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Anno III Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c legge 662/96 filiale di Roma S arà ormai noto a tutti. Dal 12 novembre scorso l’ACRI ha cambiato sede. I nuovi uffici sono ora ubicati in un palazzo storico, nel cuore della vecchia Roma: Palazzo Costaguti, in Piazza Mattei. Chiunque abbia passeggiato tra le vie del quartiere del vecchio Ghetto non può non aver notato questa splendida piazza, dove un po’ decentrata si erge una gentile fontana ornata da tartarughe e da nudi aggraziati, opera di Taddeo Landini, su disegno di Giacomo della Porta. In un angolo, come a formare una quinta architettonica, con un lato che prosegue su una via laterale, sorge Palazzo Costaguti. Nella sua forma ori- ginaria il palazzo fu costruito intorno alla metà del Cinquecento per volere del Monsignor Costanzo Patrizi, teso- riere di Papa Paolo III Farnese. Il pas- saggio di proprietà, molto probabil- mente, avvenne a costruzione finita, se non addirittura quando il palazzo era ancora incompiuto (L. Lotti, I Costaguti e il loro Palazzo in Piazza Mattei). In seguito, i nuovi proprietari fecero radicalmente riadattare il Palazzo dall’architetto aretino Carlo Lambardi (nato nel 1599). Attualmente esso si presenta come un complesso di edifici, eleganti e belli anche nelle decorazioni e modanature, ma mal col- legati assieme e con la particolarità di non avere una vera e propria facciata. Ma come e quando il Palazzo diventò Costaguti? I Costaguti era una famiglia di ban- chieri genovesi trasferitasi a Roma nel 1585. Ma già prima di questa data, Vincenzo Costaguti, uomo di affari “capace e quattrinoso” (L.Lotti, idem), con ingenti prestiti soccorre Monsignor Costanzo Patrizi che si ritrovò paurosamente inguaiato per incaute speculazioni finan- ziarie. E’ facile intui- re il seguito della vicenda. Gli eredi del banchiere si tro- varono così a riceve- re ben 26.000 mila scudi di debito dai Patrizi e, aggiungen- do solo 1000 scudi, riuscirono ad aggiudicarsi la proprietà del Palazzo. Rimane da verificare più precisamente le varie tappe costruttive ed i relativi rifacimenti, e ancor più, forse, merite- rebbe stabilire chi tra i Patrizi ed i Costaguti fu a commissionare la splen- dida decorazione degli interni. Nell’attesa di poter meglio approfon- dire tali questioni, riportiamo l’opinio- ne del Lotti: “La decorazione, non vi è dubbio, fu fatta eseguire dai Costaguti i quali, ormai, si erano definitivamente romanizzati e si trovarono al culmine delle loro fortune”. Romanizzati lo erano davvero se riuscirono ad attirare a Palazzo i migliori artisti operanti a Roma all’inizio del 1600. Non molto distante dalla nuova residenza dei Costaguti, infatti, a Palazzo Farnese, Annibale Carracci era stato impegnato assieme a numerosi allievi nell’impo- nente decorazione della Galleria. Si trattava di allievi di gran rilievo come Guido Reni, Giovanni Lanfranco, Domenico Zampieri e Francesco Albani, tutti emiliani che ben presto, raggiunta piena autonomia dal mae- Palazzo Costaguti di Elisabetta Boccia LA NUOVA SEDE DELL’ACRI Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, Armida e Rinaldo, part. Giovanni Lanfranco, Virtù della Pace e della Giustizia, part. Foto: A. Attenni Foto: A. Attenni

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n° 8 marzo/aprile 2001

Anno III Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c legge 662/96 filiale di Roma

S arà ormai noto a tutti. Dal12 novembre scorso l’ACRIha cambiato sede. I nuovi

uffici sono ora ubicati in un palazzostorico, nel cuore della vecchia Roma:Palazzo Costaguti, in Piazza Mattei.Chiunque abbia passeggiato tra le viedel quartiere del vecchio Ghetto nonpuò non aver notato questa splendidapiazza, dove un po’ decentrata si ergeuna gentile fontana ornata da tartarughee da nudi aggraziati, opera di TaddeoLandini, su disegno di Giacomo dellaPorta. In un angolo, come a formareuna quinta architettonica, con un latoche prosegue su una via laterale, sorgePalazzo Costaguti. Nella sua forma ori-ginaria il palazzo fu costruito intornoalla metà del Cinquecento per voleredel Monsignor Costanzo Patrizi, teso-riere di Papa Paolo III Farnese. Il pas-saggio di proprietà, molto probabil-mente, avvenne a costruzione finita, se

non addirittura quandoil palazzo era ancoraincompiuto (L. Lotti, ICostaguti e il loroPalazzo in PiazzaMattei). In seguito, inuovi proprietari feceroradicalmente riadattareil Palazzo dall’architetto aretino CarloLambardi (nato nel 1599). Attualmenteesso si presenta come un complesso diedifici, eleganti e belli anche nelledecorazioni e modanature, ma mal col-legati assieme e con la particolarità dinon avere una vera e propria facciata. Ma come e quando il Palazzo diventòCostaguti? I Costaguti era una famiglia di ban-chieri genovesi trasferitasi a Roma nel1585. Ma già prima di questa data,Vincenzo Costaguti, uomo di affari“capace e quattrinoso” (L.Lotti, idem),con ingenti prestiti soccorre

Monsignor CostanzoPatrizi che si ritrovòp a u r o s a m e n t einguaiato per incautespeculazioni finan-ziarie. E’ facile intui-re il seguito dellavicenda. Gli eredidel banchiere si tro-varono così a riceve-re ben 26.000 milascudi di debito daiPatrizi e, aggiungen-

do solo 1000 scudi, riuscirono adaggiudicarsi la proprietà del Palazzo.Rimane da verificare più precisamentele varie tappe costruttive ed i relativirifacimenti, e ancor più, forse, merite-rebbe stabilire chi tra i Patrizi ed iCostaguti fu a commissionare la splen-dida decorazione degli interni.Nell’attesa di poter meglio approfon-dire tali questioni, riportiamo l’opinio-ne del Lotti: “La decorazione, non vi èdubbio, fu fatta eseguire dai Costagutii quali, ormai, si erano definitivamenteromanizzati e si trovarono al culminedelle loro fortune”. Romanizzati loerano davvero se riuscirono ad attirarea Palazzo i migliori artisti operanti aRoma all’inizio del 1600. Non moltodistante dalla nuova residenza deiCostaguti, infatti, a Palazzo Farnese,Annibale Carracci era stato impegnatoassieme a numerosi allievi nell’impo-nente decorazione della Galleria. Sitrattava di allievi di gran rilievo comeGuido Reni, Giovanni Lanfranco,Domenico Zampieri e FrancescoAlbani, tutti emiliani che ben presto,raggiunta piena autonomia dal mae-

Palazzo Costagutidi Elisabetta Boccia

LA NUOVA SEDE DELL’ACRI

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino,Armida e Rinaldo, part.

Giovanni Lanfranco, Virtù della Pace e della Giustizia, part.

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2 Fondazioni novembre/dicembre 2002

som

mar

ioLA NUOVA SEDE DELL’ACRI

1

NONPROFIT4

VII RAPPORTO SULLEFONDAZIONI BANCARIE

6

CONVEGNI7

78A GIORNATA MONDIALEDEL RISPARMIO

8

VOLONTARIATO11

DAL SISTEMAOSCAR DI BILANCIO

14DAL SISTEMAPROGETTI

15

COMITATO EDITORIALEGiuseppe Guzzetti, Alberto Carmi,

Giorgio GiovandoDIRETTORE

Stefano MarchettiniDIRETTORE RESPONSABILE

Elisabetta BocciaREDAZIONE

Associazione fra le Casse di Risparmio ItalianePiazza Mattei, 10 - 00186 Roma

Tel. [email protected]@acri.it

AUTORIZZAZIONEin a.p. art. 2 comma 20/c

legge 662/96 - Filiale di RomaPROGETTO GRAFICO E STAMPA

Tipolitografia RocograficaPiazza Dante, 6 - 00185 Roma

Tel. 06.704.53.481 Fax 06.700.47.97

CODICE ISSN 1720-2531

Gli articoli firmati riflettonoesclusivamente l’opinione dei

loro Autori e non necessariamentequella della Rivista o dell’ACRI

LA NUOVA SEDE DELL’ACRI

DAL SISTEMASOCIALE

16

Gran Bretagna Italia

8.127 8.487

Fonte: indagine IRS

gg(milioni di euro)

stro, ricevono numerosealtre commissioni perchiese, ville e palazziromani. Essi rappresen-tavano nella Roma diquegli anni l’alternativaalla scelta realisticacaravaggesca, poichénelle loro teorie, basatesu fondamenti di orien-tamento classico, vierano i presupposti perun ritorno all’anticosplendore della Roma rinascimentale.Lavorando a Palazzo Farnese, avevanoappreso l’insegnamento di Annibale:necessaria era l’ideazione grafica preli-minare attraverso una serie di studi dalvero sempre più dettagliati, al fine diprecisare i diversi particolari; poi occor-reva procedere alla realizzazione del car-tone a grandezza naturale che consentivadi passare all’esecuzione della tela o del-l’affresco. D’altra parte così teorizzava,in quegli anni, nel suo Trattato il bolo-gnese monsignor Agucchi (1607-1615):“La natura non può essere oggetto didiretta rappresentazione artistica, madeve essere sottoposta ad un processo diidealizzazione e di elezione”. Gli uffici dell’ACRI occupano una partedel vasto piano nobile dove vi lavoraro-no molti di questi artisti tra cui Albani,Domenichino, Guercino, Lanfranco,Tassi e Romanelli. Come d’uso negliantichi palazzi, si passa da una salaall’altra ammirando, in un crescente stu-pore, i bellissimi affreschi delle volte.Dopo aver superato l’atrio nel quale tro-

neggia un enorme baldacchino -iCostaguti ebbero l’onore di essere nomi-nati anche marchesi ab Auleo o di bal-dacchino- si accede alla Sala di Ercoledove, al centro della volta, l’eroe è rap-presentato nell’atto di colpire con le frec-ce il centauro Nesso che fugge dopoavergli rapito Dejanira. Alla lezione clas-sicista di Annibale Carracci, l’autore deldipinto Francesco Albani (Bologna1586-1660) vi aggiunge un personalesentimento idilliaco, come rivelano lagrazia e l’eleganza delle figure e la resaefficace del paesaggio sullo sfondo. E’ il Mito di Arione liberato dal delfinoinvece ad essere raffigurato nella voltadella Sala di Arione (ora Sala delPresidente): emulo di Orfeo e celebresuonatore di liuto Arione, aggredito suuna nave dai pirati perché in possesso diingenti ricchezze chiede, prima di mori-re, di poter suonare il suo strumento.Dalla dolcezza del suono ne sono attrattidei delfini su uno dei quali Arione sigetta dalla nave per essere portato insalvo. Sul capo del bel suonatore un

amorino in volo staponendo una corona dialloro; mentre sulladestra due sirene bellissi-me lo accolgono congraziosa eleganza. Ilmito è illustrato daFrancesco Romanelli,allievo di Domenichino,avendo ben presenteperò due celebri modelli:l’affresco della Galateaalla Farnesina di

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

18

Francesco Romomelli, Arione liberato dal delfino, part.

Giovanni Lanfranco, Virtù della Pace e della Giustizia, part.

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3Fondazioni novembre/dicembre 2002

LA NUOVA SEDE DELL’ACRI

Raffaello e Polifemo mentre suona lasiringa alla Galleria di Palazzo Farnesedi Annibale Carracci. Sulla volta della sala successiva -propriodove hanno inizio gli uffici operatividell’ACRI- per opera di GiovanniLanfranco (Parma 1582-1647) sonodipinte le Virtù della Pace e dellaGiustizia rappresentate da due donnedalla seducente bellezza ideale. Le duevirtù tentano di congiungersi e di avvici-nare le loro labbra in un bacio spirituale,ma vengono divise da una forza misterio-sa, come se l’artista abbia voluto rappre-sentare, al di sopra degli odi e delle pas-sioni umane, l’aspirazione di una difficilecongiunzione. Dal mito alla poesia e allaletteratura, per arrivare alle due sale piùbelle: la scena che campeggia al centrodella volta della cosiddetta Sala diRinaldo è tratta dalla GerusalemmeLiberata di Torquato Tasso (XIV,60).Armida porta via sul suo carro Rinaldoaddormentato è eseguita da un altro emi-liano, Giovanni Francesco Barbieri, dettoil Guercino (1591-1666); le possenti pro-spettive architettoniche e le composizionidelle incorniciature si devono al quadratu-rista Agostino Buonamici, più conosciutocome Agostino Tassi (1595-1644). Lacollaborazione fra i due artisti non ènuova: assieme avevano lavorato nellacelebre Aurora del Casino Ludovisi, cuicertamente fa riferimento la volta diPalazzo Costaguti. Un’ardita balconata fada cornice alla scena: due draghi alatisopra nubi fumose tirano il carro ricca-mente decorato dove Rinaldo, con la testa

appoggiata alla manosinistra, è caduto in unsonno fatato; Armida,bella e voluttuosa graziealle sue arti magiche, conle braccia sollevate e reg-gendo con la destra labacchetta incantata incitai due mostri alla corsa;mentre in alto Cupido confreccia acuminata sorve-glia la scena. Nell’ordineinferiore un porticatodalle bellissime colonnetortili -capolavoro del Tassi- si apre su uncielo ricco di sfumature che rivelano del

Guercino il gusto per i contrasti luministi-ci: la balaustra accoglie numerosi uccelli

di varie specie, qualipavoni, fagiani, colombi,pappagalli, cui si aggiun-ge, dallo sguardo irrive-rente, una scimmia. Gli affreschi della salaattigua, già Sala delleUdienze o del Tronetto(ora Sala del Consiglio)raffigurano al centro delsoffitto il Carro diApollo su uno sfondo dicielo giallo acceso, inuna cornice di gruppi di

nuvole fumose e bianche; lungo il peri-metro della volta una classica trabeazio-ne dorica delimita l’area di un altro cieloazzurro-plumbeo. Per ampliare lo spaziol’autore dell’affresco, DomenicoZampieri, detto il Domenichino (1581-1641), ricorre ad un abile gioco di pro-spettiva valendosi anche lui della colla-borazione del Tassi, il quale rinnova ladecorazione estendendola a tutta lavolta. L’episodio centrale però, forseperché opera giovanile dell’autore,denota una certa rigidità di esecuzione,dove “i quattro stecchiti destrieri” chetirano il carro “..avanzano proprio comecavallucci lignei di giostra … (due bian-chi, un baio ed un morello), con l’insop-portabile allineamento degli ottoarti posteriori” (A. Neppi. Gliaffreschi del Domenichino a Roma,1958). Bellissimo invece è su un lato delsoffitto il particolare della Verità scoper-ta dal Tempo, in cui l’agile figura delvecchio canuto (il Tempo) che reggenella mano sinistra un serpente a formadi cerchio (simbolo del corso perenne),afferra la vergine bionda seminuda chemostra con le braccia alzate la sua “veri-tà”. Belli questi affreschi, con la partico-larità di appartenere ad artisti importantie di essere raccolti in un unico palazzo;entusiasmanti anche perché poco noti eche meritano senz’altro studi e analisipiù approfonditi, nella speranza che unapubblicazione scientifica possa contri-buire ad ampliare e ad aggiungere unpiccolo tassello all’immenso mosaicodella nostra storia dell’arte. ■

Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, Armida eRinaldo, part.

G. F. Barbieri, detto il Guercino,Armida e Rinaldo, part.

Domenico Zampieri, detto il Domenichino, Carro di Apollo,part.

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4 Fondazioni novembre/dicembre 2002

NONPROFIT

I l valore sociale del settore non-

profit italiano ammonta a 8,5

miliardi di euro e il tasso di ren-

dimento potenziale delle risorse che vi

vengono investite risulta pari al 37%.

Questi in estrema sintesi i risultati dello

studio “Nonprofit italiano: creazione di

valore aggiunto sociale e ruolo delle

donazioni” promosso dal Summit della

Solidarietà e realizzato dall’Istituto per

la ricerca sociale.

La ricerca - finan-

ziata da Unicredito

e presentata a

Roma lo scorso 13

novembre nella

sede dell’ACRI,

patrocinatore del

lavoro insieme al

ministero del

Welfare e al mini-

stero dell'Economia

– si basa su un nuovo indice di misura-

zione della performance sociale del

Terzo settore: il valore aggiunto sociale

(VAS), uno strumento che può essere

utilizzato per la

valutazione del-

l’impatto delle poli-

tiche di settore.

Tale misura consi-

ste nella differenza

tra i benefici diretti

e indiretti generati

dal nonprofit e i

costi sostenuti per

svolgerne le attivi-

tà. Inoltre, il rap-

porto tra il VAS e i costi complessivi

fornisce un indicatore del rendimento

potenziale delle risorse investite. I

valori rilevati nello studio italiano

risultano in linea con i risultati ottenuti

in un’analoga ricerca svolta in Gran

Bretagna, nonostante le profonde diffe-

renze strutturali e le diverse fasi di svi-

luppo del settore riscontrabili nei due

Paesi (figura 1).

La metodologia di stima utilizza la

valutazione contingente, uno strumen-

to di analisi mutuato dall’economia

ambientale che, rivelando le preferen-

ze dei cittadini, consente di far emer-

gere il reale valore del settore. Il setto-

re nonprofit è stato finora oggetto di

ricerche volte a trovarne un’adeguata

definizione e/o a reperire dati che

potessero aiutare a “misurare” la sua

grandezza in termini di struttura occu-

pazionale, fonti di finanziamento,

ripartizione delle spese, tipologie set-

toriali, servizi e beni offerti, distribu-

zione territoriale. L’ultima e la più

completa di tali ricerche (“di input”) è

costituita dalla rilevazione censuaria

realizzata dall’Istat con il contributo

scientifico dell’Istituto per la ricerca

sociale e del Centro di ricerche sulla

c o o p e r a z i o n e

dell’Universi tà

Cattolica di

Milano. Le varia-

bili economiche

tradizionali non

permettono tutta-

via di cogliere

appieno il contri-

buto che il non-

profit, per la natu-

ra specifica delle

attività svolte, apporta al benessere

collettivo. Si tratta di un contributo che

si misura evidentemente sul beneficio

tratto da alcune categorie specifiche

come quella degli

utenti, dei volon-

tari e della popo-

lazione in genera-

le che, pur non

usufruendo dei

servizi del setto-

re, trae un benefi-

cio indiretto dalla

sua esistenza.

Una misura del

valore che il non-

profit ha per la popolazione potrebbe

in realtà essere commisurata all’am-

montare di donazioni effettuate. Tale

Il valore aggiunto socialedel nonprofit italianodi Stefano Cima *

Tabella 1Percezione del settore nonprofit

non d’accordo d’accordo Non sa% % %

E’ importante perchétutti prima o poi ne utilizzano i servizi 16,5 82,2 1,3migliora la nostra società 8,1 90,5 1,4

Non è importante perchégli stessi servizi sono forniti da imprese 90,0 6,9 3,1gli stessi servizi sono forniti da enti pubblici 89,0 8,0 3,0

Fonte: rilevazione Irs, 2002

Tabella 2Donazioni per settore

Settore v.a. in euro %

Servizi sociali 3.706 5,0Educazione e ricerca 5.843 7,9Sanità 5.395 7,3Cooperazione e solidarietà internazionale 17.000 23,1altri settori 2.132 2,9non ricorda 39.473 53,7

Totale 73.549 100,0

Fonte: rilevazione Irs, 2002

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5Fondazioni novembre/dicembre 2002

NONPROFIT

grandezza tuttavia è soggetta ad alcu-

ni limiti come quello del free-riding

per il quale ogni individuo tende a

non rivelare pienamente le sue prefe-

renze pagando un costo individuale

minore del beneficio ottenuto dall’e-

rogazione del bene. Riuscire a calco-

lare il valore di tali benefici e di tutti

i costi sostenuti dalle organizzazioni

nonprofit è la chiave per misurare il

reale valore del settore.

La ricerca ha consentito di tracciare un

profilo dell’italiano di fronte al non-

profit: ne conosce e utilizza poco i ser-

vizi; effettua donazioni in maniera

spontanea, spesso senza ricordare con

precisione il settore e le attività soste-

nute (tabelle 1 e 2). Lo studio delle

motivazioni all’origine delle donazioni

mostra un pubblico che dona princi-

palmente perché condivide i valori e

sostiene le azioni (90%), mentre più

basse sono le percentuali di chi dona

per imbarazzo o per sentirsi generoso

(figura 2).

In estrema sintesi, i donatori risultano

pari al 65% dei rispondenti, quota corri-

spondente a 31 milioni di italiani.

Ciascuno di essi dona in media annual-

mente 117 euro alle

organizzazioni del

settore. Di questi il

35% dona più di 50

euro annui. Gli

incentivi fiscali sono

poco noti e poco

usati: sono cono-

sciuti dal 53% degli

intervistati ma solo

il 20% dei donatori

li utilizza effettiva-

mente. In generale,

la popolazione ita-

liana è generosa e

donerebbe di più se

fosse tenuta al cor-

rente dell’utilizzo

dei fondi raccolti.

Risulta infine evidente che i cittadini

sarebbero disposti ad effettuare ulteriori

donazioni per evitare la chiusura delle

nonprofit: posti di fronte allo scenario

ipotetico di un rischio di chiusura del

settore, l’85% dei rispondenti è disposto

a pagare di più. In media, le persone che

già donano sarebbero disponibili a paga-

re oltre il doppio di quanto già donano

per il nonprofit. Ad essi si aggiungereb-

bero inoltre nuovi donatori.

La ricerca contiene infine un’approfon-

dita analisi quantitativa delle donazioni

effettuate nel nostro Paese dalle perso-

ne fisiche e riscontrate nelle dichiara-

zioni dei redditi. Tale lavoro, curato da

Luca Gandullia dell’Università di

Genova, ha permesso di evidenziare

una tendenza positiva: i) dell’ammon-

tare dei contributi, ii) del numero di

soggetti donatori e iii) del conseguente

relativo esborso da parte del fisco.

L’analisi fiscale ha consentito di calco-

lare i valori delle elasticità delle dona-

zioni al reddito, al “prezzo fiscale”,

nonché l’efficacia delle agevolazioni

fiscali e l’efficienza di tesoreria

costruendo uno strumento per la misu-

razione dell’impatto delle politiche

fiscali.

I risultati della ricerca saranno a breve

pubblicati in un volume, mentre il

gruppo di lavoro, insieme a Massimo

Fioruzzi del Summit della Solidarietà,

visto anche l’interesse riscontrato sul

tema tra gli studiosi e gli addetti ai

lavori, sta preparando nuove iniziative

di ricerca focalizzate sul tema delle

potenzialità di crescita delle donazioni

private e delle politiche pubbliche di

sostegno al terzo settore. ■

* Istituto per la Ricerca Sociale

Gran Bretagna Italia

8.127 8.487

Fonte: indagine IRS

Figura 1Valore Aggiunto Sociale assoluto

(milioni di euro)

mi imbarazza non donarequando mi viene chiesto

mi piace sentirmi generoso

io e/ qualche membro della miafamiglia utilizziamo i servizi

le nonprofit aiutano a far diminuirei problemi della nostra società

condivido i valori delle nonprofit

18

34,6

10,5

90

91,4

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Fonte: rilevazione IRS, 2002

Figura 2Percentuale degli intervistati d'accordo con le seguenti

affermazioni: Dono perché…

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6 Fondazioni novembre/dicembre 2002

ACRI

Il VII Rapporto sulle Fondazionibancariedi Francesca Cigna *

I l Rapporto Annuale sulleFondazioni bancarie rappresen-ta un importante momento di

riflessione e di verifica dell’attività diqueste Istituzioni che da circa diecianni operano sul territorio nazionale.L’attuale momento politico che leFondazioni stanno attraversando è unodei più tormentati: la disciplina nor-mativa, civilistica e fiscale, introdottadal decreto n. 153/99 della legge dele-ga n. 461/98 (cosiddetta legge“Ciampi”), che, sottolineava i profilidi autonomia delle Fondazioni banca-rie ed un operare sussidiario rispetto alpubblico, orientato soprattutto ai terri-tori di riferimento, è stata modificata afine 2001. Il Governo, infatti, ha introdotto con lalegge finanziaria per il 2002 un emen-damento modificativo che, incorporatonell’art. 11 della legge n. 448/01,potrebbe determinare una sostanzialevariazione della disciplina fondaziona-le, incidendo sulla qualificazione giu-ridica, sull’autonomia statuaria egestionale.La struttura del Settimo Rapporto èrimasta la medesima degli anni prece-denti, con l’aggiunta di una sezionemonografica (introdotta già nel SestoRapporto) quest’anno dedicata al temadella Comunicazione, e si chiude conun’appendice normativa che dà contodell’evoluzione dell’ultimo anno.E’ importante segnalare alcune innova-zioni introdotte nel Rapporto, tese a ren-dere il documento uno strumento di ana-lisi e di riferimento.Una delle principali novità riguarda lamodalità di rilevazione. Da quest’anno,la raccolta dei dati tramite la consuetarilevazione statistica annuale è statacompletamente automatizzata: tutte le

fasi di registrazione e trasmissione deidati riguardanti sia le erogazioni che ilpersonale delle Fondazioni sono stategestite tramite il sito internetdell’Associazione (www.acri.it), inno-vato e strutturato.Un’ulteriore novità concerne il nuovoschema di classificazione dei dati, este-so ed ampliato sia per consentire unarappresentazione qualitativamente piùarticolata dell’attività istituzionale delleFondazioni, che per adeguare le variabi-li oggetto di rilevazione al mutato sce-nario normativo-istituzionale delle stes-se e, da ultimo, rendere comparabile ilsistema di rilevazione del Rapporto conquelli che si vanno ormai consolidandosia a livello nazionale sia in ambitointernazionale.Infine, per la prima volta, il campo d'in-dagine ha abbracciato sostanzialmente,l'intero universo delle Fondazioni,includendo tutte le Fondazioni ex Cassedi Risparmio ed ex I.C.D.P. (ivi inclusedue Fondazioni che, sebbene non asso-ciate, hanno messo a disposizione i lorodati). Nel complesso sono state censite,88 Fondazioni (su un totale di 89 esi-stenti) rappresentative, in termini diincidenza sul totale dei patrimoni, del99,9% dell'intero sistema.In estrema sintesi, e rinviando alla lettu-ra del Settimo Rapporto, le Fondazionihanno nel 2001 complessivamente ero-gato 971 milioni di euro, attraverso21.428 interventi. L’attività erogativa evidenzia una consi-derevole concentrazione in terminidimensionali, settoriali e geograficiconfermando, come nel passato, la mas-sima attenzione alle domande prove-nienti non solo alla società civile, maanche dai soggetti pubblici, in primoluogo territoriali.

La dimensione media delle erogazioni èrisultata di 45.000 euro e le erogazionisopra 500.000 euro hanno costituito lametà degli importi deliberati.La distribuzione settoriale delle risorseè sostanzialmente in linea con gli anniprecedenti, al primo posto risultano leAttività culturali e artistiche, seguitedall’Istruzione, Assistenza sociale, eFilantropia e Volontariato. In forte cre-scita rispetto al passato anche la Ricercae la Sanità. Quasi tutte le Fondazionihanno destinato ai loro principali duesettori di intervento almeno il 60% delleerogazioni, ovvero almeno il 50% alloro primo settore.In merito ai beneficiari degli interven-ti, i soggetti privati hanno ricevuto il58% degli importi, mentre i soggettipubblici il 42%. Tra quest’ultimi, gliEnti locali risultano essere i destinata-ri principali (23,6% del totale eroga-to), posizionandosi al primo posto trale tutte le categorie di beneficiari pub-blici e privati.Infine, per quanto riguarda le finalitàspecifiche degli interventi realizzati, ladistribuzione degli importi erogati evi-denzia la tendenza delle Fondazioni, giàrilevata negli anni scorsi, a privilegiareiniziative ben identificate, aventi obiet-tivi espliciti e riconducibili ad un dise-gno progettuale predeterminato, avvalo-rando una logica programmatoria chesottende a ciascun intervento. ■

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7Fondazioni novembre/dicembre 2002

CONVEGNI

E conomia e cultura o econo-mia della conoscenza. Lacultura del patrimonio loca-

le per lo sviluppo economico del terri-torio. Questi alcuni degli argomentiaffrontati nel Convegno organizzato aPescara, lo scorso 18 novembre, dallaFondazione Cassa di Risparmio diPescara e dall’associazione Civita. Lacultura, dunque, come strumento indi-spensabile per essere economicamentepiù competitivi. Le risorse culturali diuna regione al servizio dellosviluppo economico delleimprese. Un sogno irrealizza-bile? Sembrerebbe proprio dino. Almeno secondo alcunirisultati raggiunti dai distretticulturali che in un determina-to territorio o regione miranoinnanzitutto ad una coniuga-zione tra gli elementi cultura-li e i servizi di intrattenimentoturistico, privilegiando pro-dotti altamente qualificati,volti soprattutto a migliorarele potenzialità economichelocali. Il termine “distrettoculturale” fa parte oramai delvocabolario corrente e la sfidadi un loro sviluppo con l’ap-plicazione di progetti efficacementeadeguati a quel determinato territorio,sembra aver raggiunto appunto risulta-ti concreti. “Ne è di esempio il distret-to di Noto” –ha confermato GianfrancoImperatori, segretario generale diCivita e relatore al convegno- “Si èpensato innanzitutto alla messa a puntodel progetto, con l’organizzazione ditutti i processi per il rilancio del turi-smo locale, migliorando l’assetto eco-nomico del territorio. Per un più effica-ce sviluppo dei distretti culturali, infat-

ti, occorre coordinamento, progettuali-tà e sistema, ma ancor prima peròoccorre abolire i campanilismi”.Coordinato dal giornalista BrunoVespa, il dibattito ha annoverato oltrealla relazione già citata di GianfrancoImperatori, numerosi altri interventi trai quali quello di Pierluigi Sacco,docente della facoltà di Architetturadell’Università di Venezia, PietroValentino, vicepresidente del comitatoscientifico Civita, Stefano Marchettini,

Direttore Generale dell’Acri, EugenioLeanza, manager di Banca Europea pergli investimenti e i Presidenti delleFondazioni di Pescara, NicolaMattoscio, di Teramo, Mario Nuzzo edi Chieti, Mario Di Nisio. Alla tavolarotonda hanno poi partecipato i presi-denti delle quattro amministrazioniprovinciali, Palmiero Susi, MauroFebbo, Giuseppe De Dominicis eClaudio Ruffini. Dal tavolo dei relatoriè emerso un coro unanime sulla neces-sità di sostenere e sviluppare l’applica-

zione dei distretti culturali, proprioperché strumenti efficaci di attivazionedel processo di valorizzazione dellerisorse territoriali. Occorre dunquerilanciare l’idea del distretto culturalecome base per una strategia partecipataed integrata dall’insieme di tutte lerisorse del territorio.“Quando si parla di cultura - ha sottoli-neato Pietro Valentino- l’integrazionediventa un aspetto fondamentale per unPaese come l’Italia, in cui il patrimonio

è diffuso e diversificato.L’Italia deve promuovere leproprie qualità e diversità deivari territori per arrivare aduna specializzazione territo-riale. Abbiamo una grandepotenzialità che però è troppospesso sottodimensionata.Occorre invece -continuaValentino- integrare tutte lerisorse del territorio, puntandoanche allo sviluppo delleforme di comunicazione dellascuola, al fine di promuoverela crescita culturale del capita-le umano”. E sull’importanzadel capitale umano ha parlatoanche Pierluigi Sacco quando,a proposito dell’importanza

della cultura negli scenari economici, haavanzato la necessità di creare un mondonuovo con criteri di valori innovativi:“La cultura finora era stata posizionataalla fine della filiera produttiva. Mentreoggi tutte le imprese che vogliono crea-re valore al proprio prodotto parlano dicultura (si pensi a Benetton,ndr).Occorre creare prodotti di qualità icui componenti siano formati dal capita-le umano (conoscenza), dal capitalesociale (ambienti in cui le risorse coope-rino) e simbolico (identità culturale). La

Fondazione Cassa di Risparmio di Pescara

Distretti culturali e nuove opportunità di sviluppo localedi Elisabetta Boccia *

Elio d’Epifanio (Loreto Aprutino 1920), Le origini della Cassa diRisparmio di Pescara e Loreto Aprutino, 1954 - Affresco, part.

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I l 31 ottobre è stata celebrata,

nell’Aula Magna del Palazzo

della Cancelleria a Roma, la 78a

Giornata Mondiale del Ris-

parmio – Etica del Risparmio e Tutela

del Cittadino - con una cerimonia orga-

nizzata dall’Acri sotto l’Alto Patronato

del Presidente della Repubblica.

All’incontro hanno partecipato il

Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti,

il Presidente dell’Abi, Maurizio Sella, il

Governatore della Banca d’Italia,

Antonio Fazio, il Viceministro dell’

Economia e delle Finanze, Mario

Baldassarri.

L’idea di istituire tale celebrazione è

nata in occasione del 1° Congresso

Internazionale del Risparmio svoltosi a

Milano nell’ottobre del 1924, quando

le Casse di Risparmio di 26 Stati si pro-

posero di studiare gli Istituti ed i mezzi

per la raccolta e per la tutela del

Risparmio. Fu proprio così che venne

istituita la “Giornata del Risparmio”,

destinata poi a diventare “Mondiale”

nella sua denominazione attuale.

Da quel momento, l’attività di promo-

zione del valore e delle “virtù” del

risparmio raccolto e gestito dalle

Casse di Risparmio di ogni parte del

8 Fondazioni novembre/dicembre 2002

Il Presidente dell’ACRI, Giuseppe Guzzetti.

“Etica del Risparmio eTutela del cittadino”di Ida Ferraro

CONVEGNI

cultura può innescare una serie di pro-cessi di valorizzazione tanto da potersviluppare un turismo di qualità che sidiversifica da quello che invece usa lecittà d’arte come fondali per le propriefotografie. Si tratta di cambiare ladomanda locale -ha continuato Sacco-poiché i distretti culturali funzionano sei primi ad usufruirne sono gli abitanti,gli unici testimonial credibili”. Tutti iPresidenti delle Fondazioni abruzzesi sisono detti concordi sull’importanza delruolo delle Fondazioni nella promozionedei distretti culturali. Ruolo d’altra partestoricamente già consolidato: nella pro-gettazione degli interventi delleFondazioni bancarie, infatti, vi è già l’a-bitudine al concorso di tutte le compo-nenti e delle risorse del territorio. “Neidistretti culturali deve esserci -ha evi-denziato il Presidente della Fondazionedi Teramo, Mario Nuzzo- un modello dioperatività efficace, concordato e comu-

ne che comprenda innanzitutto la condi-visione della base operativa”. “LeFondazioni bancarie -ha poi ribaditoNicola Mattoscio, Presidente dellaFondazione Pescara- hanno una consoli-data esperienza nel settore, così comedimostrano i numerosi esempi nei variterritori di competenza. Per una più effi-cace realizzazione dei progetti, infatti,occorre la condivisione di tre momenti:mission, governance e policy; con que-st’ultimo in particolare si intende un cri-terio di progettazione volto a coordinaree censire tutte le attività, al fine di poten-ziare le risorse locali per lo sviluppoeconomico del territorio”. Sul ruolodelle Fondazioni ha poi conclusoStefano Marchettini, Direttore Generaledell’ACRI : “Le Fondazioni bancariesono particolarmente qualificate per unintervento sui distretti culturali, graziead una lunga tradizione progettuale edun know-how consolidato nell’ambito

della cultura cui destinano circa un terzodelle erogazioni. Ora le Fondazioni spe-rimentano nuovi ruoli, non solo comeenti erogatori, ma come creatori di patri-moni sociali. Proprio in tal senso, l’Acriha favorito l’avvio di un progetto deno-minato Nord-Sud (si veda in proposito ilservizio sul numero 4 di “Fondazioni”,ndr) con un impegno di risorse per circa25 milioni di euro, in cui le Fondazionidel centro-nord si impegnano a sostene-re e a promuovere i distretti culturali perla valorizzazione economica del patri-monio artistico, culturale e ambientaledel Mezzogiorno d’Italia”. Dunque, il profilo dell’attività delleFondazioni nel complesso è di azionisempre più numerose e diversificate;questa del progetto nord-sud rimarràsicuramente a testimoniare, assieme allealtre, il senso ed il valore delleFondazioni di origine bancaria nelnostro Paese. ■

78a GIORNATA MONDIALE DEL RISPARMIO

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9Fondazioni novembre/dicembre 2002

78a GIORNATA MONDIALE DEL RISPARMIO

mondo divenne ancora

più intensa, con un

ricorso attento e coordi-

nato alle regole e agli

strumenti della comuni-

cazione. Di conseguen-

za il risparmio venne

proposto come base del-

l’educazione, non solo

economica, della socie-

tà; da intendere quindi

come disciplina fonda-

mentale di tutta la

comunità, per un uso

migliore, individuale e sociale, della

ricchezza.

In Italia il fenomeno assunse una

dimensione ancora più rilevante per

quantità e qualità degli interventi,

riflettendo anche il particolare ruolo

che le Casse di Risparmio e le

Banche del Monte svolgevano e svol-

gono a sostegno dell’economia del

territorio e in risposta alle esigenze

della collettività.

In particolare, a partire dal 1931 fino al

2000, l’Acri quasi ogni anno ha fatto

realizzare manifesti di “propaganda”

del risparmio che, nella loro successio-

ne, oggi tracciano – sia per l’evoluzio-

ne delle scelte grafiche sia per i diversi

contenuti degli slogan – una piccola

storia dei profondi cambiamenti che

hanno segnato la cul-

tura economica, civile

e politica italiana nei

passaggi da una fase

storica all’altra.

La recente celebra-

zione della 78a

Giornata Mondiale

del Risparmio, nel-

l’affrontare il pro-

blema della gestione

del risparmio, ha

posto come tema

centrale l’etica e la

responsabilità sociale in economia,

due concetti fondamentali per fornire

una maggiore trasparenza e una più

articolata informazione nei bilanci

sulle posizioni di rischio assunte sui

mercati.

Il clima di incertezza sulle prospettive

dell’economia mondiale creato dal-

l’avvento dell’Euro e dagli attentati

terroristici dell’11 settembre dello

scorso anno è destinato ad accentuar-

si per la presenza di nuove tensioni

politiche internazionali, per il diffon-

dersi di timori sulla veridicità dei

bilanci delle società quotate e per la

debolezza del ciclo economico. Tutto

ciò, naturalmente, ha provocato e pro-

voca tuttora un cambiamento delle

preferenze dei risparmiatori, facendo

anche emergere atteg-

giamenti critici nei con-

fronti dei ruoli e delle

capacità degli interme-

diari nella gestione del

risparmio. Un tema,

quest’ultimo, di prima-

ria importanza per il

nostro sistema bancario

che, nell’ambito di una

profonda e vasta razio-

nalizzazione organizza-

tiva, si pone tra i suoi

principali obiettivi pro-

prio quello di migliorare le relazioni

con i risparmiatori per aiutarli ad

assumere decisioni sempre più consa-

pevoli sui propri investimenti, valo-

rizzando più compiutamente gli

aspetti etici del proprio agire.

Rispetto a dieci anni fa il sistema ban-

cario presenta, infatti, caratteristiche

di efficienza e di solidità notevolmen-

te migliorate. All’inizio degli anni

novanta esso si componeva di un

ampio numero di aziende di dimensio-

ne insufficiente per lo sviluppo dei

servizi innovativi. Le privatizzazioni e

la crescente competizione derivante

dall’azione svolta a tutela della con-

correnza, dall’integrazione dei merca-

ti finanziari e dalle riforme normative

hanno stimolato l’attenzione verso il

rendimento del capitale

bancario, hanno favorito il

perseguimento di più

ampie dimensioni azienda-

li. Si tratta di una vera e

propria ristrutturazione del

sistema bancario nel quale

secondo Antonio Fazio “le

Fondazioni hanno svolto

un ruolo di primo piano …

Una volta che sarà conclu-

sa, con tempestività e con

adeguata considerazione

sia degli interessi locali siaIl tavolo dei relatori.

Una veduta della sala.

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di quelli generali, la fase normativa

vanno ricercati un nuovo dialogo e

una positiva convergenza di tutti i sog-

getti interessati, per dare impulso

all’attività di questi enti”.

Come nell’ottobre dello scorso anno –

in occasione della 77° Giornata

Mondiale del Risparmio – anche que-

st’anno l’Acri ha ripetuto il sondag-

gio sugli atteggiamenti degli italiani

verso il risparmio, affidandolo sempre

a TNS Abacus. Tale sondaggio è stato

realizzato con il duplice obiettivo di

verificare - a un anno di distanza - le

principali evidenze emerse in materia

di risparmio, investimenti ed effetti

dell’Euro e di approfondire il tema

specifico della Giornata Mondiale,

cioè la responsabilità dei comporta-

menti dell’impresa e la tutela del cit-

tadino risparmiatore.

Più in particolare, il sondaggio è stato

realizzato nella prima quindicina di

ottobre presso un campione rappre-

sentativo della popolazione italiana

adulta, stratificato in base ai seguenti

criteri: area geografica e ampiezza del

centro, sesso ed età.

I risultati dell’indagine possono esse-

re suddivisi in due principali ‘capito-

li’: il primo finalizzato a sondare la

percezione del quadro economico

generale ed i suoi riflessi sull’atteg-

giamento verso il risparmio; l’altro

sull’influsso subito dal comportamen-

to etico e sociale delle imprese.

Ciò che è emerso è una riduzione

della soddisfazione del campione nei

confronti della propria attuale situa-

zione economica, in particolare,

aumentano le percentuali di chi si

aspetta un peggioramento della pro-

pria situazione personale, della situa-

zione economica italiana e di quella

mondiale. A questo quadro non molto

confortante si aggiunge un forte

preoccupazione per la situazione poli-

tica internazionale. L’analisi confer-

ma, inoltre, una sostanziale tenuta

della propensione al risparmio degli

italiani e una maggiore propensione a

mantenere i propri risparmi in forma

liquida. Tuttavia, per il futuro, le pre-

visioni sono decisamente orientate al

ribasso: molti si attendono, infatti,

una riduzione della effettiva possibili-

tà di risparmio.

Per quanto riguarda l’effetto prodotto

dall’introduzione dell’Euro, la maggio-

ranza relativa degli intervistati pensa che

i propri risparmi abbiano ora meno valo-

re, però, quasi la metà degli intervistati

si ritiene soddisfatto della Moneta Unica

la quale

viene per-

c e p i t a

come un

fattore di

maggiore

forza e sta-

bilità in

una situa-

zione di

incertezza

economica

e politica

internazio-

nale come quella attuale.

Sul comportamento delle imprese e

la tutela del cittadino risparmiatore,

invece, il quadro generale dell’opi-

nione degli intervistati è sostanzial-

mente negativo. Uno dei comporta-

menti considerati come il più inac-

cettabile e il più dannoso per il siste-

ma economico è proprio la mancata

trasparenza dei bilanci aziendali,

ancor più della diffusione di infor-

mazioni false sul prodotto e della

concorrenza sleale.

Nel corso della Giornata Mondiale

sono state assegnate anche le Borse di

studio istituite dall’Acri nel 1931, per

ricordare la figura del proprio fonda-

tore e primo presidente, il Marchese

Cesare Ferrero di Cambiano,

Presidente della Cassa di Risparmio

di Torino.

Il fondo per le borse fu costituito con

il contributo volontario delle Casse di

Risparmio e delle banche del Monte,

amministrato dal Consiglio dell’Acri

per l’assegnazione di almeno due

Borse annuali a studenti orfani di

dipendenti di Casse di Risparmio,

distintisi per profitto e in particolari

condizioni di famiglia. Grazie a tali

Borse, molti studenti meritevoli

hanno così potuto intraprendere o

proseguire gli studi universitari. ■

10 Fondazioni novembre/dicembre 2002

78a GIORNATA MONDIALE DEL RISPARMIO

Una veduta dell’Aula Magna di Palazzo della Cancelleria a Roma.

Il Governatore della Banca d’Italia,Antonio Fazio.

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11Fondazioni novembre/dicembre 2002

VOLONTARIATO

D ottor Vimercati, lei èstato tra i principaliartefici della nascita

della Consulta Nazionale deiComitati di gestione, oltre a essernel’attuale Presidente. Sta per conclu-dersi il primo biennio di attività, econ essa la scadenza del suo manda-to, possiamo tentare un bilancio diquesta iniziativa?Il consuntivo di questa prima fase misembra molto positivo. L’intento con ilquale circa due anni fa, insieme ad alcunicolleghi di altre regioni, iniziammo aragionare su quest’idea era quello dicostruire un strumento che ci permettessedi scambiare e valorizzare le esperienzematurate nelle diverse realtà regionali e,soprattutto, ci consentisse di far sentire lanostra voce in modo più forte, e più uni-tario, nelle sedi di dibattito istituzionale.Oggi la Consulta Nazionale, alla qualehanno via via aderito tutti i Comitati digestione del Paese, è una realtà consoli-data, riconosciuta in ambito istituzionalee impegnata in una azione di sostegnoconcreto dei singoli Comitati.

Su quali problematiche vi siete mag-giormente impegnati?Abbiamo lavorato soprattutto lungo duedirettrici: da una parte l’approfondi-mento delle questioni inerenti l’eserci-zio del controllo sull’attività dei Centridi servizio; su un altro piano, abbiamoattivamente partecipato al dibattito incorso sulla riforma della normativa inmateria di volontariato.

Quali risultati avete ottenuto?La prima tematica, dal profilo certamen-te più tecnico, è stata sviluppata facendoampio ricorso al contributo degli specia-

listi in materia di rendicontazione conta-bile presenti nell’ambito della Consulta.Un gruppo di lavoro, appositamentecostituito al nostro interno, ha messo aconfronto tutte le esperienze più signifi-cative realizzate nei vari contesti regio-nali, selezionando le più “virtuose” ericonducendole a sintesi.

Avete quindi definito uno schema direndicontazione uguale per tutti? Assolutamente no. Innanzitutto, poichélo spirito della Consulta non è quello di“dettare” regole. La piena autonomia diogni Comitato di gestione è uno deipunti fondamentali su cui si poggia ilprotocollo d’intesa fondativo dellaConsulta. Il nostro compito è quello ditracciare dei percorsi possibili, di consi-gliare, di informare sullo “stato dell’ar-te”; poi ogni Comitato decide comeritiene più opportuno.

Torniamo ai risultati.Certamente. Gli approfondimenti inmateria di controllo sull’attività deiCentri di servizio, da parte dei Comitati,non si sono limitati agli aspetti della ren-dicontazione contabile. Altrettantoimportante, infatti, è stato il lavoro svoltoin materia di valutazione qualitativa delleattività svolte. Qui, devo dire, le esperien-ze pregresse ci sono state di minore aiuto;abbiamo dovuto impostare un lavoro divera e propria progettazione originale,peraltro ancora in fase di completamento. Questa corposa attività di analisi ha datoorigine ad alcuni documenti di lavoroche sono stati fatti circolare tra tutti iComitati i quali, per quanto ci è statoriportato, hanno apprezzato il contributoe, in alcuni casi, lo hanno recepito anchesul piano operativo.

E a proposito della riforma normativa?A questo riguardo abbiamo lavorato indue tempi.Prima abbiamo cercato di raccoglierele idee al nostro interno. Abbiamoesaminato punto per punto tutta lanormativa vigente, rilevando i nodiproblematici che l’esperienza deiComitati di gestione ha messo in evi-denza in questi anni, e poi abbiamoconcordato una serie di proposte disoluzione che sono state avanzate insede istituzionale.In una fase successiva, con questo baga-glio di idee e proposte, abbiamo avviatouna serie di confronti diretti con i prin-cipali interlocutori istituzionali.

Vale a dire?In primo luogo con i Centri di servizio,attraverso il loro organo di coordina-mento nazionale (il CollegamentoNazionale dei Centri di servizio, ndr).Nella nostra filosofia c’è sempre statala convinzione che i Comitati e iCentri siano i due cardini del sistemaoriginato dall’art. 15 della legge sulvolontariato, e che una collaborazionetra loro sia la premessa indispensabileper l’utilizzo efficace ed efficiente deifondi speciali per il volontariato.Purtroppo, i ruoli differenti che la nor-mativa assegna a questi due soggetti euna certa diffidenza, a volte direi quasipregiudiziale, dei Centri nei confrontidei Comitati di gestione non facilitanoil dialogo.

Consulta Nazionale deiComitati di GestioneL’intervista a Carlo Vimercatidi Roberto Giusti *

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12 Fondazioni novembre/dicembre 2002

VOLONTARIATO

Significa che il confronto che avetericercato non è andato a buon fine?No, anzi. Ci siamo incontrati più volteconfrontandoci a tutto campo, sia suitemi del controllo, di cui parlavo pocofa, sia sulle proposte in materia normati-va. Abbiamo scoperto che su molti puntile nostre idee non erano poi distanti.Questo ci ha permesso, ad esempio, dipoter arrivare alla ConferenzaNazionale del Volontariato, tenutasi adArezzo lo scorso mese di ottobre, conproposte in molti punti coincidenti. Nedà testimonianza il documento finale delgruppo di lavoro che ha approfondito itemi legati ai Comitati e ai Centri, cheho avuto il piacere di coordinare insie-me a Marco Granelli (il Portavoce delCollegamento Nazionale dei Centri), nelquale si evidenziano diverse posizionisu cui vi è piena condivisione.

Ad esempio?L’idea di costituire un fondo di perequa-zione nazionale per favorire una distribu-zione regionale più equilibrata delle risor-se accantonate dalle Fondazioni; oppurequella di inserire la figura dei Comitati digestione nella legge (attualmente iComitati sono contemplati solo nel decre-to attuativo), precisandone meglio le fun-zioni e creando le condizioni per un loropiù efficiente funzionamento. A questoriguardo siamo d’accordo, tra l’altro, perl’allungamento del mandato da due a treanni. Ancora, condividiamo l’idea di raf-forzare la rappresentatività delle organiz-zazioni di volontariato nei Centri di servi-zio, e di rendere effettiva quella attual-mente prevista nei Comitati di gestione (iquattro membri che dovrebbero rappre-sentare le organizzazioni di volontariatooggi sono spesso designati dalla Regione,secondo logiche di rappresentanza squisi-tamente politica).

E su cosa non siete d’accordo, invece?Il nodo principale riguarda la questionedel finanziamento diretto alle organizza-zioni di volontariato, divenuta di grandeattualità quando ci si è accorti che i fondi

a disposizione stavano lievitando inmodo molto sensibile. Noi siamo convin-

ti, ma devo dire che anche molti Centri diservizio la pensano così, che questa atti-vità non possa essere svolta dai Centri. Aparte considerazioni di tipo strettamentegiuridico (la normativa è molto chiara neldefinire i Centri come soggetti erogatoridi servizi e non di contributi in denaro),sono la logica e il buon senso che losconsigliano. Infatti, se i Centri potesse-ro svolgere autonomamente questa fun-zione si andrebbe incontro a un paleseconflitto di interessi: potrebbe verificarsiche una stessa associazione sia contem-poraneamente richiedente di finanzia-menti e, in quanto componente del comi-tato direttivo del Centro, partecipe delledecisioni di aggiudicazione.

Mi sembra una preoccupazione fon-data. Ma i Centri di servizio come lapensano? Come le ho già detto, in realtà sono inmolti, anche tra i Centri di servizio, chesconsigliano vivamente di percorrerequesta strada. Però, ci sono realtà che,facendo leva sulla ambiguità di alcunipassaggi del testo legislativo, e facendo-si forti di una interpretazione “estensi-va” delle funzioni dei Centri fornita nel

2000 dall’allora Ministro Turco (conuna comunicazione, devo dire, di natura

giuridica non meno incerta del testoche pretendeva di interpretare), riten-gono che l’attività di finanziamentopossa essere considerata lecita.La questione, comunque, è aperta. Noidella Consulta concordiamo sullaopportunità che, alla luce dell’aumen-to delle risorse accantonate e in lineacon le mutate esigenze del volontaria-to, il finanziamento diretto diventi unadelle destinazioni possibili dei fondispeciali di cui alla legge 266/91.Tuttavia riteniamo che debbano esserei Comitati di gestione, pur senza esclu-dere forme di coinvolgimento anchedei Centri, a gestire l’assegnazionedelle risorse.

Prima parlava di un confrontoavviato con vari interlocutori istitu-

zionali. Chi, oltre ai Centri di servi-zio?Un canale di comunicazione sempreaperto lo abbiamo mantenuto con ilmondo delle Fondazioni bancarie, attra-verso l’ACRI che è il loro organo asso-ciativo nazionale.Diciamo che siamo interlocutori natura-li: le Fondazioni, in quanto finanziatoriunici del sistema, sono i soggetti chenominano la maggioranza dei membridel Comitati di gestione. E’ chiaro,quindi, che le Fondazioni considerano iComitati di gestione dei fondamentalipunti di presidio per l’esercizio di unalegittima funzione di controllo sull’uti-lizzo dei fondi accantonati. Devo anzi aggiungere, e approfitto del-l’occasione per un ringraziamento, chel’ACRI ci ha fornito un supporto orga-nizzativo molto importante, sia in fasecostitutiva sia nello sviluppo successivodell’attività della Consulta. E questosenza mai tentare alcuna ingerenza nelledecisioni e nelle attività della Consulta,che ha operato sempre in piena autono-mia e nel rispetto delle posizioni espres-se da tutte le componenti presenti all’in-terno dei Comitati.

Il palco dei relatori alla IV ConferenzaNazionale del Volontariato.

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13Fondazioni novembre/dicembre 2002

VOLONTARIATO

Altri interlocutori della Consulta dasegnalare?Ne manca ancora uno, in questomomento probabilmente il più impor-tante: il Governo.Sin dall’insediamento del nuovo esecu-tivo, la Consulta ha cercato di intreccia-re una proficua interazione con laSenatrice Grazia Sestini, sottosegretariocon delega alle politiche sociali, e con il

suo staff, impegnati nella revisione dellanormativa di settore.All’inizio, non è stato facile per laConsulta riuscire a ricavarsi uno spaziodi interlocuzione, muovendosi in unoscenario in cui i Comitati di gestioneerano sempre stati pressoché sistemati-camente ignorati. Poi, però, la nostra

coesione e capacità di elaborazione,nonché l’atteggiamento sempre collabo-rativo e propositivo hanno “fatto brec-cia”, permettendoci di diventare un refe-rente non più marginale per il Ministero.

Quali scenari per il futuro dellaConsulta? Io spero che il grande lavoro svoltofinora possa concludersi con una rifor-

ma legislativa che recepisca le istanzedei Comitati di gestione. E questo, lovoglio sottolineare, nell’interesse nondei Comitati stessi, ma dell’intero movi-mento del volontariato italiano.Ma comunque si concluda la vicendanormativa, per la Consulta si profila unperiodo di grande impegno. Bisognerà

accompagnare i Comitati di gestionenella fase di riconfigurazione del siste-ma (nei termini in cui esso verrà modi-ficato dalla nuova normativa) e, dopol’attuale fase dedicata a definire stan-dard generali di operatività, bisogneràfavorirne la divulgazione e la “messa inesercizio” nei vari contesti territoriali.Certo, per assolvere in modo adeguato aqueste funzioni la Consulta dovrà affron-

tare un problema di maggiore struttura-zione interna, superando l’approccioorganizzativo un po’ “pionieristico” chel’ha caratterizza finora. Mi auguro chequesto processo possa realizzarsi con lastessa rapidità e con il medesimo gradodi compattezza con cui ci si è mossi inquesto primo biennio di lavoro. ■

CONSULTA NAZIONALE DEI COMI-TATI DI GESTIONE DEI FONDI SPE-CIALI PER IL VOLONTARIATO

La Consulta nazionale dei Comitati diGestione dei Fondi speciali per il Volontariatoè stata istituita il 21 marzo 2001, su autonomainiziativa dei rappresentanti di alcuni Comitatidi gestione, quale strumento di collegamentopermanente per lo scambio e la valorizzazio-ne delle esperienze maturate da ciascunComitato, nonché per individuare e affrontareinsieme aspetti critici e problematiche comu-ni, anche nell'ottica di realizzare al meglio ilruolo ed i compiti che la normativa vigenteriserva ai Comitati stessi.

FinalitàL’art. 1 del Protocollo d’intesa sottoscrittodagli aderenti alla Consulta recita:

“La Consulta, nella salvaguardia dell'autono-mia di ciascun Comitato e della specificità diogni realtà territoriale, si pone gli obiettivi difavorire lo scambio e l'approfondimento delleesperienze di ciascun Comitato di Gestione.;di creare un patrimonio di reciproche cono-scenze che consenta di individuare eventualilinee guida comuni; di attivare e potenziare uncostruttivo dialogo e un fattivo confronto,oltre che tra i Comitati di gestione, anche conaltri interlocutori istituzionali, del volontaria-to e del terzo settore.

Nel perseguimento di tali finalità intendealtresì favorire la partecipazione del maggiornumero di Comitati di gestione.”

Aderenti e componentiAlla Consulta Nazionale aderiscono attualmen-te tutti i Comitati di Gestione regolarmenteinsediati (cioè quelli di tutte le regioni e provin-ce autonome ad eccezione della Campania,dove il Comitato di gestione non si è ancorainsediato).

Fanno parte della Consulta, con facoltà di farsirappresentare da altri componenti delComitato di appartenenza, i Presidenti deiComitati di Gestione dei Fondi speciali per ilVolontariato in carica.

OrganiPresidenteCarlo VimercatiPresidente del Comitato di gestione dellaLombardia

Vice PresidentiCesare Carlo Chiesa (vicario)Presidente del Comitato di gestione del Piemonte

Alfredo DeiddaPresidente del Comitato di gestione dellaSardegna

Lorenzo Maria Di NapoliPresidente del Comitato di gestione del Molise

Gruppi di lavoroLa Consulta opera, oltre che attraverso leperiodiche riunioni plenarie dei propri com-ponenti, mediante Gruppi di lavoro istituiti adhoc per svolgere approfondimenti e ricerchesulle tematiche individuate dalla Consultanonché su problematiche evidenziate, di voltain volta, da singoli Comitati..

I Gruppi di lavoro, nel cui ambito viene desi-gnato un coordinatore, sono aperti alla parte-cipazione di tutti i componenti dei Comitati digestione facenti parte della Consulta, nonchédi eventuali esperti esterni il cui apporto siaritenuto necessario per l’attività da svolgere.

Sino ad oggi sono stati attivati i seguenti grup-pi di lavoro:

Gruppo di lavoro n. 1:Linee guida per un controllo di gestione, da partedei Comitati di gestione, dell'attività dei Centri diServizio, per un controllo di qualità dei servizi pre-stati dagli stessi Centri e per la verifica circa laricaduta sul territorio di tali servizi.

Gruppo di lavoro n. 2:Ricognizione generale del quadro normativoattualmente esistente in materia di volontariato:individuazione delle criticità più urgenti, ricerca dilinee interpretative omogenee ed elaborazione dieventuali proposte di modifica.

Gruppo di lavoro n. 3:Iniziative volte a facilitare la rapida istituzione deiComitati di Gestione e dei Centri di servizio nelleregioni Campania e Calabria.

Segreteria operativaLa Consulta Nazionale dei Comitati di gestionesi avvale del supporto logistico e operativodell’ACRI (Associazione fra le Casse diRisparmio italiane).In particolare, l’attività di segreteria operativadella Consulta Nazionale è attualmente affi-data al Dr. Roberto Giusti (Tel. 06.68184335- e-mail: [email protected]).

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Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde

Oscar di Bilancio alla Fondazione CariploL’intervista a Marco Fraquellia cura della Redazione di “Fondazioni”

Fondazioni novembre/dicembre 200214

DAL SISTEMA

L a Fondazione Cariplo si èaggiudicata, lo scorso mese dinovembre, l’Oscar di Bilancio

2002 per la categoria grantmaking,dopo un “testa a testa” con due fonda-zioni delle comunità locali (Lecco eComo), istituite dalla stessa Fondazionenell’ambito del progetto CommunityFoundations avviato nel 1998. Abbiamochiesto un commento a Marco Fraquelli,responsabile della comunicazione dellaFondazione Cariplo.

Una bella soddisfazione per laFondazione, non è vero?Siamo soddisfatti perché abbiamo for-temente creduto in questo strumento,meglio, in questo percorso avviato treanni fa, un percorso che si poneva - e sipone - come obiettivo quello di rappre-sentare con semplicità e trasparenza lanostra identità e la nostra attività. Ilriconoscimento in qualche modo testi-monia che siamo riusciti nel nostrointento, e quindi abbiamo offerto allacollettività uno strumento in più perconoscerci e confrontarsi con noi.

Ci può brevemente riassumere ilmetodo utilizzato?Potrei rispondere molto semplicementeche per redigere il Bilancio sociale cisiamo avvalsi del contributo di sociolo-ghi (il Gruppo Comunità & Impresa diMilano, formato da Alberto Martinelli,Antonio Chiesi e Mario Pelligatta -ndr). Può sembrare persino banale, manon lo è, se si considera che nel nostroPaese manca, o è scarsissima, una tra-dizione in tale senso, e il più delle voltegli schemi e i modelli adottati nellarendicontazione sociale vengono pro-posti da chi ha una cultura più da revi-

sore dei conti che non da analista deifenomeni sociali.

Ma crede che ci saranno evoluzioni aquesto proposito?Personalmente sono ottimista: per glienti nonprofit (che vanno acquisendosempre maggior sensibilità e cultura intale senso) sarà un percorso in qualchemodo obbligato, ma lo sarà ancor di piùper le imprese profit che dovranno farei conti con agenzie internazionali dirating che richiedono una rendiconta-zione sociale basata su parametri assaisofisticati e articolati.

Per tornare al Bilancio Cariplo, qualè il suo significato?Diciamo che rispetto al normale bilan-cio (che per noi è comunque già unbilancio di missione, dunque moltoarticolato e ben più ricco di analisi qua-litative rispetto a un bilancio civilisti-co) il Bilancio sociale non si limita adescrivere una situazione di fatto giàsuperata (come è inevitabile che sia l’a-nalisi di un esercizio trascorso), maoffre soprattutto una fotografia pro-spettica: registra ovviamente quantoavvenuto, ma punta molto sul cosiddet-to budget sociale, ovvero sugli obiettivistrategici futuri. Da questo punto vistaè una vera e propria risorsa che puòaiutare l’ente (profit o noprofit che sia)a meglio orientare la propria azione, ilproprio community program. E’ insom-ma un vero e proprio strumento dimanagement.

Altre peculiarità?Il Bilancio sociale non si limita adanalizzare e riclassificare dei risultati,ma misura la coerenza tra obiettivi

prefissati e risultati raggiunti, ed èinfatti proprio su questo parametroche si giudica e si valuta la qualitàsociale dell’ente. Ed è poi in base aquesta coerenza che si può redigereun budget sociale attendibile.

Ci sono novità in questa ultima edi-zione?La più rilevante riguarda un capitolointrodotto dagli estensori riguardante lostakeholder dialogue, cioè un vero eproprio sondaggio condotto pressoalcuni stakeholder rappresentativi del-l’universo di riferimento dellaFondazione per verificare non solo lapercezione che essi hanno dellaFondazione, ma soprattutto per megliocomprendere le loro aspettative e quin-di acquisire preziose indicazioni per ladefinizione dei progetti futuri. Devoanche dire che la Fondazione Cariploha per prima accettato la sfida dellostakeholder dialogue già lo scorsoanno quando, al fine di redigere il pro-prio Documento ProgrammaticoPluriennale, ha dato vita a un ampioprocesso di incontri e audizioni preli-minari con gli stakeholder. ■

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1 .077: questo il numero deiComuni piemontesi con unapopolazione inferiore ai 5.000

abitanti e, su un totale regionale di1.206 Comuni, si può ben comprenderequanto il Piemonte sia tra le Regioni ita-liane più toccate dal fenomeno delle“piccole dimensioni” dei Comuni, contutto ciò che questo comporta. Rischio che aumentino sempre più iprocessi di abbandono dei centri minori,così come oggettivo pericolo per la tute-la del territorio e la perdita dei suoi rile-vanti patrimoni culturali, storici, econo-mici e sociali. Last but not least, ilrischio che si allarghi ulteriormente ildivario di opportunità tra i soggetti (cit-tadini e imprese) ancora residenti neipiccoli Comuni e quelli nelle (medio-grandi) città.La Fondazione CRT, alla luce di talesituazione, ha ritenuto importante soste-nere le Amministrazioni comunali diquesti piccoli centri affiancandosi allealtre iniziative di supporto economico difonte pubblica (statale, regionale ocomunitaria).Tuttavia – e qui sta la novità dell’inizia-tiva – la specificità dell’intervento è rap-presentata dal vincolo posto dalConsiglio di Amministrazione dellaFondazione: un vincolo che condizionai finanziamenti alla presenza di formeassociate intercomunali che presentino“progetti”.Infatti, con il varo di “ISACCo” (acroni-mo che sta per “Iniziative a Supportodell’Associazionismo e della Coo-perazione tra i Comuni”), la FondazioneCRT intende incoraggiare lo sviluppo diquei processi che orientino i piccoliComuni piemontesi ad aderire a formedi cooperazione e di gestione associatadi funzioni e servizi (quali le Unione di

Comuni, le Comunità Montane, leComunità Collinari, i Consorzi e leassociazione di Comuni su base conven-zionale).Più specificamente, all’interno di taliaggregazioni (esistenti o da costituireall’uopo), si richiede che i piccoliComuni abbiano avviato o si proponga-no di dare vita a progetti – “credibili” edi indubbia ricaduta positiva – a favoredi un generale miglioramento sia dellaqualità della vita della popolazionecoinvolta, sia dell’efficienza ammini-strativa interna.

La Fondazione CRT ha stanziato un’e-rogazione complessiva per il correnteanno di 2 milioni di Euro (su un totaleprevisto per il triennio 2002-2004 di 6milioni di Euro) e il termine per la pre-sentazione dei progetti è il 31 dicembre2002.In linea di massima, i progetti presenta-ti verranno finanziati in una misura chepotrà oscillare da 5 a 20 Euro per abi-tante e le attività potranno essere finan-

ziate in misura variabile da un minimodel 60% ad un massimo del 100% deltotale dei costi ammissibili.La Fondazione CRT, con il bandoISACCo, riconosce ampio spazio allacreatività propositiva dei Comuni asso-ciati interessati a partecipare. In ognicaso, a livello esemplificativo, qualiambiti progettuali finanziabili (ove giànon finanziati con piani nazionali oregionali) si possono richiamare leseguenti macro-aree:a) servizi in rete: particolare importan-

za, a questo riguardo, è il riferimen-to alla RUPAR (rete unitaria dellapubblica amministrazione regionalepiemontese) quale strumento chefavorisce un'efficace condivisione diinformazioni e servizi tra i Comunicoinvolti nelle forme associative;

b) progetti per la popolazione resi-dente: quali iniziative di animazio-ne per gli anziani, progetti dicooperazione tra Scuole di Comunicontigui, offerta per il tempo liberodei giovani, progetti di documenta-zione delle specificità del territo-rio, sportelli a supporto dell’im-prenditoria locale …

c) promozione del territorio: median-te progetti di valorizzazione dellepeculiarità turistiche e dei prodottitipici; iniziative di qualificazioneambientale, studi per favorire inse-diamenti produttivi, sportelli perassistere i Comuni associati nell’u-tilizzo dei fondi dell’UnioneEuropea …

Particolare attenzione, da parte dellaCommissione di valutazione che pren-derà in esame i progetti a partire dal 1°gennaio 2003, sarà posta su una serie dielementi considerati “qualificanti”.

Fondazioni novembre/dicembre 2002 15

DAL SISTEMAPROGETTI

Fondazione Cassa di Risparmio di Torino

Progetto ISACCodi Riccardo Triglia *

Palazzo Perrone - Sede Fondazione CRT -Scalone d’onore

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16 Fondazioni novembre/dicembre 2002

PROGETTIDAL SISTEMA

L a Fondazione Cassa diRisparmio di Saviglianosostiene l’iniziativa promos-

sa dal 1998 dall’ANFFAS-ONLUS di Savigliano (CN), alfine di realizzare una strutturadestinata ad ospitare venti dis-abili intellettivi gravi o mediogravi nel Centro Diurno e diecinella RAF (ResidenzaAssistenziale Flessibile) quan-do le famiglie sono impossibi-litate a garantire loro un’assi-stenza continuativa e adeguata.Il centro si chiama “LA ROSABLU” poiché questo fiore è ilsimbolo dell’ANFFAS.La sede saviglianese dell’ANFFAS si ècostituita il 27 ottobre 1994 per volon-

tà di un gruppo di genitori di disabiliintellettivi preoccupati per il futuro deiloro figli e che si sono posti come

obiettivo la costruzione de La ROSABLU, grazie anche alla possibilità di

costruire su un terreno ubicato in loca-lità Mellonera messo a disposizionedall’Amministrazione Comunale.

Studiato in collaborazione congli Enti locali e con ilConsorzio Monviso Solidale,il progetto è unico nel suogenere sul territorio dell’ASL17, un’area nella quale il pro-blema della disabilità intellet-tiva e relazionale interessaalcune centinaia di famigliementre le strutture non riesco-no a soddisfare pienamente lerichieste.L’iniziativa prevede unaspesa superiore ai tre miliardi

di lire (Euro 1.550.000 circa) ed haottenuto l’approvazione definitiva nel-

Ad esempio, le condizioni di marginali-tà dei Comuni proponenti (declinodemografico e tasso di invecchiamentodella popolazione, scomparsa di attivitàsocio-economiche tradizionali, isola-mento, collocazione in territori ob. 2); ilnumero dei Comuni associati in rappor-to alla forma associata proponente;eventuali pregresse esperienze di coope-razione intercomunale tra gli stessi Enti;il numero di abitanti complessivamentecoinvolti nel progetto.Oltre alle peculiarità della forma asso-ciativa proponente, la Fondazione CRTintende “spronare” i piccoli Comunipiemontesi a elaborare proposte proget-tuali particolarmente qualificate e cheesprimano non solo la necessaria“coerenza” con gli obiettivi del bando,ma anche la possibilità di valutare “neltempo” i risultati del progetto con siste-

mi obiettivi. E se l’obiettivo generale del bandoISACCo è quello di cooperare per losviluppo del territorio piemontese attra-verso il riconoscimento di un ruolo fortee attivo delle Enti locali, non può passa-re inosservata l’esigenza dellaFondazione di poter valutare progettiche non siano una semplice “lista dellaspesa”, ma al contrario prevedano uneffettivo coinvolgimento degli ammini-stratori locali nel governo dell’iniziativaprogettata, così come credibili piani diacquisizione e qualificazione dellerisorse umane (interne ed eventualmen-te esterne) necessarie per la realizzazio-ne e la successiva gestione del progetto.A fronte delle esigenze di sostegnofinanziario degli Enti locali (in partico-lare dei piccoli Comuni), il bandoISACCo non può certo rappresentare la

risposta “esclusiva” – non è questoperaltro lo spirito con cui è stato varato.Ma si è convinti che l’orientamentotracciato con questo genere di iniziati-ve (che uniscono la tensione alla pro-gettualità territoriale con la propensio-ne alla cooperazione funzionale) potràessere accolto e fatto proprio anche daaltri soggetti privati – fondazioni ban-carie, grandi aziende ecc. – che abbia-no a cuore lo sviluppo del territorio edelle sue istituzioni locali come pre-messa per la crescita generale delPaese.(Per maggiori informazioni sul progettoISACCo e sulle modalità di partecipa-zione al bando è consultabile il sitowww.isacco.fondazionecrt.it) ■

* Vicepresidente Fondazione

Cassa di Risparmio di Torino

Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano

La Rosa Blua cura della Segreteria della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano *

SOCIALE

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È giunta a compimento l’operadi riedificazione della ScuolaMaterna “Giuseppe

Garibaldi” di Foligno, irrimediabilmen-te danneggiata dal terribile terremotoche colpì la regione Umbria nelsettembre 1997. Il vecchio asilosituato in viale Marconi, il piùantico della città, è stato trasfor-mato e posto più in là di qualchemetro, in una struttura all’avan-guardia non solo dal punto divista architettonico, ma anche esoprattutto dal punto di vistaeducativo e didattico.L’iniziativa è stata promossa efinanziata dalla FondazioneCassa di Risparmio di Folignoin collaborazione con ilComune della città. IlPresidente della FondazioneCassa di Risparmio di Foligno,Alberto Cianetti, si è dichiaratosoddisfatto del risultato dell’opera ed haaggiunto che la realizzazione dellaScuola Materna rientra pienamente nel-l’attività da sempre svolta dallaFondazione a favore della società civile.Non solo. Tale iniziativa è stata resapossibile anche per la campagna di sen-sibilizzazione voluta e sostenuta dallaFondazione di Foligno che ha permessocosì di reperire le risorse finanziarienecessarie alla realizzazione dell’opera.La Fondazione Cassa di Risparmio di

Foligno, infatti, ha stanziato 250 milio-ni delle vecchie lire e nel contempo, conil coordinamento dell’ACRI(Associazione fra le Casse di RisparmioItaliane), ha raccolto altri fondi da altre

Fondazioni bancarie e Casse diRisparmio, per un totale di circa 1,5miliardi di lire. Tale intervento, peraltro,si inserisce e completa le molteplicialtre iniziative ed attività che laFondazione ha progettato e realizzatotempestivamente, a seguito dell’eventosismico del 1997, a favore della città edel territorio umbro.Grazie quindi alla Fondazione, la vec-chia scuola materna sarà restituita aibambini di Foligno nelle strutture

nuove, moderne e funzionali. Si tratta diun edificio “trasparente”, aperto, in con-tatto diretto con l’ambiente circostante,formato da grandi vetrate che dannoluminosità e ariosità alle aule. Costruita

con materiali tecnologici all’a-vanguardia, la scuola presentauna piazza antistante intitolata aTopolino ed è corredata di tantoverde con aiuole e giardini evasche con l’acqua, e di uncorpo cilindrico totalmente tra-sparente destinato a laboratorio,spazi polivalenti e mensa.Occorre inoltre sottolineareche alla base degli interventiche la Fondazione Cassa diRisparmio di Foligno realizzaa seguito del terremoto, vi èl’obiettivo di operare attraver-so azioni ed iniziative che pun-tano soprattutto alla risoluzio-ne ed alla qualificazione delle

strutture esistenti della città, escluden-do a priori interventi ed opere chemirano solo a tamponare senza risol-vere i danni subiti dal sisma. Lacostruzione della nuova “Garibaldi”,ad esempio, ha contribuito alla bonifi-ca e alla riqualificazione dell’area del-l’ex Foro Boario, rappresentando unadelle molteplici realizzazioni frutto diquesto tipo di attività della Fondazionea favore della comunità civile dellacittà e del suo territorio. ■

17Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMASOCIALE

Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno

Ai Bambini di Foligno è restituita la loro piccola cittàa cura della Redazione di “Fondazioni”

l’ottobre 2000 da parte della RegionePiemonte, che contribuirà con unostanziamento a fondo perduto di 940milioni di vecchie lire, già parzialmen-te erogati, e che ha valutato positiva-mente il sostegno del progetto da partedella Fondazione Cassa di Risparmio

di Savigliano (fino al 2002 laFondazione CRS ha erogato comples-sivamente 216.000 Euro).Nel frattempo, anche altre Fondazioni,Fondazione Cassa di Risparmio diTorino e Fondazione Cassa diRisparmio di Cuneo, le Banche, non-

ché moltissimi privati cittadini hannosostenuto e continuano a sostenere ilprogetto. I lavori sono iniziati nel feb-braio del 2001 e procedono secondo ilprogramma predisposto: la struttura,infatti, dovrebbe già essere operativanella primavera del 2003. ■

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18 Fondazioni novembre/dicembre 2002

ARTE E CULTURADAL SISTEMA

C onsapevole che la fruizionedel “bello” è l’unica arma perspingere i più ad affinare il

proprio gusto estetico, la FondazioneCassa di Risparmio di Loreto ha realiz-zato un importante recupero conservati-vo delle Antiche Cantine del PalazzoApostolico.Attraverso il completamento del re-stauro dei locali delle “AnticheCantine” e con la disponibilità dellaDelegazione Pontificia per il Santuariodella S. Casa di Loreto, la Fondazioneha inteso dare il miglior risalto possi-bile alla inaugurazione dei locali conl’allestimento di una mostra singolare:“Le Armi della Fortezza di Klis”.Singolare per la qualità, il valore ed ilnumero delle armi espo-ste. Suddivise in quattrosale, sono state addirittura180 le armi, risalenti aisecc. XV e XVI, e 32 ipannelli didascalici. Unospaccato del RinascimentoCroato che grazie all’inte-ressamento del Ministerodella Cultura dellaRepubblica di Croazia haconsentito al MuseoCivico di Spaiato di alle-stire, a Loreto, dopo l’e-norme successo di pubbli-co e di critica riscosso aMadrid, un evento di por-tata internazionale.Per l’importanza dei pezzi esposti, laMostra ha voluto rappresentare ilprimo dei grandi “appuntamenti cultu-rali” che la Fondazione ha in animo diprogettare.Niente è stato lasciato al caso per crea-re il sapore ed il gusto di un’epoca, di

una cultura e di un clima che sonoormai entrati a far parte di un passatoche deve essere inteso come un ponteper un futuro senza più steccati chedividano l’Uomo.Per meglio inquadrare il contestoarchitettonico nel quale sono inserite leAntiche Cantine vale la pena dare alcu-ne brevi notizie storiche sul PalazzoApostolico. Il Palazzo Apostolico è ungrandioso edificio che racchiude, purmancando di un lato, Piazza dellaMadonna, for-mando con la Basilica diLoreto un unicum edilizio di magistra-le concezione urbanistica.Sorge per delimitare uno spazio d’in-contro per i pellegrini e di rispetto alsantuario e, naturalmente, per dare ospi-

talità a clero, prelati e personaggi illustriin visita alla Santa Casa. Prende inizial-mente il nome di Palazzo Maggiore, perassumere in seguito quello di Aposto-lico, Pontificio, Regio dopo il l860 equindi nuovamente Apostolico dopo iPatti Lateranensi del 1929.

La facciata dell’edificio rivolta verso lapiazza presenta un doppio ordine dilogge, dorico a pianterreno e ionico alpiano superiore, le cui ampie arcaterivestite in cortina laterizia sono armo-niosamente ritmate da paraste in candi-da pietra d’Istria. È Giulio II, nel 1507,ad inviare a Loreto il Bramante perchécompia grandi opere e riprenda la fab-

brica già avviata di unacostruzione complementa-re e funzionale al santua-rio; il geniale architettoprogetta un impianto diispirazione classica artico-lato su tre lati e congiuntoalla chiesa, assecondandoil concetto ellenistico di unluogo d’incontro all’apertoin diretto rapporto con iltempio vero e proprio.Nel 1512 subentra a con-durre l’opera bramantesca,pare con risultati pocolusinghieri, il Sansovino,sostituito da Leone X conCristoforo Resse cui segue

Antonio da Sangallo il Giovane.Quest’ultimo interviene a modificare ilprogetto poiché, annota egli stesso amargine di un suo disegno, “...Il Palazzoinnanzi la chiesa fu principiato perBramante, guidato male per Sansovinoe bisogna correggerlo”.

Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto

Le armi della Fortezza di Klisin mostra nel Palazzo Apostolicodi Fernando Sorrentino *

Particolare di una sala delle Antiche Cantine con l’esposizione dialcune armi.

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19Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

I lavori procedono nei secoli, ma lenumerose difficoltà intervenute nonconsentono di completare il progettoiniziale, così che nel l750 Vanvitelliviene chiamato a sistemare una voltaper tutte l’edificio, essendo stata ormaiconsiderata definitiva la mancanza delterzo lato.La costruzione del PalazzoApostolico inizia dal latonord vicino alla basilica el’organizzazione di cantiereprevede blocchi di tre o quat-tro arcate alla volta, riser-vando particolare cura alloscavo delle fondazioni poi-ché il terreno è per sua natu-ra franoso e ricco di veneacquifere.l due livelli sotto Piazzadella Madonna, con affaccioposteriore, sono destinati ilprimo alle nuove cantine, ilsecondo ai granai, mentre alpiano della piazza i portici servono alriparo dei pellegrini e gli appartamentisono per il clero secolare; nel mezzani-no alloggia il personale di servizio, ilpiano nobile è riservato al governatore,agli ospiti illustri e agli uffici direzio-nali, mentre al secondo piano abita ilclero regolare.La prima porzione, iniziata dalBramante, procede per un’ampiezza disei campate e sotto la direzione diSansovino si costruiscono muri nelpiano interrato più basso, fondamentaleper salvaguardare l’intero edificio dalleinsidie del terreno traditore.Qui sono collocate le splendide cantinedella Santa Casa, così magistralmenteeseguite che non solo garantiscono stabi-lità al palazzo che le sovrasta, ma si rive-lano del tutto adeguate alla sua solennitàe costituiscono esse stesse un’operaarchitettonica di enorme valore.Nell’esecuzione dell’impianto, che pre-senta caratteristiche diverse man manoche i lavori procedono, è palese la firmadi ognuno degli architetti che hanno par-tecipato al compimento dell’opera.

I primi vani realizzati, ognuno corri-spondente a due campate e voltato conquattro crociere addossate ad un pilastrocentrale, hanno una struttura diversa daquelli edificati in seguito, probabilmen-te a causa delle differenti peculiarità delterreno di fondazione.Numerose lesioni e deformazioni nei

soffitti, infatti, denunciano prestocedimenti della struttura, così nellaporzione successiva Antonio daSangallo il Giovane prosegue lacostruzione non più con volte a crocie-ra ma a botte, inserite a pettine per unamaggiore stabilità.Cristoforo Resse, dal 1521, edificaancora tre campate dei piani interrati,ma i lavori, spesso interrotti per spo-stare gli operai in altri cantieri, nonvengono ripresi pienamente che nel1542, quando si inizia a costruire l’ul-tima parte del lato settentrionale delpalazzo “cavando terreno” per le can-tine, che vengono completate nel1549.Ecco come le descrive Carlo Goldoni, dipassaggio a Loreto con sua moglie nel1757: “Non può vedersi nulla di più riccodel santuario della Madonna di Loreto...Vidi tutto, tutto esaminai, financo le can-tine. Non è possibile trovarne delle piùvaste e delle meglio fabbricate. Questisono serbatoi vastissimi di eccellenti viniper uso d’un’infinità di preti, di coadiuto-ri, di penitenzieri, di viaggiatori, di pelle-

grini, di domestici e di oziosi...Gli “eccellenti vini” sono prodotti, findalla metà del XV secolo, dai numero-si vigneti della Santa Casa e sonodestinati inizialmente al conforto deipellegrini che chiedono asilo e a ralle-grare il viaggio di ritorno degli ospitiillustri, in seguito al rifornimento di

osti e albergatori di Loreto;ancora nel XVII secolo aipellegrini poveri si dispensaper due volte al giorno unpane di mezza libbra ed unatazza di vino.L’evento, infine è statoarricchito con la realizza-zione di una tavola rotondadal tema: “La memoria delpassato per una nuovavisione del futuro”.Tra le personalità interve-nute, oltre al Presidentedella Fondazione ClaudioCipolletti, a S.E. Mons.

Angelo Comastri Arcivescovo diLoreto, al Vice Sindaco PaoloNiccoletti, al Soprintendente ai BeniArchitettonici e per il Paesaggio delleMarche Liana Lippi, al Direttore delMuseo Civico di Spaiato GoranBorcic, erano presenti le più alteAutorità Civili e Militari locali eregionali.Negli interventi i relatori hanno mani-festato l’unanime condivisione sulfatto che, oltre all’indubbio pregio del-l’opera di recupero delle AnticheCantine, la mostra è stata ideata e rea-lizzata per porre le basi di un reale ini-zio di avvicinamento tra Popoli didiversa ma non distinta cultura: unabbraccio ideale tra le due spondedell’Adriatico in passato così lontane,come oggi così vicine e con l’auspicioche le armi diventino cimeli da museo,relegate in un ristretto ambito, comemotivo di riflessione per le futuregenerazioni. ■

* Segretario Generale della Fondazione

Cassa di Risparmio di Loreto

Il Presidente della Fondazione, Claudio Cipolletti, al tavolo dei relatori.

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Fondazioni novembre/dicembre 200220

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

D all’8 Dicembre 2002 al

23 Febbraio 2003, La

Fondazione Cassa di

Risparmio di Modena presenta al Foro

Boario di Modena, in collaborazione

con la Collezione Peggy Guggenheim,

la mostra Alberto Giacometti e Max

Ernst: Surrealismo e oltre nella

Collezione Guggenheim, curata da

Luca Massimo Barbero, Associate

Curator della Collezione Peggy

Guggenheim. Si tratta di un percorso

che unisce per la prima volta le opere

di due maestri presenti nella collezio-

ne della Fondazione Solomon R.

Guggenheim, insieme ad importanti

opere degli altri protagonisti del movi-

mento surrealista. Nello spazio appe-

na restaurato del Foro Boario, Luca

Massimo Barbero ha ideato questo sti-

molante ed inedito percorso di con-

fronto tra i grandi protagonisti di una

stagione creativa e il loro rapporto con

Peggy Guggenheim.

Questa mostra rappresenta per la

prima volta la raccolta di opere di due

artisti, protagonisti del Surrealismo,

sia della collezione creata da Peggy

Guggenheim sia delle opere del

Solomon R. Guggenheim Museum,

raccontando opera dopo opera il soda-

lizio che la mecenate ebbe con

entrambi gli artisti ed anche con i pro-

tagonisti del movimento che scanda-

lizzò ed affascinò il mondo intero per

la sua spregiudicatezza ed originalità.

Nel 1935 Alberto Giacometti e Max

Ernst s’incontrano più volte nei loro

atelier per discutere di scultura e della

corrente artistica internazionale del

surrealismo. Questo confronto tra lo

scultore svizzero ed il, fino ad allora,

pittore tedesco creerà un legame

unico e creativo. Da lì a poco, un altro

elemento li farà virtualmente incon-

trare, si tratta dell’interesse particola-

re che la collezionista e gallerista

Peggy Guggenheim prova per il loro

lavoro e per le

loro forti perso-

nalità tanto da

legarsi in matri-

monio con Max

Ernst.

Per illustrare al

pubblico questi

legami profondi e

molteplici saran-

no uniti per la

prima volta i dise-

gni di Giacometti

del Museo di

New York, tra cui

Interno (1957),

Teiera I (1954), Vaso e tazza (1952) e

l’importante Ritratto di Douglas Cooper

(1956) che dialogherà idealmente con il

dipinto Diego (1953), un’importante tela

sempre proveniente da New York e con-

siderata fra le più importanti dedicate ai

ritratti del fratello. Tra le sculture che

scandiranno il percorso espositivo sarà

possibile vedere Donna Cucchiaio

(Femme-cuiller) (1926), Donna sgozzata

(1932), prima opera di Giacometti ad

essere stata fusa in bronzo, Donna che

cammina (1932) e il bronzo Piazza

(1947), un capolavoro destinato a segna-

re la produzione del grande scultore. La

mostra si aprirà con Donna in piedi

(1947) uno degli emblemi della raccolta

di Peggy e punto ideale d’arrivo e di

maturazione dell’artista.

Di Max Ernst la mostra presenterà

principalmente le opere che Peggy

collezionò durante l’importante soda-

lizio che legò i due personaggi.

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Il surrealismo nella collezionePeggy Guggenheimdi Maria Concetta Pezzuoli *

Pablo Picasso, Ritratto a mezzo busto di uomocon maglia a righe, 1939, acquarello su carta(63,1 x 45,6 cm).

Max Ernst, Per le strade di Atene, 1960, Bronzo con patina scuraCollezione Peggy Guggenheim.

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Infatti, in mostra sarà presente il boz-

zetto per L’antipapa (1941), opera di

grande importanza per i riferimenti

biografici relativi a Peggy

Guggenheim e Max Ernst (la preziosa

piccola opera è il primo lavoro ad

entrare in collezione e segna il loro

incontro). Sempre di

Max Ernst saranno pre-

senti 11 opere tra cui Il

bacio (1927) considera-

to un capolavoro pitto-

rico di anticipo surrea-

le, Mare, sole, terremo-

to (1931), Giardino

acchiappa-aeroplani

(1935-36) ed altri

importanti dipinti. Due

sono le curiosità a pro-

posito di questo autore.

La prima proviene dal

museo di New York ed

è la presentazione della

rara serie di incisioni

intitolata Histoire

Naturelle (1926). La

cartella, raramente

esposta nella sua interezza, compren-

de 34 litografie che illustrano il

mondo fantastico creato dal maestro

surrealista ed emerso in un sogno tra

botanica e geologia. Saranno poi

riunite contemporaneamente per que-

sta occasione tre sculture in bronzo

provenienti dalla Collezione di New

York, dalla Nasher Collection e dalla

Collezione Peggy Guggenheim, tra

cui Il genio della Bastiglia (1960) di

oltre tre metri di altezza, frutto dell’e-

sperienza scultoria di Ernst nata

appunto dall’incontro con Alberto

Giacometti.

Una della peculiarità di questa

mostra sarà il vedere riuniti in una

sorta di quadreria tematica ed in un

allestimento non cronologico alcuni

dei capolavori surrealisti dei maestri

con i quali Peggy ebbe rapporti di

amicizia, mecenatismo e promozione

nelle sue gallerie, tra cui Art of This

Century a New York, vero e proprio

tempio, anche nell’allestimento, della

fantasia scaturita dalle frequentazioni

con i Surrealisti. Si potranno quindi

incontrare opere di Salvador Dalí,

Jean Arp, Victor Brauner, André

Masson, Matta, Henry Moore, Pablo

Picasso ed altri protagonisti della col-

lezione surrealista sino al curioso

quadro Due donne davanti a uno

specchio di Hirshfield. Percorrendo

la mostra si vedranno così, come in

una collezione privata sale che uni-

scono tematicamente lavori di diversi

autori in un confronto stimolante e

talvolta provocatorio. Nella sezione

dedicata alla metamorfosi della figu-

ra surreale per esempio, opere di

Moore si incontreranno, con Busto di

uomo in maglia e righe (1939) di

Pablo Picasso, raramente visibile al

pubblico ed ancora opere di autori

meno noti al grande pubblico ma di

importante ruolo come Tunnard ed

Oelze. Tra le opere che sorprenderan-

no i visitatori per i loro curiosi sog-

getti o rarità segnaliamo quelle di

Matta tra cui un disegno delicatissi-

mo, Corona di germogli I di Arp, una

magica corona organica in pietra, ed i

dipinti ad encausto di Brauner tra cui

un piccolo trittico dedicato a Peggy.

Tra le curiosità due fotografie speri-

mentali degli anni venti di Man Ray,

testimone del movimento surrealista,

le due ironiche e grot-

tesche incisioni di

Picasso di forte critica

al regime dittatoriale

di Franco in Spagna

(in cui “il generalissi-

mo” viene raffigurato

come un mostro itifal-

lico e ridicolo) e le

importanti visione

fantastiche di Yves

Tanguy, artista stima-

tissimo da Peggy

Guggenheim la quale,

indossando due orec-

chini dipinti proprio

da Tanguy apre ideal-

mente, in una gigante-

sca foto, la mostra.

E’ una mostra che al

di là del volere essere esaustiva, rico-

struisce invece un momento di altissi-

ma tensione creativa e di un mondo

d’arte che viveva di entusiastici

scambi tra creatori e collezionisti. Ed

è proprio anche per documentare e

approfondire la propria collezione

che la Fondazione Guggenheim di

Venezia ha intrapreso nuovi accordi

con città ed enti espositivi in Italia,

come questo con la Fondazione Cassa

di Risparmio di Modena, permetten-

do l’incontro inedito tra gli importan-

ti lavori custoditi a Venezia e alcune

opere del museo di New York consen-

tendo al pubblico di fruire tra gli altri

di lavori raramente esposti o addirit-

tura celati agli occhi del pubblico. ■

* Segretario Generale della Fondazione

Cassa di Risparmio di Modena

21Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

Max Ernst, Il bacio, 1927, Olio su tela, (129 x 161,2 cm)

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22 Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna

Mosaici come tappetidi Lanfranco Gualtieri *

C on il prestigioso intervento del

Presidente della Repubblica

Carlo Azeglio Ciampi, il 30

ottobre scorso si è inaugurata la “Domus

dei Tappeti di Pietra”, l’ultimo gioiello

del “patrimonio” ravennate recuperato e

messo a disposizione del pubblico.

Questo importante risultato è strato otte-

nuto anche grazie al cospicuo contribu-

to stanziato dalla Fondazione Cassa di

Risparmio di Ravenna. Infatti la nostra

Fondazione fu tra i primissimi convinti

sostenitori del progetto

che prevedeva il recupero

ed il restauro dei mosaici

ritrovati stanziando con

estrema sollecitudine un

primo contributo di 250

milioni di lire. Si era nella

tarda primavera del 1993

e tale contributo fu prov-

videnziale perché permi-

se con immediatezza la

messa in sicurezza dei

mosaici che venivano

insidiati dall’invasione

dell’acqua proveniente

dal sottosuolo.

Successivamente prese corpo l’idea di

creare un “contenitore” idoneo ad

accogliere almeno parte dei mosaici

ritrovati (quelli tardo antichi) per ren-

derli visibili al pubblico e si cominciò

a lavorare per realizzare quello che

per molti anni abbiamo chiamato

“Museo di Via D’Azeglio”.

Anche allora la Fondazione stanziò un

ulteriore contributo di circa 235.000,00

Euro (450 milioni di lire) per la redazio-

ne e la realizzazione del progetto.

Un sostegno fu dato poi per la pubbli-

cazione del volume edito in occasione

della mostra che ebbe luogo al Museo

Nazionale nell’inverno del 1995/96

per presentare al pubblico i mosaici

restaurati.

Da allora un succedersi di vicende alter-

ne ha continuamente ostacolato la con-

clusione del progetto fino a quando, con

l’avvento della nuova Fondazione

RavennAntica, della quale la nostra

Fondazione è socio fondatore, si è final-

mente concretizzata la fase finale del

progetto sostenuta finanziariamente

ancora una volta dalla Fondazione

Cassa di Risparmio di Ravenna con un

contributo di 155.000,00 Euro (300

milioni di lire).

Con l’apertura definitiva al pubblico

della “Domus dei Tappeti di Pietra”,

Ravenna si arricchisce di un’altra

importante testimonianza della propria

tradizione artistica ed offre al “mondo”

un sito di grande interesse storico e

documentale che mi auguro potrà

entrare in un vasto circuito di visitatori

italiani e stranieri e costituire altresì

momento di formazione didattica per le

scuole mediante l’allestimento di

mezzi audiovisivi e multimediali.

E’ quindi grande la soddisfazione per il

risultato conseguito e la Fondazione

della Cassa è orgogliosa di avere con-

tribuito fattivamente, non

solo con il sostegno

finanziario ma anche con

la partecipazione convin-

ta nelle varie e difficili

vicissitudini che hanno

caratterizzato questo per-

corso. E’ importante infi-

ne sottolineare che que-

sto progetto ha visto con-

vergere via via la volontà

e l’impegno del Comune,

della Provincia, della

Soprintendenza per i

Beni Archeologici, della

Soprintendenza per i beni

Ambientali e Architettonici,

dell’Archidiocesi, della Cooperativa

Muratori Cementisti e Affini di

Cotignola, della Fondazione Cassa di

Risparmio di Ravenna e oggi della

Fondazione RavennAntica e questo sta

a testimoniare che per risolvere i pro-

blemi della nostra città e del suo terri-

torio occorre sempre più andare nella

direzione di ampia e fattiva convergen-

za di volontà e di operatività fra il pub-

blico ed il privato coinvolgendo (sem-

pre di più) la città ed i suoi cittadini.

Particolare del pavimento musivo romano con l’emblema “La danza deiGeni delle Stagioni”.

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L’eccezionale interesse suscitato anche

presso l’opinione pubblica è stato

determinato soprattutto dalla presenza

di abbondanti e ricche superfici musi-

ve, alcune figurate e policrome.

Di straordinario interesse l’edificio

bizantino, e non solo per la conoscenza

del mosaico. Si tratta, infatti, dell’unico

caso a Ravenna di un edificio a destina-

zione privata, non religiosa, di cui si

siano conservati assieme almeno parzial-

mente la pianta e l’apparato decorativo.

L’attenzione si focalizza

specialmente sull’emble-

ma, cioè in riquadro figu-

rato, nella pavimentazio-

ne dell’ambiente di rap-

presentanza, eccezionale

per il IV secolo. Il quadro

raffigura la danza dei

Geni delle Stagioni, moti-

vo di derivazione classico

caduto in disuso all’epo-

ca, e mostra una tecnica

musiva notevolissima.

La Domus dei Tappeti

di Pietra costituisce il

culmine del percorso

museale, che inizia in

Via Barbiani con l’at-

traversamento del giar-

dino antistante la settecentesca chiesa

di S. Eufemia, opera dell’architetto

riminese Buonamici, autore fra l’al-

tro del Duomo di Ravenna. Nell’aula

a pianta centrale della chiesa, i flussi

dei visitatori, si suddividono nel per-

corso di ingresso (a sinistra) e in

quello di uscita (a destra); entrambi

aggirano l’altare, dominato dalla tela

con il martirio della Santa. Dopo l’in-

gresso, il visitatore passa alla Sala

dei Cento Preti in cui si trova il pozzo

presso il quale Sant’Apollinare,

patrono della regione Emilia-

Romagna, battezzava i primi cristiani

ravennati. Si esce nella chiostrina

vetrata, in cui sono ubicati servizi e

bookshop, per giungere alla discesa

nella Domus ipogea.

Il grande invaso sotterraneo ha una

superficie pari a circa 800 metri qua-

drati. Fin dall’inizio le strutture por-

tanti del fabbricato sono state posizio-

nate in modo da seguire la traccia

della preesistenza archeologica, con-

sentendo il ripristino nel sito origina-

rio dei mosaici e dei pavimenti in opus

sectile del periodo bizantino (VI sec),

degli spiccati murari di separazione

alle stanze risalenti al periodo medesi-

mo e del basolato in trachite della stra-

da romana.

La visita alla Domus di snoda in

senso orario lungo un percorso anula-

re prevalentemente perimetrale, costi-

tuito da una passerella metallica posta

in posizione leggermente sopraeleva-

ta, dotata di parapetto vetrato e di

autonomo impianto di illuminazione.

Mentre transita in fregio alle stanze, il

percorso descrive una serie di piccoli

spazi di sosta temporanea e di brevi

affacci sui mosaici a balcone, oppor-

tunamente segnalati da una leggera

accentuazione luministica. Nelle zone

in cui abbandona il perimetro della

sala , la passerella si dispone sull’an-

damento dei muri, ora scomparsi, di

separazione delle stanze bizantine,

oppure rende trasparente il proprio

piano di calpestio, al fine di non pre-

giudicare la lettura del manufatto nel

suo sviluppo materico e di decorazio-

ne tra stanze attigue.

La visita ha inizio dalla stanza archeo-

logica dal grande spazio quadrato con

motivi geometrici e quattro kantaroi

(vasi) angolari. Quindi si passa alla

stanza in cui viene ripo-

sizionato a parete il

mosaico del Buon

Pastore. Si raggiunge poi

la strada romana, in cui

si sosta al centro del-

l’ambiente, davanti all’a-

trio di collegamento tra i

due blocchi urbani situa-

ti ai lati della strada

medesima.

Seguono le stanze in

mosaico che preludono

all’affaccio sulla stanza

principale del gruppo di

stanze esposte, sia per

dimensioni (circa 100

metri quadrati), che per

la presenza dell’emble-

ma (in copia a gesso) della Danza dei

Geni delle Quattro Stagioni. Nella

parte occidentale, è stato posizionato in

postura parietale il mosaico susseguen-

te, il quale, per problemi di spazio, non

si è potuto ricollocare a pavimento. Al

suo posto, sotto la passerella vetrata, è

stato inserito un pannello recante il

disegno della stanza medesima.

Il percorso culmina con il ritorno alla

piazzola d’ingresso, dove viene espo-

sto a cavalletto il mosaico originale

della Danza dei Geni delle Quattro

Stagioni. ■

* Presidente della Fondazione

Cassa di Risparmio di Ravenna

In primo piano, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ilPresidente della Fondazione RavennAntica, On. Elsa Signorino, Il presidentedella Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Dott. Lanfranco Gualtieri.Dietro al Presidente Ciampi il Sindaco di Ravenna, Widmen Mercatali.

23Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

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24 Fondazioni novembre/dicembre 2002

DAL SISTEMAARTE E CULTURA

I l momento più emozionante èstato l'abbraccio tra il poeta siria-no Adonis (foto in alto) e lo scrit-

tore israeliano Abraham Yahoshua (fotoin basso). Due culture, due religioni chesi sono incontrate nel corso della cenaofferta a tutti i partecipanti alla rassegnaFuori Pagina in occasione dell'inaugura-zione del convegno giovedì 7 novembre.Una dimostrazione che, quanto afferma-to nel corso della conferenza stampa dalPresidente della Fondazione Carige,Vincenzo Lorenzelli, a proposito di una"letteratura solidaristica" in grado diannullare le distanze ideologiche e avvi-cinare i popoli, è vero.Ma questo è stato solo uno dei tantimomenti che Fuori Pagina ha saputoregalare al pubblico. La manifestazionesu narrativa e poesia organizzata dallaFondazione Carige, che si è conclusavenerdì 15 novembre, ha portato aGenova la grande letteratura. Non si eramai respirata un'aria così elettrizzante incittà, con un pubblico numeroso e varioad assistere agli incontri. Un segno, sece ne fosse bisogno, che la voglia di cul-tura è forte, e sarebbe un grave errore,come denuncia Sergio Buonadonnadalle pagine del Secolo XIX, non preve-dere eventi riguardanti la letteratura inoccasione del 2004.Dicevamo di un pubblico numeroso evario: signore ingioiellate e ragazzi coni dread gomito a gomito per avere l'au-tografo che non ti aspetti. Il ragazzinoche si avvicina a Fernanda Pivano, la"signora bene" che vuole la foto con iltrasgressivo Pedro Pietri danno la misu-ra di quanto i lettori siano un pubblicodecisamente trasversale. Si è dimostratavincente, poi, l'idea di non concentraregli avvenimenti in un unico luogo, ma didistribuirli in giro per la città. La straor-

dinaria performance poetica di Pietri,capace di trasformare, martedì 5,Galleria Mazzini in un locale under-ground della New York "off", nonavrebbe avuto probabilmente lo stessoeffetto nella Sala Sivori, dove invecehanno dato il meglio GabrieleSalvatores e Niccolò Ammaniti domeni-ca 10. Il regista e lo scrittore, assieme aPiera Detassis, direttrice di Ciak, hannodato vita a uno degli incontri più entu-siasmanti, con la sala stracolma perassistere al confronto tra letteratura ecinema. Uguale entusiasmo ha raccoltola Pivano, che sabato 9 ha incantato ilpubblico con i suoi ricordi, dall'infanziain corso Solferino all'avventura ameri-cana, passando per Pavese e De André.La grande traduttrice e scrittrice haavuto anche il compito di dare il via alconvegno giovedì 7: dopo i saluti delleautorità, ha portato una ventata di poe-sia nel Palazzo della Borsa. Poesia che èstata raccolta, e non poteva essere altri-menti, da Giorgio Albertazzi che, con lesue letture ha introdotto e contrappunta-to la discussione tra Adonis, Mario Luzied Edoardo Sanguineti circa la capacitàdei versi di interpretare il mondo.Il secondo giorno del convegno, venerdì8, si è aperto con un dibattito tra padreFerdinando Castelli, Arrigo Petacco,Vincenzo Cerami e Yehoshua. Unincontro vibrante, che ha fatto emergerei diversi modi di interpretare il ruolodella scrittura.Il convegno si è concluso con una tavo-la rotonda tra i responsabili delle pagineculturali dei principali quotidiani italia-ni. Francesco Cevasco, Paolo Mauri,Nico Orengo, Caterina Soffici, RobertoRighetto e il coordinatore Pietro Cheli,hanno ripercorso la storia della culturasui giornali, dal passato mitico dell'elze-

viro fino al futuro incerto del confrontocon le nuove tecnologie, attraverso unpresente che vede affermarsi il dibattitosul revisionismo storico.Le nuove tecnologie sono state protagoni-ste dell'incontro di lunedì 11 a menteloca-le. Giuseppe Genna, di clarence.com eMatteo Codignola, di adelphiana.it,hanno affrontato, assieme a LauraGuglielmi, il problema del rapporto traletteratura e Internet. Sono emerse lamancanza di un dibattito culturale inItalia e la possibilità di una convivenzaserena tra editoria tradizionale e Web. Glieditori sono tornati a parlare giovedì 14,nel corso di un incontro presso la SalaPorta Soprana tra Sergio Buonadonna e irappresentanti di Einaudi (ErnestoFranco), Rizzoli (Benedetta Centovalli),Guanda (Daniela De Rosa) e Garzanti(Oliviero Ponte Di Pino). Per finire,venerdì 15, la chiacchierata tra BenedettaCraveri e Franco Manzitti presso ilCircolo Tunnel per un'analisi della socie-tà civile dall'Ancien Regime ad oggi.

Fuori Pagina finisce qui: appunta-mento all'anno prossimo: si parlerà dimusica. ■

* Responsabile Ufficio Stampa

Fondazione Carige

Fondazione Cassa di Risparmio di Genova

Fuori Pagina, di tutto, di più di Riccardo Grozio *