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Flessibilità delle tutele

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Flessibilità delle tutele

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Le politiche neo-liberiste del nuovo secolo

Liberalizzazione del mercato del lavoroRivalutazione autonomia individualeRiforma del mercato del lavoro 2003 (d.lg.vo

n. 276/2003)Riforma Fornero 2012 (l.n. 92/2012)Jobs Act Renzi

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La riforma del 2003 “La risposta del legislatore del d.lg.vo n. 276 del 2003 è

stata quella della “flessibilizzazione” delle tutele, là dove flessibilizzazione ha coinciso con una riduzione delle soglie dell’inderogabilità in relazione a elementi fondamentali del contenuto contrattuale economico e normativo e con una differenziazione dei trattamenti, la cui compatibilità con il principio di eguaglianza è tutta da verificare. Ma il legislatore è andato anche oltre, come è stato lucidamente sottolineato: in nome dell’ “inclusione sociale”, da una parte, i modelli contrattuali sono stati differenziati in base a fattori di ordine personale, a dispetto del principio di non discriminazione, dall’altra, sono stati introdotti trattamenti differenziati e peggiorativi nell’ambito dei rapporti non standard per i lavoratori che sono ritenuti in qualche modo svantaggiati. La linea di politica del diritto perseguita è inquietante: “ La strada per lo sviluppo dell’occupazione ... non è quella di una semplice e brutale liberalizzazione del mercato e dei rapporti di lavoro, che sarebbe, come tale, facilmente criticabile e controvertibile in un futuro più o meno prossimo. E’ invece quella di una malintesa valorizzazione delle differenze, che si traducono in giustificazioni delle differenze di trattamento””.

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RIFORMA FORNERO

TIPOLOGIE CONTRATTUALI

Obiettivi

Una prima area di intervento riguarda gli istituti contrattuali esistenti. L’azione mira a preservarne gli usi virtuosi e a limitarne quelli impropri, al solo scopo di abbattere il costo del lavoro aggirando gli obblighi previsti per i rapporti di lavoro subordinato.

L’impianto generale individua un percorso privilegiato che vede nell’apprendistato – inteso nelle sue varie formulazioni e platee – il punto di partenza verso la progressiva instaurazione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Pur mirando a favorire la costituzione di rapporti di lavoro stabili, la riforma intende preservare la flessibilità d’uso del lavoro necessaria a fronteggiare in modo efficiente sia le normali fluttuazioni economiche, sia i processi di riorganizzazione.

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Azioni sulle tipologie contrattuali

• interventi puntuali che limitino l’uso improprio e distorsivo di alcuni istituti contrattuali e, quindi, la precarietà che ne deriva;

• una ridefinizione delle convenienze economiche relative dei diversi istituti contrattuali che tenga conto del rispettivo grado di flessibilità e – di conseguenza – del costo atteso a carico del sistema assicurativo che ne deriva;

• una più equa distribuzione delle tutele, con interventi sulla flessibilità in uscita rivolti a reprimere pratiche scorrette (ad esempio, le cosiddette dimissioni “in bianco”), a rafforzare le tutele per licenziamenti discriminatori, ad adeguare al mutato contesto economico la disciplina dei licenziamenti individuali, in particolare quelli per motivi economici;

• una adeguata modulazione del regime transitorio degli istituti.

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Renzi Jobs Act

Contratto unicoServizi per l’impiego: riforma

http://www.left.it/2014/01/31/jobs-act-i-nodi-che-renzideve-sciogliere/14694/

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Intervento attuale Renzi

Contratto a termineApprendistato

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Contratto a termine

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Contratto a termine

Codice civile: contratto specialeL.230/1962: le ipotesi tassative

Il disfavore nei confronti del contratto a termineLe leggi degli anni ’70

La «necessità» di ampliamento dell’offertaLa legge n.56 del 1987

Il contratto a termine come arma di scambio nella contrattazione collettiva

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Dal 1987 al 2001

La legge 196/1997 La flessibilità del contratto a termine La limitazione temporale dei contratti a termine in

ottica di flessibilità

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Il d.lgs 368/2001

L’attuazione delle direttive comunitarie nelle politiche del XXI secolo

Un braccio di ferro sul contratto a termine in ottica di superamento dell’art. 18 s.l.

Flessibilità o libertà di licenziamento?La confusione successiva con gli interventi

del 2007, 2008, 2012.

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Apposizione del termineArt. 1 d.lg.vo n. 368/2001

01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro (l.247/2007; l.92/2012).

1. È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro (dl 112/2008; C.Cost. 2009 n.214, 311; 2010 n.65).

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Segue

Il requisito causale non è richiesto: a)  nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato,

di durata non superiore a dodici mesi comprensiva di eventuale proroga, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato;

b)  in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In questi casi il contratto non può essere prorogato

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Proroga

Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.

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Proroga di fatto

1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.

2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di 36 mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

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Successione di contratti

Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. I contratti collettivi possono prevedere che tali termini non trovino applicazione.

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Successione immediata

Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. I contratti collettivi possono prevedere che tale disposizione non trovi applicazione.

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Limite dei 36 mesi

Qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

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Oltre i 36 mesi…

Un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato

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Decreto Renzi

Uno dei principali paletti caduti è quello dell’acausalità (ovvero la possibilità riconosciuta al datore di lavoro di non specificare le motivazioni che lo portano a fissare un termine al rapporto). Di fatto una vera e propria «mano libera» sulle mansioni prima concessa solo per i primi 12 mesi, ora consentita per tutti e tre gli anni.

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La durata massima del contratto a termine resta fissata in 36 mesi (dopo bisogna passare a quello a tempo indeterminato), ma ora fra un contratto e l’altro non esiste più l’obbligo di una pausa di dieci o venti giorni.

Considerando un massimo di otto proroghe - mentre il modello Fornero ne permetteva una sola - i rinnovi possono essere uno successivo all’altro.

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Il decreto stabilisce anche che - se i contratti collettivi non hanno già previsto un tetto - i contratti a termine possano coprire fino ad un massimo del 20 per cento dell’organico (ma le aziende sotto ai 5 dipendenti possono comunque stipularne uno).

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I commenti

Reazioni - Il decreto è bocciato dall'ex viceministro all'Economia, Stefano Fassina, che già si era espresso contro: "Il decreto sul lavoro emanato dal governo è più grave dell'abolizione dell'articolo 18. Forse vi sono delle tecnicalità che non a tutti sono chiare ma sarebbe meno grave l'eliminazione dell'articolo 18, almeno ci sarebbe un contratto a tempo indeterminato seppure interrompibile in qualunque momento. Siamo di fronte a una regressione del mercato del lavoro - rincara l'esponente della minoranza Pd - , aumenta in modo pesantissimo la precarietà, non è una riforma e per quanto mi riguarda deve essere modificato, altrimenti non è votabile".

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"Il decreto sul lavoro rischia, se non si affronta con coraggio il tema della crescita, di ottenere un effetto opposto al buon proposito di creare buona occupazione - dice invece - il segretario confederale Uil, Guglielmo Loy - . Intervenire sul contratto a termine facilitandone l'uso da parte delle imprese con la bassa domanda potrebbe creare concorrenza solo al contratto più stabile, quello a tempo indeterminato".

Per Luigi Angeletti, segretario generale Uil, invece, "l'unica cosa che deve essere modificata nel decreto è il fatto che si possa rinnovare otto volte il contratto a termine per la stessa persona nello stesso posto di lavoro. Ha poco senso".

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Altri toni dal fronte imprenditoriale: "Sono misure da tempo attese, che vanno nella direzione più volte da noi indicata - si legge in una nota di Rete imprese Italia - . I contratti a termine e quelli di apprendistato - affermano Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti - sono stati finalmente liberati da vincoli e la semplificazione delle procedure è la strada giusta da percorrere per sbloccare le nuove assunzioni.

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Lavoro intermittente

ARTT. 33 SS. D.LG.VO N. 276 /2003

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Le oscillazioni del pendolo

La legge n. 247/2007 abroga il lavoro intermittente

Il d.l. n. 112/2008, conv. dalla l.n. 133/2008 reintroduce il lavoro intermittente

La legge Fornero lo modifica ulteriormente

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La forma dell’acqua * * A. Camilleri

Lo schema proposto può assumere i contenuti del lavoro a tempo parziale, del lavoro a tempo pieno, del lavoro a termine o a tempo indeterminato; eventualmente con pagamento di un’indennità di disponibilità, similmente a quanto avviene nella somministrazione.

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La forma dell’acqua

E’ stato sottolineato come nel contratto di lavoro intermittente la “detipizzazione” del contratto di lavoro subordinato “risponde unicamente all’intento del legislatore di mettere a disposizione dell’imprenditore tanti tipi negoziali quante sono le modalità economicamente ed organizzativamente convenienti di alienazione del lavoro” (V. Pinto)

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Definizione – Art. 33

1. Il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui all’articolo 34.

2. Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato.

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Art. 33 - Definizione

ASSENZA DI OBBLIGHI RECIPROCI,

SALVA LA PATTUIZIONE DELL’INDENNITA’ DI DISPONIBILITA’

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CASI DI RICORSO AL LAVORO INTERMITTENTE – Art.34

1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno

2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più di cinquantacinque anni di età e con soggetti con meno di ventiquattro anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età

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In ogni caso, fermi restando i presupposti di instaurazione del rapporto e con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è

ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente

non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso

di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a

tempo pieno e indeterminato.

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Lavoratore che si obbliga a rispondere alla chiamata del d.l.- Art. 36

Nel contratto di lavoro intermittente è stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura di detta indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non è inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

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PART TIME

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Lavoro a tempo parziale

Si intende: per «tempo parziale» l’orario di lavoro, fissato dal contratto

individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore all’orario di «tempo pieno», ovvero all’orario normale di lavoro delle 40 ore medie settimanali, o all’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi

per «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale» quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro;

per «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale» quello in relazione al quale risulti previsto che l’attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno;

per «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto» quello che si svolge secondo una combinazione della modalità orizzontale con quella verticale

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Definizione

Non è dunque richiesta né una entità minima della riduzione di orario né una durata

minima della prestazione

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Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare (entro i limiti del tempo pieno) – Art. 3

Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore

I contratti collettivi stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi

L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento

I contratti collettivi possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare

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Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro straordinario (eccedente le 40 ore settimanali) – Art. 3

Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno

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Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Clausole elastiche e flessibili– Art. 3

Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto:

clausole elastiche: relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa

Nel rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale, verticale o misto:

clausole flessibili: relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa

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Clausole elastiche e flessibili

Prima della l.n. 247/2007: in assenza di contratti collettivi

datore di lavoro e prestatore di lavoro potevano concordare direttamente l’adozione di clausole elastiche o flessibili

Dopo la l.n. 247/2007: L’adozione di clausole elastiche o flessibili può essere prevista esclusivamente dalla contrattazione collettiva

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Dopo la l.n. 183/2011 e la l.n. 92/2012

Le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi stabiliscono:1)  condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;

2)  condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;

3)  i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa;

3-bis)  condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche

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Regolamentazione clausole elastiche e flessibili – Art. 3

L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi

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Regolamentazione clausole elastiche e flessibili – Art. 3

La disponibilità all’accettazione di clausole elastiche e flessibili richiede il consenso scritto del lavoratore, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L’eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento

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Clausole elastiche e flessibili. Sanzioni – Art. 8

Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili senza il rispetto di quanto stabilito dall’articolo 3 comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno

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SOMMINISTRAZIONE

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L’impresa tradizionale

Promozione vendite(contratti di agenzia)

Pulizia emanutenzione(contratti di appalto)

Produzione (rapportidi lavorosubordinato)

Approvvigionamentodi materiali (contrattidi fornitura)

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PRODUZIONE

VigilanzaReti

informatichePuliziaetc…

Revisionebilanci

Distribuzione

Recupero crediti

Progettazione

Ricerche di mercato

Pubblicità

Gestioneamministrati

va e contabile del

personale

Gestione magazzino

L’impresa “segmentata”

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…si può affidare a terzi anche l’acquisizione di forza lavoro

che si utilizza in prima persona?

Un’impresa può scorporare dalla propria struttura la rete di vendita (franchising), il servizio di riscossione

dei crediti (factoring), il servizio di marketing, la revisione e verifica dei bilanci (auditing)….

Attraverso quali

contratti?

Con quali problemi giuridici?

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I canali di collegamento tra il lavoratore e l’utilizzatore della sua

prestazione

LAVORATORE(Offerta di lavoro)

CENTRI PER L’IMPIEGO

Un altro datore di lavoro

AGENZIE PER IL LAVORO

UTILIZZATOREDELLA

PRESTAZIONE(Domanda di lavoro)

CONTATTO DIRETTO

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L’alternativa all’assunzione

L’UTILIZZO “DI FATTO” DI PRESTAZIONI DI LAVORO RESE DA

DIPENDENTI ALTRUI

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I problemi giuridiciIn che misura è possibile utilizzare

prestazioni di lavoro rese da dipendenti altrui?

E’ compatibile con lo schema codicistico della subordinazione lo svolgimento della prestazione “alle dipendenze e sotto la direzione” di un soggetto diverso dal datore di lavoro?

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Il principio…

… ed il suo parziale superamento a seguito della possibilità di concorrente utilizzo di alcuni istituti (riformati dal d.lgs. 276/03)

Principio di imputazione del rapporto di lavoro a

colui il quale effettivamente, e a prescindere da ogni apparenza giuridico-

formale, usufruisce della prestazione.

Il contratto di appalto (eventualmente preceduto da trasferimento di ramo d’azienda) Il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato Lo staff leasing Il distacco

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La disciplina normativa dell’interposizione nei rapporti di lavoro

Fino al 24 ottobre 2003Dopo il 24 ottobre 2003

Il Titolo IIIdella riforma

(somministrazionedi lavoro, appalto,

distacco)

La l. 1369/1960 (divieto di interposizione)

e le sue eccezioni (soprattutto il lavoro temporaneo

l.n. 196/1997)

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La disciplina vigente fino al 24.10.2003

l’art. 1 della l. 1369/1960:

“E’ vietato all’imprenditore affidare in appalto, subappalto o qualsiasi altra forma, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro

mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o intermediario”

l’esecuzione dimere prestazioni di lavoro

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Soggettointerposto

Lavoratori

Datore di lavoro

che necessita

di prestazioni

Titolaritàformale

del rapportodi lavoro

Effettiva utilizzazionedella prestazione

Rapporto di Interposizione

(illecito)

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La ratio del divieto:Evitare fenomeni di elusione

delle normative di tutelaL’esternalizzazione può essere uno

strumento di “sostituzione” di lavoratori dipendenti con altri lavoratori

Strumento di ridimensionamento degli organici a fini di sottrarsi alle normative

Può avere l’effetto di ridurre le garanzie dei dipendenti del terzo somministratore, normalmente meno solido dell’impresa che esternalizza.

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Lavoratori

Datore di lavoro

che necessita

di prestazioni

Effettiva utilizzazionedella prestazione

e titolarità formale del rapporto

LA CONSEGUENZA DELLA VIOLAZIONE DEL DIVIETO La ricomposizione della scissione tra titolarità

formale e titolarità sostanziale del rapporto di lavoro

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La “morte annunciata” della l. 1369/1960

Già nell’ottica della legge del 1960 c’erano casi in cui la somministrazione di manodopera svolgeva una funzione economicamente apprezzabile e poteva non essere socialmente pericolosa.

Moltiplicandosi poi questi casi, è comprensibile che anche giudici e ispettori del lavoro si siano fatti carico dell’esigenza di temperare gli effetti del divieto.

C’è un regime di divieto formalmente assoluto, ma temperato da una «chiusura d’occhio selettiva» da parte di giudici e ispettori del lavoro

Ichino, 1999

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Le prime aperture normative dopo l’“ammorbidimento” della

giurisprudenza

1997: Il primo (parziale)

superamento in via legislativa del

divieto di interposizione

La legge sul lavoro

interinale (l.n. 196/1997)

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Il programma del Libro Bianco

I vincoli nell’utilizzo della forza-lavoro introdotti dalla legge n. 1369/1960, non trovavano pari nella legislazione degli altri Paesi (pratiche di outsourcing, ampiamente diffuse in altri contesti, ad esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, sono in Italia tuttora vietate).

L’analisi

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Il riferimento è, in particolare, all’istituto del c.d. leasing di manodopera: una tecnica innovativa di gestione del personale imperniata su rapporti con agenzie specializzate nella fornitura a carattere continuativo e a tempo indeterminato (e non a termine, come nel lavoro interinale) di parte della forza-lavoro di cui l’azienda ha bisogno

La proposta

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Il contratto di somministrazione

di lavoro può essere concluso

da ogni soggetto, denominato utilizzatore,

che si rivolga ad altro soggetto,

denominato somministratore, a ciò autorizzato(Art. 20 D.lgs.276/03)

Un contratto di somministrazione

concluso fra l’agenzia

di somministrazione

e il datore di lavoroutilizzatore

(impresa o non)

Un contratto di lavoro subordinato

concluso fra l’agenzia

di somministrazione

e il lavoratore

La fattispecie si realizza attraverso due contratti collegati

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Illecito

Terzo interposto

LavoratoreImpresa utilizzatrice

Titolaritàdel rapporto

di lavoro

Effettiva utilizzazionedella prestazione

Impresa fornitrice(l’Agenzia)

Contratto commerciale di fornitura

di manodopera

Lecito

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PUÒ ESSERE A TERMINE

A TEMPO INDETERMINATO (l.n. 247/2007 la abroga, ma l.n. 191/2009 la reintroduce): a) per servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico b) per servizi di pulizia, custodia, portineria; c) per servizi di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di

macchinari e merci; e) per attività di consulenza, programmazione, sviluppo organizzativo,

gestione, ricerca e selezione del personale; f) per attività di marketing, analisi di mercato, g) per la gestione di call-center, nonché per l'avvio di nuove imprese

nelle aree Obiettivo 1 di cui al RegCE n. 1260/1999 h) per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per

particolari attività che richiedano manodopera specializzata i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi nazionali o

territoriali stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative.

i-bis) in tutti i settori produttivi, pubblici e privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di sostegno alla famiglia;

i-ter)  in tutti i settori produttivi, in caso di utilizzo da parte del somministratore di uno o più lavoratori assunti con contratto di apprendistato.

Il contratto di somministrazione

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…si può affermare che lo staff leasing può prestarsi a scopi differenti:

1) Da una parte, il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato può ricondursi alle prassi di c.d. “esternalizzazione” delle attività non rientranti nel core business dell’impresa.

2) Dall’altra, lo stesso istituto può risultare funzionale, sia pure in ipotesi estreme, alla realizzazione di imprese “senza dipendenti”

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PUÒ ESSERE A TERMINE

Il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 368/2001, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all'articolo 5, commi 3 e seguenti (successione dei contratti - l.n.247/2007).

Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso scritto del lavoratore nel rispetto del contratto collettivo.

IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO

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PUÒ ESSERE A TEMPO INDETERMINATO

I rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla

disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi

speciali.

IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO