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P artecipare al concorso “I gio- vani ricordano la Shoah”, che quest’anno riguarda la figura di Giorgio Bassani, è stato possibile an- che grazie al pregresso percorso del nostro Istituto. E’ tradizione della no- stra scuola, ormai da tanti anni, pro- porre agli alunni attività, incontri, te- stimonianze riguardanti la “Memoria”, con un progetto specifi- co che coinvolge tutte le classi della Scuola Secondaria di I° grado. Momenti significativi e istruttivi sono stati quelli con gli esperti del CDEC (Centro di documentazione ebraica), con un laboratorio specifico sulle leggi razziali, con mostra itinerante di foto dell’epoca, a cura della Prof.ssa Daria De Carolis, propedeu- tico all’ incontro con Sami Modiano e Piero Terracina. La testimonianza di questi due superstiti ha suscitato sincero interesse e particolare coin- volgimento dei ragazzi, al punto da definirli affettuosamente “nonni della Donatello”. Abbiamo avuto il piacere di ospitare anche alcuni superstiti del Rastrellamento del Ghetto del ‘43, come Nando Tagliacozzo. Lo scorso anno, grazie alla collaborazione delle referenti dei progetti d’Istituto “Memoria” e “Biblioteca”, è stato possibile incontrare Odoardo Semel- lini, nipote di Odoardo Focherini, “Giusto tra le Nazioni” e Beato della Chiesa cattolica. Per i nostri ragazzi è stato importante e formativo anche assistere allo spettacolo teatrale “Voci di donna nella Shoah”, ispira- to alla vita di Settimia Spizzichino. Non sono mancate le visioni dei film più famosi, come “La Tregua”, “Giona che visse nella balena”, “Concorrenza sleale”, “Memorie di una ladra di libri”, “La chiave di Sa- ra” ed altri. A tutte queste attività hanno fatto seguito dibattiti e riela- borazioni di diverso tipo: relazioni, cartelloni, video, articoli giornalisti- ci, che hanno contribuito ad avvici- nare i ragazzi ai momenti più tragici della storia, con l’obiettivo di non di- menticare e di non ripetere gli orrori del passato. Marina Zaganelli Lucia Viola Un progetto per la memoria Foglio di informazione dell’ I.C. Donatello

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Foglio di

P artecipare al concorso “I gio-

vani ricordano la Shoah”, che

quest’anno riguarda la figura di

Giorgio Bassani, è stato possibile an-

che grazie al pregresso percorso del

nostro Istituto. E’ tradizione della no-

stra scuola, ormai da tanti anni, pro-

porre agli alunni attività, incontri, te-

stimonianze riguardanti la

“Memoria”, con un progetto specifi-

co che coinvolge tutte le classi della

Scuola Secondaria di I° grado.

Momenti significativi e istruttivi sono

stati quelli con gli esperti del CDEC

(Centro di documentazione ebraica),

con un laboratorio specifico sulle

leggi razziali, con mostra itinerante

di foto dell’epoca, a cura della

Prof.ssa Daria De Carolis, propedeu-

tico all’ incontro con Sami Modiano

e Piero Terracina. La testimonianza

di questi due superstiti ha suscitato

sincero interesse e particolare coin-

volgimento dei ragazzi, al punto da

definirli affettuosamente “nonni della

Donatello”. Abbiamo avuto il piacere

di ospitare anche alcuni superstiti del

Rastrellamento del Ghetto del ‘43,

come Nando Tagliacozzo. Lo scorso

anno, grazie alla collaborazione delle

referenti dei progetti d’Istituto

“Memoria” e “Biblioteca”, è stato

possibile incontrare Odoardo Semel-

lini, nipote di Odoardo Focherini,

“Giusto tra le Nazioni” e Beato della

Chiesa cattolica. Per i nostri ragazzi

è stato importante e formativo anche

assistere allo spettacolo teatrale

“Voci di donna nella Shoah”, ispira-

to alla vita di Settimia Spizzichino.

Non sono mancate le visioni dei film

più famosi, come “La Tregua”,

“Giona che visse nella balena”,

“Concorrenza sleale”, “Memorie di

una ladra di libri”, “La chiave di Sa-

ra” ed altri. A tutte queste attività

hanno fatto seguito dibattiti e riela-

borazioni di diverso tipo: relazioni,

cartelloni, video, articoli giornalisti-

ci, che hanno contribuito ad avvici-

nare i ragazzi ai momenti più tragici

della storia, con l’obiettivo di non di-

menticare e di non ripetere gli orrori

del passato.

Marina Zaganelli

Lucia Viola

Un progetto per la memoria

Foglio di informazione dell’ I.C. Donatello

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Omaggio a Omaggio a Omaggio a Giorgio BassaniGiorgio BassaniGiorgio Bassani

L a prima cosa che occorre chiedersi è: “Chi era quest’uomo?” e poi: “Che cosa ha

fatto?” Giorgio Bassani è stato uno scrittore e poeta italiano, e proprio que-st’anno ricorre il cen-tenario della sua na-scita. Era ebreo; ha avuto una vita molto intensa, influenzata e segnata dagli avveni-

menti che hanno caratterizzato la storia del No-vecento. Oltre che poeta e scrittore eccellente, è stato insegnante, ma anche traduttore e sce-neggiatore; ha scritto molte opere nelle quali racconta, pervase da un’atmosfera particolare, le discriminazioni razziali, la perdita di identità e diritti civili e poi le deportazioni e il genocidio del suo popolo, ma anche di altre minoranze considerate razze inferiori dall’ideologia nazifa-scista. In gran parte dei suoi scritti, c’è un’atten-zione particolare verso “L’alterità”, non sempre accettata, che genera emarginazione e discrimi-nazione - cose che anche lui ha provato sulla sua pelle.

L’UOMO Giorgio Bassani è nato a Bologna il 4 marzo 1916, dove la sua famiglia si era trasferita mo-mentaneamente: trascorse l'infanzia e l'adole-scenza a Ferrara, la bella città estense che rap-presenta, nel suo immaginario collettivo, lo spa-zio protettivo, il luogo sicuro che poi la storia violerà. La sua famiglia era ebraica e benestan-te, originaria proprio di Ferrara. Suo padre si chiamava Angelo Enrico Bassani (1885-1948) ed è stato presidente della S.P.A.L tra il 1921 ed il 1924. La madre era Dora Minervi (1893-1987). Giorgio aveva due fratelli: Paolo e Jenny. Aveva frequentato il liceo “Ludovico Ariosto” e vi con-seguì la maturità. Era un bravo studente - non il primo della classe, forse per il suo carattere un

po’ introverso o per la leggera balbuzie. Nel li-ceo sono ancora conservati numerosi documenti e fotografie a lui dedicati, esposti nell'atrio pres-so la sede principale della scuola superiore. Nel periodo dell'adolescenza mostrò grande in-teresse per la musica, tratto dalla madre che aveva studiato canto prima del matrimonio. Giorgio amava alla follia giocare a tennis. Rag-giunta la maturità rinunciò alla musica per dedi-carsi alla letteratura, mentre la passione per il tennis lo accompagnò tutta la vita. Nel 1935, interrompendo una lunga tradizione familiare (poiché il padre e il nonno erano medici), si iscrisse alla facoltà di lettere dell'università di Bologna. Nel 1938 il regime fascista emanò le leggi razziali, Giorgio però riuscì comunque a laurearsi, nel 1939, con la tesi su Niccolò Tom-maseo e discussa con Carlo Calcatella. Durante gli studi fece amicizia con Attilio Bertolucci e di-venne un grande ammiratore della pittura di Giorgio Morandi. In quegli anni conobbe un gran numero di intellettuali e artisti. Nel 1940 uscì la sua prima opera: “Una città di pianura”, pubblicata con lo pseudonimo di Gia-como Marchi, poiché gli ebrei non potevano pubblicare nulla. In conseguenza alle leggi raz-ziali i bambini ebrei venivano espulsi dalle scuo-le pubbliche e proprio per questo Bassani, dopo la laurea, non trovando lavoro, insegnò italiano e storia nella scuola ebraica di via Vignataglia-ta, divenendo Attivista Politico Clandestino. A seguito della sua attività antifascista, venne ar-restato e rinchiuso per alcuni mesi nella prigio-ne cittadina di via Piangipane. Dopo la caduta di Mussolini, il 25 luglio del 1943, venne liberato. Successivamente, sposò Valeria Sinigallia e la-sciò Ferrara dirigendosi a Firenze e subito dopo a Roma, dove trascorse il resto della vita come scrittore e uomo pubblico.

(nella foto, la casa di Giorgio a Ferrara)

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GIORGIO LO SCRITTORE …

Giorgio Bassani durante la sua vita scrisse mol-to… Nel 1944 pubblicò “Storie dei poveri aman-ti”, mentre nel 1947 scrisse una seconda rac-colta di versi intitolata: Te Lucis Ante. Inoltre nel 1948 Marguerite Caetani fondò e curò la pubblicazione della rivista letteraria “Botteghe oscure” e invitò proprio Bassani a redigerla. Nel 1953 diventò anche redattore della rivista “Paragone”, fondata nel 1950 da Roberta Longhi e Anna Banti. Nella redazione conobbe anche il famoso Pier Paolo Pasolini. Tra l'altro oltre a pensare solo alla sua di car-riera, contribuì a diffondere le opere di : Mario Soldati, Carlo Cassola, Giorgio Caproni e Italo Calvino.

LA SUA FAMA Giorgio Bassani frequentò il mondo intellettua-le, sia a Roma che altrove e conobbe il critico Niccolò Gallo e si mise in contatto con la reda-zione di OFFICINA (fondata da Pasolini con al-tri bolognesi). Molto importante fu anche la fondazione da parte sua di “Italia Nostra”.

CURIOSITA'...La memoria Nell'anno 2000, il 13 Aprile Giorgio Bassani morì. E qui si capisce quanto egli abbia lasciato il segno. Dopo la sua morte infatti il comune di Ferrara ha voluto ricordarlo con un monumen-to , ideato e costruito grazie alla collaborazio-ne fra l'architetto Piero Sartogo e lo scultore Arnaldo Pomodoro. Inoltre sempre a Ferrara , in sua memoria, è stata intitolata la biblioteca comunale del Barco e il parco urbano al nord della città. Mentre a Codigoro la biblioteca co-munale G. Bassani ospita la sede principale della fondazione Giorgio Bassani assieme allo studio e biblioteche dello scrittore Ferrarese. In questo apposito spazio è stato ricostruito lo studio dello scrittore, con il primo nucleo della sua biblioteca privata, circa 1.500 volumi, e molti e vari oggetti personali. Dal 4 marzo 2009 questa sede è ospitata a Fer-rara presso l'Istituto Universitario di studi su-periori (IUSS-FERRARA).

Valeria Magnifico

RACCONTARE LA STORIA

La gente scappa e si nasconde Come il mare con le sue onde Morti e feriti a non finire Gli ebrei tentan di fuggire.

Non hanno voce né parola Per raccontare la loro storia Tra qualche ghetto e altre rovine Ogni ebreo doveva morire.

Chi ha deciso che per la razza Gente comune ti prende e ti ammazza Hanno perso i diritti oltre ai famigliari A causa delle assurde leggi razziali.

Fortunatamente tra tanta brutta gente C’è chi ha un po’ di sale in mente Aiutano tutti senza volere niente Salvano la vita mentre la paura si sente.

Vivono periodi un po’ turbolenti Tra lager fucili e docce bollenti Fino a quando qualcuno si oppone La guerra finisce e fanno un festone.

Alessandra Di Giulio

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Alla scoperta di Giorgio Bassani e di una storia

fatta anche di cose minori

U no de compiti dell’artista, poeta o scrittore che sia, è per Bassani quello di

evitare che i giovani perdano memoria di ciò che è la loro storia, dimenticando luoghi e radi-ci. Il Novecento, di cui Bassani percorse lunga-mente vicende ed avvenimenti, è un secolo ca-ratterizzato da eventi tragici ed esperienze ter-ribili che hanno segnato lo scrittore e l’intera l’umanità. Niente è stato più atroce dei campi di sterminio. Ebbene, secondo Bassani, i poeti hanno il compito di far sì che non ci si dimenti-chi di Auschwitz, e di ciò che questo nome rie-voca. Egli, pertanto, scrive perché si ricordi quanto è stato, e su di esso non cada l’oblio. È proprio in questo secolo che si incomincia ad affermare, nel contesto nazionale, una delle stagioni più dinamiche della storia culturale e letteraria che l’Italia abbia mai sperimentato. Finalmente, agli ebrei veniva concesso di far parte a pieno titolo della modernità letteraria nazionale, accogliendo le opere di coloro che tanto servirono la causa risorgimentale, tanto credevano e desideravano l’unità del Paese e che poi combatteranno e mostrarono lealtà an-che al fascismo. Dice Bassani: “Anche gli ebrei che erano quasi tutti borghesi, commercianti, proprietari di terre, ecc., erano quasi tutti fasci-sti”. Anche l’ebraismo, pertanto, si allontanò definitivamente da forme e modelli religiosi, segnando l’atto di nascita della modernità letteraria. Bassani nasce nel primo quarto di secolo, è di fede israelita, la sua lingua è l’italiano, ma in lui ”vive” la memoria dei suoi avi, tipica dell’ebrai-smo e delle sue tradizioni linguistiche e cultu-rali; egli sperimenta le diverse stagioni della vita: dalla giovinezza agiata e degli studi alla maturità in cui si afferma come scrittore in un momento storico particolare, alla vecchiaia, lontana dai riflettori e tormentata dalla ma-lattia. Bassani nasce solo due generazioni dopo la chiusura del ghetto della città Estense. I più an-ziani tra i protagonisti della sua narrativa sono proprio “i figli del ghetto”.

IL ‘900 è il secolo letterario degli ebrei, che hanno la possibilità di riuscita della loro lette-ratura definita come “minore”, cioè quella di una minoranza che fa seguendo i canoni di una lingua maggiore: l’italiana. Gli scritti di Bassani sono scritti anche politici, infatti, il suo provenire da una “minoranza” lo pone ai margini della comunità e tale situazio-ne lo aiuta a forgiare e sperimentare nuovi strumenti dai quali trapela un’alta coscienza e sensibilità. Bassani politico impersona la condizione della minoranza Giudaica dell’epoca, a cui è dato il potere di partecipa-re e segnare la lette-ratura del ventesi-mo secolo. Lo scrittore ferrarese porta avanti il suo impegno con la scrittura e la lirica per l’intera sua vita. Bassani diceva di sé: ”Non dimenticate che io oltre che un cosiddetto narratore ( paro-la che aborro), sono un poeta, nonché un sag-gista. Nel volume che raccoglie tutte quasi le poesie, in rima e senza, e nell’altro che racchiu-de tutti i miei saggi, Al di là dal cuore, ho cerca-to di dire ciò che non ero riuscito a dire (di me) nel romanzo di Ferrara”. Il romanzo di Ferrara, raccoglie l’intero percor-so bassaniano fin dalla prima pubblicazione, datata 1940, con lo pseudonimo di Giacomo Marchi, a causa delle leggi razziali, per cui era vietato dalla polizia a qualsiasi ebreo di figura-re come esistente. Dice Bassani: “Se sono diventato Giacomo Marchi (cognome della nonna materna e nome dello zio particolarmente amato) non è stato per scelta mia di tipo patologico, psicologico ecc.., ma per motivi di carattere politico e raz-ziale”. Interessanti le sue affermazioni relative alle frequenti rimaneggiamenti dei suoi scritti: “Io credo alla realtà spirituale come unica realtà (…) ci credo sul serio. Ed è per questo che mi sono accanito sulle mie scritture per farne un’opera sola e, soltanto per questo, che ho scritto e riscritto ogni pagina dei miei libri. Ho scritto riscritto allo scopo di dire attraverso l’o-pera mia la verità, tutta la verità”. A differenza

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di altri, nel rigore che metteva nel rimangiare i suoi scritti, c’era la pretesa dell’artista di essere non solo narratore ma anche storico di se stes-so e delle società che rappresentava”. Voleva opporsi a quella letteratura, da cui pro-veniva, ma che non aveva un contesto storico aderente alla realtà di cui si occupava; la sua scrittura è un esercizio di una partecipazione ai tempi durante e dopo il fascismo, nel tentativo di salvare il tempo, di riscattarne i resti, nella speranza di dare agli uomini e alla storia un’al-tra possibilità. Nelle sue numerosissime opere egli salva, in particolare, la storia dei suoi protagonisti, per-sone ormai morte ma di cui rimane traccia. La letteratura, afferma Bassani, ha il compito di salvare la storia: Josz, lo scampato, la cui storia è quella di suo cugino, Eugenio Ravenna, detto ”Gegio”, raccontata nella Lapide di via Mazzini, ne è un esempio tra i tanti. Ferrara è la “radice” con cui il poeta deve fare i conti con la propria origine, è una città esisten-te protetta da mura che richiamano quelle del ghetto, un perimetro che protegge,soccorre o opprime, città, cinta, ghetto o carcere, e rara-mente i suoi personaggi escono da questa cer-chia, solo Michol protagonista dei Finzi Contini ne vuole venire fuori, vuole essere diversa, vuole vivere e portare in qualche modo il mes-saggio dell’autore che si identifica in lei. I per-sonaggi del “Giardino”, una delle sue opere più famose, trovano rifugio dalla triste realtà stori-ca in quel luogo bello ed emblematico, amano le loro cose e il giardino e basta, solo Michol vuole essere diversa. “Michol è come me”, afferma Bassani,” Non avrei potuto scrivere ro-manzo di cui lei è protagonista se non fossi so-migliato in qualche modo a lei”. Attraverso l’allegoria della città di Ferrara, Bas-sani rappresenta il mondo, ci sono tutte le clas-si sociali: la stratificazione del partito nazista, gli scontri razziali, le vicende di tanti poveracci e di aristocratici, che confluiscono in un coro di voci polifoniche che rappresentano il mosaico della vita che diventa romanzo personale e, al-lo stesso tempo, autobiografia. Bassani con la sua opera è riuscito a dare eternità alla produ-zione letteraria del Novecento.

Marina Zaganelli

PERCHE’ PARTECIPARE

All’inizio dell’anno, la professoressa di italia-no, dopo averci parlato di G. Bassani, ci ha proposto di partecipare al concorso “I giovani ricordano la Shoah”, incentrato su quest’uomo che è stato scrittore, poeta e sceneggiatore del Novecento. Noi, entusiasti della proposta, ab-biamo subito accettato questa “sfida”, anche se le nostre conoscenze sull’argomento erano as-sai scarse. Inizialmente le nostre idee erano confuse, non sapevamo bene da che parte co-minciare; abbiamo perciò fatto delle ricerche sulla sua vita e sulle sue opere, scoprendo mol-te cose su Bassani uomo, insegnante, poeta, e sul suo stretto rapporto con il cinema e la lette-ratura, due mezzi diversi, ma egualmente inci-sivi. Giorgio Bassani era ebreo e visse sulla propria pelle una delle pagine più oscure della nostra storia: denunciò più volte, attraverso le sue opere, la tragedia della Shoah. Inizialmente non sapevamo cosa fare di preciso; abbiamo vagliato diverse proposte, abbiamo letto, di-scusso, guardato film tratti dalle opere di que-sto autore, poi pian piano si è delineato il no-stro percorso. Per poter lavorare tutti quanti, abbiamo deciso di procedere su due piani: una parte di noi si è concentrata sulla ricerca stori-ca, l’altra parte si è dedicata alla realizzazione di un grande cartellone riassuntivo del lavoro svolto: campeggia su fondo nero un esagono giallo che si apre in una stella a sei punte. All’interno, disegnate, le più importanti tappe storiche, da un lato; dall’altro, la sagoma di Bassani e alcune “armi del mestiere” dello scrittore ferrarese: la macchina da scrivere, il taccuino per gli appunti… Nelle punte, invece, le tappe fondamentali della vita privata e pub-blica dello scrittore a cui abbiamo voluto ren-dere omaggio. Divisi in gruppi, e per certe atti-vità a classi aperte, abbiamo lavorato più di un mese: c’era chi lavorava di penna e pennarelli, chi al computer… e in tutto questo ci siamo mi-surati pure con incresciosi imprevisti e momen-ti di sconforto. All’inizio i nostri elaborati era-no tutti uguali: ci eravamo concentrati sulla biografia di Bassani, trascurandone le opere. Poi abbiamo iniziato a diversificare il lavoro e ad approfondire di più. Infine, nonostante tutto, ci siamo abbastanza divertiti e, secondo noi, è venuto su un bel lavoro. Ci siamo sentiti prota-gonisti in prima persona, abbiamo conosciuto meglio il periodo storico di riferimento e Gior-gio Bassani, un intellettuale dai molteplici inte-ressi, che ha scritto numerosissime opere.

Gli alunni della classe 3E

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Le cinque

storie ferraresi "Le persone di cui si conquista l'affetto con l'imbro-glio non si amano mai sinceramente..."

È una raccolta composta da diversi racconti, in parti-colare sono cinque storie diverse, in apparenza sle-

gate tra di loro ma accumunate dalla stessa ambienta-zione: Ferrara. Questa cittadina di provincia, tanto amata dallo scrittore, diventa emblema di una realtà più vasta e ci proietta nella storia portandoci, insieme ai suoi personaggi, nell’atmosfera cupa e contradditto-ria del periodo del fascismo e delle conseguenti discri-minazioni razziali. Nell’opera, che a nostro parere è una delle più sugge-stive per capirne il pensiero, l’autore affronta temi dif-ficili e assai delicati per quegli anni, facendoci rivive-re il clima di tensione politico e sociale, ma anche per-sonale. Grazie alle descrizioni particolareggiate della cittadina tanto amata, il lettore viene quasi preso per mano ed accompagnato alla scoperta delle sue vie e dei vicoletti, svelati nei loro aspetti più intimi e nasco-sti. Con questa opera Bassani vince il premio Strega nel 1956. Nelle Cinque storie ferraresi sono compresi i seguenti racconti che sono stati lungamente rimaneg-giati dall’autore: Lida Mantovani; La passeggiata prima di cena; Una lapide in via Mazzini; Gli ultimi anni di Clelia Trotti; Una notte del ’43. Lida Mantovani È una giovane donna innamorata che cede alle lusin-ghe di un ebreo benestante, David, la cui famiglia però ostacola il loro legame. Dalla loro relazione, tuttavia, nasce un figlio, Ireneo. Nonostante sia diventato pa-dre, David non se la sente di disubbidire alla famiglia e di assumersi le sue responsabilità, così abbandona Lida e il neonato. Rimasta sola, lei lascia la stanza nella quale aveva vissuto con lui per tornare dalla ma-dre Maria, che abita in una piccola casa in via Salin-guerra, vicino alle mura di Ferrara. Le due donne da sole cercano di crescere il piccolo Ireneo come posso-no, sforzandosi di non fargli mancare nulla. Dopo qualche anno Lida inizia ad essere corteggiata da Oreste Benetti, un uomo più maturo, rilegatore di libri. Oreste prende l'abitudine di recarsi ogni sera alla stessa ora in visita alle due donne, le aiuta come può nei lavori più pesanti e poi passano il tempo parlando di vari argomenti, soprattutto di religione, perché Ore-ste è un cattolico praticante, ma anche di politica e, soprattutto, di Ireneo, al quale l'uomo si affeziona molto, quasi fosse un figlio. Dopo un po’ di tempo Oreste capisce di avere una passione per Lida ma, per paura di essere respinto, non osa chiederle di sposarlo. Col passare del tempo Oreste si prende sempre più

cura delle due donne e, dopo la morte di Maria Manto-vani, si fidanza con Lida, che poi sposa, assicurandole una vita tranquilla ma triste. I due vivono senza parti-colari problemi fino alla morte di Oreste, avvenuta so-lo nove anni dopo le nozze. A questo punto, però, Li-da capisce che forse Oreste non è mai stato veramente felice con lei: infatti, non hanno avuto quel figlio “loro”, che egli tanto desiderava, ma forse la morte prematura dell’uomo ha evitato che la sua speranza di diventare padre si trasformasse in cupa disperazione.

La passeggiata prima di cena La storia pare sia tratta da una vecchia cartolina che ritrae Corso Giovecca, a Ferrara, nel tardo pomerig-gio, poco prima dell’ora di cena, quando la via è pie-na di gente. Tra le persone che passeggiano lungo il corso, l’attenzione del narratore si sofferma su una ra-gazza dall'aspetto modesto, Gemma Brondi, apprendi-sta infermiera all'ospedale comunale; la giovane vive con i suoi genitori, i tre fratelli e la sorella Luisa in una semplice casa nei pressi dei bastioni della città. Pur non avendo una bellezza appariscente, di lei si in-namora il dr. Elia Corcos, un medico ebreo che, pur avendo umili origini, è riuscito ad ottenere la conside-razione e il rispetto dell'alta borghesia cittadina grazie alle proprie capacità, poi primario dell'ospedale di Ferrara, nonché medico personale della ricca duchessa Costabili. Gemma ed il dr. Corcos, nonostante le dif-ferenti religioni, lei cattolica e lui ebreo, si fidanzano e si sposano ed hanno subito un bambino, Jacopo, se-guito poi da Ruben, che però morirà nel 1902, a otto anni, per meningite. Si trasferiscono in una bella casa di via Ghiara, conducono vita appartata, raramente ri-cevono visite dei parenti: tra questi, la più assidua è senz'altro la sorella di Gemma, Luisa, che rimarrà zi-tella e continuerà a frequentare quella casa, sentendosi legata al cognato da un sentimento segreto; ella sarà anche riconoscente verso il padre di quest'ultimo, Sa-lomone Corcos, l’unico della famiglia che le mostra cortesia e gentilezza. Dopo la morte di Gemma, nel 1926, Luisa si trasferirà nella casa di Elia e del figlio Jacopo, in qualità di governante di casa. Rimane a vi-vere lì anche dopo l'autunno del 1943, quando il medi-co israelita ed il figlio sarebbero stati deportati in Ger-mania. Una lapide in via Mazzini Nell'agosto del 1945 fa ritorno a Ferrara Geo Josz, che nel 1943 era stato deportato a Buchenwald insieme ad altri 182 membri della comunità israelitica ferrarese. Molte persone ormai pensavano che fossero tutti mor-ti, ovvero sterminati nelle camere a gas. In loro me-moria, pertanto, venne preparata una lapide comme-morativa con i 183 nomi, ma proprio mentre un ope-raio sta fissando la lapide commemorativa al muro del tempio israelitico di via Mazzini, Geo Josz arriva, uni-co sopravvissuto tra i membri della comunità deporta-ti: basso e grasso da sembrare gonfio d'acqua, indossa un colbacco e dei panni stracciati. Proprio lì sotto la lapide incontra lo zio Daniele, ex fascista, i due si riavvicinano e grazie all’uomo Geo riprende pian pia-

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no possesso del palazzo di via Campofranco, che prima della guerra era stata la casa della famiglia Josz, ma poi fu poi occupata dalla sezione provincia-le dell'Anpi. Andò a vivere nella torretta, ma, grazie alla sua insistenza e ad una sorta di soggezione che gli occupanti provavano da quando era tornato, Geo ottenne che la sezione sgombrasse. È deciso a ria-prire l'attività del padre Angelo, che commerciava tessuti, e, almeno in apparenza, disposto a reinte-grarsi nella società. Una sera Geo schiaffeggia pub-blicamente in via Mazzini il conte Lionello Scocca, già spia per l’Ovra, senza un motivo, se non forse, come sostenevano alcuni testimoni, alcune domande sulla sua famiglia che pare il conte gli avrebbe fatto. Da allora Geo inizia a farsi vedere nei luoghi più frequentati di Ferrara sempre coperto di quegli strac-ci che indossava il giorno del suo ritorno e, non ap-pena cerca di iniziare una conversazione, tutti lo evi-tano come se fosse un appestato. Nel 1948, Geo scompare: ha riavuto interamente la proprietà del suo palazzo di via Campofranco, potrebbe riaprire l'attività paterna, iniziare una nuova vita, invece, di Geo non si sa più nulla. Quella narrata è una storia vera, e il protagonista, anche se porta un nome di-verso, è il cugino di Bassani che, pur salvatosi dalla morte, non riesce più ad inserirsi nel contesto socia-le ferrarese.

Gli ultimi anni di Clelia Trotti La storia è ambientata nel 1939, con l'Italia in pro-cinto di entrare in guerra e le leggi razziali promul-gate da un anno. Il giovane Bruno Lattes, figlio di un ricco proprietario terriero, studioso e intelligente, vive in uno stato di depressione e di isolamento so-ciale dal quale tenta di uscire; è spinto da un'intensa curiosità a conoscere Clelia Trotti, vecchia maestra, definita rivoluzionaria socialista. L’impresa si rivela complicata, infatti dopo aver ottenuto l'indirizzo, si accorge che era incompleto, ottiene poi quello com-pleto da un ciabattino, intimo amico della maestra. Quando si presenta, viene respinto dalla sorella, Giovanna Codecà, timorosa che la casa fosse sorve-gliata dall’Ovra. I due iniziano però ad incontrarsi frequentemente, a casa dell'anziana maestra e anche da lui. Nei primi tempi il giovane sembra condivide-re la fede di lei nella libertà e nella rinascita del so-cialismo. A far luce sul complicato e controverso rapporto instauratosi tra i due c'è l'epigrafe ad inizio del racconto, ripresa da Italo Svevo: "le persone di cui si conquista l'affetto con l'imbroglio non si ama-no mai sinceramente...". Bruno non è la persona im-maginata da Clelia: infatti, abbandona improvvisa-mente Ferrara nel 1943 e si trasferisce in America per insegnare letteratura italiana. Le raccomandazio-ni della donna di stabilire contatti con i principali esponenti dell'antifascismo cittadino cadono nel vuoto. L'ultimo loro incontro avviene nei pressi del cimitero di Ferrara, sul prato di piazza Certosa. Cle-lia, giudicata sovversiva dal regime, viene arrestata e muore in carcere nel 1943, a poco più di sessant'an-ni. Solamente nell'autunno del 1946, finita la guerra, si tiene il funerale civile a Ferrara, e vi partecipa an-

che Bruno, tornato nella sua città natale, dove si sen-te un perfetto estraneo, ormai tutto proiettato sulla sua carriera universitaria e sul punto di diventare cittadino americano. Il racconto fu pubblicato dall'e-ditore Nistri-Lischi nel 1955 vincendo il premio let-terario internazionale "Veillon" di Lugano.

Una notte del ‘43 Il racconto venne pubblicato per la prima volta nel 1955; fra tutte le Cinque storie ferraresi, è quello più aderente alla ricostruzione storica. L'interesse di Bassani per le vicende della sua città non è quello di uno storico; i fatti narrati risultano molto utili per capire l’atmosfera che regnava a Ferrara nel periodo finale della dittatura fascista. Ispirandosi all'episodio reale dell'uccisione del federale fascista Igino Ghi-sellini, che nel racconto diventa il console Bologne-si, Bassani posticipò leggermente la vicenda, da no-vembre a dicembre 1943 e, all'interno del contesto storico, creò una storia privata frutto della sua ispira-zione. Pino Barilari è un noto farmacista che, da quando è stato colpito da una paralisi alle gambe, trascorre le giornate risolvendo enigmi e parole cro-ciate, affacciato alla finestra della propria casa in corso Roma a Ferrara, proprio sopra la farmacia ere-ditata dal padre. La notte del 15 dicembre 1943 un-dici persone, tutte considerate avversarie del regime, vengono prelevate dalle loro abitazioni o rastrellate, ed uccise in corso Roma per rappresaglia. I loro cor-pi vengono abbandonati sul marciapiede, vicino alla farmacia Barilari, ed il mattino seguente, quando l'eccidio viene scoperto dalla popolazione, alcuni soldati vengono impegnati per tenere lontane le per-sone che vorrebbero avvicinarsi ai cadaveri, anche solo per riconoscerli. A guerra conclusa, nell'estate del 1946, inizia un processo per individuare il re-sponsabile della strage di quella notte. Il principale imputato è Carlo Aretusi, detto Sciagura, un fascista che partecipò alla marcia su Roma, alla quale prese parte pure il farmacista, nel breve periodo in cui aveva aderito al fascismo. L’unico testimone che Sciagura teme è Pino Barilari, che con ogni probabi-lità assistette, dalla propria casa, alle uccisioni di quel 15 dicembre, e sarebbe in grado di indicare chi vi partecipò. Il farmacista, tuttavia, durante il pro-cesso, alla domanda precisa che gli viene rivolta ri-sponde solo: «dormivo». In realtà, quella sera, non solo assistette alla fucilazione nascosto dietro i vetri della sua finestra, ma vide anche la moglie tornare da un convegno amoroso, ormai evidente a tutti, for-se, ma non ancora a lui. Nessuno, neanche Sciagura, verrà condannato per quelle uccisioni. Da quella notte del 1943, la vita di Pino Barilari subì un pro-fondo cambiamento, egli perse ogni interesse per le riviste di enigmistica; venne lasciato dalla moglie e la sua unica occupazione diventò quella di appostar-si tutto il giorno alla finestra di casa, ad osservare i passanti e borbottare qualcosa, come se non gli im-portasse di essere ascoltato quando qualcuno cam-minava accanto al luogo dove era avvenuta l'esecu-zione.

Marika Corà Nichol Duro

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Le leggi razziali

In Germania tra il 1933 e il 1935 vengono emanate le leggi razziali e quelle di Norim-berga, che aprono la strada allo sterminio degli ebrei. In Italia, le leggi Razziali, vengo-no precedute dal manifesto degli scienziati razzisti del 14 Luglio 1938, sottoscritto da 180 scienziati e redatto dallo stesso Mussoli-ni. Queste leggi escono a più riprese, sono immediatamente seguite dalle ordinate ap-plicative firmate da Benito Mussolini e pro-mulgate da Vittorio Emanuele III. Inoltre, le leggi Razziali, nel loro insieme sta-biliscono che è proibito ai cittadini italiani di “razza” ebraica, tra le altre cose, di contrar-re matrimoni con persone appartenenti ad altra “razza”, prestare servizio militare, eser-citare l’ufficio di tutore e di curatore di mi-nori o di incapaci non appartenenti alla “razza” ebraica, avere domestici ariani, iscri-versi a scuole o università, esercitare le pro-fessioni di notaio o di giornalista. Esse, inoltre, dispongono all’allontanamento dall’ Italia di tutti gli Ebrei stranieri, entro due mesi; quelli ancora presenti sul suolo della penisola nel maggio 1940 vengono in-ternati nel campo di concentramento cala-brese di Ferramoti di Tarsia. In totale gli ebrei deportati dall’ Italia, dal periodo che va dal 1943 al 1945, sono più di ottomila e ad essi si devono aggiungere i settantacin-que ebrei che vengono trucidati alle fosse Ardeatine a Roma, il 24 Marzo 1944. Ferrara è l’unica città dell’Emilia-Romagna ad aver avuto una presenza ebraica conti-nuativa dall’ età medievale ad oggi. Nell’A-gosto del 1938 iniziano le operazioni di cen-simento per quantificare e classificare la lo-cale popolazione israelita. Dal mese di Settembre con l’espulsione degli Ebrei stra-niere e i primi divieti, iniziano le persecuzio-ni vere e proprie che culmineranno dal 1944 con le deportazioni. In seguito alle leggi Raz-ziali novantasette ebrei ferraresi vengono

deportati nei campi di sterminio. Di questi, solo cinque riusciranno a fare ritorno. Attualmente la comunità ebraica conta circa ottanta iscritti.

Dopoguerra Questi anni sono allietati dalla nascita dei due figli Paola ed Enrico, nati rispettivamen-te nel ’45 e nel ‘49 Nel 1955 Bassani fonda l’associazione “Italia Nostra”. Nel 1956 pubblica le “Cinque storie ferraresi”, una serie di racconti con i quali vinse il premio “Strega”, uno di questi è de-dicato alla sinagoga di via Mazzini. Al 1958 risale la pubblicazione degli “Gli oc-chiali d’oro” in cui affronta il tema della omosessualità quale motivo di emarginazio-ne. Nel 1960 pubblicò “Una notte del ‘43” e Florestano Vancini decise di portarlo sullo schermo con il titolo “La lunga notte del ‘43”. Il massimo successo editoriale lo otten-ne nel 1962 con la pubblicazione del roman-zo di formazione: “Il giardino dei Finzi-Contini”, struggente omaggio alla sua amata Ferrara. Grazie a quest’opera Corso Ercole I d’Este, diviene la strada più popolare, quella che “dritta come una spada” conduce verso casa Finzi-Contini. Nel film si vedono anche le stanze di palazzo Paradiso, sede della bi-blioteca Ariostea, frequentata dal Bassani quando era a Ferrara. Nella biblioteca sono conservate tutte le opere dell’autore nelle varie edizioni e traduzioni. Dalla fine degli anni ’60 pubblica “l’Airone” nel1968, “l’Odore del fieno” nel 1972, “Dentro le mu-ra” nel 1973. Nel 1987 esce “Gli occhiali d’o-ro”, film diretto da Giuliano Montaldo. Muore a Roma il 13 Aprile 2000 dopo un

lungo periodo di malattia, è sepolto a Ferra-

ra nel cimitero ebraico di via delle Vigne.

Qui dove Bassani ha immaginato la tomba

dei Finzi- Contini, il comune di Ferrara ha

voluto ricordarlo con un monumento frutto

della collaborazione fra l’architetto Piero

Sartogo e lo scultore Arnaldo Pomodoro.

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IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI

I l giardino dei Finzi-Contini, è stato

pubblicato nel 1962 e fa parte di quel grande organismo romanzesco al quale Giorgio Bassani lavorò per quarant’anni. Il protagonista di quest’opera vive immerso nell’atmosfera Ferrarese di quel periodo, la vicenda inizia a Cerveteri, città etrusca meta di una scampagnata con gli amici, in una Do-menica di Aprile del 1957. La particolarità del luogo suscita nei prota-gonisti una riflessione sulla morte e il ricor-do di tutte le persone che li hanno lasciati. La domanda di Giannina, la più piccola del gruppo fa scaturire il flusso narrativo che dà vita al romanzo: “Perché le tombe antiche fanno meno malinconia delle tombe nuo-ve?”. Ad aprire la serie di ricordi del prota-gonista fu proprio un cimitero; le immagini di morte hanno un’aria molto drammatica, ma dolcemente malinconica. La tragedia della famiglia dei Finzi-Contini distrutta dalle leggi razziali e dai campi di concentramento, non fa comunque avverti-re a pieno al lettore, se non quasi in punta dei piedi, l’orrore di quel momento storico, ma solamente un amore perduto. Un gruppo di ebrei benestanti, proprio a causa delle leggi razziali, si ritrova ad essere escluso da i circoli sportivi, dalle biblioteche e dai luoghi pubblici; i Finzi-Contini, una del-le famiglie ebree più importanti di Ferrara, alterati da questo avvenimento, decidono di mettere il loro leggendario giardino a dispo-sizione dei ragazzi coetanei dei loro figli Al-berto e Micol. Il giardino diventa” sospeso”, ove lo snobismo dei nobili proprietari vuole cancellare quanto sta avvenendo al dì là del-le mura. Il protagonista, Giorgio, si invaghi-sce di Micol , ma non viene preso in conside-razione poiché, secondo lei , loro due sono troppo simili e non possono davvero amarsi, per lei l’amore è uno sport crudele, fatto per sopraffarsi a vicenda e non risparmiare nes-sun colpo. Forse però Micol ha trovato que-

sto tipo di amore, in un altro ragazzo, Mal-nate, amico di suo fratello e frequentatore del giardino. Il romanzo si conclude con la dolorosa ri-nuncia del protagonista a Micol, che corri-sponde all’entrata vera e propria nella vita; il ragazzo diventa uomo, con tutte le sue sfaccettature belle e brutte, con la consape-volezza che nel giardino di quella prestigiosa famiglia, si fosse creata una atmosfera fiabe-sca che alterava la realtà, la rendeva meno crudele, dando protezione e illusione d’a-more, una realtà che si basava su valori ap-partenenti al passato e che le parole di Mi-col, anche quelle erano ingannevoli . Forse solo un vero bacio avrebbe potuto cambiare l’opinione della ragazza, ma non avrebbe potuto cambiare la storia, né il suo tragico epilogo, il vento della tragedia, che ineso-rabile travolge anche il “giardino”, spazzan-do via cose, vite, sentimenti, rimpianti, che finirebbero nel buco nero dell’oblio, se lo scrittore non lo avesse reso immortale le-gando parole, personaggi, immagini e sto-ria in modo indelebile.

Luna Carpentieri e Veronica Giorgi

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DAL ROMANZO AL FILM

Il giardino dei Finzi-Contini è un romanzo di Giorgio Bassani del 1962 che vinse il premio Viareggio. Dal romanzo è stato tratto il film omoni-mo, diretto da Vittorio De Sica, per il qua-le Bassani scrisse alcuni dialoghi della sceneggiatura. All'uscita del film, lo scrit-tore scoprì modifiche che lo indussero a ritirare la propria firma dalla sceneggiatu-ra, considerando la pellicola un tradimen-to dello spirito del romanzo. Il racconto si svolge nel 1957, quando il protagonista e narratore, durante la visita ad una necro-poli etrusca, rievoca gli anni della giovi-nezza trascorsi a Ferrara. I ricordi ab-bracciano un arco di tempo che va dal 1929 al 1939, anni in cui il protagonista, allora ragazzo, conosce e frequenta la fa-miglia ebrea dell'alta borghesia Finzi-Contini, che abita in un palazzo isolato con un antico giardino circondato da un alto muro di cinta. Alberto e Micòl Finzi-Contini invitano gli amici a giocare a ten-nis nel loro campo dopo che sono stati al-lontanati dai circoli cittadini a causa delle leggi razziali. Si forma così una piccola comunità di giovani di cui fa parte anche il protagonista che trascorrono parte delle loro giornate nel vasto giardino. Durante questo periodo il narratore si innamora, non corrisposto, di Micòl. Il giovane rinuncia dunque a Micòl. Saprà poi ca-sualmente dei suoi incontri notturni con il giovane ingegnere milanese Malnate, anche lui frequentatore del giardino Finzi-Contini. In seguito, nel 1942, Alberto muore d'un male incurabile e nel 1943 Micòl, i genitori e la vecchissima nonna sono deportati nei campi nazisti dove mo-riranno. Anche Malnate, partito con il cor-po di spedizione in Russia, non farà più ritorno.

Valentina Casella, Francesca Ceci, Valeria Magnifico, Martina Paglia, Giulia Vernucci

SCHEDA

TITOLO: Il giardino dei Finzi-Contini ANNO: 1970 REGIA: Vittorio De Sica ATTORI PRINCIPALI: Dominique Sanda, Lino Capolicchio, Fabio Testi GENERE: Drammatico, sentimentale TRAMA: Ferrara, 1938. I Finzi-Contini sono una ricca famiglia dell’altra borghesia ebrea, proprie-tari di una meravigliosa villa con un vasto giardi-no. È proprio nel giardino che i protagonisti si incontrano: Micol Finzi-Contini e Giorgio. Pur-troppo, la differenza di ceto li divide, fino all’e-manazione delle leggi razziali, quando insieme ad altri amici si ritrovano per giocare a tennis. È qui che Giorgio comincia a provare un sentimen-to diverso dalla profonda amicizia che lo lega a Micol e a suo fratello Alberto fin dalla più tenera età. Il problema sono i suoi sentimenti non ri-cambiati dalla ragazza che, dopo essersi laureata a Venezia, respinge defi-nitivamente Giorgio, il quale scopre che Micol ha una relazione segreta con un loro amico, il co-munista Giampiero Mal-nate. La situazione dege-nera: Malnate muore in Russia; Alberto Finzi-Contini (di cui si intuisce l’omosessualità) muore per una malattia e tutta la famiglia Finzi-Contini viene rastrellata e separata e in una scuola, adi-bita a sala d’attesa, Micol e sua nonna incontra-no il padre di Giorgio, che informa la ragazza del-la fuga da Ferrara di Giorgio e della sua famiglia. Il film si conclude con una veduta della città, che esprime speranza. CRITICA: Questo meraviglioso film riesce a spie-gare con una strana tranquillità la passività della borghesia ebrea che, a differenza dei ceti sociali al di sotto di essa, diventarono inerti di fronte al pericolo di una persecuzione. Il film mi è piaciuto molto ma non ho apprezzato molto il personag-gio di Micol, poiché mi è sembrato calcolatore e superficiale.

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Bassani e il cinema

“Il giardino tradito”

I l centenario della nascita di uno dei più gran-

di scrittori Italiani, Giorgio Bassani, è stata

l‘occasione per ripercorrere le complesse e con-

traddittorie relazioni tra letteratura e cinema. Nel

corso degli anni ‘50, lo scrittore collaborò alle

sceneggiature per i film dell’amico Mario Soldati

e di Michelangelo Antonioni, Luigi Zampa, Ales-

sandro Blasetti e Luchino Visconti. Questo è an-

che il periodo di un’intesa collaborazione con

Pierpaolo Pasolini, unito a Bassani da una profon-

da amicizia. Insieme scriveranno sceneggiature e

progetti filmici, che non sempre saranno realizza-

ti. Dall’inizio degli anni ‘60 fu il cinema ad ispi-

rarsi alla densità narrativa della storia di Bassani,

come nel caso di ‘La lunga notte del 43’ (1960),

di Vancini. Giorgio Bassani in un’intervista rac-

contò della strana vicenda legata alla produzione

del film “Il giardino dei Finzi Contini”. Quando la

Documento Film comprò i diritti cinematografici

del film, la casa produttrice e Giorgio Bassani ri-

masero d’accordo su alcuni punti: la collaborazio-

ne dello scrittore nella sceneggiatura e nei dialo-

ghi; il racconto, inoltre, sarebbe stato farcito da

intervalli di varia durata con l’inserimento di sce-

ne (flash) in bianco e nero, per far capire gli avve-

nimenti storici che determinano l’evolversi delle

vicende. Poi però scoprì che i produttori non ri-

spettarono i patti e cambiarono alcune scene deci-

se tra loro, la faccenda continuò per vie legali, il

processo vide Bassani uscirne vincente. Egli ot-

tenne di dissociare il suo nome dalla sceneggiatu-

ra, in quanto il suo “giardino” era stato tradito,

non rispettava né la ricostruzione storica, né lo

spirito dei personaggi e, soprattutto, alcuni fatti

non erano veritieri, come ad esempio il padre di

Bassani deportato insieme ai Finzi Contini.

Alessio Alberico e Damiano Rossi

Quella particolare atmosfera che scaturisce dalle sue opere

Nelle opere e nei film di Bassani abbiamo osservato una grande attenzione ai fatti storici - ripercorsi attra-verso le vicende dei personaggi. Questi si configurano come persone vere, che con le loro esperienze ci fanno comprendere e vedere, con un senso tangibile della real-tà, il mutare delle condizioni storiche, e poi le sofferen-ze, le ingiurie, i soprusi: evocazioni che creano un forte impatto personale, sociale e politico. Questo clima particolare si ritrova in tutte le opere del periodo della guerra, specialmente nel film “Il Giardi-no dei Finzi Contini”, ambientato nel ventennio fasci-sta, che in modo particolare evidenzia le discriminazio-ni successive all’applicazione delle leggi razziali. Un gruppo di giovani spensierati e sportivi si riuniva quo-tidianamente nel giardino della villa Contini, per tra-scorrere insieme il tempo, chiacchierando, confrontando-si, praticando sport come il tennis. Nel giardino tro-vavano ancora un’atmosfera di tranquillità e quiete, quando fuori dalla villa infuriavano terrore e caos - soprattutto per gli ebrei: l’emanazione delle leggi raz-ziali ne aveva provocato l’espulsione e l’emarginazione da tutte le attività economiche e sociali (tra cui la scuola, il lavoro) e l’interdizione da qualsiasi edificio pubblico o privato. Ben presto, anche nel giardino comincia a serpeggiare la paura. Iniziò così, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il periodo più duro: quello della deportazione: la maggior parte della popo-lazione ebraica venne arresta e poi deportata verso i lager oltralpe, che è dire verso la morte. Bassani, nel-le sue opere, cura di restituire attentamente la realtà storica al fine di conservarne la memoria. Lo fa attra-verso personaggi verosimili, non “pupazzi”: persone vere come lui, dapprima emarginate e poi sterminate perché considerate inferiori. Sentiamo, tra le pagine del libro e i fotogrammi del film, la voce di un uomo che non vuole che questa tragedia, penetrata in silenzio nel cuore della moderna Europa, sia dimenticata. Chi dimentica, chi tace, è complice, sembra dirci lo scritto-re.

Alberico, Casella, Giorgi

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CINEMA E

LETTERATURA

I n un convegno tenutosi nell’ottobre del 2008, Bassani esprime la propria opinio-

ne sul rapporto tra cinema e letteratura, spie-gandone le differenze secondo il suo punto di vista. Afferma che il rapporto tra questi due fattori è molto stretto, perché il cinema è nato proprio dal teatro ed esso a sua volta dai ro-manzi storici dell’800. Osserva anche che la letteratura e il cinema hanno due modi com-pletamente differenti di esprimersi: in lettera-tura, come nel teatro, il mezzo più importante è la parola, mentre nel cinema è l’immagine. Allora, si chiede Bassani: “Perché non rico-noscere il cinema proprio come un teatro me-dievale?” Infatti se andiamo a guardare bene la voca-

zione del cine-ma, vediamo che deriva pro-prio dalla lette-ratura. Bassani ha lavorato molti anni per il cinema, col-laborato alla stesura di doz-zine di sceneg-giature anche se in diversi saggi, ammette di non ricor-darne nemme-no uno perché a differenza di un libro una

sceneggiatura è rivista dal regista che la mo-difica e poi non si può più considerare un la-voro proprio. Bassani racconta che quando lui scriveva si impegnava a “tirar fuori” tutto ciò che aveva dentro, per lui scrivere era co-me “accendere una lampadina” in mezzo a tanto indifferenziato “magma interiore”. Bassani si è reso conto proprio grazie alla sua collaborazione con il cinema che lo scrittore non ha altro che le parole e i segni di inter-punzione per esprimersi. Tra il1949 e il 1951 scrisse il racconto “La passeggiata prima di cena”, che alcuni critici considerano tra le sue migliori opere, si vede chiaramente l’in-fluenza cinematografica. Il racconto è am-bientato nell’estate del 1888 e si può notare che il libro è simile ad una macchina fotogra-

fica: all’inizio l’immagine del protagonista è misteriosa, come sfocata, poi man mano che si va avanti nella lettura, il personaggio comin-cia a delinearsi sempre di più, fino alla fine in cui vengono tolti tutti i dubbi ed avviene la sua messa a fuoco. Con tecniche molto simili, o perfino identiche, egli scrisse “Gli occhiali d’oro”, ”Il giardini dei Finzi-Contini” e “Dietro la porta”. Secondo Bassani fra cinema e letteratura si

innalza una barriera discriminante, rappre-

sentata da due mezzi di esprimersi fondamen-

talmente differenti. Quindi secondo lui uno

scrittore non dovrebbe essere chiamato da re-

gista per scrivere una sceneggiatura perché

bisogna utilizzare mezzi differenti tra lettera-

tura e cinema. Solo in questo modo, secondo

lo scrittore Bassani, può funzionare un rap-

porto tra letteratura e cinema.

Donatello Notizie

Periodico della SS 1° GRADO Donatello Via di Grotte Celoni 20 - 00133 Roma

Redazione alunni

Emily Afanase, Alessio Alberico, Gabriele Boezi, Luna Carpentieri, Valentina Casella, Francesca Ceci, Marika Cora’, Valeria Cristofanilli, Alessandra Di Giulio, Chiara Di Mario, Nichol Duro, Sofien El Habti, Francesco Ferrara, Federica Foschi, Veronica Giorgi, Veronica Leonardo, Silvia Luciani, Valeria Magnifico, Sofia Martino, Martina Mosetti, Martina Paglia, Elisa Piccioli Elisa, Giulia Riccardi, Rickman, Sofia, Damiano Rossi, Michela Sassano, Emiliano Scalia, Lorenzo Torre, Giulia Vernucci, Danilo Viscontini.

Redazione Docenti

Marina Zaganelli (responsabile progetto “Memoria”)

Sabrina Carbone, Danilo Colonna, Davide Dionisi, Lucia Viola.