiosi la lettura dei toponimi 12 el'osservazione dei dettagli topografici, sono state quidivise in fogli, da Tl.l a T1.31a prima, da T2.1 a T2.8la seconda, e da T3.1 a T3.4 la terza. Inoltre, sono statedotate di una rete di coordinate, identificate da unalettera maiuscola per le colonne (A, B, C. .. ), e da unalettera minuscola per le righe (a, b, c... ). In Appendice,è possibile consultare l'elenco alfabetico completo deitoponimi, e gli elenchi parziali per ciascun foglio.

GLI ELEMENTI CARTOGRAFICI

E PAESAGGISTICI

Gli elementi presenti nelle carte sono staticlassificati e divisi in categorie. Il miglior punto dipartenza per lo studio di tali carte è costituito proprioda queste ricche e diversificate tipologie di segni evignette, molto avanzate per l'epoca, e rispondenti aduna logica moderna, di uno stato sovrano che si interessaal proprio territorio ed alle sue risorse umane edambientali, sia pure, come è probabile, in tuttasegretezza, per finalità amministrative e militari.

Categorie nelle carte geografiche aragonesi

A = casali, villaggi (una o più casette)ACQ = acquedotti, lunghe muraB = boschi, selve, foresteC =paesi con un solo campanile (o chiesetta), e casetteCC = paesi con due o più campanili (o chiesette), e casetteF =fiumi, fiumare, rivi, torrenti, fonti, sorgentiIS = isole, scogliL =laghiM = mercati (parallelepipedo)MI = miniereMT =monti, montagne, timponi

N = aree, zonep = ponti (due rette parallele perpendicolari ai fiumi)PR =promontoriPT = portiR =città fortificate, disegnate "a volo d'uccello", con cinta

di mura elo castello, e casetteRV = rovine, ruderi, antichitàSN = santuari, luoghi di culto (chiesette all'interno di C, CC,

R)

T =torri costiere.

capoluogo del Principato, Fausto Fiorentino, Napoli, s.d.,ma 1994, alle pp. 56-58; tuttavia gli studiosi locali nonsembrano aver recepito la grande ricchezza informativa ditali carte, a livello storico e toponomastico. La scritta"Principato Citra" non compare nelle nostre carte, sebbenela divisione dei Principati (Citra ed Ultra) fosse prevista giànei documenti angioini, come territori di competenza deiGiustizierati: vd. C. CARUCCI (a cura di), Codice DiplomaticoSalernitano del secolo XIII, VoI. III, Salerno dal 1282 al 1300,Subiaco, 1946, pp. 408-41 l.

8 BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305 (5).9 BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305 (7).LO BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305 (6). La carta è

identica a quella esistente nell' Archivio di Stato di Napoli,Raccolta Piante e Disegni, cart. XXXII, n. 2.

Il Vd. V. VALERIO, Società uomini... , cit., pp. 36-39, note20,21,27; B. TANUCCl, Lettere a Ferdinando Galiani, cit.,voI. 2, p. 145. Guardando con attenzione le carte, le fasce dicolore diverso ed i tagli lineari che si intravedono, si puòdistinguere l'accostamento e la sovrapposizione dei fogli; cosìTl sembra derivare da 3 fogli, T2 da 7 fogli, T3 da 4 fogli.Se le mappe originali erano piccole e riguardavano zonelimitate, sia pur combacianti, alla stessa scala e tali da copriretutto il Regno, può darsi che, nella dispersione parigina, nonsia stata data loro importanza, parendo mappe catastali, emancando una visione d'insieme, quella data dal Galiani,unendo in una stessa copia molte mappe parziali, per coprireil territorio di una provincia. Una ulteriore testimonianza delleoperazioni di copiatura è offerta dagli errori di trascrizione.Si sa che il Galiani fece copiare fedelmente ed integralmentele pergamene, per trasparenza, da originali scuri e pocoleggibili. Lo stesso Galiani afferma che queste "cartapecore",o "papiri geografici", erano annerite, e l'inchiostro cancellato,"che ci vuole un padre Antonio a discifrar1e" (B. TANUCCl,Lettere a Ferdinando Galiani, cit., voI. 2, p. 80, 18 maggio1767), con riferimento a padre Antonio Piaggio, che in quelperiodo cercava di recuperare e di leggere i papiri di Ercolano.Così i copisti parigini, evidentemente ignari delle localitànapoletane, nei punti critici lessero male, e troviamo Scafaroper Scafato, Baguolo per Bagnolo, Moute per Monte, Rozarioper Nazario, Sautia per Sontia, Balnata per Balzata, Mocontiper Matonti, Serbato per Cerbato, eccetera. Questi errori dicopiatura costituiscono una ulteriore conferma, se ce ne fossebisogno, dell' autenticità dell'operazione di recupero dellevecchie pergamene geografiche portata a termine dal Galiani.

12 Il tipo di scrittura, sebbene imitazione di copisti di epocasuccessiva, è la Gotica di tipo rotondo, diffusa nell 'umanesimomeridionale italiano, con tendenza al tipo Schwabacher.

Fig. 2.1 - Il celebre Casale della Duchessa, stazione diposta lungo la Capua-Reggio (BNF, Cartes et Plans, GE AA1305-7, part.).

Per quanto riguarda i centri abitati, troviamo unasignificativa gradazione: si va dai semplici casali, conil toponimo accompagnato dal disegno di qualche casain inchiostro rosso, alle città fortificate, con le mura, letorri o castelli, le chiese, le case. Considerando il numerodegli elementi disegnati, in particolare le case, è evidenteche il cartografo intendeva in tal modo dareun'indicazione, sia pure sommaria, sul numero degliabitanti di ciascun insediamento, forse in base ad unelenco di "fuochi" o famiglie di cui disponeva. Questoè un dato importante, che rimanda ad un contesto stataleed amministrativo: come è noto, fu Alfonso l d'Aragonaad attuare per primo i censimenti della popolazione delRegno di Napoli con il sistema della numerazione deifocolari, a partire dal 1443. Di grande interesse è poil'indicazione dei centri antichi, abbandonati o distrutti.Lo studio che segue, per maggior chiarezza, è illustratoda particolari tratti dalle carte della BNF.

A =Casali, villaggi, indicati col disegno di una opiù case; per ciascuno, negli elenchi finali, è riportatoil numero delle case, sicché è possibile avere unagraduatoria per grandezza. Si va da una ad un massimodi nove casette; l'eccezione è la località SuburbiumCapri, con 14 casette, ma da accorpare alla città muratadi Capri. l casali sono davvero numerosi (si tratta, inassoluto, della categoria più frequente), e sembrerebbestrano rilevare, in un periodo apparentemente nonfavorevole, infestato dal banditismo e dalla pirateria,così tanti insediamenti rurali. Bisogna però ricordareche, fin dal periodo normanno, vi era stata una notevoleripresa economica, con l'assegnazione di terre a singolinuclei familiari, che vi costruivano i casali. l contrattiagrari erano ad enfiteusi, e assicuravano, mediante ilrinnovo, il possesso di fatto della terra, trasmissibile aifigli, col pagamento di un canone annuale. Di qui ilmoltiplicarsi degli insediamenti, ed il dissodamento dizone incolte; una certa protezione era assicurata daicastelli feudali, dalle torri costiere, e dalla concessionedi statuti alle universitates civium, statuti che i sovraniaragonesi concessero o rinnovarono in modosistematico, per indebolire la potenza dei feudatari.

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Fig. 2.2 - Il Casale di Lepido presso Sarno (BNF, Carteset Plans, GE AA 1305-5, part.).

Abbiamo quindi, nella categoria A, numerosiinsediamenti agricoli, di varie dimensioni, sparsi nelterritorio, spesso accompagnati dal termine casale; altri,definiti grancia, dipendono da monasteri o abbazie. lcoloni costruivano anche delle cappelle, ed il santovenerato dava spesso il nome al casale.

Vi sono poi insediamenti di altra natura, comequelli connessi alle stazioni viarie: ad esempio, il celebreCasale della Ducchessa, lungo la via Capua-Reggiopresso Sicignano. Seguendo il percorso probabile di talestrada (in quanto sulle carte non è tracciata) e lasuccessione dei ponti, è possibile individuare altrestazioni: Lo Lapide (forse in un sito con un'anticaiscrizione) e Taberna presso il Tusciano, Casale dellaCursa presso Auletta, Li Tre Rey presso Montesano,Taberna del Tala(o) presso Lagonegro.

Tra i casali, ve ne sono alcuni diruti, che abbiamoinserito in un'altra categoria (RV). Alcuni eranoconnessi a località di richiamo religioso, come laGrot(t)a di S.ta Helena, disegnata nei pressi di Campora,sotto il Monte Bruno (oggi Pruno). Molti, con il finaledi parola in -ano, sembrano derivare da antichi predialilatini, come, ad es., nella Piana del Sele Faiano, ,Capetiniano, Priniano; un Casale Marciano pressoCampora; Berano, Brignano, Cardano, Moiano, Serianonell' alta valle del Calore.

Altri insediamenti sono connessi a toponimi diorigine classica, come il Casale di Lepido, che si trovasu una collinetta accanto al fiume Sarno, prima dellasua foce, con nei pressi un Lucus Lepidi, "Bosco diLepido". Qui si fa esplicito riferimento ad un passo diPlinio13

, che narra come il triumviro Lepido, alloggiatodai magistrati di una certa città in una casa fra gli alberi,protestò per il canto degli uccelli che gli impediva ilsonno; allora i magistrati circondarono il bosco con undrago (draconem) dipinto su una striscia di pergamenalunghissima, e lo stratagemma zittì gli uccelli. Tuttavia,la vicenda e l'attribuzione a Lepido della località neipressi del Sarno si comprende pienamente solo se

13 Plin., Nat. hist., XXXV, 38, 121.

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Fig. 2.3 - Raffigurazione della villa di Pollio Felice pressoSorrento (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-5, part.).

associata ad un passo di Procopio l4, secondo il quale il

fiume Sarno si chiamava anche Drakon; il nostrotopografo fa qui sfoggio di una vasta conoscenza degliautori classici, greci e latini.

Un altro riferimento al mondo classico si trovanel toponimo Delitie di Puolo, sul Prom(ontorio)Surrentin(o), a metà strada fra Surrento Castr(um) eMassa; al toponimo sono associate sei casette, e lafacciata di un edificio straordinariamente simile alleville romane raffigurate negli affreschi di Pompei edErcolano. Si tratta della villa sorrentina, sul mare, diPollio Felice (di qui il toponimo Puolo), cantata dalpoeta Stazio15

, che si sofferma a lungo sulle sue delizie(gratiae): bagni, giardini, portici, rocce, scenariarchitettonici, boschi, sculture, marmi, vistepanoramiche, vigne.

M = Mercati, riconoscibili come tali solo perl'indicazione toponomastica, con una o più casette comeper i casali, e in due casi con il disegno di unparallelepipedo, forse il simbolo specifico per"mercato". In tutto, sono quattro località: Il Mercatopresso Sereno (Serino; ma nella zona sono conosciutifin dall'epoca angioina i mercati di Montoro e di SanSeverino), Mercato di Acropoli, Mercato di Petillia(Mercato Cilento, presso Perdifumo), Mercato delMaffeo (presso Castellammare della Bruca).Evidentemente si tratta di insediamenti sviluppatisi nelsito di importanti mercati e fiere periodiche, come ades. la fiera di San Pietro di Agropoli; la loro ubicazionetestimonia la notevole produttività del Cilento nel bassomedioevo l6 .

Il toponimo Mercato di Petillia richiama laquestione della città lucana di Petilia, posta da alcuniautori sul Monte della Stella1?: vi sarebbero state dunquedue città di Petilia, una nel Bruzio, e un' altra in Lucania,presso i Monti Petilini dove si rifugiarono gli schiavi diSpartaco sconfitti da Crasso nella piana del Sele l8

, e dadove partì Annibale lasciando l'Italia per ritornare inAfrical9

• La nostra carta non riporta nessun edificio ocittà sopra la Montagna della Stella, ma nei pressi, sullependici, vi è un Casale della Stella, e una antica fortezza,Meliso dir(uto), forse il castello Melilla (noto dadocumenti del 994, di cui restano i ruderi sulla cima delmonte, in località Castelluccio)20.

Fig. 2.4 . Il Mercato di Petillia, presso Perdifumo, sullependici della Montagna della Stella (BNF, Cartes et P/ans,GE AA 1305-6, part.).

La mappa dunque non sembra sostenere l'ipotesidi quanti vorrebbero un antico insediamento sulla cima;il toponimo probabilmente riflette una situazionemedioevale, del tutto indipendente dalla Petilia citatadalle fonti classiche.

14 Procop., Goth., IV, 35, 7-9.15 Stat., Silvae, Il, 2.16 Vd. A. GROHMANN, Le fiere del Regno di Napoli in età

aragonese, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli, 1969.17 Vd. G. ANTONINI, La Lucania. Discorsi, Napoli, 1745;

2a ed., 2 volI., Napoli, 1795, voI. I, pp. 89-100; E. GUARIGLIA,La città di Lucania (le rovine del Monte Stella nel Cilento),"Rassegna Storica Salernitana", 5, 1944, n. 3-4, pp. 171-185;V. PANEBIANCO, A proposito della capitale dellaconfederazione lucana: Petelia metropolis ton Leukanon(Strab. VI. I, 3), "Rassegna Storica Salernitana", 6, 1945,pp. 109-123; P. EBNER, Una questione antica che ritorna: isupposti centri abitati sulla vetta de/ Monte Stella, "BollettinoStorico di Salerno e Principato Citra", II, 2, 1984, pp. 5-31,ora in P. EBNER, Studi su/ Cilento, voI. Il, Centro di PromozioneCulturale per il Cilento, Acciaroli, 1999, pp. 313-332; P.CANTALUPO, s.v. Lucania, in P. CANTALUPO, A. LA GRECA (acura di), Storia delle terre del Cilento antico, Centro diPromozione Culturale per il Cilento, Acciaroli, 1989, voI. Il,pp. 698-702; M. INFANTE, Actus Cilenti. Le origini (X-XIsecolo), Centro Studi "Camillo Valio", Salerno, 2004; V.AVERSANO, Il toponimo Cilento e il centrofortificato sul Montedella Stella, "Studi e Ricerche di Geografia", V, 1982, pp. 1­41; vd. anche V. AVERSANO, Il coronimo Cilento e il suoterritorio (1034-1552), "Studi e Ricerche di Geografia", VI,l, 1983, pp. 78-127.

18 Plut., Crass., 11, 6; cfr. Strab., VI, l, 3, C 254 (Petiliametropoli dei Lucani). In generale, per le fonti sulla Lucaniaantica, vd. F. LA GRECA (a cura di), Fonti letterarie greche elatine per la storia della Lucania tirrenica, L'Erma diBretschneider, Roma, 2002.

19 Annibale, partendo da Petilia e dunque navigando sulTirreno, in vista dello stretto di Messina, sospettando unagguato, fece uccidere il timoniere Peloro: Serv., Comm. inVerg. Aen., III, 411 (veniens de Petilia); Val. Max., IX, 8,ext. l (a Petilia); Mela, De chorographia, Il, 7, 116.

20 Vd. Appendice, T3.5. Le assonanze fra Petillia, Melilla,Melella, Meliso, con tutta probabilità, non sono casuali, mase ne rimanda l'approfondimento ad altra sede.

Fig. 2.5 - Raffigurazione del Monastero della SantissimaTrinità di Cava (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-5, part.).

Il Mercato del Maffeo, disegnato sul mare sottol'antica Velia, è posto davanti ad un porto;probabilmente si riferisce, con un errore di trascrizione,all'importante località medioevale di S. Matteo ad duoflumina 21 , centro religioso che sovrintendeva alleproduzioni ed ai commerci di una vasta area cilentana.

Secondo Grohmann, la marineria del Regno inepoca aragonese era poco sviluppata, ed i traffici eranoin mano agli stranieri. Si incentivarono allora i mercantia seguire le vie terrestri, con un itinerario punteggiatodi fiere, ove potevano sperare di vendere e comprare;ciò favoriva le economie locali, sia per i prodotti oggettodi compravendita, sia per le soste che i mercantieffettuavano per alloggio, carico e scarico merci. Ilreticolo di fiere creò un vasto mercato interno, elementofondamentale per l'unità economica del Regn022

c = Paesi, o loci, gruppi di abitazioni, con alcentro la chiesa, residenza di contadini, artigiani,commercianti. Dopo i casali, si tratta della categoriapiù frequente di insediamenti. Sulle carte sonorappresentati con il disegno di più case intorno ad uncampanile sormontato da croce, o intorno ad unachiesetta a pianta rettangolare, con tetto a doppiospiovente e campanile; sono visibili la facciata ed unodei lati, con un accenno di porte e finestre. Anche perquesta categoria, negli elenchi in Appendice, è riportatoil numero complessivo degli elementi disegnati, con unmassimo di 2I.

Tra i paesi più popolosi di questa categoria,troviamo Pissota (Pisciotta), Atrani, S.to Angelo (aFasanella), Castelluccia (Castelcivita), Sereno (Serino),Bosco, Le Massicelle, Solofra, Prajano, Minori,Aquavella sott(ana), Belrisguardo, Philetto (Felitto),Sicilì, Gragnano. Ma troviamo anche Olibanodishab(itato), Olevano, che rimanda ad una contingentesituazione di spopolamento (unica osservazione diquesto tipo presente nelle nostre mappe).

I toponimi con i valori più bassi, da 1 a 4 elementi,solitamente indicano santuari, monasteri o località diinteresse religioso, e invece del solo campanile troviamoil disegno schematico di una chiesa. Fra questi, troviamoil Monast(ero) della Santissima Trinità di Cava e ilMonast(ero) di S.to Laurentio della Padula, entrambiperò illustrati con un apposito disegno, il primo con il

39

Fig. 2.6 - Raffigurazione del Monastero di S.to Laurentiodella Padula, ovvero della Certosa di Padula (BNF, Cartes etP/ans, GE AA 1305-7, part.).

profilo della facciata e della stretta via d'accesso, ed ilsecondo con una veduta prospettica di un grande edificiorecintato con giardino che sembra richiamarsi alla piantaoriginaria del Trecento, ispirata alla Certosa di Trisulti23 •

La Certosa di Padula si iniziò a costruire nel 1305, sulsito di un preesistente Monastero di San Lorenzo,appartenente a Montevergine, e questo è il toponimoriportato sulla carta: Monast(erio) di S. to Laurentio dellaPadula; accanto, presso Padula, vi è però anche iltoponimo Certosa, con una chiesetta. Quantomeno, ilnostro topografo qui sembra un po' confuso, forse lavorasui documenti e non gli è molto chiara la situazionereale.

Fra gli altri santuari e luoghi sacri, con connessiinsediamenti, S.to Michiele grotta dello Angelo aPertosa, il Monasterio di S.to Mercurio pressoRoccagloriosa, S. M(aria) della Balnata (Balzata) allespalle di Sala Consilina, S. M(aria) del Monte pressoNovi (Nobi), S. M(aria) di Centola, S. M(aria) dellaNeve presso Controne, S. M(aria) di Pat(t)ano. Buonaparte dei toponimi di questa categoria sono poco piùche casali, e prendono il nome dal santo titolare dellalocale chiesa. Fra questi, San Giovanni a Piro, che vienechiamato nella carta S.to Ioanni di Pirro, con unriferimento erudito al condottiero epirota che giunse inItalia nel 280 a.c. in aiuto di Taranto.

Interessante è la segnalazione della chiesetta diS.to Vito presso il Sele, un piccolo santuario conconnesso insediamento; l'ispirazione alle fonti anticheper la vicenda di San Vito, il Martirologio attribuito aSan Gerolamo (composto nel V sec.) e la Passio SanctiViti (VI-VII sec.)Z4, fa riportare sulla carta anche gli

21 Codex Diplomaticus Cavensis (d'ora in poi CDC, volI.I-X, 1873-1990), I, p. 232, anno 950.

22 A. GROHMANN, Le fiere del Regno di Napoli... , cit., p.210. Si rimanda a quest'opera per un quadro completo dellefiere in età aragonese, che interessavano numerosi centripresenti nelle mappe, a prescindere dall'esplicita menzionedi un mercato.

23 Vd. A. SACCO, La Certosa di Padula, voI. I, Roma, 1914,p.92.

24 Hieronym., Martyrologium, XVII Kal. luI. (Patr. Lat.,t. XXX, col. 463a-b) (In Lucania, Viti; In Lucania, natalissanctorum Viti, Modesti, Crescentiae); Passio S. Viti (in ActaSanctorum, Iunii, t. II), II, lO, 11, 17, 18 (Vito Lucanus; iuxta

40

Fig. 2.7 - L'insediamento di San Vito al Sele, raffiguratosulla sinistra del fiume (BNF, Gartes et P/ans, GE AA 1305­7, part.).

insediamenti di S.to Modesto e di S.ta Crescentia (icompagni del santo), toponimi altrimenti ignoti perquesti luoghi, ed è riportata ancora, non lontana da S.toVito, una Villa Mariana dir(uta), il luogo dove in unprimo tempo fu sepolto il santo (in Mariano praedio)25.Nella piana Pestana, si potrebbe pensare, certo nonmancavano casali o ruderi ai quali attribuire un nomeripreso dalle fonti; e tuttavia un documento del 1493attesta la presenza nel territorio di Capaccio di unachiesa di San Vito "nel luogo detto Mairano"26. Questomodo di lavorare, che mette insieme elementi concretied altri desunti dalle fonti antiche e dalladocumentazione disponibile, ma non sempre verificati,sembra tipico del topografo estensore delle nostre carte,che valorizza ogni testimonianza antica, letteralmente"non buttando via niente". Nel caso di S. Vito, possiamoanche noi risalire alle stesse fonti; in altre situazioni, illavoro del nostro topografo può risultare prezioso, inquanto consultava documenti per noi perduti.

La presenza, sulla carta, del centro di S.to Vito èimportante anche per un altro motivo: come sostengonole fonti, il suo martirio, e quindi il santuario a luidedicato, sono posti in Lucania, quindi alla sinistra delfiume Sele, in territorio lucano. E qui in effetti lachiesetta è disegnata: alla sinistra del Sele, non lontanodalla foce. Tuttavia, oggi, la chiesetta si trova alla destradel Sele, in contrada S. Cecilia. Secondo l' Antonini, altempo del re Carlo II d'Angiò (1285-1309) una grandeinondazione fece cambiare il corso del fiume,posizionandolo più a sud, e il fenomeno spostò lachiesetta di San Vito dalla sinistra alla destra del Sele;il re poi inviò i suoi funzionari a dirimere le vertenzesorte sui terrenF7. La carta ritrae allora una condizioneprecedente? Non possiamo dirlo; certo, questo è unodei casi in cui la base disegnata della carta sembra piùantica della parte scritta, dei toponimi.

Significativa è l'indicazione del Casale diVeterbio ov(ero) Campo Vetere, cioè Vietri di Potenza,con evidente riferimento al passo di Livio dove si narradell' agguato dei Lucani al console Tiberio SempronioGracco presso i Campi Veteres28. La presenza, nei pressi,

Fig. 2.8 - I Gampi Veteres presso Vietri di Potenza(Veterbio), dove secondo Livio i Lucani militanti con Annibaletesero un agguato al console liberio Sempronio Gracco (BNF,Gartes et P/ans, GE AA 1305-7, part.).

fra Tito e Picerno, di una località chiamata Sempronianadir(utar, viene a confermare questa interpretazioneumanistica di siti e ruderi che possono farsi risalireall' antichità classica.

Stranamente, è incluso in questa categoria Canche S.to Seberino, oggi Mercato S. Severino, centrodal quale si ritiene abbia preso il nome la casa feudaledei Sanseverino, in più circostanze ribelle ai sovrani diNapoli ed anche agli Aragonesi. Mercato San Severinotuttavia non è mai stato un grande centro urbano, siapur posizionato lungo una strada importante per i trafficied i commerci. Meraviglia di più la mancanza delcastello: l'insediamento era sovrastato da un formidabilecastello con triplice cerchia di mura, del quale ancoraoggi sono visibili ruderi imponenti, ma, nelle nostrecarte, non ve ne è traccia; lo stesso paese non èfortificato, né è posto fra quelli importanti. Possiamopensare, allora, ad una specie di damnatio memoriaeverso i Sanseverino: il principe Antonello fu tra ipromotori della congiura dei baroni del 1485-1487;fallita la congiura, si rifugiò in Francia, ed il re Ferrantelo privò di tutti i feudi e relativi privilegi. Se è così,questo fatto potrebbe contribuire alla datazione dellecarte, o quanto meno dell'intervento sia del pittore ominiaturista che ha disegnato gli elementi in rosso, siadel topografo, intervento forse successivo al 1485.

Diversamente, potrebbe pensarsi ad unasituazione più antica riflessa nelle carte, indizio di quella

flumen, quod dicitur Siler; in loeo... qui dicitur Marianus;in Mariano praedio).

25 Vd., per il centro di S. Vito, M. MELLO, Il complesso diS. Vito alla Piana: problemi, ricerche, prospettive, in lo., StudiPaleocristiani, Gentile, Salerno, 2001, pp. 93-129.

26 G. BAMONTE, Le antichità Pestane, Napoli, 1819, p. 117.27 Vd. Ci ANTONINI, La Lucania... , cit., voI. I, p. 189.28 Liv., XXV, 16, 24: Tiberio Gracco, tradito dal pretore

lucano Flavo, cade in un agguato in Lucania, ad campos quiVeteres vocantur.

29 Hyginus gromaticus, Constitutio limitum, p. 161, 4(Semproniana).

41

Fig. 2.9 - Salerno e dintorni (BNF, Car1es et P/ans, GE AA 1305-5, part.).

che, secondo alcuni autori, è la vera origine della casatadei Sanseverin030

: il nome deriverebbe dal loro primofeudo in epoca normanna, non San Severino Rota,acquisito in seguito, ma San Severino di Centola o diCamerota, nel basso Cilento, insediamento fortificato aguardia del passaggio sul fiume Mingardo, questo, sì,raffigurato sulle nostre carte come città importante,munita di cinta muraria (cat. R).

cc = Paesi di una certa importanza, raffiguraticon due o più campanili o chiese, solitamente con moltecase, e quindi centri popolosi. Si va da un minimo di 7ad un massimo di 30 elementi. Fra i maggiori, NuceriaNova, Eboli, Acerno, Laconiegro (Lagonegro), Lauria,s.to Cypriano (nel Picentino), Gifuni, Rabello (Ravello),Maratea sott(ana), Campania (Campagna), Corgiano(Caggiano), Bibone Nova (Vibonati), Giungano, Palo(Palomonte), Roscigno. Fra i minori, S.to Angelo delleFratte, Malliano Nova (Magliano Nuovo), Cuccaro,Brientia (Brienza), Sacco, Pola (Polla), Montella. Fra ipaesi con nomi di derivazione classica, troviamoAthene31

, ossia Atena Lucana, la romana Atina. Unaindagine su questi paesi potrebbe rivelarsi importante(per l'epoca aragonese) dal punto di vista demograficoed economico, evidenziando linee di sviluppo legate alsito, alla viabilità, alla produzione, ai trafficicommerciali.

R = Città fortificate, con una cerchia di muraturrite, e/o con una rocca o castello che sovrasta il paese,rappresentate a volo d'uccello, con numerose caseaddensate all'interno. Queste città sono le maggiori inassoluto, e quelle più importanti dal punto di vista

militare; ci sono però anche fortezze minori, nonnecessariamente popolose. All' interno, possono esserviuna o più chiese, torri, edifici di varia forma: in effettiil disegno è diverso da città a città, e sembra individuarneil profilo con un intento sicuramente realistico, ispiratoall'aspetto effettivo.

La città più importante è ovviamente il capoluogo,Salerno, raffigurato in Tll; tutta l'area corrisponde aquella rappresentata in un disegno del 1580 circaconservato alla Biblioteca Angelica32

: ci sono le muracon le torri lungo la spiaggia, la foce ramificata dell' Imo,la torre del Carnale, il castello in alto, le chiese di S.toSpirito (S.to Spirno) e di S. Giovanni (S.to lo.) fuori lemura. Ma il disegno aragonese è più antico, ed èperfettamente tracciato un promontorio che si prolunganel mare, piegato all' estremità, probabilmente il molodel porto, che nel disegno cinquecentesco è solo unrudere. Tuttavia l'interpretazione non è semplice; ilporto è disegnato come un prolungamento della costa,avente lo stesso tratto sabbioso, e non come una struttura

30 Vd. G. ANTONINI, La Lucania, cit., voI. I, p. 348; L. DI

STEFANO, Della Valle di Fasanella nella Lucania, lib. l/;(1783), Ediz. Arci Postiglione, Salerno, 1997, p. 130 sgg.

31 Plin .. Nat. hist., II, 103,225 (Et in Atinate campofluviusmersus post XX milia passuum exit); Plin., Nat. hist., III, Il,98; III, Il, 104-105 (Atinates); Cic., De divin., l, 28, 59; Val.Max, I, 7, 5 (in villa ... campi Atinatis); Cic., De divin., II,67, 137 (in campumAtinatem); Liber Coloniarum, I, p. 209,6 L (Atenas).

32 Vd. A. R. AMAROTTA, Salerno in Wl ignoto disegno delCinquecento: conferme e smentite, "Rassegna StoricaSalernitana", n.s., IX, I, 1992, pp. 89-124.

42

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Fig. 2.10 - Pesto (Paestum) e dintorni (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-7, part.).

muraria (solitamente disegnata in rosso). Si tratta, forse(se non ancora più antico), del porto costruito da reManfredi, rimasto incompiuto, in parte insabbiato edisattivato dopo la metà del XIV sec., e probabilmenterestaurato dai sovrani aragonesi per le necessità dellafiera di Salern033.

Curiosamente, tra le città fortificate, troviamoPesto, l'antica Paestum nella piana del Sele (trascrittasecondo l'uso medioevale, senza il dittongo)34, disegnatain pianta ovale, con sei torri murarie, di grandeestensione, e con numerose case all' interno, oltre aduna chiesa e ad un edificio rettangolare che potrebbesuggerire il profilo di un tempio; inoltre, essa apparedotata di due acquedotti, provenienti l'uno da Capo diAqua e l'altro da Capaccio, e di un collegamento muratocon un edificio sul mare, forse per l'ingresso e l'uscitadalla città mediante un percorso protetto. Bisogna direperò che all' epoca la città doveva essere abitata, sia purein piccola parte; lo testimoniano la presenza della chiesadell' Annunziata e di altri edifici, e alcuni documentidell' archivia della Badia di Cava che parlano di un locoPestp5. Si potrebbe dedurre, da questo singolare disegno,che forse l'amministrazione aragonese intendesseriutilizzare il sito dell'antica città per farne un luogofortificato funzionale alla difesa del Regn036

: è noto chein questo periodo i sovrani si preoccuparonocostantemente di far disegnare e restaurare i castelli ele cinte murarie, adattandoli anche per la difesa controle nuove armi distruttive, i cannoni, in dotazione aglieserciti moderni. E' plausibile inoltre che allora la cittàfosse assai meglio conservata rispetto ad oggi. Se è così,gli estensori della carta erano molto viciniall' amminis trazione centrale, anzi ne eranol'espressione, riportandone sulla mappa i progetti,

Appare comunque certa la conoscenza, sia puresommaria, della città, della cinta muraria, dei suoi edificiinterni, e degli elementi della piana ad essa connessi,come gli acquedotti, il fiume Salsa e i casali circostanti.

33 Vd. M. SIRAGO, Il porto di Salerno nel "sistema"portuale del Regno meridionale in età moderna (1503-1806),"Rassegna Storica Salernitana", n.s., XI, I, 1994, pp. 103­151. Ma si potrebbe pensare anche al porto longobardo,oppure all'antico porto romano, che col tempo avrebbe persole caratteristiche di manufatto, apparendo come un naturaleprolungamento della costa nel mare; vd. A. R. AMAROTIA,Salerno romana e medievale. Dinamica di un insediamento,Laveglia, Salerno, 1989. Del porto di Salerno parla anche ilnavigatore e cartografo turco Piri Reis, dicendo che siprotende per due miglia nel mare, ma è poco utilizzabile percolpa degli insabbiamenti: vd. V. BON!, Su una raffigurazionedi Salerno nella cartografia di Piri Reis, "Rassegna StoricaSalernitana", n.s., Xl, 2, 1994, pp. 237-242. Anche il portodi Castellammare di Stabia, sulle nostre mappe, è disegnatocome una lingua di terra, sovrastata da una torre, e grossomodo corrisponde alla struttura disegnata nel ms. del Ferraiolo(Cronaca di Napoli aragonese, New York, Pierpont MorganLibrary, ms. 801, f. 116v); vd. R. FILANGIERI, Una cronacanapoletana figurata del Quattrocento, Napoli, 1956.

34 Catalogus Provinciarum 1taliae, p. 188 W (Pestus);Pau\. Diac., Historia Langobardorum, II, J7 (Pestus); GuidoPisanus, Geographica. 32 (Pestum).

35 Vd. A. NATELLA, il territorio di Capaccio dall'antichitàall'alto medio evo, in AA.VV., Caputaquis medievale 1.Ricerche 1973, Laveglia, Salerno, 1976, pp. 9-22, in part. p.18, n. 55.

36 Non è inverosimile un progetto di ricostruzione dellacittà, se nel 1755 il salernitano Gennaro Mangoni, in unalettera al re, proponeva di riedificare l'antica Paestum,"facendo risorgere una delle più grandi e ragguardevoli città

Fig. 2.11 - Agropoli (AcropolI), città fortificata, ed il suoMercato (BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305-6, part.).

Una prova sicura è il disegno della torre costiera pressoPesto, assolutamente un unicum, rappresentata doppia,con un torrino accanto, dal quale doveva accedersiall'interno; come è noto, questa particolare torre,esistente ancora oggi, presenta un torrino laterale conuna rampa d'accesso al corpo principale. Il Fiume Salsoappare sdoppiato, con i casali di Capo di Aqua e Capodi Fiume; ai due fiumicelli che convogliano l'acqua dallevicine colline intorno alla città si affiancano le muragliedei due acquedotti. Il ponticello disegnato sul Salso incorrispondenza della città potrebbe essere quelloattualmente nascosto (ma presente, benchéabbandonato) sotto la strada moderna davanti a PortaAurea, a Nord. C'è poi una confusione tra i due siti diCapaccio. Quello chiamato Capaccio Novo sulla cartaè in realtà Capaccio Vecchio, l'antica fortezza presa daFederico II, sul Monte Soprano37. La chiesa di S.toPietro, disegnata al suo interno, in realtà appartiene allalocalità che poi diventerà Capaccio Nuovo, più a sud, eche è riportata sulla carta semplicemente comeCapaccio. La mancanza di altre indicazioni fa pensarecomunque che l'antica Capaccio sia ancora localitàabitata, e non abbandonata definitivamente o diruta.

Tra le altre città fortificate (l'elenco completo èin appendice), troviamo Policastro, Acropoli (con uncamminamento protetto, come a Pesto, che collega ilmare alle mura), Castello della Bruca (l'antica Velia),Puccino (Buccino), Castr(um) Surrento, Amalphi,Rocca di Stabia, Capri, Potentia, Capaccio Novo, LaAuleta (Auletta), Diano (Teggiano), Castelluccio(presso Battipaglia), Laviano, Piccerno, Siciniano. Fraquelle con nomi di origine classica vi sono Nuceriaantiqua, Contia (Conza)38 e Sontia39 (Sanza), a guardiadel passaggio fra il Vallo di Diano e la zona di Policastro.

Il territorio presenta una stratificazione temporaledi interventi difensivi, da parte di Normanni, Svevi, esoprattutto Angioini, che attuarono un programmaintensivo e specifico, ad esempio nel Golfo di Policastro,con una prima ed una seconda linea di fortificazioni a

43

Fig. 2.12 - Bibo ad Siccam odie ruin(ato), la "Vibonelucana" dell'Antonini (BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305-6,part.).

partire dalla costa, e nel Vallo di Diano. In seguito gliAragonesi si limitarono a interventi di ristrutturazione,per le nuove esigenze difensive, dovute all'introduzionedella polvere da sparo e dei cannoni40. Il quadro dellefortificazioni presentato nelle nostre mappe è dunquesostanzialmente quello esistente in epoca angioina;l'intervento aragonese può essere visto nel disegno diparticolari strutture e torri squadrate, a scarpata.

RV = Rovine, ruderi, antichità: notevole è lapresenza, nelle carte, di centri scomparsi, antichi emedioevali, indicati con un disegno specifico, una o piùpiramidi a gradoni, a segnalare ruderi importanti, rovinedi città, mura, castelli, torri; a volte vi sono delle casette,ad indicare dei semplici casali scomparsi. Nelle scritte,il toponimo è solitamente accompagnato dalla

del mondo": vd. P. LAVEGLIA, Paestum dalla decadenza allariscoperta fino al 1860. Primi studi primi provvedimenti ditutela, in AA.VV., Scritti in memoria di Leopoldo Cassese,voI. Il, Libreria Scientifica Editrice, Napoli, 1971, pp. 181­276 (pp. 39-40).

37 Questa inversione, curiosamente, si ripeterà più voltenella cartografia successiva, ad indicare sia il comune mododi lavorare dei cartografi. che ricopiavano da carte precedenti,sia una qualche conoscenza delle nostre carte nel Cinquecentoe nel Seicento, ad es. nel Magini (vd. più avanti).

38 Cic., Verr. Sec.. V. 61. 158 (P. Gavio Consano municipe);Liv.. XXlII, l, 1-2 (se Compsam traditurum. COl1lpsanus eratTrebius); Liv., XXIV, 44, 8 (Col1lpsano agro); luI. Obseq.,Prodig., 17 (Col1lpsae); Vell., II, 16, 2; 68, 3 (Col1lpsal1l);Plin., Nat. hist., 1II, 11, 105 (Compsani); Ptol., Geogr., III. l.70 (Compsa all'interno della Lucania).

39 Plin., Nat. hist., III, Il, 98 (Sontini).40 Vd. L. SANTORO, Le difese di Salerno nel territorio, in

A. LEONE, L. VITOLO (a cura di), Guida alla storia di Salerno

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Fig. 2.13 - Il famoso tempio di Hera Argiva (/unonis ArgivaeTemp/um ruinatum) è posto dalle nostre carte a destra delSele, presso Eboli (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-7,part.).

specificazione dir. (diruto) o ruin. (minato). Fra itoponimi medioevali, ricordiamo Carbonara dir(uta),Controne Sot(tano) dir(uto), Fasanella ruin(ata), Casaledi Fonte dir(uto), Gorga sopr(ana) dir(uta), Granciadi Menucardo dir(uta), Omignano pic(colo) dir(uto),S.to Biase dir(uto). Il particolare interesse conoscitivoper i ruderi va principalmente spiegato, come si è dettoriguardo a Pesto, con l'eventualità di una futuraricostruzione o restauro a fini civili o militari,recuperando le strutture esistenti. Ma l'abbondanza deisiti "diruti" potrebbe far pensare anche ad un confrontocon documenti e mappe più antiche da parte del nostrotopografo.

Fra i numerosi toponimi risalenti ad epocaromana, troviamo Bibo ad Siccam odie ruin(ator 1

,

l'antica Vibone lucana, posta anche dall' Antonini, unicofra gli eruditi (poi vedremo il perché), presso il sito diVibonati (con l'isoletta La Sicca davanti alla costa);Casuento ruin(ato j42 presso Potenza; Marcellianadir(utar3 presso Magliano, nella Valle del Calore, inun sito molto lontano da quello ipotizzato dagli studiosi(fra Sala Consilina e Padula), e forse lungo una stradaalternativa che raggiungeva il Vallo di Diano attraversola valle del Calore44 ; Ruine di Molpi45 nella valle delfiume omonimo (La Melpa) presso Palinuro; Ruine diPicentia46

, l'antica città sede dei Piceni deportati nel268 a.c., posta sul Fiume Picentino presso Gifuni. Unaltro toponimo che richiama direttamente l'età romanaè Rocca Bolcejana ruin(ata), sopra Buccino, l'anticaVolcei47

Una interessante scritta segnala Iun(onis)Arg(ivae) Templ(um) ruina(tum), il famoso tempio diHera o Giunone Argiva fondato da Giasone presso ilSele48

: il nostro topografo segue Plinio, e lo pone alladestra del Sele, in territorio Picentino, associandolo adei ruderi su una collinetta presso Eboli, in prossimitàdel ponte di Eboli e alla destra del fiume Trencia. Nellastoria delle ricerche sul sito di tale santuario, questalocalizzazione è certamente unica.

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Fig. 2.14 - Il tempio dedicato ad Atena-Minerva,all'estremità della Penisola Sorrentina (Punta Campanella)(BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-5, part.).

Fra gli altri templi antichi segnalati, vi è il Tempioet Prom(ontorio) della Minerva, con il disegno di untempio circolare49

, dato quindi come esistente, e noncome rudere, all'estremità della Penisola Sorrentina. Iltempio disegnato, di stile rinascimentale, somiglia molto

e della sua provincia, Laveglia, Salerno, 1982, val. II, pp.481-540; vd. anche L. SANTORO, Castelli angioini edaragonesi nel Regno di Napoli, Milano. 1982.

41 Liv., XXXV, 40, 5-6 (Vibonem colonia al confine con ilBruzio); Cic., AdAtt., III, 2; 3; 4 (infundo Siccae; Vibonem;Sicca); Cic., Ad Att., XVI, 6. I (Vibonem ad Siccam); Plul.,Cic., 31; 32 (Ipponion è città della Lucania, dove si trova ilpodere di Vibio Sicca, amico di Cicerone); ChronicorumCasinensium Epitome, p. 353 (Vibonam). Cfr. G. ANTONINI,La Lucania... , cil., voI. I, pp. 419-428.

42 Plin., Natur. hist., III. Il, 97 (Casuentum fiume dellaLucania).

43 Antonin. Aug. Itiner., 110, l (in Marcelliana); Cassiod.,Var., VIII, 33 (Marcellianum); Chronicorum CasinensiumEpitome, p. 353 (Marcellianum); Gelasius I, Epist., AppendixIL in Patr. Lat., l. LIX, col. 145d - 146a (Marcellianensis).

44 Vd. G. RICCIO, Storia e topografia antica della Lucania,voI. II, Napoli, 1876, pago 6 sgg. La posizione di Marcellianarispecchia qui l'Itinerario Antonino, che suggerisce unpassaggio dal Calore al Vallo di Diano: Antonin. Aug. Itiner.,110, 1-4 (Ad Calorem, in Marcelliana, Caesariana. Nerulo).

45 Plin., Nat. hist., III, 5, 73 (Melpes). Hygin., Praef, 30(Molpe).

46 Liv., Per.. XV (Picentibus victis pax data est); Strab.,V, 4, 13 (C 251); Mela, De chor., II.4,69 (Picentia); Plin.,Nat. hist.. III, 5. 70 (Picentia); SiI., VIII. 577 (Picentia); Fior.,II, 6 (Picentia); Anon. Rav., Cosmogr., IV. 34 (Picentia);Guido Pisan.. Geogr., 43 (Picensia).

47 Liv.. XXVII, 15,2 (Volceientes); Liber Coloniarum, I,p. 209,6 (Vulcentana).

48 Plin .. Nat. hist., III, 5, 70 (Ager Picentinus fuitTuscorum. tempio Iunonis Argivae ab Iasone conditoinsignis); Solin., II, 7 (Templum Iunonis Argivae); Strab., VI,I, l (C 252).

49 Luci!., III, 125 (promontorium remis superamusMinervae); Liv.. XL, 18,8 (promunturium iis Minervae); Liv.,XLII, 20, 3 (et in Campania ad Minervae promunturium);Ovid., Metam., XV, 709 (promunturiumque Minervae); Mela,De chorographia, II, 4,69 (Minervae promunturium); Plin.,Natur. hist., III, 5, 62 (Surrentum cum promunturio Minervae,Sirenum quondam sede); Stat., Silvae, II, 2, 1-2 (Est internotos Sirenum nomine muros saxaque Tyrrhenae templis

Fig. 2.15 - Giuliano da Sangallo, Tempio della SibillaCumana, in realtà edificio termale della zona di Baia (Cod.Barberini 4424 f. 8v, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana).

ad un tipo diffuso nei dipinti dell'epoca5o• Allo stessomodo, è dato come esistente, ugualmente in formacircolare, ma con meno dettagli nel disegno, il Tempiodi Circe presso Sorrento, di cui parla Strabone51 qualetempio delle Sirene52

; a questo proposito, GiovanniPontano ricorda la localizzazione della mitica Circe suun'isola prossima a Sorrent053

• A livello di rudere èinvece il Neronis T( emplum) segnalato sull'isola diCapri, in relazione ai resti della villa dell'ImperatoreTiberio, con il disegno appena accennato di una cupola;sopra la Montagna di Anacapri sono inoltre segnalatedelle ruine.

In realtà il disegno di questi tempii circolari, acupola, si ispira ad edifici romani, allora ancora esistentinei Campi Flegrei, a Pozzuoli, a Baia; le antichità eranometa di artisti e architetti, operanti nel regno di Napoli,a vario titolo chiamati dai sovrani per sovrintendere allacostruzione di palazzi e fortezze. Così appare indubbiala connessione di queste località al "grand tour"rinascimentale, di umanisti e scienziati, come LeonBattista Alberti, che dalla visita alle rovine greco­romane traevano ispirazione per la loro attività.Ugualmente Giuliano da Sangallo e Fra Giocondo daVerona, presenti nel Regno di Napoli54, ci hanno lasciatodisegni delle antichità dei dintorni di Napoli, fra le qualiedifici a cupola e templi circolari55

• La vera riscopertadelle antiche città del Napoletano si ebbe molto primadel Settecento, proprio nel periodo dell'Umanesimo edel Rinascimento, a partire dai circoli culturali dellaNapoli aragonese: tuttavia, per varie ragioni, questariscoperta rimase a metà, travolta e spezzata dallevicende del Regno. Questi disegni dunque non erano"di fantasia", ma realmente corrispondenti ad edificipresenti nel territorio napoletano; nel caso del Tempio

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di Minerva a Punta Campanella, se si rifiuta l'ipotesidella persistenza dell' antico edificio o di suoi resti, sipuò ritenere che il nostro cartografo abbia "integrato"eventuali rovine con il disegno di un tempio simileesistente nella zona flegrea. Ed una tale integrazionepoteva venire in mente solo a qualcuno che viveva nelfervido clima culturale della Napoli aragonese, nel qualela conoscenza dei testi antichi era abbinata allaconoscenza dei monumenti e delle antichità presenti nelterritorio; lo studio dell' antico serviva a progettare ilnuovo, sul piano architettonico come su quello politico­sociale del governo e dell'amministrazione dello stato.

onerata Minervae); Liber Coloniarum, I, p. 237, 1 L (obconsecrationem Minervae); Guido Pisanus, Geographica, 74(Minerva).

50 Vd., ad es., Perugino, "La consegna delle chiavi", 1480­81, Roma, Cappella Sistina, Palazzi Vaticani; VittoreCarpaccio, "Storie di Sant'Orsola", Il re di Bretagna accogliegli ambasciatori inglesi, 1495, Venezia, Galleriedell' Accademia; Raffaello, "Sposalizio della Vergine", 1504,Milano, Pinacoteca di Brera. Non si può escludere che i restidel tempio fossero ancora visibili in epoca aragonese: agliinizi del Settecento, Filippo Anastasio, detto il "PatriarcaAntiocheno", afferma che ai suoi tempi si potevano vedereancora le colonne dell'Athenaion, al punto da far ritenere iltempio di genere diastilo; fra i resti era visibile anche un rilievoraffigurante i sette savi della Grecia: PHIL. ANASTASIUS,Lucubrationes in Surrentinorum ecclesiasticas civilesqueantiquitates (T. I-II, Romae, 1731-32), T. II, p. 252.

5l Il manoscritto con l'opera di Strabone fu portato aFirenze verso il 1438-39, ma tradotto in latino solo nel 1459da Guarino Veronese e Gregorio Tifemate, e stampato a Romanel 1469 con titolo Cosmographia. Era tuttavia noto in parteal Biondo.

52 Strab., V, 4. 8 (C 247).53 G. PONTANO, De bello Neapolitano, in Raccolta dei più

rinomati scrittori dell'istoria generale del Regno di Napoli,Tomo V, Gravier, Napoli, 1769, lib. VI, pp. 142-143: "Priscietiam auctores tradunt Surentum urbem, ipsumque, in quoconstituta urbs est, agrum ac promontorium, Sirenumquondam sedes fuisse, perinde ut Circe imperitavit finitimain insula, ut Calipso in alia etiam Ausonii maris insula".Anche questo indizio ci porta ad identificare il nostro"topografo" col Pontano.

54 Vd. E. PERCOPO, Nuovi documenti su gli scrittori e gliartisti dei tempi aragonesi, a cura di M. DEL TREPPO, Napoli,1997 (ristampa di articoli pubblicati nell' "Archivio Storicoper le Province Napolet'ane").

55 Vd. M. DOCCI, D. MAESTRI, Il rilevamento architettonico.Storia metodi disegno, 3a ed.. Roma-Bari, Laterza, 1989, pp.53-109. I disegni sono al Gabinetto degli Uffizi, Firenze. 11Rinascimento, da una parte, fa rivivere idealmente e nellearti ciò che l'occhio fisico vede ormai in rovina; dall'altra,l'opera antica è vista come qualcosa da recuperare non di persé, ma per vantaggio ed arricchimento dei contemporanei:vd. V. BRACCO, L'archeologia classica nella culturaoccidentale, L'Erma di Bretschneider, Roma, 1979, pp. 54;58; 66; 86.

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Fig. 2.16 - La Villa Popi/iana dir(uta), presso Polla, nelsito del famoso Lapis Pollae e dell'antico forum romano lungola via Capua-Reggio (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-7,part.).

Se, come sembra, gli antichi avevano costruito un tempioalla punta del promontorio con probabile funzione anchedi faro, tutto ciò poteva costituire ancora in epocaaragonese un'iniziativa valida, da riproporre per il "buongoverno" del Regno di Napoli. E se questa nostra ipotesiè valida, il curatore delle mappe poteva essere soltantouna persona coinvolta nel governo dello stato, come ilPontano.

Ancora, di grande interesse è l'indicazione di unaVilla Popiliana dir(uta) all'imboccatura del Vallo diDiano, presso Pola (Polla). Essa richiama subito ilfamoso Lapis Pollae56

, e le numerose discussioni sulpersonaggio che si cela dietro questa iscrizione, e cheha curato la costruzione della via da Capua a Reggio:un Popilio, come vorrebbe il Mommsen, con molti altri,o un Annio, come convincentemente ha dimostrato ilBracc057

• Inoltre, stando ali 'iscrizione, questo stessopersonaggio edifica nella località un forum (forumaedisque poplicas heicfecei). Si potrebbe pensare allorache il nostro topografo abbia avuto a disposizioneulteriori dati, documenti o iscrizioni, tali da fargliattribuire il nome di Villa Popiliana dir(uta) ai ruderiesistenti nella zona.

Si sa, a questo proposito, che Giovanni GiovianoPontano aveva trascritto l'iscrizione di Polla in una suasilloge58

, poi dispersa, ma ricopiata da altri autori, chesuccessivamente riproposero l'iscrizione. Essaprobabilmente già allora mancava del nome delmagistrato, altrimenti questo sarebbe stato reso noto.Dunque, se il nostro topografo lavorava nello stessoperiodo, e conosceva l'iscrizione, dovendo dare un nomealla località, dovette cercarlo nelle fonti, e sicuramentenegli itinerari medioevali, di origine tardo-antica, chepongono un Forum Popili dopo le Nares Lucanas eAceronia59 (altre fonti pongono tuttavia la località inCampania)60. Insomma, egli dovette anticipare l'ipotesidel Mommsen, dando al magistrato ignoto il nome diPopilio. E' probabile, quindi, che il nostro topografovada identificato nello stesso Giovanni Pontano, l'unico,a quanto risulta, che si sia allora interessatoall' iscrizione.

Accanto alla Villa Popiliana, all'ingresso dellaValle, vi è un altro insediamento antico, il Casale diMartelo direuto), e il nome potrebbe essere una erratatrascrizione per Marcelo, con riferimento a MarcoMarcello ed alla sua campagna contro Annibale,condotta in Lucania, con un combattimento nel vicinoterritorio di Numistrone61 (sulla carta, Laco diNumestrone); è possibile anche un riferimento al sito diMarcellianum, solitamente posto dagli studiosi nel Vallodi Diano. Ciò conferma il modo di lavorare del nostrotopografo, volto a dare una patente di antichità ad ognitestimonianza fisica sul territorio.

Fra le testimonianze medioevali, un Casale diAmalfi direuto), sulla Montagna della Bulgaria, latomare, richiama la nota storia della fondazione di Amalfi:alcune nobili famiglie romane, partite per Costantinopoliverso il 339 d.C., sorprese da una tempesta, ripararonodapprima a Ragusa, e poi in Lucania nel pressi diPalinuro, dove fondarono la città di Molpe; in seguito

56 eIL F, 638 =: I.L.L.R.P. l, 454 =: V. BRACCO (a curadi), Inscriptiones Italiae, voI. III, reg. IIl, fase. l, CivitatesVallium Silari et Témagri, Roma, 1974, n. 272.

57 Vd. in proposito A. FRANCIOSI. La romanizzazione delVallo di Diano in età graccana, in G. FRANCIOSI (a cura di),La romanizzazione della Campania antica,!, lovene, Napoli,2002, pp. 195-228; F. T. HINRICHS, Nochmals zur Inschriftvon Polla, "Historia", 18, 1969, pp. 251-255; F. CANTARELLI,La via Regio-Capuam: problemi storici e topografici,"L'Universo", 60, 6,1980, pp. 929-968; 61, l, 1981, pp. 89­150; T. P. WISEMAN, La via Annia: dogma e ipotesi,"Athenaeum", 77, 1989, pp. 417-426; V. BRACCO, L'Elogiumdi Polla. "Rendic. Ace. ArcheoI. Lettere e B. Arti di Napoli",XXIX, 1954, pp. 5-37; V. BRACCO, Ancora sull'Elogium diPolla. "Rendic. Ace. ArcheoI. Lettere e B. Arti di Napoli",XXXV, 1960. pp. 149-163; V. BRACCO, Della via Popilia (chenonfu mai Popilia), in P. BORRARO (a cura di), Studi Lucani eMeridionali. Galatina 1978, pp. 9-18; V. BRACCO, Il'tabellarius' di Polla, "Epigraphica", 47,1985, pp. 93-97.

58 Vd. V. BRACCO (a cura di), Inscriptiones Italiae, cit., p.153. La raccolta epigrafica del Pontano esisteva ancora inNapoli negli anni 1547 (consultata da A. Morillon e S. V.Pighio) e 1592 (consultata da L. Schrader): vd. E. PERCOPO,Vita di Giovanili Pontano, Napoli, 1938, pp. 301-302.

59 Anon. Rav., Cosmogr., IV, 34 (var. Foro Populi, ForumPopuli): Guido Pisanus, Geographica, 43 (Forum Populi,dopo le Nares Lucanas e Aceronia).

60 Liber Coloniarum, I, p. 233, 18: Forum Populi si trovain Campania; allo stesso modo è posto in Campania da Dion.Halyc., Antiq. Rom., I, 21, 4; e da Ptol., Geogr., III, l, 68.Sallustio, inoltre (Hist., III, fr. 98), seguendo il percorso diSpartaco attraverso i iuga Eburina fino ad Naris Lucanas epoi ad Anni forum, ci dà probabilmente l'antico nomedell' insediamento presso Polla.

61 Liv., XXVII, 2, 4-10. Si può però ipotizzare anche unriferimento al casale di San Marzano / Martiano, distruttodurante la guerra del Vespro, oppure al Fundus Marcellianusdi eIL X 407 =: V. BRACCO, Inscriptiones Italiae, cit., n. 17,pp. 14-18.

passarono ad Eboli e infine sulla costa rocciosa einaccessibile, dove fondarono Amalfi62

Anche nelle altre mappe del Regno di Napoli ilnostro topografo fa costante riferimento al mondoantico: ad esempio, accanto ad Acerra, vi è la scrittaClanius non aequus Acerris, tratta da un verso diVirgili063

; nella città, inserita lungo le mura, è disegnatauna Torre di Annibale quasi dir(uta); nei pressi èriportata l'antica città di Suessula64

Una riflessione complessiva sui "ruderi" e leantichità delle nostre mappe ci porta a capire che allorail passato non era ancora "in vetrina", ma vivo ed attuale,integrato nella vita quotidiana. NelI' epocarinascimentale, l'istinto prevalente degli uomini dicultura di fronte a queste testimonianze era quello distudiarle, copiarle e, se possibile, ricostruirle in uncontesto funzionale. Non si cercava di conservare,preservare, custodire religiosamente i ruderi, e nonesisteva ancora quello che poi è stato chiamato il "cultodelle rovine", di origine romantica65

• Se sulle nostremappe compare un paese, una torre, un castello diruto,è segnalato e censito non in quanto tale, ma in vista diuna possibile ricostruzione funzionale, a fini militari,oppure nella prospettiva di trame materiali dacostruzione per l'edilizi a, oppure per finalitàconoscitive, in vista della possibilità di studiarel'edificio e le sue strutture architettoniche per imitarlealtrove, in nuovi edifici.

In generale, per una verifica dell' antichità deitoponimi, possiamo utilmente consultare il CodexDiplomaticus Cavensis66

, con testi e atti dal 792; ilcosiddetto Catalogus Baronum 67

, un documentonormanno datato al 1150-1168, con un elenco difeudatari, feudi e località soggette; la divisione del 1299fra le terre del principato Citra e Ultra68

; La Statisticadel Regn069 del 1444, di epoca aragonese, con un elencodi feudatari e di terre; il Liber Focorum RegniNeapolis70, datato al 1447, con l'elenco dei feudi, deipaesi e dei fuochi; la Numerazione dei fuochi diCastellabate e Rocca Cilento con i loro casalFl, del 1489,dettagliata ma riguardante solo una parte del PrincipatoCitra; il diario di Joampiero Leostello che segue passopasso, dal 1484 al 1491, gli spostamenti di Alfonso Ducadi Calabria72

L'elenco che segue è solo indicativo, nonsistematico (lasciamo ad altri questo compito); nelcomplesso, la forma dei toponimi presenti nella carta èmolto antica, e corrisponde a quella dei documenti citati.Alcuni nomi che sembrano avere un'origine erudita, inrealtà sono rimasti quasi identici fin dall'antichità. Uneventuale confronto ulteriore (anche questo lo lasciamoad altri) potrebbe essere fatto tra i fuochi / abitantirisultanti da tali documenti, ed il numero di casettedisegnate sulla carta per ogni insediamento, numero cheplausibilmente doveva corrispondere in qualche modo

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alla popolazione ivi residente, rispetto a un datocensimento, da individuare.M(onte) Acuto: Mons Acutus CDC-5Agello: Agella CDC-l, Agellum CBAquaro: Aquarium DIV, Aquara LFAthene: Atena DIV, Atana LFBatulla: Batolla CDC-3La Bella: Labella LFBono Habitacolo: Bono Habitaculo LFCastello della Bruca: Castrum Maris de Bruca DIVCagnano: Cagnano CBCampania (Campagna): Campania CB, DIV, Campanea LFCamphora: Campora DIV, LFCapaccio: Capuacium DIV, Capacia LF, Capazzo / Capaza

SRCapo di Aqua: Caput Aquis CDC-3Capo Si/aro: Capusele CB, Caput Sileris DIVCarbonara dir(uta): Carvonarium CDC-3, Carbonaria DIVCasale Carusio: Carusiorum NUMContia (Conza): Consa CDC-4, Consia CB, Contia DIV,

Consa LFCuccaro: Cucculum DIV, Cucchulum LFDiano: Diano CB, Dianum DIV, LFCasale di Fonte dir(uto): Fontis CDC-lFrancorum Castr(um): Castrum de Franchis LFGifuni: Gifono CB, Gifonum DIV, LF

62 Vd. M. CAMERA, lstoria della città e costiera di Amalfi,Napoli, 1836, pp. 7-20.

63 Verg., Georg., II, v. 225.64 Vd. lo studio di Vladimiro Valerio in questo volume;

cfr. V. VALERIO, Cartography... , cit., p. 951. La mappa è quelladella zona di Nola, in ASN, Archivio Farnese, 211412.

65 Cfr. V. BRACCO, L'archeologia classica nella culturaoccidentale, cit., p. 63; A. STILLE, La memoria del futuro.Come sta cambiando la nostra idea del passato, Mondadori,Milano, 2003.

66 Codex Diplomaticus Cavensis, volI. I-X, 1873-1990;in sigla, CDC.

67 Vd. E. JAMISON (a cura di), Catalogus Baronum, IstitutoStorico Italiano per il Medioevo, Roma, 1972; in sigla, CB.

68 Vd. C. CARUCCI (a cura di), Codice DiplomaticoSalernitano del secolo XlII, VoI. IlI, cit., pp. 408-411; in sigla,DIV.

69 Vd. C. FOUCARD, Fonti di Storia Napoletananell'Archivio di Stato di Modena. l. Descrizione della Cittàdi Napoli e statistica del Regno nel 1444, "Archivio Storicoper le Province Napoletane", 2,1877, pp. 725-757; in sigla,SR.

70 Vd. G. DA MOLIN, La popolazione del Regno di Napolia metà Quattrocento (Studio di unfocolario aragonese), Bari,1979; in sigla, LF.

71 Vd. A. SILVESTRI (a cura di), La popolazione del Cilentonel 1489, Salerno, 1956 (rist. Centro di Promozione Culturaleper il Cilento, Acciaroli, 1991); in sigla, NUM.

72 J. LEOSTELLO, Effemeridi delle cose fatte per il Duca diCalabria (/484-1491), da un codice della BibliotecaNazionale di Parigi, in G. FILANGIERI (a cura di), Documentiper la storia le arti e le industrie delle provincie napoletane,voI. I, Napoli, 1883; in sigla, EFF.

48

Fig. 2.17 - I casali scomparsi di Pentascinanda e diMassanova alle pendici della Montagna della Stella (BNF,Cartes et Plans, GE AA 1305-6, part.).

Guaratiano: Guarazani NUMLaco Pic(c)olo: Lagu Piczolu CDC-5 Lago Pizolo EFFMannia: Magnia DIV, LFMelpi: Malopa DIV, Molpa LFMonte Corace: Mons Coraci CDC-2, Monte Corace NUMMonte Corbino: Monte Corbino CBLi Morgerati: Morgerarium LFNobi: Nobes CDC-6Olibano: Olibanum DIV, LFPantuliano: Civitas Pantuliani DIV, Pantalianum LFPesto: Pesto CBPhiletto: Fillectum CB, Philectum DIV, Filectum LFFiume Picentino: Pecentinum CDC-IPissota: Pissocta CB, Piscotta DIV, Pisciota LE Pissotta SR

Pisciocta EFFLi Porcilli: Porcili NUMPuccino (Buccino): Pulcino CB. Pulcinum LFRocca di Aspromonte (Roccadaspide): Rocca de Aspro DIV,

Roccha de Aspro LFS. Maria di Piupo: S. Mariae da li Pluppi CDC-3S.to Ioanni di Pirro: Sanctus Ioannes de Pirrum LFS.to Mich(ele) Archangelo: S. Archangelum CDC-3S.to Theodoro: Santi Thodari NUMSabba: Saba CDCASiciniano: Siciniano CB, Sicinianum DIV, Siciniano LFFiume Sierapotamo: Xeropotamus CDC-7Fiume Solphone: Silesone CDC-3, Selfone CBTehora: Tegora CDC-5, Tegoro DIV, Tegora LFTorricello: Turricella CBCapo Tusciano: Tuscianum CDC-I

I documenti sopra citati, tranne l'ultimo, riportanosolitamente paesi e casali di una certa importanza, emancano del dettaglio. L'ultimo, invece, riporta indettaglio i fuochi di Castellabate (Castrum Abbatis),Rocca Cilento (La Rocha) e casali, con le famiglie ed inomi delle persone. Tutti i casali del documento sonopresenti sulla nostra carta: sono 45 in tuttO?3. Ciò sembracostituire una delle migliori conferme dell'utilizzostatale, militare ed amministrativo della carta: è riportatala situazione delle terre e dei casali esistente al 1489,per fini fiscali. Possiamo ritenere che questo quadro nonsia casuale: come per il Cilento, anche per le altre aree,sulla nostra carta, dovrebbero esser presenti innanzitutto

Fig. 2.18 - L' "acquedotto" (o fortificazione) tra SanCostantino e Celle alle pendici della Montagna della Bulgaria(BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305-6, part.).

terre e casali iscritti al fisco, più ogni altra utileinformazione. Forse la mappa poteva essere usata anchecome guida per gli addetti ai censimenti dei fuochi, ossiai "numeratori delli fuochi", funzionari statali chepercepivano un salario per questo loro difficoltosocompito.

Nella zona di Castellabate e Rocca troviamo, sullacarta, anche altri casali, alcuni diruti, altri dati comeattivi, ma in realtà semidistrutti durante la Guerra delVespro, in epoca angioina: Pentascinanda, Massanova,S.to Flaviano (S. Fabiano di Casacastro), Pollara(Pagliara o Palearia), ed altri. L'insediamento di Casolleè forse riportato come Caselle dello Mino.Probabilmente, anche se i casali erano distrutti odisabitati, se ne conservava il nome per la coltivazionedelle terre pertinenti e per i passaggi feudali. Sullamappa mancano, inoltre, per la stessa zona, i villaggiscomparsi nel XII-XIII sec.: Abramuli, Ancilla Dei,Aquafrigida, Cantaro, Con/o, S, Giorgio, S. Pietro diEredita; mancano, parimente, i casali costruiti nel XVIsec., come Agnone e Amalafede/Bonafide74

• La

73 Castrum Abbatis, Casalis Fornilli (sulla nostra cartachiamato s.to Salvatore della Roca, con l'errore Roca per"Socia", data la presenza nel casale della chiesa di S. Salvatoredi Socia), Ortidominici, Limatonti; La Rocha, CasalisCarusiorum, Lustre, Cupersiti. Lauriane, Rodini, Torchiarie,Maleti, Pogliese, Pringnani, Fonichyto, Montis, Cecerale,Monte Corace, Zopporum, Ortodonnici. Montanari}. Fornilli(come sopra), Cosentinorum, Capograssi, Santi Thodari,Serremezane, Santi Mauri, Cannichy, Galdi, Celci, Pollice,Casalichi, Acquavelle, Porcili. Guarazani, Santi Joannis,Omignani, Sante Lucie. Suesse, Vallis. Castangnete, SantiManghi, Casigliani. Camellarum, Perdifumo, Vatolle,Limatontis. Santi Martini. Vd. A. SILVESTRI (a cura di). Lapopolazione del Cilento nel 1489, cit., pp. XVIIl-XX e pp.215-216.

74 Per gli insediamenti del Cilento, vd. P. CANTALUPO, Centriviventi e scomparsi, in P. CANTALUPO, A. LA GRECA (a curadi), Storia delle terre del Cilento antico, cit., voI. II, pp. 619­848; P. EBNER, Chiesa baroni e popolo nel Cilento, volI. I-Il,Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1982.

situazione illustrata sembra essere quella angioina,perdurante anche in epoca aragonese.

Una grande assenza, nelle nostre mappe, è quelladel toponimo "Cilento". Molto è stato scritto sulla suaorigine (X sec.) e sul suo sviluppo; comunque, aprescindere da un eventuale centro con questo nome,esistito in precedenza75

, o dal suo nascere comeoronim076, sembra chiaro che, in periodo aragonese,"Cilento" indica una vasta area regionale del PrincipatoCitra77

, e, in quanto tale, viene escluso dalle mappe,che non riportano alcuna indicazione di province,regioni, baronie, principati, circoscrizioni, e simili.Probabilmente, essendo queste divisioni legate al poterebaronale, dato il costante conflitto dei sovrani aragonesicon i baroni del Regno, la decisa presa di posizione dellemappe segnala un preciso punto di vista, quello delsovrano, del potere governativo, superiore ad ogni altro.Questa osservazione potrebbe essere un ulterioreprezioso indizio che ci porta a Giovanni Pontano,segretario di Alfonso Duca di Calabria e poi primoministro dello stesso re Ferdinando, come curatore dellemappe.

Un accenno va fatto al problema degli errori diposizionamento dei toponimi, alquanto strano in carteper tanti aspetti straordinarie. In effetti, il compilatoredelle mappe molte volte ha sbagliato la collocazionedei toponimi, sia nelle relazioni fra loro, sia rispetto adaltri elementi quali fiumi e monti; anche le vallate dialcuni fiumi ed alcune catene montuose non sonopropriamente esatte. Sembra quasi che vada a collocarealcuni elementi senza conoscere il territorio, un po' acaso, ma con una certa buona approssimazione,considerato il dettaglio. Ciò forse può essere indice diuna lavorazione della carta non unitaria, ma stratificata,passata per più fasi e per più mani, con esiti diversi. Siha l'impressione che il cartografo, il disegnatore dellaparte fisica, abbia lavorato separatamente dal topografoe dal miniaturista, ossia coloro che rispettivamentehanno trascritto e disegnato i toponimi ed i paesi: inipotesi, forse questi ultimi lavoravano a tavolino, inarchivio, e non potevano essere precisi, pur disponendodi ottime informazioni, e forse di mappe più antiche.Correvano poi il rischio di dare per attuali ed esistentielementi presenti in archivio, ma non più sul territorio,fotografando così una situazione composita, non sempreattuale, ed a volte risalente a molto tempo prima, ad es.all' epoca angioina.

Oltre agli insediamenti, sono presenti nelle cartevari elementi del paesaggio antropico: alcuni disegnatiin inchiostro rosso, altri invece indicati solo da unascritta. Nell' elenco in Appendice sono stati segnalati,all'occorrenza, con un termine tra parentesi, come"(ponte)" o "(torre)", e con le seguenti sigle.

ACQ = acquedotti, indicati con il disegno dilunghe muraglie, presenti solo presso Paestum e presso

49

Fig. 2.19 - Il Ponte Decio o di San Cono sul fiume Botta,e il ponte sul Tanagro presso Auletta (BNF, Gartes et P/ans,GE AA 1305-7, part.).

San Costantino - Celle di Bulgheria. Gli acquedotti diPaestum sono noti dalle narrazioni dei primi viaggiatoridel '700, e ancora oggi ne restano le tracce, recentementeesplorate nei pressi di porta Sirena; dell' acquedottopresso la fortezza di San Costantino parla l' Antonini78

Probabilmente sulle carte sono riportati non solo inquanto acquedotti, ma in quanto estese muraglie utiliper eventuali esigenze difensive o di rafforzamento deipresìdi locali; la presenza di due torri presso SanCostantino, all'inizio della costruzione, avvalora questaseconda ipotesi.

p =ponti, indicati con due rette parallele rosse acavallo dei fiumi; solo qualcuno è indicato con un nome,come il Ponte Rotto, alla confluenza del Sele con ilCalore, o il Ponte Decio, così chiamato da un'iscrizionededicatoria di un Dexius79

, sul fiume Botta allaconfluenza con il Tanagro (è il Ponte San Cono). Lamaggior parte, con tutta probabilità, risalgono all' epocaromana, come ad es. il ponte sul Tanagro presso Aulettain località "La Difesa", ancora in parte esistente. Alcunisono segnalati nei documenti medioevali; così ad es. ilponte sul Rivo della Trencia (torrente Tenza) pressoCampania (Campagna) è ricordato in una pergamena

75 Vd. P. CANTALUPO, Acropolis. Appunti per una storiadel Cilento. Dalle origini al XIII secolo, Agropoli, 1981; lo.,Centri viventi e scomparsi, cit., s.v. Cilento, pp. 672-674;vd. anche V. AVERSANO, Il coronimo Cilento... , cit.

76 Vd. M. INFANTE, Actus Cilenti , op. cit.77 Cfr. J. LEOSTELLO, Effemeridi , cit., p. 138: "Die primo

Octobris (1487) lo prefato Signore (Alfonso duca di Calabria)delibero andare al celento per vedere quelle terre de lamarina et prouederle et cosi lo di sequente partio"; p. 193:"(Alfonso duca di Calabria) cavalco et ando ad alloggiarequella sera (8 gennaio 1489) cum tucta la casa a la Rochadel celento. Et prouide a quella forteza facea fare in quellocastello". Sulle mappe, il centro è indicato solo come LaRocca.

78 G. ANTONINI, La Lucania... , cit., val. I, p. 381.79 Vd. V. BRACCO (a cura di), lnscriptiones ltaliae, cit.,

pp. 36-37, n. 51 (= CIL, X, 411): un C Dexius, in epocatardo-repubblicana, cura la costruzione del ponte.

50

Fig. 2.20 -Torri costiere nella zona di Camerota; si noti ilporto presso il Prom. dello /nfresco (BNF, Cartes et P/ans,GE AA 1305-6, part.).

del 11648°. In tutto, abbiamo una cinquantina di ponti,situati anche su fiumi minori, che ad una osservazionesuperficiale potremmo definire di scarsa importanza.Tuttavia, come si dirà, il regime delle acque dovevanell' antichità essere molto abbondante, e si ponevaquindi l'esigenza di attraversare con comodità fiumiimpetuosi e tutt'altro che in secca, come sono al giornod'oggi. Attraverso i ponti, e la loro successione lungole valli fluviali, è possibile ricostruire sulle carte ilpercorso delle antiche strade, non tracciate, maevidentemente collegate ai ponti e alle stazioni di posta,su itinerari di fondovalle.

T =Torri costiere, disegnate lungo la costa. Sonocirca una novantina, dalla Torre della Annunciata aMaratea. Pochissime sono indicate con un nome, comela Torre del Carnale, presso Salerno, e il Torrione delloImperatore, presso Maratea; quest'ultimo è forse legatoalla leggenda8

! che fa soggiornare per qualche tempol'imperatore Massimiano Erculeo, collega diDiocleziano, nella villa romana di Sapri, dopol'abdicazione (305 d.C.). Ne esistono di più semplici edi più complesse, vere e proprie fortificazioni: alcune,pur senza nome, rispetto alle altre, sono più grandi emolto elaborate nel disegno, come la torre sulPromontorio della Licosa, oggi detta Torre di Licosa odella Punta (torre già esistente nel 1227)82. Le torridisegnate come interne alle città, o facenti parte del murodi cinta, sono invece riportate nella categoria R, checomprende rocche e castelli di fortificazione.

Si pone qui la questione della data di costruzionedi queste torri costiere. Chiaramente, esse non sono letorri vicereali costruite dopo la metà del' 500, anche sesi trovano nello stesso sito. Le torri vicereali erano piùnumerose, ma spesso sostituivano, dopo un rifacimentoo un restauro, vecchie torri ormai in rovina. Si iniziaronoa costruire torri di avvistamento già nel X sec., con unosviluppo sempre maggiore in età normanna e sveva;solitamente si trattava di torri cilindriche, moltosviluppate in altezza. Ma furono gli Angioini a creare ilprimo sistema completo e permanente di torri costiereatte alla segnalazione e alla difesa83 • Successivamente,in periodo aragonese, vi furono alcuni restauri, dandoalle torri circolari una forma conica, a scarpata, oppureuna forma rettangolare, più solida; ciò per meglio

difenderle dalle nuove armi da sparo. Le nostre carte,dunque, sembrano descrivere la sequenza delle torriesistenti nel periodo aragonese. Probabilmente, non siè fatta distinzione fra le torri in efficienza e quellemalandate o dirute, che pure dovevano esser presenti.Le diversità nei disegni standardizzati rimandano forsealla loro tipologia architettonica: alcune torri (e sono lamaggior parte) terminano a punta, e sembrano più alte,probabilmente più antiche; altre, più basse, presentanouna terrazza circolare merlata, senza punta, ed i fianchiobliqui. Assolutamente singolare, come si detto, la torrecostiera presso Pesto, che è disegnata doppia, con untorrino accanto. Un vero e proprio castello su tre livelli,due squadrati alla base, ed un terzo circolare, è la Torredella Annunciata; su due livelli, a terra squadrato e inalto circolare, è la Torre del Carnale, come pure quella,meglio disegnata, sul Prom. di Leucosia84

; su due livellientrambi circolari è invece il Torrione dello Imperatore.

PT =Porti, indicati con una scritta, oppure conle strutture del molo nel caso di Salerno, oppure con laparticolare conformazione della costa nel caso di Stabia,di Castello della Bruca / Velia e di Sapri. Specificamente,sono ricordati solo i porti di Palinuro, uno a nord e l'altroa sud (Porto della Melpa), e il porto presso ilProm(ontorio) dello Infresco. Si è già detto del porto diSalerno; un altro molo portuale, disegnato in rosso, èda riconoscersi ad Atrani.

Interessante è il disegno di una insenaturacostiera, protetta da quella che appare una barrieralineare di scogli, o forse una struttura messa in operadall'uomo, a formare un porto naturale davanti alCastello della Bruca, l'antica Elea-Velia. Nonostantel'insabbiamento dell'antico porto di Elea, davanti allemura, tanto che la zona in età romana diventò unanecropoli, la città dovette continuare ad avere più di unport085

, uno alla foce dell' Alent086, probabilmente

80 L. E. PENNACCHINI, Pergamene Salernitane (1008-1784),Salerno, 1941, pago lO l: "a super et prope suprascriptumfluvium qui tensa dicitur ubi pons constructus est qui desancto martjno dicitur".

81 Vd. A. Guzzo, Sapri: il mistero delle origini, "AnnaliCilentani", n. 17, Lug.-Dic. 1999, pp. 65-72.

82 Vd. M. VASSALLUZZO, Castelli, torri e borghi della costacilentana, Salerno, 1969, p. 81.

83 Vd. L. SANTORO, Le difese ... , ciI.; M. VASSALLUZZO,Castelli torri e borghi. .. , ciI.; V. FAGLIA, Tipologia delle torricostiere nel Regno di Napoli, "Castella", 12, 1975, pp. 17­28.

84 Il disegno della torre corrisponde a quella esistente aSanta Maria di Castellabate, sul lungomare, detta Torre deiPerrotti o anche Torre della Marina, inglobata nel palazzoPerrotti.

85 Cfr. Verg., Aen., VI, 366 (portusque require Velinos);Gel!., X, 16, l-IO.

86 Cfr. Cic., AdAtt., XVI, 7, 5. La stessa dicitura presentesulla nostra carta, Foce del Fiume Alento, nasconde una

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\ '\ , \. ..

Fig. 2.21 - La Foce del Fiume Alento, dall'inedita forma a delta, con il Castello della Bruca (l'antica Velia), il Mercato delMaffeo, e le isolette menzionate da Strabone e da Plinio (BNF, Cartes et Plans, GE AA 1305-6, part.).

favorito dalla sua forma a delta, che non esiste più inetà moderna, l'altro a sinistra del promontorio, nellazona che oggi costituisce l'ingresso agli scavi. E proprioqui troviamo, nella nostra carta, l'insenatura portuale,protetta anche da due isolotti, l'Isola di Pilato e /solacio,già noti a Plinio87 come Pontia e Isacia, poi scomparsi88

La presenza della fortezza medioevale sul promontorioappare legata al porto (sulle carte nautiche èCastellammare della Bruca), come testimoniano anchei graffiti con navi e imbarcazioni scoperti in una torremedioevale sul margine sud-ovest dell' acropoli di Velia,datati al XIV sec.89

; inoltre, come si è detto, al porto èconnesso anche il Mercato del Maffeo, ossia il centromedioevale di S. Matteo ad duo flumina (vedi sopra).Per tutti questi elementi, il tratto di costa con la focedell' Alento e Castellammare della Bruca appare moltosuggestivo, e sembra descrivere non solo la situazionedei tempi aragonesi, ma quella antica di epoca romana,o almeno offrirne una attendibile ricostruzione.

Il nostro erudito topografo trascura qui unriferimento classico importante, quello dell' antica Velia;indubbiamente la conosce, ma per lui appare piùimportante la situazione attuale, l'incastellamento deisito (Castello della Bruca): è il riuso medioevale dellestrutture antiche, chiamate ad una nuova funzionalità,come si è detto per Paestum.

MI =Miniere, indicate con il nome del metalloestratto (argento,ferro, oro), nelle sole località di Monte

citazione da questo brano di Cicerone, nel quale si parla diBruto che ormeggia le sue navi alla foce de]]' Alento, e poialloggia in una villa di Velia.

87 Plin., Natur. hist., III. 7, 85 (contra Veliam Pontia et[sacia). Strabone (VI, l, l, C 252) parla di due isole Enotridi,fomite di buoni approdi. I porti di Velia sono ricordati ancheda Alfano I di Salerno, Ad Guidonem, vv. 53-54: "Sunt inLucana portus regione Velini / Quo Britianorum vallisamoena iacet" (A. CARUCCI, Salerno nei carmi di Alfano.Laveglia, Salerno, 1994, pp. 22-23). Due documenti, del 1097e del 1186. fanno riferimento ad un portum sancti Mattheiad duo flumina (vd. L. CICALA, Navi graffite dallefortificazioni medioevali di Velia, in B. BRANDT, V. GASSNER,S. LADSTÀTIER, Synergia. Festschriftfur Friedrich Krinzinger,b. II, Phoibos Ver1ag, Wien, 2005, p. 22).

88 La carta potrebbe essere utile nel ricostruire l'anticacosta di Velia. Vd. E. DE MAGISTRIS, Problemi topograficidel litorale velino, in AA.VV., Fra le coste di Amalfi e diVelia. Contributi di storia antica e archeologia (Quadernidel Dipartimento di Scienze dell' Antichità dell' Università diSalerno), Napoli, 1991, pp. 39-81; E. DE MAGISTRIS, Il maredi Elea, in AA. VV., Tra Lazio e Campania. Ricerche di Storiae di Topografia Antica (Quaderni del Dipartimento di Scienzedell'Antichità dell'Università di Salerno), Napoli, 1995, pp.7-77. In una donazione del 950 si fa riferimento ad una hisclaubi duo flumina dicitur (CDC, I, doc. 179, p. 232), attestandola presenza di ische, isole formate dalla ramificazione delfiume con la sua foce a delta.

89 Vd. L. CICALA, Navi graffite..., cit., pp. 11-24. Tuttaviala fortezza medioevale è stata probabilmente già abbandonata

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Fig. 2.22 - Il Monte di Muro (Lucano) e le città di Murocon la sua Rocca, e La Bella; si noti, intorno al monte,l'indicazione di miniere di argento, ferro ed oro (BNF, Carteset P/ans, GE AA 1305-7, part.).

di Muro e Monte di Laviano. Queste singolariindicazioni, uniche nella cartografia, da soletestimoniano della riservatezza di queste carte, destinatead un uso amministrativo, fiscale, e militare: unostrumento per rendere più efficiente il governo delRegno90•

Abbiamo poi una serie di elementi del paesaggionaturale, indicati con i loro nomi; le sigle (con l'elencodei toponimi in appendice) sono le seguenti.

MT = Monti, montagne, timponi. Sono indicatiuna sessantina di nomi, alcuni di origine classica, altricostruiti in base ai vicini paesi (Monte di Acerno, Montedi Diano, Montagna di Laco Negro, Montagna di Nobi).Singolare l'indicazione posta accanto al Monte Sirinogr(ande), definito il più alto della Lucania. Questaperaltro è l'unica indicazione regionale presente nellenostre carte. La presenza del Monte di Capo di Acciapuò forse suggerire un' etimologia per la città diCapaccio91

.

Fra i nomi di origine classica, il Monte Lactario,famoso per le virtù medicinali delle sue erbe92 ; il MonteAlburno, cantato da Virgilio93

; il Monte Calimarco e ilMonte Cantena, fra Capaccio e Giungano, sotto i qualiSpartaco fu sconfitto da Crasso94

; la Montagna di Sautia(trascrizione errata per Sontia), sopra l'antica città diSontia - Sanza95

; il Monte Sirino e il Monte Sirinogr(an)de96 ; La Sila97 •

B = Boschi, selve, foreste. Sono cinque in tutto:Foresta di Eboli, Selva Negra, Selva de Pellegrino,

Selva di Persano, Bosco della Bruca. Importanti riservedi caccia reali, erano tutelate dalla legge, a danno deibaroni e delle comunità locali: i sovrani aragonesi,appassionati di caccia, si spostavano frequentemente neidiversi boschi del Regno. Essi avevano emanato bandiper cui in tali zone (una decina nel Regno) non si potevaneppure raccogliere legna: la caccia diventava sia unarappresentazione del potere, sia il suo esercizio effettivo,per far sentire comunque la presenza del re e dellafamiglia reale98

N =Contrade. Si tratta non di paesi, ma di aree dilimitata estensione, indicate con un nome: Campo Eliseo(presso Pesto), Campo Saracino, S.to Mauritio (pressoS. Giovanni a Piro), Castrocuc(c)o (presso Maratea).Singolare è la denominazione Campo Saracino pressoAgropoli, a ricordare l'occupazione medioevale dellacittà da parte dei Saraceni fra l' 882 e il 91599

in epoca aragonese (in un documento del 1458 re Ferrante dàordine alla popolazione di abbandonare Castellammare dellaBruca, perché troppo esposto alle scorrerie dei nemici: P.EBNER, Chiesa baroni e popolo... , cit., voI. II, p. 735), mentreresta atti va la sola grande torre centrale, che viene ristrutturata(Vd. L. SANTORO, La torre di Velia, "Napoli Nobilissima", 4,1964-65, pp. 193-203). Il disegno sulla nostra carta rimandaforse ad un'epoca precedente, quando la fortezza era ancoravalida.

90 Si ha notizia, per il periodo aragonese, di ricercheminerarie in Calabria promosse da Francesco Coppola contedi Samo, esponente del nuovo feudalesimo mercantile, fral'altro socio in affari del re Ferdinando.

91 Vd. M. MELLO, Ricerche geostoriche sulla Piana delSele nell'antichità, in AA. Vv., Studi di Storia e di Geostoriaantica (Quaderni del Dipartimento di Scienze dell' Antichitàn. 24, Università degli Studi di Salerno), Napoli, 2000, pp.125-165, in part. p. 136.

92 Cassiod., Var., XI, 10; Symmach., Ep., VI, 18; Galen.,De methodo medendi, V, 12; Procop., Goth., IV, 35, 7-9; 14­17.

93 Lucil., III, 126 Marx (Alburnum); Verg., Georg., III,147 (Alburnum); Probus, ad loc. (Alburnus); Serv., ad loc.(Alburnus); Vibo Sequester, 226 (Alburnus).

94 Frontin., Strateg., II, 4, 7 (varianti Camalatrum,Calamarcum, Calamatrum. Calamatium; Cathenam,Cantennam).

95 Plin., Nat. hist., III, Il,98 (Sontini).96 Plin., Nat. hist., III, 11,98 (Sirini).97 Plin., Nat. hist., III, 5, 74; Verg., Georg., III, 219 (silva,

var. Sila); Aen., XII, 715 (Sila); Serv., ad locc. (Sila).98 Vd. F. SENATORE, L'itinérance degli Aragonesi di Napoli,

in A. PARAVICINI BAGLIANI, E. PlBIRI, D. REYNARD (a cura di),L'itinérance des seigneurs (XIVe-XVle siècles), Lausanne,2003, pp. 275-325; C. DE FREDE, Ferrante d'Aragona e lacaccia. Con alcune considerazioni politico-sociali, "ArchivioStorico per le Province Napoletane", CXV, 1997, pp. 1-26.

99 Vd. P. CANTALUPO, Acropolis... , cit., p. 86. Una delleprime menzioni del Campo Saracino è in LUCA MANDELLI, LaLucania illustrata in due parti, alias Lucania sconosciuta,

F =Fiumi, fiumare, rivi, torrenti, fonti, sorgenti.Abbiamo una novantina di denominazioni, anche per icorsi d'acqua minori. Significativa è l'indicazione dellesorgenti (Sorgenti del Fiume Calore, Sorgente del FiumeSiri, Fonti del Fiume Tanagro), che rivela particolareinteresse verso le risorse idriche; esse sono rappresentatecome un raggruppamento di piccoli laghetti, conemissari e diramazioni che confluiscono nel fiumeprincipale; ma quasi sempre, alle origini di ogni fiume,è disegnato un laghetto-sorgente. Dalla sorgente i fiumiprocedono verso il mare, dapprima disegnati con unalinea singola, e da un certo punto in poi con una lineadoppia che ne suggerisce la larghezza e la portata,sempre più ampia sino alla foce. I fiumi sembrano avereun corso abbondante di acque, con la formazione dimeandri, doppi alvei, isolette, ische, laghetti, paludi,estuari a delta, come per l'Alento, il Menicardo, LaMelpa, il Talao. Per lo stesso motivo, sono necessarimolti ponti. Ne risulta l'illustrazione di un'epoca conun clima molto diverso dal nostro attuale, ricco diprecipitazioni, di acque, di sorgenti, risorse preziose pergli insediamenti umani e per l'agricoltura. Tra leparticolarità, il fiume che sfocia presso Policastro (oggiBussento), nella sua parte alta, è chiamato Fiume dellaFerriera, ed è segnalato il suo percorso sotterraneo (quisi perdi il Fiume della Ferr(i)era; qui rissorge il Fiumedella F(e)rriera). E' illustrato anche il percorsosotterraneo del fiume Tanagro, che si perde in una grottadel Monte Pertoso per poi riaffiorare dall' altro lato delmonte presso La Aulet(t)a, fenomeno già segnalato daPlinio100.

Tra i fiumi con nomi classici, il Sarno lO l, ilPicentino 102; il Battipallia al Flusciano o Tusciano, chericorda l'antica presenza degli Etruschi lO3

; il FiumeSilaro o Sele104

; il Calore lO5; il Tanagro 106; l'Alento I07

;

La Melpa 108; il Siri 109; il Talao l1O

• Quando c'è unavariante, il nostro topografo sembra preferire la dizionevirgiliana (Silaro e non Silero) , mostrandosi fineintenditore degli scrittori latini dell'età classica pereccellenza; forse anche questo indizio potrebbe portarcial Pontano.

Passando, a titolo di esempio, ad un' altra mappa,quella della Basilicatalll

, di grande interesse per laricerca storico-archeologica potrebbe risultare l'areadell'antica Metaponto, tra le foci del Bradano e delBasento. Non è indicata l'antica città, ma è disegnato ilcomplesso medioevale di Torre di Mare, attraversatodall'Antico alveo del fiume Brad(an)o, con due ponti.Fra i toponimi vicini, troviamo S.to Salvatore (odiernaMasseria S. Salvatore) e La Mensola, con riferimentoalle mensae o Tavole dei Paladini, come era chiamatonella tradizione popolare l'antico tempio doricoextraurbano dedicato ad Hera. Torre di Mare è disegnataaccanto alla spiaggia, ma nel corso del tempo le focidei due fiumi sono avanzate, spostandosi notevolmente;nella carta è dunque disegnata una situazione molto

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Fig. 2.23 - Le foci del Bradano e del Basento, con la lac.Torre dj Mare (BNF, Carles et P/ans, GE AA 1305-4, part.).

ms. del 1661-64 (in Bibl. Naz. di Napoli, sigla X, D, 1-2), f.100. La porta di Paestum rivolta verso Agropoli era chiamataanche Porta Saracena, oltre che Porta Giustizia (L. PALATINO,Storia di Pozzuoli e contorni, con breve trattato istorico diErcolano, Pompei, Stabia e Pesto, Napoli, 1826, p. 301).

100 Plin., Natur. hist., II, 103, 225 (Et in Atinate campofluvius mersus post XX milia passuum exit). Le modernebonifiche hanno però dimostrato che si tratta di due fiumiindipendenti; il nuovo corso del Tanagro non ha influito sullaportata del fiume della grotta di Pertosa.

101 Lucan., II, v. 424 (Sarnus); Plin., Natur. hist., III, 5, 62(Sarno); Stat., Silv., I. 2, 265 (Sarni); Serv., Comm. in Verg.Aen., VB, 738 (Sarno); Ptol., Geogr., III, 1,7; Paulin. Nolan.,Carm., XIV, 62 (Sarnum); Procop., Goth., IV, 35, 7-9; 14­17.

102 Plin., Nat. hist., III, 5, 70 (Ager Picentinus); SalI., Hist.,III, fr. 98 (Picentinis).

103 Plin., Nat. hist., III, 5, 70 (Ager Picentinus fuitTuscorum).

104 Verg., Georg., III, 146 (Silari); Probus, ad loc. (Silarus);Serv., ad loc. (Silarus); Vibo Sequester, De flum., etc., 134(Silarus); 140 (Siler); Mela, De chor., II, 4, 69 (Silerus); Plin.,Nat. hist., II,103,226 (Silero); Anon. Rav., Cosmogr., IV, 34(Silaron); Guido Pisan., Geogr., 43 (Silarum).

IOS Antonin. Aug. ltiner., 110, l (ad Calorem).106 Verg., Georg., III, 151 (TanagrO; Probus, ad

loc.(Tanagrus); Serv., ad loc.(Tanager); Vibo Sequester, 146(Tanager); Paulin. Nolan., Carm., XIV, 62 (Tanagri).

107 Vibo Sequester, 14 (Alentos); Cic., Adfamil.. VII, 20(Haletem); ad Att., XVI, 7, 5 (Haletem); Strab., VI, l, l.

108 Plin., Nat. hist., III, 5, 73 (Melpes), Hygin., Praef, 30(Molpe).

109 Plin., Natur. hist., III, Il, 97 (Siris, Sirim).110 Strab., VI, l, l (C 253) è il solo che ricorda un golfo ed

un fiume con questo nome.III BNF, Cartes et Plans, GEAA 1305 (4).

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Fig. 2.24 - Il Laco Grande, alla destra del Sele (BNF,Gartes et P/ans, GE AA 1305-7, part.).

antica, nella quale il Bradano (con il suo antico alveo)ed il Basento quasi confluivano in una sola foce. Torredi Mare inoltre appare un insediamento notevole, ditipologia CC, con 12 elementi (case, due campanili, unatorre); ma tutta questa zona costiera, nel Cinquecento,si spopolò, per cui Leandro Alberti nel 1551 parlò di"Torre di Mare ... dishabitata, ove sono alcune casuzze,pur d'alquante povere persone habitate"ll2. Interessanteè poi il complesso dei ponti: due a Torre di Maresull'antico alveo, due sul Bradano presso Campagnoli,due sul Basento presso Bernalda.

L =Laghi, numerosi nelle nostre carte, piccoli egrandi, con e senza nome. Ciò è di grande interesse, inquanto conferma quella ricchezza di acque che dovevacaratterizzare il clima dell' epoca della realizzazionedelle carte. Ad esempio, il Laco Grande, accanto al Sele,sulla costa, ha davvero sulla carta una grande estensione,dal Sele al Tusciano: in tutte le mappe successive, dal,500 all' 800, non appare così esteso e si riducegradualmente, sicché è segnalato infine solo comepalude. Il porto o "scalo di alaggio" sul Lago Grande,recentemente scoperto in contrada Aversana ll3

, dovevaessere utilizzato fin da tempi antichissimi per i trafficidella zona, e sicuramente nel basso medioevo. Sulle rive,è presente nella mappa un insediamento, S.ta M(aria)

Fig. 2.25 - Il porto recentemente scoperto in localitàAversana, sull'antico Lago Grande, a circa 2 km dal mare(da R. e M. DE FILITTO, / misteri dell'Aversana, cit.).

del Laco Grande, che con tutta probabilità corrispondea quello di S. Maria ad Mercatellum ricordato neidocumenti 114.

Accanto, vi è il Laco Pic(c)olo, formatosi tra ilfiume di Monte Corbino e il fiume Battipallia. Il reFerdinando e suo figlio Alfonso vi si recano nel 1489 enel 1490115

, per cacciare volatili e cinghiali nella vicinaForesta di Eboli e nelle altre lungo il Sele; nei pressidel Lago Piccolo vi era anche una cavallerizza reale(essendo il sito dotato di acqua, strame ed ombra), forsecon gli alloggiamenti per l'esercito ll6•

Altri grandi laghi, indicati in dettaglio nelle cartepresso Buccino, Caggiano, Satriano, Lagopesole, Buda,Lagonegro, Palinuro, sono poi scomparsi. Il lago pressoBuccino, noto come Lago di Palo, porta sulla carta ilnome di Laco di Numestrone, dal nome di una anticacittà ll7, da alcuni identificata con Muro Lucano.

112 LEANDRoALBERTI, Descrittione di tutta Italia, Vinegia,1551, p. 185v.

113 Vd. R. e M. DE FlUTTO, I misteri dell'Aversana, Ediz.Feudo Ron Alfre', Battipaglia. 2006.

114 CDC, V, 170.115 Vd. J. LEOSTELLO, Effemeridi... , cit., pp. 193 e 310-311

("vennero cacciando ad alloggiare a lago pizolo"; "partiuanoper Euoli a caccia de porci"); F. SENATORE, L'itinérance degliAragonesi di Napoli. cit.

116 Per l'esercito aragonese, vd. F. STORTI, L'esercitonapoletano nella seconda metà del Quattrocento, Laveglia,Salerno, 2007. La costituzione di un esercito statale,dipendente solamente dal re, si ebbe solo dopo il 1464, dopola vittoria sui baroni ribelli, con una riforma militare che inpratica "disarmava" i baroni del Regno, sia quelli che si eranoribellati, sia quelli rimasti fedeli; tutte le milizie attivepassarono alla corona, e furono uniformate alle forzedemaniali. Questa integrazione appare conclusa già nel 1465.

117 Plin., Natur. hist., III, 11, 98 (Numestrani); Pto!.,Geogr., III, 1,75 (Numistrone città del Bruzio); Plut., Mare.,24,6 (Marcello, spinto Annibale in Lucania, attacca battagliapresso Numistrone); Frontin., Strateg., II, 2, 6 (Annibale vince

Nel complesso, si nota dovunque nelle carte unagrande abbondanza di acque: grandi lagune costierecome il Laco Grande, fiumi ampi, foci a delta non piùesistenti, ponti in zone dove i fiumi oggi sono appenaruscelli, numerosi laghi oggi non più esistenti, laghettipresso le sorgenti dei fiumi, eccetera. Le carte disegnanoun' epoca in cui la piovosità è massima, i fiumi appaionoampi e navigabili, è presente il rischio alluvioni, certoallora limitato dai boschi. Appare probabile che la partefisica delle carte sia molto antica, forse precedenteall'epoca aragonese: ciò potrebbe spiegare lo scarto, dicui si è detto, fra l'accurato disegno fisico e la posizioneapprossimativa di molti toponimi. E' un'ipotesi: le cartedel Regno potrebbero essere state fatte non da zero, maa partire da una base cartografica precedente, più antica.

PR = Promontori. Quelli con un nome sono intutto 13; i più noti, già dall'epoca classica, sono ilTempio et Prom(ontorio) della Minerva (di cui già si èdetto) all'estremità della Penisola Sorrentina, ilProm(ontorio) di Leucosial1 8 (Licosa), e ilProm(ontorio) Palenuro l19

, sul quale è segnalato edisegnato un Sepolcro, in connessione alla vicendavirgiliana del pilota Palinuro 120. Il Prom(ontorio)Pissiunto, presso Pisciotta / Pissota, è un chiaroriferimento alla città di Pyxous-Bussento 121 , secondo iltesto di Strabone. Importanti per la navigazione, ipromontori principali erano segnalati nelle cartenautiche del tempo, ma nelle nostre carte, di maggiordettaglio, ne troviamo altri, come il Prom(ontorio) delloOrso presso Vietri, il Prom(ontorio) di Lacciarolo(Acciaroli), il Prom(ontorio) di S.to Mauritio pressoPolicastro.

IS =Isole. Sono una ventina, dalla grande Capriai piccoli scopuli sottocosta. Altri scogli sono solodisegnati. Molte di queste isolette sono oggi scomparse,e ne rimane solo il nome. Fra le isole con nomi antichi,Le Syrene, scogli di Capri 122 ; Leucosia (con ilcorrispondente promontorio); l'Isola di Pilato (ossiaPontia di Plinio, interpretata volgarmente come isoladi Ponzio Pilato) e Isolacio (lsacia di Plinio)123, di frontea Velia. Inutile chiederci se queste ultime isolette

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Fig. 2.27 - Paesaggio della Piana del Sele presso il fiumePicentino (BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-7, part.).

esistessero realmente al momento della redazione dellacarta124; è probabile che eventuali scogli o secche sianostati reinterpretati dal nostro topografo secondo i nomidi Plinio. Se però la parte fisica della carta è stataricostruita in base a documenti cartografici più antichi,la presenza delle isolette non sarebbe affatto fuori luogo.

Altri elementi del paesaggio naturale sonosemplicemente illustrati mediante il disegno. Le zonecoltivate in pianura e nelle vallate sono indicate contratteggi paralleli, regolari, ma volti in direzioni diverseper singoli blocchi o appezzamenti di terreno, tali daricordare le centuriazioni romane. Questa disposizionesi può agevolmente seguire nella Piana del Sarno, delSele e nel Vallo di Diano. Lungo la costa, le zonesabbiose, con dune o macchie, sono indicate da punti elinee irregolari, formando tanti piccoli monticelliaccostati, quasi a suggerire la presenza della macchiamediterranea, di dune, di litorali sabbiosi.

Marcello presso Numistronem); Liv., XXVII, 2, 4-10(Marcello combatte contro Annibale a Numistrone).

118 Lyc., Alex., 723; Dion. Halyc., Antiq. Rom., I, 53, 2;Str., VI, l, 6 (c 258); Ovid., Metam., XV, 708 (Leucosiam);Mela, De chorographia, II, 7, 121 (Leucothea); Plin., Natur.hist., II, 90, 204; III, 7, 85 (Leucosia); SiI., VIII, v. 577(Leucosiae); Solin., II, 13 (Leucosiam).

/19 Lucil., III, 123-143 (Palinurum); Vergil., Aen.. VI, 337­383; Serv., Comm. in Verg. Aen., III, 202; VI, 359; Horat.,Carm., III, 4, 28; VelI.. II, 79, 3; Mela, De chorographia, IL4,69 (Palinurus olim Phrygii gubernatoris nunc loci nomen);Plin., Nat. hist., III, 5, 71 (promunturium Palinurum); GelI.,Noctes Atticae, X, 16, 1-10; Oros., IV, 9, lO.

120 Vergil., Aen., VI, 337-383; Donatus, Ad Aen. VI, 380;Serv., Comm. in Verg. Aen., VI, 378.

121 Liv., XXXIV, 42, 5-6 (Buxentum); Strab. VI, l, l (C253) (Pissunte è promontorio, porto e fiume); Plin., Natur.hist., III, 5, 72 (oppidum Buxentum, Graeciae Pyxus).

l22 Mela, De chorographia, II, 4, 69 (Petrae quas Sireneshabitarunt).

123 Plin., Natur. hist., III, 7, 85 (contra Veliam Pontia etIsacia); Strab. VI, l, I (C 252) le chiama semplicemente "IsoleEnotridi", fomite di buoni approdi.

124 Vd., per queste isolette, E. DE MAGlSTRIS, Problemitopografici del litorale velino, art. cit.

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Fig. 2.28 - Paludi nell'alto Rivo di Colliano (BNF, Carteset P/ans, GE AA 1305-7, part.).

Le zone alberate sono indicate con un alberellostilizzato che si ripete, a volte in modo linearesegnalando siepi e confini tra i fondi, come nella zonatra i fiumi Picentino e Battipallia; a volte accostati inmodo fitto, a segnalare boschi e foreste, come nellaForesta di Eboli; più spesso disposti diffusamente sullecolline e sulle montagne ad indicare la folta vegetazionepresente, sia naturale, sia oggetto di coltivazione(presumibilmente ulivi, viti, alberi da frutta, castagni).Questi alberelli sono poi situati sistematicamente lungoil percorso dei fiumi, sia ad indicare le ripe alberate edi confini dei poderi, sia forse a segnalare precisedisposizioni intese a rafforzare gli argini e a contenerele piene.

Le colline sono rappresentate da lunghe lineeondulate e irregolari, come monticelli di talpa, mentrele montagne emergono con una crescita delle linee inverticale, di varia altezza e di forma grosso modopiramidale. Sia colline che montagne sonoaccompagnate dalla presenza di alberelli stilizzati e daun colore di fondo scuro, disposto a pennellate irregolari,a suggerire il verde dei boschi, delle macchie, deipascoli.

Molto efficace il disegno delle paludi, con lineeorizzontali dalle quali spuntano corte linee verticali adindicare giunchi e piante palustri, nella zona dell' altoRivo di Colliano, e presso Muro nella valle dellaFiumara della Bella. Oltre queste, non sono disegnate,nelle carte del Principato Citra, altre paludi.

Va notato che il deliberato disegno di elementiapparentemente estranei all'attività umana (oggi vistipregiudizialmente quali segni di decadenza), comeboschi, foreste, dune sabbiose, paludi, sorgenti, denotauna particolare mentalità diversa dalla nostra, e tipicadel mondo greco-romano: questi elementi sono unarisorsa per l'uomo, contribuiscono all'economiagenerale125

• La sensibilità e la percezione del paesaggiodegli estensori della carta appare così paradossalmentepiù vicina a quella degli antichi romani che alla nostra,e ciò costituisce un altro indizio per ritenere il disegnogenerale delle mappe più antico rispetto ai toponimi.

Fig. 2.29 - Sorgenti de/ Fiume Ca/ore presso Laurino(BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305-6, part.).

L'INTERVENTO DI

GIOVANNI GIOVIANO PONTANO

Fra le carte trovate dal Galiani, e giunte fino anoi 126, ve ne sono quattro che riportano i confini delRegno di Napoli con lo Stato della Chiesa, dal Tirrenoall' Adriatico; l'Almagià le ha ritenute copie autentichedi carte di fine XV secolo, inserendole nella suaraccolta127

• Queste carte hanno la stessa impostazionegrafica delle altre, ma sono in b/n e riportano la solastretta fascia confinaria, con una linea tratteggiata cheindica i confini, e l'elenco delle stazioni misurate conle distanze. Potremmo definirle quindi un "estratto"dalle carte complete della zona, fatto per praticità eutilizzato o per dirimere la questione dei confini, o perpresentare il risultato finale dell'accordo.

Di grande interesse sono le diciture presenti sullaprima delle quattro carte. In alto, "Vera et integralimit(um) Regni Neapolitani Mappa Topo(graphic)aFerdin(andi) Reg(is) iussu mensurata atq(ue) probataex fide Pontif(iciarum) atq(ue) Aracon(iarum)Chart(arum) in arkiv(io) Mol(ae) Adriani existent(ium)et deprompt(a) Studio et Opera Joan(nis) Iov(iani)Pont(ani)". E, più sotto, su una scala di XVIII unità,con un trattino divisorio ogni due, "Mensura di XVIIIM(ila) P(assi) Capitolini usata in cot(esto)Agrimensorio". Troviamo poi l'elenco delle distanze,

125 Vd. G. TRAINA, Paludi e bonifiche del mondo antico.Saggio di archeologia geografica, Roma, 1988; lo.,'Continuità' e 'visibilità ': premesse per una discussione sulpaesaggio antico, "Archeologia Medioevale", 16, 1989, pp.683-693.

126 Queste carte sono conservate nell'Archivio dellaSocietà Napoletana di Storia Patria, cat. V 229 A-D.

127 R. ALMAGIÀ, Monumenta Italiae Cartographica.Riproduzioni di carte generali e regionali d'Italia dal secoloXIV al XVII, LG.M., Firenze, 1929, p. 13.

Fig. 2.30 - Giovanni Pontano (rilievo, Museo di SanMartino, Napoli).

ed alla fine di queste, "Et così finisce la descriptionedelli Confini del Regno di Napoli contenuta in quatroTabule Topographiche".

Questa mappa quindi fu eseguita per ordine di reFerdinando (Ferrante, 1458-1494), e presenta ladescrizione precisa del confine, con le misure da puntoa punto in passi capitolini, comprovata dai documenti 128

pontifici ed aragonesi esistenti nell' archivio della MoleAdrianal29

; la mappa fu preparata con assiduo lavoro(Studio et Opera) da Giovanni Pontano.

Probabilmente questa carta fu preparata nel 1492,quando il Pontano passò molto tempo a Roma. Già inprecedenza, nel 1486, Pontano, come segretario diAlfonso duca di Calabria, figlio di Ferdinando, avevanegoziato la pace tra il re ed il Papa Innocenza VIII,ricevendo poi da quest'ultimo attestati di stima ed anchel'incoronazione poetica. Dal 1487 Pontano divennesegretario del re Ferdinando, ossia primo ministro, egli toccò fra l'altro dirimere un nuovo conflitto fra il reed il papa, che nel 1489 aveva scomunicato Ferdinandodichiarandolo decaduto dal trono. Nel gennaio del 1492venne stipulata definitivamente la pace tra Ferdinandoed Innocenza VIII, per i buoni uffici del Pontano, cheperò fece la spola fra Napoli e Roma restandovi quasitutto l'anno per risolvere questioni pendenti 130. Poté cosìavere il tempo di studiare i documenti nella MoleAdriana, e di allestire la mappa dei confini, che si

57

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Fig. 2.31 - Didascalia della carta dei confini del Regno diNapoli, con esplicito richiamo a Giovanni Pontano qualeautore della stessa (SNSP, Stampe cat. V, 229/A, part.).

presenta come un "estratto" riveduto e corretto(deprompta)131, anche con una nuova misurazione, damappe più ampie già esistenti. La variazione del confineillustrata nella mappa, a vantaggio dello Stato dellaChiesa, sembra una concessione del re Ferdinando alpapa, sicuramente appropriata al contesto delle vicendedel 1489-1492.

Questa mappa è definita in più modi: MappaTopographica, Tabula Topographica e Agrimensorio.La chorographia o topographia per Tolomeo 132 è ladescrizione di un luogo particolare, con paesi, villaggi,monti, fiumi, laghi, e tutte le altre cose che vi si trovano,anche minime133 • Il termine Agrimensorio è unico nellaletteratura, e sembra indicare il prodotto del lavoro degliagrimensori, con riferimento agli antichi agrimensori

128 Il significato medioevale di charta è quello didocumento, instrumentum, contratto, scrittura.

129 Sotto papa Gregorio XI (1370-1378), nella MoleAdriana, oggi Castel S. Angelo, fu allestito un archivio perl'amministrazione dello Stato Pontificio, dove ogni localitàera disposta secondo criteri geografici, onde conoscerneimmediatamente la popolazione, le rendite, le spese, la forza,le difese, e così via.

/30 Vd. E. PERCOPO, Vita di Giovanni Pontano, cit., pp.39-72.

131 Da depromo, "cavar fuori", "estrarre".l32 Per Tolomeo la topographia è "pittura dei luoghi":

"Perciò mentre la corografia ha bisogno della topographia enessuno potrebbe fare il corografo senza essere capace didipingere, la geografia non ne ha bisogno affatto, perché condelle semplici linee e con dei contrassegni riesce a mostrarele posizioni dei luoghi e i contorni dell'insieme" (PtoI., L 5).Vd. F. PRONTERA, Geografia e corografia: note su/lessicodella cartografia antica, "Pallas", 72. 2006. pp. 75-82.Topographia aveva assunto lo stesso significato dichorographia: ad es., nel commento di Lattanzio Placido aStazio, si dice che "ubi veri loei facies demonstratur,topographia dicitur" (Lactan. Plac., In Statii Theb. comm.,II, 32).

133 L'opera di Tolomeo arrivò in Italia forse con EmanueleCrisolora nel 1397, e da questo codice furono fatte varie copie;fu tradotto in latino a Roma nel 1409-1410 da Iacopod'Angelo da Scarperia, col titolo Cosmographia. La prima

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Fig. 2.32 - Giovanni Fontana, illustrazione con esempiodi rilevamento del territorio, nel ms. De Trigono balistario, f.68v (da E. BATTISTI, G. SACCARO BATTISTI, Le macchine cifratedi Giovanni Fontana, cit., p. 17).

romani ed alle loro tabulae, vere e proprie mappecorografiche del territorio di ogni singola città,conservate in duplice copia nella città stessa ed a Roma.Sembra indubbio che i geometri aragonesi avesseroadottato le antiche tecniche agrimensorie134: erano ingrado di misurare con precisione grandi distanze,tenevano conto delle altezze, misuravano l'ampiezza deifiumi, si avvalevano della bussola e di strumentigoniometrici 135. L'unità di misura impiegata è il "passocapitolino"; mille passi costituiscono un miglio. Non siconosce esattamente la sua corrispondenza alle misuremoderne, ma probabilmente il miglio capitolino equivaleal miglio napoletano, del quale Afan de Rivera l36 ci dàle antiche misure. Esso equivale alla sessantesima partedi un grado di meridiano, e a 7000 palmi di 263,77 mm(un passo corrisponde a 7 palmi, ossia a 1,84639 m).Possiamo forse avere la conferma di questi valori daun' altra carta ritrovata dal Galiani, quella della Calabriasettentrionale137

, nella quale è riportata la misuradell' istmo di Squillace, tagliato con una linea retta econ la scritta "XIX M(ilia) de XL IV ped. Rom. passoCapitolo exact(a) menseura)". L'espressione non è moltochiara; comunque, essa indica una sicura distanza di 19miglia, 19.000 passi capitolini, che, moltiplicati per1,84639, ci danno un valore di 35.081,41 m, moltovicino all'effettiva larghezza dell'istmo (circa 34.500m). Fra l'altro, anche la linea e la misura tracciate dalnostro topografo sull'istmo calabro non sono casuali,ma riprese dall'antichità, quando più volte si pensò acostruire un canale o un muro, dividendo in due laCalabria138.

Il richiamo specifico all' attività agrimensoria, edalla topografia-corografia, certamente comune alla carta

stampa ebbe luogo a Vicenza nel 1475 senza carte, poi seguìquella di Bologna nel 1477 con 26 carte; da quel momento sisusseguirono rapidamente numerose altre stampe. Lariscoperta della geografia tolemaica fece conoscere fra glispecialisti "i principi teorici e le tecniche per l'elaborazionedi una cartografia su base matematico-astronomica. ( ... )L'imitazione e l'emulazione indussero a superare i modelli eportarono alla coscienza del progresso" (F. PRONTERA, LaMagna Grecia nella cartografia storica: dalla riscoperta diTolemeo al Theatrum di A. Ortelius, in AA.Vv., Eredità della

Magna Grecia. Atti del XXXV Convegno di Studi sullaMagna Grecia (Taranto, 6-10 ott. 1995), Taranto, 1996, pp.251-280 (pp. 254-55). Vd. anche N. BROC (1986), Lageografia del Rinascimento. Cartografi, cosmografi,viaggiatori 1460-1620, Panini, Modena, 1989.

134 Vd. AA. Vv., Misurare la terra: centuriazione e coloninel mondo romano, Panini, Modena, 1983.

l35 Esistevano le competenze cartografiche per realizzaretutto questo? Certamente i metodi di rilievo cartograficofurono descritti e pubblicizzati in libri a stampa del' 500, main precedenza già Leon Battista Alberti, nei Ludi matematici(1443-1448), aveva spiegato come effettuare rilievi di edificiservendosi di appositi strumenti goniometrici, della geometriae della triangolazione, secondo i metodi degli antichi. Leimportanti osservazioni dell' Alberti non sono isolate; esistonocoevi esempi di cosmografia scientifica e di misurazioneaccurata del territorio, rilevato e riportato su due dimensioni,nelle opere (cifrate) di Giovanni Fontana, soprattutto nel ms.De trigono balistario (Oxford, Bodleian Library, ms. Canonmisc. 47), posteriore al 1438. Il "trigono balistario" è unostrumento di misurazione trigonometrica, derivato dall' anticadioptra, accuratamente disegnato, con le istruzioni dicarpenteria necessarie alla fabbricazione, e con esempiillustrati di utilizzo cartografico. Vd. E. BATTISTI, G. SACCAROBATTISTI, Le macchine cifrate di Giovanni Fontana, ArcadiaEdiz., Milano, 1984, in part. le pp. 16-17.

136 Vd. C. AFAN. DE RIVERA, Tavole di riduzione dei pesi edelle misure delle Due Sicilie, Napoli, 1840.

137 ASN, cart. XXXI, n. 15.138 Certo la misura aragonese è molto più esatta di quella

antica: Plinio il Vecchio (Naturalis historia, III, 15,95) diceche questo istmo è di 40 miglia (sbagliando; probabilmentela scritta "de XL" fa riferimento alla misura di Plinio). Vd. aquesto proposito quanto osserva Vladimiro Valerio nel suostudio nel presente volume. Plinio aggiunge che, essendoquesto il punto più stretto d'Italia, il tiranno Dionisio il grandedi Siracusa (432-367 a.c.) voleva tagliare l'istmo eincrementare i suoi domini siciliani con il territorio calabro asud, che in tal modo sarebbe diventato un'isola; Strabone (6,1, lO, C 261) parla invece di un muro di sbarramento.Dell' istmo durante la rivolta di Spartaco ci racconta Plutarco(Crass.. lO, 7-9): il generale romano Crasso scava in pocotempo, da mare a mare, un canale lungo 300 stadi, largo 15piedi e profondo altrettanto, e costruisce dietro al canale unmuro di grande altezza; lo scopo è rinchiudere Spartaco conil suo esercito a sud dell'istmo, ma l'impresa fallisce. Il nostrotopografo allora riprende gli autori antichi, e segnala lalaq~hezza esatta dell' istmo; l'impresa, in linea di principio,gli sembra ancora attuale, per iI suo precipuo interessemilitare. Ma perché dividere in due la Calabria? I nemiciprovenienti da sud potrebbero essere, in epoca aragonese, iTurchi. ma ciò avrebbe poco senso, essendo questi anche aldi là dell' Adriatico. Ma se si va indietro nel tempo, piùrispondente a concreti interessi sembra tale divisione in epocaangioina, quando gli Angioini di Napoli combattevano controgli Aragonesi di Sicilia, e si ebbe la ben nota Guerra delVespro, con gli eserciti aragonesi che risalirono la penisola,ma furono bloccati nel Cilento e dal suo sistema coordinatodi difesa tramite città murate, fortezze, castelli. Ancora unavolta, le nostre carte sembrano riportarci a tempi più antichi.C'è da osservare tuttavia che lo sbarramento sull' istmo dovette

dei confini come a tutte le altre carte del rilevamentodel Regno, è forse illuminante per la loro comprensione:si tratta di carte al dettaglio, che descrivono il territorionei particolari, come in un rilievo catastale; sicompongono di più fogli, alla stessa scala, collegati l'unl'altro ai margini, ma senza seguire una particolareconfigurazione amministrativa. Si vuole così conoscereil Regno negli immediati dettagli 139: casali, paesi,fortezze, montagne, vallate, pianure, fiumi, sorgenti,ponti, porti, miniere, e così via; si guarda alla realtàesistente ma anche al passato ed al mondo antico, greco­romano.

Proprio in questo periodo, nell'ultimo ventenniodel XV sec., non a caso si moltiplicano le iniziativestatali volte ad una migliore conoscenza del Regno, edalla sua difesa140. A Napoli sono presenti, ripetutamentee per lunghi periodi, architetti, pittori, ingegneri militari,geometri, cartografi, topografi, come Fra Giocondo daVerona (1489-1495), Francesco di Giorgio Martini(1478-1495, più volte), Giuliano da Maiano (1484-1490,più volte), Maestro Galvano da Padova (1487-1489),Giuliano da San Gallo (1483-1488 più volte), LeonBattista Alberti, ed altri 141. Nel 1488 Giuliano da Maianoè compensato per aver fatto alcuni disegni per il re eper il duca di Calabrial42

• Fra Giocondo da Verona,architetto, si interessa alle antichità napoletane; nel 1492esegue, su 20 carte di pergamena, alcuni disegni difortezze del reame e di altri luoghi; per la pittura deidisegni, si avvale di maestro Antonello de Capual43

• Nelgennaio-maggio 1493 il maestro Vincenzo di PietroPaolo da Cortona realizza i plastici delle fortezze delregno l44

• Le esigenze militari che portano ai disegni edai plastici delle fortezze del regno sono le stesse cheportano alla realizzazione delle mappe, e allaevidenziazione in rosso, con una vista a volo d'uccello,delle città murate, dei castelli, delle torri. Alfonso ducadi Calabria nel gennaio 1489 porta con sé nel Cilento ein Calabria maestro Antonio Fiorentino, homo subtilecirca de fare forteze et roche, e con lui visita RoccaCilento, Castellammare della Bruca, Pisciotta, Molpa,Policastro, Maratea, ed altri luoghi l45

• Tutta questaattività di censimento delle fortezze, con disegni eplastici, potrebbe essere stata la fonte, nelle nostremappe, delle rappresentazioni a volo d'uccello delle cittàmurate.

In questo contesto, pertanto, Giovanni Pontano,umanista di primo piano nella corte napoletana, maestroe segretario di Alfonso duca di Calabria, e dal 1487primo ministro di re Ferdinando 146

, dovette farsipromotore di una cartografia a grande scala del Regno,indispensabile per le necessità politiche, amministrative,militari di uno stato moderno. L'uomo nuovo delRinascimento agisce non per sé, ma per il progressodella comunità di cui fa parte; la sua formazioneumanistica è completa, e spazia dalle arti liberali a quelle

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della natura, dalle discipline letterarie a quellescientifiche.

In effetti, al Pontano i biografi attribuisconospecificamente una carta corografica del Regno l47 • E aquesto periodo risale una lettera del Galateo a Gabriele

tornare di attualità durante le guerre combattute intorno al1500 fra Aragonesi, Spagnoli e Francesi per il Regno diNapoli. In questo periodo fu danneggiato anche un ponte sulSele, detto in seguito "Ponte rotto", e così riportato sulla nostramappa (vd. supra).

139 Sulla Napoli aragonese, e sulla modernitàdell' amministrazione, sono interessanti gli studi di MARIO DELTREPPO (Il re e il banchiere. Strumenti e processi dirazionalizzazione dello stato aragonese di Napoli, in G.ROSSETTI (a cura di), Spazio, società, potere nell 'Italia deicomuni, Napoli, 1986, pp. 229-304), secondo il qualel'amministrazione finanziaria aragonese si ispira ad una sortadi "gestione aziendale", con una contabilità scientifica, comequella dei grandi mercanti e banchieri fiorentini.

140 Vd. L. MAGLIO, Architettura militare aragonese in Italiameridionale, in G. COPPOLA, E. D'ANGELO, R. PAONE (a curadi), Mezzogiorno e Mediterraneo. Territori, strutture,relazioni fra antichità e medioevo, Atti del Convegno lnt.(Napoli, 9-11 giu. 2005), Artemisia, Napoli, 2006, pp. 150­159. Nel Quattrocento il ruolo dell'artiglieria diventafondamentale, e sotto i suoi colpi cade la secolareCostantinopoli, destando una enorme impressione. Si rendeallora necessaria la conoscenza precisa del territorio, percontrollare le alture, i passi, le vallate, le strade e i luoghidove potrebbero essere piazzate armi micidiali in grado didemolire rapidamente le mura di una città. Le stesse città,d'altro canto, devono adeguarsi e munirsi di fortificazioni dinuova concezione. 11 Regno di Napoli è, inoltre, quello piùesposto ad un attacco turco: e in effetti i Turchi presero Otrantonel 1480.

141 Vd. E. PERCaPO, Nuovi documenti su gli scrittori e gliartisti dei tempi aragonesi, cit.; S. BORsr, Leon Battista Albertie Napoli, Polistampa, Firenze, 2006; D. DEL PESCO,Architetturafeudale in Campania (1443-1500), in G. PUGLIESECARRATELLI (a cura di), Storia e Civiltà della Campania. IlRinascimento e l'Età Barocca, Electa Napoli, 1994, pp. 91­142.

142 Vd. E. PERCOPO, Nuovi documenti su gli scrittori e gliartisti dei tempi aragonesi, cit., pp. 93-97.

143 Vd. E. PERCOPO, Nuovi documenti su gli scrittori e gliartisti dei tempi aragonesi, cit., pp. 45-51.

144 R. FILANGIERI, Rassegna critica delle fonti per la storiadi Castel Nuovo, voI. lll, Napoli, 1939, pp. 18-20.

145 J. LEOsTELLa, Effemeridi. .. , cit., pp. 193-196. Anchesuccessivamente, in epoca spagnola, il governo si interessòalle fortezze del regno, commissionandone la cartografia neiprimi anni del XVll sec.: vd. O. BRuNETTr, L'ingegno dellemura. L'Atlante Lemos della Bibliothèque Nationale deFrance, Edifir, Firenze, 2006.

146 Vd. C. KmwELL, Pontano Poet and Prime Minister,Duckworth, London, 1991; C. FrNZI, Re, baroni, popolo. Lapolitica di Giovanni Pontano, Il Cerchio, Rimini, 2004.

147 F. COLANGELO, Vita di Gioviano Pontano, Napoli, 1826,pp. 172-174.

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Altilio su alcune carte corografiche da lui disegnate l48 .Blessich cita nel suo lavoro sulla cartografia aragonesematematici, cartografi e astronomi quali LorenzoBonincontri, Luca Gaurico, Marco Beneventano,Giovanni Cotta, Bernardo Silvano da Eboli 149. Se certonon fu Pontano ad eseguire i rilievi, i calcoli, i disegni,dovette però curare l'intera operazione e dare una vestefinale come erudito e "topografo", cercando negli autoriclassici ed illustrando sulle mappe, mediante i toponimi,quanto di antico vi era nel Regno. Per realizzare ciò,dovette servirsi di amanuensi, disegnatori, pittori,miniaturisti. L'illustratore (o uno degli illustratori) dellemappe, anonimo, sembra aver lasciato una traccia: sidichiara nativo di Taberna (Taverna), in Calabria150.

Pontano si occupò fra l'altro, costantemente, digeografia astronomica, astrologia, cosmologia, e scrisseun trattato, De rebus coelestibus, pubblicato postumo eincompleto nel 1512, come pure i suoi commenti sullecento sentenze di Tolomeo151 . Nel De rebus coelestibusil Pontano, per quanto rivolto all'astrologia, sembraconoscere di astronomia molto più di quanto scrive;afferma di aver consultato codici vetustissimi e consunti;parla dei climi, del procedimento degli auguri romani,del sorgere e tramontare dei pianeti in zone diverse, edi alcune caratteristiche geografiche del Regno.

Inoltre, nelle sue opere storiche e morali, c'è unacostante attenzione alla geografia descrittiva ed allageografia storica delle diverse località del Regno diNapoli. L'opera storica del Pontano segue i precetti chelui stesso elenca nel dialogo Actius152 • Nel De belloNeapolitano l53

, Pontano si mostra attento al datogeografico e toponomastico, con accurate descrizioni,"degne di un cartografo"154; discute le etimologie dialcuni toponimi; identifica località moderne contoponimi antichi; ci dà informazioni storico­archeologiche e leggendarie; attua un "travestimentoumanistico" dei nomi. Descrivendo gli spostamenti deglieserciti nel Regno, le battaglie, le scaramucce, gli assedi,gli accampamenti, i ponti, le strade, le coltivazioni, ecc.,Pontano segnala sempre la toponomastica dei luoghi, inomi delle città e dei paesi, i nomi dei monti e dei fiumi,e spesso descrive con precisione il sito della città, riportale distanze, ne ricorda i monumenti e le vicende conriferimento alla storia greco-romana e medioevale, faipotesi sulla derivazione dei toponimi. Per lui, la storiaappare strettamente interconnessa alla geografia, unatendenza diffusa nel periodo umanistico, ma da luisoltanto messa in atto per il Regno di Napoli 155. Fra ledescrizioni più consistenti e significative, troviamoquelle di Cales/Calvi, Samo, Stabia, Cava, l'Abruzzo,Egnazia, Bari, il Santuario di San Michele sul Gargano,Acri, Sibari, Canosa, Troia, Ischia156. Per le informazionistoriche, fa uso di lettere, documenti, antichi, annali,ecc.; per quelle geografiche, cita una volta i percettorireali del fisco, che dovevano ben conoscere il territorio.

Alla fine del VI libro, una digressione sulla storia anticad'Italia, della Magna Grecia, di Napoli e del territoriodel Regno è tutta costruita per più pagine sui testiclassici, e si può cogliere la grande erudizionedell' autore.

Il testo, composto in gran parte a brevissimadistanza dalla stessa guerra, verso il 1465, fu poi piùvolte rivisto, fino al 1495-99, quando scriveva l'Actius;la nuova redazione era favorita dalla lettura di documentidi cancelleria, e le aggiunte sono in gran parte di naturastorico-archeologico-topografica 157. L'abilità delPontano ha fatto dire ad uno dei suoi biografi 158 cheegli ha descritto graficamente, pittoricamente (graphice)la guerra del re contro i baroni (noi diremmo con l'aiuto

148 F. COLANGELO, Vita di Gioviano Pontano, cit., pp. 268­271. Di ANTONIO DE FERRARIIS GALATEO vd. La Iapig ia (Liberde situ Iapygiae), a cura di D. OEFILIPPIS, prefaz. di F. TATEO,Congedo, Galatina, 2005. Vd. anche A. BLESSICH, Le cartegeografiche diAntonio de Ferrariis detto Il Galateo, "RivistaGeografica Italiana", III, 1906; V. VALERIa, Astronomia... ,cit.

149 Vd. A. BLESSICH, La geografia ... , cit., pp. 20-47.150 ASN, Piante e disegni, XXXI, 15; vd. B. TANUCCI,

Lettere a Ferdinando Galiani, cit., p. 88 (8 giugno 1767); V.VALERIO, Cartography... , cit., p. 948.

151 G. PONTANO, De rebus coelestibus, Napoli, 1512; lo.,Commentationes super centum sententiis Ptolomaei, Napoli,1512. A questi vanno aggiunti il poemetto Urania e ilMeteororum libero Vd. M. DE NICHILO, I poemi astrologici diGiovanni Pontano. Storia del testo, Dedalo, Bari, 1975.

152 Vd. L. MONTI SABIA, Pontano e la storia. Dal De belloNeapolitano all'Actius, Bulzoni, Roma, 1995, p. 16: fral'altro, Pontano consiglia allo storico "di descrivere i paesi ele terre per dove passano gli eserciti o dove bisogna porre gliaccampamenti, i territori su cui si svolgono le operazionibelliche; ... di non trascurare la descrizione di fiumi e monti,se ve ne sono, o di qualunque cosa possa esser degna di venirraccontata per la sua rarità ed il suo interesse. Allo storicoviene suggerito altresì di narrare le origini delle città e deipopoli, risalendo al più remoto passato". Vd. per il testodell'Actius, G. PONTANO, I dialoghi, a cura di C. PREVITERA,Firenze, 1943.

153 G. PONTANO, De Bello Neapolitano, in Raccolta di tuttii più rinomati scrittori dell'istoria generale del Regno diNapoli, T. V, Gravier, Napoli, 1769; una edizione antologicasi trova in appendice a L. MONTI SABIA, Pontano e la storia... ,cito

154 Vd. F. SENATORE, Pontano e la guerra di Napoli, in G.CHITTOLINI, M. DEL TREPPO, B. FIGLIUOLO (a cura di),Condottieri e uomini d'arme nell'Italia del Rinascimento(1350-1550), Napoli, 2001, pp. 281-311.

155 Vd. L. MONTI SABIA, Pontano e la storia... , cit.156 Vd. A. IACONO, La "guerra d'Ischia" nel De bello

Neapolitano di G Pontano, Accad. Pontaniana, Napoli, 1996.157 L. MONTI SABIA, Pontano e la storia... , cit., pp. 57-58.158 R. DE SARNO, loannis loviani Pontani vita, Napoli,

1761, p. 17.

della geografia, della topografia, della cartografia).Percopo ritiene l'opera importante per la storia dellatopografia delle città del Mezzogiornol59.

Allo stesso modo, nel trattato De Magnificentia l60

vi sono, fin dall'inizio, numerosi richiami alle operepubbliche del passato: "In primo luogo i porti artificiali,i moli lanciati nel mare e i templi grandiosi degli deiimmortali, così come anche gli altri edifici con i qualisi è provveduto alla utilità degli uomini e in più allaloro sicurezza. Hai percorso con me buona partedell' Italia, hai visto porti fatti costruire dai nostriantenati su coste battutissime dai flutti; hai attraversatofiumi sormontati da solidissimi e lunghissimi ponti; haiviaggiato attraverso paludi una volta grandissime, poida loro prosciugate; hai ammirato bagni coperti da voltecomodissime e lussuosissime; non hai potuto esprimeretutta la tua ammirazione per i dirupi resi attraversabili,i monti perforati con grande fatica, con arte anchemaggiore, con spese enormi per aprirli al traffico. Chec'è di più utile e anche di più salutare per la vitadell' uomo?"161. Pontano qui si mostra attento alleantiche costruzioni per la loro pubblica utilità, ancoraai suoi tempi, e le mostra a dito ai sovrani, ai potenti,come opere di una magnificenza che va imitata, perchénobile, disinteressata, onesta, utile. E più avanti ricordail prosciugamento del lago Fucino; gli acquedotti diRoma; le strade selciate fatte costruire da Traiano inCampania, Basilicata e Puglia, con i ponti e le colonnemiliarie; le tubature di piombo che distribuivano l'acquaa Pozzuoli; l'acquedotto augusteo da Serino a Misenocon i relativi ponti, condotte, gallerie; le terme di Baiae di Cuma; il molo sul lago Lucrino; la galleria da Napolia Pozzuoli 162.

Anche altre opere del Pontano possonoricondurci, per vari aspetti, alle mappe. In esse, la formadei toponimi è in un volgare latineggiante, comune perl'epoca nei documenti ufficiali di cancelleria. Ma c'èun elemento particolare, che sembra rimandare proprioal Pontano: l'aspirazione. Molti toponimi presentanol'aspirazione, e questa segue le regole proposte dalPontano nel suo trattato De aspiratione l63

• Diamo quiqualche esempio.- P labiale si aspira davanti ad a, e, i, o, nei casi in cui

sembra opportuno imitare l'uso greco: nelle carte,troviamo S.to Stephano, Plzaraone, S.ta Euplzemia,S.ta Sophia, S.to Philippo, Plziletto (Felitto),Solphone (Solofrone), Camplzora, S.to Cristophoro,Ama1phi, S.to A1phonso, Pharallione pic(co1o).

- Tsi aspira davanti ad e, o; nelle carte troviamo: Athene(Atena Lucana), S.to Theodoro, s.ta Catherùza, S.toThomaso, S.ta Theresa, S.to Bartho1omeo.

- E si aspira davanti ad l: nelle carte, troviamo: S.taHe1ena; S.to He1ia.

- E si aspira davanti ad r; nelle carte, troviamo: Herba;Heremiti; Henniti; Herto.

61

- I si aspira davanti ad l: nelle carte, troviamo: S.toHi1ario.

- Altri esempi, tratti dalle carte, sono: Paph1agone,dishabitato, Habitaco1o, Telzora, S.to Zacharia,Baccha, s.to Micchie1e, Pu1hesi.

Nel De aspiratione vi sono poi numerosetestimonianze dell'interesse del Pontano per la storiaregionale e per le iscrizioni latine rinvenute nelle varielocalità del Regno, da lui trascritte in una raccolta,purtroppo perduta, ma in quest' opera pubblicate inpiccola parte per dar testimonianza della corretta grafialatina l64.

Con buona probabilità fu dunque il Pontano a dareveste definitiva alle nostre mappe aragonesi. Possiamodunque dare risposta affermativa all'ipotesi del Blessichricordata all'inizio di questo studio, e riconoscere nelPontano il nostro "topografo", il curatore delle carte,che dovette aggiungervi informazioni varie e nuovitoponimi. Come man mano egli studiava il territorio, apartire dagli archivi reali, per allestire la redazione finaledel De bello neapolitano, opera di una vita, rivista,corretta e accresciuta a tavolino, così egli probabilmentelavorava sulle mappe e le arricchiva con le ricerche diarchivio. Se le carte del confine con lo Stato della Chiesasono sue, non c'è ragione per negargli la paternità o lacuratela delle altre. Da politico, devoto al re, e segretariodel Regno, non poteva sfuggirgli la valenzaamministrativa e soprattutto militare delle carte,oltretutto con il costante pericolo della ribellione internadei baroni, e degli attacchi esterni al Regno.

LA CARTOGRAFIA ROMANA

E MEDIOEVALE

Le nostre carte sono così straordinarie, per il XVsecolo, che sembra incredibile non trovare riferimentidiretti ad esse, o alle tecniche relative, negli scritti delPontano, del Galateo, e degli altri umanisti della corte.Molto probabilmente esse furono realizzate con lanecessaria segretezza, e con la partecipazione di tecnici,agrimensori esperti, conoscitori dei metodi antichi. Per

159 E. PERCOPO, Vita di Giovanni Pontano, cit., p. 291.160 Vd. G. PONTANO, I libri delle virtù sociali, a cura di F.

TATEO, Bulzorii, Roma, 1999.161 G. PONTANO, I libri delle virtù sociali, cit., p. 165.162 G. PONTANO, I libri delle virtù sociali, cit., p. 187-189.163 Il trattato fu pubblicato nel 1481, ma probabilmente

era stato composto una ventina di anni prima, circolandomanoscritto. Vd. G. GERMANO, Il De Aspiratione di GiovanniPontano e la cultura del suo tempo, Loffredo, Napoli, 2005.

164 Vd. G. GERMANO, Il De Aspiratione... , cit., in parto lepp. 215-268 ("Testimonianze epigrafiche tra ortografia epassione antiquaria").

62

\ ..",

Fig. 2.33 - Corpus Agrimensorum, territorio centuriato,dal ms. Palatinus 1564, IX sec. d.C. (Roma, BibliotecaVaticana, n. 103, v. 104, part.).

capire meglio la portata di tale intervento, a questopunto, sembra utile un accenno alla cartografia romanae medioevale.

Nella generale perdita della cartografia romana165,

sono da rimpiangere soprattutto le singole mappe dellecittà e dei territori vicini. E' noto che, alla fondazionedi una colonia, i Romani ne rappresentavanograficamente il territorio in una pianta (jonna) espostapubblicamente nel foro; essa costituiva anche undocumento ufficiale dell' assegnazione delle terre l66

Sfortunatamente, conosciamo queste piante(come pure tutta la produzione cartografica romana) soloattraverso fonti indirette (tramite documenti letterari,epigrafici, e da alcune illustrazioni dei codici del CorpusAgrimensorum), risalenti al VI sec. d.C., diversamentevalutate dagli studiosi. Le effettive carte dei gromatici,incise su bronzo, conservate negli archivi, e con valoreufficiale in caso di controversie, dovevano esseredettagliate, con molte didascalie.

Le formae originali, esempi di cartografiaromana, rientrano fra quelle che Tolomeo chiama mappecorografiche, definendo la corografia comeraffigurazione separata di luoghi specifici, con tutti iparticolari, quali coste, porti, centri abitati piccoli egrandi, fiumi e loro affluenti; questi dettagli richiedonoil disegno preciso dei luoghi, quasi una pittura 167. EStrabone precisa che, per fare cartografia, sonoindispensabili studi di geometria e di astronomia, al finedi determinare le particolarità astronomiche dei luoghi:levate e tramonti delle stelle, punti zenitali, altezza deipoli, fascia climatica, distanze ed orientamento168

• E'evidente in queste opere, scritte in greco ma rivolte adun mondo pienamente romanizzato, l'importanzaassunta dalla scienza ellenistico-romana, capace difornire modelli teorici ed applicativi che restaronoinsuperati fino al Rinascimento e all' era moderna,quando i testi antichi furono riscoperti e grazie ad essisi riuscì ad emulare gli antichi e ad andare oltre l69

Nel mondo romano, quindi, le prime opere digeografia e cartografia ellenistiche si erano incontratecon la tradizionale abilità romana di misurare la terra afini catastali e distributivi 170. In tutto ciò si inserivaun' altra tradizione romana, quella di presentare alpopolo, in occasione dei trionfi dei generali vittoriosi,grandi tele dipinte e scenari mobili, alti fino a quattropiani, con la raffigurazione delle regioni e delle cittàconquistate, in una sequenza che illustrava tutte le fasidella guerra171 •

Pertanto, nonostante le eccessive osservazionicritiche di alcuni studiosi moderni 172, le necessitàamministrative dei Romani, di varia natura (daticatastali, topografici, militari, ecc.), fecero sì che essisviluppassero, sull' esempio della scienza ellenistica, unaadeguata cartografia, sia generale, sia particolareggiata,per singole aree regionali, quale indispensabilestrumento di governo 173

• Molte sono le attestazioni degliscrittori: dalle mappe militari 174, alle grandi carteaffrescate dipinte su pareti: quella dell'Italia dipinta neltempio di Tellus l75 ; quella dell'impero preparata da

165 In generale, per la cartografia antica, vd. soprattutto J.B. HARLEY, D. WOODWARD (eds.), The History ofCartography.Vo!. 1. Cartography in Prehistoric, Ancient, and MedievalEurope and the Mediterranean, University of Chicago Press,Chicago-London, 1987. Vd. anche K. BRODERSEN, Terracognita. Studien zur Romischen Raumerfassung, Olms,Hildesheim, 1995.

166 Vd. F. CASTAGNOLl, Le "formae" delle colonie romane,"Atti della Reale Accademia d'Italia, Memorie", Classe diScienze morali e storiche, s. VII, IV, 4,1943, pp. 83-ll8.

167 Pto!., Geogr., I, 1.168 Strab., I, I, 13.169 Vd. L. Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero

scientifico greco e la scienza moderna, Feltrinelli, Milano,1996 (nuova ediz. 2001).

170 Vd. Hyginus Gromat., De limito constit., pp. 166-170Lachmann: la delimitazione dello spazio deve sempre tenereconto dei riferimenti astronomici. del corso del sole e delpolo celeste; se alcuni invece li ignorano, e si servono deisoli riferimenti terrestri, ciò porta fatalmente alla confusione.Vd. O. BALDACCI, Dalla topografia alla geocartografia inetà romana, in P. JANNI, E. LANzlLLoTTA (a cura di),TEQTPAclJlA. Atti del secondo Convegno Maceratese suGeografia e Cartografia antica (Macerata, 16-17 apro 1985),Giorgio Bretschneider, Roma, 1988, pp. 39-53.

171 Vd. Liv., 41, 22,8-10; App., Pun., 8, 66; Plin., Nat.hist., 35, 22-23; Ioseph., Beli. Iud., 139 sgg. Cfr. M. TORELLl,Typology and Structure of Roman Historical Relief, AnnArbor, 1992.

l72 Vd. P. JANNI, La mappa e il periplo. Cartografia anticae spazio odologico, Roma, 1984.

173 Vd. C. NICOLET, L'inventario del mondo. Geografia epolitica alle origini dell'impero romano, Laterza, Roma-Bari,1989.

174 Veget., 3, 6.

175 Varr., De re rust., 1,2.

Agrippa e dipinta nel portico Vipsanio, modello per lecopie in dotazione all'amministrazione imperiale sottoAugusto l76; quella dell'impero dipinta sotto i Portici diAutun (Treviri) nel 298 d.C. m , usata anche a finieducativi per mostrare agli alunni della locale scuolal'estensione dei domini romani.

Per la realizzazione di tali carte, si usavanostrumenti particolari: innanzitutto la groma, tradizionaledotazione degli agrimensori romani per il rilievotopografico178, ma anche la diottra l79

, congegno descrittoda Erone di Alessandria l80, che gli dedica un'interaoperetta (Dioptra), usato per la goniometria; la diottrapoteva facilmente essere modificata con l'aiuto diingranaggi, e lo stesso Erone propone deiperfezionamenti per usi astronomici, sicché si trasformain un teodolite privo di ottica. Un altro strumento,descritto da Vitruvio181 , era il corobate, per le operazionidi livellamento 182

Con questi strumenti, l'attività del topografoantico diventava altamente tecnica e di precisione; nellacostruzione di carte, anche senza ricorrere al rilevamentoastronomico, in teoria possibile, il reticolato geometricodei cardini e dei decumani consentiva una scala esatta ecostante, per collocarvi adeguatamente gli elementi delpaesaggio l83 . Vegezio, verso la fine del IV sec. d.C., cidescrive efficacemente la precisione di tali carte: "Ilcomandante in primo luogo deve avere degli accurati edettagliati itinerari di tutte le regioni dove si svolge laguerra, tali che le distanze fra le località non indichinosolo il numero delle miglia, ma anche la qualità dellestrade, in modo da poter valutare le scorciatoie, lediramazioni, i monti ed i fiumi, descritti fedelmente.Tutto ciò è così importante che i comandanti più capaci,come attestano gli autori antichi, avevano con sé,riguardo alle province nelle quali si presentava ilpericolo, non solo gli itinerari descrittivi, ma anchequelli dipinti, in modo da scegliere la via da percorrerenon solo con l'aiuto del ragionamento, ma soprattuttograzie all'immagine visiva"184.

E tuttavia, di tutto questo ci è rimasto pochissimo:oltre alle tavole del Corpus Agrimensorum, diversetavole schematiche di città nella Notitia Dignitatum; iframmenti della pianta della colonia di Grange, l'anticaArausio; i frammenti della pianta severiana di Roma; ilcd. "scudo" di Doura Europos con alcune città affacciatesul Mar Nero; il mosaico di Madaba con Gerusalemme,la Palestina e parte dell'Egitto 185.

La recente pubblicazione del cd. "papiro diArtemidoro"186, datato fra il I sec. a.c. ed il I d.C. (seaccettiamo l'ipotesi dei curatori), ci ha restituito unabozza di carta geografica, disegnata accanto alladescrizione dell' Iberia del geografo Artemidoro diEfeso. La mappa è rimasta incompiuta, in quanto,proprio per un errore del disegnatore, imperdonabile inuna pubblicazione "di lusso", il foglio di papiro è stato

63

Fig. 2.34 - Particolare del "Papiro di Artemidoro", conabbozzo di carta geografica (da C. GALLIAZZI, S. SETTIS -a curadi-, Le tre vite del Papiro di Artemidoro, cit.).

gettato via (diventando supporto per le esercitazioni diuna bottega di artisti). La mappa, priva di colore edidascalie, presenta linee ondulate (strade o canali),linee doppie (un fiume, con una diramazione), piccolisimboli quadrati (villaggi), e vignette raffiguranti edifici(città importanti); si intravedono linee relative ai monti,ed elementi schematici di vegetazione 187. Nulla di certo

176 Plin., Nat. hist., 3,17; 5,139.177 Eumen., in Panegyr., V, 20-21.178 Alla groma si accompagnava una meridiana portatile

(orologio solare), in grado di fornire anche i punti cardinalisecondo l'ora e le stagioni. V. M. DELLA CORTE, Groma,"Monumenti antichi pubblicati dall' Accademia dei Lincei".28,1922, pp. 5-100; G. CHOUQUER, F. FAVORY, Les ArpenteursRomains. Théorie et pratique, Ed. Errance, Paris, 1992.

179 Vd. L MORENO GALLO, Dioptra, in AA.VV., NuevosElementos de Ingenierìa romana, III Congreso de las ObrasPùblicas Romanas, Astorga, 2006, pp. 379-389.

180 Vd. G. R. GIARDINA, Erone di Alessandria. Le radicifilosofico-matematiche della tecnologia applicata, CUECM,Catania,2003.

181 Vitruv., 8, 5, 1-3.182 Per questa strumentazione vd. AA. Vv.. Misurare la

terra... , cit.; J. P. ADAM, L'arte di costruire presso i Romani.Materiali e tecniche, IV ed., Longanesi, Milano, 1996; R.CATALANO. Intus in tenebris. Scienza e tecnica nelle opereipogee romane, Arte Tipografica. Napoli, 2007.

183 Vd. F. CASTAGNOLI. Topografia antica. Un metodo diStudio. II - Italia, Libreria dello Stato, Roma, 1993.

184 Veget., 3, 6,4.185 Vd., anche per altri esempi, collegati alla pittura, al

mosaico, alla miniatura, e in genere alla arti visive, A. LEVI,M. LEVI, Itineraria Picta. Contributo allo studio della tabulaPeutingeriana, Roma, 1967; F. PRONTERA (a cura di),Geografia e geografi nel mondo antico, Laterza, Bari, 1983;F. CORDANO, La geografia degli antichi, IV ed., Laterza,Roma-Bari, 2006.

186 Vd. C. GALLIAZZI, S. SETTIS (a cura di), Le tre vite delPapiro di Artemidoro. Voci e sguardi dall'Egitto greco­romano, Electa, Milano, 2006.

187 Vd. M. 1. P. GULLETTA, L'Iberia nei geografi antichi ein Artemidoro di Efeso, in C. GALLlAZZI, S. SETTIS (a cura di),

64

Fig. 2.35 - Particolare della Tabula Peutingeriana, con laPenisola Sorrentina (da K. MlllER, ltineraria Romana, cit.).

si può dire su questo documento, ma, almeno in bozza,fa intravedere una complessità di elementi di base; unavolta completato dal pictor, poteva restituirci,finalmente, una carta geografica degna di questo nome.

Gli interessi concreti dei Romani li avevanoportati a concentrare parte delle loro conoscenzegeografiche, specie quelle "stradali", in itinerari testualio dipinti, i cosiddetti itineraria picta, vere e propriemappe ad uso dei viaggiatori, con centri abitati, stradee distanze, come l'unica attestazione della cartograficaantica pervenuta fino a noi, la cd. Tabula Peutingeriana,che prende il suo nome dall' umanista Konrad Peutinger.Scoperta alla fine del XV sec., e di datazionecontroversa, è ritenuta copia medioevale, del XII-XIIIsec., da un originale romano di III-IV sec. d. c.,probabile mappa del cursus publicus o serviziopostale188. La Tabula si trova nella Biblioteca Nazionaledi Vienna l89

; la parte meridionale della penisola italianaè costituita dai segmenti V, 5 - VI, 1. Si ritienegeneralmente che questa mappa, in qualche modo,discenda dalla carta ufficiale dell' impero in età augustea,l' orbis pictus realizzato da M. Vipsanio Agrippa, dipintosotto i suoi portici, in grande scala, per scopi militari,amministrativi e commerciali, e verosimilmente estesoin lunghezza. Vi furono poi aggiunte posteriori, in piùoccasioni, fino all'VIII-IX sec, quando la carta assunseil suo aspetto definitivo. La necessità di rappresentareuna carta completa del mondo allora conosciuto in ununico rotolo facilmente trasportabile suggerì un disegnoschiacciato e allungato: i segmenti esistenti sono lunghiin tutto circa 7 m, mentre l'altezza è di 34 cm. A questecarte corrispondevano degli itineraria adnotata, senzaraffigurazioni, ma con l'elenco delle città, dei porti edelle stazioni di posta, con le distanze.

Gli elementi geografici e paesaggistici sonopresenti solo schematicamente, e in relazione con iltracciato viario; compaiono centri maggiori e minori,con l'indicazione di osterie, stazioni di posta, terme equanto altro poteva essere utile durante il viaggio. Manon possiamo certo dire che questo tipo di carta

rappresenta il meglio della cartografia antica, così come,fra diecimila anni, non si penserà che l'orario delleferrovie, pictus e adnotatus, sia il meglio dellacartografia del Duemilal90 • In ipotesi, le vignette dellaPeutingeriana, invece di essere inserite in un disegnoschematico e deformato, a grande scala, potevano darele stesse informazioni facendo parte di una dettagliatacorografia, alloro posto effettivo, nel disegno geograficorealistico di un territorio: in tal modo, avremmo avutoqualcosa di molto simile alle nostre carte aragonesi.

La cartografia medioevale si ripartisce fra gliautori di "mappamondi" (spesso fantasiosi e basati suconoscenze libresche desunte da autori antichi e dai librisacri) e gli autori di carte nautiche o portolaniche (basatesulla esperienza secolare e pratica dei navigatorimediterranei, e molto più realistiche). A mezza stradafra questi due estremi sta la cartografia araba di Al Idrisio Edrisi, che si basa su Claudio Tolomeo, ma raccoglie,alla corte palermitana di re Ruggero II, su incarico delre, molti elementi moderni.

I mappamondi medievali, derivati da una matricecomune, sono di solito circolari, a "T", con l'est e l'Asiain alto, al centro Gerusalemme e il Mediterraneo, asinistra l'Europa, a destra l'Africa. Compendio diconoscenze universali, elaborati a tavolino da letterati,sono ricchi di particolari fantastici e decorativi. La cartanon rappresenta più il mondo reale, ma la suareinterpretazione cristiana e spirituale: la carta diventauna metafora del mondo, e vede nei rapporti spazialisignificati simbolici, ideologici. In tale contesto latripartizione delle terre, nei mappamondi circolari a T,sta ad indicare la divisione biblica tra i figli di Noè. Piùche documenti cartografici, essi appaiono documentidella religiosità: sono spesso situati nelle chiese, ed inprimo piano vi è la storia della redenzione, con il Cristoche avvolge, come nella carta di Ebstorf, tutta la terra,raffigurata come il suo corpo. Tuttavia le carte

Le tre vite del Papiro diArtemidoro ... , cit., pp. 104-109. Vd.anche F. FARINELLI, Sulla "tradizione romana dei segnicartografici", "Quaderni di Storia", XXXIII, n. 66, 2007,pp. 353-370.

188 Vd. K. MILLER, Itineraria Romana, Stuttgart, 1916; A.LEVI, M. LEVI, Itineraria Picta... , cit.; L. BOSIO, La TabulaPeutingeriana. Una descrizione del mondo antico, Maggioli,Rimini,1983.

189 Codex Vindobonensis 324.190 L'immagine è ripresa da Assunto MORI, Scritti

geografici, a cura di G. CARACI, Cursi, Pisa, 1960, pago 171:dalla Tabula Petingeriana "non si deve già desumere ... qualefosse la cartografia normale romana, come non dobbiamofarci una idea della cartografia dei nostri tempi da certe cartedegli orari ferroviari o degli opuscoli di propaganda turistica,nei quali le figure dei paesi e i rapporti di posizione e didistanza sono alterati".

Fig. 2.36 - L'Italia nel Mappamondo di Hereford (1313),part. (da S. D. WESTREM, The Hereford Map, Brepols,Turnhout, 2001).

trasmettono in qualche modo informazioni geografichedella tarda romanità, ed alla loro costruzione non èestraneo 1'apporto delle fonti medioevali, ad esempio ipellegrini, che percorrendo itinerari di fede si dirigonosoprattutto verso la Terrasanta. Una delle tappe di talepercorso è costituita dalle città, dai santuari e dai portidel Mezzogiorno d'Italia, che pertanto trova una suacollocazione nell' immaginario medioevale e neimappamondi dell' epoca, anche per il contributo di centricome Salerno, rinomato per la sua scuola medica, edinoltre capitale di uno stato indipendente191

A testimonianza dei progressi della cartografiaaraba, nel XII sec., si cita il geografo arabo Al-ldrisi oEdrisi, vissuto a Palermo al tempo di Ruggero II, edautore del Nuzhat al-mushtàqfi ikhtiràq al-afàq, ovveroDiletto per chi visita i Paesi della Terra, scritto nel 1160circa192

• Le carte di Al Idrisi hanno il sud in alto,presentano una forte deformazione dell'ecumene, e lascrittura dei toponimi tralascia le vocali (per cui spessol'identificazione è problematica). Ma la cartografia diAl-ldrisi non è isolata: nasce alla corte palermitana delre normanno Ruggero II d'Altavilla. Il sovrano avviòuna serie di iniziative per il recupero culturale dellatradizione antica, romana, greco-bizantina e araba, siaper dare prestigio alla monarchia, sia per scopi praticiconoscitivi e amministrativi. In questo contesto ebberogrande sviluppo gli studi geografici, per la conoscenzae il governo del territorio, e quindi a scopi politici. Ilsovrano affidò questo compito ad Al-Idrisi, geografomarocchino proveniente da Cordova, che formò ungruppo di studiosi selezionati. Dopo una ricerca atappeto, che durò circa 15 anni, il risultato fu l'incisionedi una enorme carta geografica su tavola d'argento (conle regioni abitate e non, i paesi, i monti, le sorgenti, ifiumi, le marine, i golfi, i mari, le strade, le distanze, iporti), e la redazione del "Libro di re Ruggero",corredato da un centinaio di carte parziali di tutto ilmondo conosciuto. Al-Idrisi dimostra una buonaconoscenza delle località del Meridione, della loroeconomia, dell'idrografia e dei tracciati viari con le

65

Fig. 2.37 - Particolare dell'Italia Meridionale, con ilSalernitano e la Penisola Sorrentina, nella cartografia di AI­Idrisi, XII sec. (da L. LAGO, Imago Mundi et Ita/iae, cit.).

distanze. Per la sua descrizione di sintesi, furono raccoltisia testi antichi, sia resoconti di viaggiatori.Nell'esposizione sembra avere, davanti agli occhi, dellecarte geografiche originali e dettagliate, sottolineandola stretta connessione tra carte e testo descrittivo. Cosìsi esprime nella prefazione: colui che osserva le cartevede cose normalmente nascoste, relative a città,province, regioni, ma oltre a ciò deve conoscere ledescrizioni degli abitanti, delle strade e delle meraviglieche vi si trovano l93

Dopo i "mappamondi" e la cartografia araba, laterza tipologia di carte medioevali, quella che saràdecisiva per il progresso nella rappresentazionecartografica, è costituita dalle carte nautiche, checompaiono improvvisamente a partire dalla metà delsec. XIII. Queste sono specializzate nella

191 Vd. L. LAGO, Imago Mundi et Italiae. La versione delmondo e la scoperta dell 'Italia nella cartografia antica(secoli X-XV/), voI. I e II, Edizioni "La Mongolfiera", Trieste,1992; L. LAGO, Imago Italiae. La fabrica dell'Italia nellastoria della cartografia tra medioevo ed età moderna, E.U.T.Edizioni Università di Trieste, 2002. Uno dei più notimappamondi medioevali è quello allegato al commentoall' Apocalisse di Beato di Liébana (730?-798); ne esistononumerose copie, di epoche diverse. Altri mappamondirappresentativi sono la cd. "Carta Cottoniana", anglosassone,compilata nel X sec., e allegata ad un ms. della Periegesi diPrisciano; il mappamondo di Enrico di Magonza del 1110; ilmappamondo di Ebstorf, del 1234 (l'originale fu distruttonel bombardamento di Hannover del 1943), su 30 tavole dipergamena, opera presunta di Gervasio da Tilbury, che attingead lsidoro di Siviglia; il Planisfero di Riccardo di Haldingham,dipinto nella chiesa madre di Hereford, nel 1313; ilmappamondo di Ranulf Higden (ca. 1350).

192 Vd. EDRISI, Il libro di Ruggero, Palermo, Flaccovio,1994; vd. anche A. JAUBERT, Géographie d'Edrisi, T. 1-2,Paris, 1836-40.

193 Vd. A. CODAZZI, Storia delle carte geografiche daAnassimandro alla rinascita di Tolomeo nel secolo XV,Milano, 1958; G BRANCACCIO, Geografia, cartografia e storiadel Mezzogiorno, Guida, Napoli, 1991.

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Fig. 2.38 - Particolare del Mediterraneo centro-orientale(profilo delle coste) in una Carta Nautica della prima metàdel XV sec. (Modena, Biblioteca Universitaria Estense,C.G.A.5d).

rappresentazione dei profili costieri, spesso trattati congrande precisione e dettaglio, ma nulla ci diconodell'interno; presentano un profilo di costa quasiperfetto, e pongono quindi una serie di problemi,considerando i coevi, complicati, fantastici e simbolicimappamondi medioevali. Per il medioevo,rappresentano una grande conquista, misteriosa nellesue origini. Alcuni ipotizzano l'esistenza di cartenautiche già dall'antichità classica; certamente esseriprendono in forma grafica gli antichi periploi costierigreco-latini, elenchi di rotte ed approdi per lanavigazione mediterranea, associando la semplicerappresentazione delle coste all'uso ormaiindispensabile della bussola, per stabilire facilmente lerotte. Essi riportano ciò che interessa i naviganti: profilocostiero, approdi, porti, isole, scogli, centri costieri, iminori in nero ed i maggiori in rosso, coordinate basatesull' uso della bussola e della rosa dei venti. Promontori,baie, estuari, porti, isole minori, di norma sonoingranditi, evidenziati; le regioni interne in un primomomento sono trascurate del tutto, poi pian piano siriempiono di disegni fantasiosi, insegne,rappresentazioni di città, e infine appariranno ancheelementi costitutivi del territorio.

Le carte nautiche rispecchiano una necessitàeconomica, legata allo sviluppo commerciale dellepopolazioni europee affacciate sul Mediterraneo,soprattutto l'Italia e la Spagna, interessate ad una esattaconoscenza della realtà geografica. L'importanzaassunta da tali carte per una navigazione sicura èevidenziata da un editto di Pietro IV d'Aragona, che faobbligo ad ogni nave del suo regno di avere a bordouna carta nautica. Accanto alle carte nautiche, sidiffondono i "portolani", eredi degli "Itinerari" romani,lunghi elenchi di porti e di approdi lungo le costemediterranee, in sequenza, con l'indicazione delledistanze in miglia194

Rispetto a queste diffuse tipologie di cartemedioevali, una nuova prospettiva è data da alcune carte

Fig. 2.39 - Particolare dell'Italia meridionale nella Cartadi Fra' Paolino Minorita vescovo di Pozzuoli, prima metà delXIV sec. (da L. LAGO, Imago Mundi et Italiae, cit.).

del XIV-XV sec. che si segnalano per il tentativo diraccordare le conoscenze costiere delle carte nautichecon quelle dell'interno date dai mappamondi. La piùsignificativa di esse è la carta d'Italia detta di fra' PaolinoMinorita, da Venezia, vescovo di Pozzuoli 195; la carta èdipinta su pergamena, con il nord in basso e il sud inalto. L'Italia è divisa in due parti; le città minori sonoindicate con una torre merlata. E' il primo saggio dicartografia corografica, intreccio fra carte nautiche "dilusso", con informazioni aggiuntive, e carte tradizionaliterrestri.

Nel XV secolo si ha un nuovo progresso nellacartografia, con le carte che accompagnano le edizionidella Geographia di Tolomeo. I manoscritti bizantinidi Tolomeo passarono in Italia e furono tradotti in latino(a cominciare dal 1409); la cartografia annessa suscitògrande interesse in occidente, al confronto con le cartemedioevali esistenti, e diede un forte impulso allacostruzione di nuove carte geografiche.

Nelle prime carte tolemaiche, le indicazionitopografiche si limitavano a ripetere il testo di Tolomeo.In seguito si ebbero nuove carte a stampa annesse alleedizioni di Tolomeo (generalmente denominate "Italianova" o tavole moderne), opera di cartografi occidentali,che si sforzarono di "aggiornare" le conoscenze

194 Vd. L. LAGO, Imago Mundi et Italiae... , cit.; L. LAGO,

Imago Italiae... , cito La cd. "Carta Pisana" è la più anticacarta nautica, anonima, di fattura genovese, datata alla secondametà sec. XlII (1275), ma forse copia di una carta precedente,e coeva del più antico portolano. il "Compasso da navegare" ,sempre anonimo, del 1296. che descrive le coste delMediterraneo. Seguiranno le carte di Giovanni da Carignano(1300 c.a), della scuola genovese (con Pietro Vesconte, dal1311, e Angelino Dalorto, 1325) e della scuola anconetana(di Grazioso Benincasa, agli inizi del '400).

195 La carta è annessa alla Cronaca di Jordanes, codiceMs. Val. Lat. 1960, fol1. 267v-268r, anni 1334-1339,Biblioteca Apostolica Vaticana.

Fig. 2.40 - Particolare della Campania nell'Italia Nova diEnrico Martello, circa 1480-1492, Bibliot. Naz. di Firenze,codice tolemaico lat., CL. XIII cod. 16 (da L. LAGO, ImagoMundi et Italiae, cit.).

geografiche antiche con dati moderni 196. Dall'intrecciodella cartografia tolemaica con le carte nautiche ecorografiche, e dall'utilizzo di nuove metodologiecartografiche, ispirate a quelle antiche, è nata lacartografia moderna.

Questo, in sintesi, il quadro della storia dellacartografia condiviso dalla maggior parte degli studiosi.Ma restano molti punti oscuri, inspiegabili, ai quali tentadi dare una risposta coerente Assunto Mori, in diversisuoi studi sulla cartografia romana e medioevale 197

Secondo Mori, le mappe catastali romane,effettuate minutamente dai gromatici per tutte le città eper vaste estensioni di territorio, conservate negli archiviufficiali, consentivano, mediante il loro accostamento,di realizzare una figura dell' Italia (come pure delleprovince soggette) più corretta e prossima al verorispetto alla raffigurazione tolemaica. Dai rilievieffettuati si producevano allora, secondo le esigenze,diversi tipi di carte: stradali, scolastiche, decorative,celebrative, soprattutto militari; queste ultime con idettagli corografici del territorio, consentivano aicomandanti le opportune decisioni avendo sotto gli occhila reale configurazione del terreno.

Dalla cartografia romana trassero numerosi datied elementi i geografi greci Marino e Tolomeo,commettendo però degli errori originati dai presuppostiastronomici; altri errori furono dovuti alla tradizionedell' opera di Tolomeo, da parte di copisti non addestratial disegno, che inoltre trascrissero male latitudini elongitudini. Di qui le note carte tolemaiche,vistosamente deformate.

Verso la fine del XIII sec. comparvero le primecarte nautiche, che raffigurano le coste del Mediterraneocon una esattezza insuperata fino al XVII sec. e instridente contrasto con i coevi mappamondi (daconsiderare opere di fantasia). La loro origine va cercataespressamente nella tradizione cartografica romana

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degli itinerari marittimi, attraverso copie medioevaliaggiornate con la toponomastica del tempo. Non ècredibile, secondo Mori, che le carte nautiche siano unaelaborazione di XII-XIII secolo: non era possibile, incosì breve tempo, né per Genova né per altri stati,realizzare un prodotto che richiedeva esplorazioni,strumenti, misure, coordinamento scientifico. Dopo laCarta Pisana e quella di Giovanni da Carignano, civorranno altri quattro secoli per realizzare una carta delMediterraneo di maggiore perfezione. Se queste furonoil frutto di un deliberato sforzo scientifico e cartografico,perché ci si appagò subito del primo risultato?

Ancora più inverosimile, per Mori, è la rapidarealizzazione di carte corografiche dell'Italia, che si èritenuto siano state rilevate parzialmente da diversicartografi e poi messe insieme nel XIII-XIV secolo: nonsi conoscono né le carte parziali, né l'eventuale pazientecompilatore, mentre, per imprese analoghe, è ben notal'opera di Edrisi alla corte di re Ruggero.

La conclusione di Assunto Mori è che le cartenautiche, come pure le carte corografiche dell'Italia,"non possono dunque che essere di derivazione più omeno diretta della cartografia romana. Solo con questaipotesi se ne può spiegare la relativa perfezione"198.L'improvvisa comparsa di queste carte, quasi perfette,e la mancanza assoluta di notizie su persone o enti chehanno rilevato il territorio in modo sistematico, raccoltoi dati, e realizzato le carte, trova la sua spiegazione nellatradizione cartografica romana, ossia nella conoscenzadi copie di antiche carte romane, adattate allatoponomastica ed alle nuove necessità.

DUE IPOTESI SULLA GENESI

DELLE CARTE ARAGONESI

Questa problematica si ripropone nuovamentecon l'incredibile perfezione delle nostre mappearagonesi, realizzate da tecnici e cartografi dell' epoca.Come ha evidenziato Vladimiro Valerio nel primosaggio di questo volume, i loro estensori dovevano far

196 Fra queste, la carta di Taddeo Crivelli (Geografia diTolomeo, ediz. di Bologna, 1477), ritenuta fusione sui generisdi elementi tolemaici e moderni; di Niccolò Germanico(Geografia di Tolomeo, ediz. di Ulma, 1482); di Francescodi Niccolò Berlinghieri (1482), di Francesco Rosselli (1492ca., stampata a Firenze).

197 Vd. A. MORI, Osservazioni sulla cartografia romanain relazione colla cartografia tolemaica e colle carte nautichemedioevali, in Atti del III Congresso Nazionale di StudiRomani, Roma, 1934, pp. 565-575, ora in A. MORI, Scrittigeografici, cit., pp. 167-180.

198 A. MORI, Osservazioni sulla cartografia romana... , cit.,p. 178.

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uso di metodi cartografici avanzatissimi, semplicementeeseguendo alla lettera le tecniche geodetiche eastronomiche descritte dagli scienziati greci del periodoellenistico, associate alla relativa strumentazione ed airilevamenti dei gromatici e degli agrimensori romani,tecniche poi diventate di uso comune nel Cinquecento199

La geografia e la corografia acquistano, nel XVsec., spazi sempre maggiori, e molti stati modernisentono l'esigenza di una conoscenza accurata dei loroterritori2OO• Nella prefazione dell' opera Italia illustrata,Flavio Biondo, riprendendo Strabone, sottolinea che sialo storico sia il geografo hanno un ruolo importante edidentico, quello di dare ai politici informazionifunzionali al governo dello stat020J

• Nel 1460, un decretodella repubblica di Venezia ordinava ai governatorilocali di far eseguire carte e piante dei territorisottoposti2

02

• Anche il Regno di Napoli del periodoaragonese appare uno stato moderno, uno dei piùavanzati allora in Europa203

, poiché, grazie ad i suoisovrani illuminati, e grazie agli umanisti accolti nellacorte, basava il suo governo ed il suo svilupposull' imitatio degli antichi Romani, attraverso unapparato statale e fiscale che promuoveva la conoscenzadel territorio con i censimenti, favorendo altresì losviluppo della cartografia.

La fiscalità aragonese, sistematica, è di tipomoderno, e realizza il censimento dei fuochi e deicontribuenti per un bilancio fondato sulla certezza. Lapecunia è riscossa non per l'utilità del principe, ma perl'utilità comune e per la difesa del Regno; l'imposizionepuò essere legittimamente attuata solo se le leggi sonogiuste e proteggono i cittadinF04. In questo clima diequità e giustizia sono emanate nel 1480 disposizioniche uniformano il sistema dei pesi e delle misure sututto il territorio del Regno, secondo i campionidepositati in Castel Capuan0205

Le carte aragonesi, in ogni caso, sono una chiaratestimonianza di ciò che era possibile fare partendo dalleconoscenze scientifiche disponibili, fin dall' antichità,da parte di topografi intelligenti. Sì, davvero possiamodare una risposta affermativa alla frase del Blessich:veramente i gromatici romani ricompaiono per la primavolta a Napoli, alla corte Aragonese. Inoltre, per il lorogrande dettaglio, e per la loro epoca, le carte aragonesisono quanto di più vicino ci resta alla conformazionefisica di quelle stesse regioni in epoca romana: appenaun migliaio anni le separano dalla fine dell'imperoromano, ed è di estremo interesse, ad esempio, la lineadelle coste, l'idrografia, i ponti e le connesse strade, latoponomastica. Ciò anche senza supporre unaderivazione ed un'ispirazione a carte ancora più antichedel periodo aragonese.

Ma, senza nulla togliere all'abilità dei tecnici edei cartografi aragonesi, alla modernità di vedute deigovernanti, e all' intervento del Pontano, forse è

possibile dire di più. Un rilievo a questo dettaglio ditutto il Regno di Napoli non poteva passare inosservato.accorrevano squadre di tecnici, strumenti, osservazioniripetute, lavori di coordinamento, per moltissimo tempo.Senza contare poi l'ostilità dei baroni verso i sovrani,cosa che sicuramente avrebbe reso questo lavoroestremamente difficile, e se non altro l'operazionesarebbe diventata di pubblico dominio. Tuttavia nonabbiamo nessuna precisa notizia sui lavori direalizzazione di tale carte. Perché non se ne è maiparlato, né allora, né negli studi storici dedicati alperiodo aragonese? Anche se la documentazionearagonese negli archivi di Napoli è andata in massimaparte distrutta durante il secondo conflitto mondiale,agli studiosi che in precedenza hanno consultato gliarchivi, una notizia del genere non sarebbe sfuggita.

Per spiegare la genesi delle mappe aragonesi,dunque, usando lo stesso ragionamento di Assunto Mori,è teoricamente possibile che siano state ritrovate ericopiate, riadattandole opportunamente, antiche cartedi derivazione romana. Ovvero, il lavoro cartograficosarebbe stato fatto soprattutto sfruttando carte giàesistenti. E' noto l'interesse per la geografia e per lacartografia delle dinastie regnanti meridionali, fin dalperiodo normanno, con l'opera di Edrisi206

• FlavioBiondo ricorda che nella corte angioina vi era una

199 Vd. V. VALERIO, Astronomia e cartografia... , cit. Lateoria prevalente fra gli studiosi della cartografia antica è chequesti metodi rimasero teorici, mai applicati in concreto nelmondo antico. Su questo, come sugli aspetti applicativi dellascienza antica, si potrebbe discutere a lungo; le potenzialità,comunque, c'erano tutte. Vd. L. Russo, La rivoluzionedimenticata... , cit.

200 Vd. D. BurSSERET (ed.), Monarch, Ministers and Maps.The Emergence of Cartography as a tool of Government inEarly Modern Europe, University of Chicago Press, 1992.

201 F. BIONDO, Italia illustrata, Roma, 1474.202 Vd. A. LODOVISI, S. TORRESANI, Storia della cartografia,

Patron, Bologna, 1996, pp. 75-77.203 Vd., in riferimento agli stati moderni, M. QUAINI,

L'Italia dei cartografi, in Storia d'Italia, val. VI - Atlante,Einaudi, Torino, 1976, pp. 5-24.

204 A. BLESSICH, La geografia... , cit.; vd. R. DELLE DONNE,Regis servitium nostra mercatura. Culture e linguaggi dellafiscalità nella Napoli aragonese, in G. PETII BALBI, G. VITOLO(a cura di), Linguaggi e pratiche del potere, Laveglia, Salerno,2007, pp. 91-150; M. DEL TREPPO, Il Regno Aragonese, in R.ROMEO, G. GALASSI (a cura di), Storia del Mezzogiorno, val.IV/l, Roma, 1986, pp. 88-201.

205 Vd. C. AFAN. DE RIVERA, Tavole di riduzione dei pesi edelle misure delle Due Sicilie, Napoli, 1840; S. IOVIENO, Legalmetrology in the city of Naples during the Aragonesedomination (1442-1503), "OIML Bulletin", XL, 4, 1999, pp.22-24.

206 Vd. il saggio di V. Valeria in questo volume, ed inoltreR. ALMAGIÀ (1912-13), Studi storici di cartografianapoletana, ora in E. MAZZETTI (a cura di), Cartografia

Pictura Italiae realizzata da Francesco Petrarca insiemeal re Roberto d'Angiò207• Nella stessa corte operò Fra'Paolino. E' possibile che parte della documentazioneraccolta in precedenza sia pervenuta agli Aragonesi.Sappiamo che fu avviata dalla corte aragonese unaricerca di testi su larga scala, soprattutto geografici208

E' noto poi che Alfonso d'Aragona era particolarmenteinteressato alla geografia, ed arricchì la sua bibliotecacon codici importanti, di Plinio e di Tolomeo; nellastessa biblioteca lavoravano per lui una ventina diamanuensi e miniatori209 • E forse è indicativa la frasedel Biondo che chiede ad Alfonso d'Aragona quelle"carte d'Italia che egli possiede coi nomi del tempod'allora"21O. Con l'espressione "tempo d'allora" Biondonon sembra riferirsi ai suoi contemporanei, ma a tempipiù antichi: il re possedeva dunque carte di epocaprecedente, e su quella base dovette essere avviata unanuova cartografia del regno. Il possesso di mappedettagliate del territorio era importante per i sovraniaragonesi, in costante lotta con le pretese angioine, coni baroni del Regno e con i loro sostenitori fra gli statiitaliani; a tutto ciò si aggiunse dal 1480 il pericolo diuna invasione straniera, quando i turchi presero Otranto(la città fu subito ripresa l'anno successivo).

Secondo questa ipotesi, dunque, la TabulaPeutingeriana potrebbe non essere l'unico fossilecartografico romano rimasto in giro: la corografia diderivazione romana, molto dettagliata, potrebbe averfornito la base fisica delle nostre mappe; da parte loro,umanisti, tecnici, architetti, amministratori ed ufficialidella corte aragonese dovettero ricopiarle ed adattarleai toponimi, alle conoscenze del tempo, alle esigenzemilitari, alle relazioni dei viaggiatori, risparmiando sututto il lavoro di rilevazione fisica, che sarà stato minimoo comunque limitato. Tutto questo senza nulla toglierealle giuste osservazioni di Vladimiro Valerio, in questovolume, sul lavoro dei cartografi aragonesi: in più, essidovettero prendere ispirazione da carte preesistenti, chefacilitarono l'opera. Ciò spiegherebbe sia la presenzadi molti centri antichi ora segnalati come diruti, sia glierrori di posizionamento di molte località sulla carta,non verificate, sia la segretezza dell' operazione: unlavoro di assemblaggio a tavolino, destinato allacancelleria reale, è molto più facile da nascondererispetto ad un rilevamento geometrico di tutto il Regno,e richiede l'intervento di poche persone. Se vogliamo,è la stessa operazione che fece Rizzi-Zannoni a Parigicon la sua prima carta del Regno di Napoli: senzaneppure vedere il Regno, semplicemente lavorando sullecarte più antiche, che gli fornirono la base fisica, e suglialtri dati raccolti dal Galiani, stampò nel 1769 i quattrofogli della "Sicilia Prima" e produsse la migliorecartografia del territorio napoletano mai realizzata finoa quel momento.

Un prezioso contributo di mappe antiche potrebbeessere giunto alla corte aragonese per vie finora poco

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indagate. Dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453,molte famiglie bizantine emigrarono nel Regno diNapoli, compreso un ramo della famiglia imperiale deiPaleolog0211

; costoro, oltre a portare con sé preziosivolumi manoscritti, forse portarono anche antichemappe corografiche d'Italia e in particolare delMeridione212 •

Ma con tutta probabilità fu lo stesso GiovanniPontano a scoprire queste carte, e a curare larealizzazione di copie più o meno aggiornate,nell'interesse del Regno di Napoli, del quale era primoministro. Abbiamo già esaminato la scritta presente sullacarta dei confini: la carta fu "estratta", per "opera estudio" di Giovanni Pontano, dai documenti esistentinella Mole Adriana, Castel Sant'Angelo a Roma, nel1492. Evidentemente Pontano dovette trovare in talearchivio delle carte molto antiche, forse copiemedioevali, sveve o angioine, di antiche mappe romane,e grazie all'amicizia con il papa dovette ottenere glioriginali o loro copie. Per quanto riguarda i confini,stabilì esattamente i limiti, grazie a nuove misurazioniprecise fatte sul posto, da tecnici, ricopiando su appositecarte quel tanto di territorio che gli apparve necessario.

generale del Mezzogiorno e della Sicilia, EdizioniScientifiche Italiane, Napoli, 1972, pp. 1-150.

20? Vd. G. B. SIRAGUSA, La "Pictura ltaliae" attribuita alPetrarca e a Roberto d'Angiò, "Rivista Geografica Italiana",1918, pp. 51-58.

208 A. BLESSICH, La geografia... , cit.; è noto che alla cortedi re Alfonso ogni giorno si leggevano e si commentavanobrani di autori antichi, specialmente di Tito Livio. Vd. E. DEROSA, Alfonso l d'Aragona. Il Re che hafatto il Rinascimentoa Napoli, D'Auria, Napoli, 2007.

209 Vd. G. MAZZATINTI, La biblioteca dei Re d'Aragona inNapoli, Cappelli, Rocca San Casciano, 1897; T. DE MARINIS,La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, I-V, Milano,1952-57; VI (suppl.), Verona, 1969. La dispersa bibliotecaaragonese fu importante non solo per i manoscritti acquistati,ma anche per quelli realizzati nella stessa Napoli, e ricchi diminiature: queste, secondo gli studiosi, ebbero un grandesviluppo proprio alla corte aragonese, ed ispirarono poi leminiature e l'arte francese nel '500. Lo sviluppo dellaminiatura napoletana non dovette essere estraneo allarealizzazione materiale delle nostre mappe, in quanto i disegnidelle città sono vere e proprie miniature, e richiedono capacitànon comuni.

210 A. BLESSICH, La geografia... , cit., pp. 16-17; FLAVIOBIONDO, Scritti inediti e rari, a cura di B. NOGARA, Roma,1927, p.163.

211 Vd. F. LA GRECA, I Paleologo da Costantinopoli a SanMauro Cilento: a proposito di un libro recente, "AnnaliCilentani", n. 17, Luglio-Dicembre 1999, pp. 73-88.

212 Sulla geografia bizantina non si conosce molto; vd. J.KODER, Sopravvivenza e trasformazione delle conoscenzegeografiche antiche in età bizantina, in F. PRONTERA (a curadi), Geografia storica della grecia antica, Laterza, Roma­Bari, 1991, pp. 46-66.

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Per quanto riguarda le altre carte trovate, lasciandoinalterata la base fisica, dovette curarne l'aggiornamentodelle località e dei toponimi, in base a quanto a lui noto,in base alle altre carte esistenti nella biblioteca reale, ein base a documenti descrittivi e ufficiali del Regno,non tralasciando la parte per lui più interessante, quellarelativa alle antichità.

In conclusione, ci sembra che queste nostremappe aragonesi, sulle quali sicuramente ha lavoratoGiovanni Pontano, costituiscano, in ogni caso,un' eredità della cartografia romana antica. Se riteniamo,con Vladimiro Valerio, che esse siano state realizzateex novo da tecnici aragonesi, necessariamente essiutilizzavano strumenti e metodi degli antichiagrimensori romani, e la bontà del rilievo cartograficomostra a quali livelli la cartografia romana potevagiungere. Se riteniamo invece che le mappe sianorifacimenti e adattamenti (intelligenti) di carteprecedenti, con tutta probabilità ci troviamo di frontead una tradizione cartografica romana che, allo stessomodo della Tabula Peutingeriana e delle carte nautiche,è stata tramandata nel tempo con variazioni edaggiustamenti toponomastici, tuttavia mantenendoinalterata la base fisica, come, nelle nautiche, si èmantenuto inalterato il profilo costiero. Non sono peròipotesi che si escludono a vicenda, e si possonoimmaginare tutta una serie di sfumature, con unmaggiore o minore utilizzo di carte preesistentirapportato ad un maggiore o minore lavoro di rilevazionesul campo. In ogni caso, lo studioso del mondo anticonon può restare indifferente: dapprima FerdinandoGaliani, e poi nuovamente Vladimiro Valerio, ci hannorestituito una parte importante dell'antica tecnologiaromana, del loro modo di vedere, misurare, disegnare ilmondo. A misura d'uomo.

LE VICENDE DELLE MAPPE

Le nostre mappe saranno quindi rimaste segrete,in lavorazione o in consultazione nell' archivio riservatodel re e del suo segretario Giovanni Pontano, e infineprese in blocco con altri documenti, e con tutta labiblioteca, dai francesi di Carlo VIII, e portate a Parigi213 •

Questa è almeno la prima ipotesi dello scopritore dellemappe, l'abate Galiani214

E' un'ipotesi attendibile: a quanto sembra, CarloVIII non si sarebbe interessato a caso delle mappearagonesi. Egli già dal 1491 aveva avviato un progettodi rilievo catastale completo per quattro regioni dellaFrancia. Inoltre, prima di scendere in Italia, aveva fattodisegnare le alpi ed i passaggi che le attraversano dalcartografo Jacques Signot, che lo seguì poi anche nelRegno di Napoli215

Successivamente, l'abate Galiani, anche sullabase di nuovi ritrovamenti di carte con nome diFerdinando il Cattolico (re di Napoli come FerdinandoIII dal 1503 al 1516)216, ipotizza che esse siano stateportate a Parigi al tempo di Francesco I (re di Franciadal 1515 al 1547)217, in un'occasione imprecisata.Lasciamo tuttavia ad altri uno studio dettagliato sulpercorso delle mappe, per quanto possa esserericostruito. Appare comunque certo che, a partire dallecarte aragonesi pontaniane (vedi la carta dei confini),siano state fatte copie cinquecentesche, con aggiunte omodifiche; queste copie, in qualche modo, comevedremo, influenzarono la cartografia successiva, efurono infine rinvenute dal Galiani. Le carte presentanouna complessa stratificazione, aspetti compositi,elementi antichi e nuovi, ed appare possibile che vi sianoaggiunte fino a metà Cinquecento (come il nuovoprogetto delle torri costiere).

Le mappe aragonesi, pur restando segrete,dovettero essere note, nel Regno di Napoli, a personeche forse avevano collaborato alla loro realizzazione, oalla revisione, come il cartografo Bernardo Silvano daEboli. E probabilmente, proprio grazie a questaconoscenza, sono decisamente moderne le tavole dellaGeografia di Tolomeo stampata a Venezia nel 1511 ecurata da Bernardo Silvano. Queste tavole presentanouna notevole correzione dei tratti costieri, rispetto allealtre carte tolemaiche, e una maggior precisione nellacollocazione dei toponimi. Silvano non fu seguito da

213 A Parigi, per esempio, è stato ritrovato anche il diariomanoscritto autografo di JOAMPIERO LEosTELLo, Effemerididelle cose fatte per il Duca di Calabria, che riporta giornoper giorno dal 1484 al 1491 le azioni e gli spostamenti diAlfonso duca di Calabria, su incarico personale dello stessoduca, poi re. L'opera è trascritta in G FILANGIERI (a cura di),Documenti per la storia... , cit.

214 B. TANUCC1, Lettere a Ferdinando Galiani, cit., p. 60(6 aprile 1767).

215 Vd. R. J. P. KAIN, E. BAIGENT, The Cadastral Map inthe sen'ice of the State: a History of Property Mapping,University Of Chicago, 1992, p. 212; D. BUISSERET (ed.),Monarch, Ministers and Maps... , cit., p. 101; C. F. CAPELLO,La descrizione degli itinerari alpini di Jacques Signot,"Rivista Geografica Italiana", 57, 1950, pp. 223-242. CarloVIII potrebbe aver ottenuto le carte del Regno di Napoli primaancora di partire: secondo F. LORETO (Per la storia militaredel mondo antico. Prospettive retrospettive, Jovene, Napoli,2006, p. 108) vi sono indizi che fanno ritenere che CarloVIII avesse ottenuto dai baroni napoletani ribelli cartegeografiche del loro Regno, in modo da poter pianificare,per la prima volta, una spedizione su basi cartografiche.

216 B. T ANUCCl, Lettere a Ferdinando Galiani, cit., p. 88(8 giugno 1767).

217 B. TANUCCI, Lettere a Ferdinando Galiani, cit., pp. 231­232 (11 luglio 1768).

Fig. 2.41 - BERNARDO SILVANO da Eboli, Geografia diTolomeo, ms., parto dell'Italia meridionale, BNF, cod. ParisinusLatinus 10764 (da G. AUJAC, La Géographie de Ptolémée... ,cit.).

altri nel suo disegno cartografico, che resta un unicum,anche per il colore rosso di regioni, contrade e cittàprincipali2l8

.

Bernardo Silvano non era al suo primo lavoro:egli aveva già curato e composto nella sua "officina",nel 1490, un manoscritt0219 della Geografia di Tolomeo,accompagnato da carte e miniature22o. Ma le carte del1490 sono le tolemaiche tradizionali, con le notedeformazioni: Bernardo Silvano ancora non aveva presovisione delle carte del Pontano. Come la successivaopera a stampa, anche il manoscritto è dedicato adAndrea MatteoAcquaviva, duca di Atri, signore di Eboli,importante feudatario del Regno, mecenate delle arti edelle scienze (lo stesso a cui Pontano dedica il trattatoDe magnanimitate e il primo libro del suo trattato diastrologia e astronomia De rebus coelestibus).

Probabilmente grazie all'abilità con cui illustròle carte manoscritte del 1490, Bernardo Silvano fuchiamato a partecipare alla realizzazione delle mappearagonesi. Le sue carte tolemaiche sono a colori,finemente illustrate; nelle miniature con l'allegoriadell'Europa, dell'Asia e dell'Africa, si vedono deipaesaggi con città murate, case con i tetti rossi, rovine,boschetti, fiumi con filari di alberi lungo le rive.Certamente il confronto è tra prodotti diversi, ma alcunielementi sono simili, si ripetono (anche particolari comei ciuffetti d'erba), e ciò potrebbe costituire un indiziosul probabile utilizzo di miniaturisti nella realizzazionedelle mappe, e sul coinvolgimento dell"'officina" di

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Fig. 2.42 - BERNARDO SILVANO da Eboli, parto dell'Italiameridionale, tavola n. 7 della Geografia di Tolomeo, Venezia,1511 (da L. LAGO, Imago Mundi et Italiae, cit.).

Bernardo Silvano. Gli indizi sul suo laboratoriocartografico sono stati minimizzati22l , ma le somiglianzefra il lavoro del 1490 e le mappe aragonesi possono farpensare davvero ad un'officina di cartografia e disegnominiaturistico.

Se è così, se Bernardo Silvano conobbe le nostremappe dopo il 1490, in quanto il suo primo Tolomeopresenta ancora carte non dissimili dalle tradizionali,allora è pienamente spiegabile il suo desiderio dicorreggere Tolomeo nelle carte stampate del 1511, nondando torto all'antico geografo, ma sostenendo che lesue coordinate erano state trascritte male dai copisti; èspiegabile anche il fatto che, nel complesso, i suoidisegni tolemaici siano risultati migliori, perchétenevano conto della cartografia nautica, e che migliore

218 Vd. G. GUGLlELMI-ZAZO, Bernardo Silvano e la suaedizione della Geografia di Tolomeo, "Rivista GeograficaItaliana", XXXII, 1925, pp. 37-56; 207-216; XXXIII, 1926.pp. 25-52. Poco si sa su questo personaggio. Silvano stessoaccenna, nell' opera de11511, a sue navigazioni di studio lungole coste della Sicilia. ed al suo lavoro con il matematicoGiovanni Cotta; alla fine delle sue tavole ms. del 1490 vi è lascritta "ex officina Bernardi Ebolite", che è stata intesa comeriferimento ad una specie di laboratorio cartografico.

219 BNF, Parisinus Latinus 10764.220 Vd. G. AUJAC, La Géographie de Ptolémée, Anthèse,

Paris, 1998; G. AUJAC, Les allégories des continents dans unmanuscrit napolitain de la Géographie de Ptolémée."GeographiaAntiqua", VIII-IX, 1999-2000, pp. 3-14, con lariproduzione a colori di tre miniature.

221 Vd. G GUGUELMI-ZAZO, Bernardo Silvano... , cit., 1925,pp. 44-47; cfr. A. BLESSICH, La geografia..., cit., pp. 41-47.

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Fig. 2.43 - Parto del territorio di Nola (da AMBROGIO LEONE, De Nola opusculum, Venezia, 1514).

in assoluto sia risultato il suo disegno dell'Italiameridionale, perché teneva conto, come sembra, dellemappe aragonesi, anticipando di un secolo leinnovazioni della cartografia maginiana.

Negli stessi anni, anche un'altra carta sembraispirarsi alla tradizione aragonese: si tratta della cartadi Nola e dintorni che compare nel volume di AmbrogioLeone su Nola, stampato a Venezia nel 1514. La cartarappresenta in prospettiva, con vista dal mare, ilterritorio fra la Penisola Sorrentina e Napoli, mettendoinsieme nuovo ed antico, geografia ed erudizione. Diquesta carta, che è la prima a stampa della regionenapoletana, attribuita allo stesso Leone, medico edumanista, con la collaborazione di Girolamo Moceto (oMocetto), da Murano (maestro nella tecnica dellavetrata, ma anche pittore, incisore e cartografo), si èdetto che è fantasiosa, che i particolari sono tracciaticon mano infantile, che non ha basi scientifiche, che èstata realizzata a tavolino. Eppure, essa ha interessatoanche archeologi come Amedeo Maiuri, per la correttalocalizzazione, fra l'altro, delle antiche città di Pompeied Ercolano222

• Alla luce del nostro studio, possiamoipotizzare che gli autori della carta del territorio di Nolanon siano partiti dal nulla, ma si siano ispirati allatradizione cartografica aragonese, realizzando, sia purecon imperizia (certamente a tavolino!), una copiafunzionale ai loro scopi illustrati vi, di piccoledimensioni e con gli elementi essenziali. Gli indizi ditale lavoro di copia possono essere vistinell' orientamento (è lo stesso della nostra carta

aragonese con la Penisola Sorrentina), nell'attenzioneerudita ai toponimi risalenti all'antichità romana, neldisegno delle montagne, e specialmente del Vesuvio,che è simile a quello rappresentato nella "Carta dellaSicilia Prima", realizzata da Galiani e Rizzi Zannoninel 1769 ricopiando la base fisica delle carte aragonesi.

Prima della scoperta del Galiani, le nostre mappearagonesi erano forse note, in parte, a Giovanni AntonioMagini, che dovette utilizzarle per le sue carte d'Italiadei primi anni del XVII secol0223

• Il Magini, nellaprefazione alla sua raccolta224, afferma di essersi giovato,nella preparazione delle singole carte, di tutti i disegniche ha potuto reperire, chiedendoli (e facendolichiedere) a principi, regnanti, ingegneri. Per quantoriguarda il Regno di Napoli, esso si compone di novecarte delle province, più una generale, ma all'inizio ilcartografo aveva pensato addirittura a 25 tavole

222 Sull'opera di AMBROGIO LEONE (De Nola opusculum,Venezia, 1514), vd. R. ALMAGIÀ, Studi storici di cartografianapoletana, cit.; A. MAIURI, Sul "De Nola" di AmbrogioLeone, in AA. Vv., Studi in onore di Riccardo Filangieri,Arte Tipografica, Napoli, 1959, pp. 261-271; P. MANZI, Alcunidocumenti di cartografia nolana, ovvero Ambrogio Leone eGerolamo Moceto, "L'Universo", 53, 1973, pp. 811-818.

223 Lo ipotizza lo stesso Galiani: vd. B. TANUCCI, Lettere aFerdinando Galiani, cit., p. 60. Vd. anche M. IULIANO,Cartapecore geografiche... , cit.

224 G. A. MAGINI, Italia, Bologna, 1620.

particolareggiate, e questo potrebbe essere un altroindizio della conoscenza delle mappe aragonesi. Dalpunto di vista del disegno, il Magini perfezionò glielementi astronomici ed i contorni generali specialmentenelle carte del Napoletano, con procedimenti chesfuggono agli studiosi225

; anche questo indizio sembrarivelare la conoscenza delle mappe. Questa conoscenzadiventa evidente nei particolari; così la carta delPrincipato Citra olim Picentia, del 1606, presenta alcunielementi (toponimi, disegno dei fiumi e dei ponti, edaltro) chiaramente ripresi dalle mappe aragonesi, perquanto quella del Magini sia in scala minore,rinunciando ai dettagli. Solo qualche esempio, relativoa toponimi di centri minori, ripresi dal Magini: LaPullieta (tra il Sele e il Trencia), Mag. La Puglieta;Palmi, presso Albanella, Mag. Palmi; Campo di Amorepresso Sicignano, Mag. Campo di Amore; Casale dellaStella, sotto la Montagna della Stella, Mag. La Stella;Metandoro(?), toponimo poco chiaro presso Capograssi,Mag. Metacora; Frecallio tra Pisciotta e Caprioli, Mag.Acqua della Frecaglio; Casale di Amalfi dir(uto) sottola Montagna della Bulgaria, Mag. Amalfi Vecchio; Rupodella Heb*, poco leggibile, presso la Montagna di Nobi,Mag. Pietra dell'Herba; Cisterna delli Heremiti pressoSanza, Mag. Pouzo di Monaci. La confusionetopografica delle carte aragonesi tra i siti di Capaccio(considerato ancora centro abitato) e Capaccio Novo,persiste nel Magini, con Capaccio Vecchio e CapaccioNuovo. Parimente, osservando i ponti, il Magini riprendedalle aragonesi, anche nel simbolo grafico, il ponte sulPicentino presso Cagnano, quello sul Tusciano pressoBattipaglia, quello sull'alto Sele presso Calabritto,quello sul Tanagro presso Auletta spostandolo versoBuccino, quello alla confluenza tra Sele e Calorespostandolo verso la foce. Altri elementi, come il corsodei fiumi, l'aspetto della foce, i laghi costieri, i nomidelle torri, il Magini li riprende dalla carta del PrincipatoCitra dell' atlante di Mario Cartaro e Cola AntonioStigliola (rilevamento 1583-1595)226.

Ci sono fondati sospetti che Giuseppe Antonini,barone di San Biase, ed autore dell'opera La Lucania,pubblicata in un volume nel 1745 e in due volumi nel1795 (dagli eredi)227, abbia avuto modo di vedere lemappe, o parte delle mappe, prima del Galiani,facendone largo uso nella sua opera, ma nascondendotale fonte. Quasi costantemente, nella sua descrizione,sembra avere davanti agli occhi e seguire passo passola nostra mappa, con i nomi dei fiumi, degli affluenti,dei monti, dei paesi, dei santuari, delle isole, esegnalando i ponti lungo le strade. Molte sue ipotesisul sito di paesi antichi scomparsi trovano riscontro sullamappa, come ad es. Vibo ad Siccam presso Sapri, ePetilia sul Monte della Stella (peraltro riportata nellamappa solo come Mercato di Petillia). Inoltre, nella suadescrizione di Paestum, l'Antonini afferma che la cintamuraria della città è "quasi ovale". Ovviamente la cinta

non ha questa forma, né esistono disegni di Paestumcon la cinta ovale, tranne quello della mappa aragonese.L'Antonini doveva passarvi spesso, per raggiungere daNapoli il suo feudo a San Biase presso Vallo, ma forsenon si prese mai la briga di controllare tutta la cintamuraria, credendo ciecamente alla mappa: dovevariporvi una fiducia assoluta, per tutto ciò che dovevaavervi trovato di corrispondente alla realtà di altri luoghia lui noti. L'Antonini è poi l'unico a segnalarel'acquedotto fra S. Costantino e Celle sul monteBulgheria, una struttura riportata sulla mappa asomiglianza degli acquedotti di Paestum, con lo stessodisegno228

Come poté l' Antonini entrare in possesso di talimappe? Probabilmente grazie al fratello maggiore,Annibale Antonini, abate a Parigi, uomo di vasta cultura,erudito, ed autore di varie opere, fra le quali,significativamente, una guida di Parigi per i viaggiatoristranieri, giunta nel 1734 alla seconda edizione229 •

L'opera descrive in gran parte musei, archivi,biblioteche, pinacoteche; l'abate Antonini se ne mostraesperto conoscitore, giungendo a indicare anche i nomidelle persone preposte ai vari uffici e alle quali rivolgersiper consultare volumi e documenti. Probabilmentel'abate si era imbattuto, durante le sue ricerche, nellemappe aragonesi, e riconoscendo le località del Regnodi Napoli, doveva essersi procurato facilmente qualchecopia, poi inviata al fratello. Le mappe, fino al 1738,secondo il Galiani230

, erano state nell' archivio dellaCorona a Parigi; poi, sfuggite ad un incendio, erano stateportate a Versailles (Dépot de la Marine).

A questo punto, possiamo facilmente immaginareche la notizia dell' esistenza di tali carte a Parigi siapassata dai fratelli Annibale e Giuseppe Antonini aifratelli Berardo e Ferdinando Galiani. Una sicuraconnessione ci è raccontata dal Winckelmann: questi,

225 Così R. ALMAGIÀ, Studi storici di cartografianapoletana, cit., in part., sul Magini, pp. lO1-111; vd. ancheR. ALMAGIÀ, L'Italia di Giovanni Magini e la cartografiadell'Italia nei secoli XVI e XVII, Perrella, Napoli-Città diCastello-Firenze, 1922.

226 Vd., per l'atlante di Cartaro e Stigliola, R. ALMAGIÀ,Studi storici di cartografia napoletana, cit.; V. V ALERIO,Società uomini e istituzioni... , cito

227 G. ANTONINI, La Lucania. Discorsi, Napoli, 1745; 2aed., 2 volI., Napoli, 1795.

228 L'Antonini è ripreso più volte dalle critiche di PasqualeMagnoni, proprio sugli elementi desunti dalle carte aragonesi(come ad es. Petilia, o Vibo ad Siccam, o il monastero di S.Benedetto presso Lauriana), ma non riscontrabili in altridocumenti: vd. P. MAGNONI, Opuscoli, 2a ed., Napoli, 1804.

229 A. ANTONINI, Memorial de Paris et de ses environs al'usage des voyageurs, Nouvelle édition, Paris, 1734.

230 B. TANUCCI, Lettere a Ferdinando Galiani, cit., pp. 231­232 (11 luglio 1768).

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Fig. 2.44 - Carte de la ville et des environs de Poestum,parto (da G. P. M. DUMONT, Les ruines de Paestum, 1769, cit.).

Fig. 2.45 - Ritratto di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni(incisione da Galleria dei letterati ed artisti delle provinceveneziane nel secolo XVIII, Venezia, 1844).

nella sua Prefazione (1760) alle Osservazioni sopral'Architettura degli Antichi, parlando del suo viaggio aPaestum, racconta che l'architetto Berardo Galiani (poitraduttore dell'opera di Vitruvio) era intervenuto sultesto manoscritto del barone Antonini per correggernegli errori più evidenti, riguardanti proprio la descrizionedi Paestum; era stato lasciato tuttavia un grosso abbaglio,la definizione della cinta muraria come "quasi ovale",che sorprende molto il Winckelmann231

• L'Antoninipubblica il suo lavoro nel 1745, e diventa presto noto atutti i viaggiatori del grand tOUT; molte sue descrizioniperò non reggono alla prova dei fatti, come quella dellamuraglia ovale. E' probabile che, anziano e pressatodalle domande dell'amico Berardo, infine GiuseppeAntonini si sia deciso a rivelare l'esistenza delle carteparigine, notizia girata da Berardo al fratelloFerdinando, ambasciatore a Parigi, che, avendo in mentela realizzazione di una carta moderna del Regno, dovettemettersi subito alla ricerca delle antiche mappe. Siamonel campo delle ipotesi, ma appare plausibile che siaandata così.

Dopo aver scoperto le mappe aragonesi, il Galianie il Rizzi Zannoni dovettero dame notizia anche ad amicied uomini di cultura francesi, interessati a particolarisiti del Grand Tour, come Paestum. Infatti il disegno di

Paestum della mappa, con il suo territorio, è riportato,più o meno simile, nel volume di Gabriel Pierre MartinDumont, stampato a Parigi nel 1769, e noto agli studiosidi antichità pestane232 • Il Dumont riporta la città(disegnandola, diversamente dalla mappa, con unaforma rettangolare, seguendo quasi alla lettera ilWinckelmann, per il quale era "quadrata", e conall'interno i templi), le "Rovine d'Aquedotti", e una partedella piana pestana. E' presente il Lago Grande oltre ilSele, con la forma estesa antica, ci sono le torri costiere,ci sono gli alberelli accanto al fiume Solofrone, c'è laconfusione tra Capaccio vecchio e nuovo, ed altro. Maci sono anche elementi diversi quali le strade, la"Scaffa", i campi coltivati fin sotto le mura, il palazzoreale di Persano con il suo bosco. Le illustrazioni checorredano il volume del Dumont sono, con variazioniminime, quelle fatte dal conte Felice Gazola prima del

231 J. 1. WINCKELMANN, Osservazioni sopra l'Architetturadegli Antichi, in ID., Opere, a cura di C. FEA, 1832, pp. 18­19; vd. 1. RASPI SERRA (a cura di), Paestum idea e immagine.Antologia di testi critici e di immagini di Paestum (1750­1836), Panini, Modena, 1990, pp. 31-34.

232 G. P. M. DUMONT, Les ruines de Paestum, autrementPosidonia, ville de l'ancienlle Grande Grece, au Royaumede Naples, London - Pans, 1769. L'opera è dichiarata come

Figg. 2.46/2.48 - G. A. RIZZI ZANNONI, Carta Geografica della Sicilia Prima, Parigi, 1771: parto con i miliari romani sulla viaAppia; il "Tratturo delle pecore" in Puglia; il territorio dell'antica Sibari (BNF, Cartes et Plans, GE A 864 RES).

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Fig. 2.49 - Parto della costa cilentana (da G. A. R,ZZI ZANNONI, Atlante Marittimo delle due Sicilie, 1792).

1750 e a lui sottratte233 ; anche la carta del territoriopestano sembra frutto di un rifacimento, e presenta siaelementi delle aragonesi, sia altri, relativi al lavoropreparatorio di Rizzi Zannoni per la carta del Regno diNapoli, o tratti dalle relazioni dei primi viaggiatori.

Circa un anno dopo aver scoperto le prime mappe,l'abate Galiani si convinse che la loro base cartograficaera fedelissima, di grande esattezza, per cui, insieme alcartografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, le utilizzòcome base per preparare il disegno della prima cartamoderna del Regno di Napoli234

• Si tratta della cosiddetta"Carta Geografica della Sicilia Prima o sia Regno diNapoli", pubblicata in quattro fogli a Parigi nel 1769 (ein foglio unico nel 1771), ricchissima di elementiinteressanti per lo studio del territorio nell' antichità(come i trattmi della transumanza, o i miliari romanilungo la strada da Roma a Napoli)235. La carta fu prestodimenticata, superata dalla successiva fatica del RizziZannoni, anche questa fortemente voluta dal Galiani:l'Atlante Geografico del Regno di Napoli, in 31 foglidi grandi dimensioni, rilevati geometricamente, al qualesi accompagnò anche un Atlante Marittimo236

• Ma ilvalore della "Sicilia Prima" resta insostituibile per glistorici ed i ricercatori, in quanto la sua struttura fisica

(coste, fiumi, montagne) è costituita dalle mappearagonesi. E se ciò è vero per quelle pervenute fino anoi, allo stesso modo possiamo ritenere che la "SiciliaPrima" ci conservi la struttura delle carte perdute. Infine,se la nostra ipotesi coglie nel segno, anche nella "SiciliaPrima", come nelle carte aragonesi, possiamo rinvenire,in parte, elementi ereditati dall'antica cartografiaromana.

traduzione francese di una anonima descrizione inglese diPaestum del 1767 (poi attribuita a J. Berkenhout): vd. J. RASPISERRA (a cura di), Paestum idea e immagine... , cit., pp. 80­82, con la riproduzione della mappa.

233 Vd. S. LANG, The Early Publications ofthe Temples atPaestum, "Joumal of the Warburg and Courtland Institut",13, 1950, pp. 48-64; D. MUSTILLI, Prime memorie delle rovinedi Paestum, in AA.VV., Studi in onore di Riccardo Filangieri,III, Arte Tipografica, Napoli, 1969, pp. 105-121.

234 B. TANUCCI, Lettere a Ferdinando Galiani, cit., pp. 231­232 (11 luglio 1768).

235 Vd. V. VALERIO, Società uomini e istituzioni... , cit., pp.73-98.

236 Vd. G. A. RIZZI ZANNONI, Atlante Geografico del Regnodi Napoli, a cura di 1. PRINCIPE, Rubbettino, Soveria Mannelli,1993.

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ApPENDICE

A cura diFernando La Greca

Le carte che illustrano il Principato Citra sonotre; la prima con la Penisola Sorrentina (in sigla, TI, di101,8 x 50,5 cm, scala 1:50.000 ca)!, la seconda con ilPicentino e la Piana del Sele da Salerno al fiumeSolofrone (T2, di 56 x 128 cm, scala 1:75.000 ca)2, e laterza con il Cilento dal fiume Solofrone a Maratea (T3,di 83,4 x 118 cm, scala 1:75.000 ca)3. Essecomprendono anche località confinanti, del Napoletano,dell' Avellinese, della Lucania interna e della Calabria.

Avendo tali carte notevoli dimensioni, perconsentire agli studiosi la lettura dei toponimi el'osservazione dei dettagli topografici, sono state quidivise in tavole, da T1.1 a T 1.3 la prima, da T2.1 a T2.8la seconda, e da T3.l a T3.4 la terza. Inoltre, sono statedotate di una rete di coordinate, identificate da unalettera maiuscola per le colonne (A, B, C. .. ), e da unalettera minuscola per le righe (a, b, c ... ).

Qui di seguito è possibile consultare l'elencoalfabetico completo dei toponimi, e gli elenchi parzialiper ciascuna tavola, e per ciascuna categoria.Nell' elenco dei nomi, ad ogni nome seguono, separatida slash, la categoria, l'eventuale numero di "casette"per gli insediamenti, la tavola di cui fa parte e lecoordinate relative. Il punto interrogativo indica unalettura dubbia; l'asterisco indica lettere mancanti oillegibili. Certi di far cosa gradita agli studiosi delterritorio nelle diverse discipline, chiediamo fin d'oravenia per eventuali omissioni o errori.

Per un utile confronto, sono state aggiunte tavolecon particolari del Principato Citra dal Magini (1620,nella versione di D. De Rossi, 1714), e dal Rizzi Zannoni(Carta della Sicilia Prima, 1771).

Categorie nelle carte geografiche aragonesi

A = casali, villaggi (una o più casette)ACQ = acquedotti, lunghe muraB = boschi, selve, foresteC = paesi con un solo campanile (o chiesetta), e casetteCC =paesi con due o più campanili (o chiesette), e casetteF = fiumi, fiumare, rivi, torrenti, fonti, sorgentiIS = isole, scogliL = laghiM = mercati (parallelepipedo)MI =miniereMT = monti, montagne, timponiN = aree, zonep =ponti (due rette parallele perpendicolari ai fiumi)PR =promontoriPT = portiR =città fortificate, con cinta di mura e/o castello, e casetteRV = rovine, ruderi, antichitàSN =santuari, luoghi di culto (chiesette, all'interno di C, CC,

R)T = torri costiere

I Bibliothèque Nationale de France (BNF), Cartes etP/ans, GE AA 1305 (5).

2 BNF, Cal1es et P/ans, GE AA 1305 (7).3 BNF, Cartes et P/ans, GE AA 1305 (6). La carta è

identica a quella esistente nell' Archivio di Stato di Napoli(ASN). Raccolta Piante e Disegni, cart. XXXII, n. 2.