Fonologia (1)

20
Cos’è l’indoeuropeo L’indoeuropeo è una lingua, parlata forse cinquemila anni fa in un’area non precisamente collocabile (le ipotesi spaziano dall’odierna Ucraina al Caucaso), che si è gradualmente differenziata attraverso la comparsa di isoglosse di innovazione in una serie di lingue, come l’indo-ario, il greco, l’armeno, l’italico, il balto-slavo, il germanico comune, che a loro volta hanno dato origine a molte lingue parlate tra l’Europa e l’Asia. La popolazione che parlava indoeuropeo difficilmente sarà stata etnicamente e culturalmente omogenea. Questo punto, come già la sua collocazione precisa, resta un enigma, anche perché, dopo le manipolazioni nazi-fasciste, è stata sempre sottoposta al nazionalismo dei paesi moderni. La prima differenziazione dell’indoeuropeo: centum e satem La prima grande isoglossa che rompe il continuum indoeuropeo è l’esito delle consonanti occlusive velari; sappiamo che l’indoeuropeo aveva due, forse tre serie di occlusive velari: le velari pure (del tipo *[k]*[g]*[g h ]) le labio-velari (del tipo *[k w ]*[g w ]*[gw h ]) e forse le velari "palatali" (del tipo *[k j ]*[g j ]*[g jh ]; ma secondo un’altra ricostruzione, erano velari seguite da una vocale palatale [i] o [e]). Ad un certo punto, una parte delle popolazioni che parlavano indoeuropeo cominciarono a "palatalizzare" (cioè spostare in avanti, verso il palato, l'articolazione) le occlusive velari "palatali", che si trasformarono in fricative post-alveolari o alveolari; questo gruppo di popolazioni dette origine ai gruppi linguistici indo-ario (le lingue dell’India, prima fra tutte il sanscrito, e dell’antica Persia), armeno e balto-slavo, che dunque condividono un’innovazione forte che li oppone alle altre lingue indoeuropee. Per indicare i due gruppi si è scelto l’esito della parola “cento”, che in indoeuropeo era *[k j ˈtom] (o[kn̥ ˈtom], per chi ritiene che la palatalizzazione sia dovuta alla vocale successiva): il 1

Transcript of Fonologia (1)

Page 1: Fonologia (1)

Cos’è l’indoeuropeo

L’indoeuropeo è una lingua, parlata forse cinquemila anni fa in un’area non precisamente collocabile (le ipotesi spaziano dall’odierna Ucraina al Caucaso), che si è gradualmente differenziata attraverso la comparsa di isoglosse di innovazione in una serie di lingue, come l’indo-ario, il greco, l’armeno, l’italico, il balto-slavo, il germanico comune, che a loro volta hanno dato origine a molte lingue parlate tra l’Europa e l’Asia.La popolazione che parlava indoeuropeo difficilmente sarà stata etnicamente e culturalmente omogenea. Questo punto, come già la sua collocazione precisa, resta un enigma, anche perché, dopo le manipolazioni nazi-fasciste, è stata sempre sottoposta al nazionalismo dei paesi moderni.

La prima differenziazione dell’indoeuropeo: centum e satem

La prima grande isoglossa che rompe il continuum indoeuropeo è l’esito delle consonanti occlusive velari; sappiamo che l’indoeuropeo aveva due, forse tre serie di occlusive velari: le velari pure (del tipo *[k]*[g]*[gh]) le labio-velari (del tipo *[kw]*[gw]*[gwh]) e forse le velari "palatali" (del tipo *[kj]*[gj]*[gjh]; ma

secondo un’altra ricostruzione, erano velari seguite da una vocale palatale [i] o [e]). Ad un certo punto, una parte delle popolazioni che parlavano indoeuropeo cominciarono a "palatalizzare" (cioè spostare in avanti, verso il palato, l'articolazione) le occlusive velari "palatali", che si trasformarono in fricative post-alveolari o alveolari; questo gruppo di popolazioni dette origine ai gruppi linguistici indo-ario (le lingue dell’India, prima fra tutte il sanscrito, e dell’antica Persia), armeno e balto-slavo, che dunque condividono un’innovazione forte che li oppone alle altre lingue indoeuropee. Per indicare i due gruppi si è scelto l’esito della parola “cento”, che in indoeuropeo era *[kjnˈtom] (o[kn tom],

per chi ritiene che la palatalizzazione sia dovuta alla vocale successiva): il

1

Page 2: Fonologia (1)

gruppo delle lingue che hanno condiviso l’innovazione è rappresentato dall’iranico antico satem (o dal sanscrito śatám), mentre il gruppo conservativo (che ovviamente è molto meno omogeneo, e che comprende il germanico comune) è rappresentato dal latino centum, pronunciato [ˈkentum], come era in origine.Nel gruppo satem, le labiovelari perdono l’appendice labiovelare, diventando velari pure ([kw] > [k]); nel gruppo centum, le labiovelari si mantengono

separate dalle velari pure, mentre le velari palatali si assimilano alle velari pure (oppure, se si tratta di un influsso di vocali palatali successive, non lo subiscono). Il germanico segue queste lingue: la [k] di [knˈtom], dunque, evolverà regolarmente in [x] (e a [knˈtom] corrisponderà [ˈxunðan], da cui l’inglese hund-red e il tedesco hund-ert, che originariamente sono composti con una parola che voleva dire “numero”), mentre la [kw ] di [k wis] “chi”

diventerà la [xw] di [xwiz], da cui tm. wer, isl. hwer (l’inglese moderno who

deriva dall’ags. hwa, con una differente desinenza, analoga al tm. wo).

La particolarità del germanico nel gruppo indoeuropeo

Le radici delle parole indoeuropee erano riconoscibili in base alle consonanti piuttosto che sulle vocali; questa situazione si conserva ancora nell’it. ved-o, ved-i, ved-a, vid-i , dove le consonanti della radice v.d- restano identiche e indicano la nozione del “vedere”, mentre le vocali (sia della radice, sia delle desinenze) danno informazioni morfologiche, cioè grammaticali (in questo caso, riguardo al tempo, la persona, il modo del verbo).Il germanico comune si distingue nel gruppo indoeuropeo, dunque, non tanto per i pochi fenomeni di evoluzione dei suoni vocalici, quanto per il suo trattamento particolare delle consonati occlusive, che cambia drasticamente l'aspetto delle radici.Inoltre, il germanico subisce una forte riduzione delle sillabe desinenziali,

2

Page 3: Fonologia (1)

forse perché a differenza dell’indoeuropeo aveva un forte accento sulla radice. Una conseguenza importante sarà l’evoluzione delle lingue germaniche, che tenderanno nel corso della loro storia a passare dal tipo linguistico flessivo, in cui le parti nominali del discorso contengono molte informazioni nella desinenza, tra cui il ruolo sintattico (come nel latino amor

Dei o Petrus Paulam amat) a quello analitico, in cui le relazioni tra parti nominali del discorso vengono indicate da preposizioni, come nell’italiano “amor di Dio” o dall'ordine delle parole nella frase (come in "Pietro ama Paola", dove il latino poteva cambiare solo le desinenze e non l'ordine delle parole, per cambiare il significato: Petrum Paula amat "Paola ama Pietro").

Il sistema fonologico dell'indoeuropeo

L'indoeuropeo ricostruito (o almeno, la sua versione più vicina al germanico comune, che aveva già creato un buon numero di isoglosse di innovazione) aveva un sistema fonologico piuttosto semplice, ma con delle differenze profonde dalle lingue germaniche moderne, alcune delle quali risalgono ad una serie di isoglosse che si verificarono presso i germani, modificando la lingua al punto da crearne una differente, che appunto chiamiamo convenzionalmente germanico comune.L'indoeuropeo ragionava per radici consonantiche in cui le vocali davano essenzialmente indicazioni morfologiche, sia pure in modo assai meno regolare che nelle lingue semitiche. Un esempio sono i preteriti italiani del tipo vid-i (presente ved-o).

Accento

L'accento dell'indoeuropeo era libero e tonale. "Libero" vuol dire che non si trovava sempre in una determinata sillaba della parola, dando origine a differenze di significato: una situazione simile anche

3

Page 4: Fonologia (1)

all'italiano, dove esistono coppie minime distinte solo dall'accento come l'italiano péri [ˈpe:ri] (plurale di pero) vs. perì [pe:ˈri] (voce del verbo perire). Molte lingue indoeuropee, invece, oggi pongono l'accento in una posizione fissa: per esempio il francese, che ha l'accento regolarmente sull'ultima sillaba della parola. Ciò è avvenuto anche in germanico comune, dove l'accento di norma si fissa sulla radice della parola (nel caso di radici plurisillabiche, sulla prima sillaba), una regola cui poi la storia avrebbe dato numerose eccezioni (in tedesco quelle apparenti dei prefissi atoni come in beˈginnen, ver lieren e dei verbi divisibili del tipo ˈüberˌsetzen "trasporre " vs. ˌüberˈsetzen "tradurre", in inglese molte di più, a causa del gran numero di parole francesi che entrarono nella lingua successivamente, come tradition).Ciò che distingueva fortemente l'accento indoeuropeo delle lingue europee moderne, compreso l'italiano, è la sua natura di accento tonale (o " ad intonazione"): la sillaba colpita da accento aveva un'intonazione differente dalle altre, ma non era pronunciata con più forza. L'italiano è invece una lingua ad accento "espiratorio" o "di intensità", in cui la sillaba accentata viene pronunciata con più energia espiratoria rispetto alle altre. Tuttavia, in greco (e, per influsso di questo, nei dialetti pugliesi), si mantiene un residuo di intensità sulla sillaba accentata, che conferisce al parlato un andamento che i parlanti italiano standard avvertono come "altalenante". Vocali e semivocali

L'indoeuropeo possedeva undici o quindici vocali, a seconda del modo di classificarle: infatti aveva [a][e][i][o][u] con le corrispondenti forme lunghe [a:][e:][i:][o:][u:],1 oltre ad una vocale centrale solo breve [ə], chiamata anche

1 L'origine di queste ultime è ancora controversa: è verosimile che l'allungamento sia dovuto all'assimilazione di suoni consonantici, verosimilmente fricativi, caduti molto presto in indoeuropeo. La ricostruzione di questi suoni, chiamati "laringali" (ma che fossero 4

Page 5: Fonologia (1)

"schwa indoeuropeo". L'indoeuropeo aveva poi le approssimanti [j] e [w], che nella fonetica dell'italiano sono spesso chiamate "semivocali", ponendo l'accento sulla corrispondenza tra questi suoni consonantici e le vocali articolate nella stessa posizione, cioè rispettivamente [i] e [u].2

In realtà, in indoeuropeo possiamo ricostruire che anche le nasali [m] [n], la vibrante [r] e la laterale approssimante [l] come semivocali, perché avevano delle vocali corrispondenti [l][m][n][r]. Queste forme vocaliche si chiamano tradizionalmente "sonanti" ed erano destinate a scomparire in quasi tutte le lingue europee (ma alcune si conservano tuttora; per esempio nel croato smrt "morte", la [r] è considerata vocale).In indoeuropeo possiamo poi ricostruire almeno sei dittonghi discendenti, composti di una vocale breve seguita da una semivocale, formati dalle tre vocali brevi [a] [e] [o] seguite da [j] o da [w]: [aj] [ej] [oj] [aw] [ew] [ow].

Consonanti

L'indoeuropeo possedeva dodici consonanti occlusive, divise per tre luoghi di articolazione semplici (bilabiale, alveolare e velare) e uno complesso (labio-velare: consonanti velari seguite da una appendice labiovelare, come la [kw] di quando o la [gw] di guerra). Queste articolazioni davano consonanti differenti, distinte in base al grado di sonorità (sordo o sonoro) e, nel caso delle sonore, anche per l'eventuale presenza di una appendice glottidale (le cosiddette "aspirate", che vanno pronunciate con i due elementi staccati: b-h,

effettivamente fricative laringali è un dato controverso) occupa gli storici della lingua da decenni, ma non ha grandi conseguenze sulla nostra ricostruzione, dato che questi suoni scomparvero dall'indoeuropeo molto prima del suo passaggio al germanico. 2 L'italiano non distingue neanche graficamente le vocali dalle approssimanti corrispondenti, scrivendo <i> in ira come in ieri, <u> in uno come in uomo. Le grafie IPA mostrano invece la differenza di articolazione: [ˈi:ra] vs. [ˈjɛ:ri], [ˈu:no] vs. [ˈwɔ:mo]. 5

Page 6: Fonologia (1)

d-h, g-h, gw-h; così va pronunciata, oggi la <dh> di Gandhi), secondo il seguente schema:

bilabiale

alveolare (dentale)

velare labiovelare

sorda semplice p t k kw

sonora semplice b d g gw

sonora aspirata bh dh gh gwh

Di fronte a questa abbondanza di occlusive, la lingua possedeva una sola consonante fricativa, l'alveolare sorda [s].

Inoltre, come si è già detto in precedenza, l'indoeuropeo aveva altre sei consonanti, tutte sonore, che fungevano da semivocali: [j] (approssimante palatale) e [w] (approssimante labiovelare), [m] (nasale bilabiale), [n] (nasale alveolare), r (vibrante alveolare) [l] (approssimante laterale alveolare).

Le principali isoglosse del germanico comune

1. Vocali

a) Il passaggio a-o

Sembra probabile che le vocali lunghe fossero più tese delle brevi corrispondenti, e dunque suonassero più chiuse: quindi [ɛ] vs. [e:], [ɔ] vs. [o:].3

3 Ancor oggi, rispetto alle vocali lunghe e brevi del latino, l'italiano standard ha di norma [ɛ] [ɔ] in corrispondenza di e, o brevi del latino, ed [e] [o] in corrispondenza di e, o lunghe del 6

Page 7: Fonologia (1)

Questa caratteristica si accentuò in germanico, dove la o breve e la [ə] si aprirono tanto da confondersi con [a], mentre la [a:] si chiuse fino a confondersi con [o:].

b) La mutazione dei dittonghi

Dal momento che i dittonghi dell'indoeuropeo avevano tutti la vocale breve, [oj] ed [ow] si confusero con [aj] e [aw]. Inoltre, per un fenomeno di assimilazione abbastanza intuitivo, il primo elemento del dittongo ej si assimilò al secondo, finendo per fondersi ad esso in una vocale lunga: ie. *[ej] > [ij] > g.c. *[i:]. Il risultato fu che in germanico comune rimasero solo tre dittonghi: *[aj] [aw] [ew].

c) L'esito delle sonanti

Le semivocali [l][m][n][r] svilupparono una vocale breve "di appoggio" di timbro [u], e così si trasformarono: ie. * [l][m][n][r] > g.c. * [ul][um][un][ur]per es. i.e. *[knˈtom] "cento" > g.c. *[xunˈðam] (cioè il primo elemento di hundred; cfr. lat. centum).

2. Consonanti

a) Mutazione consonantica germanica (o "Prima Legge di Grimm")

In germanico il sistema delle occlusive indoeuropee si ristruttura sulla base di principi di economia fonetica:1) le occlusive sorde perdono l'occlusione, trasformandosi nelle fricative dello stesso luogo di articolazione: [p] [t] [k] [kw] > [ɸ] [θ] [x] [xw]molto presto la [ɸ] passò a [f] per una elementare adeguamento (l'articolazione labiodentale sorda è più facile da pronunciare e più nitida,

latino. 7

Page 8: Fonologia (1)

dunque più economica in termini di energia articolatoria); molto più tardi, alla fine del periodo comune, anche la [x] non seguita da consonante subì un indebolimento in [h], passando dall'articolazione velare a quella glottidale.

2) Una volta scomparse le consonanti occlusive sorde, le consonanti occlusive sonore semplici non avevano più bisogno della sonorità e persero la vibrazione delle corde vocali, trasformandosi nelle sorde corrispondenti: [b] [d] [g] [gw] > [p][t][k][kw].

3) Infine, a questo punto le consonanti occlusive sonore aspirate non avevano più bisogno dell'aspirazione per opporsi alle sonore semplici, dunque si trasformarono in occlusive pure: [bh] [dh][gh][gwh] > [b][d][g][gw]. per es. ie. *[ˈbhra:te:r] > g.c. *[ˈbro:θe:r]Inoltre, quando si trovavano in posizione interna, soprattutto tra vocali, si indebolirono fino a trasformarsi nelle fricative corrispondenti (in modo analogo a quello che è successo al latino rubus nel passaggio all'italiano rovo): [bh] [dh][gh][gwh] > [b][d][g][gw] > [β] [ð][ɣ][ɣw] per es. ie. *[dhrejbh-] > g.c. *[dri:β-] (im. drive).

b) Eccezioni alla mutazione consonantica germanica

Il germanico comune non consentiva gruppi di due consonanti fricative, per cui i gruppi con [s] + [p][t][k] non potevano mutare in **[sɸ][sθ][sx]. Conseguentemente, rimangono invariati: per questo l'inglese stay e il tedesco stehen corrispondono all'italiano stare.

Per lo stesso motivo, nei gruppi consonantici [pt] [kt] non potevano mutare entrambi gli elementi; quando il primo si fu trasformato, il secondo rimase bloccato.

8

Page 9: Fonologia (1)

Quindi ie. *[pt] [kt] > g.c. *[ɸt][xt] (e non **[ɸθ] [xθ]).ie. *[kapt-] > g.c. *[xaɸt] (da cui ted. mod. ver-haften)ie. *[nokt-] > g.c. * [naxt-] (da cui ted. mod. Nacht)

c) La Legge di Verner

Il linguista danese Karl Verner scoperse poi un altro correttivo alla mutazione consonantica germanica; le consonanti fricative sorde del germanico comune si sono trasformate in sonore quando si trovavano 1) all'interno di parola, 2) in contesto sonoro (tra vocali e/o semivocali) e 3) l'accento della parola non cadeva sulla sillaba precedente, per un semplice processo di assimilazione (le corde vocali dovevano vibrare prima e dopo il suono in questione, quindi tendevano a restare in vibrazione). Questo fenomeno interessò tanto le consonanti fricative prodotte dalla mutazione consonantica germanica, quanto l'unica fricativa indoeuropea; dunque non solo ie. *[ɸ] [θ] [x] [xw] > g.c. *[β] [ð] [ɣ] [ɣw], ma nelle stesse condizioni anche ie. *[s] > g.c. *[z].

d) La fissazione dell'accento

Sappiamo che in germanico comune mutò il sistema accentuativo dell'indoeuropeo, fissando l'accento sulla sillaba radicale (rizotonia) e trasformandolo da tonale in espiratorio. Ma il fatto che la posizione dell'accento fosse fondamentale nella legge di Verner indica che quando avvennero la mutazione consonantica germanica e poi la Legge di Verner il germanico manteneva ancora l'accento libero indoeuropeo. Quindi possiamo stabilire una cronologia relativa tra questi tre fenomeni.Meno certo è quando l'accento germanico divenne espiratorio, ma è un fatto che in tutte le lingue germaniche, anche il gotico che è la più anticamente attestata, notiamo la tendenza a ridurre le vocali delle sillabe atone (got.

9

Page 10: Fonologia (1)

wulfs < ie. *[ˈwlpos]). Tradizionalmente, questo fenomeno sembra potersi spiegare con la fissazione di un forte accento espiratorio sulla sillaba radicale, che ha portato ad articolare con sempre minore forza le sillabe atone.4

La prima divisione del germanico: il germanico nordoccidentale

Il germanico nordoccidentale si distingue da quello orientale per una serie di isoglosse di innovazione, sia fonetiche sia morfologiche.

1) Apertura di *[e:] indoeuropea e creazione di *[e:] germanica

Tra le prime, la più importante è sicuramente l'evoluzione del g.c. *[e:]. Questo fonema si era gradualmente aperto in [ɛ:] e poi in [æ:], dato che non aveva più bisogno di distinguersi dalla [a:] come in indoeuropeo (quest'ultima, infatti, si era trasformata in [o:] con il passaggio a-o). Per es., il verbo g.c. *[ˈle:tan] "lasciare" si trova in gotico come letan, ma nelle lingue germaniche nordoccidentali come *[ˈla:tan] (cfr. ted. mod. lassen, isl. láta; l'inglese let è un caso a parte, perché la [a] è passata ad [e]).Il gruppo nordoccidentale si sarebbe creato successivamente una nuova [e:], più chiusa della precedente, nel preterito di alcuni verbi (per esempio, lo stesso *[ˈle:tan], che in gotico era un verbo con preterito raddoppiato [ˈlɛlo:t] e che nelle lingue nordoccidentali ottiene un preterito [ˈle:t] da cui liess del tedesco, let dell'inglese e lét dell'islandese) e in alcuni prestiti dal latino (lat. volg. *spegulum > g.occ. [ˈspe:gul]).Per brevità, le due e lunghe sono spesso indicate come e1 ed e2.

2) Alternanza grammaticale

Nel solo gruppo nord-occidentale resta una traccia della Legge di Verner

4 Una tendenza simile, sia pure meno marcata, si ritrova nelle lingue romanze; nell'italiano standard è stata meno violenta che nei dialetti pugliesi, dove la parola [ftɛnd] può diventare monosillabo, rispetto al trisillabo italiano fetente. 10

Page 11: Fonologia (1)

all’interno del paradigma dei verbi: infatti nei verbi si alternavano forme con accento radicale (del tipo amo) ad altre ad accento desinenziale (del tipo amò). Dunque nei verbi che hanno una fricativa sorda nella radice del germanico comune, questa fricativa tende a sonorizzarsi nelle forme ad accento desinenziale.Questo sviluppo doveva essere comune a tutte le lingue germaniche, ma in gotico non ne resta traccia: evidentemente fu livellato dall’analogia, come poi è successo nelle lingue germaniche moderne. Le lingue antiche del gruppo germanico nordoccidentale, avevano ancora la differenza tra [ɸ] [θ] [x] [s] nelle forme con accento originario radicale e [β] [ð] [ɣ] [z] nelle forme con accento originario desinenziale, per cui uno stessa radice verbale ie. *w.rt- aveva nel germanico nordoccidentale la forma di infinito *[werθan] e di preterito singolare *[warθ] la forma di preterito plurale *[wurðun].

3) Rotacismo

Il germanico nordoccidentale trasforma le fricative alveolari sonore [z] esito di Legge di Verner in [r]. Laddove, dunque, nei verbi esisteva un'alternanza grammaticale tra forme con accento radicale fin dall'indoeuropeo e forme che prima avevano avuto l'accento desinenziale, l'alternanza nelle lingue germaniche nordoccidentali antiche fu tra [r] e [s]: per esempio, le due forme del preterito moderno del verbo "essere" in inglese, was e were (< wezun) derivano entrambe da una radice *wes- ancora conservata nel tedesco wesen, con g.c. [z] > [r]. Lo stesso fenomeno si è conservato in nl. was - waren, mentre tm. war al singolare è rifatto per analogia sul plurale waren: prima di Lutero, il preterito singolare del verbo era comunemente was anche in tedesco.Allo stesso modo, im. loose "perdere" e forlorn "smarrito (in senso metaforico)" derivano dallo stesso verbo, con radice g.c. * [lews-]. Anche in questo caso, il tedesco ha regolarizzato le forme nel paradigma: oggi il verbo

11

Page 12: Fonologia (1)

"perdere" è verlieren, participio verloren. Ma si veda l'infinito aat. furliosan, participio furloran.Questo succede anche per parole isolate, come il g.c. *[majz-a] “maggiore, di più”, g.nord-occ. *[majr-], da cui isl. meir, ags. mār (oggi more) e aat. mer (oggi mehr).In nordico, questo succede anche per le desinenze: per esempio il g.c. *[daɣaz] si trasforma in isl. dagr, mentre ags. dæg e aat. tag sono derivati da una forma g.occ. *[daɣ] in cui la z era già caduta.

4) Metafonie

Si tratta di processi assimilativi avvenuti in tutte le lingue nordoccidentali ma con modalità differenti, in base ai quali la vocale della sillaba radicale si assimila parzialmente o totalmente ad una vocale "estrema" (i, u, a) o semivocale (j, w) di una sillaba successiva. La metafonia da i/j viene anche detta "palatale" (perché questi suoni si pronunciano al livello del palato duro), mentre la metafonia da u/w è detta "velare" (perché sono articolati nel palato molle, o velo). La metafonia da [a], che apre le vocali, è quella meno regolare, eppure si ritrova in alcuni casi antichi come la parola g.c. *[ˈwiraz] > g.c. *[ˈweraz] "uomo" (cfr. latino vir "uomo", da cui italiano "virile"; la parola è scomparsa nelle lingue moderne, anche se sopravvive in molti nomi di luogo: per esempio il nome antico di Canterbury era ags. Cant-wera-burg " roccaforte degli uomini del Kent"), dove [i] si apre in [e], o in molti participi del tipo g.c. *[gabuˈranaz] da cui isl. borinn, im. born e tm. geboren, dove [u] si apre in [o].Per esempi di metafonia palatale: la parola g.c. *[ˈgro:ni] "verde" > ags. grøn e poi gree n; in un primo momento la vocale posteriore semichiusa arrotondata [o:] subisce l'influsso dell'anteriore [i], spostando la sua articolazione verso il palato (per questo la metafonia da i o da j viene chiamata palatale), diventa così una anteriore semichiusa arrotondata [ø:],

12

Page 13: Fonologia (1)

ma perde presto l'arrotondamento, diventando una anteriore semichiusa non arrotondata [e:] (da cui inglese moderno green). Anche in nordico antico succede la stessa cosa, e la forma diventa grœn (pronunciato [grø:n]). In tedesco antico questa metafonia non è ancora avvenuta; avverrà solo nella fase media, dopo che la [o:] si era trasformata nel dittongo [wo]; aat. gruoni diventerà dunque grüen(e), da cui tm. grün. Il tedesco antico ha solo la metafonia palatale (cioè da i) di [a] in vocale breve, in plurali del tipo aat. hant - henti, dove il plurale è derivato dal g.c. *[ˈxand-iz] (cfr. tm. Hand, pl. Hände). La parola g.c. [ˈkuningaz] "re" > ags. cyning [ˈkyning], in cui la posteriore chiusa arrotondata [u] subisce l'influsso della successiva anteriore chiusa non arrotondata [i] e diventa anch'essa anteriore, ma conservando l'arrotondamento almeno in un primo momento (ma poi esso scompare nella fase media kining > im. king). La forma dei manoscritti in tedesco antico è ancora aat. kuning, ma la pronuncia doveva essere già [køning], altrimenti non si spiegherebbe il tm. könig.La divisione del germanico occidentale da quello settentrionale è ancora più netta nel caso della metafonia palatale, che in nordico ha una diffusione molto maggiore. Per esempio i femminili in -oo , che in nordico era evoluta in -u prima di scomparire, rispondono regolarmente chiudendo e/o arrotondando le vocali della radice: isl. för "viaggio" (pronunciato originariamente forse prima [fɞr], poi [fœr]) dal germanico settentrionale *far-u. Stessa cosa per la semivocale: il verbo g.c. *[ˈsingwan] "cantare" diventa il nordico syngva, mentre in im. sing e in tm. singen la [w] scompare senza lasciare traccia.

Il germanico occidentale

L'ambito germanico che a noi interessa di più è chiaramente quello occidentale, perché ne derivano inglese e il tedesco (ma anche il nederlandese e frisone) moderni.

Condivide alcuni tratti comuni: per esempio, un ulteriore indebolimento

13

Page 14: Fonologia (1)

delle desinenze. In particolare delle vocali desinenziali; è lecito pensare che le vocali non radicali intorno al 1000 si fossero per lo più ridotte a [ə], infatti nella grafia si confondevano l'una con l'altra (il tedesco opporrà più resistenza dell'inglese e del frisone a questa tendenza generalizzata). Le principali isoglosse tuttavia sono le seguenti:

1) Esito di g.c. *ð > d

In germanico occidentale, la fricativa dentale sonora del germanico comune si rafforza e torna occlusiva, mentre in germanico settentrionale resta fricativa. Per es., g.c. *[ˈgo:ð-az] dà isl. góðr e ags. god. In alcuni casi, questo rafforzamento si è poi perso in inglese, per esempio ags. fæder, moder > father, mother con [ð]. Gli esiti del tedesco antico (per mutazione consonantica tedesca) fatar, muotar (da cui vater, mutter) sono invece esiti regolari della [d]. Le altre fricative sonore del germanico comune restano invariate e sono alla base della differenza, ad esempio, tra l'inglese seven e il tedesco sieben, entrambi dal g.c.*[seˈβun], ma in cui il secondo rafforza sempre le fricative in occlusiva.

2) Geminazione consonantica

Il germanico occidentale tende a raddoppiare una consonante seguita da una semivocale; questo spiega per esempio la geminazione dell'inglese apple, cui in islandese corrisponde la forma epli, o nel tedesco Acker, rispetto al lat. ager.

Questo sviluppo è particolarmente regolare davanti a [j], e visto che moltissimi verbi avevano la desinenza -jan, essi cambiano la forma radicale. Per cui abbiamo uno stesso verbo in gotico come satjan (praticamente identico al tardo germanico comune), in nordico antico setja (con metafonia palatale di [a]), in ags. settan (con metafonia e geminazione, da cui moderno 14

Page 15: Fonologia (1)

set). La forma tedesca antica sezzan [ˈsetsan] (da cui moderno setzen) deriva anch'essa da geminazione, ma la [t:] ha seguito la mutazione consonantica tedesca.

Anglo-frisone

1) Vocali

Le vocali dell'anglo-frisone cambiano molto rispetto all'indoeuropeo. a) Innanzi tutto, i gruppi di vocale + nasale + fricativa sorda ([f, θ, x, s]) si semplificano in vocale lunga nasalizzata + fricativa sorda (in realtà, a + n + x si era probabilmente semplificato fin dal germanico comune).b) La [a] tende a chiudersi in [æ] o addirittura in [ɛ]: g.c. *[faˈðe:r] > ags. fæder. Questa fenomeno non avviene per al [a] nasalizzata ([a]), che le fonti inglesi addirittura tendono a scrivere <o>: per es. ags. lond, mon (moderno land, man). Questa [o] si conserva quando era atona (per es. nella preposizione on, cfr. tedesco an) o quando era lunga, esito di una semplificazione di un gruppo come a + n + x, un fenomeno antichissimo, avvenuto già in germanico comune (come in alcuni preteriti quali θanxta, da cui moderno thought, cfr. isl. þótti; il tedesco qui ha perso la nasalizzazione: dachte) o da fenomeni più recenti (cfr. ingl. antico gos, moderno goose, da g.c. *[ˈgans-iz]; la forma del tedesco Gans è molto più conservativa).c) I dittonghi germanici con primo elemento [a], vale a dire [aj] e [aw], si modificano drasticamente. Il primo subisce la cosidetta monottongazione: [aj] > [a:], che resiste alla palatalizzazione (g.c. *[ˈstain-az] > g. occ. [ˈstain] > ags. stān “pietra”, cfr. inglese stone e tedesco stein), mentre [aw] > [æɒ]/[æɑ], scritto <ea> (g.c./g.occ. *[kaup-] > ags. ceap- “comprare”, cfr. inglese cheap "economico", originariamente "acquisto a buon mercato, affare" e tedesco kaufen). L'altro dittongo [eu] si trasforma in [eʊ], scritto <eo>: g.c. *[ˈlewsan] > ags. leosan “perdere” (loose, cfr. tedesco moderno ver-lieren con rotacismo).

15

Page 16: Fonologia (1)

Questi dittonghi si monottongheranno alla fine del medioevo in modo non regolare (deop > dep > deep [di:p], ma leosan > losen > loose [lu:s]; heah > hieh > hih [hɑj], ma ags. ear > er > ear [i:ɐ]).d) Le vocali dell'inglese moderno non corrispondono quasi mai a quelle dell'inglese del periodo anglosassone, perché all'inizio dell'età moderna è avvenuta una trasformazione completa delle vocali (Grande spostamento vocalico o Great Vowel Shift) per cui le vocali lunghe [i:] e [u:] si sono trasformate in dittonghi (per es. ags. wis, mus > im. wise, mouse), le vocali lunghe [e:] ed [o:] si sono chiuse in [i:] [u:] (per es. ags. scep, son > im. sheep, soon), e la [a:] a seconda del contesto fonetico si è chiusa in [e:] o in [o:], che si potevano poi ulteriormente dittongare (per es. ags. walas, stan > im. Wales, stone). La grafia dell'inglese moderno, però, in gran parte risale a prima dello spostamento vocalico e non si è mai adattata.

2) Consonanti

L'innovazione più evidente nell'inglese antico è la palatalizzazione delle consonanti velari in contiguità di un suono palatale, un fenomeno simile a quello per cui il latino centum – pronunciato [ˈkɛntum] – diventa l'italiano cento. Così nell'ags. cin “mento” la pronuncia passa da [kɪn] a [tʃɪn] (cfr. tedesco Kinn). A differenza dell'italiano, un simile fenomeno avviene anche quando il suono palatale precede la velare: così, nell'ags. rīc “ricco”, la pronuncia passa da [ri:k] a [ri:tʃ]. Inoltre la palatalizzazione avviene sempre nel gruppo consonantico [sk] > [ʃ] (g.c. *skīr-az > ags. *scīr > sheer; qui il tedesco ha lo stesso sviluppo, come si vede dalla parola schier).

Mentre la palatalizzazione di [k] si ferma a [tʃ], quella di [g] (che poi spesso era la fricativa [ɣ], dunque articolata con minor forza) deve essere passata assai presto da [dʒ] a [ʒ] e poi [j]. La pronuncia 'storica' di <g> palatale in inglese antico infatti è [j]: l'ags. dæg si pronunciava già [dæj] (già

16

Page 17: Fonologia (1)

alla fine del periodo anglosassone può essere scritto anche dei; la grafia moderna è parzialmente etimologica). Si noti che questo indebolimento non si verifica per consonante intensa: la [g] di g.occ. *leggjan > licgan (dove <cg> è la grafia normale di [dʒ]).

Tra le nuove consonanti esito di palatalizzazione e le vocali palatali successive si inseriscono vocali di transizione, chiamate 'glide': per cui g.occ. *geldan > *gieldan pronunciato [jiɛldan] “pagare, offrire” (yeld), che ovviamente viene dalla stessa radice di gold “oro” (questi glides si trovano anche davanti a [j] originaria: si veda inglese moderno year < ags. gear < anglo-frisone *[jæ:r], mentre in tedesco la forma Jahr conserva la vocale del germanico nordoccidentale, corrispondente al g.c. *[je:r]).b) Le fricative sonoreGià in inglese antico la fricativa bilabiale sonora del germanico occidentale [β] poteva essere scritta <f> (ags. sefon > im. seven), confondendosi con la pronuncia sonora che [f] aveva assunto tra vocali (il tipo wulfas > im. wolves). Nel periodo medio anche la [ɣ] si trasforma, facendosi assorbire dalla vocale precedente, per es. ags. brohte [bro:xt] > im. brought [browt], ags., niht [nixt] > im. night [nɑjt] (attraverso una fase intermedia [ni:t]).

Tedesco

Vocalia) Tendenza alla monottongazione di [aj] [aw]

Il gruppo del tedesco tende a mantenere la [a] del germanico occidentale. Nei dittonghi [aj] ed [aw], i due elementi tendono ad avvicinarsi.Nel gruppo basso-tedesco subiscono regolarmente monottongazione in vocale lunga [e:] [o:] (g.occ. * [stajn] > nederlandese moderno steen "pietra", g.occ. *[bawm] "tronco, albero" > nederlandese boom). In alto-tedesco questo fenomeno avviene solo in determinati contesti. 17

Page 18: Fonologia (1)

In alto-tedesco, il dittongo [aw] viene scritto <ou> (pronunciato [ow] o forse [ɔw]), ma nella fase media della lingua i due elementi torneranno distinti [aw], andandosi a confondere con gli esiti (moderni) di [u:] (g.occ. *[awɣ-on] > aat. ouga, tm. Auge, con [aw] come tm. Haus < g.occ./aat. [hu:s]). Laddove seguono alcune consonanti, il gruppo [aw] tuttavia si monottonga. Per es. g. occ. *[awz-on] > aat. ora, tm. Ohr, identico nella pronuncia al nl. oor.Il dittongo [aj] diventa solo [ej], scritto <ei> e si ferma così: g.occ. [stajn] > aat. stein, mod. Stein, che nella pronuncia (ma non nella notazione) evolve in [aj] andandosi a confondere con gli esiti (moderni) di [i:] (tm. weise < aat. wîs < g.occ. [wi:s], cfr. im. wise). Di nuovo, esistono alcuni casi di assimilazione in determinati contesti fonetici: g.occ. *[ajr-ist] > aat. erist "il più avanti; il primo" (nl. eerst).

b) Dittongazione di [e:], [u:]

Le vocali lunghe [o:] e [e:] si dittongano in tedesco in [wo] ([wɔ]? spesso scritto <ua>) e [jɛ] ([jæ]? spesso scritto <ia>). Poi questi dittonghi si monottongheranno di nuovo in età moderna, in [u:], [i:] (il primo di norma scritto <u>, come in bruder da aat. bruodar < g.c./g.occ. *[ˈbroθer], il secondo <ie> come in aat. spiegal < g.occ. *[ˈspe:gul].

Consonanti: la mutazione consonantica alto-tedesca

Nel gruppo tedesco notiamo il rafforzamento della pronuncia di tutte le consonanti. Questo rafforzamento, che comporta una esplosione maggiore dei suoni sordi (che però ne vengono intaccati, diventando affricate laddove erano articolate con maggior forza, e fricative intense dove erano più deboli) porta ad una nuova mutazione consonantica, che parte dai dialetti meridionali del tedesco e tocca l'area centrale solo in parte. Nel basso-tedesco non arriverà mai.Questa mutazione consonantica, chiamata alto-tedesca o "Seconda Legge di

18

Page 19: Fonologia (1)

Grimm", stabilisce che le occlusive sorde del germanico occidentale cambino in questo modo:

germanico occidentale

esito in posizione iniziale,postconsonantica (postnasale) o intensa

esito in posizione interna (tra vocali) o in finale postvocalica

p pf ff

t ts (grafia: <tz> <zz>) ss (grafia: <zz>)

k kx (grafia: <ch>) xx (grafia: <hh>)

Questo fenomeno è regolare in alto-tedesco superiore, ma non in alto-tedesco medio (o centrale): qui infatti la [k] non muta in posizione forte, ma solo in posizione debole.Naturalmente, le consonanti dei nessi *[sp] [st] [sk] [ft] [xt] nella seconda mutazione non mutano per non creare combinazioni impronunciabili come **[spf], [sts] [skx] [fts] [xts]. La stessa cosa succede anche al nesso *[tr], per gli stessi motivi. Per es. g.occ. [trew] "fedele" > aat. treu (cfr. im. true "vero", che ha conservato il significato originario nel sintagma true to one's word).

Ess.lat. papa "prete, papa" > aat. pfaffe "prete, parroco"; g.occ. [stump] "zoppo" > aat. stumpf (cfr. im. stump) g.occ. *[appul] "mela" > aat. apfel; g.occ. *[twaj] "due" > aat. zwei; g.occ. *[sattjan] > aat. sezzan [setsan] (im. set); g.occ. [etan] > aat. ezzan [essan] (im. eat); g.occ. [wurt] > aat. wurz "pianta, radice" (cfr. im. wort); g.occ. [ko:ni] > aat. kuoni (ma aat. superiore *chuoni [kxuoni]) > mod. kühn "prode" (cfr. im. keen "acuto"); g.occ. [bo:k] "libro" > aat. buoh > tm. Buch (cfr. im. book).

19

Page 20: Fonologia (1)

Le occlusive sonore del germanico occidentale, come nella precedente mutazione, non trovando più sorde a cui opporsi, tendono a perdere la sonorità:

[b] > [p][d] > [t][g] > [k] Tuttavia, questo fenomeno avviene regolarmente solo per la [d] (unica tra le consonanti sonore a non avere più un corrispettivo fricativo), mentre [b] e [g] mutano solo in alto-tedesco superiore e quando avevano subito la geminazione; comunque il tedesco rafforza sempre in occlusiva [β][ɣ] > [b][g].

Per es. g.occ. [bard] "barba" > aat. bart (im. beard), aat. superiore part;g.occ. [seβun] "sette" > aat. sibun (im. seven), aat. superiore sipun; g.occ. [daɣ] "giorno" > aat. tag (im. day), aat. superiore tac;g.occ. [god] "dio" > aat. got > tm. Gott (im. God), aat. superiore kuot;g.c. *[seβjo] > g.occ. *[seββjo] > aat. sippa "clan, famiglia allargata" (dall'ags. sibb[e] deriva il moderno sibling "fratello e/o sorella"). g.c. *[aɣjo] "spigolo, margine" > g.occ. *[aɣɣjo] > aat. ekka > tm. Ecke "angolo" (im. edge "margine").

Una volta che g.occ. *[d] > [t], l'alto-tedesco trasforma in occlusiva anche la fricativa g.occ. *[θ] > [d], un fenomeno dunque conseguente alla mutazione consonantica tedesca.

per es. g.occ. *[θat] > aat. daz > tm. dass (im. that).

20