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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. FONDAZIONE IFEL Rassegna Stampa del 02 settembre 2015

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Rassegna Stampa del 02 settembre 2015

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INDICE

IFEL - ANCI

02/09/2015 La Repubblica - Nazionale

"Noi maestre fuori dagli asili" la battaglia delle precarie7

02/09/2015 La Repubblica - Roma

La protesta delle maestre "Pronti a sciopero in Campidoglio"9

02/09/2015 Il Messaggero - Umbria

Chiusura uffici postali la giunta ricorre al Tar10

02/09/2015 Il Secolo XIX - Nazionale

Buona Scuola al via fra tante incognite11

02/09/2015 Alto Adige - Nazionale

Bianco: «Basta con le autonomie speciali»13

02/09/2015 Corriere Adriatico - Ascoli

Migranti, le Marche ne accoglieranno 2.68314

02/09/2015 La Tribuna di Treviso - Nazionale

Andretta con l'Anci Veneto al tavolo delle autonomie15

02/09/2015 Quotidiano di Sicilia

Gestione rifiuti. Delegazione Anci oggi in audizione all'Anac16

FINANZA LOCALE

02/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Casa, Bruxelles fredda sul taglio delle tasse18

02/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Il premier: sulla cancellazione di Tasi e Imu nessun passo indietro, le riformedanno frutti

20

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Acquisti Pa, più vincoli per Regioni ed enti locali21

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

«Avanti sulla casa, cuneo già tagliato»22

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

In Veneto un fondo salva-imprese24

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02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Finanza locale, rischio maxi-buco25

02/09/2015 Il Messaggero - Nazionale

Renzi-Padoan: ora via la Tasi Ma sulle tasse è lite con la Ue26

02/09/2015 Il Giornale - Nazionale

Bocciatura Ue sulla riduzione di Imu e Tasi28

02/09/2015 Libero - Nazionale

Il sindaco leghista: Imu e Tasi al massimo per chi ospita migranti**29

02/09/2015 Il Tempo - Nazionale

No all'abolizione di Tasi e Imu L'Ue boccia Renzi30

02/09/2015 ItaliaOggi

P.a., convenzioni Consip derogabili solo con prezzi più bassi31

02/09/2015 ItaliaOggi

Risparmi vicini allo zero dall'accorpamento delle prefetture32

02/09/2015 ItaliaOggi

Locazioni da detassare33

02/09/2015 QN - La Nazione - Nazionale

Ue guastafeste: «La Tasi non si cancella»35

ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE

02/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Renzi: il Paese si è rimesso in moto, l'Italia nel gruppo di testa dell'Europa37

02/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale

«Pensioni, la riforma non è a costo zero»39

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

In vigore da oggi le nuove regole sui controlli fiscali41

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

La disoccupazione scende al 12% a luglio43

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Il «faro» di Bruxelles su tasse casa, tagli alla spesa e coperture45

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

«Serve ripresa vera, lo 0,3% non basta»47

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02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Pronto il taglio per le camere di commercio49

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Redditometro al tramonto Ma è una buona scelta?50

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

L'accertamento notificato entro fine anno fa sopravvivere il raddoppio dei termini51

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Bilanci, la riforma gioca d'anticipo52

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Debiti e crediti valutati con il «Tir»54

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

L'occultamento è reato permanente56

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Reverse charge, penalità solo in caso di danno erariale57

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Sanzioni amministrative, obiettivo equità58

02/09/2015 Il Sole 24 Ore

Assolombarda, a regime il servizio di assistenza nei rapporti con Equitalia61

02/09/2015 La Repubblica - Nazionale

La ripresa c'è risale il Pil disoccupati ai minimi62

02/09/2015 La Repubblica - Nazionale

Disoccupazione in calo e Pil in accelerazione Ma la Ue avverte l'Italia64

02/09/2015 La Repubblica - Nazionale

E in tempi di crisi crescono gli impieghi per i lavoratori over 5065

02/09/2015 La Stampa - Nazionale

Salgono Pil e occupazione Renzi: "L'Italia riparte" Scontro con l'Ue sulla casa66

02/09/2015 La Stampa - Torino

Fondi Ue, corsa contro il tempo per non perdere163 milioni68

02/09/2015 Il Messaggero - Nazionale

Ossigeno sui conti in gioco una dote fino a 10 miliardi69

02/09/2015 Il Messaggero - Nazionale

Google, 12 milioni di tasse in 13 anni il governo riapre il dossier "web-tax"70

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02/09/2015 Il Giornale - Nazionale

Il governo bastona i pensionati: tagliate 50mila quattordicesime71

02/09/2015 Il Manifesto - Nazionale

«Cifre estremamente deludenti Cresciamo la metà dell'Europa»72

02/09/2015 Libero - Nazionale

Se il nostro Pil migliora dello 0,3% continua a essere merito di Draghi74

02/09/2015 ItaliaOggi

Una rivoluzione nei bilanci75

02/09/2015 ItaliaOggi

Fatture elettroniche anche tra privati77

02/09/2015 ItaliaOggi

Clienti più tutelati E arrivano sanzioni fino a 150 mila euro79

02/09/2015 ItaliaOggi

MFisco, corsa contro il tempo per mettere in salvo gli atti notificati80

02/09/2015 ItaliaOggi

Conti delle banche più trasparenti82

02/09/2015 ItaliaOggi

Agenzia delle entrate, la carica dei 74784

02/09/2015 ItaliaOggi

Degrado, ecco 200 mln85

02/09/2015 QN - La Nazione - Nazionale

Delrio rilancia: via la tassa sulla casa «Il lavoro riparte, è la strada giusta»86

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IFEL - ANCI

8 articoli

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La protesta. Per anni hanno lavorato come supplenti assicurando l'apertura di nidi e scuole dell'infanziacomunali. Sono 10.000 in tutta Italia e, se hanno superato i 36 mesi di servizio, ora rischiano di restaresenza lavoro "Noi maestre fuori dagli asili" la battaglia delle precarie Gli enti locali non hanno le risorse per assumerle: solo a Roma, dove sono 5.000, si è partiti a orario ridotto SARA GRATTOGGI PER anni hanno lavorato come supplenti annuali o giornaliere, assicurando l'apertura dei nidi e delle scuole

d'infanzia comunali. Ma ora rischiano di rimanere tagliate fuori, senza più nemmeno un lavoro precario.

Sono circa 10 mila in tutta Italia le educatrici e le insegnanti di nidi e materne comunali che hanno superato

i 36 mesi di servizio e che per questo rischiano di restare disoccupate.

Cinquemila solo a Roma, dove in questi giorni hanno dato vita a una mobilitazione permanente, con

proteste e presidi anche notturni in tenda fuori dal Campidoglio. Una sentenza della Corte di giustizia

europea del novembre 2014 aveva sancito, infatti, che anche il personale scolastico, dopo 36 mesi di

contratti, andasse stabilizzato e che non si potessero reiterare oltre i contratti a tempo determinato. Ma se

per gli insegnanti statali, con il Jobs act e la Buona Scuola, si è fatta una deroga, quelli comunali ne sono

rimasti fuori. In un vuoto normativo - interpretato a volte in maniera diversa dai vari comuni - che rischia di

diventare un limbo. Assumere subito tutti i precari a tempo indeterminato, con il Patto di stabilità e il blocco

del turnover, per gli enti locali è spesso impossibile. Così, «contro quello che era lo spirito della sentenza»

notano i sindacati, i precari storici in alcune città sono rimasti - almeno per ora - senza lavoro. E gli asili

senza maestre. Se a Napoli, spiega Federico Bozzanca (Cgil), «il problema riguarda un centinaio di

insegnanti», a L'Aquila il 7 settembre potrà riaprire solo uno dei tre nidi comunali, mentre (se non si troverà

una soluzione prima) non si esclude di "esternalizzare" temporaneamente il servizio negli altri due,

affidandoli a cooperative. Mentre a Roma - dopo la pubblicazione dieci giorni fa di un bando per riempire i

posti vacanti che escludeva le educatrici in servizio da più di 36 mesi, seguita dalla sospensione dell'iter per

affidare le supplenze - ieri il servizio negli asili è ripartito solo con gli insegnanti di ruolo, a orario ridotto.

Con turno unico fino alle 14.30 e l'inserimento dei più piccoli posticipato in alcune strutture fino a 15 giorni,

fra le proteste dei genitori che ora minacciano di non pagare parte della retta se i disagi dovessero

protrarsi. Nel pomeriggio, invece, migliaia di maestre si sono riunite in Campidoglio per un'assemblea

indetta dalle Rsu, con il coordinatore Giancarlo Cosentino che non ha escluso un possibile sciopero perché

«questa vicenda sta diventando un vero e proprio allarme sociale». Per il vicesindaco di Roma, Marco

Causi, e l'assessore alla Scuola, Marco Rossi Doria, «bisogna risolvere l'ingiustificabile disparità normativa

fra Stato e comuni. Siamo a fianco delle insegnanti e per questo stiamo lavorando con l'Anci». «Abbiamo

chiesto al governo una deroga simile a quella valida per gli insegnanti statali - spiega il vicepresidente

dell'Anci, Umberto Di Primio - Servirebbe una norma o un atto della presidenza del Consiglio, confortato

però dal parere positivo di tutti i ministeri interessati, da quello del Lavoro a quello della Funzione pubblica.

Si sono impegnati a darci una risposta entro fine settimana». www.istruzione.it roma.repubblica.it PER

SAPERNE DI PIÙ 2.347 Gli asili nido e le materne comunali in Italia 193.160 I bambini iscritti agli asili nido

e alle materne comunali 1.265 mln Totale della spesa sostenuta dai comuni 1.567 mln Totale spesa

impegnata (spesa pubblica e degli utenti) 19 % Percentuale di spesa pagata dagli utenti 3.792 I "nidi per

l'infanzia" pubblici compresi quelli statali in Italia 5.001 Le strutture gestite dai privati 13,5 % La percentuale

di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni che possono frequentare un asilo nido pubblico sono il 13,5% del

totale 1.510 euro la spesa annua che una famiglia italiana deve sostenere per pagare i costi per l'asilo nido

pubblico per un fglio

02/09/2015Pag. 21

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 7

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Foto: IL SIT-IN Le maestre precarie d'asilo e di scuola materna hanno affollato ieri la scalinata della sala

della protomoteca in Campidoglio. Protestano contro i licenziamenti

02/09/2015Pag. 21

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 8

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La scuola La protesta delle maestre "Pronti a sciopero in Campidoglio" Comune, insegnanti in assemblea I sindacati: in assenza di soluzioni sarà stop dei dipendenti pubblici E trai genitori c'è chi annuncia azioni legali "se i disagi dovessero continuare" SARA GRATTOGGI DA un lato la protesta di migliaia maestre, riunite in Campidoglio per l'assemblea indetta dalla Rsu.

Dall'altro i disagi per i genitori, con i nidi in servizio a orario ridotto, fino alle 14.30, e gli inserimenti dei più

piccoli slittati in alcune strutture anche di 15 giorni, proprio per mancanza di supplenti. Quelle 5 mila, fra

educatrici e maestre precarie storiche da più di 36 mesi, che rischiano quest'anno, se non ci sarà un

tempestivo intervento del governo, di restare a casa, senza lavoro.

Il primo giorno di riapertura dei nidi romani non è stato semplice. Come ha ammesso anche l'assessore

alla Scuola, Marco Rossi Doria, che questa mattina ha visitato cinque asili, in una lettera indirizzata ai

genitori: «Ho deciso di scrivervi per informarvi della difficile situazione con cui è iniziato questo anno

scolastico: una sentenza della Corte Europea di Giustizia ha stabilito che le scuole non possono assumere

a tempo determinato il personale che abbia già svolto più di 36 mesi di servizio - si legge nella missiva - Le

norme non consentono ai Comuni di superare determinate quote, molto contenute, per le assunzioni.

Dunque in questo momento è a repentaglio il posto di lavoro di tante maestre ed educatrici esperte». Rossi

Doria ha spiegato di essere al lavoro, con l'Anci, per ottenere dal governo una deroga che consenta di

reiterare i contratti a tempo determinato per le maestre. Ma ha avvertito mamme e papà che «per le prime

settimane il servizio nidi sarà garantito solo a turno unico». L'uscita anticipata non è stata però l'unico

disagio subito dai genitori: in alcune strutture l'inserimento dei piccoli è stato posticipato di 15 giorni. «Ci

hanno avvisato solo un giorno prima - racconta Massimo Settimi, papà di un alunno del nido "Araba Fenice"

alla Magliana - è inaccettabile: abbiamo pagato la retta di settembre in anticipo, ma i nostri figli non

potranno frequentare gli asili per giorni». Per questo, alcuni genitori del gruppo Ge.ro.ni.ma annunciano

possibili azioni legali: «Se i disagi dovessero protrarsi, non pagheremo parte della prossima retta. E

chiederemo un risarcimento per tutti i permessi che dovremo prenderci dal lavoro» spiega Adriano Sias.

Intanto, prosegue la protesta delle insegnanti: con le maestre dell'Usb accampate al Tempio di Giove (con

un presidio a staffetta anche notturno, in tenda) e con lo stato di agitazione annunciato dal coordinatore

della Rsu, Giancarlo Cosentino, che non ha escluso un possibile sciopero «perché 5 mila famiglie rischiano

di rimanere senza reddito e questo sta diventando un vero e proprio allarme sociale». Cosentino ha

spiegato che "partirà in queste ore una lettera al prefetto per lo stato di agitazione". Il vicesindaco, Marco

Causi, e l'assessore alla Scuola - intervenuti all'assemblea - hanno assicurato di «essere al fianco delle

educatrici. Entro fine settimana avremo una risposta dal governo. Stiamo lavorando per risolvere

l'emergenza, cercando di ottenere una deroga per reiterare i contratti a tempo.

Poi avremo un anno per ripensare a un modello per superare la precarietà delle insegnanti».

www.roma.repubblica.it www.comune.roma.it PER SAPERNE DI PIÙ

Foto: IN PIAZZA La manifestazione di protesta delle insegnanti

02/09/2015Pag. 4 Ed. Roma

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 9

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Chiusura uffici postali la giunta ricorre al Tar IL PUNTO

La giunta comunale ha deciso, nella seduta di ieri, di presentare ricorso al Tar contro la chiusura degli uffici

postali di Annifo e Capodacqua. L'iniziativa si inserisce in un'azione, coordinata a livello regionale dall'Anci,

che riguarda una decina di Comuni che vogliono evitare la chiusura degli uffici nel proprio territorio.

IL PIANO

Rispetto al piano di razionalizzazione degli sportelli varata da Poste Italiane, che comprende anche gli uffici

di Annifo e Capodacqua, la giunta comunale aveva fatto presente a Poste Italiane l'importanza di

mantenere attive le sedi nelle due frazioni, aperte solo due giorni a settimana, perché garantivano servizi

primari per il territorio. Inoltre queste chiusure potrebbero provocare una significativa riduzione dei servizi

essenziali per i cittadini, in particolare per gli anziani. Nelle precedenti comunicazioni inviate a Poste

Italiane si sottolineava che in entrambi i centri sono praticamente assenti servizi di trasporto pubblico, utili

per i residenti dei due centri a raggiungere gli uffici postali nei paesi vicini. Per questi motivi i soggetti più

deboli, in particolare gli anziani, non avrebbero più margine di autonomia. Va considerato, inoltre, che nei

due centri non vi sono sportelli bancari, in grado di sopperire all'assenza degli uffici postali.

LA BATTAGLIA

La vicenda della chiusura dei due uffici postali inerenti il territorio comunale di Foligno, sono da tempo al

centro di una attesa battaglia per il loro mantenimento. Una battaglia che ha mosso anche i cittadini delle

zone interessate e quelli delle aree di riferimento in particolare i residenti dell'area montana che, con la

chiusura degli uffici postali di Annifo e Capodacqua vedrebbero venir meno due importanti punti di

riferimento. Ora non resta che attendere l'esito del ricorso al Tar per capire quale sarà il futuro dei due uffici

a rischio chiusura.

Gio.Ca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

02/09/2015Pag. 43 Ed. Umbria

diffusione:210842tiratura:295190

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 10

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MANCANO DOCENTI DI SOSTEGNO E MATEMATICA. ALTRE 55 MILA CATTEDRE ENTRONOVEMBRE IL CASO Buona Scuola al via fra tante incognite Arrivate le 10 mila proposte di assunzione: i docenti hanno 10 giorni per decidere UNA PRECARIA DELSUD: NON MI SENTIREI UNA DEPORTATA « Quello che conta è l'assunzione non m'importa di andare alNord » CARLO GRAVINA ILARIO LOMBARDO QUESTA mattina circa 10 mila insegnanti avranno già conosciuto il proprio destino. Sono coloro che

rientrano nella Fase B, che assegna i posti residuali dell'organico di diritto su base nazionale. A mezzanotte

e un minuto, aprendo la posta, avranno trovato la mail contente la sentenza prodotta dall'algoritmo usato

dal Miur e sapranno dove sono finiti. Se in una provincia del Nord, come temevano la maggioranza dei

precari del Sud, o più vicino a casa. Gli aspiranti docenti avranno poi dieci giorni di tempo, per accettarla o

rifiutarla. Se rifiutano, saranno fuori e non gli resterà che il concorso. Intanto, in attesa che altri 55 mila

docenti verranno assunti nella Fase C, attraverso il potenziamento dell'organico a novembre, in queste ore

la riforma comincia il suo cammino in aula. Ieri è partito l'anno scolastico, ma il 15 settembre, quando

torneranno in classe, i ragazzi troveranno una scuola che assomiglia ancora quella dell'anno precedente.

Con qualche problema da risolvere. Diplomati magistrali L'ultima grana è arrivata dal Consiglio di Stato che

ha accettato il ricorso presentato da 2 mila diplomati magistrali, e ha emesso un'ordinanza che obbliga il

ministero a reintegrarli nelle graduatorie a esaurimento, da cui erano stati esclusi. Il governo minimizza:

«Non cambia nulla», e offre la possiMILENA Violante ha passato gli ultimi quattordici dei suoi 41 anni a

vivere la cattedra come una speranza. Nata e cresciuta nell'Alto Jonio cosentino, a Trebisacce, nord della

Calabria, ha fatto l'insegnante quasi esclusivamente nelle scuole paritarie, a parte qualche raro mese di

supplenza negli istituti pubblici, nei quali ha sconfinato in Basilicata. Oggi, la cattedra è l ì , vicinissima

come non è mai stata. Ma potrebbe anche essere lontana, molto lontana. Potrebbe finire in un qualsiasi

posto del Nord... «Fino a quando non lo vedo non ci credo. Noi insegnanti siamo diventati diffidenti. Però

questa volta la vivo come una vera opportunità». Tanti colleghi però hanno parlato di «deportazione». C'è

chi si è fatto due conti e ha visto che, tra stipendio e affitti più alti al Nord, gli conviene restare dov'è. «So

che questa scelta comporterà delle rinunce e maggiori difficoltà. Ma io, dopo tanti anni di insegnamento e di

precarietà, preferisco avere la cattedra e andare a Nord. Fino a poco tempo fa ero scoraggiata: con un

laurea in economia aziendale, e la doppia abilitazione in matematica applicata e geografia, vedevo la mia

entrata in ruolo come un traguardo molto lontano, quasi impossibile da raggiungere». Non pensa, come

altri, che si sarebbe potuto studiare un diverso piano di assunzioni? «Al Sud c'è poca offerta in generale, e

ancor di meno per la mia classe di insegnamento. Sono pochi gli istituti per matematica applicata». Ha

famiglia? «S ì . Un marito e due figli di 13 e 9 anni. Eh, infatti: non sarà facile. Mio marito non si può

muovere. Ha un lavoro stabile in una ditta privata di trasporti. Invece, sto valutando se portare i miei figli

con me. Anche per loro sarebbe una grande novità. Sradicati da un ambiente e catapultati in uno

completamente diverso». I.LOMB. bilità di un inserimento in coda al Gae. Gli insegnanti, invece, chiedono

di essere ammessi al piano di assunzioni in corso. Ma questa è solo una delle spine che potrebbero

arrivare dalle magistrature di diverso livello prese d'assalto dai ricorsi. Un altro sarebbe pronto per la

presunta mancata trasparenza nelle Fasi B e C, in quanto non sarebbero stati comunicati gli esatti posti

disponibili per classe di concorso. Precari storici negli asili Ieri alcune precarie assediavano il Campidoglio.

Sono le "esodate" delle scuole dell'infanzia, incappate nell'effetto paradossale di una sentenza della Corte

di Giustizia europea che avrebbe dovuto tutelarle, e invece le riduce senza lavoro e stipendio. Strasburgo

ha condannato l'Italia e stabilito che non si possono coprire le carenze di organico con il personale

precario. E cos ì educatrici con 36 mesi di contratti alle spalle non potranno partecipare al bando del

Comune di Roma per le nuove supplenze annuali. Per un singolare cortocircuito burocratico, la riforma

02/09/2015Pag. 5

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 11

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prevede una deroga per le scuole statali, ma non per quelle comunali. Roma è il primo caso e, calcolano i

sindacati, coinvolge circa 5 mila precari storici. «Un'intollerabile ineguaglianza», la definisce l'assessore

capitolino ed ex ministro Marco Rossi Doria, chiedendo, d'accordo con l'Anci, l'intervento del governo. Posti

vacanti Il Miur deve fare i conti anche con un altro problema: la mancanza di docenti di sostegno e di

matematica. Specialmente per le scuole medie. Due fattori che andranno a erodere il numero complessivo

delle assunzioni previste. Inoltre, delle 71.643 domande pervenute, circa 15 mila sono state inoltrate da

professori della scuola per l'infanzia che però, nella fascia da 3 a 6 anni, non mette a disposizione neanche

una cattedra. A conti fatti, mancheranno almeno 20 mila cattedre. Per trovare i professori, specialmente

sulle classi di concorso scoperte, il Miur dovrà aumentare i posti che saranno assegnanti nel nuovo

concorso che sarà bandito entro la fine dell'anno. Le supplenze Per mitigare temporaneamente gli effetti

dell'esodo dei docenti, specialmente in direzione Sud-Nord, il Miur ha stabilito che chi otterrà una

supplenza potrà svolgere l'anno scolastico nel luogo in cui ha accettato la proposta e rinviare al prossimo

anno il trasferimento nella sede in cui è stata prevista l'assunzione. E' stato perciò deciso di anticipare all'8

di settembre la scadenza per l'assegnazione delle supplenze. Un'opzione che se da un lato consente al

precario di rinviare di un anno il trasferimento lontano da casa, e casomai sperare nel maxi piano di mobilità

previsto per l'anno scolastico 2016/2017, dall'altro contribuisce a procrastinare per altri 365 giorni una

situazione di incertezza. Se infatti non si libereranno cattedre, al docente non resterà altro che fare la

valigia.

Foto: Il sottosegretario Davide Faraone e il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini

Foto: Milena Violante

02/09/2015Pag. 5

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Bianco: «Basta con le autonomie speciali» Bianco: «Basta con le autonomie speciali» Bianco: «Basta con le autonomie speciali»

BOLZANO Da siciliano, e da sindaco, Enzo Bianco non ha dubbi: «Le autonomie speciali non hanno più

senso. Vanno abolite, perché da opportunità le abbiamo trasformate in un handicap». Bianco immagina due

sole eccezioni nel colpo di spugna: «Per Trentino Alto Adige e Aosta le ragioni dell'autonomia speciale

sono ancora validissime, grazie alla presenza delle minoranze linguistiche». Bianco, sindaco di Catania e

presidente nazionale di LiberalPd era ieri a Bolzano per un incontro con i sindaco Luigi Spagnolli (hanno

entrambi ruoli di vertice all'Anci) e con gli esponenti locali dell'associazione, tra cui Elena Artioli, Claudio

Degasperi e l'assessora Claudia De Lorenzo. Bianco conosce l'Alto Adige (frequenta la Pusteria da 35

anni) e segue la politica locale. Questo il suo appello alla Regione sul «caso» Spagnolli e la legge

elettorale: «Trovo increscioso che un sindaco eletto con il 57 per cento non possa contare su una

maggioranza. Capitò anche a me a Catania e subito la Regione cambiò la legge elettorale, e parliamo del

1995». Quanto a LiberalPd, l'ingresso di Elena Artioli e degli altri nel Pd non è una priorità. «Abbiamo dato

un contributo importante con la lista civica alla rielezione di Spagnolli e nel frattempo si sono anche sciolte

le tensioni con il Pd...», ricorda Bianco. Aggiunge Artioli: «In vista delle provinciali puntiamo a una rete di

civiche, aperte a tutti, senza l'etichetta Pd». Informa Degasperi: «In primavera organizzeremo a Bolzano un

convegno di LiberalPd nazionale sulle autonomie regionali, con la partecipazione dei vertici di governo».

02/09/2015Pag. 21

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Con il nuovo piano di accoglienza non cambia la quota regionale. A Macerata primi problemi per la carenzadi spazi Migranti, le Marche ne accoglieranno 2.683 MARTINA MARINANGELI

Ancona

Mentre l'Unione europea si prende i suoi tempi per decidere come gestire un'emergenza umanitaria che va

avanti ormai da troppo tempo, l'Italia continua a varare nuovi piani per cercare di organizzare gli arrivi

sempre più consistenti di profughi in fuga da guerre e miseria. L'esodo su quella che viene definita la "rotta

dei Balcani occidentali" - percorsa soprattutto da siriani - non ha infatti interrotto i flussi migratori verso le

coste italiane: uomini, donne e bambini continuano a rischiare le loro vite partendo dalla Libia e

attraversando il Mediterraneo, diventato troppo spesso tomba silenziosa di chi tenta il tutto per tutto alla

ricerca di una vita migliore. Dall'inizio dell'anno ci sono stati 686 sbarchi, per un totale di circa 116 mila

immigrati arrivati in Italia, e questi numeri record hanno saturato un sistema già praticamente al collasso. È

per questa ragione che a breve partirà dal Viminale una nuova circolare per il reperimento di almeno 20

mila alloggi, in particolare tra alberghi, campeggi, residence e villaggi turistici che, alla fine della stagione

estiva, potrebbero essere disponibili a fornire stanze, garantendosi comunque un guadagno.

La distribuzione continuerà a vedere in testa le Regioni più popolose, con la Sicilia ancora al primo posto

con il 15%, seguita dalla Lombardia (13%) e dal Lazio (9%). Alle Marche spetterà - come già nel

precedente piano - una quota del 3%, numero dietro al quale si celano 2.683 persone. Sul territorio sono

presenti 56 strutture di recepimento dei profughi suddivise tra locazioni temporanee di prima e seconda

accoglienza, Sprar (Sistema di protezione di richiedenti asilo e rifugiati) e un cara (Centro accoglienza

richiedenti asilo) che si trova ad Arcevia, Comune in provincia di Ancona.

A gestire la situazione sono le Prefetture, che dialogano direttamente con il Viminale, mentre i governi

regionali hanno un ruolo sempre più marginale.

Una dinamica complicata che ha visto più di un sindaco correre ai ripari e mettere i paletti. L'ultimo in ordine

di tempo è stato il primo cittadino di Macerata Romano Carancini, che ha incontrato il prefetto Roberta

Preziotti e il questore Giancarlo Pallini d'urgenza la mattina del 31 agosto. "Non possiamo permettere che

le persone dormano all'aperto e restino senza cibo - ha affermato Carancini - e rifiutiamo politiche di

respingimento. Ma allo stesso tempo siamo preoccupati perché non siamo in grado di dare ospitalità se non

dentro un coordinamento molto forte con tutte le istituzioni".

Un appello all'unità e alla collaborazione lanciato anche dal presidente di Anci Marche Maurizio Mangialardi

solo lo scorso aprile, a ridosso della più grave tragedia del mare ad oggi, un'ecatombe senza precedenti

che ha visto morire nel Mediterraneo oltre 700 persone. "Se non si mette in campo un'azione coordinata tra

tutti gli attori istituzionali - aveva sottolineato Mangialardi - i Comuni non saranno in grado di reggere il peso

della situazione. I temi di sicurezza ed accoglienza devono essere inseriti in un protocollo garantito e ben

definito, non raffazzonato".

Parole a cui fanno eco, a pochi mesi di distanza, quelle di Carancini, cosa che mette in evidenza gli scarsi

progressi fatti finora. E l'appello corre fino ai Palazzi del potere di Bruxelles, spesso criticati per essersi

dimostrati insensibili di fronte a questo dramma umano e civile. Nel vertice Ue del 14 settembre, l'Italia

porterà sul tavolo le proprie richieste, che prevedono l'innalzamento delle quote di profughi da distribuire e

l'obbligatorietà per tutti gli Stati di accettarli.

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02/09/2015Pag. 2 Ed. Ascoli

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 14

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Andretta con l'Anci Veneto al tavolo delle autonomie vedelago Andretta con l'Anci Veneto al tavolo delle autonomie Andretta con l'Anci Veneto

al tavolo delle autonomie

vedelago

VEDELAGO Sarà il sindaco Cristina Andretta a rappresentare il territorio trevigiano al Tavolo della

Conferenza Permanente Regione - Autonomie Locali per conto dell'Anci Veneto, di cui la sindaca è già

membro del direttivo. «La conferenza - spiega Andretta - interviene, esprimendo il suo parere, sugli schemi

e sulle proposte di legge di delega e attribuzione di funzioni amministrative agli enti locali. Ed inoltre, cosa

ancora più rilevante, concerta sui criteri per la ripartizione dei fondi regionali tra gli enti locali per l'esercizio

delle funzioni trasferite o delegate. Si tratta di un incarico che può dare valore al ruolo delle autonomie

locali». Cristina Andretta sarà l'unica componente trevigiana della rappresentanza Anci in commissione,

che si riunisce a Palazzo Balbi (sede della Giunta Regionale) a Venezia: con lei la presidente dell'Anci

Veneto Maria Rosa Pavanello, sindaco di Mirano; Francesco Enrico Gonzo, sindaco di Isola Vicentina;

Andrea Vanni, sindaco di Vighizzolo d'Este, nel Padovano, Massimo Bergamin, sindaco di Rovigo. (d.n.)

02/09/2015Pag. 22

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 15

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Gestione rifiuti. Delegazione Anci oggi in audizione all'Anac PALERMO - Una delegazione dell'AnciSicilia sarà in audizione oggi pomeriggio all'Anac, l'Agenzia

Nazionale Anti Corruzione guidata dal prefetto Raffaele Cantone. Il presidente Leoluca Orlando, insieme

con Mario Emanuele Alvano e Salvatore Lo Biundo, rispettivamente segretario generale e vicepresidente

dell'Associazione dei comuni siciliani, prenderà parte alla seduta convocata sul tema "La gestione del ciclo

integrato dei rifiuti nella Regione Siciliana". In particolare la convocazione del presidente Orlando segue i

"numerosi esposti in cui si denunciano fenomeni distorsivi del corretto funzionamento del sistema di

gestione dei rifiuti in Sicilia". "Il presidente di AnciSicilia dal 2012 continua a presentare a diverse Autorità -

si legge in una nota -, segnalazioni ed esposti su diverse 'anomalie strutturali e criminogene' che

caratterizzano il sistema dei rifiuti in Sicilia. Una circostanziata denuncia ribadita a marzo di fronte alla

Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti".

02/09/2015Pag. 4

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IFEL - ANCI - Rassegna Stampa 02/09/2015 16

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FINANZA LOCALE

14 articoli

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Casa, Bruxelles fredda sul taglio delle tasse L'Ue: allentare il carico fiscale sulle persone. Il sottosegretario Gozi: meno imposte, decidiamo noi Andrea Ducci ROMA Bruxelles insiste con la raccomandazione di trasferire il carico fiscale dalle persone al patrimonio. La

direzione inversa a quella adottata dal governo Renzi, con l'annuncio dell'eliminazione delle tasse sulla

prima casa. I dubbi in seno alla Ue ieri sono affiorati in maniera informale e sotto forma di indiscrezioni di

fonti anonime. «Abbiamo letto i recenti annunci sulle tasse in Italia, ma non avendo dettagli sui piani

possiamo fare commenti. Però - prosegue la fonte - è ben noto che il Consiglio ha raccomandato che l'Italia

sposti sugli immobili e i consumi il carico fiscale che grava su lavoro e capitali». Un'uscita dietro l'anonimato

che ha innescato la secca replica del governo per bocca di Sandro Gozi. Il sottosegretario agli Affari

europei è più netto del solito: «Il governo italiano presieduto da Matteo Renzi ha tutta l'autorevolezza e la

credibilità in Europa per proseguire in piena autonomia il percorso riformatore». Una specifica per ribadire

prima di tutto che l'Italia non è sotto alcuna tutela, né mai accetterebbe di esserlo. Tanto da spingere Gozi

ad aggiungere che spetta a Roma, «decidere la riforma del fisco e il taglio delle tasse che, è evidente a

tutti, sono molto anzi troppo alte».

Nessun tentennamento, insomma, ma la conferma che la fiscalità che orbita intorno alla prima casa resta

uno dei cardini su cui poggia il piano dei tagli di Renzi. Le perplessità di alcuni ambienti europei, del resto,

non sono un mistero. Così le misure illustrare dal premier italiano incontrano più di uno scettico a Bruxelles.

Oltre all'eliminazione della Tasi sulla prima casa nel 2016 anche l'invocata flessibilità per centrare gli

obiettivi di sviluppo e risanamento viene vista con qualche sospetto.

Agli occhi di chi sostiene l'obbligo di tenere i conti sotto controllo l'Italia ha già ottenuto una serie di

concessioni sul fronte della flessibilità. Ora è il momento, secondo i rigoristi, di proseguire il percorso di

riforme. Un ragionamento che Gozi boccia per intero. «Le fonti anonime di Bruxelles, di cui leggiamo su

alcune agenzie, si commentano da sole già per il fatto che restano anonime. E forse dovrebbero con

maggiore impegno affrontare il dramma delle morti nel Mediterraneo e dei treni carichi di migranti». Il

sottosegretario sottolinea, «molto abbiamo già fatto (dal Jobs act alla riforma della pubblica

amministrazione, dall'alleggerimento del carico fiscale per le imprese al sostegno dei redditi più bassi dei

lavoratori). Ma non ci accontentiamo né ci sediamo sugli allori dei primi risultati già ottenuti».

Proprio il tema dell'immigrazione, evocato da Gozi come una delle emergenze a cui mettere mano, sembra

avere avvicinare le posizioni tedesche a quelle italiane. Le recenti dichiarazioni di Angela Merkel per

confermare la necessità di dare un aiuto all'Italia e l'appello agli altri Paesi europei ad accogliere "in modo

equo" i rifugiati, testimoniano, secondo Gozi, che la Germania «è dalla nostra parte». La conclusione del

sottosegretario agli Affari Europei è che l'Italia andrà «ancora con più determinazione» al vertice

straordinario dell'Unione europea, in programma il prossimo 14 settembre sull'emergenza migranti.

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L'agenda

Legge di Stabilità da 25-30 miliardiCantiere aperto tra Palazzo Chigi e Tesoro sulla legge di Stabilità da presentare entro il 15 ottobre. Il

premier Matteo Renzi ha incontrato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per fare il punto sul quadro

economico alla luce dei migliorati dati Istat sul Pil in vista della nota di aggiornamento al Def attesa entro il

20 settembre, spina dorsale per la legge di bilancio. Sulla manovra da 25-30 miliardi si lavora a ritmi serrati

per far quadrare i conti tra entrate e uscite. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Dal 2016 via le tasse sulla prima casa

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 18

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha promesso tagli di tasse per 50 miliardi entro il 2018, anno delle

prossime elezioni politiche. Il primo passo scatterà nel 2016, con la cancellazione della Tasi sulla prima

casa e dell'Imu sui terreni agricoli e i macchinari imbullonati dal costo complessivo di circa 5 miliardi di

euro. Allo studio anche l'ipotesi di lanciare un piano anti-povertà e incentivi per il Sud, dopo l'allarme

Svimez di questa estate. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ue: meglio colpire consumi e patrimoniL'Europa esprime in modo informale dubbi sulle intenzioni del governo italiano di tagliare le tasse, a

cominciare dall'eliminazione delle imposte sulla prima casa, come promesso dal presidente del consiglio

Matteo Renzi. Roma farebbe meglio a spostare sugli immobili e sui i consumi il carico fiscale che grava

oggi su lavoro e capitali, hanno fatto sapere ieri alcune fonti comunitarie. D'altra parte questo è anche

quanto ha già raccomandato il Consiglio europeo al governo italiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

L' annuncio di luglio e le reazioniÈ il 18 luglio quando il premier Matteo Renzi annuncia l'intenzione di tagliare le tasse unito all'ipotesi di un

ulteriore ricorso alla flessibilità, prevista in alcuni casi dal patto di Stabilità. La prima reazione della

Commissione europea è piuttosto cauta: «È presto per una reazione dettagliata, non c'è stato scambio con

il governo italiano» spiegò allora il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, ricordando però

quali sono le regole. La legge di Stabilità deve rispettare il patto di Stabilità. © RIPRODUZIONE

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 19

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Retroscena Il premier: sulla cancellazione di Tasi e Imu nessun passo indietro, leriforme danno frutti L'incontro con Padoan sulla legge di Stabilità: rispetteremo i parametri I parametri Ue Renzi ha confermatoche l'Italia rispetterà i paletti Ue: nessuna ragione di preoccuparsi Maria Teresa Meli ROMA Europa o non Europa, per Matteo Renzi è semplicemente «impossibile» non andare avanti con il

progetto di cancellare la tassa sulla casa. «Io non torno indietro», ha spiegato il premier ai suoi collaboratori

senza perdersi in troppi giri di parole.

Il presidente del Consiglio ha precisato che le sue proposte in materia di fisco sono «un punto centrale»

delle priorità del governo: «Rappresentano un patto che facciamo con gli italiani». E un patto del genere,

secondo Renzi, non si può disattendere. «Basta con i politici che parlano, promettono e non fanno», è il

suo leit motiv .

Insomma, per Renzi «i segnali di crescita ci sono» e le «riforme stanno portando i loro frutti», quindi non vi

è motivo per non procedere come stabilito. «In Europa saremo decisi», ha annunciato il premier ai

fedelissimi. E ha illustrato questo suo orientamento anche al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan ,

che ha incontrato ieri per esaminare la prossima legge di Stabilità. Legge che sarà fondamentale nelle

intenzioni di Renzi per raggiungere l'obiettivo che si è dato: quello di una «rivoluzione copernicana» del

fisco.

Perciò non sarà l'Europa a convincerlo a venire meno alla parola data agli italiani. Del resto, Renzi ha

confermato che «il nostro Paese osserverà i parametri» fissati dall'Unione europea, quindi, a suo giudizio,

la stessa Ue non ha ragione di preoccuparsi. Tanto più che, ha osservato il premier con più di un

interlocutore, «continueremo a fare le riforme».

Dunque, Renzi ha rassicurato i collaboratori che non solo non cambierà direzione di marcia, ma non vi

saranno nemmeno dei rallentamenti. D'altra parte il premier è convinto, e lo ha ribadito ieri ai fedelissimi,

che l'Europa «non ci può dire quali tasse abbassare». Non lo può certo fare quell'Europa che è stata

«assente» sul fronte dell'immigrazione, lasciando l'Italia e la Grecia da sole a fronteggiare l'arrivo dei

barconi e le stragi in mare. «Non penso che ci proveranno e se ci provano avranno una risposta adeguata»,

è la linea che ha illustrato ieri ai suoi.

Per Renzi la posta della «rivoluzione fiscale» è troppo alta. Ha studiato questa uscita da mesi, è andato poi

definendola e quindi ora non intendere abbandonare quella che sarà «una parte fondamentale» del suo

programma. E questo non solo perché le elezioni amministrative sono previste per la primavera del

prossimo anno, o perché si potrebbe scivolare e arrivare anche alle politiche anticipate (ipotesi, questa, a

cui Renzi continua a dire di non credere): «É l'Italia che ha bisogno di questa ulteriore spinta, ed è per

l'Italia che questo progetto deve andare avanti, non per il destino futuro del governo o per il mio personale».

Quindi, se non ci sarà da litigare o da alzare la voce con l'Unione europea, per Renzi, è ovviamente meglio.

Ma se invece per raggiungere il suo scopo dovrà sbattere i pugni sul tavolo di Bruxelles, allora non si tirerà

indietro. É pronto a farlo. Per un'unica cosa il premier non è disponibile: ritirarsi in buon ordine e rinviare il

progetto di cancellare la tassa sulla casa nel 2016.

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16 miliardi di euro. Le risorse finanziarie necessarie per poter assicurare la cancellazione della Tasi, la

tassa sui servizi indivisibili e l'Imu sulla prima casa

10 miliardi di euro. I tagli previsti dalla spending review, la riduzione delle spese previste dal piano messo a

punto del governo per far fronte al taglio delle imposte

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 20

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«Spending 2.0». Manovra più vicina ai 30 miliardi ­ Ancora da quantificare con precisione i risparmi dallariforma della pubblica amministrazione Acquisti Pa, più vincoli per Regioni ed enti locali M.Rog. ROMA Un piano di spending review di 10 miliardi, alimentato in gran parte dal nuovo dispositivo di

centralizzazione degli acquisti molto più stringente per le Regioni e anche per gli enti locali. E da tagli a

ministeri, enti inutili e partecipate facendo anche leva sull'attuazione della riforma Pa per la quale devono

però ancora essere quantificatii possibili risparmi. Completa sterilizzazione delle clausole di salvaguardia

fiscali da oltre 16 miliardi e copertura degli interventi legati alle pronunce della Consulta sull'indicizzazione

delle pensioni (quasi 500 milioni) sul rinnovo dei contratti pubblici (1­1,6 miliardi) oltre che allo stop della Ue

sul reverse charge (oltre 700 milioni). Un taglio delle tasse da quasi5 miliardi, con l'eliminazione di Tasi

sulla prima casa, Imu agricola e tassa imbullonati. Sono i tre pilastri della prossima legge di stabilità che,

dopo i positivi di dati di ieri sull'occupazione e l'aggiornamento da parte dell'Istat delle stime sul Pil, sembra

destinata ad avvicinarsi a quota 30 miliardi sfruttando un nuovo margine di flessibilità Ue di almeno 6

miliardi nonostante i segnali non proprio entusiastici in arrivo da Bruxelles. L'entità della manovra sarà

definita dopo l'aggiornamento del quadro del Def. Proprio l'aggiornamento del quadro macroeonomico con

le sue ricadute sulla composizione della "stabilità"e sulla trattativa con la Ue sarebbe stato uno dei temi

trattati nell'incontro di ieri a Palazzo Chigi dal premier Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan. A

sostenere che serve «una legge di stabilità da 30 miliardi» è il presidente della com­ missione Bilancio della

Camera, Francesco Boccia, che considera positivo il piano di Palzzo Chigi sulla riduzione delle tasse e

suggerisce di allestire «una spending review di almeno 15 miliardi». Al di là dei numeri, nelle intenzioni del

Governo dalla legge di stabilità dovrà arrivare un chiaro segnale sul taglio delle tasse ma anche sulla

riduzione della spesa. I principali affluenti della "spending 2.0" alla quale sta lavorando il commissario

Yoram Gutgeld insieme a Roberto Perotti saranno tre: centralizzazione degli acquisti, attuazione della

riforma Pa a partire dalla partecipate, razionalizzazione di immobili pubblici e tax expenditures. Sul fronte

degli acquisti dovrebbero essere recuperati dai 2 ai 2,5 miliardi che diventeranno 5­6 miliardi tenendo conto

di tutto il mix di interventi allo studio su sanità e ministeri. L'estensione del metodo­Consip facendo leva sulla

riduzione da 32milaa 34 stazioni appaltanti è uno dei punti fermi della prossima manovra. Un'operazione

che rispetto al passato toccherà in modo più marcato le Regionie gli enti locali con una ricaduta trasversale

sulla sanità. Del resto, degli 87 miliardi di spesa per consumi intermedi che potrebbero finire nel mirino del

nuovo meccanismo centralizzato ben 65 miliardi sono riconducibili agli enti territoriali o al Servizio sanitario

nazionale, gli altri 17 miliardi alle amministrazioni dello Stato, in primis i ministeri, e 5 miliardi ad altri enti.

Più incerto resta, in termine di risparmi realizzabili, il quadro relativo all'attuazione della riforma Pa. Tra le

ipotesi c'è quella di quantificare ogni singolo intervento che sarà reso operativo dai decreti attuativi in arrivo.

Ma la dote per il 2016 non dovrebbe superare gli 1­1,3 miliardi.

Distr ibuzione per comparto. Dati in miliardi di euro

TOTALE

La spesa per beni e servizi della Pa

36178729 Stato (5,7%) Enti SSn (41,4%) (33,3%) miliardi Altre PA (19,5%) Enti terr itor iali Fonte: Elaborazioni

Consip su dati Istat

02/09/2015Pag. 4

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 21

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Le vie della ripresa I commenti su occupazione e Pil Il premier: grazie alle riforme l'Italia riparte Il ministro: idati confermano le nostre stime Da Gozi risposta alla Ue «Sul taglio tasse il governo decide in autonomia,le fonti anonime di Bruxelles affrontino il dramma migranti» VERSO LA LEGGE DI STABILITÀ «Avanti sulla casa, cuneo già tagliato» Vertice Renzi-Padoan su Def e stabilità: dai dati Istat spinta alla manovra - Ipotesi di bonus 80 europrogressivo Marco Rogari ROMA L'aggiornamento del quadro macroenomico sulla base di uno scenario più incoraggiante rispetto a

quello delle scorse settimane come confermato dagli ultimi dati Istat sulla crescita dell'occupazione con

tanto di revisione al rialzo di quelli sulla crescita nei primi due trimestri dell'anno. È stato questo uno dei

piatti forti del primo, lungo incontro a Palazzo Chigi dopo la pausa estiva tra Matteo Renzi e il ministro

dell'Economia Pier Carlo Padoan. L'andamento del Pil, con una conferma ormai certa della stima del

Governo del +0,7% per quest'anno e la concreta possibilità di ritoccarla verso l'alto con la nota di

aggiornamento del Def da presentare il 20 settembre potrebbe aprire nuovi spazi per il varo entro metà

ottobre della manovra da 25­30 miliardi. Che punterà sulla stretta alla spesa e sul taglio delle tasse. A

cominciare da quelle sulla prima casa. Che però non sembra piacere a Bruxelles così come il ricorso a

nuovi margini di flessibilità, almeno stando alle voci fatte filtrare ieri. Ma il ministero dell'Economia avrebbe

pronta una carta da giocare: quella del significativo taglio al cuneo fiscale già fatto scattare lo scorso anno.

A via XX settembre sarebbero prontia ricordarea Bruxelles che il piano di riduzione del carico fiscale è

partito da una significativo taglio delle tasse sul lavoro come previsto dalle raccomandazioni Ue. E che

quindi l'intervento sulla casa sarebbe solo un secondo step nall'ambito di un programma più articolate che

prevede anche un nuovo intervento nel 2017 per alleggerire la pressione del fisco sulle imprese seguito nel

2018 dalla riforma dell'Irpef. «Il governo presieduto da Matteo Renzi ha tutta l'autorevolezzae la credibilità

in Europa per proseguire in piena autonomia il percorso riformatore e, quindi, anche le modalità con cui

decidere la riforma del fisco e il taglio delle tasse», afferma in serata il sottosegretario agli Affari europei

Sandro Gozi. Che invita le «fonti anonime» di Bruxelles a occuparsi «con maggiore impegno» del dramma

dell'immigrazione. Il Governo è insomma deciso a proseguire lungo la rotta annunciata da Renzi. Tra le

ipotesi che si stanno valutando c'è anche quella di affidare al dipartimento Finanze del Mef una simulazione

per valutare l'impatto di una trasformazione in chiave "progressiva" del bonus degli 80 euro. Questa

operazione consentirebbe all'esecutivo di portare, per la contabilità ai fini Eurostat, il bonus Irpef dal

capitolo delle maggiori spese sostenute a quello della riduzione fiscale con un nuovae più vantaggiosa

deistribuzione dei pesi nel quadro contabile. Una strada che sarebbe però considerata percorribile da palaz­

zo Chigi solo con una progressività limitata al "confine" degli 80 euro senza cioè forti riduzioni del bonus per

le fasce di reddito più basse. Quello che appare già quasi certo è che la composizione della manovra

potrebbe risultare meno complicata di quanto non fosse dopo le gelide stime preliminari diffusea inizio

agosto. Oltrea registrare una crescita dell'occupazione e il ritocco, seppure leggero, al rialzo dei dati sul Pil

nei primi due trimestri dell'anno, ieri il Governo ha incassato la conferma del positivo trend del fabbisogno:

nei primi 8 mesi siè ridotto di 19 miliardi rispetto al 2014 in linea con la riduzione dell'indebitamento netto tra

il 2014 e il 2015 indicata nel Def, anche se con un aumento ad agosto dovuto essenzialmente alla

pronuncia della Consulta sulle pensioni. Renzi commenta con soddisfazione questi dati affermando che

l'Italia riparte «con la carica giusta» grazie alle riforme messe in campo, Jobs act in primis.E in un

videomessaggio aggiunge: «Settembre è il mese della ripartenza. Non siamo ancora la maglia rosa, ma

siamo rientrati nel gruppo». In serata in un'intervista a "Parallelo Italia" il premier insiste sulla necessità che

tutti remino nella stessa direzione: «Serve che l'Italia finalmente ci credae tornia liberarsi dalla mania della

rassegnazione e del pessimismo». E rispondendo alle critiche di Susanna Camusso afferma: «Se fossi

segretario di un sindacato sarei contento che c'è più lavoro stabile». Anche il ministro Padoan si sofferma

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sui dati Istat definendoli stime «ragionevoli e affidabili» che delineano conti pubblici sotto controllo e danno

respiro alla ripresa. Padoan fa notare che la crescita economica acquisita per il 2015 pari allo 0,6%è «già

vicina alla nostra stima per l'anno (+0,7%)».E via twitter sottolinea: «Economia cresce, disoccupazione

cala, aumentano occupati. Ora consolidare e accelerare ma direzione è giusta.# Ci siamo».

AL CENTRO DELL'INCONTRO Il quadro macroeconomico A centro del lungo incontro lungo incontro a

Palazzo Chigi dopo la pausa estiva tra Matteo Renzi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan

l'aggiornamento del quadro macroenomico . Dopo chi dati Istat di ieri hanno certificato crescita

dell'occupazione e del Pil nei primi due trimestri dell'anno. L'andamento del Pil, con una conferma ormai

certa della stima del Governo del +0,7% per quest'anno e la concreta possibilità di ritoccarla verso l'alto con

la nota di aggiornamento del Def da presentare il 20 settembre potrebbe aprire nuovi spazi per il varo entro

metà ottobre della manovra da 25­30 miliardi. Verso la legge di stabilità Saranno tre i pilastri della prossima

manovra: una spending review di 10 miliardi, in gran parte derivanti dalla centralizzazione degli acquisti

molto più stringente per le Regioni e anche per gli enti locali: completa sterilizzazione delle clausole di

salvaguardia fiscali da oltre 16 miliardi e copertura degli interventi legati alle pronunce della Consulta

sull'indicizzazione delle pensioni (quasi 500 milioni) sul rinnovo dei contratti pubblici (1­1,6 miliardi) oltre che

allo stop della Ue sul reverse charge (oltre 700 milioni). Infine un taglio delle tasse da quasi 5 miliardi, con

l'eliminazione di Tasi prima casa, Imu agricola e sugli imbullonati Il nodo tasse sulla casa Il taglio delle

tasse sulla casa non sembra piacere a Bruxelles almeno stando alle voci fatte filtrare ieri. Ma l'Economia

avrebbe pronta una carta da giocare: quella del significativo taglio al cuneo fiscale scattato lo scorso anno.

A via XX settembre sarebbero pronti a ricordare alla Ue che il piano di riduzione del carico fiscale è partito

da una significativo taglio delle tasse sul lavoro come previsto dalle raccomandazioni europee. E che quindi

l'intervento sulla casa sarebbe solo un secondo step di un piano più articolato che prevede un nuovo

intervento nel 2017 per alleggerire la pressione del fisco sulle imprese seguito nel 2018 dalla riforma

dell'Irpef

Foto: IMAGOECONOMICA

Foto: Ieri il vertice. Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan

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DEBITI PA ALL'INTERNO Industria In Veneto un fondo salva-imprese Barbara Ganz pagina 14 VENEZIA Nel nome ­ Equimpresa ­ c'è tutto il suo significato: uno strumento nuovo, capace di

riequilibrarei rapporti fra lo Statoe le imprese. L'idea nasce dai Giovani di Confindustria Veneto, e dopo

un'estate di lavoro sugli aspetti tecniciè prontaa muoverei passi formali, con l'obiettivo di dare una risposta

concreta alle difficoltà delle imprese, aggravate dai ritardi di pagamento da parte delle Pubbliche

amministrazioni. «Un'azienda non può permettersi un ritardo nei pagamenti, ma quando tocca allo Stato

rispettare le scadenze questo non avviene», spiega il presidente Giordano Riello. Il progetto Equimpresa si

fonda sull'avvio di un fondo comune di investimento alternativo, che investa nei crediti vantati dalle imprese

verso la Pa e si finanzi presso investitori istituzionali (ad esempio fondi pensione) che abbiano risparmi da

investire e possano permettersi un orizzonte ampio, superiore ai 10­20 anni. Un soggetto capace di tenere i

crediti sino a scadenza e oltre sino alla data di pagamento: tempi lunghie un rischio praticamente nullo,

mentre oggi attese di molto inferiori risultano insopportabili per troppe aziende messe in crisi proprio dai

mancati pagamenti per lavori già eseguiti. Per l'avvio dell'operazione è già stato dato mandato allo studio

Eversheds a Roma, che oltre alla fattibilità si occuperà ­ sempre per conto dei giovani industrialidei contatti

con una o più società di gestione del risparmio e altri soggetti interessati a intervenire nell'operazione. La

struttura dovrà «perseguire l'interesse degli investitori, ed essere orientata al miglioramento delle condizioni

finanziarie in cui versano le imprese che vantano crediti nei confronti della Pubblica amministrazione». I

tempi? «La prima fase è una selezione trasparente del soggetto adattoa una attività di alta utilità sociale;

qui non si tratta di speculare, ma di riallineare i tempi dello Stato con quelli di chi produce garantendo

un'equa remunerazione agli investitori che sottoscriveranno le quote ­ spiega Valerio Lemma, consulente e

docente di diritto bancario all'università Marconi di Roma ­. Poi occorrerà stilare un regolamento, raccogliere

le sottoscrizioni e selezionare i crediti. Potrebbe entrare in funzione nel giro di un anno». Una struttura di

diritto privato, che potrà decidere se porre delle condizioni territoriali, come ad esempio individuare crediti o

enti pubblici di una determinata regione. Il mo­ dello veneto sarebbe replicabile in altri contesti. Nonostante

l'operazione "sblocca debiti" gli arretrati che la Pa deve alle imprese sfiorano ancora i 4 miliardi di arretrati.

Una questione di lavoro e di sviluppo, ma non solo: qualche giorno fa l'ennesimo caso di suicidio di un

imprenditore veneto, Edoardo Alberton di Bassano. «Ogni gesto disperato risulta ancor più inaccettabile se

causato non dalla crisi, ma da situazioni come il non riuscirea pagare l'Iva. Il sistema che prevede il

pagamento dell'imposta anche sui fallimentiè perverso, perché significa pagare una tassa sui crediti non

incassati, a causa del fallimento del cliente. Si innesca un circolo vizioso che trascina anche il creditore nel

vortice dell'indebitamento, con il rischio di non riuscire a pagare i dipendenti e di chiudere. Al Governo

chiediamo una revisione», dice Riello.

Foto: .@Ganz24Ore

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INTERVENTO Finanza locale, rischio maxi-buco La decisione sui finanziamenti «in bilico» tra mutuo e antipazione potrebbe travolgere anche i Comuni Luca Antonini e Ettore Jorio La sentenza n. 181/2015 della Corte costituzionale potrebbe scatenare un terremoto sulla finanza locale,

non solo a livello delle Regioni, dove il Piemonte non è stata l'unica ad avere interpretato il meccanismo

stabilito dal Dl 35/2013 sui pagamenti pregressi come concessione di mutuo anziché come anticipazione di

cassa, ma anche a livello del comparto dei Comuni, con un buco che potrebbe rivelarsi ben superiore ai 20

miliardi. D'altra parte, le norme del Dl 35/2013 sono oggettivamente ambigue, al punto che ­ come si legge

nella sentenza ­ l'interpretazione favorevole al mutuo era condivisa persino dallo stesso Procuratore

regionale della Corte dei conti. C'è poco da meravigliarsi quindi se le Regioni l'hanno applicata nel senso

utile ad am­ pliare una capacità di spesa massacrata da quasi un decennio di tagli lineari. La stessa

Consulta ha riconosciuto l'ambiguità della norma e soprattutto ha dovuto riscontrare il carattere anomalo di

un'anticipazione di cassa, che per la sua durata «appare diverso da uno degli elementi tipici, la brevità,

dell'anticipazione di cassa» (sentenza n. 188 del 2014). Tuttavia, dalla sentenza emerge che se la Corte

avesse aderito all'interpretazione nel senso del mutuo, avrebbe dovuto dichiarare incostituzionale tutto il

meccanismo del Dl 35/2015, perché l'indebitamento in base alla regola aurea dell'articolo 119, comma 6

della Costituzioneè consentito solo per la spesa di investimento (mentrei pagamenti pregressi riguardano

anche forniture correnti). Di fronte a tale rischio ha quindi scelto l'opzione più ragionevole, quella di

censurare le norme del Piemonte. Ora però la situazione è grave, perché il principio affermato dalla

sentenza si distacca segnatamente da quanto supposto da tantissimi enti destinatari dei finanziamenti

statali, atteso che questi sarebbero dovuti essere necessariamente ritenuti come erogati a titolo di «mera

anticipazione di liquidità, inidonea a garantire coperture di spesao disavanzi»e non giàa titolo di mutuo di

scopo. Di conseguenza, sono illegittime tutte le appostazioni contabili che si sono concretizzate con la

registrazione, in entrata, delle relative somme nel titolo ri­ guardante le risorse anticipate dallo Stato ex Dl

35/2013 e, in uscita, a copertura del disavanzo finanziario presunto per la chiusura dell'esercizio finanziario

precedente. Stante la puntualità delle eccezioni rappresentate dalla Corte costituzionale nella sentenza in

esame, è facile quindi presumere una valanga di contestazioni da parte delle Sezioni regionali di controllo

impegnate nei routinari controlli degli enti locali e di quelli periodici fissati a carico dei numerosissimi

Comuni che hanno fatto ricorso alla proceduta di predissesto. Ciò in quanto, prescindendo dalla diversa

contrattualizzazione intervenuta e perfezionata con la Cassa depositi e prestiti per conseguire i suddetti

finanziamenti, estesi a quelli assicurati dal successivo Dl 66/2014, avrebbero dovuto anche loro trattare

contabilmente i medesimi come mera anticipa­ zione di cassa e non come un veroe proprio mutuo. Identica

la ratio normativa, perfettamente uguale il fine ancorché diverso il soggetto contrattuale erogante. Inoltre,

sempre riguardo alle Regioni, un'attenzione dovrà essere estesa al giudizio di parificazione per l'anno

successivo (2014), verosimilmente testimone di una analoga violazione in bilancio, riferita al finanziamento

di cassa (rectius, di anticipazione di liquidità, così come specificatamente definito in entrambi i

provvedimenti legislativi) assicurato agli enti territoriali dal Dl 66/2014 analogamente a quanto garantito dal

Dl 35/2013. Concludendo, il non puntuale trattamento contabile dei ripetuti finanziamenti costituirà una

fonte di generale imbarazzo nei bilanci del sistema autonomistico territoriale e, di conseguenza, in quello

della Repubblica, cui occorrerebbe tempestivamente riparare allo scopo di evitare ogni inquinamento

rilevabile a livello comunitario.

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IL RETROSCENA Renzi-Padoan: ora via la Tasi Ma sulle tasse è lite con la Ue Nel primo vertice sulla legge di stabilità ribadita l'abolizione dell'imposta sulla casa Fonti anonime diBruxelles: non è in linea con le nostre direttive. Gozi: decidiamo noi «L'ITALIA RIPARTE E CRESCONOGLI OCCUPATI: LA PROVA CHE LE RIFORME SERVONO. ORA TUTTI DIANO UNA MANO» ILGOVERNO PUNTA A STRAPPARE UN MARGINE DI 5-6 MLD PER RIDURRE IL FISCO E SPINGERESUGLI INVESTIMENTI Alberto Gentili «Cresce il Pil, crescono gli occupati, meno disoccupazione. Le riforme servono». Matteo Renzi incassa i

nuovi dati Istat e celebra con l'immancabile tweet «le buone notizie» sul fronte economico. I dati di inizio

agosto, che parlavano di una crescita fragile e stentata allo 0,2% nel secondo trimestre, avevano lasciato il

premier con l'amaro in bocca. Ora invece l'Istat parla di 235mila occupati in più in un anno («merito del

Jobs Act, che funziona», celebra Renzi) e si corregge portando la crescita allo 0,3%, in linea con le

previsioni del governo. E soprattutto con la media dell'Eurozona. Un risultato che Renzi celebra con una

metafora ciclistica: «Negli ultimi anni è come se l'Italia avesse bucato la ruota in discesa e il gruppo dei

Paesi europei andasse molto più forte. Oggi non siamo la maglia rosa, ma siamo tornati nel gruppo. L'Italia

riparte». Di questo Renzi ha parlato con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, nella prima riunione

dedicata a imbastire la legge di stabilità. La manovra che, come è stato confermato nel vertice, porterà alla

cancellazione della Tasi e dell'Imu per tutti il prossimo anno. LO STOP DI BRUXELLES Da Bruxelles però

ieri è arrivato un primo stop. Proprio mentre a Palazzo Chigi si svolgeva il vertice economico, fonti anonime

della Commissione hanno fatto sapere che la cancellazione della tassa sulla casa è contraria alle

raccomandazioni elaborate dall'Unione: «E' ben noto che il Consiglio ha raccomandato che l'Italia sposti

sugli immobili e i consumi il carico fiscale che grava su lavoro e capitali». Un altolà, tra l'altro informale, che

non ha per nulla impressionato Renzi e Padoan. Da tempo il premier sostiene che la politica economica

europea «deve cambiare», che «serve il coraggio della crescita e non il rispetto ossessivo di parametri». E

ieri da Palazzo Chigi un consigliere ha aggiunto: «In Italia decidiamo noi e non Bruxelles. Se vogliono si

facciano eleggere e poi vengano loro a gestire il Paese...». «Il governo», ha aggiunto il sottosegretario

all'Europa, Sandro Gozi, «ha tutta l'autorevolezza e la credibilità per proseguire in piena autonomia il

percorso riformatore e quindi anche il taglio delle tasse. Le fonti anonime di Bruxelles piuttosto dovrebbero

affrontare il dramma delle morti nel Mediterraneo e dei treni carichi di migranti». Insomma, si annuncia

battaglia. E la battaglia sarà soprattutto sulla flessibilità. In gioco ci sono circa 5-6 miliardi, utili proprio per

tagliare la Tasi e l'Imu. Per arrivare a questa cifra il governo sta pensando di giocare una carta inedita: la

clausola per gli investimenti. Per il 2016 Roma ha già sfruttato quella per le riforme strutturali, pari a 6,4

miliardi a uno 0,4% del rapporto deficit-Pil. Tant'è che il prossimo anno l'Italia farà segnare un rapporto

dell'1,8%, contro il previsto 1,4%. E dunque difficilmente potrà battere ancora sul quel tasto. Ma, grazie a

un lavoro di scouting di Padoan e dei tecnici dell'Economia, il governo ha scoperto di poter ricorrere alla

clausola per gli investimenti. «Prima si pensava che non fosse cumulabile con quella per le riforme e che

comunque l'importo totale non potesse superare lo 0,5% del Pil. Ora, invece, abbiamo scoperto che c'è la

possibilità del cumulo e che probabilmente potremo spuntare uno scostamento dello 0,6%», dicono al

Tesoro. Traduzione: palazzo Chigi punterà a ottenere dalla Commissione europea la possibilità di stanziare

in investimenti 3,2 miliardi. Ma per strappare più flessibilità, il premier ha bisogno di andare avanti con le

riforme: «Senza di esse perderemmo slancio, competitività e credibilità». E la prima riforma da portare a

casa è quella del Senato, contro cui lavora la minoranza del Pd. Da qui un appello all'unità: «Ognuno può

avere le proprie idee politiche, ma oggi è fondamentale che tutti insieme diamo una mano». C'è chi

sostiene che tra i destinatari dell'appello ci sia anche Silvio Berlusconi e non soltanto Bersani & C.

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Le posizioni

Pd «I dati dall'Istat certificano che la crescita italiana è stabile e ciò si traduce in un aumento

dell'occupazione e in un calo della precarietà», affermano i vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo

Guerini

Ncd Il Nuovo centrodestra ha accolto con soddisfazione i dati dell'Istat. Renato Schifani ha twittato: «E'

vero Matteo Renzi, abbiamo idee diverse, ma stiamo lavorando bene per il Paese. Avanti con le riforme».

Forza Italia Il commento di Forza Italia è affidato a Renato Brunetta: «Una lettura attenta dei dati dovrebbe

indurre a più prudenza. Sul fronte dell'occupazione solo 44mila occupati in più».

M5S «Renzi guardi alla Costituzione e non ai numerini», ha dichiarato Gianluca Castaldi, «la realtà è che in

Italia i giovani non riescono ad avere un vero lavoro e ad avere un'esistenza dignitosa».

Foto: Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan

Foto: (foto BLOW UP)

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Il caso Gli eurodiktat sulla delega fiscale Bocciatura Ue sulla riduzione di Imu e Tasi Bruxelles spinge: «Carico fiscale sugli immobili». Ripresa, Berlusconi scettico: serve cura choc Gian Maria De Francesco Roma La Commissione Ue boccia Renzi e il suo proposito di abolizione dell'Imu e della Tasi sulla prima

casa. «Il Consiglio ha raccomandato che l'Italia sposti sugli immobili ed i consumi il carico fiscale che grava

su lavoro e capitali», hanno fatto sapere fonti di Bruxelles precisando che, al momento, non vi sono

orientamenti precisi in quanto solo quando le tabelle della legge di Stabilità saranno presentate

all'esecutivo comunitario vi sarà un pronunciamento ufficiale. Si tratta, dunque, di un caveat che pesa sul

lavoro del presidente del Consiglio. L'Europa ha infatti ricordato al premier i punti cardine della lettera di

raccomandazioni inviata a Palazzo Chigi nel maggio scorso. In primo luogo, quindi, il prelievo fiscale deve

essere orientato verso patrimoni e consumi piuttosto che sul lavoro in modo da sostenere «i fattori

produttivi dell'economia». In seconda istanza, Bruxelles ha sottolineato che «ci sono stati soltanto lenti

progressi nella riforma del catasto, nell'ambito della quale si rende particolarmente necessaria una

revisione dei valori catastali obsoleti». La Commissione ha messo il dito nella piaga della delega fiscale

dalla quale è stata stralciata la parte relativa all'aggiornamento delle rendite, proprio per non raddoppiare o

triplicare (se non quadruplicare) Imu e Tasi. L'altro principio generale, hanno aggiunto le stesse fonti

europee, è che «ogni riduzione delle imposte va comunque compensata con una riduzione stabile delle

spese di uguale entità». Il diktat è chiarissimo: Renzi non può pensare di impostare la prossima manovra su

un incremento del deficit (si era parlato di uno 0,5% se non addirittura di un 1% in più rispetto all'1,8%

fissato per il 2016) perché «le regole della flessibilità del patto di Stabilità sono già applicate». Traduzione:

non si può derogare dalla correzione strutturale del disavanzo che per l'anno prossimo prevede almeno uno

0,1 per cento di Pil. Si è perciò subito smorzato l'entusiasmo per i dati positivi provenienti dalla revisione al

rialzo del Pil nel secondo trimestre e dal calo della disoccupazione. Ieri pomeriggio Renzi e il ministro

dell'Economia Padoan si sono incontrati per mettere a punto una prima road map della Legge di Stabilità.

Date le condizioni di partenza, anche disinnescare la mina da 16 miliardi delle clausole di salvaguardia su

Iva e accise (altra richiesta di Bruxelles) non sarà semplice senza un'adeguata spending review . Ecco

perché Silvio Berlusconi ha fatto trapelare scetticismo sulle prossime mosse economiche del governo.

«Non mi sembrano grandi dati e mi stupisce che il governo esulti in questa maniera, non vorrei che tra

qualche mese dovessimo commentare numeri di tutt'altro tenore», avrebbe detto il Cav. Per un balzo in

avanti dell'economia, si ribadisce in Forza Italia, ci vorrebbe un vero e proprio choc fiscale, attuabile

soltanto con la flat tax .

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NEL FERRARESE Il sindaco leghista: Imu e Tasi al massimo per chi ospita migranti** È sfida aperta da parte del sindaco leghista di Bondeno (Ferrara), Fabio Bergamini, al governo e al ministro

dell'Interno Angelino Alfano. Dopo aver già ribadito di «non voler sentir parlare di clandestini», il primo

cittadino emiliano avverte: «Innalzeremo al massimo le aliquote di Tasi e Imu per chi ospita presunti

profughi in case o strutture di sua proprietà. Chi vìola il patto di solidarietà tra terremotati, vendendosi come

un Giuda per 30 denari», prosegue il sindaco del Carroccio «merita una batosta fiscale, con i soldi così

ottenuti potremo dare nuovi aiuti ai terremotati». Già nei giorni scorsi Bergamini aveva dichiarato che l'unica

accoglienza possibile era quella ai terremotati che avevano perso la casa nel sisma del 2012 e ora vuole

passare all'azione: «Così finanzieremo un fondo a disposizione dei terremotati». Il sindaco sceglie per la

sua provocazione proprio il giorno dell'annuncio da parte del Viminale di 20mila nuovi arrivi e attacca: «È

protesta contro queste politiche di invasione, che alimentano solo ingiustizie sociali e si svilupperà in dure

azioni di contrasto a questa accoglienza selvaggia, folle, pericolosa».

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L'Europa: meno tasse sul lavoro No all'abolizione di Tasi e Imu L'Ue boccia Renzi Filippo Caleri a pagina 14 L'Unione Europea non ci sta a a far passare il teorema di Renzi di poter abbassare le tasse

sulla casa per far ripartire il Paese. Una ricetta ovvia per un'economia come quella italiana basata

sull'export ma in larga parte, per il mercato interno, sulla filiera dell'edilizia. Ma che Bruxelles ha smesso di

considerare vincente già dal 2011 quando impose, complice la crisi dello spread, il governo Monti per

raddrizzare la contabilità pubblica. Un momento della storia del Paese che gli italiani proprietari di immobili

maledicono. Da allora infatti avere mattoni nel proprio portafoglio ha significato solo essere un soggetto da

spremere per il fisco. Ora la promessa di Renzi, epigono del migliore Berlusconi in tema di tasse, di

spazzare via con un decreto la Tasi e l'Imu si è già sgonfiata. A Bruxelles hanno fatto le vacanze con

tranquillità. Hanno lasciato che il premier italiano giocasse con la comunicazione nel tentativo di recuperare

consensi in picchiata, poi ieri hanno emesso la sentenza che rischia di vanificare la sua mossa populista.

Fonti europee, che nel linguaggio cifrato corrisponde al popolo dei funzionari-sherpa che guidano le

decisioni tecniche, hanno spiegato che la proposta di ridurre le tasse sulla casa è contraria alle

raccomandazioni Ue. Le stesse fonti hanno fatto riferimento proprio agli annunci estivi di Renzi sul piano

per abbattere le tasse sulla casa. «Abbiamo letto i recenti annunci sulle tasse in Italia, ma non avendo

dettagli sui piani non possiamo fare commenti. Però è ben noto che il Consiglio ha raccomandato che

l'Italia sposti sugli immobili e i consumi il carico fiscale che grava su lavoro e capitali». Nulla di nuovo.

Anche la richiesta della riforma del catasto che il governo ha rinviato a data da definire corrispondeva a

questo diktat. Dunque per ora di mollare la presa sulle case degli italiani non se ne parla proprio. Ovvia la

reazione scottata da parte della Confedilizia. «C'è da rimanere sconcertati. Evidentemente, i danni causati

dalla dissennata politica fiscale in atto dal 2012 - che gli italiani toccano con mano ogni giorno - non sono

visibili da Bruxelles e da una burocrazia Ue lontana dalla realtà» ha attaccato il presidente, Giorgio

Spaziani Testa. Che ha aggiunto: «Confidiamo che il governo italiano, nella sua autonomia, operi per il

bene del Paese e inizi al più presto una decisa opera di riduzione della tassazione sugli immobili che, per

essere efficace, non dovrebbe peraltro essere limitata alla prima casa». Ma forse non è detta l'ultima

parola. I tagli alle imposte sulla casa potrebbero anche passare il vaglio di Bruxelles a patto di coprire con

certezza i buchi creati dalla soppressione delle tasse. Questi potrebbero essere però compensati dalla

crescita del Pil che è aumentato a sorpresa nel secondo trimestre: il prodotto interno lordo, secondo l'Istat,

è salito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del

2014, più della stima preliminare diffusa lo scorso 14 agosto che aveva rilevato una crescita congiunturale

dello 0,2% e tendenziale dello 0,5%.

30 Miliardi L'importo della manovra che presenterà Renzi

17 Miliardi il taglio delle tasse ipotizzato da Renzi nella Stabiltà

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 30

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ACQUISTI P.a., convenzioni Consip derogabili solo con prezzi più bassi Mascolini a pag. 31 Obbligo di ricorso alla Consip derogabile dalle amministrazioni statali soltanto in caso di contratto

stipulato a un prezzo più basso delle convenzioni Consip. Negli altri casi la violazione dell'obbligo di

utilizzare la centrale di acquisto può essere sanzionata come illecito amministrativo e come causa di

responsabilità amministrativa; necessaria una stretta verifica e vigilanza sul rispetto dell'obbligo di ricorso

alla Consip per garantire un'effi cace riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica. Sono questi alcuni

degli elementi che emergono dalla circolare del 25 agosto 2015 sul programma di razionalizzazione degli

acquisti della pubblica amministrazione da attuare attraverso Consip, emessa dal ministero dell'economia e

fi nanze (dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi e ragioneria generale dello

stato) e trasmessa agli uffici centrali del bilancio e alle ragionerie territoriali dello stato. Nella circolare si

riassume compiutamente tutto il quadro delle norme di riferimento che disciplinano la materia prevedendo

l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere a Consip, a partire dalla prima disposizione risalente al

1999 (art. 26 della finanziaria 2000) fi no a quella che ha previsto che i contratti stipulati in violazione

dell'obbligo di ricorso alla Consip siano nulli e costituiscano illecito disciplinare e causa di responsabilità

amministrativa. Dopo l'excursus normativo, la circolare sottolinea come il programma si articoli in una

pluralità di strumenti attuativi (di cui si dettagliano le modalità d'uso) che vedono Consip impegnata anche

in attività di consulenza alle amministrazioni richiedenti (gare su delega, disponibilità della piattaforma di

negoziazione, assistenza merceologica, legale e organizzativa). La circolare ricorda anche che l'obbligo di

utilizzo di Consip «non si applica quando il contratto sia stato stipulato a un prezzo più basso di quello

derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da

Consip, e a condizione che tra l'amministrazione interessata e l'impresa non siano insorte contestazioni

sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza». Il punto centrale della circolare riguarda

però alcune indicazioni tese a rendere effettivo l'obbligo da parte di tutte le amministrazioni statali anche

attraverso la verifi ca dell'esistenza delle condizioni che consentono di non ricorrere alle convenzioni

Consip. Si precisa in particolare che quando non si fa ricorso alla Consip, occorre «fornire ai competenti uffi

ci di controllo di regolarità amministrativa e contabile adeguata indicazione dei concreti motivi per i quali si è

proceduto in deroga agli obblighi sopra richiamati». L'input è quello di porre particolare attenzione alle

modalità di raffronto fra i riferimenti di qualità e prezzo messi a disposizione da Consip e quelli concernenti i

contratti acquisiti al di fuori delle modalità di acquisto centralizzati, avendo riguardo soprattutto alle

«prestazioni contrattuali principali» e alle «caratteristiche essenziali dell'oggetto delle stesse». Questo

accurato confronto dovrà essere effettuato anche quando non vi siano convenzioni stipulate da Consip; in

questi casi occorrerà guardare ai prezzi di riferimento messi a punto dall'Autorità nazionale anticorruzione

che rappresentano il «prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate

all'offerta più vantaggiosa». La circolare chiede quindi agli uffi ci centrali del bilancio e alle ragionerie

territoriali dello stato di vigilare «nell'esercizio delle proprie competenze, con la consueta attenzione e

sollecitudine».

Foto: La circolare del Mef sul sito www. italiaoggi.it/documenti

02/09/2015Pag. 1

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FINANZA LOCALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 31

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Risparmi vicini allo zero dall'accorpamento delle prefetture Luigi Oliveri Risparmi vicini allo zero per l'accorpamento delle sedi delle prefetture. Uno degli slogan maggiormente

ripetuti in questi giorni circa gli effetti della legge 124/2015, la legge delega di riforma della p.a. , riguarda gli

effetti di riduzione della spesa che deriverebbero dalla riduzione del numero delle prefetture, con

conseguente diminuzione dei costi di conduzione degli immobili. È l'articolo 8, comma 1, lettera d), a

indicare i criteri di riorganizzazione delle prefetture, prevedendo la «razionalizzazione della rete

organizzativa e revisione delle competenze e delle funzioni attraverso la riduzione del numero, tenendo

conto delle esigenze connesse all'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, in base a criteri inerenti

all'estensione territoriale, alla popolazione residente, all'eventuale presenza della città metropolitana, alle

caratteristiche del territorio, alla criminalità, agli insediamenti produttivi, alle dinamiche socio-economiche, al

fenomeno delle immigrazioni sui territori fronte rivieraschi e alle aree confi narie con flussi migratori;

trasformazione della prefetturauffi cio territoriale del governo in uffi cio territoriale dello stato, quale punto di

contatto unico tra amministrazione periferica dello stato e cittadini». Ritenere che da queste misure di

ridefinizione della logistica possano derivare risparmi di spesa è più che ottimistico. Occorre ricordare che

ai sensi dell'articolo 3 della legge 1014/1960, sono le province a mettere a disposizione dello stato i locali

necessari agli uffi ci e servizi delle prefetture, a fronte di un congruo canone di affi tto a carico

dell'amministrazione statale. Come è noto, le province sono oggetto di un'imponente, quanto fin qui ineffi

cace, processo di riordino e soprattutto di riduzione della loro spesa. La legge 190/2014 impone nei loro

confronti un prelievo forzoso di 1 miliardo nel 2015, 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi nel 2017. Soldi che non

costituiscono tagli: infatti, vengono prelevati dallo stato (garantiti dalle entrate sull'addizionale

dell'assicurazione Rc auto che spetterebbero alle province) e da questo spesi per i propri servizi, senza

alcun risparmio, quindi, per i cittadini. Ma, se lo stato preleva già forzosamente alle province le ingentissime

risorse viste prima (per altro costringendo le province al dissesto, come ha più volte ritenuto anche la Corte

dei conti) di fatto sostanzialmente si rivale già delle spese che sostiene per gli affi tti dei locali delle

prefetture, pagati alle province. Dunque, l'attuazione delle disposizioni dell'articolo 8, comma 1, lettera d),

della legge Madia sul piano economico avrebbe effetti praticamente nulli, in quanto i costi che lo stato

affronta sono già più che azzerati. L'effetto di risparmio sarebbe limitato solo all'evidenziazione fi nanziaria

dell'azzeramento di un'uscita, che però è da considerare solo fi gurativa, proprio a causa di quanto prevede

la legge 190/2014. In ogni caso, il canone che lo stato versa agli enti di area vasta per le prefetture in

media si aggira sui 150.000 euro l'anno. La spesa complessiva per questa voce è stimabile in una decina di

milioni di euro o poco più, somma comunque di fatto inin uente ai fi ni dei miracolistici risparmi che molti

pensano possano derivare dalla nuova logistica.

Foto: Marianna Madia

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La richiesta del presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa Locazioni da detassare Prevedere un intervento nella «local tax» GIORGIO SPAZIANI TESTA* In questi giorni si parla con insistenza dell'architettura della nuova fiscalità locale. Da un lato, vi è l'impegno

del presidente del consiglio a eliminare la tassazione sulla prima casa, e cioè sull'unità immobiliare che il

proprietario utilizza come dimora abituale. Dall'altro, vi è il proposito del governo di varare la cosiddetta

«local tax», vale a dire il nuovo tributo locale sostitutivo di Imu e Tasi. Sul primo aspetto, va accolta

positivamente la conferma del presidente Renzi, avutasi negli interventi alle manifestazioni di Rimini e di

Pesaro, dell'impegno a eliminare ogni tipo di imposizione (sia Imu sia Tasi, ha detto il premier) su tutte le

prime case («per tutti», ha detto Renzi). Si tratta di una doppia sottolineatura importante, che consentirà di

eliminare una grave discriminazione che attualmente colpisce alcune tipologie di immobili, quelli inquadrati

nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Abitazioni che, anche se «prime case», sono ora soggette sia

all'Imu sia alla Tasi, addirittura con un'aliquota massima pari al 6,8 per mille (contro il 3,3 delle altre

categorie catastali). Si tratta di immobili impropriamente defi niti «di lusso», essendo diversissimi fra di loro

per effetto dell'impostazione stessa del nostro catasto, e proprio per questo distribuiti sul territorio nazionale

in modo del tutto disomogeneo. In ogni caso, se la scelta è quella di sottrarre a tassazione la «prima casa»,

non vi è ragione di operare distinzioni nell'ambito degli immobili abitati dai proprietari, tantomeno con

l'irragionevole sistema di cui s'è detto. Il secondo tema, connesso al primo, è quello del varo della «local

tax». Se il nuovo tributo manterrà l'impostazione delle attuali Imu e Tasi, quella, cioè, di imposta di natura

patrimoniale, esso dovrebbe al minimo porre rimedio alla fortissima penalizzazione subita dall'affitto,

abitativo e non, a partire dal 2012. «Al minimo», perché l'esigenza di ridurre la tassazione riguarda tutti gli

immobili, considerato che essa si è quasi triplicata ed è ora più che doppia rispetto alla media europea.

Mentre vi è persino il rischio che l'eliminazione dell'imposizione sulla «prima casa» si accompagni ad

aumenti, palesi o occulti, sugli altri immobili. Rispetto al 2011, ultimo anno di applicazione dell'Ici,

un'abitazione affittata con contratto «libero» paga oggi il 160% in più di imposte patrimoniali (poi ci sono

quelle sul reddito da locazione). In caso di contratto «concordato», e cioè a canone più basso di quello di

mercato, l'aumento sfi ora addirittura il 300%: per queste locazioni, dunque, la tassazione si è addirittura

quadruplicata, nonostante si tratti di quelle riguardanti le fasce deboli. Anche per gli immobili non abitativi,

ove, oltretutto, non si applica la cedolare secca, la situazione è gravissima. Le imposte statali e locali (ben

7) erodono fi no all'80% del canone. Percentuale che arriva a sfi orare il 100% se alle tasse si aggiungono

le spese, che la legge riconosce fiscalmente nell'offensiva misura del 5% (codificando così, di fatto, il

principio della tassazione finanche dei costi di produzione di un reddito). Senza considerare il rischio

morosità, sempre più elevato. Nel settore abitativo, l'assenza di redditività porta alla progressiva riduzione

dell'offerta di abitazioni in locazione, particolarmente grave in un paese, come l'Italia, in cui l'affi tto è da

sempre assicurato dai tanti piccoli risparmiatori dell'immobiliare. Non si può pensare che ciò non abbia

conseguenze, considerando anche lo stato in cui versa l'edilizia pubblica. Nel settore non abitativo, gravato

anche da una legislazione vincolistica fuori dal tempo, la prospettiva è altrettanto inesorabile: aumento dei

locali sfi tti, chiusura di attività economiche, perdita di posti di lavoro. Se si vogliono impedire conseguenze

sociali ed economiche disastrose, peraltro già in atto, è necessario che la «local tax» preveda un intervento

di detassazione dell'affitto. Equità e buon senso richiederebbero che fosse del tutto abolita l'imposizione

patrimoniale sulle case date in affi tto come abitazioni principali (le «prime case» degli inquilini) e

fortemente ridotta quella su tutti gli altri immobili locati, eventualmente attraverso deduzioni dall'imposta sul

reddito. Un segnale in tale direzione è comunque indispensabile, e lo si potrebbe dare con limitatissime

risorse. Il governo ha intenzione di affrontare questa emergenza? * presidente Confedilizia © Riproduzione

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Foto: Giorgio Spaziani Testa

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Ue guastafeste: «La Tasi non si cancella» Olivia Posani ROMA STAVOLTA Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan sembrano crederci davvero: l'Italia può

cogliere una ripresa dai contorni più nitidi di quelli visti finora. Ad aver riportato il buon umore a Palazzo

Chigi e al ministero dell'Economia non sono solo i dati di giugno su Pil e occupazione, ma anche le prime

elaborarazioni sul terzo trimestre dell'anno, che si preannunciano molto buone. A guastare la festa è però

Bruxelles, che non vuole sentir parlare di riduzioni fiscali sulla prima casa. Si vedrà. Per ora resta il fatto

che luglio, agosto e settembre ci dovrebbero regalare un aumento del Pil non da prefisso telefonico. Si

parla della possibilità di veleggiare intorno all'1,2% grazie alla forte ripresa del turismo. Se così fosse a fine

anno non solo la crescita potrebbe essere un po' più robusta dello 0,7% previsto dal Def, ma diminuirebbe

anche il deficit, visto che la differenza tra entrate e uscite dello Stato va rapportata all'andamento del Pil: se

il denominatore cresce, il numeratore diminuisce. Ieri Renzi e Padoan hanno fatto il punto della situazione

in vista della nota di variazione del Def, da approvare entro il 20 settembre. Per una volta ci potrebbe

essere una correzione al rialzo invece che al ribasso. Insomma, non è escluso che il Pil 2015 venga fissato

allo 0,8% invece che allo 0,7%. E poi, questo il ragionamento del governo, nel 2016 si potrebbe sfruttato il

combinato disposto di Giubileo, minore spesa per interessi, nuova flessibilità per gli investimenti (mai

utilizzata). In totale si potrebbero liberare risorse per 8-10 miliardi. Il terreno però è molto sdrucciolevole.

Bruxelles lo scorso maggio ci ha concesso 6,4 miliardi di flessibilità legata alle riforme. Ora Roma vorrebbe

strappare altri 5 miliardi legandoli agli investimenti cofinanziati dall'Europa. Fonti Ue per il momento si

limitano a osservare che il Belpaese «ha già fatto progressi» nelle riforme, ma «è essenziale che non si

perda lo slancio». Nessuna parola sugli investimenti. Ma i contatti sulla nuova flessibilità sono in corso. Più

complessa la partita sugli sgravi fiscali per la prima casa promessi da Renzi. La proposta, ricordano le

solite fonti Ue, è contraria alle raccomandazioni: «Abbiamo letto i recenti annunci sulle tasse in Italia, ma

non avendo dettagli sui piani non possiamo fare commenti», però «è ben noto che il Consiglio ha

raccomandato che l'Italia sposti sugli immobili e i consumi il carico fiscale che grava su lavoro e capitali».

UNA PRESA di posizione a cui reagice duramente il sottosegretario Sandro Gozi: «Le fonti anonime di

Bruxelles dovrebbero con maggiore impegno affrontare il dramma delle morti nel Mediterraneo e dei treni

carichi di migranti. Il governo ha tutta l'autorevolezza per proseguire in autonomia il percorso riformatore e

quindi anche le modalità con cui decidere riforma del fisco e taglio delle tasse».

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ECONOMIA PUBBLICA ETERRITORIALE

33 articoli

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Renzi: il Paese si è rimesso in moto, l'Italia nel gruppo di testadell'Europa «Non siamo ancora la maglia rosa ma le riforme servono. Io non mi accontento» Mario Sensini ROMA «Cresce il pil, crescono gli occupati, meno disoccupazione. Le riforme servono». Il presidente del

Consiglio, Matteo Renzi, commenta così i nuovi dati dell'Istat sull'economia. «Non siamo ancora la maglia

rosa, non siamo quelli che crescono piu' di tutti, ma siamo tornati nel gruppo dei Paesi di testa europei,

anche se non mi accontento: voglio che l'Italia torni a essere il punto di riferimento dell'economia europea

e, e per farlo serve l'aiuto di tutti» dice Renzi.

Intanto l'economia, grazie al turismo, la produzione industriale, l'Expo, «si è rimessa in moto» dice Renzi.

«Quello che è fondamentale è che tutti insieme diamo una mano perché l'Italia torni a crescere, cosa che

negli ultimi anni non ha fatto. È come se avesse bucato una ruota e il gruppo dei paesi europei andava

molto più forte». E poi aggiunge: «Se fossi segretario di un sindacato sarei contento che c'è più lavoro

stabile». La revisione al rialzo della crescita, intanto, rende un po' più facile la messa a punto della manovra

di finanza pubblica del 2016, alla quale il premier ha iniziato a lavorare da ieri, gomito a gomito, con il

ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Nonostante la necessità di recuperare oltre 25 miliardi, a

Palazzo Chigi e al Tesoro sono sereni. «Con stime ragionevoli e affidabili, le finanze pubbliche sono sotto

controllo e ci permettono di dare respiro alla manovra» ha detto ieri Padoan, confermando l'intenzione di

varare nuove misure espansive.

Con la revisione dell'Istat, la crescita dell'economia è ora allineata alle previsioni e la finanza pubblica non

desta preoccupazioni. Il fabbisogno dei primi otto mesi è sceso di oltre un terzo rispetto al 2014, ma

soprattutto vanno bene il gettito fiscale (+1,3 mld rispetto ad agosto 2014), e la spesa per interessi (-1

miliardo), riassorbite le tensioni di inizio estate, continua a ridursi in modo consistente.

L'obiettivo di finanza pubblica del 2015, la riduzione del deficit al 2,6% del pil, non è a rischio, e per il 2016

è attualmente confermata un'ulteriore riduzione all'1,8%. Potrebbe limitarsi all'1,9% (quindi uno 0,1

aggiuntivo) se il Governo chiedesse alla Ue di attivare la clausola che esclude dal deficit il computo degli

investimenti per cofinanziare i progetti Ue, ma difficilmente l'Italia potrebbe ottenere di più, dopo il bonus di

0,4 punti già avuto grazie alle riforme. Una parte delle risorse, per giunta, servirebbero per finanziare sgravi

fiscali, come quelli sulla casa promessi da Renzi, che la Ue non ha mai condiviso. La politica fiscale è

competenza nazionale, ma da tempo Bruxelles suggerisce all'Italia, per recuperare competitività, di

spostare progressivamente il peso della tassazione dai fattori della produzione, e segnatamente dal lavoro,

al capitale, e dunque al patrimonio.

Gli sgravi sulla casa costerebbero 4,5 miliardi. Il governo vuole anche disinnescare i previsti aumenti Iva

(16 miliardi), poi dovrà trovare nuovi fondi per l'indicizzazione delle pensioni, i contratti del settore pubblico,

l'eventuale conferma della decontribuzione sulle nuove assunzioni. La spesa si aggira tra i 25 e i 30

miliardi, mentre sull'altro piatto della bilancia ci sono poco più di 15 miliardi. Dieci arriveranno dalla

revisione della spesa, circa 6,5 saranno recuperati, grazie alla clausola sulle riforme, lasciando correre il

disavanzo.

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L'Italia in ripresa Corriere della Sera Fonte: Eurostat ed Istat 1 -1 -2 -3 2 = Italia = Euro area (19 Paesi) =

due trimestri consecutivi in cui l'Italia è cresciuta di più o come la media dell'Euro area Tasso di crescita

congiunturale del Pil (Variazione % rispetto al trimestre precedente) 11,6 11,8 12,0 12,2 12,4 12,6 12,8

13,0 13,2 Tasso di disoccupazione (Da luglio 2014 a luglio 2015, valori in %) 12% 0 1995 1996 1997 1998

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 37

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1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 lug ago set

ott nov dic gen fed mar apr mag giu lug

La vicendaLa revisione al rialzo della crescita dovrebbe

dare maggiori margini di manovra

di finanza pubblica È sceso il fabbisogno di oltre un terzo rispetto al 2014 ed è aumentato

il gettito fiscale

Foto: Il premier Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

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L'intervista «Pensioni, la riforma non è a costo zero» Poletti: penalizzazioni più leggere per la flessibilità. Lavoro, presto un dato unico Lorenzo Salvia ROMA «Sono contento che la disoccupazione giovanile sia scesa al 40 per cento e non sia più al 42. Sarei

più contento se scendesse ancora, diciamo al 37 per cento. Ma sempre di numeri alti parliamo. E allora c'è

un altro pezzo di riforma del lavoro che bisogna fare». Camicia bianca, abbronzatura discreta, Giuliano

Poletti ha sulla scrivania gli ultimi dati dell'Istat. Aveva detto di non voler parlare di pensioni, perché di

«carne al fuoco ne abbiamo già parecchia». Ma quando arriva la domanda non si tira indietro. Perché - al di

là di percentuali, tabelle e regole sui contratti - il vero tema è questo. E lui lo sa.

Ministro, lei dice che manca ancora un pezzo di riforma. Intende i quattro decreti delegati del Jobs act?

«Anche quelli ma non solo. Bisogna reintrodurre un certo grado di flessibilità sulle pensioni. Perché tenere

le persone dentro le aziende è uno dei fattori che impedisce ai giovani di trovare un lavoro. E una delle

cause per cui le aziende stesse faticano a tenere il passo con un mondo sempre più veloce».

Finora, però, la linea del governo è che la flessibilità deve essere a costo zero per lo Stato. Il lavoratore

esce prima ma solo a patto di prendere una pensione molto più bassa.

«Secondo me non deve essere per forza a costo zero, le penalizzazioni non possono essere insostenibili.

Bisognerà fare un ragionamento complessivo nel governo, tenendo a mente che quello non è solo un

intervento sulle pensioni. E che, come obiettivo laterale ma non meno importante, ha quello di aiutare

l'occupazione giovanile».

Quale potrebbe essere una modifica sostenibile per i conti dello Stato?

«Non si può tornare alle regole che avevamo prima della legge Fornero. Vedremo, discuteremo. E credo

che, in termini nuovi, bisogna riprendere in mano anche la questione della staffetta generazionale».

Se ne parla fin dai tempi del governo Letta. Ma alla fine non se ne fa mai nulla, perché costa molto oppure

è troppo complicato. Perché stavolta dovrebbe andare diversamente?

«Perché sulle riforme dobbiamo accelerare. Non dobbiamo lasciarci sfuggire l'occasione di un quadro

generale che sta finalmente migliorando».

Bastano i nuovi dati su occupazione e Pil per dire che il peggio è passato?

«Quei numeri ci confermano una ripartenza che, certo, non ha il ritmo che tutti vorremmo ma segnano

anche la fine del periodo più difficile dal Dopoguerra in poi. E certificano l'aumento dell'occupazione stabile,

che noi avevamo già anticipato negli ultimi mesi con i nostri dati sulle comunicazioni obbligatorie»

Crescono gli occupati, cala la disoccupazione. Ma ci sono anche dati meno incoraggianti come l'aumento

degli inattivi e il calo degli investimenti. Come mai?

«Usciamo da una crisi di sette anni. È inevitabile che si senta ancora la coda della recessione e ci siano

numeri apparentemente contraddittori. Adesso di Grecia non si parla più ma tre mesi fa sembrava la fine

del mondo. Questo, ad esempio, sugli investimenti può aver influito».

Il presidente di Confindustria dice che il dato è positivo ma il merito è dei famosi fattori esterni e cioè...

«Non è solo merito del calo del prezzo del petrolio e di Mario Draghi. I fattori esterni aiutano ma da soli non

bastano. Le riforme le abbiamo fatte».

Susanna Camusso invita a fare attenzione alla propaganda e chiede a Renzi di tornare con i piedi per terra.

«E lui i piedi per terra ce li ha: non abbiamo bisogno di enfatizzare ma nemmeno di autolesionismo. Resta

il fatto che stiamo colmando progressivamente la distanza con gli altri Paesi europei».

Ammetterà che in questi mesi il governo ha avuto una certa ansia da comunicazione.

«Sono stati i giornali a chiederci di diffondere ogni mese i dati sull'occupazione che prima venivano dati

ogni tre mesi. Adesso ci dite che ne diamo troppi. Per carità, liberi di cambiare opinione, però...».

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 39

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Come è stato possibile fare quell'errore la settimana scorsa? Oltre un milione di contratti cessati non presi

in considerazione.

«A chi fa può capitare di commettere errori, come ministro me ne assumo la responsabilità. Entro pochi

mesi, però, cominceremo a diffondere una comunicazione coordinata, mettendo insieme i dati del

ministero, dell'Istat, dell'Inps e dell'Inail».

Avete deciso come modificare il taglio dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato?

«La discussione è ancora lunga. Credo che, facendo i conti con le risorse disponibili, sia comunque

necessario garantire lo sconto a tutte le assunzioni stabili».

Quindi non solo per le assunzioni aggiuntive o per quelle nel Mezzogiorno, come pure era stato ipotizzato.

Mi sta dicendo che ridurrete progressivamente la durata dello sconto rispetto ai tre anni di adesso?

«L'obiettivo che ci poniamo è chiaro: il tempo indeterminato deve tornare a essere il modo ordinario di

assumere e quindi costare strutturalmente meno degli altri contratti».

E sulla sorveglianza dei lavoratori con le telecamere, nodo degli ultimi decreti sul Jobs act, come finirà?

«L'importante è che la soluzione garantisca certezza di regole e pieno rispetto della privacy ».

Par di capire che la mediazione sia questa: le immagini registrate con le telecamere sono utilizzabili anche

per il licenziamento. Ma se l'azienda viola la privacy ci sono sanzioni penali.

«È una delle ipotesi, ma la decisione finale la prenderemo collegialmente».

lorenzosalvia

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Il tempo indeterminato deve essere il modo ordinario di assumereNon si può tornare alle regole che avevamo prima della legge Fornero

Presto diffonderemo un dato unico tra ministero, Istat, Inps e Inail

Foto: Il ministro

del lavoro e delle politiche sociali

Giuliano

Poletti,

63 anni

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 40

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In vigore da oggi le nuove regole sui controlli fiscali Andrea Carinci Entrano in vigore oggi le disposizioni, attuative della delega fiscale, su certezza del dirittoe raddoppio dei

termini per l'accertamento. Debuttano così nuove modalità per difendersi dalle pretese del fisco sia nella

fase della verifica verae propria sia in quella del contenzioso. pagina 33 L'entrata in vigore, prevista per

oggi, del decreto legislativo 128/2015 sulla certezza del diritto solleva un delicato problema interpretativo. In

base al comma 5 dell'articolo 1, con cui è stato inserito il nuovo articolo 10­bis nello Statuto dei diritti del

contribuente che regola l'abuso del diritto, la nuova disciplina avrà efficacia a partire dal primo giorno del

mese successivo all'entrata in vigore del decreto: ossia dal 1° ottobre. L'obiettivo del posticipo Posticipando

gli effetti del nuovo regime si intende fare salvi sia gli atti pregressi, già notificati, sia quelli che, in fase di

chiusura, lo saranno entro fine mese; tuttavia questo proposito si scontra con il rilievo che la nuova

disciplina non fa altro che tradurre in regole scritte principi già immanenti nell'ordinamento: dall'obbligo del

contraddittorio, al legittimo risparmio d'imposta, fino alla figura stessa di abuso del diritto (si veda anche «Il

Sole 24 Ore» di ieri). Con la conseguenza che, se queste regole costituivano già prima principi immanenti,

devono trovare applicazione indipendentemente dall'efficacia della norma la quale,a questo punto, ha

valenza meramente ricognitiva (almeno per questi profili). L'irrilevanza penale La questione si pone in

termini differenti con riferimento al nuovo comma 13 dell'articolo 10bis, per il quale «le operazioni abusive

non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle

sanzioni amministrative tributarie». In questo modo si introduce una peculiare disciplina sulla rilevanza ai

fini sanzionatori delle fattispecie di abuso del diritto, che presenta indubbi profili di novità. Tralasciando la

questione della rilevanza dell'abuso ai fini delle sanzioni amministrative, una riflessione va fatta sulla non

rilevanza dell'abuso ai fini penali. Perché qui la disciplina è certamente innovativa: non solo perché la più

recente giurisprudenza di Cassazione è pervenuta ad affermare la rilevanza penale anche dell'abuso del

diritto (n. 3307/14), quanto e soprattutto perché, per effetto dell'assorbimento nell'abuso anche delle ipotesi

di elusione, riconducibili all'articolo 37­bis del Dpr 600/73, l'irrilevanza penale finirà per coprire anche queste

ultime. Ossia anche ipotesi che, sem­ pre secondo la giurisprudenza di Cassazione, in modo abbastanza

pacifico si ritiene che possano integrare vicende penalmente rilevanti (n. 13039/14; n. 15186/14). Il dubbio

interpretativo Da qui il dubbio interpretativo se possa essere invocata o meno la regola del favor rei,

codificata all'articolo 2, comma 2 del Codice penale, ai sensi della quale «Nessuno può essere punito per

un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato». Il dato letterale sembrerebbe imporre la

conclusione negativa, dal momento che, per il comma 5 dell'articolo 1 del decreto legislativo, la nuova

disciplina - e quindi anche il comma 13­ non torna applicabile alle operazioni per le quali entro il mese di

settembre risulti notificato l'atto impositivo. Argomenti di ordine sistematico, tuttavia, suggeriscono la

soluzione opposta. La Corte europea dei diritti dell'uomo, giàa partire dal caso Scoppola­Italia del 17

settembre 2009,è pervenuta, attraverso un'interpretazione dinamica ed evolutiva dell'articolo7 Cedu,a

riconoscere il principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite «quale ulteriore proiezione del

nullum crimen sine lege». La Corte costituzionale (n. 236/2011), allo stesso tempo, pur escludendo una

tutela costituzionale piena al principio di retroattivita della lex mitior, si mostra non di meno ferma nel

ritenere legittime le deroghe a questo principio solo qualora appaiano giustificate alla stregua dell'articolo 3

della Costituzione; ciò, sull'assunto che non è tollerabile che vengano puniti in maniera differenziata

soggetti responsabili della medesima violazione solo in ragione della diversa data di commissione del reato.

L'archiviazione Tutto questo per concludere che, se già non provvede il Pm ad archiviare una notizia di

reato fondata su un'ipotesi di abuso del diritto, il contribuente può sollecitare, successivamente alla notifica

dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 bis del Codice di procedura penale,

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l'archiviazione sulla base degli argomenti sistematici sopra ricordati. Con la consapevolezza, tuttavia, che

trattandosi di argomenti di mero diritto, sistematici, non è assolutamente scontato che il Pm li accolga - né è

obbligato a darne conto nell'eventuale rinvio a giudizio - sicché andranno del caso riproposti nel processo.

Le linee guidaLA PAR CONDICIO L'ARCHIVIAZIONE I TERMINI LA CONVENIENZA LA CERTEZZA DEL DIRITTO La

legge prevede che «le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali

tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie». Sulla non rilevanza

dell'abuso ai fini penali la disciplina è certamente innovativa: non solo perché la più recente giurisprudenza

della Cassazione ha riconosciuto la rilevanza penale anche dell'abuso del diritto, ma soprattutto perché, per

effetto dell'assorbimento nell'abuso anche delle ipotesi di elusione, l'irrilevanza penale finirà per coprire

anche queste ultime. Ossia anche ipotesi che, sempre secondo la Cassazione, possono integrare vicende

penalmente rilevanti Se è vero che, per effetto dell'assorbimento nell'abuso anche dell'elusione, l'irrilevanza

penale finirà per coprire anche quest'ultima, la conseguenza sarà l'archiviazione dei procedimenti in corso.

E così, se non sarà il Pm ad archiviare la notizia di reato fondata su un'ipotesi di abuso del diritto, il

contribuente, dopo la notifica della conclusione delle indagini preliminari, potrà a sua volta sollecitare

l'archiviazione. Ben sapendo, tuttavia, che, trattandosi di argomenti di mero diritto, sistematici, non è

assolutamente scontato che il Pm li accolga - né è obbligato a darne conto nell'eventuale rinvio a giudizio -

cosicché dovranno essere eventualmente riproposti nel processo

IL RADDOPPIO DEI TERMINI

Per gli inviti a comparire e i pvc emessi entro il 2 settembre il raddoppio opera anche se la denuncia è

trasmessa dopo la scadenza del termine di accertamento, a condizione che questo sia notificato entro fine

anno: gli effetti degli atti sono salvi anche se il contribuente definisce nel frattempo la pretesa. La salvezza

degli effetti riguarda: avvisi di accertamento, irrogazione di sanzioni e altri atti con i quali le Entrate fanno

valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, se notificati al 2 settembre 2015; inviti a comparire notificati

al 2 settembre 2015 e processi verbali di constatazione di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza

entro la stessa data, se i relativi atti sono notificati entro il 31 dicembre 2015 Il contribuente potrà valutare la

convenienza ad anticipare la notifica dell'accertamento facendo ricorso a un istituto deflativo del

contenzioso. Ad esempio, si potrà avvalere, in relazione ai pvc, del "vecchio" istituto dell'adesione (che

deve essere "integrale" e richiede il versamento delle sanzioni ridotte a un sesto del minimo) ovvero del

"nuovo" ravvedimento operoso (che può anche essere "parziale" e implica il versamento delle sanzioni

ridotte a un quinto del minimo). In caso di definizione integrale dei rilievi non sarà più emanato

l'accertamento ma si verificherà ugualmente la condizione richiesta ai fini del raddoppio dei termini,

essendosi "cristallizzata" la pretesa tributaria

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Le vie della ripresa L'impatto sui giovani Tra gli under 25 i senza lavoro scendono al 40,5%, il dato piùbasso da luglio 2013 I nuovi indicatori sul lavoro L'Istat annuncia che dal prossimo comunicato forniràmensilmente nuovi indicatori L'EMERGENZA OCCUPAZIONE La disoccupazione scende al 12% a luglio Gli occupati salgono di 44mila unità, ma aumentano gli inattivi (+99mila) SUD Non si attenua il divario traNord e Sud tanto che il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno risulta quasi il triplo di quello del Nord Rossella Bocciarelli ROMA Dopo un'estate di scarsa chiarezza per le cifre relative al mercato del lavoro, l'Istat ha pubblicato ieri

i nuovi dati. E la rilevazione mensile contiene molte notizie rasserenanti: a luglio il tasso di disoccupazione

è finalmente calato, di 0,5 punti percentuali, scendendo al 12%e riportandosi così ai livelli del luglio 2013. I

dati italiani vanno inseriti in un contesto di miglioramento che riguarda tutta l'eurozona: il tasso di

disoccupazione della zona euroè infatti scesoa luglio sotto l'11% della forza lavoro e per avere un dato

migliore bisogna andare a ritroso nel tempo fino al febbraio 2012 quando i senza lavoro nei paesi della

moneta unica eranoa quota 10,9%.I tassi di disoccupazione più bassi trai 19 paesi della zona euro sono

quelli della Germania (4,7%), di Malta (5,1%) mentre i più elevati sono quelli relativi alla Grecia (25,0% a

maggio, ultimo dato disponibile) e in Spagna (22,2%). Tornando all'Italia, l'Istat annuncia che «con

l'obiettivo di fornire una infomazione sul mercato del lavor più ricca di contenuti,dal prossimo ciomunicato

stampa fornirà mesilmente nuovi indicatori, unitamente a intervalli di confidenza». Intanto, il numero dei

disoccupati è diminuito di 143mila unità nell'arco di un mese. E il calo della disoccupazione riguarda, in

particolare,i giovani 1524enni. Per gli under 25, il tasso di disoccupazione è sceso al 40,5%, con riduzione

di 2,5 punti percentuali rispetto al mese precedente: è il dato più basso, sempre dal luglio del 2013, quando

la disoccupazione giovanile era pari al 39,9%. In crescita anche l'occupazione, con un tasso che sale al

56,3%, ri­ portandosi ai livelli del novembre 2012. In un mese gli occupati sono cresciuti di 44mila unità,e in

un anno, rileva l'Istat, di 235mila. Va ricordato, peraltro, che dopo la leggera crescita in maggio (+0,1%) e il

calo di giugno (­0,3%) in luglio è tornato ad aumentare dello 0,7 per cento anche il numero degli inattivi: si

tratta di 99mila persone in più, prevalentemente donne (la componente femminile è cresciuta dell'uno per

cento mentre quella maschile dello 0,3%, annota l'Istat) che non han­ no o hanno smesso di cercare un

lavoro. Il tasso di inattività è attualmente pari al 35,9 per cento. L'Istat ha diffuso ieri anche dati (non

destagionalizzati) relativi al secondo trimestre 2015 dai quali in ogni caso si ricava che nel secondo

trimestre del 2015 i lavoratori a tempo pieno sono aumentati in misura sostenuta per il secondo trimestre

consecutivo, con un incremento di 139mila unità. Si tratta di un rialzo che almeno fino a giugno è stato

trainato dagli over 50, su cui si fanno ancora sentire gli effetti della riforma Fornero, con l'allungamento

dell'età pensionabile. Non si attenua, invece, il divario tra Nord e Sud, tanto che il tasso di disoccupazione

risulta al Sud quasi il triplo rispetto a quello registrato nelle regioni settentrionali (20,2% contro 7,9%).

Soddisfatto il commento del ministro del Lavoro, che ha messo in evidenza soprattutto il confronto nei

dodici mesi: «L'importanza di questi dati va considerata, in particolare, nella dimensione di lungo periodo­ ha

detto Poletti ­. Su base annua, infatti, gli occupati aumentano di 235.000 unità, i disoccupati sono 217.000 in

meno e le persone inattive calano di 87.000 unità. Conforta, inoltre, la diminuzione del numero dei giovani

disoccupati, che pure rimane molto elevatoe che richiede di fare tutti gli sforzi per migliorare la situazione».

Molto più cauti i commenti sindacali: i dati Istat sono «incoraggianti maè presto per cantare vittoria» scrive il

segretario generale della Cisl Annamaria Furlan in un tweet mentre la Uil fa notare come ancora ci siano

«oltre 3 milioni di disoccupati» e la leader della Cgil, Susanna Camusso, lamenta l'eccesso di

«propaganda».

LA PAROLA CHIAVEInattivi 7 Gli inattivi comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro e cioè non lavorano e

non sono in cerca di un'occupazione (disoccupati). Le forze di lavoro potenziali (definizione introdotta

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dall'Eurostat, 2011), sono costituite dagli inattivi disponibili a lavorare, ma che non cercano attivamente

un'occupazione e dagli inattivi che cercano un'occupazione, ma che non sono disponibili a lavorare

immediatamente

La fotografia dell'Istat 0 500 300 -100 -300 -500 -700 13,2 13,0 12,8 12,6 12,4 12,2 12,0 100 -100 300

200 -200 -300 -400 43,6 43,0 42,4 41,8 41,2 40,6 40,0 22500 22450 22400 22350 22300 22250 22200 I II

2011 I II 2015 I II 2011 12,0% 40,5% I II 2015 OCCUPATI I II III IV 2012 I II III IV 2013 I II III IV 2014 22.479

Tempo pieno I II III IV 2012 Permanenti I II III IV 2013 A termine I II III IV 2014 Tempo parz iale Disoccupaz

ione giovanile (scala dx) Tasso di disoccupaz ione (scala sx) TASSO DI DISOCCUPAZIONE OCCUPATI

PER REGIME ORARIO Luglio 2014-luglio 2015, dati destagionalizzati. Valori assoluti in migliaia di unità

Dati trimestrali anni 2011-2015. Variazioni tendenziali assolute in migliaia di unità L G M A M F G D N O S

A L 2014 2015 Luglio 2014-luglio 2015, dati destagionalizzati Valori percentuali L G M A M F G D N O S A

L 2014 2015 Dati trimestrali anni 2011-2015. Variazioni tendenziali assolute in migliaia di unità

DIPENDENTI PER CARATTERE DELL'OCCUPAZIONE

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Verso la stabilità. Attenzione ma anche cautela in attesa del testo Il «faro» di Bruxelles su tasse casa, tagli alla spesa e coperture LE RACCOMANDAZIONI La commissione ha più volte detto che è preferibile alleggerire prioritariamente lafiscalità sul lavoro e semmai aumentarla sul patrimonio Beda Romano BRUXELLES. Dal nostro corrispondente C'è prudente attesa qui a Bruxelles per la finanziaria del 2016 che

il governo deve approvare a breve. Il dibattito italiano non è rassicurante agli occhi di esponenti comunitari

che dovranno vagliare la legge di stabilità sulla base delle regole europee. Molti apprezzano le promesse

del governo di modernizzare l'economia, ma temono un allentamento di uno sforzo che nel 2016 è già stato

ridotto al minimo: una riduzione dello 0,1% del Pil in termini di deficit strutturale. «Fin tanto che non

riceviamo dal governo italiano la bozza di finanziaria su cui daremo una valutazione non ci esprimeremo

ufficialmente», spiegava ieri un funzionario della Commissione europea. Ciò detto, si percepisce un certo

nervosismo per le ultime dichiarazioni del premier Matteo Renzi, che ha promesso tagli alle imposte per 45

miliardi di euro entro il 2018. Due gli aspetti che l'esecutivo comunitario guarda in particolare: le misure

fiscali e la loro copertura finanziaria. Il presidente del Consiglio ha promesso tagli alle tasse sulla casa. In

più di una circostanza, la Commissione europea ha esortato l'Italia, ma non solo, a ridurre l'imposizione sul

lavoro, aumentando nel caso quella sul patrimonio. In teoria, quindi, l'idea del governo di ridurre le imposte

sulle proprietà immobiliari non piace all'esecutivo comunitario, che preferirebbe invece una riduzione del

costo del lavoro non salariale nel tentativo di aiutare l'occupazione. In questo senso, il governo belga, che

si trova più o meno nella situazione italiana, ha deciso in luglio di ridurre gli oneri sociali sui salari a carico

dei datori di lavoro dal 33 al 25 per cento. L'operazione, pari a 620 milioni di euro, sarà finanziata da un

aumento dell'Iva sulle bollette elettriche (dal 6 al 21%), dall'adozione di una speciale tassa sulle

speculazioni azionarie nel caso in cui il titolo venga tenuto in portafoglio per meno di sei mesi, e da un

incremento dal 25 al 27% della tassazione sui dividendi e sugli interessi. Ciò detto, la scelta sui tagli fiscali

rimane competenza nazionale, purché vi sia la copertura finanziaria. Una riduzione delle imposte in Italia è

considerata positivamente a Bruxelles perché dovrebbe aiutare l'economia, ma deve essere compensata

da un taglio della spesa pubblica. Su questo fronte, la Commissione europea è sempre stata preoccupata.

Negli anni, Roma ha fatto molto per tagliare le uscite dello Stato, ma non a sufficienza tenuto conto

dell'elevato debito pubblico. L'Italia si è impegnata in un disavanzo nel 2015 del 2,6% del prodotto interno

lordo. L'anno prossimo, il deficit dovrebbe scendere all'1,8%, ma l'obiettivo italiano è di fermarsi al 2,2% per

evitare misure troppo restrittive. Nel pubblicare in maggio le sue raccomandazioni, Bruxelles ha dato un

benestare di massima a un aggiustamento ridotto del deficit strutturale dello 0,1% nel 2016, tenuto conto

dell'andamento della congiuntura e delle promesse di modernizzazione dell'economia. Alla luce del dibattito

italiano, il timore a Bruxelles è che l'Italia cerchi nel 2016 di ridurre il deficit strutturale di un ammontare

addirittura inferiore allo 0,1% del Pil, chiedendo un'ulteriore applicazione delle clausole di flessibilità (legate

a riforme economiche e rallentamento congiunturale). Questa scelta sarebbe controversa perché proprio

dall'anno prossimo l'Italia è chiamata secondo le nuove regole europee di ridurre il debito di un ventesimo

all'anno su una media triennale. La prossima valutazione della finanziaria avverrà mentre i paesi

discuteranno di una riforma della zona euro. Tra le proposte di Bruxelles, viè la nascita di un consiglio di

bilancio (European Fiscal Board) che avrà il compito di monitorarei bilanci. Mentre alcuni paesi vedono in

questa istituzione l'embrione di un Tesoro europeo, altri la considerano un modo per meglio controllare i

governi più riottosi. Un'Italia poco impegnata nel risanamento rischia di rafforzare la mano di questi ultimi.

LA PAROLA CHIAVERaccomandazioni 7 Le «Raccomandazioni specifiche per Paese» sono un tassello fondamentale del

considdetto «semestre europeo» del coordinamento delle politiche economiche che è entrato in vigore nel

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2010. Tra la fine di maggio e l'inizio di giugno di ogni anno la Commissione Ue pubblica queste "pagelle"

sulla traiettoria dei conti pubblici dei ventotto Paesi europei, sulle riforme attuate e sui Programmi nazionali

di riforma presentati entro il 15 aprile a Bruxelles. Il documento indica le azioni da intraprendere per ciascun

Paese nei successivi 12­18 mesi.

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Le vie della ripresa I dati Istat sul Pil «Sono sicuramente positivi, l'unica speranza è che ci sia una confermanei mesi successivi» I mercati «Sulla Cina non sono molto preoccupato, abbiamo situazioni favorevoli comeil cambio euro-dollaro» LE PRIORITÀ DELLE IMPRESE «Serve ripresa vera, lo 0,3% non basta» Squinzi: direzione giusta ma la crescita non è merito nostro, dipende da petrolio, dollaro e Qe ZEROVIRGOLA «Per adesso siamo il Paese dello zero virgola, forse la signora Camusso farebbe bene a farequalche riflessione sul perché» Nicoletta Picchio ROMA Ha appena letto i dati Istat sull'andamento, nel secondo trimestre, della crescita del Pil. E li

commenta parlando dal palco della rassegna internazionale delle calzature, theMicam, che si è aperta ieri a

Milano: «Spero sia l'avvio di una ripresa vera. La crescita dello 0,3% non basta, non è merito nostro ma è

dovuta al dimezzamento del prezzo del petrolio, al rafforzamento del dollaro e al Qe». Per Giorgio Squinzi

bisogna andare avanti, e «rapidamente» sulle riforme: «Non abbiamo fatto le pulizie interne, solo così

possiamo far ripartire il paese in modo forte, come merita». I dati Istat, che mostrano un lieve miglioramento

rispetto alle stime precedenti, «sono sicuramente positivi, vanno nella giusta direzione. L'unica speranza è

che ci sia una conferma nei mesi successivi, perché abbiamo visto in passato che un mese è stato positivo

e un altro negativo». E alla domanda se queste nuove indicazioni dell'Istat rappresentino una luce in fondo

al tunnel, il presidente di Confindustria si è detto «più prudente. Anche quando i dati erano negativi non ho

voluto drammatizzare, bisogna aspettare il consolidamento su più mesi». L'istituto nazionale di statistica ha

messo in evidenza un forte divario tra Nord e Sud: un problema di cui, ha sottolineato Squinzi,

Confindustria è cosciente al punto tale che il prossimo Consiglio generale, a fine settembre, si terrà a

Taranto per dibattere di Ilva e del rilancio del Mezzogiorno: «Serve un intervento rapido» e Squinzi nei

giorni scorsi aveva espressamente dichiarato che «un'Italia senza il Sud è un paese più piccolo». Le

riforme sono cruciali per far ripartire il paese: ieri Squinzi ha insistito sulla semplificazione burocratica come

priorità per mettere le imprese in grado di competere. «Occorre un paese più semplice, dove si possa fare

impresa, senza quella manina espressione della cultura anti­impresa che sta frenando la crescita vera e la

ripartenza». Il nodo è il rilancio dei consumi interni. Sulla congiun­ tura internazionale Squinzi non vede

grandi ostacoli: «Sulla Cina non sono particolarmente preoccupato perché abbiamo situazioni favorevoli

come ad esempio il cambio euro­dollaro. Verso le aree del dollaro l'export italiano cresce a doppia cifra e

credo che il mercato americano abbia una capacità di assorbimento superiore rispetto a quello cinese». È

l'Europa che cresce poco e deve ripartire, così come l'Italia. «Le imprese devono andare con più decisione

sui mercati mondiali e bisogna rilanciare la domanda interna. Si può fare», è convinto Squinzi. Ma appunto

serve un «paese normale», non occorrono incentivi o aiuti, ma «un un mercato aperto, dove le aziende

possano investire sul proprio futuro, senza appesantimenti». Un freno «drammatico», lo ripete, è la

complicazione burocratica e la mancanza di normative chiare. «Ripresa e occupazione possono venire solo

dalle imprese: creiamo le condizioni perché possano crescere e svilupparsi», ha concluso Squinzi,

rispondendo alla leader della Cgil, Susanna Camusso, che aveva sottolineato la crescita da zero virgola

dell'Italia: «Forse la Camusso farebbe bene a fare quealche riflessione sul perché». Ieri Squinzi, davanti

agli industriali calzaturieri, ha rilanciato l'importanza di varare una normativa europea sul Made in. A

frenare, ha spiegato il presidente di Confindustria, sono i paesi del Nord, principalmente la Germania. «Per

noi che siamo un paese esportatore invece ­ ha aggiunto Squinzi quella sul Made in sarebbe una normativa

estremamente importante».

LA PAROLA CHIAVEQuantitative easing 7 Con questo termine si intende una politica monetaria ultra­espansiva, varata negli

ultimi anni da molte banche centrali. Dal marzo scorso anche dalla Bce. Il Qe funziona così: la banca

centrale stampa monetae coni soldi "nuovi" compra sul mercato titoli di Statoe altro tipo di obbligazioni.

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Questa manovra ha vari obiettivi. Innanzitutto tiene bassii rendimenti dei titoli di Stato, favorendo il

rifinanziamento del debito pubblico (e indirettamente privato). Inoltre, iniettando liquidità, la banca centrale

cerca di far risalire l'inflazione, attualmente troppo bassa. Infine, stampando moneta, si ottiene l'effetto di

deprezzarla: questo sostiene l'export.

IL GIUDIZIO SULLA RIPRESA La crescita «Spero sia l'avvio di una ripresa vera ­ ha detto ieri Squinzi ­. La

crescita dello 0,3% non basta, non è merito nostro ma è dovuta al dimezzamento del prezzo del petrolio, al

rafforzamento del dollaro e al Quantitative easing». Per Squinzi «bisogna procedere sulle riforme» Il ruolo

delle imprese «Ripresa e occupazione possono venire solo dalle imprese: creiamo le condizioni perché

possano crescere e svilupparsi ­ è stato il monito di Squinzi ­ . Le imprese devono andare con più decisione

sui mercati mondiali e bisogna rilanciare la domanda interna. Si può fare»

Foto: AGF

Foto: Leader Confindustria. Giorgio Squinzi

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Riforma Pa. Il riordino nel decreto che attua la delega Pronto il taglio per le camere di commercio LA STRETTA Nella bozza di Dlgs anche il giro di vite sulle partecipazioni che saranno limitate soltanto aquelle «strettamente indispensabili» IL REGISTRO DELLE IMPRESE La «vigilanza» assegnata alloSviluppo economico e sul diritto annuale nessun «significativo aumento» almeno fino al 2020 Marzio Bartoloni Marco Rogari C'è la conferma del taglio ad almeno 60 camere di commercio (dalle attuali 105) da far partire entro 90

giorni mediante accorpamenti; c'è l'annunciata cura dimagrante dei componenti dei consigli (saranno di

menoe il loro incarico potrà essere rinnovato «per due sole volte») e delle giunte così come delle indennitàe

degli stipendi anche nelle aziende speciali. Ma nella prima bozza di decreto di riordino del sistema

camerale che attua la riforma della Pa ­ la delega è approdata in Gazzetta il 13 agosto scorso ­ non mancano

anche altri interventi meno annunciati. Come il fatto che ci sarà anche il ministero dello Sviluppo economico

a "vigilare" sul registro delle imprese tenuto dalle camere che nella bozza di Dlgs si vedono assegnati

anche nuovi compiti a cominciare dalle «attività di assistenza per la partecipazione delle imprese nella

programmazione e progettazione comunitaria». Il decreto ­ che potrebbe rientrare già nel primo pacchetto

autunnale di misure attuative della riforma Pa ­ chiarisce anche un altro passaggio essenziale: la stretta cioè

sulle partecipazioni delle camere di commercio a enti, consorzi e società che negli anni sono aumentate in

modo esponenziale. Su questo punto la bozza di Dlgs è chiara: le partecipazioni dovranno essere «limitate

a quelle strettamente indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali». E quando possono

essere svolte «in regime di concorrenza» devono essere «limitate alla fase di avvioe fino al conseguimento

di una efficiente gestione e di condizioni di mercato, riducendo al minimo indispensabile lo svolgimento di

attività che possono essere svolte secondo criteri di efficienza da soggetti privati». Insomma un taglio

drastico. Tutto da valutare poi l'impatto di una norma della bozza di Dlgs che potrebbe pesare sui conti

degli enti camerali intervenendo sulla determinazione del diritto annuale a carico delle imprese, che come

previsto dalla riforma sarà ridotto, rispetto agli importi per il 2014, del 35% nel 2015, del 40% nel 2016 e del

50% dal 2017. Ebbene l'articolo4 del decreto attuativo della delega prevede che le «variazioni del diritto

annuale conseguenti alla rideterminazione annuale del fabbisogno» non potranno «in nessun caso»

determinare «almeno fino al 2020, alcun significativo aumento rispetto agli effetti della riduzione

percentuale dei diritti stabilita per l'anno 2016». Il sistema camerale potrà comunque contare su una nuova

voce di finanziamento connessa al «potenziamento dei controlli» e riguaderà la possibilità di incassare una

quota delle sanzioni amministrative pecuniarie «per le materie in cui le camere di commercio sono

individuate quale autorità competente ad adottare la relativa ordinanza». La bozza di decreto apre inoltre le

porte anche alla definizione di standard nazionali di qualità delle prestazioni delle camere di commercio.

Costi standard necessari anche per stabilire le tariffe relative ai servizi obbligatori. Per quanto riguarda gli

accorpamenti­ un fronte sul quale va detto molte camere di commercio hanno già avviato una sorta di

autoriforma in diverse Regioni ­ il Dlgs ricorda come solo con la soglia minima di 75mila imprese nel proprio

bacino di utenza sarà possibile evitare la fusione con un'altra camera. In ogni caso dovrà essere garantita

la presenza di almeno una camera di commercio per Regione, così come sarà possibile mantenerne una in

ogni provincia autonomae città metropolitana. Si potrà anche istituire una camera «tenendo conto delle

specificità geo­economiche dei territori» o conservare quelle nei territori montani più disagiati a patto che

siano rispettati «indicatori di efficienza e di equilibrio economico».

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FISCAL VIEW GLI STRUMENTI E LE STRATEGIE Redditometro al tramonto Ma è una buona scelta? Il meccanismo potrebbe offrire garanzie migliori di altri che vengono usati disinvoltamente Ma come: una volta tanto che si dispone di uno strumento di accertamento più o meno ragionevole, questo

non viene praticamente utilizzato, mentre si continuano a fare rettifiche su presupposti irrazionali (ad

esempio, le società di comodo) oppure basati su presupposti errati (vedi le movimentazioni bancarie

ritenute presunzioni legali), senza contare quelli infondati tout court? È questa la domanda che è lecito

porsi dopo che la Corte dei conti (si veda Il Sole 24 Ore del 22 agosto scorso) ha praticamente attestato il

"de profundis" dello strumento del redditometro. La storia è (dovrebbe essere) nota. Sia la norma del 2010

(decreto legge 78) che il decreto attuativo del redditometro del 24 dicembre 2012 (in particolare,

quest'ultimo) attribuivano notevole rilevanza a una serie di elementi statistici per la determinazione del

reddito complessivo presunto del contribuente. Su queste pagine sono sempre state denunciate tutte le

storture di questa impostazione (soprattutto dopo le ambiguità della circolare n. 24/E/2013). Storture che

successivamente sono state "biasimate" dal garante della Privacy, con il provvedimento del 21 novembre

2013. Così che anche l'agenzia delle Entrate ha dovuto rivedere le sue posizioni, riconoscendo la quasi

impossibilità dell'utilizzo dei valori Istat. Questi ultimi - dopo la successiva circolare n. 6/E/2014 - sono stati

ritenuti applicabili, quindi, a pochissime voci di spesa (spese per manutenzione ordinaria degli immobili,

spese per acqua e condominio, spese relative al mantenimento degli autoveicoli e il fitto figurativo), peraltro

quasi mai rilevanti (come nel caso del fitto figurativo) oppure facilmente contrastabili, dimostrando quanto

effettivamente si è pagato. Per il resto, lo strumento redditometrico risulta fondato sul principio

(ragionevole) della spesa effettiva: cioè sul presupposto che, se si è speso, vuol dire che in qualche modo

(prima) si è guadagnato, oppure che si avevano disponibilità che hanno consentito di spendere.

Chiaramente, il tutto deve svolgersi non con semplici automatismi, ma utilizzando il buon senso nell'ambito

del contraddittorio, specie in relazione alla rilevanza degli investimenti che, evidentemente, non possono

essere attribuiti al reddito presunto dell'anno. Da qui il palese riconoscimento dell'accertamento

redditometrico tra quelli fondati su presunzioni semplici, posta la necessità di adeguamento, nel corso dello

stesso contraddittorio, dei dati in possesso dell'amministrazione alla situazione del singolo contribuente (ad

esempio, deve ulteriormente essere presa in considerazione la tipologia di reddito conseguito dallo stesso

contribuente). In questo modo, l'accertamento fondato sul redditometro risulta certamente credibile, sia per

lo stesso contribuente che avanti al giudice tributario. Eppure, si viene a conoscenza - dopo il documento

della Corte dei conti ­ che lo strumento è stato praticamente accantonato. Meglio, dunque, fare accertamenti

fondati molte volte su un inesistente abuso del diritto (che è servito sostanzialmente a "colorire" in più casi

le rettifiche dell'amministrazione), sull'abusato (questo sì) automatismo delle società di comodo per società

che, in realtà, sono operative a tutti gli effetti sul piano economico, su spese ritenute anti­economiche per i

motivi più strani, sugli studi di settore, i quali non si è ancora capito come vengono elaborati e che

richiedono settimane e settimane di tempo per la compilazione dei relativi modelli. È proprio vero:

presupposti errati e irrazionali portano alla confusione. E la confusione (se "condita" anche da una certa

«disoccupazione intellettuale», come viene definita da Ceronetti) porta sicuramente più gettito rispetto al

buon senso.

Foto: [email protected]

Foto: Dario Deotto

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Controlli. Lo spartiacque del 2 settembre per inviti a comparire e «Pvc» L'accertamento notificato entro fine anno fa sopravvivere il raddoppiodei termini Gianfranco Ferranti esibire o trasmettere atti e documenti e gli invii di questionari, previsti dall'articolo 32 del Dpr 600/1973) e

nei casi in cui la denuncia è stata trasmessa entro l'ordinario termine di accertamento. Per determinare il

momento nel quale gli atti si considerano notificati va tenuto presente che la giurisprudenza costituzionale e

di legittimità ha ritenuto rilevante la data di spedizione o di consegna dell'atto al soggetto incaricato della

notificae non quella di ricezione da parte del contribuente. La formale conoscenza dei processi verbali di

constatazione si verifica, invece, con la sottoscrizione da parte dei contribuenti e la redazione dei relativi

verbali di consegna, non essendo in tal caso richiesta la notifica. La necessità di rispettare un doppio

termine (notifica/conoscenza degli atti entro il 2 settembree notifica dell'accertamento entro il 31 dicembre)

è stata prevista solo per gli inviti a compariree peri pvc. Tali atti sono stati fatti rientrare tra quelli «di

controllo» (cui fa riferimento la legge delega fiscale) ma non costituendo, a differenza degli altri, veri e

propri atti impositivi (pur contenendo la quantificazione della pretesa tributaria), è stata richiesta, a tutela del

contribuente, l'emanazione dei relativi atti di accertamento entro un lasso di tempo relativamente breve.

Nell'arco temporale compreso tra le due date il contribuente potrà valutare la convenienza ad "anticipare" la

notifi­ ca dell'accertamento facendo ricorso a un istituto deflativo del contenzioso. Ad esempio, si potrà

avvalere, in relazione ai pvc, del "vecchio" istituto dell'adesione (che deve essere "integrale" e richiede il

versamento delle sanzioni ridotte a un sesto del minimo) ovvero del "nuovo" ravvedimento operoso (che

può anche essere "parziale" e implica il versamento delle sanzioni ridotte a un quinto del minimo).

L'adesione al pvc solleva il contribuente dalla necessità di eseguire i calcoli per la corretta liquidazione degli

importi dovuti, mentre in caso di ravvedimento tale incombenza spetta al contribuente (il cui compito

potrebbe, quindi, risultare non sempre agevole). In caso di definizione integrale dei rilievi non sarà più

emanato l'accertamento ma si ritiene che si verifichi ugualmente la condizione richiesta ai fini del raddoppio

dei termini, essendosi comunque "cristallizzata" la pretesa tributaria. Se il ravvedimento riguarda, invece,

solo alcuni rilievi, resta ferma la necessità che la notifica dell'accertamento relativo alle contestazioni non

definite avvenga entro la fine dell'anno. Si ritiene che in questi casi il contribuente non abbia convenienza a

"speculare" sull'eventualità, assolutamente improbabile, che gli uffici si "dimentichino" di effettuare la

notifica entro il termine previsto dalla norma. pPer gli inviti a comparire e i pvc emessi entro il 2 settembre

2015 il raddoppio dei termini per l'accertamento opera anche se la denuncia penale è trasmessa dopo la

scadenza del termine di accertamento, a condizione che lo stesso venga notificato entro fine anno. In

questo caso gli effetti degli atti sono fatti salvi anche se il contribuente provvede a definire in questo lasso

temporale la pretesa tributaria. Nell'articolo 2, comma 3 del decreto legislativo 128/2015 è stabilito che la

salvezza degli effetti riguarda i seguenti atti: e avvisi di accertamento, provvedimenti che irrogano sanzioni

amministrative tributariee altri atti impugnabili con i quali l'agenzia delle Entrate fa valere una pretesa

impositivao sanzionatoria, se notificati alla data del 2 settembre; r inviti a comparire emessi ai fini della

definizione dell'accertamento (articolo 5 del decreto legislativo 218/1997) notificati alla data del 2 settembre

e processi verbali di constatazione delle violazioni tributarie (articolo 24 della legge 4/1929) di cui il

contribuente ha avuto formale conoscenza entro la stessa data, se i relativi atti che recano la pretesa

impositiva o sanzionatoria sono notificati entro il 31 dicembre 2015. Questa disciplina transitoria non si

applica, evidentemente, agli atti diversi da quelli espressamente menzionati nella norma (quali gli invitia

fornire datie notizieoa

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CON IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA UE Bilanci, la riforma gioca d'anticipo Antonella Portalupi pagina 34 pMeglio anticipare gli effetti della riforma contabile che recepisce la direttiva 2013/34 per non

trovarsi impreparati agli impatti che questa avrà nei bilanci di apertura 2016. Le innovazioni non

riguarderanno solo la contabilitàe la presentazione del bilancio ma gli effetti coinvolgeranno anche i sistemi

informativi e saranno richieste delle nuove competenze agli operatori. Senza dimenticare che il bilancio del

2016 richiederà di adattare i dati comparativi dell'esercizio precedente e alcune considerazioni sono

necessarie già dall'anno in corso. Anche se la non retroattività delle norme è un principio generale

dell'ordinamento italiano e, dunque, tutte le nuove disposizioni entrano in vigore dal 1° gennaio 2016,

questo decreto impatta i dati di apertura del nuovo esercizio. Quindi, considerando che alcuni nuovi criteri

di misurazione potranno comportare volatilità nel conto economi­ co ­ la valutazione al fair value dei derivati -

e che l'iscrizione/cancellazione di voci di bilancio potrebbero modificare il patrimonio netto di apertura al 1°

gennaio 2016 - fair value, eliminazione delle azioni proprie e dei costi di pubblicità e di ricerca applicata,

abolizione del valore costante delle attrezzature, l'evidenziazione di operazioni con società sottoposte al

controllo delle controllanti ­ risulta ne­ cessario valutare fin da ora gli impatti derivanti dal primo recepimento

della novellata normativa. Rendiconto finanziario già dal 2015 Il nuovo decreto impone la redazione del

rendiconto finanziario dal bilancio 2016 ma, di fatto, il nuovo articolo 2425ter del Codice civile prevede chei

flussi finanziari contenuti nel prospetto si riferiscano all'esercizio in corsoea quello precedente. Dunque si

suggerisce di sottoporre all'approvazione dell'assemblea anche il rendiconto finanziario 2015. Si ricorda

che l'Oic 10 dispone di redigere il rendiconto finanziario già dai bilanci 2014. Qualora l'impresa dovesse

predisporre per la prima volta il rendiconto finanziario nel 2016, potrebbe trovarsi ad affrontare criticità

contabili per individuare i dati comparativi dell'esercizio precedente. La redazione del rendiconto finanziario

non impatta soltanto la contabilità generale e le imprese dovranno stabilire con quali modalità fornire le

informazioni richieste circa il reperimento e l'utilizzo delle risorse monetarie. Per fare questo potrebbero

trovarsi di fronte ad alcune criticità informativee dunque è importante attrezzarsi fin d'ora alla

predisposizione dello schema di rendiconto finanziario e al reperimento delle informazioni circa la

quantificazione dei flussi di cassa generati e assorbiti dall'attività operativa, dall'attività di finanziamento e

dall'attività di investimento. Modifiche agli schemi La normativa introduce diverse novità nelle classificazioni

delle voci di bilancio. Nello stato patrimoniale scompaiono azioni proprie (portatea diminuzione del

patrimonio netto), conti d'ordine e aggi e disaggi di emissione. In compenso si introducono specifiche voci

per i derivati attivi e passivi e per le operazioni intrattenute con le imprese sottoposte al controllo delle

controllanti e, nel passivo, si introduce la riserva per le operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi tra

le voci del patrimonio netto. Nel conto economico gli oneri e i proventi straordinari sono aboliti: dal 2016 in

poi sparisce la classe E del conto economicoei componenti eccezionali saranno spiegati nelle note al

bilancio. Vengono apportate modifiche alle voci dei proventi finanziari per evidenziarei rapporti con le

imprese sottoposte al controllo del controllante e nella classe D del conto economico si introducono gli

oneri e i proventi che derivano dalla valutazione al fair value dei derivati. Queste modifiche comporteranno

impatti concreti fin d'ora, perché le imprese dovranno conformare i propri sistemi informativi per adeguare il

proprio piano dei conti.

Le componenti No - No Aboliti DERIVATI Fair value Fair value AZIONI PROPRIE Abolita classe E Nessun

impatto Costo ammortizzato Variazioni di fair value Variazioni di fair value DERIVATI INCORPORATI

COPERTURA DAL RISCHIO DI FAIR VALUE OPERAZIONI CON IMPRESE SOTTOPOSTE AL

CONTROLLO DELLE CONTROLLANTI ATTREZZATURE INDUSTRIALI E PICCOLI ATTREZZI Nessun

impatto patrimoniale COPERTURA DEL RISCHIO DI VARIAZIONE DEI FLUSSI FINANZIARI •

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Cancellazione voce dell'attivo • Iscrizione della riserva negativa di patrimonio netto Separazione dal

contratto originario e valutazione a fair value Scelta di un nuovo criterio di valutazione Valutazione a fair

value con contropartita il conto economico • Specifiche voci nello stato patrimoniale • Specifiche voci per i i

proventi finanziari Strumento di copertura e operazione coperta sono valutati simmetricamente Interessi

attivi in base al tasso effettivo e non al tasso nominale L'effetto della riforma nel tempo sulle diverse voci

Derivati valutati a fair value con contropartita la riserva di patrimonio netto Quando rigira la riserva si

corregge il costo o il ricavo dell'operazione coperta Evidenza proventi dell'anno e adattamento per dati

comparativi COMPONENTI STRAORDINARI Nessun impatto CONTI D'ORDINE Nessun impatto CREDITI

SORTI DALL'1/1 Nessun impatto DEBITI ASSUNTI DALL'1/1 Nessun impatto TITOLI ACQUISTATI DAL

L'1/1 Nessun impatto SPESE PUBBLICITÀ E RICERCA Cancellazione delle voci Divieto di capitalizzazione

Nessun impatto AGGI E DISAGGI DI EMISSIONE Rimisurati al costo ammortizzato Costo ammortizzato

Ammortamento finanziario Abolito criterio di valutazione costante Plusvalenza/minusvalenza Costo

ammortizzato Ammortamento finanziario Costo ammortizzato Ammortamento finanziario Divieto di

capitalizzazione Costi eccezionali dell'esercizio Impatti di apertura Modifiche ai criteri di valutazione Impatti

sullo schema di conto economico 2016

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Costo ammortizzato. Introdotto nei principi contabili un nuovo modello per quantificare i valori finanziari Debiti e crediti valutati con il «Tir» Il tasso interno di rendimento consente di «giudicare» gli investimenti in relazione a costi o convenienza Il tema degli strumenti derivati ha sempre comportato problematiche di natura contabile soprattutto con

riferimento: 1 alla valutazione dell'effettivo impegno finanziario derivante dalla copertura di uno specifico

rischio finanziario; 1 al reperimento delle informazioni da esporre nella nota integrativa. Tuttavia mentre in

passato per i derivati erano richieste solo delle «informazioni qualificate sugli impegni e sulla gestione dei

rischi finanziari» in futuro costituiranno delle attività e passività finanziarie che impatteranno il conto

economico con oneri e proventi derivanti dalla loro valutazione al fair value. Per non avere brutte sorprese

nei bilanci 2016è importante valutare fin d'ora questo importante cambiamento nei criteri di valutazione. Il

passaggio alla nuova normativa di fatto comporta i seguenti passi da compiere fin da subito: 1 un inventario

di tutti i contratti che soddisfano la definizione di «strumento finanziario derivato» stipulati al fine di coprirsi

dai rischi finanziari o per scopi speculativi; 1 l'adozione di un adeguato sistema di misurazione del valore di

mercato di ogni contratto. Non sarà più sufficiente chiedere alla controparte il mark­to­market dello strumento

finanziario alla data di bilancio. Al contrarioè necessario attrezzarsi fin d'ora per comprendere gli

"economics" delle operazioni sottoscritte, individuare i mercati di riferimento e le modalità di adozione delle

tecniche di va­ lutazione necessari per la misurazione del fair value; 1 l'identificazione di tutti i contratti di

copertura: per essi sarà necessario predisporre l'evidenza della «stretta e documentata correlazione tra le

caratteristiche dello strumento o dell'operazione coperta e quello dello strumento di copertura» richiesta

dalle norme di legge (articolo 2426 comma 1, numero 11bis, Codice civile). 1 l'identificazione dei cosid­ detti

«derivati incorporati», tramite un'approfondita analisi di tutti i contratti sottoscritti dalla società, compresi

quelli di natura commerciale che possono contenere clausole che mitigano o trasferiscono dei rischi

finanziari. Derivati incorporati L'individuazione dei contratti derivati incorporati sarà un processo oneroso

per le imprese perché comporterà l'esame di tutti i propri contratti di vendita, di acquisto, di locazione, di

prestazione, di finanziamento allo scopo di individuare la presenza di elementi che potrebbero modificare

tutto (o una parte) del flusso di cassa atteso, sulla base del variare di un determinato tasso, di un prezzo, di

un indice o di altre variabili non finanziarie. Non sempre il derivato incorporato è frutto di un'ingegneria

finanziaria: talvolta le trattative commerciali messe in atto dagli uffici commerciali creano inavvertitamente

una componente variabile del contratto o una copertura implicita ad un rischio che, di fatto, soddisfa la

definizione di «strumento finanziario derivato». Esso dovrà essere valutatoa fair valuee "scorpora­ to" dal

contratto originario. Costo ammortizzato La riforma contabile introduce un nuovo modello di valutazione nei

principi contabili: il modello del costo ammortizzato, da utilizzare per la valutazione dei crediti, dei debiti e

delle immobilizzazioni rappresentate da titoli. Anche se il nuovo criterio non dà impatti per le operazioni che

non avranno esaurito i loro effetti nel bilancio 2015, dal nuovo anno sarà invece obbligatorio l'utilizzo del

nuovo modello di misurazione. Dal punto di vista pratico il costo ammortizzatoè il criterio attraverso il quale

la rilevazione iniziale di un'attività o di una passività finanziaria si modifica nel tempo per ammortizzare con

un criterio sistematico e finanziario gli oneri e i proventi iniziali sostenuti (maturati). In altre parole il costo

ammortizzato è il metodo che consente di "spalmare" nel tempo la differenza tra il valore iniziale e il valore

di rimborso finale dell'attività o della passività finanziaria, attraverso l'utilizzo di un tasso d'interesse effettivo

che tiene conto di tutti i flussi finanziari del­ l'operazione. Il modello è basato sul tasso interno di rendimento

(Tir) che è una tecnica tipica per la valutazione degli investimenti che permette di esprimere la convenienza

economica di un progetto o il costo effettivo di un finanziamento, consentendo una migliore

rappresentazione delle componenti reddituali. Gli impatti derivanti da questo modello saranno rilevanti: 1 gli

interessi attivi sui titoli immobilizzati saranno imputati al conto economico in base al Tir e non in base al

tasso di interesse nominale; 1 il valore di iscrizione iniziale dei crediti a medio/ lungo termine subirà un

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processo di attualizzazione nei casi in cui non maturino interessi o siano emessi a tassi di favore; 1 i debiti

a medio/lungo termine non saranno più iscritti al valore nominale. I costi accessori per ottenere il

finanziamento (istruttoria, imposte, notaio eccetera) saranno portati a diretta diminuzione del debito e

ripartiti negli esercizi successivi con l'ammortamento finanziario. Inoltre, qualora non maturino interessi o

siano ottenuti a tassi di favore (ad esempio quelli intercompany) dovranno essere attualizzati.

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Cassazione. L'obbligo di mostrare le scritture contabili dura finché è consentito il controllo L'occultamento è reato permanente La condotta delittuosa si protrae a discrezione del contribuente che può farla cessare esibendo ilnecessario Laura Ambrosi Il reato di occultamento delle scritture contabili è di carattere permanente perché l'obbligo perdura fino a

che è consentito il controllo. In assenza di prove sulla distruzione, il contribuente ha infatti il potere di

interrompere la commissione del delitto, semplicemente mostrando la documentazione richiesta. Ad

affermarlo è la Corte di cassazione, sezione feriale penale, con la sentenza 35665 depositata il 26 agosto

2015. A un contribuente erano contestate plurime violazioni tributarie ed era stato ritenuto colpevole dal

giudice di primo grado del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 8 del Dlgs

74/2000), nonché di aver occultato o distrutto la relativa documentazione commettendo così anche il delitto

di occultamento di documenti conta­ bili (articolo 10 del Dlgs 74/2000). La norma prevede, salvo che il fatto

costituisca più grave reato, che è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chiunque, al fine di evadere le

imposte sui redditi o l'Iva, ov­ vero di consentire l'evasione a terzi, occultao distrugge in tutto o in parte le

scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la

ricostruzione dei redditi o del volume di affari. La Corte di appello, in parziale riforma della decisione del

Tribunale, ha dichiarato di non doversi procedere solo in ordine al reato di emissione di fatture false, poiché

estinto per prescrizione. Con riferimento all'occultamento, invece, il giudice ha precisato che si tratta di un

delitto permanente, la cui condotta si protrae fino al momento dellaccertamento fiscale. L'imputato

proponeva così ricorso per Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, l'erronea applicazione della legge

penale in merito al computo del termine per il calcolo della decorrenza della prescrizione. La Suprema

Corte ha confermato la decisione di merito. Secondo l'orientamento di legittimità ormai consolidato,

l'articolo 10 del Dlgs 74/2000 definisce la condotta punibile nella distruzione o nell'occultamento totaleo

parziale delle scritture. La distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento

dell'eliminazione della documentazione; l'occultamento, invece, consiste nella temporanea o definitiva

indisponibilità della predetta documentazione da parte degli organi verificatori e dà luogo a un reato

permanente. L'obbligo di esibizione, infatti, perdura finché è consentito il controllo. Ne consegue che la

condotta delittuosa si protrae nel tempo a discrezione del contribuente, il quale a differenza dell'ipotesi di

distruzione, può «far cessare l'occultamento» semplicemente esibendo quanto necessario. In assenza di

prove dell'avvenuta distruzione dei documenti in un preciso momento, il reato di occultamento diventa

rilevante a decorrere da quando non si adempie all'obbligo di esibizione o di allegazione alla dichiarazione.

Nella specie, dalla data della verifica da parte della Gdf doveva computarsi il decorso del termine di

prescrizione del reato.

LA PAROLA CHIAVEPrescrizione 7 Fino al 17 settembre 2011 i reati tributari si prescrivevano in 6 anni e, in caso di interruzione

(ad esempio, «pvc» o accertamento) in 7 anni e 6 mesi. Dal 17 settembre 2011 sono stati previsti termini

prescrizionali ad hoc e quindi: per la dichiarazione fraudolenta mediante fatture false o con altri artifici, la

dichiarazione infedele, l'omessa dichiarazione, l'emissione di fatture false, l'occultamento e distruzione di

scritture contabili, il termine è di 8 anni; invece, per gli omessi versamenti, l'indebita compensazione e la

sottrazione fraudolenta, il termine è di 6 anni

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I pareri. Le proposte di modifica si basano sul principio di proporzionalità Reverse charge, penalità solo in caso di danno erariale Le Commissioni chiedono anche l'attenuazione degli importi delle multe a carico degli esportatori abituali Lorenzo Pegorin pSanzioni sul reverse charge con proposta di modifica nei casi di mancato danno erariale. È questa una

delle principali richieste formulate dalle Commissioni parlamentari chiamate a fornire il loro parere sullo

schema di decreto che prevede la revisione del sistema penale tributarioe di quello sanzionatorio

amministrativo. In particolare le commissioni Giustizia e Finanze collegialmente riunite sollecitano il

Governo a un nuovo riesame dell'intero impianto sanzionatorio amministrativo proposto nello schema di

decreto, che vada nella direzione di una ancor più efficace graduazione della misura delle stesse sanzioni,

attenuando maggiormente il carico impositivo previsto nei confronti delle ipotesi più lievi di violazione. Nello

specifico, l'intervento più incisivo è sicuramente quello prodotto dalle Commissioni del Senato che

richiamano l'attenzione su tutte quelle fattispecie riconducibili a infrazioni nelle quali ricorrono violazioni con

concorso di colpa non grave da parte dell'autore delle stesse. È stato, infatti, proposto, per meglio

conformare il sistema al principio di proporzionalità ispiratore dell'intera riforma (si veda il pezzo di

apertura), di intervenire in maniera incisiva su tutte quelle ipotesi di violazioni che non comportano

l'emersione di una maggiore imposta a carico del contribuente. Invece delle attuali, le Commissioni

prospettano l'applicazione di una sanzione, peraltro da applicarsi solo nelle casistiche in cui effettivamente

la violazione crea pregiudizio alle azioni di controllo da parte del Fisco, da non rapportare all'imposta, ma

piuttosto da gestire in misura fissa. Le proposte di modifica delle commissioni, con riferimento alle sanzioni

amministrative, si fanno più circoscritte nell'ipotesi di applicazione del reverse charge (attuale articolo 6 co

9bis Dlgs 471/97) dove viene indicato di prevedere una sanzione rapportata all'Iva per il cessionario o

committente della stessa che non assolva correttamente gli adempimenti, solo ove in capoa questi il diritto

alla detrazione dell'imposta relativa a tale operazione sia escluso o limitato. In tutti gli altri casi, secondo la

commissione parrebbe ragione­ vole limitare la sanzione per il comportamento omissivo o scorretto

all'applicazione di un ammontare fisso. Ulteriore richiesta di intervento, suggerita dalle stesse Commissioni

riguarda l'attenuazione della sanzione prevista (nello schema di Dlgs da 250a 2.000 euro) a carico degli

esportatori abituali. Per tali soggetti, parrebbe eccessivo prefigurare una responsabilità sanzionatoria

relativamente a ciascuna operazione in virtù del fatto che per effetto della disposizioni recate dal decreto

semplificazione (Dlgs 175/2014) quest'ultimi debbono solo premurarsi del fatto che l'esportatore abituale

abbia provveduto all'invio della dichiarazione d'intento. Infine si segnala che una proposta di intervento

molto discussa contenuta nello schema di Dlgsè quella che attiene all'introduzione di una sanzione dal 10

al 50% delle somme in caso di mancata o inesatta indicazione da parte dell'imprenditore del soggetto

beneficiario delle somme prelevate nell'ambito dei rapporti finanziari ( nello schema di decreto nuovo

comma 7 bis articolo 11 Dlgs 471/97) . È auspicabile che, come evidenziato anche dalle Commissioni, tale

disposizione venga soppressa in quanto contraria allo spirito della riforma.

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 57

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Delega fiscale. Lo schema di decreto attuativo in attesa di approvazione incide anche sugli istituti deflativiapplicabili prima e dopo l'accertamento Sanzioni amministrative, obiettivo equità Le misure saranno parametrate in base al disvalore scaturito dal tipo di violazione commessa Gian Paolo Ranocchi pPiù che di riforma occorre parlare di razionalizzazione del sistema. È questo quanto emerge dall'esame

dello schema di decreto legislativo, ormai in fase di approvazione, che revisiona il regime sanzionatorio

amministrativo. Principio di proporzionalità Il principio di base che ha mosso il legislatore a intervenire sul

sistema sanzionatorio in generale e in quello amministrativo in particolare, è quello della proporzionalità. Le

modifiche programmate, infatti, mirano a calibrare diversamente le sanzioni irrogabili in funzione del diverso

disvalore che scaturisce dal tipo di violazione commessa. A fronte di violazioni a bassa pericolosità, quindi,

la sanzione irrogabile risulta esser ben più modesta rispetto a quella che caratterizza comportamenti più

pericolosi. L'applicazione concreta del principio di proporzionalità attuato nello schema di decreto legislativo

comporta che, ad esempio, in presenza di una dichiarazione infedele non viene più prevista una sola

sanzione per quanto graduata da un minimo a un massimo, ma la stessa viene rimodulata alla base in

funzione delle caratteristiche della violazione. Se l'infedeltà deriva da condotte fraudolente e come tali,

quindi, particolarmente gravi, la sanzione è aumentata della metà. Se, invece, l'infedeltà è di scarso profilo

e quindi a bassa pericolosità, la sanzione è ridotta a 1/3. In ragione dello stesso principio di proporzionalità,

alcune violazioni che oggi sono sanzionate pesantemente, in quanto ritenute non ad alto disvalore vengono

significativamente ridotte. Sanzioni e istituti deflativi La misura graduata delle sanzioni in relazione alla

gravità delle violazioni commesse si rifletterà anche sull'applicazione degli istituti deflativi previsti dal nostro

ordinamento, con effetti diversi tra istituti applicabili ante e post accertamento. Per la definizione di atti già

formalizzati dall'Agenzia, infatti, la determinazione delle sanzioni ridotte dovute per accedere all'istituto

premiale (si pensi all'accertamento con adesione), è fatta direttamente dalle Entrate e quindi non presenta

particolari criticità. Nell'ambito, invece, delle regolarizzazioni spontanee, la liquidazione del dovuto per

accedere al ravvedimento è calcolata direttamente dal contribuente e quindi sarà egli stesso che, nel caso

concreto, dovrà valutare se vi siano o meno le condizioni per applicare la maggiorazione o la riduzione

della sanzione base. Dato che per le violazioni ordinarie più diffuse in tema di infedele o omessa

dichiarazione, la nuova sanzione minima base prevista dallo schema di Dlgs è più bassa rispetto a quella

oggi in vigore (per l'infedele dichiarazione la sanzione scende dal 100% al 90%, con la possibilità che se le

osservazioni della Commissione parlamentare della Camera saranno recepite, calerà ulteriormente

all'80%), con l'entrata in vigore del Dlgs l'accesso agli istituti premiali nella maggior parte dei casi costerà

meno rispetto a oggi. Entrata in vigore Uno degli aspetti più delicati che caratterizzano la revisione del

sistema sanzionatorio amministrativo è quello che regola l'entrata in vigore delle nuove norme. L'articolo 31

dello schema di Dlgs, infatti, dispone, che «le disposizioni recate dal presente decreto si applicano a partire

dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2017».La bozza di decreto si presenta quindi piuttosto lacunosa

sul punto. Ma gia a fine luglio (si veda «Il Sole 24 Ore» del 28 luglio) il viceministro dell'Economia Luigi

Casero aveva dato rassicurazioni a riguardo, ammettendo che l'indicazione di una data nella validità della

revisione delle sanzioni «nasce da un errore» del Governo. Se per le sanzioni penali il vincolo biennale è

da intendersi già superato, per quanto riguarda le sanzioni amministrative Casero ha spiegato che per

superare la valenza biennale è necessario trovare le coperture economiche. Secondo quanto dichiarato a

fine luglio dal viceministro, la validità biennale delle norme «potrà essere superata durante il dibattito». È

quindi quanto mai auspicabile, come richiesto dalle stesse Commissioni parlamentari, che su questo punto

dello schema si ponga rimedio prima dell'approvazione finale.

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 58

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Il confrontoOMESSA DICHIARAZIONE PRIMA DELLE MODIFICHE Si applica in ogni caso la sanzione dal 120% al

240% delle imposte dovute con un minimo di 258 euro. Se non sono dovute imposte la sanzione varia da

258 a 1.032 euro (2.065 per l'Iva). In ogni caso, le sanzioni applicabili sono aumentabili sino al doppio per i

soggetti titolari di partita Iva obbligati alla tenuta delle scritture contabili (con la riforma possibilità prevista

solo in caso di imposte non dovute) . Ravvedimento operoso con presentazione della dichiarazione nei 90

giorni (possibilità valevole anche post modifica) DOPO LE MODIFICHE Con dichiarazione presentata entro

il termine per quella dell'anno successivo (solo se prima di un controllo fiscale) si applica la sanzione dal

60% al 120% dell'imposta dovuta (minimo 200 euro). Se non sono dovute imposte la sanzione è fissa e

varia da 150 a 500 euro (1.000 per l'Iva). Si conferma invece la sanzione dal 120% al 240% (anche ai fini

Irap) se il modello non viene presentato entro il periodo successivo. In caso di imposte non dovute si

applica la sanzione in misura fissa da 250 a 1.000 euro (2.000 per l'Iva) raddoppiabile solo per i titolari di

partita Iva

INFEDELE DICHIARAZIONE È prevista la sanzione amministrativa dal 100 al 200% dell'imposta dovutao

della differenza di credito utilizzato se con reddito imponibile inferiorea quello accertatoo comunque

un'imposta inferiorea quella dovutao un credito superiorea quello spettante. Per maggiore imposta si

intende sempre la differenza fra quella accertabilee quella liquidabile in seguito al controllo automatico della

dichiarazione. L'errata imputazionea periodo delle componenti reddituali attualmenteè considerata una

violazione che dà luogo all'ordinaria sanzione da dichiarazione infedele La misura della sanzione passa dal

90 al 180% dell'imposta. In caso di condotte fraudolente la sanzione però viene aumentata della metà (dal

135% al 270%). Sanzioni ridotte a 1/3 (quindi passano dal 30 al 60%) se l'imposta accertata è inferiore al

3% di quella dichiarata e comunque non supera 30mila euro e quando l'infedeltà deriva da errori di

competenza (errata imputazione a periodo). Se non c'è danno erariale, l'errore di competenza

sull'imputazione dei costi è sanzionato in misura fissa di 250 euro, salvo il caso delle condotte fraudolente

OMESSA/INFEDELE DICHIARAZIONE DEI CANONI DI LOCAZIONE Se in dichiarazione dei redditi non

sono indicati o sono comunicati in misura inferiore i canoni di locazione immobiliare a uso abitativo le

sanzioni da omessa dichiarazione e da dichiarazione infedele sono raddoppiate. Si applica quindi la

sanzione dal 200 al 400% dell'imposta evasa. In caso di omessa dichiarazione del canone di locazione la

sanzione varia invece dal 240% al 480%. Tali disposizioni non si applicano alle locazioni effettuate

nell'esercizio di impresa arti o professioni La sanzione viene determinata dal 180 al 360% dell'imposta

evasa in caso di dichiarazione infedele del componente di reddito legato al canone di locazione da

dichiarare. In caso di omessa dichiarazione del canone di locazione la sanzione potrà essere dal 240 al

480% dell'imposta ridotte della metà se con presentazione (in ravvedimento operoso) entro l'anno

successivo (purché prima dell'inizio di una verifica fiscale). Tali disposizioni non si applicano alle locazioni

effettuate nell'esercizio di impresa, artio professioni

STUDI SETTORE, OMESSA/INFEDELE PRESENTAZIONE Sanzione in misura fissa pari a 2.065 euro,

per omessa presentazione. Con imposte dovute si applica la sanzione dal 150 al 300% se il maggior

reddito contestato supera il 10% di quello dichiarato; in caso contrario rimane dal 100% al 200% della

maggiore imposta dovuta. In caso di infedele dichiarazione si applica invece la sanzione amministrativa dal

110 al 220% della maggiore imposta dovuta se il maggior reddito contestato supera il 10% di quello

dichiarato. In caso di mancato superamento della predetta soglia la sanzione rimane dal 100% al 200%

della maggiore imposta dovuta Sanzione in misura fissa pari a 2mila euro per omessa presentazione. In

ipotesi di imposte dovute si applica in ogni caso la sanzione amministrativa dal 90% al 180%. Sanzioni

ridotte a 1/3 (dal 30 al 60%) se l'imposta accertata è inferiore al 3% di quella dichiarata e comunque non

supera 30mila euro. In caso di infedele dichiarazione invece la sanzione varia dal 90% al 180%

indipendentemente dall'entità del maggior reddito evaso. Anche qui sanzioni ridotte a 1/3 (dal 30 al 60%) se

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l'imposta accertata è inferiore al 3% di quella dichiarata e comunque non supera 30mila euro

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RISCOSSIONE In breve Assolombarda, a regime il servizio di assistenza nei rapporti conEquitalia Da questo mese diventa permanente il servizio «Desk Equitalia» messoa disposizione da Assolombarda

per le imprese associate. Il servizio si occupa di assistere le imprese nei rapporti con l'agente della

riscossione. Il servizio era stato lanciato in via sperimentale nel 2014: da un'indagine di customer

satisfaction il 96% delle aziende che ha contattato il Desk Equitalia siè dichiarato soddisfatto del servizio

(buono per il 17%, molto buono per il 48% ed eccellente per il 31%)e sempre il 96% valuta positivamente la

capacità del desk di comprendere le sue esigenze (buona per il 22%, molto buona per il 57% ed eccellente

per il 17%). «Abbiamo un obiettivo ambizioso che deve essere raggiunto: un nuovo rapporto tra impresee

Fisco, basato sul confrontoe sulla collaborazione. In questo quadro si inserisce la proficua partnership con

Equitalia», ha spiegato Carlo Bonomi, vicepresidente Assolombarda per Credito Finanza Fisco, secondo

cui «graziea questo servizio 14 aziende hanno già ottenuto la rateazione del proprio debito per un valore di

oltre 27,5 milioni».

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La ripresa c'è risale il Pil disoccupati ai minimi Renzi: "L'Italia è ripartita" Tasse sulla casa, alt della Ue Ma la Cina affonda le Borse ROBERTO MANIA C'ENTRA - un po' - il Jobs act. Ma c'entrano soprattutto la domanda interna e la ripresa degli investimenti in

un contesto internazionale favorevole e forse irripetibile. La mini-crescita del Pil e dell'occupazione italiani si

spiega così. A PAGINA 8 BENNEWITZ, CONTE E SANTELLI ALLE PAGINE 9 E 22 ROMA. C'entra - un

po' - il Jobs act. Ma c'entrano soprattutto la domanda interna e la ripresa degli investimenti da parte degli

imprenditori in un contesto internazionale favorevole e forse irripetibile fatto di deprezzamento del petrolio,

del quantitative easing di Mario Draghi, del rafforzamento del dollaro rispetto all'euro. La mini-crescita del

Pil e dell'occupazione italiani nel primo semestre dell'anno si spiega così. Ora Palazzo Chigi dà per

acquisito un tasso di crescita per il 2015 dello 0,7% (come stimato nel Def, Documento di economia e

finanza) ma ritiene realistico un obiettivo superiore: + 0,8/+0,9%. Decimali certo, ma a un passo dall'1% che

con la doppia recessione che abbiamo alle spalle rappresenterebbe una svolta, tanto più che, diversamente

dal passato, non è più necessaria una crescita superiore al 2% perché si muova verso il basso il grafico

relativo al tasso di disoccupazione. E per il 2016 la stima dell'1,4% del Pil è destinata ad essere ritoccata

all'insù (1,6%?) fin dalla prossima nota di aggiornamento del Def attesa per il 20 settembre.

Pure di questo hanno parlato ieri il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan in

una riunione serale a Palazzo Chigi convocata per avviare la predisposizione della legge prossima legge di

Stabilità da almeno 25 miliardi di euro. Più crescita vuol dire più spazio di manovra per il rispetto dei vincoli

europei. Più flessibilità. Questa è la vera partita che dovrà giocare Renzi. Aver rispettato le previsioni gli dà

qualche carta in più e gli attribuisce più credibilità. Ma la bocciatura che, per quanto informale, è arrivata ieri

da Bruxelles all'annunciato piano di riduzione delle tasse sulla casa (la Commissione europea chiede di

tagliare le tasse sul lavoro e le imprese) è un primo segnale non proprio amichevole. «Sono le burocrazie»,

commentavano ieri con fastidio gli uomini più vicini al premier. Nel secondo trimestre dell'anno l'economia

italiana è andata praticamente alla stessa velocità di quella della Germania (+0,3% noi, +0,4% i tedeschi).

Non accadeva dal 2005.

Anche se poi se si guardano i dati tendenziali (cioè il raffronto annuale tra il 2015 e il 2014) il divario con i

nostri concorrenti resta marcato: +2,6% la Gran Bretagna, +2,3 gli Stati Uniti, +1,6 la Germania, + 1 la

Francia. Le economie dell'area dell'euro in un anno sono cresciute mediamente dell'1,2%, l'Italia dello

0,7%, quasi della metà. È questo il nostro gap. Durante la Grande Crisi il nostro potenziale di crescita è

stato abbattuto. Abbiamo perso circa 500 mila imprese, più di un milione di posti di lavoro, la nostra

capacità produttiva si è ridotta del 25%. Il Fondo monetario ha stimato che ci vorranno vent'anni per

ritornare ai livelli di disoccupazione pre-crisi. È una strada tutta in salita e siamo solo nella fase iniziale nella

quale non si può non rilevare il riassorbimento dei lavoratori in cassa integrazione con un calo di oltre il

30% delle ore autorizzare insieme a quello delle ore effettivamente utilizzate (dal 42% del 2014 al 38%).

Dunque gli investimenti. È qui - come sempre - la chiave, e l'origine, della ripresa. Perché sono le imprese,

e non i governi, a creare il lavoro. Ai governi spetta il compito di disegnare un contesto favorevole, le

famose riforme strutturali (quella del mercato del lavoro, per esempio), ma anche interventi più modesti

come la cosiddetta riedizione della "legge Sabatini" che ha incentivato sul piano fiscale gli investimenti in

macchinari, impianti, beni strumentali. Nel primo trimestre dell'anno (quello precedente all'indagine di ieri)

gli investimenti sono cresciuti dell'1,5% rispetto al periodo precedente. Nel Bollettino economico di luglio la

Banca d'Italia ha parlato di una «forte accelerazione degli investimenti». Non succedeva dal 2008. Tra il

2007 e il 2014 - ha calcolato il Centro studi della Confindustria - gli investimenti fissi lordi si sono contratti

del 30% e la loro quota sul Pil è scesa dal 21,6% al 16,9%. E' stato un tracollo. Il ritorno (debole) degli

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investimenti è legato ad un ripresa (debole) della domanda interna. I dati di ieri dell'Istat segnalano da una

parte una leggera frenata (-0,3%) degli investimenti in termini congiunturali (trimestre su trimestre), proprio

perché c'era stato il micro-boom del trimestre precedente (dovuto soprattutto agli acquisti di mezzi di

trasporto con un +28,7%), ma una crescita altrettanto lieve sull'anno (+0,3%). Se non investono ora, in

questo contesto, le aziende rischiano di non avere futuro. Confindustria si attende per i prossimi mesi una

conferma della crescita degli ordini.

Ma nessuno canta vittoria perché c'è la crisi del gigante cinese che non si sa ancora dove potrà portarci.

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La ripresa Disoccupazione in calo e Pil in accelerazione Ma la Ue avverte l'Italia 1Positivi i dati Istat. Renzi: "Le riforme servono" Bruxelles: giù le tasse sul lavoro, non sulla casa LAGIORNATA (f.s.) ROMA. La disoccupazione che a luglio è calata in maniera decisa, al 12%. Mezzo punto in meno rispetto a

giugno, ai livelli più bassi dall'estate del 2013. Quella giovanile scesa di due punti e mezzo, al 40,5%.

Poi il Pil, che nella prima metà dell'anno è cresciuto con (un po') più di energia, rivisto al rialzo dall'Istat:

+0,4% nel primo trimestre e +0,3 nel secondo, in entrambi i casi un decimo oltre le stime precedenti, +0,7%

sullo stesso periodo del 2014. E infine le famiglie, che tra aprile e giugno sono tornate a spendere, lo 0,4%

in più rispetto ai primi tre mesi dell'anno. Un incremento del genere non si vedeva dal 2010.

Con intensità diverse, ma i dati economici diffusi ieri dall'Istituto di statistica sono tutti intonati in positivo.

Un buon ritorno dalle vacanze, ha commentato Matteo Renzi, che al canonico tweet («le riforme servono»)

ha allegato anche un videomessaggio: «Dopo anni di ritardo, siamo tornati in mezzo al gruppo europeo».

La disoccupazione italiana resta comunuqe sopra alla media dell'eurozona, scesa al 10,9%. E parte del

calo è legato all'aumento degli inattivi, le persone che hanno rinunciato a cercare lavoro, 99mila in più.

Resta il fatto che a luglio gli occupati sono cresciuti di 44mila unità e i disoccupati calati di 143mila:

«Numeri positivi - ha riconosciuto il leader della Cgil Susanna Camusso - ma basta propaganda». Sulla

correzione del Pil si è invece concentrato il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Con le nuove stime la

crescita già acquisita per il 2015 sale allo 0,6%, a un passo da quella prevista del Def per l'intero anno

(0,7%). «Le finanze pubbliche sono sotto controllo e ci permettono di dare respiro alla ripresa», ha

cinguettato il ministro, per cui l'extra sviluppo potrebbe liberare spazi di manovra nella prossima legge di

Stabilità. Una doccia fredda preventiva però è arrivata dalla Commissione europea, che avrà l'ultima parola

sul documento contabile: «Le regole della flessibilità sono già state applicate per l'Italia», ha detto ieri un

funzionario di Bruxelles. Dove anche l'annunciato taglio delle tasse sulla casa suscita perplessità, per ora

espresse in via non ufficiale: «In varie occasioni l'ecofin ha raccomandato a Roma di spostare il carico

fiscale da lavoro e capitale verso patrimonio e consumi, per sostenere i fattori produttivi», ha aggiunto un

alto esponente dell'esecutivo comunitario. In serata la replica del sottosegretario alle Politiche europee

Gozi: «Il governo prosegue con le riforme in piena autonomia».

-2,3

-3,1

La crescita I trim 2012 II trim 2012 -3,1 III trim 2012 -2,7 IV trim 2012 -2,6 I trim 2013 -2 II trim 2013 -1,4 III

trim 2013 -0,9 IV trim 2013 -0,2 I trim 2014 -0,3 II trim 2014 -0,5 III trim 2014 -0,4 IV trim 2014 0,2 I trim

2015 0,7 II trim 2015 Valori concatenati, variazione rispetto all'anno precedente FONTE: Istat

I PUNTI ISOCCUPAZIONE Dopo due aumenti consecutivi, a luglio il tasso di disoccupazione in Italia è

tornato a scendere, al 12%.

Cinque decimi meno rispetto a giugno, nove in meno nei dodici mesi CRESCITA L'Istat ha rivisto al rialzo

l'andamento del Pil nella prima metà dell'anno: +0,4% nel primo trimestre, +0,3% nel secondo. In entrambi i

casi un decimo più delle stime precedenti CONSUMI Tra aprile e giugno la spesa delle famiglie italiane è

cresciuta dello 0,4% rispetto al primo trimestre dell'anno. Si tratta dell'incremento più deciso che l'Istat ha

registrato dal 2010 a oggi

Foto: IL LAVORO L'immagine di un concorso nella pubblica amministrazione di Parma Ieri l'Istat ha diffuso i

dati trimestrali sulla disoccupazione, che rilevano un miglioramento della situazione del mercato del lavoro

nel nostro Paese

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E in tempi di crisi crescono gli impieghi per i lavoratori over 50 I senza lavoro nel mese di luglio sono comunque oltre 3 milioni di cui 600 mila sotto i 24 anni VALENTINA CONTE ROMA. L'Istat corregge il dato di giugno. E i calcoli si impennano. L'occupazione sale, la disoccupazione

scende. Il contrario esatto di quanto l'Istituto di statistica ci aveva raccontato un mese fa. Ma quelle stime

sono «provvisorie» e correzioni di questa portata, raccontano da via Balbo, sono «fisiologiche». Il buon

andamento del mese di luglio annunciato ieri, dopo il ritocco di giugno, ne risulta dunque addirittura

potenziato. Sapevamo che il tasso di disoccupazione era al 12,7%.

Ora scopriamo che è passato al 12. Mentre quello di occupazione dal 55,8% si porta al 56,3%. Un grosso

e positivo cambio di passo. Ma attenzione. Tra le due cifre c'è la correzione Istat (che solo gli addetti ai

lavori vedono). Dunque il ritmo del miglioramento non è così esplosivo, ma c'è.

La disoccupazione poi cala più di quanto non si incrementi l'occupazione. Cosa significa questo? Che non

tutti i lavoratori senza posto ne hanno trovato uno. La conferma deriva dal numero di "inattivi", le persone

che neanche cercano. Ebbene, nel mese di luglio a questa lista si sono aggiunti in 99 mila, lo 0,7% in più

da giugno, soprattutto donne. E pure tra quanti invece hanno firmato un contratto, la voce grossa la fanno

gli over 50. Il dettaglio lo fornisce la comunicazione Istat sui dati del secondo trimestre. Gli occupati sopra i

50 anni sono cresciuti, da aprile a giugno, addirittura del 5,8%. Mentre trentenni e quarantenni calavano del

2 e dell'1%.

Un fenomeno nuovo? No, succede da almeno dieci anni in modo netto e via via incalzante.

Con prodromi dall'inizio del secolo. Il Centro studi di Confindustria calcola che durante la crisi, dunque tra

2007 e 2013, i lavoratori tra 55 e 64 anni sono aumentati di 1,1 milioni, contro il calo di 1,6 milioni tra 25-

34enni. Un andamento comune a quasi tutte le economie europee, ma più accentuato in quelle che hanno

subito maggiori contrazioni di domanda e produzione. Nel periodo considerato, l'Italia è quarta - dopo

Germania, Polonia e Paesi Bassi - per incremento di "anziani" occupati. E sempre quarta per dimensione

della caduta di giovani occupati, dopo Grecia, Spagna, Irlanda. Quasi il solito quartetto dei Pigs (ma manca

il Portogallo). Quali ne sono i fattori scatenanti? Quello demografico, innanzitutto: cresce la popolazione

over 50 su quella giovanile. Poi il fattore istruzione: aumenta la quota over 50 di laureati (e soprattutto

laureate) che entrano ed escono tardi dal mercato del lavoro. Le riforme delle pensioni: dai primi anni

Novanta sino alla Fornero, l'uscita è stata via via posticipata. Infine la crisi: i giovani sono meno appetibili,

hanno minori competenze, poca o nessuna esperienza. In tempi di vacche magre, pagano un costo più alto

in termini di disoccupazione. Anche per l'insufficiente turn over, nei posti presidiati da lavoratori "anziani" e

garantiti. Va detto che l'impennata di contratti over 50 non significa affatto stabilità. Molti sono gli espulsi da

aziende che delocalizzano o chiudono, costretti a transumare tra voucher e contratti da quindici giorni.

I senza lavoro restano comunque tanti: sopra i 3 milioni nel mese di luglio (ma -6,6% sull'anno), di cui 616

mila under 24. Il tasso di disoccupazione di questa fascia giovanile passa da 44,2% a 40,5% (in realtà da

43,1 a 40,5 per effetto della correzione Istat di cui si diceva). Sempre elevatissimo. Forse terzo in Europa,

dietro Grecia e Spagna. Altro elemento da segnalare (nel secondo trimestre) è il risveglio dell'occupazione

nell'edilizia: dopo ben 19 trimestri di calo, finalmente si registra un +2,3%, 34 mila posti in più. E i contratti a

termine? Crescono senza sosta: +3,3%.

www.istat.it www.lavoro.gov.it PER SAPERNE DI PIÙ

Foto: Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti

02/09/2015Pag. 9

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 65

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Salgono Pil e occupazione Renzi: "L'Italia riparte" Scontro con l'Ue sullacasa Vertice con Padoan: verso un aumento delle stime di crescita ALESSANDRO BARBERA È la volta buona? Forse. Le cose vanno meglio? Certamente sì. Possiamo chiedere più flessibilità

all'Europa? Discutiamone. Ieri pomeriggio, primo piano di Palazzo Chigi, Piazza Colonna, Roma. Matteo

Renzi e Piercarlo Padoan leggono gli ultimi dati sull'economia italiana attorno al grande tavolo delle

riunioni. Quelli dell'Istat su produzione industriale e occupazione, quelli del Tesoro sull'andamento dei conti.

Entro il 20 settembre c'è da presentare alle Camere la nota di aggiornamento al Documento di economia e

finanza, le stime sulla base delle quali poi verrà costruita, entro metà ottobre, la manovra per il 2016. In

Europa non sono per nulla contenti della decisione di abolire la tassa sulla prima casa, la ritengono una

misura «poco efficace per aumentare il potenziale di crescita». Una fonte anonima di Bruxelles ribadisce

alle agenzie di stampa italiane la posizione dell'esecutivo europeo, scatenando l'ira di Palazzo Chigi: «Il

governo decide in autonomia, a Bruxelles si occupino semmai del dramma dell'immigrazione», dice il

sottosegretario agli Affari europei Sandro G ozi. La Commissione preferirebbe che il governo puntasse tutto

sulla riduzione del costo del lavoro, ma ormai Renzi ha deciso: per quest'anno giù Tasi e Imu. Non proprio

per tutti (ville e castelli dovrebbero restare fuori) ma quasi. Padoan, che pure non è entusiasta, non remerà

contro. Però sa che per quella strada sarà più difficile ottenere un margine di flessibilità sul deficit. La

manovra varrà almeno 25 miliardi, solo dieci dei quali arriveranno da tagli di spesa. Che fare? Renzi e

Padoan sono decisi a ritoccare al rialzo le stime di crescita. Se non quelle di quest'anno, certamente del

2016, che oggi prevedono un +1,4 per cento. Più è alta la stima, più è facile dimostrare che i conti sono

sostenibili. Migliora la crescita Poche ore prima l'Istat ha alzato di un decimale le stime del prodotto interno

lordo del primo (+0,4 per cento) e del secondo trimestre (+0,3). Ciò significa che si può dare per acquisito

per l'intero 2015 una crescita dello 0,6 per cento. Secondo il Tesoro è a portata di mano lo +0,7, forse lo 0,8

per cento. «Dopo aver bucato la gomma, l'Italia riparte», dice Renzi in un videomessaggio su Facebook e

Twitter. Per il capo degli industriali Squinzi «non basta ancora», la leader della Cgil Camusso dice che è

tutta «propaganda», Renzi controreplica invitando la Camusso «a non fare polemiche almeno per un

giorno». E cala la disoccupazione Altro dato che fa sorridere il governo: a luglio c'è stato un balzo degli

occupati. Lo dicono i dati del trimestre aprile -giugno, ancora di più quelli di luglio. La disoccupazione è

scesa al 12 per cento, mezzo punto in meno del mese precedente, lo 0,9 per cento su base annua.

Significa che di questo passo a dicembre ci saranno 235mila persone al lavoro in più di fine 2014. Alcuni

dati sorprendono Padoan, come la ripresa degli occupati nelle costruzioni, che scendevano da cinque anni.

Ci sono alcuni però. Il primo è che il lavoro c'è solo per i meno giovani, persone che escono dalla cassa

integrazione o molto specializzate. Nel periodo aprile -giugno gli occupati over 50 sono saliti del 5,8 per

cento, mentre sono scesi del 2,2 quelli fra 18 e 35 anni. Due: solo a luglio il numero degli inattivi, cioè

coloro che rinunciano a cercare un lavoro, è salito di oltre novantamila unità. Infine: i numeri reggeranno ai

venti di crisi che soffiano da Oriente? Al Tesoro sono convinti di sì. E a dimostrazione del fatto che i conti

sono ok, per il Tesoro c'è l'andamento delle spese statali: da gennaio ad agosto il cosiddetto fabbisogno è

stato di 31,7 miliardi, 19 in meno di un anno fa. Twitter @alexbarbera

Cresce il Pil, crescono gli occupati: le riforme servono. Voglio che l'Italia sia maglia rosa ANSA

Matteo Renzi Presidente del Consiglio

+0,3 per cento L'aumento del Pil rispetto al trimestre precedente, più della stima preliminare diffusa ad

agosto che segnalava una crescita congiunturale dello 0,2%

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 66

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12 per cento Il tasso di disoccupazione è calato di 0,5 punti percentuali, arrivando ai minimi dal luglio del

2013. Nell'ultimo anno il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,9 punti

+0,7 per cento La stima di crescita per l'anno in corso. Secondo il Tesoro è a portata di mano e forse

potrebbe salire fino a raggiungere lo 0,8 per cento.

Andamento del Pil-1,7-0,4 0,6*-2,8 t 0 7 -2,3 1,0 -3,1 2012 -3,1 -2,6 -2,5 -0,9 -2,0 -0,1 2013 -1,4 0,1 -0,9 0 0 -0,2 0,2 -0,3 0,2 2014 -0,5 -

0,1 -0,4 0 0 0,2 0 4 2015 0,7 0,3 Fonte: Istat - LA STAMPA -0,5 -0,5 *variazione acquisita per il 2015 Su

trimestre precedente Su stesso periodo dell'anno precedente (tendenziale) Variazioni % del Pil reale (dati

destagionalizzati e corretti per giorni lavorativi)

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 67

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Programmazione 2007/2013 Fondi Ue, corsa contro il tempo per non perdere163 milioni La prima riunione della giunta regionale dopo la pausa estiva è servita anche per fare il punto sull'utilizzo

dei fondi comunitari della programmazione 2007/2013 che devono essere rendicontati entro fine anno. Il

presidente Chiamparino ha affermato che «sarà fatto ogni sforzo per facilitare le procedure per i

rendiconti». A rischio ci sono 63 milioni di fondi dell'agricoltura e di un centinaio delle altre risorse per la

formazione professionale. L'assessore regionale Giuseppina De Santis annuncia l'avvio delle procedure per

il controllo della spesa che dovrebbero registrare gli effetti positivi legati alla scelta di usare gli strumenti

messi a disposizione con la nomina di Chiamparino commissario per la gestione dei fondi ex 35. E

assicura: «Non perderemo quei fondi». Giorgio Ferrero (agricoltura): «Stiamo rimettendo in circuito sulle

graduatorie esistenti le economie derivanti dall'ultima verifica. Spenderemo tutti i fondi».

02/09/2015Pag. 41 Ed. Torino

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 68

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Gli effetti Ossigeno sui conti in gioco una dote fino a 10 miliardi Luca Cifoni Obiettivo per il 2015 già quasi raggiunto. È questo il senso delle parole del ministro Padoan. A pag. 3

Obiettivo per il 2015 già quasi raggiunto. È questo il senso delle parole con cui Pier Carlo Padoan ha

festeggiato, sobriamente, i dati dell'Istat sul Pil. Il riferimento è naturalmente a quel 0,6 per cento di crescita

acquisita che permette di guardare da vicino il valore fissato per fine anno con il Def dello scorso aprile, un

prudente +0,7. A questo punto, ci sarebbe qualche buon motivo per ritoccare la previsione verso l'alto, con

la nota di aggiornamento attesa entro venti giorni. Se la crescita continuasse al ritmo dei primi due trimestri,

il dato finale potrebbe benissimo un +0,8 per cento (come evidenziato ad esempio da Paolo Mameli, senior

economist di Intesa Sanpaolo). In realtà le indicazioni preliminari in possesso di Palazzo Chigi e Mef

sull'andamento del terzo trimestre indurrebbero ad un atteggiamento ancora più ottimistico. Spiccano ad

esempio gli ottimi e per molti versi inattesi risultati del turismo a luglio e agosto. Insomma in realtà la

revisione per il 2015 potrebbe puntare anche più in alto, verso un +1 tondo. Ma le ragioni della cautela

restano e le valutazioni finali saranno fatte solo nei prossimi giorni.

SPIRAGLI Il periodo a cui si guarda con più attenzione, mentre sta entrando nel vivo il lavoro di

preparazione della legge di Stabilità, è però il 2016. Se la tendenza positiva dei primi due trimestri,

probabilmente destinata ad ampliarsi nel terzo, proseguisse a fine anno e poi nel nuovo, sarebbe lecito

attendersi effetti positivi anche sui conti pubblici, che già dovrebbero beneficiare di un'ulteriore riduzione

della spesa per interessi indotta dal favorevole andamento dei tassi internazionali. Il condizionale è

d'obbligo perché su un altro versante vanno messi in conto i possibili contraccolpi del rallentamento cinese,

ancora da decifrare nella sua reale portata. Ma se le cose dovessero continuare ad andare bene, allora si

aprirebbero consistenti spiragli per un governo deve mettere insieme qualcosa come 25-30 miliardi. Al

momento sono disponibili sulla carta i 10 di risparmi di spesa che arriveranno dal lavoro coordinato da

Gutgeld e Perotti e altri 3-4 che entreranno con il rientro dei capitali. A questa base si potrebbero

aggiungere 9-10 miliardi tra maggiori introiti fiscali indotti dalla crescita, minore spesa per interessi e

ulteriori margini di flessibilità da contrattare con l'Unione europea. In senso stretto non si tratterebbe di

manovra correttiva visto che almeno in parte verrebbero rivisti gli andamenti tendenziali. Mentre per quanto

riguarda le regole di bilancio, il rapporto disavanzo Pil potrebbe essere lasciato correre fino al 2,1-2,2%

rispetto all'1,8 programmato (che in verità già sconta l'applicazione della clausola delle riforme). Che

Bruxelles abbia un atteggiamento tollerante è tutt'altro che garantito: rispetto alla pura applicazione delle

regole, pur se flessibili in base alla comunicazione della commissione di gennaio, servirà probabilmente un

ulteriore passaggio di trattativa politica. Il presidente del Consiglio quantifica in un punto di Pil, 17 miliardi, i

margini di flessibilità strappati a inizio anno. Sottraendo a questo punto lo 0,65 circa già fruito o "prenotato"

dall'Italia (0,25 per il 2015 quale minor sforzo verso l'obiettivo di medio termine, 0,4 per il 2016 proprio per

la clausola delle riforme) resterebbe uno 0,35%. Su questi 5-6 miliardi si giocherà la partita.

Le cifre

0,7% La stima di crescita del Pil per l'anno in corso, contenuta nel Documento di economia e finanza di

aprile

1,8% Il rapporto deficit/Pil preventivato per il 2016, tenendo conto della "clausola delle riforme"

0,35% L'eventuale margine residuo di flessibilità di cui potrebbe usufruire il nostro Paese, corrispondente a

5-6 miliardi

Foto: Yoram Gutgeld, commissario per la spending review

02/09/2015Pag. 1

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 69

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IL CASO Google, 12 milioni di tasse in 13 anni il governo riapre il dossier "web-tax" L'IPOTESI DI UN PRELIEVO DEL 25% SU TUTTI I PAGAMENTI EFFETTUATI NEI CONFRONTI DEIGIGANTI ON LINE NEL PAESE, SECONDO LE STIME, BIG G RACCOGLIEREBBE TRA 500 MILIONI EUN MILIARDO DI EURO DI PUBBLICITÀ A. Bas. Google continua a rinnovarsi. Dopo aver ristrutturato la società in una holding ribattezzata Alphabet, ieri ha

cambiato anche il suo storico logo. Ne ha mantenuto i colori ma ha modificato i caratteri per renderlo più

adatto agli smartphone. Ma c'è un fronte sul quale Big G preferisce tenersi nel solco della tradizione: quello

delle tasse. Nei paesi in cui opera ne paga il meno possibile, trasferendo i suoi profitti in Paesi a fiscalità

privilegiata come l'Irlanda. A fare il conto di quanto Google abbia versato complessivamente nelle casse

dell'Erario italiano è stata Altraeconomia , che ha ricostruito la storia fiscale italiana di Mountain View da

quando è sbarcata nel Paese, ormai tredici anni fa, il 27 agosto del 2002, data di nascita di Google Italy. Da

allora e fino alla fine dello scorso anno, la società americana ha pagato imposte in Italia per 12 milioni di

euro. Una cifra decisamente bassa rispetto alla raccolta pubblicitaria che il gigante del web realizzerebbe in

Italia. Un dato quest'ultimo sul quale c'è un estremo riserbo. L'Autorità delle Comunicazioni lo conosce, ma

si è impegnata con Google a non diffonderlo. L'unica indicazione è contenuta nell'ultima relazione annuale

del garante, dove si spiega che la quota del mercato della pubblicità on line di Big G è superiore al 30%. Si

tratta di un mercato da 1,6 miliardi, il che significa che se fosse anche solo il 30% sarebbero quasi 500

milioni. Ma è probabile che Google superi quella percentuale avvicinandosi più ad altre stime che parlano di

un miliardo. Comunque sia Google Italia non fattura la pubblicità. I suoi circa 54 milioni di ricavi annui sono

commissioni per servizi forniti a varie altre società che appartengono al gruppo. I ricavi della pubblicità,

invece, finiscono in Irlanda. Il governo ha già provato qualche timido intervento nei confronti delle società

del web. Nell'ultima finanziaria ha inserito un comma che le obbliga a usare indicatori di profitto diversi dai

costi sostenuti per i servizi. Già questo ha creato scompiglio in Google Italy, con il collegio sindacale che ha

chiesto informazione sui prezzi di trasferimento dei beni tra le società appartenenti allo stesso gruppo. Ma

le informazioni non sono state fornite. LE INDAGINI Sulla questione fiscale Google ha anche un

contenzioso aperto con l'Agenzia delle Entrate e un'indagine della Procura di Milano. Ma ora potrebbe

intervenire il governo riprendendo in mano una proposta del sottosegretario Enrico Zanetti che prevede una

ritenuta del 25% sui pagamenti effettuati in Italia alle web company. Una misura che vale tre miliardi e che

potrebbe trovare spazio nella prossima legge di stabilità. In realtà non è la prima volta che si parla della

possibilità di tassare i Big di internet. Una proposta era arrivata anche dal presidente della Commissione

bilancio della Camera, Francesco Boccia, il cui fulcro era l'obbligo di dotare di una partita Iva italiana le

società che operano nell'on line. Ma a stoppare l'iniziativa del parlamentare Dem era stato Matteo Renzi in

persona in uno dei suoi primi atti di governo. Insomma, se tecnicamente la web tax non è impossibile, fino

ad oggi le varie proposte si sono scontrate con la volontà politica di intervenire. Questa volta, tuttavia,

potrebbe essere diverso. I tre miliardi di euro che sarebbe possibile incassare grazie ad una misura del

genere, sarebbero una tentazione forte anche per gli economisti di Palazzo Chigi, da sempre freddi su

queste iniziative, ma alle prese con una manovra finanziaria da trenta miliardi di euro.

Foto: Il logo di Google

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 70

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CRISI INFINITA il caso Il governo bastona i pensionati: tagliate 50mila quattordicesime Brutta sorpresa per gli anziani che dopo otto anni non riceveranno la mensilità extra: per l'Inps non hannopiù i requisiti di reddito Antonio Signorini Roma Via la quattordicesima a 50mila pensionati perché non ne hanno più diritto. Agosto nero per migliaia

di anziani che da otto anni erano abituati a ricevere una mensilità extra estiva. Dopo un primo rinvio di

luglio, l'Inps ha deciso di sospendergli gli assegni perché da una verifica «non risultano avere i requisiti

reddituali per accedere al beneficio». La vicenda è questa. Nel 2007 il governo istituisce la quattordicesima

mensilità per alcuni pensionati. I limiti sono stretti. Si tratta di un'integrazione studiata per chi ha un reddito

basso (inferiore ai 9.786 euro) e almeno 64 anni di età. Una mensilità vera per questa fetta di anziani, che

va, all'incirca, dai 300 ai 500 euro. A luglio la prima brutta sorpresa. Circa 80mila pensionati non hanno

ricevuto l'assegno. Motivi tecnici, si disse. L'Inps, si legge nelle cronache, ha avuto un problema al sistema

informatico e gli aventi diritto dovranno produrre di nuovo la documentazione. Quindi la dichiarazione dei

redditi per chi la presenta altrimenti attraverso il modello Red, che si compila online. Negli ultimi giorni a

giornali e sindacati sono arrivate le segnalazioni di anziani che hanno compilato il modulo ai Caf, ma non

hanno comunque ricevuto l'assegno. Si tratta di una minoranza, secondo l'Inps. A luglio, ricostruisce

l'istituto, erano già state erogate 1,9 milioni di quattordicesime, contro quelle del 2014 che erano 2,2 milioni.

La differenza si spiega con «l'assenza di reddito dichiarato dal 2012 in poi». La gran parte di queste

183mila pensioni escluse per mancanza di dati sono state esaminate in luglio, e a settembre l'assegno è

arrivato a 104mila pensionati per i quali «erano presenti le dichiarazioni reddituali del 2012 o 2013, ma non

erano ancora elaborate». Queste sono le vittime del famoso errore, quindi. I restanti 80mila senza

quattordicesima sono stati invitati a presentare il modello Red alla sede Inps locale. Di questi, fino a ieri,

circa 26.300 hanno passato l'esame e riceveranno l'assegno. Ma «le rimanenti, poco più di 50mila

posizioni, non risultano avere i requisiti reddituali per accedere al beneficio». Niente quattordicesima per

50mila, quindi, né a settembre né nei prossimi mesi. Salvo errori. L'Inps in questo senso si dichiara

disponibile a valutare ogni possibile «caso isolato di mancata ricostruzione» del reddito. Delusione che si

somma a quella di chi si aspettava di incassare l'adeguamento all'inflazione perso con la riforma Monti e

riconquistato grazie alla sentenza della Corte costituzionale, ma ad agosto non ha ricevuto niente. Anche in

questo caso giornali e sindacati sono stati inondati da segnalazioni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di

pensionati che si trovano vicino alla soglia massima, sei volte il trattamento minimo. Soglia che cambia a

seconda dell'anno. Ad esempio, nel 2012 erano 2.886 euro mensili. Le pensioni, insomma, sono destinate

a restare in cima all'agenda della politica. Anche perché il governo intende mettere mano alla riforma

Fornero con la legge di Stabilità. Anche se, probabilmente, con un provvedimento ad hoc. Man mano che

l'appuntamento si avvicina diventa più chiaro che il governo intende fare l'operazione a costo zero. Quindi

l'introduzione di maggiore flessibilità nei requisiti per l'uscita sarà pagata dagli stessi pensionati in termini di

tagli all'assegno. Le ipotesi in campo sono un ricalcolo contributivo delle pensioni in questione o un taglio,

fino al 30%. Troppo, per i sindacati.

Foto: GRANE Il presidente dell'Inps Tito Boeri [Lapresse]

02/09/2015Pag. 9

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 71

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L'INTERVISTA · Guerrieri (Pd): la ripresa resta molto modesta «Cifre estremamente deludenti Cresciamo la metà dell'Europa» «A Bruxelles non dobbiamo chiedere il taglio di Imu e Tasi, anche perché la flessibilità si è esaurita.Piuttosto, puntiamo a un piano espansivo» Fabio Veronica Forcella «Il dato sul Pil resta estremamente deludente», dice Paolo Guerrieri, senatore Pd, professore di economia

alla Sapienza di Roma e al Collegio d'Europa di Bruges. Quanto alla possibilità che Bruxelles conceda

maggiore flessibilità, l'economista ricorda che «non può andare a coprire una riduzione delle tasse».

Soprattutto per l'abolizione della tassa sulla prima casa, che l'Europa, da tempo, «non considera

prioritaria». Professore, il paese «si è rimesso in moto» come afferma il presidente del consiglio? Rimango

sempre molto perplesso di fronte a queste reazioni. Bisognerebbe essere più prudenti nel commentare

questi dati. Questi numeri sull'occupazione sono positivi, di certo anche grazie alla decontribuzione e forse

al Jobs Act , anche se, in questo caso, è presto per dirlo. Il dato sul Pil resta estremamente deludente.

Dimostra che c'è una ripresa modestissima e che non è cambiato nulla negli ultimi 15 anni: la crescita

tendenziale è meno della metà della crescita europea. Tutto merito del governo o ci sono stati fattori

esogeni? Penso al Qe di Draghi, al prezzo del petrolio basso e all'euro debole. Tutti gli economisti

concordano col dire che questi sono fattori determinanti che stanno producendo quel po' di ripresa che

l'Europa sta sperimentando. Erano perlomeno due decenni che non si verificava un contesto così

favorevole. Quello che preoccupa è che l'area dell'Euro - e quindi, l'Italia - ne stiano approfittando così

poco. Cosa sta frenando? Ci saremmo aspettati un rimbalzo e una ripresa molto più forti. Non

dimentichiamo che l'Italia, in Europa, è il paese che, dopo la Grecia, ha sofferto di più. Se continuiamo a

bearci di questi risultati - ce l'hanno detto l'Fmi e l'Ocse - ci metteremo dai 10 ai 15 anni per tornare ai livelli

occupazionali pre-crisi. Con l'impostazione della legge di stabilità si registrano immancabili i primi at attriti

tra Matteo Renzi, e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Chi ha ragione? Quello che ha detto il

ministro Padoan mi sembra doveroso da parte di un ministro: non c'è riduzione delle imposte che incida in

senso positivo, se non quella che poggia la sua credibilità su riduzioni certe e sostenibili della spesa. Il

premier vuole tagliare le tasse, ma facendo deficit e contando su coperture che devono ancora essere

concordate con l'Europa. È un'operazione credibile secondo lei? Io non conosco le informazioni a cui può

attingere il presidente del consiglio ma i dati che abbiamo ci dicono una cosa diversa. Ci sono stati già

concessi dei margini di flessibilità. Dobbiamo fare una manovra restrittiva molto più blanda proprio grazie

alle riforme fatte. Adesso non si capisce da dove potrebbero venire questi nuovi margini di cui parla Renzi.

Una ipotetica maggiore flessibilità per gli investimenti non può andare a coprire una riduzione delle imposte.

E la tassa sulla casa? L'Europa definisce il taglio annunciato «non prioritario». L'intervento sulla Tasi e

sull'Imu non è una priorità economica. Questa domanda indebolirà la nostra richiesta di flessibilità. A

Bruxelles non verrà affatto visto di buon occhio che una riduzione delle imposte parta proprio da quello che

dovrebbe essere l'anello ultimo. La mia preoccupazione è che questa trattativa con l'Europa per avere

qualche margine in più di flessibilità, possa essere molto difficile. Al contrario, a luglio la Commissione Ue

ha già detto che il nostro deficit strutturale è aumentato dello 0,2%. Questo fa capire che il modo con cui

verranno accolte queste richieste sarà tutt'altro che favorevole. Cosa dovremmo chiedere, secondo lei?

Con una domanda interna che langue, come quella europea, noi ci dovremmo battere insieme ad altri paesi

membri, per una politica espansionistica a livello europeo. Il piano Juncker rilancerà la crescita?

Assolutamente no. Lo si sapeva dall'inizio che, sia per le cifre modestissime messe in campo, sia per le

procedure scelte, non era un piano capace di rappresentare una spinta adeguata. Serve convincere

l'Europa che il vero problema della bassa crescita è un mercato interno - il più ricco del mondo - che non

rappresenta nessuno stimolo. Siamo troppo deboli, tuttavia, per convincere la Germania che questo

02/09/2015Pag. 7

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ECONOMIA PUBBLICA E TERRITORIALE - Rassegna Stampa 02/09/2015 72

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sarebbe necessario, molto più di qualunque margine di flessibilità. La preoccupa la brusca frenata del

mercato mondiale? Non è il mercato finanziario della Cina che preoccupa, ma è l'economia reale cinese

che va male. È una locomotiva per tutta l'area asiatica emergente e non solo. Secondo il Def del governo,

nel 2016 la crescita doveva venire da consumi e investimenti. È vero che i consumi interni si sono rimessi

in moto, ma a un ritmo che è la metà di quello delle "riprese" precedenti. Gli investimenti poi, nell'ultimo

mese, sono addirittura diminuiti. Rischiamo quindi di non raggiungere l'1,4% di crescita programmata per il

prossimo anno.

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Commento Se il nostro Pil migliora dello 0,3% continua a essere merito di Draghi BRUNO VILLOIS L'entusiasmo con cui il governo si esprime sul dato Istat, sul Pil del secondo trimestre che conferma la

crescita dello 0,3% appare un tantino esagerato. Vero che la crescita è abbinata,dopo ben 14 trimestri di

aumento,alla diminuzione della disoccupazione,ma un aumento dello 0,7% di Pil tendenziale per l'anno è

ben poca cosa,per poter ritenere possibile una consistente crescita dell'economia reale. Non è un caso che

l'attività manifatturiera continua ad avere un indice Markit sui 50 punti, così da determinare una situazione

stabile tra espansione e contrazione che non rafforza certo le possibilità di stabilizzare verso l'alto la

crescita della nostra economia che ha nel manifatturiero oltre il 45% delle sue componenti. Vale sempre la

pena di ricordare che solo oltre la soglia dei 2 punti percentuali di crescita del Pil si innescano le condizioni

per un consolidamento duraturo dell'economia reale e quindi dell'occupazione e della domanda di consumi.

L'Italia a oggi ha un aumento del Pil pari ad un terzo di quanto occorra. La parole del presidente di

Confindustria Squinzi, pur essendo la sua associazione governativa per eccellenza, esprimono serie

perplessità sul futuro della nostra economia. «La crescita dello 0,3% del Pil nel secondo trimestre dell'anno

non basta», ha ribadito Squinzi.«Non è merito nostro- ha detto - ma è dovuta solo al dimezzamento del

prezzo del petrolio, al rafforzamento del dollaro e al quantitive easing della Bce. Fatte le opportune

distinzioni tra euforia per i risultati Istat e la realtà (bene vedere anche il bicchiere mezzo pieno) le facility

delJobs actper le assunzioni a tempo indeterminato, è il continuo sostegno alla fiducia impresso da Renzi

hanno rappresentato un punto fermo per il risultato ottenuto, che pur flebile è pur sempre un passo avanti.

Certo che resta impossibile pensare che per far assumere si debba continuare, per sempre a concedere

rilevanti incentivi, visto che questi pesano sui conti pubblici,anziché puntare sulla domanda di prodotti e

servizi,così come la fiducia più che delle parole ha bisogno dei fatti. Che anche la politica economica

fortemente accomodante della Bce non possa perdurare per un tempo infinito, una politica che è all'origine

sostanziale della nostra mini risalita, è altrettanto vero. Il governo preso atto del miglioramento, dovrebbe

concentrare ogni sua azione, per rafforzarne e consolidarne la forza, su concrete iniziative mirate a favorire

le piccole e medie imprese, che continuano ad avere sostanziali difficoltà a causa dell'esagerata tassazione

e dell'altrettanto esagerata burocrazia, che oltre che di cavilli è fonte di costi e di tempi rubati al lavoro. Per

entrambi il governo, oltre a roboanti annunci, non ha fatto nulla, anzi la pressione fiscale imposta dagli enti

locali è aumentata. Le regole burocratiche si sono ulteriormente aggrovigliate, aggravando la situazione.

Mentre la riduzione delle tasse è vincolata ai conti pubblici e quindi di assai difficile soluzione, se non nel

tempo e con una sostanziosa cura dimagrante della spesa pubblica, la componente burocrazia è

esclusivamente dovuta alla qualità della governance impostata dal governo. La chiarezza delle regole,

l'eliminazione dei doppi e tripli passaggi per gli adempimenti imposti alle imprese, non comportano alcun

costo per gli enti pubblici e rendono tutto più trasparente. Su questi temi il governo deve dare il meglio di sè

e, oltre agli annunci, agire. Una burocrazia snella vale e conta per imprese e cittadini come il calo di vari

punti di pressione fiscale. Modificare la burocrazia dovrebbe essere impegno prioritario del governo e tutte

le forze politiche dovrebbero sostenerne ogni accelerazione perché sifaccia.Non resta che procedere e

farlo senza indugi e con grande celerità.

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Una rivoluzione nei bilanci Le medie e grandi imprese dovranno obbligatoriamente adottare, con i conti annuali, il rendicontofinanziario. Per le aziende più piccole, addio invece alla nota integrativa Villa Le medie e grandi imprese dovranno adottare il rendiconto finanziario, che diventa documento obbligatorio

dei conti annuali e si aggiunge allo stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa. Per le imprese di

minori dimensioni, invece, bilanci super semplificati, con l'addio anche alla nota integrativa. Lo prevede il

decreto di recepimento della direttiva 2013/34/ Ue, in settimana sulla Gazzetta Ufficiale. Ieri intanto è stato

pubblicato il dlgs che riguarda le banche. a pag. 26 Medie e grandi imprese senza più possibilità di evitare il

rendiconto fi nanziario che diventa documento obbligatorio dei conti annuali. Notizie positive solo per le

imprese di minori dimensioni (le cosiddette microimprese) per cui si avrà l'abbandono anche della nota

integrativa. Sarà pubblicato venerdì prossimo in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo concernente il

recepimento della direttiva 2013/34/Ue con riguardo alla generalità delle imprese. I tempi di attuazione non

sono immediati (generalmente le regole si applicheranno a partire dai bilanci al 31/12/2016) ma la rilevanza

delle novità e l'obbligo di comparabilità dei conti consigliano di approcciare per tempo le innovazioni. Il

rendiconto fi nanziario. Il rendiconto finanziario per tutti i soggetti tenuti alla redazione del bilancio in forma

ordinaria (non abbreviata) diventa documento obbligatorio e si aggiunge allo stato patrimoniale, conto

economico e nota integrativa. Il rendiconto è un prospetto autonomo rispetto agli altri prospetti numerici del

bilancio (stato patrimoniale e conto economico) in grado di sintetizzare la dinamica fi nanziaria dell'esercizio

e diviene parte integrante del bilancio. Il nuovo articolo 2425, ter, al contrario di quanto abitualmente

previsto dal codice civile per gli altri prospetti obbligatori, non prevede una struttura rigida o quanto meno

un contenuto minimo dello stesso, anche se indica gli obiettivi che la sua redazione deve porsi. Si precisa

infatti che nel rendiconto per l'esercizio e per quello precedente devono essere illustrati «l'ammontare e la

composizione delle disponibilità liquide, all'inizio e alla fi ne dell'esercizio, e i ussi finanziari dell'esercizio

derivanti dall'attività operativa, da quella di investimento, da quella di fi nanziamento, ivi comprese le

operazioni con i soci». La prima applicazione dell'obbligo non sarà priva di problematiche. Si pensi solo che

i dati necessari per la sua redazione non sono tutti rintracciabili nei bilanci di verifi ca derivanti dalle

contabilità delle imprese con la necessità di ulteriori ricerche e indagini per la redazione del prospetto. I

tempi. Nonostante per quasi tutti i soggetti la prima applicazione delle novità sarà il bilancio al 31.12.2016

non vi è molto tempo da perdere. Se, come si è detto, per redigere correttamente il rendiconto non è detto

che le risultanze della contabilità (in senso stretto) aziendale siano suffi cienti, quanto meno dal primo

giorno dell'esercizio interessato dalle novità (in generale dal primo gennaio 2016) occorrerà trovare gli

strumenti per monitorare gli accadimenti aziendali rilevanti. Ma con riguardo ai reali tempi di attuazione si

pone un dubbio ancora maggiore. Regola generale per la redazione del bilancio è quella per cui i dati

dell'esercizio devono essere comparati con quelli dell'anno precedente. Ciò significa che una volta chiusi i

bilanci 2015 il rischio è che vi sia la necessità di una loro ri-redazione per consentire il confronto con i dati

del bilancio 2016 predisposto secondo le novità della direttiva. Ma con riguardo al rendiconto il tema diviene

ancora più spinoso. Lo stesso è un nuovo prospetto introdotto e già la comparabilità potrebbe portare a

sostenere che in sede di bilancio 2016 occorrerà fornire anche il rendiconto 2015 per poter offrire la

comparazione anche di questo dato. Ma oltre a ciò, vi è da considerare che la norma prevede che nel

rendiconto devono essere illustrati la composizione e i ussi della liquidità per l'esercizio e per quello

precedente. Il riferimento all'anno precedente porta a ritenere che i dati da monitorare per redigere il

rendiconto non siano solo quelli relativi agli accadimenti 2016 ma anche quelli relativi all'anno precedente.

Microimprese. Le società che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non

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abbiano superato due dei seguenti limiti: totale dell'attivo non superiore ai 175 mila euro; ricavi uguali o

minori a 350 mila euro; numero medio degli occupati nel corso del periodo non può eccedere le 5 unità,

avranno un bilancio semplificato, costituito (solamente) dagli schemi di stato patrimoniale e conto

economico con l'abbandono della nota integrativa. © Riproduzione riservata

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Stop a quelle cartacee non solo nei rapporti con la pubblica amministrazione. Attese le istruzioni operative Fatture elettroniche anche tra privati Ricca Stop alle fatture cartacee non solo nei rapporti con la p.a. ma anche tra privati. La normativa entra oggi in

vigore e permetterà di sostituire vari adempimenti, fra cui spesometro e scontrini e ricevute fiscali. Adesso

spetta all'amministrazione finanziaria emanare le disposizioni attuative, che prevedono tra l'altro la messa a

disposizione di tutti i contribuenti di un servizio gratuito per la generazione, l'invio e la conservazione della

fattura elettronica. a pag. 30 Sono in vigore da oggi, 2 settembre 2015, le norme sulla fatturazione

elettronica contenute nel dlgs n. 127 del 5 agosto 2015, pubblicato sulla G.U. n. 190 del 18 agosto. Adesso

spetta all'amministrazione finanziaria emanare le disposizioni attuative, che prevedono la messa a

disposizione di tutti i contribuenti di un servizio gratuito per la generazione, l'invio e la conservazione della

fattura elettronica (1° luglio 2016) e l'attivazione di un regime facoltativo di comunicazione dei dati delle

fatture e dei corrispettivi all'Agenzia delle entrate (1° gennaio 20017) che permetterà di sostituire vari

adempimenti, fra cui spesometro, black list, scontrini e ricevute fiscali. Vediamo in breve i punti principali

del provvedimento. Diffusione della fatturazione elettronica Dal 1° luglio 2016 l'Agenzia delle entrate

metterà a disposizione di tutti i contribuenti un servizio gratuito per la generazione, trasmissione e

conservazione delle fatture elettroniche, anche fra privati. Alcune categorie di soggetti passivi potranno

utilizzare il servizio già attivo nell'ambito della fatturazione alle pubbliche amministrazioni, distribuito da

Unioncamere e Agid. Dal 1° gennaio 2017, poi, il ministero dell'economia metterà a disposizione di tutti i

soggetti passivi dell'Iva il sistema di interscambio gestito dall'Agenzia delle entrate tramite la Sogei, fi nora

riservato alla veicolazione delle fatture elettroniche p.a., anche per lo scambio di fatture elettroniche fra

privati residenti, purché i documenti abbiano le caratteristiche tecniche previste dal regolamento n. 55/2013

per la «fattura p.a.» (fi le xml, ecc.). Tutti i dettagli tecnici dovranno essere defi niti con i provvedimenti

attuativi. Adempimenti telematici A partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi

dell'Iva potranno optare per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di tutte le fatture,

emesse e ricevute, e delle relative variazioni. L'opzione avrà durata quinquennale e, se non revocata, si

estenderà di quinquennio in quinquennio. Con la stessa decorrenza, i contribuenti che effettuano

operazioni non soggette a fatturazione potranno optare per la memorizzazione elettronica e la trasmissione

telematica all'agenzia, attraverso idonei dispositivi, compresi quelli che consentono i pagamenti con carte

elettroniche, dei corrispettivi giornalieri. L'adempimento, che sarà obbligatorio per le imprese che effettuano

cessioni di beni mediante distributori automatici, sostituirà l'obbligo di registrare i corrispettivi, nonché

l'obbligo di rilasciare scontrini e ricevute fi scali, fermo restando il rilascio della fattura se richiesta dal

cliente. Vantaggi degli adempimenti telematici Le imprese che opteranno per la trasmissione dei dati delle

fatture e dei corrispettivi saranno esonerate dallo spesometro, dalla comunicazione delle operazioni con

soggetti «black list», dei contratti di leasing e di quelli di locazione e noleggio, degli acquisti di beni effettuati

presso operatori stabiliti nella repubblica di San Marino, dai modelli Intrastat per gli acquisti intraUe di beni

e di servizi. Avranno inoltre diritto di ottenere i rimborsi Iva in via prioritaria, entro tre mesi dalla

presentazione della dichiarazione annuale, anche se non sussistono i presupposti ordinariamente richiesti

per l'accesso al rimborso del credito Iva, e, qualora garantiscano la tracciabilità dei pagamenti, fruiranno

della riduzione di un anno dei termini di decadenza per la notifi ca degli accertamenti. Contribuenti minori È

infine previsto che l'Agenzia delle entrate, dal 1° gennaio 2017, attivi un programma di assistenza per

specifiche categorie di soggetti passivi di minori dimensioni, che comporterà l'esonero dalla registrazione

delle fatture, nonché dall'apposizione del visto di conformità e di prestazione della garanzia per i rimborsi

Iva.

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I punti principali del cronoprogramma1° luglio 2016

L'Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei contri• buenti un servizio gratuito di generazione,

trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche

1° gennaio 2017

I soggetti passivi Iva potranno optare per la trasmissione • all'agenzia dei dati di tutte le fatture e dei

corrispettivi, con esonero da alcuni adempimenti e con altri vantaggi I contribuenti minori e le start up

potranno fruire dell'as• sistenza dell'agenzia negli adempimenti Iva I gestori di apparecchi di distribuzione

automatica saranno • obbligati a memorizzare e trasmettere telematicamente i dati degli incassi all'agenzia.

Foto: Il decreto sul sito www.italiaoggi.it/ documenti

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BONIFICI E ADDEBITI Clienti più tutelati E arrivano sanzioni fino a 150 mila euro Ciccia Messina a pag. 27 Più tutela per chi ordina un bonifico o un addebito diretto. Viene rafforzato il rispetto degli

standard tecnici delle operazioni e del diritto a una attenta verifica degli elementi essenziali delle operazioni

(importo e periodicità). Il decreto legislativo 135/2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 31

agosto 2015, disegna la mappa delle sanzioni (fi no a 150 mila euro) per le violazioni a due regolamenti

europei, che hanno delineato una disciplina uniforme per i bonifi ci e gli addebiti diretti (si veda ItaliaOggi di

ieri). Le due operazioni si distinguono perché mentre il primo viene eseguito su disposizione del debitore, il

secondo viene eseguito su disposizione del creditore, previa autorizzazione del debitore. Il primo

regolamento di cui parliamo è il n. 924/2009, il secondo (che modifi ca il precedente) è il 260/2012.

Mediante queste normativa il legislatore europeo ha voluto facilitare l'automazione dei pagamenti

(attribuzione di Iban a ciascun cliente) e rendere omogenee le commissioni e coordinare le modalità

tecniche di esecuzione delle operazioni. Già con il decreto legislativo 3/2011 il legislatore italiano aveva

predisposto la griglia sanzionatoria, dando i relativi poteri alla banca d'Italia. Il decreto legislativo in

commento aggiorna le disposizioni al regolamento del 2012 e contestualmente abroga il decreto legislativo

3/2011. Vediamo, quindi, alcune delle ipotesi più signifi cative. Raggiungibilità Per l'esecuzione di bonifi ci e

addebiti diretti il regolamento europeo impone la raggiungibilità dei conti a livello europeo come a livello

nazionale. La violazione di questo obbligo è punita con la sanzione pecuniaria da 50 mila a 150 mila euro.

Interoperabilità I sistemi di pagamento devono poter dialogare tra loro. Se si viola il principio della

interoperabilità scatta la sanzione da 50 mila a 150 mila euro. Requisiti I regolamento dettano un elenco di

standard tecnici. Per esempio, si deve usare l'Iban, bisogna inserire i dati sull'identifi cativo del pagatore; o

per fare altri esempi, in caso di addebiti diretti, l'operatore del benefi ciario deve garantire che il pagatore

dia il consenso all'addebito; inoltre il pagatore deve avere la facoltà di limitare l'importo o la periodicità

dell'addebito che subisce; infi ne, altro adempimento importante, o il pagatore ha diritto a un rimborso per

gli addebiti sbagliati oppure l'operatore deve attentamente controllare ogni operazione di addebito e in

particolare importo e periodicità. La violazione di questi obblighi è sanzionata con pena pecuniaria da 50

mila a 150 mila euro. Commissioni Il regolamento esclude commissioni per le operazioni di addebito diretto

e prevede commissioni, solo a certe condizioni, per le operazioni siglate «R» e cioè un'operazione che non

va a buon fi ne per mancanza fondi o per altra ragione. La violazione della norma porta a una sanzione

pecuniaria da 50 mila a 150 mila euro. Stessa sanzione è prevista per l'ipotesi di violazione della norma

sull'uguaglianza delle commissioni per i pagamenti transfrontalieri rispetto a quelli nazionali. Iban Per la

violazione della norma sulla comunicazione all'interessato del suo Iban la sanzione va da 10 mila a 100

mila euro. Bankitalia L'autorità competente a irrogare le sanzioni è la Banca d'Italia, cui gli interessati

possono fare pervenire esposti. © Riproduzione riservata

Foto: Il decreto sul sito www.italiaoggi.it/ documenti

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TERMINI MFisco, corsa contro il tempo per mettere in salvo gli atti notificati Liburdi a pag. 29 Raddoppio dei termini con vincoli stringenti per l'amministrazione fi nanziaria, con la salvezza

degli atti notifi cati e con una corsa contro il tempo per le contestazioni in itinere. E con una specifi ca

disposizione che interessa solo la disclosure pensata per far valere in pieno gli effetti penali della sanatoria.

Sono queste le ri essioni che possono essere formulate alla luce dell'entrata in vigore delle disposizioni

contenute nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 128 del 2015 in vigore da oggi. La norma sul raddoppio

dei termini. L'aspetto di maggior rilievo e' senza dubbio quello legato alle modifi che sull'accertamento ai fi

ni delle imposte sui redditi e Iva. La norma afferma molto chiaramente che il raddoppio dei termini

amministrativi ai fi ni dell'accertamento opera esclusivamente qualora la denuncia dell'amministrazione

finanziaria sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini di accertamento. Una norma,

dunque che risolve in modo defi nitivo la questione, in parte avallata anche dall'orientamenti della Corte

costituzionale che, in alcune ipotesi portava più che al raddoppio dei termini di accertamento, alla

«resurrezione» di termini ampiamente scaduti. Vale la pena di ricordare che le nuove disposizioni sono

operative da oggi è, quindi tutto ciò che non è in itinere a questa data non potrà essere recuperato in

nessun modo. La gestione del transitorio. Naturalmente, il legislatore ha introdotto una disposizione dì

.salvaguardia rispetto alle attività già svolte dagli organi di controllo e questa scelta appare evidentemente

più che logica. La questione viene modulata in due ipotesi : - la prima riguarda gli avvisi di accertamento, gli

atti di irrogazione delle sanzioni e gli atti impugnabili che sono stati notificati entro oggi. Di tutti questi atti

viene disposta la loro salvezza fermo restando che, in fase contenziosa, potrebbe esser utilizzato il

principio introdotto con il decreto legislativo n. 128 del 2015. Con poche speranze, probabilmente, ma in

linea di principio un motivo da esaminare può esservi, - La seconda riguarda quegli atti che sono atti che

manifestano l'avvio di una azione di controllo effettuata da parte dell'agenzia delle entrate ma che non sono

ancora sfociati in atti di accertamento o di irrogazione sanzioni. Con particolare rilievo ai processi verbali di

constatazione notificati entro il 2 settembre 2015, si afferma che la pretesa impositiva dovrà essere

formalizzata entro il prossimo 31 dicembre. Appare evidente come questa disposizione imporrà comunque

all'agenzia delle entrate di valutare quelle situazioni per le quali, una vota decorso il termine di

accertamento raddoppiato secondo le precedenti disposizioni, nulla potrà essere richiesto al contribuente.

Ciò in quanto si dovrà comunque tenere conto della previsione normativa che fi ssa una data ultima molto

chiara. In questo, oltre l'aspetto tecnico, vi è da chiedersi cosa succederà da un punto di vista operativo,

potendo immaginare anche un deciso incremento degli atti impositivi o di irrogazione delle sanzioni proprio

in considerazione della stringente disposizione di legge. È questo l'aspetto che, da un punto di vista

professionale, appare quello più delicato in considerazione del possibile ambito di applicazione che

riguarda, come detto, i Pvc ma anche gli inviti a comparire di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 218

del 1997 La voluntary disclosure. Il comma 3 contiene una specifi ca disposizione per la voluntary

disclosure, affermando che ai fi ni della causa di non punibilità prevista dall'articolo 5 quinquies, commi 1 e

2 del decreto legge n. 167 del 1990 come modifi cato dalla legge n. 186 del 2014, si considerano oggetto

della procedura di collaborazione volontaria anche gli imponibili, le imposte e le ritenute correlati alle attività

dichiarate nell'ambito di tale procedura per i quali è scaduto. Termine di accertamento. Tale disposizione è

stata introdotta, come noto, per coprire il disallineamento esistente tra le norme di accertamento

amministrativo e le disposizioni di natura penal tributaria. Fondamentalmente, da un punto di vista pratico,

si deve ritenere che nei modelli di voluntary saranno inseriti anche i periodi di imposta scaduti ai fi ni

dell'accertamento amministrativo ordinario quale, in particolare, il 2009. Senza che questo, però, comporti

anche il pagamento effettivo di somme che non potrebbero essere richieste in via amministrativa tranne

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che nell'ipotesi di azione di controllo già avviata ma, in questa ipotesi, si tratterebbe di una causa ostativa

alla disclosure. Un maggiore coordinamento normativo, dunque, che dovrebbe condurre a un ulteriore

incremento delle istanze presentate magari avvalendosi anche di termini più lunghi rispetto a quello attuale

che, con il passare dei giorni, appare sempre più anacronistico © Riproduzione riservata

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IL SECONDO DECRETO LEGISLATIVO IERI IN G.U. Conti delle banche più trasparenti Conti delle banche e degli intermediari più trasparenti e facili da confrontare con quelli delle altre imprese

europee. È stato pubblicato in G.U. 202 di oggi il dlgs 136/2015 di attuazione della direttiva 2013/34 per la

parte relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni delle banche e degli altri

istituti finanziari. La prima applicazione la si avrà solo con i bilanci relativi al primo esercizio successivo a

quello chiuso o in corso al 31/12/2015 lasciando quindi un po' di tempo agli operatori per i necessari

adeguamenti. Il doppio decreto. La scelta del legislatore nazionale è stata quella di recepire il contenuto

della direttiva 34 con due distinti decreti, l'uno concernente la totalità delle imprese (si veda articolo a

fianco) e l'altro invece dedicato alle banche e agli intermediari finanziari. Quest'ultimo a sua volta contiene

due distinti gruppi di previsioni: • il primo concernente i bilanci degli intermediari finanziari che redigono i

bilanci sulla base delle previsioni della Direttiva 86/635/ Cee; • il secondo riguardante gli intermediari

bancari o finanziari vigilato dalla Banca d'Italia tenuti a redigere il bilancio consolidato sulla base dei principi

contabili internazionali emanati dall'organo incaricato di emanare i principi contabili (Iasb) e adottati dalla

Commissione europea. Nella materiale attuazione delle novità un ruolo rilevante è stato riservato a

Bankitalia a cui è stato concesso il potere di emanare disposizioni relativamente alle forme tecniche dei

bilanci e delle situazioni dei conti destinate al pubblico nonché alle modalità e ai termini della pubblicazione

delle situazioni dei conti (anche in coordinamento con la Consob).I tempi tra entrata in vigore e prima

applicazione materiale della norma consentirà dunque alla Banca d'Italia di provvedere in tal senso. I

principi. La trasparenza è l'obiettivo primario delle noConti delle banche e degli intermediari più vità E sul

punto le regole per banche e altre vità. E sul punto le regole per banche e altre imprese non divergono. Gli

obiettivi che la direttiva 2013/34 sono: a) riduzione degli oneri amministrativi a carico soprattutto delle

piccole e medie imprese e semplificarne la relativa disciplina; b) miglioramento della comparabilità

dell'informativa resa con i bilanci; c) tutela degli interessi degli utilizzatori dei bilanci con una corretta

rappresentazione delle informazioni contabili più rilevanti; d) miglioramento della trasparenza relativa ai

pagamenti effettuati ai governi da parte delle grandi imprese Partecipazioni rilevanti. Il dlgs 136/2015 con

riguardo alle partecipazioni rilevanti per i soggetti non Ifrs concede la possibilità di valutazione al patrimonio

netto delle partecipazioni in controllate e collegate. In sede di prima applicazione del metodo la modifica del

valore contabile (che deve essere adeguato alla frazione del patrimonio netto della partecipata) qualora

comporti un risultato positiva porta all'iscrizione di una immobilizzazione da ammortizzare. Se invece il

risultato è negativo lo stesso deve essere iscritto in una riserva non distribuibile del patrimonio netto o in un

fondo rischi qualora tale minor valore sconti la previsione di perdite future della consolidata. Tale

innovazione è l'unica per cui il governo non ha ritenuto di recepire il parere delle commissioni parlamentari.

L'iter di approvazione dello stesso ha portato infatti ad un esame in sede consultiva del testo da parte delle

commissioni: le osservazioni formulate sono state recepite dal testo definitivo a eccezione di quella in cui si

chiedeva una maggior omogeneità tra queste regole e quelle invece previste per la generalità delle società

di capitali. Ma come si è detto tale osservazione non è stata accolta dal governo che ha ritenuto che la

differenza tra i soggetti coinvolti consenta l'adozione di norme che sul punto non sono perfettamente

sovrapponibili.

Gli interessatiDecreto legislativo 136/2015 Recepimento direttiva 2013/34/Ue (sezione banche e intermediari) Soggetti

destinatari delle novità: 1 Intermediari bancari e fi nanziari che adottano i principi contabili Ifrs 2 Intermediari

bancari e fi nanziari che non adottano i principi contabili Ifrs A Soggetti autorizzati a erogare fi nanziamenti

nei confronti del pubblico iscritti all'albo ex art. 106 del Tub e vigilati da Banca d'Italia B Confi di minori di cui

all'art. 112 del Tub e operatori di microcredito di cui all'art. 11 del Tub vigilati da Banca d'Italia C Holding di

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partecipazioni fi nanziaria, intermediari fi nanziari che non operano nei confronti del pubblico e altri

operatori fi nanziari (es. merchants bank)

Foto: I decreti sul sito www.italiaoggi.it/ documenti

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Agenzia delle entrate, la carica dei 747 Cristina Bartelli Un bando per scovare 747 dirigenti è stato pubblicato ieri nell'area riservata dell'Agenzia delle entrate.

Gradite autocandidature e lettera di presentazione. Il bando è rivolto a chi già dirigente vuole in un certo

senso rimettersi in gioco aiutando l'agenzia a ridisegnare la mappa della dirigenza in vista della

preparazione del bando concorso che attua le conseguenze della corte costituzionali sui dirigenti incaricati.

I dirigenti interessati potranno manifestare la propria disponibilità presentando una istanza entro la

mezzanotte dell'11 settembre 2015. A un indirizzo ad hoc: [email protected]. Gli aspiranti

dirigenti dovranno allegare una dichiarazione da cui risulti la mancanza di situazioni di incompatibilità e con

itto di interessi. Gli interessati potranno manifestare la disponibilità a coprire sino a un massimo di tre

posizioni tra quelle presenti nell'elenco dei posti disponibili allegato alla procedura di interpello. Non

potranno infatti subentrare in una sorta di effetto dominio fra quelle rette da titolari e che dovessero

scoprirsi in virtù della procedura. «Per il conferimento degli incarichi in questione si tiene conto, in relazione

alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefi ssati e alla complessità della struttura interessata», si

legge nel document, «delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati

conseguiti e della relativa valutazione, delle specifi che competenze organizzative possedute». La

valutazione delle disponibilità espresse dagli interessati e l'individuazione dei soggetti cui conferire l'incarico

si baserà sull'esame dei dati a disposizione dell'amministrazione cui seguiranno eventuali colloqui

individuali. «Il candidato che voglia fornire all'amministrazione ulteriori elementi di valutazione, oltre quelli

presenti nell'applicazione curriculum - scheda del dipendente, potrà compilare la lettera di presentazione

disponibile nella stessa applicazione» evidenziano dalle Entrate. Per l'attribuzione di un incarico,

rispondendo a prioritarie esigenze di carattere organizzativo, si terrà conto ordinariamente dell'operatività

degli uffi ci, e, subordinatamente, del coordinamento degli stessi.

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Pronta la bozza di dpcm. Il 24 settembre il parere in Conferenza unifi cata Degrado, ecco 200 mln Domande entro il 30/11 da parte dei comuni CINZIA DE STEFANIS Per la riqualificazione delle aree degradate c'è una dote da 200 milioni di euro. Le risorse ammontano a 50

milioni per il 2015 più 75 milioni per ciascun anno del biennio 2016-2017. Potranno presentare le domande

di inserimento nel piano, entro il 30 novembre prossimo, i comuni che avranno nel loro territorio aree

urbane degradate. Tutto questo lo prevede il bando messo a punto da palazzo Chigi in attuazione

all'articolo 1 commi da 431 a 434 della legge di stabilità 2015. Lo schema di bando (con relativo dpcm che

lo approva) è stato defi nito da Palazzo Chigi e inviato a luglio alle regioni e ai comuni per ottenere il

previsto parere. La giornata utile per il prescritto parere è fi ssata per il 24 settembre 2015. Gli interventi di

riqualifi cazione dovranno aggredire il degrado sociale e potranno prevedere «interventi di ristrutturazione

edilizia, riqualifi cazione e rigenerazione urbana». Potranno essere fi nanziati gli interventi per riqualifi care

beni, pubblici o privati, «che assolvono interesse pubblico» e che abbiano eventualmente valore storico o

artistici, i lavori su aree da destinare a verde, il potenziamento di infrastrutture «per sostenere l'attrattività

della scuola e l'orientamento formativo dei giovani», gli interventi «fi nalizzati alla riqualifi cazione,

potenziamento e adeguamento di beni pubblici o privati per assicurare protezione e accoglienza alle vittime

della violenza, tratta, sfruttamento e abusi sessuali su minori e adulti». La domanda di inserimento nel

piano nazionale dovrà essere sottoscritta digitalmente dal legale rappresentante dell'ente o da un suo

delegato e inviata via posta elettronica certifi cata. Alla domanda di inserimento nel piano nazionale per la

riqualifi cazione urbana andrà allegata la relazione descrittiva del progetto nel quale vengono posti in

evidenza gli effetti di miglioramento del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale e la relazione

tecnica sulle caratteristiche principali del progetti di riqualifi cazione urbana e sociale delle aree degradate

urbane. Il bando contiene un report di valutazione dei progetti, con relativo punteggio su base 100. I

progetti maggiormente premiati (fino a 30 punti su 100 per ciascun elemento) sono quelli che hanno

«capacità di coinvolgimento di soggetti e fi nanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto

moltiplicatore del fi nanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati» e quelli realizzabili più

rapidamente («tempestività degli interventi»). La procedura di valutazione della proposta sarà effettuata dal

comitato di valutazione della riqualifi cazione delle aree urbane. La segreteria tecnica provvederà

all'accertamento della completezza della domanda, alla verifi ca di tutta la documentazione presentata e ala

rispetto dei requisiti richiesti. Pena l'esclusione dalla procedura di valutazione. Il comitato provvederà alla

valutazione della domanda e all'attribuzione del relativi punteggio.

Foto: Lo schema di dpcm su sito www. italiaoggi.it/documenti

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Delrio rilancia: via la tassa sulla casa «Il lavoro riparte, è la stradagiusta» Alessia Gozzi ROMA «FINALMENTE un dato temporalmente lungo su occupazione e crescita: siamo sulla

strada giusta». Il ministro Graziano Delrio festeggia i numeri sfornati dall'Istat, nella consapevolezza che il

percorso non sarà comunque in discesa. A partire dalle prove che attendono il governo in autunno: «Siamo

qui per cambiare il Paese - avverte il titolare delle Infrastrutture -, se non ci lasciano governare non siamo

attaccati alle sedie». La crescita dello 0,3% nel trimestre, insieme con i dati positivi sull'occupazione, vi

fanno confidare di superare le stime per il 2015? «Ad oggi non possiamo sapere se avremo più margini.

Siamo molto felici perché la vera sfida è aumentare il potenziale di crescita e gli occupati, e ora possiamo

dire di essere sulla strada giusta. Con due dati significativi: l'occupazione è aumentata anche al Sud e

nell'edilizia». Secondo il leader degli industriali, Giorgio Squinzi, non basta e non è merito del governo...

«Non credo sia così, perché altri Paesi come la Francia hanno realizzato una crescita zero nonostante gli

stessi fattori esterni. I provvedimenti del governo, dalla defiscalizzazione al Jobs Act, stanno dando i primi

risultati. L'Italia deve terminare la corsa al lamento». A proposito di Sud, a che punto è il piano del governo?

«I pilastri sono due: favorire l'impresa e accelerare le infrastrutture. Scuole, ferrovie, aeroporti, legalità: ci

sono diversi gruppi di lavoro. I primi passi si vedranno già il 5 settembre a Milano». Il rinnovo degli sgravi

fiscali per i neoassunti sarà concentrato sul mezzogiorno? «Ci sono diverse ipotesi. L'obiettivo è rafforzare

l'industria manifatturiera del Sud, comunque non è stata presa nessuna decisione di togliere gli sgravi alle

altre imprese. Dipende dalle cifre che ci consentirà la flessibilità». Il premier ha parlato di 17 miliardi

complessivi, dalla clausola investimenti riusciremmo a spuntare 5-6 miliardi? E, soprattutto, a impiegarli?

«La cifra è quella. Una volta riconosciuta la sapremo sfruttare appieno: da Anas a Ferrovie ci sono già

diversi progetti in cantiere». La flessibilità è anche alla base del maxi taglio delle tasse, però l'Europa ci

raccomanda di ridurle sul lavoro, non sulla casa... L'eliminazione della Tasi si complica? «Le tasse sul

lavoro abbiamo già iniziato ad abbassarle. Tagliare una tassa che grava soprattutto sui ceti medio-bassi è

un'operazione complementare, non alternativa, che può favorire la ripresa dei consumi». Però verrebbe

tolta a tutti, anche ai ricchi... «L'indicazione del premier è di eliminare la Tasi in modo semplice ed

immediato per tutti». Tornando all'edilizia, Renzi aveva annunciato un piano da 20 miliardi per sbloccare i

cantieri. A che punto siamo? «Non ce lo siamo dimenticati, stiamo lavorando su tutti i settori che danno il

monte di investimenti: dai Provveditorati a Ferrovie, fino ad Anas. Solo per il dissesto ideologico abbiamo

già sbloccato cantieri da 1,5 miliardi. Un lavoro di stimolo e monitoraggio svolto ogni giorno qui al ministero.

L'Istat rivela, per la prima volta da quasi 20 trimestri, una ripresa dell'occupazione in edilizia, 34mila unità in

più. Qui concentreremo i nostri interventi». In che modo rinnoverete l'ecobonus? «Stiamo ragionando con il

Tesoro su diverse ipotesi: dalla proroga tout court a una più selettiva. La mia proposta è quella di ampliarlo

a edilizia residenziale pubblica e capannoni industriali. Nel 2015 il bonus ha attivato lavori per 25 miliardi,

con ricadute positive per le casse dello Stato». Il piano Juncker a che punto è? «Stiamo selezionando i

progetti. Gli ultimi sono stati Autovie e Pedemontana. Il parco è ampio ma li presenteremo di volta in volta

quando saranno affinati». Settembre, mese cruciale per il governo: un inciampo sulle riforme costituzionali

porterebbe alle urne? «L'orizzonte è quello di governare fino al 2018, ce lo chiedono gli italiani. Siamo qui

per cambiare il Paese, se non ce lo fanno fare ne prenderemo atto... non siamo attaccati alle sedie».

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