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Fondo Sociale Europeo Mnistero del Lavoro e delle Politiche Sociali Regione Siciliana Assessorato del Lavoro della Previdenza Sociale, della Formazione Professionale e dell’Emigrazione

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Fondo Sociale Europeo Mnistero del Lavoroe delle Politiche Sociali

Regione Siciliana Assessorato del Lavoro

della Previdenza Sociale,della Formazione Professionale

e dell’Emigrazione

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Questa pubblicazione è realizzata e prodotta nell’ambito delle Attività di Promozione, Diffusione e Informazione previste dal progetto integrato “FOTOGRAFIA: CONSERVAZIONE E RESTAURO”

cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, Ministero del Lavoro e Regione SicilianaPOR Sicilia 2000/2006 Asse II Misura 3.17 (ex 2.04) ID 1999/IT.16.1.PO.011/2.04/7.2.4/115

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Progettisti: Rosa Mandina Paola Massucco Vito Patanella

Direzione progetto: Rosa Mandina

Partner di Progetto: Fondazione Giuseppe Whitaker -In convenzione per lo Stage: F.lli Alinari – Firenze Fotomuseo Giuseppe Panini – Modena Accademia di Francia - Roma- In convenzione per la Work Experience: - ICCD Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma. - Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali ed Ambientali della Regione Siciliana. - Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea di Milano - Studio Fotografico Fabio Savagnone - Vincenzo Mirisola (collezionista)

Attività di Ricerca:- Direzione della ricerca Rosalia Camerata Scovazzo- Ricercatori Ferdinando Lentini Corrado Mirmina M. Pamela Toti

Attività di Orientamento:- Coordinatore ISI srl Vincenzo Pepe- Orientatori Maria Laura Faldetta Francesca M. Tumminello

Attività di Accompagnamento all’avvio di impresa- Coordinatore ISI srl Cinzia Pepe- Consulenti Ignazio Aiello Andrea Chimenti Alessandro Riggio

Attività Formative:- Coordinatori Vito Patanella Mauro Sebastianelli-Selezionatori allievi Maria Caruso Ignazio Gorgone Clotilde La Greca Valentina Lo Galbo Amalia Princiotta Cariddi- Docenti Silvia Berselli Lorenza Fenzi Simona Ferrantin Giovanna Giordano Gabriele Li Vecchi Diego Malagutti Barbara Marabello Sally Norman Andrea Paoli Renata Riccioli Stefania Ruello M. Pamela Toti Salvatore Zafarana- Tutors Francesca Cicero Manuela Lentini

Segreteria e amministrazione: Valentina Mandina Aldo Messina Maria Nastasi Rosa Noto Sofia Paternostro Maria Russo

Diffusione e pubblicità: V&P Formazione e Servizi- Consulente per la grafica Salvatore Zafarana - Sito web Marcello Surdi

Monitoraggio Qualitativo: Giuseppa Mandina Nicola Battaglia

Gli Allievi dei Corsi

Addetto alla Catalogazione e Digitalizzazione di beni fotografici Giuseppe Amenta Barbara Arrigo Natale Bono Claudia Casano Giovanna Ciaccio Maria Derelitto Alice Failla Angela Franco Gaetana Milazzo Giuseppe Norcia Raffaele Polizzotti Piergiorgio Raja Sergio Romeo Gianpaola Scramuzza

Addetto alla Conservazione e Valorizzazione di beni fotografici Serena Andriolo Francesco Aronica Mariano Bonaccorso Livio Catalano Gabriella Franco Antonia Giusino Girolamo Guadagna Fabio Intergugliemi Stefania Romano Carmen Scalisi Marco Simonetti Stefano Soldato Anna Maria Sparaco Andrea Di Napoli Maria Anna Giordano

Hanno collaborato alla realizzazione del progetto:

Un ringraziamento particolare va al Consiglio di Amministrazione della Fon-dazione Giuseppe Whitaker nella per-sona del suo Presidente Prof. Angelo Falzea, al Presidente Dott. Aldo Scimè con il quale ha avuto inizio la colla-borazione con CRIMISOS, al Segretario Generale Dott.ssa M.E. Carollo ed al personale tutto della Fondazione per il prezioso contributo alla buona riuscita del progetto.

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INDICEIntroduzione pag. 4

Delia e la FondazioneLa Baronessa pag. 6 Corrado Mirmina

Arte, Etica, PrassiFotografia conservazione e restauro pag. 10 Rosa Mandina, Paola Massucco

Il Fondo fotografico WhitakerDalle foto di famiglia a fondo fotografico pag. 18 Rosalia Camerata Scovazzo

Un progetto di catalogazione per il Fondo Whitaker pag. 20 Salvatore Zafarana

La Conservazione in fototeca pag. 26 Silvia Berselli, Lorenza Fenzi

La conservazione degli archivi fotografici di famiglia.L’archivio fotografico della Fondazione G. Whitaker pag. 32 Stefania Ruello

Le esposizioni fotografiche pag. 36 Diego Malagutti

Immagini di vita quotidiana ed archeologiaGiuseppe Whitaker a Mozia pag. 40 M. Pamela Toti

A Mozia dai Whitaker pag. 43 Selezione di Immagini

Note didascaliche pag. 58

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CATALOGAZIONE E CONSERVAZIONE ATTRAVERSO LA FORMAZIONE PROFESSIONALE

Introduzione

Questo Volume è prodotto nell’ambito delle attività divulgative del Progetto Fotografia Conservazione e Restauro, finanziato dal Fondo Sociale Europeo (FSE), dall’Assessorato Regionale al Lavoro ed alla Formazione Professionale e dal Ministero del Lavoro, e segna l’incontro fra l’istituzione ed il mondo della formazione all’insegna della cooperazione e della cultura. Obiettivo dell’intero progetto formativo è stato quello di offrire ai partecipanti gli stru-menti atti a costruire una professionalità indispensabile per accedere al mondo del lavoro con una specializzazione acquisita nel corso di un lavoro professionalmente condotto. Protagonisti dell’iniziativa, assieme alla CRIMISOS Società Cooperativa, la ISI srl e part-ner di eccezione la FOndAzIOnE G. WhItAkER cui va il merito di aver creduto nella nostra iniziativa, oltre a numerosi Enti Pubblici e privati. L’intera esperienza si inserisce in un settore strategico per la Sicilia, quello della tutela e valorizzazione dei Beni Culturali che si annuncia come uno dei cardini dello sviluppo economico del futuro. In questo nostro lavoro editoriale si sono evidenziati i temi fondamentali che hanno interessato l’intero progetto: la catalogazione e sistemazione di un archivio di interesse storico-artistico, i problemi legati alla fruizione, la sua conservazione e la divulgazione, attraverso i contributi di alcuni professionisti che ci hanno collaborato nella qualità di docenti e ricercatori. Una selezione di immagini di notevole interesse storico-artistico, molte delle quali inedi-te, tratte dal Fondo Whitaker (note didascaliche in appendice), insieme ad immagini degli studenti al lavoro accompagnano i testi.

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Il FondoFotografico Whitaker

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CATALOGAZIONE E CONSERVAZIONE ATTRAVERSO LA FORMAZIONE PROFESSIONALE

non è facile raccontare una persona che non si è conosciuta da vicino, ma quan-

do si vive nella casa che fu di Giuseppe, tina e delia Whitaker, ci si lascia prendere dalla curiosità di scoprire il più possibile, facendo un ideale viaggio nel tempo ricco di emozioni per tutto ciò che ti circonda. Era il 1989 quando entrai per la prima volta a Villa Malfita-no. non conoscevo quasi nulla della Famiglia Whitaker, tranne qualche notizia riguardo la piccola isola di Mozia. della Villa Malfitano conoscevo solo il cancello d’ingresso ed il portiere, un uomo anziano, alto e scorbutico, che più volte mi aveva respin-to, imprecando e masticando chissà che cosa. non faceva passa-re nessuno, tant’è che si narra che un giorno non lasciò passare neanche l’Ambasciatore di Sua Maestà Britannica. La stessa accoglienza mi fu riservata il mio primo giorno di lavo-ro alla Fondazione. Solo l’intercessione della dottoressa Carollo, storico Segretario Generale della Fondazione, mi permise l’acces-so. Ce l’avevo fatta, ero riuscito ad entrare. Rimasi impressionato per tutto quello che si presentava sotto i miei occhi: l’enorme parco, il gigantesco ficus, la palazzina e ciò che conteneva. Mi chiesi: “È questo il luogo dove dovrò lavorare?”. Credo sia una sensazione comune a tutte le persone che per la prima volta entrano a Villa Malfitano, eppure di antichi palazzi nobiliari sici-liani ne avevo visti, ma qui era tutto intatto. Sembrava quasi che da un momento all’altro il padrone dovesse scendere dal piano superiore attraverso il grande scalone per ricevere i suoi ospiti.Con il passare del tempo cominciai a scoprire tutto ciò che

riguardava la storia della famiglia, la casa, gli oggetti, i docu-menti e le foto.La palazzina, composta da ben 52 stanze, si presentava arredata e, anche se mancante di alcuni pezzi, essa conteneva molti degli oggetti personali della famiglia. La biblioteca, già inventariata e catalogata poco prima della mia assunzione, si distingueva da qualsiasi altra cosa. dando uno sguardo ai titoli mi feci un’idea di quali fossero stati gli interessi dei padroni di casa.Un’altra cosa che attirò la mia attenzione furono le migliaia di lettere, documenti, e soprattutto le foto sparpagliate dal semin-terrato ai sottotetti.nel corso di questi anni la Fondazione è riuscita, grazie anche all’aiuto di alcuni volontari, a riordinare gran parte dei docu-menti. Inizialmente si è provveduto a catalogare il ricco archivio musicale, costituito da centinaia di spartiti; quindi si è proceduto a catalogare quasi tutto il materiale epistolare della famiglia, dico quasi tutto, poiché ancora oggi è possibile ritrovare all’interno degli arredi documenti e altro.Rimaneva solo da sistemare l’archivio fotografico, di cui una parte, riguardante l’isola di Mozia, era raccolto in alcuni album, mentre il resto si trovava sparso non solo tra le varie stanze della villa, ma diviso tra questa e l’isola. Raccolsi tutte le fotografie, le separai per soggetto e le conservai gelosamente in un armadio della villa. L’intento era di poterle sistemare poco alla volta, ma ciò non fu immediatamente possibile anche a causa dei lavori di restauro che la Fondazione mise in opera dopo l’incendio avve-nuto in alcune stanze della villa nel maggio 1994.

Delia e la Fondazione La Baronessa Corrado Mirmina

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L’opportunità si è in seguito ripresentata con il progetto forma-tivo gestito della CRIMISOS, che ha permesso di digitalizzare tutto il materiale fotografico, e prendere così atto della consi-stenza quantitativa e qualitativa del fondo posseduto dalla Fon-dazione Giuseppe Whitaker. Una grande intuizione quella del prof. Biagio Pace di istitui-re una Fondazione. Egli aveva capito che con l’estinzione della famiglia Whitaker, proprietaria dell’isola di Mozia, bisognava salvaguardare e dare un futuro agli studi della cultura fenicio-punica. La piccola isola infatti, situata al centro dello stagnone di Marsala, è il luogo che più di ogni altro in Sicilia si presta a questo importante compito.Va sottolineato l’interesse di delia Whitaker per la piccola isola che era considerata il gioiello di famiglia. Lei visse tra Palermo, Roma e Mozia, ma a quest’ultima dedicò gran parte delle sue at-tenzioni. Se molti storici si sono interessati alla famiglia Ingham e Whitaker, alla Palermo della Belle Époque, alla storia del vino Marsala, agli inglesi in Sicilia, gran parte del merito và attribuito a questa donna.Cordelia, detta delia, nacque a Palermo il 6 giugno 1885, se-condogenita di Giuseppe e Caterina Scalia, condusse una vita intensa tra feste, ricevimenti e viaggi. Ma la sua figura fu messa in secondo piano, all’interno della famiglia, dalla sorella norina, di un anno più grande. Questa era andata in sposa al Generale Antonino di Giorgio, un militare che si era distinto nella battaglia di Vittorio Veneto e che in seguito aveva ricoperto il prestigioso incarico di Ministro della difesa nel 1924. La vita di norina fu tuttavia caratterizzata da problemi di salute e venne assistita dalla sorella per quasi tutta la sua esistenza.Spulciando nelle lettere dell’archivio di famiglia ci si fa un’idea di delia completamente diversa da come spesso è stata descritta. Era una donna tenace, forte e non lasciava nulla al caso, control-

lava tutti i rendiconti e dava le sue istruzioni agli amministra-tori che le gestivano i beni sparsi per l’Italia. Rigorosa, teneva alle tradizioni, quelle inglesi: il tè alle cinque del pomeriggio, i festeggiamenti in onore della Regina d’Inghilterra, le attività di beneficenza, la gestione della Chiesa Anglicana di Palermo. Si presentava in pubblico sempre vestita di tutto punto, con i guanti, anche in estate e difficilmente faceva salire i suoi ospiti al primo piano della villa.Così si spiega l’estremo rigore tenuto dal vecchio portiere al can-cello della villa.Se le cose non fossero andate così e senza la perseveranza di delia, probabilmente non ci sarebbe stata né una Fondazione né una Villa Malfitano.non avrei mai creduto possibile ritrovare fra le foto raccolte e custodite con tanta gelosia da delia, immagini già impresse nel-la mia memoria …Era la fine degli anni sessanta, ed io, bambino, con i miei amici giocavamo nel giardino sotto casa, quando ad un tratto arrivò un’auto blu, una Lancia Fulvia. Un’immagine ancora nitida nei miei ricordi quella di un’anziana ed elegante signora seduta da sola sul sedile posteriore, un autista in divisa di colore grigio (in seguito scoprii che era l’uomo che stava al cancello della vil-la) che si premurava ad aprirle lo sportello. noi bambini rima-nemmo incantati da quella scena che più volte ebbe a ripetersi. Quell’anziana signora, dai modi gentili ed aria seriosa, era delia Whitaker che veniva a trovare dei suoi amici che abitavano nel nostro stesso palazzo.“La baronessa”, così la si chiamava, e così urlavamo tutti corren-dole dietro l’auto.

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Esprimersi attraverso le immagini è da sempre una delle esigenze più importanti

dell’uomo per poter comunicare il proprio pensiero, le proprie esigenze, il proprio operato. da quelle graffite sulla roccia ad opera dell’uomo preistorico a quelle realizzate mediante il mezzo fotografico si è verificato un notevolissimo progresso non solo dal punto di vista tecnico ma anche e soprattutto da quello sociale, grazie alle nuove frontiere raggiunte nell’uso e diffusione delle immagini stesse e, in parti-colar modo, delle fotografie, che sono divenute uno strumento di conoscenza e comunicazione di vitale importanza per la nostra realtà sociale e culturale. E non ci riferiamo solo alle immagini-documento, ma anche alle opere d’arte, nel caso in cui l’artista scelga, per esprimere le immagini che nascono interiormente, un apparecchio fotografico al posto di un pennello.Il crescente interesse per la fotografia, come forma di espressione artistica da un lato e come fonte per documentare il passato dal-l’altro, fa nascere sempre maggiori iniziative a livello europeo vol-te a conservare, a tutelare e a rendere fruibile il bene fotografico. Le collezioni fotografiche rappresentano una parte essenziale del patrimonio culturale europeo e sempre più le istituzioni – dal museo alla più specifica fototeca, dalla biblioteca, all’archivio – si preoccupano di affidare questo compito a personale specia-lizzato nel settore. Ogni foto è un frammento della realtà, o meglio, dell’interpreta-zione che quel determinato fotografo ha dato di quella determi-nata realtà, sia che si tratti di un documento a scopo di reportage o di un mezzo d’arte. La lettura, la tutela e la conservazione delle immagini richiedono, dunque, capacità di lettura e di analisi se-

condo una rigorosa metodologia di studio. Ma che si tratti di una documentazione sulla quale gli storici sono o saranno chiamati a lavorare o di pura espressione artistica, è importante che coloro che operano a vari livelli per la conservazione e la tutela delle immagini, acquisiscano una precisa capacità di lettura dei proce-dimenti fotografici e dei materiali costitutivi. Per fare questo, non si può prescindere da una precisa conoscen-za della complessità fisica del supporto. dall’introduzione della fotografia, nel 1839, numerosi procedimenti fotografici sono stati inventati ed applicati, alcune volte su larga scala, altre volte solo in qualche laboratorio di stampa. dagherrotipi, carte sala-te, collodii, albumine, pellicole al nitrato di cellulosa, acetato e poliestere: questi sono solo alcune delle numerose tipologie che sono state messe a punto in un passato di oltre centosessant’an-ni, per non parlare, poi, delle fotografie contemporanee e del-l’immagine digitale. L’identificazione delle tecniche fotografiche può essere difficile, in quanto molte di esse sono simili; inoltre le tecniche fotomeccaniche o a pigmento aumentano la confusione e complicano l’identificazione, se non si è più che esperti. Ciò nondimeno la conoscenza tecnica è di fondamentale importanza per la conservazione del patrimonio fotografico, che si deteriora molto rapidamente e che quindi richiede speciali ed appropriate misure di protezione. Manipolazioni errate possono provocare danni irreversibili alle opere fotografiche, mentre un corretto in-tervento di conservazione, anche solo preventiva, rende possibile prolungare la speranza di vita dei beni da conservare e di agire sulla possibilità di degrado. Se, come si è detto, gli oggetti fo-tografici presentano differenze tra loro, il problema comune a tutti è quello di preservarli da danni meccanici, da polvere o da

Arte, Etica, Prassi Fotografia conservazione e restauro Rosa Mandina Paola Massucco

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infestazioni dovute a condizioni ambientali non idonee.Ad oggi esistono sul territorio europeo davvero pochi esperti di conservazione fotografica, di contro molti coloro che si “improv-visano” tali, per rispondere a una domanda crescente da parte degli Enti pubblici e dei privati che sempre più necessitano di adottare corrette politiche di tutela, conservazione e valorizzazio-ne dei beni in loro custodia.Gli archivi fotografici sono composti generalmente da una gran-de quantità di immagini (positivi e negativi), realizzate da un unico autore o da autori diversi e spesso anche da attrezzature fotografiche, inventari, registri di contabilità, diari, opuscoli, li-bri, riviste. Se è bene precisare che non esiste un unico criterio di riordinamento e catalogazione, è altrettanto necessario chiarire che è fondamentale rispettare l’ordinamento di un archivio foto-grafico; questo vuol dire, infatti, rispettarne la storia, conoscerne i criteri e le finalità conservative, mutate a mano a mano che l’archivio è accresciuto e con il mutare delle tendenze artistiche e delle mode culturali. Anche qui, l’improvvisazione è deleteria. Ecco perché si rende necessario che le nuove generazioni, che si occupano o che vo-gliono occuparsi di fotografia, siano specializzate sull’identifica-zione dei procedimenti fotografici, sui metodi di organizzazione e di gestione di una fototeca, su come salvaguardare le fotografie e quindi su come approntare gli ambienti, i materiali e i prodotti per la conservazione, su come maneggiare i materiali fotografici e quale manutenzione essi richiedano, comprese le norme per un pronto intervento, i diritti d’autore e i diritti di riproduzione delle immagini. Questi i presupposti sui quali è nato il progetto “Fotografia: Con-servazione e Restauro” insieme, da una parte, alla consapevolezza dell’enorme ricchezza del patrimonio documentale e artistico degli archivi siciliani, che ci pone di fronte a complessi e nuovi problemi di conservazione e gestione, e dall’altra, alla crescente

richiesta di formazione specialistica da parte dei giovani che, in questo settore, potrebbero trovare numerose e nuove occasioni di lavoro. Per gli scopi, le finalità e le modalità organizzative il nostro pro-getto trova piena legittimazione nel Complemento di Program-mazione della Regione Siciliana, ed in particolare nella misu-ra 3.17, dove il “potenziamento e la qualificazione delle risorse umane, la contemporanea tutela e valorizzazione del patrimonio culturale regionale, e la promozione, sia della capacità di interve-nire per la conservazione e lo sviluppo dei beni artistici, che dell’im-prenditorialità, verso le attività culturali ed i servizi connessi” sono indicati come obiettivi primari da raggiungere per lo sviluppo dell’economia del settore.tutto il progetto ha avuto quale finalità la formazione di nuovi profili professionali nel settore dei beni culturali ed in particolare di tecnici esperti nel settore della conservazione e dell’archivia-zione digitale della fotografia storica e nella gestione di archivi multimediali, progetto che si è sviluppato attraverso attività e fasi diverse che, integrate tra loro, hanno contribuito ad arricchire di contenuti e di finalità la formazione stessa. La ricerca ha costituito la fase di avvio, concepita come momen-to di studio e valorizzazione del patrimonio siciliano, volta alla raccolta di informazioni e dati circa storia, arte, archeologia e costume fra fine ‘800 e primi ‘900, con la finalità ultima di for-nire all’attività formativa nuove fonti di studio, preziosi spunti storici, artistici e tecnologici, sulle quali organizzare la didattica del progetto. L’attività si è incentrata sulla studio e l’organizzazione dell’archi-vio fotografico della Fondazione G. Whitaker, dove, fra quelle che fino ad ieri erano soltanto le foto della Signorina delia e i cari ricordi di famiglia, sono stati trovati dati inediti ed impor-tanti utilizzati a supporto delle lezioni teoriche e delle attività pratiche.

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Proprio sulle attività pratiche vorrei soffermarmi per evidenzia-re come, nella nostra concezione di formazione, queste attività diventino, in aula o nei laboratori all’uopo allestiti per i nostri allievi, momenti di sperimentazione di lavoro professionale che viene adeguato, per le modalità esecutive ed attuative delle varie fasi, ai tempi della didattica. dati in aula i fondamenti teorici attraverso lezioni frontali, presentazioni di casi e seminari di approfondimento, gli allievi affrontano, supportati e indirizzati dai loro docenti, la progetta-zione di un intervento professionale che viene di seguito “cantie-rato” e quindi realizzato in ogni sua fase, fino alla diffusione dei risultati ottenuti. In questo complesso processo didattico è stato fondamentale il supporto della Fondazione Giuseppe Whitaker che, quale part-ner di progetto, ha permesso che si lavorasse, nel corso del Project work e dello Stage, su documenti di eccezionale rilevanza favo-rendo uno scambio, quanto mai fruttuoso, fra “Istituzione” e mondo della “Formazione”. Con gli allievi protagonisti nello svolgimento di un lavoro didat-ticamente guidato dagli insegnanti del corso, durante il Project work, e dal personale della Fondazione, in fase di stage, sono stati prodotti: - a) un catalogo per la consultazione informatica dell’archivio quale risultato finale del lavoro di catalogazione e archiviazione dei materiali, acquisizione digitale delle immagini e sviluppo di un data base;- b) il restauro di una selezione di foto particolarmente danneg-giate e la progettazione di un programma di conservazione del Fondo quale risultato della schedatura puntuale dell’intero ar-chivio e del rilevamento dello stato di conservazione dei singoli materiali.non di secondo piano, nell’ambito delle attività didattiche, è stato il confronto con realtà imprenditoriali ed istituzionali di

rilevanza nazionale quali quella con F.lli ALInARI a Firenze e con il FOtOMUSEO G. PAnInI a Modena e l’ACCAdEMIA di FRAnCIA a Roma che, nell’ambito dello stage collettivo, or-ganizzato dalla CRIMISOS, hanno ospitato i nostri allievi presso le proprie strutture facendoli partecipare ad attività seminariali su temi quali la catalogazione, l’acquisizione digitale, il restauro conservativo, gli allestimenti museali, ed accompagnandoli nelle visite ai propri laboratori ed alle mostre temporanee di foto stori-che. Ciò ha consentito ai partecipanti di avere un riscontro sia sul piano formativo che sul piano dell’orientamento attivo al lavoro. Questo complesso processo formativo ha indicato ai discenti le modalità attraverso le quali, nella realtà, si svolge un lavoro “professionalmente corretto”. ha costituito un modo per evi-denziare e sottoporre alla loro attenzione tutte le attività che, correlate alla loro figura professionale, possono costituire, i “ser-vizi” da offrire sul mercato ad un’utenza varia: pubblica ammi-nistrazione, studi fotografici, case editrici, riviste specializzate, fondi privati, etc. Ma anche un modo per indurre gli allievi a riflessioni sulle loro inclinazioni, sulla loro effettiva preparazio-ne professionale, su come questa si innesti sulle loro competenze di base, il tutto volto ad indirizzarli alla costruzione della loro identità professionale. Al raggiungimento di questo importante obiettivo ha contrbuito, nel corso dell’Azione di orientamento/accompagnamento, l’at-tività svolta da uno staff di tecnici e consulenti, che ha cercato di dare una lettura in chiave imprenditoriale a quanto sperimentato durante tutta l’attività formativa. I consulenti hanno condotto gli allievi verso una rielaborazione di quanto vissuto e prodotto nel corso delle esperienze pratiche e di stage, portandoli a trarne spunti, nuove idee progettuali ed iniziative da attuare nel settore della tutela, valorizzazione e gestione economica del patrimonio fotografico, oltre a condurli verso momenti di riflessione circa le loro personali inclinazioni.

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Sono emersi a questo punto gli obiettivi reali e realizzabili dei neo-qualificati che si sono suddivisi in due gruppi: da una parte si sono ritrovati coloro che avevano maturato la decisione di rea-lizzare delle idee progettuali attraverso un’organizzazione di tipo imprenditoriale, dall’altra coloro che avevano la necessità di spe-rimentare, ancora, la loro preparazione e le loro attitudini attra-verso esperienze lavorative guidate. da qui si sono avviate quelle che possiamo definire le fasi conclusive del nostro progetto: le work Experiences e l’avvio d’impresa. Infatti sono state fornite occasione di lavoro finanziate dal progetto attraverso l’assegna-zione di sei “Borse Formative”, contemporaneamente lo “staff di accompagnamento”, esaminate le idee progettuali degli allievi, ha fornito, a coloro che ne anno fatto richiesta, la consulenza necessaria affinché, dall’elaborazione didattica del Business Plan, si potesse approdare alla nascita di una nuove imprese.Corre qui l’obbligo di ringraziare coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa delicata fase progettuale ossia: l’Isti-tuto Centrale per il Catalogo e la documentazione di Roma, il Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la do-cumentazione dei Beni Culturali ed Ambientali della Regione Siciliana, la Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea di Milano, lo Studio Fotografico di Fabio Savagnone, il dott. Vincenzo Mirisola Collezionista privato di foto storiche ed an-cora la Fondazione G. Whitaker, i quali in convenzione con la CRIMISOS, hanno accettato di ospitare presso le loro strutture, per l’esperienza di lavoro guidata, i neo-qualificati dei due corsi ed ancora i tecnici della ISI srl che hanno fornito la consulenza necessaria per la costituzione e avvio della “Cooperativa Stanze di luce” che, figlia del progetto Fotografia: Conservazione e Restau-ro, sta già muovendo i suoi primi passi sul mercato del lavoro.

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Come in ogni famiglia che si rispetti, an-che nella famiglia di Giuseppe Whitaker

erano stati fissati immortalati i momenti maggiormente signifi-cativi e alcune fotografie, perlopiù di alte personalità con dedica autografa, erano state incorniciate ed appoggiate sul pianoforte nella Sala d’Estate di Villa Malfitano o appese ai muri della stan-za del biliardo o dei salotti. Si trattava però di una piccola parte della grande quantità di materiale che, come accade spesso, solo parzialmente era stato ordinato dalle signore Whitaker, tina e delia, in album di ma-rocchino marrone o verde con rifiniture in oro zecchino. Il resto delle immagini era stato riposto, nel migliore dei casi, alla rinfusa dentro cassetti, quando non ammucchiato dentro scatole di car-tone riposte nel sottoscala o in cantina.La prima fase del lavoro è quindi consistita nel recuperare ogni immagine e album, da cassetti o scatole, cercando di individuare un’eventuale logica nel loro essere insieme. In questo modo sono state censite ed inventariate oltre duemila fotografie, databili dalla metà dell’Ottocento agli anni Sessanta del Ventesimo secolo, anche se dalla morte di Giuseppe Whitaker (1936) diminuiscono le fotografie relative sia alla famiglia che ai diversi interessi delle eredi.Come era prevedibile le immagini accuratamente conservate in preziosi album erano riferibili a membri sia della famiglia Scalia, alla quale apparteneva tina, la moglie di Whitaker, sia della grande famiglia Whitaker (Giuseppe aveva undici tra fratelli e sorelle). non mancano le classiche foto di gruppo relative a feste di fami-glia con spose in splendidi abiti bianchi o bambini su carrettini trainati da pazienti asinelli o le tenere foto degli animali domestici;

ma sono presenti anche le foto delle proprietà dei Whitaker in Inghilterra o le immagini della Chiesa Anglicana a Palermo.nel complesso queste immagini sono le meglio conservate, anche se non sempre è stato possibile identificare tutti i personaggi raffi-gurati. Ugualmente ben conservate, in apposite cassette di legno, erano le lastre di vetro relative al viaggio di Whitaker in tunisia, mentre quelle che hanno maggiormente sofferto sono le fotogra-fie concernenti la vita sull’isola di Mozia, sia la quotidiana che quella archeologica, probabilmente anche per essere state conser-vate proprio sull’isola, in condizioni climatiche non ideali.dopo aver raggruppato i materiali fotografici in ampie catego-rie (Villa Malfitano, la famiglia Whitaker, Whitaker a Mozia, gli scavi a Mozia, gli interessi agricoli, il viaggio in tunisia, etc.) si è proceduto all’identificazione, laddove possibile, dei soggetti rap-presentati, cercando comunque di mantenere gli insiemi già esi-stenti. Il numero maggiore di immagini riguarda l’isola di Mozia; sono documentati, con occhio appassionato, i diversi momenti della vita che si svolgeva sull’isola e la parte del leone la fanno ovviamente i ritrovamenti archeologici.Una successiva indagine, ancora tutta da approfondire, ha riguar-dato anche l’identificazione degli autori delle fotografie, italiani e stranieri e le diverse tecniche di esecuzione. Questo certosino la-voro di riordino e di recupero di un grande numero di fototipi ha prodotto, come risultato, la creazione di un archivio fotografico ordinato per temi, nel quale sono presenti bellissime immagini sia dal punto di vista artistico sia dal punto di vista documentaristi-co, che forniscono nuove suggestioni sulla vita privata e pubblica di una famiglia benestante della Palermo di inizio novecento, inserita nel mondo culturale europeo del suo tempo.

Il Fondo fotografico Whitaker Dalle foto di famiglia a fondo fotografico Rosalia Camerata Scovazzo

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2087 positivi fra gelatine a sviluppo, aristotipi, albumine, platinotipie, contenute al-l’interno di buste, scatole, album, o sciolte; 413 negativi: tra pellicole e lastre. Questa la consistenza dell’archivio fotografico della Fondazione vagliato dal gruppo di Ricerca e che veniva trasferito idealmente sul mio ta-volo di lavoro per l’organizzazione dell’impianto didattico che avrebbe dovuto condurre 15 gio-vani alla costruzione della propria professiona-lità. Giovani che avrebbero dovuto imparare, nell’arco di appena 600 ore di lezione, i criteri della catalogazione, l’acquisizione digitale delle immagini, l’organizzazione di un archivio e tra-sformare gli insegnamenti in “progetto di catalo-gazione informatica” da adottare per le foto della Fondazione Whitaker; un catalogo che fosse di facile consultazione, che rispondesse ai criteri di catalogazione già standardizzati e contempo-raneamente riuscisse a soddisfare le esigenze dei proprietari. Un lavoro assai delicato su un fondo fotografico che già ad una sommaria occhiata si prospettava molto interessante per la presenza di una buo-na varietà di fototipi, dalle carte albuminate ai procedimenti non argentici, dai negativi su ni-trato di cellulosa a diapositive su vetro ritoccate a mano, fino alla gelatina sali d’argento, sia per

la presenza di autori famosi italiani ed inglesi, da Incorpora a Interguglielmi, da G. Churchill allo Studio Fotografico Weston & Son, solo per citarne alcuni.Un archivio di 2.500 fototipi che attendevano di essere inventariati, catalogati, digitalizzati, re-staurati. Un lavoro “professionale” da svolgersi nel corso della didattica. Questa la sfida!Bisognava ora impostare le lezioni perché tutto potesse svolgersi secondo un programma di det-taglio al quale far partecipare in maniera attiva tutti gli allievi, valorizzando la specifica prepara-zione di ciascuno e permettendo all’intera classe di seguire un percorso logico di lavoro. Ovviamente si è partiti dalle lezioni di base. Si è lavorato perché gli allievi raggiungessero una preparazione teorico-pratica sufficiente ed omo-genea per affrontare i moduli professionali. Il programma ha previsto tre momenti formativi fondamentali per lo sviluppo completo del nostro piano didattico. Importantissima è stata l’analisi condotta sui principali sistemi di catalogazione codificati, sia nazionali che internazionali: da quello messo a punto dall’ICCd con la famige-rata scheda “F”, al dUBLIn CORE, all’UnI-MARC, all’ ISBd, e per ciascuno dei sistemi si è cercando di fare una lettura critica, di apprezzar-ne i pregi, evidenziandone anche i limiti.

Un progetto di catalogazione per il Fondo Whitaker Salvatore Zafarana

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non meno importante è stato il lavoro condotto sul fronte della digitalizzazione delle immagini dove, nell’arco delle lezioni teorico-pratiche, si sono analizzati i procedimenti di acquisizione, i formati di registrazione (tiff, jpg, bmp, gif…), la loro elaborazione attraverso l’utilizzo di Photo-shop, adoperato quale software per la manipola-zione ed il fotoritocco delle immagini . Altro momento fondamentale della didattica, relativo al sistema di archiviazione dei dati, è dato dalla scelta di non utilizzare programmi standardizzati o soluzioni precostituite per la ca-talogazione informatica, ritenendo più utile far elaborare agli allievi un programma di gestione dati ed immagini da applicare allo sviluppo del catalogo della Fondazione Whitaker. A tal fine si è ritenuto opportuno far apprendere l’uso di un software specifico, FileMaker-Pro, che, didat-ticamente è stato ritenuto fra i più idonei per lo sviluppo di un database che potesse rispondere alle esigenze di flessibilità e facilità d’uso.A questo punto era necessario trasporre tutte queste informazioni su un “progetto specifico” da elaborare insieme con gli allievi e realizzare nella fase applicativa della didattica, ossia, nel corso del ProjectWork. Bisognava progettare un sistema di catalogazione e fruizione informatica delle immagini a partire dalla costruzione di una scheda di catalogo dove tutti i dati, codificati e indicizzati potessero tra-durre le immagini in parole.Si è, quindi proceduto all’elaborazione di una scheda con un set di metadati utili alle esigen-ze di catalogazione specifiche del Fondo, ma

che nello stesso tempo trovasse riscontro con gli standard nazionali ed internazionali; a tal fine è stata predisposta anche una tabella di corrispon-denza per poter dialogare con altri sistemi che utilizzano tali standard al fine di rendere agevole l’eventuale trasferimento di dati omogenei. Elaborato il prototipo della “Scheda di Cataloga-zione” si è provveduto alla sua sperimentazione su un campione di immagini e che ha permesso l’ottimizzazione del progetto di catalogazione stessa.Sullo stesso campione si sono messi a punto gli standar per la digitalizzazione delle immagini. Anche qui si sono seguiti criteri diversi da quelli suggeriti dall’ICCd: fermo restando i formati di acquisizione standard ( jpg e tiff ) si sono aumen-tati i livelli di risoluzione preferendo la scansio-ne di immagini ad una risoluzione minima di 600 dpi; questo permette, oltre ad una lettura di dettaglio dell’immagine stessa, la possibilità di utilizzazione del file per la stampa digitale e/o tipografica di grandi formati e di alta qualità. Ovviamente tutto ciò oggi risulta possibile grazie all’evoluzione tecnologica dei mezzi di scansione e alla capacità dei supporti di storage e back-up. Importante a questo punto del processo didatti-co è stato il confronto che i nostri allievi hanno avuto con realtà istituzionali e imprenditoriali di rilevanza nazionale quali l’Alinari a Firenze e la Fondazione Giuseppe Panini a Modena. Qui è stato possibile confrontare il nostro “progetto di catalogazione informatica” e i sistemi di catalo-gazione utilizzati in questi due importanti centri. Gli allievi hanno avuto modo di valutare i punti

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di forza e di debolezza del loro lavoro rispetto a sistemi utilizzati a livello “professionale” e con viva soddisfazione hanno constatato che il loro “prodotto didattico” risultava sicuramente per-fettibile” ma comunque reggeva il confronto. A questo punto, fatte le opportune correzioni, il progetto è stato adottato per la catalogazione di tutto il Fondo operazione che è stata realizzata nel corso dello Stage operato presso la Fonda-zione Whitaker con il supporto anche del loro personale e degli esperti intervenuti nella Ricer-ca di progetto. Interessante è stata anche l’interazione con il gruppo di allievi del corso di “Addetto alla valo-rizzazione e conservazione dei Beni Fotografici” che hanno collaborato ad una estensione della scheda di catalogo aggiungendo i metadati alla “scheda prototipo” e completandola, successiva-mente, con i dati relativi allo stato di conserva-zione e agli interventi di restauro eventualmente operati su ogni singolo fototipo schedato.Possiamo senza dubbio sostenere che è stato un processo didattico stimolante e creativo dove la sperimentazione ha avuto un ruolo fondamen-tale. La fase applicativa è stata fonte di ricerca e anche l’errore è stato principio di nuovi studi e approfondimenti. Un’esperienza gratificante tanto per gli allievi quanto per i docenti. nel corso delle attività progettuali si è reso un servizio alla Fondazio-ne Whitaker che oggi possiede un sistema che permette una migliore gestione del fondo ed una fruizione in sintonia anche con le esigenze

conservative; si è dotata di un sistema che rima-ne aperto ad ulteriori implementazioni da parte di storici e studiosi che possono ulteriormente arricchire di dati l’archivio. Ma ciò che appare più importante è che si è contribuito, nel nostro piccolo alla diffusione della cultura della valoriz-zazione e conservazione dei beni culturali attra-verso la valorizzazione delle risorse umane.

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La funzione di un archivio è quella di raccoglie-re, catalogare, far fruire e divulgare materiali, che spesso veicolano informazioni, immagini o dati. L’obiettivo fondamentale è quello di garantire la conservazione e l’utilizzo corretto del materiale costitutivo di queste informazioni. nel caso di una raccolta fotografica, la gestione riguarda i prodotti di una forma di comunicazione così dif-fusa, dinamica e versatile, da essere entrata, nel giro di pochi decenni dalla sua introduzione in molti aspetti della vita dell’uomo, con una quasi immediata applicazione in ambito specialistico ed artistico, ma anche nell’uso comune. La varietà delle informazioni veicolate dal mez-zo fotografico quindi è vastissima, così come estremamente diversificate possono essere le ca-ratteristiche dell’archivio: la sua gestione sarà di-rettamente legata alla sua storia, alla presenza di materiale storico, o moderno, o di entrambi, al tipo di fruizione ed anche alle istanze conservative particolari di alcuni tipi di materiali e tecniche di realizzazione delle immagini.Le raccolte di materiale fotografico infatti portano con sé una grande ricchezza anche sotto l’aspetto della tipologia dei materiali: supporti delle imma-gini, composizioni e procedimenti chimici che formano di fatto la fotografia rendono una fotote-ca una raccolta molto diversa dalle altre collezioni di stampo archivistico.

La storia della tecnica fotografica condensa in un solo secolo la quasi totalità delle sue sperimenta-zioni e applicazioni, da quelle “artigianali” a quel-le industriali e conosce, come si è detto, una dif-fusione rapidissima: da qui la grande complessità nell’affrontare un corretto approccio conservativo e di pratica operativa nell’ambito della gestione di un archivio fotografico.Ci sono luoghi che, per cultura, storia, vocazione, portano naturalmente con sé i valori della conser-vazione: così i musei e le biblioteche per esempio e con essi i loro archivi. Ma la fotografia, come oggetto, fa spesso parte di collezioni con intenti e usi affatto diversi: archivi di tribunali, ospeda-li, agenzie giornalistiche, per citarne solo alcuni, sono altrettanto diffusi ed utilizzati, spesso senza una strategia conservativa di ampio respiro. Evidentemente per affrontare problematiche così articolate servono competenze ed esperienze spe-cifiche nel campo della conservazione del mate-riale fotografico, che, va detto, offre oltre tutto un minimo spazio alle possibilità di intervento pratico.tutto questo ci porta alla necessità di operare at-traverso un progetto ben strutturato, che si po-trà elaborare sulla base di una raccolta di dati. Al fine di stabilire preliminarmente alcune priorità i dati riguarderanno vari ambiti: importanza del materiale conservato; esigenze dell’archivio, inte-

La Conservazione in fototeca Silvia Berselli Lorenza Fenzi

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so come struttura; tipo di fruizione del materiale; portata dell’impegno finanziario utilizzabile per l’attuazione del progetto; competenze specifiche del personale ed altri ancora. Possiamo suddividere l’acquisizione di informa-zioni e la loro valutazione in tre aree principali:

I materiali fotograficiAssieme alla necessaria osservazione delle caratte-ristiche fisiche del materiale presente nell’archivio, potrebbe essere indicato valutare la rilevanza del materiale stesso per approntare soluzioni diversi-ficate, soprattutto là dove risulti impossibile con-servare tutte le immagini della raccolta in condi-zioni conservative ottimali.Questo approccio è utilizzato soprattutto in am-bito anglosassone, dove trova una modalità opera-tiva così strutturata: esistono due precisi livelli di conservazione, nelle normative americane, deno-minati “Archival Storage Conditions” e “Medium Term Storage Conditions’, che danno differenti garanzie in termini di durata nel tempo della so-luzione conservativa adottata.La prima delle due modalità si utilizza in preva-lenza per materiale storico, dal particolare valore, la seconda garantisce un minimo di dieci anni di conservazione adeguata al materiale fotografico.La valutazione dei diversi livelli di qualità, impor-tanza storica e tecnica dei documenti dovrebbe essere effettuata all’interno dell’archivio.Si effettua quindi una rilevazione dei dati pret-tamente fisici che riguardano il materiale, come quantità, tipologia (positivi, negativi) formati,

tecniche di realizzazione. A questo nucleo di in-formazioni di base andranno poi aggiunte tutte le notizie relative all’eventuale tipologia di montag-gio, come cartoni, cornici, passe-partout, montag-gio in album; in astuccio o custodia, ecc. Altri dati che si possono acquisire, sono quelli che riguarda-no la presenza o meno dei trattamenti di finitura, come verniciature, ritocchi, mascherature, ecc.È inoltre necessario accertarsi della presenza o meno, all’interno della collezione di materiali già degradati, o pericolosi di per sé come il nitrato di cellulosa, che potrebbero accelerare il processo di degrado di opere o documenti posti nelle vici-nanze: un esempio potrebbe essere indicato nelle pellicole in acetato di cellulosa colpite da vinegar syndrom (sindrome dell’aceto). L’intera operazione di raccolta dati può essere condotta utilizzando delle schede predisposte e solitamente diversificate per negativi e per positi-vi, che consentono una valutazione delle informa-zioni più pratica ed organica.Il passo successivo consiste nel raccogliere anche le osservazioni riguardo allo stato di conservazio-ne dei singoli pezzi, dei supporti e degli eventuali elementi accessori (montaggi, finiture, ecc.) e, non meno importante, nell’effettuare una valutazione attenta dei materiali, quali buste, scatole, conteni-tori in genere, in cui i documenti sono alloggiati e conservati.da questo primo gruppo di informazioni muove-ranno le considerazioni di carattere conservativo sul materiale fotografico in senso stretto, che però da sole non sono sufficienti.

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Gli ambienti Bisogna infatti sottolineare quanto i fattori am-bientali influiscano su di una corretta conserva-zione del materiale fotografico, particolarmente sensibile al variare di alcuni parametri fondamen-tali. I livelli di temperatura ed umidità relativa presenti nei locali dell’archivio, il loro variare nell’arco della giornata, ma anche stagionalmente e sullo svolgersi di un intero anno, dovrebbero es-sere infatti rilevati, con strumenti di misurazione attendibili, ed attentamente studiati. nel caso in cui si ritenga necessario, il controllo e la possibili-tà di modificare tali valori potrà risultare determi-nante per la risoluzione di alcuni dei più comuni problemi conservativi del materiale fotografico.Ci sono poi situazioni in cui si verificano condi-zioni ambientali estreme e non prevedibili, quali incendi o allagamenti; si può però verificarne il livello di rischio all’interno dell’archivio e predi-sporre tutte le misure atte a ridurlo o eliminarlo. Sarà utile inoltre predisporre un piccolo ‘proto-

collo’ di emergenza interno, da attuare nel caso si verifichino questo genere di eventi.

Utilizzo dei materiali fotografici nell’ambito di un serio progetto conservativo è estremamente importante conoscere il tipo di uti-lizzo che viene fatto dei documenti presenti nella collezione: dal tipo di fruizione e manipolazione che avviene da parte del personale interno dell’ar-chivio, al tipo di utenza che consulta e fruisce il materiale, dal conoscere se è previsto un servizio di riproduzione delle immagini al verificare la frequenza con cui i documenti originali vengono dati in prestito o esposti. Questi sono alcuni esem-pi del normale utilizzo di immagini all’interno di una fototeca, ed anche la raccolta di questo tipo di informazioni permetterà di articolare un pro-getto mirato alle esigenze specifiche dell’archivio, rispettando però quelle che sono le imprescindibi-li condizioni di buona conservazione del materiale fotografico.

Particolare del transfer di una platinotipia. (Archivio fotografico Fondazione G. Whitaker)

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Le immagini fotografiche della famiglia Whi-taker in Sicilia si accompagnano alla storia del-la fotografia coprendo un arco di tempo che va dalle sue origini fino agli anni settanta. La ricca famiglia britannica, così in vista nella società si-ciliana, non poteva, certamente, non rispondere alla seduzione dell’auto-rappresentazione in cui fotografi di ogni paese si erano specializzati. L’ar-chivio è ricco di tipologie e di diversi materiali costitutivi, ma anche didatticamente composto e ordinato in una sequenza che ripercorre l’evolu-zione dei mezzi di ripresa e stampa fotografica. Un grande album sciolto di immagini legate tra di loro in una sequenza di avvenimenti che il grup-po di ricerca insieme a specialisti della storia della famiglia hanno riesaminato raggruppando le im-magini attorno a fatti, luoghi e persone creando sequenze con fili logici in un sistema complesso di riferimenti documentali.Le foto di famiglia sono ancora conservate negli ambienti che furono vissuti dalla famiglia stessa e quindi del tutto estranei a logiche museali moder-ne. Villa Malfitano, in particolare, ha conservato l’aspetto di dimora signorile con il mantenimento di suppellettili, tra cui originali fotografici incor-niciati, ed una topografia degli ambienti difficil-mente conciliabili con la creazione di un deposito climatizzato. Molte delle immagini costituenti oggi l’archivio

sono state sottoposte nel corso degli anni ad una consultazione frequente dovuta all’importanza che rivestono anche per la storia della città di Pa-lermo e il suo sviluppo urbanistico, per Marsala e la produzione vinicola, per Mozia e l’archeologia dell’isola. La manipolazione e la non corretta ac-quisizione con scanner non idonei è stata per le fotografie fonte di stress e degrado, problematiche che oggi sono in buona parte risolte grazie al la-voro condotto nel corso del progetto che ha con-sentito l’adozione di un protocollo per l’accesso all’archivio e la creazione di un archivio digitale per una più rapida ed immediata consultazione senza la manipolazione degli originali.Questi i problemi di conservazione del fondo, affrontati nel corso della redazione del piano di conservazione dell’archivio Whitaker reso opera-tivo nel Project Work del corso di “Addetto allla conservazione e valorizzazione di beni fotografici” su una selezione di foto a cura del gruppo di ricerca .Il piano di lavoro ha previsto l’identificazione puntuale di tutti i materiali di grande varietà (anche in termini di qualità); il mantenimento del contesto dell’archivio (buste o scatole con segnature originali); sono inoltre stati forniti dei suggerimenti per l’adozione di buone prassi per la consultazione degli originali ai fini della con-servazione preventiva.L’archivio Whitaker raccoglie una buona varietà

La conservazione degli archivi fotografici di famiglia. L’archivio fotografico della Fondazione G. Whitaker Stefania Ruello

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di fototipi: dalle carte albuminate ai procedimenti non argentici, dai negativi su nitrato di cellulosa a diapositive su vetro ritoccate a mano fino alla gelatina sali d’argento a sviluppo su carta barita-ta, tecnica dominante lungo tutto il novecento prima dell’introduzione del colore, della carta po-litenata e l’avvento del digitale. È notevole anche la varietà di supporti secondari, montaggi e cartel-le a falde che fanno da presentazione a ritratti di particolare bellezza e di studi fotografici raffinati e spesso d’origine anglosassone. Le immagini prese in esame sono state schedate con il rilevamento dello stato di conservazione e la descrizione degli interventi conservativi effettuati; dopo la pulitura meccanica e il consolidamento, lì dove necessario e possibile, le fotografie sono state archiviate in buste realizzate con carta permanen-te ed inserite in scatole confezionate con cartone per la lunga conservazione. Sarebbe necessario, in seguito, individuare tutte le pellicole in nitrato e conservarle a parte in luogo idoneo visti i ri-schi connessi con la deperibilità e la tossicità del supporto e separare dal resto la carta politenata a colori spesso foriera di residui di trattamento con-taminanti.Per quanto ci si impegni a migliorare le condizioni di conservazione di fondi e archivi, privati e pub-blici, il punto cruciale rimane spesso l’ambiente e le precauzioni prese durante la manipolazione del materiale. È da evitare l’esposizione non protetta degli ori-ginali che potrebbero essere sostituiti da copie nei casi di esposizione permanente; sarebbe consiglia-

bile, e non solo per il materiale fotografico ma anche per altri materiali organici come i tessuti, l’applicazione di filtri di schermatura dei raggi ul-travioletti alle finestre. tra gli ambienti della Villa, visto che non tutti sono riutilizzati, si potrebbe individuare un piccolo ambiente per il deposito dove mantenere (e monitorare) delle condizioni climatiche il più possibile stabili ed evitare gli eccessi dei parametri igrometrici senza necessaria-mente investire in un costoso impianto di clima-tizzazione. Sarebbe, infine, conveniente comprendere che, sebbene l’aura di familiarità e di prêt à porter delle immagini fotografiche, tipiche degli archivi di fa-miglia, sia parte del loro fascino, l’accesso non di-sciplinato può essere foriero di danni difficilmente riparabili e difficilmente dissimulabili anche con buon restauro se non, addirittura, definitivamen-te irreversibili; sarebbe, quindi, senza dubbio un buon investimento l’addestramento del persona-le assistente alla consultazione degli originali per non trasformare l’accesso innegabile ad un ricco patrimonio fotografico in un rischio.

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Mostrare, esporre, sono da sempre considerati azioni naturali legate sia alla vita di ogni giorno sia all’attività culturale, così come la capacità del nostro occhio di catturare le immagini. Il fatto che queste pratiche risultino naturali non significa però che siano processi semplici, anzi, la sovrae-sposizione del nostro occhio nell’ era moderna ha reso difficile la percezione di un singolo particola-re nella galassia di stimoli visivi che ci circondano. Proprio per questo il concetto di esposizione si è trasformato, è mutato su se stesso trovando una nuova serie di riferimenti visivi e comunicativi a seconda del soggetto esposto.L’ esposizione è oggigiorno, più che in passato, legata ad una natura particolare, unica, che si caratterizza da un lato con il rispetto di una se-rie di norme tecniche comuni, e dall’ altro con il dovere di valorizzare il soggetto esposto. Proprio per questa ragione, per questa natura ambivalente del processo espositivo non è possibile progetta-re senza conoscere. Conoscere assume quindi la valenza simbolica di “vedere” attraverso punti di vista molteplici, una sorta di scatto multiplo e contemporaneo. L’ esposizione diventa quindi una istantanea che deve far percepire al visitatore il soggetto mostrato nella maniera più naturale possibile, mediando con la complessità di esigen-ze di cui le opere hanno bisogno. Riuscire a far arrivare al fruitore il messaggio de-

siderato, è il passaggio fondamentale che il pro-gettista dell’esposizione deve affrontare. Il caso specifico delle esposizioni di fotografied’epoca-rappresenta la quintessenza delle difficoltà di que-sto ipotetico passaggio, sia per quanto riguarda la struttura tecnica di base dell’allestimento, sia per quanto riguarda la difficoltà nel ricreare l’aura della foto esposta. il punto di vista del fotografo è importante: “Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge: in quell’istante, la cattura dell’im-magine si rivela un grande piacere fisico e intellet-tuale. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore. Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. È un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere”Così scriveva henri Cartier-Bresson in “Immagi-nario dal vero”.Si è di fronte, quindi, ad una doppia problematica posta dall’istanza conservativa e da quella estetica, tanto affascinante quanto difficile: “accudire” le opere esposte salvaguardarle osservando una serie di norme tecniche e al contempo raggrupparle o isolarle lasciando inalterato il loro sublime mes-saggio di bellezza.È altresì vero che come asserisce Grant Romer

Le esposizioni fotografiche Diego Malagutti

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invece per la progettazione dello spazio espositi-vo, l’individuazione delle caratteristiche climati-che ottimali è di fontamentale importanza in re-lazione alle tecniche di esecuzione dei fototipi da esporre. Stampe, stampe in B/n, stampe a colori, negativi, lastre di vetro e dagherrotipi hanno, in-fatti, esigenze diverse.Il nodo dell’illuminazione è quello che meglio evi-denzia quanto sia complesso operare delle scelte ottimali in una esposizione fotografica. Se da un lato la scelta dei parametri di illuminazione, codi-ficata scientificamente con dei valori in lux, è una sorta di percorso obbligato, dall’ altro, la scelta di come illuminare e posizionare una fotografia, è una azione che deve essere calibrata per rendere migliore la fruizione dell’opera stessa ma anche per ridare ad essa l’aura perduta. In sintesi: un’opera fotografica è un’opera prove-niente dalla luce e risulta inevitabilmente legata ad essa. Gli allestimenti espositivi, di conseguen-za, soprattutto quelli di foto storiche, dovrebbero tener conto delle sue esigenze tecniche, dovreb-bero entrare dentro l’essenza stessa dell’opera, utilizzando tutti gli escamotages progettuali pos-sibili: dall’isolamento della singola opera, al suo collocamento in relazione alle altre, fino all’uso di particolari tecniche di illuminazione per valoriz-zare al meglio sia l’unicità delle opera stessa che per rendere migliore la comprensione da parte del pubblico dell’intero percorso espositivo.

“Le mostre fotografiche, attualmente di gran moda, rischiano di accelerare il degrado delle nostre foto-grafie piú importanti e preziose. Questa situazione può e deve cambiare”, se quindi la considerazione finale potrebbe essere “esporre meno, esporre me-glio” la cura di un progetto espositivo deve essere portata ad un livello tale per cui da essa derivi, per l’opera esposta, una fruibilità maggiore da parte del visitatore ed una assoluta sicurezza per quanto riguarda la sua integrità.L’esposizione di fotografie storiche deve essere trattata dal punto di vista tecnico con una notevo-le cura per quanto riguarda le norme atte alla sal-vaguardia delle opere esposte. nella fattispecie bi-sognerà approfondire la conoscenza del materiale a disposizione, per meglio individuare i supporti espositivi più idonei; degli ambienti utilizzati, per creare condizioni di umidità relativa e tempera-tura adatti all’esposizione stessa; ed, infine, sarà necessario operare nel campo dell’illuminazione generale e particolare, scelte opportune per non danneggiare seriamente opere particolarmente sensibili alla luce quali sono le fotografie. Analiz-zando nel dettaglio le problematiche sopra esposte viene spontanea una considerazione che ben rap-presenta la complessità dell’atto progettuale. Se, infatti, ci si limita a prendere in questione i punti singolarmente, si evince che, per quanto riguarda il supporto, una volta individuata l’opera ed iden-tificato il tipo di tecnica usata, si potrà procedere decidendo se utilizzare o meno il diretto contatto dell’opera al cotone sbiancato al solfito ed indivi-duare il grado del Ph;

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Ormai da più di un secolo le immagini fotografiche documentano i diversi mo-

menti della vita di ognuno di noi e anche Giuseppe Whitaker utilizzò questo mezzo, allora innovativo, per fermare e ricordare situazioni che coinvolgevano la sua famiglia.L’isola di San Pantaleo e la città fenicia di Mozia fanno parte della vita di Giuseppe Whitaker e circa la metà del suo ricco archivio fotografico riguarda eventi accaduti sull’isola, il cui acquisto fu completato nel 1906.A tale data risalgono le prime fotografie che documentano sia la vita quotidiana, sia l’archeologia ed è da sottolineare come siano ripresi tanto i proprietari quanto i loro ospiti e gli abitanti del-l’isola, pescatori e contadini.L’isola, infatti, dai primi del 1800, era abitata da famiglie di con-tadini, che costruirono le proprie case nel piccolo borgo sfruttan-do come materiale edile anche i resti della città antica.La loro sussistenza era assicurata dalla coltivazione dei campi a grano oltre che a vigneto e dalla presenza di animali, ovini e bo-vini, utilizzati anche come animali da tiro.Le immagini di questa vita e dei protagonisti sono conservate nell’Archivio Whitaker, econ esse rivivono i contadini dai volti segnati dalla fatica, i ragazzi che pescano i granchi nella laguna, i pescatori sulle barche a remi, il cavaliere che attraversa lo Stagno-ne sui bassifondali, i tori dal manto lucido e i diversi momenti della vendemmia e della mietitura e i gruppi di famiglia davanti le modeste abitazioni.Altrettanta cura è rivolta alla documentazione delle trasformazio-ni dell’edificio che diventerà la Palazzina Whitaker, riprenden-dolo da diverse angolazioni, nelle diverse fasi costruttive, non

tralasciando di mostrare anche l’arrivo sull’isola di arredamenti destinati alla casa, letti di ottone e materassi.Accanto alla Palazzina Giuseppe Whitaker erige una torre rive-stita di pietra, che rende il fabbricato molto simile ad un castello della campagna inglese. Ma la torre, l’edificio più alto dell’isola, oltre che a simboleggiare il “potere” del padrone è utile per altri scopi. dalla sua cima è infatti possibile fotografare a 360° tutta l’isola e documentare quindi, come al di fuori dei campi coltivati, la superficie di Mozia sia priva di vegetazione; sarà Whitaker, ap-passionato botanico, ad introdurre pini, piante grasse e fiori.Le essenze ornamentali, probabilmente provenienti dal giardino di Villa Malfitano, a Palermo, sono disposte davanti alla casa, formando il giardino; tutto intorno all’abitato sono piantati pini marittimi e nei campi, oltre alla tradizionale coltivazione della vite è introdotta la coltivazione dell’agave sisaliana dalla quale si ricava una fibra utilizzata per le funi e anche di questa coltura si documentano i diversi momenti della lavorazione.La vita quotidiana è anche la visita di amici e familiari dei Whi-taker. E queste occasioni sono minuziosamente “raccontate”, dal momento dell’arrivo in macchine scoperte al molo posto presso le Saline, alla traversata su barche a vela o a remi, le signore in-dossano grandi cappelli con sciarpe di velo, fino allo sbarco a Mozia, e sul molo si adempie al rito della foto di gruppo, visto che si è “sopravvissuti” ai flutti.La giornata, probabilmente organizzata nei minimi dettagli, pre-vede una passeggiata in carretto sulla strada sommersa, al ter-mine della quale si ritorna verso la Palazzina, per un’altra foto davanti al portone di ingresso o in occasioni speciali davanti alla casa dove soggiornò Garibaldi (come del resto fanno ancora oggi

Immagini di vita quotidiana ed archeologia Giuseppe Whitaker a Mozia M. Pamela Toti

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i turisti) e poi il padrone di casa accompagna gli ospiti a visitare gli scavi, munito prudentemente di un grande ombrello contro il sole; l’entusiasmo per le scoperte è tale che alcuni degli ospiti partecipano in prima persona alle attività archeologiche.Gli ospiti possono rilassarsi in pineta o appoggiati ad un covone di grano ma è possibile anche prendere un bagno in mare, appro-fittando della cabina costruita sulla riva per cambiarsi e quindi facendosi riprendere con audaci costumi che lasciano scoperte le braccia.Oltre alle foto riguardanti eventi familiari esistono anche quelle che documentano le visite ufficiali di personalità politiche a Mo-zia e colpisce in particolare quella di un esponente della famiglia Aosta che negli anni ’20 del secolo scorso si recò sull’isola e venne immortalato accanto al pino da lui piantato.Se la vita quotidiana è così dettagliatamente ripresa, con altret-tanta se non maggior cura, Giuseppe Whitaker racconta la sua avventura archeologica, sorretto nel cammino dal valido aiuto, anche fotografico, di archeologi del suo tempo, primo fra tutti Antonino Salinas “moziese fin dal 1855” come lui stesso si defi-nisce nel libro degli ospiti di Mozia e poi Biagio Pace e Thomas Ashby. La prima zona interessata dalle ricerche, e quindi fissata su la-strefotografiche, è quella di Porta Sud, dove sono ancora presenti accanto alle mura i merli crollati ed è qui che Salinas, sulla fo-tografia che lo ritrae accanto ai resti architettonici, di suo pugno scrive la didascalia: “merli fenici e merlo palermitano”.Lo stesso Salinas scatta delle foto sia ai resti archeologici sia al paesaggio senza tempo di Mozia come del resto fanno anche Bia-gio Pace e Thomas Ashby.dello scavo sono documentati tutti i momenti: gli operai sorve-gliati dal cavalier Lipari Cascio, l’amministratore di Whitaker, e, poiché sono anch’essi partecipi in prima persona, sono ripresi, con incredibile pignoleria, gli attrezzi di scavo: pala, picozzina e una cassetta di legno dove conservare gli oggetti rinvenuti.

La documentazione, minuziosa, segue passo passo i diversi gradi delle scoperte archeologiche e spesso, sul retro delle fotografie, Whitaker, di suo pugno riporta la data, il luogo e a volte com-menta anche la qualità delle immagini.I materiali dello scavo sono portati in magazzino dagli operai e si procede all’allestimento di un “set” per realizzare le foto da utilizzare per lo studio e anche da inserire nel libro su Mozia che Whitaker pubblicherà nel 1921.Poiché siamo su un’isola e per di più all’inizio del 1900, non esistono attrezzature all’avanguardia, ma si utilizza ciò che è a portata di mano, compresa una rete da pollaio, per costruire un piano per le riprese. Il fondo scuro è realizzato con l’ausilio di una coperta di lana e anche dei libri possono servire per creare un basamento dove collocare oggetti di piccole dimensioni. non sempre il primo scatto è quello buono, ma perseverando si ottengono ottimi risultati e le foto in seguito pubblicate lo di-mostrano. naturalmente gli oggetti più significativi saranno poi portati in studi fotografici e ripresi in artistiche composizioni, quando addirittura la foto non è colorata a mano. L’interesse di Giuseppe Whitaker per la fotografia (e per la fo-tografia a Mozia), nonostante le inevitabili manchevolezze, era pur sempre un fotografo “dilettante”, offre quindi una preziosa documentazione per l’inizio della storia moderna di questo im-portante sito archeologico fenicio punico.Ed inoltre dalle immagini nelle quali sono fermati i paesaggi e la gente moziese, traspare evidentissimo il grande amore che questo gentiluomo anglo-siciliano nutriva per il suo rifugio, immerso nella natura e nella storia.

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a Mozia dai Whitaker

Selezione di immagini tratte da uno stu-dio per l’allestimento di una mostra foto-grafica effettuato dagli allievi in fase di stages coordinati da Diego Malagutti e M. Pamela Toti.

Visita all’isola attraverso le immagini del fondo fotografico Whitaker

Mozia e lo Stagnone Gli abitanti Le attività produttive Gli scavi archeologici I set fotografici I visitatori e relax Il bagno nello stagnone

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Mozia e lo Stagnone a Mozia dai Whitaker

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a Mozia dai Whitaker

Gli Abitanti

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a Mozia dai Whitaker

Le Attività Produttive

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a Mozia dai Whitaker

Gli Scavi Archeologici

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a Mozia dai Whitaker

I set Fotografici

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a Mozia dai Whitaker

Visitatori e Relax

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a Mozia dai Whitaker

Il bagno nello Stagnone

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In copertina Walder Grayshott, Giuseppe Whitaker - ritratto, 1930.Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1304,

pag. 5 F.lli Vianelli, Giuseppe Whitaker - ritratto in età adulta, 1880.Stampa all’albumina. inv. AF1300

pag. 7 J.Weston&Son, Delia Whitaker - ritratto in studio, 1905 ca.Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1027

pag. 9 Autore sconosciuto, Delia Whitaker in giardino, anni ‘60.Stampa fotomeccanica. inv. AF1389

pag. 11 Autore sconosciuto, Tina Whitaker ed il cane Taffy-Too - quattro scatti in unica stampa. Stampa alla gelatina a sviluppo su carta politenata. inv. AF1331

pag. 13 Autore sconosciuto, Tina Whitaker in giovane età.Stampa all’albumina. inv. AF1318

pag. 15 G. Churchill, Delia Whitaker a tre anni, 1887.Stampa all’albumina, inv. AF1362

pag. 17 Bettini, Delia Whitaker - ritratto in Studio. Stampa all’albumina. inv. AF1360

pag. 19 Autore sconosciuto, Il Re d’ Inghilterra Giorgio V con la Re-gina ospiti a Villa Malfitano, 1925.Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1387

pag. 21 Curtis Brown, Caccia al cinghiale. Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1338 - AF1339

pag. 23 Archivio Digitale, Maschere inserimento dati. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 25 Archivio Digitale, Scheda di catalogo - inv. AF0011. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 27 Archivio Digitale, Scheda di catalogo - inv. AF0005. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 29 Archivio Digitale, Lista delle scheda di catalogo. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 31 Archivio Digitale, Scheda di restauro - inv. AF0010. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 33 Archivio Digitale, Scheda di restauro - inv. AF0012. Archivio fotografico Fondazione Whitaker

pag. 35 G. Churchill, Tina Whitaker (di spalle) con Taffy-Too. Stampa all’albumina. inv. AF1343,

pag. 37 Vandyk, Ritratto di Norina Whitaker. Collotipo. inv. AF0012

pag. 39 Bettini, Norina e Delia Whitaker. Stampa all’albumina. inv. AF1366

pag. 41 Autore sconosciuto, Tina Whitaker e Giuseppe Lipari Cascio durante un’ispezione agli scavi archeologici. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0068

pag. 43 Thomas Ashby, Norina e Delia Whitaker posano sedute su uno scoglio dello Stagnone, 1918-1920.Negativo su pellicola Mozia. inv.AF0082

pag. 44 A.Salinas, Molo di Mozia - veduta prima del sorgere del sole. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0051

pag. 45 alto sin. Autore sconosciuto, Mozia - arrivano le masserizie. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0053

pag. 45 alto des. Autore sconosciuto, Mozia – i carri sulla strada sommersa dello stagnone. Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF1231

pag. 45 basso sin. G.Platamone, Arrivo di Giuseppe e Delia Whi-taker in barca al molo di Mozia, 1921.Aristotipo alla gelatina. inv. AF0054

pag. 45 basso des. Vasari, Il trasporto delle pecore, 1963.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF1228

pag. 46, Autore sconosciuto, Gruppo di contadini di Mozia. Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1147

pag. 47 sinistra Autore sconosciuto, Bambino davanti la chiesetta di Mozia. Negativo su pellicola. inv. AF0048

pag. 47 alto des. Autore sconosciuto, Bambini a pesca nello Stagno-ne con la “rizza”. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0047

Note didascaliche

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pag. 47 basso des. Autore sconosciuto, Mozia - Giuseppe Lipari Cascio sulla soglia di casa. Negativo su pellicola. inv. AF0065

pag. 48 Autore sconosciuto, Mozia - Giuseppe Whitaker e operai con il macchinario per la lavorazione dell’agave sisalana nella fase della sfibratura e asciugatura. Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0032

pag. 49 alto sin. Autore sconosciuto, Mozia - coltivazione dell’aga-ve sisaliana nella zona sud dell’isola, 1952.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0029

pag. 49 alto des. Autore sconosciuto, Mozia - coltivazione dell’aga-ve sisalana nella zona sud dell’isola, sullo sfondo veduta della Palaz-zina Whitaker, 1952.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0030

pag. 49 basso Autore sconosciuto, Mozia - contadini durante la pe-satura delle ceste d’uva. Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0036

pag. 50 Antonio Salinas, Mozia - ”Merli fenici e merlo palermitano” Antonio Salinas seduto tra gli scavi di Porta Sud, 1906.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0084

pag. 51 alto sin. Autore sconosciuto, Mozia - Miss Crafton, distesa nella trincea degli scavi archeologici. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0070

pag. 51 alto des. Autore sconosciuto, Mozia - Tina Whitaker osserva distesa per terra il proseguimento degli scavi. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0069

pag. 51 basso Autore sconosciuto, Mozia - operai che trasporto i reperti archeologici, 1913.Aristotipo. inv. AF0098

pag. 52, Thomas Ashby, Mozia - reperti archeologici, 1913.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0267

pag. 53 alto Autore sconosciuto, Mozia - G. Whitaker di spalle osser-va i reperti per l’allestimento del set fotografico, 1921 ca.Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF0099

pag. 53 basso Autore sconosciuto, Mozia - Stele del Tofet, 1921 ca.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF0100

pag. 54 Autore sconosciuto, Mozia - Giuseppe Whitaker con Giusep-pe Lipari Cascio e Thomas Ashby col casco coloniale bianco ed altri ospiti davanti ai magazzini enologici. Negativo su pellicola. inv. AF0066

pag. 55 alto sin. Autore sconosciuto, Mozia - Ottavio e Paolo Tasca, Delia e Norina Whitaker, Paolina e Giuseppe Whitaker a passeggio per l’isola. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0063

pag. 55 alto des. Vasari, Mozia - il Colonnello Giulio Lipari, 1963.Stampa alla gelatina a sviluppo su carta baritata. inv. AF1197

pag. 55 basso des. Autore sconosciuto, Mozia - Giuseppe e Tina Whitaker, con due signore in pineta. Aristotipo alla gelatina. inv. AF0064

pag. 55 basso sin Autore sconosciuto, Mozia - Delia Whitaker e Giu-lio Lipari con altri ospiti posano seduti sulla paglia. Stampa alla gelatina a sviluppo. inv. AF1157

pag. 56 Thomas Ashby, Mozia - Delia e Norina Whitaker tra gli scogli dello stagnone, 1920 ca.Negativo su pellicola. inv. AF0072

pag. 57 alto sin. Thomas Ashby, Mozia - la stagione dei bagni: ci si cambia!, Delia e Norina Whitaker vicino al capanno, 1920 ca. Negativo su pellicola. inv. AF0074

pag. 57 alto des. Thomas Ashby, Mozia - la stagione dei bagni: Delia e Norina Whitaker a pesca con il retino, 1920 ca.Negativo su pellicola. inv. AF0081

pag. 57 basso sin. Thomas Ashby, Mozia - la stagione dei bagni: Delia e Norina Whitaker, 1920 ca.Negativo su pellicola. inv. AF0078

pag. 57 basso des. Thomas Ashby, Mozia - la stagione dei bagni: Delia Whitaker posa nello Stagnone immersa in acqua fino al ginoc-chio, 1920 ca.Negativo su pellicola. inv. AF0080

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Coordinamento editoriale e produzione V&P Formazione e servizi

Progetto grafico Salvatore Zafarana

Tutti i diritti sono riservati ©2007

Finito di stampare nel mese di Ottobre 2007Presso la Tipografia Alba, Palermo

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