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Eva M. Franchi

I TIPI PSICOLOGICI: ISTRUZIONI PER L’USO

L’arte di capire gli altri e sviluppare le tue potenzialità per migliorare la tua vita

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Stampato presso Universal Book - 2016

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5I tipi psicologici: istruzioni per l’uso

Sommario

Introduzione

Cap. 1 - Da Carl Gustav Jung a Isabel Mayers e Katharine Cook Briggs: come è nato il sistema di lettura della personalità più utilizzato negli USA

Cap. 2 - Le quattro dimensioni bipolari: le domande chiave per individuare il tuo tipo e quello degli altri

Cap 3 - La gerarchia delle funzioni: come stabilire quali sono le funzioni predominanti di un tipo

Cap. 4 - Sinergie tra dimensioni: come e perché il sistema Myers-Briggs funziona

Cap. 5 - I sedici profili di personalità

Cap. 6 - L’ombra: come riconoscere il lato oscuro dei tipi psicologici e rafforzare le tue potenzialità

Cap. 7 - Strategie di comunicazione: l’utilizzo dei tipi psicologici per comprendere meglio gli altri, farsi capire e ottenere successo al lavoro e nelle relazioni

Conclusioni

Bibliografia

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6 I tipi psicologici: istruzioni per l’uso

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7I tipi psicologici: istruzioni per l’uso

INTRODUZIONE

Tutto sarebbe più semplice se nascessimo con le istruzioni per l’u-so e la data di scadenza, sostiene un celebre aforisma di Alessan-dro Morandotti. Personalmente non sono del tutto d’accordo con la seconda parte di questo detto, concordo invece sull’utilità di conoscere le nostre istruzioni per l’uso e non solo, anche le istruzioni per l’uso degli altri. Ti è mai capitato di non esserti sentito compreso o di avere fatto un’enorme fatica nel cercare di comprendere persone il cui stile di vita consideri anni luce lontano dal tuo? Probabilmente sì, dubito che esista essere umano sulla terra che non si sia mai trovato in questa situazione. Il problema è che spesso giustifichiamo queste incomprensioni attribuendole o alla nostra inadeguatezza o all’i-nadeguatezza dell’altro. In molti casi, invece, il motivo dei nostri fraintendimenti è molto più semplice: non riusciamo a comunica-re perché utilizziamo linguaggi diversi.

È un po’ come con i computer. Ci sono computer che funzionano con il sistema operativo MC OS X, altri con Windows, altri con Linus ecc. Non è che un sistema operativo sia migliore di un altro. C’è chi preferisce Windows, chi si trova meglio con MC OSX, chi preferisce utilizzare Windows per divertirsi e MC OSX per uso esclusivamente professionale. Attenzione, sto utilizzando la meta-fora del computer per aiutarti a comprendere meglio a livello intui-tivo questo concetto, ma non interpretarmi troppo alla lettera, non dimenticare mai che l’uomo, ovviamente, è una creatura molto più complessa di un computer, i sistemi operativi del resto li ha inventa-ti proprio lui. Utilizzo questa metafora solo per cercare di trasmet-terti il primo di una serie di principi che ti rivelerò in questo libro:

Principio n. 1: Buona parte delle nostre incomprensioni e dei nostri conflitti si potrebbero evitare se fossimo in grado di di-stinguere qual è (metaforicamente parlando) il sistema opera-tivo che tendiamo ad utilizzare noi e qual è il sistema operativo che tendono ad utilizzare gli altri.

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Nel settore lavorativo, per esempio, conoscere la tipologia dei pro-pri colleghi, superiori e subalterni, clienti acquisiti e clienti po-tenziali, può marcare la differenza tra un successo e una sconfitta, tra un bilancio in attivo ed uno in passivo e non solo in termini strettamente monetari ma anche di tempo, energia e dispendio emozionale.

I rapporti con i colleghi di lavoro, amici, compagni di scuola, fa-miliari, figli e partner potrebbero diventare più ricchi e soddisfa-centi se imparassimo a comprendere che non tutti funzioniamo allo stesso modo. Proprio come esistono differenti linguaggi nei sistemi operativi esistono tipologie umane con linguaggi diversi. Ogni sistema operativo ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza. Per poterlo utilizzare bene però bisogna sapere come funziona!

Ho scritto questo libro con l’augurio che possa rivelarsi un pre-zioso manuale di istruzioni per aiutarti a comprendere meglio te stesso, a comprendere meglio le persone con cui ti relazioni e a migliorare la qualità della tua vita.

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Cap. 1Da Carl Gustav Jung a Isabel Mayers e

Katharine Cook Briggs: come è nato il sistema di lettura della personalità più utilizzato negli USA

Il bisogno di classificare le tipologie umane probabilmente è an-tico quanto l’homo sapiens stesso. Ippocrate, con le sue quattro tipologie bilioso, linfatico, sanguigno, nervoso, è stato uno dei grandi precursori della scienza dei tipi psicologici in occidente, ma pensa anche ai segni zodiacali: non è forse il più classico e diffuso tentativo di cercare di predire il carattere delle persone facendo riferimento al periodo in cui sono nate? L’interesse nel cercare di dare un ordine alle diverse sfaccettature con cui pos-sono manifestarsi i caratteri umani era vivo molto prima della nascita ufficiale della psicologia. Già altri medici, fisiologi e fi-losofi avevano dato un forte contributo a questa scienza. Tuttavia è a partire dagli inizi del 1900 che negli USA qualcosa a livello globale comincia a cambiare. L’interesse per la psicologia che, so-prattutto in Europa, è appannaggio di un élite intellettuale, si diffonde ai vertici del potere e tra i grandi magnati industriali e poco a poco comincia a divulgarsi tra la gente comune. Perché? Perché gli americani hanno una mentalità molto pragmatica, se qualcosa la ritengono utile la usano. Nella psicologia colgono in prima istanza gli aspetti pratici che possono utilizzare per mi-gliorare loro stessi, la loro comunità e portare avanti con successo i loro progetti. Un imprenditore che riesce a mettere le persone giuste nel posto giusto migliorerà i suoi profitti e la qualità del-la sua azienda. Un venditore che sa come comunicare con i suoi clienti decuplicherà la quantità delle sue vendite. Ma è soprat-tutto durante la prima guerra mondiale che negli Stati Uniti lo studio della psicologia riceve una fortissima impennata grazie ai fondi stanziati dagli enti governativi che sono pronti ad investire su qualsiasi mezzo, non solo tecnologico, possa permettere loro di vincere la guerra. A tal fine finanziano la messa a punto di due varianti di test psicologici attitudinali studiati specificatamente

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per il reclutamento dei soldati alfabetizzati e di quelli analfabeti. In questo stesso periodo Katherine Cook, insegnante e appassio-nata allo studio della personalità, basandosi sulle osservazioni fat-te sui suoi studenti comincia a sviluppare una classificazione per-sonale dei tipi psicologici. La figlia Isabel eredita la stessa passione dalla madre e grazie alla sua intelligenza e spiccata sensibilità, contribuisce significativamente a migliorare ed integrare il lavoro di questa. Isabel è una scrittrice e inizialmente lo studio delle ti-pologie umane è mosso in lei più dall’esigenza di caratterizzare in maniera verosimile i personaggi delle sue opere che da fini pratici. Nel 1921 esce il libro I tipi di Carl Gustav Jung. Madre e figlia ne rimangono folgorate trovando nel saggio di Jung un ulteriore conferma e arricchimento agli studi che stavano già svolgendo per conto loro. Durante la seconda guerra mondiale negli USA la maggior parte degli uomini sono impegnati al fronte e le donne devono sostituirli sul lavoro. Si tratta di una situazione d’emer-genza e la maggior parte di queste devono improvvisarsi a svol-gere mansioni di cui non hanno alcuna esperienza e per cui non sono state adeguatamente formate. Isabel e Mary ritengono che un test attitudinale fondato sulle teorie di Jung potrebbe risolvere il problema indicando, in base alle caratteristiche delle donne, il tipo di compito più adatto a ciascuna di loro. Si mettono così alla ricerca di un test indicatore delle personalità junghiane, tuttavia dopo numerosi tentativi si rendono conto che quel test non esiste; né Jung, né i suoi allievi in Europa, lo hanno mai creato. Deci-dono quindi di crearne uno loro. Nasce così nel 1943 la prima versione del Myers-Briggs Type Indicators® o Indicatore MBTI®.

All’inizio le cose non sono facili per Isabel e Mary. La comunità scientifica le accoglie con scetticismo perché nessuna delle due è laureata in psicologia. Sebbene la figlia Isabel conosca molto bene l’analisi statistica appresa privatamente da Edward N. Hay che al tempo era il manager di una grande banca finanziaria di Phila-delphia, entrambe mancano di un percorso di studi accademico e formale che possa conferire loro credibilità. Per niente scoraggia-te madre e figlia continuano a sviluppare l’MBTI® raccogliendo dati, verificando la validità, l’attendibilità, la ripetibilità e la si-

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gnificatività statistica del loro test. Superate le resistenze iniziali da parte della comunità accademica nell’arco di alcuni decenni l’MBTI diventa uno dei test più noti ed utilizzati negli Stati Uni-ti per la selezione del personale e la verifica delle attitudini degli studenti. Prima degli anni ottanta tuttavia, le tipologie secondo il modello Myers Briggs sono conosciute quasi esclusivamente dagli specialisti del settore, insegnanti, manager, psicologi del lavoro ecc. finché Isabel e suo figlio Peter pubblicano nel 1980 Gifts Dif-ferings (Doni Differenti), il primo libro sui tipi junghiani secondo il modello Myers Briggs rivolto al grande pubblico. A partire da quel momento negli USA la conoscenza dei tipi comincia a dif-fondersi su larga scala e tutt’oggi continuano a tenersi workshop di crescita personale basati sulle tipologie Myers-Briggs.

I tipi secondo Jung e le Myers-Briggs: c’è una differenza?

Sì, c’è una differenza che, per rispetto a un personaggio del ca-libro di Carl Gustav Jung, ritengo importante sottolineare: le Myers-Briggs hanno aggiunto una seconda disposizione oltre a quella descritta da Jung nel suo saggio I tipi. Cosa sono le disposizioni? Sono delle attitudini caratteriali de-terminate da una forte componente genetica che ci permettono di orientarci nel mondo. Jung descrive dettagliatamente una sola disposizione (estroversione-introversione) e due funzioni (pensie-ro-sentimento e sensazione-intuizione).Cosa sono le funzioni? Sono le modalità che ci permettono di conoscere, interagire ed adattarci alla realtà che ci circonda. Sia le disposizioni che le funzioni sono formate da due coppie di opposti. È un po’ lo stesso concetto del polo positivo e negativo di una batteria. Secondo Jung abbiamo una funzione razionale che è formata dai poli: pensiero e sentimento, una funzione giudicante formata dai poli: intuizione e sensazione. Inoltre abbiamo un atti-tudine che ci permette di ricaricarci energeticamente formata dai due poli: estroversione-introversione. Le Myers-Briggs, oltre alla

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prima attitudine estroversione-introversione introdotta da Jung, ne hanno aggiunta una seconda, l’attitudine che ci permette di organizzare la nostra realtà, formata a sua volta da due opposti: giudizio e percezione (o osservazione).Non ti preoccupare se al momento questi concetti non ti sono ancora chiari, ti sto anticipando dei punti che ritroverai esposti in modo più esaustivo proseguendo con la lettura.

Il sistema Myers-Briggs perché funziona?

Nel raccontarti un po’ di storia di come si è sviluppato lo studio dei tipi junghiani ho utilizzato il termine “estroverso” e “intro-verso”. Il concetto di introversione ed estroversione è un punto cardine importantissimo per individuare i tipi. La disposizione estroversione o introversione è un po’ simile a due tipi di carburante differente che però svolgono la medesima fun-zione: fornirci energia. Alcune persone, quelle estroverse, traggo-no l’energia da quello che succede fuori di loro, nel mondo ester-no, altre, quelle introverse, da quello che succede dentro di loro, nel loro mondo interno. Nel paragrafo precedente ho anche citato le funzioni. Ricapitoliamo:C’è una funzione attraverso cui giudico la realtà regolata dalla coppia di opposti pensiero – sentimento. Una funzione attraverso cui percepisco la realtà che corrisponde alla coppia di opposti sensazione – intuizione. Una seconda disposizione attraverso la quale organizzo la realtà che corrisponde alla coppia di opposti: giudizio e percezione. Nel capitolo N. 2 per semplificare l’esposizione e non creare con-fusione considererò sia le disposizioni, sia le funzioni come quat-tro “dimensioni”.Noi utilizziamo tutte e otto le varianti delle quattro dimensioni, estroversione-introversione, pensiero-sentimento, sensazione-in-tuizione, giudizio- percezione e tutte sono altrettanto importanti, di solito però abbiamo una preferenza per una delle due modalità opposte della medesima dimensione. Ci sono ad esempio dei mo-menti della vita in cui tendiamo più verso l’estroversione, altri in

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cui tendiamo verso l’introversione, ma solitamente abbiamo una predisposizione per una di queste due. È un po’ lo stesso concetto della mano sinistra e della mano destra. Abbiamo bisogno di tutte e due le mani per muoverci nel mondo in modo efficiente ma soli-tamente con una mano lavoriamo meglio che con l’altra. Il punto di partenza della Myers-Briggs è di stabilire per ogni dimensione quale dei due opposti ti riesce più spontaneo utilizzare. Sei più estroverso o più introverso? Giudichi prevalentemente at-traverso la ragione o il sentimento? Preferisci conoscere la realtà attraverso i sensi o l’intuizione? Preferisci organizzarti attraverso una modalità percettiva che ha bisogno di guardarsi bene intor-no prima di giungere a una conclusione o una giudicante, mossa dall’urgenza di non tergiversare e trarre immediatamente delle conclusioni? La combinazione delle tue preferenze dà origine a 16 profili di base ma il punto di partenza per stabilire come tendi a orientarti nel mondo lo ottieni valutando per ogni dimensione quale delle due modalità ti riesce più facile utilizzare. Ti è mai capitato di leggere dei profili psicologici facendo un test su una rivista o leggendo le caratteristiche del tuo segno zodia-cale? Io qualche volta l’ho fatto e ho sempre provato un senso di frustrazione perché in alcune caratteristiche un po’ mi riconosco ma in altre non mi riconosco affatto. Il sistema Myers-Briggs non pretende di incasellarti in profili psicologici statici e predetermi-nati. Per comprendere meglio questo concetto prova a considerare i 16 profili come il risultato della combinazione di ogni colore corrispondente a ogni opposto. Ricorda però questo principio:

Principio N. 2: I colori principali sono pochi ma le sfumature cui può dar vita la loro mescolanza sono infinite. Per questa ra-gione ogni essere umano è unico e irripetibile.

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Cap. 2Le quattro dimensioni bipolari: le domande

chiave per individuare il tuo tipo e quello degli altri

Una breve premessa sulla terminologia

Questo sistema di lettura di personalità è stato studiato e per-fezionato in America, di conseguenza per indicare le varie tipo-logie si utilizza il corrispondente in lingua inglese della lettera iniziale di ciascuna dimensione. E sta per “estravert” estroverso, I per “introvert” introverso. S sta per “sensory” sensoriale, N per “intuitive” intuitivo (si utilizza la lettera N al posto della I per non confonderla con la I di introverso). T sta per “thinking” pensiero, F per “feeling” sentimento. J sta per “ judger” giudice, P sta per “perceiver” percettivo. Per esempio la sigla ENFJ corrisponde alla tipologia “estroverso, intuitivo, sentimento, giudizio”. È utile che ti abitui a questo linguaggio perché è quello universalmente uti-lizzato per riferirsi alle tipologie MBTI. A proposito MBTI sta per Myers Briggs Type Indicator®. Forse adesso ti senti ancora un po’ confuso, ma non preoccuparti, man mano che andrai avanti nella lettura del libro familiarizzerai con questa terminologia.

“Io non sono cattiva, è che mi disegnano così“Jessica Rabbit

Il proprio tipo non si sceglie

Un assunto fondamentale di questa teoria è che noi non possiamo scegliere se essere più estroversi o introversi, sensoriali o intuitivi, guidati dal sentimento o dalla ragione, organizzati dal giudizio o dalla percezione, allo stesso modo in cui non possiamo scegliere

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se nascere destrimani o mancini. Potrai forse obiettare che esisto-no gli ambidestri, bene, secondo questa teoria no, non ci possono essere persone totalmente ambidestre.

Ci possono essere “quasi” ambidestri, ovvero persone che pur es-sendo prevalentemente destrimani riescono ad usare bene anche la sinistra o viceversa ma ci sarà sempre una preferenza, per quan-to minima, nell’utilizzare una delle due mani. D’altra parte se ci pensi bene neanche in natura esistono corpi perfettamente sim-metrici, anche il volto più regolare ha sempre una leggera asim-metria e questo lo sanno bene gli attori e i modelli che durante le sessioni fotografiche e le riprese pongono sempre davanti alla telecamera il loro profilo migliore.

Per poter sopravvivere abbiamo bisogno di muoverci da un polo all’altro di ogni dimensione e di utilizzare tutte e otto le varia-bili ma non possiamo stare contemporaneamente su entrambi i versanti di ogni polo estroversione-introversione, sensazione-in-tuizione, pensiero-sentimento, giudizio-percezione, esattamente come per poter respirare non possiamo contemporaneamente re-stare nella fase di inspirazione ed espirazione. O siamo sull’estro-versione o sull’introversione o inspiriamo o espiriamo. Abbiamo tuttavia una tendenza a fermarci più a lungo in una fase piuttosto che in un’altra, alcune persone quando chiedi loro di respirare, spontaneamente cominciano ad espirare e poi inspirare, altre il contrario, prima inspirano poi espirano.

Analogamente alcuni tipi sono portati a portarsi prima su uno dei due versanti dei poli opposti di ogni dimensione e a restarci più a lungo, c’è chi andrà prima, ad esempio, sul polo percezio-ne e poi su quello giudizio e chi il contrario, come c’è chi passa più tempo sulla fase di inspirazione o di espirazione; per quanto possiamo sforzarci di fare una respirazione “quadrata” ovvero di inspirare e respirare per lo stesso numero di secondi potremmo riuscirci forse per mezzora in un contesto di pratica meditativa, ma prova a farlo sempre, mentre sei al lavoro, mentre guidi l’au-tomobile, mentre discuti con il fidanzato o la fidanzata!

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Questa illustrazione dovrebbe aiutarti ad afferrare il concetto:

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1 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Estroverso (E)

Sensazione (S)

Pensiero (T)

Giudizio (J)

(I) Introverso

(N) Intuizione

(F) Sentimento

(P) Percezione

Immagina ogni dimensione rappresentata su una linea di un con-tinuum che numeriamo dal’1 al 100 ai cui poli sono situati i due opposti. Il punto di equilibrio perfetto dovrebbe stare al centro e corrispondere a 50, ovvero al perfetto ambidestro, ma ciò nella realtà non avviene, anche la persona più equilibrata tende a spo-starsi più frequentemente su un polo rispetto ad un altro. Tutta-via lungo questa linea io posso avvicinarmi più o meno al centro. Prendiamo ad esempio la dimensione estroversione/introversio-ne. Se il mio grado di estroversione lungo la linea del continuum corrispondesse a 45 sarei molto vicino al punto di equilibrio, sa-rei quindi una persona complessivamente più estroversa, ma non troppo. Se invece il mio grado di estroversione fosse situato su 15 sarei una persona molto estroversa. Allo stesso modo se il mio grado di introversione fosse situato su 55, sarei una persona mo-deratamente introversa, se fosse situato su 85 sarei una persona molto introversa. Lo stesso concetto vale per le altre dimensioni. La cosa interessante è che il livello della predisposizione per uno dei due poli di ogni dimensione è indipendente dalle altre dimen-sioni. Per cui ad esempio due persone possono essere entrambe ISFJ ma una potrebbe avere 55 di introversione, 21,3 di sensoria-le, 70,8 di sentimento, 40,3 di giudizio, mentre l’altra potrebbe avere 60 di introversione, 32 di sensoriale, 65 di sentimento, 33,8 di giudizio. Ricordi il principio N. 2, le sfumature infinite che può avere lo stesso colore? Appartenere alla stessa tipologia non signi-

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fica affatto essere le stesse persone, la nostra individualità è unica. Per questa ragione ti suggerisco, quando cerchi di individuare il tuo tipo e quello degli altri di non fissarti troppo sui 16 profili psicologici che illustrerò nel capitolo 5 ma di cercare di capire per ogni dimensione su quale polo della linea del continuum ti viene più spontaneo spostarti e restare più a lungo. Un altro aspetto interessante di questa teoria è che pur mantenen-do nel tempo il nostro tipo di base ci possiamo spostare sulla linea del continuum allontanandoci ancora di più dal centro o avvici-nandoci ad esso. Questo perché l’essere umano non è statico ma in continuo movimento, del resto senza movimento non esiste-rebbe la vita! In linea generale c’è una tendenza naturale nel corso del nostro percorso evolutivo di vita a spostarci verso il centro per compensare le nostre parti meno sviluppate, per cui ad esem-pio un sensoriale che non ha mai letto libri a parte quelli che era obbligato a studiare a scuola, dopo i trentacinque anni potrebbe sentire smuoversi in lui il desiderio di dare più spazio alla sua componente intuitiva e cominciare ad essere attratto dalla lettura. Tuttavia in caso di eventi traumatici o gravi disagi psicologici può verificarsi l’incontrario, un introverso, ad esempio, che a vent’anni aveva un livello 60 di introversione a metà della sua vita potrebbe ritrovarsi collocato sul 90. Quest’ultimo esempio rappresenta però l’eccezione non la regola, ricorda questo principio:

Principio N.3: La tendenza naturale delle persone, se vivono in un contesto sufficientemente adeguato e non subiscono gravi eventi traumatici è di tendere, a metà della loro vita, verso l’in-tegrazione delle loro parti meno sviluppate. Per questa ragione nell’individuare il tuo tipo e quello degli altri non dimenticare mai di considerare l’età anagrafica.

Nel cercare di stabilire una tipologia, la tua o quella di un altro, chiediti sempre qual è stato il punto di partenza. Questo perché in linea generale è più facile trovare un cinquan-tenne che si avvicina al centro della linea del continuum che un ventenne e ciò potrebbe trarti in inganno nel stabilire il suo tipo. Ad esempio potresti scambiare un P per un J semplicemente per-

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ché la persona pur essendo prevalentemente P nel corso della sua vita ha imparato a sviluppare anche le qualità del J e si è spostata sulla linea del continuum, a vent’anni magari come P poteva esse-re situata sulla posizione 70, adesso che ne ha cinquanta potrebbe essersi spostata sulla posizione 56.Chiediti anche se è una persona che si interessa di crescita per-sonale o non si pone minimamente il problema, perché anche un venticinquenne potrebbe riservarti delle sorprese. Potrebbe essere una persona che si è interessata precocemente di crescita personale o che ha vissuto in un contesto socio culturale favorevole che le ha permesso già da giovanissima di avvicinarsi al centro del conti-nuum. Ovviamente è più facile cadere in inganno nello stabilire la prevalenza di uno o l’altro polo con le persone più vicine al centro che con quelle situate verso l’estremo di uno dei due opposti.Lo stesso vale per l’auto identificazione del tuo tipo. Non so quan-ti anni hai, ma se ne avessi per esempio quaranta, nel capire se ti riconosci nelle caratteristiche che descrivo e nel rispondere alle domande che ti porrò più avanti, chiediti cosa avresti risposto a quindici anni, venti anni o a trenta, non dimenticare mai da dove sei partito.Se stai cercando di individuare la tipologia di bambini o adole-scenti tieni presente che le tipologie cominciano a stabilizzarsi tra i dodici e i tredici anni anche se spesso si riescono a individuare prima. La dimensione più facile da distinguere anche in bambini piccoli è quella di estroversione/introversione, le altre non sempre sono ben definite, in alcuni soggetti sì in altri meno, quindi anche in questo caso attento a non trarre conclusioni affrettate.

Adesso entriamo nel vivo dell’argomento, ti spiegherò nel detta-glio le quattro dimensioni tipo e ti aiuterò a individuare su quale tra i due poli di ogni dimensione tendi a spostarti di più.

Nota bene: Le domande che ti propongo dopo la descrizione di ognuna delle quattro dimensioni hanno lo scopo di aiutarti ad individuare il tuo tipo ma non vanno assolutamente confuse con un test psicologico. Esistono differenti varianti del test MBTI® studiate appositamente in base al settore, personale, lavorativo,

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scolastico, cui si vogliono applicare. Su internet trovi spesso delle versioni semplificate che ti indicherò alla fine del libro. Il mio consiglio in ogni caso se avrai voglia di divertirti a fare questi test è di non farli prima di avere terminato la lettura del libro e di ave-re cercato di capire da solo su quale dei due poli delle dimensioni descritte ti collochi più spesso.

Prima dimensione: e/i (estroverso-introverso)Fuori o dentro?

Nell’immaginario popolare tendiamo ad associare la persona estroversa a qualcuno di allegro, entusiasta, socievole, pieno di energia e l’introversa a una persona ermetica, chiusa in se stes-sa, che sta sempre zitta, piuttosto apatica. Il sistema MBTI sfata questi stereotipi. Innanzitutto, come per tutte le dimensioni, non esiste una polarità migliore di un’altra, entrambe le polarità hanno punti di forza e punti di debolezza. L’estroverso è attratto spon-taneamente dal mondo esterno a lui, per ricaricarsi ha bisogno di uscire, di stare a contatto con gli altri, di attingere dall’esterno stimoli e motivazioni. Un tipico estroverso è quello che quando passeggia per strada saluta un numero impressionante di persone perché conosce quasi tutti. Gli piace tenersi aggiornato su quello che accade nel mondo, sport, politica, spettacolo, costume, so-cietà. Si trova a suo agio durante le feste e non rimane mai senza parole, riesce sempre a dire la sua, qualsiasi sia l’argomento della conversazione. Ha bisogno di focalizzarsi sull’esterno e di cap-tare cosa sta succedendo intorno a lui per sentirsi a suo agio nel mondo. Tende ad avere molteplici interessi e attività ma rischia di non approfondirne nessuno. In un team di lavoro, in famiglia, in compagnia di amici, quando cerca delle soluzioni gli piace pensa-re ad alta voce condividendo con gli altri i suoi processi mentali. Nell’ambiente lavorativo se ha un ufficio personale, ad esempio nel contesto di un’azienda, tende a tenere la porta dell’ufficio aper-ta in modo da potere controllare cosa sta succedendo fuori. Non gli dà eccessivamente fastidio essere contattato al telefono anche quando questo lo distrae dalle sue attività. Quando è a casa sua se

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suonano al citofono e non aspetta nessuno tenderà a pensare “chi sarà?” e sarà propenso a rispondere ed aprire la porta. Cerca fuori di sé le risposte.

L’introverso è maggiormente attratto dal suo mondo interiore che non per questo è meno ricco e stimolante di quello dell’estro-verso. Jung infatti credeva fermamente nell’esistenza di un incon-scio collettivo, una sorta di memoria genetica in cui è contenuta la storia dell’umanità che include passato, presente e futuro. Per ricaricarsi l’introverso ha bisogno di attingere alla sua realtà in-teriore, è qui che trova i suoi maggiori stimoli e motivazioni. Un tipico introverso è quello che quando cammina per strada non ti saluta, e non lo fa per maleducazione ma perché non ti ha pro-prio visto. E questo perché, soprattutto se è un INT, anche se il suo corpo cammina per strada la sua mente, assorta nel suo mondo personale di concetti ed idee, esclude ogni altro stimo-lo percettivo che possa distrarla. In un giorno di sciopero puoi trovarlo tutto solo alla fermata dell’autobus perché non ha letto i giornali e nessuno lo ha informato che gli autobus non passano. Solitamente si trova a disagio in mezzo a troppa gente, alle feste può sembrare timido, tende a stare sempre zitto, ma quando parla potrebbe stupirti per la profondità del suo intervento e la capacità di cogliere nel segno. Non gli piace occuparsi di troppe cose allo stesso tempo, ha bisogno di focalizzarsi su un solo progetto per volta. Solitamente ha meno argomenti di conversazione rispetto all’estroverso ma tende ad approfondire maggiormente i suoi in-teressi. Preferisce avere pochi amici intimi che tante conoscenze superficiali. In un team di lavoro, in famiglia, in compagnia di amici, quando cerca delle soluzioni ha bisogno di elucubrare da solo, nel silenzio della sua mente, prima di condividere con gli altri le sue conclusioni. Nell’ambiente lavorativo, se ha un ufficio personale, ad esempio nel contesto di un’azienda, tende a tenere la porta dell’ufficio chiusa in modo da non essere distratto e non incoraggiare interruzioni indesiderate. Per lo stesso motivo non ama essere contattato troppo spesso al telefono. Quando è a casa sua se suonano al citofono e non aspetta nessuno tenderà a pensare “chi rompe?” e sarà poco propenso a rispondere ed aprire la porta.

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Cerca dentro di sé le risposte.

Attenzione! Non pensare che l’estroverso sia solo centrato su quel-lo che accade fuori e l’introverso solo su quello che accade dentro. Ricordi quello che ti ho spiegato nel paragrafo precedente par-lando della linea del continuum? Se le circostanze lo richiedono l’estroverso che non è situato su un punto troppo estremo della linea del continuum è in grado, come l’introverso, di valutare bene e approfondire i suoi progetti, tuttavia darà il meglio di se stesso portandoli all’esterno, nell’azione. Viceversa l’introverso può ca-varsela benissimo nell’interagire con il mondo esterno ma darà il meglio di se stesso se prima di relazionarsi col mondo di fuori avrà riflettuto a lungo su quale strategia adottare. Alcuni introver-si possono essere confusi con gli estroversi. In questi casi potreb-bero essere introversi situati sulla linea di continuum molto vicino al centro o realizzati professionalmente. Come fare quindi a non confondersi? Per riconoscere un introverso devi sempre chiederti: da dove attinge quello che comunica: da quello che succede fuori di lui o da quello che succede dentro di lui? Molti attori, brillanti comunicatori e scrittori spesso sono introversi ma non lo sembra-no perché il fatto di essere riusciti a condividere nella società quel-lo che scaturisce dalla loro interiorità e di avere ricevuto dei rico-noscimenti può farli apparire estroversi. Un altro elemento chiave per riconoscere un introverso è cercare di capire se è una persona che ha bisogno del suo spazio interiore. Anche l’introverso più socievole, comunicativo e ben disposto verso gli altri avrà bisogno in alcuni momenti della sua giornata di ritirarsi in uno spazio in-teriore tutto per sé, per lui è un elemento vitale. L’introverso non ha problemi a trascorrere intere giornate da solo anche quando è una persona che ama la compagnia perché fondamentalmente sta bene con se stesso, solitamente accusa la solitudine molto meno di un estroverso perché ha sempre il suo mondo interiore a tenergli compagnia. Anche alcuni estroversi possono essere scambiati per introversi. In questi casi potrebbero essere persone poco sicure di sé, situate molto vicine al polo estremo della linea del continuum, o l’incontrario, persone che lavorando su loro stesse si sono avvi-cinate al centro e magari si sono iscritte a un corso di meditazione

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trascendentale! Un buon consiglio introverso: investiga a fondo prima di giungere a conclusioni affrettate. Purtroppo nel linguag-gio popolare talvolta tendiamo a confondere l’introversione con la timidezza e l’estroversione con l’arroganza ma non è affatto così. Ci sono estroversi timidi ed introversi che non si fanno problemi a dirti in faccia quello che pensano, oppure introversi che sem-brano timidi ma in realtà si stanno solo annoiando. Un estrover-so, specialmente se è anche F (Sentimento), proprio perché tende più dell’introverso a cercare l’approvazione del mondo fuori di lui potrebbe non avere il coraggio di dirti apertamente se una cosa gli piace o non gli piace, per paura di offenderti o di ferire i tuoi sentimenti. Un estroverso poco realizzato sul piano professionale e personale potrebbe apparire insicuro, impacciato, inadeguato, magari sta sempre zitto perché ha paura di essere deriso se dice qualcosa di sbagliato e di conseguenza passa per introverso, ma potrebbe non esserlo affatto. Come fai a capirlo? La caratteristica dell’estroverso è di cercare sempre stimoli esterni. Un introverso che si sente rifiutato tenderà a chiudersi ancora di più in se stesso, ma difficilmente lo farà un estroverso. Nonostante possa sentirsi inadeguato un estroverso per ricaricarsi continua ad avere bisogno di uscire di casa e fare qualcosa insieme agli altri, se nessuno lo invita alle feste si auto invita da solo e non si fa problemi a telefo-nare, non aspetta che siano gli altri a chiamarlo.

Le domande chiave

Per capire se in te predomina la dimensione estroversa o quella introversa prova a rispondere a queste domande tenendo sempre ben presente quanto ti ho rivelato nel principio N.3.

• Che cosa ti fa sentire più vitale, uscire, stare in mezzo alla gen-te, mantenerti aggiornato su ogni evento mondano che gravita intorno a te o ritirarti in un luogo tranquillo, isolato, che ti permetta di dare spazio al tuo mondo di idee e di pensieri?

• Tutti abbiamo momenti in cui necessitiamo di restare da soli o di vedere altre persone ma tu avverti più spesso con maggiore

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potenza l’esigenza di stare in mezzo agli altri o quella di riti-rarti nel tuo nido?

• Ti senti più una persona pubblica o una persona privata?• Quando interloquisci con gli altri, pensi mentre stai parlando o

prima pensi e poi parli?• Tendi ad agire prima di riflettere o a riflettere prima di agire?• Tendi ad avere molti interessi contemporaneamente o ad avere

pochi interessi che ti piace approfondire?• Ti trovi meglio a lavorare seguendo più cose contemporanea-

mente o hai bisogno di focalizzare la tua attenzione su una sola cosa alla volta?

• In linea di massima non ti dispiace essere interrotto quando stai facendo qualcosa perché vivi le interruzioni come stimoli o ti dà fastidio perché vivi le interruzioni come distrazioni?

• Le richieste del mondo esterno per te sono principalmente una fonte di stimolo o sei più propenso a difenderti dalle richieste e le aspettative altrui?

• Per portare avanti i tuoi progetti per te è molto importante ri-cevere conferme dall’esterno o tendi ad andare avanti per la tua strada senza dare troppo peso all’opinione degli altri?

La prima opzione di ogni domanda corrisponde alla dimensione estroversa la seconda opzione a quella introversa. Ovviamente se nella maggior parte delle tue risposte predomina la prima opzione è facile che tu tenda più verso l’estroversione, se predomina la se-conda opzione verso l’introversione.

Seconda dimensione: s/n (sensazione-intuizione)Fatti o possibilità?

Questa dimensione si riferisce alla modalità con cui elaboriamo quello che percepiamo della realtà circostante. I tipi sensoriali col-gono in prima istanza come è fatto l’oggetto in sé, gli intuitivi le possibilità che l’oggetto offre. Se io ad esempio do in mano una tazza di ceramica a un sensoriale e gli chiedo “cosa vedi” è facile che mi risponda descrivendomi dettagliatamente come è fatta la

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tazza, il suo peso, lo spessore della ceramica, la forma del manico, l’altezza, la misura del diametro alla base e alla cima, la sfumatura del colore, ad esempio se è giallo paglia o giallo limone, e così via. Se faccio lo stesso con un intuitivo è facile che mi risponda ad esempio che è una bella tazza perché il giallo è un colore so-lare che mette allegria, che la tazza serve per bere ma si può usa-re anche come strumento musicale o come portafiori e gli evoca inoltre il profumo e il sapore delle cioccolate calde fumanti che gli preparava sua nonna da bambino. Ovviamente tutti utilizziamo entrambe le funzioni, ne va della nostra sopravvivenza, tuttavia abbiamo una predilezione per una delle due. Anche un sensoria-le è in grado di fare associazioni mentali relative alla tazza e un intuitivo di fornirti una descrizione tecnica di questa, per capire quali delle due modalità prevale devi chiederti quale delle due affiora per prima. Un sensoriale tende a cogliere prima i dettagli e poi eventualmente in un secondo tempo le possibilità, un intuitivo prima le possibilità e in un secondo momento i dettagli. Davanti al panorama di un paesaggio agreste il sensoriale tenderà a coglie-re la bellezza dei singoli fiori, dei singoli alberi, delle singole case, l’intuitivo la bellezza del paesaggio nel suo insieme. Il sensoriale è più interessato ai fatti, ai dettagli, alle cose concrete che si possono vedere, odorare, misurare, toccare, sentire; è pratico, realistico, è poco interessato alle interpretazioni. Ha una visione particolareg-giata della realtà e tende a trascurare la visione globale delle cose. Preferisce chiedersi cos’è quella cosa che vede piuttosto che cosa potrebbe essere. L’intuitivo, come direbbe Dylan Dog, raccoglie le informazioni attraverso il suo quinto senso e mezzo, tende ad essere annoiato dai dettagli, si focalizza maggiormente sulla visio-ne di insieme più che sulla cosa in sé, è interessato a quello che la cosa potrebbe essere o divenire. Ti è mai capitato di chiedere a un passante indicazioni per rag-giungere una via? Il sensoriale è quello che ti risponde talmente dettagliatamente che non puoi fare a meno di chiederti se è stato lui a progettare il quartiere. Ti dice quanti metri devi percorre-re prima di arrivare al tale incrocio, quanti semafori incontrerai, quante volte devi girare a sinistra, quante a destra, quante andare dritto, il numero preciso dei palazzi prima di arrivare al tuo, e lo

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fa senza esitazione e con una sicurezza disarmante, se sei fortu-nato prende in mano anche carta e penna e ti disegna la piantina. L’intuitivo è quello che ci pensa un po’, sa dove si trova il posto ma deve capire come spiegartelo, ti indica pressappoco in quale direzione si trova, non sa esattamente il numero di semafori che incontrerai ma ti dice che per non sbagliarti devi svoltare dopo l’insegna della farmacia, forse dopo il primo isolato dovrai girare a destra o forse a sinistra ma se hai dei dubbi puoi chiedere a un altro passante.Come per tutte le funzioni non c’è una modalità migliore dell’al-tra. Pensa ad esempio ai maestosi edifici che l’umanità ha costru-ito nel corso della storia. C’è bisogno di una modalità intuitiva per capire che da alberi e pietre posso ricavare travi e mattoni e da travi e mattoni una casa, ma è altrettanto importante una modali-tà sensoriale per selezionare il materiale giusto, pesarlo, misurarlo e fare in modo che la casa non crolli.

Le domande chiave

Per capire se in te predomina la dimensione sensoriale o quella intuitiva, prova a rispondere a queste domande tenendo sempre ben presente quanto ti ho rivelato nel principio N.3.

• Nell’affrontare la realtà ti riesce più spontaneo prestare atten-zione ai dettagli e ai fatti o cercare di capire le connessioni, il significato e le implicazioni?

• Ti fidi di più dell’esperienza diretta o del tuo istinto?• Ti consideri maggiormente una persona concreta e realista o

un sognatore?• Sei più attratto dai fatti o dalle possibilità?• Preferisci lavorare basandoti su una logica sequenziale ovvero

facendo una cosa dopo l’altra o lavorare a zig zag passando da una cosa all’altra senza seguire un ordine predeterminato?

• Sei più sintonizzato sul presente e non ti fai troppe domande su cosa potrebbe accadere domani o ti piace immaginare come gli eventi attuali influenzeranno gli avvenimenti futuri?

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• Ti dà più sicurezza appoggiarti all’esperienza passata per risol-vere i problemi o preferisci affidarti alla tua capacità di trovare nuove soluzioni?

• Complessivamente ritieni di credere di più nella tradizione o nell’innovazione?

• Preferisci fare le cose che conosci bene e che sai di saper fare bene o quando diventi esperto nel fare una cosa dopo un po’ ti annoi a continuare a farla?

• Tendi più allo scetticismo e alla diffidenza nei confronti di cose che non sono ancora state confermate scientificamente o ad essere affascinato dall’ignoto e da ciò che non è stato ancora confermato scientificamente?

La prima opzione di ogni domanda corrisponde alla dimensione sensoriale la seconda opzione a quella intuitiva. Ovviamente se nella maggior parte delle tue risposte predomina la prima opzione è facile che tu tenda più verso il sensoriale, se predomina la secon-da opzione verso l’intuitivo.

Terza dimensione: t/f (pensiero-sentimento)Razionalità od emotività?

Questa dimensione si riferisce alle modalità con cui tendiamo a giudicare persone, eventi, fatti, circostanze, al fine di prendere delle decisioni. Il tipo pensiero tende ad avere una visione analiti-ca, distaccata, impersonale, gli interessa ciò che è oggettivamente vero o falso, è mosso da un pensiero logico razionale. Il tipo sen-timento tende ad essere coinvolto emotivamente dalle conseguen-za delle sue scelte, si chiede se potranno ferire i sentimenti delle persone, si basa più su ciò che gli piace e non gli piace e su ciò che sente come giusto e sbagliato piuttosto che su ciò che è vero o falso, si regola in base ai suoi valori personali piuttosto che a dei principi astratti. Immagina questa situazione. Un uomo alla guida di una vecchia Fiat Panda un po’ scassata, vestito con abiti di poco valore viene

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Elenco di alcuni siti internet dove trovi versioni di test gratuiti basati sul sistema Myers-Briggs (attenzione! Non è il test originale MBTI®)

LINGUA ITALIANA:http://www.lastessamedaglia.it/2011/04/test/http://www.personality-tests.info/it/test.php

LINGUA INGLESE:http://www.16personalities.com/free-personality-testhttp://personalityjunkie.com/http://www.personalitytype.com/career_quiz?type=1

QUI TROVI IL TEST ORIGINALE MBTI® IN LINGUA INGLESE (A PAGAMENTO):

http://www.mbtionline.com/

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123I tipi psicologici: istruzioni per l’uso

BIBLIOGRAFIA

• Carl Gustav Jung TIPI PSICOLOGICI Vol. I e II ed. Oscar Mon-dadori 1993

• Carl Gustav Jung TIPI PSICOLOGICI DESCRIZIONE GENE-RALE ed. Biblioteca Bollati Boringhieri ristampa Aprile 2004

• Isabel Briggs Myers with Peter B. Myers GIFTS DIFFERING UN-DERSTANDING PERSONALITY TYPE ed. Mountain View, 1995

• Isabel Briggs Myers INTRODUCTION TO TYPE: A GUI-DE TO UNDERSTANDING YOUR RESULTS ON THE MEYERS-BRIGGS TYPE INDICATOR ed. Paperback 2000

• Paul D. Tieger & Barbara Barron-Tieger THE ART OF SPEEDRE-ADING PEOPLE HOW TO SIZE PEOPLE UP AND SPEAK THEIR LANGUAGE ed. Little, Brown & Company Boston New York London 1998

• Paul D. Tieger and Barbara Barron-Tieger JUST YOUR TYPE CREATE THE RELATIONSHIP YOÙVE ALWAYS WAN-TED USING THE SECRETS OF PERSONALITY TYPE

• ed. Little, Brown & Company Boston New York London 2003• Paul D. Tieger & Barbara Barron-Tieger NURTURE BY NATU-

RE UNDERSTAND YOUR CHILD’S PERSONALITY TYPE – AND BECOME A BETTER PARENT ed. Little, Brown & Company Boston New York London 2010

• Otto Kroeger and Janet M. Thuesen TYPE TALK: THE 16 PER-SONALITY TYPES THAT DETERMINE HOW WE LIVE, LOVE, AND WORK ed. Paperback 2013

• David Keirsey PLEASE UNDERSTAND ME II: TEMPERA-MENT,CHARACTER, INTELLIGENCE ed. Paperback 1998

• Angelina Bennet THE SHADOW OF TYPE PSYCHOLOGI-CAL TYPE THROUGH SEVEN LEVELS OD DEVELOP-MENT ed. Lulu 2010

• Andrea Farioli CHE TIPO SEI? Ed. Creative Commons • http://www.lastessamedaglia.it/2011/07/e-tu-che-tipo-sei/ • http://personalityjunkie.com/more-type-profiles/

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L’Autrice

Eva Franchi, in arte Eva Maria Franchi, è una scrittrice, sceneg-giatrice e counselor italiana. Laureata in psicologia, si interessa da circa venti anni di crescita personale, discipline olistiche, psi-cologia, spiritualità. Come autrice spazia dalla scrittura teatrale e cinematografica alla narrativa e alle opere di saggistica. Preceden-temente ha pubblicato con La Teca Edizioni il saggio Manuale di Quarta Via e il romanzo Il profeta Senza Nome.