Focus Odio e devozione? Con le “religioni” succede cosìE continua che, priva di appigli nella...

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Focus AREA - Maggio 2011 45 Odio e devozione? Con le “religioni” succede così Ancora oggi, a quasi settant’anni dalla sua fine, il fascismo continua a suscitare odi implacabili negli avversari e inebrianti seduzioni nei suoi epigoni. I motivi di questa peculiarità sono molteplici, non ultimo il carattere sacrale che le ideologie totalitarie, al pari di una religione, hanno assunto agli inizi del XX secolo C’è un altro motivo per cui si continua a fare i conti con le ideologie del Novecento di Paolo Sidoni N elle sue Confessioni di un impoli- tico, scritte durante l’infuriare della Grande guerra, lo scrittore Thomas Mann chiosa l’errore del «libe- ralismo quando crede di poter sceverare la religione dalla politica». E continua che, priva di appigli nella sacralità, «la politica sociale, a lungo andare è impossi- bile, giacché l’uomo è fatto in modo tale che, dopo aver perso ogni religione meta- fisica, traspone il fatto religioso sul piano sociale». Semplice coloritura enfatica scaturita dalla penna di un grande scrittore? Non esattamente. Che, a un certo punto delle vicende umane, le idee politiche abbiano conosciuto una deriva che le ha spinte nell’ambito del trascendente, non fu solo un’impressione delle più sensibili intelli- genze dell’epoca. Anche la storiografia ha, da tempo, iniziato a studiare i fenome- ni totalitari da una prospettiva che si può definire antropologica, partendo cioè dalla natura dell’uomo. Sul fascismo come religione laica, lo storico di scuola defeliciana Emilio Gen- tile ha dedicato alcuni suoi importanti lavori, ravvisando nella Rivoluzione fran- cese le scaturigini delle sacralizzazioni politiche nel mondo moderno. Anziché rimuovere il “sacro” dalla vita sociale e collettiva, come il razionalismo scientista di fine Settecento pretendeva, con il tra- monto dell’egemonia della Chiesa e la laicizzazione della società si è assistito, al contrario, a una trasposizione dell’afflato mistico «dalle religioni tradizionali ai movimenti politici di massa, sia di destra che di sinistra, da cui hanno preso vita nuove religioni secolari». Dai fermenti di fine Settecento, prima di cristallizzarsi nei totalitarismi, questa metamorfosi del sacro ha così attraversa- to le idee nazionali, la mistica politica di Giuseppe Mazzini, il sindacalismo rivo- luzionario di George Sorel e venne razio- nalizzata da Gustave Le Bon che, verso la fine del secolo successivo, seppe cogliere la natura irrazionale e la fonda- mentale importanza delle masse, eterna- mente fanciulle, nello sviluppo e nel con- senso dei nuovi movimenti politici. «Esa- minando da vicino le convinzioni delle folle» scriveva Le Bon, «sia nelle grandi epoche della fede, sia in un’epoca di gran- di rivolgimenti politici […], ci accorgia- mo che esse acquistano sempre una forma speciale, che non saprei meglio definire se non come sentimento religioso». Mussolini, che di Le Bon fu un fer- vente ammiratore e ne mise in pratica le teorie con innegabile abilità, creò un uni- verso di miti, simboli e liturgie, elementi costitutivi di qualsiasi religione, divenuti vigorosi motori dell’azione politica attra- verso i quali il fascismo riuscì a muovere le masse, radicando e consolidando il pro- prio potere in tutto il Paese. Adorazione di un essere considerato superiore, timore del potere che gli viene attribuito, cieca sottomissione ai suoi comandi, acriticità nell’accettazione dei suoi dogmi e irrefre- nabile istinto apostolico nel diffonderli, sono dunque tratti condivisi sia dalla fede religiosa che dai movimenti totalitari. Che sull’altare venga posto un dio invisibile, un idolo di pietra o un’idea politica, al di là delle differenze si ritrova la medesima funzione, i cui impulsi il sociologo Vil- fredo Pareto definì «residui», vale a dire l’insieme degli istinti costantemente pre- senti nella storia dell’umanità. Con la sta- tolatria e la deificazione della nazione, sulla scia del giacobinismo e del mazzi- nianesimo, il fascismo si attribuì in questo modo «la funzione propria della religione, la prerogativa di definire il significato ultimo dell’esistenza», spiega Gentile. Che nei primi decenni del Novecento questi aneliti a una nuova spiritualità fos- sero diffusamente avvertiti, lo conferma- no anche alcuni scritti di Prezzolini e Marinetti. Al primo, che si doleva perché «non possiamo servirci del vecchio mito, e soffriamo che ancora un altro non ci sia», faceva eco qualche anno dopo, in maniera più esplicita, il vate del futurismo che nei suoi diari commentava: «L’uma- nità ha bisogno oggi d’una nuova religio- ne che sintetizzi e organizzi tutte le super- stizioni, tutte le piccole religioni intime, tutti i culti segreti». È ancora Gentile a ipotizzare che il fascismo, in un momento di profonda crisi, riuscì a far riemergere, «come fiumi carsici, antiche correnti mai disseccate di passioni ed entusiasmi messianici». La figura di Mussolini come messia, come uomo del fato e della provvidenza, è d’al- tronde una delle cifre distintive del Ven- tennio, costantemente riscontrabile nei riti, nella pubblicistica e nell’iconografia 36-51 focus:Layout 1 03/05/11 18.03 Pagina 45

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AREA - Maggio 2011 45

Odio e devozione? Con le“religioni” succede cosìAncora oggi, a quasi settant’anni dalla sua fine, il fascismo continua a suscitareodi implacabili negli avversari e inebrianti seduzioni nei suoi epigoni. I motivi diquesta peculiarità sono molteplici, non ultimo il carattere sacrale che le ideologietotalitarie, al pari di una religione, hanno assunto agli inizi del XX secoloC’è un altro motivo per cui si continua a fare i conti con le ideologie del Novecento

di Paolo Sidoni

Nelle sue Confessioni di un impoli-tico, scritte durante l’infuriaredella Grande guerra, lo scrittore

Thomas Mann chiosa l’errore del «libe-ralismo quando crede di poter sceverarela religione dalla politica». E continuache, priva di appigli nella sacralità, «lapolitica sociale, a lungo andare è impossi-bile, giacché l’uomo è fatto in modo taleche, dopo aver perso ogni religione meta-fisica, traspone il fatto religioso sul pianosociale».

Semplice coloritura enfatica scaturitadalla penna di un grande scrittore? Nonesattamente. Che, a un certo punto dellevicende umane, le idee politiche abbianoconosciuto una deriva che le ha spintenell’ambito del trascendente, non fu soloun’impressione delle più sensibili intelli-genze dell’epoca. Anche la storiografiaha, da tempo, iniziato a studiare i fenome-ni totalitari da una prospettiva che si puòdefinire antropologica, partendo cioèdalla natura dell’uomo.

Sul fascismo come religione laica, lostorico di scuola defeliciana Emilio Gen-tile ha dedicato alcuni suoi importantilavori, ravvisando nella Rivoluzione fran-cese le scaturigini delle sacralizzazionipolitiche nel mondo moderno. Anzichérimuovere il “sacro” dalla vita sociale ecollettiva, come il razionalismo scientistadi fine Settecento pretendeva, con il tra-monto dell’egemonia della Chiesa e lalaicizzazione della società si è assistito, alcontrario, a una trasposizione dell’afflato

mistico «dalle religioni tradizionali aimovimenti politici di massa, sia di destrache di sinistra, da cui hanno preso vitanuove religioni secolari».

Dai fermenti di fine Settecento, primadi cristallizzarsi nei totalitarismi, questametamorfosi del sacro ha così attraversa-to le idee nazionali, la mistica politica diGiuseppe Mazzini, il sindacalismo rivo-luzionario di George Sorel e venne razio-nalizzata da Gustave Le Bon che, versola fine del secolo successivo, seppecogliere la natura irrazionale e la fonda-mentale importanza delle masse, eterna-mente fanciulle, nello sviluppo e nel con-senso dei nuovi movimenti politici. «Esa-minando da vicino le convinzioni dellefolle» scriveva Le Bon, «sia nelle grandiepoche della fede, sia in un’epoca di gran-di rivolgimenti politici […], ci accorgia-mo che esse acquistano sempre una formaspeciale, che non saprei meglio definirese non come sentimento religioso».

Mussolini, che di Le Bon fu un fer-vente ammiratore e ne mise in pratica leteorie con innegabile abilità, creò un uni-verso di miti, simboli e liturgie, elementicostitutivi di qualsiasi religione, divenutivigorosi motori dell’azione politica attra-verso i quali il fascismo riuscì a muoverele masse, radicando e consolidando il pro-prio potere in tutto il Paese. Adorazionedi un essere considerato superiore, timoredel potere che gli viene attribuito, ciecasottomissione ai suoi comandi, acriticitànell’accettazione dei suoi dogmi e irrefre-nabile istinto apostolico nel diffonderli,sono dunque tratti condivisi sia dalla fede

religiosa che dai movimenti totalitari. Chesull’altare venga posto un dio invisibile,un idolo di pietra o un’idea politica, al dilà delle differenze si ritrova la medesimafunzione, i cui impulsi il sociologo Vil-fredo Pareto definì «residui», vale a direl’insieme degli istinti costantemente pre-senti nella storia dell’umanità. Con la sta-tolatria e la deificazione della nazione,sulla scia del giacobinismo e del mazzi-nianesimo, il fascismo si attribuì in questomodo «la funzione propria della religione,la prerogativa di definire il significatoultimo dell’esistenza», spiega Gentile.

Che nei primi decenni del Novecentoquesti aneliti a una nuova spiritualità fos-sero diffusamente avvertiti, lo conferma-no anche alcuni scritti di Prezzolini eMarinetti. Al primo, che si doleva perché«non possiamo servirci del vecchio mito,e soffriamo che ancora un altro non cisia», faceva eco qualche anno dopo, inmaniera più esplicita, il vate del futurismoche nei suoi diari commentava: «L’uma-nità ha bisogno oggi d’una nuova religio-ne che sintetizzi e organizzi tutte le super-stizioni, tutte le piccole religioni intime,tutti i culti segreti».

È ancora Gentile a ipotizzare che ilfascismo, in un momento di profondacrisi, riuscì a far riemergere, «come fiumicarsici, antiche correnti mai disseccate dipassioni ed entusiasmi messianici». Lafigura di Mussolini come messia, comeuomo del fato e della provvidenza, è d’al-tronde una delle cifre distintive del Ven-tennio, costantemente riscontrabile neiriti, nella pubblicistica e nell’iconografia

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del regime, producendo, insieme a tutti glialtri strumenti atti a conquistare il consen-so delle masse, uno stato di irrazionaleesaltazione e di permanente entusiasmocollettivo, in grado di trasformare unafolla d’occasione in massa liturgica. NellaDottrina del fascismo, lo stesso Mussoli-ni sentenziò apertamente che il «fascismoè una concezione religiosa della vita, incui l’uomo è veduto nel suo immanenterapporto con una legge superiore, con unavolontà obiettiva, che trascende l’indivi-duo particolare e lo eleva a membro con-sapevole di una società spirituale». Daquesto presupposto, giungere a considera-re la militanza politica sacrificio e dedi-zione a un “ordine religioso e militare”, ilpasso fu inevitabilmente breve. Non acaso, uno dei numerosi fogli che veniva-no pubblicati durante il regime portaval’indicativo titolo di Santa Milizia.

La trasformazione in termini epico-religiosi di tutte le vicende politiche delfascismo, aiutò senza dubbio ad amman-tare di un’aura sacrale lo Stato, la nazionee il loro capo. Se i credenti-combattenti incamicia nera si fossero, solo un istante,soffermati a considerare la fragilità del-l’idea, ampiamente diffusa non solo in

Italia, della palingenesi rivoluzionaria - lacollettiva redenzione morale e socialeattraverso la violenza rigeneratrice e ilsacrificio della vita - si sarebbero proba-bilmente genuflessi all’altare del littoriocon minor foga, e con minore convinzio-ne avrebbero ritenuto possibile che da unlavacro di sangue venisse partoritol’“uomo nuovo”. Ma un mito penetra nel-l’animo umano più in profondità di un sil-logismo che, se idoneo a convincere, ètuttavia incapace di rapire i cuori.

Alla tradizione cristiana il fascismos’ispirò abbondantemente, cercando disostituire la dedizione al Dio della Bibbiacon l’abnegazione nei confronti dellanazione e dello Stato, che ora assumevaesplicitamente quella funzione pedagogi-ca prima appannaggio monopolisticodella Chiesa. Insieme al termine di “resur-rezione”, anche il vocabolo tipicamentereligioso di “redenzione” venne abbon-dantemente utilizzato dal regime: riferitonon solamente alle persone, ma alla patriastessa, seguendo in questo caso la conno-tazione che già aveva assunto con laGrande guerra. Attraverso la suggestionedell’analogia, le metafore cristologichepermisero al regime di ottenere, da parte

di un popolo nella maggioranza cattolico,la devozione al suo culto politico e allasua ideologia intesa come missione salvi-fica. Nel regolamento della Milizia fasci-sta, vero e proprio catechismo politico, siinsegnava che nel nome del littorio ilmilitante «fascista deve servire l’Italia inpurità con lo spirito pervaso da un profon-do misticismo».

Nel suo periodo socialista, Mussoliniscrisse lucidamente dalle colonne deL’Avanti che «è la fede che muove lemontagne perché dà l’illusione che lemontagne si muovano. L’illusione è,forse, l’unica realtà della vita». Se nellacomprensione del fenomeno storico delfascismo e negli sviluppi che conobbedopo la sua caduta, si escludessero quin-di tutte quelle concause irrazionali che lodeterminarono e ne costituirono il suc-cesso, sarebbero impossibili da compren-dere il vastissimo consenso che riuscì aconseguire e la fascinazione che, ancoraoggi, trasmessa dalle vecchie alle nuovegenerazioni, è in grado di suscitare. E, dicontro, gli odi implacabili di chi quella“religione politica” avversò con altrettan-ta fede.

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› Dall’alto, insenso orario,Mussolini,Marinetti, Mazzini, Mann, Prezzolini, Le Bon, Pareto e Sorel

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