Fondazione Musei Civici di Venezia · Maometto riuscì in dieci anni (dal 622 al 632 d.C.) a...

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Fondazione Musei Civici di Venezia

Giandomenico Romanelli Direttore

Consiglio d’AmministrazioneSandro Parenzo PresidenteMassimo Cacciari Vice PresidenteRosela Mamoli Zorzi ConsigliereFrancesco Micheli ConsigliereGuido Roberto Vitale Consigliere

QUADERNI DIDATTICIa cura del Servizio Attività Educative

Caterina Marcantoni ResponsabileCristina Gazzola, Chiara Miotto, Gabriele Paglia, Francesca Pederoda

Progetto e testi a cura di Cristina Gazzola

Coordinamento del progetto Caterina Marcantoni

Grafica Fabrizio Berger - Venezia

Con il contributo di Venice Foundation

Info Servizio Attività EducativeSan Marco 1, 30124 VeneziaTel. +39 0415236830Fax +39 [email protected]

©2009 Fondazione Musei Civici di VeneziaQualsiasi utilizzo al di fuori dei percorsi didatticidella Fondazione Musei Civici di Venezia è soggetto ad autorizzazione

� Stefano Veneziano, Madonna in trono colBambino, 1369, Venezia, Museo Correr

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IL MONDO ISLAMICOVenezia da sempre è stata luogo privilegiato diincontri tra civiltà: questa è la storia di un incon-tro, uno scontro, un confronto ma mai di unachiusura con la grande civiltà islamica.L’Islam è una religione monoteista cioè professal’esistenza di un solo Dio, fondata da Maomettonel periodo 610-632 d.C. e poi diffusa ad opera deisuoi discepoli e seguaci. Il profeta arabo Maometto nasce a La Mecca nel570 d.C.. Trascorre i primi quarant’anni della suaesistenza dedicandosi a numerosi viaggi commer-ciali, soprattutto in Siria, che favoriscono contatticon comunità ebraiche e con varie correnti del cri-stianesimo dell’Asia Minore.Attorno al 610-612 d.C. Maometto ha le prime rive-lazioni divine. Come profeta di Dio, lancia appelliper una migliore condotta e l’abbandono dei falsiidoli, il cui culto era molto forte alla Mecca.I conservatori al potere, favorevoli al paganesimopoliteistico, lo costringono all’esilio.La migrazione (Egira) del profeta da La Mecca aYathrib (futura Medina) segna l’inizio dell’eramusulmana. Qui Maometto diventa capo dellacomunità e fonda in misura equilibrata elementi delmonoteismo ebraico e cristiano con il culto pagano,presentandosi non come un innovatore assoluto, macome il prosecutore dell’opera dei profeti antichi ecome il restauratore della fede di Abramo.Alla base dell’Islam è il Corano, testo sacro deimusulmani: si tratta di un insieme di norme, para-bole, racconti, rivelati a Maometto in periodi tem-porali diversi fra La Mecca e Medina.Esso è diviso in 114 capitoli, chiamati sure ed èscritto in rime e ritmi poetici.Finché visse Maometto la sua diffusione fu soprat-tutto orale: successivamente i versetti vennero tra-smessi in forma scritta.

Allah (“Il Dio”) è il creatore di tutto, il giudice di tuttigli uomini, l’ eterno.

Gli angeli sono i messaggeri di Dio: tra loro ci sono trearcangeli.

L’arcangelo Gabriele rivelò il Corano a Maometto.

Iblis è il capo degli spiriti malvagi.

I profeti sono gli uomini che hanno ricevuto dagliangeli i messaggi di Dio. 21 di essi compaiono sia nelCorano che nella Bibbia.

Il primo profeta è stato Adamo, seguono tra i piùonorati: Noè, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Davide,Salomone, Giovanni Battista e Gesù.

L’ultimo profeta è Maometto ("il sigillo dei profeti“)perché a lui è stata fatta la rivelazione suprema conte-nuta nel Corano.

� Corano stampato in arabo, Venezia, 1537-1538, Venezia,Provincia Veneta di Sant’Antonio dell’Ordine dei Frati Minori

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Il luogo sacro per i musulmani è la Ka’ba, l’edificiocubico che contiene la pietra nera, cioè un meteo-rite che la tradizione vuole essere diventata nera acausa dei peccati dell’umanità, e che si trova nelcortile presso la grande moschea alla Mecca.La Ka’ba è il centro dell’Islam: tutti i musulmani sidispongono nella sua direzione per pregare, qua-lunque sia il luogo e la distanza in cui si trovano.

La moschea ha una mihrab, sorta di nicchia cheindica la direzione della Mecca. Alla destra del mihrab si trova il minbar, pulpitosu cui sale il capo della comunità musulmana(Imam) a guidare la preghiera e a pronunciare ilsermone.Nelle moschee è immancabile una vasca o fonta-na dove i fedeli possano compiere le abluzionirituali prima della preghiera.

� Moschea o Tempio della Roccia, Gerusalemme � Ka’ba della Mecca

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I ‘PILASTRI’ (ARKAN) DELL’ISLAMLe pratiche religiose che ogni musulmano deveseguire sono cinque:

• LA TESTIMONIANZA DI FEDEIl fedele musulmano proclama l’unicità assolutadi Dio e il riconoscimento di Maometto qualeInviato e Profeta di Dio.

• LA PREGHIERAIl fedele musulmano ha l’obbligo di pregare cin-que volte al giorno orientandosi verso la Ka’ba maprima di farlo deve purificarsi lavandosi tre voltele mani fino ai polsi, sciacquare la bocca e le nari-ci, lavare il volto e le braccia fino al gomito pas-sandosi le mani sul capo, sulle orecchie e sul collo;infine lavare i piedi fino alla caviglia tre volte. Il fedele ha l’obbligo di recitare la preghiera delmezzogiorno di venerdì nella moschea.

• IL DIGIUNOPer un mese, durante il Ramadan (nono mesedell’anno solare), il fedele musulmano deveastenersi dal cibo, dal bere, dal fumo e dairapporti sessuali, dall’alba al tramonto.

• LA CARITA’La generosità è una delle principali virtù delmusulmano. L’elemosina è obbligatoria e da destinarsi a ottocategorie specificatamente menzionate nelCorano.

• IL PELLEGRINAGGIOIl fedele musulmano, qualora se ne abbiano imezzi, deve compiere il pellegrinaggio allaMecca almeno una volta nella vita.

Il pellegrinaggio, oltre ad essere una pratica religio-sa, è l’occasione di incontro fra popoli diversi (per-siani, turchi, etc.) e usanze particolari unite dallafede comune e da una lingua religiosa: l’arabo.

� Indicatore di qibla, Istanbul, 1738, Museo Correr

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Sul commento del Corano e della Sharia, leggedivina contenuta nel testo sacro che stabilisce lenorme per i rapporti dell’uomo con Dio e dell’uo-mo con gli altri uomini, il mondo musulmano èdiviso in due grandi gruppi: quello dei sunniti equello degli sciiti.

Per i sunniti l’autorità religiosa risiede nel consen-so della comunità.Essi si lasciano guidare solo dal Corano, dalle tra-dizioni e dalla Legge.Tra i sunniti, qualsiasi ulama (guida religiosa cheha il compito di commentare il Corano) può esserechiamato Imam.

Per gli sciiti i capi legittimi della comunità musul-mana sono i dodici successori di Alì, cugino egenero di Maometto.L’autorità religiosa risiede nell’Imam, interediariofra la comunità e Dio, che può dare nuovi com-menti del Corano e della Legge.

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� Giambattista Tiepolo, Due Orientali sotto ad un albero,ca. 1757, Londra, The National Gallery

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LE TAPPE DELL’ESPANSIONE ISLAMICA

Maometto riuscì in dieci anni (dal 622 al 632 d.C.) adiffondere l’islamismo in tutta la penisola arabica.I primi quattro califfi, successori di Maomettocome capi religiosi e politici dei musulmani spo-starono, attraverso successive conquiste militari, lefrontiere dell’Islam verso l’Asia e il nord Africanei territori che allora facevano parte dell’imperobizantino o dell’impero persiano.

• Dal 661 al 750 d.C. l’islamismo si diffuse versol’Atlantico e verso l’Indo dalla parte asiatica. A metà dell’VIII secolo facevano parte del mondoislamico anche la penisola iberica, l’estremità

meridionale della Francia, il Maghreb, Cipro,l’Afghanistan, parte del bacino dell’Indo e delKirgizistan.

• Dal 750 al 1100 d.C. l’influenza islamica si esteseverso l’India settentrionale, l’Africa orientale e asud del Sahara grazie all’attività dei mercantimusulmani.

• Fra XI e XII secolo il popolo turco, convertitoalla fede musulmana, assunse la guida delmondo islamico.

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� Giandomenico Tiepolo, Lancere orientale che si avvicina a una città, fine XVIII sec., New York, The Metropolitan Museum of Art

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• Nel XIV secolo i Mongoli conquistarono il cuoredella civiltà islamica e si convertirono all’islami-smo assicurando ad esso tutta l’Asia centrale finoai monti Altaj.

• Nel XIV e XV secolo i Turchi crearono un poten-te impero che si estese fino a conquistare anche ilterritorio europeo dell’impero bizantino. In conse-guenza della formazione dell’impero turco otto-mano, divennero islamici alcuni popoli in Bosnia,Kossovo, Macedonia e Albania.

La mentalità si diffuse in regioni dove erano svi-luppate altre civiltà: quella cristiana-bizantina,quella persiana, quella indiana.Grazie all’affermazione della religione e della lin-gua araba (il Corano doveva essere recitato nellalingua originaria) si formò una cultura islamicacomune nella quale vennero assunti elementi arti-stici delle culture conquistate come quella bizanti-na, persiana, indiana.

MAGGIORANZA MUSULMANA

SIGNIFICATIVA PRESENZA MUSULMANA

MINORANZA MUSULMANA

L’ISLAM OGGI

La religione musulmana è dominante nei paesiarabi, in molti paesi africani, in Indonesia, Iran enella comunità curda. Esistono comunità islamiche anche in Europa dif-fuse, negli ultimi decenni, grazie al fenomeno del-l’immigrazione e dell’islamizzazione (es. matrimo-ni misti).

Comunità islamiche sono presenti anche inFrancia, Gran Bretagna ed in Italia dove a Milanoe a Roma sono state costruite le prime moschee.L’Islam è oggi la religione che conta la più velocecrescita numerica di aderenti, dovuta, soprattutto,all’elevatissimo indice di natalità che, nei paesiislamici, cresce globalmente di circa il 2.6% l’anno.

� L’espansione del mondo islamico oggi

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VENEZIA E L’ORIENTE

Se il VII secolo vede nascere ed espandersi la civil-tà musulmana, è alla fine di questo secolo cheVenezia, avamposto bizantino settentrionale,nomina il suo primo Doge.

Nel 828 i mercanti Rustico da Torcello e Buono diMalamocco trafugano le reliquie di San Marco adAlessandria d’Egitto (città musulmana) che ver-ranno poi custodite a Venezia nella cappella doga-le accanto alla costruzione di un primo PalazzoDucale. Venezia estende la propria influenza sullaDalmazia.

IX-X secolo – La flotta veneziana combatte icorsari saraceni nell’Adriatico. Primi trattati tra sovrani musulmani dell’Africadel Nord, Siria, Egitto e la Serenissima.

1063-1094 – Costruzione della Basilica di SanMarco (l’attuale) con l’impiego di maestranzebizantine.

1082 – Crisobolla (Bolla d’oro) dell’imperatorebizantino che concede a Venezia privilegi com-merciali sulle rotte d’Oriente.

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� La traslazione del corpo di San Marco nella Basilica, 1260 circa, mosaico, Venezia, San Marco, Porta Sant'Alipio

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1099 – Prima crociata: presa di Gerusalemme.

1104 – I Veneziani installano fondaci aGerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo,Damasco.

1204 – Quarta crociata: presa di Costantinopoli.La celebre quadriga in bronzo viene installatasulla facciata della Basilica di San Marco.

1250 – Fondazione della dinastia mamelucca cheestende le sue autorità sull’Egitto e sulla Siria.

1261 – Riconquista di Costantinopoli da parte diMichele Paleologo e cacciata dei Veneziani.

1280-1324 – Il sultano Osman I fonda la dinastiaottomana.

1291 – I Mamelucchi cacciano gli ultimi crociati e iVeneziani da Acri.

1388 – Trattato commerciale tra Venezia e i Turchi.

� Quadriga proveninte da Costantinopoli, Venezia,Museo di San Marco

� Frammento di tenda ottomana, Turchia, XVII secolo, Venezia,Museo Correr

� Memorie Turchesche, tav. 23, disegno colorato, secolo XVII,Venezia, Museo Correr

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1402 – Sconfitta ottomana ad opera dei Mongoli diTamerlano.

1442 – Trattati commerciali tra Venezia e il sultanomamelucco.

1444-1481 – Regno di Maometto II ilConquistatore.

1453 – Presa di Costantinopoli e fine dell’imperobizantino.Il sultano stabilisce la propria capitale nella cittàconquistata che diventa Istanbul.

1482 – Nuovi trattati tra Venezia e i Turchi.

1508 – Lega di Cambrai (Papa Giulio II, Luigi XIIdi Francia, l’imperatore Massimiliano I eFerdinando II d’Aragona) contro Venezia.

1534 – Occupazione ottomana di Bagdad, il mondoarabo passa sotto la dominazione ottomana.

Metà del XVI secolo – Gli Ottomani controllanotutte le rotte carovaniere in Oriente; i mercantiveneziani continuano a frequentare assiduamenteAlessandria.

1571 – Battaglia di Lepanto; sconfitta ottomana.

1603 – Il sovrano safavide Shah ‘Abbas I diPersia manda a Venezia un emissario per discute-re del comune problema degli Ottomani.

1621 – La Repubblica assegna Palazzo Palmieri daPesaro ai mercanti turchi, che fino ad allora eranodistribuiti in varie parti della città, per le proprieattività commerciali. Il Fondaco dei Turchi, provvi-sto al secondo piano anche di una piccola moschea,rimane in uso alla comunità orientale fino al 1838.

� Andrea Vicentino, La battaglia di Lepanto, 1595-1605, Venezia, Palazzo Ducale, Sala dello Scrutinio

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1683–1699 – La guerra della Lega Santa control’impero ottomano provoca l’arretramento turco.

1694 – Francesco Morosini Peloponnesiaco ricon-quista la Morea.

1714-1718 – Nuova guerra tra Venezia e l’imperoottomano che porta alla perdita della Morea.

1797 – La Repubblica veneziana viene invasadalle truppe di Napoleone Bonaparte (1797), cheoccupano la terraferma, giungendo ai marginidella laguna.

A seguito delle minacce francesi di entrare incittà, nella seduta del 12 maggio 1797, il Doge e imagistrati depongono le insegne del comando,mentre il Maggior Consiglio abdica e dichiaradecaduta la Repubblica.Poco dopo anche l'Istria e la Dalmazia, ormaicaduta la madrepatria, si consegnano ai francesi.Venezia, città della Repubblica e dei dogi, si èavvicinata con rispetto e ammirazione alla cultu-ra islamica e ne ha ricevuto in cambio altrettantointeresse.Mille anni di conflitti e affari, di battaglie e discambi.

� Bartolomeo Nazzari, modi di,Ritratto di Francesco Morosini (1750),Venezia, Museo Correr, Sala 17

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LA PITTURA “ORIENTALISTA” A VENEZIA

Ancora prima dell’avvento della “moda orientale”nel Quattrocento, ovvero la rappresentazione dipersonaggi, animali esotici, oggetti di lusso e luo-ghi del mondo islamico, alcuni motivi del VicinoOriente erano già presenti nell’arte veneziana, peresempio negli episodi della vita di San MarcoEvangelista, patrono della città.Quale ultima depositaria delle sante reliquie,Venezia era diventata la nuova Alessandria. Nel corso dei secoli la Basilica, costruita sul model-lo della chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli,fu rivestita di mosaici e ornata di pale dedicate allaleggenda di San Marco: nelle scene raffiguranti lepreghiere, il martirio e il trafugamento delle spo-glie del santo, sono presenti, infatti, particolari eso-tici quali costumi o motivi architettonici.

La particolare posizione geografica di Venezia alconfine tra Oriente e Occidente, unita ad una fortevocazione mercantile, spiega il suo rapporto pecu-liare con il mondo musulmano.Mercanti o diplomatici di professione, i discen-denti delle principali famiglie veneziane come iContarini, i Loredan e gli Zorzi solcavano spessoil Mediterraneo orientale.A differenza dei mercanti, pochi artisti venezianiebbero l’opportunità di viaggiare nel Levante,eccezion fatta per il pittore Gentile Bellini e loscultore Bartolomeo Bellano, che si recarono adIstanbul, alla corte del sultano Mehmed II, comeambasciatori culturali della Repubblica di Veneziatra il 1479 e il 1481.Per descrivere i luoghi e i personaggi del VicinoOriente, i pittori veneziani si basavano soprattuttosui resoconti orali e letterari, con una predilezione

per i testi illustrati come il Liber secretorum fideliumcrucis di Marino Sanudo il Vecchio, del 1316-1321.Alla fine del XV secolo gli artisti attingevano apiene mani alla Perenigratio in terram sanctam diBernhard Breydenbach: racconto di viaggio tede-sco illustrato da incisioni su tavola dell’artista nor-dico Erhard Reuwich, che aveva accompagnatoBreydenbach nella sua spedizione, e pubblicato aMagonza nel 1486.Gentile Bellini, grazie al celebre viaggio a Istanbulche lo portò a contatto con la vita e la cultura otto-mana, è riconosciuto come uno dei principali fau-tori della moda orientale nella pittura veneziana.In realtà fu Jacopo Bellini, padre di Gentile, a com-piere il primo passo verso l’introduzione di ele-menti orientali di sfondo nelle scene narrativemoderne della pittura veneziana del Rinascimento.Le fastose composizioni, gli spettatori inturbantati egli animali esotici, che riempiono gli album di dise-gni dell’artista, costituirono una fonte di ispirazioneper i pittori veneziani della generazione successiva,molti dei quali formati nella bottega belliniana.

Nella seconda metà del XV secolo le massicceimportazioni di oggetti islamici ne favorirono larappresentazione nella pittura veneziana, ancheda parte di artisti non orientalisti come AndreaMantegna, genero di Jacopo Bellini.Giovanni Bellini, come il cognato Mantegna,dipinse spesso oggetti islamici nelle sue opere ecome lui anche Vittore Carpaccio, Cima daConegliano e Paris Bordone; nel XVI secoloLorenzo Lotto era molto apprezzato per le rappre-sentazioni di tappeti orientali che inseriva nellescene religiose come nei ritratti.

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� Il prete Teodoro e il monaco Stauracio consegnano il corpo di San Marco ai mercanti Rustico da Torcello e Buono di Malamocco,mosaico, Venezia, San Marco, Cappella di San Clemente

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La grande varietà di oggetti islamici presente nellapittura veneziana del Rinascimento dimostracome questi manufatti fossero numerosi, e anchediffusi, nella Venezia dell’epoca.Tra il 1490 e il 1530 a Venezia la rappresentazione dipersonaggi e luoghi del mondo islamico raggiunseil suo apogeo nelle grandi tele narrative raffigurantile leggende dei santi patroni destinate a ornare lepareti delle confraternite della città. Avendo molti diessi vissuto nel Mediterraneo orientale o in Nord-Africa, le scene descritte sono spesso animate dallearchitetture e dai personaggi dei paesi dell’Islam eoffrono un’immagine dei territori all’epoca.Molti membri delle confraternite, poi, avevanointeressi commerciali nel Mediterraneo orientalecome ad esempio la confraternita dei mercanti diseta e dei tessitori nota come Arte dei setaiuoli. La Scuola Grande di San Marco riuniva moltimercanti che facevano affari tra l’impero mame-

lucco, quello ottomano e Venezia: della Scuolafacevano parte anche alcuni artisti, tra cui Gentilee Giovanni Bellini.Artista di grande fama, in possesso di una conoscen-za di prima mano del mondo musulmano, GentileBellini era il pittore ideale per il progetto decorativodella Scuola Grande di San Marco, che ebbe inizioalla fine del XV secolo, quando i lavori di costruzio-ne dell’edificio erano ormai quasi ultimati.

� Lorenzo Lotto, Giovanni della Volta con la moglie e i figli,1547 ca., Londra, National Gallery

� Gianantonio Guardi, La consegna dell’anello al doge, 1740 ca.,copia da Paris Bordone, Venezia, Museo Correr

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In occasione del soggiorno ad Istanbul, dal 1479 al1481, realizzò numerosi studi di costumi ottomani,monumenti, oggetti e animali esotici.Questi disegni gli servirono in seguito da modelliper la Presentazione di San Marco ad Alessandria,realizzato proprio per la Scuola.

Nel 1518 un altro pittore, Giovanni Mansueti, fucoinvolto nella realizzazione del ciclo pittoricodella Scuola di San Marco: nelle sue tele, l’artistadipinge spazi urbani che evocano la Venezia rina-scimentale, ricavando molti motivi dagli album diJacopo Bellini.

Vicino alla bottega del Bellini come Mansueti,Vittore Carpaccio è unanimemente riconosciutocome il principale fautore della moda orientalenella pittura veneziana del Rinascimento.Il suo ciclo narrativo più importante è probabil-mente quello che orna la sala per le riunioni dellaScuola di San Giorgio degli Schiavoni.Si tratta di nove grandi tele che illustrano la vita diCristo, San Girolamo, San Giorgio e San Trifone.Grazie alla collaborazione della sua bottega,Carpaccio riuscì a completare il ciclo pittorico insoli cinque anni (1502-1507).Benché i Turchi e altre dinastie islamiche si fosseroimpadroniti dei luoghi santi della cristianità, letele di Carpaccio non trasmettono un senso dipericolo, paura o avversione nei confronti di que-sti popoli, ma riflettono l’immagine di una comu-nità pacifica in grado di riunire Cristiani,Mamelucchi e Ottomani.Tra i dipinti narrativi di grande formato riguar-danti il Vicino Oriente che furono realizzati aVenezia tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo,la tela anonima dell’Accoglienza degli ambasciatori

� Giovanni Mansueti, San Marco battezza Aniano, 1518 ca.,Milano, Pinacoteca di Brera

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� Anonimo veneziano, L’accoglienza degli ambasciatori veneziani a Damasco, 1511, Parigi, Museo del Louvre

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veneziani a Damasco, probabilmente realizzata perun privato, riveste un’importanza per molti versiunica.L’artista crea un ambiente che riflette alla perfezio-ne la realtà del Vicino Oriente, collocando la dele-gazione veneziana e i dignitari mamelucchidavanti a una veduta precisa della città.La seconda metà del XVI secolo si caratterizza perla produzione di ritratti di sultani islamici, in par-ticolare ottomani.Si diffusero pubblicazioni di album di costumi edel primo atlante mondiale: il celebre libro dicostumi di Cesare Vecellio del 1590, Habiti antichiet moderni, si proponeva, infatti, fin dalla nascitacome punto di riferimento storiografico.Il ritratto divenne il genere prediletto dai pittoriorientalisti: le commesse, provenienti da singolimecenati turchi, veneziani e di altri paesi europei,

venivano infatti offerte come doni diplomatici edandavano a costituire vere e proprie collezioni.La tradizione veneziana dei ritratti di sultano traeorigine dal celebre quadro di Gentile Bellini che,con i suoi allievi, lo riprodusse in numerosi esem-plari, contribuendo così a diffondere l’immaginedel sultano in Italia.Per il ritratto di Mehmed II, Bellini stabilì unnuovo canone iconografico per i sultani.L’iscrizione Victor Orbis (conquistatore delmondo), nel ritratto di Londra, rimanda alleimprese militari di Mehmed.

� Vittore Carpaccio e bottega, Predicazione di santo Stefano,1514 ca, Parigi, Museo del Louvre

� Gentile Bellini [attr.], Ritratto del Sultano Maometto II, 1480,Londra, The National Gallery

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Quanto alle sette corone – tre alla base di ciascunpilastro dell’arco e l’ultima ricamata sulla stoffache ricopre il parapetto – simboleggiano la dina-stia ottomana, dato che Mehmed era il settimosultano della stirpe imperiale.

Se i pittori del Quattrocento avevano tentato diriprodurre o trasporre il mondo musulmano nelvocabolario veneziano, gli artisti del Seicento si

lasciarono guidare soprattutto dalla creatività edalla fantasia, facendo di rado riferimento a veriedifici o oggetti islamici.Nelle “turcherie” di Antonio Guardi e bottega l’ar-tista si concentra sui costumi musulmani senzainserire riferimenti a contesti orientali più ampi:nella Venezia Barocca la rappresentazione deiTurchi diviene puro esercizio di creatività artisticao commessa specifica.

� Attribuito a Francesco Basilicata (attivo nella prima metà del XVII sec.), Turco a cavallo, 1618, Venezia, Museo Correr

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L’INFLUENZA ISLAMICANELLE ARTI VENEZIANE

LE CERAMICHELa conoscenza in Italia delle ceramiche islamichefu determinata dalla loro importazione: esse infat-ti costituivano, sin dal Medioevo, una delle piùimportanti mercanzie la cui circolazione era assi-curata da traffici soprattutto marittimi.A partire dal XIII secolo, vari documenti attestanol’importazione di ceramiche islamiche nel Venetocome ad esempio il trattato relativo a scambi divasellame ceramico stipulato nel 1277 tra il DogeJacopo Contarini e Boemondo IV, principe diAntiochia e conte di Tripoli. La ceramica ottomana, che vede il suo apogeo nellaseconda metà del XVI secolo sotto l’egida dei sulta-ni Selim II e Murad III, è strettamente legata alsuo centro di produzione più importante, Iznik, icui oggetti di lusso magnificamente dipinti eranoapprezzati sia dagli Ottomani che dagli occidentali.Le ceramiche di quest’epoca sono ornate di garofa-ni, tulipani e foglie dentellate, il tutto dipinto concolori vivi (soprattutto il blu, il verde e il rosso) suun ingobbo bianco immacolato. Dopo la battagliadi Lepanto nel 1571, le importazioni di ceramicheIznik in Europa aumentarono e la loro fama ispiròinteressanti imitazioni. In particolare le candiane inVeneto, che copiavano fedelmente i modelli otto-mani, ma non utilizzarono mai il bolo d’Armenia.

LA LACCAGrazie alla sua posizione strategica ed il suo ruolopolitico e culturale nel commercio con l’Oriente,Venezia fu continuamente esposta allo scambio dicommodities e beni di lusso, come gli oggetti“dipinti a lacca”.

Le lacche autentiche erano prodotte utilizzando lalinfa resinosa della Rhus vernicifera e la tecnica fumessa a punto, per la prima volta, in Cina e inGiappone.Soltanto di recente un tipo di decorazione detta “alacca dorata”, comparsa per la prima volta nellaVenezia del Cinquecento, è stata collegata amodelli islamici di epoca precedente.

� Piatto, Turchia, Iznik, 1575 ca., Venezia, Scuola Grande diSan Rocco

� Piatto, Veneto, 1633, Sèvres, Musée National de la ceramique

� Scrigno, Venezia, fine XVI secolo, Saint Louis, The SaintLouis Art Museum

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Gli oggetti veneziani laccati non sono realizzaticon la lacca autentica, ma decorati con una vernicefortemente colorata, stesa su cuoio o su una pre-parazione di gesso applicata sopra una base dilegno, come avveniva nel caso degli oggetti laccatidel mondo musulmano.La decorazione dei lavori veneziani si ispira chia-ramente a motivi ornamentali ottomani che figu-ravano su oggetti giunti a Venezia per diverse vie:in parte come bottino conquistato nelle battagliecontro i Turchi, ma anche come conseguenza deicontatti con il mondo ottomano.

LE RILEGATURELe rilegature islamiche laccate o impresse e model-late con il bulino, sono presenti in molte collezionieuropee, per esempio in quelle delle bibliotecheCini, Marciana e del Museo Correr di Venezia.

Le rilegature turchee persiane di variogenere, nonché leelaborate rilegaturegoffrate dell’Egittomamelucco, dimo-strano, per la varietàdelle tecniche impie-gate e delle decora-zioni, di essere stateil mezzo essenzialedi trasmissione deimodelli agli artigianieuropei, soprattuttoa quelli veneziani.

Su esse si possonoosservare molte dellequalità tecniche, l’usodei materiali e glispecifici motivi orna-mentali che si incon-trano nella decorazio-ne degli scudi laccativeneziani.Riferimenti a rilega-ture islamiche sipossono riscontrarenelle decorazioni sualcuni strumentimusicali venezianirisalenti alla fine delXVI secolo e nellestraordinarie portedella collezione Rainer Zietz di Londra. Realizzate forse per uno stipo di dimensioni inusua-li o per un armadio vero e proprio, esse contengonomolti elementi decorativi evidenti sulle lacche.Inseriti all’interno di un’ampia cornice vi sonoquattro grandi pannelli rettangolari decorati conun’elaborata composizione di medaglioni in rilie-vo di differenti dimensioni e forme – ovali, roton-di, ottagonali – disseminati di pietre semipreziose. Le cornici delle porte evidenziano una grandevarietà di motivi d’oro su fondo nero: gli arabe-schi della cornice più larga ricordano quelli dellerilegature veneziane e delle cornici laccate deltardo Cinquecento.La produzione delle lacche veneziane in stile otto-mano, sebbene non sia durata forse più di mezzosecolo, è uno dei fenomeni più rilevanti dellavariopinta storia degli scambi culturali traVenezia e l’Oriente.

� Commissione del doge Leonardo Donà a Pietro Benedetto nominato provveditore di Salò e capitano di Ripariae Brixiensis,Venezia, 1608, Venezia, Museo Correr

� Scudo da parata, Venezia, fineXVI secolo, Venezia, PalazzoDucale, Armeria

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IL METALLOIl metallo intarsiato proveniente dal Levanteconobbe una grande popolarità in Italia durante ilXV secolo e si diffuse gradualmente nel Nord, finoa che la moda dei disegni a nodi e dei racemivegetali si affermò in quasi ogni tipo di manufattoeuropeo: dai tessuti alle ceramiche, dalla decora-zione architettonica al vetro.

Il loro numero è talmente elevato in Europa chequesti oggetti furono definiti “veneto-saraceni”.Il visitatore europeo di ritorno dalle corti turkme-ne, ottomane e mamelucche riferiva delle loro ric-chezze, della bellezza degli edifici, dell’alto gradodi civiltà (illuminazione stradale, cure mediche,alimentazione, igiene, istruzione) e della disciplinadelle forze armate. Tra i vari prodotti di lusso e beni di prima necessità,le spezie importate non erano soltanto indispensabiliper insaporire il cibo, ma venivano anche utilizzatenel campo della medicina. La Repubblica venezianainfatti firmò in successione vari trattati con iMamelucchi d’Egitto nonostante i ripetuti divieti delPapa. Ai suoi partner commerciali il sultano d’Egittoconcesse fondachi ad Alessandria e Damietta e, inseguito, anche al Cairo, ad Aleppo e a Damasco.

� Porta a due battenti, Venezia, 1575-1600 ca., Londra, Rainer Zietz Ltd

� Bruciaprofumi, probabilmente Egitto, prima metà XIV sec.,Venezia, Museo Correr

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Ciò spiega come alcune delle scatole, bruciaprofu-mi sferici, candelieri, vassoi e acquamanili mame-lucchi siano entrati nelle collezioni europee. I trattati commerciali esigevano inoltre uno scam-bio di missioni diplomatiche e reciproci scambi didoni: quest’usanza può spiegare la presenza, nellecollezioni europee, di alcuni dei loro oggetti, affa-scinanti per la maestria tecnica, la complessità delmotivo ornamentale e la capacità di suscitaremeraviglia nell’osservatore.I primi collezionisti di objets d’art del Levantefurono probabilmente i pellegrini. Oltre ai tessuti, i viaggiatori portavano in Europa,come detto, scrigni, bruciaprofumi, vassoi, calici eacquamanili di avorio o di metallo, smaltati o incristallo di rocca, che andavano ad arricchire iltesoro delle cattedrali. La maggior parte di questi oggetti antecedenti alXVI secolo proveniva dalla Siria o dall’Egitto mame-

lucco. Alcuni metalli sono presenti nei dipinti in fun-zione di elementi scenici, probabilmente per aggiun-gere una nota di autenticità a una scena biblica.Sebbene la maggior parte di questi metalli veneto-saraceni provenisse dalla Siria o dall’Egitto mame-lucco, ne esiste un altro gruppo – piccole scatole afondo bombato, vassoi, acquamanili e bruciapro-fumi – fabbricato in modo analogo, in ottone fusoo sbalzato con intarsi d’argento, ma in uno stilemolto diverso. È a questa categoria che appartengono gli oggettiattribuiti a Mahmûd al-Kurdî, artista turco, chepare abbia lavorato nella città di Venezia e proprioper tale ragione questi metalli intarsiati furonodefiniti veneto-saraceni. Non soltanto Mahmûd era straordinariamenteabile, ma si riteneva che la presenza della sua bot-tega nella Serenissima spiegasse la moda, tantodiffusa in Europa, di tessuti e oggetti decorati connodi e racemi.I numerosioggetti firma-ti daMahmûdsono di otto-ne e recanointarsi realiz-zati con filod’argento suun fondocoperto diarabeschidelicati ecomplessi.

� Due candelieri con stemmi di famiglie veneziane, probabilmen-te Damasco, inizio XV secolo, Venezia, Museo Correr

� Mahmud al-Kurdi, Vassoio, probabilmente nord-ovest Iran osud-est Anatolia, fine XV secolo, Parigi, Musée du Louvre

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TAPPETI E TESSUTI ORIENTALINel XV secolo i Veneziani erano non soltanto iprincipali fornitori di prodotti di lusso dei mercatieuropei e mediorientali, ma anche i meglio infor-mati, in tutta l’Europa cattolica, della raffinatezzadel mondo musulmano.Nell’impero ottomano i costumi e le sete erano iprincipali simboli del potere e dell’autorità: i dettaglidell’abito e del copricapo – per esempio il tipo distoffa utilizzata – servivano a informare l’osservatoreattento del rango e della funzione del personaggio.Nell’arte occidentale, infatti, i pittori dell’Italia set-tentrionale furono i primi a raffigurare i tappeti: inparticolare Gentile Bellini, Vittore Carpaccio eGiovanni Mansueti li avevano rappresentati nei lorodipinti che abbondano di piccoli manufatti preva-lentemente turchi ornati di motivi oggi facilmenteidentificabili grazie agli esemplari giunti fino a noi.Nel primo decennio del Cinquecento i tappeti dilana annodati e i broccati di seta provenienti

dall’Egitto, dalla Siria, dall’Anatolia edall’Azerbaijan non solo facevano parte dello stiledi vita veneziano, ma grazie agli scambi commer-ciali delle città d’Italia e in particolare di Venezia,principale fornitrice e centro di smistamento diquesti tappeti, erano considerati in tutta Europasimboli di santità, ricchezza, potere e buon gusto.Mentre i piccoli tappeti anatolici potevano facil-mente essere trasportati da bestie da soma, i gran-di tappeti fabbricati nelle manifatture di Ushak, inAnatolia, di Damasco e del Cairo, in Siria e inEgitto, viaggiavano di preferenza in nave. I documenti di origine veneziana indicano l’im-portanza che rivestivano questi tappeti nel volu-me d’affari complessivo della città; i libri contabilidel Rinascimento attestano prezzi decisamente piùelevati rispetto a quelli delle sculture o dei dipintirealizzati sul luogo da artisti anche rinomati.I piccoli tappeti che ornavano i balconi di Piazza

� Tappeto mamelucco, probabilmente Il Cairo, prima 1541, Venezia, Scuola Grande di San Rocco

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San Marco in occasione delle cerimonie ufficialiprovenivano certamente dall’Anatolia. Chiamatisajjada (“per la prosternazione”, ovvero tappeti dapreghiera) o, più tardi, ceyrik (letteralmente “unquarto della misura”), facevano parte di una tradi-zione anatolica secolare e compaiono molto spes-so, come si è detto, nei dipinti di Carpaccio,Mansueti, Crivelli, Antonello da Messina e moltialtri.I tappeti importati dall’Egitto erano in generemolto grandi: ne è un esempio il formato eccezio-nale del tappeto mamelucco della Scuola Grandedi San Rocco, prodotto probabilmente al Cairo nel1541, esposto in mostra.

La richiesta di tappeti a Venezia era molto elevata,ma l’umidità del clima spiega come sia sopravvis-suto un numero relativamente limitato di esem-plari antichi: quelli che si sono conservati nellechiese e negli edifici religiosi permettono di farsiun’idea della passione locale per questi manufatti,che offrivano una grande varietà di stili e di pro-venienze.Un indice ancora più interessante del gusto vene-ziano e del legame obbligato tra i tappeti orientalie la pompa dei giorni di festa era la pratica, incerti edifici ecclesiastici, di noleggiare tappeti apersonalità laiche.Gran parte dei tappeti orientali in arrivo a Venezianei secoli XV e XVI proveniva dall’impero ottoma-no – Anatolia o Egitto. I tappeti persiani acquisirono una certa importan-za a Venezia all’inizio del XVII secolo, quandoShâh ‘Abbâs I, che conduceva una politica econo-mica anti-ottomana, donò alla Serenissima dei“tappeti da presentazione” in seta ricamati con filidi metallo prezioso, fabbricati espressamente nei

laboratori di Stato a Isfahan per essere offerti indono dal sovrano.

I tappeti che nel Quattrocento e nel Cinquecentoornavano i palazzi di piazza San Marco nei giornidi festa sembra fossero forniti in gran parte damercanti veneziani. Benché un certo numero ditappeti, specialmente i più grandi fossero proba-bilmente transitati da Genova, la principale rivaledi Venezia in tale commercio nel Rinascimento,molti degli esemplari sopravvissuti passaronoverosimilmente da Venezia, tenuto conto della suapopolazione cosmopolita e dei numerosi legamicommerciali con l’Europa occidentale, i Balcani e ilMedio Oriente.Si ritiene che la comunità ebraica di Venezia abbiapartecipato all’industria dei tappeti: quali oggettidi culto si attesta l’esistenza di numerosi tappetiegiziani antichi con iscrizioni in ebraico, probabil-mente destinati dagli ebrei a un uso religioso, tra-dizione che risale alla Spagna trecentesca.

� Cesare Vecellio, Ritratto di famiglia, 1555-1570 ca., Venezia,Museo Correr

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Nel XVI secolo Venezia produceva un’enormequantità di seta: le lussuose sete veneziane sierano guadagnate in Europa una reputazione leg-gendaria ed erano molto apprezzate anche nel-l’impero ottomano. I mercanti veneziani acquistavano in MedioOriente la seta grezza proveniente da Gilan e dalMazandaran, sulle rive del mar Caspio, a norddella Persia, e, una volta trasportata via terra aBursa, in Turchia – allora capitale dell’imperoottomano – e poi nella Siria settentrionale, lamerce veniva imbarcata alla volta di Venezia. I veneziani, in particolare, esportavano in Siriagrandi quantità di tela di Reims.Se all’inizio del Medioevo i musulmani importa-vano dall’Europa legno e ferro, alla fine presero ilsopravvento i tessili e i prodotti manufatti.I tessuti provenienti dal regno mamelucco e nasri-de o dall’impero ottomano e safavide servivanosolo di rado, se non mai, alla confezione di abitilaici in Italia, mentre era frequente il loro utilizzoper l’arredamento, le vesti sacerdotali, i paramentisacri e altri usi ecclesiastici.L’espansione della Compagnia delle Indie orienta-li inglese e dell’omologa olandese, la flessionedella produzione serica (ma non della fabbricazio-ne dei tappeti) in territorio ottomano nel XVIIsecolo e il declino commerciale della stessaVenezia ebbero l’effetto di alterare le tradizioniveneziane nell’ambito delle produzioni culturalidel mondo musulmano. Nel Settecento Venezia perse il suo status di porta orientalis dell’Europa, ma la nostalgia del suo glo-rioso passato fu sempre segnata dal fascino eserci-tato dall’Oriente islamico.

� Tappeto da sinagoga mamelucco, Il Cairo, meta XVI secolo,Padova, Comunità ebraica

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IL VETRO SMALTATOTRA L’ORIENTE MEDITERRANEO E VENEZIALa fabbricazione del vetro ha una lunga storianella laguna veneziana. Reperti archeologici rinve-nuti sull’isola di Torcello e nelle aree vicine indica-no che già nel IX secolo si producevano recipientidi uso comune in vetro soffiato e lavorato.Tuttavia, una produzione artistica vera e propria èriconoscibile con certezza soltanto a partire dalXIII secolo, e una delle ragioni del suo sviluppo èl’esistenza di relazioni stabili fra Venezia e i paesimusulmani del Mediterraneo orientale.

I vetrai attivi in terra islamica a partire dal VIIsecolo avevano ereditato i segreti del mestieredagli artigiani della tarda romanità e dei primitempi dell’età bizantina. All’inizio del periodo isla-mico essi appresero e perpetuarono le forme, latecnologia, la decorazione e le tecniche tradiziona-li, adoprandosi nel contempo a sperimentarne dinuove. Crearono recipienti trasparenti e di aspettoimmateriale, lavorati magistralmente in rilievo;oggetti fantasiosi a due o tre colori, con strie appli-

� Frammento del seggio della chiesa di San Giovanni Fuorcivitas di Pistoia, 1270, Pistoia, Museo Diocesano

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cate e talvolta marmorizzate; l’innovativa tecnicadella pittura a lustro su una base incolore; splendi-di vetri smaltati e dorati, meritatamente famosi. Il vetro artistico del mondo islamico non avevaalcun serio rivale in nessuna parte d’Europa.Non sorprende, dunque, che una città mercantile eintraprendente come Venezia, che possedeva un’in-dustria vetraria con un promettente futuro, comin-ciasse a importare materie prime e rottame di vetroper fabbricare un prodotto della stessa qualità diquello realizzato nel Mediterraneo orientale e sudorientale. Un aspetto molto importante è che attra-verso questo commercio i Veneziani importaronoanche informazioni di carattere tecnico e tecnologi-co e acquistarono familiarità con le forme e i motiviornamentali dei vetri del Vicino Oriente.Il rottame di vetro era importante perché potevafondere a una temperatura relativamente bassa,consentendo un risparmio sui costi del combusti-bile e anche perché in esso erano già presenti icomponenti fondamentali di quel vetro a compo-sizione soda-calcio che i veneziani tanto ammira-vano nella pregevole produzione islamica.Non soltanto le materie prime, ma anche i prodot-ti finiti devono esser giunti a Venezia dai paesiislamici ben prima del XIII secolo, tramite scambicommerciali e doni diplomatici, ma anche grazieall’impegno personale di mercanti e ambasciatorinell’acquisire tali oggetti e spedirli in patria.I pittori su vetro siriani ed egiziani si erano spe-cializzati in particolare in una tecnica decorativa abase di smalti colorati e dorature.Perfettamente padroni del delicato processo dicottura dello smalto, riuscivano a creare splendidioggetti molto apprezzati dai sultani, come anchedai cavalieri e dai principi europei. Gli oggetti orientali in vetro smaltato e dorato che

arrivano a Venezia destarono dunque l’interessedegli artigiani. Utilizzando le tecniche e i materialidei colleghi musulmani con i quali avevano ormaifamiliarità, questi artisti si unirono ai fabbricantiveneziani di moioli (bicchieri) per dare vita a unaproduzione locale destinata al mercato europeo,che avrebbe prosperato per vari decenni e avreb-be decretato il successo del vetro veneziano neisecoli seguenti.La produzione veneziana tardo-duecentesca divetro smaltato può essere considerata il primoesempio del contributo della creatività artisticadell’Oriente musulmano all’artigianato veneziano.Scambi di questo tipo furono favoriti da correnticommerciali stabilite da tempo, ma anche dallaricerca di innovazioni tecniche (trai i tipi islamiciriprodotti dai veneziani vi è anche la bottiglia acollo slanciato del XIV secolo) e artistiche indi-spensabili per garantire il successo della nuovaindustria veneziana.

� Bicchiere, fine secolo XV, New York , The Corning Museumof glasss

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Il XV secolo vedele manifatturemuranesi affermar-si al primo posto inEuropa nel campodell’industria vetra-ria, soprattuttodopo l’“invenzio-ne” del cristallo aopera di AngeloBarovier verso lametà del secolo.La celebre “CoppaBarovier” del MuseoVetrario di Muranova annoverata tra ipiù antichi vetrismaltati rinascimen-tali conservati.Non sorprende,

dunque, che la direzione del commercio sia di mate-rie prime sia di prodotti finiti dai paesi islamici versoVenezia abbia registrato un’incontestabile e impor-tante inversione. Le numerose ambascerie inviatedai dogi ad Alessandria e al Cairo negli ultimi annidi regno della dinastia mamelucca tra la fine delXV secolo e l’inizio del XVI (ad essa gli Ottomaniposero fine nel 1517) erano cariche di doni e gliscambi commerciali erano più attivi che mai. Il vetro lattimo, particolare vetro bianco opaco dettoanche porcellano, ottenuto con calce di piombo estagno, fu inventato da Angelo Barovier presumi-bilmente intorno o dopo il 1450 allo scopo di imita-re la porcellana cinese allora importata. La porcella-na cinese giungeva a Venezia tramite l’Egittomamelucco, in particolare dal porto di Alessandria.Le prime notizie del possesso da parte di

Veneziani di porcellane cinesi sono connesse conl’inventario dei beni del pittore Jacobello del Fiore,morto a Venezia nel 1439, dove è annotato unbochal de polzenagya, poi corretto come bochal deporzelane (“boccale di porcellana”). Pochi anni dopo, nel 1442, il Doge venezianoFrancesco Foscari riceveva in dono trenta pezzi diporcellana Ming dal sultano d’Egitto. Nei dipintiveneziani l’interesse per le porcellane a decori blufu particolarmente vivo intorno e dopo il 1500: nesono testimonianza le opere pittoriche di Agostinoda Lodi e di Giovanni Bellini. Sia le porcellaneMing che le loro imitazioni ottomane costituirono ilmodello per le maioliche prodotte a Venezia alme-no dal 1515 rivestite di smalto berettino con decoriblu detti “alla porcellana” caratterizzati da girali difoglie e peonie.Le imitazioni di vetrismaltati islamici aVenezia del XIX seco-lo rappresentano unodegli esempi piùrecenti di quel rap-porto millenario chelegò Venezia con iprincipali centri eco-nomici e politicidell’Asia e dell’Africamediterranee. Un rap-porto che fu a fasialterne di dipendenzareciproca, ma chespesso si svolse su unpiano di parità e diproficuo scambio, nonsolo economico maanche culturale.

� Brocca, inizio XVI secolo, Parigi,Musée du Louvre

� Borraccia del pellegrino,1500-1525 ca., New York, TheMetropolitan Museum of Art

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DIZIONARIO ISLAMICO

Allah: è il nome del Dio islamico, creatoredell’Universo, eterno ed onnipotente. Ad Allah sono attribuiti 99 nomi. “… In verità Luiè l’Impari, ama le cose dispari” (Bukhari 6410 eMuslim).

Arcangelo Gabriele: angelo che porta la rivelazio-ne di Dio a Maometto. Come nel Cristianesimo, Gabriele è lo spirito cheinforma Maria (Maryam) di come avrebbe conce-pito Gesù. I musulmani credono che durante gli ultimi diecigiorni del mese sacro di Ramadan, Gabrielediscenda sulla Terra con le benedizioni del Signorenella notte detta “del Destino” (Laylat al-Qadr).

Arkan: “pilastri” dell’Islam ovvero i cinque pre-cetti che ogni musulmano deve seguire. Essi sono: la testimonianza di fede, la preghiera, ildigiuno, la carità e il pellegrinaggio.

Ayatollah: significa “segno di Dio” ed è un titoloelevato che viene concesso agli esponenti piùimportanti del clero sciita, esperti in studi islamicicome la giurisprudenza, l’etica, la filosofia ed ilmisticismo. Solitamente gli Ayatollah insegnano inscuole islamiche chiamate hawza.

Corano: testo sacro dei musulmani, base della reli-gione e del diritto islamico.

Egira: in arabo significa “fuga” e indica l’emigra-zione del profeta Maometto e dei suoi seguaci dalla Mecca a Yathrib (futura Medina) nel 622 d.C.

Iblis: capo degli spiriti malvagi. Era un angelobuono decaduto al ruolo di diavolo per aver rifiu-tato l’ordine di Dio a prosternarsi di fronte alprimo profeta Adamo. Per Iblis, infatti, solo a Dio ci si doveva prosterna-re perché Adamo, fatto di terra, sarebbe stato infe-riore a lui, fatto di fuoco.

Imam: capo della comunità islamica che guida lapreghiera e pronuncia il sermone dal minbar.

Ka’ba: edificio sacro a forma di cubo che si elevanella corte della grande moschea alla Mecca. Si ritiene che la ka’ba sia stata costruita da Abramoe da suo figlio Ismaele e rappresenti una copiaesatta della casa di Dio in cielo.

Kharigita: setta islamica che sostiene l’idea di uncaliffato elettivo conferito, senza restrizioni dicasta, tribù, famiglia, razza, al più degno deimusulmani. Oggi sopravvive in piccoli nuclei in alcune localitàdell’Algeria, della Tunisia, a Zanzibar enell’Oman.

Maometto: mercante arabo di Mecca, fondatoredell’Islam.

Mecca: in antico Makoraba, è una cittàdell’Arabia Saudita occidentale, situata nellaregione del Hijàz. E’ la città in cui è nato il profeta Maometto, fonda-tore dell’Islam.

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Mihrab: nella moschea, nicchia inserita nel muroorientato verso la qibla cioè la direzione della Mecca.

Minbar: nella moschea, pulpito per le predicazio-ni con un numero variabile di gradini che si trovaalla destra del mihrab.

Monoteismo: religione fondata sull’esistenza diun solo Dio.

Moschea: luogo di adorazione, casa di culto,edificio sacro all’Islam.

Musulmano: colui che professa la religioneislamica.

Qibla: Termine arabo che indica la direzione dellacittà di La Mecca e del santuario islamico dellaKa’ba cui deve rivolgere il proprio viso il devotomusulmano quando è impegnato nella preghiera(Salat).

Ramadan: Nono mese del calendario musulmanoin cui i fedeli devono astenersi dal mangiare, bere,fumare e dal praticare attività sessuali, dall’alba altramonto.

Sciita: musulmano che si differenzia dal sunnitasulla questione della guida della comunità islamica. Egli sostiene il diritto esclusivo del califfo Alì,genero di Maometto, e dei suoi discendenti agovernare la comunità dei fedeli.

Sharia: legge divina contenuta nel Corano che sta-bilisce le norme per i rapporti dell’uomo con Dio edell’uomo con gli altri uomini.

Sunnita: musulmano che ritiene il comportamentodi Maometto avente il valore di norma per tutti icredenti, ricavabile dal Corano e dalle tradizioniorali circa i suoi detti e i suoi fatti. I sunniti che costituiscono la maggioranza deimusulmani, in opposizione agli sciiti e ai kharigiti,si ritengono i seguaci dell’autentica sunna (com-portamento) di Maometto. Alla guida politica e spirituale della comunità puòaccedere qualunque fedele pubere, di buonamoralità, di sufficiente dottrina, sano di corpo e dimente e non necessariamente discendente delProfeta.

Sure: capitoli del Corano. Il testo sacro è composto da 114 sure ed ogni sura èdivisa in versetti.

Ulama: in arabo significa “i saggi, i dotti”. Sono le guide religiose che hanno il compito dicommentare il Corano.

Yathrib: città dell’attuale regione saudita del Hijàzsituata a circa 350 chilometri a nord ovest dellaMecca. Con il trasferimento nel 622 d.C. diMaometto da Mecca a Yathrib i musulmani prese-ro in breve a chiamare questa città Madinat al-Nabi (la città del Profeta) ovvero Medina.

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BIBLIOGRAFIA

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