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LIBRI Nuova Umanità XXII (2000/2) 128, 317-332 FLORENSKIJ E L’ONTOLOGIA TRINITARIA Un importante saggio di L’ubomír ák 1. Già più di ottant’anni fa, Sergej Bulgakov, il maggiore, forse, tra i teologi ortodossi del nostro secolo, così si esprimeva a proposito di colui che fu suo grande amico e sotto alcuni aspetti anche maestro, nonostante la sua più giovane età, Pavel Floren- skij: «È un uomo assolutamente unico nel suo genere, così che non so persino quale sentimento nutro per lui: amore, o piuttosto una stima che sconfina nell’incredulità. Egli va senz’altro annove- rato tra gli uomini di cui si occuperà la storia» (p. 35) 1 . Bulgakov vedeva giusto. Man mano che il tempo passa, la figura e il pensie- ro di Florenskij assumono il rilievo che loro spetta, un rilievo a tutto tondo, e per tanti versi profetico. La poliedricità del suo ge- nio – fu matematico e fisico, filologo e storico delle religioni, poeta ed esperto d’arte, in particolare d’iconografia, filosofo e teologo – l’ha fatto paragonare a Leonardo da Vinci e a Pascal. Ma egli offre qualcosa in più, rispetto ad entrambi: un progetto, pensato e vissuto, di cultura integrale e innovativa, capace d’in- tercettare i segni dei tempi perché illuminato dal mistero antico e sempre nuovo dell’Agape trinitaria. La ricerca filosofica e teologica in lingua italiana è stata tra le prime a intuire la decisività della lezione di Florenskij e a riser- varle un crescente spazio d’approfondimento. Ne è testimonian- za di primo livello la recente monografia di un giovane teologo slovacco, L’ubomír ák, dal titolo Verità come ethos. La teodicea 1 Salvo diversa indicazione, il numero delle pagine segnalate tra parentesi si riferisce all’opera di L. ák di cui nella nota successiva.

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LIBRI Nuova UmanitàXXII (2000/2) 128, 317-332

FLORENSKIJ E L’ONTOLOGIA TRINITARIAUn importante saggio di L’ubomír ••ák

1. Già più di ottant’anni fa, Sergej Bulgakov, il maggiore,forse, tra i teologi ortodossi del nostro secolo, così si esprimeva aproposito di colui che fu suo grande amico e sotto alcuni aspettianche maestro, nonostante la sua più giovane età, Pavel Floren-skij: «È un uomo assolutamente unico nel suo genere, così chenon so persino quale sentimento nutro per lui: amore, o piuttostouna stima che sconfina nell’incredulità. Egli va senz’altro annove-rato tra gli uomini di cui si occuperà la storia» (p. 35) 1. Bulgakovvedeva giusto. Man mano che il tempo passa, la figura e il pensie-ro di Florenskij assumono il rilievo che loro spetta, un rilievo atutto tondo, e per tanti versi profetico. La poliedricità del suo ge-nio – fu matematico e fisico, filologo e storico delle religioni,poeta ed esperto d’arte, in particolare d’iconografia, filosofo eteologo – l’ha fatto paragonare a Leonardo da Vinci e a Pascal.Ma egli offre qualcosa in più, rispetto ad entrambi: un progetto,pensato e vissuto, di cultura integrale e innovativa, capace d’in-tercettare i segni dei tempi perché illuminato dal mistero antico esempre nuovo dell’Agape trinitaria.

La ricerca filosofica e teologica in lingua italiana è stata trale prime a intuire la decisività della lezione di Florenskij e a riser-varle un crescente spazio d’approfondimento. Ne è testimonian-za di primo livello la recente monografia di un giovane teologoslovacco, L’ubomír •ák, dal titolo Verità come ethos. La teodicea

1 Salvo diversa indicazione, il numero delle pagine segnalate tra parentesisi riferisce all’opera di L. •ák di cui nella nota successiva.

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trinitaria di P. A. Florenskij 2, che si concentra sul “primo Floren-skij” (1900-1917). Su di essa vorrei in questa sede soffermarmi,non tanto per illustrarne e discuterne in dettaglio i molteplici estimolanti contenuti, quanto piuttosto per evidenziarne l’intui-zione di fondo e il contributo nella direzione di una nuova espe-rienza del pensare a partire dall’originalità dell’evento di GesùCristo. Ma a tal fine val forse la pena iniziare tratteggiando ilcontesto entro il quale l’opera di •ák prende rilievo e significato.

Essa, intanto, tien dietro, a distanza di circa un anno, a quel-la, di taglio più squisitamente filosofico, di Natalino Valentini: LaSapienza dell’amore. Teologia della bellezza e linguaggio della veri-tà 3, che affronta il pensiero del grande genio russo sotto l’angola-tura della religioznaja filosofija, creazione tipica e originale dellacosiddetta “età d’argento” del pensiero russo. Un’opera, quella diValentini, anch’essa di gran pregio. Il lavoro di •ák, inoltre, è sta-to seguito a ruota dal saggio di un altro giovane filosofo, GrazianoLingua: Oltre l’illusione dell’Occidente. P.A. Florenskij e i fonda-menti della filosofia russa 4, che privilegia l’approccio epistemolo-gico e s’addentra, in particolare, con pertinenza e originalità, nel“secondo Florenskij”. A ciò si aggiunga il buon numero di testiflorenskijani pubblicati o in via di pubblicazione in lingua italiana5, di cui danno conto le accurate bibliografie di e sul nostro Auto-re contenute in ciascuna di queste opere. Tanto che viene da chie-dersi quali possano essere i motivi di questo cospicuo contributoche la teologia e la filosofia in Italia sta offrendo alla Florenskij-Renaissance: di recente, il teologo romeno Ioan I. Ica, discepolo

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2 Città Nuova, Roma 1998: «Collana di Teologia»; prefazione di B. Petrà.3 Edizione Dehoniane, Bologna 1997: «Collana Nuovi Saggi Teologici»,

41; prefazione di N. Kauchtschischwili. Su tematica affine, sempre di Valentini,si veda anche il saggio Memoria e Risurrezione in P. Florenskij e S. Bulgakov, Paz-zini ed., Verucchio 1996.

4 S. Zamorani ed., Torino 1999: «Quaderni del Centro Studi Marcoval-do», 2; prefazione di N. Bosco. Lingua ha anche curato la raccolta Icona e avan-guardie. Percorsi dell’immagine in Russia, S. Zamorani ed., Torino 1999.

5 Mi limito a segnalare la raccolta curata e introdotta da N. Valentini e L.•ák: Il cuore cherubico. Scritti teologici e mistici, tr. di R. Zugan, Piemme, CasaleMonferrato 1999; Collana «L’Anima del mondo», 25. Curata da •ák è in corsodi pubblicazione un’altra scelta di testi florenskijani nella Collana «Scrittori diDio» della San Paolo.

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di uno dei più eminenti teologi ortodossi del secondo dopoguer-ra, D. Staniloae, mi faceva notare che i tre saggi prima citati deb-bono considerarsi senz’altro all’avanguardia, in Europa, negli stu-di su Florenskij. Una renaissance, in ogni caso, che mostra di ave-re tutte le caratteristiche di un evento culturale e spirituale di ri-lievo, alle soglie del terzo millennio. Non è di poco conto, adesempio, che Giovanni Paolo II, nella Fides et ratio (n. 74), indi-chi esplicitamente anche Pavel Florenskij tra quei pensatori chehanno condotto una “ricerca coraggiosa” indirizzata a un fecondoincontro tra filosofia e Parola di Dio, addittandolo a modello edesempio di un pensare che attinge con fiducia e coerenza alle sor-genti della fede cristiana.

Tra i motivi di cui sopra, c’è senza dubbio da segnalare ilfatto che la prima lingua in cui è stata tradotta l’opera maggioredel geniale pensatore russo, La colonna e il fondamento della veri-tà, è stata l’italiano, nell’edizione che vide la luce nel 1974 (e cherecentemente è stata ristampata) curata da E. Zolla 6; il quale, nel1977, curò in aggiunta l’edizione di un altro significativo saggiodi Florenskij, vera pietra miliare nello studio teologico dell’icona:Le porte regali 7. Così che già nel 1988 si poteva svolgere a Berga-mo il primo Convegno Internazionale di studi florenskijani idea-to e organizzato da Nina Kauschtschiscwili 8, che con appassiona-ta determinazione in tutti questi anni ha diffuso e interpretato,soprattutto sotto il profilo estetico, l’opera di Florenskji in Italia.Ma bisogna anche ricordare l’impegno pionieristico profuso dap. T. fipidlík al Pontificio Istituto Orientale di Roma, un impegnoche ha ricevuto un significativo riconoscimento, nel dicembre1999, in occasione degli ottant’anni dell’illustre studioso 9, e lacui preziosa eredità è raccolta, ormai da un decennio, dal Centro

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6 Tr. it. di P. Modesto, Rusconi, Milano 1974, 19982.7 Adelphi, Milano 1977.8 AA.VV., P.A. Florenskij i kult’ura ego vremeni [P.A. Florenskij e la cultu-

ra del suo tempo], a cura di M. Hagemeister e N. Kauchtschiswili, Blaue HörnerVerlag, Marburg 1995. Da ricordare anche l’introduzione di M.G. Valenziano,Florenskij. La luce della verità, Studium, Roma 1986.

9 Cf. il volume che onora l’anniversario: T. fipidlík ed altri, A due polmoni.Dalla memoria spirituale d’Europa, Lipa, Roma 1999.

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Aletti e dall’Editrice Lipa, animati da p. M. Rupnik; così come glistudi sulla filosofia religiosa russa promossi, tra i primi, nella Fa-coltà di Filosofia dell’Università di Torino, già a partire dagli anni’70, dalla prof.ssa N. Bosco: è in questo contesto, ad esempio, ches’inserisce il ricordato saggio di G. Lingua; e, presso l’Istituto discienze religiose dell’Università di Urbino, da I. Mancini, alla cuimemoria non a caso è dedicato il volume di N. Valentini. Anchele pubblicazioni di autori russi presso le editrici Jaca Book e LaCasa di Matriona, per impulso dell’instancabile R. Scalfi di RussiaCristiana, hanno validamente tenuto vivo e alimentato questo in-teresse. Né bisogna infine dimenticare l’interesse mostrato perFlorenskij da M. Cacciari a partire dal suo Icone della legge 10.

L’opera di •ák, che senza dubbio beneficia di tale vivace hu-mus culturale e filosofico, ha la peculiarità di muoversi entro unorizzonte teologico, anche se finemente attento alle implicazionimetafisiche dell’esperienza di fede. Ha visto la luce, infatti, cometesi di dottorato sotto la guida del prof. B. Petrà (il maggioreesperto, in Italia, di etica ortodossa) 11, presentata all’Istituto Su-periore di Teologia morale Accademia Alfonsiana di Roma, incor-porata all’Università Lateranense, testimoniando ancora una voltadella qualità di una scuola teologica che, secondo la lezione disant’Alfonso Maria de’ Liguori, è caratterizzata da un’integraleimmersione nell’originalità dell’evento cristiano e, proprio perquesto, da una ricca apertura all’orizzonte intero dell’uomo e allanovità dei segni dei tempi. E ha trovato la sua collocazione nellacollana di Teologia dell’editrice Città Nuova, che da circa un ven-tennio, in aderenza al carisma dell’unità che ispira il Movimentodei Focolari, privilegia la pubblicazione di opere di singoli autorie collettanee che, in dialogo col pensiero moderno e contempora-neo e con un convinto respiro ecumenico, s’impegnano a focaliz-zare, a partire dalla centralità dell’evento pasquale di Gesù Cristo,

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10 Adelphi, Milano 1985, 173ss.11 Richiamandosi, tra l’altro, ad alcuni suggerimenti proposti da I. Manci-

ni, B. Petrà è stato probabilmente il primo, in Italia, ad attirare l’attenzione sullaricchezza e novità del pensiero di Florenskij in riferimento alla questione etica;cf., ad esempio, il suo Etica e vita spirituale nell’ortodossia. In dialogo con I. Man-cini e T. Goffi, in «Rivista di Teologia morale», 1989/83, pp. 61-75.

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quella Luce trinitaria che, dischiudendo il mistero di Dio, s’irra-dia sulla persona umana, sulla vita sociale, sul destino del cosmo.La ricerca di •ák, infatti, è nata e si è sviluppata precisamente inquesto ambiente spirituale e culturale, ad esso offrendo al tempospesso un prezioso stimolo e un ulteriore orizzonte di incontro edi verifica. Vorrei in proposito ricordare come fu proprio nel ce-nacolo che, a partire dalla fine degli anni ’70, si venne a costituireattorno alla rivista «Nuova Umanità», che, grazie in particolare al-le intuizioni e alla curiosità intellettuale di G.M. Zanghí, si eviden-ziarono le suggestioni preziose del pensiero di Florenskij in ordi-ne a un rinnovamento dell’ontologia in prospettiva trinitaria 12: lenote tesi programmatiche di K. Hemmerle – non bisogna dimen-ticarlo – erano apparse in Germania nel 1976 13 ed erano state tra-dotte in Italia dieci anni dopo, nel 1986, inaugurando così la nuo-va collana «Contributi di teologia» 14. Tanto che per un po’, spin-to in ciò sia da G.M. Zanghí sia dal prof. K. Skalicky della Latera-nense, accarezzai il progetto di un saggio di confronto teoreticotra la dialettica hegeliana e il pensare trinitario di Florenskij, cheinvece si concretizzò nella sola analisi dell’ermeneutica hegelianadella Trinità per poi concentrarsi sulla teologia trinitaria e sullasofiologia di S. Bulgakov.

È con la più viva soddisfazione, dunque, che viene sponta-neo salutare il volume di •ák, anche perché testimonia della pre-senza sempre più viva e qualificata, nei centri accademici romani,di una giovane e assai promettente leva di studenti e studiosi che,provenendo numerosi dalle Chiese dell’Europa centro-orientale,dopo il crollo dei muri dell’89, stanno offrendo – e, ne sono con-

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12 In un articolo a carattere programmatico apparso già nel primo anno divita della rivista «Identità e dialogo» (n. 4-5 del 1979, pp. 7-22), Zanghí sottoli-neava «l’estremo interesse» delle riflessioni di Florenskij «per il superamento diuna logica duale in una logica “trinitaria”» (21, nota 5).

13 K. Hemmerle, Thesen zu einer trinitarischen Ontologie, Johannes Ver-lag, Einsiedeln 1976.

14 K. Hemmerle, Tesi di ontologia trinitaria. Per un rinnovamento della fi-losofia cristiana, Città Nuova, Roma 1986; la 2a ed. del 1996 ha opportunamentemodificato il sottotitolo in Per un rinnovamento del pensiero cristiano e contem-pla, oltre a un’introduzione, anche la traduzione del saggio Das unterscheidendEine. Bemerkungen zum christlichen Verständnis der Einheit (1994).

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vinto, sempre più offriranno – un insostituibile contributo al rin-novamento della teologia e della vita ecclesiale nella direzione diquel respirare coi e dai “due polmoni”, di cui tante volte, sin da-gli inizi del suo pontificato, s’è fatto interprete e propugnatoreGiovanni Paolo II.

2. Ma veniamo alla nostra opera. Anche da un primo esamerisulta evidente che si tratta di un contributo scientifico di pri-missimo ordine, non solo per ciò che concerne la ricerca floren-skiana, ma anche per il dialogo tra teologia orientale e teologiaoccidentale, tra teologia e filosofia e, più in generale ancora, co-me già accennato, per la delineazione di quel “nuovo pensare” o,meglio ancora, di quella “nuova Weltanschauung integrale”, cuiFlorenskij ha consacrato tutte le sue energie, sigillando la sua in-tensa avventura umana col dono della vita. Egli, infatti, come no-to, è morto martire della verità cristiana nel 1937, nei pressi diSan Pietroburgo, dopo dieci anni di reclusione in vari lager. Inquesta stessa direzione d’interesse e approfondimento, vanno vi-sti e letti anche due precedenti saggi del nostro giovane teologo:P.A. Florenskij: progetto e testimonianza di una gnoseologia trini-taria 15 e Verso un’ontologia trinitaria 16.

Dal punto di vista metodologico, sottolineerei in quest’ultimaampia ricerca, in primo luogo, l’accurata e pressoché esaustiva do-cumentazione di prima mano, attraverso cui •ák contestualizza ericostruisce la genesi, le tappe e la configurazione del percorso diFlorenskij, mettendo a frutto le consultazioni da lui effettuate

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15 Il bel saggio è contenuto in La Trinità e il pensare, P. Coda - A. Tapkenedd., Città Nuova, Roma 1997, pp. 193-228.

16 Si tratta della preziosa introduzione ai saggi contenuti nel volume Abi-tando la Trinità. Per un rinnovamento dell’ontologia, P. Coda - L. •ák (edd.), Cit-tà Nuova 1998, pp. 5-25. Da segnalare tre altri contributi di •ák che approfon-discono altrettanti temi centrali del pensiero di Florenskij (quello pneumatologi-co, quello kenotico e quello concernente la realtà del tempo): Spirito Santo enuova creazione nella moderna teologia ortodossa. La testimonianza di P.A. Flo-renskij, in «Filosofia e Teologia», 12 (1998), n. 3, pp. 510-526; L’interpretazionedi Fil 2, 6-8 e la concezione della kenosis nell’opera di P.A. Florenskij, in Dummo-do Christus annuntietur. Studi in onore del prof. J. Heriban, A. Strus - R. Blat-nicky edd., LAS, Roma 1998, pp. 349-371; Il mistero del tempo come «quarta di-mensione» in P. A. Florenskij, in «Filosofia e Teologia», 1/2000, pp. 47-62.

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presso l’Archivio Florenskij e i contatti e i dialoghi, a Mosca e aSergiev Posad (dove si trova la casa di Florenskij), con A. Truba-cev, nipote di Florenskij, con la prof.ssa E.V. Ivanova, storica dellaletteratura russa ed esperta conoscitrice del pensiero florenskija-no, e il matematico e filosofo S.M. Polovinkin. Ne dà prova, inspecial modo, la prima parte del lavoro, Introduzione allo studio diP.A. Florenskij, che dopo aver premesso alcune note di metodo,insieme a un’accurata storia della contrastata recezione del pen-siero florenskijano e al resoconto delle riflessioni offerte dallostesso Florenskij a proposito della sua opera (pp. 29-65), procedea delineare, nei primi due capitoli (rispettivamente, pp. 67-131 e132-202), le grandi tappe del suo itinerario esistenziale e intellet-tuale (peraltro inestricabilmente intrecciati): la Weltanschauungdell’infanzia, la crisi nell’incontro con la visione scientifica del rea-le e soprattutto con la sua interpretazione ideologica nella pro-spettiva del positivismo di fine ’800 inizio ’900, il ritorno alla “mi-stica” dell’infanzia con la ricerca di «nuove categorie del pensieroe della vita», che matura progressivamente nell’incontro coi mae-stri della matematica moderna (Bugaev e Cantor), con quelli – traloro contrapposti – della filosofia occidentale (Platone e Kant), einfine con A. Belyj e l’avanguardia artistica dei simbolisti, per ap-prodare infine alla gioiosa «scoperta della Chiesa» quale «spaziovitale di una Weltanschauung trinitaria». In ciò, •ák non fa che se-guire con perizia le indicazioni offerte da Florenskij stesso che,negli anni della crescente aggressione nei confronti della sua ope-ra e della sua persona da parte del regime sovietico, decise distendere il ricordo dei suoi anni d’infanzia e giovinezza, per con-segnare ai propri figli e a chi avesse voluto proseguire la sua ricer-ca, intuendo ormai vicino il tragico epilogo della sua vicenda, lechiavi che aprono la comprensione della sua vita e del suo pensie-ro. Già solo questa aderente e godibilissima ricostruzione collocail nostro lavoro tra le cose più importanti, e d’ora innannzi addi-rittura indispensabili, per l’accesso e il prosieguo della ricerca flo-renskiana.

Non si può poi non rilevare, in secondo luogo, la finezza er-meneutica con cui l’affascinante e straordinariamente ricca vicen-da di Florenskij ci è presentata – direi – quasi dal vivo. Obiettivo

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prioritario di •ák, infatti, è quello di offrire «gli elementi neces-sari per una comprensione dell’opera di Florenskij coerente conle intenzioni che ne alimentarono il fuoco creativo». Un obiettivoche, perseguito con tenacia e intuito, è senz’altro coronato dasuccesso. In particolare, l’intenzione espressa nel prologo – «farnostra la logica che anima il pensiero di Florenskij» per «ascolta-re il brusio di quella fonte originale da cui è stata plasmata, gesti-ta e penetrata ogni idea e l’intera struttura del suo pensiero» (p.25) – è pienamente realizzata. Florenskij ha trovato un interpretesecondo il suo cuore e secondo la sua mente. «Comprendere l’a-nima altrui – egli diceva – significa incarnarsi in lui» (p. 26).

3. Si giunge così alla seconda parte, teoreticamente più impe-gnativa e originale, dell’indagine, la quale, pur corposa e densa, sipresenta anch’essa cristallina nel dettato e avvincente nel pensiero:Verità dell’ethos. Il profilo etico della teodicea. È qui che si delineal’opus florenskijano nel suo inimitabile slancio costruttivo. Dopoaver richiamato l’ispirazione sorgiva del progetto di Weltan-schauung integrale che Florenskij ha faticosamente cercato e felice-mente intuito nella giovinezza e che ora, nella maturità spirituale eintellettuale, si dà a realizzare, •ák rinviene e mostra acutamentel’articolazione che, secondo l’espressa volontà del nostro Autore,deve strutturare e interiormente ritmare il suo nuovo pensare: la“teodicea” o salita dell’uomo a Dio o metafisica dell’amore trinita-rio; e l’“antropodicea” o discesa di Dio all’uomo o metafisica con-creta dell’agire (cf. pp. 195-202). Si tratta, come facilmente si puòarguire, di un’articolazione epistemologica tra teologia e filosofia,ortodossia e ortoprassi di grande interesse e perdurante attualità eche, proprio per questo, resta ancora in gran parte da sondare nel-le sue riposte virtualità. Anche perché essa è volta programmatica-mente a superare in positivo, a partire dal centro della rivelazionecristologica, la “scissione” tutta moderna tra trascendente e imma-nente, intelligibile ed empirico: in una parola, tra scienza e filosofiamoderna, da un lato, e fede cristiana, dall’altro.

Di qui, si snoda il contenuto dei capitoli terzo e quarto dellaricerca di •ák: La Verità come Trinità (pp. 224-297) e L’ethos del-la Verità (pp. 298-466). Leggendo queste pagine, per la genialità

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propria del nostro Autore ma allo stesso tempo per l’intelligenzad’amore di chi gli dà parola, si fa un’esperienza autentica di Lucee di Vita, di Verità e di Amore, che lascia un’impronta duratura.Il vigore speculativo e la fedeltà analitica ai testi e alle questionivia via esaminati si coniugano, con naturalezza, con una sinceravena di contemplazione spirituale, secondo la più genuina tradi-zione della teologia orientale. «La vita – costatava nel 1906 Flo-renskij – scorre fuori della nostra dottrina di fede e i nostri dog-mi sono fuori della vita... Nella nostra dogmatica non vi è Dio»(p. 474). In queste pagine, si ascolta invece – proprio come ago-gnava Florenskij – la vita che scorre nell’intelligenza della fede eil pensare che accade, sempre nuovo, vera dimora dell’Essere, co-me rivelazione di Dio Trinità.

Di tutto ciò è conseguenza e testimonianza, a un tempo, inun retrospettivo sguardo d’insieme, la lineare e convincente strut-tura del lavoro, che si modella sull’articolazione profonda – anchese talvolta implicita o appena abbozzata – del progetto di pensie-ro di Florenskij: col passaggio dalla necessaria e geniale premessaepistemologica costituita dalla “gnoseologia trinitaria”, allo schiz-zo antropologico ed etico, illuminati dal fuoco incrociato di con-templazione (theologhía) trinitaria e di incarnazione e verifica ec-clesiologica. Emerge chiaramente, dall’insieme di queste pagine,che il contributo di Florenskij a un “nuovo pensare” che attualiz-zi oggi, dopo aver attraversato i drammi e le chances della moder-nità, l’originalità dell’evento cristiano è, per molti versi, decisivo.Le incomprensioni e le letture parziali o fuorvianti cui è andatasoggetta la sua eredità intellettuale e spirituale vengono drastica-mente ridimensionate dalla completezza e perspicacia dell’inter-pretazione. La quale non solo coglie il genio ispirativo, il cuorepulsante di questo pensiero, ma ne disegna con maestria e ne ri-tesse con paziente aderenza il filo d’oro d’esecuzione, ricostruen-dolo anche là dov’è stato interrotto, e sa allo stesso tempo deli-neare i singoli apporti originali, e non di rado imprevisti, offertida Florenskij a non pochi e non piccoli temi della filosofia e dellateologia. Molte sezioni della ricerca, che affrontano con attentaprecisione e con lucida passione talune di queste importanti te-matiche, costituiscono in effetti delle vere e proprie piccole mo-

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nografie, che già da sé sole meritano tutta la nostra attenzione e ilnostro plauso. Penso – per non fare che qualche esempio – allepagine d’interesse epistemologico dedicate, in dialogo con la ma-tematica, alla “teoria dell’infinito” e alle sue ripercussioni sulla lo-gica del pensare umano qua talis, chiamato a com-prendere l’infi-nito nelle condizioni della finitezza (pp. 150-161), o al tema tipi-camente ortodosso, ma anche originalmente florenskijano, del-l’antinomia come struttura onto-logica del reale e del pensare nel-la loro intima e dinamica connessione trinitaria (pp. 224-250); o aquelle dedicate, nella specifica prospettiva dell’ontologia trinita-ria, a uno dei vertici più innovativi e fecondi del pensiero di Flo-renskij, quand’egli affronta il tema decisivo – dal punto di vistadella fedeltà/fecondità alla e della rivelazione cristiana – della«Verità come Unità tri-ipostatica» (pp. 251-297), o alla non facile,ma in ogni caso affascinante e promettente, visione della “Sofia”,dove Florenskij riprende l’ispirazione visionaria e speculativa diV. Solov’ëv e prepara il terreno alla teologia più sistematica di S.Bulgakov (pp. 299-310); o ancora a quelle, antropologicamentedense di significato, «consacrate in ambito più teologico alla Chie-sa come luogo della divinizzazione» (pp. 391-417), e al rapportointenso e ricco di misticismo tra “agápe e philía” (pp. 417-437).

Senza entrare qui nel merito delle implicazioni del pensierodi Florenskij per quanto concerne la riflessione teologico-morale– un campo sul quale si sofferma con cura l’attenzione di •ák inquesta seconda parte –, mi limito a osservare che da questo lavoros’intuiscono con fondatezza, e s’intravedono già decisamente ab-bozzate, alcune linee che mostrano come l’uscita da molte impas-ses in cui versa la teologia morale oggi – si pensi a quanto espressoin proposito dalla Veritatis splendor di Giovanni Paolo II –, nonpossa che venire da una rinnovata immersione del pensiero e del-l’esistenza nel ritmo dell’ontologia trinitaria, che Florenskij profe-ticamente dischiude 17. D’altra parte, come abbiamo anticipato, la

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17 Si veda, in proposito, il saggio recentemente dedicato da •ák a questotema: La fede come «atto trinitario». Alcune riflessioni in prospettiva teologico-morale, in La fede. Evento e promessa, P. Coda - C. Hennecke (edd.), Città Nuo-va, Roma 2000.

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ricerca di •ák concerne soltanto il primo movimento previsto daFlorenskij nel tracciare lo sviluppo del suo progetto: la teodicea.Questo lavoro, pertanto, ne promette e direi quasi ne esige – cel’auguriamo vivamente – un altro che, tematizzando il secondomovimento dell’opus florenskijano, l’antropodicea, completi il dit-tico e affronti expressis verbis i temi antropologico-etici in chiavesimbolica, abbozzati nella seconda parte del presente saggio.

In definitiva, come •ák giustamente nota in sede di conclu-sione generale, «Florenskij è uno dei primi ad aver intuito l’impor-tanza di concepire la teologia in corrispondenza con il contenutocentrale della rivelazione – il mistero della SS.ma Trinità (…) –, maanche con la dinamica del dispiegarsi della Verità nella storia. Unadinamica che, come tale, richiama il contenuto della rivelazione, losvela, lo illumina e lo testimonia, e che trova la sua concretizzazio-ne escatologica in Gesù crocifisso, nella cui persona il contenutodella Verità e il modo del Suo rivelarsi (l’evento della Sua autoco-municazione) – che consiste nel rinnegamento di sé, nel dare la vi-ta per gli altri – sono tutt’uno» (p. 475). È da quest’originale ap-proccio che scaturisce l’apporto specifico che – a parere di •ák – ilprimo Florenskij offre all’elaborazione di un’ontologia trinitaria:partire dalla domanda sull’Essere trinitario del Soggetto della Veri-tà per fondare, in chiave ontologica, una nuova formulazione dellalegge d’identità. Con le parole di Florenskij: «invece di un A=Avuoto, morto e formalmente auto-identico, per cui A dovrebbe es-sere se stesso, in quanto si afferma, egoisticamente, escludendoogni non-A, abbiamo un A pieno di contenuto e di vita, un’auto-identità reale che eternamente rigetta se stessa e in questo auto-ri-gettarsi eternamente trova se stessa» (pp. 247s.). In termini trinitari(son sempre parole di Florenskij): «la Verità è la contemplazione diSé attraverso l’Altro nel Terzo: Padre, Figlio, Spirito. (…) Il Sog-getto della Verità è la Relazione di Tre, ma relazione che è sostanza(…) l’ousìa della Verità è l’Atto infinito di Tre nell’Unità» (p. 249).Un’intuizione, commenta •ák, che se è poco sviluppata da Floren-skij in riferimento a Dio Trinità, diventa invece intensamente lumi-nosa in prospettiva antropologica, non solo dove egli illustra comecostitutivo del rapporto tra le persone create il dinamismo della

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donazione-kenosi reciproca, con una ripresa «in forma rispettosadella rivelazione trinitaria del concetto hegeliano di negativo (ilnon-essere compreso come condizione di possibilità dell’immanen-te struttura trinitaria dell’essere), mettendo in evidenza che si trattanon di un termine allegorico o di importanza periferica, ma di unacategoria sulla quale si fonda l’ontologia trinitaria» (p. 478); maanche e soprattutto là dove tale dinamismo viene descritto comepartecipazione all’Evento stesso dell’Amore trinitario. Come avvie-ne in questo magistrale testo de La colonna: «L’amore dell’amantetrasporta il proprio Io nell’amato, nel Tu, e dà all’amato Tu la forzadi conoscere in Dio l’Io amante e di amarlo in Dio. L’amato diven-ta amante, si eleva al di sopra della legge dell’identità e in Dioidentifica se stesso con l’oggetto del proprio amore, trasferisce ilproprio Io nell’Io del primo mediante il terzo, e così via. (…) Inrealtà, quando si eleva al di sopra della sua natura, l’Io esce dalla li-mitatezza spazio-temporale ed entra nell’Eternità, dove tutto ilprocesso dei reciproci rapporti degli amanti è un atto unico nelquale si sintetizza la serie indefinita dei singoli momenti dell’amo-re. Quest’atto uno, eterno e infinito è l’uni-sostanzialità di quelliche si amano in Dio, dove l’Io è la stessa cosa con l’altro Io e allostesso tempo ne è distinto» (p. 273). Difficile esprimere in manierapiù intensa e limpida la legge ontologica della «trinitizzazione»partecipata da Dio alla creazione!

4. La ricca e stimolante ricerca di •ák, per il suo stesso ro-busto impegno teoretico e per l’innovativo sguardo che sa trarredalla memoria dell’evento Cristo la promessa del nuovo che ci at-tende, invita, in conclusione, a una valutazione globale del pro-getto florenskijano. Lungi dal voler qui tentare una simile, e forsequasi impossibile, impresa: mi limito piuttosto a ipotizzare sem-plicemente un’ulteriore pista di ricerca suggerita dall’appassio-nante lettura di queste pagine. Una pista – mi sembra – che puòmostrarsi utile per proseguire il cammino nella fedeltà all’inten-zione più profonda di Florenskij stesso, perché in qualche modotocca un punto cruciale dell’intero percorso e dell’intera struttu-ra del suo pensiero, permettendo una sorta di rilettura trasversaledelle articolazioni più vitali della sua riflessione. Si tratta del te-

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ma cristologico. Non mi riferisco tanto alle critiche piuttosto ba-nali, cui certi interpreti di Florenskij – antichi e recenti – hannofatto ricorso, accusando il nostro Autore di un certo oblio o dis-interesse per la centralità dell’evento di Gesù Cristo. Di tali criti-che •ák dà conto con la consueta competenza e perspicacia e visa rispondere in modo convincente, dicendo in proposito una pa-rola che si può considerare conclusiva (si veda, in tal senso, la se-conda sezione del quarto capitolo, a ragion veduta intitolata: Lacentralità di Cristo nell’antropologia e nell’etica di Florenskij, pp.341-363). È indubitabile, infatti, che Gesù Cristo è centrale nel-l’esperienza e nel pensiero di Florenskij. E come potrebbe esserealtrimenti? Direi anzi che i luoghi trinitario ed ecclesiale nei qualie, per così dire, attraverso i quali Florenskij incontra nel qui enell’ora dell’esistere e del pensare la figura di Gesù Cristo, nonsminuiscono la sua centralità, ma permettono piuttosto di collo-carla in quell’unico orizzonte ermeneutico, entro il quale essa di-venta esistenzialmente e ontologicamente significativa e feconda.

E tuttavia c’è un punto – nodale – che mi pare poco presentein Florenskij. Si tratta, ripeto, di un’impressione che traggo dal-l’oggettiva ricostruzione e interpretazione che •ák ci propone. Co-m’egli con sicura competenza viene a dimostrare, Florenskij, al fi-ne di superare in modo definitivo la “scissione” tra Dio e il mon-do, l’intellegibile e l’empirico di cui sono prigionieri tanto lo scien-tismo positivistico quanto il razionalismo metafisico del suo tem-po, s’immerge nell’esperienza-tradizione ecclesiale e insieme, allaricerca di nuove categorie del vivere e del pensare, nella grandetradizione del pensiero platonico, che peraltro da sempre rivive,originalmente transustanziata, nella teologia dell’Oriente cristiano.La questione diventa allora quella della congruenza e della virtuali-tà del pensiero platonico in rapporto all’espressione della novità eoriginalità della rivelazione cristiana. Bene fa •ák a tematizzare, inproposito, i tratti distintivi del “platonismo” di Florenskij, di cuiA.F. Losev ha giustamente sottolineato la pregnante originalità (cf.pp. 170-177). Il fatto è che l’evento cristologico (secondo l’icasticae folgorante descrizione giovannea: «kaì ho Logos sarx eghéneto»(cf. Gv 1, 14) e il suo impatto ontologico nella comprensione del-l’essere creato – sia nella sua costitutiva relazione a Dio, sia nel suo

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intrinseco “ritmo” trinitario a immagine e somiglianza e per parte-cipazione di grazia al Dio Uno e Trino – sono formidabili. Il “pe-so” e la “luce” (kabód, in ebraico; dóxa, in greco; claritas, in latino)di Dio, nel Verbo incarnato e per il dono dello Spirito Santo, ven-gono comunicati dal Cielo alla terra. Certo, i “due mondi” – perdirla con le parole di Florenskij – rimangono: ma sono anche ipo-staticamente uniti, restando distinti, nel Verbo incarnato e, permezzo di Lui, lo sono anche, per lo Spirito Santo, in coloro che di-ventano «eis en Christo» (uno in Cristo, cf. Gal 3, 28).

Di tutto ciò, ovviamente, Florenskij è consapevole. E – co-me mostra il lavoro di •ák – suo intento precipuo è proprio quel-lo di superare nella prospettiva della omousìa cristologica il duali-smo “kantiano” che dilacera la coscienza moderna della realtà.Ma – mi chiedo – l’impianto platonico, che egli sposa con entu-siasmo e senza riserve sin dalla giovinezza, è sufficiente a espri-mere, e addirittura è del tutto conciliabile – come Florenskij sem-bra pensare – con il novum rappresentato dall’evento dell’incar-nazione? Si può ancora parlare in quel modo, in modo platonicoappunto, di “due mondi”? E c’è ancora necessità di trovare un“confine” tra di essi?

Non è un caso, ad esempio, che Florenskij individui pro-prio nella nozione di “Sofia”, ereditata da Solov’ëv e original-mente ripensata, precisamente il “confine” dei “due mondi”, col-legando quest’asserto alla tradizionale dottrina delle “idee divi-ne” di chiara ascendenza platonica. Una concezione non a casoobliata dalla modernità, anche in teologia, ma che assolveva unindispensabile ruolo nel pensiero dei Padri e degli Scolastici eche, dunque, può e forse anche deve essere ripresa in forma nuo-va – come tentano di fare, ad esempio, A. Rosmini e S. Bulgakov:ma non semplicemente in chiave platonica, bensì più radicalmen-te cristologica e trinitaria. Pertanto, non in dialettica con la pro-spettiva che ci è indicata da Florenskij, ma come contributo a unapprofondimento e a un prolungamento della stessa, non occor-rerebbe forse rimettere al centro della riflessione teologica l’e-vento dell’incarnazione, inteso a partire dalla sua originalità cri-stologica, e cioè inquadrato in una sicura e profonda visione uni-taria e trinitaria insieme del mystérion creativo-salvifico?

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Il collegamento – tipico della visione teologica cristiana –tra l’evento Gesù Cristo e la preesistenza del Lógos, così come lalibera intenzionalità ontologica del Lógos all’incarnazione, posso-no e debbono far recuperare la realtà della “preesistenza” cosìcom’è intesa ed evoluta dalla testimonianza neotestamentaria nel-la sua originale novità. Ciò significa, per usare un linguaggio benconosciuto dalla mistica cristiana (penso qui, in particolare, aChiara Lubich) 18 e perfettamente in sintonia con la semantica piùprofonda dell’evento dell’incarnazione, anche se troppo pocoascoltato dalla teologia, che Dio Padre ha – allo stesso tempo e,per dirla con Calcedonia, «senza confusione, senza mutamento,senza divisione, senza separazione» – un’espressione di Sé “den-tro” di Sé (che è il Lógos) e una “fuori” di Sé che è la creazione o,meglio, Gesù Cristo nel suo “pléroma” panumano e pancosmico.Perché, in Lui, nel Verbo fatto carne, crocifisso e risorto, il crea-to attinge, gratuitamente e liberamente, la sua vocazione a diven-tare ciò che è da sempre nel progetto di Dio – un “secondo” Dio,un Dio creato, veramente Dio e veramente creato, come il dogmadi Calcedonia afferma di Gesù Cristo. Penso che la serietà e in-tensità del pensiero di Florenskij e di questo bellissimo lavoro di•ák ci spingono a proporre questioni come questa, che qui è ap-pena balbettata ma che la rivelazione e il kairòs dei tempi che vi-viamo ci spingono, con umiltà e coraggio, a pensare. Con ciò,forse, si può offrire un contributo all’avvento di quell’epoca nuo-va della civiltà umana, in quest’alba del terzo millennio, che nelpensiero e nell’esistenza di Florenskij ha trovato un grembo fe-condo da cui poter germogliare.

Debbo dire, concludendo, che ho imparato molte cose dallalettura di questo saggio e dalla lezione di Florenskij che egli ci ri-propone in forma così trasparente. Ma me n’è rimasta soprattuttouna: il progetto di quella “terza via” della conoscenza, al di là del-l’oggettivismo e del soggettivismo, della classicità e della moderni-tà, della disintegrazione conflittuale dei saperi e della totalizzazio-ne ideologica, che, conservando i semi e le istanze di verità pre-

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18 Cf. i testi raccolti in Dio e la creazione I. Trinità e creazione dal nulla, in«Nuova Umanità», 20 (1998/1), 115, pp. 67-88..

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senti nei precedenti approcci, si propone come via della trasfigu-razione del conoscere e del vivere delle persone fuse in uno nel-l’interiorità di Dio Trinità. Qui – mi pare –, a livello epistemologi-co e come intuizione, Florenskij probabilmente s’è spinto piùavanti di tutti nel nostro secolo, nell’Oriente e nell’Occidente cri-stiani: più avanti di Bulgakov, di Rahner e di Balthasar, di Jüngel.Egli ha intuito – lo esprimo quasi con uno slogan – che la svoltadel pensiero (e del vivere) attuale è quella dal pensare la Trinità alvivere/pensare trinitaramente nella Trinità. Il che – come scrive•ák, mostrandolo limpidamente in atto nella forma di pensieroche la sua stessa ricerca testimonia – rende “l’altro” insostituibileal mio pensare e al mio vivere in Dio Trinità.

PIERO CODA

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