Fondamenti Del Diritto Antico 1/2012. Oralità e Scrittura, F. LUCREZI-M. MARAZZI-A. VISCONTI edd.

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A collection of contributions about preroman juridical problems.

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  • Oralit e scrittura

    Fondamenti del diritto antico il nome ambi-zioso di un seminario di studio permanente, chedallo scorso anno accademico coinvolge la Facol -t di Giurisprudenza, il Centro di Ricerca sulleIstituzioni Europee (CRIE) e il Centro Interisti-tuzionale Euro Mediterraneo per i Beni Cultura-li (CEM) dellUniversit Suor Orsola Benincasa.Esso si propone lobiettivo di esplorare campi diricerca di comune interesse per giuristi, storici,filologi e archeologi del nostro Ateneo e di atti-vare la comunicazione e la circolazione degli stu-di al di l delle specifiche competenze che di-stinguendoci ci dividono.

    I risultati dei seminari troveranno una sta-bile collocazione in una serie di pubblicazionidella Facolt di Giurisprudenza, inaugurata dalpresente volume.

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  • Come docente e preside di Giurispruden-za attribuisco alliniziativa un valore culturale invista della formazione di un giurista clto, consa-pevole della profondit e dello spessore dei fe-nomeni giuridici, non ignaro che il diritto sem-pre esperienza giuridica e che ogni ordinamento segnato dalla sua storia, che contiene e con-densa i pi autentici significati di una civilt.

    Rivolgo un sentito ringraziamento a Fran-cesco De Sanctis, direttore del CRIE, a Massimi-liano Marazzi, direttore del CEM, e a Mariavale-ria del Tufo, prorettore dellUniversit Suor Or-sola Benincasa, per aver promosso liniziativa, eai relatori del primo ciclo di incontri, svoltosi nel-la scorsa primavera, divenuti poi autori del primovolume: Francesco Lucrezi, Massimiliano Maraz-zi e Amedeo Visconti.

    Il tema che ha segnato il primo ciclo Ora-lit e scrittura evoca una problematica profonda-mente radicata nella storia del diritto e si ispira auna delle dicotomie costitutive della giuridicit,quella di ius scriptum e ius non scriptum, in gradodi attraversare i secoli e le civilt senza perdere ilsuo valore euristico, come testimonia il dibattitoodierno sulle fonti.

    Vincenzo OmaggioPreside della Facolt di Giurisprudenza

    Universit Suor Orsola Benincasa

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  • DALLE DIECI PAROLEAI DIECI COMANDAMENTI:EBRAISMO, CRISTIANESIMO

    E LA CODIFICAZIONE DEI PRECETTI*

    Francesco Lucrezi

  • * Parti del presente contributo confluiranno, conmodifiche, nel volume Il procurato incendio in diritto ebraicoe romano. Studi sulla Collatio VI, Torino 2012, e nel saggioIl Decalogo nella Collatio, destinato agli Studi in onore diFrancesco Guizzi.

  • 1. Il Decalogo, com noto, sempre statochiamato, nei secoli, a testimoniare la matrice co-mune, il profondo, complesso rapporto di filia-zione tra cristianesimo ed ebraismo, variamenteinterpretabile, e interpretato, in chiave tanto dirispetto, venerazione, gratitudine, da parte del fi-glio, nei confronti del genitore, quanto di riva-lit, sostituzione, disprezzo. E la storia insegnaquante volte, e con quanta facilit, si sia potutiimprovvisamente passare, e senza alcuna appa-rente ragione o giustificazione, dalluna allaltraposizione.

    Ma il processo storico di consolidamento ditale nucleo normativo eredit comune o conte-sa, segno di unione o divisione tra i figli di Abra-mo , in entrambe le religioni, non appare linea-re.

    Il Decalogo (indicato, generalmente, conlespressione talmudica Asret Ha-dibrt [le dieci

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  • parole]1, o anche Asret Ha-devarm [davr = pa-rola, ma anche cosa, fatto])2 viene pronun-ciato, nella Torah, due volte: la prima, nel librodellEsodo (20.1-17), la seconda, con alcune leg-gere differenze, nel Deuteronomio (5.6-18)3.

    Esodo 201. Dio allora pronunci tutte queste parole: 2. Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto

    uscire dal paese dEgitto, dalla casa di schiavi. 3. Non avrai altri di di fronte a me. 4.- Non ti fa-

    rai idolo n immagine alcuna di ci che lass nel cie-lo n di ci che quaggi sulla terra, n di ci che nelle acque sotto la terra. 5.- Non ti prostrerai davantia loro e non li servirai. Perch io, il Signore, sono il tuoDio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri neifigli fino alla terza e alla quarta generazione, per colo-ro che mi odiano, 6.- ma che dimostra il suo favorefino a mille generazioni, per quelli che mi amano e os-servano i miei comandi.

    7. Non pronuncerai invano il nome del Signore,tuo Dio, perch il Signore non lascer impunito chipronuncia il suo nome invano.

    8. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo:9. sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; 10. ma ilsettimo giorno il sabato in onore del Signore, tuoDio: tu non farai alcun lavoro, n tu, n tuo figlio, ntua figlia, n il tuo schiavo, n la tua schiava, n il tuobestiame, n il forestiero che dimora presso di te. 11.Perch in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la ter-ra e il mare e quanto in essi, ma si riposato il gior-

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  • no settimo. Perci il Signore ha benedetto il giorno disabato e lo ha dichiarato sacro.

    12. Onora tuo padre e tua madre, perch si pro-lunghino i tuoi giorni nel paese che ti d il Signore,tuo Dio.

    13. Non assassinare4. 14. Non commettere adulterio. 15. Non rubare. 16. Non pronunciare falsa testimonianza contro

    il tuo prossimo. 17. Non desiderare la casa del tuo prossimo.

    Non desiderare la moglie del tuo prossimo, n il suoschiavo, n la sua schiava, n il suo bue, n il suo asi-no, n alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

    2. Le Dieci Parole rappresentano la primaforma di corpus, di codice normativo compresonella Torah, ma non lunica (ad esse si affiancanoi cd. Codice dellAlleanza [Ex. 20.22-23.33], Co-dice del Deuteronomio [12-16], Legge di Santit[Lev. 17-26] e Codice Sacerdotale [Lev. 1-7, 8-10,11-16]5), n costituiscono i primi precetti diviniscolpiti nel Pentateuco, in quanto, nell elenco diMaimonide6, esse sono precedute da 24 coman-damenti, 3 formulati nel libro della Genesi (1.28;17.10; 32.33) e 21 nellEsodo (12.2; 12.6; 12.8;12.9; 12.10; 12.15; 12.18; 12.19; 12.20; 12.43;12.45; 12.46 [due precetti]; 12.48; 13.2; 13.3;13.7; 13.8; 13.13 [due precetti]; 16.29).

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  • Non ci dato di sapere con certezza in chemodo le Asret Ha-dibrt fossero al centro del cul-to nellet del Primo e del Secondo Tempio, ma certo che, in quanto primo codice, direttamen-te pronunciato da Dio (senza la mediazione diMos), assunsero una posizione privilegiata, tan-to da essere custodite, con le stesse Tavole dellaLegge, dapprima nel Tabernacolo, costruito etrasportato nel deserto, e poi nel Sancta Sancto-rum del Tempio di Gerusalemme, insieme allemeghillt (rotoli) su cui Mos avrebbe scritto il re-sto della Torah.

    Filone Alessandrino, giudeo ellenizzato vis-suto nei primi anni dellera volgare7, dedica adesse un trattato, De Decalogo, nel quale le Dieci Pa-role come, del resto, tutti i precetti della Torah8

    vengono additati come esempio di perfetta leg-ge di natura (nmos fseos), valevole per tutta lu-manit, e come sintesi della totalit dei precettimosaici9.

    Dopo il 70 d.C., distrutto il Tempio, lArnha-Kodesh, laltare santo collocato nelle varie si-nagoghe, rivolto verso Gerusalemme, ne prendeil posto10. In esso, non pi le Tavole della Legge,andate perdute, ma i rotoli di tutti e cinque i li-bri della Torah (anche se le Asret Ha-dibrt con-servarono un posto di primo piano, venendo so-vente trascritte sopra o davanti lArca Santa, nel-le sinagoghe).

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  • Nellesilio, il popolo ebraico, com noto,preserva la propria identit attraverso la cosid-detta ortoprassia, ossia il rispetto minuzioso equotidiano delle regole di condotta sancite nellaTorah, la cui osservanza avrebbe permesso agliebrei, dispersi in cento nazioni diverse, di restareun unico popolo11. Tutte le mitzvt, in tale pro-cesso, diventano essenziali, non solo le Dieci Pa-role, e lidea che si possano scegliere dei precet-ti fondamentali atti a sintetizzare lessenza del-losservanza sinaitica, destinati cos a occupareun ruolo di preminenza , pur affiorante diversevolte nella storia della diaspora, viene reiterata-mente contrastata, giacch tutte le leggi di Dioesprimono il suo volere, e tutte devono trovare,allo stesso modo, ascolto e obbedienza: Maimo-nide codific le 613 mitzvt non solo per definireesattamente quali esse fossero, ma anche per eli-minare per sempre ogni tentazione di sintesi esfoltimento.

    3. Il cristianesimo, gemmato dallebrai-smo, trov la sua linfa e il suo patrimonio dog-matico nella Bibbia, ma, com noto, percorseunaltra strada. Le Scritture vennero risignifica-te in Praeparatio evangelica e in Vecchio Testa-mento, cambiando radicalmente funzione12, elattenzione della Chiesa and a spostarsi dalla

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  • prassi alla verit di fede: dallortoprassia allor-todossia13.

    Lortoprassia non era proponibile per unareligione universale, rivolta a tutte le genti, la pa-rola biblica andava reinterpretata alla luce delnuovo messaggio evangelico, e il complesso im-pianto normativo della Torah andava fortementeridotto e semplificato. Una delle accuse pi ri-correnti della polemica cristiana contro gli ebrei,nei vari trattati contra Iudaeos (da Tertulliano aGiovanni Crisostomo, da Agostino ad Ambro-gio14), proprio quella di non avere capito la no-vit rappresentata dalla venuta del Messia, e di es-sere cos rimasti ancorati a una mera interpreta-zione letterale della Torah, vuota di spirito e disignificato.

    Perci, fin dallinizio, i Padri della Chiesa siimpegnano a chiarire che lappartenenza al po-polo di Dio non implica losservanza dei molte-plici precetti mosaici. Lautorit dellAntico Te-stamento ridimensionata15 e la sua funzioneviene essenzialmente ridotta a quella di santa ra-dice16, mero annuncio del Vangelo e della ve-nuta del Messia. San Paolo afferma che i cristianidevono considerarsi morti alla Legge17 e spiegalinutilit della circoncisone, in quanto contereb-be solo lessere circoncisi nel cuore18, il primoConcilio apostolico di Gerusalemme stabilisceche i gentili che si convertano al cristianesimo

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  • non si debbano circoncidere e non debbano ve-nire indotti al rispetto della legge di Mos19,Ignazio di Antiochia contesta losservanza, anco-ra diffusa nelle prime comunit giudaico-cristia-ne20, del riposo dello shabt21.

    Gli obblighi di prassi andavano cos a dimi-nuire, mentre le verit di fede, i dogmi, andava-no a moltiplicarsi, sulla base del Nuovo Testa-mento e dellinterpretazione ecclesiastica.

    Sconfitto il radicalismo di Marcione cheaveva predicato la completa cancellazione delle-redit dottrinaria ebraica , il Vecchio Testamen-to restava comunque un patrimonio sapienziale emorale da rispettare, ma aggiornato, trasformatoe degiudaizzato, limitato a quei precetti moraliche apparissero adatti a costituire un nuovo, pisemplice codice, adatto a tutte le genti, a tutti ipopoli del mondo.

    Occorreva, pertanto, una sintesi dei precet-ti biblici da fare osservare. Ma, su quale essa do-vesse essere, non ci fu, allinizio, concordia.

    4. Al giovane ricco che gli chiede: Maestro,che cosa devo fare di buono per ottenere la vitaeterna?, Ges risponde: Se vuoi entrare nellavita, osserva i comandamenti. Ed elenca al suointerlocutore i precetti che riguardano lamoredel prossimo: Non uccidere, non commettere

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  • adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,onora tuo padre e tua madre, per poi riassu-merli in una formulazione positiva: Ama il pros-simo tuo come te stesso22. A questa prima rispo-sta se ne aggiunge subito una seconda: Se vuoiessere perfetto, va, vendi quello che possiedi,dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vie-ni e seguimi23.

    E quando poi gli si chiede Qual il pigrande comandamento della Legge?24, Ges ri-sponde richiamando un altro, fondamentale pre-cetto della Torah25, erroneamente presentatocome una novit della predicazione evangeli-ca26 : Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuocuore, con tutta la tua anima e con tutta la tuamente. Questo il pi grande e il primo dei co-mandamenti. E il secondo simile al primo:Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questidue comandamenti dipende tutta la Legge e iProfeti27. Manca quindi, come si vede, un espli-cito riferimento al Decalogo28.

    In seguito, Ireneo di Lione, nel II secolo,chiar che lincarnazione di Cristo avrebbe com-portato un compimento, non un superamentodel Decalogo29, ma in diversi testi del primo cri-stianesimo si trovano altre forme, destinate a di-versa fortuna, di redazione di elenchi dei com-portamenti essenziali da adottare, da parte delbuon cristiano, differenti dai Dieci Comanda-

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  • menti: la Didach apostolorum (seconda met del Isecolo) fornisce una lista lunga e articolata, di ol-tre quaranta precetti (non uccidere, non com-mettere adulterio, non corrompere i ragazzi, nonfornicare, non rubare, non fare magie, non farevenefici, non praticare laborto, non spergiurare,non fare maldicenze, non odiare ecc.30), e cosErma (prima met del II sec.), che ne elenca cir-ca una cinquantina (credere in un solo Dio, nonessere maldicente, amare la verit, non mentire,non desiderare la donna altrui, essere paziente,rifuggire la collera, credere al giusto, non crede-re allingiusto, temere il Signore, custodire i suoiprecetti, astenersi dal male, non fornicare, nonubriacarsi, non abbandonarsi al lusso, non esseresuperbi, non bestemmiare ecc.31).

    5. solo a partire da SantAgostino che iDieci Comandamenti acquistano un posto pre-ponderante nella catechesi. Nel suo 33 Sermo-ne, il Santo indica il Decalogo come suprema sin-tesi di buona prassi cristiana, distinguendo tra iprimi tre Comandamenti, concernenti obblighiverso Dio (1: Non avere altri di; 2: Non nomi-nare il nome di Dio invano; 3: Rispetta il giornodel Signore), e i seguenti sette, riguardanti i do-veri verso il prossimo (4: Onora tuo padre e tuamadre; 5: Non uccidere; 6: Non commettere

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  • adulterio; 7: Non rubare; 8: Non dire falsa testi-monianza; 9; Non desiderare la donna altrui; 10:Non desiderare le cose altrui)32.

    Nella societ altomedievale lelenco deiDieci Comandamenti fu assunto come schemaordinatore di diverse opere, di carattere cateche-tico ed apologetico, redatte in ambito ecclesiasti-co33. E, come abbiamo cercato di dimostrare34, ,probabilmente, alla fine dellVIII secolo che devefarsi risalire la cd. Collatio legum Mosaicarum et Ro-manarum35, la singolare operetta tardoantica(an che detta Lex Dei), che raccoglie, in un ordinealquanto casuale e confuso, brani di giureconsul-ti romani, testi di costituzioni imperiali e alcuniprecetti biblici, tratti da quattro dei cinque libridella Torah (Esodo, Levitico, Numeri e Deutero-nomio), riportati in unapprossimativa traduzio-ne latina. Una silloge nella quale lautore forseun ebreo convertito al cristianesimo offre unaforma di rudimentale comparazione tra dirittomosaico e romano, redatta, almeno in parte, se-condo lo schema del Decalogo (seguito, segnata-mente, dal sesto al nono Comandamento [o, se-condo la numerazione cattolica36, dal quinto al-lottavo]37).

    Ma, accanto al Decalogo, continuano, nel-lalto Medio Evo, a circolare altre forme di sin-tesi degli essenziali doveri comportamentali delbuon cristiano: il Poenitentiale Romanum38 un

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  • cui antico manoscritto pu essere stato compi-lato in data non distante, cronologicamente, daquella della Collatio39 , per esempio, formulaun elenco di 16 (non 10) peccati mortali, per iquali obbligatoria la relativa penitenza: 1. dehomicidio; 2. de sanguinis effusione; 3. de fornicato-ribus; 4. de pessimo vitio sodomite; 5. de incesto; 6.-de adulterio; 7. de furto; 8. de sacrilegio; 9. de peiu-ro; 10. de falso testimonio; 11. de ecclesiae violatori-bus; 12. de maleficio; 13. de usuris; 14. de carnibusimmundis ; 15. de odio; 16. de diversis culpis sacri-ficii.

    6. Anche in ragione dellappropriazione,da parte cristiana, dei Dieci Comandamenti, lacentralit delle Dieci Parole, in ambito ebraico,fu messa in discussione40: ancora oggi, durante lalettura delle Asret Ha-dibrt nelle funzioni reli-giose, esiste un dissenso, in diverse Comunit, ri-spetto allopportunit, da parte dei fedeli, di al-zarsi in piedi: alcuni lo fanno, in segno di rispet-to, altri lo ritengono sbagliato, in quanto nondovrebbe essere attribuita alle Dieci Parole unavenerazione maggiore di quella riservata alla to-talit delle 613 mitzvt 41.

    Il posto delle Dieci Parole fu cos preso dal-lo Shem Israel (Ascolta Israele), ossia i versi delDeuteronomio che sarebbero diventati, nei seco-

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  • li della diaspora, la pi diffusa preghiera ebraica,da recitare, mattina e sera, ogni giorno:

    Deut. 6.4-9: Ascolta, Israele (Shem Israel). Il Si-gnore nostro Dio, il Signore uno. Ama il SignoreDio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta lanima, contutte le forze. Queste parole che io ti comando sianonel tuo cuore. Le insegnerai ai tuoi figli, ne parleraiquando sei seduto in casa, quando cammini per strada,quando ti corichi e quando ti alzi. Le legherai come se-gno sul tuo braccio, saranno come frontali tra i tuoi oc-chi. Le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tueporte.

    Secondo la tradizione, lo Shem avrebbe ap-punto sintetizzato in s le Dieci Parole, il cui con-tenuto sarebbe stato integralmente ripreso nellapreghiera42, attraverso la seguente corrisponden-za:

    1) Ascolta Israele, Il Signore nostro Dio =Io sono il Signore Dio tuo;

    2) Il Signore uno = Non avrai altri di;3) Ama il Signore Dio tuo = Non pronun-

    ciare il nome di Dio invano;4) Queste parole che io ti comando oggi =

    Osserva il giorno di shabt (il collegamento si basasullanalogia tra la parola il giorno, oggi citatanel comandamento e lordine dato da Mos dinon raccogliere la manna oggi, cio di shabt);

    5) Le insegnerai ai tuoi figli = Onora il pa-

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  • dre e la madre (perch linsegnamento da im-partire ai figli, fin da quando sono piccoli, consi-ste anche nellinsegnare loro il rispetto dei geni-tori);

    6) Quando camminerai per strada = Nonuccidere (perch la maggior parte degli omicidiavvengono per la strada);

    7) Quando ti corichi = Non commettereadulterio (collegamento evidente);

    8) Le legherai come segno sul tuo braccio =Non rubare (si ruba con le mani);

    9) Saranno come frontali tra i tuoi occhi =Non fare falsa testimonianza (si pu testimoniaresolo quando un fatto stato visto di persona coni propri occhi);

    10) Le scriverai sugli stipiti della tua casa =Non desiderare cose e donne di altri (le parolevanno affisse sugli stipiti della propria casa, e nonsu quelle di altri, per rammentare che si pu ave-re solo quanto si trova nella propria casa)43.

    7. Anche lebraismo, com noto, conoscedelle leggi universali, valide non solo per il po-polo ebraico, ma per tutto il genere umano. Maqueste non sono i Dieci Comandamenti, bens lesette leggi cd. noachidi date da Dio gi, par-zialmente, ad Adamo, poi, in forma completa, aNo e successivamente (secondo la tradizione)

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  • ribadite a Mos sul Sinai -, imperative per tutti gliuomini: una positiva (I: obbligo di istituire tribu-nali che giudichino secondo giustizia) e sei nega-tive (II: divieto di idolatria, III: di blasfemia, IV:di incesto; V: di omicidio, VI: di furto, VII: di ci-barsi di membra di animali ancora viventi)44. Tut-ti coloro che rispetteranno le sette leggi noachi-di, chiarisce Maimonide, saranno annoverati tra iGiusti delle nazioni, e avranno parte del mondoavvenire45.

    E anche i precetti noachidi, secondo la tra-dizione, avrebbero assorbito in s il contenutodei Dieci Comandamenti, anzi, di tutte le mitzvt.Il Talmud specifica che, ai sette comandamentidati ad Adamo e No, e valevoli per tutti gli uo-mini, ne sarebbero stati aggiunti, sul Monte Si-nai, altri tre, obbligatori per il solo popolo dI-sraele: onorare i genitori, rispettare lo shabt, os-servare il mishpt, ossia il diritto (nel senso ditutte le altre leggi previste, per gli ebrei, nella To-rah)46.

    8. Che i Comandamenti siano 10 dettoespressamente, sia nellEsodo (34.28) che nelDeuteronomio (4.13; 10.4)47, anche se non neipassi in cui le Dieci Parole vengono pronunciate,nei quali si legge solo che Dio pronunci, gene-ricamente, tutte queste parole48 (volendo con

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  • ci dire, secondo il Commento di Rashi, che tut-ti i Comandamenti furono pronunciati con unasola emissione di voce, cosa che ad un uomo impossibile di fare49).

    Leggendo i passi dellEsodo e del Deutero-nomio che ne riportano il contenuto, essi sem-brano in numero superiore, fino a 27 (1: Io sonoil Signore; 2: Non avere altri di; 3: Non avereidoli; 4: Non fare immagini; 5: Non genuflettertidavanti a idoli e immagini; 6: Non li servire; 7:Non pronunciare invano il nome del Signore; 8:Santifica il sabato; 9: Non lavorare di sabato; 10:Non far lavorare tuo figlio; 11: N tua figlia; 12:N il tuo schiavo; 13: N la tua schiava; 14: N iltuo bestiame; 15: N il forestiero che dimorapresso di te; 16: Onora tuo padre e tua madre;17: Non uccidere; 18: Non commettere adulte-rio; 19: Non rubare; 20: Non rendere falsa testi-monianza; 21: Non desiderare la casa del tuoprossimo; 22: Non desiderare la moglie del tuoprossimo; 23: N il suo schiavo; 24: N la suaschiava; 25: N il suo bue; 26: N il suo asino; 27:N alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo).

    In base a quanto scritto nellEsodo (34.28)e nel Deuteronomio (4.13; 10.4), comunque,tanto lebraismo quanto il cristianesimo hannoaccettato il numero di dieci (basato, evidente-mente, sullaccorpamento di alcune disposizio-ni), mentre una importante divisione si regi-

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  • strata nella individuazione degli specifici precet-ti. Io sono il Signore Dio tuo, infatti conside-rata, dagli ebrei, una mitzv autonoma, la prima(che obbliga non tanto a credere in Dio, quantoa riconoscere che le Asret Ha-dibrt sono paroledel Signore), mentre nel cristianesimo, a partireda Agostino, prevalse lidea di considerare le pa-role Io sono come una semplice introduzio-ne al successivo versetto e a tutto il Decalogo, unapresentazione del Signore al suo popolo, con laquale non viene dato alcuno specifico comanda-mento.

    Una differenza apparentemente minuscola,che per ha contribuito alla creazione di una si-gnificativa divaricazione dottrinaria, in quantonellebraismo considerata molto importantelattribuzione delle Parole a una o laltra delledue Tavole, delle quali la prima (quella di destra,considerando la scrittura ebraica, che va da de-stra a sinistra) conterebbe gli obblighi verso Dio,la seconda (quella di sinistra) quelli verso gli uo-mini50 (cosicch, per esempio, il divieto di assas-sinare sarebbe una mancanza verso il prossimo,laddove, invece, loffesa al padre e alla madrerappresenterebbe uningiuria verso il Creatore,essendo i genitori considerati, appunto, compar-tecipi della creazione del figlio).

    SantAgostino, come abbiamo visto, avreb-be proposto una numerazione diversa, accorpan-

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  • do i primi due Comandamenti (Io sono il Si-gnore Dio tuo, Non avrai altro Dio fuori dime), sdoppiando lultimo (Non desiderare ladonna altrui, Non desiderare le cose altrui,considerati, ebraicamente, un unico precetto), econsiderando solo i primi tre Comandamenti(Non avere altri di; Non bestemmiare; San-tificare il giorno del Signore) come degli obbli-ghi verso Dio. Martin Lutero, invece, creando unnuovo fronte polemico contro Roma, avrebbe ri-pristinato loriginaria numerazione ebraica, an-cora in vigore nelle Chiese riformate: contrasta-to, anche in ci, dal Concilio di Trento, cheavrebbe ribadito lordine di Agostino51, seguitopoi da tutti gli altri Concilii cattolici, fino al Vati-cano II52.

    Lo stesso Concilio Vaticano II, daltronde,com noto, avrebbe inaugurato una stagionenuova, aprendo la strada a un diverso clima cul-turale, pi aperto e disteso, di confronto tra le di-verse religioni monoteiste, allinsegna del dialo-go, dellascolto e del reciproco rispetto, nel rifiu-to delle antiche logiche di contrapposizione eostilit53. Allinterno di tale rinnovata temperieculturale certo, non priva di ombre e problemi,n di rischi di riflusso i Dieci Comandamentitornano oggetto anche alla luce delle tragicheesperienze del XX secolo54 di una nuova spe-culazione teorica, in ambito tanto ebraico quan-

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  • to cristiano, fuori da schemi di schieramento eappartenenza, in nome di uninedita, comune ri-cerca di senso55.

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  • Note

    1 T.B., Shabt 86b.2 Sul punto, m.a. ouaknin, Le Dix Commandements,

    Paris, 1999, trad. it.: Le Dieci Parole. Il Decalogo riletto e com-mentato dai Maestri ebrei antichi e moderni, con Presentazione dio. di grazia, Milano, 2001, 31 s., 34 s.; o. di grazia, Pre-sentazione, 9 s. (Ma nellet pi risalente, nota b.s. jackson,Theft in Early Jewish Law, Oxford, 1972, 242, la parola sa-rebbe stata closely associated with oracular decision).

    3 Sulle ragioni di tale ripetizione, cfr. m.a. ouaknin,Le Dix Commandements, 19 ss. Cfr. anche: m. noth, Die Ge-setze im Pentateuch. Ihre Voraussetzung und ihr Sinn, Halle,1940 (= id., Gesammelte Studien zum Altes Testament, Mn-chen, 1957, 9 ss.); g. canfora, p. rossano, s. zedda, Ilmessaggio della salvezza, 2, Colle don Bosco (Asti), 1969,319 ss.

    4 E non gi, come spesso, erroneamente, si traduce,non uccidere, potendo ben essere considerato lattodelluccidere, in determinate circostanze, lecito, se nondoveroso (legittima difesa, combattimento, esecuzione dicondanna capitale, protezione di persona innocente mi-nacciata di morte ecc.).

    5 Sul punto: r. de vaux, Les Institutions de lAncien Te-stament, III ed. it.: Le istituzioni dellAntico Testamento, Ge-

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  • nova, 1977, rist. 2002, 150 s.; j. bright, A History of Israel,4 ed., 2000, ed. it.: Storia dellantico Israele, Roma 2006, 163s.; l. monloubou, f.m. du boit, s.v. Decalogo, in Dictionnai-re Biblique Universel, Paris, 1985, ed. it.: Dizionario biblico sto-rico/critico, a cura di R. Fabris, Roma, 1987, 262 s.; e. gal-biati (cur.), s.v. Dieci Comandamenti o Decalogo, in DizionarioEnciclopedico della Bibbia e del mondo biblico, Milano, 1986,224 s.; s. jackson, Wisdom-Laws. A Study of the Mish patim ofExodus, 21:1-22:16, Oxford 2006, 58, 66 ss., 102 ss., 263ss., 459 ss., al quale rinviamo anche per indicazioni di mas-sima riguardo allampia bibliografia sul Decalogo.

    6 Per i criteri adoperati da Maimonide per la sua se-lezione e numerazione, cfr. moshe ben maimon, Sefer mi-swot. Il libro dei precetti, introduzione, traduzione e note diM.E. Artom, Roma, 1980.

    7 Cfr.: a.d. nock, Philo and Hellenistic Philosophy, orain id., Essays on Religion and the Ancient World, Oxford,1972, II, 559 ss.; y. amir, Authority and Interpretation ofScripture in the Writings of Philo, in m. mulder, h. sysling,Mikra, 421 ss.

    8 De vita Moysis 2.14, 15, 21.9 De Decalogo 29.154. Cfr. b. cohen, Jewish and Ro-

    man Law, New York, 1966, I. 104.10 Cfr. ch. perrot, The Reading of the Bible in the An-

    cient Synagogue, in m. mulder, h. sysling, Mikra. Text,Translation, Reading and Interpretation of the Hebrew Bible inAncient Judaism and Early Christianity, Assen, Maastricht,Philadelphia, 1988, 137 ss.

    11 Cfr. f. lucrezi, Ebrei a Napoli, in id., Ebraismo e No-vecento. Diritti, cittadinanza, identit, Livorno, 2009, 15 ss.

    12 Cfr., per tutti: e. ellis, The Old Testament Canon inthe Early Church, in m. mulder, h. sysling, Mikra, 653 ss.;id., Biblical Interpretation in the New Testament Church, ib.691 ss.; w. horbury, Old Testament Interpretation in the Writ-ings of the Church Fathers, ib. 727 ss.

    13 Sul punto, rinvio ai miei seguenti contributi: Post -

    30

  • fazione a f. amarelli, f. lucrezi (con F. Amarelli), Il pro-cesso a Ges, Napoli, 1999 (ed. spagnola, a cura di a. e f.fernndez de bujn: El proceso contra Jess, Madrid,2002); Presentazione di a.m. rabello, Ebraismo e Diritto. Stu-di sul Diritto ebraico e gli Ebrei nellImpero Romano scelti e rac-colti da Francesco Lucrezi, Universit di Salerno, SoveriaMannelli, 2010; Teologia, politica e diritto nelle relazioni di-plomatiche fra Santa Sede e Stato di Israele, in Studi in onore diAntonino Metro, Milano, 2010, III. 563 ss., e, con modifi-che e altro titolo, in Ebraismo e Novecento, 117 ss.; CTh.16.9.2: diritto romano cristiano e antisemitismo, in Labeo 40(1994) 125 ss. = Ebrei e schiavi, in id., Messianismo regalitimpero. Idee religiose e idea imperiale nel mondo romano, Firen-ze, 1996, 125 ss.; I cristiani di fronte alla nascita dello stato diIsraele, in m. e n. ben horin, j. des rochettes, b. di por-to, s. levi della torre, f. lucrezi, La terra di Israele ci in-terpella (Atti del XII Colloquio ebraico-cristiano di Camal-doli, novembre 1991), Camaldoli, 1992, 170 ss.

    14 Cfr., per tutti, e. volterra, Collatio legum Mosai-carum et Romanarum, ora in id., Scritti giuridici IV (Antiqua64): (Le fonti), Napoli, 1993, 108 ss.

    15 Cfr., p. es., ignazio di antiochia, Phil. 8.216 Lettera ai Romani 11.16.17 Lettera ai Romani 7.4.18 Lettera ai Galati 5.19 Atti degli apostoli 15.20 Cfr.: ios., Contra Apionem 2.282; philo, De vita

    Moysis 2.21.21 Mag. 9.1. Cfr. g. barone adesi, Let della Lex

    Dei, Napoli, 1992, 102.22 Mt. 19.16-19.23 Mt. 19.21.24 Mt. 22.36.25 Deut. 6.5, Lev. 19.18.26 Sul punto, da ultimo, e. richetti, in Moked

    3/5/12; a. arbib, in Moked 4/5/12.

    31

  • 27 Mt. 22.37-40. 28 Sul complesso e delicato problema del rapporto

    di continuit e/o cesura tra la parola di Ges e la tradizio-ne mosaica, da ultimo, cfr. o. bucci, Ges il legislatore. Uncontributo alla formazione del patrimonio storico-giuridico dellaChiesa nel I millennio cristiano, Roma, 2011, e bibl. ivi cit.

    29 Adversus haereses 16.4.30 Didach I, II, III. Cfr. r.m. frakes, Compiling the

    Collatio legum Mosaicarum et Romanarum in Late Antiquity,Oxford, New York, 2001, 135 s.

    31 Il pastore 26, 27, 28, 29, 33, 35, 37, 38, 39, 40, 43,44.

    32 Sermo 33, 3.14-17, 4.24-30.33 e. volterra, Collatio 108s.34 Ancora sulla data della Collatio legum Mosaicarum et

    Romanarum, in corso di stampa sugli Studi in onore diGuido Tsumo; Il procurato incendio.

    35 Per la vasta bibliografia su tale opera, rinvio ai seiStudi sulla Collatio da me gi pubblicati negli anni prece-denti sullargomento: I: Luccisione dello schiavo in dirittoebraico e romano (Torino 2001); II: La violenza sessuale in di-ritto ebraico e romano (Torino 2004); III: La successione inte-stata in diritto ebraico e romano (Torino 2005); IV: Magia, di-vinazione e stregoneria in diritto ebraico e romano (Torino2007); V: Lasservimento abusivo in diritto ebraico e romano(Torino 2009); VI: Il procurato incendio, nonch ai fonda-mentali contributi dedicati al tema da Rabello, ora rac-colti in unapposita sezione della citata silloge di scrittidellautore Ebraismo e Diritto, I, 597ss.

    36 Cfr. innanzi.37 Rinvio ai miei contributi Il procurato incendio, Il De-

    calogo.38 In generale sui libri poenitentiales, da ultimo, cfr.,

    ph. schaff, History of the Christian Church, 1997, III, 85.39 e. volterra, Collatio 46 nt. 4.40 s. bahbout, Lo Shem, Morash, Milano, 2004.

    32

  • 41 Cfr. a. segre, Un minhag da rispettare, in Moked8/6/2012.

    42 T.Y., Beracht 1.5 (3c); cfr. cohen, Jewish and Ro-man Law, New York 1966, I. 104; bahbout, Lo Shem.

    43 abudrahm, Hozat Yerushalyim 84-85. Cfr. bah-bout, Lo Shem.

    44 Cfr.: a.m. rabello, Introduzione al diritto ebraico.Fonti, matrimonio e divorzio, bioetica, Torino, 2002, 6 ss.; id.,in Moked 1/2/11; s. last stone, Legge sinaitica e legge noa-chide: il pluralismo giuridico nel diritto ebraico, in Daimon 10(2010-11) 19 ss.; m. morselli, prefaz. a e. benamozegh,Il noachismo, a cura di id., Genova, Milano, 2006; g. ho-rowitz, The Spirit of Jewish Law, New York, 1973, 233 s.;Jackson, Wisdom-Laws 263 s.

    45 Mishn Torah, Re 8.11.46 Sanhedrin 56 a,b.47 m.a. ouaknin, Le Dix Commandements 32.48 o. di grazia, Presentazione 9 s. Cfr. y. etshalom,

    Parashat Yitro: Aseret Hadibrt, The Ten Commandments, inMikra, in Torah.org.

    49 rashi di troyes, Commento allEsodo ad 20.1 (p.162).

    50 Cfr.: m.a. ouaknin, Le Dix Commandements, 135;m. cassuto morselli, Sesta parola: Non uccidere, in corsodi pubblicazione; tracey r. rich, Aseret ha-Dibrot, Ten com-mandments, in jewfaq.org.

    51 Cfr. Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iusti-ficatione, canoni 19-20.

    52 Concilio Vaticano II, Const. dogm. Lumen gen-tium, 24.

    53 Cfr. f. lucrezi, Postfazione a Il processo contro Ges;Presentazione di Rabello, Ebraismo e diritto; Teologia; I cristia-ni.

    54 Cfr. f. lucrezi, Ebraimo e Novecento, passim.55 Cfr. m.a. ouaknin, Le Dix Commandements, in o. di

    grazia, Presentazione.

    33

  • Riferimenti bibliografici

    Sul valore normativo dei precetti mosaici, cfr., pertutti:

    Cfr.: a.m. rabello, Introduzione al diritto ebraico. Fonti,matrimonio e divorzio, bioetica, Torino, 2002, 6 ss.;

    id., Diritto ebraico, ora in id., Ebraismo e Diritto. Studi sulDiritto ebraico e gli Ebrei nellImpero Romano scelti eraccolti da Francesco Lucrezi, Universit di Salerno,Soveria Mannelli, 2010, II, 247 ss.

    Sulla formulazione delle Dieci Parole nellorigina-rio contesto dei libri dellEsodo e del Deutero-nomio:

    rashi di troyes, Commento allEsodo, ed. it. a cura di S.J. Sierra, Genova, 1988, ad 22.5 (p. 196); w.brueggemann, Exodus, in r.k. feaster (Ed.),The New Interpreters Bible 1, Nashville, 1994, a.l.;

    henton davies, Exodus. Introduction and Commentary,London, 1967, a.l.;

    w.j. houston, j.d.g. dunn, j. w. rogerson (Edd.),Erdemans Commentary on the Bible, Grand Rapids,Michigan, 2003, a.l.;

    d.a. hubbard, g.w. barker (Edd.), World Biblical Com-mentary 4, Dallas, 1992, a.l.;

    d.w. nowack, Handkommentar zum Alten Testament. Exo-dus-Leviticus, bersetzt und erklrt von B. Ba-entsch, Gttingen, 1900, a.l.;

    chr. wordsworth (Ed.), The Holy Bible with Notes andIntroduction 1 (The Five Books of Moses), new ed.London, 1875, a.l.

    34

  • 35

    Sul successivo consolidamento del significato giuri-dico, sociale e teologico del Decalogo nella tra-dizione ebraica:

    r. de vaux, Les Institutions de lAncien Testament, III ed.it.: Le istituzioni dellAntico Testamento, Genova,1977, rist. 2002, 150 s.;

    m.a. ouaknin, Le Dix Commandements, Paris, 1999, trad.it.: Le Dieci Parole. Il Decalogo riletto e commentato daiMaestri ebrei antichi e moderni, con Presentazione diO. Di Grazia, Milano, 2001, 19 ss.;

    m. noth, Die Gesetze im Pentateuch. Ihre Voraussetzungund ihr Sinn, Halle, 1940 (= id., Gesammelte Studi-en zum Altes Testament, Mnchen, 1957, 9 ss.);

    j. bright, A History of Israel, 4 ed. , 2000, ed. it.: Storiadellantico Israele, Roma, 2006, 163 ss.;

    ch. perrot, The Reading of the Bible in the Ancient Syna-gogue, in i.j. mulder, h. sysling (Ed.s), Mikra.Text, Translation, Reading and Interpretation of theHebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christi-anity, Assen, Maastricht, Phliladelphia, 1988,137 ss.;

    l. monloubou, f.m. du boit, s.v. Decalogo, in Diction-naire Biblique Universel, Paris 1985, ed. it.: Dizio-nario biblico storico/critico, a cura di R. Fabris,Roma, 1987, 262 s.;

    e. galbiati (cur.), s.v. Dieci Comandamenti o Decalogo, inDizionario Enciclopedico della Bibbia e del mondo bi-blico, Milano, 1986, 224 s.;

    b. jackson, Wisdom-Laws. A Study of the Mishpatim of Ex-odus 21:1-22:16, Oxford, 2006, 58, 66 ss., 102ss., 263 ss., 459 ss.;

  • y. etshalom, Parashat Yitro: Aseret Hadibrt, The TenCommandments, in Mikra, in Torah.org.;

    t.r. rich, Aseret ha-Dibrot, Ten commandments, in jew-faq.org.

    Sulla recezione e levoluzione dei Dieci Comanda-menti nella tradizione cristiana:

    g. canfora, p. rossano, s. zedda, Il messaggio della sal-vezza 2, Colle don Bosco (Asti), 1969, 319 ss.;

    e. ellis, The Old Testament Canon in the Early Church, inmulder, sysling, Mikra cit. 653 ss.;

    id., Biblical Interpretation in the New Testament Church, ib.691 ss.;

    w. horbury, Old Testament Interpretation in the Writingsof the Church Fathers, ib. 727 ss.;

    galbiati, Dieci Comandamenti cit.

    Sul Decalogo nelle traduzioni del testo biblico: ph. s. alexander, Jewish Aramaic Translations of Hebrew

    Scriptures, in mulder, sysling, Mikra cit. 245 s.

    In generale sul processo di derivazione e divaricazio-ne tra ebraismo e cristianesimo nei primi secolidellera volgare:

    f. amarelli, f. lucrezi, Postfazione a id. (curr.), Il pro-cesso contro Ges, Napoli, 1999 (ed. spagnola, acura di a. e f. fernndez de bujn: El proceso con-tra Jess, Madrid, 2002); lucrezi, Presentazione diA.M. Rabello, Ebraismo e Diritto cit.;

    f. lucrezi., CTh. 16.9.2: diritto romano cristiano e antise-mitismo, in Labeo 40 (1994) 125 ss. = Ebrei e schia-

    36

  • vi, in Messianismo regalit impero. Idee religiose e ideaimperiale nel mondo romano, Firenze 1996, 125 ss.;

    id., I cristiani di fronte alla nascita dello stato di Israele, inm. e n. ben horin, j. des rochettes, b. di por-to, s. levi della torre, f. lucrezi, La terra diIsraele ci interpella (Atti del XII Colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli, novembre 1991), Camal-doli, 1992, 170 ss.;

    o. bucci, Ges il legislatore. Un contributo alla formazionedel patrimonio storico-giuridico della Chiesa nel I mil-lennio cristiano, Roma, 2011, e bibl. ivi cit.

    Sullelenco dei precetti nelle antiche fonti patristi-che:

    a. quacquarelli, Introduzione a id. (cur.), I padri apo-stolici, Roma, 1976, 7 ss.

    Per i criteri adoperati da Maimonide per la sua sele-zione e numerazione delle mitzvt:

    moshe ben maimon, Sefer miswot. Il libro dei precetti, in-troduzione, traduzione e note di M.E. Artom,Roma, 1980.

    Sulla cd. Collatio legum Mosaicarum et Romanrum, rin-vio ai sei Studi sulla Collatio finora da me pub-blicati sullargomento:

    I: Luccisone dello schiavo in diritto ebraico e romano, Tori-no, 2001,

    II: La violenza sessuale in diritto ebraico e romano, Torino, 2004, III: La successione intestata in diritto ebraico e romano, To-

    rino, 2005,

    37

  • IV: Magia, divinazione e stregoneria in diritto ebraico e ro-mano, Torino, 2007,

    V: Lasservimento abusivo in diritto ebraico e romano, Tori-no, 2009,

    VI: Il procurato incendio in diritto ebraico e romano, Torino,2012,

    nonch ai diversi contributi dedicati al tema da Alfre-do M. Rabello, ora raccolti in unapposita sezio-ne della silloge di scritti dellautore Ebraismo e Di-ritto cit., I, 597 ss.,

    e, da ultimo, a r.m. frakes, Compiling the Collatio legum Mosaicarum et

    Romanarum in Late Antiquity, Oxford, New York,2001, 135 s.

    Segnatamente sul rapporto tra Collatio e Decalogo:m. lauria, Lex Dei, in SDHI. 51 (1985) 261 s.;a.m. rabello, Sul decalogo cristianizzato e lautore della

    Collatio legum Mosaicarum et Romanarum, in Ras-segna mensile di Israel 55 (1989) 133 ss., ora in id.,Ebraismo e diritto cit. I. 530 s.;

    g. barone adesi, Let della Lex Dei, Napoli, 1992, 102ss, 183 ss.;

    r.m. frakes, Compiling the Collatio, cit., 135 s.

    Sul Decalogo in Filone Alessandrino: a.d. nock, Philo and Hellenistic Philosophy, ora in id., Es-

    says on Religion and the Ancient World, Oxford,1972, II, 559 ss.;

    y. amir, Authority and Interpretation of Scripture in the Writingsof Philo, in m. mulder, h. sysling, Mikra cit. 421 ss.

    38

  • Sul Poenitentiale Romanum e la tradizione del Decalo-go nella letteratura cristiana medievale:

    e. volterra, Collatio legum Mosaicarum et Romanarum,ora in Id., Scritti giuridici IV (Antiqua 64): (Le fon-ti), Napoli, 1993, 108 ss.;

    ph. schaff, History of the Christian Church, 1997, III, 85.

    Sullo ShemaIsrael e la sua funzione sostitutiva del De-calogo:

    s. bahbout, Lo Shem, Morash, Milano, 2004.

    Sul noachismo: m. morselli, prefaz. a E. Benamozegh, Il noachismo, a

    cura di Id., Marietti, Genova Milano 2006; id., Sesta parola: Non uccidere, in corso di pubblicazio-

    ne;s. last stone, Legge sinaitica e legge noachide: il plurali-

    smo giuridico nel diritto ebraico, in Daimon 10(2010-11) 19 ss.;

    g. horowitz, The Spirit of Jewish Law, New York, 1973,233 s.;

    b.s. jackson, Wisdom-Laws, cit., 263 s.;b.cohen, Jewish and Roman Law, New York, 1966, I.

    104 s.

    Sul percorso di riavvicinamento tra ebraismo e cri-stianesimo nel XX secolo:

    m.a. ouaknin, Le Dix Commandements cit.;o. di grazia, Presentazione cit.; f. lucrezi, Ebrei a Napoli, in f. lucrezi, Ebraismo e No-

    39

  • vecento. Diritti, cittadinanza, identit, Livorno,2009, 15 ss.

    f. amarelli, f. lucrezi, Postfazione a Id., Il processo con-tro Ges cit.;

    f. lucrezi, Presentazione di Rabello, Ebraismo e Dirittocit.;

    id., Teologia, politica e diritto nelle relazioni diplomatiche fraSanta Sede e Stato di Israele, in Studi in onore di An-tonino Metro, Milano, 2010, III. 563 ss., e, conmodifiche e altro titolo, in Ebraismo e Novecento117 ss.;

    id., I cristiani di fronte alla nascita dello stato di Israele, inm. e n. ben horin, j. des rochettes, b. di por-to, s. levi della torre, f. lucrezi, La terra diIsraele ci interpella (Atti del XII Colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli, novembre 1991), Camal-doli, 1992, 170 ss.

    40

  • EMANAZIONE E FONDAMENTODELLA NORMA NELLA SOCIET ITTITA

    Massimiliano Marazzi

  • 1. Premessa

    Questo breve contributo ha come fine, sullabase di una serie di esempi tratti essenzialmentedalla letteratura vicino-orientale antica di am-biente hittita, quello di portare allattenzione al-cune tematiche in qualche modo connesse conspecifici filoni della ricerca di storia e filosofia deldiritto.

    Pensiamo di poter, in tal modo, partendodal punto di vista dello specialista del settore de-gli studi sul Vicino Oriente, offrire argomento diriflessione ai colleghi direttamente impegnati nelcampo delle scienze giuridiche.

    Il nostro punto di partenza rappresentatoda tre oggetti di riflessione:

    1. Nellambito dei sistemi giuridici (perusare unespressione omnicomprensiva che deri-vo da Losano 2000) preclassici (o, meglio prece-

    43

  • denti ai fenomeni di codificazione cos come liintendiamo nellambito della storia del dirittooccidentale), il fondamento della norma, che nepermette valore e applicabilit, trova di regolauna sua giustificazione teleologica etico-religiosa,al di fuori quindi della sfera umana1.

    Basti qui ricordare, per farsene unidea, ilproemio al cd. Codice di Hamurabi2:

    Allorch il sublime Anum, re degli Anunnaki, e Enlil,maestro dei cieli e della terra, colui che fissa i destini dei pae-si, ebbero assegnato a Marduk, figlio di Ea il potere totale sututte le genti ... dopo che ebbero pronunciato il nome sublimedi Babilonia e lebbero resa egemone nei quattro angoli delmondo, e dopo che ebbero creato per Marduk uneterna rega-liti i cui fondamenti sono egualmente assicurati come quellidel cielo e della terra, allora essi pronunciarono il mio nomeHammurapi, principe pio, che venera gli dei, affinch fosseproclamata la giustizia (miarum) nel paese, per annientareil male e il perverso, ... io Hammurapi, che sono il pastore,leletto di Enlil, colui che ha accumulato ricchezza e abbon-danza ... Allorch Marduk mi ordin di dirigere il popolo conequit, di insegnare al paese la giusta via, allora io ho stabi-lito equit e giustizia (kittum u miaram) e ho apportato pro-sperit al popolo. E allora ....

    Dello stesso tenore lepilogo

    Sono Hammurapi, il re della giustizia, al quale Sha-mash a donato la verit.

    Segue la maledizione divina per colui che in

    44

  • futuro non preserver il dettame del re (che sia un re successore, un nobile, un governatore o unqualsiasi essere umano) e che verr per tale ragione affidato non alla punizione umana, ben-s alla vendetta degli dei.

    2. Non sempre, per, e necessariamente untale fondamento teleologico di carattere religio-so si dimostra essere alla base per la comprensio-ne della ragion dessere e dellefficacia della nor-ma. In molte societ e formazioni statali territo-riali complesse, il fondamento della norma rinviaa un complesso sistema di valori che, come sta-to gi messo in evidenza nel caso delle popola-zioni di interesse etnologico3, vengono a trovarsiembedded (profondamente inserite, per usareun termine caro allantropologia sostantivista diK. Polanyi) in un sistema di regole, usi e tradi-zioni di carattere sociale ed economico, profon-damente radicati nel sentimento collettivo e nel-la memoria culturale del gruppo che ne prota-gonista4.

    Un calzante esempio in proposito rappre-sentato dal famoso Trattato sulla norma diManu, opera di ambiente indiano databile at-torno al III sec. a.C. (Dharmastra) che affondala propria struttura etico-normativa nella lettera-tura aforistica brahminica che la precede (la pro-duzione sutra) e che fonda la propria autorevoleefficacia proprio sul significato che la figura di

    45

  • Manu mantiene nella memoria culturale delle-poca (ricordato ad es. pi volte nel gveda):quella di un progenitore archetipo di comporta-menti socialmente (quindi eticamente) giusti.Tant che il concetto di umano nominatomanuya5.

    3. Il riferimento alla figura di un paradig-matico antenato/progenitore, garante del giustoarmonizzarsi dei comportamenti regolanti linte-rezza della vita sociale, cos come la tradizione etrasmissione del suo dettame, conservata nellamemoria collettiva e trasposta in quella culturaleattraverso la fissazione della stessa per iscritto,rappresenta, quindi, il terzo elemento cui si in-tende fare riferimento; un elemento, questo, chevede nella literacy (nel senso di letterariet) e,di conseguenza anche, in una certa produzioneletteraria, a met fra narrazione aneddotica, rac-colta aforistica, rivisitazione in chiave rifondantedelle vicende storico-politiche e insegnamentosapienziale, la fonte e il paradigma della defini-zione e della applicabilit della norma6.

    Proprio lelemento racconto, o narrazio-ne di fatti passati, inteso come rivisitazione inchiave didascalica di fatti (veri o fittizi che siano)ben radicati nella memoria culturale di un grup-po sociale, avente la funzione di giusto para-digma per la validit di norme regolatrici del pre-sente, quindi quale fonte e fondamento allo stes-

    46

  • Fig. 1. Carta dellAnatolia. Et antico-hittita (XVI-XVsec. a.C.; sulla base di F. Starke)

    so tempo dellemanazione della norma, stato direcente oggetto di rinnovate ricerche riguardan-ti diverse societ tradizionali7.

    In questa sede, quindi, desideriamo partireproprio da questo aspetto, aggiungendo agliesempi fino a oggi individuati e studiati dagli sto-rici del diritto, quello, a nostro avviso particolar-mente significativo per ampiezza e antichit didocumentazione scritta, rappresentato dallordi-namento giuridico della societ hittita, certa-mente una delle pi interessanti nello scacchieregeopolitico del Vicino Oriente antico del II mil-lennio a.C.

    47

  • Per comprendere appieno il significato del-la testimonianza hittita occorre premettere preli-minarmente alcune note storico-politiche neces-sarie a inquadrare il fenomeno culturale con ilquale intendiamo confrontarci8.

    2. Formazione del regno hittita e sviluppo dellasua literacy

    Lo stato territoriale che sostanzia la societhittita rappresenta il portato di un processo sine-cistico che si verifica in Anatolia durante i secoliche caratterizzano qui la prima met del II mil-lennio a.C. Alla creazione di uno stato territoria-le, avente la propria capitale in Hattusa, colloca-ta nel cuore dellaltopiano anatolico (la regionedenominata Hatti), contribuisce una serie diconquiste portate a compimento da una dinastiadi lingua indoeuropea che arriva a unificare di-verse formazioni politiche, in parte differenti lin-guisticamente e culturalmente fra loro9.

    Fra la fine del XVII e la met del XVI seco-lo a.C., il regno hittita abbraccia ormai linteraarea centrale dellodierna Turchia (cf. Fig. 1) econtrolla in parte, a seguito di una serie di vitto-riose campagne militari, i territori nord-siriani diantica tradizione semitica, caratterizzati da im-portanti centri politici e culturali come Aleppo,

    48

  • Alalah, Karkemish, Ebla. Questi sono gi, a co-minciare dal III millennio, punti strategici cultu-rali ed economici, strettamente collegati con lacultura mesopotamica di tradizione scribale e sa-pienziale sumero-accadica10.

    a seguito delle conquiste nord-siriane chela corte hittita si appropria dello strumento scrit-torio, assorbendo probabilmente al suo internospecialisti della scrittura cuneiforme di originesiro-mesopotamica11.

    Il primo nucleo scribale che si va formandonella capitale Hattusa a seguito di tali avveni-menti, appare inizialmente aver fatto uso di unavariet scrittoria cuneiforme diffusa in quei seco-li fra larea eufratica e la Siria, usata per redigeretesti su tavoletta dargilla essenzialmente in lin-gua accadica, e segnatamente nel dialetto babilo-nese, che rappresenta in qualche modo lo stan-dard linguistico internazionale dellepoca.

    E proprio in babilonese (in una sua va-riante siro-eufratica) questo primo nucleo dicancelleria, che si va formando a Hattusa, deveaver redatto i pi antchi e principali documentidi carattere politico-amministrativo e storico-let-terario.

    Soltanto nel corso del tempo e attraversoun processo di sviluppo della cultura scrittoria,fortemente improntata alla tradizione della scuo-la mesopotamica, la variante cuneiforme di tipo

    49

  • siro-babilonese trova un suo specifico adattamen-to hittita (il cd. ductus antico-hittita), fenome-no che corre parallelo alla sperimentazione di fis-sare per iscritto la stessa lingua hittita, assiemeanche agli altri dialetti, sempre di tipo indoeuro-peo, presenti nelle aree confinanti settentrionalie sud-occidentali dellAnatolia (il luvio e il palai-co, cio le lingue delle regioni di Pala e Luwija).

    Fissati per iscritto e conservati presso la can-celleria regia sono inoltre anche composizioni dicarattere essenzialmente religioso nella linguache doveva rappresentare il sostrato nellareacentro-settentrionale dellaltopiano: quella hatti-ca (di tipo agglutinante e di origine fino a ogginon chiara), appunto propria della terra di Hattisulla quale la dinastia hittita impianta il nucleodel suo regno12.

    quindi attorno alla met del XV sec. a.C.,con la stabilizzazione di una classe scribale bilin-gue (accadico-hittita), ma ormai in maggioranzadi origine hittitofona, erudita nellarte e nellusodella scrittura cuneiforme e capace di redigeredocumenti in lingua hittita (caratterizzati da unductus e una paleografia specifici), che il proces-so di acquisizione di una propria literacy giungea compimento.

    50

  • 3. Il quadro politico e lideologia del potere

    I problemi che caratterizzano questa faseiniziale del Regno (detta anche Antico Regno),che occupa tutto il XVI fino alla met del XV se-colo, sono complessi.

    Da un lato, il regno hittita, per sua stessa ge-nesi, formato di territori appartenenti allorigi-ne a diverse citt-stato, con il proprio back-ground linguistico, le proprie tradizioni religiosee culturali e con diversi assetti amministrativi edeconomici, spesso in evidente contraddizione fraloro, che necessitano di interventi e dispositivi diuniformizzazione e al contempo di riaffermazio-ne del potere centrale; dallaltro la corte stessa,probabilmente formata dalla famiglia dinastica edalle altre componenti gentilizie hittitofone, at-traversata da continue lotte interne per il con-trollo delle risorse economiche, degli assetti ter-ritoriali e soprattutto dei meccanismi di succes-sione al trono13.

    Daltra parte, in tale temperie, a fronte diuno stato territorialmente in grande espansione,non si ancora stabilizzata una vera e propriaclasse burocratico-amministrativa. Gli ammini-stratori locali sono spesso membri della famigliareale allargata, figli/principi dellharem regio,rappresentanti dei gruppi nobiliari che affianca-no la dinastia regnante, o membri delle origina-

    51

  • rie famiglie che detenevano il potere sui territoridi recente unificati.

    Seppure la figura del re costruisce il pro-prio carisma sulla protezione accordatagli dal po-tere divino, come recita un rituale da riportareverisimilmente a questepoca14:

    La divinit del sole e il dio della tempesta accettino ilpatto del re, e la loro parola diventi unica; la divinit del solee il dio della tempesta hanno affidato al re il paese, gli han-no rinnovato gli anni, e in lui hanno infuso nuovo timore re-verenziale. E unimmagine per lui hanno fatto di stagno, e latesta di ferro, e gli occhi daquila e i denti del leone gli hannofatto.

    e seppure la fondazione della regalit stessatrova la sua ragion dessere nella metafora espres-sa da una composizione mitica che ne vede la co-stituzione nella costruzione della reggia stessa,lintero impianto giuridico-normativo cui de-mandata lamministrazione della giustizia e la re-golamentazione della vita economico-amminstra-tiva (i rapporti socio-politici, lorganizzazionedella rete delle rappresentanze del potere cen-trale nei territori del regno, la gestione delle ri-sorse agricole, quella delle fondazioni templari,lapplicazione delle norme al centro e nella peri-feria del regno) non trova la propria ragion des-sere e il proprio fondamento in un assunto te-leologico di carattere religioso, ma nella parola

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  • 53

    (uttar) giusta rappresentata dal dettame regio,che a sua volta tale perch perfettamente ade-rente allinsegnamento di un passato e/o al mo-dus operandi di un re progenitore conservati nel-la memoria collettiva del presente.

    Se dunque anche la societ hittita, comedaltra parte tutto il mondo vicino-orientale anti-co, caratterizzata da un concetto di diritto chenon scinde ci che legittimo (cio tecnica-mente esatto sotto il profilo legislativo, richtig),da ci che giusto (quindi sotto il profilo etico,gerecht), per cui non concepibile una leggeingiusta, dal momento che dettato legislativo(quindi, il dettato regio) allo stesso tempo an-che regola di giustizia, il fondamento del dettatoregio appare essere interamente laico e soste-nuto da un impianto di paradigmi acquisiti dallaconsuetudine del passato15.

    Soprattutto nelle prime fasi del regno (il cd.periodo Antico Hittita) la consuetudine, fon-data sulla tradizione di una figura paradigmatica,quella del padre del re, che appare rappresen-tare il principale sostegno al dettato regio, ren-dendolo accettata regola di giustizia. Diritti edoveri derivanti dal patto/legame (ishiul) che ilre instaura con le diverse componenti sociali (daimembri della famiglia regia allargata, fino alle di-verse classi di funzionari) e il corrispondentecorretto/giusto comportamento (saklai-) trova-

  • 54

    no sostegno, pertanto, nella memoria collettivadi un insegnamento sapienziale scaturente dal-loperato di un potere regio proiettato indietronel tempo16.

    Questo impianto trova, come vedremo me-glio pi avanti, il proprio fulcro nella memoriaculturale oggettivizzata nella parola scritta.Daltra parte, sotto il profilo formale, la regoladi giustizia, proprio perch trova il proprio fon-damento in un complesso sistema di riferimentia paradigmi costruiti sulla memoria laica di unpassato sempre riattualizzabile, non si espri-me prioritariamente attraverso veri e propri te-sti giuridici, bens si manifesta trasversalmen-te, in generi che la nostra moderna sensibilitdefinirebbe magari come storico-politici o sa-pienziali al tempo stesso17.

    4. Leditto reale fra norma, insegnamento sa-pienziale e memoria culturale

    proprio questa impossibilit di cogliere iconfini di un pensiero giuridico formalmente eideologicamente non isolabile come sistema a sstante, che causa a nostro avviso delle diffi-colt spesso incontrate nel definire valore e fun-zione di una serie di composizioni scritte fonda-mentali in questo senso, fra le quali spicca fra tut-

  • 55

    te quella definita convenzionalmete, nella tradi-zione degli studi hittitologici di scuola tedesca,del Knigserlass, cio dellEditto Regio, oltre a tuttauna serie di altri raggruppamenti testuali, a voltedefiniti come cronache o raccolte di aneddoti, a voltecome insegnamenti sapienziali e caritatevoli, a volteancora come dispositivi di istruzione per il corpodegli amministratori fuzionari regi18.

    Come vedremo pi avanti, tutto questo pa-trimonio, che non esitiamo a definire lettera-rio, forma un sistema coerente di riferimentogiuridico (in quel senso ampio del termine cuisopra si accennava) essenziale sia per lautoritpreposta allemanazione della norma, sia per lacollettivit cui la norma rivolta (con tutte leclausole salvatorie per quanto attiene ai limiti ealla caratterizzazione di questultima)19.

    Iniziamo, quindi, con lanalizzare ledittoreale, e cio il genere letterario forse pi di ognialtro significativo per comprendere meccanismie dispositivi giuridici che appaiono regolare le-manazione e allo stesso tempo il fondamento del-la norma nella societ hittita.

    Non sono molti gli studi di carattere socio-politico e giuridico dedicati a queste importanticomposizioni (cf. gi nota 18). Nella maggioran-za dei casi, infatti, lattenzione degli studiosi si concentrata sullaspetto superficiale di tali do-cumenti, applicando a essi unanalisi meramente

  • 56

    evemeristica, cogliendone cio quelle informa-zioni (come la sequenza delle successioni dei di-nasti, lindividuazione di guerre e conflitti) chenelleconomia della composizione, soprattuttonella sua prima parte, formano semplicementelambientazione (spesso attraverso narrazioni lacui attendibilit sotto il profilo meramente sto-riografico risulta estremamente dubbia)20.

    Le pi interessanti trattazioni delledittoreale come genere letterario, sono state con-dotte da E. von Schuler (Schuler von 1959) unodei maggiori orientalisti tedeschi dello scorso se-colo, specializzato nel settore del diritto vicino-orientale antico; successivamente, nel 1977, dal-lo storico italiano M. Liverani (Liverani 1977);entrambi hanno colto due diversi aspetti caratte-rizzanti e in un certo senso complementari diquesto tipo di composizione.

    E. von Schuler ha visto nelle diverse mani-festazioni delleditto essenzialmente il mezzo adisposizione del potere regio hittita per attuareinterventi di revisione, adeguamento e aggiorna-mento normativo rispetto a quel complesso cor-pus testuale, convenzionalente individuato comeleggi hittite, costruito secondo lo schema tradi-zionale di casi espressi attraverso la formula sesi verifica x, allora si applica y21.

    Occorre a tal proposito puntualizzare che lecd. leggi hittite (o meglio, la raccolta di casi

  • 57

    cos convenzionalmente definita), pur mancan-do di qualsiasi riferimento giustificativo e fon-dante di carattere religioso (quindi presentandocaratteristiche laiche rispetto ai proemi giustifi-cativi come quello visto per il cd. codice di Ham-murapi) e mostrando al suo interno una certaprofondit diacronica (e cio una sequenzialitcronologica esplicita nella definizione di alcunicasi normativi: se si verifica x, prima si facevacos, ora invece...), che le differenziano in parterispetto ai precedenti e pi famosi Rechtsbcherdel Vicino Oriente antico, rimangono sostanzial-mente basate, come gli altri Rechtsbcher, nonsolo su una specifica casistica, ma risultano ancheprive di qualsiasi evoluzione verso una trattazio-ne organica e finalizzata allenucleazione di prin-cipi generali.

    Siamo insomma di fronte a una normativaparatattica e agglutinante, nel senso che vara-zioni, collegati e derivazioni sviluppate nel corsodel tempo vanno ad aggiungersi e non ad artico-larsi gerarchicamente nei confronti del gi esi-stente. Se rappresentano, dunque, in parte an-che unopera di erudita compilazione derivantedallesperienza e dalla consuetudine delleserci-zio normativo (una caratteristica, questa, noncondivisa da tutti gli studiosi), non possono tut-tavia essere ritenute il portato di uneffettiva ri-flessione giuridica, e neppure uno pieno stru-

  • 58

    mento legislativo finalizzato alla reale pratica del-lattuazione delle norme22.

    Leditto regio, quindi, nellanalisi di vonSchuler, rappresenterebbe lo strumento operati-vo per attualizzarne e operativizzarne specificicontenuti.

    Diversa lindagine offerta da M. Liverani,interamente volta alla messa a nudo dei meccani-smi ideologici soggiacenti alleditto regio e del-leffettivo messaggio politico di cui esso sarebbepi o meno patente portatore nella complessatemperie dellepoca. Non dunque un caso che,nel processo di decostruzione ideologico-politi-ca operata dallo studioso italiano, lattenzione siconcentri essenzialmente sulle procedure socio-politiche messe in atto nella parte iniziale di que-sto genere di testo, quella come vedremo megliopi avanti di carattere storico-introduttivo, e su-gli effetti regolatori delleditto non tanto sul pianodi quanto effettivamente e formalmente dispostodal dettato regio, quanto su quello del messaggioa questo soggiacente. La valenza regolatrice del-leditto reale viene di fatto riportata pi che altroa un piano socio-politico e alla conseguente capa-cit di polarizzare, attraverso un discorso di carat-tere apologetico, solidariet e consenso di precisisegmenti alti della nomenclatura del regno, im-portanti per la sopravvivenza del potere regio edellordine che questo rappresenta.

  • 59

    Sarebbero, dunque, le nuances che si vengo-no a stabilire fra le diverse parti del discorso fi-losofico-politico soggiacente alleditto che necaratterizzerebbero la forza e leffettiva incidenzanellambito delle classi alte del regno (membridella famiglia regia allargata, gruppi nobiliari de-rivanti dalle originarie famiglie di ceppo indoeu-ropeo, intelligentia politica dei centri pi impor-tanti inglobati nello stato territoriale), come, adesempio:

    - nel caso del rapporto che si viene a istitui-re nellintroduzione storica fra lontano e recentepassato, fino alla rappresentazione di un presen-te ormai al limite del collasso, sul quale si innestalineluttabile intervento regio (secondo lo sche-ma ideologico diacronico buono/passato remo-to>male/passato prossimo>catastrofico/futu-ro possibile>salvezza/presente, non senza unasoggiacente escatologia laica);

    - attraverso le apparenti manifestazioni dimagnanimit nei confronti di chi si reso colpe-vole di azioni destabilizzanti, a patto per che ilcolpevole sia membro delllite che in qualchemodo sostiene la corona, dando rilievo allo stes-so tempo a unistanza giudicatrice (il tuliya) che,assicurando alla corona il verdetto di condanna,sottrae di fatto a qualsiasi giudizio da parte di or-gani a pi vasta partecipazione (il pankus) le sor-ti dellaccusato23;

  • 60

    - nel sottolineare la proclamazione di unnuovo diritto che di fatto nulla cambia e pocoincide sullo stato dei fatti, ma che allo stesso tem-po in stretto collegamento con il divieto alla-lienazione dei beni e delle propriet di principi edignitari resisi colpevoli di gravi delitti controlordine regio garantisce, attraverso una detta-gliata normativa sul controllo delle forze produt-tive del paese, lintangibilit dei beni della coro-na e delle faimiglie dei maggiorenti che con lacorona sono chiamati a sostanziare una forte so-lidariet economico-politica24.

    Di fatto entrambi i saggi colgono aspetticoncomitanti e apparentemente contraddittorii,dimostrando implicitamente limpossibilit diarrivare a una definizione netta e univoca quan-to a funzione e finalit di un tale genere di com-posizione letteraria, al quale in ogni caso va at-tribuita unincidenza notevole sugli sviluppi del-la storia socio-politica e giuridica del regnohittita.

    Vorremmo pertanto qui provare ad affron-tare il problema della definizione delleditto rea-le secondo due modalit di approccio che possa-no in qualche modo corrispondere alla comples-sit del problema:

    - una prima, che potremmo definire ester-na, mirante a collegare la manifestazione delle-ditto reale con quella di altri generi letterari coe-

  • 61

    vi, di cui si gi accennato poco sopra, e riporta-bili anchessi a un unico sistema di pensiero eti-co-giuridico; questo al fine di ottenere una vi-sione sistemica delleditto reale allinterno deimeccanismi della memoria e sensibilit giuridi-co-culturale della societ hittita;

    - una seconda, di tipo strutturale, volta al-lidentificazione dei tratti distintivi ricorrenti nel-le principali attestazioni riconducibili a questogenere complesso. Vedremo, a tal proposito, cheleditto reale composto di parti funzionalmen-te collegate fra loro, che gli conferiscono quel ca-rattere composito di specchio dellideologia giu-ridica dellepoca.

    5. I generi letterari correlati25

    Cominciamo quindi dal primo punto, ecio lanalisi esterna; con essa vogliamo pun-tualizzare come intorno alleditto regio ruotinoraccolte letterarie di tipo narrativo probabil-mente fondate su una lunga e sedimentata tradi-zione orale ben presente alla memoria collettivadellepoca che forniscono al redattore delle-ditto specifici contenuti da inserire come para-digmi di riferimento allinterno delle partizioniin cui si articola leditto stesso.

    Tale insieme di documenti potrebbero esse-

  • 62

    re riassunti sotto letichetta del paradigma dellecomposizioni caritatevoli e sapienziali.

    Va innanzitutto chiarito che quelle compo-sizioni che definiremmo come sapienziali,quindi il monito e linsegnamento saggio (hat-tatar), non si manifestano nella letteratura hittitadellAntico Regno come genere intellettuale a sstante (sul modello dellambiente mesopotami-co), bens nella forma aneddotica parastorica diraccolte di esempi ammonitori (quindi, negati-vi) o emblematici (positivi), sempre volti a stabi-lire un riferimento etico in ambito politico a so-stegno e perpetuazione della giusta parola delre (potremmo quindi parlare di vera e propriasapienza giuridico-politica).

    Va subito sottolineato che i testi, pur am-bientati nella temperie intellettuale e storica diet antico-hittita (quindi fra il XVII e il XV seco-lo), ci sono documentati attraverso una serie diesemplari nella maggior parte dei casi rappre-sentati da copie tarde (in maggioranza del XIIIsecolo), frutto quindi di un lungo processo di fis-sazione dellorale in scritto, redazione, ricopiatu-ra o ricompilazione attraverso i secoli. Questoelemento, assieme al fatto che le diverse copiespesso tradiscono lesistenza di varianti redazio-nali, sono indice del fatto che ci troviamo di fron-te a veri e propri paradigmi della memoria cultu-rale, articolati di volta in volta su personaggi e fat-

  • 63

    ti specifici e diversi, ma sempre incentrati sullestesse tematiche generali.

    Sotto il profilo formale sono individuabiliessenzialmente due filoni letterari: quello dellaraccolta aneddotica, una vera e propria collanadi brevissimi racconti in successione, e quellodelle istruzioni a sfondo caritatevole o educativo.

    Nel primo caso (che va sotto il nome con-venzionale moderno di cronaca di palazzo) sitratta di esempi negativi, caratterizzati dallo slea-le e corrotto comportamento di diversi funziona-ri della corte regia (ricordati sempre per nome)a discapito del mandato loro affidato dal monar-ca (sempre identificato dalla stereotipa figura delpadre del re). Gli abusi e gli imbrogli vengonoalla fine sempre scoperti ed esemplarmente pu-niti dallautorit regia.

    Che gli accadimenti specifici dai quali i rac-conti prendono spunto rimanessero presenti neltempo alla memoria collettiva non dato sapere,come non dato sapere se questi fossero sempreed effettivamente reali; di fatto, la questione ri-sulta, a nostro avviso, del tutto secondaria. Infat-ti, il processo di rinnovata ricopiatura e redazio-ne cui le composizioni appaiono essere state sog-gette nel tempo, ci indica come la loro valenzafosse essenzialmente quella del racconto, para-digmatico in virt delle tematiche morali consi-derate, la cui ambientazione non poteva, per for-

  • 64

    za di cose, che essere collocata in un passato or-mai lontano, senza velleit storiografiche. Quindiessi assumono allinterno della societ hittita il si-gnificato e la funzione di una narrazione-para-digma di deriva morale alla quale solo il giustointervento del verdetto regio pu porre rimedio,un meccanismo, come vedremo pi avanti, es-senziale nella struttura delleditto reale.

    Alcuni di essi, ruotanti attorno a figure ste-reotipe specifiche (il cattivo amministratore, ilcomandante pauroso, il servitore infedele etc.)dovevano certamente godere di una vasta circo-lazione negli ambienti politici e intellettuali del-lepoca, come il caso del fornaio disattentoche ritroviamo anche allinterno della tradizionebiblica e rabbinica26:

    a Kussar il padre del re scopr nel [pane tun]ink unapietra; allora (le guardie del re) in una zona montuosa [... ]prepararono un fuoco e malmenarono il fornaio. E per il fat-to che (il padre del re) [aveva scoperto una pie]tra di partico-lare grandezza, lo infilzarono e lo bru[ciarono interamente].

    Ma si tenga presente anche quella (moltoattuale per vero) del funzionario corrotto, doveal peculato si contrappongono due diverse rea-zioni, quella di un vero e proprio caso di whistle-blowing e quella di correit27:

    Nunnu, il rappresentante regio di Hurma, si trovavanella regione di Arzawa e [n]on consegnava largento e loro:

  • 65

    ci che raccoglieva lo portava a casa sua. Il rappresentante re-gio di Huntara lo denunci. Allora il padre del re invi (isuoi uomini); lo portarono su (a Hattusa) e al suo posto fumandato Sarmassu. Ma pure questi indugiava. Allora ilpadre del re invi il capo della guardia regia, e condusserovia sia Sarmassu che Nunnu al Monte Taja, li aggiogaronocome buoi, inoltre presero un parente di Nunnu e (il capo del-le guardie del re) lo massacr sotto gli occhi di Sarmassu e diNunnu.

    Nel secondo caso si tratta, invece, di un pa-radigma positivo: quello del buon servitore delre, che incita i suoi paria ad applicare linsegna-mento regio fatto non solo di prescrizioni tecni-che o di pene legate alle funzioni cui ogni uffi-ciale preposto, ma anche di incitazioni a operecaritatevoli nei confronti dei sottoposti bisogno-si; ad attuare, quindi, sia quella magnanimit dicui il re, soprattutto nei suoi editti, modello, siaquella lealt e solidariet verso la corona, arginedei processi di corruzione e deriva morale.

    Anche in questo caso il paradigma fa uso diun personaggio (qui positivo) storico (o, alme-no, cos presentato alla memoria collettiva) dinome Pimpira, che nella composizione parla di-rettamente al pubblico degli amministratorireg, proponendo comportamenti esattamenteopposti a quelli denunciati negli aneddoti dellaCronaca di Palazzo, come il seguente passo sta atestimoniare28:

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    Volgi lo sguardo sul malato e dagli il pane e lacqua;quando la calura lo assale, ponilo al fresco; ma se lo assale ilfreddo, allora ponilo al caldo: che i servi del re non muoianooppressi.... Non fare di chi giusto, uomo falso, n di chi falso giusto: ci che venite a sapere non nascondetemelo...

    Allo stesso filone istruttivo-sapienziale ap-partiene certamente anche il genere che potrem -mo nominare dei precetti al giovane principe.

    Da quello che possibile a oggi stabilire,data la limitatezza e lo stato frammentario delladocumentazione a disposizione, dovrebbe trat-tarsi anche in questo caso di un vero e propriogenere sorto in et antico-hittita e dedicato inte-ramente, seppur con diverse varianti, al topos,non di rado ricorrente in alcuni editti reg riferi-bili al primo dinasta storicamente documentato,Hattusili (I), delle raccomandazioni e dei precet-ti etico-politici che il monarca impartisce al gio-vane principe che si avvia alla successione al tro-no (una sorta di Principe ante litteram).

    Recita a tal proposito un passaggio dalle-ditto convenzionalmente definito come Testa-mento di Hattusili I, dove il re si rivolge diretta-mente al neo eletto alla successione al trono29:

    ... ti ho dato il mio insegnamento (lett. parola) e que-sta [tavole]tta sia letta al tuo cospetto ogni mese, affinch tupossa imprimerti nel cuore la mia pa[rola] e la mia saggezzae sappia comportarti giustamente (lett. sappia essere pieto-

  • 67

    so) nei confronti dei miei sudditi e dei notabili: se scopri lacolpa di qualcuno ...

    dove precedentemente il re aveva gi detto:

    ...[e tu,] Mursili, [figlio mio], tu fallo tuo (sicl. il miovolere) e conserva [cos la paro]la [di tuo padre]; e finquan-do conserverai la parola di tuo padre, man[gerai il pane] eberrai lacqua; quando la ma[turi]t (sar) nel tuo [cuore],allora mangia 2, 3 volte al giorno e mantieniti [sano]; [maquando la] vecchiaia sar nel tuo cuore, allora potrai bere asazie[t] e trascurare linsegnamento p[aterno].

    Insomma, ci troviamo di fronte a una riccaproduzione di carattere sapienziale, facente usodi diversi espedienti letterari (dal racconto dianeddoti ambientati nel passato, allincitazione eraccomandazione per lagire nel futuro), nellaquale trovano collocazione quei paradigmi chevanno a costituire i patterns a sostegno del detta-to regio nella documentazione pi propriamentegiuridica degli editti.

    6. Leditto: struttura e dispositivi

    E veniamo ora alla struttura delleditto regio.Questa si compone di diversi elementi for-

    mali e tematici giustapposti, rispondendo con-temporaneamente a differenti finalit giuridi-che, etiche e politiche.

  • 68

    Sotto il profilo delle tematiche sulle quali sistruttura la composizione, si possono individuaretre patterns principali:

    1) in primis il dettato del re (letteralmente laparola uttar), che trova la propria incidenza con-temporaneamente su due livelli: luno pi emi-nentemente politico, laltro pi specificamentetecnico-normativo30;

    2) la memoria del passato, nel senso di rivisi-tazione, attraverso la narrazione, del percorsostorico, da un momento scelto in un passato pio meno lontano, fino al presente, base sulla qua-le si va a innestare il dettato regio, sicch questine rappresenti la necessaria e imprescindibileconseguenza;

    3) linserimento di elementi aneddotici di ca-rattere sapienziale, che possono variare, secondo lediverse necessit, dallesempio ammonitore, al-lincitazione caritatevole, al precetto didascalico,elementi di volta in volta fondanti dello spessoreconsuetudinario (o, meglio, della memoriaculturale) di cui il dettato regio necessita per as-sumere il valore di accettata regola di giustizia equindi premessa imprescindibile per la sua pro-mulgazione. Tali elementi, quindi, fungono, nel-la logica delleditto, da premessa e sostegno al-lemanazione della norma.

    Sotto il profilo formale della struttura, ciodella giustapposizione sequenziale delle sue di-

  • 69

    verse parti, leditto regio si compone di due se-zioni principali allinterno delle quali i diversipatterns, sopra indicati, si vanno a collocare: unaprima di carattere storico-introduttivo e una se-conda di carattere, per cos dire, tecnico-norma-tivo.

    6.1. Lintroduzione storica

    la tematica sostanziante la prima sezionedelleditto, nellambito della quale si attua quellarivisitazione del passato necessaria a introdurre egiustificare lattualit e lefficacia del dettato re-gio nel presente; essa si avvale in primis del gi ri-cordato schema retorico diacronico: bene >male > bene che scandisce la narrazione frapassato remoto > passato prossimo > presente ein base al quale a unoriginaria situazione di ar-monia ed equilibrio si oppone un implacabilesusseguirsi di eventi destabilizzatori (spesso san-guinari) che rendono imprescindibile lenergicointervento riequilibratore della norma espressadal dettame regio31.

    Paradigmatica (e maggiormente conosciutafra gli studiosi) in questo senso la lunga intro-duzione storica delleditto del re Telepinu, forsela composizione pi famosa, riferita a questo di-nasta vissuto attorno alla prima met del XV se-colo; la parte iniziale cos recita32:

  • 70

    Ai tempi, Labarna era Gran Re, e i suoi figli, i suoifratelli, i suoi parenti acquisiti, gli uomini della sua gens e lesue truppe erano uniti; certo, il paese era ancora piccolo, madovunque egli andasse in guerra riusciva a tenere sottomessecon il suo braccio le regioni nemiche...

    ma nel tempo, ecco che sotto i suoi succes-sori lidilliaca situazione iniziale (parva sed aptamihi) si corrompe sempre pi. Gi sotto il re Hat-tusili (il primo dinasta hittita effettivamente ac-certato storicamente) ( 7):

    ... i servi dei principi mano a mano divennero infede-li, cominciarono a divorare i beni dei propri signori...

    Con il terzo re della dinastia, Hantili, para-digma nella storiografia hittita di re perseguitatoda un destino divino avverso per i peccati com-messi, gi a cominciare dalla sanguinosa moda-lit della sua successione al trono, il processo didegrado investe direttamente la famiglia reale33:

    Hantili era coppiere di corte; sua moglie era Harapseki,sorella del re Mursili. Zidanta insieme con Hantili penetr(nel palazzo) e (insieme) compiro[no un at]to malvagio: uc-cisero il re Mursili.

    Nel racconto del re Telepinu il processo didegrado si aggrava di dinasta in dinasta, portan-do al disordine totale, fino a che ( 27):

    il sangue prese completamente il sopravvento allinter-

  • 71

    no della famiglia reale e anche gli uomini degli dei micominciarono a dire: guarda a Hattusa il sangue ormai di-venuto incontenibile! E allora io, Telepinu convocai il tribu-nale regio (ed emisi questo decreto): da oggi in poi...

    Dispositivo spesso ricorrente in tali introdu-zioni storiche quello che potremmo definire diescatologia politica, volto cio a proiettare inun futuro possibile, ma non ancora verificatosi,le catastrofiche conseguenze alle quali si arrive-rebbe in assenza di tale intervento.

    Significativi, in questo senso, sono i 4-5del gi ricordato testamento di Hattusili, dove,in un drammatico crescendo, il re profetizza lecatastrofiche conseguenze cui potrebbe portarela connivenza fra la Tawananna (la sorella del re)e il figlio di questa, fino a quel momento erededesignato al trono; al 4 il testo cos recita:

    ...e avverr che egli (scil. lerede al trono) prester con-tinuamente ascolto alle parole di sua madre, dei suoi fratellie sorelle; ed egli si avviciner per continuare a tramare ven-detta. E [le mie truppe], i miei dignitari, i miei sudditi chesono al servizio del re, chiunque appartenga al re - cos suc-ceder verranno da lui annientati, e comincer a versare ilsangue...

    Il tema del sangue (cio degli atti crimi-nali allinterno della corte hittita), che ha ormairaggiunto livelli al limite del non ritorno, si ri-propone quindi nei diversi editti come spartiac-

  • 72

    que, punto al di l del quale non vi pi regolama soltanto caos, e rappresenta quindi la base ri-corrente per lintervento normativo regio34.

    Limpianto delleditto regio nella sua parteiniziale , dunque, tutto costruito sulla rivisitazio-ne storica dei fatti che, rappresentati nel loro sus-seguirsi, congiungono il passato al presente, equindi una certa memoria culturale dei fattipassati (cos come costruita da chi deteniene ilpotere e gli strumenti della literacy nel presente)con quella collettiva attuale, cui leditto fa conti-nuo riferimento e sulla quale intende operare at-traverso limpatto dellemanazione della norma.

    6.2. Le parentesi storiche o esempi paradig-matici

    Diversa valenza e funzione hanno invece ibrevi interludi aneddotici che, nellambito dellosvolgimento della seconda parte delleditto, si al-ternano ai dispositivi normativi.

    Qui la memoria storica, innescata dal ricor-do di episodi o epoche assunti a paradigma di ciche bene/male, perde la propria profondittemporale per assumere essenzialmente funzio-ne di monito esemplare e di giustificazione fon-dante della norma regia che segue immediata-mente35.

    Questo assunto esplicitamente affermato

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    proprio in uno degli editti pi antichi, dove il re,rivolgendosi ai propri funzionari accusati di ne-gligenza, afferma36:

    ...se voi non terrete in considerazione (linsegnamentodi mio padre), ecco, non ci sar vecchiaia! Per voi parla laparola di mio padre!

    Nello stesso testo risulta di particolare im-portanza per la comprensione del meccanismoculturale del rinvio alla parola del padre e perlemanazione attraverso un atto scrittorio dellanorma nel presente, laffermazione, ai 5-6(sulledizione dei quali cf. quanto gi indicatoalla nota 36):

    Quando mio padre convocava il tribunale regio per in-dagare sul vostro comportamento immorale, non era forse (acausa delle vostre angherie) nei confronti dei vostri contri-buenti? ... e quando vi rinviava alle (vostre) sedi in confor-mit alluso di comunicare a voi per iscritto non mantene-va per voi dignitari una tavoletta scritta (con le istruzioni)?

    cui si correla il susseguente ammonimentoche d lavvio alla formulazione del dispositivoregio ( 7):

    ... cos, dunque, avete portato a compimento la paroladi mio padre? Ma dora in poi questi (scil. la categoria deifunzionari reg chiamati in causa) far come segue ...

    Finzione o realt che sia, la parola del pa-

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    dre del re, riportata paradigmaticamente nelle-sempio ammonitore, fa quindi esplicito riferi-mento a una memoria culturale che si vuole sup-portata dalla testimonianza scritta.

    Va tenuto presente a questo punto che, di-versamente rispetto alla partitura storica che fun-ge da introduzione nella prima parte delleditto,tali brevi episodi non sono perci collegati (equindi funzionali) al presente attraverso la con-sequenzialit dello svolgimento degli eventi, ben-s in virt della similitudine delle situazioni.

    Essi sono ambientati per lo pi almeno inuna generazione precedente rispetto al presente,al tempo di un mai nominalmente identificatopadre del re (come il Manu della trattatisticaindiana?) e si incentrano essenzialmente sul po-tenziale deterrente del ricordo delle conseguen-ze negative innescate da un atto di disobbedien-za/slealt.

    Alla narrazione dellesempio paradigmaticosi aggancia infatti (normalmente introdotta dal-lavverbio kinuna: ed ora ecco...) lemanazionedella norma presente cui esso si ricollega temati-camente.

    Spesso il riferimento paradigmatico rap-presentato anche da un semplice rinvio a unnome in qualche modo capace di significazioneper la memoria collettiva, come il caso di uneditto, riferibile a uno dei primissimi dinasti di

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    Hattusa, che, trattando della regolamentazionedella pratica ordalica (ordalia del fiume) cuisottoporre membri della famiglia regia o funzio-nari di palazzo macchiatisi in qualche modo ditradimento nei confronti della persona del re(ANA SAG.DU LUGAL wastai), recita37:

    ...molti sono usciti impuri dallordalia del dio fiume(stabilita per ordine di) mio padre, e il padre del re non li hagraziati; lo stesso Kizzuwa risult impuro allordalia del diofiume, e mio padre quel Kizzuwa non (lo) ha graziato! Maora, io, il re, ho visto troppe colpe... (e segue la normativa)

    Questi intermezzi ammonitori rappresen-tano, quindi, un insegnamento saggio e allo stes-so tempo un riferimento giusto a supporto del-la norma del presente, secondo un itinerario in-tellettuale che trova diretto riscontro letterario inquel genere che si sopra gi ricordato e con-venzionalmente definito come Cronaca di Pa-lazzo.

    Trovano invece riscontro nei paradigmi let-terari del buon amministratore regio e delbuon principe quei passaggi, a met fra il poli-tico e letico, che fanno da corollario sia alle mi-sure volte al controllo delloperato degli ammi-nistratori, sia alle procedure di designazione diun nuovo erede al trono.

    Emblematico in questo senso un editto diHattusili (I), incentrato politicamente proprio

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    sulla situazione di coflittualit e disorientamentoistituzionale venutasi a creare a causa dei contra-sti fra il sovrano e il successore designato; ledit-to, che riporta ordine designando un nuovosuccessore (Mursili) e mettendo al bando i mem-bri del partito avverso, contiene anche precetti emassime dense di allusioni allegoriche indirizza-te al buon principe e ai leali sudditi38:

    ... e di voi, miei sudditi, la schiatta sia unita come unito il branco del lupo: tutti coloro che renderanno vana laparola del re che a trasgredire siano le guardie del corpo, imembri della famiglia regia allargata o gli addetti alle men-se, o che quelli che tras[grediscono siano] i funzionari di pa-lazzo [ ] qualun[que] sia il funzionario di palazzo che tra-sgre[disce] la sua parola, [che la sua go]la venga tagli[ata]e che lo si app[enda] alla [sua] porta!

    Se conser[verete la mia] parola, allora [conserve]reteanche la mia terra; [se ] terrete vivo il fu[oc]o nel focolare, al-lora non infrangerete la mia parola; ma se il fuoco nel foco-lare non alimenterete, allora succeder che il serpente scon-volger [Hattu]sa!

    In questo alternare fra esempio paradigma-tico proiettato in un passato atemporale (ai tem-pi del padre del re) ed emanazione di norme fi-nalizzate alla regolamentazione della vita politi-ca, economico-amministrativa e sociale delpresente, il dettato regio che si sviluppa nella se-conda parte delleditto assume, cos, toni e ri-svolti articolati e complessi:

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    - politici: ripudio/messa al bando/condannadi membri della famiglia regia o della nobilt dicorte, ma anche opportuni atti di apparente cle-menza e di richiamo a una solidariet di casta, ol-tre alla celebrazione di un nuovo erede al tronoetc.;

    - tecnico-amministrativi: direttive per il con-trollo di specifici settori produttivi del regno e perla determinazione dei compiti e dei limiti dellaoperativit di precise categorie di funzionari;

    - etico-giuridici: istruzioni relative al giustocomportamento dei funzionari, dei maggiorentie degli ufficiali del regno nei confronti della co-rona, della famiglia regia allargata, delle diverseclassi di funzionari fra loro; alle quali possono pa-rallelamente svilupparsi massime e insegnamentirivolte ai sudditi del regno (nelle loro diverse ar-ticolazioni di casta e funzione) e al futuro eredeal trono; tutti elementi che vanno in qualchemodo ad arricchire una sorta di ideale codice eti-co da un lato e amministrativo dallaltro, senzache, per altro, si arrivi alleffettiva codifica o auna qualsivoglia sistematizzazione o articolazionegerarchica fra le varie parti che li compongono.

    tuttavia in questa intima commistione franorma, istruzione, insegnamento/ammonimen-to etico e apologia storico-politica, che ledittoregio trova la sua originalit di strumento regola-tore della societ hittita nella sua fase pi antica.

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    Sarebbe errato volerne estrapolare la solafunzione giuridico-normativa, come altrettantoerrato sarebbe vedere in esso un semplice docu-mento politico, o sottovalutarne la componentesapienziale (rappresentata di volta in volta dal-linserimento del racconto ammonitore, dellap-pello caritatevole o dellinsegnamento al giovaneprincipe). Altrettanto errato, come purtroppo spesso in uso nella filologia hittitologica, sarebbevedere nelleditto reale un testo meramente sto-riografico, o meglio, un testo sulla base del qualericostruire per via diretta svolgimento e concausedi eventi storico-politici.

    Come ogni testualit che vuole assurgere amemoria culturale e quindi a fondamento di unpreciso potere culturale e politico, leditto regio,nelle sue parti storico-introduttive o storico-aned-dotiche risponde a una ben precisa funzionalital servizio di chi di tale testualit committentee quindi di tale memoria artefice. Soltanto attra-verso la consapevolezza di questo filtro ci si puavventurare nel complesso campo delle conside-razioni di ordine storico39. N tantomeno pen-siamo sia sempre possibile e necessario indivi-duare in precise figure di dinasti storicamente ac-certati le ricorrenti menzioni del paradigmaticopadre del re, al fine di trarne sequenze genea-logiche .

    Se volessimo rendere graficamente lo svi-

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    luppo della la struttura di questo interessante ecomplesso sistema testuale potremmo farlo comesegue:

  • 7. Codice linguistico e arco cronologico

    A conclusione di quanto fin qui detto, desi-deriamo accennare ancora a due punti che, purapparentemente secondari, concorrono a nostroavviso a rendere completo e a dare profonditdiacronica al quadro fin qui tracciato.

    Si tratta, da un lato del codice linguisticoadottato nella pratica redazionale dei testi inquestione; dallaltro, del processo di redazione etrasmissione che sottende alla documentazioneconsiderata.

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    Dove, rispetto alle sue articolazioni ester-ne:

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    Vanno ribaditi, a tal proposito, alcuni puntichiave, ai quali abbiamo gi in vario modo ac-cennato nelle pagine precedenti; si tratta essen-zialmente del fatto che:

    - la quasi totalit degli editti giunta fino anoi in copia tard