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Fisica Moderna Stefano Mandelli 27 febbraio 2010

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Fisica Moderna

Stefano Mandelli

27 febbraio 2010

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Appunti del corso di Fisica Moderna tenutosi a Fisica durante l’A.A. 2008/2009dal Dott. Ludovico Lanz.

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Indice

1 Crisi della Fisica Classica 71.1 Formalismo matematico della Rielatività Ristretta e Generale . 71.2 Riferimenti Localmente Inerziali . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.3 Geometria Affine di dimensione 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.4 Luogo degli eventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.5 La meccanica relativistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.6 Definizione di lunghezza e tempo proprio in V 4 . . . . . . . . . 18

1.6.1 momento - quantità di moto - energia . . . . . . . . . . 191.6.2 Le equazioni del Moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201.6.3 ENERGIA: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211.6.4 La struttura della Tetraforza . . . . . . . . . . . . . . . 22

1.7 Costruzione delle basi dell’elettromagnetismo . . . . . . . . . . 221.8 Il tetrapotenziale eletteomagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2 Calcolo Tensoriale 272.0.1 notazioni del tensore metrico inverso . . . . . . . . . . . 282.0.2 Applicazioni multilineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.0.3 Analizzando le sue derivate . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2.1 Il tensore di Levi-Civita e flusso Q.D.M. . . . . . . . . . . . . . 302.2 Tensore di flusso di quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . 312.3 Leggi di trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3 Le equzioni di Maxwell con sorgente 37

4 Meccanica quantistica 394.1 Effetto compton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394.2 Principio di indeterminazione di Haisemberg . . . . . . . . . . . 404.3 Equazione di Cmapo di Klein-Gordon . . . . . . . . . . . . . . 40

4.3.1 Il Campo di Klein-Gordon come un continuo: . . . . . . 414.4 Equazione di Schrodinger (caso non relativistico) . . . . . . . . 424.5 Rappresentazione del campo senza iterazioni . . . . . . . . . . . 464.6 Valori medi e dinamica del pacchetto d’onda . . . . . . . . . . . 474.7 Assiomatica della M.Q. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 484.8 Leggi di commutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 504.9 Relazione di indeterminazione di Heisemberg . . . . . . . . . . 504.10 Sstati a minima incertezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 514.11 La particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 534.12 L’oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

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4 INDICE

4.12.1 Péolinomi di Hermite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 574.12.2 Rappresentazione delle autofunzioni . . . . . . . . . . . 574.12.3 Dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

4.13 Buca di potenziale rettangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 584.13.1 Trasmissione e riflessione . . . . . . . . . . . . . . . . . 614.13.2 Tempi remoti-Tempi futuri . . . . . . . . . . . . . . . . 624.13.3 Calcolo del coefficiente di trasmissione . . . . . . . . . . 624.13.4 Fenomeno delle risonanze . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.14 Particella in campo centrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 634.14.1 L’autospazio di Lz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 644.14.2 Polinomi di legendre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 684.14.3 Ricerca delle autofunzioni di H . . . . . . . . . . . . . . 70

4.15 Risoluzione Eq. Differenziali con singolarità fuchsiane . . . . . 714.15.1 Caso particolare Eq. Radiale per potenziale Coloumbiano 73

4.16 Effetto Zeeman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 744.16.1 Precessioni di larmor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

4.17 Introduzione dello spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 754.17.1 L’operatore di traslazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

4.18 Th di Von Neumann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 764.19 varie rappresentazioni matriciali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 764.20 Oscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 774.21 Composizione momenti angolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

4.21.1 Il proiettore Sz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 804.21.2 Misura a valore di proiettore . . . . . . . . . . . . . . . 81

4.22 Campo di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 834.23 Composizione di momenti angolari . . . . . . . . . . . . . . . . 834.24 Sistemi di due particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

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Introduzione

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6 INDICE

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Capitolo 1

Crisi della Fisica Classica

1.1 Formalismo matematico della Rielatività Ri-stretta e Generale

Nella fisica classica la definizione di punto materiale viene data in funzioni aduna terna di assi cartesiani ortogonali orientati. La posizione di un punto èdefinita univocamente se al punto associo 3 coordinate metriche. Il concetto dicordinata nasce da quello di proiezione ortogonale della posizone del punto sui3 assi orientati, in questo modo definiamo 3 cordinate spaziali che definisconounivocamente la posizione del mio punto in questo caso in un A ⊆ R3. Solita-mente le cordinate sono fuinzioni del tempo perchè di solito il punto materiale simuove nel mio spazio. Non si muove “a caso” ma lo fa seguendo rigorosamentele equazioni di Newton:

m..−→x=−→F (−→x ,

.−→x ) (1.1)

questo se nello spazio c’è un singolo punto, se ci sono N punti allora la−→F sarà

una funzione così descritta:

−→F =

−→F (−→x1,

.−→x1, · · · ,−→xN ,.−→xN ) (1.2)

Come visto dalla meccanica razionale, l’equazione di Newton ci fornisce anchetutte le derivate successive del moto.1

1.2 Riferimenti Localmente InerzialiEsempi tipici di sistemi soggetti a forze e per esempio questo:

−→Fi = m−→g +

−→F (· · · ) (1.3)

questa descrizione è quella tipica di una particella immersa in un campo gra-vitazionale (quindi soggetta alla forza peso) e soggetta anche ad un’altra forza(che può assumere forme variegate) che per esempio è provocata dall’iterazionedella particella con altre N particelle presenti nel sistema. Lavorare con un

1Che è utile se dobbiamo risolvere l’eq differeziale utilizzando gli sviluppi in serie

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8 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

sistema di riferimento Localmente inerziale vuol dire che io posso trascurareper esempio, l’effetto della forza perso e quindi avere la possibilità di studiarecon precisione le iterezioni tra le particelle. Detto questo non abbiamo ancoradefinito un sistema localmente inerziale però abbiamo l’idea che questa condi-zione è molto utile e vantaggiosa per studiare determinati effetti fisici.Def: definiamo riferimento localmente inerziale un riferimento in cui le forzeesterne al sistema sono trascurabili, quindi e un ambiente in cui è FACILEprodurre PUNTI IN QUIETE. Poi sui sistemi di riferimento localmente iner-ziali posso sviluppare tutto il formalismo matematico necessario per spiegarele notazioni di misura e più in generale tutte le proprietà geometriche internedel mio spazio. Quindi io definisco una geometria a posteriori dell’ipotesi che ilmio sistema sia localmente inerziale.2 Poi in un secondo tempo posso prenderele mie propeirtà gemetriche locali e tentare di genralizzarle non più solo nellocale e allora si otterranno teorie più generali com ben appunto la RelativitàGenerale Einstaniana.Da un punto di vista classico, il nostro sistema di riferimento di assi cartesianiortogonali rimane invariante per rotazione e traslazione, cioè anche se io cam-bio Origine e Basi del mio spazio vettoriale ho sempre (nelle fisica classica esull’ipotesi di sistemi localmente inerziali) invarianza delle leggi fisiche3 questonon è più vero nella Meccanica Quantisica in cui se noi definiamo per esempioil moto di una particella in una terna cartesiana destra, se effettuiamo un cam-bio di coordinate mettendoci per esempio (con una simmetria assiale) in unaterna cartesiana sinistra CADE LA SIMMETRIA PER PARITA’ !!!!!! Quindibisogna fare attenzione, usando un esempio spinto ma interessante potremmodire: la nostra particella in moto, vedendosi allo specchio non riconosce se stes-so, non vede più la stessa particella, ma una antiparticella, e di questo ci sioccuperà più avanti dopo aver definito i postulati della Meccanica Quantistica.

1.3 Geometria Affine di dimensione 3Sia A l’insieme a cui voglio dare questo formalismo matematico sia V 3 spaziolineare su R di D=3;Voglio trovare il legame tra A e V 3:Dati P1eP2 ∈ A la coppia ordinata P1P2 = v ∈ V 3;Dato P1 e V , è univocamente definito P2

Se aggiungiamo un punto ho le seguenti coppie ordinate:

dati (P1 , P2 , P3) ∈ V 3ho : P1P2 , P2P3 , P1P3 ∈ V 3 (1.4)

Tra le coppie posso stabilire delle relazioni di: 1)P1P2 + P2P3 = P1P3

2)Con (P1P1 = 0) =⇒ (P1P2 + P2P1 = 0) =⇒ (P1P2 = −P2P1)3)Esiste l’elemento neutro v + 0 = v4)Se prendo α ∈ R =⇒ (α1 + α2)v = α1v + α2v5)Se α = 0 =⇒ αv = 0Quindi se valgono queste ipotesi allora ho uno spazio lineare 4 Il fatto che lospazio lineare sia di dimensione D = 3 vuol dire che esiste una base di vettorilinearmente indipendenti:

2Tipico esempio della relatività ristretta3Trasformazioni Galileiane4controllare se sulla sua dispensa ne mette altre.

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1.3. GEOMETRIA AFFINE DI DIMENSIONE 3 9

Data la nostra base e1, e2, e3 ogni elemento di v può essere come combinazionelineare delle basi:

v = v1e1 + v2e2 + v3e3 (1.5)

dove (v1, v2, v3) sono le coordinate di v nella base (e1, e2, e3) La notazione delalcoordinata all’esponente può inizialmente trarre in inganno, ma si vedrà chequando si defineranno strumenti algebrici più complicati, questa notazione diindici sarà molto conveninete.In più possiamo dire che esiste il prodotto scalare 〈v1 |v2〉 è:-)Bilineare rispetto al termine di destra e sinistra;-)Simmetrico 〈v1 |v2〉 = 〈v2 |v1〉 ;-)Definito positivo: 〈v |v〉 ≥ 0 e ho che 〈v |v〉 = 0⇐⇒ v = 0

Se il nostro spazio è generato da 3 basi qualunque allora abbiamo che il pro-dotto scalare è definito in questo modo:dati due vettori: v1 =

∑31 v

h1 eh e un secondo vettore: v2 =

∑31 v

h2 eh con eh ∈ V

e V h1 ∈ R allora ho che:

〈v1 |v2〉 =3∑

h,k=1

vh1 vk2 〈eh |ek〉 (1.6)

Dove 〈eh |ek〉 = gh,k = (G)h,k è il tensore metrico di rango 2. Dato che il pro-docco scalare è definito positivo, il tensore rappresenta una matricie simmetricaquindi:

(gh,k = gk,h) =⇒∑h,k

vhgh,kvh ≥ 0 ed è zero⇐⇒ v = 0 (1.7)

Una matrice simmetrica ha autovalori positivi, quindi det(G) 6= 0Però io posso scegliere delle basi del mio spazio che sono in un qualche modo piùconvenienti delle altre, per esempio se le basi in gioco sono vettori linermenteindipendenti ortonormali allora ho che la mia definizio dei prodotto scalaresi semplifica parecchio perchè il tensore metrico diventa la delta di kroneckerquindi ho che:

〈eh |ek〉 = gh,k = δh,k =⇒ G =

1 0 00 1 00 0 1

= Id (1.8)

Definiamo ora per bene origine distanza dei punti del nostro spazio:Sia O l’origine del nostro sistema di assi ortogonali, se prendo la coppia:

OP ∈ V 3 =⇒ OP =3∑

h=1

xheh (1.9)

xh è la cordinata del punto P rispetto alla base scelta.Se prendo due punti P1P2 allora posso definire la distanza tra P1 e P2 laseguente scrittura: √

〈P1P2 |P1P2〉 ≥ 0 (1.10)

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10 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

Scrivendo in forma esplicita la cosa:

P1P2 = P1O +OP2 = OP2 −OP1 =3∑h

(xh2 − xh1 )eh (1.11)

allora sostituendo nell’espressionae trovata precednetemente di prodotto scalareho che: ∑

h,k

(xh2 − xh1 )gh,k(xh2 − xh1 ) (1.12)

Banalmente se la base è ortonormale abbiamo che: il tensore metrico corri-sponde alla delta di kronecker, quindi diventa balmente la norma euclidea:

d(P1, P2)2 = ||P1P2||2 =3∑h,k

(xh2 − xh1 )2 (1.13)

Ora cambiando base e sistema di riferimento, tutto dovrebbe rimanere più omeno invariato, tranne le cordinate dei nostri punti. Però dovrebbe esseresemplice trovare un formalismo matematico per passare dalla visione dei puntinel primo spazio, alla visione dei punti nel secondo spazio.Nel secondo spazio le basi del primo spazio le vedo come combinazioni linearidelle nuove basi:

e′h =3∑l=1

γlhel (1.14)

Questo è un tipico cambio di base dove le coordinate γlh rappresentano glielementi di una matrice (Γ) il cui determinate deve essere 6= 0 in quanto deveessere una trasformazione invertibile. Tra breve vedremo anche che il gruppodelle matrici invertibili rappresenta un Gruppo.Le coordinate del vecchio riferimento, viste nel nuovo sistema saranno:

3∑l=1

blel (1.15)

Ora determino le cordinate punto P, nel nuovo sistema di riferimento:

O′P = O′O +OP = OP −OO′ = † (1.16)

La forma di OO’ so come è fatta, ma OP ce l’ho nelle vecchie cordinate, quindidevo espire tutto nelle nuove:

3∑1

(Γ−1)l,ke′h =3∑1

(Γ−1)l,k(Γ)h,kek = el

OP =3∑1

xlel =3∑

l,h=1

xl(Γ−1)l,he′h (1.17)

Riprendendo la parte sopra:

† =3∑

h=1

−bhe′h +3∑

l,h=1

xl(Γ−1)l,he′h =∑h

[∑l

xl(Γ−1)l,k − bh]e′h (1.18)

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1.3. GEOMETRIA AFFINE DI DIMENSIONE 3 11

Quindi ho trovato le mie nuove coordinate!!

x′h =∑l

xl(Γ−1)l,h − bh =∑l

t(Γ−1)h,lxl − bh (1.19)

Cambierà anche il tensore metrico:

g′h,k = 〈e′h |e′k〉 =∑lf

γlh 〈el |ef 〉 γfk (1.20)

In modo compatto ho che:

G′ = ΓG tΓ (1.21)

Prendiamo la terna cartesiana ortogonale abbiamo che:

Id = ΓΓt (1.22)

la soluzione di questa equzione è:

det(Id) = det(ΓΓt) = det(Γ)2 =⇒ det(Γ) = ±1 (1.23)

Quindi le possibili trasformazioni hanno determinante o 1 o -1. Le trasforma-zioni con det = 1 sono dette rotqazioni e tutte le matrici di questo tipo formaunun gruppo: SO3 Tutte le matrici con det=-1 che soddisfinino la contizione 1.22sono dette Riflessioni.Esempio:Trovare la matrice R ∈ SO3 che soddisfa la seguente condizione: deve descri-vere una rotazione in senso orario degli assi e1 ed e2 intorno all’asse e3 di unangolo α:

R(α) =

cosα − sinα 0sinα cosα 0

0 0 1

(1.24)

Da cui èp semplice trovare la matrice associata alle cordinate per α piccoliperchè le funzioni trigonometriche si semplificano parecchio

Id+ α

0 −1 01 0 00 0 0

(1.25)

Questa formalizzazione matematica infatti sottolinea le difficoltà che si hannoa passare da una terna destra ad una terna sinistra. Questo discorso genericoperòcon contempla la possibilità che i punti si possano muovere nello spazioquindi il formalismo ora introdotto va leggermente complicato in modo da farrientrare nelle cordinate che descrivono il nostro punto, anche una cordina-ta temporale. Questo problema è necessario risolverlo sin da subito perchèse abbiamo 2 sistemi localmente inerziali e da un sistema osserviamo i puntidell’altro li vediamo muoversi, in particolare si muovono di moto rettilineo uni-forme. Quindi è necessario descrivere sin da subito il nostro punto nel tempo.Per avere un sistema omogeneo sulla cordinata temporale, devo avere orologidistribuiti nello spazio che siano sincoronizzati tra loro. Ma la condizione disincronismo è come potremo vedere nella relatività Einstaniana è un concettodel tutto astratto, questa condizione non si può mai raggiungere.

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12 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

1.4 Luogo degli eventi

Se consideriamo per semplicità di notazione:

xo = ct (1.26)

allora abbiamo anche la quarta cordianta temporale. I nostri punti ora sonodefiniti da un formalismo matematico che nelle cordinate di identificazionetiene conto anche della cordinata temporale. Il luogo degli eventi quindi, lospazio-tempo assume dunque questa forma:

(x0 − x0)2 −3∑

h=1

(xh − xh) = 0 (1.27)

con x0 > x0 (1.28)

Ora aggiungiamodelle specifiche temporali alla costruzione euclidea dello spa-zio. Quindi dobbiamo prendere la terna cartesiana + 1 oraologio. In tutti isistemi di riferimento localmente inerziali però c’è una cosa comune, che ser-vì per ispirare una metrica comune. La velocità della luce c è uguale in ognisistema di riferimento localmente inerziale a cui noi facciam benappunto riferi-mento. Quindi ho una notazione di musura che mi viene suggerita dal campoelettromagnetico, infatti se so che la propagazione di un’onda elettromagneticaavviene per mezzo di una perturbazione oscillatoria ortogonale di un campoelettrico e di un campo magnetico, allora posso prendere come riferimento que-sto numero di oscillazioni, e quindi definire delle lunghezze d’onda ecc... Oraperò bisogna costruire tutta la geometria affine per un campo a 4 dimensio-ni,definire le basi, definire la matrice associata al prodotto scalare, definire iltensore metrico e tutte le nozioni di distanza.Un particolare di cui bisonga tener conto ed è di fondamentale importanza èche per il caso a 3 dimensioni il prodotto scalare che era definito era definitopositivo e non degenere. Questo mi rendeva invariante lo spazio perrotazione,inversione, e traslazione. Questo non posso più accettarlo in una descrizionedello spazio-tempo la cordianta temporale deve in un qualche modo staccarsidalle altre e risaltare maggiormente. Per fare quasto prendo il prodotto scalareche avevo in R3 con tutte le proprietà a meno della sua positività. Il prodottoscalare è non degenere, quindi tutti i suoi autovalori sono diversi da zero, e ra-giono sulla segnatura del prodotto scalare. Ragionare sulla segnatura vuol direragionare sui segni degli autovalori. Se la segnatura della mia matrice associataè del tipo: (+,−,−,−) allora assegndo per esempio il simbolo + all’autovaloreche mi descrive il tempo e il segno meno agli autovalori della terna cartesiana,in qusto modo ho una stuttura di spazio tempo in cui gli assi cartesiani risul-tano ancora omognei tra di loro e la cordianta temporale risulta ben distintadal tutto. quindi selgo gli assi in questo modo:

〈e0 |e0〉 = 1〈eh |ek〉 = −δh,k con h = k 6= 0 (1.29)

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1.4. LUOGO DEGLI EVENTI 13

In altri posti abbiamo tutti zero e la matrice è diagonale.Quindi la matrice associata al tensore metrico sarà:

G0 =

1 0 0 00 −1 0 00 0 −1 00 0 0 −1

(1.30)

Definisco il tensore metrico come:

(G)µ,ν = 〈eµ |eν〉 = gµ,ν (1.31)

La matrice metrica quindi può essere acneh scritta come:

G0 =(

1 00 −I

)(1.32)

se effettuo un cambio di base:

e′µ =3∑0

γνµeν (1.33)

Quindi se chiamo con Γ la matrice di cambio di base avrò che:

G′ = ΓGΓt (1.34)

Ma se partiamo da una base lonrentziana allora vogliamo che la matriche Gsoddisfi la seguente scrittura:

G0 = ΓG0Γt (1.35)

Le matrici che soddisfano questa proprietà formano il gruppo di Lorentz. ilmio punto P rispetto ad O avrò questa forma:

OP =∑µ

xµeµ (1.36)

mentre se cambio cordinate e mi metto in O’ avrò che il mio punto P avràqueste cordinate (effettuo un cambio di base). I conti sono identici a quellivisti per caso a tre dimensioni, quindi possimao scrivere subito il risutato chesarà:

O′P =3∑

µ=0

x′µeµ (1.37)

quindi:

x′µ =3∑

ν=0

aµνxν − bµ (1.38)

la distanza tra i due cnetri è sempre la solita:

OO′ =∑µ

bµeµ (1.39)

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14 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

e la mia matrice A di cambio di base sarà:

(A)µ,ν = aµν =⇒ A = (Γ−1)t = (Γt)−1 (1.40)

è simmetrica, diagonale e ha un sacco di proprietà. la matrice G0 è simme-tia cquindi abbiamo anche che: G0 = (G0)−1. Da questo risulta semplicedimostrare che:

AG0At = G0 =⇒ A−1(G0)−1(At)−1 = G0 =⇒ moltiplico per A e At

G0 = AG0At ma detG0 = 1 e detA = detAt =⇒(detA)2 = 1 =⇒ detA = ±1

quindi le matrici di cabio di base che sono ammesse per effettuare cabiamen-ti di coordinate lorentziani sono quelli con determiante ±1 in particolare noiconsidereremo le matrici A strutturate in questo modo

A =(

1 00 R

)(1.41)

Dove A è una matrice 4×4 e R rappresenta il gruppo delle rotazioni. Le matricidi questo tipo definiscono il gruppo proprio delle trasformazioni di Lorentz. Inparticolare si considereranno le matrici con queste caratteristiche:

detA = 1A0,0 ≥ 1 (1.42)

Da qui nascono le trasformate di lorentz infatti:Dimostrazione:

Trascrivendo le trasformazioni di Lorentz speciali lungo l’asse x1 si ottieneche:

x′0 = a0

0x0 + a0

1x1

x′1 = a1

0x0 + a1

1x1

x′2 = x2

x′3 = x3

(1.43)

riscrvimo la seconda equazione: x′1 = a1

1[x1−w∼x0] sistituendo con w∼ = −a10a1

1

da cui : a10 = −w∼a1

1 sapendo che:

α) (a00)2 − (a0

1)2 = 1 (1.44)β) (a1

0)2 − (a11)2 = −1 (1.45)

γ) (a00a

10)− (a0

1a11) = 0 (1.46)

dalla α segue che a00 = ±1√

1−w∼2 dato che consideriamo le trasfomate proprie dilorentz quindi con A0,0 ≥ 1 escludiamo la soluzione col meno. Da considerazioni

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1.4. LUOGO DEGLI EVENTI 15

simili si ottiene che:

a00 =

1√1− w∼2

(1.47)

a01 =

−w∼√1− w∼2

(1.48)

a11 =

1√1− w∼2

(1.49)

a11 =

−w∼√1− w∼2

(1.50)

Si nota subito che la matriche è simmetrica e sostituendo nel sistema precedentedi trasformazioni abbiamo le prime trasformazioni di Lorentz che descrivono ipassaggi di corrdiante “SPECIALI” cioè solo quelli lingo l’asse x1:

x′0 =1√

1− w∼2[x0 − w∼x1] x′1 =

1√1− w∼2

[−w∼x0 + x1] (1.51)

tenendo conto che x0 è la cordinata temporale descritta nel seguente modo:x0 = ct si possono scrivere le trasformazioni di Lorentz in un modo decisamentepiù fisico:

x′ =1√

1− w2

c2

[x− wt] t′ =1√

1− w2

c2

[t− w x

c2] (1.52)

poi gli altri assi non vengono toccati quindi abbiamo che:

y′ = y z′ = z (1.53)

Quindi se consideriamo due sistemi di riferimeno il primo in moto relativorispetto al secondo di M.R.U. con velotià −→v allora ottengo il risultato notevoleche l’orologio in moto rimane “indietro” rispetto a quello in queiete. Infattiriprendo la parte della trasfozione di lorentz rigurdante la cordinata temporaleabbiamop proprio che i due tempi si trasformano nel seguente modo:

t′ =1√

1− w2

c2

[t− w x

c2] (1.54)

quindi abbiamo un coefficiente di contrazione temporale che possiamo scriverecome:

τw =τ0√

1− w2

c2

(1.55)

infatti la cordinata temporale xo subisce una trasformazione del tipo:

x0 =

√1− w2

c2· x′0 (1.56)

Efetti direttaemnte misurabili della verità delle trasformate di Lorentz è laradiazione cosmica. Infatti noi sappiamo che la terra è continuamente “bom-bardata” da particelle cosmiche (che arrivano da molto lontano) quindi sono

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16 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

particelle stabili come protoni ed elettroni, che a contatto con l’altmosfera sieccitano e danno vita a nuovi tipi di particelle, i pioni (π−) un pione ha una vitamedia di decadimento molto breve e decade in un muone e in un antineutrino(il netrino salta fuori dalla conservazione dello spin).

π− → µ− + νµ (1.57)

i muoni a loro volta sono particelle con una vita media molto breve e tendono adecadere in un protone + un elettrono + un antineutrino legato alla formazionedell’elettrone.

µ− → p+ e− + νe (1.58)

Queste particelle cosmiche viagginao a velocità che sono frazioni di c addirit-tura arrivano anche a c

10 quindi sono velocità estrememente alte. Ovvimenteper un riferimento centrato sul pione (o sul muone), noi siamo un sistema diriferimento localmente ineriziale e lui rispetto a noi è in moto di M.R.U. quindila sua percezione spaziale si contrae e la nosta percezione temporale (nel suoriferimento) si DILATA ! Questo fa si che il muone arrivi sano e salvo a terraprima di decadere nelle suoi prodotti di decadimento. Si può banalmente dimo-strare che due sistemi in moto tra loro di M.R.U. non mantegnono inalteratauna trasformazione per traslazione: in praticolare le figure geomtriche non sonouna conservante.

x′0 =x0 − w

c x1√

1− w2

c2

x′1 =x1 − w

c x0√

1− w2

c2

(1.59)

In R avrò il mio x0 e il mio −→x fissato;In R’ avro il mio x’0 e poi le compoenti di −→x avranno l’espressione tipica dellatrasformata di Lorentz.se esprimo le cordinate del mio punto in R’ in funzione dix0 ottengo che:

So che: x0 =

√1− w2

c2x′0 +

w

cx1 sostituisco in x′1:

x′1 =x1 − w

c

[√1− w2

c2 x′0 + w

c x1

]√

1− w2

c2

=

(√1− w2

c2

)x1 − w

cx′0 (1.60)

Posso definire una metrica e ottengo un risultato molto interessante:Siano A e B due punti con x0 e −→x ben definiti e fissati in R. In R’ si avrà cheil punto e descritto dalle coordinate uscenti dalle trasformazioni Lorentz.

d′(A,B) =((

1− w2

c2

)(x1A − x1

B)2 + (x2A − x2

B)2 + (x3A − x3

B)2

) 12

(1.61)

Ma il coefficiente(

1− w2

c2

)è sempre minore di 1 !!!!! Quindi abbiamo una

disugualinza importantissima:

d′(A,B) < d(A,B) (1.62)

Le distanze, NON SI CONSERVANO, le figure geometriche euclidee non so-no più invarianti nelle trasformazioni di Lorentz passando da un sistema diriferimento localmente inerziale all’altro.

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1.5. LA MECCANICA RELATIVISTICA 17

1.5 La meccanica relativisticaDefinito il formalismo matematico e definiti i concetti di misura e prodottoscalare, possimao ora pensare a ricostruire la meccanica newtoniana in questospazio, quindi definire le tetravelocit e le tetraaccelerazioni.Consideriamo sempre il nostro punto materiale in R e conmsideriamo l’incre-mentino nelle sue cordinate:

dxh =d

dtxhdt dx0 = cdt (1.63)

allora definiamo il nostro vettore −→v come:

−→v (t) =d

dt−→x (t) (1.64)

quindi la distanza tra due “eventi“ intesi come elementi dello spazio tempo,sarà:

ds2 = c2dt2 −∑h

(dxh)2 = dt2(c2 −−→v (t)2) (1.65)

Questo è valido se il sitema di riferimento è stato preso con basi lorentziane,altirmenti con basi generiche, compare in più solo il termine del tensore metrico(che in questo caso, non sarà più δi,k)

ds2 =∑µ,ν

gµνdxµdxν (1.66)

per trovare il ds ora basta integrare. Nel caso di basi lorentiane l’espressione èparticolarmente semplice:

ds = dt√c2 −−→v 2(t)

s(t) =∫ t

0

dt′√c2 −−→v 2(t) (1.67)

Per un qualsiasi tipo di riferimento avrò che:

s(t) =∫ t

0

∑µ,ν

gµνdxµdxν(ma non manca qualche radice ?????) (1.68)

Un’altra definizione importante che si introduce nella meccanica relativisticaè il concetto di tempo proprio (o tempo invariante). Lo definiamo in questomodo:

τ(t) =s(t)c

=∫ t

0

√1−−→v 2(t)c2

(1.69)

Da questa relazione notiamo infatti che τ(t) < t e bhe banalmente abbiamoche: τ(0) = 0 Ora posso quindi definire una VELOCITA’ A 4 componenti eUNA ACCELERAZIONE A 4 componenti!!! perchè rimetto tutto in funzioneal tempo proprio.

d

dτxµ(τ) = uµ(τ) (1.70)

d2

dτ2xµ(τ) = aµ(τ) (1.71)

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18 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

Per punto in muovimento ho che:

dOPτdτ

=∑µ

eµdxµ

dt(τ) (1.72)

La le cordiante trasformate nel mio sistema riferimento saranno:

x′µ =∑

aµνxν − bµ → Tetravettori

x′µ(τ) =∑

aµνxν(τ)− bµ

u′µ(τ) =dx′µ(τ)dτ

=∑

aµνdxν

dt(τ) =

∑aµνu

ν (1.73)

1

1.6 Definizione di lunghezza e tempo proprio inV 4

La nozione di lunghezza che ci viene suggerita dal prodotto scalare definito dalformalismo matematico in V 4 è la seguente:

ds = dt√c2 − v2(t) da cui: S(t) =

∫ t

0

√c2 − v2(t) dt (1.74)

Posso anche definire un tempo proprio a cui riportare tutti i miei tetravettori:

τ =S(t)c

=∫ t

0

√1− v2(t)

c2dt (1.75)

In questo modo definisco la tetravelocità:

dxµ

dτ= uµ(τ) (1.76)

e la tetraaccelerazione:

d2xµ

dτ2= aµ(τ) (1.77)

Osserviamo ad una trasformazione del sistema di assi come variano le compo-nenti della tetravelocità. In primis bisogna notare che il sistema di coordinateal variaire del riferimento in funzione del tempo questo si trasforma con l’usua-le matrice di trasformazione con la sola differenza che le componenti sono infunzione del tempo proprio.

· x′µ(τ) = aµνxν(τ)− bµ (1.78)

· La tetravelocità varierà con la stessa legge:· u′µ(τ) = aµνu

ν (1.79)

Esplicitando le componenti della tetravelocità:

uµ(τ) =(dxµ(τ)dτ

)τ=τ(t)

=dxµ(τ)dt

dt

dτ=dxµ(τ)dt

1dτdt

= † (1.80)

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1.6. DEFINIZIONE DI LUNGHEZZA E TEMPO PROPRIO IN V 4 19

ma sappiamo bene per come è definito il tempo proprio che:

τ(t) =∫ t

0

dt′√

1− v2/c2 =⇒ dτ

dt=√

1− v2/c2 (1.81)

Quindi sostituendo:

† =dxµ(τ)dt

1√1− v2(t)

c2

(1.82)

esplicitando le componenti:u0

(τ=τ(t)) =(dx0(τ)dτ

)τ=τ(t)

= cq1− v2

c2

uh(t) = vhq1− v2

c2

(1.83)

La condizione che esce dal prodotto scalare è la seguente e vedremo che nellesuccessive trattazioni tornerà molto utile:

〈u |u〉 = (u0)2 −3∑

h=1

(uh)2 = c2 (1.84)

e come visto prima se le trasformazioni che si fanno sono di tipo lorentziano, lecomponenti della tetravelocità e della tetraposizione si trasformano seguendola tipica legge di un cambio di base.

1.6.1 momento - quantità di moto - energia

Lo studio in dettaglio delle compomenti del tetravettore quantità di motoè molto importante perchè dalla definizione della tetraquantità di moto ricavotutte le espressioni legate all’energia di una particella di massam 6= 0 ma anchepoi vedremo che definiremo anche una quantità di energia e una quantità dimoto per particelle di m=0, il che sembra del tutto insensato, ma prende sensonel formalismo postulatorio della meccanica relativistica, e successivamentenella meccanca quantistica di Schrodinger, Heisemberg e Dirac. Notiamo subitoche definendo il tetramomento in questo modo:

pµ = muµ (1.85)

per le proprietà di bilinearità del prodotto scalare, una condiuzione notevoleche risulta subito è la seguente:

〈p |p〉 = m2c2 (1.86)

Questo ci permette di capire eventuali legami tra le varie componneti deltetramomento:

(p0)2 − |−→p |2 = m2c2 (1.87)

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20 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

Quindi la componente temporale del tetramomento è legata al modulo dellesue componenti spaziali come:5

p0 =√|−→p |2 +m2c2 =

mc√1− v2

c2

(1.88)

1.6.2 Le equazioni del MotoAvendo il tetramomento è ora semplice calcolarci le componenti della tetraforzae quindi scrivere un’equazione di newton relativistica:

mduµτdτ

= fµ(x, u) (1.89)

anche la tetraforza si trasforma con la solita matrice di trasformazione dilorentz:

f ′ = µ = aµνfν(x, u) (1.90)

Sfruttando la linearità dell’operazione di derivazione e la bilinearità del pro-dotto scalare otteniamo un risultato interessante:

Dato che: 〈uτ |uτ 〉 = c2 allora questo implica che:

d

dt〈uτ |uτ 〉 = 0 =

⟨d

dtuτ |uτ 〉 = 〈fτ |uτ 〉 = 0 (1.91)

Quindi ottengo il risultato notevole che le componenti della tetraforza e della te-travelocità sono mutualmente ortogonali. Se le componeneti sono mutualmenteortogonali allora possiamo dire che la tetraforza è ortogonale alla tetravelocitàe in generale diciamo che 〈fτ |uτ 〉 = 0Esplicitando il conto ottengo la relazione tra le compomenti della tetraforza:

〈f |uτ 〉 = f0u0 −3∑

h=1

fhuhτ = 0 (1.92)

sapendo che :

u0 =c√

1− v2/c2e poi uh =

vh√1− v2/c2

(1.93)

questo implica che:

f0 =∑ fhvh

c√

1− v2

c2

√1− v2

c2=⇒ f0 =

−→f · −→vc

(1.94)

La legge di trasformazione della tetraforza è sempre la solita legata al cambiobase:

f ′µ = aµνfν(x, u) (1.95)

La f0 dipende dalla velocità quindi ache tutte le altre compoennti dipenderannodalla velocità −→v

5In verità nella trattazione manca una parte quella legata al fatto che p0 dal punto di vista

algebrico non è soloq˛−→p ˛2 + m2c2 ma ci può essere anche un segno negativo e avere una

forma del tipo: p0 = −q˛−→p ˛2 + m2c2 questo risultato viene usato in meccanica quantistica

per spiegare e trattare tutta la teoria sulle antiparticelle, cioè particelle di massa negativa.

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1.6. DEFINIZIONE DI LUNGHEZZA E TEMPO PROPRIO IN V 4 21

1.6.3 ENERGIA:Il tetramomento da qunto detto fin’ora è quindi definito come:

p0 = mcq1− v2

c2

ph = mvhq1− v2

c2

(1.96)

Se ho −→p del mio punto materiale riesco a risalire alla velocità? Si perchè:

〈u |u〉 = c2 =⇒ 〈p |p〉 = m2c2 =⇒ (p0)2 = m2c2 +∑

(ph)2 (1.97)

L’energia è qundi definita come:

E = cpo = mc2√

1 +|−→p |m2c2

(1.98)

Per il caso Non relativistico posso pensare che |v| c cioè |p| mc quindil’argomento della radice posso pensarlo come un

√1 + E quindi sviluppabile in

serie di Taylor:

E = mc2

[1 +

12|p|2

m2c2− 1

8|p|4

m4c4+ o

(|p|4

m4c4

)](1.99)

Cioè che mi interessano sono le variazioni di energia quindi il termine con mc2si toglie e rimane la solita espressione dell’energia cinetica che ben conosciamo:

∆E =12|p|m

=⇒ 12m |−→v |2 (1.100)

Ma se noi siamo interessati alla dinamica per esempio del campo elettroma-gnetico, allora siamo costretti a pensare di dover lavorare con oggetti la cuimassa ha valore nullo. Se condiseriamo m = 0 possiamo facilmente vedere chenon possiamo più metterci in una condizione non relativistica perchè l’unicavelocità accessibile per oggetti di questo tipo è solo c.

m = 0 =⇒ 〈p |p〉 = 0 (1.101)

allora il tetramomento vrà diverse distinzioni in funzione a 〈u |u〉 :

• Se 〈u |u〉 > 0 abbiamo un tetramomento di tipo TEMPO;

• Se 〈u |u〉 = 0 abbiamo un tetramomento di tipo LUCE;

• Se 〈u |u〉 = 0 abbiamo un tetramomento di tipo SPAZIO;

e abbiamo sempre che se x0 = 0 =⇒〈x |x〉 = − |−→x | < 0.Se m = 0 po = |−→p | E = c

√px2 + py2 + pz2

Da cui ottengo insesorabilmente: v = c−→p|−→p | quindi l’unica velocità accessibile

per una particelal di massa nulla è c Se ho un vettore di tipo tempo tale che〈u |u〉 > 0 riesco a trovare una trasformazione di lorentz tale che mi annullitutte le componenti spaziali? Si è possibile

〈u |u〉 > 0 tale che u′k = 0 〈u |u〉 = (u0)2 (1.102)

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22 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

Altro torema importante per i vettori di tipo spazio è il seguente:

TEOREMA:∃ semplre una trasformazione di Lorentz (A)µν tale che un tetravettore di tipospazio si possa scrivere come :

〈u |u〉 < 0 ottengo che u′0 = 0 〈u |u〉 = −∣∣∣−→p′ ∣∣∣2 (1.103)

per un teetravettore di tipo Luce con m>0 posso effetturare le usuali trasfor-mazioni di Lorentz per esempio per mettermi nelle condizioni in cui:

(A)µν :−→p′ = 0

−→v′ = 0 p′0 =

E

c(1.104)

la trasformazione è semplice. Ma se m=0,on riesco più a trovare una condizionedel genere. la mia particella, non è in quiete rispetto a nessun sistema diriferimento ma ha sempre velocità c.

1.6.4 La struttura della TetraforzaAnalizzando la struttura della tetraforza possiamo notare che:

dpµ

dτ= fµ 〈f |u〉 = 0⇐⇒ 〈u |u〉 = c2 (1.105)

Quello che ci proponiamo di fare è di analizzare il legame tra tra tetraforza ela velocità, supponiamo che ci sia un legame lineare, poi si potrà notare chequesto tipo di legame è l’unico che mantiene il formalismo Lagrangiano.Siano u, f ∈ V 4 studiamo la famiglia degli isomorfismi :V 4 → V 4. Assegnatauna base eµ di V 4 le applicazioni lineari saranno:

F (eν) = Fµν eµ (1.106)

se prendo un u ∈ V 4:

F (u) = uνF (eν) = uνFµν eµ =⇒ F (u)µ = uνFµν (1.107)

Se effettuo un cambio di base ottengo che:

e′ν = γµν eµ

u′µ = γµν uν (1.108)

PASSO POCO CHIARO:

F ′µν = γλν aµσF

σλ =⇒ fµ = uνFµν (1.109)

1.7 Costruzione delle basi dell’elettromagnetismoPer definire la tetraforza in questo ambito è necessario introdurre il concettodi carica, secondo la forza di lorentz:

fµ(x) = e [uνFνµ(x)] (1.110)

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1.7. COSTRUZIONE DELLE BASI DELL’ELETTROMAGNETISMO 23

per far tornare tutte le grandezze ed unità di misura definisco la tetraforzaelettormangnetica come la scrittura precedente divisa per c. Alcune considera-zioni importanti sui legami che si sono tra le varie componenti, possiamo farleanalizzando la scrittura:

〈f |u〉 = 0 (1.111)

da cui si ottiene:

〈f |u〉 = fµgµλuλ = uνFµν gµλu

λ = 0 (1.112)

Ottengo una scrittura degna di nota, che mi identifica il campo elettromagne-tico nella sua forma tensoriale:

Fµλ = Fµν gµλ (1.113)

Sostuitendo nello sciluppo del prodotto scalare ottengo:(uνFνλu

λ = 0)

=⇒ Fνλ = −Fλν (1.114)

Dimostro che se vale uνFνλuλ = 0 allora vale Fνλ = −Fλν :

12(uνFνλu

λ + uλFλνuν)

=12uνuλ (Fνλ + Fλν) = 0 (1.115)

Ora mostraimo la legge di trasformazione del tensore di campo, che è una tipicatrasformazione di base di un tensore di rango due.

F ′νλ = γµν γσλFµσ (1.116)

Dato il tensore di campo vado a vedere come è fatta la tetraforza:√1− v2

c2fh(x) = Fh(x) =⇒ d−→p

dt=−→F (x) (1.117)

La tetraforza si trasforma con la solita legge di trasformazione:

f ′µ = uµFµν (1.118)

In riferimenti lorentziani questo diventa:

Fµ′

ν (x)g′µλ = F ′νλ(x) =⇒ Fλ′

ν (x)og′λλ= Fνλ(x) (1.119)

Fλ′

ν (x) =Fνλogλλ

(1.120)

Conogλλ= 1 se λ = 0 e −1 altimenti. Nel caso elettromagnetico la matrice del

tensore di campo è fatta nel segunete modo:

Fνµ =

0 −Ex −Ey −EzEx 0 Bz ByEy −Bz 0 BxEz −By −Bx 0

(1.121)

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24 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

Data la matrice di campo ora posso scrivere tutte le grandezze elettromagne-tiche: √

1− v2

c2fh(x) = Fh(x) (1.122)

dove:

fµ =e

c

∑uνFµν (x) =

e

c

∑uνFνµgµν

(1.123)

L’espressione della forza di Lorentz diventa quindi:

−→F =

e

c

c√1− v2

c2

·√

1− v2

c2−→E (−→x , t) (1.124)

−→F = e

(−→E +

1c−→v ×

−→B

)(1.125)

1.8 Il tetrapotenziale eletteomagneticoOra suppngo che al mio campo tensoriale Fνµ sia associato un potenziale vettore−→A tale che:

Fνµ(x) =∂Aµ(x)∂xν

− ∂Aν(x)xµ

(1.126)

Si può dimostrare che la scruttura appena scritta soddisfa l’equazione differen-ziale:

∂Fµν∂xλ

+∂Fνλ∂xµ

+∂Fλµ∂xν

= 0 (1.127)

E’ facile verificarlo, infatti basta sostituire l’espressione 1.126 nella 1.127 eottengo:

∂2Aµ∂xν∂xλ

− ∂2Aν∂xµ∂xλ

+∂2Aλ∂xµ∂xν

− ∂2Aµ∂xλ∂xν

+∂2Aν∂xλ∂xµ

− ∂2Aλ∂xν∂xµ

= 0 (1.128)

ed è facile vedere che tutto si elide in qanto vale il torema di swartz per lederivate incrociate.Sapendo che il tensore che descrive il mio campo elettromagnetico è fatto come1.121 allora è facile trovare le leggi di Maxwell basta sostituire le espressioni diprima:

∂F1,2

∂x3+∂F2,3

∂x1+∂F3,1

∂x2= 0 (1.129)

cioè:

div−→B = 0 (1.130)

ciclando con µ = 0 , ν = 1 e ρ = 2 ottengo le componenti del rotore di−→E :

∂Ey∂x− ∂Ex

∂y= −1

c

∂Bz∂t

(1.131)

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1.8. IL TETRAPOTENZIALE ELETTEOMAGNETICO 25

ciclando per tutte le componenti ottengo:

rot(−→E )z = −1

c

∂Bz∂t

(1.132)

allora

−→E = −∇V − 1

c

∂−→A

∂t(1.133)

−→B = rot(

−→A ) (1.134)

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26 CAPITOLO 1. CRISI DELLA FISICA CLASSICA

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Capitolo 2

Calcolo Tensoriale

Sia V 4 Lo spazio tempo caratterizzato con la seguente segnatura: V 4(+−−−).Di notevole importanza sono le applicazioni lineari da V → R che possonorappresentare grandezze fisiche continui in intorni di V 4. A questo punto èinteressante andare a studiare anche il duale di V, che solitamente viene indicatocome V ∗ cioè l’insieme di tutti i funzionali lineari su V .Dato F ∈ V ∗ e data una base eh in V, f è univocamete identificato:

fh = f(eh) per h = 1, 2, · · · , n (2.1)

Per un u ∈ V avremo che:

f(u) = fhuh (2.2)

E’ subito intuitivo stabilire una base di V ∗ che sarà costituita dai funzionalilineari ∼eh tali che:

∼eh (ek) = δh,k (2.3)

Gli elemnti di u ∈ V vengono dettiVettori Controvariantimentre gli elemntif ∈ V ∗ sono detti Vettori Covarianti, uh e fh sono le componenti di questivettori una volta fissata la base (eh). Cambiando la base con una trasformatadi lorentz otteniamo che le componenti cambiano seguendo la tipica legge dicambio di base:

e′k = γhk eh (2.4)

sapendo che f ′k = f(e′k) ho che :

f(e′k) = γhk fh (2.5)

poi le u si trasformeranno con la solita legge:

u′k = akhuh (2.6)

con Γ = (AT )−1 I vettori della base del duale si trasformano in modo analogocon la matrice di trasformazione:

∼e′k= γνk

∼eν (2.7)

27

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28 CAPITOLO 2. CALCOLO TENSORIALE

Le applicazioni si trasformano nell’usuale modo:

f(e′h) = f ′µ = γνµfν (2.8)

Le basi del duale si possono dare nel seguente modo una volta fissate quelle suV 4

∼eµ∈ V ∗ =⇒∼e

µ(eν) = δµ,ν = δµν (2.9)

f = fµ∼eµ⇐⇒ f(eν) = fν (2.10)

Per vedere bene il legame di V col suo duale possiamo analizzare la scrittura:

〈u |v〉 uhgh,kvk (2.11)f(v)(u) = 〈v |u〉 = vσgσλu

λ = f(v)λ = vσgσλ = f(eλ) (2.12)

quindi note le componenti dell’elemento v, posso costruire il funzionale lineare.

2.0.1 notazioni del tensore metrico inverso

(G)µν = gµν (2.13)(G−1)µν = gµν (2.14)

Questa è la tipica notazione:

vσ = gσλvλ (2.15)

L’indice sotto identifica un funzionale lineare quindi una componente covarian-te, mentre l’indice in alto identifica una componente controvariante quindi unvettore di V 4. Ora analizzando il prodotto scalare si può notare che:

〈v |u〉 = vσgσλuλ = f(v)(u))Vλuλ (2.16)

ma possimao vedere anche con le componernti covarianti:

Vλu = V σgσλ = V σuσ (2.17)uσ = gσλuλ =⇒ 〈v |u〉 = Vσg

σλuλ (2.18)

Dove la matrice gµν è definita come:

gµν =(

1 00 1

)=o

G=o

G−1

(2.19)

2.0.2 Applicazioni multilineariSe sono nel caso di avere una funzione di più variabili u1, u2, · · · , uN alloraentra in gioco il concetto di applicazione MULTILINEARE che verrà chiamataTENSORE. Fissata la base in V (spazio dei miei vettori controvarianti) alloradefinisco il mio funzionale multilineare come:

f(u1, · · · , un) = Th1,··· ,hnuh11 · · ·uhnn (2.20)

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29

Le componenti del tensore f sono date dalla seguente matrice:

Th1,··· ,hn = f(e1, · · · , en) (2.21)

se effettuo un cambio di base:

T ′µ1···µn = γν1

µ1· · · γν

n

µnfν1,··· ,νn (2.22)

questa è la tipica legge di trasformazione dei tensori covarianti di rangoquattro .Ora supponiamo sia data l’applicazione V φ−→ R V è il mio spazio tempo allorapreso un x ∈ V ho che x 7→ φ(x). Fissata la base in V eµ allora posso fareuan serie di considerazioni:

x = xµeµ =⇒ φ(x0, x1, x2, x3) =⇒ φ : R4 → R (2.23)

Se cambio la base e passo ad un riferimento comunque lorentziano ottengo che:

x = x′µe′µ =⇒ φ′(x′0, x′1, x′2, x′3) = φ0(x0, x1, x2, x3) (2.24)

la base si trasforma e diventa e′µ = γµν eν quindi le coordinate si trasformano

di conseguenza: x′µ = aµνxν per funzioni a più variabili non è così banale il

cambio di base, è molto complicato. Però fissata la base in V 4 questo videntaisomorfo a R4 quindi potrei scrivere:

(A−1)λσx′σ = (A−1)λν(A−1)νµxµ = xλ (2.25)

Da cui:

φ′(x′0, x′1, x′2, x′3) == φ′

((A−1)0νx

′ν , (A−1)1νx′ν , (A−1)2νx

′ν , (A−1)3νx′ν) =

= φ(x0, x1, x2, x3) (2.26)

2.0.3 Analizzando le sue derivateVediamo ora come risultano scritte le derivate parziali:

∂φ′(−→x )∂x′λ

=∂φ(−→x )∂xν

∂xν

∂x′λ=∂φ(−→x )∂xν

(A−1)νλ = (A−1)λν∂φ(−→x )∂xν

=∂φ′(x′)∂x′λ

Se il campo ammette potenziale scalare le derivate parziali identificano lecomponenti covarianti di un campo vettoriale:

T ′µ(x′) =∂φ′

∂x′µ=

∂φ

∂xν(A−1)νµ = γνµ

∂φ

∂xν= γνµTν = T ′µ(x′) (2.27)

questo risultato è concorde col fatto che:

dφ = Tν(x)dxν (2.28)

PEZZO OSCURO:é indipendente dalla base scelta e le dxν sono le componenti controvarianti diun vettore (?). Più in generale le derivate di un campo tensoriale rispetto a xµ

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30 CAPITOLO 2. CALCOLO TENSORIALE

da luogo ad un nuovo tensore corredato da un ulteriore indice µ di covarianza(?...ma non era controvariante)per uan questione di notazione dico:

φ(x)/ν =∂φ(x)∂xν

(2.29)

allora se scrivo:

φ′(x′)/λ = γνλφ(x)/λ (2.30)

Se prendiamo un esempio di campo tensoriale molto simile a quello usato perdescrivere il campo elettromangetico:

Tν1,ν2,··· ,νk(x) (2.31)

1 Il tensore si trasforma segunedo la tipica legge di trasformazione:

T ′ν1,··· ,νn(x) = γµ1ν1· · · γµkνk Tµ1,··· ,µk(x) (2.32)

Rifacendo gli stesso passaggi fatti per il campo scalare:

T ′ν1,··· ,νk/λ(x′) =∂T ′ν1,··· ,νk(x′)

∂x′λ= γµ1

ν1· · · γµkνk Tµ1,··· ,µk/σ(x) (2.33)

I cambi di coordinate sono dei diffeomorfismi quindi nel caso generale tensorialela descrizione è molto complicata. Qiuello appena visto vale solo per basilineari. Allora posso scrivere la relazione tra V e V ∗ che risulta:

Fµνgµσgλν = Fσλ (2.34)

2.1 Il tensore di Levi-Civita e flusso Q.D.M.Il tensore di levi civita è un simbolo matematico usato nel calcolo tensoriale conlo scopo di alleggerire la notazione. La sua definizione completa è la seguente:

εijlmno.. =

1 Per permutazioni pari di 1 2 3 4 5 ...−1 Per permutazioni dispari di 1 2 3 4 5 ...

0 Se due o più indici sono uguali(2.35)

noi analizzeremo solo per il caso a tre indici. In questo caso particolare, quel-lo più usato nella meccanica del continuo, possiamo vedere delle interessantiproprietà:

εijlAhiAkjAml = det(A)εhkm (2.36)

da cui si ricava che :

det(A) =εpqrεijlApiAqjArl

6(2.37)

Relazioni di Kronaker per un indice condensato:

εijlεlkm = εijlεkml = (δikδjm − δimδjk) (2.38)1che è molto simile al tensore di rango due Fµν(x) usato nel campo elettromagnetico

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2.2. TENSORE DI FLUSSO DI QUANTITÀ DI MOTO 31

Relazione di Kronaker per due indici condensati:

εijlεkjl = (δikδjj − δijδjk) = 3δik − δjk = 3δik − δik = 2δik (2.39)

Relazione di Kronaker per tre indici condensati:

εijlεijl = (δiiδjj − δijδji) = 9− 3 = 6 = 3! (2.40)

Teorema: Sia A matrice generica e sia φ un parametro infinitesimale, allora:

det(1+ φA) = 1 + φTrA (2.41)

Proof.

det(1+ φA) =16

[εijlεhkm(δih + φAih)(δjk + φAjk)(δlm + φAlm)] =

=16εijlεhkm[δihδjkδlm + φ(δihδjkAlm + δihAjkδlm +Aihδjkδlm)] =

=16εijl[εijl + φ(εijmAlm + εiklAjk + εhjlAih) =

=[1 + φ

(δlm3Alm +

δjk3Ajk +

δih3Aih

)]= 1 + φTrA (2.42)

2.2 Tensore di flusso di quantità di motoSupponendo di aver dimostrato la relazione per le derivate sostanziali ottengoche :

∂t(ρf) + div(ρf−→v ) = ρ

DfDt

(2.43)

∂t(ρvi) + ∂j(ρvivj) = −∂ip+ pgi (2.44)

∂t(ρvi) + ∂j(ρ[vivj +

p

ρδij ]) = pgi (2.45)

definisco la grandezza :

Πij = vivj +p

ρδij (2.46)

2.3 Leggi di trasformazioneUn vettore polare, in un sistema di riferimento ortogonale si trasforma con laseguente legge:

X ′i = RihXh (2.47)

Allor stesso modo si può notare che un tensore di rango 2 passando dal sistemadi rifentimo R a R’ (in cui i sistemi sono strettamente ortogonali) le componentidi matrice si trasfomano con l’usuale legge:

T ′ij = RihRjkThk (2.48)

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32 CAPITOLO 2. CALCOLO TENSORIALE

mentre un tensore di rango 3:

T ′ijl = RihRjkRlmThkm (2.49)

e così per qualunque tensore di rango superiore che si trasforma da un sistemaortogonale ad un altro. Queste leggi di trasformazione sono essenziali perchèdato un oggetto che ancora non è ben identificato, osservando la sua legge ditrasformazione possiamo classificarlo come tensore. Quindi da ora in poi defi-niremo tensore un qualunque oggetto geometrico che si trasforma con la leggesopra esposta.Possiamo introdurre ora il concetto di prodotto tensore. Definire in modo ge-nerico il concetto di prodotto tensore è molto complicatoe qui di seguito, percompletezza, se ne darà solo un accenno. Partiremo con la trattazione delproblema banale della trasformazione del tensore T ij inteso come T ij = uivj

applicando la legge di trasformazione dei tensori di rango due se effettivamente(come poi si noterà) il tutto si trasforma con quella legge allora è possibile in-tuire l’esistenza di un’operzione tensoriale che chiamiamo prodotto tensoree che ha la propeità tale che:

Sia T tensore a m indici e Γ un tensore a n indici, allora: T ⊗Γ è un tnesorea n+m indici

DEFINIZIONE:CASO GENERALE: Siano V e W due spazi vettoriali generici. Definiscoquindi prodotto tensoriale tra lo spazio V e lo spazioW la coppia (V ×W,⊗)dove ⊗ è un’applicazione bilineare tale che, data una qualsiasi separazione deltipo: · : V ×W → L deve esistere un unico isomorfirmo ϕ : (V ⊗W )→ L cioè

V,W : dim(V ) = n dim(W ) = m

=⇒ Se (V ×W,⊗) : ∀ V ×W ∃! φ : v · w = φ(V ⊗W ) Allora:(V ×W,⊗) è prodotto tensore e la dimensione dello spazio è n+m

Si può mettere in evidenza che il fatto che lo spazio definito da (V ×W,⊗) haeffettivamente dimensione n+m ed in più si può mettere in luce meglio il ruoloche ha l’unicità dell’isomorfismo ϕ, ma dato che è solo un accenno ..... talerimane.

CASO BREVE-SEMPLICE Mi limito a lavorare in spazi generati da basiortonogonali quindi ho che le leggi di trasformazione sono date dalla usualegeometria:

x′i = Rijxj (2.50)

dove R è una matrice di rotazione ortogonale e quindi d’ora in poi i contisaranno semplificati tenendo conto che:

R−1 = Rt =⇒ RRt = 1 (2.51)

ma detR = detRt e per il th. di Binet det(RRt) = detR detRt = det1 cioè(detR)2 = 1 =⇒detR = ±1 Conosco la legge di trasformazione dei tensori dirango due:

T ′ij = RihRjkThk (2.52)

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2.3. LEGGI DI TRASFORMAZIONE 33

Ora definisco il mio tensore di rango due nel seguente modo:

Siano ui ∈ U e vj ∈ V : Tij = uivj (2.53)

come si trasforma questo oggetto ? Da un punto di vista morale mi aspetto cheun genrico tensore dato da: T ′′ij = u′iv

′j sia effettivamente T ′ij quindi svolgento

i conti:

T ′′ = u′iv′j = RihuhRjkvk = RihRjkuhvk = RihRjkThk = T ′ij (2.54)

quindi u ·v si trasforma nel modo usulae dei tensori ed in particolare raggiongola stesa definizione del tensore di partenza. Allora posso dire che:

Tij ∈ (U ⊗ V ) (2.55)

Questa definizione è bruttissima. E’ molto meglio quella del caso generale.

Regola del QuozienteSia vi ∈ V vettore e sia uj ∈ U vettore allora se vale:

vi = Tijuj ∀uj ∈ U =⇒ Tij è tensore di rango due

Proof: Parto sempre dalla legge di trasformazione:

vi = T ′iju′j (2.56)

tale che:

v′i = Rihvh u′j = Rjkuk (2.57)

allora:

vi = Rhiv′i = TijRkju

′k moltiplico per R−1

il (2.58)

R−1il Rniv

′i = R−1

il TijRkju′k (2.59)

Tenendo conto del fatto che: R−1il Rni = RliRni = RliRni = δln

δnlv′l = RliRkjTiju

′k =⇒ v′l = T ′lku

′k (2.60)

ma la relazione a cui siamo raggiunti : v′l = T ′lku′k deve valere per ipotesi per

ogni u ∈ U allora l’espressione T ′lk dovrà essere sempre possibile scriverla come:

T ′lk = RilRjkTij (2.61)

ma questa è la legge di trasformazione di un tensore di rango due. Allora Tijsotto le ipotesi inziali è sempre un tensore di rango due. q.e.d

La regola del quoziente è di fondamentale importanza nell’analisi tensoria-le. Infatti possiamo subito esplicitare una banale applicazione. Sfruttandosemplicemente il teorema appena esposto è intuitivissimo dimostrare che iltensore degli sforzi è effettivamente un tensore e ha rango due:

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34 CAPITOLO 2. CALCOLO TENSORIALE

Si può dimostrare il carattere isotropo della pressione, cioè definendo lo sforzoagente (quindi definendo la normale n) o lo sforzo subito (allora definendon = -n) si era arrivati a definire la seguente grandezza:

fi(−→x ,n) = fi(−→x ) (2.62)

quindi indipendente dalla direzione della normale. La grandezza fi che è unaforza di volume fu definita nel seguente modo:

fi(x,n) = σijvj (2.63)

dove sia definito il mio volume V e vj ∈ ∂V vettore genrico! Allora mi riconducoalle ipotesi del teorema del quoziente appena dimostrato. Ho fi che un vettore,e vi ∈ ∂V un vettore generico, allora per il teorema σij esiste ed è un tensoredi rango due. Lo definisco come Tensore degli sforzi

Tensori Simmetrici ed AntisimmetriciCome sempre partiamo dal presupposto che noi lavoriamo sempre in sistemi or-togonali, quindi aventi tutte le proprietà prima definite. Cercare delle relazionitensoriali, vuol dire cercare delle leggi di trasformazioni la cui forma riman-ga inalterata da un sistema di riferimento all’altro! Questo, in precedenza, ciha permesso addirittura di definire un tensore (in funzione alla sua legge ditrasformazione) e successivamente di calssificarne il rango. La regola del quo-ziente, che in precedenza è stata enunciata per tensori di rango due, è possibilegeneralizzarla a qualsiasi rango, quindi ecco perchè è importante avere delle re-lazioni invarianti nei vari sistemi di riferimento. Un modo diverso ed elegantedi affrontare questo problema sarebbe quello di effettuare le classificazioni inmodo astratto lavorando in modo generale come si è accennato nel primo casodi definizione del prodotto tensoriale.Qui di seguito definiamo un tensore simmetrico usando le leggi invarianti ditrasformazione:

S è tensore di rango due simmetrico se:

S′ij = RihRjkShk (2.64)

h e k sono indici muti e posso rinominarli a piacere. Effettuo questa rinomina-zione: h = k e k = h

S′ij = RikRjhSkh (2.65)

ora uso la simmetria di del tensore Shk per ritornare alla solita legge di trasfor-mazione

S′ij = RikRjhSkh = RikRjhShk = S′ji (2.66)

q.e.d.

S è tensore di rango due anti-simmetrico se:

Aij = −Aji (2.67)

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2.3. LEGGI DI TRASFORMAZIONE 35

Questa proprietà la si mette in evidenza come la precedente:

A′ij = RihRjkAhk = RikRjhAkh = −RikRjhAhk = −Aji (2.68)

q.e.d.

Avere a disposizione le definizioni di tensore simmetrico e antisimmetrico per-mette ora di raggiungere dei risultati di importanza rilevante. Per esempio diseguito è presentata la decomposizione di un tensore di rango due nelle suecomponenti simmetriche e antisimmetriche.

Sia T un tensore del secondo ordine, allora è possibile scrivere:

T = S + A (2.69)

dove S è un tensore del second’ordine simmetrico mentre A è anch’esso untensore del second’ordine però antisimmetrico. Questa decomposizione è uni-ca.

Proof:Possiamo notare che una decomposizione che funziona è la seguente:

Tij =12

[Tij + Tji] +12

[Tij − Tji] (2.70)

Dove la prima parte è simmetrica mentre la seconda parte rappresenta la parteantisimmetrica. Manca la dimostrazione che questa decompiosizione è unica.q.e.d.

Sia T un tensore del secondo ordine, allora è possibile decomportlo in par-te simmetrica , antisimmetrica più una parte isotropa rappresentata da untensore a traccia nulla:

Tij =12

[Tij + Tji −

23Tllδij

]+

12

[Tij − Tji] +13Tllδij (2.71)

Un tensore si dice isotropo se mantiene la stessa forma in qualsiasi siste-ma di riferimento.Proof:I tensori istropi sono quelli multimpli della delta di Kroneker quindi sia a scalareallora:

a(δij) = aRihδhkRjk = aRikRik = a(δij) (2.72)

q.e.d.

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36 CAPITOLO 2. CALCOLO TENSORIALE

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Capitolo 3

Le equzioni di Maxwell consorgente

per avere una descrizione compledta della dinamica del campo elettromagneticovariabile è necessario far rientrare nelle equazioni delle onde, le sorgenti comecariche e densità di correnti. Il tutto può essere formalizzato dicendo:∫

ω

d2xρ(−→x , t) = qω(t) (3.1)

Questa scrittura è assolutamente continua secondo la misurara di lebesgue,allora posso formalizzare il tutto:

dqω(t)dt

= −∫σω

−→n dσ−→j (−→x , t) = −∫ω

d3x div(−→j (−→x , t)) (3.2)

risolvendo si ottiene:

∂cρ(x, t)∂t

+∂jh(x, t)∂xh

= 0 (3.3)

Che è la legge di continuità della quantità di carica. Le componenti dellatetradensitàdicorrente sono:

jµ(x) =

j0(x) = cρ(x)jh(x) per h:=1,2,3 (3.4)

∂jµ(x)∂xν

= T νµ (x)

∂ρ(x, t)∂t

= −div(j) (3.5)

integrando:

qω(t) =∫ω

ρ(x, t)d3x =⇒ dω(t)dt

= −∫σ(ω)R

dσ⟨−→j |−→n 〉 (3.6)

Se R → +∞ =⇒La sorgente descresce con un grado di 1r2 ma j è va a zero

ancora più velocemente di 1r2 allora questo mi dice che se il campo è asintotico

37

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38 CAPITOLO 3. LE EQUZIONI DI MAXWELL CON SORGENTE

j → 0 abbastanza regolarmente da far tendere a zero anche tutto l’integrale,ottenendo:

dQ

dt= 0 (3.7)

Che è la legge di conservazione della carica.Ora posso considerare

−→j → o

(1|r2|

)per |−→x | → +∞ penso a j e ρ come due

tetravettori allora posso scrivere le componenti di j

jµ(x) =

j0(x) = cρ(x)jh(x) per h:=1,2,3 (3.8)

e quindi per la conservazione di carica:

∂jµ(x)∂xµ

= 0 (3.9)

In un altro sistema di riferimento avrò ancora la stessa legge che però saràscritta in funzione alla trasformazione di lorentz come:

∂j′µ

∂x′µ= 0 =⇒ j′µ = aµν j

ν(x) (3.10)

quindi quella appena scritta è una legge di variazione della densità di carica infunzionealal trasformazione di lorentz. in particolare le densità si trasformanocon la legge tipica:

j′0 = a0νjν(x) (3.11)

quindi deduco che j′0 6= 0 quindi in un conduttore in moto c’è un fenomeno dimagnetizzazzione.

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Capitolo 4

Meccanica quantistica

Pacchetto d’onda piccato in K0

N1,2(k) =1

8πc |k||α1,2(k)|2 ei(k·x−c|k|t) (4.1)

p = hk (4.2)

Posso riscrivere in termini relativistici l’energia:

E = cp0 = chk0 = ch |k| = h

2π2πν = hν (4.3)

Energia del pacchetto d’onda:

E = hν (4.4)

4.1 Effetto comptonPer spiegare l’effetto compoton, immagino che la radiazione in questione siacostituita da pacchetti d’onda, quindi da delle strutture identificabili con delleparticelle. Queste particelle colpiscono la materia e urtano in modo elastico.Quindi il sistema possiamo pensare di trattarlo banalmente con la conservazionedella quantità di moto. Da semp0lici conti vedremo come si può arrivare allalunghezza d’onda Campton: Supponiamo che ci sia una certa particella cheidentificheremo con ′′γ′′ che arriva ed interagisce in modo elastico. La leggeche governa tutto il fenomeno, come detto precendentemente è la seguente:

Piγ = Pfγ + Pfe (4.5)

Scrivo l’equazione di bilancio:∣∣pγ∣∣ c+mec2 =

∣∣p’γ∣∣ c+√mec2 + |pe| (4.6)

si eleva tutto al quadrato:(∣∣pγ∣∣− ∣∣p’γ∣∣)mec = (1− cosϑ)(∣∣pγ∣∣ ∣∣p’γ∣∣) (4.7)

Ricordando che p = hK = hνc = h

λ

(λf − λi) =h

mec(1− cosϑ) (4.8)

39

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40 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.2 Principio di indeterminazione di Haisemberg

Per avere una condizione di pacchetto d’onda devo avere che:

Volume ∼ 1∆3

(4.9)

Allora:

∆x∆y∆z ≥ 1∆3

=h3

∆px∆py∆pz=⇒ ∆x ·∆p ≥ h3 (4.10)

Oppure posso notare che: p = hνc quindi se ci sarà un’incertezza sulle posizioni

sarà nell’ordine della lunghezza d’onda quindi ho che ∆x ≥ λ = cν Raccordando

i vari pezzi ottendo il risultato di Heisemberg

∆x ·∆p ≥ c

ν

c= h (4.11)

4.3 Equazione di Cmapo di Klein-Gordon

Usando una notazione Hilbertiana, introduco subito la soluzione con l’integraledi Fourier:

φ(x) =1

(2πh)32

∫d3pe

ih (p·x−p0x0)c+ + e−

ih (p·x−p0x0)c− (4.12)

dove p0 = E=√m2c2 + |p|2 Faccio la prima derivata rispetto al tempo:

1c

∂2φ

∂t2=

1(2πh)

32

∫d3p−

(p0

h

)2

exp(·)C+ +(p0

h

)2

exp(·)C− (4.13)

Ora il laplaciano:

∇2(φ) =1

(2πh)32

∫−(|p|h

)2

exp(·)C+ +(|p|h

)2

exp(·)C− (4.14)

rimmetto insieme i due risultati raggiunti:(1c

∂2

∂t2−∇2

)φ(x, t) =

∫−(

1h2

)((p0)2 − |p|2) exp(...) (4.15)

ma (p0)2 − |p|2 = m2c2(1c

∂2

∂t2−∇2

)φ(x, t) = −m

2c2

h2 φ (4.16)

In forma tensoriale: (gµν∂µ∂ν +

m2c2

h2

)φ = 0 (4.17)

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4.3. EQUAZIONE DI CMAPO DI KLEIN-GORDON 41

4.3.1 Il Campo di Klein-Gordon come un continuo:Ora si studierà l’interazione del campo elettromagnetico con il campo di Klein-Gordon. Dalla teoria Classica abbiamo che nel caso elettromagnetico i poteziali(scalari e vettoriali) erano definiti (fissati E e B) in una classi di trasformazidi Gauge:

V ′ = V − 1c

∂Λ∂t

(4.18)

A’ = A + gradΛ (4.19)

Per prima cosa si può notare che la simmetria globale del cmapo è di tipo U(1)cioè rappresentata da un gruppo circolare unitiario e si ha quindi dipendezasolo dalla fase:

φ′ = φeiγ (4.20)

Per questo motivo, diventa sensato definire una derivata covariante nelle se-guente forma:

Dν =∂

∂xν+ ieAν (4.21)

E quindi di conseguenza ho la diretta definizone dell’operatore impulso:

pµ → pµ − e

cAµ (4.22)

dal punto di vista della M.Q. prendo le grandezze SOLO covarianti:

−ih ∂

∂xµ→ −ih ∂

∂xµ− e

cAµ (4.23)

sostituisco dentro l’equazione di campo di Klein-Gordon e ottengo l’equazionedi campo con interazione elettromagnetica:

·)(gµνih

∂xµih

∂xν−m2c2

)φ(x) = 0 K-G senza campo e.l.m.

·) gµν(ih

∂xµ− e

cAµ)(

ih∂

∂xν− e

cAν)φ(x)−m2c2φ(x) = 0

moltiplico per il fattore di fase eγ(x)

gµν(ih

∂xµ− e

cA′µ)(

ih∂

∂xν− e

cA′ν)φ′(x)−m2c2φ′(x) = 0

Ora ricavo l’espressione di A’ secondo la trasformata di Gauge Radiante:(ih− e

cAµ(x)− h∂γ(x)

∂xµ

)φ(x)eiγ(x) =

(ih− e

cAµ(x)

)φ(x)eiγ(x) (4.24)

Itero la formula in modo da avere l’espressione per il campo di Klein Gordon:

−) gµν(ih

∂xµ− e

cAµ(x)− h∂γ(x)

∂xµ

)(ih

∂xν− e

cAν(x)− h∂γ(x)

∂xν

)φ(x)eiγ(x) =

= gµν(ih

∂xµ− e

cAµ(x)

)(ih

∂xµ− e

cAν(x)

)φ(x)eiγ(x) =

= m2c2φ′ (4.25)

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42 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

da cui:

−) φ′ = φeiγ(x)

−) −ecAµ = −e

c

(Aµ −

hc

e

∂γ(x)∂xµ

)(4.26)

Quindi per simmetria ho ottenuto il mio Gauge invariante:

Λ(x) =hc

eγ(x) (4.27)

in più possiamo notare che l’equazione di Klein-Gordon implica la presenza diun campo tetravettoriale invariante, che chiameremo tetracorrente.

jµ(x) = igµν(∂φ∗

∂xνφ− φ∗ ∂φ

∂xν

)(4.28)

da cui:

∂jµ

∂xµ(x) = igµν

(∂φ∗

∂xµ∂xνφ− φ∗ ∂φ

∂xµ∂xν

)= 0 (4.29)

=⇒ In forma vettoriale: div−→J = 0 (4.30)

Quindi dall’equazione di Klein-Gordon deduciamo un campo tetravettoriale adivergenza nulla.

4.4 Equazione di Schrodinger (caso non relativi-stico)

Uso la forma relativistica del qudripotenziale per scrivere l’espressione di p0:

p0 =

√E2

c2− |p| =

√m2c2 − |p| (4.31)

Sono nel caso NON relativistico quindi posso considerare di trovarmi nellaforma

√m2c2 − ε quindi sviluppo con Taylor:√

m2c2 − |p| ∼ mc2(

1 +p2

2m2c2

)(4.32)

usando sempre l’integrale di fouerier:

φ(x, t) =∫d3p exp

(− ih〈x |p〉

)exp

(− ihp0x0

)=

=∫d3p exp

(− ih〈x |p〉

)exp

[i

h

(1 +

p2

2m

)t+

i

hmc2t

]=

= e−ihmc

2∫d3pe−

ih 〈p|x〉+

ihp2

2m t = e−ihmc

2tφusuale = φ∼ (4.33)

allora:

φ = φ∼e−ihmc

2t (4.34)

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4.4. EQUAZIONE DI SCHRODINGER (CASO NON RELATIVISTICO) 43

Ora per rammentare riscrivo l’equazione di Klein Gordon:

gµν(ih

∂xµ− e

cAµ)(

ih∂

∂xν− e

cAν)φ(x)−m2c2φ(x) = 0 (4.35)

Sistituiamo la φ = φ∼e−1hmc

2t, in questo modo ci troviamo a cosniderarel’espressione:

gµν(ih

∂xµ− e

cAµ)(

ih∂

∂xν− e

cAν)φ(x)−m2c2φ(x) = 0 (4.36)

Considero la componente zero e la applico alla φ:(ih∂0 −

e

cA0(x)

)φ(x) =

(ih∂0φ

∼ exp(..) +mc21cφ∼ exp(..)− e

cA0φ exp(..)

)=

=(ih∂0 +mc− e

cA0

)φ∼ exp(− i

hmc2t) (4.37)

Applicando una seconda volta l’operatore di derivazione (in questo modo miriconduco alla scrittura di K-G) ottengo:(per semplificare un attimo la scritturacosnidero solo come varia l’operatore, successivamente, una volta determinatala forma gli applicherò la φ)(

ih∂0 −e

cA0(x)

)2

=[(ih∂0 −

e

cA0

)2

+ 2mc(ih∂0 −

e

cA0

)+m2c2

]raccolgo e mi metto in questa situazione notevole:(

ih∂0 −e

cA0

) [(ih∂0 −

e

cA0

)+ 2mc

]+m2c2 = 0 (4.38)

infatti:

m2c2 = gµν(∂µ∂ν −e

cAµ)2 = gµν

(ih

∂xν− e

cAν(x)

)(ih

∂xµ− e

cAµ(x)

)= ∇2

riscrivendo ora la 4.35:

ih∂φ(x, t)∂t

= − h2

2m∇2φ(x, t) + eV φ(x, t) (4.39)

Nota: Ora abbiamo ricavato l’equazione di campo per una particella carica,di carica e. E’ possibile verificare in modo semplice che se si sotituisce e→ −esi otteiene un stesso campo identico a quello ottenuto per e solo che al postodi e compare la sua carica opposta. Questo fatto ci fa pensare ma per quantofatto fin’ora non siamo ancora in grado di spiegare in modo fisico il valore diquesta osservazione. Per questo fatto quindi è utile concentrarsi sulla correntetetravettoriale che si ricava dal campo di Shrodinger.Ricordando l’espressione della tetracorrente di un campo continuo:

jµ =12ihgµν(∂νφ∗φ− ∂νφφ∗) (4.40)

siamo nel limite non relativistico quindi la mia φ = φ∼e−ihmc

2t sostituisco efaccio le derivate:

j0 =ih

2

[(eihmc

2t∂0φ∼∗ +

i

hmc φ∼∗e

ihmc

2t

)φ−

(e−

ihmc

2t∂0φ∼ − i

hmcφ∼e−

ihmc

2t

)φ∗]

=

=ih

2φ∼∂0φ

∼ +i

hmc |φ|2 − φ∼∂0φ

∼ +i

hmc |φ|2 = costm |φ|2 = ρ (4.41)

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44 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

pongo cost = 1 e ottengo la legge di conservazione della massa scritta nellausuale forma:

∂ρ

∂t= −div−→j m (4.42)

Il risultato ottenuto : ρ = m |φ|2 è notevole perchè ci fa pensare che il campodi Schrodinger, ha una legge di conservazione della massa, che possiamo in-terpetare fisicamente che nulla si annichila. Quindi ora ritornaimo alla notaprecendente dove abbiamo notato che per il caso relativistico la sistituzione die→ −e portava a risultati ugualmente coerenti. Questo fatto è sperigabile conil fatto della presenza di antiparticelle, cioè particelle identiche a quelle conside-rata ma con carica opposta.Questo fatto violerebbe la legge di continuità dellamassa trovata ora, quindi ora per semplicità tutti i problemi che affronteremosaranno fatti considerando l’equazione di Schrodinger NON RELATIVISTICAe quindi negando sin dal principio degli effetti dovuti ad antimateria. Questaapprossimazione è ottima e del tutto ragionevole cosniderando i casi non relati-vistici. Per una trattazione più completa del problema bisognerebbe introdurredei concetti più complicati che riguardno anche le approssimazioni relativisti-che e quindi la necessità di introdurre l’equazione di Dirac che verrà fatta piùavanti. Ma a noi interessa soprattutto identificare una grandezza che ci diainformazioni sulla densità di particelle per unità di volume. Qui di seguitoverranno presentati alcuni fatti fisici di particoalre interesse che ci porterannoin modo induttivo a estrearre delle considerazioni sulla densità della quantitàdi moto e sulla densità del momento angolare.

Quantità di moto e momento angolareSi parte sempre dall’equazione di Schrodinger complessa coniugata:

−ih∂φ∗

∂t= − h2

2m∇2φ∗ + Uφ∗ (4.43)

considerando sempre la densità di corrente (quindi andando a moltiplicare perφ) svolgendo i conti (che sono stati omessi in quanto estremamente tediosi)arriviamo alla legge di bilancio:

∂ρm∂t

= −div−→jm (4.44)

dove−→jm è la corrente di massa ed è definita come:

−→jm =

ih

2[(gradφ∗)φ− φ∗gradφ] (4.45)

Ora densità di massa e corrente di massa mi identificano anche un campo divelocità −→v (x, t) che è definito dalla relazione:

−→jm = ρm

−→v (x, t) (4.46)

ma ora noto con particolare interesse che: ρm−→v (x, t) è la densità di QUAN-TITA’ DI MOTO ! Quindi vado subito alla ricerca di una legge di bilancioderivando per il tempo !(

∂Pm∂t

)l

= −∂Tlf

∂xf+ |φ(x, t)|2

(− ∂U∂xl

)(4.47)

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4.4. EQUAZIONE DI SCHRODINGER (CASO NON RELATIVISTICO) 45

Dove T lf è il tensori degli sforzi del mio mezzo continuo, ed è definito in modoabbastanza intuitivo come:

T lf =h2

4m(∂fφ

∗∂lφ− φ∗(∂2lfφ) + ∂lφ

∗∂fφ− (∂2flφ∗)φ)

(4.48)

è un tensore simmetrico di rango due quindi1 T lf = T fl mentre di notevoleinteresse è il secondo membro dell’espressione di bilancio infatti:

∂tPlm = [....− |φ|2 ∂lU ] (4.49)

se m |φ|2 da risultati ottenuti precednetemente si era arrivati ad interporetarlocome la densità di massa ρm, |φ|2 è la densità di particelle per unità di volumee per unità di massa ! Proprio quello che volevamo ottenere noi al principio.Ancora di maggior interesse è tutto il termine :|φ|2 ∂lU che quindi identifica ladensità di forza esterna agente sul mio mezzo continuo! Quindi dalla leggedi bilancio della quantità di moto abbiamo ricavato altri due fatti fisici moltoimportanti sulla densità di particelle e sulla densità di forza esterna agente sulmezzo continuo (da interpretarsi come forza esterna che agisce sul campo acausa di interazioni elettromagnetiche). Però dato che abbiamo una legge diubilancio per la quantità di moto è praticamente immediato scriverne una per ilmomento angolare orbitale, infatti scrivendo in componenti:

Mi = (x× P )i = εijlxjPl (4.50)

sostituisco nella 4.44 e ottengo che :

∂Mi

∂t= −εijlxi

(∂T lf

∂xf+∂U

∂xl|φ(x, t)|2

)(4.51)

porto tutto sotto il sengo di derivata e usando banalmente la regola di deriva-zione catena (o di Leibnitz) posso scrivere che:

∂Mi

∂t= − ∂

∂xf(εijlx

iT lf − εiflT lf)

+ εijlxj

(−∂U(x, t)

∂xl

)|φ(x, t)|2 (4.52)

il secondo termine se ne va a causa della simmetria di T lf (infatti scambio gliindici, parte la somma e diventa tutto nullo per simmetria) mentre di notevoleinteresse è l’ultimo termine che rappresenta la densità di momento angalare delmezzo continuo:

ρMi = εijlxi

(− ∂U∂xl

)(4.53)

In modo del tutto analogo è definita la deinsità di energia:

e(x, t) =h2

2m∇φ∗(x, t) · ∇φ(x, t) + U(x, t)φ∗(x, t)φ(x, t) (4.54)

e quindi facendo i conti ho la legge di bilancio:

∂e(x, t)∂t

= −div−→je (x, t) +

∂U

∂tφ∗φ (4.55)

1ricordarsi di scrivere la decomposizione con tensore isotropo....

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46 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.5 Rappresentazione del campo senza iterazioniDefinisco la soluzione dell’equazione di Schrodinger per il campo classico, inassenza di iterazioni, tramite l’integrale di fourier:

φ(x, t) =1

(2πh)32

(∫d3p exp

(i

h

[〈p |x〉 − p2

2mt

])c(p)

)(4.56)

Espriemndo il tutto in variabili più comode (tutto in funzione a p e non a k) ot-tengo (guarda caso) una scrittura dell’integrale di fouerier molto caratteristica.Le c(p) diventano definibili con la trasfomata di fouerier:

c(p) =∫

d3x

(2πh)32e−

ih 〈p|x〉 f(x) (4.57)

ora chiamnado (PER CASO):

up =eih 〈p|x〉

(2πh)32

(4.58)

ho proprio che:

(Ff)(p) = c(p) = 〈up |f〉 (4.59)

e posso riscrivere lo stato in notazione compatta:

f(x) =∫d3p up(x) 〈up |f〉 (4.60)

e la norma dello stato è la norma in L2(R3)

||f ||2 =∫d3p 〈f |up〉 〈up |f〉 (4.61)

La scrittura dell’autostato (4.53) è lecita in quanto anche se le up non sonodefinite in L2(R3) la scrittura ha ugualmente senso se abientata nello spazio diSwartz S(R3). Ma è molto facile dimostrare che S(R3) è una varietà linearedensa in L2(R3), infatti possiamo notare che S(R3) è uno spazio completo aquesto punto mi basterebbe dimostrare che prendendo ogni successione di Cau-chy questa converge ad un elemnto di L2(R3). Qui di seguito presentiamo unteorema molto interessante che giustifica in modo lecito il passaggio fatto:

Th. Densità Supponiamo che :

1)X e Y siano due spazi metrici con X spazio metrico completo;2)Preso X e un suo sottospazio denso X0 in X;Ottengo le seguenti implicazioni:f(X0) è denso in Y ed in particolare X è denso in Y

Dim.Il fatto che f sia una isometria su X è un’immediata conseguenza dellacontinuità di f e del fatto che X0 è denson in X. preso un y ∈ Y , Dato chef(X0) è denso in Y esisterà una successione xn in X0 tale che f(xn) → y

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4.6. VALORI MEDI E DINAMICA DEL PACCHETTO D’ONDA 47

per n → ∞. Così in questo modo sto dicendo che f(xn) è una successionedi Cauchy in Y . Dato che f è una isometria su X0 segue che xn è ancorasuccessione di Cauchy. La completezza di X, postulata inizialmente ci serveper essere certi che xn è una successione convergente per ogni x ∈ X0e lacontinuità della mappa, vista precedentemente mi indica che:

limn→∞

f(xn) = y = f(x) (4.62)

4.6 Valori medi e dinamica del pacchetto d’onda

Se abbiamo tanti pacchetti d’onda DI UGUAL ENERGIA allora diventanosemplici alcune considerazioni:

E =P 2

0

2mN (4.63)

i pacchetti d’onda possono essere rapperesentati con l’usuale integrale di fourier:

φt =∫d3p up 〈up |φ〉 (4.64)

C’E’ UN PEZZO CHE NON SI CAPISCE... COME RICAVA I VALORI MEDI... PROPRIOI CONTI NON MI TORNANO, SO CHE I RISULTATI SONO:

−→x 0 =〈φ |x|φ〉〈φ |φ〉

−→P 0 =

⟨φ∣∣∣P |φ⟩〈φ |φ〉

(4.65)

riscrivendo l’equazione di schrodinger in modo operazionale, risulta essere:

ih∂φ

∂t= Hφ (4.66)

dove H è l’operatore Hamiltoniano Libero. Quindi tornerà utile riscriverlo nelseguente modo:

∂φ

∂t=

1ihHφ (4.67)

Guardo la dinamica dello schiame di pacchetti d’onda, osservando la dinamicadei valore medi espressi mediante gli operatori:

d

dt〈φt |x|φt〉 =

⟨φt

∣∣∣∣ 1ih

[x, H] +∂x

∂t|φt⟩

(4.68)

d

dt〈φt |p|φt〉 =

⟨φt

∣∣∣∣ 1ih

[p, H] +∂p

∂t|φt⟩

(4.69)

Questi risultati sono suggeriti dal teorema di Erenfest che enunciamo e dimo-striamo:

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48 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

Th. Erefents Evolution Sia φ uno stato e sia A generico operatore del-lo spazio di Hilber con dominio opportuno. La sua evoluzione nel tempo è datadall’evolizione dei valori medi espressi tramite i loro operatori cioè:

d

dt

⟨φt

∣∣∣A|φt⟩ =

⟨φt

∣∣∣∣∣ 1ih

[A, H] +∂A

∂t|φt

⟩(4.70)

Dim. Nella dimostrazione sarà utile ricolrdare la forma comoda e contrattadell’eq. di Schrodinger scritta tramite l’uso dell’operatore Hamiltoniano libero:

∂φt∂t

=1ihHφ (4.71)

d

dt

⟨φt

∣∣∣A|φt⟩ =⟨d

dtφt

∣∣∣A|φt⟩ +⟨φt

∣∣∣∣ ddtA|φt⟩

+⟨φt

∣∣∣∣A| ddtφt⟩

(4.72)

sostituisco la (4.68):

d

dt

⟨φt

∣∣∣A|φt⟩ =⟨φ

∣∣∣∣A| 1ihHφ

⟩+⟨φt

∣∣∣∣ ddtA|φt⟩

+⟨

1ihHφ

∣∣∣A|φ⟩ (4.73)

H Hermitiano, simmetrico essenzialmente autoggiunto quindi:

1ih

(⟨φ∣∣∣AH|φ⟩ +

⟨φ∣∣∣HA|φ⟩)+

⟨φt

∣∣∣∣ ddtA|φt⟩

=

=⟨φ

∣∣∣∣ 1ih

(AH − HA)|φ⟩

+⟨φ

∣∣∣∣ ddtA|φ⟩

(4.74)

quindi il riusltato:

d

dt

⟨φ∣∣∣A|φ⟩ =

⟨φ

∣∣∣∣ 1ih

[A, H]|φ⟩

+⟨φ

∣∣∣∣ ddtA|φ⟩

(4.75)

q.e.d.

4.7 Assiomatica della M.Q.L’assiomatica della meccanica quantistica riguarda una serie di caratteristicheiniziali in cui vengono definiti i principali mezzi di analisi del problema. Inparticolare si discute la sua ambientazione matematica, il formalismo e la ter-minologia adeguata ad un giusta comprensione. L’ambientazione matematicadel problema è quello degli spazi di Hilbert, in particolare tutti i vari problemisono ambientanti in L2(R) (mentre i casi multidimensionali sono ovviamenteambientanti in L2(R3). Lo stumento formale che consente di calcolare la pro-babilità dei vari eventi è la norma di L2(R) quindi:

Sia ψt(x) ∈ L2(R) la probabilità di questo evento, prodotto al tempo t, saràdata da:

||ψt(x)|| =∫R

dx |ψt(x)| (4.76)

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4.7. ASSIOMATICA DELLA M.Q. 49

Ad ogni evento è assocuato un sottospazio Se ⊂ L2(R) che ne indica la probabi-lità di quell’evento ad un certo tempo t determinato. Gli elemnti del sottospaziosono definiti tramite proiezione degli stati per mezzo di proiettori definiti adhoc per ogni operatore.

Pe(t) =∣∣∣∣∣∣Eeψt(x)

∣∣∣∣∣∣ =< ψt|Eeψt > (4.77)

Dim:sfruttando le propeità dei proittori si dimostra subito l’ugualianza:∣∣∣∣∣∣Eeψt(x)∣∣∣∣∣∣ = < Eeψt|Eeψt >=< ψt|E†eEeψt >=< ψt|E2

eψt >=

= < ψt|Eeψt > (4.78)

q.e.d.Nel caso dell’operatore di posizione il suo proiettore è definito come :

Ebxωf(x) = χω(x)f(x) (4.79)

Mentre nel caso dell’operatore impulso il suo proiettrore è definito tramite latrasformata di Fouerier:

Ebp∼ω

= F−1EbxωF (4.80)

Austostato per un operatore

La varianza di una certa quantità legata al suo operatore è definita come:

∆A2t =

⟨ψt

∣∣∣∣(A− 〈A〉1)2

ψt

⟩(4.81)

affinchè ∆A = 0 si deve avere:(A− 〈A〉1

)ψt = 0 (4.82)

cioè

Aψt = 〈A〉ψt = arψt (4.83)

cioè lo ψt deve essere autovettore di A. Se lo stato soddisfa questa proprietàallora è chiamato autostato e la parte principale del discorso sta nel fatto chese ho la certezza che un certo stato è autostato di un certo operatore possoandare a riscrivere l’operatore in funzione ai suoi autovalori. Questo risulteràdi notevole importanza nello studio dell’Hamiltoniana di spin in cui compariràl’operatore: S · L di cui non sappaimo gli autostati, però grazie ad un banaleaccorgimento:

2(S · L

)= −

(L2 + S2

)=⇒ S · L = −1

2

(L2 + S2

)(4.84)

L2 e S2 sono due operatori i cui autovalori sono ben noti e sono di facile calcolo.

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50 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.8 Leggi di commutazioneé interessante ora vedere le principati regole di commutazione tra gli opera-tori principali della meccanica quantistica elementare. Per definizione deglioperatori di posizione ed impulso abbiamo già i seguenti risultati notevoli:

[x, x] = 0 [p, p] = 0 (4.85)

calcoliamo:

([xi, pj ]f)(x) = −ihx(x)∂f(x)∂x

+ ih∂

∂x[x(x)f(x)] =

= ih

[−x(x)

∂f(x)∂x

+ δij I +∂f(x)∂x

]= ihIf(x)

Quindi primo conto interessante, gli operatori x e p non commutano. Il lorocommutatore da come riusltato ihδij

4.9 Relazione di indeterminazione di HeisembergAbbiamo velocemente osservato le relazioni di varianze legate ad ogni singolooperatore, però ora a noi interessa la varianza legata a coppie di operatori. Lerelazioni di indeterminazioni di Heisemberg ci permettono di dire che:

∆A∆B ≥ 12

⟨ψt

∣∣∣[A, B]ψt⟩

(4.86)

Dim: la dimostrazione è una diretta conseguenza delle peropeità degli operatorinello spazio di Hilbert infatti notiamo che:

∆A∆B =∣∣∣∣∣∣(A− 〈A〉1)ψt∣∣∣∣∣∣ · ∣∣∣∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt∣∣∣∣∣∣ (4.87)

Usiamo la disugliaglianza di Swartz:∣∣∣∣∣∣(A− 〈A〉1)ψt∣∣∣∣∣∣ · ∣∣∣∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt∣∣∣∣∣∣ ≥ ∣∣∣⟨(A− 〈A〉1)ψt ∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt⟩∣∣∣ora uso una banale osservazione legata ai numeri complessi. La quantità⟨(A− 〈A〉1

)ψt

∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt⟩ è un numero complesso qundi sappiamo che∀z ∈ C abbiamo che :

|z| ≥ Im(z) =z − z∗

2i(4.88)

quindi:∣∣∣⟨(A− 〈A〉1)ψt ∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt⟩∣∣∣ ≥ 12i

⟨(A− 〈A〉1

)ψt

∣∣∣(B − 〈B〉1)ψt⟩ .−⟨(B − 〈B〉1

)ψt

∣∣∣(A− 〈A〉1)ψt⟩ =

=12i

⟨ψt

∣∣∣(AB − BA)ψt⟩ =12i

⟨ψt

∣∣∣[A, B]ψt⟩q.e.d.

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4.10. SSTATI A MINIMA INCERTEZZA 51

Per il caso di quantità di moto e posizione posso riprendere la formula delparagrafo 4.8 e sostituendo ottengo:

∆x∆px ≥h

2; ∆y∆py ≥

h

2; ∆z∆pz ≥

h

2(4.89)

4.10 Sstati a minima incertezzaCome visto precedentemente le regole di indeterminazione di Heisemberg pon-gono un limite alla precisione con cui possiamo consocere in modo indipendentedue grangezze legate allo stesso evento. Quindi un problema lecito che ci si po-ne è quindi trovare gli stati ad incertezza minima, cioè quegli stati per cui nellerelazioni di Heisemberg ho un’uglianza. Quindi il problema che ci si pone oraè trovare gli stati tali che :

∆x∆px =h

2; ∆y∆py =

h

2; ∆z∆pz =

h

2(4.90)

Per verificare questo basta osservare come è stata ricavata la relazione diindeterminazione di Heisemberg nel caso generale. Avevamo infatti che:(

A− iγB)ψt =

(〈A〉 − iγ〈B〉

)ψt (4.91)

sostituiendo A con l’operatore di posizione x e l’operatore B con l’operatoreimpulso, ottengo che:(

x+ hγ∂

∂x

)ψt = (〈x〉 − iγ〈px〉)ψt (4.92)

la soluzione porta alla determinazione dello stato:

ψt(x) =√αx√πe−

12α

2x(x−x0)2+ i

hp0(x−x0)A(y, z) (4.93)

Dove A(x, y) è una funzione di L2(R2)Usando le definizioni ora ricavo la varianza collegata alla posizone x ad un certotempo t. Per quanto detto già in precedenza la probabilità che la particella sitrovi nella posizione x al tempo t è∫

|ψt(x)|2 dx =∫R

dxαx√πe−αx(x−x0)2

(4.94)

quindi la densità di probabilità che la particella legata alla posizione dellaparticella è:

π(x) =αx√πe−αx(x−x0)2

(4.95)

ora trovo l’indeterminazione sulla posizione usando la definizione data prece-dentemente di varianza:

∆x2 =⟨ψt

∣∣∣∣((x)− 1〈x〉)2

ψt

⟩=∫R

dx(x− x0)2 αx√πe−αx(x−x0)2

(4.96)

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52 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

ora faccio un po’ di trucchi matematici per ricondurmi ad un integrale facile.Per prima cosa eseguo la sostituzione y = (x− x0) successivamente per ricon-durmi ad un integrale gaussiano banale, porto fuori al segno di integrale unaderivata in α e ottengo:

∆x2 =αx√π

(− d

)1

2αx

∫R

dye−αxy =1

2α2x

(4.97)

quindi

∆x =1√

2 αx(4.98)

Sempre facendo riferimento alle definizioni possiamo ricavare l’espressione per∆p cioè l’incertezza legata a p. La statistica su p si basa sulla sua trasformatadi fourier, infatti le informazioni sulla probabilità legata alla quantità di motodella particella nella posizione x sono contentute nel sottospazio di hilbert Spche è generato dagli elementi Ebpψ dove il proiettore in questione è un operatoredi moltiplicazione costruito con la trasformata di fouerier.Per facilitare i conti considero sempre il mio stato gaussiano, monodimensionalee ne faccio la trasformata di fouerier:

F [ψt](p) =∫R

√αx√π

1√2πh

e−12α

2x(x−x0)2+ i

hp0(x−x0)− ipxh dx (4.99)

Semplifico un po’ l’integrale tiro fuori le costanti sostituisco y = (x−x0) ottendol’integrale della trasformata scritto in questo modo:

F [ψt](p) =1√2πh

αx√πe−

ip0x0h

∫R

e−12α

2xy

2+ ih (p0−p)ydy (4.100)

Ottenendo l’epressione finale della trasformata:

F [ψt](p) =

√2√

2hαxe− (p−p0)2

2h2α2x− ip0x0

h (4.101)

prendo il modulo quadro che mi da un’indicazione diretta sulla probabilità dellamia particella e ottengo:2

|F [ψt](p)|2 =2√

2hαxe− (p−p0)2

h2α2x−2

ip0x0h (4.102)

Ma questa è una GAUSSIANA ! Centrata in p0 e con varianza ∆p2 = h2α2x

2quindi è facile trovare l’incertezza sulle p

∆p =1√2hαx (4.103)

In questo modo è verificata il proncipio di Heisemberg per cui:

∆x∆p ≥ h

2(4.104)

2Un integrale gaussiano del tipo presentato ha come soluzione generale:

I =RR

e−a2x2+bxdx =

√πa

eb2

4a2 in questo modo il calcolo della trasformata di fourier diventamolto semplice

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4.11. LA PARTICELLA LIBERA 53

nel nostro caso proprio perè abbiamo imposto un caso di minima incertezza,abbiamo ottenuto la relazione con l’ugualianza:

∆x∆p =1√2αx

hαx√2

=h

2(4.105)

4.11 La particella liberaPer studiare la dinamica di una particlella libera usiamo il campo di Schrodingernormalizzto ψt(x) qui di seguito si tratterà solo il caso monodimensionale.Il campo di Schrodinger, come visto dai paragrafi precedenti è definito nelseguente modo:

ψ(x, t) =∫d3 1

(2πh)12eih (p·x− p2

2m t)c(p) (4.106)

considero l’analisi del caso per uno stato a minima incertezza:

ψt(x) =√αx√πe−

12α

2x(x−x0)2+ i

hp0(x−x0) (4.107)

l’analisi statistica di questo stato è stata fatta in modo esplicito nella sezioneprecedente. Abbiamo visto come per uno stato fatto in questo modo sia so-stanzialmente semplice calcolare le grandezze statistiche. In particolare a noiinteressano le c(p) da usare nell’equazione di campo. Le c(p) sono la trasforma-ta di fouerier dello stato, e il conto per uno stato a minima incertezza è statosvolto precedentemente ottenendo il seguente risultato:

F [ψt](p) = c(p) =

√2√

2hαxe− (p−p0)2

2h2α2x− ip0x0

h (4.108)

Sostituiendo il mio stato diventa:

ψ(x, t) =∫d3 1

(2πh)12eih (p·x− p2

2m t)

√2√

2hαxe− (p−p0)2

2h2α2x− ip0x0

h (4.109)

L’integrale è sempre del tipo gaussiano. Applicando la formula risolutiva primapresentata ottengo il mio stato:

ψ(t, x) =√

α√π

1√1 + i tα

2hm

e−(x−x0− p0

m t)2 12

α2

1+ t2h2α4m2

+ ih

„p0(x−x0)− p2

02m t

«+i thα

2m

12

α2

1+ t2h2α4m2

(x−x0− p0m t)2

Questo stato non è più gaussiano! Ho una dipendenza quadratica pure da xperò possiamo notare che la distribuzione di probabilità per la posizione è an-cora GAUSSIANA! Infatti riprendendo i metodi statistici usati prcedentementeottengo:

|ψ(x, t)|2 = K e−(x−x0− p0

m t)2 α2

1+ t2h2α4m2 (4.110)

La gaussiana ha valor medio:

〈x〉t = x0 +p0

mt (4.111)

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54 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

e scarto quadratico medio:

∆xt =1√2

√1 +

t2h2α4

m2(4.112)

Nota!!Al crescere di t cresce anche la larghezza della Gaussiana!!! Questo fat-to non appare nella trattazione approssimata del pacchetto d’onda.

Per quanto riguarda la trattazione per p dipende dal tempo solo attraversola fase. Quindi la distribuzione di probabilità della quantità di moto è indi-pendente dal tempo. Qindi ∀t ho che il valor medio sarà p0 e la sua varianzasarà quella che aveva inizialmente cioè quella dello stato a minima incertezza∆p = hα√

2In questo caso, non ho più uno stato a minima incertezza perchè

∀t > 0 ho che

∆x∆p 6= h

2ma ho che ∆x∆p >

h

2(4.113)

questo perchè allo scorrere di t la largezza della gaussiana che mi indica ladensità di probabilità legata alla posizione, si continua ad allargare secondo laformula 4.112Se valgono le ipotesi di de Broglie allora mi posso trovare in una situazionemolto favorevole perchè questo vorrebbe dire che :

∆p |p0|hα√

2 |p0| =⇒ 2∆x h

|p0|(4.114)

allora in ermini più spicci:

∆xt=0 h

4π |p0|=

λ

4π(4.115)

dove λ = 4π∆xt=0 è la lunghezza d’onda di de Broglie. In questo caso per tgrandi l’allargamento della gaussiana di posizione rimane comunque contenutorispetto allo spostamento totale della particlella. In questo modo l’equazioned’onda non mi si spalma tutta sulla retta ma dopo un tempo relativamentegrande ho ancora modo di identificarla senza problemi, infatti ottengo:

|x− x0| ∆xt (4.116)

Il caso tridimensionale è identico, il punto iniziale sta nell’accorgesi che lo statoiniziale è fattorizzabile e poi quindi studiare ogni fattore in modo separato perpoi unire i risultati alla fine.

4.12 L’oscillatore armonicoNel caso dell’oscillatore armonico mi trovo a risolvere l’equazione di schrodingerper un potenziale che dal punto di vista tridimensionale è così fatto:

U(−→x ) =12(kxx

2 + kyy2 + kzz

2)

(4.117)

per le relazioni di commutazione 4.85 so che [x, z] = [x, y] = [x, z] = [y, z] = 0e lo stesso per le p : [px, pz] = [px, py] = [px, pz] = [py, pz] = 0 sono tutti

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4.12. L’OSCILLATORE ARMONICO 55

operatori communtanti tra loro, studio solo il problema unidimensionale (tantose commutano hanno un insieme comune di autofunzioni). Il problema quindisi semplifica studiando solo il caso per un poteziale del tipo :

U(x) =12kx2 (4.118)

L’hamiltoniano legato al problema in questione è il seguente:

H =p2

2m+

12kx2 (4.119)

Il relativo problema agli autovalori associato è legato alla soluzione dell’e-quazione differenziale associata: (dato che sto facendo tutto strettamente dalpunto di vista monodimensionale le derivate parziali sono tutte derivate insenso ordinario e l’equazione differenziale è un’equazione ordinaria)

− h2

2md2ut(x)dx2

+12kx2ut(x) = wut(x) (4.120)

le ut sono elementi di L2(R) ora per semplificare il probleam agli autovaloriisolo il termine con la derivata seconda e poi eseguo un cambio di variabile:

d2ut(x)dx2

+(

2mh2 w −

mk

h2 x2

)ut(x) = 0 (4.121)

Definisco:

α =

√mk

hed eseguo la sostituzione: ξ = αx =⇒ d

dx= α

d

dξ(4.122)

sostituisco:

d2ut(ξ)dξ2

+(− ξ

2

α2+ ε(w)

)ut(ξ) = 0 dove: ε(w) =

2mwh2α2

(4.123)

Ora possiamo fare una serie di considerazioni. Possimao vedere che e±ξ2

2 èsoluzione del problema almento per quanto riguarda i termini dominanti aξ → ±∞ perchè le sue derivate secondo sono: ξ2e±

ξ2

2 ± e±ξ2

2 conviene quindiscrivere la soluizione del problema nel seguente modo:

ut(ξ) = e−ξ2

x H(ξ) (4.124)

scrivo la derivata:

d2u

dξ2= e−

ξ2

2d2H

dξ2+(e−

ξ2

2 ξ2 − e−ξ2

2

)H(ξ)− 2ξe−

ξ2

2dH

dξ(4.125)

sostituisco nel problema e ottengo l’equazione differenziale a cui la H(ξ) devesoddisfare:

d2H(ξ)dξ2

− 2ξdH(ξ)dξ

+ (ε(w)− 1)H(ξ) = 0 (4.126)

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56 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

La 4.124 è sicuramente sempre vera, nella parte esponenziale e−ξ2è scaricato

l’andamento asintotico e il tipico comportamento di una funzione di L2(R).Per ripristinare l’andamento della u(ξ) la soluzione H(ξ) dovra contenere deitermini con delle potenze positive di ξ. (I POLINOMI DI HERMITE!) Ora ilfatto sta nel travare i polinomi di Hermite, e quindi risolvere l’eq. differenziale4.126. Dato che i coefficienti −2ξ e (ε(w)− 1) sono funzioni analitiche al finitoallora anche la soluzioneH(ξ) sarà analitica e quindi posso iniziare a svilupparlae risolvere l’eq. differenziale per serie. Alla fine la soluzione che ottengo per laforma dei polinomi di Hermite è la seguente:

H(ξ) = c0

∞∑k=0

akξ2k + c1ξ

∞∑k=0

bkξ2k (4.127)

dove l’espressione generica per i coefficienti è data da

cs+2 =2s+ 1− ε(w)(s+ 2)(s+ 1)

cs (4.128)

per s pari ottengo gli ak partendo da a0 = 1

ak+1 =4k + 1− ε(w)

(2k + 2)(2k + 1)ak (4.129)

per s dispari ottengo i bk partendo sempre da b0 = 1

bk+1 =4k + 3− ε(w)

(2k + 3)(2k + 2)bk (4.130)

L’andamento asintotico di eξ2non is presenta se per un certo n dell’indice s

avvenga che cn+2 = 0 mentre cn 6= 0 allora ho la condizione (riprendendo laformula 4.128)

2n+ 1− ε(w) = 0 (4.131)

cioè

wn =

√k

mh(n+

12

) (4.132)

Nel caso in cui n sia pari , nella 4.127 si butta via la seconda serie mettendoc1 = 0 e la prima rimane un polinomio. Viceversa per n dispari in cui la primaserie si butta mettendo c0 = 0 e la seconda serie diventa un polinomio.

In definitiva la soluzione dell’oscillatore armonico si può riscrivere come:

un = e−ξ2

2 NnHn(ξ) (4.133)

dove Hn(ξ) è un polinomio i cui coefficienti sono dati dalla relazione di ricor-renza:

2(s− n)(s+ 2)(s+ 1)

cs (4.134)

Poichè è il modo di un oscillatore armonico con forza di richiamo F (x) =− ddxU(x) = −kt posso scrivere gli autovalori dell’energia in funzione alla lun-

ghezza d’onda di De Broglie infatti νc = 12π

√km

wn = hνc(n+12

) (4.135)

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4.12. L’OSCILLATORE ARMONICO 57

4.12.1 Péolinomi di Hermite

I polinomi di Hermite sono definiti come:

Hn(ξ) = (−1)neξ2 dn

dξne−ξ

2(4.136)

differenziando infatti si ottiene l’eq. differenziale da cui siamo partiti che è la4.126

d2Hn(ξ)dξ2

− 2ξdHn(ξ)dξ

+ 2nHn(ξ) = 0 (4.137)

4.12.2 Rappresentazione delle autofunzioni

Lo stato fondamentale dell’oscillatore armonico è dato da:

u0 = e−α22 x2

√α√π

(4.138)

è uno stato a minima incertezza con valori medi 〈x〉 = 0 e 〈p〉 = 0 e le variaznzesono ben note dal paragrafo precednete dove α2 =

√kmh .

Gli stati eccitati sono stati a parità definita, cioè sono rappresnetati da auto-funzioni pari se n è pari e sono rapprensetati da funzioni dispari se n è dispari.L’autofunzione u0 è pari e non ha zeri, l’autofunzione u1 è dispari è si annullanell’origine, l’autofunzione u2 è pari e ha due zeri ecc..

Importante! Gli zeri cadono nell’intervallo in cui l’energia cinetica è posi-tiva Tn(x) = Wn − 1

2kx2 > 0 solo in [−x0n;x0n] dove x0n =

√2kWn mentre

all’esterno predomina l’andamento esponenziale.

4.12.3 Dinamica

varianze

∆x =1

α√

2

√1 + 2nx (4.139)

∆px =αxh√

2

√1 + 2nx (4.140)

valori medi:

〈xl〉t = 〈xl〉t=0 cos(2πνc,xlt) +〈p〉t=0

2πνcmsin 2πνc,xlt (4.141)

basta derivare

〈pl〉t = md

dt〈xl〉t = −m2πνv〈xl〉t=0 sin(2πνc,xlt) + 〈p〉t=0 cos 2πνc,xlt (4.142)

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58 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.13 Buca di potenziale rettangolarePrendiamo in considerazione il potenzile:

0 per |x| > b (4.143)−U0 per |x| < b (4.144)

La buca di potenzile è simmetrica rispetto all’origine e quindi se scrivo l’ope-ratore hamiltoniano di questo problema ho che :

H =p2

2m+ U(x) (4.145)

Dato che è tutto simmetrico allora se P è l’operatore di parità ho che:[P , H] = 0 quindi mantiene invariato lo spazio delle autofunzioni di H infattiPSw ⊂ Sw di notevole interesse è il parametro

R =

√2mU0b2

h2 (4.146)

perchè successivamente si noterà che in esso sono contenute informazioni fonda-mentali sulla geometria del sistema. Dato che H non dipende in modo esplicitodal tempo posso impstare il problema agli autovalori:

Hu = wu (4.147)

− h2

2md2u(x)dx

+ U(x)u(x) = wu(x) (4.148)

Per far si che l’operatore di evoluzionetemporale sia unitario, dev’essere chel’operatore Hamiltoniano deve essere essenzialmente autoaggiunto nel suo do-minio di definizione. Questa condizione viene espressa dal fatto che nei puntidi discontinuità del potenziale le autofunzioni debbano essere continue e deri-vabili. Indicando con 1,2,3 le soluzioni prima di entrare nella buca, nella bucae dopo la buca ho che le mie condizioni possono essere espresse come:

u1 = u2 ; u2 = u3 (4.149)u′1 = u′2 ; u′2 = u′3 (4.150)

Ho 3 equazioni differenziali a seconda della parte in analisi:

Per x < −b :

− h2

2md2u1(x)dx

= wu1(x) (4.151)

Per |x| < b :

− h2

2md2u2(x)dx

− U0u2(x) = wu2(x) (4.152)

Per x > b :

− h2

2md2u3(x)dx

= wu3(x) (4.153)

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4.13. BUCA DI POTENZIALE RETTANGOLARE 59

Risolvo il problema agli autovalori:

PARTE PARI:Per x < −b :

λ = ±

√2m |W |h2 = ±k (4.154)

quindi

u1 = Ae

q2m|W |h2 x +Be

−q

2m|W |h2 x (4.155)

Per |x| < b :

λ = ±

√2m |W + U0|

h2 = ±q (4.156)

L’autovalore è complesso (puramente immaginario) quindi avrò una pare parie una parte dispari delle mie soluzioni

u2 = C cos (qx) (4.157)

Per x > b :

u3 = u1(−x) (4.158)

PARTE DISPARI:Per x < −b :

λ = ±

√2m |W |h2 = ±k (4.159)

quindi

u1 = Ae

q2m|W |h2 x +Be

−q

2m|W |h2 x (4.160)

Per |x| < b :

λ = ±

√2m |W + U0|

h2 = ±q (4.161)

L’autovalore è complesso (puramente immaginario) quindi avrò una pare parie una parte dispari delle mie soluzioni

u2 = D sin (qx) (4.162)

Per x > b :

u3 = −u1(−x) (4.163)

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60 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

La funzione deve essere a quadrato sommabile quindi A=0. Di quello chesopravvive impongo la continuità e la derivabilità nel punto di discontinuitàdel potenziale per il caso pari:

C cos qb = Be−kb

Cq sin(qb) = Bke−kb(4.164)

e per il caso dispari: D sin qb = −Be−kbDq cos(qb) = Bke−kb

(4.165)

I due sistemi omogenei nelle variabili B,C e D,B per ammettere un’unicasoluzione devono soddisfare il fatto di avere il determiante della matrice deicoefficienti nullo.Caso Pari:

det(

cos(qb) −ekbq sin(qb) −kekb

)= 0 (4.166)

Caso dispari:

det(

sin(qb) ekb

q cos(qb) −kekb)

= 0 (4.167)

quindi ho che le due condizioni che sono effettivamente quelle da considerare eche escono dallo svolgimento dei conti del determinante sono le seguenti:

k cos(qb)− q sin(qb) = 0 parik sin(qb) + q cos(qb) = 0 dispari

(4.168)

posso fare un cambio di variabili notevole:

ξ = qb η = kb tale che: ξ2 + η2 =2mU0b

2

h2 = R2 (4.169)

Quindi ecco perchè R è un fattore di geometria del sistema, perchè contieneinfomazioni sulla geometria del potenziale e rintra direttaemnte nel calcolo deicoefficienti delle autofunzioni quindi per il caso pari:

η = ξ tan ξη2 + ξ2 = R2 (4.170)

mentre per il caso dispari: η = −ξ cot ξη2 + ξ2 = R2 (4.171)

Risolvo i due sistemi in modo grafico e ottengo che ho un nemro finito di statilegati. L’autovalore legato all’energia per ogni singolo stato è dato da:

Wn = −U0 +h2

2mb2ξ2n per n = 0, 1, 2, ... (4.172)

Il numero di stati legati della buca mi viene dato dal paraemtro R in quanto:

(N − 1)π

2≤ R ≤ N π

2cioè: N = 1 +

[2Rπ

](4.173)

quindi da come è fatto R risulta che ho tanti più stati legati tanto quanto è piùprofonda e larga la buca.

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4.13. BUCA DI POTENZIALE RETTANGOLARE 61

4.13.1 Trasmissione e riflessioneConsideriamo sempre il caso di potenziale a buca:

U(x) =

0 Per |x| > b−U0 Per |x| < b

(4.174)

Risolvendo l’equazione di Schrodinger, ottengo che le autofunzioni sono quelletipiche della particella libera:

up =

u1 = Ae

ipxh +Be−

ipxh

u2 = Cei−→p xh +De−

i−→p xh

u3 = Fei−→p xh +Ge−

i−→p xh

(4.175)

imponendo le condizioni di raccordo, quindi di continuità nei punti −b e b ela derivabilità nei punti −b e b ho quattro vincoli che mi fissano 4 parametri.A questo punto ho ancora 2 parametri liberi. I due parametri liberi li fisso ioinizialmente in funzione alla preparazione del pacchetto d’onda. Preparazio-ni diverse daranno luogo a coefficienti diversi. Nel nostro caso, vogliamo unpacchetto d’onda con p > 0 creato nella regione di sinistra quindi questo ci faprendere G = 0 e A = 1√

2πhDi notevole interesse è anche il calcolo dei coefficienti F e B che determinanogli stati astintotici:

F =1√2πh

S(p) B =1√2πh

ε(p) (4.176)

Successivamente vedremo che il conto dei coefficienti S(p) e ε(p) sarà di no-tevole importanza per determinare la probabilità di trasmissione e riflessione.Impongo le condizioni di raccordo ottenendo le u+

p :

u+p =

1√2πh

[eipx/h + ε(p)e−ipx/h] u+1

1√2πh

S(p)eipx/h u+3

(4.177)

La soluzione generale dell’equzione di schrodinger posso quindi scriverla come:

ψ(t) =ψinc. + ψrifl. u+

1

ψtras. u+3

(4.178)

Scrivo le soluzioni in forma generale:

ψinc. =∫ +∞

0

dp√2πh

eipxh −

−ip2t2mh c(p) =

∫ +∞

−∞

dp√2πh

eipxh −

−ip2t2mh χ(p)c(p)(4.179)

Scrivo la ψrif. facendo il cambio di variabile p = −p′

ψrif. =∫ +∞

0

dp√2πh

e−ipxh −−ip

2t2mh c(p)ε(p′) =

=∫ +∞

−∞

dp′√2πh

eip′xh −

−ip′2t2mh χ(p′)c(p′)ε(p′) (4.180)

La ψtras. ha la stessa forma della ψinc. con un suo opportuno coefficiente ditrasmissione.

ψtras. =∫ +∞

−∞

dp√2πh

eipxh −

−ip2t2mh χ(p)c(p)S(p) (4.181)

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62 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.13.2 Tempi remoti-Tempi futuriOra anlizziamo se la costruzione fatta fin’ora è sensata, osservo gli stati asinto-tici per t→ +∞ e per t→ −∞. Per t→∞ ho che ||ψt − ψinc|| → 0 quindi ilcontributo determinate è dato dalla ψinc in che è fisicamente sensato, vuol direche io, a tempi remoti, sto preparando il pacchetto d’onda piccato a quantità dimoto p0 Stessa cosa per tempi molto futuri, per t→ +∞ ho che nella regionex < −b sopravvive solo la ψrif. mentre per x > b sopravvive solo la ψtras..Detto questo ora è interessante calcolare le probabilità di trovare il pacchettod’onda nella regione x < −b e nella regione x > b. Queste probabilità sonomolto importanti, perchè ci permettono di ottenere che la probabilità di trovareil pacchetto d’onda nella regione x > b non è mai nulla. Questo effetto è bennoto anche come effetto tunnell

Probabilità di trovare la particella nella regione di x > b a t→ +∞:

P (x > b, t→ +∞) = limt→+∞

∫ +∞

b

dx |ψt(x)|2 = limt→+∞

∫ +∞

b

dx |ψtras.(x)|2 =

= limt→+∞

∫ +∞

−∞dx |ψtras.(x)|2 =

∫ +∞

0

dp |S(p)|2 |c(p)|2

(4.182)

Probabilità di trovare la particella nella regione di x < −b a t→ +∞:

P (x < −b, t→ +∞) = limt→+∞

∫ −b−∞

dx |ψt(x)|2 = limt→+∞

∫ −b−∞

dx |ψrifl.(x)|2 =

= limt→+∞

∫ +∞

−∞dx |ψrifl.(x)|2 =

∫ +∞

0

dp |ε(p)|2 |c(p)|2

(4.183)

come ben sappiamo: ∫R

dp |c(p)|2 = 1 (4.184)

quindi ho che il coefficiente di trasmissione è dato da τ(p) = |S(p)|2 mentre ilcoefficiente di riflessione è dato da ρ(p) = |ε(p)|2 ho quindi la relazione:

τ(p) + ρ(p) = 1 (4.185)

4.13.3 Calcolo del coefficiente di trasmissionePer l’analisi delle S(p) possiamo sottointendere il controbuto delle c(p) e parlaretramite S(p) direttamente di ampiezze di trasmissione. Svolgendo i calcoli sitrova che S(p) è definito in questo modo:3

S(p) =e−

ipbh

cos 2−→p bh −

i2

(−→pp + p

−→p

)sin 2−→p b

h

(4.186)

3Inserire i calcoli

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4.14. PARTICELLA IN CAMPO CENTRALE 63

dove−→P =

√2m(W + U0) Caloclo il modulo quadro e ottengo il coefficiente di

trasmissione:

τ(p) =1

1 + 14

sin2 2pbh

WU0

“1+ W

U0

” (4.187)

dove p =√

2mWOra dividiamo due casi importanti. I valori di p tali che massimizzano τ(p)(cioè lo rendono =1) e i valori di p che minimizzano τ(p) Ottengo che per

2−→p bh

= nπ (4.188)

Ho probabilità di trasmissione =1 quindi la buca risulta completamente tra-sparente alla particella.Per valori di p tali che:

2−→p bh

=(n+

12

)π (4.189)

Ottengo dei minimi sempre meno pronunciati di valore:

τ(·) =4E(1 + E)

1 + 4E(1 + E)(4.190)

dove E = WU0

Si può osservare che al tendere di W →∞ il coefficiente di trasmissione τ → 1

4.13.4 Fenomeno delle risonanzeOscuro

4.14 Particella in campo centraleL’operatore Hamiltoniano che descrive il fenomeno è il seguente:

H =1

2m

∑p2 + U

(√∑x2

)(4.191)

Definisco l’operatore

Li = εjlixj pl (4.192)

In modo esplicito:

Lx = ypz − zpy Ly = zpx − xpz Lz = xpy − ypx (4.193)

Fatto Importante: l’operatore L coomuta con tutte le forme scritte nel modo〈v1 |v2〉

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64 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

Th1. Ogni operatore che può essere scritto nella forma 〈v1 |v2〉 commutacon L

Dim.

[L, v1 · v2] =∑k

[Lh, v1k]v2k +∑k

v1k[Lh, v2k] = ihεhklv1lv2k + ihεhklv1kv2l

= ih(εhkl + εkhl)v1kv2k = 0 (4.194)

In quanto εhkl + εkhl = 0q.e.d.

In virtù di questo fatto allora ho il risultato notevole che mi porta a dire che :

[L, p2] = 0 [L, r2] = 0 (4.195)

Se due operatori essenzialmente autoaggiunti commutano tra loro, l’applica-zione di un operatore sull’altro non altrera l’autospazio dell’operatore su cuiviene applicato. In pratica applicando l’operatore momneot angolare orbitaleall’operatore Hamiltoniano dato che questo commutano (e lo faremo vederesubito) questo fatto non altera l’autospazio dell’operatore H Far vedere che Lcommuta con l’operatore hamiltoniano è banale:

H = kp2 + f(r · r)[L,H] = [L, p2] + [L, f(r2)] = 0 (4.196)

q.e.d.

Per necessità pratiche costruisco l’operatore L2

L · L = L2x + L2

y + L2z = L2 (4.197)

L2 commuta con Lz ! Quindi posso pensare di decomporre lo spazio di Hilbertnegli autospazi di L2 e di Lz, e successivamente cercare in quegli autospazi leautofunzioni dell’operatore H Scrivo l’hamiltoniano in coordinate polari peressere in accordo con la simmetria del problema.L’operatore L2 è

L2 = −h2

(1

sin θ∂

∂θsin θ

∂θ+

1sin2 θ

∂2

∂φ2

)(4.198)

L’operatore legato all’energia cinetica diventa quindi:

− h2

2m∆2 = − h2

2m1r2

∂rr2 ∂

∂r+

12mr2

L2 (4.199)

4.14.1 L’autospazio di Lz

Ora il punto sarà determinare l’autospazio dell’operatore Lz perchè come ab-biamo visto commuta con L2 che commuta con H quindi una volta trovato

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4.14. PARTICELLA IN CAMPO CENTRALE 65

l’autospazio relativo all’operatore Lz ho già il mio spazio di Hilbert in cuiandare a cercare le autofunzioni dell’operatore Hamiltoniano.

Lz = −ih ∂

∂φe sia data una fuznione di L2(R3) f(r, θ, φ) (4.200)

f(r, θ, φ) è una funzione continua e periodica nella variabile φ. Risolvo questoproblema agli autovalori considerandolo ambientanto in S(R3) quindi quelloche ottengo sono tutte distribuzioni temperate.

−ih∂f(r, θ, φ)∂φ

= λf(r, θ, φ) (4.201)

Fisso r e θ ho un’equazione differenzile in φ:

∂φ

f

f(φ)=iλ

h

log (f(φ)) =iλ

hφ =⇒ f(φ) = cost · e iλh φ (4.202)

La le autofunzioni diLz sono quindi del tipo:

f(r, θ, φ) = A(r, θ)eiλh φ (4.203)

Gli autovalori λn li trovo imponendo le condizioni al bordo, le condizoni albordo sono sull’angolo φ che ha le seguenti limitazioni:

0 ≤ φ ≤ 2π =⇒ eiλ2πh = 1 (4.204)

quindi:

iλ2πh

= 2kπ =⇒ λ

h= k tale che k ∈ N (4.205)

quindi gli autovalori di Lz sono

λLz = hm tale che m ∈ N (4.206)

L’autospazio di Lz è fatto da tutte le autofunzioni del tipo

Sm =A(r, θ)√

2πeimφ

(4.207)

Queste autofunzioni generano tutto lo spazio di Hilber e costuituiscono uns.o.n.c.L somma ortogonale di tutti gli spazi Sm genera tutto L2(R3) quindi:

⊕∑m

Sm = L2(R3) (4.208)

quindi:

f(r, θ, φ) =+∞∑−∞

A(r, θ)eimφ√

2π∀f ∈ L2(R3) (4.209)

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66 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

dove le A(r, θ) sono funzioni tali che∫ +∞

0r2dr

∫ 2π

0sin θdθ |A(r θ)|2 <∞.

A questo punto posso determinare le A(r, θ):

Am(r, θ) =∫ 2π

0

dφ′e−ixφ

√2π

f(r, θ, φ′) (4.210)

Ora devo esplicitare con la rappresentazione spettrale, come può venir rappre-sentato lo stato:

(ELzm f)(r, θ, φ) = Am(r, θ)eimφ√

2π=eimφ√

∫ 2π

0

dφ′e−ixφ

√2π

f(r, θ, φ′) (4.211)

ora supponiamo f autostato di Lz allora posso rappresentalo in questo modo:

(Lzf)(r, θ, φ) =+∞∑

m=−∞hmA(r, θ)

eimφ√2π

=+∞∑

m=−∞hm(ELzm f)(r, θ, φ) (4.212)

Stesso discorso lo applico alla misura a valore di prioettore. Come scrittonel libro di V.Neumann a pag 202, anche in questo caso per un certo statoψt posso definire una misura a vlaore di proiettore. Quindi proiettare lo statosulla base dell’autospazio di Lz. La prbabilità legata ad un certo evento sarà:

P (Lz = hm, t) =∣∣∣∣∣∣ELzm ψt

∣∣∣∣∣∣2 (4.213)

quindi:

ψt(r, θ, φ) =+∞∑

m=−∞ψt(r, θ)

eimφ√2π∈ Sm (4.214)

Il problema nell’esplicitare ψ(r, θ) è analogo alla trattazione precedente in cuisi eplicitiva A(r, θ).

(ELzm ψt

)(r, θ, φ) = ψ(r, θ)

eimψ√2π

=eimψ√

∫ 2π

0

e−imφ′

√2π

ψ(r, θ, φ′)dφ′ (4.215)

Quindi ora posso andare a sostituire e l’epressione del proiettore al quadrato(quindi della probabilità legata a Lz):

P (Lz = hm, t) =∣∣∣ELzm ψt

∣∣∣ =∫ +∞

0

r2dr

∫ π

0

sin θdθ∫ 2π

0

dφ1

∣∣∣∣∣∫ 2π

0

dφ′e−imφ

√2π

ψ(r, θ, φ′)

∣∣∣∣∣2

=

=∫ +∞

0

r2dr

∫ π

0

sin θdθ

∣∣∣∣∣∫ 2π

0

dφ′e−imφ

√2π

ψ(r, θ, φ′)

∣∣∣∣∣2

(4.216)

di particolare interesse sono le autofunzioni di L2 in quanto [L2, Lz] = 0 quindiavranno autospazi comuni. Ricordando che:

L2 = −h2

[1

sin θ∂

∂θ

(sin θ

∂θ

)+

1sin2 θ

∂2

∂φ2

](4.217)

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4.14. PARTICELLA IN CAMPO CENTRALE 67

Se applico L2 ad un oggetto di Sm allora il risultato sarà ancora un oggettodi Sm solo che sarà cambiata la parte radiale A(r, θ). Facciamo un po’ disbarbatrutrucchi. Allora per iniziare, vogliamo vedere la forma di L2 applicatoallo spazio Sm. Sapendo che l’operazione Lz è definto in qesto modo : Lz =−ih ∂

∂φ allora se applico uno stato ψ ∈ Sm a L2 ho che questo è autostato diLz quindi posso sostituire col relativo autovalore:

L2|Sm= −h2

[1

sin θ∂

∂θsin

∂θ+

1sin2 θ

∂2

∂φ2

]ψt (4.218)

ma a questo punto l’ultimo pezzo diventa un :

− h2

i

∂2

∂φ2ψt =

h2m2

iquesto conto non torna !!!!!!!!!!! (4.219)

arrivo all’qe. differenziale:[1

sin θ∂

∂θsin

∂θ− m2

sin2 θ

]A(r, θ) = λA(r, θ) (4.220)

Definisco l’operatore differenziale

− d

dξ=[

1sin θ

d

](4.221)

ottengo: ((1− ξ2)

d

dξ2− 2ξ

d

dξ− m2

(1− ξ2)+ λ

)A(r, ξ) = 0 (4.222)

Fisso r=⇒A(r, ξ) = Θ(ξ)((1− ξ2)

d

dξ2− 2ξ

d

dξ− m2

(1− ξ2)+ λ

)Θ(ξ) = 0 (4.223)

la soluzione generale di questa eq. differenziale avrà una parte costante chedipenderà solamente da r è una parte di armonica sferica che dipende da ξ

A (r, ξ(ϑ)) = R(r)Θ (ξ(ϑ)) (4.224)

In più deve valere che:∫ +∞

0

r2dr

∫ 2π

0

sin θdθ |A(r θ)| =∫ +∞

0

r2 |R(r)|2 dr∫ +1

−1

|Θ(ξ)|2 dξ (4.225)

quindi suppongo che ka Θ sia finita in [−1, 1] questo mette moltissime limita-zioni sulla soluzione tale che essa essite solo se

λ = h2l(l + 1) (4.226)

dove l = |m|. Il +1 in l(l + 1) mi indica che non posso dire nulla su Lx e Ly(perchè?) (forse perchè gli autovalori L2 sono maggiori di quelli di Lz. Quellidi Lz sono hm quindi se scrivo L2 = L2

x + L2y + L2

z = 0 + 0 + h2m2 ...sarebbeuna falsità!)

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68 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.14.2 Polinomi di legendreCome visto nella precednete sezione, il problema agli autovalori impostatoprecedentemente per il caso dell’operatore L2 ci porta alla soluzione di unaqueazione differenziale che ha soluzione se Θ(ξ) ∈ L2[−1, 1] e se gli autovalorisoddisfano la relazione:

λ = l(l + 1) dove l = |m| (4.227)

La soluzione genrale a r fissato quindi è possibile scriverla come:

A(r, ξ(θ)) = R(r)Θξ(θ) (4.228)

Ora calcolo in modo esplicito le Θ che saranno uguali a

Θ(ξ) = costPl(ξ) (4.229)

dove i Pl(ξ) sono i noti polinomi di Legendre.

Applicazione classica Questi polinomi trovano particolare utuilizzo an-che nella fisica classica per esempio nel problema a n corpi possiamo osservareche: ∑

j

1|−→x −−→x j |

(4.230)

esplicito per il caso di 2 corpi:∑j

1|−→x −−→x j |

=1√

|x|2 + |x’|2 − 2 |x| |x′| cosϑ(4.231)

sviluppo in serie considerando: h = |x′||x| 1

1√1 + h2 − 2h cosϑ

=+∞∑l=0

hlPl(cosϑ) (4.232)

Forma generale: La forma generale per i polinomi di legendre è quindi:

Pl(ξ) = (−1)l1

2ll!dl

dξl(1− ξ2)l (4.233)

trovo il coefficiente di normalizzazione:

cost2 =∫ +1

−1

dξPl(ξ)Pl′(ξ) = δl,l′2

2l + 1(4.234)

Θl(ξ) =

√2l + 1

2Pl(ξ) (4.235)

quindi:

Sm =

R(z)

√2l + 1

2Pl(ξ)

(4.236)

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4.14. PARTICELLA IN CAMPO CENTRALE 69

Quindi per m = 0 ho il seguente ambientazione:

Sm =

R(z)

√2l + 1

2Pl(ξ)

eimφ√2π

(4.237)

Se m 6= 0 ho una dipendenza stretta dal modulo di m scrivo la nuova Θ

Θl,|m|(ξ) = (−1)|m|(1− ξ2)|m|d|m|

dξ|m|Pl(ξ) (4.238)

se ξ = cos(ϑ) ottengo che posso definire:

Pml (ξ) = (sinϑ)|m|d|m|

dξ|m|Pl(cosϑ)(−)|m| (4.239)

normalizzo: ∫ +1

−1

dξP|m|l (ξ)P |m|l′ (ξ) = δl,l′

22l + 1

(l + |m|)!(l − |m|)!

(4.240)

l’autospazio comune è quindi:

Slm = R(z)Yl,m(θ, φ) (4.241)

dove la aprte radiale è sempre la stessa, mentre la parte di armonica sferica è :

Yl,m(θ, φ) = Nl,mP|m|l (θ)eimφ (4.242)

e il coefficiente Nl,m è definito come:

Nl,m = (1−)|m|−m

2

√(2l + 1) (l − |m|)!

4π (l + |m|)!(4.243)

I sottospazi Slm genrano tutto L2R3 =∑lm⊕Slm cioè in modo esplicito

supponiamo uno stato f ∈ L2(R3) posso scriverlo come:

f(r, θ, φ) =+∞∑l=0

+l∑m=−l

Rlm(r)Ylm(ϑ, phi) (4.244)

In questo modo si viene ad identificare il proiettore sugli autospazi comuni di L2

ed Lz relativo ai rispettivi autovalori h2l(l+ 1) e hm esce in modo abbastanzanaturame come nel caso Lz (formaula 4.126):(

EbL2,bLzl,m f

)(r, θ, φ) = Ylm

∫dΩ′Y ∗l,m(ϑ′, φ′)f(r, θ′, φ′) (4.245)

quindi:

(L2f) =∑l

+l∑m=−l

h2l(l + 1)Rlm(r)Ylm(θ, φ) (4.246)

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70 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

allo stesso modo

(Lzf) =∑l

+l∑m=−l

hmRlm(r)Ylm(θ, φ) (4.247)

Quindi scriviamo la rappresentazione spettrale dei due operatori:

L2 =+∞∑l=0

+l∑m=−l

h2l(l + 1)EbL2,bLzl,m (4.248)

Lz =+∞∑l=0

+l∑m=−l

hmEbL2,bLzl,m (4.249)

Quindi, sapendo come sono fatti i priettori, posso definire una statistica sullamisura del momento angolare della mia particella. Nel particolare:

Sia ψt ∈ L2(R3) =⇒⟨ψ∣∣L2ψ

⟩=∑l

∑m

h2l(l + 1)EbL2,bLzl,m ψt (4.250)

COSA POCO CHIARA Ora dato che i polinomi di legendre possonoessere scritti nella forma 4.239 noto che il modulo quadro del proiettore perm = ±l (!!!!!) è una cosa che va come:

Yl,±l = (sinϑ)l (4.251)

che è massimizzato per θ = π2 quindi c’è la probabilità massima di trovare

la particella a valori di θ = π2 cioè la particella appartiene al piano X × Y e

di conseguenza c’è una probabilità altissima per L diretto lungo l’asse zeta.MA PERCHE’ ??? Nel polinomio di legendre non ho nache una parte chedipende da ξ ? Qundi ho anche coseni....NOOOO E’ esatto ...ora ho capito!Nella formula di ricorsione dei polinomi di Legendre compare un (1 − ξ2) cheè proprio un seno..... no non è per quello...perchè poi derivo in cos(ϑ) e miescono sempre anche un po’ di coseni ..... non so.

4.14.3 Ricerca delle autofunzioni di HOra passo alla ricerca delle autofunzioni dell’operatore Hamiltoniano per unsistema a simmetria sferica:

H = − h2

2m

[1r2

∂rr2 ∂

∂r− L2

r2

]+ U(r) (4.252)

Restringo il dominio dell’operatore all’autospazio Slm definito in precedenza,cioè l’autospazio comune agli operatori Lz e L2. Prendo uno stato ψt ∈ Slm(R3)e studio il seguente problema agli autovalori:[− h2

2m1r2

∂rr2 ∂Rlm(r)

∂r+h2l(l + 1)

2mr2Rlm(r) + U(r)Rlm(r)

]Ylm(ϑ, ψ) = WRlm(r)Ylm(ϑ, ψ)

sostituisco:

Rlm(r) =y(r)r

(4.253)

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4.15. RISOLUZIONE EQ. DIFFERENZIALI CON SINGOLARITÀ FUCHSIANE71

In questo modo la prima parte dell’operatore mi viene più semplice in quanto:

1r2

∂rr2 ∂Rlm(r)

∂r= r

d2y(r)dr2

(4.254)

dove sono state sostituite le derivate parziali con delle derivate nella sola va-riabile r in quanto la funzione radiale dipende solo ed esclusivamente da r. Ilproblema agli autovalori è qundi il seguente:[

− h2

2mrd2y(r)dr2

+h2l(l + 1)

2mr3y(r) + U(r)

y(r)r

]= W

y(r)r

(4.255)

θ e φ sono fissati quindi la parte di armonica sferica si semplifica. Raduno itermini mettendo in mostra la parte di potenziale efficace

− h2

2mrd2y(r)dr2

+y(r)r

(hl(l + 1)

2mr2+ U(r)

)= W

y(r)r

(4.256)

VEff =hl(l + 1)

2mr2+ U(r) (4.257)

con il problema scritto in questo modo, per garantire l’esistenza delle autofun-zioni ulm(r, θ, φ) basta imporre che sia:

1) y(0) = 02) y ∈ L2(0,+∞) =⇒ ulm(r, θ, φ) ∈ L2(R3) (4.258)

4.15 Risoluzione Eq. Differenziali con singolari-tà fuchsiane

Sia data la seguente eq. differenziale:

d2u(x)dx2

+ p(x)du(x)dx

+ q(x)u(x) = 0 (4.259)

tali che i coefficienti siano definiti in questo modo:

p(x) =∑+∞n an(x− x0)n

(x− x0)q(x) =

∑+∞n bn(x− x0)n

(x− x0)2(4.260)

quindi tali che p(x) presenti un polo del prim’ordine semplice, mentre q(x) pre-senti un polo del secondo ordine semplice.

Allora ∃ ρ : ∀x ∈ B(ρ, x0) si ha che:

u(x) = (x− x0)α+∞∑n=0

cn(x− x0)n per α ∈ C \ N (4.261)

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72 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

è soluzione dell’equazione differenziale. Dove ρ indica il raggio di convergenzadella serie:

∑+∞n=0 cn(x− x0)n Faccio le derivate:

u′(x) = α(x− x0)α−1∞∑n=0

cn(x− x0)n + (x− x0)α∞∑n=0

cnn(x− x0)n−1 =

= (x− x0)α−1

( ∞∑n=0

cn(x− x0)n + (x− x0)∞∑n=0

cnn(x− x0)n−1

)=

= (x− x0)α−1

( ∞∑n=0

cn(x− x0)n +∞∑n=0

cnn(x− x0)n)

=

=+∞∑n=0

cn(α+ n)(x− x0)n+α−1 =

Pongo x0 = 0 quindi mi risulta la semplice espressione:

u′(x) =+∞∑n=0

cn(α+ n)xn+α−1 (4.262)

Con analoghi conti possiamo scrivere la derivata seconda:

u′′(x) =∞∑n=0

cn(α+ n)(α+ n− 1)xα+n−2 (4.263)

Le esressioni che poi useremo praticaemnte sono le seguenti (che hanno unaaspetto più amichevole)

xu′(x) =+∞∑n=0

cn(α+ n)xn+α ; x2u′′(x) =∞∑n=0

cn(α+ n)(α+ n− 1)xα+n

Sostituisco nella mia eq. differenziale:

x2u′′ + xAu′ + bu = 0 (4.264)

x2u′′ =∞∑n=0

= cn(α+ n)(α+ n− 1) +∑n

anxn∑r

cr(α+ r)xα+n(4.265)

=∑n

(∑r

an−r(α+ r)

)xα+n (4.266)

xu′ =∑n

(∑r

bn−rcr

)xα+n (4.267)

sostutuisco tutto ottenendo:

xα∑n

xn

[cn(n+ α)(n+ α− 1) +

n∑r

(an−rcr(r + α) + br−ncr

]= 0 (4.268)

quindi ddevono annullarsi tutti i cofficienti della serie. Ho due casi per n = 0e n > 0.

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4.15. RISOLUZIONE EQ. DIFFERENZIALI CON SINGOLARITÀ FUCHSIANE73

n=0Trovo un andamento logaritmico

n>0i cn devono essere NON nulli altrimenti ho una eq. algebrica di secondo gradoin α risolvendola ho due radici, in funzioni delle quali posso ricorstruire perricosrsione dei i coefficneti cn a partice dal c0 scelto in modo arbitrario. Il chenon ha senso. Quindi ottengo:

cn [(n+ α) + a0(n+ α) + b0] = −n−1∑r=0

an−rcr(r + α) + br−ncr (4.269)

per n =0 ho che :

α(α− 1) + αa0 + b0 = 0 = ϕ(α) (4.270)

la posso scrivere in funzione delle sue due radici α1 e α2:

ϕ(α+ n) = (α− α1 + n)(α− α2 + n) ϕ(α1 + n) = n(n+ α1 − α2) (4.271)

ϕ(α2 + n) = n(n+ α2 − α1) (4.272)

quindi per α1 − α2 6= n ∈ N ho i coefficienti:

c(1)n =

−∑n−1r=0 an−rcr(r + α) + br−ncr

n(n+ α1 − α2)(4.273)

c(2)n =

−∑n−1r=0 an−rcr(r + α) + br−ncr

n(n+ α2 − α1)(4.274)

Il raggio di convergenza della∑n cnx

n è non nullo. Nei casi della meccanicaquantistica α1 − alpha2 è solitamente intero. Qindi si può dimostrare che lasoluzione dell’equazione con singolarità fuschisiana nell’origine per α1−α2 ∈ Nè del tipo:

y(x) = xα1

+∞∑n=0

cnxn log x+ xα2

+∞∑d=0

dnxn (4.275)

4.15.1 Caso particolare Eq. Radiale per potenziale Co-loumbiano

Come già visto precedentmente l’equazione differenziale per trovare la funzioneradiale è del tipo:

− h2

2md2y(r)dr2

+[h2l(l + 1)

2mr2+ U(r)

]y(r) = Wy(r) (4.276)

La riporto nella forma 4.259 quindi scrivo:

d2y(r)dr2

+[− l(l + 1)

r2− 2mh2 U(r) +

2mh2 W

]y(r) = 0 (4.277)

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74 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

considero il caso del potenzile coloumbiano:

U(r) =Ze2

r(4.278)

d2y(r)dr2

+[− l(l + 1)

r2− 2mh2

Ze2

r+

2mh2 W

]y(r) = 0 (4.279)

è una ipergemetrica confluente, nel senso che c’è na singolarità fuchsiana nell’o-rigine e ci sino altre 2 singolaità che confluiscono a infinito. Eseguo le segunetisostituzioni:

ρ = 2kr k =

√2m |W |h2 (4.280)

raggiungo la ipergemetrica conflunete:

d2y(ρ)dρ2

+[mZe2

h2kρ− l(l + 1)

ρ2− 1

4

]y(ρ) = 0 (4.281)

dove sono di notevole importanza le seguenti grandezze:

Z

a0k= ζ =

mZe2

h2k(4.282)

dove a0 è il raggio di Bhor a0 = h2

me2

4.16 Effetto ZeemanScrivo l’Hamiltoniano di Iterazione elettromagnetica

H =

[p2

2m− e2Z(r)

r− e

cA(−→x , t)

]=

=

[p2

2m− e2Z(r)

r− e

2mec

−→L ·−→B

](4.283)

Mi metto in un sistema di riferimento tale che−→B ||−→L allineato con l’asse z allora

se prendo uno stato ψt ∈ Slm posso andare a sostituire l’operatore L con lasola componente Lz e quindi essendo un operatore autoggiunto in Slm possosostituire l’azione dell’operatore con il suo autovalore:

H =

[p2

2m− e2Z(r)

r− eB0hm

2mec·

](4.284)

applico lo stato:

Wnlmunlm =[Wnl −

eB0hm

2mec

](4.285)

quindi se ho due stati:

ν =Wnlm −Wn′l′m′

h=wnl −Wn′l′

h+

eB0

4πmec(m−m′) (4.286)

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4.17. INTRODUZIONE DELLO SPIN 75

4.16.1 Precessioni di larmor

Applico il th di erenfest all’hamiltoniano:

H =p2

2m+ U(r)− µ ·

−→B (4.287)

d〈Li〉tdt

=1ih

(− e

2mec

)∑j

[Li, Lj ]Bj (4.288)

[Li, Lj ] = −ihεijhLh (4.289)

sostituisco e ottengo

d〈Li〉tdt

= − e

2mec

−→B × 〈L〉t = −→ω × 〈Lt〉 (4.290)

4.17 Introduzione dello spin

Rappresetazione in modo irriducibile degli operatori Un operatore in H è rap-presentato in modo iriducibile se NON esiste un sottospazio S ⊂ H tale chevenga lascaito invariante dall’operatore stesso.

4.17.1 L’operatore di traslazione

(T )(a)f)(x) = f(x− a) = f ′(x) (4.291)

Lo posso scrivere come esponenziale. L’esponente è la funzione generatricedella trasformazione:

(T (a)f)(x) = (e−a∂∂x f)(x) (4.292)

sviluppo in serie di taylor:

T (a) = I − a ∂∂x

+12!

(a∂

∂x

)(a∂

∂x

)· · · (4.293)

stoppo al prim’ordine:

(T (a)f)(x) = f(x)− a · gradf(x) (4.294)

però p = −ih ∂∂x quindi posso riscrivere T come:

T (a) = e−iha·bp (4.295)

Conto strano sulla definizione di P

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76 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

4.18 Th di Von Neumann

-) operatore creazione;

a† =1√2

(αx− i p

αh

)(4.296)

-) operatore di distruzione:

a =1√2

(αx+ i

p

αh

)(4.297)

-) Non commutano a† e a

[a†, a] = 1 (4.298)

-Noto che invece: a†a è definito positivo e autoggiunto Suppongo che esita unautovalore λ tale che: (andrebbe dimostrato con le deduzioni dal th. spettrale)

a†aΦλ = λΦλ (4.299)

applico l’operatore di distruzione:

a†a(aΦλ) = (λ− 1)Φλ (4.300)

arrivo al punto tale che applicato S volte l’operatore a alla S+1 volta ho auto-valore nullo. Quindi applicando creazione e distruzione posso ricostruire tuttigli autovalori del mio sitema.Di particolare interesse sono gli autostati di a†a normalizzati. Facendo sempli-cemnte la norma trovo che gli autostati di N sono:

Φn =(a†)nΦ0√

n!(4.301)

dove ||Φ0|| = 1 quindi per avere una rappresentazione irriducibile degli operato-ri a† a devo limitarmi al sottospazio generato dai Φn definiti precedentente.Ma dato che gli operatori a† e di a sono stati costruiti con gli operatori x e pse mi restringo a lavorare nello spazio generato dai φn allora ho rappresen-tazioni irriducibili anche per l’operatore posizione e per l’operatore momento.Gli operatori di posizione e di momento sono rappresentati come:

x =1√2α

(a+ a†) (4.302)

p =αh

2√

2(a− a†) (4.303)

4.19 varie rappresentazioni matriciali

Omesse

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4.20. OSCILLATORE ARMONICO 77

4.20 Oscillatore armonico

H =p2

2m− 1

2mω2x2 (4.304)

H = −α2h2

4m((a†)2 + (a)2 − aa† − a†a) +

h2α2

4m((a†)2 + (a)2 + aa† + a†a)

12hω(a†a+ aa†) =

12hω(2a†a+ 1) = hω

(N +

12

)(4.305)

dove nell’ultima formula per far uscire l’operatore numero è stata usata lapropietà 4.298 degli operatori di cre e dist. quindi le autofunzioni le ricavousando il teorema di Von neumann:

1√2

(αx+

d

dx

)φ0 = 0 (4.306)

αx = ξ (ξ +

d

ξ

)φ0 = 0 (4.307)

φ0(ξ) = Ceξ2

2 (4.308)

normalizzo:

〈φ0 |φ0〉 =∫R

|φ|2 dξ =1α

∣∣C2∣∣√π (4.309)

quindi l’autofunzione normalizzata è:

φ0 =√

α√πeξ2

2 (4.310)

Poi sapendo la 4.301 ricavo tutti gli stati!

φn =1√n!

(a†)nφ0 =√

α√π22n

(ξ − d

dξ)ne−

ξ2

2 (4.311)

4.21 Composizione momenti angolari

Tutta la toeira fatta fin’ora però contiene ancora approssimazioni abbastanzapesanti. Infatti si ricolrda che nelal struttura dlineata fin’ora non compare lastruttura fine dello spettro dell’idrogeno. Quindi bisognerà migliorare questoaspetto.Bisognerà introdurre un nuovo operatore tra quelli fondamentali quindiavremo che gli operatori fondamentali su cui costruire tutto sono i seguenti:

x, p, J (4.312)

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78 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

con le seguenti proprietà di commutazione:

[Ji, Jh] = ihεijkJk (4.313)[Ji, xh] = ihεijkxk (4.314)[Ji, ph] = ihεijkpk (4.315)

Con questa base cerceremo inizialmente di ricostruire in modo più generale lateoria della particella libera. ponsidero:

−→J =

−→L +

−→S (4.316)

noto che sostituendo:

[Lh + Sh, Lk + Sk] = ihεhkf (Lf + Sf ) (4.317)

[Lh, Sk] = 0 perchè L è costruito con gli operatori x e p e sapendo che Scommuta con x e con p allora commuterà anche con L

[Sh, Sk] = ihεSf (4.318)

da questo noto che S è un operatore di momento angolare! Infatti si compor-ta con le stesse regole di commutazione di un comune operatore di momentoangolare, in più commuta con x e con p. Questo momento angolare non ha nul-la a che fare con la parte di momento angolare orbitale, quindi lo chiamoMomento angolare intinseco costuisco l’operatore S2 definito come

S2 =∑h

S2h (4.319)

S2 commuta sia con l’operatore posizione che con l’opperatore momento an-golare. Questo perchè [S2, Sh] = 0 Quindi i miei 3 operatori fondamentali cheuserò per costruire tutto sono i seguenti:

xh, ph, Sh (4.320)

Lemma di Jule: Un operatore commutante con un sistema irriducibile dioperatori autoaggiunti può avere un solo autovalore ed è multimplo dell’identi-tà:

S2 = h2γI (4.321)

Teorema di composizione :Hp: sia dato un operatore autoggiunto in un certo spazio di hilbert H finitodimensionale, tale che soddisfi le seguenti ipotesi:

[jh, jk] = ihjf (4.322)

j2 =∑h

j2h (4.323)[

j2, jh

]= 0 (4.324)

e la rappresentazione di j è irriducibile : j2 = h2γI;allora si ha che:

γ = j(j + 1) (4.325)

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4.21. COMPOSIZIONE MOMENTI ANGOLARI 79

cioè vanno bene solo i valori semi-interi !Dim: (solo accenno)

[jz, j±] = ±hj± (4.326)

costruisco

j+j− = j2 − j2z + hjz (4.327)

j−j+ = j2 − j2z − hjz (4.328)

I loro aggiunti poi si scanbiano tra loro.. come avveniva per creazione - distru-zione

jzj+|u >= hj+ + huj+|u >= h(u+ 1)j+|u > (4.329)

jzj−|u >= h(u− 1)j+|u > (4.330)

scelgo di volere gli stati normalizzati

〈u |u〉 = 1 (4.331)

||j+|u >||2 = |K+(λ, u)|2 = h(λ− u2 − u)12 (4.332)

quindi ho il primo vincolo:

λ− u2max − umax ≥ 0 (4.333)

sviluppo analogo per j− e ottngo il seguente vincolo:

λ− u2min − umin ≥ 0 (4.334)

risovo il sistema:λ− u2

min − umin ≥ 0λ− u2min − umin ≥ 0 (4.335)

ottenendo:

umax = N2

umin = −N2

e i λ saranno:

λ = u2 + u = u(u+ 1) (4.336)

la dimensione totale dello spazio è dim = (2u+ 1)

q.e.d

Ora ho il problema che i vari operatori sono rappresentati per mezzo di x ep che sono operatori con dominio tutto L2(R) ma l’operatore S ha come domi-nio uno spazio di hilber finito di dimensione 2s+ 1. Se prendo come ambiente

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80 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

di lavoro tutto L2(R) vedo che ho sottospazi invarianti quindi non ho rappre-sentazioni irriducibili dei miei operatori. L’unico modo è di considerare deglistati fattorizzati:

g =∼g (x)b (4.337)

dove:∼g (x) ∈ L2(R3) b ∈ C2s+1 (4.338)

se faccio il prodotto scalare tra due stati definiti nel modo precednete ho che:

〈g |f〉 = 〈g |f〉L2(R3) 〈a |b〉C2s+1 (4.339)

Quindi l’autospazio che usiamo come dominio per i nostri operatori è dato dalprodotto tensore di:

L2(R3)⊗ C2s+1 (4.340)

4.21.1 Il proiettore Sz

Dovrei definire un metodi di misura della mia osservabile legata all’operatoreSz questo lo faccio definendo un proiettore quindi:

P (Sz = hs, t) =∣∣∣∣∣∣ESzhs ∣∣∣∣∣∣2 (4.341)

e il valor medio:

< ψt|Sz|ψt >=∫R

|ψ1(x, t)|2 hs+ · · ·+∫R

|ψ2s+1(x, t)|2 (−hs) (4.342)

Ora da punto di vista fisico la dinamica del sistema mi vene descritta dall’ha-miltoniano con anche la parte di spin

H =P 2

2m+ U(r) +Hspin(x, p, S) (4.343)

quindi l’equazione di Schrodinger verrà scritta per un oggetto con 2s + 1componenti. L’elemento che definisce lo stato in questo spazio è detto spinore.

ψs,t =

ψ1

...ψ2s+1

(4.344)

Tutti i problemi ora sono legati in questo modo. Hspin da poco contibuto, èuna parte molto piccola dell’hamiltoniano, quindi per iniziare questa tratta-zione possiamo trattare i problemi in questo modo: Eliminiamo il termine diHamiltoniano di spin riducendoci a lavorare sempre col solito Hamiltoniano:

H =P 2

2m+ U(r) (4.345)

ma ambiento il tutto nello spazio L2(R3)⊗C2s+1 Quindi avrò che di interezzanteci saranno gli operatori L (momento angolare orbitale) la cui dinamica sarà

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4.21. COMPOSIZIONE MOMENTI ANGOLARI 81

descritta dai risultati che si troveranno per gli operatori Lz e L2. Inizio aconsiderare di trovare le autofunzioni di H nell’autospazio di Sz

hs

ψ1

...0

· · · · · · · · · (−hs) 0

...ψ2s+1

(4.346)

L’autospazio del mio operatore Hamiltoniano sarà di questo tipo:

Sl,m,ms =y(r)rYlm(θ, φ)vms(ω)

(4.347)

cove con ω si intendo una targhetta data all’autofunzione che descrive la partein più legata alla presenza degli operatori Sx, Sy ed Sz. Il problema è identico aquello precednete solo che AUMENTA in modo determinate la degenerazione.Se uno stato ha autovalore s la degenerazione aumenta di un fattore (2s+ 1).La degenrazione totale sarà quindi (2s + 1)n2 Per uno stato ad autovolare 1

2ho che la degenerazione totale è 2n2

Ricordando che :

Sx =h

2

(0 11 0

)Sy =

(0 −ii 0

)Sz =

(1 00 −1

)(4.348)

Cerchiamo ad esempio l’autospazio dell’operatorio Sx

Sxf = Sx

(f1(x)f2(x)

)=h

2

(0 11 0

)(f1(x)f2(x)

)(4.349)

h2

4f1 = λf2 = λ2f1 (4.350)

quindi ottengo λ = ± h2 quindi due autovettori, per l’autovalore + h2 ho

(f(x)f(x)

)mentre per l’autovare − h2 ho

(f(x)−f(x)

)normalizzando gli stati:

f(x)

(1√2

1√2

)f(x)

(1√2

− 1√2

)(4.351)

Notare come questi elementi sono elementi che stanno in L2(R3)⊗ C2

4.21.2 Misura a valore di proiettoreCalcolo i valori medi di Sx Sy ed Sz quindi prendo uno ψt(x, ω) ∈ Sl,m,ms ⊂L2(R3)⊗ C2s+1 con m = ± 1

2 . Caloclo il valor medio:

< ψt|Sz|ψt >=h

2

∫R3|ψ1t|2 d3x− h

2

∫R3|ψ2t|2 d3x (4.352)

dato che i nostri stati sono costruiti in modo tale che:

||ψt|| = 1∫R

|ψ1|2 + |ψ2|2 d3x (4.353)

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82 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

ho direttamente i valori dei proiettori di Sz e quindi delle distribiuzioni diprobabilità annesse:

P (Sz =h

2) =

∫R3|ψ1t|2 d3x (4.354)

P (Sz = − h2

) =∫R3|ψ2t|2 d3x (4.355)

che è quindi il vlalor medio di Sz posso rischreverlo con la sua rappresentazionespettale:

〈S〉z =h

2ESzh

2− h

2ESz− h2

(4.356)

Lo stesso procedimento lo si usa anche per Sx e Sy solo che le loro distibuzioni diprobabilità vengono molto più complicate in quanto entrano in gioco anche deimeccanismi di interferenza che sono evidenti nella scrittura finale qui esposta:

P

(Sx = ± h

2

)=

12

[1± i

∫R

(ψ1ψ∗2 − ψ∗1ψ2)dx

](4.357)

Momento angolare con direzione arbitaria−→S · −→n Definisco:

S · −→n =h

2

(nz nx − iny

nx + iny −nz

)(4.358)

cerco gli autovettori di questo operatore relativi agli autovari, quindi imposto

S−→nψ = ± h2ψ (4.359)

scrivo in forma matriciale, le costanti se ne vanno, risolvo e ottengo comeautovettori.

√1+nz

2nx+inyqnx+iny

2

h2

− 1√2

nx−iny√1+nz√

1+nz2

− h2

(4.360)

per ottenere poi le varie componenti e distribuzioni di probabilità applico ilproiettore allo stato.

P (Sn =h

2, t) =

1 + cosϑ2

(4.361)

Ho la probabilità in funzione di ϑSe proprio devo scegliere come orientare il mio sistema di riferimento alloraun buon criterio è quello di passare attraverso l’operatore di elicità che èdefinito in questo modo:

Sp =1h

S · p|p|

(4.362)

in questo modo oriento il sistema lungo la direzione di moto.

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4.22. CAMPO DI DIRAC 83

4.22 Campo di Dirac

-)introduzione dell’hamiltoniana di Spin, collegamento al campo magnetico,precessione di Thomas (correzione relativistica)

Hspin = − e

2mecgjB · S = −→ω ·

−→S (4.363)

ω = − e

2mecgj(B +

v

c× E) +

a× v2c2

(4.364)

Faccio conti arrivo all’iterazione spin-orbita

Hspin =e

2mecdsB · S +

12m2

ec2

(gs − 1)1r

dU

drL · S (4.365)

4.23 Composizione di momenti angolari

Ho due momenti angolari j1 e j2 voglio trovare il momento angolare composto

J = j1 + j2. (4.366)

Questo problema va inizialmente impostato sulla base degli operatori di cuiabbiamo studiato lo spettro nei paragrafi precedenti cioè considerando:

j21 7→ h2j1(j1 + 1) ; j1z 7→ hm1 (4.367)j22 7→ h2j2(j2 + 1) ; j2z 7→ hm2 (4.368)

la dimensione dello spazio di hilbert di questo stati è:

|m1,m2 > 7→ (2j1 + 1)(2j2 + 1) (4.369)

applico loperatore composto Jz definito come Jz = j1z + j2z allo stato:

Jz|m1,m2 >= h(m1 +m2)|m1,m2 >= hmJ |m1,m2 > (4.370)

Parto dall’autovalore maggiore:mJ = j1+j2 =⇒ spazio con degenerazione 1 perchè posso rappresentarlo solo come|j1, j2 > prendo l’elemento subito inferiore:

mJ = j1 + j2 − 1 =⇒ |j1 − 1, j2 > ; |j1, j2 − 1 > =⇒ dim(Sln,ms) = 2(4.371)

e così via...

mJ = j1 + j2 − 2 =⇒ dim(Slm,ms) = 3 (4.372)

Ora trovo gli autovalori di J2:

J2 = (J1 + J2)2 [J2, Jz] = 0 |j,mj > (4.373)

|J1, J2 >= |j1 + j2, j1 + j2 > (4.374)

Page 84: Fisica Moderna - Astronomia Stefano Mandellistefanomandelli.altervista.org/FisicaModerna.pdf · Capitolo 1 Crisi della Fisica Classica 1.1 FormalismomatematicodellaRielativitàRi-strettaeGenerale

84 CAPITOLO 4. MECCANICA QUANTISTICA

Uso l’operatore di salita e discesa a mio piacimento per posizionarmi sugli statiche mi interessano! Quindi definisco:

J±|j,m >= h√

(J ∓m)(J ±m+ 1)|J,m± 1 > (4.375)

in analogia:

J−|j1 + j2, j1 + j2 >= h√

2(j1 + j2)|j1 + j2, j1 + j2 − 1 > (4.376)

Isolo lo stato che mi interessa:

|j1 + j2, j1 + j2 − 1 >=1

h√

2(j1 + j2)J−|j1 + j2, j1 + j2 > (4.377)

Ma J− = j1− + j2−

N.S. =(j1− + j2−)|j1 + j2, j1 + j2 >

h√

2(j1 + j2)=

1h√

2(j1 + j2)(J1−|j1; j1, j2, j2 > +J2−|j1; j1, j2, j2 >) =

= |j1 + j2 − 1, j1 + j2 − 1 >=

√j2

j1 + j2|j1 − 1, j2 > +

√j1

j1 + j2|j1, j2 − 1 > (4.378)

dove è stato fatto un passaggio considerevole nel dire. Preso lo stato deglistati accoppiatti |j1 + j2, j1 + j2 > posso ugualmente ricondideralo nello spaziodei momenti angolari disaccoppiati e scrivere: |j1; j2, j1; j2 > I coefficienti dicambio di base, dalla base dello spazio dei momenti angolari disaccoppiati allabase dei momenti angolari accoppiati sono i seguenti e sono i coefficienti diClebsch-Gordan:

K1 =

√j2

j1 + j2K2 =

√j1

j1 + j2(4.379)

4.24 Sistemi di due particelleL’hamiltoniano che descrive il sitema è sostanzialmente questo:

H =pn

2mn+

pe2me

− e2

|x1 − x2|+ Hspin(pn, pe, xe, xn, Se, Sn) (4.380)

Ci saranno interazioni Spin-Orbital o Spin-Spin. Tolgo come sempre la partepiccola di interazione quindi rununzio a studaire la stuttura fine (data dall’in-terazione Spin-Orbita) e la struttura Iperfine (data dall’interazione Spin-Spin)dello spettro dell’idrogeno. Effettuo un cambiamento di variabili:

X =mexe +mnxnme +mn

x = xe − xn (4.381)

Quindi:

xe = X +mn

me +mnx xn = X − me

me +mnx (4.382)

Passando da un isotopo all’altro, ho problemi legati anche alla trattazionedello spin, ma nella trattazione seguente trascuriamo tutti questi effetti, quindiquesto noi lo trattiamo solo come una variazione di massa del nostro nucleo.