FONDAMENTI DI LETTERATURA LATINA · I Fondamenti di letteratura latina ricalcano la metodologia...

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G.B. Conte | E. Pianezzola FONDAMENTI DI LETTERATURA LATINA

L’età imperiale

G.B. Conte | E. Pianezzola

FONDAMENTI DILETTERATURALATINA3. L’età imperiale

QUESTO VOLUME SPROVVISTO DEL TALLONCINO A FRONTE (O OPPORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO) È DA CONSIDERARSI COPIA DI SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO (VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI ART. 17, C.2 L. 633/1941). ESENTE DA I.V.A. (D.P.R. 26.10.1972, N. 633, ART. 2, LETT. D).

Prezzo al pubblico

Euro 19,80

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FONDAMENTI DI LETTERATURA LATINA

1. L’età repubblicana2. L’età augustea

3. L’età imperiale

Il contesto Da Tiberio ai Flavi L’età degli imperatori per adozione Dai Severi a Diocleziano Da Costantino al sacco di Roma Da Onorio a OdoacreIl genere L’età giulio-claudia: poesia, storiografi a e discipline tecniche L’epica di età fl avia Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane Svetonio e la storiografi a ‘minore’ La letteratura cristiana: prosa e poesia La letteratura pagana La fi ne dell’impero e gli albori del MedioevoL’autore Seneca / Lucano / Petronio Persio e Giovenale / Marziale Quintiliano / Tacito / Apuleio Gli apologisti / I Padri della Chiesa

Percorsi Letterature nei secoli

Versioni Gli autori

Confi gurazione dell’opera1. L’età repubblicana ISBN 978-88-00-21136-9 2. L’età augustea ISBN 978-88-00-21137-63. L’età imperiale ISBN 978-88-00-21138-3

Materiali per il docente ISBN 978-88-00-21139-0

CONTENUTI ONLINE

• Sintesi audio del profi lo• Questionari interattivi sul profi lo (con autoverifi ca)• Tutorial di analisi del testo• Lettura ad alta voce di testi latini

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Premessa

La letteratura latina è una materia di insegnamento di lunghissima tradizione, che nelcorso del tempo si è esposta a orientamenti culturali diversi; orientamenti che, a lorovolta, hanno condizionato o almeno enfatizzato i metodi secondo i quali venivano stu-diati e letti gli autori classici: di volta in volta si sono succedute interpretazioni che nonpotevano non rispecchiare gli specifici interessi culturali di varie generazioni di studio-si. Tale incessante processo di trasformazione e rinnovamento si ripercuoteva ogni vol-ta sul mondo della scuola, che, per quanto ancorato a durevoli modelli tradizionali, hasempre saputo sottoporre le metodologie didattiche a verifiche, anzi spesso si è ancheaperto a sperimentazioni che facilitassero l’apprendimento.In tempi più recenti la nostra cultura ha attraversato un processo di rapida mutazio-ne, in seguito alla diffusione di nuovi linguaggi e nuovi codici comunicativi che ormaisono entrati a far parte del nostro quotidiano: nell’era del digitale e del multimediale,la scuola non può naturalmente sottrarsi all’esigenza di aggiornare le proprie tecnichedi insegnamento per mantenere vivo il dialogo con le nuove generazioni di studenti.Il dialogo, per essere proficuo, non può appunto ignorare l’innovazione, anche se latradizione continua a garantire la sostanza di modelli ancora validi, per certi aspettiinsostituibili.Le nuove generazioni di studenti, che sin dall’infanzia acquistano familiarità con dispo-sitivi elettronici e informatici, rivelano potenzialità di pensiero e di comunicazione unavolta impensabili, ma al tempo stesso manifestano debolezze e difficoltà di apprendi-mento cui bisogna porre rimedio. I nuovi Fondamenti di letteratura latina si rivolgono proprio a questi giovani, con lo sco-po di avvicinarli allo studio della cultura latina utilizzando un linguaggio nuovo, a loropiù congeniale, per guidarli alla scoperta di un universo di testi e di autori che, per quan-to distanti, possono essere resi più vicini fino a diventare nuovamente accessibili.I Fondamenti di letteratura latina ricalcano la metodologia già sperimentata con le Lezionidi letteratura latina: l’obiettivo è quello di guidare lo studente lungo un percorso chedalla storia letteraria arrivi alla lettura diretta dei testi dei singoli autori; di offrirgli unascelta antologica in cui il testo latino sia reso centrale sia nella sua originaria integrali-tà latina sia nella forma mediata dalla ‘traduzione a fronte’ sia infine nella sola tradu-zione italiana; di risvegliare in lui la curiosità per un mondo così distante nel tempomostrando tutte le continue trasformazioni che, nel corso dei secoli, ha subito un temao un genere letterario o un modello poetico, in un dialogo costante con le letteraturedelle epoche che si sono succedute fino ai giorni nostri. Restano sostanzialmente invariati, anche se semplificati, gli strumenti didattici che costi-tuivano la novità delle Lezioni: le introduzioni storiche per contestualizzare gli auto-ri e i generi, gli schemi e le mappe concettuali per facilitare la comprensione e la memo-rizzazione, le sintesi che agevolano il ripasso, le schede di approfondimento per inqua-drare autori e opere nel panorama della cultura classica, le schede di guida alla lettu-ra a corredo dei singoli brani antologici, tutti introdotti e commentati e gli esercizi diverifica per riscontrare immediatamente le conoscenze acquisite. Infine un’utile gui-

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PremessaIV

da alla traduzione offre allo studente una serie di consigli chiari e sintetici, insieme aversioni corredate di note grammaticali e lessicali.Rispetto alle Lezioni, il profilo è stato reso più agile, talvolta con tagli e chiarimenti làdove è sembrato necessario; nell’antologia è stata data maggiore evidenza ai brani in tra-duzione italiana (molte volte con il testo latino abbinato), e la relativa Guida alla lettu-ra è stata semplificata per evitare discorsi troppo specialistici.A questo insieme di aiuti didattici offerti dal libro di testo si affiancano gli strumentimultimediali già presenti nelle Lezioni: letture recitate, analisi visive di brani esempla-ri, questionari interattivi, ripassi. La scommessa è che alla fine l’esperienza del passatopossa apparire di nuovo vicina e viva quanto quella del presente: confrontabili fra loro,l’una e l’altra, simili nella diversità e diverse nella somiglianza.

Gian Biagio Conte

Segni tipografici particolari ricorrenti nei testi

[ ] Le parentesi quadre indicano «espunzione», l’eliminazione cioè di una parte di testo ritenuta nonautentica.

<> Le parentesi angolari indicano «integrazione», la restituzione cioè di una parte del testo che si ritienecaduta nella tradizione manoscritta.

*** I tre asterischi indicano una lacuna, cioè la caduta di una parte di testo che l’editore non ritiene di poterintegrare.

† La croce (crux) indica nel testo una corruttela non sanabile (locus desperatus).

* L’asterisco preposto a una parola indica che la parola non è attestata ma postulata dagli studiosi.

Simboli infografici ricorrenti nell’Antologia

Il testo che nell’Antologia è contrassegnato da questobollino si presta in modo particolare a un lavoro didat-tico sulla grammatica, il lessico o la struttura (dei con-

tenuti o della lingua), proposto sotto forma di schemanella Guida alla lettura o come esercizio nel Laboratoriodi latino.

Focus su...

LESSICOFocus su...

GRAMMATICAFocus su...

STRUTTURE

000PremessaV03_28-01-11 31-01-2011 10:25 Pagina IV

IndiceI testi antologici in latino sono indicati con , quelli in latino/italiano con e quelli in italiano con .ttt

Il I secolo (14-96 d.C.)

il contesto 1. Da Tiberio ai Flavi

La storia1. La dinastia giulio-claudia 2

■ La dinastia giulio-claudia: un albero genealogico semplificato 22. La dinastia flavia 4

La società e la cultura3. Letteratura e principato 5

il genere 2. Poesia e teatro nell’età giulio-claudia

1. La stagione d’oro della poesia ‘minore’ 72. La poesia astronomica: Manilio 73. Fedro e la favola in versi 7

■ La favola 84. Spettacoli e teatro sotto Nerone 9Bibliografia 9

il genere 3. La prosa minore in età giulio-claudia

1. Seneca il Vecchio e le declamazioni 102. La storiografia: Velleio Patercolo, Valerio Massimo e Curzio Rufo 103. Le discipline tecniche e la prosa scientifica 11Bibliografia 13Sitografia 13

Premessa III

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IndiceVI

l’autore 4. Seneca

PROFILO 1. Il filosofo e il potere 162. Vita e morte di uno stoico 163. Le opere 164. I Dialogi e la saggezza stoica 175. Il De beneficiis e il De clementia: il filosofo e la politica 196. Le Epistulae ad Lucilium: la pratica quotidiana della filosofia 207. Lo stile delle opere filosofiche, tra meditazione e predicazione 21

■ L’epistola filosofica 218. Le tragedie 22

■ La diàtriba e la satira menippea 229. L’Apokolokyntosis 23Bibliografia 25Sitografia 25

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ANTOLOGIA 27

1. Seneca filosofo: il tempo, la morte, la virtù 28Il tempo: conoscerne il valore per usarlo al meglio 28

1 Il tempo, il bene più prezioso (De brevitate vitae, 8) 282 Il tempo, un possesso da non perdere (Epistulae ad Lucilium, 1) 30

■ Il tempo in Seneca 343 Gli aspetti positivi della vecchiaia (Epistulae ad Lucilium, 12) 354 Viviamo alla giornata! (Epistulae ad Lucilium, 101,1-9) 40

La morte, un appuntamento inevitabile 425 La morte non è un male (Consolatio ad Marciam, 19,4-20,3) 42

■ Il genere della consolatio 466 Il suicidio, via per raggiungere la libertà

(Epistulae ad Lucilium, 70,14-19) 47■ Il suicidio di Catone: un modello per il saggio stoico 49

7 Vivrà male chi non saprà morire bene (De tranquillitate animi, 11) 50

La virtù come presupposto della felicità 528 La vera felicità consiste nella virtù (De vita beata, 16) 529 La filosofia e la felicità (Epistulae ad Lucilium, 16) 54

2. Il saggio stoico 5710 L’inviolabilità del perfetto saggio (De constantia sapientis, 5,3-5) 5711 Un dio abita dentro ciascuno di noi (Epistulae ad Lucilium, 41,1-5) 58

■ Linguaggio dell’interiorità e linguaggio della predicazione 6212 L’immoralità della folla e la solitudine del saggio

(Epistulae ad Lucilium, 7) 62t

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Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

Leggere SENECA

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Indice VII

13 Il saggio è grato a chi detiene il potere (Epistulae ad Lucilium, 73,1-11) 66

3. Il saggio nella società del suo tempo 70Otium o negotium, impegno o disimpegno? 70

14 Le due res publicae (De otio, 3,2-4,2) 7015 L’otium filosofico come forma superiore di negotium

(De otio, 6) 74■ L’otium ai tempi di Seneca: una scelta obbligata 76

Rapporti pubblici e privati 7716 Anche gli schiavi sono esseri umani

(Epistulae ad Lucilium, 47,1-13) 7717 Perdonare sì, ma non indiscriminatamente (De clementia, 1,2,1-2) 8018 Elogio di Claudio e della sua clementia

(Consolatio ad Polybium, 12,3-13,4) 81

4. Seneca poeta satirico e tragico 84L’Apokolokyntosis 84

19 Un esordio all’insegna della parodia (Apokolokyntosis, 1-4,1) 8420 Claudio all’inferno (Apokolokyntosis, 14-15) 88

Le tragedie e il conflitto tra passione e ragione 9021 Medea decide di uccidere i figli (Medea, vv. 936-977) 90

■ Medea, eroina ‘dannata’, dalla classicità a oggi 9222 La monodia di Tieste (Thyestes, vv. 920-969) 94

PERCORSI Letterature nei secoli A tu per tu con la propria anima: il linguaggio dell’interiorità da Seneca a oggi 97

l’autore 5. Lucano

PROFILO 1. L’epica dopo Virgilio 1042. Un poeta alla corte del principe 1043. La Pharsalia e il rinnovamento del genere epico 1044. Un poema senza eroe: i personaggi della Pharsalia 1065. Il poeta e il principe: l’evoluzione della poetica lucanea 1076. Lo stile della Pharsalia 108Bibliografia 108Sitografia 109

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ANTOLOGIA 111

1. La Pharsalia, un’Eneide rovesciata 112La riscrittura dell’epos 112

1 Il tema del canto: la guerra fratricida (Pharsalia, 1, vv. 1-32) 1122 Mito e magia: l’incantesimo di Eritto (Pharsalia, 6, vv. 654-718) 1163 La profezia del soldato: la rovina di Roma (Pharsalia, 6, vv. 776-820) 119

2. I personaggi della Pharsalia 122Caratterizzazione e ideologia 122

4 L’‘eroe nero’: Cesare passa il Rubicone (Pharsalia, 1, vv. 183-227) 1225 Un Enea sfortunato: la morte di Pompeo (Pharsalia, 8, vv. 610-635) 1256 Catone, ovvero la virtù: ritratto di un saggio

(Pharsalia, 2, vv. 380-391) 127

Con Pompeo è morta ogni parvenza di libertà (Pharsalia, 9, vv. 190-214) 129

l’autore 6. Petronio

PROFILO 1. Un capolavoro pieno di interrogativi 1322. Autore, titolo e datazione del Satyricon 1323. La trama del Satyricon 133

■ Il ritratto di Petronio in Tacito: un dandy dell’antichità 1334. Il problema del genere letterario 1345. Realismo, «autore nascosto» e parodia 136Bibliografia 138Sitografia 138

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ANTOLOGIA 140

1. Il Satyricon, un romanzo parodia 141La parodia dei generi letterari alti e bassi 141

Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

La verifica

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Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

Leggere LUCANO

Leggere PETRONIO

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Indice IX

1 Un suicidio mancato (Satyricon, 80) 141 2 Il lamento in riva al mare (Satyricon, 81) 143 3 L’ira di Encolpio (Satyricon, 82) 1454 Una novella: La matrona di Efeso (Satyricon, 111-112) 148

Eumolpo, l’altra faccia della cultura 1525 Incontro in pinacoteca (Satyricon, 83,1-84,3) 1526 A Crotone: la messinscena di Eumolpo (Satyricon, 116-117,10) 154

2. A cena da Trimalchione 1587 L’ingresso di Trimalchione (Satyricon, 31,3-33,8) 1588 Chiacchiere tra convitati (Satyricon, 44,1-46,8) 160

■ La lingua dei liberti 1659 Il testamento di Tromalchione

(Satyricon, 71,1-12) 16610 L’ascesa di un parvenu (Satyricon, 75,10-77,6) 168

PERCORSI Letterature nei secoli Le fantasie letterarie di un eroe ingenuo, da Petronio a oggi 172

il genere 7. La satira

PROFILO 1. La trasformazione del genere satirico 1802. Persio: la satira come esigenza morale 1803. Giovenale: la satira tragica 182Bibliografia 187Sitografia 187

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ANTOLOGIA 189

1. Persio 190Una poetica controcorrente 190

1 Un poeta «semirozzo» contro la poesia di corvi e gazze(Choliambi, vv. 1-14) 190

2 Persio contro le mode poetiche (Satire, 1, vv. 1-78; 114-134) 192

3 Conosci te stesso e rifiuta ciò che non sei (Satire, 4) 197t

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Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

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Leggere LA SATIRA

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IndiceX

2. Giovenale 200Un nuovo tipo di satira 200

4 È difficile non scrivere satire (Satire, 1, vv. 1-30) 2005 La satira tragica (Satire, 6, vv. 627-661) 203

Una società alla rovescia 2056 Uomini che si comportano da donne (Satire, 2, vv. 65-109) 206 7 Le disgrazie del matrimonio (Satire, 6, vv. 136-160) 2088 I terribili mali della vecchiaia (Satire, 10, vv. 188-202; 227-238) 209

il genere 8. L’epica di età flavia

1. I tre epigoni di Virgilio 2112. Stazio, un dotato poeta di corte 211

■ Il mito dei Sette contro Tebe 2123. Valerio Flacco, un raffinato rielaboratore 2134. Silio Italico, il cultore di Virgilio 213Bibliografia 215Sitografia 215

il genere 9. Plinio il Vecchio e il sapere specialistico

1. La cultura scientifica a Roma nell’età imperiale 2162. Plinio il Vecchio 216Bibliografia 218Sitografia 218

l’autore 10. Marziale

PROFILO 1. Il campione dell’epigramma 2202. Un’esistenza inquieta 2203. Il corpus degli epigrammi 2204. La scelta del genere tra satira e arguzia 221

■ L’epigramma 2225. Lo stile 223Bibliografia 223Sitografia 223

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224Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

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Indice XI

ANTOLOGIA 225

1. Marziale personaggio 2261 Bìlbilis contro Roma (Epigrammi, 10,96) 2262 I valori di una vita serena (Epigrammi, 10,47) 228

■ Amici e clienti, le due declinazioni dell’amicitia 2283 Orgoglio di un poeta spagnolo (Epigrammi, 1,61) 2294 Poesia lasciva, vita onesta (Epigrammi, 1,4) 231

2. Gli epigrammi scoptici 2335 Medico o becchino, fa lo stesso (Epigrammi, 1,47) 2336 Beni privati, moglie pubblica (Epigrammi, 3,26) 2347 Una sdentata che tossisce (Epigrammi, 1,19) 2358 L’imitatore (Epigrammi, 12,94) 236

3. Gli epigrammi letterari 2379 Libri tascabili (Epigrammi, 1,2) 23710 L’umile epigramma contro i generi elevati (Epigrammi, 10,4) 23911 Il gradimento del pubblico (Epigrammi, 4,49) 240

4. Altre tipologie epigrammatiche 24212 Il Colosseo, meraviglia del mondo (Liber de spectaculis, 1) 24213 Miracolo nell’arena (Epigrammi, 1,6) 24314 Epitafio per la piccola Erotion (Epigrammi, 5,34) 24415 Un’incantevole sala da pranzo (Epigrammi, 2,59) 245

La ragazza ideale (Epigrammi, 1,57) 247

l’autore 11. Quintiliano

PROFILO 1. Retore e pedagogo 2502. La vita e le opere 2503. Il dibattito sulla corruzione dell’eloquenza 2504. La Institutio oratoria come risposta alla decadenza dell’oratoria 251

■ Le declamationes 252■ La retorica 254

5. Lo stile 254Bibliografia 255Sitografia 255

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256Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

La verifica

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Leggere MARZIALE

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IndiceXII

ANTOLOGIA 257

1. L’educazione del futuro oratore 2581 I primi insegnanti (Institutio oratoria, 1,1,1-11) 258

■ L’educazione a Roma 2632 L’importanza del gioco (Institutio oratoria, 1,1,12-23) 2643 Il maestro ideale (Institutio oratoria, 2,2,4-13) 266

■ La scuola pubblica 268

2. Lettura e composizione 2704 Leggere la poesia e la storia (Institutio oratoria, 10,1,27-34) 2705 Il giudizio su Seneca (Institutio oratoria, 10,1,125-131) 2746 La concentrazione (Institutio oratoria, 10,3,22-30) 276

3. L’oratore e il potere 2797 L’oratore deve essere onesto (Institutio oratoria, 12,1-13) 279t

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Il II secolo (96-192 d.C.)

Leggere QUINTILIANO

il contesto 12. L’età degli imperatori per adozione

La storia1. Un secolo di stabilità politica 2842. Da Nerva a Traiano 2843. Adriano e gli Antonini, l’«età aurea» del principato 285

La società e la cultura4. Il clima culturale del II secolo 2865. Letteratura e religione 287

il genere 13. Plinio il Giovane, tra epistola e panegirico

1. Un intellettuale mondano 2882. L’epistolario: struttura e temi 2883. Plinio e Traiano: il carteggio e il Panegyricus 289

■ Gli ambienti letterari nella Roma imperiale 289Bibliografia 290Sitografia 290

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Indice XIII

l’autore 14. Tacito

PROFILO 1. Il pathos della storia 2922. La vita 2923. Le opere 2924. Il Dialogus de oratoribus e la decadenza dell’oratoria 293

■ La corrotta eloquenza: un dibattito acceso 2945. Agricola, un esempio di resistenza al regime 2956. L’idealizzazione dei barbari: la Germania 2957. Le Historiae: gli anni cupi del principato 2968. Gli Annales: alle radici del principato 298Bibliografia 301Sitografia 301

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ANTOLOGIA 303

1. L’Agricola: una biografia, ma non solo 3041 Origine e carriera di Agricola (Agricola, 4-6) 3042 La prima esperienza in Britannia (Agricola, 8) 3063 L’invidia di Domiziano per i successi di Agricola

(Agricola, 39-40) 3074 L’elogio di Agricola (Agricola, 44-46) 3095 La Britannia (Agricola, 10) 3116 I Britanni (Agricola, 11-12,4) 3127 Il discorso di Calgaco (Agricola, 30-32) 314

2. La Germania: fra storia ed etnografia 3188 I confini della Germania (Germania, 1) 3189 I Germani: le origini e l’aspetto fisico (Germania, 2; 4) 319

■ I Germani, una minaccia ai confini settentrionali dell’impero 32210 Il valore militare dei Germani (Germania, 6; 14) 32211 L’onestà delle donne germaniche (Germania, 18,1-20,2) 32412 Il vizio del bere e la passione per il gioco d’azzardo

(Germania, 23-24) 32613 La società germanica: schiavi e liberti (Germania, 25) 32814 Le cerimonie funebri (Germania, 27) 329

3. L’opera storica: le Historiae e gli Annales 330La tecnica del ritratto 330

15 Il ritratto di Seiano (Annales, 4,1) 33016 Il ritratto «indiretto»: Tiberio (Annales, 1,6-7) 332t

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Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

Leggere TACITO

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XIV

17 La corruzione delle donne romane: l’esempio di Ponzia(Annales, 13,44) 334

18 Il ritratto «paradossale»: Licinio Muciano (Historiae, 1,10) 335

La storiografia tragica 33619 La rivolta dei Batavi: Giulio Civile e le ragioni dei vinti

(Historiae, 4,14; 17) 33620 Le ragioni dei Romani: il discorso di Petilio Ceriale

(Historiae, 4,73-74) 33921 La morte di Messalina (Annales, 11,37-38) 34122 Nerone fa uccidere Agrippina (Annales, 14,2-10) 343

4. Il pensiero politico di Tacito 35023 Il principato spegne la virtus (Agricola, 1) 35024 Il discorso di Galba a Pisone (Historiae, 1,15-16) 35225 Un’illusione: il programma politico di Nerone (Annales, 13,4) 35426 L’alternativa stoica: i suicidi di Seneca e Tràsea Peto

(Annales, 15,62-64; 16,34-35) 35627 Il rovesciamento dell’ambitiosa mors: il suicidio di Petronio

(Annales, 16,18-19) 360

PERCORSI Letterature nei secoli Imperialismo, guerra ‘giusta’ e civilizzazione: da Tacito a oggi 362

il genere 15. Svetonio e la storiografia ‘minore’

1. Le nuove tendenze della storiografia 3672. Svetonio, un biografo a corte 367

Svetonio 369Bibliografia 370Sitografia 370

l’autore 16. Apuleio

PROFILO 1. Un intellettuale poliedrico 3722. Filosofia, oratoria e magia 372

■ L’età di Apuleio, tra sofisti, gnostici e seguaci di Iside 3733. Apuleio e il romanzo 3744. Lingua e stile 377Bibliografia 377Sitografia 377

378

378Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

Cosa bisogna sapere su…

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Indice

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Indice XV

ANTOLOGIA 379

1. L’Apològia: Apuleio in tribunale 3801 I pesci di Apuleio (Apològia, 29-30) 3802 La difesa di Apuleio (Apològia, 90-91) 383

2. Le Metamorfosi: Apuleio narratore 385Le peripezie di Lucio 385

3 Il proemio: un’ambiguità programmatica (Metamorfosi, 1,1) 3854 Verso la Tessaglia: curiositas e magia (Metamorfosi, 1,2-3) 3885 Lucio assiste alla metamorfosi di Panfila (Metamorfosi, 3,21-22) 3906 La perfida moglie del mugnaio (Metamorfosi, 9,14,2-16; 22,5-23) 3917 Il lieto fine: Lucio iniziato al culto di Iside (Metamorfosi, 11,29-30) 394

La favola di Amore e Pische 3958 Una nuova Venere (Metamorfosi, 4,28) 3969 Psiche sposerà un «mostro crudele» (Metamorfosi, 4,32-33) 39710 Psiche respinta da Cerere e da Giunone (Metamorfosi, 6,1-5) 400

■ Amore e Psiche: le interpretazioni della novella 402

il genere 17. Prosa e poesia minore

1. Il movimento arcaizzante: Frontone e Gellio 4042. Il II secolo d.C.: i novelli 404Bibliografia 405Sitografia 405

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Leggere APULEIO

Il III secolo (193-305 d.C.)

il contesto 18. Dai Severi a Diocleziano

La storia1. Un’epoca di forti tensioni politico-sociali 4082. La dinastia dei Severi 4083. L’anarchia militare (235-284 d.C.) 4094. La restaurazione di Diocleziano (284-305 d.C.) 409

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IndiceXVI

La società e la cultura5. Una società in crisi 4106. La diffusione del cristianesimo 410

PROFILO 19. Gli inizi della letteratura cristiana

1. La nascita di una nuova letteratura 411■ Dalla gloria del mondo alla gloria del martirio: come i valori pagani diventano cristiani 412

2. Gli apologisti 4133. Commodiano, il primo poeta cristiano 415Bibliografia 416Sitografia 416

ANTOLOGIA 417

1. Tertulliano 418L’Apologeticum: la difesa del cristianesimo 418

1 L’odio contro i cristiani è frutto di ignoranza (Apologeticum, 1,4-8) 4182 Semen est sanguis Christianorum! (Apologeticum, 50,12-16) 419

Contro le donne 4213 La donna, erede di Eva e diaboli ianua (De cultu feminarum, 1,1-2) 4214 La donna non deve cingersi il capo di corone (De corona, 14) 422

L’antimilitarismo dei cristiani 4245 Un buon cristiano non può fare il soldato (De corona, 11,1-5) 424

2. Minucio Felice 426L’Octavius: pagani e cristiani in un pacato confronto 426

6 Un dio invisibile (Octavius, 10) 4267 Un dio onnipresente e onnisciente (Octavius, 32) 427t

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il contesto 20. Da Costantino al sacco di Roma

La storia1. Costantino (312-337 d.C.) e la cristianizzazione dell’impero 432

Il IV secolo (306-410 d.C.)

Leggere GLI APOLOGISTI

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Indice XVII

2. Da Costantino a Teodosio 4333. L’impero dopo Teodosio 433

La società e la cultura4. Un secolo di grandi mutamenti sociali 4345. La fine di Roma come fine del mondo 434

il genere 21. La letteratura pagana del IV secolo

1. Grammatica, filologia ed erudizione 4352. L’oratoria 4353. La storiografia 4364. La poesia 437Bibliografia 439Sitografia 439

il genere 22. Il trionfo del cristianesimo

1. Costantino e l’affermazione del cristianesimo 4402. La seconda apologetica 4403. La poesia cristiana 441Bibliografia 442Sitografia 442

l’autore 23. I Padri della Chiesa

PROFILO 1. Il ‘secolo d’oro’ del pensiero cristiano 4442. Ambrogio 4443. Girolamo 4464. Agostino 448

■ Eresie e scuole di pensiero all’epoca di Agostino 453Bibliografia 454Sitografia 455

456

458

ANTOLOGIA 459

1. Ambrogio 460Gli inni sacri: il successo di un genere 460

Questionario di riepilogo

L’autore in sintesi

Leggere I PADRI DELLA CHIESA

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XVIII

1 Deus creator omnium (Hymni, 4) 460

Paganesimo e cristianesimo: un conflitto di valori 4622 L’altare della Vittoria: Ambrogio contro Simmaco

(Epistulae, 18,8-11; 39) 462

2. Girolamo 466Un tormentato ammiratore della cultura classica 466

3 Ciceronianus es, non Christianus (Epistulae, 22,30) 4664 Sul modo migliore di tradurre (Epistulae, 57,5; 12-13) 4685 La vita di Tertulliano (De viris illustribus, 53) 471

3. Agostino 473Le Confessiones: storia di una conversione 473

6 I peccati dell’infanzia (Confessiones, 1,7,11) 4737 Il furto delle pere (Confessiones, 2,4,9) 4748 Innamorato dell’amore (Confessiones, 3,1,1) 4769 Il mendicante ubriaco (Confessiones, 6,6,9) 47810 Tolle lege: la conversione (Confessiones, 8,12,28-30) 48011 L’estasi di Ostia (Confessiones, 9,10,23-26) 48412 Il tempo (Confessiones, 11,14,17;15,18-20; 27,36) 486

Il De civitate Dei: una rivisitazione della storia romana 48913 Le scelleratezze di Romolo (De civitate Dei, 3,6; 13) 48914 Dio dà e toglie l’impero a suo piacimento (De civitate Dei, 5,21) 492

PERCORSI Letterature nei secoli L’uomo e la natura del tempo da Agostino a oggi 494

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Il V secolo (410-476 d.C.)

il contesto 24. Da Onorio a Odoacre

La storia1. Le invasioni barbariche 5042. Da Valentiniano III alla fine dell’impero 505

Indice

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Indice XIX

LibroPiùWebLa sintesi audio del profilo in formato MP3,per riascoltare e ripassare le nozioni e iconcetti principali.

Il questionario interattivo con autoverificasugli autori maggiori, per prepararsiall’interrogazione.

L’analisi di brani esemplari, da seguire inclasse sulla LIM: per imparare ad analizzareun testo letterario.

La lettura ad alta voce di testi antologici inversi e in prosa, per imparare a leggere inmetrica e ‘fare l’orecchio’ ai prosatori.

il genere 25. La fine dell’impero e gli albori del Medioevo

1. Conservazione e permanenza dell’antico 5062. La poesia: le ultime voci 5063. La storiografia: interpretazioni cristiane e storie di barbari 5074. I grandi dotti: grammatica, filosofia ed enciclopedismo 5085. Verso una nuova era 508Bibliografia 509Sitografia 509

Versioni 511Appendice metrica 527Indice delle schede sui generi letterari 531Indice dei nomi 533

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L’autorePetronio

I secolo a.C.

Caritone

In Grecia

I secolo d.C.

Petronio

A Roma

Profilo eAntologia

LA LINEA DEL GENERE Il romanzo

scholastici e libertiLA PAROLA CHIAVE

LA VITAcome si chiama: Petronio Arbitroquando nasce: non si saquando muore: 66 d.C.

IL GENERE DI RIFERIMENTOromanzo

LE OPERESatyricon

romanzo satirico-parodico ambientato nella Roma neroniana

ANTOLOGIA

IL SATYRICON, UN ROMANZO PARODIA A CENA DA TRIMALCHIONE

(T7-T10)Eumolpo, l’altra faccia della cultura(T5-T6)

Una pluralità di generi nello spazio del romanzo(T1-T4)

PROFILO

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132

6. Petronio

Profilo

1. Un capolavoro pieno di interrogativiSotto il nome di Petronio l’antichità ci ha trasmesso uno dei massimi capolavori della nar-rativa mondiale, comunemente noto con il titolo di Satyricon, che con le sue avventure comi-che, satiriche e paradossali ha profondamente influenzato lo sviluppo del romanzo europeo. Si tratta di un isolato e impressionante esperimento della narrativa antica, che continuatuttavia a essere oggetto di interrogativi molteplici e sovrapposti: del Satyricon sono incer-ti l’autore, la data di composizione, il significato del titolo, l’estensione originaria, la tra-ma, il genere letterario in cui si inserisce e il pubblico a cui era destinato. Se per alcune diqueste questioni esiste una soluzione pienamente soddisfacente, per altre sarà bene tenerepresente quanto limitate e parziali restino le nostre conoscenze e le relative ipotesi.

2. Autore, titolo e datazione del SatyriconSecondo la tradizione manoscritta, il Satyricon è opera di un misterioso Petronius Arbiter,di cui nulla sappiamo. Oggi, tuttavia, la grande maggioranza degli interpreti concorda nel-l’identificarlo con un cortigiano di Nerone mirabilmente ritratto da Tacito negli Annales(vedi la scheda a p. 133), un fascinoso personaggio console nel 62 e suicida nel 66 per volon-tà dell’imperatore, che pure lo riteneva il suo elegantiae arbiter, giudice per eccellenza del-lo chic e della raffinatezza. Tacito non parla però del Satyricon, e l’identificazione del Petroniotacitiano con l’autore del Satyricon, a dire il vero, non poggia su alcuna testimonianza chela renda esplicita. Il titolo tramandato nei codici, Satyricon, è un grecismo formato da Satyri, «satiri», le grot-tesche creature della mitologia, più il suffisso di derivazione greca -icus, che caratterizza ititoli di molti romanzi greci.A giudicare dalla tradizione indiretta, l’opera deve essere stata composta entro la fine delII secolo d.C., perché a quell’epoca risalgono le più antiche citazioni del Satyricon da par-te di un grammatico, Terenziano Mauro. Più precisamente, gli elementi di datazione interni (cioè desunti dal testo stesso del Satyricon)concordano con una datazione che non va oltre il principato di Nerone: le allusioni a per-sonaggi storici, i presupposti sociali della trama (economia, diritto, istituzioni, e l’ambien-tazione in genere) sono tutti compatibili con questo periodo di composizione, e nessunsingolo indizio implica una datazione più tarda. La data di composizione è ancora più precisa se si accetta che il Bellum civile, un lungoinserto poetico affidato alla voce di un personaggio, il poeta Eumolpo, contenga dei pre-cisi riferimenti alla Pharsalia di Lucano, morto solo un anno prima di Petronio: il dibat-tito sul poema storico si inquadra particolarmente bene nel clima letterario dell’età di Nerone.Non risulta con sicurezza che Petronio abbia scritto altre opere letterarie, anche se ci sonogiunti alcuni carmi e frammenti poetici sotto il suo nome. Una parte di questo materialepoetico era originariamente inserita nel Satyricon, che deve aver contenuto, a giudicare daquello che abbiamo, copiosissimi e svariati inserti poetici.

Le questioniposte dalSatyricon

Petronio, arbiterelegantiaedi Nerone

Il titolo

La datazione

Altre opere

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Petronio 133

PER APPROFONDIRE

Il ritratto di Petronio in Tacito: un dandy dell’antichitàUn suicidio paradossale Narrandole circostanze della morte diPetronio, Tacito delinea unpersonaggio paradossale, inimitabile(vedi T27, p. 360): Petronio erastato un valido ed efficiente uomodi potere, prima proconsole inBitinia, poi console; ma la qualitàche lo rendeva prezioso a Nerone erala sua raffinatezza, il suo gustoestetico, che faceva di lui un dandyante litteram.Spinto a togliersi la vita nel 66 daintrighi di palazzo, stupì ancora unavolta, realizzando un suicidioparadossale come lo era stata la suaesistenza. Nessuna ostentazione diseverità stoica, anzi: aprendosi erichiudendosi le vene, Petroniopassò le ultime ore a banchetto,occupandosi di poesia e senzalanciare proclami filosofici otestamenti politici. Si occupò deisuoi servi, e scelse di denunciareapertamente i crimini e le sconcezzedell’imperatore in una lettera-testamento; infine distrusse il suoanello, che recava il sigillo, perchénon venisse riutilizzato per qualchecontraffazione.Le consonanze fra il ritrattotacitiano e il Satyricon È chiaro

che il ritratto deve molto all’arte diTacito; tuttavia, a molti lettori diPetronio le somiglianze conl’atmosfera del Satyricon sonoapparse troppo belle per essere false.Spregiudicatezza, acuto sguardocritico, disillusione, senso dellamistificazione e un’aristocraticacultura letteraria sono tutte qualitàche l’autore del Satyricon, propriocome il Petronio tacitiano, deve averposseduto in modo elevatissimo. Equesto signore della parodialetteraria potrebbe benissimo avergestito la sua stessa morte come unaparodia.Il ‘personaggio’ Petronio creato daTacito ha goduto di grande fortunaletteraria, e come modello di estetaperseguitato piacque molto aiprotagonisti del Decadentismoeuropeo e a Sienkiewicz, cheimmortalandolo nel Quo vadis? hacontribuito al crescere di questomito presso il grande pubblico. Il Satyricon e la corte neronianaQuanto al capolavoro di Petronio,non sappiamo se Tacito conoscessedirettamente il Satyricon; se loconosceva, può darsi che ne abbiatenuto conto nel tracciare il suoritratto del cortigiano di Nerone, e

sicuramente non era tenuto a citare,nella sua severa opera storica, untesto così eccentrico e scandaloso. D’altra parte, è legittimo cercarealcuni punti di contatto tra lesituazioni descritte nell’opera el’atmosfera della corte neroniana. Siè pensato che il gusto dell’autoreper la vita dei bassifondi abbia unasottile complicità con i gustidell’imperatore: gli storiciantineroniani attribuiscono aNerone un’intensa vita notturna,condotta in incognito,frequentando bettole e postriboli,mescolandosi a risse. Inoltre è possibile che la Presa diTroia, un inserto poetico nell’operacantato dal poeta Eumolpo, abbiaqualche rapporto (forse parodico?)con il poema di Nerone sulla guerradi Troia che secondo Tacitol’imperatore cantò di fronteall’incendio di Roma.Ma se anche l’autore del Satyricon èil Petronio di Tacito e le allusionialla corte neroniana sonoeffettivamente vere, continua asfuggirci il senso dell’operazione:satirico e polemico, o piuttostodestinato al divertimento dellacorte?

3. La trama del SatyriconDel Satyricon ci è rimasto un lunghissimo frammento narrativo in prosa, con sezioni inversi, residuo di una narrazione molto più lunga. Secondo la tradizione manoscritta, la par-te che abbiamo comprende stralci dei libri XIV e XVI e la totalità del libro XV, che pro-babilmente coincideva con il lungo frammento chiamato Cena di Trimalchione, una cele-bre descrizione di un sontuoso banchetto offerto da un liberto arricchito a molti commen-sali, tra cui i protagonisti. Non possiamo stabilire lo sviluppo esatto della trama né per quan-to riguarda l’antefatto, né per quanto riguarda la parte conservataci (che procede a sbalzie frammenti); impossibile anche sapere quanto a lungo proseguisse la narrazione dopo laparte a noi conservata e quale fosse il finale.La storia è narrata in prima persona dal protagonista Encolpio, un giovane di buona cul-tura che compare in tutti gli episodi della storia. Da principio, in una imprecisata Graecaurbs della Campania, Encolpio, ha a che fare con un maestro di retorica, Agamennone, e

Frammentarietàdel testo

L’inizio: Encolpio ascoltaAgamennone

T7-T10

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134Profilo

discute con lui il problema della decadenza dell’oratoria. La problematica era molto dibat-tuta nel I secolo d.C., ma Agamennone ha l’aria di un professore da strapazzo.Apprendiamo che Encolpio viaggia in compagnia di un altro avventuriero dal passato burra-scoso, Ascilto, e di un bel giovinetto, Gìtone; fra questi personaggi corre un triangolo amoro-so. Entra in scena una matrona di nome Quartilla, che coinvolge i tre in un rito in onore deldio Priàpo, più che altro un pretesto per asservire i tre giovani ai capricci lussuriosi di Quartilla.Appena sfuggiti a Quartilla, i tre vengono scritturati per un banchetto in casa di Trimalchione,un ricchissimo liberto dalla sconvolgente rozzezza. Si descrive con abbondanza di dettaglilo svolgersi della cena, una teatrale esibizione di ricchezza e di cattivo gusto; la scena è domi-nata dai liberti amici di Trimalchione e dalle loro chiacchiere. Solo un casuale incidentedecreta la fine della cena, e ‘libera’ nuovamente i nostri eroi. La rivalità omosessuale tra Encolpio e Ascilto precipita; i due, gelosi dell’amore di Gìtone,hanno un violento litigio, e Ascilto si porta via il ragazzo. Encolpio, affranto, entra casual-mente in una pinacoteca, e qui conosce un nuovo personaggio, il poetastro vagabondoEumolpo, anziano e insaziabile. Eumolpo comincia a recitare seduta stante una sua Presadi Troia, che riceve pessima accoglienza da parte dei presenti.Dopo una rapida serie di peripezie, Encolpio riesce a recuperare Gìtone e a liberarsi di Ascilto,che scompare dalla storia; ma Eumolpo si rivela un aspirante altrettanto pericoloso alle gra-zie di Gìtone. Il nuovo terzetto amoroso lascia precipitosamente la città imbarcandosi, in incognito, suuna nave mercantile. Durante la rotta, il padrone della nave si rivela essere il peggior nemi-co di Encolpio: è un mercante di nome Lica, che vuole vendicarsi per qualche preceden-te avventura a noi ignota; con lui viaggia una signora di dubbia moralità, Trifena. Scoperto,Encolpio è ormai in balìa della vendetta di Lica: Eumolpo tenta di sedare la rissa raccon-tando la piccante novella della Matrona di Efeso. Mentre la situazione sembra volgere alpeggio, una provvidenziale tempesta spazza in mare Lica, Trifena fugge su una barca, lanave cola a picco ed Encolpio, Gìtone ed Eumolpo si ritrovano soli sulla riva.Inizia così una nuova avventura. I tre scoprono di essere nei paraggi della città di Crotone,città dal passato glorioso ma in mano ai cacciatori di eredità, che colmano di adulazioni efavori i vecchi ricchi per ottenerne i beni. Eumolpo ha un’illuminazione: recitare la partedel vecchio facoltoso e senza eredi, assecondato da Encolpio e Gìtone, che impersoneran-no i suoi schiavi. Durante il cammino verso Crotone, Eumolpo declama il Bellum civile,poemetto sulla guerra tra Cesare e Pompeo. In principio, la commedia di Eumolpo fun-ziona e i tre vivono comodamente alle spalle dei cacciatori di testamenti. Encolpio ha un’avventura con una donna di nome Circe, ma improvvisamente diventa impo-tente: ritenendosi perseguitato dal dio Priàpo, si sottopone a umilianti pratiche magiche,ma senza successo; poi, di colpo, riacquista la virilità. Intanto, però, i Crotoniati stannoper scoprire il raggiro escogitato da Eumolpo, che a questo punto stende un assurdo testa-mento, per cui chi vuole godere dei suoi lasciti dovrà cibarsi del suo cadavere. Ma i pre-tendenti, accecati dalla cupidigia, sono pronti a farsi cannibali...Non sappiamo come si concludesse l’avventura di Crotone, né quanto ancora si estendes-se la narrazione. Immaginare il finale dell’opera è poi del tutto impossibile.

4. Il problema del genere letterarioA quale genere letterario può essere ricondotto il Satyricon? La straordinaria ricchezza dicontenuti e di livelli dell’opera sembra sfuggire alla rigida classificazione nel sistema cano-nico dei generi letterari. Nessun testo narrativo classico, a nostra conoscenza, si avvicinaanche lontanamente alla complessità letteraria che caratterizza l’opera di Petronio.

L’orgia da Quartilla

La cena di Trimalchione

Ascilto è sostituito da Eumolpo

In viaggio sullanave di Lica

A Crotone: i cacciatorid’eredità

Un finalemacabro

La complessitàdel Satyricon

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Petronio 135

Il Satyricone il romanzo

Differenze tra il romanzo e il Satyricon

Il Satyricone le fabulaeMilesiae

Complessa è, anzitutto, la trama: la parte superstite si presenta come una libera successio-ne di scene collegate da un complesso gioco di richiami narrativi (personaggi che appaio-no e rispuntano molto più tardi, come Lica e Trifena; situazioni tipiche che si ripetono:Encolpio è più volte intrappolato, umiliato e costretto a tentativi di fuga). Complessa èanche la forma: la prosa narrativa è interrotta, con apprezzabile frequenza, da inserti poe-tici, che possono essere cantati dai personaggi – come la Presa di Troia e la Guerra civile diEumolpo – o essere strutturati come interventi del narratore che improvvisamente com-menta avvenimenti volgari con versi raffinati per stile e livello letterario, con effetto di con-trocanto ironico. La presenza stessa di un’azione continua narrata da un protagonista pone il Satyricon nel-la tradizione del romanzo antico. A questo genere, che gli antichi chiamavano generica-mente historia o fabula, i critici moderni ascrivono una serie di testi greci databili fra il Ie il IV secolo d.C. (Cherea e Callìroe di Caritone, Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, gliEphesiakà di Senofonte Efesio, Dafni e Cloe di Longo Sofista, le Etiopiche di Eliodoro) edue testi latini, appunto il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio (II secolo d.C.).I romanzi greci hanno una trama quasi invariabile: un giovane e una ragazza, vengono sepa-rati dalle avversità e, prima di riunirsi e coronare il loro amore, superano mille avventuree pericoli; il tono della vicenda è sempre serio, l’amore è trattato con pudicizia e serietà, enumerosi schemi narrativi sono ripresi da generi alti come l’epica e la tragediaMa in Petronio l’amore è visto in modo del tutto diverso dalla narrazione idealizzata delromanzo greco: il sesso è trattato esplicitamente ed è visto come una continua fonte di situa-zioni comiche; nessun personaggio è portavoce di valori morali e il rapporto tra i prota-gonisti (debosciati e infedeli) è di tipo omosessuale. In un certo senso, il Satyricon può essere considerato una parodia del romanzo greco edei suoi amori casti e romantici, anche se la definizione non va forzata in modo esclusi-vo. Il romanzo greco, fondato sulla ripetizione di stereotipi fissi, doveva apparire a Petronioparticolarmente adatto al proprio gioco parodico, che si snoda attraverso le peripezie tipi-che delle storie d’amore e d’avventura: colpi di scena, emozioni forti, naufragi, travesti-menti, suicidi mancati e così via, che il romanzo greco aveva ‘copiato’ dai modelli dellaletteratura ‘alta’.D’altra parte, il romanzo greco d’amore e d’avventura non è sicuramente l’unico generenarrativo a cui Petronio poteva riferirsi. A partire almeno dal I secolo a.C. ebbero grandefortuna delle novelle caratterizzate da situazioni comiche realistiche spesso piccanti, che gliantichi chiamavano fabulae Milesiae, tradotte a Roma da Sisenna nel I secolo a.C. I temitipici di questa produzione erano nettamente contrapposti all’idealizzazione della realtà visi-bile nel romanzo greco, e forse essa è andata quasi completamente perduta proprio per l’im-moralità dei suoi contenuti.

l’autore Petronio Arbitro è lo stesso Petronio, elegantiae arbiter di Nerone,di cui parla Tacito negli Annales? (Tacito non parladel Satyricon)

la datazione da indizi interni, non può essere anche anteriore? successiva al periodo neroniano

il testo frammentario abbiamo solo il libro XV e stralci del XIV e del XVI

i libri non si sa quanti fossero l’antefatto occupava 14 libri, ma non sappiamoquanto si estendesse ancora dopo la parteconservata

la trama ricostruibile solo parzialmente

il finale impossibile da ipotizzare

MEMO I problemi del Satyricon

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Tuttavia il genere era molto diffuso e amato nel I secolo d.C., e il Satyricon deve essere sta-to molto meno isolato di quanto sembra a noi. Sappiamo con certezza che Petronio uti-lizzò ampiamente questo filone di narrativa non idealizzata: una tipica storia «milesia» èquella della matrona di Efeso raccontata da Eumolpo (Satyricon, 111-112), in cui una vedo-va inconsolabile cede alle voglie di un soldato. Ma certamente il Satyricon non può essereascritto semplicisticamente al genere della fabula Milesia, data la sua grande complessità eraffinatezza.Dal punto di vista formale, la caratteristica più evidente del Satyricon è la libera alternan-za di prosa e versi, il cosiddetto prosimetro. Sotto questo aspetto, il genere letterario piùvicino sembra essere l’Apokolokyntosis di Seneca (vedi p. 23), una satira menippea (vedi lascheda a p. 22): un genere letterario che già Varrone aveva praticato con grande varietà ditemi e forme e ampie concessioni alla componente ‘realistica’, e che Seneca aveva arricchi-to con svariati inserti poetici (citazioni di poeti classici riportate con scopo parodico o pasti-ches originali che rielaboravano moduli poetici tradizionali) e con l’accostamento di toniseri e giocosi, di risonanze letterarie e di crude volgarità.Rimangono però alcune differenze assai nette tra Seneca e Petronio. La satira senecana èuna narrazione molto breve, ed è impossibile paragonarla allo sviluppo del Satyricon; inol-tre, è un attacco personale concepito in una precisa situazione e rivolto contro un bersa-glio esplicito, il defunto imperatore Claudio. In Petronio, nessun intento del genere è per-cepibile. È possibile che egli guardi per molti aspetti alla tradizione menippea (mescolan-za degli stili, prosimetro), ma questo filone letterario non esaurisce la rutilante complessi-tà della sua opera. Ricapitolando, alla trama e alla struttura del Satyricon hanno contribuito sia la narrativaseria (il romanzo greco) sia quella comica (le fabulae Milesiae), mentre la tradizione menip-pea ha fornito la forma del prosimetro e l’accostamento tra registro elevato e registro vol-gare. Ma ogni tentativo di immobilizzare l’inesauribile creatività di Petronio in una cate-goria di genere è destinato inevitabilmente a sacrificare qualcosa: l’intenzione primaria diquesto straordinario testo è proprio l’accumulo dei linguaggi e l’inesauribile contamina-zione di generi letterari diversi.

5. Realismo, «autore nascosto» e parodiaL’aspetto più originale del Satyricon è forse la sua forte carica di realismo, evidente soprat-tutto nella Cena di Trimalchione ma ben presente anche altrove. Il romanzo ha una sua sto-ria da raccontare, la vita avventurosa di Encolpio, ma nel farlo si sofferma a descrivere luo-ghi che non sono visti astrattamente e fuori dal tempo, come in gran parte del romanzogreco, ma sono luoghi tipici e fondamentali del mondo romano: la scuola di retorica, i ritimisterici, la pinacoteca, il banchetto, la piazza del mercato, il postribolo, il tempio. L’autore ha un vivo interesse per la mentalità delle varie classi sociali, oltre che per il lorolinguaggio quotidiano: nella Cena di Trimalchione il linguaggio parlato da alcuni liberti èprofondamente diverso dal latino letterario che ci è familiare. Abbiamo qui una preziosafonte di informazione sulla lingua d’uso popolare, che si affianca ad attestazioni analoghe,come i graffiti ritrovati sui muri di Pompei. Questa lingua quotidiana si distacca dal lati-no che Petronio usa nelle parti narrative del Satyricon, con un contrasto voluto che pre-suppone un cosciente dosaggio artistico.

In particolare, però, il basso realismo entra nel Satyricon come forza antagonistica del ‘subli-me’ letterario e della cultura scolastica di cui Encolpio e i suoi compagni sono nutriti. Ipersonaggi sono piccoli avventurieri che si arrangiano a vivere vagabondando, ma inge-nuamente si esaltano immedesimandosi nelle grandi figure di personaggi mitico-letterari:quando per esempio Ascilto gli rapisce Gìtone, Encolpio piange sulla riva del mare come

Il Satyricone la satiramenippea

Differenze tra lasatira menippeae il Satyricon

Quale genere per il Satyricon?

Realismo dei luoghi e del linguaggio

Le illusioni di Encolpio

T2

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Petronio 137

Assenza di un fine morale

«Autorenascosto» e «narratoremitomane»

L’esempio del Bellum civile

Il Satyriconcome parodiadell’Odissea?

Achille privato di Briseide dalla prepotenza di Agamennone (Satyricon, 81; cfr. Iliade, 1,vv. 348-356).Questi schemi di interpretazione del reale (epica, tragedia, oratoria) cozzano violentemen-te con la forza materiale delle cose, la fisicità del corpo con i suoi istinti più elementari:cibo, sesso, denaro. In questo modo, il realismo diventa uno strumento dell’aggressionesatirica messa in atto da Petronio contro il protagonista del suo racconto.

Parallelamente alla sua sfiducia nella possibilità di rappresentare il reale, Petronio non haneanche ideologie o modelli morali da indicare come esempio. Il suo realismo potrebbe aprima vista sembrare simile a quello della satira di Lucilio, Orazio, Persio e Giovenale, mac’è una grande differenza: la satira si sofferma su tipi sociali ben precisi (il parassita, il ric-co stupido, il poetastro…) che il poeta guarda attraverso un suo ideale e con un commen-to morale continuo; Petronio, invece, non offre ai suoi lettori nessuno strumento di giu-dizio etico. Né potrebbe essere altrimenti, in una narrazione condotta in prima persona daun personaggio che è dentro fino al collo in quel mondo sregolato. Anzi, i personaggi chenel romanzo ‘fanno la morale’ agli altri sono screditati e si atteggiano a censori pur nonavendone alcun diritto: in questo modo, l’aggressione satirica di Petronio giunge a paro-diare persino il moralismo del genere satirico.

Bisogna sempre tenere presente la dialettica tra «autore nascosto» (Petronio) e «narratoremitomane» (Encolpio). L’autore si fa da parte e lascia che il protagonista-narratore evochimodelli alti, destinati ogni volta a crollare per effetto della parodia petroniana. Ma non sitratta solo di un gioco letterario: questo continuo crollo delle illusioni di Encolpio (imma-ginazioni sovraccariche di pathos, pose letterarie e declamatorie) porta a dissolvere il siste-ma tradizionale dei generi letterari, perché nessuna categoria è capace di rappresentare, defi-nire e organizzare la caotica complessità della vita.Questa duplice focalizzazione narrativa a volte lascia disorientato il lettore, e il senso ulti-mo dell’ironia petroniana sembra inafferrabile. Un esempio significativo si ha nel capito-lo 118: Eumolpo afferma che il poema storico non può rinunciare all’apparato divino, equesta potrebbe sembrare una critica alla Pharsalia di Lucano; poi però recita il suo Bellumcivile, che imita largamente Virgilio ma con risultati scarsi e tremendamente convenziona-li, che certamente Petronio non poteva intendere come modello positivo. In questa ironiacontro il poetastro Eumolpo si riconosce la voce seria dell’autore Petronio: i grandi valoriletterari sono ormai in mano a personaggi degradati, resi ottusi dalla cultura declamatoriadiffusa dalla scuola.La ‘mitomania’ porta spesso Encolpio a richiamarsi alla grande epica, in particolare all’Odissea,come è naturale in relazione alla struttura ‘di viaggio’ del romanzo. Si è pensato addirittu-ra che tutta la storia di Encolpio sia in qualche modo concepita come una parodia dell’Odissea,un’Odissea di pitocchi. Ma l’allusione a Omero non è una chiave interpretativa sufficien-te a spiegare il complesso gioco della parodia nel Satyricon. È vero che Encolpio sembra, a più riprese, fare i conti con l’irato dio Priàpo ed esplicita-mente, colpito da una defaillance sessuale, si paragona a Ulisse perseguitato da Posidone,in versi che rammentano esempi di collera divina sugli uomini (Satyricon, 139); ma la divi-nità che perseguita Encolpio è Priàpo, il buffo dio del sesso rurale, una figura grottesca cheniente ha in comune con le divinità dell’Olimpo omerico. Le disavventure di Encolpio potreb-bero risalire a un incidente iniziale, contenuto nell’antefatto (per esempio un sacrilegio ouna maledizione divina). Occorre notare, poi, che il ruolo di Priàpo, nel frammento cheabbiamo, è piuttosto sporadico: il motivo della persecuzione divina sembra appartenere all’im-maginazione fantastica di Encolpio piuttosto che alla realtà dei fatti.

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BibliografiaImportanti soprattutto le due edizioni critiche di F. BUECHELER, Berlin 19226, e di K. MÜLLER, München 19954. Con versione francesel’edizione di A. ERNOUT, Paris 19584; con versione italiana e ampia introduzione, V. CIAFFI, Torino 1967; 2003. Sempre con testo a fron-te, l’edizione BUR a cura di A. ARAGOSTI, Petronio, Satyricon, Milano 19951; e inoltre le traduzioni di L. CANALI, Milano 20072; G. REVERDITO,Milano 20086; E. SANGUINETI (Torino 1993) e P. CHIARA (Milano 1992), ora in volume unico, Milano 2007; M. LONGOBARDI, Siena 2008.Mancano commenti moderni a tutta l’opera, ma ci sono numerose edizioni commentate della sola Cena Trimalchionis: per esempioA. MAIURI, Napoli 1945 (di interesse prevalentemente antiquario); M.S. SMITH, Oxford 1975 (prevalentemente linguistico). Un’edizionecommentata degli inserti poetici del Satyricon in E. COURTNEY (a cura di), The Poems of Petronius, Atlanta Ga. 1991.Per un bilancio dei problemi di autenticità e datazione, utile K.F.C. ROSE, The Date and Author of the Satyricon, Leiden 1971 (con ampiabibliografia). Fra gli studi critico-letterari, consigliabili soprattutto V. CIAFFI, Struttura del «Satyricon», Torino 1955; H.D. RANKIN, Petroniusthe Artist, The Hague 1971; J.P. SULLIVAN, Il «Satyricon» di Petronio, trad. it. Firenze 1975; M. BARCHIESI, L’orologio di Trimalcione, in Imoderni alla ricerca di Enea, Roma 1980; B. BOYCE, The Language of the Freedmen in Petronius’ «Cena Trimalchionis», Leiden 1991;C. CONNORS, Petronius the Poet, Cambridge 1998; M. PLAZA, Laughter and Derision in Petronius’ «Satyrica»: a Literary Study, Stockholm2000.Inquadramenti generali sul romanzo: P.G. WALSH, The Roman Novel, Cambridge 1970; T. HÄGG, The Novel in Antiquity, Oxford 1983.Sul Satyricon come parodia del romanzo vedi il classico studio di R. HEINZE, Petron und der griechische Roman, ora in Vom Geist desRömertums, Darmstadt 1967, p. 417 ss. (l’articolo uscì nel 1899); N.W. SLATER, Reading Petronius, Baltimore Pa.-London 1990. Sulruolo del narratore vedi P. VEYNE, Le «je» dans le Satyricon, in «Revue des Études Latines», 42, 1964, p. 301 ss.; si segnala inoltre ilsaggio critico di G.B. CONTE, L’autore nascosto. Un’interpretazione del «Satyricon», Bologna 1997. Sulla fortuna del Satyricon vedi D.GAGLIARDI, Petronio e il romanzo moderno. La fortuna del «Satyricon» attraverso i secoli, Firenze 1993.

SitografiaIl testo del Satyricon si legge on line in The Latin Library: http://www.thelatinlibrary.com/petronius.html; con traduzione in http://www.pro-gettovidio.it/petronioopere.asp; corredato di concordanze e indici di frequenza, e affiancato dalla traduzione inglese di W.C. Firebaughin IntraText: http://www.IntraText.com/Catalogo/Autori/AUT293.HTM. Un ottimo sito per la ricerca su Petronio e sul romanzo antico,con ampia bibliografia, è The Petronian Society Ancient Novel Page: http://chss.montclair.edu/classics/petron/psnnovel.html.

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Petronio 139L’autorein sintesi

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La vita• Secondo l’identificazione con il

Petronio ritratto da Tacito negliAnnales, l’autore del Satyricon è unmembro dell’entourage di Nerone,eletto dall’imperatore a giudicedella raffinatezza, il suo elegantiaearbiter, console nel 62 e suicidaper intrighi di palazzo nel 66 d.C.

Le opere• A Petronio si attribuisce un

lunghissimo frammento narrativoin prosa con inserti metrici,intitolato Satyricon. Il testo cheabbiamo comprende parte dei libriXIV e XVI e la totalità del libroXV; l’episodio meglio conservato èla cosiddetta Cena Trimalchionis.Non conosciamo l’estensionedell’opera.

Il genere• Per la sua complessità letteraria, il

Satyricon sfugge a ogni

inquadramento nel sistema deigeneri. Essendo caratterizzato da unicitàd’azione e di voce narrante, ilSatyricon è classificato daimoderni come romanzo antico,insieme alle Metamorfosi diApuleio e a una serie di testigreci, databili tra il I e il IVsecolo d.C. Ma mentre ilromanzo greco narrainvariabilmente le peripezie didue innamorati che devonosuperare mille avventure prima diriunirsi e sposarsi, con tono serioe con una narrazione idealizzata,il Satyricon mostra un tonofortemente realistico, ambientidegradati, personaggi debosciati einfedeli e legati da un amoreomosessuale.

• D’altra parte la caratteristicaformale più evidente del Satyricon,il prosimetro, sembra avvicinarlo algenere della satira menippea. Ma ilpunto di riferimento più vicino anoi noto, l’Apokolokyntosis diSeneca, è un libello di satira

politica, nel quale il prosimetro èsolo una risorsa formale.

In Petronio, invece, il doppio registroprosa-poesia è un modo inedito dicostruire il racconto.

• Strumento del rovesciamentoironico è Encolpio, un piccoloavventuriero che vive diespedienti vagabondando qua elà. Giovane fresco di studi, cercacontinuamente di nobilitare lamiseria della propria esistenzaimmedesimandosi nelle grandifigure di personaggi mitico-letterari; e le sue illusioni diconsumatore scolastico diletteratura sonoimmancabilmente destinate aessere deluse.

• Forza antagonistica del ‘sublime’letterario è il realismo: ai modellialti che Encolpio, «narratoremitomane», e i suoi compagni,personaggi screditati, si illudono dipoter rivivere, si contrappone laforza materiale delle cose, la fisicitàdel corpo con i suoi istinti piùbassi: cibo, sesso e denaro.

Questionario di riepilogoDentro i fatti1. Su quali elementi si basa l’identificazione dell’autore del

Satyricon con il Petronio di cui parla Tacito negli Annales?2. La prima citazione dal testo del Satyricon ricorre

nelle Metamorfosi di Apuleionel grammatico Terenziano Mauronegli Annales di Tacito

Dentro il genere3. Descrivi le caratteristiche del romanzo greco (destinazio-

ne, contenuto, stile ecc.).4. In che senso il Satyricon si può definire una parodia del

romanzo greco?

5. Che cos’ha in comune il Satyricon con la satira menippea?6. In quali aspetti il Satyricon si differenzia dalla satira?

Dentro l’opera7. Che cosa indicano le definizioni critiche di «autore nasco-

sto» e «narratore mitomane»?8. È presente, nel Satyricon, un tema ideologico ‘serio’? 9. Quali sono gli inserti poetici più lunghi del Satyricon?

10. Quale interessante caratteristica linguistica mostrano iliberti della Cena Trimalchionis?

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AntologiaPETRONIO

LeggerePETRONIO

La narrazione del Satyricon alterna registri lessicali e stilistici diversi, a seconda se a parlare sia la vocenarrante di Encolpio, che nelle sue illusioni culturali interpreta anche le situazioni più basse alludendo ageneri ‘alti’ (epica, tragedia, oratoria), o se a parlare sia l’autore Petronio, che può sottolineare maggior-mente l’effetto realistico ricorrendo a forme espressive più ‘basse’.

STILE

1) della lingua epico-tragica: per es. Haec

locutus gladio latus cingor,«Dopo aver detto questeparole, mi cingo al fianco

la spada»

2) della grande oratoriaforense: per es. Encolpio

allude alla seconda Filippicadi Cicerone, quando chiama

Ascilto adulescens omnilibidine impurus («un ragazzo

contaminato da ogniperversione») e di Gìtonedice che die togae virilisstolam sumpsit («che nelgiorno di prendere la togavirile si mise una sottana»)

Quando il livello stilistico si fa elevato, la prosa adotta strutture tipiche:

3) in molti casi,l’innalzamento del livello

stilistico si scontracomicamente con trattidi basso realismo; peres. il litigio fra Encolpio

e Ascilto per il possessodi Gìtone è paragonato

alla lotta fratricida diEteocle e Polinice, ma si svolge in una humilis

taberna

Quando invece predomina lostile basso, si nota preferenza

della paratassi rispettoall’ipotassi: per es. scis, magna

navis magnam fortitudinemhabet («lo sai, una grande nave

ha una grande resistenza»)invece del più classico scismagnam navam magnam

fortitudinem habere

volgarismi, per es.lupatria = «puttana da quattro soldi»

diminutivi, per es.Graeculae = «piccole

(api) greche»

Nella Cena di Trimalchione, nei discorsi deiliberti Petronio riproduce il latino quotidiano

dei nuovi ricchi (in opposizione al latino ‘colto’usato da Encolpio), che è ricco di:

LESSICO

grecismi, per es. topanta= «tuttofare» (dal greco

tà pánta = «tutte lecose»)

modi di dire iperbolici,per es. nummos modio

metitur, «ha soldi apalate» (lett. «misura lemonete con il secchio»)

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141

1. Il Satyricon, un romanzo parodia

La parodia dei generi letterari alti e bassi

Nel Satyricon viene ridotto a parodia non solo il romanzo, genere di consumo dalla trama ripetitiva epieno di situazioni stancamente convenzionali, ma anche la novella e tutta la letteratura di consumo.Ma la colta parodia di Petronio non risparmia neanche i generi ‘sublimi’, come la tragedia, l’epica e lagrande oratoria forense, che il protagonista-narratore Encolpio, fresco di studi, ha sempre in mente e aiquali cerca di paragonare le sue squallide e turpi avventure.Per esempio, quando Gìtone si getta per separare Encolpio e Ascilto che si stanno picchiando per le suegrazie, Encolpio crede di assistere al sacrificio di Niso, che nel IX libro dell’Eneide si offre alle spadenemiche pur di salvare l’amico Eurialo (T1); poi, rimasto solo, piange davanti al mare come Achille quan-do Agamennone gli porta via Briseide nel canto I dell’ Iliade (T2), e infine torna in città per lavare l’ontanel sangue, come Enea che ha perso la sposa Creusa nell’ultima notte di Troia (T3). Lo stesso procedimento parodico avviene anche quando Petronio adotta le forme di un genere ‘basso’come la novella: nella Matrona di Efeso (T4) una vedova inconsolabile vorrebbe suicidarsi davanti alcorpo del marito, come Didone; ma poi cede alle lusinghe di un soldato su consiglio di un’ancella che èun doppio degradato di Anna, la sorella della regina cartaginese che la spinge ad amare Enea.

Un suicidio mancato (Satyricon, 80)Dopo una notte d’amore, Encolpio, ebbro e felice, si abbandona al sonno a fianco del-l’amato Gìtone. Ma l’idillio è rotto da un amaro risveglio: Ascilto, nottetempo, ha strap-

pato Gìtone dalle braccia di Encolpio e lo ha fatto scivolare nel suo letto. Scoperto il tradimento, Encolpioaffronta il rivale, ma questi, impugnata la spada, lo sfida a duello per decidere le sorti del ragazzo. Eccoallora che Gìtone si mette in mezzo, pronto a offrire la vita pur di impedire un delitto di cui lui solo si pro-clama responsabile. Il ‘suicidio per amore’, un tipico tema del romanzo greco, è assorbito qui nel corpo diuna sceneggiatura più ampia, una trappola narrativa tesa ai danni del protagonista-narratore.

[1] Io la credevo una spiritosaggine di congedo. Invece quello, con mano fratricida, impu-gnò la spada e: «Non ti godrai questa preda» disse «sopra cui vuoi mettere le mani tu solo.Anche se non sono stato contato, mi è dovuta la mia parte, dovessi staccarla con questaspada». [2] Io, dall’altra parte, assunsi lo stesso atteggiamento e, avvoltomi il mantello intorno albraccio, mi misi in posizione di combattimento. [3] In mezzo a questa squallida scenatail ragazzino, disperato, abbracciava piangendo le ginocchia ora dell’uno, ora dell’altro e sup-plicava che quella sordida taverna non dovesse diventare teatro di un’altra Tebaide e chenon contaminassimo con sangue reciproco la sacralità di un’amicizia così esemplare.[4] «Che se poi» gridava «un delitto è comunque necessario, guardate: io denudo la miagola, qui dirigete le vostre mani, conficcate i pugnali. Sono io a dover morire, io che hodissolto i sacri vincoli dell’amicizia.» [5] A sentire queste suppliche riponemmo le spade efu Ascilto il primo di noi due a parlare, dicendo: «So io come mettere fine alla contesa. Siail ragazzino, personalmente, a seguire chi vuole affinché, almeno nella scelta del partner,la sua libertà non subisca condizionamenti». [6] Io, sicuro che l’esserci da sempre pratica-

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142Antologia

ti si fosse trasformato in un vincolo di sangue, non ebbi alcuna preoccupazione, anzi col-si al volo la proposta in maniera troppo precipitosa e rimandai il contenzioso alla decisio-ne del nostro giudice. Il quale neppure si mise a deliberare, per non dare l’impressione diavere esitato, ma anzi, non appena ebbi pronunciato l’ultima sillaba dell’ultima parola, sialzò in piedi e scelse Ascilto come amante.[7] Questa sentenza mi investì come un fulmine: così come mi trovavo, senza più la spa-da sguainata, mi lasciai cadere sul lettino e, visto che ero stato condannato, avrei anchealzato su me stesso le mani se non avessi voluto negare la soddisfazione della vittoria al mioavversario. [8] A naso all’insù Ascilto se ne esce col premio della sua vittoria e quel com-pagno di trincea, fino a poco prima a lui carissimo e in coppia col quale aveva condivisole alterne vicende del destino, lo piantò in asso, lasciandolo solo nel colmo dell’abiezione,in un posto estraneo.[9] La parola amicizia, finché torna conto, perdura; sulla scacchiera la pedina tesse il suomobile reticolo. Finché regge la buona sorte voi fate buon viso, amici; quando essa preci-pita, voltate la faccia in una fuga vergognosa.La compagnia mette in scena un mimo: quello fa la parte del padre, questo del figlio, quel-l’altro impersona il ricco. Ma appena l’ultima pagina del copione si è chiusa su questi ruo-li comici, il volto vero si ripristina, quello simulato si dissolve.

(trad. di A. Aragosti)

Guidaalla lettura

La trappola narrativa Alla fine del capi-tolo precedente Ascilto aveva proposto a

Encolpio di dividersi anche Gìtone, insieme agli altri benicomuni («Suvvia, ora dividiamoci anche il ragazzo»,79,12). Encolpio interpreta la proposta come una battuta,ma Ascilto non è affatto intenzionato a risolvere la lite inburla e, brandita la spada, invoca una sorta di giustizia salo-monica: anche Encolpio si prepara al duello. Un bene conteso (Gìtone), su cui l’avversario signoreggiada solo, rivendicato da chi proclama violati i propri dirit-ti; una mano armata contro il proprio sangue: la situazio-ne narrativa mostra già tutti gli elementi necessari a far scat-tare l’assimilazione al paradigma mitico della guerra fratri-cida, la lotta dei figli di Edipo, Eteocle e Polinice, per il tro-no di Tebe. Non solo: la situazione stereotipata innesca lamemoria di altri modelli mitico-letterari, e dietro il model-lo dei due fratelli tebani si riconosce l’eroismo delle Sabinee l’amicizia di Eurialo e Niso; un accumulo di ‘sublime’ accre-sce l’illusione, che cattura il narratore ingenuo fino a ren-derlo vittima di una realtà a lui indecifrabile.

Gìtone come Giocasta…Riconosciuta nei fratres

pugnantes, Ascilto ed Encolpio, la coppia di Tebe, a Gìtonenon resta che recitare la parte di Giocasta, la regina che nelmito rappresentato nelle Fenicie di Euripide, ‘riscritte’ daSeneca in anni vicini al Satyricon, cerca di impedire il fra-tricidio. In particolare nella tragedia senecana l’intervento

pacificatore della regina madre è dilatato in una grande sce-na patetica: mentre in Euripide Giocasta raggiunge i figliquando ormai si sono feriti a morte (il duello ha luogo dopolo scontro tra i due eserciti), e si trafigge la gola cadendosui loro corpi, in Seneca la regina si precipita in mezzo alleopposte schiere prima dello scontro e supplica i duellantidi porre fine alla guerra fratricida («la madre mostra le chio-me canute strappate, supplica ma quelli negano, inonda ilviso di lacrime», Phoenissae, vv. 440-441); una versione sce-nica che trova riscontro anche nell’arte figurativa etrusca eromana.… e dietro Giocasta, le Sabine Ma dietro alla sceneggia-tura principale si affacciano altri modelli illustri. Il gestodi Gìtone ricorda anche l’intervento pacificatore delle don-ne sabine, lanciatesi tra le schiere contrapposte dei padri edei mariti per impedire il parricidio, un episodio esempla-re della leggenda sulle origini di Roma (il rapimento delleSabine, voluto da Romolo per incrementare la popolazio-ne cittadina, causò la prima guerra fratricida della storia roma-na): così l’eroismo delle spose sabine è narrato da Livio (1,13,1ss.): «Allora le Sabine […] con i capelli scarmigliati e la vestestrappata, vinta dalla gravità dei mali la pavidità propria del-le donne, osarono lanciarsi tra i proiettili scagliati in aria[…] pregando da una parte i padri, dall’altra i mariti, chenon si macchiassero col sangue scellerato del suocero e delgenero, che non disonorassero col parricidio i loro figli».Il grido di Gìtone ripete quello di Giocasta… La suppli-ca di Gìtone, che si dichiara pronto al sacrificio pur di evi-

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tare un delitto di cui si protesta responsabile (par. 80,4), rie-cheggia le parole di Giocasta nella tragedia di Seneca (Phoenissae,vv. 443-457): «Contro di me rivolgete le armi e il fuoco, con-tro di me sola si avventi tutta la gioventù […] assalite que-sto ventre, che ha dato fratelli al marito, squartate e sparge-te dappertutto queste membra: io ho generato entrambi […]se avete deciso il delitto, uno più grande è qui pronto: vostramadre si frappone come ostacolo in mezzo a voi». … e, insieme, il grido di Niso Le parole di Gìtone però,con il loro esplicito riferimento al sacramentum amicitiae,rimandano anche a un altro modello eroico (attivo del restoanche nel testo di Seneca): il grido di Niso che offre lapropria vita per quella dell’amico Eurialo la notte dell’in-cursione nel campo dei Rutuli (Eneide, 9, vv. 427-430;vedi vol. 2, T19, p. 102): «Io, io, sono io che ho colpito,rivolgete contro di me il ferro, Rutuli! l’insidia è mia […]soltanto amò troppo lo sventurato amico». L’allusione vir-giliana è preparata dal richiamo alla «sacralità di un’ami-cizia così esemplare» (par. 80,3) che promuove l’amiciziadi Encolpio e Ascilto al rango paradigmatico dell’amici-zia eroica. Le armi sospese Alla supplica di Gìtone segue la sospen-sione del combattimento, secondo il copione tragico: «vin-ta dalla supplica materna la guerra resta sospesa e le schie-re già bramose da una parte e dall’altra di scontrarsi finoalla reciproca strage, trattengono nella destra sospesa le lan-ce che stavano vibrando» (Seneca, Phoenissae, vv. 434-437).Gìtone arbitro parziale: la negazione del modello MentreGiocasta è lacerata dal dilemma di non poter scegliere frai figli («A chi rivolgerò ansiose parole, io, la madre, con pre-ghiere alternate? Me infelice, chi abbraccerò per primo? Sono

portata da tutte e due le parti da un affetto pari», Seneca,Phoenissae, vv. 459-461), Gìtone rovescia il modello ‘subli-me’ con la sua scelta repentina: uno scarto che Encolpionon manca di rilevare.

Esule e tradito dagli amici Rimastosolo in terra straniera, Encolpio assu-

me la posa moralistica dell’esule che riflette sull’ipocrisia degliamici (non a caso questi versi sono intessuti di riprese dal-le elegie ovidiane dell’esilio). Ma sulla posa moralistica delprotagonista-narratore si riflette il senso ultimo del testo:Ascilto, Gìtone, lo stesso Encolpio hanno indossato unamaschera di scena. Svanita l’illusione del mito, la masche-ra cade e resta la realtà (degradata) del romanzo. L’ipocrisia dell’amicizia e la vita come finzione scenica Alparagrafo 9 Encolpio sentenzia che l’amicizia è ‘un nome vuo-to’, pronto a cadere quando non c’è più un tornaconto; lametafora militare della fuga, sviluppata subito dopo, illustrail voltafaccia degli amici nella disgrazia secondo un cliché ovi-diano (Tristia, 1,5, vv. 27-30; 3,5, vv. 5-6). Sul tema dell’ipo-crisia insistono anche le ultime frasi del passo: la metaforadella vita come finzione scenica, palcoscenico in cui ognu-no recita un ruolo, appartiene al repertorio della diatriba edè associata al motivo della fortuna rivelatrice della natura uma-na in un passo di Lucrezio (3, vv. 55-58), riecheggiato daEncolpio in particolare nell’antitesi asindetica del v. 8: «l’uo-mo conviene osservarlo nei frangenti critici, e nelle avversi-tà conoscere chi sia, poiché allora la voce vera viene fatta usci-re dal profondo del cuore, viene strappata la maschera, restail volto reale». L’amicizia, conclude Encolpio, non è che unadelle tante parti che il teatro della vita assegna agli uomini.

TEMI E MOTIVI

Il lamento in riva al mare (Satyricon, 81)Rimasto senza Gìtone, rapito da Ascilto, Encolpio si ritira in una spiaggia isolata lì vici-no. L’epos omerico offriva già pronto lo schema eroico per elevare all’altezza del mito il

tradimento sperimentato da Encolpio. Anche Achille aveva subito un simile oltraggio: con atto di prepo-tenza Agamennone gli aveva portato via Briseide, ed egli, rimasto solo, si era ritirato in disparte, alamentare davanti all’infinita distesa del mare l’affronto subito.Ma Encolpio amplifica il pathos del paradigma eroico in un’interpretazione melodrammatica: assume laposa del ‘lamentante tragico’ ed ecco che ad Achille in lacrime davanti al mare si sovrappone l’Enea indi-gnato alla vista di Elena nell’ultima notte di Troia, senza dimenticare però le vette dell’oratoria cicero-niana. Un accumulo di modelli alti, decisamente in eccesso rispetto alla realtà dei fatti.

[1] E, tuttavia, non detti lungo sfogo al pianto ma anzi, nel timore che, come se non bastas-se con tutte le disgrazie capitatemi, Menelao, l’assistente, mi trovasse da solo in albergo,raccolsi la mia poca roba e affittai, triste com’ero, un posto appartato e vicino alla spiag-gia. [2] Lì rimasi chiuso per tre giorni, con l’animo oppresso dal pensiero ricorrente chemi trovavo da solo ed ero stato messo da parte: battevo coi pugni il mio petto sfinito daisinghiozzi e, tra i tanti altissimi lamenti, spesso anche gridavo: «Dunque la terra non è riu-scita, aprendosi, ad inghiottirmi? [3] Non il mare, crudele anche con chi non ha macchia?

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Ho eluso la giustizia, ho gabbato l’arena, ho fatto fuori un ospite, per poi ridurmi, dopotante dimostrazioni di coraggio, straccione lontano dalla patria, a giacere, abbandonato inun angolo, dentro l’albergo di una città magnogreca? E poi, chi è che mi ha messo il gio-go della solitudine in cui mi trovo? [4] Un giovinastro dedito ad ogni tipo di depravazio-ne e degno dell’esilio per sua stessa ammissione, che ha conquistato la libertà facendosistuprare e facendosi stuprare è diventato di buona nascita, la cui età è stata messa in ven-dita con l’indicazione del prezzo, che ha offerto prestazioni da femmina anche a chi lo ave-va affittato come maschio. [5] Che dire, poi, di quell’altro? Uno che il giorno della togavirile ha scelto di mettere la stola, che si è lasciato convincere dalla mamma a non essereuomo, che ha fatto la donnina in una galera per schiavi, che, dopo aver smosso e rovescia-to il terreno della sua dissolutezza, si è lasciato dietro le spalle il valore di un’antica amici-zia e, cosa indecente, come una ninfomane si è giocato tutto per i palpeggiamenti di unanotte. [6] In questo momento i colombi sono sdraiati, avvinghiati a nottate intere e maga-ri, esauriti dagli orgasmi reciproci, sghignazzano sulla mia solitudine. Ma me la pagheran-no. Infatti io non sono più un uomo, e un uomo libero, se non vendicherò l’onta che miè stata fatta spargendo il loro sangue colpevole».

(trad. di A. Aragosti)

Guidaalla lettura

Come Achille che piangeper Briseide Quando

Agamennone gli porta via Briseide, Achille si ritira in rivaal mare e, rivolto alla madre, la dea marina Teti, piange ilsuo dolore (Iliade, 1, vv. 348-356). Ora anche Encolpio,ritiratosi in un luogo solitario e prossimo al mare, dà sfo-go alla sua indignazione (par. 1). E subito la memoria delmodello iliadico attiva altri ricordi, altri contatti con l’uni-verso del ‘sublime’ letterario. Come Enea che si lamenta con la madre Venere Encolpiointona il suo lamento e al pianto di Achille si sovrapponeil ricordo di Enea nell’ultima notte di Troia, quando l’eroeincontra la resistenza di Anchise, deciso a non abbandona-re la città; addolorato e deluso, Enea invoca la madre, che,dopo averlo aiutato a superare tante prove, sembra ora abban-donarlo (Eneide, 2, vv. 664-667): «Questo era, o madre divi-na, per questo mi metti in salvo fra armi e fiamme, perchéveda il nemico dentro la mia casa e Ascanio e mio padre eaccanto a loro Creusa, trucidati l’uno nel sangue dell’altro?».Ben diverse sono però le prove che Encolpio può vantaredi aver superato (par. 3).Il riepilogo retrospettivo, uno stereotipo del romanzo Mala rievocazione, nell’infelicità del presente, delle prove supe-rate in passato è divenuto uno stereotipo del romanzo gre-co, in cui gli eroi protagonisti riepilogano spesso, in formadi accumulo asindetico, i fatti salienti delle loro travagliateesistenze. Così per esempio Calliroe, l’eroina del romanzodi Caritone: «Io sono morta, sono stata sepolta, hanno vio-lato la mia tomba, sono stata venduta, sono stata schiava,ed ecco, o Fortuna, che ora mi si processa!» (Cherea e Calliroe,5,5,2). E ora che, secondo lo schema narrativo del roman-

zo, Encolpio deve rievocare la realtà dei suoi trascorsi, l’ina-deguatezza rispetto al modello epico-eroico è lampante.Come Enea che si indigna con Elena Nella tragica not-te di Troia c’è un altro momento di grande tensione dram-matica, quando Enea, imbattutosi in Elena, pronuncia untormentato monologo contro colei che ha causato la rovi-na di Troia (Eneide, 2, v. 577 ss.: «Ebbene, costei sana e sal-va tornerà a vedere Sparta […] e se ne andrà come una regi-na che ha ottenuto il trionfo? […] e Priamo è morto tra-fitto dalla spada? e Troia brucia nell’incendio? e il lido tro-iano tante volte si è inzuppato di sangue?»). Sulla falsarigadelle accuse pronunciate da Enea, Encolpio esprime la pro-pria indignazione (parr. 4-5), ammantandola di una tragi-ca grandezza. La minaccia finale E dopo l’invettiva contro i fedifraghi,il diagramma narrativo segna una nuova impennata versol’alto: Encolpio ripete la minaccia che chiudeva il mono-logo di Enea furente contro Elena, «Non così. Infatti, miglorierò di fare giustizia e godrò di riempire il mio cuoredi fiamma vendicatrice e di placare le ceneri dei miei» (Eneide,2, vv. 583-587).

Dal romanzo l’esca per l’immedesima-zione eroica Anche in questo episodio è

l’intreccio del romanzo a fornire al protagonista narratorel’esca narrativa per l’immedesimazione eroica. Un luogo soli-tario, in riva al mare, il dolore per la perdita di Gìtone cheAscilto gli ha portato via: la situazione delineata all’iniziodel capitolo contiene già gli elementi sufficienti a scatena-re le illusioni del «narratore mitomane». Ma l’aggiunta di alcuni dettagli realistici, come i motivi che

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spingono Encolpio a ritirarsi in riva al mare (non già il dolo-re dell’abbandono, ma il timore di affrontare da solo l’«assi-stente» Menelao), e il cenno ai miseri bagagli, avvertono dasubito il lettore della distanza incolmabile tra l’universo miti-co e il mondo di Encolpio.Il lamento di Encolpio, una posa da melodrammaL’amplificazione enfatica dei gesti di lamento riduce l’im-medesimazione nel modello epico di Achille a posa melo-drammatica, come insinua il narratore stesso («avevo ancheil fiato per gridare»). Così quando Encolpio, assunta la posadel ‘lamentante tragico’, esordisce con la sua obsecratio, lamaledizione tipica dello stile epico tragico (nella disperazio-ne eroi ed eroine sono pronti a invocare su se stessi una mor-te per eccellenza tragica), il lettore è pronto all’inevitabilecaduta. E infatti, subito dopo l’obsecratio, apprendiamo chel’aspirante eroe altro non è che un comune malfattore.

Contro i traditori, gli strali diCicerone Nell’invettiva contro i

fedifraghi, Encolpio ricerca i toni aspri dell’oratoria cice-roniana e usa il cliché che toglie credibilità all’avversario attac-candone l’integrità morale. Ascilto è bollato fin dalla gio-vinezza come un depravato, accusato di prostituirsi «a prez-zo fisso e scontato» come Antonio nella seconda Filippicadi Cicerone («dapprima prostituto pubblico; il compensodella vergogna era fisso, e non esiguo», 2,44). Anche l’ac-cusa di effeminatezza appartiene allo strumentario cicero-niano (Verrine, 2,192: «non si può trovare [uomo] che piùdi lui si comporti da uomo tra le donne, da sgualdrina depra-vata tra gli uomini»). Gìtone con la stola delle matrone Il medesimo passo del-le Filippiche utilizzato contro Ascilto fornisce a Encolpio learmi per attaccare anche Gìtone. Encolpio ne imita il pas-saggio più ingiurioso: «hai preso la toga virile, e ne hai subi-to fatto una toga muliebre» (2,44). Rendere muliebre la togavirile significa prostituirsi: indossavano la toga infatti, oltreai cittadini romani, le meretrici, cui era interdetto l’uso del-

la stola, la veste delle matrone. Ma Encolpio stempera il vele-no della battuta ciceroniana: poiché la stola, come simbo-lo di moralità, è l’esatto contrario della toga muliebris, l’ac-cusa significa «nel giorno della toga virile ha assunto la rispet-tabilità di una matrona»; un’idea che Encolpio d’altra par-te trovava già nel suo modello, ma impiegata come para-dosso, nella sferzata ironica sulla lunga relazione che legòAntonio a Gaio Scribonio Curione: «Curione che ti ha tol-to dal mestiere di prostituta, e, come se ti avesse messo addos-so la stola, ti ha offerto la sistemazione di un matrimoniostabile e certo» (Filippiche, 2,44). Le armi spuntate dell’accusa: l’accusatore come parte incausa Il fatto è che Encolpio non può riversare contro Gìtonetutto il veleno di cui è capace con Ascilto: vi è in lui la reti-cenza dell’amante tradito. Encolpio si atteggia a Ciceronecontro Antonio, ma, invischiato com’è nella torbida pas-sione bollata dall’invettiva, è schiacciato dallo schema reto-rico che cerca di applicare. Così l’ingiuria è goffamente atte-nuata dall’eufemismo: se Gìtone «è stato convinto a nonessere uomo», l’innamorato ferito indica nella madre, e nonin un partner sessuale, l’autore del tralignamento; se ha offer-to ‘prestazioni’ femminili in una «galera per schiavi», que-ste sono vagamente definite nel testo latino opus muliebre,una designazione adatta piuttosto a evocare, in linea conun Gìtone stolatus, i lavori femminili (filatura e tessitura)tipici della matrona romana arcaica; perfino la tresca conAscilto è descritta con un astratto linguaggio metaforico. La gelosia dell’amante tradito E l’indignazione cede il postoalla gelosia nel cenno all’attuale felicità degli amanti, cheriecheggia il lamento dell’exclusus amator (l’innamorato chiu-so fuori dalla porta, situazione tipica dell’elegia) inProperzio, 1,16, v. 33: «ma ora giace tra le braccia di unaltro più felice». Anche il sospetto che i due fedifraghi sela ridano alle spalle dell’amante abbandonato è un motivoelegiaco (vedi Properzio, 2,9, vv. 21-22: «e anzi hai anchebrindato tra grandi risate: forse sono state dette anche paro-le offensive al mio riguardo»).

TEMI E MOTIVI

L’ira di Encolpio (Satyricon, 82)Encolpio è risoluto a non lasciare impunito l’oltraggio del tradimento. Eccolo armarsi euscire per strada in cerca di vendetta, come Enea quando corre fuori dalla casa pater-

na, furioso per la rovina della propria gente; eccolo aggirarsi lungo tutti i porticati della città, come Eneache, fuori di sé, cerca affannosamente Creusa, rimasta indietro nella fuga dalla città in fiamme. In unturbinare vorticoso di modelli, Encolpio non rinuncia nemmeno a recuperare l’archetipo dell’ira eroica eripete il gesto di Achille quando, sdegnato per le parole ingiuriose di Agamennone, mette mano allaspada, pronto a lavare l’onta nel sangue. Ma Encolpio non è né Enea, né Achille.

[1] Haec locutus gladio latus cingor, et ne infirmitas militiam perderet, largioribus cibisexcito vires, mox in publicum prosilio furentisque more omnes circumeo porticus.

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[1] Pronunziate queste parole, mi cingo al fianco la spada, e, perché la debolezza non man-di a monte la spedizione, mi rimetto in forze con una bella mangiata. Scappo poi subito

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1. Tantalo è il mitico progenitore degli Atridi chesarebbe stato punito da Zeus, forse per avernetradito un segreto, con il supplizio descritto neiversi petroniani (stare immerso in un corso d’ac-qua senza poter bere e avere a disposizione deifrutti senza poterli mangiare). I distici che si leggo-

no a questo punto nelle edizioni petroniane conogni probabilità appartengono a un contesto diver-so, e sono stati inseriti qui dalla tradizione mano-scritta che, in questo capitolo, ha una vicenda par-ticolarmente complessa.

[2] Sed dum attonito vultu efferatoque nihil aliud quam caedem et sanguinem cogitofrequentiusque manum ad capulum, quem devoveram, refero, notavit me miles, sive illeplanus fuit sive nocturnus grassator, et: [3] «Quid tu» inquit «commilito, ex qua legionees aut cuius centuria?». Cum constantissime et centurionem et legionem essem ementitus,«age ergo» inquit ille «in exercitu vestro phaecasiati milites ambulant?». [4] Cum deindevultu atque ipsa trepidatione mendacium prodidissem, ponere iussit arma et malo cavere.Despoliatus ergo, immo praecisa ultione retro ad deversorium tendo paulatimquetemeritate laxata coepi grassatoris audaciae gratias agere.

***

[5] Non bibit inter aquas poma aut pendentia carpitTantalus infelix, quem sua vota premunt.

Divitis haec magni facies erit, omnia acervans qui timet et sicco concoquit ore famem1.

***

[6] Non multum oportet consilio credere, quia suam habet fortuna rationem.

fuori e vado in giro per tutti i portici che sembro un pazzo. [2] Ma, mentre con l’occhiostralunato e feroce nient’altro sogno che la strage e il sangue, e corre di continuo la miamano all’elsa consacrata alla vendetta, ecco un tale in divisa che mi osserva, vagabondoche fosse o malandrino alla notte, [3] e «Alto là, camerata!» mi dice. «Di che legione sei?E chi comanda la tua centuria?» Poiché io gli invento con estrema sicurezza e un coman-dante e una legione, «Di’ un po’,» fa quello, «i soldati del vostro esercito vanno in girocon gli scarpini bianchi?». [4] Poiché tra l’espressione del mio volto e il tremito ancorache mi prende la bugia salta subito fuori, lui mi dice di deporre la spada e di guardarmidai mali passi. Disarmato dunque, ed esclusa per di più ogni possibilità di vendetta, tor-no indietro all’albergo, e qui, placatasi a poco a poco la passione, incomincio a rendergrazie alla faccia tosta del malandrino.

***

[5] Non beve in mezzo all’acqua, i penduli frutti non coglieTantalo sventurato, che il desiderio preme.Simboleggia il riccone, che teme per quanto ha ammucchiatoe con la bocca asciutta smaltisce la sua fame1.

***

[6] Non c’è da aver troppa fiducia nei propri piani, poiché la Fortuna ha una logica tuttasua.

(trad. di V. Ciaffi)

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Guidaalla lettura

Un accumulo di model-li eroici Il lungo monolo-

go dell’amante tradito si è appena concluso con la minac-cia di vendetta che ora Encolpio si accinge a compiere. Unconvergere di scene parallele, passi famosi della grande epi-ca, concorre a qualificare la pulsione omicida dell’innamo-rato tradito come ‘furia eroica’: Enea che infuria alla vistadi Elena, che si riarma a casa del padre, che cerca Creusarimasta indietro nella fuga. Né Encolpio si accontenta dirivivere soltanto l’ira di Enea, ma attraverso di essa ritrovaanche il furore di Achille, oltraggiato da Agamennone. Encolpio si arma: il furor eroico di Enea… Prima di tut-to, indossando le armi Encolpio ripete le gesta di Enea nel-l’ultima notte di Troia, quando l’eroe, dopo aver lamenta-to il tragico destino che incombe, si arma di nuovo ed escedalla casa del padre in cerca di strage: «Mi cingo nuovamen-te di spada e la sinistra adattando allo scudo inserivo, e cor-revo fuori di casa» (Eneide, 2, vv. 671-672). Anche Encolpiosi precipita all’aperto (in publicum prosilio, par. 1) e nell’as-sumere l’atteggiamento di Enea furente rievoca la scena, den-sa di pathos drammatico, in cui l’eroe cerca affannosamen-te Creusa per le strade di Troia in fiamme (Eneide, 2, vv.752-771): «Dapprima alle mura, ai luoghi oscuri intornoalla porta, da cui ero uscito, ritorno e seguo a ritroso i segnidelle orme, scruto nel buio notturno e al bagliore delle fiam-me […] e già nei portici vuoti […] E mentre cercavo trale case della città, senza sosta, come un forsennato». …ma anche l’ira del Pelide Achille Subito dopo, però,facendo correre ripetutamente la mano alla spada (par. 2),Encolpio ripete il furore di Achille, com’è descritto in unpunto forte del testo omerico, quando esplode l’ira che daràorigine al racconto iliadico (Iliade, 1, vv. 188-195): «Al Pelidevenne dolore, il suo cuore nel petto peloso fu incerto tradue: se, sfilando la daga acuta via dalla coscia, facesse alza-re gli altri, ammazzasse l’Atride, o se calmasse l’ira e con-tenesse il cuore. E mentre questo agitava nell’anima e in cuo-re e sfilava dal fodero la grande spada, venne Atena dal cie-lo» (trad. di R. Calzecchi Onesti).

Encolpio tradito dalle scarpe Non ènecessario l’intervento di una divinità

(come accade ad Achille con Atena, a Enea con Venere) pertrattenere il nostro ‘eroe’ da gesti violenti. Basta un comu-ne mortale: notavit me miles (par. 2). Lo sconosciuto sco-

pre una vistosa improprietà nell’abbigliamento militare diEncolpio: il giovane scholasticus porta i phaecasia, gli scar-poncini bianchi in voga tra i giovani. La velleità di auto-promozione eroica del protagonista si dissolve in un atti-mo, la volontà di vendetta si traduce in un’azione manca-ta. Ma l’aggressione ironica del protagonista narratore nonsi ferma qui.Da giustiziere a vittima di un malandrino I phaecasia met-tono Encolpio in posizione di inferiorità rispetto al suo inter-locutore. Intrappolato nella fantasia di vendetta eroica, il«narratore mitomane» non si accorge di essere vittima – enon attore – di violenza: Encolpio finisce derubato (par. 4),da un comune malandrino, e passa da eroe vendicatore avittima della criminalità di strada. Eppure, egli continua aproiettare sulla realtà i fantasmi delle sue illusioni ‘sublimi’e «rende grazie» all’intervento salvifico dello sconosciuto chelo ha trattenuto dal folle proposito di vendetta.

Sintagmi epici e precauzioni ali-mentari Il racconto dell’ira di

Encolpio ha inizio sul registro alto: Haec locutus riprodu-ce una formula tipica dell’epica per segnare il passaggio daldiscorso all’azione. Epico è anche l’uso medio-passivo di cin-gor con l’ablativo strumentale (gladio). Ma nella compatta tessitura epica del racconto è in agguatouna notazione realistica, un segnale d’allarme per il lettore:non accade mai che l’ira eroica, nel suo esplodere, lasci spa-zio ad assennate precauzioni di ordine pratico. Invece Encolpiosi arma e, prima di dar libero corso all’ira, provvede a rifo-cillarsi con una bella scorpacciata (largioribus cibis excito vires). Lo scarto tra illusione eroica e vita reale La preoccupa-zione alimentare ne infirmitas militiam perderet pertiene airesoconti storici, non al registro alto dell’epica: Encolpio ècome un soldato semplice che consuma il rancio prima delcombattimento (vedi Livio, 9,32,44: «Appena riferita al con-sole la notizia [che il nemico era già schierato sul campodi battaglia], egli comanda immediatamente che sia datoordine che i soldati pranzino e dopo essersi rifocillati conil cibo impugnino le armi [ut prandeat miles firmatisque ciboviribus arma capiat]»). La tensione elevata del testo preci-pita: lo scarto tra aspirazioni eroiche e ordinarie esperien-ze di vita è sottolineato dall’ironia del comparativo largio-ribus (non basta cibis).

LINGUA E STILE

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MODELLI E TRADIZIONI

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Le fantasie letterarie di un eroe ingenuo,da Petronio a oggi

L a peculiare strategia parodica che presiede alle invenzioni narrative del Satyricon e ne costituiscela chiave di lettura porta sulla scena del romanzo occidentale un tipo letterario destinato a lungafortuna nei secoli a venire: l’eroe (o antieroe) che vive immerso in un proprio mondo di fantasie

letterarie, e che aspira, nel tentativo frustrante di far corrispondere la realtà alla letteratura, a rivestire ipanni degli eroi incontrati nelle sue letture, ad autopromuoversi, quindi, eroe lui stesso. L’emulazione dellaletteratura nel quotidiano scontro con la realtà porta a vedere vanificati i sogni letterari e i modelli ‘sublimi’in essi identificati, e finisce spesso per tradursi in parodia di quegli stessi modelli e delle convenzioniletterarie invano imitate dall’eroe protagonista: Encolpio, vittima di una cultura scolastica che hastrumentalizzato e svilito i grandi autori e i grandi testi del passato, «vede dietro a ogni accadimento ilfantasma delle letture fatte e rifatte in classe, e rivive per sé solo l’illusione di trovarsi ‘personaggio deipropri libri’» (G.B. Conte).

1. Prima di Petronio: la parodia del genere letterario in Grecia e a RomaIl narratore protagonista del Satyricon ha dietro di séuna lunga storia, che coincide con le origini e lo svi-luppo del genere parodico; è cioè il frutto maturo diuna tecnica ormai collaudata, che con Petronio è appro-data alla creazione di un meccanismo complesso cheha al suo centro Encolpio, l’eroe insieme oggetto e sog-getto di un artificioso e godibilissimo gioco letterario.

La parodia nasce in Grecia quasi agli inizi della let-teratura, tra il VII e il VI secolo a.C., con le poesiegiambiche di Ipponatte (considerato il maestro dellaparodia epica) e con un poemetto di difficile datazio-ne, falsamente attribuito a Omero, poi divenuto cele-bre grazie alla volgarizzazione di Giacomo Leopardi:la Batracomiomachia, che narra, in esametri epici, del-l’eroica guerra tra rane e topi. Si tratta quindi di unaparodia sui generi letterari, anzi sul genere letterarioper eccellenza, quello epico: un epos ‘svilito’ nella scel-ta dei protagonisti, che assiste all’attribuzione di con-venzioni, ruoli, epiteti fissi e scene tipiche a un con-testo degradato, in cui gli eroi in gioco non sono piùGreci e Troiani, ma eserciti di rane e topi. Il bagagliotradizionale resta immutato, il gioco è solo nello spo-stamento di ottica e destinatario; un modo diverten-te di sorridere sui modelli ‘sublimi’, di vederli all’ope-ra in un mondo assolutamente inadeguato, sia esso quel-

lo animale dalle coloriture favolistiche della Batra-comiomachia o quello misero di Ipponatte, ‘assediato’dai problemi materiali ed economici in conflitto congli alti ideali eroici.

Il meccanismo della parodia ‘di genere’ viene ere-ditato e potenziato dalla commedia, che definisce ilproprio spazio d’azione in opposizione a un altro gene-re ‘sublime’, la tragedia. Con Aristofane, nel V seco-lo a.C., calcano le scene personaggi reali che parlanoil linguaggio stravolto della parodia e, calati nella fin-zione comica, si fanno strumento di una dissacrazio-ne volta innanzitutto a ‘smitizzare’ i sacri, altissimi eintoccabili paradigmi eroico-tragici; personaggi stori-ci che parlano e agiscono come ‘da programma’, in unmondo che smentisce le loro verità.

Con la commedia plautina, poi, la parodia lettera-ria entra a buon diritto nel gioco metateatrale condot-to dal servo, protagonista indiscusso del teatro plau-tino. Il servo conduce il gioco, manovra citazioni e paro-die, rompe e ricuce la finzione scenica. Accanto allatragedia compare ora l’epos, come genere-gemello delquale sorridere; convenzioni ‘sublimi’, in entrambi icasi, vengono poste in comica frizione con un mon-do di interessi ‘bassi’, governati dalla brama di pos-sesso e dai bisogni materiali.

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Luigi Pulci, Morgante (ottave CXXXI-CXXXV)Un Orlando da taverna

Mentre ch’Orlando va per la cittade,e fanciulli a diletto il dileggiavano,ché Vegliantino a ogni passo cade,e le risa ogni volta si levavano,dicendo insin che in su la piazza è giunto:– Chi è questo uccellaccio così spunto1?

CXXXIIQuesto caval bisogno are’ d’un maggioche fussi almeno un anno, non un mese2 –Orlando se n’andava a suo vïaggio,e ciò che si dicea per tutto intese,però che e’ sapea bene ogni linguaggio.Un saracin per la briglia lo prese,come alcun si diletta di far male,e sfibbia a Vegliantino il barbazzale3

1t

Il romanzo di Petronio conosce un lungo periodo dioblio. Almeno fino al Seicento, nella letteratura euro-pea la parodia ripercorre la via consolidata del giocoletterario sui generi. La cosiddetta «commedia elegia-ca», sorta in Francia tra XII e XIII secolo, è un gene-re di intrattenimento popolare che si compiace di con-taminare situazioni tipicamente comiche (la lotta peril possesso di un bene) con atmosfere ‘elegiache’ edespressioni d’amore idealizzato. In queste commedie– siano esse destinate o no alle scene – gli eroi pro-tagonisti, eredi delle trovate del servo plautino, ricor-rono al linguaggio ‘sublime’ dell’amore come strate-gia di possesso, strumento per raggiungere, ancora unavolta, scopi ben poco ‘ideali’ e molto concreti. Si assi-ste così a un rapido mutare di registri, nell’opposizio-ne tra gli stereotipi letterari evocati e la realtà, ‘bas-sa’, del desiderio sessuale o materiale, che toglie veri-tà a quegli stessi stereotipi.

Operazione per certi versi opposta – perché chia-ma in causa eroi da manuale colti in frangenti e situa-zioni svilite – è quella che presiede alle rocambolescheavventure narrative del Morgante di Luigi Pulci, poe-

ma in ottave composto tra il 1470 e il 1480 (la pri-ma edizione, in ventitré canti, è del 1478) che, nar-rando delle imprese di Orlando, gioca parodisticamen-te sulle convenzioni e le storie dei poemi cavallereschi.È questo, ora, il genere più popolare e insieme più ‘subli-me’, quello che è più divertente dissacrare; il poemacavalleresco prende il posto degli antichi poemi epi-ci come ‘enciclopedia’ di una cultura, schema lette-rario di interpretazione idealizzata della realtà. E così,nel Morgante, Carlo Magno è un vecchio svampito,i paladini si comportano come furfanti, le dame sonotutt’altro che affascinanti e preziose. A tratti, però, ein alcuni frangenti critici, Orlando ricorda di essereun eroe, un paladino, e ne riveste nuovamente i pan-ni, come spinto da obblighi al di sopra e oltre la suavolontà; ma il contesto con cui deve misurarsi non èora quello glorioso di guerre e battaglie, di impreseeroiche e avversari pericolosi. In questo episodio, peresempio, Orlando è alle prese con una volgare rissa‘da taverna’, con tanto di scherzi e canzonature per sée per il suo cavallo Vegliantino, più simile a un ron-zino spennacchiato che a un destriero degno di un eroe:

1. spunto: tanto a mal partito.2. Avrebbe cioè bisogno di un riposo non di un gior-no o un mese, ma di un anno; «maggio» dalla festa

di calendimaggio, destinata al riposo.3. Il barbazzale è la catenella che gira dietro la man-dibola.

2. Tra Medioevo e Rinascimento: memoria letteraria ed eroi screditati

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CXXXIIIe per ischerno gli trasse la briglia.Orlando non poté sofferir più,e con un pugno la gota e le cigliae ’l naso e gli occhi gli cacciava giù:ognun che ’l vide n’avea maraviglia,ché mai tal pugno veduto non fu;poi scese in terra di disdegno pienoe racconciava a Vegliantino il freno.

CXXXIVCostui, ch’avea del viso forse il terzo4,trasse la spada ch’avea a’ galloni5,però che questo non gli pare scherzo.Orlando lo diserta co’ punzoni6:pensa che, s’egli avessi avuto il berzo7,morto l’arebbe con due rugioloni8;un tratto nella tempia un glien’accoccache gli facea il cervello uscir per bocca.

CXXXVE risaltò di netto in sul cavallosenza staffa operar, con l’armadura9,tanto ch’ognuno stupiva a guardalloe scostasi dallato per paura.

4. Dopo il pugno di Orlando, al saraceno era rima-sto un terzo della faccia.5. Al fianco.6. Lo riduce male a suon di pugni.

7. Il «berzo» è il guanto di ferro.8. L’avrebbe ucciso con due colpi soli.9. Monta a cavallo senza l’aiuto della staffa e arma-to di tutto punto.

Mentre in Italia, con l’opera di Alessandro Tassoni,si va affermando il poema eroicomico, stravolgimen-to parodico di schemi epico-cavallereschi e di conven-zioni letterarie sentiti come sempre più vuoti e logo-ri dall’età barocca, la Spagna sperimenta, nel roman-zo di Cervantes, Don Chisciotte della Mancia (1605-1615), nuove strategie parodiche che, nel prendersigioco degli stereotipi letterari, fanno rivivere il ‘tipo’dell’eroe protagonista di petroniana memoria: donChisciotte, antieroe privo, al pari di Encolpio, di un‘sano’ principio di realtà, assorto in un mondo di fan-tasie letterarie che lo porta a distorcere i fatti, a fil-

trarli, snaturandoli, attraverso inattuali schemi lette-rari.

Don Chisciotte si appassiona a tal punto alla let-teratura cavalleresca da volerla imitare e riprodurre nel-la realtà; decide così di farsi cavaliere errante e, comeEncolpio, di divenire protagonista di un suo roman-zo ideale, che ne dimostrerà il valore e il coraggio. Matramontati ormai i tempi eroici, don Chisciotte potràsolo misurarsi con fantasmi e mulini a vento, non conavversari pericolosi e imprese memorabili. Eccocome viene presentata, all’inizio del romanzo, l’osses-sione letteraria del protagonista:

3. Tra Seicento e Settecento, Don Chisciotte e l’eroe ‘svagato’

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Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia (cap. 1)Don Chisciotte, novello Encolpio

Bisogna dunque sapere che il detto gentiluomo, nei momenti che stava senza far nulla (cheerano i più dell’anno), si dedicava a leggere i libri di cavalleria con tanta passione, con tan-to gusto, che arrivò quasi a trascurare l’esercizio della caccia, nonché l’amministrazione del-la sua proprietà; e arrivò a tanto quella sua folle mania che vendette diverse staia di terrada semina per comprare romanzi cavallereschi da leggere, e in tal modo se ne portò in casaquanti più riuscì a procurarsene, e fra tutti, non ce n’erano altri che gli piacessero quantoquelli composti dal famoso Feliciano de Silva, poiché il nitore della sua prosa e quei suoiingarbugliati ragionamenti gli parevano una delizia, specie quando arrivava a leggere quel-le dichiarazioni amorose o quelle lettere di sfida, dove in certi punti trovava scritto: «Laragione dell’irragionevole torto che alla mia ragione vien fatto, mortifica in tal modo lamia ragione, che con ragione mi dolgo della vostra bellezza». O quando leggeva: «[…] glialti cieli che nella vostra divinità divinamente con le stelle vi fortificano e vi fanno meri-tare il merito che merita la grandezza vostra».[…]Insomma, tanto s’immerse nelle sue letture, che passava le nottate a leggere da un crepu-scolo all’altro, e le giornate dalla prima all’ultima luce; e così, dal poco dormire e il mol-to leggere gli s’inaridì il cervello in maniera che perdette il giudizio. La fantasia gli si empìdi tutto quello che leggeva nei libri, sia d’incantamenti che di contese, battaglie, sfide, feri-te, dichiarazioni, amori, tempeste ed altre impossibili assurdità; e gli si ficcò in testa a talpunto che tutta quella macchina d’immaginarie invenzioni che leggeva, fossero verità, cheper lui non c’era al mondo altra storia più certa. […] Così, con il cervello ormai frastornato, finì col venirgli la più stravagante idea che abbiaavuto mai pazzo al mondo, e cioè che per accrescere il proprio nome, e servire la patria,gli parve conveniente e necessario farsi cavaliere errante, e andarsene per il mondo con lesue armi e cavallo, a cercare avventure e a cimentarsi in tutto ciò che aveva letto che i cava-lieri erranti si cimentavano, disfacendo ogni specie di torti e esponendosi a situazioni e peri-coli da cui, superatili, potesse acquistare onore e fama eterna.

2t

Come Encolpio, anche don Chisciotte viene coinvol-to a pieno titolo nella sorridente parodia messa in attodall’autore, e come Encolpio subisce gli strali di quel-la parodia; eroe solitario e ‘dissociato’, incapace di vede-re la realtà per quella che è, don Chisciotte vive di solaletteratura, in un mondo irreale e sognato, che nonpotrà mai tradursi in un quotidiano privo ormai diogni ragione eroica. Al fondo, come nel Satyricon, sem-bra di avvertire una sottile nostalgia per il ‘sublime’,per un mondo che rendeva ancora possibile la fedenegli ideali eroici; la modernità ha distrutto quella fede,rendendo inattuale il mondo di fantasie letterarie sudi essa costruito.

Nel Settecento, la filosofia entra imperiosamentesulla scena della letteratura, e diventa spesso ingredien-te essenziale dell’immaginario romanzesco, proponen-do i propri modelli all’emulazione nella realtà. La paro-

dia, ora, prende di mira non solo convenzioni e ste-reotipi letterari, ma anche concorrenti sistemi ideo-logici o etici; al tipo letterario dell’ingenuo, astrattodalla realtà e perso in sogni letterari, si affianca ora iltipo del filosofo o del filosofante che pretende di vede-re tradotti nel quotidiano alti ideali filosofici. NelCandido o l’ottimismo (1759), racconto filosofico diVoltaire, il protagonista, Candido, cresciuto alla scuo-la ottimistica di Leibniz (secondo il quale l’uomo vive«nel migliore dei mondi possibili»), attraversa una lun-ga serie di disavventure che lo confermano di fatto delcontrario, mantenendo sempre intatta, però, la fedenel principio filosofico del maestro, in un’ingenuitàche lo avvicina a Encolpio, o a don Chisciotte.

Intanto in Inghilterra si diffonde un genereromanzesco in aperta reazione al predominio della razio-nalità e del classicismo: il romanzo «gotico» o nero,

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antenato del genere horror, popolato di fantasmi, castel-li abbandonati e ingenue fanciulle in pericolo, atmo-sfere misteriose e orrifiche, in un Medioevo artificio-so e di maniera. Campioni del genere furono HoraceWalpole, con Il castello di Otranto (1764), e AnnRadcliffe, con I misteri di Udolfo (1794), a cui segui-rono una lunga serie di imitatori del genere.

Sulla moda del romanzo nero e sulla popolarità dicui godeva soprattutto tra le ragazze di buona fami-glia, scherza compiaciuto il primo romanzo della scrit-trice inglese Jane Austen (1775-1817), pubblicato postu-mo nel 1818, L’abbazia di Northanger.

Protagonista è Catherine, lettrice appassionata diromanzi neri ed entusiastica ammiratrice delle operedi Ann Radcliffe, che, ospite un giorno in un’anticaabbazia, crede di rivivere nella realtà le fantasie assi-milate nelle sue letture, e vede orrori e misteri in ciòche è tutt’altro che misterioso. Con Catherine torna– declinato al femminile – il tipo letterario del pro-tagonista ingenuo, perso in un proprio mondo di fan-tasie letterarie che si traduce in un distorto schema diinterpretazione del reale. Leggiamo il brano in cuiCatherine, delusa, si accorge finalmente di avere solofantasticato:

Su registri tutt’altro che comici o scherzosi si gioca lastoria di Madame Bovary, protagonista dell’omonimoromanzo di Gustave Flaubert (pubblicato in volumenel 1857). È il dramma di una donna borghese inquie-

ta e insoddisfatta, vittima di frustrazioni sociali e sen-timentali, che riscatta la propria esistenza grigia conletture di romanzi d’amore e pretende di trovare nel-la realtà le passioni vissute sui libri: Emma Bovary, spo-

Jane Austen, L’abbazia di Northanger (libro 2, cap. 10)Le visioni romanzesche di Catherine

Le visioni romanzesche erano finite. Ora Catherine era completamente sveglia. Il discor-so di Henry, per quanto breve, le aveva rivelato le assurdità delle sue fantasie più di quan-to tutte le precedenti delusioni fossero riuscite a fare. Si sentiva dolorosamente umiliata.Piangeva amarissimamente. Si sentiva sprofondare, e non solo davanti a se stessa, ma davan-ti a Henry. La sua follia, che ora le sembrava quasi criminale, lui la conosceva perfettamen-te e l’avrebbe disprezzata per sempre. La libertà che la sua immaginazione aveva osato pren-dersi con il carattere di suo padre, avrebbe mai potuto perdonarla? L’assurdità della sua curio-sità e delle sue paure, l’avrebbe mai potuta dimenticare? […]Dato che i suoi pensieri erano ancora fissi principalmente a ciò che aveva pensato e fatto,guidata da un terrore così privo di fondamento, le fu ben presto chiaro come non mai chesi era trattato di un’allucinazione volontaria, creata da lei stessa, e che a ogni circostanzainsignificante era stata attribuita importanza dalla sua immaginazione per il desiderio diprovare spavento, e che aveva travisato tutto per un unico fine, cui il suo animo tendevaprima ancora di mettere piede nell’abbazia, e cioè il desiderio ardente di aver paura. Ricordòi sentimenti con cui si era preparata a conoscere Northanger. Vedeva che l’infatuazione erastata creata, che il danno era stato fatto molto prima che lasciasse Bath, e sembrava che lacausa di tutto si potesse rintracciare nelle letture cui, appunto a Bath, aveva amato indul-gere. Per quanto le opere di Ann Radcliffe fossero affascinanti, e per quanto fossero affascinan-ti anche le opere dei suoi imitatori, forse non si doveva vedere in loro uno specchio dellanatura umana, almeno di quella delle contee dell’Inghilterra centrale.

(traduzione di L. Gaia, Milano 1998).

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4. Tra Ottocento e Novecento, il declino della parodia letteraria

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sata a un modesto medico di provincia che la ama pro-fondamente, è presto delusa dalla mediocrità della vitaa cui è costretta, e dopo un breve flirt con un giova-ne praticante notaio, Léon, diventa l’amante di un don-giovanni di provincia, Rodolphe. Abbandonata dal-l’uomo, finisce per indebitarsi con un usuraio, chie-de aiuto a Léon e a Rodolphe, e alla fine, incapace dipagare i suoi debiti, si uccide. Alla sua morte seguiràquella del marito, disperato e assillato dal ricordo del-la moglie, a cui pure ha perdonato i tradimenti. Ilromanzo di Flaubert è animato da uno spirito anti-romantico che è tutt’uno con la polemica sociale e conla consapevolezza della crisi della società borghese all’in-domani dell’avvento della società di massa; se paro-dia c’è, essa si esercita ai danni di una classe sociale edei suoi modelli di riferimento, culturali e sociali, nonpiù su un genere letterario. Nemmeno l’antiromanti-cismo di Flaubert è assoluto: la storia di Emma Bovary,che ambisce a tradurre nella realtà un ideale solo let-terario, declina pessimisticamente e ‘antieroicamente’l’ambizione romantica – perennemente frustrata – afar coincidere ideale e reale, ma con la differenza impor-tante che gli eroi romantici restano eroi, e lottano tita-nicamente per mantenere fede al proprio ideale.

Con il Novecento, i termini del rapporto realtà-let-teratura si rovesciano, e la figura dell’eroe ingenuo, chetenta di tradurre nella realtà fantasie letterarie o filo-

sofiche tramonta quasi completamente. La letteratu-ra, ora, non è più il luogo di modelli da derivare perla vita quotidiana; e la prospettiva si inverte: la finzio-ne letteraria può parlare il linguaggio della realtà, imper-sonarla con maggiori capacità di introspezione e inda-gine. Nella commedia di Luigi Pirandello, Sei perso-naggi in cerca d’autore (1921), per esempio, i protago-nisti sono sei personaggi di teatro, maschere in cercadi una compagnia e di un autore che possano rappre-sentare il loro dramma familiare. Ma la sovrapposizio-ne tra scena e realtà rende impossibile la realizzazio-ne del loro desiderio: una volta che gli attori recitanoil dramma dei personaggi, questi non si riconoscono,perché solo loro sono in grado di rappresentare la lorotragedia, che è di fatto l’unica loro realtà. Dietro al com-plesso meccanismo metateatrale pirandelliano, sinasconde un principio di rovesciamento dei tradizio-nali rapporti fra realtà e apparenza, vita e letteratura;non più personaggi ‘finti’ che recitano la vita preten-dendo di imitarla, ma pure invenzioni teatrali che vivo-no come autentica realtà il loro dramma letterario: «iPersonaggi senza autore sono l’apologo della condizio-ne estrema di improponibilità a cui è giunta l’arte nelmondo borghese: esiste sì nella vita il tragico, ma nonpuò più ambire ad essere fissato nella grandezza del-l’arte, e le vicende e i personaggi tragici restano incom-piuti, senza autore» (G. Bàrberi Squarotti).

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Ricordiamo qui di seguito quali sono i passi da seguire per affrontare in modo ragionatola traduzione di un brano.

1. Rimettere in ordine gli elementi della frase, perché il latino ha un ordine delle paro-le diverso da quello dell’italiano. Per farlo, bisogna eseguire prima l’analisi dell’intero perio-do e poi l’analisi logica delle singole frasi.

Analisi del periodoa) evidenziare tutti i verbi di un periodo;b) separare tra di loro le singole frasi che costituiscono il periodo, tenendo presente che

ogni frase deve avere il suo verbo, e che talvolta una frase può essere spezzata dall’inse-rimento di un’altra (nel fare questa operazione, bisogna osservare attentamente la pun-teggiatura);

c) osservare l’inizio delle singole frasi e individuare le congiunzioni subordinanti o ipronomi relativi, per capire quali sono le frasi subordinate;

d) individuare la proposizione principale, che avrà il verbo al modo indicativo o (menofrequentemente) al congiuntivo e non è introdotta né da congiunzioni subordinanti néda un pronome relativo (possono esserci anche due o più proposizioni principali coor-dinate tra di loro o tramite congiunzioni o con la punteggiatura);

e) identificare il grado delle proposizioni subordinate.

Analisi logicaa) in base al verbo, capire se il soggetto è singolare o plurale e individuarlo (se è un pro-

nome di I o II persona singolare o plurale, spesso è sottinteso);b) in base al verbo, cercare l’eventuale complemento oggetto (se il verbo è transitivo),

nome del predicato o complemento predicativo del soggetto (se il verbo è copula-tivo), infinito (se il verbo è servile) o complemento d’agente (se il verbo è passivo);

c) in base alle desinenze degli altri sostantivi e degli aggettivi, individuare i complemen-ti, con o senza preposizione e possibilmente raggruppare i sintagmi tra di loro con segnigrafici;

d) evidenziare gli elementi-guida utili come i correlativi (et… et; vel… vel; modo… modo;non solum… sed etiam; sic… ut; alii… alii).

2. Eseguire la ricerca sul vocabolario scegliendo i significatia) che meglio si adattino all’ambito semantico della versione (storico, oratorio, politico,

filosofico, giuridico e così via);b) che si accordino sia alla cronologia dell’autore del brano sia all’uso in prosa, perché

i brani che dobbiamo tradurre non provengono mai da poeti.

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Versioni3. Contestualizzare il brano in base alle nostre conoscenze di storia della letteratura.

Nel tradurre, inoltre, dobbiamo sempre tenere presenti alcuni elementi in base ai quali pos-siamo uscire dalle difficoltà e, in un certo senso, sapere che cosa dirà il brano prima anco-ra che lo traduciamo. Questi elementi sono:a) il titolo, che può dirci se quel brano, per esempio, descrive una vittoria o una sconfit-

ta, narra un aneddoto curioso o una morte tragica, elogia o biasima qualcuno o qual-cosa e così via;

b) l’eventuale introduzione che spiega il contenuto del brano, lo situa in un contesto sto-rico o chiarisce l’antefatto e le conseguenze degli eventi narrati in esso;

c) il genere letterario a cui appartiene, per orientarci nella scelta dei significati di termi-ni usati in accezione specialistica;

d) il contenuto dell’opera da cui è tratto;e) l’ideologia politica o filosofica di un autore, che sarà portato a parlare con simpatia

o antipatia di determinate fazioni o scuole di pensiero e a esaltare alcuni valori a scapi-to di altri.

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VersioniPetronioIl Satyricon è l’opera di un genio letterario che, con inimitabile eleganza e padronanza, samescolare i generi letterari più diversi e alternare gli stili più discordanti. A seconda delpunto del romanzo da cui proviene, dunque, un brano di Petronio può presentare carat-teristiche molto variabili. Tre esempi renderanno chiara questa affermazione: – le lunghe tirate di Agamennone contro la decadenza dell’oratoria o di Eumolpo contro

la decadenza della poesia, per esempio, riflettono il carattere tronfio e declamatorio deipersonaggi, e sono scritte con uno stile ampio e ampolloso, con abbondanza di inter-rogative retoriche e valutazioni moralistiche;

– quando invece Encolpio paragona le sue sordide avventure a quelle delle grandi opereletterarie, la comicità è raggiunta con la parodia di uno stile epico, ricco di termini poe-tici e di un registro altisonante;

– quando nella Cena Trimalchionis Petronio dà la parola direttamente ai convitati, preva-le il sermo vulgaris, la lingua quotidiana dei ceti di scarsa cultura, caratterizzata dallaparatassi e fitta di grecismi alla moda (per es. topanta = del tutto) o volgarismi (per es.lupatria = «puttana da quattro soldi»).

Dunque non è facile inquadrare il Satyricon in un unico registro, e la traduzione di que-sto imprevedibile capolavoro deve essere condotta con molta cautela, anche perché Petronio,ambientando la sua storia in una realtà fatta di luoghi, oggetti e situazioni di infimo livel-lo, usa parole normalmente escluse dalla letteratura ‘alta’, e che quindi ai nostri occhi appa-iono termini rari o addirittura come hapax (parole usate una volta sola).

Tensione in albergo (Petronio, Satyricon 94)Dopo l’incontro alla pinacoteca, Eumolpo segue Encolpio alle terme dove quest’ultimo ritrova Gìtone,sfuggito alla prepotenza di Ascilto e implorante perdono. L’antica coppia che così si ricostituisce è rag-giunta per la cena in albergo da Eumolpo, ma le scoperte attenzioni che il poeta rivolge al ragazzo nontardano a suscitare la gelosia del protagonista narratore. Alla fine Encolpio, di nuovo furioso, butta fuoridalla stanza Eumolpo, senza ricordare però che anche Gìtone è appena uscito...

[1] «O felicem, inquit, matrem tuam, quae te talem peperit: macte virtute esto. Raramfecit mixturam cum sapientia forma. [2] Itaque ne putes te tot verba perdidisse, amatoreminvenisti. Ego laudes tuas carminibus implebo. Ego paedagogus et custos, etiam quo noniusseris, sequar. Nec iniuriam Encolpius accipit: alium amat». [3] Profuit etiam Eumolpomiles ille, qui mihi abstulit gladium; alioquin quem animum adversus Ascyltonsumpseram, eum in Eumolpi sanguinem exercuissem. Nec fefellit hoc Gitona. [4] Itaqueextra cellam processit, tanquam aquam peteret, iramque meam prudenti absentia extinxit.[5] Paululum ergo intepescente saevitia: «Eumolpe, inquam, iam malo vel carminibusloquaris, quam eiusmodi tibi vota proponas. Et ego iracundus sum, et tu libidinosus: vide,quam non conveniat his moribus. [6] Puta igitur me furiosum esse, cede insaniae, id est,ocius foras exi». [7] Confusus hac denuntiatione Eumolpus non quaesiit iracundiaecausam, sed continuo limen egressus adduxit repente ostium cellae, meque nihil taleexpectantem inclusit, exemitque raptim clavem et ad Gitona investigandum cucurrit.

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Ancora un suicidio mancato (Petronio, Satyricon 94)Rimasto chiuso dentro la camera d’albergo, Encolpio è deciso a farla finita quando Eumolpo e Gìtoneirrompono nella stanza: Gìtone sembra pronto al sacrificio della vita per salvare l’amico, ma non è cheuna sceneggiata, una trappola tesa ai danni del narratore ingenuo.

Inclusus ego suspendio vitam finire constitui. Et iam semicinctio lecti stantis ad parietemspondam vinxeram cervicesque nodo condebam, cum reseratis foribus intrat Eumolpuscum Gitone meque a fatali iam meta revocat ad lucem. Giton praecipue ex dolore inrabiem efferatus tollit clamorem, me utraque manu impulsum praecipitat super lectum:«Erras, inquit, Encolpi, si putas contingere posse, ut ante moriaris. Prior coepi; in Ascyltihospitio gladium quaesivi. Ego si te non invenissem, periturus praecipitia fui. Et ut sciasnon longe esse quaerentibus mortem, specta invicem quod me spectare voluisti». Haeclocutus mercennario Eumolpi novaculam rapit, et semel iterumque cervice percussa antepedes collabitur nostros. Exclamo ego attonitus, secutusque labentem eodem ferramentoad mortem viam quaero. Sed neque Giton ulla erat suspicione vulneris laesus, neque egoullum sentiebam dolorem. Rudis enim novacula et in hoc retusa, ut1 pueris discentibus2

audaciam tonsoris daret, instruxerat thecam. Ideoque nec mercennarius ad raptumferramentum expaverat, nec Eumolpus interpellaverat mimicam mortem.

PAR. 1a. Quale funzione ha l’accusativo O felicem ... matrem tuam?b. Che forma è esto?

PAR. 2c. La forma carminibus è dativo o ablativo? Da quale ter-

mine dipende e quale funzione sintattica svolge?d. I nominativi paedagogus e custos sono apposizioni o

complementi predicativi del soggetto?e. Nella proposizione quo non iusseris il verbo è all’indica-

tivo futuro anteriore o al congiuntivo perfetto?

PARR. 3-4f. Quale fenomeno osservi in quem animum ... eum?

g. Come è costruito il verbo fefellit? Qual è il paradigmacompleto del verbo?

h. Che proposizione è tanquam … peteret?

PAR. 5i. Quale costrutto riconosci nell’espressione intepescente

saevitia?l. Che differenza c’è tra i due quam del paragrafo?

PAR. 7m. Che sfumatura esprime il verbo quaero rispetto all’(ap-

parente) sinonimo peto?n. Che costrutto è ad Gitona investigandum? Che valore

sintattico ha? E Gitona che tipo di accusativo è?

TraduzioneLABORATORIO DI

1. in hoc … ut: «a questo scopo, affinché…». 2. pueris discentibus: «agli apprendisti».

collabor, -eris, -lapsus sum, -labi: crol-lare, abbattersicondo, -is, -dıdi, -dıtum, -ere: riporre,chiuderecontingo, -is, -tıgi, -tactum, -ere: capi-tare, accadere (con ut + cong.)effero, -as, -avi, -atum, -are: rendereselvaggio, inasprireimpello, -is, -puli, -pulsum, -ere: spingereinstruo, -is, -struxi, -structum, -ere:

equipaggiare; armareinterpello, -as, -avi, -atum, -are: osta-colare, impedireinvicem: avv., a tua voltalabor, -eris, lapsus sum, labi: caderemercennarius, -ii: servitoremeta, -ae: meta, traguardomimicus, -a, -um: da mimo, da farsanodus, -i: laccionovacula, -ae: rasoio

resero, -as, -avi, -atum, -are: aprireretusus, -a, -um: smussatorudis, -e: senza filosemicinctium, -ii: cinturasuspendium, -ii: impiccagione, l’impic-carsisuspicio, -onis: sospetto, segnotheca, -ae: custodiatonsor, -oris: barbierevincio, -is, vinxi, vinctum, -ire: legare

GLOSSARIO

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VersioniL’incipit delle Confessiones (Confessiones 1,1)Magnus es, domine, et laudabilis valde. Magna virtus tua, et sapientiae tuae non est numerus.Et laudare te vult homo, aliqua portio creaturae tuae, et homo circumferens mortalitatemsuam, circumferens testimonium peccati sui et testimonium quia1 superbis resistis; ettamen laudare te vult homo, aliqua portio creaturae tuae. Tu excitas ut laudare te2 delectet,quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te. Da mihi,Domine, scire et intellegere utrum sit prius3 invocare te an laudare te, et scire te prius sitan invocare te. Sed quis te invocat nesciens te? Aliud enim pro alio4 potest invocarenesciens. An potius invocaris ut sciaris? Quomodo autem invocabunt, in quem5 noncrediderunt? Aut quomodo credent sine praedicante? Et laudabunt Dominum qui requirunteum: quaerentes enim inveniunt eum et invenientes laudabunt eum.

1. quia: introduce una dichiarativa dipendente datestimonium («la prova del fatto che»).2. laudare te: «il lodarti», proposizione che fa dasoggetto a delectet («piaccia»).

3. sit prius: «venga prima».4. Aliud … pro alio: «una cosa per un’altra».5. in quem: sottintendi l’antecedente dimostrativoeum.

circumfero, -fers, -tuli, -latum, -ferre:portare con sécreatura, -ae: creazione, creatodo, das, dedi, datum, dare: concederedi (+ inf.)

numerus, -i: confineportio, -onis: particellapraedico, -as, -avi, -atum, -are: annun-ciarerequiro, -is, -quisivi, -quisitum, -ere:

ricercaretestimonium, -ii: prova (in senso giuridi-co)valde: avv., moltissimo

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