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3 Rag. Pietro Canta – Consulente Nazionale Fiscosport Coordinatore e Resp. dei Consulenti e Amm.re Unico Fiscosport srl Commercialista in Imperia – ideatore del sito www.fiscosport.it e-mail: [email protected] Fiscosport: l’aggiornamento settimanale al fianco del Dirigente sportivo L’esigenza di fornire alle società ed associazioni sportive dilettantistiche un aggiornamento costante in materia fiscale-sportiva mi ha dato lo spunto, nell’ormai lontano anno 2000, per inventare uno strumento informatico utile per tutti gli addetti ai lavori, una testata giornalistica sulla quale dare voce ai maggiori esperti “fiscosport”, che provenendo dal mondo sportivo (almeno la maggior parte) hanno la capacità di rivolgersi ai Dirigenti sportivi con un linguaggio semplice ma incisivo per sollevare ed analizzare le problematiche più ricorrenti. Un impegno condiviso da 24 professionisti (che con la selezione del 13 e 14 ottobre 2006 diventano 36), dottori e ragionieri commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro che con articoli di attualità e di indiscusso interesse, risposte ai quesiti, pubblicazione di sentenze e circolari ministeriali, modulistica compilabile on-line ed archiviabile, guide e vademecum si pongono al fianco del Consulente e/o Dirigente della società ed associazione sportiva dilettantistica alle prese con gli aggiornamenti fiscali. Fiscosport è altresì apprezzato per la newsletter settimanale inoltrata all’utente registrato al sito www.fiscosport.it a mezzo e-mail, una “rivista ipertestuale” dalla quale, a mezzo indice e sommario, è possibile collegarsi al sito e leggere interamente la notizia pubblicata ovvero scaricare l’allegato e/o il modulo in formato Microsoft word, excel, powerpoint, ecc. per un successivo utilizzo sul computer dello studio o dell’associazione sportiva. L’idea di cui sopra doveva essere tradotta in un progetto a favore dell’intero mondo sportivo: nasce nel 2002 il progetto CONI/Fiscosport a cui credono il Presidente del CONI di Imperia, Ivo Bensa ed un grande Dirigente dello sport italiano, Beppe Gentile. Vi aderiscono 68 Comitati periferici del CONI, forse troppi perché si possa proseguire un’iniziativa valida. Sulle ceneri di tale esperimento, nasce il progetto globale Fiscosport 2004-2006, al quale tra i primi aderisce il Presidente del CONI di Treviso, Giovanni Ottoni, attualmente il Comitato provinciale che annovera il maggior numero di utenti registrati (282). Si affiancano alla “provincia più fiscosportiva d’Italia”, 4 C.R. CONI o Scuole Regionali dello Sport (Liguria, Puglia, Sicilia e Trentino Alto Adige) e 10 C.P. CONI (Avellino, Gorizia, Lodi, Novara, Padova, Rimini, Siena,Udine, Varese e Verbania), nonché, in forma promozionale, 3 Fsn/Dsa/Eps a livello nazionale (FIGS, FIPSAS e FSI), 12 a livello regionale (FIBS Sardegna, FICK Umbria, FIDAL Sicilia, FIG Toscana, FIGH Abruzzo, FIJLKAM Karate Puglia, FIPAV Sicilia, FIT Campania, FIV Sicilia, FISB Lombardia, AICS Emilia Romagna, CSEN Campania, ENDAS Calabria) e 7 a livello provinciale (FIPAV Agrigento e Taranto, FIT Vicenza, AICS Pordenone, ASI Piacenza, CNS Libertas Matera e Salerno). Il 3° Meeting dei Consulenti ed il Convegno Nazionale Fiscosport di Alassio (SV) ci permetterà di valutare al meglio le esigenze dei Consulenti e dei Dirigenti delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, per tramutarle in modifiche ed implementazioni al sito internet, che con il nuovo progetto 2007-2009 denominato “+ dai servizi Fiscosport – versi”, rivolto ai CONI Regionali e Provinciali e alle Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva, sarà sempre più al fianco del Dirigente sportivo che, avvalendosi anche della presente dispensa, saprà scalare le strade impervie del fisco italiano. Nel ringraziare i Consulenti Regionali e Provinciali Fiscosport che si sono dedicati alla stesura della presente dispensa e alle relazioni al Meeting e al Convegno Fiscosport, mi auguro che coloro che hanno modo di leggerla possano trarne beneficio.

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Rag. Pietro Canta – Consulente Nazionale Fiscosport Coordinatore e Resp. dei Consulenti e Amm.re Unico Fiscosport srl Commercialista in Imperia – ideatore del sito www.fiscosport.it e-mail: [email protected] Fiscosport: l’aggiornamento settimanale al fianco del Dirigente sportivo

L’esigenza di fornire alle società ed associazioni sportive dilettantistiche un aggiornamento costante in materia fiscale-sportiva mi ha dato lo spunto, nell’ormai lontano anno 2000, per inventare uno strumento informatico utile per tutti gli addetti ai lavori, una testata giornalistica sulla quale dare voce ai maggiori esperti “fiscosport”, che provenendo dal mondo sportivo (almeno la maggior parte) hanno la capacità di rivolgersi ai Dirigenti sportivi con un linguaggio semplice ma incisivo per sollevare ed analizzare le problematiche più ricorrenti.

Un impegno condiviso da 24 professionisti (che con la selezione del 13 e 14

ottobre 2006 diventano 36), dottori e ragionieri commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro che con articoli di attualità e di indiscusso interesse, risposte ai quesiti, pubblicazione di sentenze e circolari ministeriali, modulistica compilabile on-line ed archiviabile, guide e vademecum si pongono al fianco del Consulente e/o Dirigente della società ed associazione sportiva dilettantistica alle prese con gli aggiornamenti fiscali.

Fiscosport è altresì apprezzato per la newsletter settimanale inoltrata all’utente

registrato al sito www.fiscosport.it a mezzo e-mail, una “rivista ipertestuale” dalla quale, a mezzo indice e sommario, è possibile collegarsi al sito e leggere interamente la notizia pubblicata ovvero scaricare l’allegato e/o il modulo in formato Microsoft word, excel, powerpoint, ecc. per un successivo utilizzo sul computer dello studio o dell’associazione sportiva.

L’idea di cui sopra doveva essere tradotta in un progetto a favore dell’intero

mondo sportivo: nasce nel 2002 il progetto CONI/Fiscosport a cui credono il Presidente del CONI di Imperia, Ivo Bensa ed un grande Dirigente dello sport italiano, Beppe Gentile. Vi aderiscono 68 Comitati periferici del CONI, forse troppi perché si possa proseguire un’iniziativa valida. Sulle ceneri di tale esperimento, nasce il progetto globale Fiscosport 2004-2006, al quale tra i primi aderisce il Presidente del CONI di Treviso, Giovanni Ottoni, attualmente il Comitato provinciale che annovera il maggior numero di utenti registrati (282). Si affiancano alla “provincia più fiscosportiva d’Italia”, 4 C.R. CONI o Scuole Regionali dello Sport (Liguria, Puglia, Sicilia e Trentino Alto Adige) e 10 C.P. CONI (Avellino, Gorizia, Lodi, Novara, Padova, Rimini, Siena,Udine, Varese e Verbania), nonché, in forma promozionale, 3 Fsn/Dsa/Eps a livello nazionale (FIGS, FIPSAS e FSI), 12 a livello regionale (FIBS Sardegna, FICK Umbria, FIDAL Sicilia, FIG Toscana, FIGH Abruzzo, FIJLKAM Karate Puglia, FIPAV Sicilia, FIT Campania, FIV Sicilia, FISB Lombardia, AICS Emilia Romagna, CSEN Campania, ENDAS Calabria) e 7 a livello provinciale (FIPAV Agrigento e Taranto, FIT Vicenza, AICS Pordenone, ASI Piacenza, CNS Libertas Matera e Salerno).

Il 3° Meeting dei Consulenti ed il Convegno Nazionale Fiscosport di Alassio (SV)

ci permetterà di valutare al meglio le esigenze dei Consulenti e dei Dirigenti delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, per tramutarle in modifiche ed implementazioni al sito internet, che con il nuovo progetto 2007-2009 denominato “+ dai servizi Fiscosport – versi”, rivolto ai CONI Regionali e Provinciali e alle Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva, sarà sempre più al fianco del Dirigente sportivo che, avvalendosi anche della presente dispensa, saprà scalare le strade impervie del fisco italiano.

Nel ringraziare i Consulenti Regionali e Provinciali Fiscosport che si sono

dedicati alla stesura della presente dispensa e alle relazioni al Meeting e al Convegno Fiscosport, mi auguro che coloro che hanno modo di leggerla possano trarne beneficio.

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Dott. Patrizia Sideri – Consulente Provinciale Fiscosport Siena Dottore Commercialista in Siena e Consulente del C.P. CONI di Siena e-mail: [email protected] Proiezione slide sull’iscrizione al registro del CONI La proiezione delle slide prima dell’inizio del Convegno Nazionale Fiscosport è

un segnale dell’importanza che Fiscosport dà a tale adempimento a cui sono tenute le società ed associazioni sportive dilettantistiche non solo per avvalersi delle agevolazioni fiscali del settore ma anche per ottenere il riconoscimento a fini sportivi.

Purtroppo a oggi sono poco più di 20.000 gli organismi sportivi che vi hanno

provveduto su un totale di oltre 120.000 associazioni affiliate alle Fsn/Dsa/Eps (fonte Il Sole 24 Ore sport – settembre 2006).

Riproponiamo qui di seguito il lavoro redatto a cura della Dott.ssa Valentina Di

Renzo e del Dott. Giuliano Sinibaldi nel mese di novembre 2005, che insieme alle slide redatte a cura della Dott.ssa Patrizia Sideri rappresentano un contributo di Fiscosport per quei Dirigenti sportivi che sanno intuire l’esigenza più volte espressa sulla nostra testata:

A partire dal 2 Novembre 2005 è entrato in funzione il Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, in forma telematica, pubblicato sul sito web del CONI www.coni.it.

Il Registro è stato istituito dall’articolo 5, comma 5 lettera c) del D.lgs. 23 luglio 1999, n° 242 e regolamentato dalla deliberazione del Consiglio Nazionale dell’11 novembre 2004; inoltre, con l’articolo 7 della Legge 27/07/2004 n. 186 è stato disposto che le agevolazioni fiscali previste per le società ed associazioni sportive dilettantistiche dall’art. 90 della legge 289/2002, e successive modificazioni, si applicano solo alle società ed alle associazioni sportive dilettantistiche che sono in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI, quale garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo. L’iscrizione al Registro è dunque obbligatoria qualora si intendano ottenere: - il riconoscimento dello status di associazione/società “sportiva”; - le agevolazioni fiscali previste dalle vigenti normative a favore dello sport dilettantistico. L’iscrizione sarà contraddistinta dal rilascio di un codice di identificazione alfanumerico. Il registro sarà oggetto di verifica annuale anche ai fini della trasmissione all’Agenzia delle Entrate. Si offre, di seguito, una breve guida informativa ed operativa per l’adempimento dell’iscrizione: Finalità del Registro: 1. Attribuzione del riconoscimento ai fini sportivi alle associazioni e società sportive

dilettantistiche, come previsto dall’articolo 5, comma 5 lettera c), Decreto Legislativo 23 luglio 1999 n° 242;

2. Elaborazione dell’elenco delle associazioni e società sportive dilettantistiche – riconosciute ai fini sportivi - previsto dall’articolo 7 del Decreto Legge 28 maggio 2004 n° 136 (convertito nella legge 27 luglio 2004 n. 186), elenco che il CONI dovrà trasmettere ogni anno all’Agenzia delle Entrate;

3. Creazione di un’anagrafica delle associazioni e società sportive dilettantistiche che praticano l’attività sportiva organizzata dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e/o dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti;

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4. Realizzazione del primo gradino di una Banca Dati delle società sportive da implementare successivamente con l’inserimento di informazioni quantitative e qualitative relative ai tesserati ed alle altre figure che gravitano intorno alle associazioni/società.

L’adempimento di cui al n. 2 è chiaramente previsto al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate il controllo in ordine alla legittima fruizione delle agevolazioni fiscali da parte delle società ed associazioni sportive dilettantistiche. Funzionamento e caratteristiche tecniche ed operative del Registro: a) Il Registro ha natura telematica - è pubblicato sul sito del CONI www.coni.it; b) è suddiviso per comitati provinciali; c) è suddiviso in tre sezioni:

· associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica; · associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica; · società sportive dilettantistiche costituite nella forma di società di capitali e di società

cooperative; d) è articolato in due parti:

· generale - accessibile a qualunque utente internet e contenente informazioni di base su ciascuna società iscritta: il numero di iscrizione, la sezione di appartenenza, la denominazione completa, la città e la provincia della sede, l’indicazione della FSN o DSA e/o EPS cui l’associazione/società è affiliata;

· analitica - riservata ad utenti selezionati, contenente informazioni più dettagliate tra cui, ad esempio, riferimenti circa la natura dell’Atto Costitutivo/Statuto, estremi eventuali iscrizioni di legge (Registro delle Persone Giuridiche oppure Registro delle Imprese), codice fiscale e/o partita IVA, sede legale (e recapito corrispondenza e domicilio fiscale se diverso dalla sede), legale rappresentante con codice fiscale, indirizzo e recapiti telefonici. Nella parte analitica si terrà traccia, inoltre, di tutte le modificazioni intervenute nella ragione sociale, negli amministratori, nei dati di affiliazione;

e) La validità dell’iscrizione è annuale e coincide con quella dell’affiliazione; f) Le FSN/DSA/EPS proseguiranno a ricevere, a controllare e conservare gli atti costitutivi/statuti

dei propri affiliati e le eventuali modifiche agli stessi; g) È necessaria una autocertificazione rilasciata dal legale rappresentante in ordine al

possesso, da parte della società/associazione dei requisiti richiesti dalla legge per l’iscrizione nel registro stesso; è appena il caso di segnalare che una falsa dichiarazione in sede di autocertificazione, oltre a comportare, in caso di accertamento in merito alla veridicità delle dichiarazioni, la sanzione della cancellazione dal registro, costituisce fattispecie penalmente rilevante.

Requisiti per l'iscrizione Possono iscriversi al Registro solo le associazioni e le società sportive dilettantistiche che svolgano attività sportiva dilettantistica, compresa l’attività didattica, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002 n° 289 e successive modifiche, e i cui statuti, oltre ai requisiti richiesti dal suddetto art. 90, prevedano l’obbligo di conformarsi alle norme e direttive del CONI e della Federazione Sportiva Nazionale (FSN) o Disciplina Sportiva Associata (DSA) e/o Ente di Promozione Sportiva (EPS) cui esse sono affiliate. Condizione preliminare per l’iscrizione è, dunque, l’affiliazione ad una FSN/DSA o ad un EPS, ai quali è attribuita la delega al riconoscimento provvisorio ai fini sportivi delle associazioni e società sportive dilettantistiche con relativa raccolta, verifica e conservazione della documentazione necessaria (atti costitutivi e statuti). In ogni caso, il riconoscimento definitivo sarà collegato all’iscrizione al Registro che diventa, a tutti gli effetti, condizione indispensabile per poter godere delle agevolazioni fiscali previste per gli enti sportivi. Le Federazioni/enti/discipline associate, dopo aver raccolto la consueta documentazione (atti costitutivi, statuti e relativi verbali di modifica) e verificata la regolarità della stessa, concedono il riconoscimento in via provvisoria (si segnala che sul sito web del Comitato Olimpico Nazionale

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Italiano al collegamento http://www.coni.it/index.php?id=1228 è possibile consultare l’elenco provvisorio, suddiviso per provincia, delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche riconosciute dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate, dagli Enti di Promozione Sportiva su delega del CONI in relazione alla stagione sportiva 2003/2004 ovvero anno sportivo 2004). L’inclusione in tale elenco, però, non sostituisce in alcun modo l’iscrizione nel Registro e, pertanto, anche le associazioni /società indicate in elenco sono tenute ad iscriversi secondo la procedura sopra indicata. Il riconoscimento definitivo avverrà solo con l’iscrizione nel Registro. Requisito essenziale per l’iscrizione nel Registro è che il proprio statuto sia conforme alle disposizioni del citato art. 90, co, 17, 18 e 18-bis Legge 289/2002 e, ovviamente, agli Statuti delle FSN/DSA/EPS di appartenenza in quanto il rifiuto dell’affiliazione o del rinnovo dell’affiliazione da parte delle FSN/DSA/EPS per mancanza dei requisiti richiesti implica, come sopra segnalato, l’impossibilità di accedere all’iscrizione al Registro. Per la verifica del rispetto delle previsioni dell’articolo 90, commi 17-18-18-bis della Legge 289/2002 si propone un semplice CHECK LIST da fare in merito ai seguenti punti: A. indicazione, nella denominazione dell’ente, della finalità sportiva dilettantistica; B. scopo o oggetto sociale riferiti all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa

quella didattica; C. attribuzione della legale rappresentanza dell’associazione; D. esclusione di ogni scopo di lucro e previsione che i proventi delle attività non possono, in

nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; E. modalità organizzative rispettose del principio di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati; F. previsione della elettività delle cariche sociali (con esclusione delle società sportive di capitali o

cooperative per le quali si applicano comunque le norme del codice civile); G. obbligo di redazione dei rendiconti economico-finanziari, nonché modalità di approvazione degli

stessi da parte degli organi statutari; H. modalità di scioglimento dell’associazione; I. devoluzione del patrimonio, in caso di scioglimento della società o associazione sportiva, ai fini

sportivi; Deve essere, altresì, rispettato il divieto per i componenti dell’organo amministrativo di ricoprire la

medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche. Si consiglia inoltre di verificare presso le FSN/DSA/EPS di appartenenza l’esistenza di eventuali ulteriori clausole statutarie richieste dagli stessi per l’affiliazione che, si ripete, rappresenta una condizione necessaria per l’iscrizione nel registro. Procedura per l'iscrizione Secondo quanto riportato nel sito web www.coni.it del CONI le iscrizioni potevano essere effettuate a partire dal 2 novembre 2005 (data confermata dal CONI Ufficio Riconoscimenti Organismi sportivi DA e EPS). La richiesta di iscrizione al Registro è presentata utilizzando la modulistica on line ed avviene in via telematica. E’ necessario, quindi, disporre di un computer e del collegamento ad internet.

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Si ritiene che non sia necessario per l’associazione sportiva possedere un proprio collegamento ed un proprio indirizzo di posta elettronica: questi potranno essere messi a disposizione anche da terzi (dirigenti, soci, consulenti etc.) I formulari a disposizione sul web sono due: - modulo di iscrizione - "autocertificazione” Le associazioni/società si collegano, quindi, al sito del CONI e superata una prima fase di identificazione, in seguito alla quale ricevono una chiave di accesso, accedono al “proprio” modulo di iscrizione con alcuni campi già compilati. Completato l’inserimento delle informazioni richieste (e/o modifica dei campi precompilati) l’associazione/società scarica e stampa l’autocertificazione che contiene le informazioni della società presenti nel Database. L’iscrizione al registro ed il rinnovo annuale non sono subordinati al versamento di nessuna quota. Sono responsabili della veridicità delle informazioni inserite nel modulo d’iscrizione l’associazione/società che se ne fa carico con la sottoscrizione di una sorta di autocertificazione (documento cartaceo firmato dal legale rappresentante della stessa) presentata ai Comitati Provinciali territorialmente competenti direttamente dal legale rappresentante (o suo delegato) con consegna diretta o inviata per posta, insieme alla fotocopia del documento d’identità (del legale rappresentante), entro 5 giorni dalla compilazione del modulo on line. Successivamente, il Comitato Provinciale CONI che riceve l’autocertificazione accede al sistema di gestione ed appone il visto di convalida alla iscrizione della associazione/società. Il registro si aggiorna man mano che vengono apposte le validazioni da parte dei Comitati Provinciali. Variazioni successive e rinnovi. Le associazioni/società iscritte al Registro comunicano con le stesse modalità previste precedentemente tutte le modificazioni intervenute nei propri dati entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento. Al termine del periodo di validità dell’iscrizione al Registro, che equivale al periodo di validità di affiliazione nella FSN/DSA/EPS, l’associazione/società è posta in “attesa” fino alla compilazione della richiesta di rinnovo per il quale si prevede analogo iter. In fase di rinnovo, l’autocertificazione, da consegnare al Comitato Provinciale, attesterà la regolarità dell’affiliazione e le eventuali modifiche apportate al Database. Accertamento e sanzioni. La veridicità delle dichiarazioni dei dati riportati nel registro sarà verificata dal CONI tramite controlli “a campione”. In caso di verifica della non veridicità dei dati scatterà la sanzione della revoca dell’iscrizione, avverso la quale è ammesso il ricorso alla Giunta Nazionale del CONI entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. Saranno inoltre cancellate dal registro le società ed associazioni che: a) ne facciano richiesta: b) perdano i requisiti per l’iscrizione; c) non comunichino le variazioni intervenute nei propri dati entro 30 giorni dal verificarsi

dell’evento. Problemi aperti In merito al problema dell’iscrivibilità delle Polisportive e delle associazioni/società monosportive affiliate a più enti il CONI si è espresso con le seguenti indicazioni.

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Per le Polisportive, l’iscrizione deve essere fatta presso ogni singola FSN/DSA e/o EPS per ogni singola disciplina. Parere conforme per quanto riguarda le monosportive affiliate a più Enti, per le quali è auspicabile effettuare l’iscrizione presso ogni singolo ente. Stesso discorso, ad esempio, vale per l’Associazione di calcio che è affiliata sia alla FIGC che al CSI (in quanto partecipa a più campionati/tornei). L'iter completo dell'iscrizione (sunto della procedura riportata integralmente sul sito ufficiale del CONI - www.coni.it - servizi mondo sportivo) Preliminare · Raccolta e riepilogo dei dati identificativi degli affiliati alle FSN/DSA/EPS (stagione 2003/04 - 2004/05). Le informazioni confluiscono nella banca dati e rappresentano l'impalcatura del sistema di gestione. Punto 1: identificazione ed iscrizione provvisoria · Le associazioni/società si collegano al sito del CONI e superata la fase di identificazione (in due collegamenti successivi) accedono al "proprio" modulo di iscrizione con alcuni campi già compilati. · Completato l'inserimento delle informazioni richieste (e/o modifica campi precompilati) l'associazione/società scarica e stampa la "autocertificazione" che contiene le informazioni della società presenti nel Database. Punto 2: autocertificazione · La "autocertificazione", firmata dal legale rappresentante dell'associazione/società, dovrà essere presentata al Comitato Provinciale CONI territorialmente competente direttamente dal legale rappresentante (o suo delegato) con consegna diretta o inviata per posta, insieme alla fotocopia del documento d'identità (del legale rappresentante), entro 5 (cinque) giorni dalla compilazione del modulo d'iscrizione on-line. Punto 3: validazione ed iscrizione definitiva · Il Comitato Provinciale CONI che riceve la "autocertificazione" accede al sistema di gestione ed appone il visto di convalida alla iscrizione della associazione/società; · Il Registro si aggiorna mano a mano che vengono apposte le validazioni da parte dei Comitati. Punto 4: certificazione · L'iscrizione definitiva consente all'associazione/società di stampare, nel periodo di validità, il certificato di riconoscimento ai fini sportivi collegandosi al sistema di gestione utilizzando la chiave di accesso ricevuta nel corso dell'identificazione al punto 1. Punto 5: rinnovo dell'iscrizione · Al termine del periodo di validità dell'iscrizione al Registro, l'associazione/società è posta in "attesa" fino alla compilazione della richiesta di rinnovo per il quale si prevede analogo iter; · In fase di rinnovo, l'autocertificazione da consegnare al Comitato Provinciale attesterà la regolarità dell'affiliazione e le eventuali modifiche apportate al Database; · Al preliminare, illustrato in precedenza, si sono sostituiti flussi informatici periodici provenienti dalle FSN, dalle DSA e dagli EPS; · Le associazioni/società che non avranno provveduto al rinnovo, rimarranno in "attesa" sino al provvedimento di cancellazione del Consiglio Nazionale del CONI.

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Avv. Katia Scarpa – Consulente Provinciale Fiscosport Milano Avvocato in Milano – Dottore di ricerca in diritto tributario – Attività didattica in diritto tributario presso le Università degli studi di Milano e Brescia e-mail: [email protected] La responsabilità civile e penale nello sport

Sommario: Premessa - L’illecito nell’ordinamento sportivo - L’illecito nell’ordinamento statale - L’ILLECITO CIVILE - La responsabilità degli atleti - La responsabilità dei dirigenti e/o amministratori di enti sportivi. - La responsabilità degli enti sportivi verso i propri tesserati - La responsabilità degli enti sportivi verso i terzi - L’ILLECITO PENALE - Lesioni sportive e responsabilità penale dell’atleta. - Lesioni sportive negli sports a violenza eventuale o necessaria. - La frode sportiva.

PREMESSA

Quando si parla di responsabilità ci si riferisce, solitamente, a quel procedimento di verifica della liceità di un comportamento che porta alla comminatoria di sanzioni (civili o penali) nel caso in cui si accerti la violazione di norme giuridiche primarie dell’ordinamento statale.

In ambito sportivo, il tema presenta da subito un carattere peculiare perché esistono due ordinamenti giuridici che regolamentano lo sport e precisamente: l’ordinamento sportivo costituito dal Coni (ed in ambito internazionale da CIO)1 e l’ordinamento statale. Il fenomeno sportivo interessa, infatti, oltre che l’ordinamento giuridico nazionale, anche un ordinamento giuridico settoriale a formazione spontanea, teso al perseguimento di un fine particolare, non istituito dall’ordinamento generale statale, ma sorto spontaneamente da un gruppo sociale il quale, una volta evoluto, si è creato una propria organizzazione ed ha emanato un proprio corpo di norme2.

Si pone, perciò, anzitutto, il problema del rapporto esistente tra questi due ordinamenti, che viene risolto dagli interpreti ritenendo che l’ordinamento sportivo si inserisca nell’ambito dell’ordinamento giuridico nazionale, quale ordinamento derivato, riconosciuto dal primo e volto al perseguimento di scopi leciti e compatibili con le finalità proprie dell'ordinamento giuridico generale, non direttamente presi in considerazione da quest’ultimo3.

Ancorché il comportamento tenuto da un atleta (ovvero da un dirigente, da un medico o da ogni altro soggetto che operi nell’ambito sportivo) debba essere rispettoso al contempo delle norme dell’ordinamento sportivo e di quelle di diritto comune (ed alla loro violazione consegue un diverso regime della responsabilità), il legislatore nazionale ha espressamente previsto il principio della massima autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, per quanto attiene alle norme relative all’organizzazione ed all’amministrazione delle gare sportive, ovvero agli aspetti tecnici della singola disciplina sportiva.

1 Seguendo il pensiero di quanti riconduce un ordinamento giuridico all’esistenza di una pluralità di persone organizzate con un sistema di norme positive e sulla scorta del pensiero della giurisprudenza, può affermarsi che anche l'ordinamento sportivo costituito dal C.O.N.I. sia un ordinamento giuridico in senso proprio dotato di potestà normativa. Sussistono infatti i tre elementi: 1) una pluralità di soggetti; 2) una normazione sportiva emanata da organismi appartenenti al gruppo stesso, il cui compito è quello di disciplinare l'attività sportiva dei soggetti che ne fanno parte; 3) un'organizzazione sportiva che fa capo al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) e alle federazioni sportive nazionali. Per un approfondimento si veda tra le altre Corte di Cassazione, Sez. Unite, 12 maggio 1979, n. 2725, in Giust. civ., 1979, I, 1380, nonché, in dottrina, GIANNINI, Gli elementi degli ordinamenti giuridici, Riv. trim. di dir. pubblico, 1958, 219 e ss. e CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, I, Padova, 1984, 12 . 2 Così G. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2005, 6 e ss. 3 Si veda: QUARANTA, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in Riv. di dir. sport., 1979, 29 e ss., 33.

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Le norme dell’ordinamento sportivo, perciò, sono per lo più indifferenti per l’ordinamento statale e hanno efficacia giuridica meramente interna all’ordinamento sportivo medesimo. Esse regolano l’organizzazione, l’esercizio e lo svolgimento dell’attività sportiva (ovvero i tempi, i modi e le sue forme) e - mirando, per lo più, a garantire la parità competitiva e l’uniformità dei criteri di classificazione dei risultati ottenuti, in funzione della prevenzione di eventi dannosi e della tutela dell’integrità fisica dei gareggianti – si ispirano ai principi della parità, lealtà e correttezza nell’esecuzione dell’attività sportiva. Discende che la condotta illecita per l’ordinamento sportivo determina l’avvio di un procedimento autonomo che riguarda la giustizia sportiva, senza interessare quella ordinaria.

Non rilevano per l’ordinamento statale, neppure i fatti illeciti posti in essere nell’ambito di una competizione sportiva che rientrino nella normale azione dell’attività sportiva. Ciò, perché si tratta di comportamenti ritenuti leciti e “dovuti” in base alle norme che regolano l’attività sportiva che lo Stato, lungi dal comprimere e reprimere, cerca di promuovere e favorire.

La condotta illecita, invece, interessa anche il diritto comune, quando essa abbia trovato nell’attività sportiva una semplice occasione, essendo spinta da motivazioni diverse, di aggressione e pregiudizio all’altrui incolumità che inducono l’ordinamento statale ad intervenire. Si avvia, allora un diverso procedimento (in sede civile e/o penale), che rimane distinto ed autonomo da quello dell’ordinamento sportivo, riguardando la giustizia ordinaria.

Dubbio, poi, è l’interesse per l’ordinamento statale di quei comportamenti che integrano la condotta tipica di sport ontologicamente a valenza aggressiva. In tali casi, i problemi interpretativi riguardano essenzialmente la liceità ed i limiti di ammissibilità di condotte poste in essere nell’ambito dell’esercizio di sport nei quali l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno parte delle regole del gioco (il pugilato, la lotta, il judo ecc…) ovvero di sport rispetto ai quali esse non sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere comunque presenti (calcio, rugby, hockey ecc…)4.

Infine, hanno rilevanza anche per l’ordinamento statale quelle condotte (cd. commissive mediante omissione) che hanno determinato danni fisici o materiali ad un soggetto atleta o terzo, in conseguenza delle violazioni di doveri di diligenza gravanti su soggetti aventi la funzione di garantire che i rischi riconducibili all’attività sportive siano contenuti nella misura più elevata possibile.

Di seguito, pertanto, si andranno ad esaminare (seppure in breve) le condotte ritenute illecite per i due ordinamenti, sportivo e statale, soffermando l’attenzione, in particolare sui casi che sollevano interessanti questioni interpretative.

L’ILLECITO NELL’ORDINAMENTO SPORTIVO

Si è anticipato che il comportamento tenuto da un soggetto operante in ambito sportivo deve essere rispettoso delle norme dell’ordinamento sportivo, che regolano l’organizzazione, l’esercizio e lo svolgimento dell’attività sportiva (ovvero i tempi, i modi e le sue forme) in funzione della parità competitiva, dell’uniformità dei criteri di classificazione dei risultati ottenuti della prevenzione di eventi dannosi e della tutela dell’integrità fisica dei gareggianti .

La violazione di obblighi o divieti previsti dalle norme primarie dell’ordinamento sportivo (ed in particolare dei regolamenti federali) configura l’ipotesi di illecito sportivo e comporta l’insorgere di responsabilità disciplinare5.

In sintesi, si prevedono tre ipotesi di responsabilità sportiva e precisamente: (1) quella che si manifesta attraverso le condotte commesse da chi rappresenta l’ente sportivo; (2) quella in cui il fatto, ancorché commesso da persone estranee all’ente sportivo, vada a vantaggio

4 Vale segnalare che, in tali casi si avvia un procedimento che, pur riguardando la giustizia ordinaria, potrebbe anche comportare l’utilizzo delle risultanze istruttorie del procedimento di giustizia sportiva ovvero l’uso delle norme sportive, ad esempio, per valutare la correttezza del comportamento tenuto dall’atleta. 5 G. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2005, 167 e ss.

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dello stesso e (3) quella consistente in fatti violenti commessi dagli atleti ovvero dai sostenitori dell’ente sportivo, in occasione o a causa di una gara.

Il primo caso configura una ipotesi di responsabilità diretta in cui l’illecito viene addebitato direttamente alla società, in ragione del rapporto organico che unisce l’ente ai soggetti che lo rappresentano.

Nel secondo e terzo caso, invece, l’indagine sulla responsabilità del soggetto agente prescinde da ogni valutazione della colpevolezza del soggetto agente (cd. responsabilità oggettiva) perchè l’ordinamento sportivo tutela i terzi e cerca di indurre gli enti sportivi ad un maggior controllo ed alla prevenzione di comportamenti che potrebbero nuocere alle persone e compromettere la regolarità dei campionati, invitando al rispetto delle norme che regolano il gioco della disciplina praticata dalla federazione internazionale di appartenenza, nonché della regola fondamentale del fair play che costituisce la garanzia della par conditio per coloro che prendono parte ad una competizione (cd. giustizia tecnica6).

Sotto il profilo sanzionatorio, poi, tali condotte vengono punite con provvedimenti che vanno dalla squalifica alla penalizzazione di punti in classifica; ovvero dalla retrocessione all’ultimo posto in classifica del cd. colpevole all’esclusione dal campionato; o, ancora, dalla revoca dell’assegnazione di un titolo a provvedimenti di carattere economico.

L’ILLECITO NELL’ORDINAMENTO STATALE

Il comportamento lesivo di diritti e/o interessi di soggetti partecipanti ad un’attività sportiva interessa anche il diritto comune, in tre occasioni: (1) quando il soggetto (estraneo all’azione di gioco e all’intento agonistico) abbia trovato nell’attività sportiva una semplice occasione per liberare intenti aggressivi e pregiudizievoli ai danni di altri soggetti; (2) quando si manifesta in condotte tipiche o possibili nell’ambito dell’esercizio di sports nei quali l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno parte delle regole del gioco ovvero di sports rispetto ai quali esse non sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere comunque presenti; (3) quando, infine, si esprime attraverso comportamenti posti in essere da soggetti operanti nell’ambito degli organismi sportivi (e perciò non necessariamente da atleti, ma da allenatori, dirigenti, medici, amministratori ecc…), e si concretizza in violazioni di precisi doveri imposti al fine di tutelare gli atleti e gli spettatori dai possibili rischi insiti nella particolare pericolosità dell’attività sportiva, ovvero doveri di buona amministrazione dell’ente a tutela dei tesserati e dei terzi.

La liceità per l’ordinamento nazionale di tali condotte, poi, va riguardata con riferimento sia alle norme dell’ordinamento civile sia a quelle del diritto penale.

Ed allora, nel primo e nel terzo caso, il tema della responsabilità nello sport, viene ricondotto, per lo più, ai casi tipici di responsabilità civile e penale. Nella seconda ipotesi, invece, riaffiora la questione del rapporto esistente tra ordinamento giuridico statale ed ordinamento sportivo, perché il giudizio sulla liceità della condotta e sui limiti di ammissibilità del comportamento tenuto non può non tener conto del fatto che il legislatore nazionale in alcuni casi legittima e ritiene “dovute”, nell’ambito di una competizione sportiva, condotte diversamente ritenute illecite.

Si pone, perciò, il problema della liceità per l’ordinamento statale di quei comportamenti che integrano la condotta tipica di sport ontologicamente a valenza aggressiva (il pugilato, la lotta, il judo ecc…) e quello dei limiti di ammissibilità di quegli sport rispetto ai quali condotte

6 Organo di giustizia tecnica è l’ Ufficiale di Gara o Arbitro il quale opera le decisioni di tipo tecnico (cronometraggio, assegnazione del punto) e quelle di natura disciplinare (espulsione o ammonizione).

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violente, pur essendo vietate, possono essere comunque presenti (calcio, rugby, hockey ecc…)7.

L’ILLECITO CIVILE

LA RESPONSABILITÀ DEGLI ATLETI

L’art.2043 c.c. nel prevedere che “qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che l’ha commesso al risarcimento del danno” fissa il principio del cd. neminem ledere e pone la regola cardine dell’intero sistema della responsabilità civile.

A tale disposizione occorre fare riferimento (in linea di massima) per valutare la responsabilità civile dell’atleta che, nell’ambito di una competizione sportiva, abbia cagionato danni ad un avversario. Diverse, però, saranno le conclusioni a cui si giungerà a seconda che (1) il comportamento tenuto dall’atleta (estraneo all’azione di gioco e all’intento agonistico) abbia trovato nell’attività sportiva una semplice occasione per liberare intenti aggressivi e pregiudizievoli ai danni di altri soggetti, ovvero (2) quando si tratta di condotte tipiche o possibili nell’ambito dell’esercizio di sport nei quali l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno parte delle regole del gioco ovvero di sport rispetto ai quali esse non sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere comunque presenti.

Nel primo caso si è in presenza di una condotta (commissiva ovvero omissiva) ritenuta illecita dall’ordinamento statale e punita per il fatto di cagionare (quale effetto diretto ed immediato) un danno a terzi, con dolo o colpa. La circostanza che il fatto si verifichi nel corso di un’attività sportiva non rileva per l’ordinamento statale, se il soggetto agente abbia agito con precisi intenti aggressivi e violenti e la competizione sportiva sia stata solo un’occasione per agire.

Solleva dubbi, invece, sulla liceità per l’ordinamento statale l’ipotesi in cui il comportamento lesivo dell’incolumità fisica di altri soggetti partecipanti ad una competizione sportiva si verifichi nell’ambito di gare in cui l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno parte delle regole del gioco ovvero rientrano nella normale alea dell’attività sportiva, perché pur non essendo contemplate (ma essendo, anzi, proibite) esse possono essere comunque presenti.

Il problema, poi, si profila di ancor più difficile soluzione nel caso di sport ontologicamente a valenza aggressiva (il pugilato, la lotta, il judo ecc…).

Al riguardo, la dottrina ha ritenuto, per lo più, che la condotta sportiva dannosa dovesse ricondursi nell’ambito dei comportamenti ritenuti leciti per l’ordinamento sportivo per l’operare delle scriminanti del consenso dell’avente diritto, ovvero dell’esercizio di un diritto8.

7 Vale segnalare che, in tali casi si avvia un procedimento che, pur riguardando la giustizia ordinaria, potrebbe anche comportare l’utilizzo delle risultanze istruttorie del procedimento di giustizia sportiva ovvero l’uso delle norme sportive, ad esempio, per valutare la correttezza del comportamento tenuto dall’atleta. 8 In dottrina si è a lungo discusso sul fondamento della liceità dei fatti lesivi o letali accaduti durante lo svolgimento dell’attività sportiva e sui limiti di accettabilità del rischio che vi è connesso da parte dei gareggianti. Al riguardo, l’impunità della condotta sportiva dannosa da alcuni è stata ricondotta alla consuetudine (Così PICHLER, La lesione sportiva nel diritto penale, in Riv. Dir. Sport, 1964, 163), da altri alla scriminante del consenso dell’offeso (Si veda MARINI, Violenza Sportiva, in noviss. Dig. It., XX, 982), a quella dell’esercizio di un diritto (ALBEGGIANI, Sport <dir. Pen.> in Enc. Dir., LXIII, 538) ovvero alla concorrente presenza di entrambe le cause di giustificazione, dell’esercizio del diritto e del consenso dell’offeso, secondo che l’azione sia o meno conforme alle regole sportive (PRUGNOLA, La violenza sportiva, in Riv. Dir. Sport.., 1960, 53 e ss.); alla generale autorizzazione e alla volontà permissiva dello Stato (Così DE FRANCESCO, La violenza sportiva e i suoi limiti scriminanti, in Riv. It., dir. Proc. Pen., 1983, 588 e ss.) e da altri ancora è stata riportata ad una causa di giustificazione non codificata, applicabile mediante un procedimento analogico in bonam partem, che tiene conto dell’utilità sociale e della mancanza di danno sociale (Così ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, 1964, I, 242 e ss.).

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La giurisprudenza, invece, ha adottato i normali criteri di valutazione della responsabilità e, - dopo un primo periodo in cui è andata ad escludere l’illiceità del comportamento solo quando esso fosse stato rispettoso delle regole del gioco9, - più di recente ha ritenuto lecita la condotta che rientri nella normale alea dell’attività sportiva10.

Tradizionalmente si è ritenuto che le regole del gioco fossero state fissate non solo per regolamentare l’attività dei partecipanti alla gara, ma anche allo scopo di prevenire eventuali conseguente nocive per i gareggianti e per i terzi. I regolamenti federali delle diverse discipline sportive, perciò, sono stati utilizzati dai giuridici dell’ordinamento nazionale per integrare i principi di ordine pubblico, in primis il principio del neminem ledere, di cui all’art.2043 c.c.

Da ultimo, oltre ai casi di rispetto delle regole del gioco, la giurisprudenza ha ritenuto lecito il comportamento che rientri nella normale alea dell’attività sportiva11, avendo riguardo, sia alle caratteristiche della disciplina sportiva praticata, sia al suo grado di pericolosità ed al rischio consentito nell’esecuzione della stessa. In particolare, si è ritenuto che l’esercizio dell’attività sportiva comporti in capo ai partecipanti l’onere dei soli danni sofferti in conseguenza dell’alea normale inerente al suo svolgimento, ma non anche quelli non riconducibili entro tali limiti, in cui cioè la condotta agonistica crei eccezionali situazioni di pericolo incompatibili con le finalità e la disciplina tecnica del gioco, talché l’evento che ne derivi sia effetto del tutto abnorme, ascrivibile ad un comportamento trasmodante rispetto ad esse12. E la responsabilità civile dell’atleta è stata ricondotta alla disciplina di cui all’art. 2050 c.c.

Con riferimento agli sports nel cui esercizio sono connaturati l’aggressione e la coazione fisica (quali ad esempio il pugilato), la giurisprudenza ha ritenuto che l’accettazione del combattimento sottintende la consapevolezza di dover mettere in atto una condotta agonistica aggressiva nei confronti dell’altro contendente che implica una difesa tecnicamente qualificata ed una pari aggressione da parte di quest’ultimo e, al tempo stesso la consapevolezza della probabilità di subirne conseguenze dannose. Tuttavia, si è affermato il dovere di interrompere il combattimento qualora si manifestino situazioni di pericolo e di rispettare l’osservanza delle regole tecniche ed il contenimento dell’azione, senza travalicare le finalità agonistiche e le strette esigenze della disciplina, onde consentire il pieno rispetto dell’incolumità altrui13.

9 I regolamenti tecnici delle federazioni, allora, assumono un valore parametrico indispensabile, quali regole di condotta fissate anche allo scopo di prevenire eventuali conseguente nocive per i gareggianti e per i terzi ed in funzione integrativa dei principi di ordine pubblico stabiliti dall’ordinamento generale che devono comunque prevalere, primo tra tutti il principio del neminem ledere (Così Trib. Bari 31.03.1958 in Arch. Giur. Circ., 1958, 1047 e ss.). 10 In particolare, si è tenuto conto delle caratteristiche della disciplina sportiva praticata, del suo grado di pericolosità e del rischio consentito nell’esecuzione della stessa. Al riguardo, giova richiamare la sentenza della Cass. Sez. V pen., 21.02.2000 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 390 e ss., da cui emerge che il grado di rischio insito nella disciplina sportiva praticata e l’accettazione di quel rischio manifestata con la partecipazione alla gara informano il giudizio di responsabilità, perché, in rapporto ad essi si esprime la valutazione sulla liceità dei comportamenti lesivi. 11 In particolare, si è tenuto conto delle caratteristiche della disciplina sportiva praticata, del suo grado di pericolosità e del rischio consentito nell’esecuzione della stessa. Al riguardo, giova richiamare la sentenza della Cass. Sez. V pen., 21.02.2000 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 390 e ss., da cui emerge che il grado di rischio insito nella disciplina sportiva praticata e l’accettazione di quel rischio manifestata con la partecipazione alla gara informano il giudizio di responsabilità, perché, in rapporto ad essi si esprime la valutazione sulla liceità dei comportamenti lesivi. 12 Così Cass. Sez. Un. 13.11.1958 n.3702, in Riv. Dir. Sport, 1961, 74 e più di recente Cass. 22.10.2004, n.20597 in Giuda al dir., 2004, 48 e ss., nonché Cass. 08.08.2002 n.12012 in Arch. Civ. 2003, 387 e ss. 13 Si vedano, al riguardo: Trib. Roma, 31.12.1948, in Riv. Dir. Sport, 1949, 1-2, 54 e ss.; Trib. Monza, 21.09.1947, in Riv. Dir. Sport, 1957, 443 e ss.; App. Milano, 14.10.1960, in Riv. Dir. Sport, 1961, 196 e ss. confermata da Cass. 22.11.1961, in Giur. It, Rep., 1962, v. Omicidio colposo, n.12 e più di recente Trib. Milano 14.01.1985 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 412 e ss. e Cass. Sez. pen., 22.02.2000 anch’essa citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 414 e ss.

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LA RESPONSABILITÀ DEI DIRIGENTI E/O AMMINISTRATORI DI ENTI SPORTIVI.

La responsabilità dei dirigenti e/o amministratori di enti sportivi viene per lo più ricondotta nell’ambito della responsabilità contrattuale.

Vengono in rilievo, pertanto, le disposizioni dettate dall’art.1176 c.c. unitamente alle specifiche previsioni che il codice civile detta in tema di responsabilità degli amministratori di società e associazioni.

Poiché gli enti sportivi possono adottare diverse forme organizzative i regimi di responsabilità civile si differenziano in base ai seguenti criteri:

a) Quando l’ente sportivo si sia costituito nella forma di società per azioni e di cooperativa, gli amministratori devono adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, ai sensi di quanto dispone l’art.1176 c.c. a tenore del quale “Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata”. In presenza di danni derivanti alla società a causa di un comportamento degli amministratori, pertanto, questi sono solidalmente responsabili verso la società qualora risulti che la loro condotta sia stata contraria ai doveri imposti dalla legge ovvero dall’atto costitutivo.Considerando, poi, che a norma dell’art.2381 c.c. il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti, fissando il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; e potendo impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega, emerge che il consiglio di amministrazione è responsabile se – pur conoscendo una situazione pregiudizievole – non si è attivato per eliminare, impedire o ridurre le conseguenze dannose. In caso di delega di funzioni, comunque, sono esenti da responsabilità gli amministratori che abbiano fatto annotare senza ritardo il proprio dissenso rispetto all’esecuzione dell’atto dannoso, nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio (dandone immediata notizia per iscritto al Presidente del Collegio sindacale).

b) Quando l’ente sportivo si sia costituito nella forma di società a responsabilità limitata, gli amministratori (sempre in ossequio a quanto dispone l’art.1176 c.c.), devono adempiere ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Ai sensi dell’art.2476 c.c., però, essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società, salvo che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constatare il proprio dissenso.

c) Per le associazioni riconosciute il regime giuridico della responsabilità civile non è diverso da quello relativo alle s.p.a. ed alle s.r.l. I terzi, per le obbligazioni contratte con l’ente, possono rivalersi esclusivamente nei confronti e nei limiti del patrimonio associativo. Gli amministratori, poi, sono assimilati ai mandatari e sono tenuti alla diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’art.1710 c.c., con conseguente responsabilità per gli atti compiuti in violazione dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo e dallo statuto dell’associazione. Tuttavia, essi sono esenti da responsabilità se non hanno partecipato all’atto e se, essendo a conoscenza che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constatare il proprio dissenso.

d) Nell’associazione non riconosciuta, infine, “delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto

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dell’associazione.” (art.38 c.c.)14. Gli associati, in quanto tali, non rispondono mai delle obbligazioni assunte dall’associazione, ma solo in quanto abbiano agito in nome e per conto dell’associazione. Vale segnalare che deve trattarsi di un’attività concretamente posta in essere, poiché la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione – avendone il potere – non dipende, solo dalla loro astratta qualità di rappresentante, ma dall’effettivo svolgimento dell’attività da cui sia derivata una obbligazione per l’associazione. Detta responsabilità, pertanto, non riguarda gli amministratori che si sono limitati a deliberare l’atto fonte dell’obbligazione senza agire all’esterno, a meno che essi non abbiano curato lo svolgimento dell’attività negoziale direttamente o per delega.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI SPORTIVI VERSO I PROPRI TESSERATI

Sulla responsabilità degli enti sportivi verso i propri tesserati non vi è concordia tra gli interpreti. Accanto a chi esclude la responsabilità dell’ente sportivo riconducendo la fattispecie nell’alveo dei casi di assunzione del rischio da parte del tesserato, vi è chi ritiene che l’ente sia responsabile, ora a titolo di responsabilità contrattuale15; ora per responsabilità extracontrattuale.

Come si è già accennato i casi di responsabilità contrattuale verso i tesserati sono per lo più ricondotti alle ipotesi di cattiva amministrazione, ma non è mancato chi ha ravvisato la responsabilità dell’ente alla medesima stregua della responsabilità dell’imprenditore, ritenendo sussistere per questo un preciso obbligo di adottare tutte le misure di diligenza e prudenza, nonché tutte le cautele a tutela dell’integrità fisica dell’atleta professionista-lavoratore16.

Le ipotesi di responsabilità extracontrattuale, invece, vengono ricondotte, accanto al generale principio del neminem ledere, alle previsioni dell’art.2048 c.c. nell’ipotesi di affidamento agli insegnanti per l’effettuazione di gare o tornei scolastici, nel caso di danno subito da uno studente a causa di una condotta colposa di un altro gareggiante17 ovvero a

14 Con riferimento alla responsabilità degli amministratori di un organismo sportivo dilettantistico, la Commissione Tributaria Centrale (Sezione V, decisione n. 5109 del 13 febbraio 1989) ha affermato che quando esso è costituito nella forma di comitato (art. 40 c.c.), che si rinnova anno per anno per l’espletamento dell’attività sportiva, con conseguente autonoma gestione per ciascuna stagione sportiva e scioglimento al termine della stagione stessa, la responsabilità solidale, sotto il profilo fiscale, dei suoi rappresentanti è limitata al periodo in cui ciascuno di essi ha rappresentato il comitato stesso. 15 Così Cass. 08.01.2003 n. 85 in Resp. Civ. prev., 2003, 765 e ss. secondo cui gli enti sportivi, datori di lavoro degli sportivi professionisti, sono obbligate a tutelare lo stato di salute di costoro, per prevenire malattie e infortuni e impedire l’eventuale aggravamento delle condizioni fisiche già menomate a causa di tali eventi, adottando tutte le misure di prudenza e diligenza e le necessarie cautele, così come consegue dall’art. 2087 c.c. e dalla specifica disciplina normativa diretta a tutelare l’integrità fisica degli atleti. 16 Ciò, soprattutto nel caso di carenza dei necessari accertamenti sanitari e/o errori diagnostici o nella terapia prescritta. Sul punto si veda Trib. Genova 04.05.2000 in Riv. Dir. Sport. 2000, 690 e ss. secondo cui “se vi è certamente una certa zona di rischio naturale ..che l’allievo con la sua scelta accetta, tuttavia…la palestra… ha il dovere di organizzare i corsi, di vigilare sull’attività degli istruttori e sull’andamento delle lezioni, di impartire le opportune disposizioni finalizzate, sempre a tutelare l’incolumità fisica degli allievi, impedendo che la situazione sportiva “traligni” oltre i confini del rischio naturale suddetto”. Si è precisato, al riguardo che per andare esente da responsabilità le società sportive devono fornire la prova di aver posto in essere le misure idonee a garantire lo svolgimento della competizione secondo le regole che le sono proprie. L’ente non è tenuto, allora, a dimostrare di aver posto in essere tutte le misure idonee ad eliminare il rischio inevitabile del giuoco, cioè quel rischio che rientra nell’alea normale dell’attività agonistica prescelta. Non è mancato, poi, chi ha affermato la responsabilità dell’ente sportivo nel caso di evento dannoso verificatosi a causa di una buca presente su un campo di tennis (Così Cass. 28.10.1995 n. 11264 in Riv. Dir. Sport, 1996, 87 e ss.) ovvero nel caso di urto di uno sciatore contro un pilone posto sulla pista battuta (Trib. Pinerolo 02.04.1999 n. 86 ined.). 17 Così Trib. Milano, 03.06.1985, in Foro Pad., 1985, I, 376 e ss., App. Milano, 06.10.1987, in Riv. dir. sport., 1987, 446 e ss. oltre a Cass. 22.11.1991, n. 12358, Riv. dir. sport., 1992, 660. Si segnala, però, Cass. 14.10.2003 n. 15321, in Foro It., 2004, I, 426, che ha escluso la responsabilità di una scuola organizzatrice di una manifestazione sportiva e dell’insegnante, nel caso di azione compiuta in una normale fase di gioco, senza l’impiego di violenza ed irruenza incompatibili con il contesto ambientale e con le persone che partecipano al gioco.

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quelle dell’art.2050 c.c., nel caso di danni arrecati nel corso di una escursione con una guida alpina18.

Per quanto riguarda più specificamente il tema della responsabilità degli organizzatori di manifestazioni sportive in relazione all’idoneità ed alla sicurezza dei luoghi ove esse si effettuano e, propriamente, al tema della responsabilità dei gestori degli impianti sportivi, si fa riferimento prevalentemente alle disposizioni contenute negli artt.2043 e 2051 c.c.. Ed infatti, è stato ritenuto responsabile il gestore che abbia trascurato di rimuovere le strutture potenzialmente pericolose per l’atleta nell’esercizio dell’attività sportiva, ora sulla base del principio generale del neminem ledere (nella specie si trattava della presenza di un muretto ai margini di un campo di calcetto)19; ora, invece, facendo riferimento alla previsione contenuta nell’art.2051 c.c. (nella specie si trattava di una buca in un campo di tennis)20.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI SPORTIVI VERSO I TERZI

Vi è discordia di opinione tra gli interpreti anche sulla responsabilità degli enti sportivi verso i terzi, danneggiati nel corso di una competizione sportiva.

In linea di massima, si individuano due linee interpretative prevalenti: (1) quella di chi riconduce la responsabilità dell’ente sportivo nell’ambito della responsabilità contrattuale, facendo riferimento alle disposizioni dettate dagli artt. 1176, 1786 e 1228 c.c., e (2) quella di chi la riporta alle disposizioni contenute negli artt. 2043, 2048, 2049, 2051 e 2087 c.c.

Tra i fautori della responsabilità contrattuale dell’ente21, vale segnalare la posizione di chi ha fatto riferimento alla disposizione contenuta nell’art.1786 c.c. precisando che, nel caso di esercizio, sotto forma di impresa, di attività di palestra, piscina e circoli sportivi, poiché il soggetto-frequentatore non è in grado di provvedere direttamente alla custodia delle cose che non può tenere con sé durante la sua permanenza in loco, l’ente risponderebbe alla medesima stregua dell’albergatore, nelle ipotesi di sottrazione dei beni depositati.

Nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, accanto a chi ha ricondotto la responsabilità dell’ente sportivo al principio generale del neminem ledere (art.2043 c.c.), poiché ad esso incombe il dovere di adottare ogni misura idonea ad evitare la possibilità di eventi dannosi che vedano coinvolti gli spettatori22 vi è chi ha di volta in volta ricondotto le singole fattispecie alle speciali previsioni contenute negli artt. 2048, 2049, 2051 e 2087 c.c.

E così vi è chi ha ritenuto le singole fattispecie riconducibili ai casi di responsabilità indiretta per il fatto dei propri tesserati o incaricati in forza dell’art.2049 c.c. e chi ha applicato l’art.2050 c.c., soprattutto con riferimento alle gare motoristiche23. Si è precisato, in particolare, che nei confronti degli spettatori la responsabilità dell’organizzatore si configura sia per l’omissione di cautele e di misure di sicurezza suggerite dall’oggettiva pericolosità della corsa e dalle caratteristiche del tracciato che rendano prevedibile l’accadimento di un sinistro, sia in quanto la manifestazione sportiva è da considerarsi pericolosa, in quanto tale

18 Sotto questo aspetto è di interesse la sentenza del Trib. Bolzano 24.01.1977 in Resp. Civ. prev., 1978, 459. Per un approfondimento in dottrina, si veda CARRERI, Attività pericolosa e responsabilità contrattuale. La nuova professione di guida alpina, in Riv. Dir. Sport., 1997, 64 Deve, comunque, escludersi la responsabilità della guida, quando il sinistro sia frutto dell’inosservanza di cautele o di ordini o prescrizioni impartiti dalla guida da parte di altri alpinisti o escursionisti imprudenti ed indisciplinati, non rientrando tra i poteri della guida quello di costringere all’obbedienza i propri clienti. Così Trib. Trento, 06.12.1949, in Riv. Dir. Sport., 1950, 1-2., 119. 19 Così Trib. Roma 04.06.1997 in Riv. Dir. Sport. 1997, 504 e ss. 20 Così Cass. 28.10.1985 n. 11264 in Riv. Dir. Sport. 1996, 87 e ss. 21 Si veda Trib. Ferrara 15.04.1970 in Riv. Dir. Sport, 1972, 96 e ss 22 Ad esempio è stata ritenuta responsabile una società organizzatrice di una partita di squash per le lesioni procurate ad uno spettatore da una palla lanciata erroneamente da un giocatore, perché aveva omesso di predisporre barriere protettive sufficienti a prevenire eventi similari. Così Trib. di Milano 12.11.1992 e Trib. Rovereto 05.12.1989 n. 301 in Riv. Dir. Sport., 1990, 499 e ss. 23 Cass. 24.01.2000 n. 749 in Riv. dir. sport., 2001, 192 ed in Foro it., 2000, I, 2861.

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è definita da specifiche norme di pubblica sicurezza, sia perché interessata dall’affluenza di notevoli masse di pubblico che creano oggettive situazioni di pericolo24.

In tema di responsabilità dell’ente sportivo per i danni arrecati a soggetti terzi, non tesserati, vale segnalare un’interessante soluzione giurisprudenziale che ha ravvisato anche la responsabilità extracontrattuale dell’ente sportivo per la condotta illecita di atleti avversari, normalmente non imputabile alla condotta d’appartenenza del danneggiato25, se questa ha trascurato di predisporre le misure di protezione necessarie a neutralizzare i rischi della pratica sportiva.

Sembrerebbe, invece, pacifico per gli interpreti doversi escludere una qualsiasi responsabilità diretta del CONI per i fatti accorsi nell’ambito di una manifestazione sportiva promossa da una associazione sportiva. Di interesse, sul punto, è la sentenza del Tribunale di Milano 24.05.200126, che seguendo una linea interpretativa tracciata dalla Cassazione ha escluso ogni responsabilità del CONI, affermando che non è compresa tra i suoi poteri l’ingerenza nell’organizzazione delle manifestazioni sportive promosse nell’ambito dell’attività federale. La giurisprudenza milanese, cioè, ha ritenuto che il CONI non ha alcun onere di vigilanza sull’attività delle associazioni sue affiliate e, perciò, nessuna responsabilità può esserle imputata per fatti accaduti in occasione di manifestazioni promosse nell’ambito dell’attività federale, responsabilità che semmai dovrebbero attribuirsi alla Federazione. La responsabilità della Federazione è stata propriamente riconosciuta nel caso di un infortunio in una prova di equitazione in una gara internazionale di pentatlon, in quanto l’atleta era stato avviato dalla Federazione a sostenere la gara privo di adeguata preparazione27.

L’ILLECITO PENALE

Sul piano statistico, la stragrande maggioranza della casistica penale riguarda problemi relativi a fattispecie di omicidio o lesione personale per eventi dannosi, direttamente riconducibili all’attività sportiva, con un preciso distinguo tra: (1) le offese all’integrità personale che un atleta può arrecare ad un altro atleta in quegli sports che sono caratterizzati dal fatto di prevedere la possibilità (o addirittura la necessità) di condotte violente contro l’avversario e (2) le offese all’incolumità fisica nei confronti di soggetti estranei alla pratica sportiva, nell’ambito di attività sportive non violente28.

Vi sono poi ipotesi di lesioni o di morte verificatesi nell’ambito di attività sportive, quali conseguenza di eventuali violazioni dei doveri di diligenza gravanti su soggetti aventi la funzione di garantire che i rischi riconducibili all’attività sportiva siano il più possibile limitati. Si pensi ai casi di responsabilità a carico degli amministratori per i danni derivanti da incidenti verificatesi negli impianti da esse gestiti, ovvero, più in particolare: alla condotta (a)

24 Si veda Trib. Milano, 21.09.1998, in Riv. dir. sport., 1999, 556, citata altresì in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 517 e ss. 25 Così Trib. Bari, 10.06.1960, in Dir. Giur. 1963, 83 e ss. che ha escluso la responsabilità della società di appartenenza del danneggiato per mancanza del rapporto di committenza richiesto dall’art. 2049 c.c. trattandosi di giocatore dilettante. 26 Si tratta della sentenza Trib. Milano 14.01.1985 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 412 e ss. ed in particolare a p. 452. 27 Sul punto si veda Cass. Sez. un. 12.07.1985 n. 7640 in Riv. dir. sport., 1996, 75 e ss, nonché Cass. 28.02.2000 n. 2220 in Danno e Resp. 2000, 614 e ss. e . 23.06.2000 n. 6400 in Corr. giur. 2000, 74 ed in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 456. 28 Nel primo caso si pongono, perciò, quelle questioni (a cui si è fatto cenno) sui limiti di liceità della violenza sportiva ed in particolare sull’ammissibilità per l’ordinamento statale di quei comportamenti che in astratto potrebbero configurare ipotesi di reato di percosse o lesioni, per il solo fatto di accadere nell’ambito dell’esercizio di un’attività sportiva. Nel secondo caso si profilano problemi di individuazione della misura del rischio consentito dall’ordinamento e dei criteri di valutazione della colpa personale del soggetto agente nell’ambito di attività sportive. Sul tema, per un approfondimento, si veda: ANGELONI, Colpa penale e gare automobilistiche, in Riv. Giur. Circ. trasp. 1954, 1081e ss.; BARRUSO, La responsabilità per le lesioni arrecate a terzi nell’esercizio dello sport, in Riv. dir. sport., 1957, 3 e ss.; PETROCELLI, La illiceità penale della violenza sportiva, in Riv. Crit. Dir giur., 1928, 242 e ss., nonché in Saggi di diritto penale, Padova, 1952, 194 e ss.

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del medico sportivo che abbia omesso di accertare il possesso, da parte dell’atleta, dei requisiti di idoneità fisica richiesti dalla legge per la partecipazione alla gara29; (b) del direttore di gara che abbia trascurato (ad esempio prima di una gara automobilistica) di adottare le cautele necessarie a ridurre il rischio per gli atleti partecipanti (o i terzi spettatori) di essere coinvolti in incidenti30; (c) dell’istruttore che consenta all’allievo di svolgere da solo una pratica sportiva senza esserne ancora padrone31; (d) della guida alpina che esponga i partecipanti ad una escursione ad un rischio giuridicamente inaccettabile32; (e) del responsabile della manutenzione di impianti sportivi il cui difettoso funzionamento abbia arrecato lesioni ai soggetti che li abbiano utilizzati.

Infine, vi è un’ampia casistica di fattispecie in cui il partecipante ad una competizione sportiva (ma anche un soggetto operante nell’ambito dell’ente sportivo, che sia estraneo alla gara) violi gli obblighi di lealtà sportiva e ne alteri i risultati. In quest’ambito, oltre al caso di frode sportiva, si inserisce anche il fenomeno del doping, perché l’atleta, con la somministrazione illegale di sostanze chimiche che ne accrescono le energie ed il rendimento agonistico, viola il dovere di lealtà sportiva e, mettendo a repentaglio la propria salute fisica, accresce al contempo il rischio sportivo.

LESIONI SPORTIVE E RESPONSABILITÀ PENALE DELL’ATLETA.

Procedendo, seppure in sintesi, all’esame delle questioni interpretative di maggiore rilievo sulla responsabilità penale nello sport, viene all’attenzione, anzitutto, il tema dei limiti della responsabilità penale dell’atleta, per le lesioni conseguenti alla pratica sportiva.

Come già accennato, la questione non si esaurisce nel problema della liceità della violenza sportiva, ma si estende alla punibilità di quelle condotte che in astratto potrebbero configurare ipotesi di reato di percosse o lesioni, poste in essere nell’ambito dell’esercizio di sport che non si esercitano attraverso forme di violenza fisica nei confronti dell’avversario.

È noto, infatti, che vi sono sports in cui le regole del gioco escludono ogni possibilità di contatto fisico e uso di violenza (ad esempio l’atletica leggera) e sports che ammettono la possibilità del contatto violento, talora in via del tutto eventuale (ad esempio nel calcio) talora quale essenza stessa del gioco (si pensi alla lotta libera) ovvero addirittura la autorizzano quale attività lesiva intenzionale ai danni dell’avversario (ad esempio nel pugilato).

Per quanto attiene alle attività sportive del primo tipo, problemi di responsabilità penale si pongono solo se la generica pericolosità inerente alla pratica sportiva si traduce in una effettiva lesione o morte, in conseguenza della competizione. Si configurano, in tali casi, le ipotesi tipiche di reati avverso l’incolumità della persona che si prospettano al di fuori dello sport.

Trattandosi di lesioni conseguenti a pratiche sportive che non sono caratterizzate da forme di violenza fisica nei confronti dell’avversario, si pongono interessanti questioni interpretative per l’accertamento della colpa dell’agente.

Nell’ambito della tradizionale responsabilità penale per colpa, la valutazione della condotta viene riportata alla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, ovvero al diligente rispetto delle generali norme di cautela previste proprio in funzione di prevenzione del rischio insito nella natura dell’attività pericolosa.

29 Si veda VERGER, La responsabilità del medico, del dirigente sportivo e delle U.S.L. nel giudizio di idoneità alla pratica sportiva agonistica, in Riv. dir. sport., 1984, 308 e ss.; 30 In giurisprudenza si veda: Trib. Torino 13.07.1983, in Riv. dir. sport., 1983, 566 e ss. nonché Cass. 05.04.1982 n. 769, in Arch. Giur. Circ., 1983, 662 e ss. 31 In giurisprudenza, si veda Pret. Firenze, 25.06.1957, in Riv. dir. sport., 1957, 427 e ss., nonché Pret. Malè, 09.11.1983, in Riv. dir. sport., 1985, 375 e ss. 32 Si veda CHABOT, Responsabilità negli infortuni alpinistici, in Riv. dir. sport., 1959, 372 e ss., nonché ROSSI, In tema di responsabilità civile e penale nascente dall’attività alpinistica, in Arch. resp. civ., 1963, 621 e ss.

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Nelle attività sportive, invece, le regole cautelari di riferimento non possono essere costruite in base ai criteri tradizionali della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, perché queste potrebbero condurre a regole di condotta che, se osservate, porterebbero all’astensione dell’attività consentita in quanto tale. Esse devono, perciò, tener conto dell’esigenza di permettere lo svolgimento dell’attività sportiva, ritenuta socialmente utile, mantenendo al contempo il livello di pericolosità entro limiti accettabili. Consegue, perciò, che soltanto il superamento di tali limiti o dei margini del cosiddetto rischio consentito può essere fonte di responsabilità colposa.

L’accertamento della responsabilità per colpa, in tema di lesioni sportive sembra, allora, doversi dirigere da un lato alla verifica dell’esistenza di un’autorizzazione dell’ordinamento statale all’esercizio della specifica attività sportiva e, d’altro lato, all’individuazione delle regole cautelari da osservare per mantenere il livello di pericolosità della pratica sportiva entro limiti accettati dall’ordinamento medesimo, facendo riferimento – oltre che ai principi generali di cautela e prudenza nello sport - all’esatta determinazione delle regole del gioco, scritte dalle organizzazioni sportive.

La legge 16.02.1942 n. 426, istituendo il CONI quale ente di riferimento per la disciplina, l’organizzazione ed il riconoscimento delle attività sportive, sembra consentire e legittimare unicamente l’esercizio degli sports riconosciuti da tale ente pubblico. In dottrina, ci si è chiesti se possano considerarsi consentiti dall’ordinamento statale anche i rischi ricollegabili a pratiche sportive esercitate al di fuori delle strutture organizzative facenti capo al CONI ovvero se i criteri di valutazione della colpa per tali attività debbano essere più rigorosi di quelli relativi alle attività sportive autorizzate dall’ordinamento.

Al riguardo sembra doversi accogliere la linea interpretativa di chi ha escluso che la legittimità di una pratica sportiva possa essere ancorata unicamente a dati formali, dovendosi prediligere, piuttosto, valutazioni di contenuto. Ed allora, “in presenza di una pratica sportiva non organizzata ufficialmente, ma sostanzialmente corrispondente a quelle praticate all’interno delle organizzazioni ufficiali e rispettosa delle regole di comportamento per quelle predisposte, i criteri di valutazione della colpa non sono destinati a subire significative modifiche. L’area del rischio consentito, viceversa, è destinata a ridursi drasticamente, fino a potersi anche annullare in caso di pratiche sportive diverse da quelle disciplinate e riconosciute dall’ordinamento statale o che, pur corrispondendovi in astratto, in realtà non vengono praticate in modo conforme alla disciplina per quelle predisposta33”.

LESIONI SPORTIVE NEGLI SPORTS A VIOLENZA EVENTUALE O NECESSARIA.

Per gli sports in cui la violenza è connaturata all’essenza stessa del gioco, occorre differenziare i casi della cosiddetta violenza base, in cui la violenza espressamente autorizzata dai regolamenti sportivi già di per sé induce a comportamenti astrattamente riconducibili a fattispecie penalmente sanzionate, dai casi in cui le lesioni all’integrità della persona siano più gravi rispetto a quelle previste e considerate dai regolamenti sportivi.

Il tema dei limiti alla responsabilità penale dell’atleta per le lesioni conseguenti alla pratica sportiva, pertanto, va affrontato operando un bilanciamento tra due esigenze contrapposte: da un lato quella di garantire nell’attività sportiva un’adeguata tutela dell’integrità fisica e della salute degli atleti e d’altro lato, quella di assicurare un sufficiente spazio di libera azione agli sportivi, senza il quale lo sport perderebbe gran parte delle sue specifiche caratteristiche e non potrebbe realizzare quella positiva funzione sociale che gli viene concordemente riconosciuta.

Il mero rinvio alla verifica della conformità della condotta alle regole del gioco per valutare la responsabilità colposa dell’atleta non appare, però, sufficiente, poiché così si giungerebbe a sanzionare la maggior parte delle pratiche sportive violente.

33 Così F. ALBEGGIANI, Sport (dir. Pen.) in Enc. Dir., LXIII, 545.

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La giurisprudenza, peraltro, ha ormai abbandonato tale linea interpretativa. Maggiori consensi vanno, ora, alla tesi di chi ritiene di dover escludere la responsabilità penale e perciò di non doversi punire l’atleta che abbia agito con violenza, arrecando lesioni fisiche all’avversario, nell’ambito di una competizione sportiva, anche quando la regola del gioco sia stata violata.

Diverse sono le soluzioni dogmatiche di tali ipotesi di non punibilità che si possono ricondurre a due linee di pensiero principali e precisamente (1) quella di chi riconduce il fondamento della non punibilità di fatti di violenza sportiva alle scriminanti del consenso dell’avente diritto, ovvero dell’esercizio di un diritto e (2) quella di chi collega la non punibilità a valutazioni di tipo sostanziale, legate al riconoscimento dell’importanza sociale dello sport ed ottenute mediante un processo di integrazione analogica delle norme che prevedono le cause di giustificazione o attraverso il parametro della cosiddetta “adeguatezza sociale”, da riferire alle condotte sportive violente.

I sostenitori del ricorso alla scriminante del consenso dell’avente diritto ritengono che la partecipazione a competizioni sportive comporti l’accettazione implicita dei rischi ad esse connessi e, quindi, anche il consenso alla condotte di violenza sportiva ed alle conseguenze lesive a queste riconducibili.

Ad essi è stato obiettato che il consenso andrebbe a scriminare unicamente quei comportamenti violenti e le conseguenze lesive che rientrino nelle previsioni delle regole del gioco, rimanendo esclusi quei comportamenti tenuti, nell’ambito della gara, in violazione delle regole del gioco e dovendosi, comunque, accertare il contenuto della singola manifestazione di consenso, e cioè se l’atleta abbia accettato a priori, il solo rischio connesso alla regolare esecuzione dell’attività sportiva, ovvero anche quello ricondotto a comportamenti attuati in violazione delle regole del gioco.

Tale ultima questione è stata risolta da alcuni, facendo riferimento alla scriminante dell’esercizio di un diritto di cui all’art. 51 c.p., per cui tutte le condotte di violenza sportiva conformi ai regolamenti delle varie pratiche riconosciute dallo Stato sarebbero a priori lecite per l’ordinamento statale.

Anche tale soluzione interpretativa, però, non risolve i problemi di ammissibilità e non punibilità delle condotte violente da cui siano derivate lesioni, attuate in violazione delle regole del gioco ovvero nell’ambito di sport non organizzati ufficialmente e non riconosciuti dal Coni. A tali fattispecie si è cercato di dare soluzione ricorrendo, a seconda dei casi, sia alla scriminante del consenso dell’avente diritto, sia a quella dell’esercizio dell’avente diritto, ovvero all’analogia in bonam partem.

LA FRODE SPORTIVA.

Di interesse, in tema di responsabilità penale è la questione dei profili di rilevanza penale di quelle condotte che – violando i principi di lealtà sportiva – siano diretta ad influenzare fraudolentemente l’esito di una gara, modificando a favore di alcuni competitori l’alea insita nel gioco stesso (la cd. frode sportiva).

Il legislatore è intervenuto al riguardo con la legge n. 401/1989 che all’art.1 prevede il reato di Frode in competizioni sportive, individuando una serie di condotte ritenute illecite per l’ordinamento penale, in quanto lesive della certezza e regolarità delle competizioni sportive e la genuinità dei loro risultati 34.

34 L’art. 1 della L. n. 401/1989 prevede che “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato Olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiane per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad esso aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a due milioni.” Nei casi di lieve entità

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Da un profilo strutturale, le fattispecie di reato sono assai simili alle ipotesi di frode sportiva tipizzate dall’art.2 del codice di giustizia sportiva della FIGC, ma hanno una portata più generale in quanto riferite a qualsiasi tipo di competizione sportiva, esercitata all’interno di organizzazioni riconosciute dallo Stato (e non solo al gioco del calcio ricondotto nell’ambito della federazione italiana gioco calcio). Le condotte tipizzate dal legislatore al 1 ° comma dell’art.1 citato, poi, possono essere poste in essere – quale soggetto attivo – da “chiunque” e, perciò anche da soggetti estranei all’organizzazione sportiva35.

Più complessa, invece, per gli interpreti è l’individuazione del soggetto attivo della previsione contenuta al 2° comma. Secondo alcuni36 partecipante alla competizione, non sarebbe soltanto l’atleta, ma anche chi rivesta un ruolo immancabile per lo svolgimento della gara quali gli arbitri e gli ufficiali di gara. Resterebbero esclusi gli allenatori e i dirigenti corrotti, anche se la loro punibilità potrebbe essere sancita per effetto della previsione di chiusura degli “atti fraudolenti”. Altri37, invece, estende l’interpretazione del concetto di “partecipante” fino a comprendervi anche allenatori, massaggiatori e medici.

La condotta di reato consiste nell’offrire o promettere denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti alla competizione38 ovvero nel compiere altri atti fraudolenti, sempre finalizzati all’alterazione del regolare esito della competizione sportiva organizzate da organizzazioni riconosciute dall’ordinamento statale39. Il reato, perciò, si verifica unicamente in presenza di tali condotte tipiche e non in qualsivoglia manifestazione sportiva, ma solo in quelle che presentano connotati agonistici e siano organizzate dal CONI ovvero dalle federazioni sportive da questo riconosciute, dall’UNIRE e da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti40. L’elemento psicologico è quello del dolo specifico, rappresentato dalla volontà dell’agente a perseguire il fine del raggiungimento di un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione.

si applica la sola pena della multa. Le stesse pene si applicano al partecipante della competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa. 35 Si tratta, cioè, di una previsione di reati comune, per la quale il Tribunale di Roma ha precisato che il partecipante alla competizione deve essere escluso dal novero dei soggetti includibili nel “chiunque”. Ciò, perché la ratio della norma sarebbe quella di contrastare forme esterne di corruzione. Si veda Trib. Roma, 21 febbraio 1992. Per un approfondimento, si veda altresì A. TRAVERSI, Diritto penale dello sport, Milano, 2001, p. 72. 36 Sul punto, si veda T. PADOVANI, op. cit.. p. 94 nonchè A. TRAVERSI, op. cit., p. 73. 37 A. BOLOGNA, L’illecito sportivo nella nuova normativa, in Riv. dir Sport, 1990, p. 146, attribuisce il ruolo di “partecipante” a chiunque svolga una funzione connessa in via diretta con l’evento. A. LAMBERTI, op. cit., p. 213, riconduce tale qualifica a chiunque ponga in essere comportamenti eziologicamente legati alla competizione. 38 E’ sufficiente che l’offerta o promessa sia giunta alla conoscenza del partecipante perché sussista il reato- trattandosi così di un delitto a consumazione anticipata, laddove in difetto o se intempestive si avrebbe solo il minus del tentativo (naturalmente se siano riscontrabili i requisiti della idoneità e della univocità degli atti propri del tentato reato). Per un approfondimento, si veda: AA. VV., Diritto sportivo, Torino, 1998, p. 114. 39 Secondo parte degli interpreti la norma al primo comma prevede più condotte alternative, andando a configurare più fattispecie di reato Così T. PADOVANI, Commento all’art. 1 Legge 13 dicembre 1989, n. 401, in Leg. Pen. 1990, n. 1-2, p. 94. Il secondo comma, poi, individuerebbe una fattispecie autonoma, ancora distinta. Così A. LAMBERTI, La frode sportiva, Napoli, 1990, p. 178. 40 AA. VV., Diritto dello sport, Le Monnier, 2004, p. 199.

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Dott. Stefano Andreani – Consulente Regionale Fiscosport Toscana Dottore Commercialista in Campi Bisenzio (Firenze) – Presidente della Commissione di Studio dell’ Ordine Dottori Commercialisti di Firenze sul Controllo di Gestione. e-mail: [email protected] La srl sportiva: adempimenti civilistici e fiscali

ASPETTI PROBLEMATICI: A) LA DETASSAZONE DEI CORRISPETTIVI SPECIFICI B) L'INTRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE

ADEMPIMENTI CIVILISTICI E FISCALI C) GLI ADEMPIMENTI CIVILISTICI D) GLI ADEMPIMENTI FISCALI

Nelle prime due parti di questa breve relazione si darà conto di due dei più rilevanti aspetti problematici della disciplina fiscale delle società sportive dilettantistiche, la detassazione dei corrispettivi e l'intrasferibilità delle quote. Nella altre due parti ne verranno sommariamente ricordati gli adempimenti civilistici e fiscali, raffrontandoli con quelli stabiliti per le associazioni. A) LA DETASSAZIONE DEI CORRISPETTIVI SPECIFICI 1) Le norme di riferimento Per le associazioni sportive l’art. 148 (già art. 111), III comma, del T.U.I.R., a condizione che siano rispettate una serie (ormai ben nota) di condizioni statutarie, fa rientrare nell’area istituzionale e non commerciale (e quindi esclude da tassazione i corrispettivi specifici pagati dagli utilizzatori), l’attività svolta nei confronti [si aggiungono a capo e trattini per migliorare la leggibilità, n.d.r.]:

"- degli iscritti, associati o partecipanti,

- di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale,

- dei rispettivi associati o partecipanti

- e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali".

Fra i requisiti statutari per aver diritto a tale agevolazione, il IV comma, lettera c), del medesimo articolo richiede per gli associati "l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione". Si richiede cioè che per aver diritto all'agevolazione gli associati o partecipanti siano "effettivi", con pieni diritti e doveri. L'art. 90 della L. 289/2002 ("Finanziaria 2003") estende tale agevolazione anche "alle società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza fine di lucro", stabilendo fra l'altro alcune modifiche ovvero integrazioni ai requisiti statutari fissati dall'art. 148 T.U.I.R.

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2) Il dubbio interpretativo - Le prese di posizione dell'Agenzia delle Entrate Nel caso di S.r.l. o S.p.A. sportive dilettantistiche la figura del socio coincide con quella dell'utilizzatore della struttura solo in alcune realtà assolutamente marginali; forse solo per alcuni centri ippici particolarmente esclusivi, perchè negli stessi golf club, l'altra fattispecie nella quale gli utilizzatori abituali di norma coincidono con i soci della struttura, è prassi che sia concesso l'utilizzo della struttura, a pagamento, anche ai soci degli altri golf club. In tutti gli altri casi, soci della S.r.l. sono di norma un gruppo ristretto, a fronte del quale vi sono spesso centinaia o migliaia di utilizzatori, che è assolutamente impensabile pensare di far entrare ed uscire dalla compagine sociale, ogni volta con aumento o riduzione del capitale sociale (si dirà al punto "B" dell'intrasferibilità delle quote, e peraltro il trasferimento delle quote avrebbe comunque costi assolutamente proibitivi). Si pone quindi il problema di definire quali siano gli utilizzatori i cui corrispettivi sono considerati istituzionali e quindi detassati. Il Ministero e l'Agenzia delle Entrate non hanno ancora (dopo oltre tre anni) preso una posizione ufficiale sulla questione, e le uniche prese di posizione in qualche modo "ufficiali" (le virgolette sono qui d'obbligo, trattandosi di atti a efficacia circoscritta alla singola fattispecie oggetto del quesito) di cui siamo a conoscenza hanno affermato che sono considerati istituzionali solo i corrispettivi specifici corrisposti dai soci della Società. Fra di esse possiamo citare la decisione prot. 22433 del 19/4/2005, di recente ampiamente pubblicizzata dagli organi di stampa, che dopo una ampia disamina della questione conclude affermando che "... non è possibile riferirsi a soggetti diversi dai soci in presenza di una norma che, pensata in riferimento alle associazioni, limita l'esenzione agli iscritti, associati e partecipanti". In ciò dimenticando che la norma, come vedremo più avanti, non finisce qui, ma continua elencando ulteriori fattispecie. 3) Il dubbio interpretativo - Una diversa interpretazione A nostro avviso, una soluzione compiuta e corretta non sarebbe potuta venire che da una diversa formulazione della norma, che avesse distinto fra:

- i soci, portatori di capitale e titolari del diritto di amministrazione di tale capitale

- i “partecipanti”, interessati allo svolgimento dell’attività sportiva ma per nulla interessati all’investimento in quote ed alla gestione “patrimoniale”.

Avrebbero potuto essere definite le caratteristiche e le diverse competenze di tali due figure:

- i soci, che conferiscono capitale, eleggono il consiglio di amministrazione cui è demandata la gestione del patrimonio, votano per quote come è norma nelle società di capitali

- i partecipanti, che versano quote (annuali, periodiche o per specifici servizi), eleggono un consiglio direttivo cui è demandata la gestione dell’attività sportiva (organizzazione dell’attività, scelta delle squadre e delle competizioni cui iscriversi, realizzazione degli eventi sportivi, ecc.), votano per teste.

Tale costruzione avrebbe definito chiaramente i ruoli e rispettato la ratio della estensione delle agevolazioni alle società di capitali. Ma il testo della norma è un altro, ed è tale testo che dobbiamo applicare. Esso però dice di più di ciò a cui la D.R.E. della Lombardia si ferma, infatti:

- in primo luogo (e su questo anche la D.R.E. e gli altri uffici periferici dell'Agenzia delle Entrate non paiono sollevare dubbi), qualora siano rispettati i requisiti statutari, anche alle società di

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capitali si applica l'art. 148, III comma, nella prima parte, quella cioè che esclude la commercialità dei proventi da "iscritti, associati o partecipanti", ovvero dai soci;

- ma se è detassata l’attività nei confronti dei soci, allora è detassata anche l’attività nei confronti “di altre associazioni e... dei rispettivi associati o partecipanti”, come recita la parte centrale del comma III dell’art. 148;

- ed infine, se tutto ciò è vero, allora si deve applicare anche l'ultimo periodo del citato III comma, che esonera da tassazione l’attività nei confronti “dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali”;

Ed allora, qualora la S.r.l. sportiva si affili ad una Federazione o ad un Ente di promozione sportiva, e tesseri per tale federazione o ente i propri frequentatori, non si comprende perchè i corrispettivi da essi pagati non debbano rientrare in tale ultima previsione agevolativa. L'iter qui sopra descritto può forse non apparire "elegante", ma ci sembra rispecchi sia la lettera della Legge, sia la ratio della mini-riforma: estendere alle società di capitali le agevolazioni dettate per le associazioni sportive nei rapporti con chi, presso di esse, svolge attività sportiva dilettantistica, B) LA INTRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE Fra i requisiti statutari richiesti dall'art. 148, VIII comma:

- la lettera e) richiede "il principio del voto singolo di cui all'art. 2532, comma 2, del codice civile" (il "voto per teste", dettato per le cooperative)

- la lettera f) stabilisce l' "intrasmissibilità della quota"

La seconda formulazione dell'art. 90, XVIII comma, della Finanziaria 2003, demandava ad un emanando regolamento la fissazione delle clausole che avrebbero dovuto essere incluse negli statuti delle società e associazioni sportive, e nulla diceva a proposito di tali due requisiti. Dopo le modifiche apportate dall'art. 4 del D.L. 22/3/04 n. 72 invece è stato chiarito che, per quanto riguarda il diritto di voto, per le società di capitali e le cooperative "si applicano le disposizioni del codice civile", quindi in voto per quote. Analoga eccezione ai citati principi di cui all'art. 148 TUIR non è invece stabilita per l'intrasmissibilità della quota. Ora, parte della dottrina ritiene che anche tale requisito sia, implicitamente, abrogato per le società di capitali, ma la lettera della norma rimane a tutt'oggi chiarissima in senso opposto, e forse tale limitazione ha anche una sua ratio: stabilire un ulteriore vincolo per evitare che le società di capitali sportive possano consentire ai soci, attraverso plusvalenze in sede di trasferimento delle quote, di realizzare utili da tale attività. Ritengo che, a differenza di quanto detto relativamente alla problematica della detassazione dei corrispettivi specifici, in questo caso non si possa desumere dalla norma e dall'evoluzione di essa una chiara volontà del legislatore, in un senso o nell'altro; nè una applicazione rigorosa della norma pare un vincolo eccessivo, tale cioè da vanificare nella realtà lo spirito dell'art. 90 (come invece accadrebbe se si aderisse alla tesi "restrittiva" sulla detassazione dei corrispettivi specifici). Ritengo quindi, ovviamente fino ad eventuali diverse e chiare istruzioni ufficiali sul punto, che il vincolo dell'intrasferibilità delle quote debba essere contenuto negli statuti delle società di capitali sportive dilettantistiche, se si vuol avere diritto alle agevolazioni fiscali.

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Una sola ultima considerazione di spirito spiccatamente civilistico-societario: la normativa ex art. 90 si applica a tutte le società di capitali, e quindi anche alle S.p.A.; e per queste ultime la totale intrasmissibilità della partecipazione presenta probabilmente forti dubbi di legittimità. Da ciò deriva che un'interpretazione rigorosa della norma rende probabilmente impossibile per una S.p.A. usufruire delle agevolazioni dettate per le società sportive, o in altri termini rende impossibile, per una società che voglia operare nel campo dello sport usufruendo delle agevolazioni fiscali del settore, costituirsi in forma di S.p.A. Non pare però che si possa partire da tali considerazioni per dedurne la necessità di una diversa e più "elastica" interpretazione: l'impossibilità di fruire delle agevolazioni non svuota la norma di significato, ma si limita semplicemente a limitarne di fatto l'applicabilità solo ad alcune, e non a tutte, le tipologie di società di capitali; in particolare, fra l'altro, a limitarne l'applicabilità alle figure più comuni e meno costose. C) GLI ADEMPIMENTI CIVILISTICI Non è certo questa la sede per dilungarsi in un'elencazione degli obblighi civilistici e fiscali che gravano sulle S.r.l. sportive, che sono svariati ma anche, ritengo, ben noti; verranno quindi sottolineati solo i principi generali e fatte, se del caso, alcune precisazioni. Una S.r.l. sportiva è civilisticamente una S.r.l., esattamente come le altre; essa è quindi tenuta al rispetto di tutti gli adempimenti civilistici posti dalla Legge a carico delle S.r.l.: dalla costituzione con atto notarile al deposito del bilancio comprensivo di nota integrativa (ed eventualmente relazione sulla gestione), dalla vidimazione iniziale dei libri soci, assemblee e verbali C.d.A., alla tenuta della contabilità ordinaria; dal capitale minimo di Legge alla necessità di un aumento di capitale con atto notarile in caso di ingresso di nuovi soci. Rispetto all'associazione è quindi una struttura evidentemente diversa, con adempimenti e quindi costi di gestione indubbiamente molto più alti. Va però rilevato che ciò vale se il confronto viene fatto con un'associazione non riconosciuta di dimensioni modeste, ed è evidente che per organismi di dimensioni modeste la struttura societaria è assolutamente sovradimensionata. Le considerazioni sono però molto diverse se il confronto viene fatto non con la "configurazione minima" dell'associazione, ma con la struttura civilistica, contabile e amministrativa di un'associazione di dimensioni più rilevanti. Sotto il profilo civilistico, se cresce la struttura, e conseguentemente i rischi, diviene consigliabile che l'associazione ottenga il riconoscimento, unico modo per fruire della responsabilità limitata; in tal caso anche l'associazione deve essere costituita con atto notarile, dotarsi di un capitale minimo non trascurabile, effettuare una serie di adempimenti presso Prefettura o Regione che hanno un costo professionale non dissimile da quello richiesto per la costituzione di una S.r.l. Sotto il profilo contabile, una struttura di una certa consistenza non può certo essere gestita con un libricino cassa, e la tenuta di una contabilità adeguatamente strutturata appare quindi imprescindibile. Fra una contabilità organizzata, con una corretta gestione quantomeno di cassa e banca, un minimo di distinzione fra costi di gestione e costi pluriennali da ammortizzare, una suddivisione dei costi e dei ricavi sufficientemente analitica, da un lato, e una contabilità ordinaria dall'altro, le differenze sono nella sostanza minime. Va sottolineato poi come, per un'associazione di dimensioni non minime, appaia opportuno quantomeno che costi e ricavi siano esposti in maniera sufficientemente chiara e che la situazione patrimoniale sia portata a conoscenza dei soci con precisione; da ciò alla redazione di un vero e proprio bilancio di esercizio il passo non è lungo; certo nella S.r.l. rimane l'obbligo di redazione del bilancio stesso nella forma rigida stabilita dal codice civile (forma che peraltro dà informazioni molto lacunose soprattutto per quanto riguarda il conto economico), nonchè della nota integrativa,

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nonchè infine l'obbligo di deposito dello stesso, con costi sia professionali sia di bolli e diritti che rimangono certamente un onere non trascurabile a carico della S.r.l. Infine, sotto il profilo amministrativo, a parte il costo (peraltro una tantum) della vidimazione iniziale, anche nell'associazione sono indispensabili libro soci, libro assemblee e libro dei verbali del Consiglio di Amministrazione ovvero Consiglio Direttivo; l'onere aggiuntivo per una S.r.l. invece di un'associazione è quindi trascurabile. L'unica rilevante differenza rimane quindi il costo dell'ingresso di nuovi soci, evento assolutamente normale (e gratuito) nell'associazione, straordinario e costoso nella S.r.l.; il numero dei soggetti che si presume entreranno a far parte dell'organismo dopo la sua costituzione diviene quindi uno degli elementi fondamentali da considerare nella scelta della forma giuridica; ciò peraltro, a ben vedere, non tanto e non solo per il costo, ma soprattutto perchè costringe i fondatori ad esaminare uno degli elementi fondamentali della struttura che si vuole creare, ovvero la sua "volatilità":

- se l'organismo che si vuole creare deve avere una consistenza patrimoniale rilevante, presumibilmente fornita da un numero ristretto di soggetti destinati a non variare nel tempo, e quindi una struttura con caratteristiche più di stabilità che di elasticità, sarà di norma preferibile la struttura societaria

- se invece si prevede il coinvolgimento di numerosi soggetti ed un loro accentuato turnover, caratteristica che di norma si accompagna ad una consistenza patrimoniale non particolarmente rilevante, insomma una struttura più "volatile", allora la forma associativa potrebbe risultare migliore.

D) GLI ADEMPIMENTI FISCALI Ben poco c'è da dire, infine, sugli adempimenti fiscali, dato che sostanzialmente coincidono con quelli stabiliti per le associazioni. Sono infatti assolutamente identici in caso di opzione per la Legge 398/91, mentre differiscono in misura non rilevante caso di assenza di tale opzione dato che, se sono identici gli obblighi in corso d'anno (tenuta registri IVA, emissione di scontrini ovvero ricevute fiscali, ecc.) l'associazione può determinare il reddito avvalendosi della c.d. "contabilità semplificata", mentre tale possibilità è preclusa alle società di capitali. Va peraltro richiamato quanto detto sopra relativamente agli obblighi contabili: superate le dimensioni piccole, per le quali la struttura societaria appare certamente sconsigliabile, la tenuta di una contabilità ordinaria anche ai fini fiscali appare probabilmente consigliabile anche per un'associazione.

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Dott. Nicola Cecconato – Consulente Regionale Fiscosport Veneto Dottore Commercialista in Treviso – Presidente del Collegio Sindacale dell’Istituto per il Credito Sportivo (Banca dello sport) e sindaco supplente della CONI Servizi Spa e-mail: [email protected] L’associazione sportiva dilettantistica e le agevolazioni fiscali

ASPETTI CIVILISTICI E QUALIFICAZIONE TRIBUTARIA DEGLI ENTI NON COMMERCIALI AVENTI FINALITÀ SPORTIVA DILETTANTISTICA

A seguito della disposizione normativa introdotta con l’art. 90 co. 17 L. 27.12.2002 n. 289 possono essere costituite società ed associazioni aventi finalità sportiva dilettantistica in una delle seguenti forme:

- associazione sportiva con personalità giuridica - associazione sportiva priva di personalità giuridica - società sportiva di capitali, senza fine di lucro (Spa, Srl, e con il D.L. 72/2004 anche le cooperative)

REQUISITI STATUTARI PER L’OTTENIMENTO DEI BENEFICI FISCALI

Le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale devono essere espressamente indicati, al fine di ottenere i benefici ed agevolazioni previsti per legge i seguenti requisiti (Art. 90 co. 17 – 18 L. 289/2002)

- la denominazione: obbligo da parte delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, di inserire nella propria denominazione, senza abbreviazioni la dicitura “Associazione Sportiva Dilettantistica” - l’oggetto sociale: riferito all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica - l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione - l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette - le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile - l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari - le modalità di scioglimento dell’associazione - l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società o delle associazioni.

Un’ulteriore fondamentale requisito per beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo si applicano esclusivamente a quegli enti sportivi che sono in possesso del riconoscimento sportivo rilasciato dal CONI in qualità di unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche.

In mancanza del predetto riconoscimento tali soggetti non possono essere considerati quali enti sportivi e, pertanto, non potranno fruire dei benefici fiscali previsti. È stato previsto l’obbligo a carico del CONI di trasmettere annualmente all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle società ed associazioni riconosciute ai fini sportivi. La previsione è finalizzata a

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rendere più agevoli i controlli dell’Agenzia delle Entrate segnalando le associazioni e le società che, proprio in quanto hanno ottenuto il predetto riconoscimento, possono fruire delle agevolazioni fiscali previste per il settore.

Da ultimo si segnala che con il D.L. 72/2004 è stato introdotto all’art. 90 il comma 18 bis che stabilisce il divieto, peraltro già stabilito nel precedente testo del comma 18 punto 4), per gli amministratori delle società ed associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società ed associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciuta dal CONI, ovvero nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva.

Legge 21 maggio 2004, n. 128 All'art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, comma 17, lettera c), dopo le parole: "societa' sportiva di capitali" sono inserite le seguenti parole: "o cooperativa".

All'art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il comma 18 e' sostituito dai seguenti: "18. Le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti: a) la denominazione b) l'oggetto sociale con riferimento all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica c) l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette e) le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile f) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonchè le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi_statutari; g) le modalità di scioglimento dell'associazione h) l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni. Art. 148 T.U.I.R. – Enti di tipo associativo 1. Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote e contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. 2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell’art. 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. 3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate dietro versamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. 4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di spacci aziendali e di mense; b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) pubblicità commerciale; e) telecomunicazione e radiodiffusioni circolari. 5. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considerano

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commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, semprechè le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 6. L’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 5 non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, semprechè sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 7. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l’assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione. 8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge; c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione; d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e semprechè le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale; f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

9. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 8 non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.

REGIME FORFETARIO L. 16.12.1991 n. 398 La legge 16.12.1991, n. 398 ha disposto per le associazioni e società sportive dilettantistiche, che oltre ad avere entrate istituzionali hanno introiti di natura commerciale, un regime forfetario di determinazione delle imposte sia ai fini IVA che agli effetti IRES, oltre a rilevanti semplificazioni in termini di tenuta della contabilità. Le agevolazioni previste dalla L. 16.12.1991, n. 398 interessano: - la definizione di un limite annuo di proventi commerciali, al di sotto del quale è possibile

usufruire delle agevolazioni - la determinazione di un coefficiente per la determinazione forfetaria del reddito imponibile - le modalità di determinazione dell'Iva dovuta - le semplificazioni in materia di adempimenti contabili e dichiarativi

REQUISITI SOGGETTIVI: destinatari delle disposizioni agevolative di cui alla L. 16.12.1991, n. 398 sono: - le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali, senza fine di lucro;

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- le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali - le associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali, ma riconosciute da enti di promozione sportiva CONDIZIONI OGGETTIVE Per accedere al regime di cui alla L. 398/1991, oltre al rispetto delle condizioni soggettive evidenziate sono necessarie: - l’esercizio di idonea opzione - il rispetto di appositi limiti dimensionali OPZIONE per il REGIME AGEVOLATO: le associazioni sportive dilettantistiche per usufruire del regime di cui alla L. 398/1991 devono esercitare apposita opzione. Dette associazioni che svolgono attività istituzionale e attività commerciali connesse alle stesse non sono tenute all’obbligo di presentare la dichiarazione Iva annuale, tuttavia per esercitare l’opzione per la Legge 398/91 devono utilizzare la specifica modulistica relativa alla dichiarazione annuale Iva, invece che la denuncia di variazione di cui all’art. 35, D.P.R. 633/72. Le istruzioni alla dichiarazione annuale Iva prevedono che il quadro VO vada allegato alla dichiarazione dei redditi, a tal fine è previsto nel frontespizio del Mod. Unico una specifica casella da barrare per segnalare la presenza del quadro VO compilato da un soggetto non tenuto alla presentazione della dichiarazione annuale Iva. A partire dall'1.1.2000 l'opzione è vincolante per almeno un quinquennio (D.P.R. 30.12.1999 n. 544). Con riferimento a quanto disposto dall'art. 9, co. 2, D.P.R. 544/1999 l'opzione per l'adozione dei regime di cui alla L. 398/1991 deve essere comunicata alla SIAE, competente in base al domicilio fiscale, prima dell'inizio dell'anno solare per il quale l'associazione intende usufruire del regime agevolativi o contestualmente all’inizio dell’attività. ADEMPIMENTI CONTABILI: sotto il profilo contabile gli adempimenti sono assai semplici; l’unica scrittura fiscale obbligatoria è rappresentata dal registro ove annotare i corrispettivi che deve essere conforme a quello approvato con il D.M. dell’11 febbraio 1997. L’annotazione potrà essere effettuata anche cumulativamente entro il 15 del mese successivo rispetto a quello di riferimento. Le fatture d’acquisto dovranno essere solo conservate e numerate. DETERMINAZIONE DELL’IVA Le disposizioni agevolative ai fini Iva per le associazioni che hanno optato per la L. 398/1991 trovano la propria collocazione nell'art. 9, co. 1, D.P.R. 544/1999. La norma richiamata afferma che le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni pro loco, che optano per l'applicazione delle disposizioni di cui alla L. 16.12.1991, n. 398 applicano, ai fini Iva, relativamente ai proventi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali, le disposizioni di cui all'art. 74, co. 6, D.P.R. 633/1972. L’Art. 74, 6° co. prevede che agli effetti della determinazione dell’Iva, la detrazione di cui all’art. 19 del DPR n. 633 è forfettizzata con l’applicazione di una detrazione in via ordinaria pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili. La medesima disposizione prevede, inoltre, le seguenti specifiche percentuali di detrazione forfettizzata:

• per le sponsorizzazioni la detrazione è forfettizzata in misura pari al 10% dell’imposta • per le cessioni o le concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione

radiofonica la detrazione compete in misura pari ad 1/3 dell’imposta Il versamento dell'iva non avviene più tramite la SIAE ma seguendo i termini ed i modi ordinari. Infatti, il versamento dell'iva viene effettuato tramite il Mod. F24 con i codici tributo ordinariamente previsti per l'iva. Il versamento dell'iva è trimestrale come dispone l'art. 9, co. 3, D.P.R. 544/1999, e deve essere effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre di riferimento utilizzando i codici tributo 6031 (primo trimestre scadenza di pagamento 16 maggio) – 6032 (secondo trimestre scadenza di pagamento 16 agosto) – 6033 (terzo trimestre scadenza di pagamento 16 novembre). Il versamento dell’iva relativa al quarto trimestre da effettuare entro il 16 febbraio per le associazioni in regime di L. 398/1991 va effettuato utilizzando il codice tributo

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6034. Il versamento dell’IVA trimestrale va effettuato senza la maggiorazione dell’interesse dell'1%, come riformulato dall’art. 31, co. 3, L. 388/2000. DICHIARAZIONE IVA ANNUALE: le associazioni sportive dilettantistiche che hanno optato per il regime di cui alla L. 398/1991 non devono presentare la dichiarazione iva annuale, a meno che le stesse associazioni non effettuino attività commerciali non connesse all’attività istituzionale. In questo caso l’associazione, che avrà provveduto a tenere una contabilità separata, presenterà la dichiarazione Iva limitatamente alle attività in relazione alle quali l’Iva non viene calcolata in modo forfetario. DETERMINAZIONE del REDDITO IMPONIBILE AI FINI IRES L’associazione sportiva dilettantistica che ha optato per l’applicazione del regime di cui alla Legge n. 398/91 determina il reddito imponibile ai fini IRES applicando un coefficiente di redditività pari al 3% e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali. Reddito Imponibile ai fini Ires = (Proventi commerciali x 3%) + plusvalenze patrimoniali Il reddito deve essere dichiarato nel quadro RG del modello Unico – Enti non commerciali ed equiparati. La percentuale di forfetizzazione del 3% influenza anche la determinazione dell’IRAP. Infatti nel quadro IQ, sezione III, per il calcolo dell’IRAP, le associazioni che hanno optato per la Legge n. 398/91 devono basarsi sull’importo del reddito determinato forfetariamente. Ai fini della determinazione del reddito imponibile si considerano i proventi commerciali conseguiti nel periodo d’imposta. Nel caso in cui le associazioni sportive dilettantistiche in regime L. 398/1991 hanno il proprio esercizio sociale a cavallo dell’anno, devono fare riferimento ai dodici mesi dello stesso, anche se non coincide con l’anno solare. Invece, ai fini Iva si deve sempre fare riferimento all’anno solare. ELEVAZIONE a € 250.000,00 del LIMITE MASSIMO dei PROVENTI COMMERCIALI: in base all'art. 90, co. 2, L. 27.12.2002, n. 289 viene elevato da € 185.924,48 ad € 250.000,00 il limite dei proventi da attività commerciali conseguiti nel precedente periodo d’imposta al di sopra del quale non è possibile avvalersi delle disposizioni agevolative previste dalla L. 398/1991. Ai fini di un'analisi pratica del limite occorre operare la seguente distinzione: a) soggetti già costituiti: i contribuenti interessati potranno beneficiare del nuovo limite fissato in € 250.000,00 a condizione che nel periodo d'imposta precedente abbiano conseguito proventi commerciali per un ammontare non superiore ad € 250.000,00 b) soggetti di nuova costituzione: tali soggetti possono fruire delle disposizioni di cui alla L. 398/1991 nel caso in cui ritengano di conseguire nel periodo d'imposta dalla data di costituzione proventi commerciali per un ammontare non superiore ad € 250.000,00 indicando l'importo previsto nella dichiarazione di inizio attività di cui all'art. 35. SUPERAMENTO DEL LIMITE DI € 250.000,00: nel caso in cui l’associazione sportiva dilettantistica superi il limite di € 250.000,00 (limite massimo di proventi commerciali per poter optare per la L. 398/1991) nel corso del periodo d’imposta, gli effetti dell’opzione terminano con decorrenza dal mese successivo a quello in cui il limite suddetto è stato superato, con il conseguente obbligo di adottare le disposizioni ordinarie in tema di contabilità. CRITERIO di CASSA: i proventi commerciali che partecipano alla formazione dei limite di € 250.000,00 di cui sopra devono essere individuati in base al criterio di cassa. ENTRATE ED USCITE SU CONTI CORRENTI BANCARI O POSTALI É fissato in € 516,46 il limite al di sopra del quale ogni entrata ed uscita dell’associazione sportiva dilettantistica deve essere effettuata attraverso conti correnti bancari o postali intestati all’associazione sportiva. Il transito si intende regolarmente effettuato quando sono espressamente indicati l’erogante ed il percipiente, e pertanto quando i pagamenti sono effettuati tramite (C.M. 08.03.2000 n. 43/E): - bollettino di conto corrente postale - bonifico bancario - assegno non traferibile - bancomat o carta di credito

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Sono quindi esclusi gli assegni ordinari, la cui destinazione finale non è certa e trasparente. Nel caso di mancato rispetto di tale disposizione, l’associazione sportiva perde: - per gli incassi l’agevolazione relativa alla loro intassabilità (diventano reddito imponibile) - per i pagamenti, la deducibilità del costo - le agevolazioni della Legge n. 398/91 DETERMINAZIONE DEL PLAFOND: nel plafond di € 250.000,00 si devono ricomprendere: - i ricavi o proventi di cui all’art. 85, D.P.R. 917/1986 che assumono natura commerciale per l’attività svolta dalle associazioni in questione; tali proventi devono essere effettivamente percepiti (criterio di cassa) - le sopravvenienze attive di cui all’art. 88, D.P.R. 917/86 sempre relative all’attività commerciale esercitata (C.M. 11 febbraio 1992, n. 1-11/151) Sono invece esclusi dal suddetto limite: - i proventi di natura istituzionale (quote e contributi associativi) - le sopravvenienze derivanti da attività istituzionali - le plusvalenze patrimoniali di cui all’art. 86, D.P.R. 917/1986 - i proventi da cessione di beni patrimoniali - i proventi derivanti da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali la cui connessione con gli scopi istituzionali comporta che le attività commerciali debbano essere strumentalmente funzionali alla manifestazione sportiva e rese in concomitanza con lo svolgimento della medesima - i proventi conseguiti a seguito di raccolte di fondi effettuate con qualsiasi modalità. L'esclusione dal reddito imponibile non può superare l'importo massimo di € 51.645,69 per ogni periodo d'imposta e nel corso di un massimo di due eventi realizzati nello stesso periodo (per una più ampia trattazione si rinvia al paragrafo successivo) - le indennità di preparazione e promozione sportiva degli atleti di cui all’art. 6 Legge n. 91/81 - i proventi di cui all'art. 143, co. 1, secondo periodo, D.P.R. 917/1986: non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 c.c. rese in conformità alle finalità istituzionali dell'associazione sportiva dilettantistica senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione - i proventi di cui all'art. 148, co. 3, (proventi cosiddetti “decommercializzati”) D.P.R. 917/1986; non si considerano commerciali le attività svolte a) anche se a fronte di corrispettivi specifici b) purché dirette a iscritti/associati partecipanti facenti parte di un'unica organizzazione locale o nazionale o agli iscritti associati di queste ultime o, infine, ai tesserati delle organizzazioni nazionali di riferimento c) con il caso aggiuntivo delle cessioni nei confronti anche di terzi di proprie pubblicazioni prevalentemente destinate agli associati - i corrispettivi per la cessione dei diritti degli atleti CONSIDERAZIONI sulla DETERMINAZIONE del REDDITO IMPONIBILE: ai fini della determina-zione del reddito complessivo delle associazioni sportive dilettantistiche è utile precisare che: - il reddito complessivo delle associazioni in oggetto è dato dalla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, d’impresa ovvero diversi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione (art. 143, D.P.R. 917/86) in quanto appartenenti agli enti non commerciali - la determinazione dei redditi di cui sopra verrà fatta secondo la disciplina per gli stessi prevista (art. 144, co. 1, D.P.R. 917/1986) - per le associazioni in esame il reddito d'impresa può essere determinato secondo il regime disposto dalla L. 398/1991 (percentuale dei proventi commerciali più eventuali plusvalenze) Art. 143 T.U.I.R. – Reddito Complessivo 1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamenti di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. 2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell’articolo 8. 3. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73:

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a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; b) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi. Art. 144 – Determinazione dei redditi 1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie. 2. Per l’attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere la contabilità separata. 3. Per l’individuazione dei beni relativi all’impresa si applicano le disposizioni di cui all’articolo 65, commi 1 e 3- bis. 4. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto. 5. Per gli enti religiosi di cui all’articolo 26 della legge 20 maggio 1985, n. 222, che esercitano attività commerciali, le spese relative all’opera prestata in via continuativa dai loro membri sono determinate con i criteri ivi previsti. 6. Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dall’obbligo di tenere la contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria a norma di legge dagli stessi enti. RACCOLTE PUBBLICHE DI FONDI I proventi di cui sopra sono non imponibili se rispettano le seguenti condizioni: - limiti di frequenza: il numero degli eventi non può essere complessivamente superiore a 2 per anno - limiti quantitativi: l'esclusione dal reddito imponibile non può superare il limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con Ministero per i Beni e le Attività culturali l’importo massimo è fissato in € 51.645,69 (D.M. 10.11.1999); la quota dei proventi eventualmente eccedente il limite ovvero i proventi conseguiti oltre l'ambito delle due manifestazioni per anno costituiscono reddito imponibile per la percentuale del 3%. L'attività di raccolta pubblica di fondi non deve essere correlata ad una qualsiasi manifestazione sportiva, ma deve rispettare le condizioni dall'art. 143, co. 3, D.P.R. 917/1986. Tale ultimo articolo dispone che non concorrono alla formazione del reddito i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di: - celebrazioni - ricorrenze - campagne di sensibilizzazione La C.M. 08.03.2000 precisa altresì che possono rientrare in tale agevolazione: - le somministrazione di alimenti e bevande - la vendita di materiali sportivi e di gadget pubblicitari - le sponsorizzazioni correlate all'evento specifico - le cene sociali - le lotterie In riferimento alle raccolte di fondi i proventi non imponibili possono altresì realizzarsi anche attraverso la vendita di beni o servizi resi a fronte di offerte non commisurate al valore del bene venduto o del servizio prestato. Entro 4 mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale per le raccolte pubbliche di fondi deve essere redatto un apposito rendiconto (art. 20, co. 1-bis, D.P.R. 600/1973), accompagnato da una relazione illustrativa, dai quali devono risultare, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna manifestazione nell'ambito della quale vengono realizzati i proventi non imponibili in oggetto al fine di poter controllare in modo efficace sia le modalità di reperimento sia quelle di impiego dei predetti fondi.

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Il rendiconto in oggetto deve essere tenuto e conservato ai sensi dell'art. 22, D.P.R. 600/1973. Pertanto, va conservato ai fini fiscali fino a quando non sia divenuto definitivo l'accertamento relativo al periodo d'imposta cui il rendiconto stesso si riferisce. Ai fini pratici tale rendiconto può essere riportato in calce al bilancio, sul libro dei verbali delle assemblee dell'associazione. Non possono beneficiare della detassazione ai fini Ires dei proventi realizzati per il tramite di raccolte pubbliche di fondi i soggetti costituiti in forma di società di capitali e in forma cooperativa, nonché le associazioni che non hanno optato per il regime di cui alla L. 398/1991. Restano escluse anche le associazioni senza scopo di lucro e le pro-loco che non sono state espressamente citate nell'art. 37, L. 342/2000, anche se possono optare per il regime forfetario della L. 398/1991.

Art. 37 co. 2 L. 342/2000 – Disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche Per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purché riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali: a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali; b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo. EROGAZIONI LIBERALI L’art. 15 co. 1 lett i-ter) D.P.R. 917/86 prevede che l’importo massimo su cui calcolare la detrazione del 19% per le erogazioni liberali in denaro a favore di società e associazioni sportive dilettantistiche effettuate da persone fisiche è pari ad € 1.500,00 I soggetti Ires, siano essi società o enti commerciali oppure enti non commerciali possono operare la detrazione del 19% calcolata sullo stesso importo complessivo fissato per le persone fisiche. CONTRIBUTI Il Coni, le Federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni non sono obbligati ad operare la ritenuta d’acconto del 4% sui contributi erogati alle società e associazioni sportive dilettantistiche. Le Regioni, Provincie, Comuni e gli altri enti pubblici devono operare una ritenuta del 4% a titolo di acconto delle imposte sui redditi con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi a fondo perduto ad imprese esclusi quelli per l’acquisto di beni strumentali. Quindi: - la ritenuta va operata dal soggetto che eroga il contributo - la ritenuta compete solo se il contributo è dato ad un’impresa (anche un’associazione per la sua attività commerciale) - se il contributo finanzia l’attività istituzionale dell’associazione non va fatta la ritenuta. TRATTAMENTO DELLE SPESE DI SPONSOR È previsto uno specifico trattamento fiscale delle spese sostenute dalle imprese al fine di promuovere la propria immagine o i beni/servizi offerti, mediante una specifica attività da parte: - delle società/associazioni sportive dilettantistiche - delle fondazioni costituite da istituzioni scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva. I corrispettivi in denaro o in natura di importo inferiore a € 200.000,00 costituiscono spese di pubblicità, di cui all’art. 68, comma 2, TUIR. Viene quindi introdotta una presunzione assoluta sulla natura di queste spese considerate in ogni caso spese di pubblicità. In questo modo si viene a garantire il soggetto erogante (impresa) rispetto ad eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria sulla natura della spesa. Verrà meno, in sostanza, il rischio che le suddette spese potranno essere qualificate come spese di rappresentanza a deducibilità limitata (1/3 in cinque anni).

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REGIME FORFETARIO EX ART. 145 T.U.I.R.

L’art. 4 del D. Lgs. n. 460/97 ha introdotto, per rispondere ad una esigenza di semplificazione degli adempimenti contabili e fiscali delle associazioni sportive dilettantistiche che svolgono anche attività commerciali, un nuovo regime forfetario che può essere utilizzato dagli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata o supersemplificata (Art. 145, D.P.R. n. 917/86 e art. 20, comma 3, D.P.R. n. 600/73). L’applicazione di tale regime è esclusa per le associazioni sportive che applicano il regime previsto dalla Legge 398/91. La forfetizzazione prevede dei coefficienti di redditività da applicare ai ricavi di cui all’art. 85, D.P.R. 917/86.

ATTIVITÀ DI PRESTAZIONE DI SERVIZI Ammontare Ricavi Coefficiente di redditività

Fino a Euro 15.493,71 15% Da Euro 15.493,71 fino a Euro 309.874,14 25%

ALTRE ATTIVITÀ Ammontare Ricavi Coefficiente di redditività

Fino a Euro 25.822,84 10% Da Euro 25.822,85 fino a Euro 516.456,90 15% Al reddito determinato con i coefficienti si devono aggiungere i componenti del reddito d’impresa individuati nelle plusvalenze patrimoniali, nelle sopravvenienze attive, nei dividendi e interessi e nei proventi immobiliari. Il regime forfetario dell’art. 145, D.P.R. n. 917/86 vale solo ai fini della determinazione del reddito di impresa mentre non è prevista analoga semplificazione per l’IVA.

IMPOSTA REGIONALE sulle ATTIVITA PRODUTTIVE (IRAP) La C.M. 4.6.1998, n. 141/E ha specificato che anche gli enti non commerciali sono soggetti passivi dell'irap. Ai fini della corretta applicazione dell'irap occorre verificare se l'ente non commerciale privato: - svolge esclusivamente attività istituzionale oppure se a questa affianca anche attività di natura commerciale; - si avvale di regimi forfetari di determinazione del reddito quale quello della L. 398/1991, oppure quello introdotto dall'art. 145, D.P.R. 917/1986. A tale proposito è opportuno considerare tre possibili fattispecie: - associazione sportiva dilettantistica che svolge esclusivamente attività di natura istituzionale - associazione sportiva dilettantistica che svolge, oltre all'attività istituzionale, attività

commerciale senza usufruire dei sistemi di determinazione forfetaria dei reddito d'impresa

- associazione sportiva dilettantistica che svolge, oltre all'attività istituzionale, attività commerciale e si avvale dei sistemi di determinazione forfetaria del reddito d'impresa

ALIQUOTA: nei confronti degli enti privati non commerciali l'aliquota Irap è del 4,25% sia per l'attività istituzionale che commerciale. ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE con ATTIVITÀ ESCLUSIVAMENTE ISTITUZIONALE: la base imponibile è data dalla somma delle seguenti tipologie reddituali: a) retribuzioni del personale dipendente: l'ammontare delle retribuzioni spettanti (criterio di competenza) da considerare ai fini Irap è quello rilevante ai fini previdenziali, determinato a norma dell'art. 12 dei D.P.R. 30.4.1969, n. 153, come sostituito dall'art. 6 dei D.Lgs. 2.9.1997, n. 314. Ai sensi dell'art. 11, co. 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997 nell'ammontare di tali compensi non vanno compresi i contributi INAIL, le somme corrisposte agli apprendisti e disabili, nel limite del 70%, quelle corrisposte al personale assunto con contratto di formazione-lavoro; b) redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente: concorrono alla base imponibile Irap secondo il criterio di competenza;

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c) compensi per collaborazioni coordinate e continuative: si assumono con riferimento al momento di erogazione (criterio di cassa); d) compensi per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente: vengono attratti a tassazione anche i compensi per attività di lavoro autonomo occasionale. Si assumono con riferimento al momento di erogazione (criterio di cassa). Per quanto riguarda le indennità di trasferta e i rimborsi forfetari di spese percepiti dai soggetti che svolgono attività sportiva dilettantistica di cui all'art. 67, co. 1, lett. m), D.P.R. 917/1986 si rileva che non concorrono alla definizione della base imponibile Irap degli enti privati non commerciali che svolgono esclusivamente attività non commerciale. ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE CON ATTIVITÀ ISTITUZIONALE e COMMERCIALE (SENZA OPZIONE per i REGIMI FORFETARI DI DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA): la base imponibile si determina con riferimento al cosiddetto metodo misto, il quale richiede la separata individuazione della base imponibile per la parte di attività che si riferisce alle finalità istituzionali da quella avente finalità commerciale. Per la parte istituzionale, la base imponibile si determina secondo il metodo retributivo indicato nel paragrafo sopra. Ai sensi dell'art. 10, co. 2, D.Lgs. 446/1997 la base imponibile ai fini Irap è determinata, relativamente alle attività commerciali svolte, secondo le disposizioni dell'art. 5, D.Lgs. 446/1997 (criterio contabile). In sostanza, la base imponibile è data dalla dífferenza tra: - valore della produzione (ricavi delle vendite e delle prestazioni di servizi e altri ricavi e proventi); - costi della produzione (escluse spese per il personale, svalutazioni delle immobilizzazioni, svalutazioni dei crediti e delle disponibilità liquide, accantonamenti per rischi e altri accantonamenti). Dato il richiamo dell'art. 5, D.Lgs. 446/1997, l'ente non commerciale, anche se non tenuto, dovrà provvedere alla redazione del bilancio (anche se parziale) secondo lo schema civilistico. Nella pratica gli enti non commerciali sono costretti a riclassificare le voci del conto economico in modo tale da determinare i costi e i ricavi conformi allo schema di bilancio previsto dal Codice civile (art. 2425 c.c.). Solamente dopo tale operazione sarà possibile determinare la base imponibile Irap. I costi deducibili, non specificamente riferibili alle attività commerciali, rilevano per un importo pari al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi considerati imponibili e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (cd. regola del pro-rata). Pertanto, i soggetti in esame dovranno definire due basi imponibili, una relativa all'attività istituzionale (art. 10, co. 1, D.Lgs. 446/1997) e una relativa all'attività commerciale (art. 10, co. 2, D.Lgs. 446/1997). Dato che gli enti in oggetto svolgono anche attività commerciali, nella determinazione della base imponibile dell'attività istituzionale non rilevano le retribuzioni e compensi riferibili alle attività commerciali ovvero quelli a queste imputabili in via forfetaria. A partire dall'1.1.2003, l'art. 5, co. 2, L. 289/2002 modificando l'art. 11, co. 1, lett. b), n. 2, D.Lgs. 446/1997 ha disposto l'esclusione, dai compensi non ammessi in deduzione dalla base imponibile Irap, delle somme di cui all'art. 67, co. 1,lett. m), D.P.R. 917/1986 consistenti nelle indennità ed I rimborsi erogati agli sportive dilettanti. ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE con ATTIVITÀ ISTITUZIONALE e COMMERCIALE (con OPZIONE per i REGIMI FORFETARI di DETERMINAZIONE dei REDDITO d'IMPRESA): ai sensi dell'art. 17, co. 2, D.Lgs. 446/1997, la base imponibile è determinata sommando al reddito d'impresa calcolato in base alla determinazione forfetaria: a) le retribuzioni sostenute per il personale dipendente b) i compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, i compensi per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e gli interessi passivi. Nel caso in cui le retribuzioni e gli altri compensi siano attribuiti a soggetti impiegati anche in attività istituzionali, concorre alla base imponibile solo la quota di retribuzione riferibile alle attività commerciali secondo il rapporto di cui al richiamato art. 10, co. 2, D.Lgs. 446/1997 (regola del pro-rata). Tale criterio di determinazione della base imponibile è facoltativo. A partire dall'1.1.2003, ai fini Irap l'art. 90, co. 10, L. 289/2002 stabilisce che, per i soggetti che ai fini delle imposte sui redditi si avvalgono di regimi forfetari di determinazione del reddito (ad

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esempio L. 398/1991), le indennità di trasferta ed i rimborsi forfetari di cui all'art. 67, co. 1, lett. m), D.P.R. 917/1986 non concorrono alla formazione della base imponibile Irap.

RAPPORTI DI LAVORO NON DIPENDENTE PER LE SOCIETÀ E ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE

L’art. 67 T.U.I.R. stabilisce che “Sono redditi diversi ... se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni: ... m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche ... da qualunque organismo ... che persegua finalità sportive dilettantistiche .... tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.” Il successivo art. 69 stabilisce che “... Le indennità, i rimborsi forfetari, i premi ed i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell’art. 81 (ora art. 67) non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro.”

Si osserva che il periodo d’imposta a cui fare riferimento è quello del percettore, per cui, essendo lo stesso “persona fisica”, coincide con l’anno solare e non con il periodo d’imposta dell’ente. L’art. 25 della Legge 13/5/99 n. 133 stabilisce poi che sulla parte imponibile dei compensi sopra citati, e quindi sulla quota eccedente i 7.500 euro, si applica una ritenuta nella misura fissata per il primo scaglione del reddito (attualmente 23%) (oltre alle addizionali regionale e comunale), che è a titolo d’imposta fino a € 20.658,28 (in pratica su un reddito complessivo di € 28.158,28 viene operata la ritenuta solo su € 20.658,28), mentre sulle somme eccedenti è operata una ritenuta a titolo d’acconto.

La circolare INPS n. 42 del 26/2/2003 stabilisce infine che, trattandosi di redditi diversi e non di redditi da lavoro, tali importi non sono soggetti a contribuzione previdenziale.

In base alla prima frase dell’art. 67 T.U.I.R., qui sopra riportata ed evidenziata, possiamo quindi individuare due categorie di istruttori (ovvero allenatori, atleti o simili):

a) Istruttori liberi professionisti ovvero con partita IVA. Sono trattati esattamente come tutti gli altri liberi professionisti: fanno fattura con IVA, in tale fattura applicano il 4% di maggiorazione a titolo di rivalsa INPS, e sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20% (codice 1040 nel modello F24)

b) Altri istruttori percepiscono i compensi di cui al citato art. 67 TUIR: i primi 7.500 euro non imponibili, i successivi soggetti a ritenuta 23% (a titolo d’imposta sui primi 20.658,28 euro, a titolo d’acconto sugli ulteriori, da versare comunque con codice 1040), più addizionali (codice 3802 la regionale, codice 3816, se dovuta, la comunale), nessun assoggettamento a contribuzione INPS o INAIL.

ALTRI RAPPORTI “SPORTIVI” Abbiamo già ricordato che l’art. 67 T.U.I.R. estende il trattamento qui sopra illustrato “ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.”

La circolare n. 21/E, illustrativa dell’art. 90 Legge 289/02, precisa che si deve trattare di un’attività continuativa caratterizzata da un certo grado di stabilità. Sono pertanto escluse le prestazioni di tipo occasionale (che rimangono soggette all’applicazione della ritenuta nella misura del 20%). Per quanto concerne il requisito della professionalità si sottolinea come la prestazione debba essere diversa da quella svolta abitualmente dal collaboratore.

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Dott. Luca Corvi – Consulente Regionale Fiscosport Lombardia Dottore Commercialista in Beregazzo con Figliaro (Como) – Consigliere della Giunta dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e-mail: [email protected] Il Meeting dei Consulenti: le soluzioni prospettate e i dubbi irrisolti

Fiscosport ha programmato per sabato 14 ottobre 2006 dalle ore 15 alle ore 19 presso la Biblioteca Comunale di Alassio (SV) il 3° Meeting dei Consulenti Fiscosport, aperto a tutti i consulenti e agli addetti ai lavori – riconosciuto per i crediti formativi da parte dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e del Collegio dei Ragionieri di Savona (così come il Convegno nazionale).

Con la supervisione ed il coordinamento a cura del Dott. Luca Corvi

(Consulente regionale Fiscosport Lombardia), moderatore del Meeting, i lavori degli esperti Fiscosport entrano nel vivo con l’introduzione degli argomenti di discussione a cura di: Dott. Nicola Forte (Consulente Nazionale Fiscosport – Roma) La Dre Lombardia e l’irrisolto problema dell’Iva sulle quote delle srl sportive Dott.ssa Rosanna D’Amore (Consulente Regionale Fiscosport Emilia Romagna) La cooperativa sportiva: una soluzione spesso trascurata Avv. Katia Scarpa (Consulente Provinciale Fiscosport Milano) La trasformazione degli enti sportivi dilettantistici Dott. Stefano Andreani (Consulente Regionale Fiscosport Toscana) Gli affitti dei locali e degli impianti dopo il decreto Bersani Dott.ssa Valentina Di Renzo (Consulente Provinciale Fiscosport Venezia) e Rag. Antonio Asquino (Collaboratore Redazione Fiscosport – Consulente del Lavoro – Venezia) Il rapporto di lavoro nel mondo dello sport: problematiche e dubbi interpretativi

La presente dispensa non contiene le relazioni introduttive degli esperti di cui sopra in quanto gli argomenti posti in discussione vengono analizzati dagli esperti Fiscosport e da tutti i consulenti e gli addetti ai lavori presenti al meeting e solo dopo l’analisi dei vari interventi e la successiva stesura di approfondite relazioni si potrà esprimere il punto di vista degli esperti Fiscosport attraverso la pubblicazione di una dispensa specifica sugli argomenti affrontati durante i lavori del meeting (una breve relazione sulle “soluzioni prospettate e i dubbi risolti” sarà oggetto dell’intervento del Dott. Luca Corvi al convegno Fiscosport del 15 ottobre 2006).

Troppo spesso la normativa per le società ed associazioni sportive

dilettantistiche è carente di quei chiarimenti ministeriali che permetterebbero a tutto il comparto sportivo di affrontare meglio le problematiche che quotidianamente assillano i Dirigenti sportivi più attenti ad una corretta gestione della propria associazione.

La strada dell’interpello è quella meno praticata in quanto si rischia di incontrare

l’opinione contraria da parte dell’Amministrazione Finanziaria a problemi, come il caso delle quote delle SRL sportive (primo argomento del Meeting, già oggetto del 1° Meeting dei Consulenti Fiscosport nell’ottobre 2004), che rischiano di bloccare di fatto il proliferare della nuova struttura societaria sportiva dilettantistica, troppo rigida e carente di quei benefici fiscali che possano giustificare la riduzione della responsabilità degli amministratori.

Ci auguriamo di poter affrontare al meglio le problematiche, cercando di

redigere un documento “ a firma congiunta “ da sottoporre al Direttore dell’Agenzia delle Entrate, nella speranza di veder pubblicate, in una circolare, le soluzioni da noi prospettate.

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Dott. Rosanna D’Amore – Consulente Regionale Fiscosport Emilia Rom. Dottore Commercialista in Forlì – Collaboratrice delle riviste "Corriere Tributario" ed "Enti non profit" (ed. Ipsoa) - Componente della Commissione Nazionale "Aziende Non Profit" istituita presso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti. e-mail: [email protected] Le novità del decreto Bersani per il no profit e l’addio all’F24 cartaceo

Il D.L. n. 223/2006 convertito nella legge n. 248/2006 non ha introdotto novità dirette – ad eccezione della norma che riguarda l’Ici – agli enti non commerciali, ma le disposizioni in esso contenute possono riguardare il mondo del non profit in relazione alle attività svolte da enti e associazioni.

Di seguito sono trattate in sintesi le disposizioni più rilevanti del decreto, mentre maggiore spazio trovano le novità che riguardano il nuovo regime iva delle operazioni immobiliari. OMESSO VERSAMENTO IVA, RILEVANZA PENALE (ART. 35, COMMA 7) Assume rilevanza penale l’omesso versamento dell’Iva risultante dalla dichiarazione annuale, se di importo superiore a euro 50.000=, semprechè il contribuente non si ravveda sull’omissione entro il termine di versamento dell’acconto Iva inerente l’esercizio successivo. Ad esempio, il mancato versamento dell’Iva di importo superiore ad euro 50.000= risultante dalla dichiarazione per l’anno 2005, costituisce reato penale a meno che l’omissione non venga sanata entro il 27 dicembre 2006 (termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo all’anno 2006). Assume rilevanza penale anche l’indebita compensazione –superiore alla soglia dei 50.000= euro- di tributi con crediti non spettanti. PERDITE DEI SOGGETTI IN CONTABILITÀ SEMPLIFICATA (ART. 36, COMMI 27 E 28) La nuova disciplina (applicabile anche agli esercenti lavoro autonomo) prevede che i soggetti in contabilità semplificata non potranno più utilizzare le perdite di impresa per compensare, nel medesimo periodo di imposta, redditi di differente tipologia.

Ciò sta a significare che non sarà più possibile per un ente non commerciale abbattere, ad esempio, un reddito fondiario con la perdita inerente l’eventuale attività commerciale (da cui si può generare la perdita di impresa).

Questa disposizione trova applicazione con decorrenza dal periodo di imposta 2006, ed interesserà, pertanto, la dichiarazione da presentarsi nell’anno 2007. ELENCO CLIENTI E FORNITORI (ART. 37, COMMI 8 E 9) E’ stato reintrodotto un vecchio adempimento inerente l’obbligo di comunicare all’amministrazione finanziaria l’elenco dei soggetti nei confronti dei quali sono state emesse fatture (clienti) e l’elenco dei soggetti da cui si sono effettuati acquisti (fornitori). L’obbligo riguarda tutti i soggetti titolari di partita Iva, ma un prossimo provvedimento dirigenziale preciserà le caratteristiche dei soggetti interessati all’obbligo (potrebbero essere esclusi dall’obbligo i soggetti che determinano il reddito d’impresa forfetariamente e quindi tutti gli enti e associazioni in regime 398/91).

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La prima scadenza è fissata al 29 aprile 2007 ( e ricorrerà al 29 aprile di ciascun anno) e riguarderà il periodo d’imposta 2006. La trasmissione degli elenchi dovrà avvenire esclusivamente in via telematica, direttamente o per il tramite di intermediari abilitati. NUOVI TERMINI DI VERSAMENTO E SCATURENTI DA UNICO E PER L’ICI E NUOVI TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI (ART. 37, COMMI 10,11,12,13,14,53,54,55) I termini inerenti la presentazione delle dichiarazioni sono stati notevolmente accorciati:

Mod. 770/semplificato: il termine ultimo per la trasmissione telematica della dichiarazione è fissato al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento; la certificazione dei compensi dovrà essere trasmessa agli interessati entro il 28 febbraio dell’anno successivo;

Mod. Unico (redditi, Irap, Iva): il termine ultimo per la trasmissione telematica è fissato all’ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta e quindi, per gli enti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare entro il 31 luglio. In caso di dichiarazione in forma cartacea (pochissimi per la verità), i termini di presentazione si accorciano di un mese.

La riduzione dei termini di presentazione delle dichiarazioni riduce automaticamente i termini entro cui effettuare i ravvedimenti operosi per gli omessi o insufficienti versamenti scaturenti dalle dichiarazioni.

Trattandosi di disposizioni che decorrono dal 1 maggio 2007, si ritiene corretto considerare, salvo diversa interpretazione da parte dell’amministrazione finanziaria, quale termine ultimo per la presentazione telematica del modello 770 semplificato per l’anno 2006, il 30 settembre 2007.

I versamenti connessi ad “Unico” dovranno avvenire entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo al periodo d’imposta (ovvero settimo mese, con la maggiorazione dello 0,40%), e quindi per gli enti con periodo coincidente con l’anno solare, entro il 16 giugno (in luogo del 20 giugno) ovvero entro il 16 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.

Per l’ICI, le modifiche introdotte riguardano:

i termini di versamento: la prima rata dovrà essere corrisposta entro il 16 giugno dell’anno in corso (in luogo del 30 giugno) e la seconda tra il 1 ed il 16 dicembre (in luogo del 20 dicembre); è facoltà del contribuente effettuare il pagamento dell’imposta in un’unica soluzione entro il 16 giugno;

l’abolizione della dichiarazione Ici;

la possibilità di versare l’Ici con Mod. F24 su tutto il territorio nazionale (con decorrenza 1 maggio 2007).

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTRIBUZIONE DEL NUMERO DI PARTITA IVA (ART. 37, COMMI 18, 19 E 20) La disposizione introduce la possibilità che l’amministrazione finanziaria possa effettuare controlli, anche successivi, al fine di verificare un effettivo esercizio dell’attività dichiarata al momento di richiesta della partita Iva. La norma decorre dal 1 novembre 2006, ma i controlli potranno riguardare anche posizioni aperte prima di tale data. E’ prevista l’uscita di un apposito provvedimento dirigenziale con cui fissare, tra l’altro, le specifiche informazioni da richiedere all’atto della dichiarazione di inizio attività.

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COMUNICAZIONE TELEMATICA DEI CORRISPETTIVI (ART. 37, COMMI 33-37) I soggetti tenuti alla certificazione dei corrispettivi con ricevuta o scontrino fiscale (ad esempio, un’associazione fuori dal regime 398/91 per la somministrazione di pasti ai propri soci) sono tenuti a trasmettere telematicamente all’agenzia delle entrate l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e prestazioni di servizi. La disposizione decorre dal 1 gennaio 2007, con l’obbligo di effettuare la prima trasmissione telematica entro il 31 luglio 2007 per trasmettere l’ammontare dei corrispettivi dei mesi precedenti. E’ previsto un credito di imposta pari a € 100,00, da utilizzarsi esclusivamente in compensazione attraverso il mod. F24, per coloro che sceglieranno di adattare il misuratore per la trasmissione telematica dei corrispettivi. F24 TELEMATICO (ART. 37, COMMA 49) A partire dal 1° ottobre 2006, salvo proroghe, tutti i titolari di partita Iva non potranno più effettuare i pagamenti di tributi (Iva, ritenute, IRPEF, IRES, IRAP, ecc.) e contributi (INPS, INAIL, ENPALS, ecc.) mediante presentazione cartacea del modello F24 presso banche o poste, ma dovranno effettuare i pagamenti obbligatoriamente per via telematica. Con riferimento al modello di pagamento, si osserva che esso non presenta modifiche rispetto a quello in formato cartaceo; identici sono pure i minimi di versamento e le possibilità di operare la compensazione fra crediti e debiti. Anche l’F24 on line, inoltre, sarà ravvedibile, sia entro il termine breve (entro i trenta giorni dalla scadenza), con pagamento di interessi e sanzione ridotta del 3,75%, sia entro il termine lungo (termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo nel corso del quale è stata commessa la violazione), con pagamento di interessi e sanzione del 6%. Tra i soggetti esclusi dal nuovo obbligo, salva la possibilità di adeguarvisi spontaneamente, i contribuenti non titolari di partita Iva e, quindi, oltre ai privati, continueranno a presentare il modello cartaceo gli enti non commerciali privi di partita Iva (obbligati, tuttavia, al versamento telematico, se dotati di numero identificativo per gli acquisti intracomunitari). Il contribuente tenuto al nuovo adempimento potrà scegliere fra tre possibilità: 1. compilare e pagare direttamente tributi e contributi con il modello F24 on line (modalità che si

ritiene preferibile, considerata la delicatezza della materia); 2. rivolgersi ad intermediario abilitato, incaricandolo di effettuare i pagamenti direttamente sul

proprio conto corrente; gli intermediari utilizzano, in tal caso, il modello F24 cumulativo (Entratel);

3. mediante l’home banking (Cbi – Corporate banking Interbancario), utilizzando il modello F24. MODIFICA ALLA DISCIPLINA DI ESENZIONE DALL’ICI (ART. 39) La disposizione sostituisce il comma 2-bis dell’art. 7 del D.L. 20.09.2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2.12.2005, n. 248 e nella sua nuova formulazione prevede l’esenzione Ici solo nel caso in cui le attività (assistenziale, culturale, ricreativa, sportiva, didattica, oltre che previdenziale, sanitaria e ricettiva), non abbiano esclusivamente natura commerciale. LE PRINCIPALI NOVITÀ NEL SETTORE IMMOBILIARE (ART. 35, COMMI DA 8 A 10 SEXIES)

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Di particolare impatto sono risultate le norme inerenti la disciplina dell’imposizione indiretta delle operazioni immobiliari: sostanziali modifiche sono state apportate ai numeri 8 e 8-bis dell’art. 10 del Dpr n. 633/72, inserendo, altresì, il numero 8-ter, che hanno introdotto un generalizzato regime di esenzione dell’imposta sul valore aggiunto per i trasferimenti e le locazioni di tutte le tipologie di fabbricati, anche se con alcune eccezioni. Riteniamo utile, al fine di agevolarne la comprensione, fornire uno schema di sintesi del nuovo regime previsto per le cessioni e locazioni di immobili, distinguendo tra i fabbricati ad uso abitativo e i fabbricati cosiddetti “strumentali”. Al fine di un corretto inquadramento delle nuove disposizioni, la distinzione tra immobili ad uso abitativo ed immobili strumentali deve essere operata con riferimento alla classificazione catastale degli immobili stessi, a prescindere, quindi, dal loro effettivo utilizzo (così si espressa l’amministrazione finanziaria nella circolare 27/E del 4 agosto 2006). A. FABBRICATI AD USO ABITATIVO. A.1. CESSIONI

CEDENTE ACQUIRENTE IVA REGISTRO IPOTECARIA CATASTALEImpresa

costruttrice/ristrutturatrice che vende entro 4 anni

dall’ultimazione dei lavori

Chiunque 4% * 10% * 20% *

€ 168 € 168 € 168

* 4% se “prima casa”; 10% se fabbricato non di lusso o ristrutturato; 20% se fabbricato di lusso (in tal caso, i benefici “prima casa” non spettano).

Chi acquista ha i requisiti

“prima casa”* esente 3% € 168 € 168

Impresa costruttrice/ristrutturatrice

che vende dopo 4 anni dall’ultimazione dei

lavori, oppure

altra impresa (non costruttrice né

ristrutturatrice)

Chi acquista non ha i

requisiti “prima casa”

esente 7% 2% 1%

*I benefici “prima casa” non spettano se il fabbricato è di lusso. Chi acquista ha i requisiti “prima casa”*

Fuori Campo

Iva 3% € 168 € 168

Privato Chi acquista non ha i

requisiti “prima casa”

Fuori Campo

Iva 7% 2% 1%

*I benefici “prima casa” non spettano se il fabbricato è di lusso. Con riferimento alle compravendite di fabbricati abitativi (e loro pertinenze) correnti fra privati, la parte acquirente può richiedere, con dichiarazione resa al notaio e recepita nell’atto di compravendita, che la base imponibile ai fini del registro e delle imposte ipocatastali, sia costituita dal valore catastale dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico dell’imposta di registro), con conseguente irrilevanza, ai fini dell’imposizione indiretta, dell’effettivo corrispettivo pattuito per la cessione. L’indicazione in atto del prezzo (corrispettivo) effettivamente pattuito, tuttavia, costituisce un obbligo specifico per le parti, il cui mancato assolvimento comporta la decadenza dal beneficio della tassazione sul valore catastale; in caso di occultamento del corrispettivo, pertanto, le imposte andranno calcolate sul prezzo realmente concordato con applicazione delle sanzioni dal 50% al 100% sulla differenza d’imposta.

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L’indicazione del prezzo effettivo si aggiunge alle ulteriori dichiarazioni obbligatorie da rendere, all’atto della stipula, nella forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio; tali dichiarazioni (valevoli anche per gli atti non stipulati fra privati) riguardano le modalità di pagamento, l’intervento di mediatori immobiliari e gli oneri per l’attività d’intermediazione eventualmente fruita. La mancata indicazione dei predetti dati espone all’accertamento di valore ai fini dell’imposta di registro (ed è punita con l’applicazione di una sanzione da € 500 ad € 10.000, come disposto dall’art. 35, comma 22 bis). A tale ultimo riguardo, si segnala che il D.L. n. 223/2006 introduce, a far data dal 1° gennaio 2007, la possibilità di fruire di una detrazione d’imposta del 19% per le spese d’intermediazione sostenute per l’acquisto dell’abitazione principale (l’agevolazione, quindi, spetta solo ai privati) fino ad un importo non superiore ad € 1.000 per ogni annualità. Gli obblighi di indicazione di cui sopra (che non riguardano i contratti preliminari), trovano applicazione per gli atti pubblici e le scritture private autenticate stipulati a decorrere dal 6/7/2006.

A.2. LOCAZIONI LOCATORE CONDUTTORE IVA REGISTRO

Soggetto IVA Chiunque esente 2% * Privato Chiunque Fuori Campo Iva 2% * *Le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico di locatore e conduttore in parti uguali (art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392). B. FABBRICATI COSIDDETTI “STRUMENTALI”. B.1. CESSIONI CON IVA OBBLIGATORIA

CEDENTE ACQUIRENTE IVA REGISTRO IPOTECARIA CATASTALEChiunque,

tranne società di leasing e

fondi immobiliari

20% 10%

* € 168 3% 1% Impresa

costruttrice/ristrutturatrice che vende entro 4 anni

dall’ultimazione dei lavori Società di leasing e fondi

immobiliari

20% 10%

* € 168 1,5%** 0,5%**

Altri soggetti IVA

Soggetti che detraggono

l’IVA per non più del 25%***

e privati

20% € 168 3% 1%

*L’IVA è al 10% per i fabbricati ristrutturati. **Le aliquote ridotte si applicano dal 1° ottobre 2006. ***La percentuale di detraibilità spettante deve essere comunicata dall’acquirente al cedente (o dal conduttore al locatore, in caso di locazione). Attenzione: tra i soggetti privati sono da ricomprendere gli enti non commerciali che utilizzano l’immobile strumentale nella sfera dell’attività istituzionale. In questo caso infatti, configurandosi essi stessi quali consumatori finali, viene a mancare il diritto ad esercitare la detrazione dell’imposta loro addebitata in via di rivalsa. E’ necessario comunicare al proprio cedente, a mezzo di apposita dichiarazione, che l’ente non agisce nell’esercizio di impresa. Tale dichiarazione deve essere riportata nell’atto di compravendita. Nel caso di acquisto di immobili strumentali ad eventuali attività commerciali esercitate, ai fini del corretto trattamento Iva (esenzione o con Iva), occorre verificare la percentuale di detraibilità dell’Iva e comunicarla al cedente.

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Dalla lettura della circolare ministeriale n. 27/E del 4 agosto 2006 si evince che la percentuale di detrazione da assumere debba essere quella derivante da pro rata (provvisorio o dell’anno precedente) e ciò induce a pensare che il calcolo debba essere effettuato solo nel caso di soggetto cessionario il cui diritto alla detrazione è limitato per effetto del compimento di operazioni attive esenti (art. 19, comma 5 e art. 19-bis del Dpr 633/72 ). A parere nostro sembrerebbe logico pensare che la limitazione alla detrazione possa trovare applicazione anche in presenza di regimi speciali. Su questo punto sarebbe opportuno un ulteriore chiarimento dell’amministrazione finanziaria. B.2. CESSIONI ESENTI CON IVA SU OPZIONE

CEDENTE ACQUIRENTE IVA REGISTRO IPOTECARIA CATASTALE Impresa non costruttrice

né ristrutturatrice o impresa

costruttrice/ristrutturatrice che vende dopo 4 anni

dall’ultimazione dei lavori

Imponibile IVA (con opzione) 20% € 168 3% 1%

Esente (senza opzione)

Soggetti che detraggono l’IVA per più del 25% / € 168 3% 1%

Impresa non costruttrice né ristrutturatrice o

impresa costruttrice/ristrutturatrice

che vende dopo 4 anni dall’ultimazione dei lavori

Imponibile IVA (con opzione) 20% € 168 1,5% 0,5%

Esente (senza opzione)

Società di leasing e fondi

immobiliari / € 168 1,5% 0,5%

Tra i soggetti che detraggono l’Iva per più del 25% sono da includere gli enti non commerciali per le eventuali attività commerciali svolte, semprechè l’immobile acquistato sia strumentale alle attività commerciali svolte dall’ente stesso. Le aliquote ridotte si applicano dal 1° ottobre 2006. B.3. CESSIONI OBBLIGATORIAMENTE ESENTI

CEDENTE ACQUIRENTE IVA REGISTRO IPOTECARIA CATASTALEImpresa non

costruttrice né ristrutturatrice che

non ha detratto l’IVA

Chiunque Esente (art.

10 27quinquies)

7% 2% 1%

Privato Chiunque Fuori Campo Iva 7% 2% 1%

B.4. LOCAZIONI CON IVA OBBLIGATORIA

LOCATORE CONDUTTORE IVA REGISTRO

Soggetti IVA Soggetti che detraggono l’IVAper non più del 25% e privati 20% 1%

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Attenzione: tra i soggetti privati sono da ricomprendere gli enti non commerciali che utilizzano l’immobile strumentale nella sfera dell’attività istituzionale. In questo caso infatti, configurandosi essi stessi quali consumatori finali, viene a mancare il diritto ad esercitare la detrazione dell’imposta loro addebitata in via di rivalsa.

E’ necessario comunicare al proprio locatore, a mezzo di apposita dichiarazione, che l’ente non agisce nell’esercizio di impresa.

Nel caso di locazione di immobili strumentali ad eventuali attività commerciali esercitate, ai fini del corretto trattamento Iva (esenzione o con Iva), occorre verificare la percentuale di detraibilità dell’Iva e comunicarla al locatore. (Per la percentuale di detraibilità si vedano le considerazioni fatte per le cessioni al punto B.1.).

Per i nuovi contratti di locazione, ai fini del calcolo della percentuale di detrazione, il conduttore deve fare riferimento al momento della stipula del nuovo contratto e la dichiarazione del conduttore stesso deve essere menzionata nel contratto di locazione. B.5. LOCAZIONI ESENTI CON IVA SU OPZIONE

LOCATORE CONDUTTORE IVA REGISTRO Soggetti IVA

Imponibile IVA (con opzione) 20% 1%

Esente (senza opzione)

Soggetti che detraggono l’IVA per più del 25%

/ 1%

Tra i soggetti che detraggono l’Iva per più del 25% sono da includere gli enti non commerciali per le eventuali attività commerciali svolte, semprechè l’immobile in locazione sia strumentale alle attività commerciali svolte dall’ente stesso. B.6. LOCAZIONI OBBLIGATORIAMENTE ESENTI

LOCATORE CONDUTTORE IVA REGISTRO

Privato Chiunque Fuori Campo Iva 2%

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 35, comma 10, agli articoli 5 e 40 del Dpr n. 131/86 (testo unico dell’imposta di registro), per tutti i contratti di locazione è previsto l’obbligo di registrazione (e di versamento della relativa imposta di registro).

Tale obbligo, nel precedente regime, era escluso per le locazioni soggette ad Iva mentre ora si rende applicabile anche a tutti i contratti di locazione con Iva in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge (ricordiamo 4 luglio 2006).

Nel caso di cessioni esenti per le quali si intende optare per l’assoggettamento ad Iva, le parti devono indicare l’esercizio dell’opzione nell’atto di compravendita. Nel caso di locazioni esenti, i cui contratti sono pendenti alla data del 4 luglio 2006 (ossia in corso di esecuzione al 4 luglio 2006), le parti dovranno presentare telematicamente, nel periodo che va dal 1^ al 30^ novembre 2006, per la registrazione del contratto una apposita dichiarazione nella quale potrà essere esercitata, con effetto dal 4 luglio 2006, anche l’opzione per l’imposizione Iva. Nello stesso periodo dovranno essere eseguiti i versamenti relativi all’imposta di registro.

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Dott. Giuliano Sinibaldi – Consulente Regionale Fiscosport Marche Dottore Commercialista in Pesaro – Consulente fiscale dei C.P. CONI di Ancona e Pesaro/Urbino. e-mail: [email protected]

La contribuzione ENPALS e la tipologia dei redditi diversi

I COMPENSI “SPORTIVO/DILETTANTISTICI” E LA CONTRIBUZIONE ENPALS 1 INTRODUZIONE L’ENPALS – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo – è un Ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, istituito con D.Lgs. del Capo Provvisorio dello Stato 16/07/1947 n. 708, ratificato, con modificazioni, dalla L. 29/11/1952 n. 2388. Oltre che dal decreto istitutivo di cui sopra, l’assicurazione all’ENPALS è disciplinata anche dal D.P.R. 31/12/1971 n. 1420, dalla L. 30/04/1969 n. 153, dal D.Lgs. 30/04/1997 n. 182 nonché dall’art. 43, comma 2, della L. 27/12/2002 n. 289 (legge finanziaria 2003) il quale, integrando l’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 708/1947, ha deferito “al Ministero del Lavoro ……… su eventuale proposta dell’ENPALS, il potere di adeguare con decreto le categorie dei soggetti assicurati obbligatoriamente all’ENPALS” 2 LE NUOVE CATEGORIE DI LAVORATORI SPORTIVI ASSOGGETTATE A CONTRIBUZIONE 2.1 IL D.M. 15-03-2005 E LE CIRCOLARI ENPALS N. 7 e 8/2006 Sulla base della suddetta delega il Ministero del Lavoro ha emanato il “famoso” D.M. 15-03-2005, surrogato, in via interpretativa, dalle circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30-03-2006, attraverso il quale è stato operato l’ampliamento delle categorie di lavoratori obbligatoriamente assicurati presso l’ENPALS stessa, categorie fra le quali sono state inserite le seguenti: 20) impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre,

sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi; 22) direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive; 23) atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici delle società del calcio

professionistico e delle società sportive professionistiche (i numeri fanno riferimento all’elenco di cui al D.M. sopra indicato, ripreso dalla circolare ENPALS n. 7/2006)

L’ENPALS, attraverso le circolari di cui sopra, ha operato un’interpretazione estensiva in relazione all’adeguamento delle categorie dei lavoratori in relazione ai quali corre l’obbligo di iscrizione presso l’ente stesso, con conseguente assoggettamento, con valenza retroattiva dell’obbligo contributivo al secondo trimestre 2005, al versamento dei relativi contributi.

Occorre ricordare che la normativa ENPALS, quando usa i termini “addetti” e “Lavoratori” non opera alcuna distinzione in ordine alle diverse tipologie di attività lavorativa: l’obbligo assicurativo deve essere ottemperato indipendentemente dalla natura, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro; ebbene: secondo l’iniziale interpretazione (appunto: estensiva) operata dall’Ente, i rapporti instaurati dalle società/associazioni sportive con i c.d. “sportivi dilettanti” avrebbero assunto natura di lavoro autonomo e, in quanto tali, avrebbero dovuto essere oggetto di iscrizione alla gestione assicurativa con conseguente versamento contributivo.

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Sostanzialmente, l’unica categoria di “lavoratori sportivi” esclusa dall’obbligo contributivo sarebbe stata quella degli atleti dilettanti, laddove figure come allenatori, istruttori e collaboratori “amministrativo/gestionali” sarebbero dovute essere assoggettate a contribuzione.

Entro il 17/07/2006 le associazioni e le società sportive interessate al nuovo obbligo avrebbero, ai sensi delle citate circolari n. 7 e 8, dovuto procedere all’iscrizione dei lavoratori interessati nonché al versamento dei contributi relativi non solo al 2° trimestre 2006 (per il quale il 17/07 risultava essere il termine “ordinario”), ma anche ai trimestri 2°/3° e 4° 2005 e 1° 2006, in relazione ai quali L’ENPALS ha precisato che, trattandosi di “innovazione normativa caratterizzata da profili di incertezza interpretativa” non si sarebbe proceduto all’applicazione di sanzioni ma del semplice interesse legale del 2,5% sui contributi tardivamente versati.

2.2. LE VERIFICHE SIAE/ENPALS E LE REAZIONI DEL MONDO SPORTIVO DILETTANTISTICO

A partire dal mese di Aprile 2006, sulla base della suesposta interpretazione normativa,

sono state effettuate numerose verifiche in capo a società ed associazioni sportive dilettantistiche, sia da parte di ispettori ENPALS che da Uffici territoriali della SIAE, verifiche che, salvo rare eccezioni, si sono concluse con un verbale di accertamento che evidenziava la presenza di figure di “lavoratori” non iscritti all’istituto ed in relazione ai quali non è stato effettuato alcun versamento contributivo.

Tali verifiche hanno comprensibilmente messo in fibrillazione tutto l’ambiente sportivo dilettantistico; se si tiene in considerazione che, come sarà più dettagliatamente illustrato nel prosieguo della presente relazione:

a) l’aliquota contributiva ENPALS è pari al 32,7% dei compensi erogati, a qualsiasi titolo, anche in natura, ai “lavoratori”, siano essi subordinati, autonomi o occasionali;

b) tale aliquota si applica ai compensi giornalieri, i quali, ai fini contributivi, non possono comunque essere inferiori ad un minimale che, per l’anno 2006, è fissato in € 40,62 (talché la contribuzione minima giornaliera non può essere inferiore ad € 13,28);

c) l’obbligo di assoggettamento contributivo comporta, oltre all’aspetto economico/finanziario del versamento, una serie di impegnativi adempimenti formali che richiedono l’ausilio di un professionista esperto in materia;

risulta evidente che, se fosse passata questa linea interpretativa le conseguenze per l’organizzazione delle società/associazioni sportive dilettantistiche, soprattutto quelle di più piccola dimensione, e per tutto il mondo sportivo dilettantistico sarebbero state devastanti. L’assoggettamento a contribuzione con aliquota del 32,7% dei compensi, rimborsi spese, premi, ex art. 67 c. 1 lett. m) TUIR, erogati ad atleti, allenatori, collaboratori amministrativo/gestionali avrebbe definitivamente compromesso il già fragile (quando è raggiunto) equilibrio economico di gran parte dei sodalizi sportivi. 2.3 LA POSIZIONE DI FISCOSPORT

Considerata la portata delle nuove disposizioni non sono mancate, ovviamente, le opinioni

discordanti con l’interpretazione dell’Ente;

in particolare, Fiscosport si è, da subito, e contrariamente ad altre testate ed opinioni dottrinali, fatto portavoce di una linea interpretativa assolutamente critica rispetto a quella fatta propria dall’ENPALS (cfr. articolo del collega Stefano Andreani in “Fiscosport” del 05/05/2006 e articolo del sottoscritto in “Fiscosport” del 16/06/2006) ponendo in risalto quanto segue:

a) In primo luogo l'interpretazione logico-giuridica delle norme e delle circolari.

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1. Il D.M. 15/3/05 è stato emesso (come correttamente rammentato in apertura della Circolare 7) in forza della previsione dell'art. 3, II comma, D.Lgs. 708/1947, così come sostituito dall’art. 43, comma 2, della L. 27/12/2002 n. 289. Si evidenzia che l'art. 2 di tale D. Lgs. stabilisce che "L'iscrizione all'Ente sostituisce a tutti gli effetti, ... l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, e successive modificazioni".

2. In sostanza, quindi, le categorie elencate nel successivo art. 3 sono soggette alla contribuzione ENPALS in luogo della contribuzione INPS, in quanto è stato (con una logica sotto certi aspetti anche corretta) ritenuto opportuno che, data la propria particolarità, il lavoro nello spettacolo (e nello sport) debba essere regolamentato, sotto l’aspetto previdenziale, in maniera diversa rispetto al lavoro “ordinario” in considerazione, soprattutto, della caratteristica non continuativa, per non dire, sovente, saltuaria, che si riscontra nelle prestazioni lavorative di tale settore. In definitiva, le categorie di cui all'art. 3 del D.Lgs. 708, per la particolare tipologia di attività svolta, sono assoggettate "in via speciale" a ENPALS invece di essere "normalmente" assoggettate a INPS;

3. Il D.Lgs. 314/1997 ha introdotto il principio secondo il quale, per determinare la base imponibile ai fini contributivi, deve farsi riferimento alle previsioni del TUIR in tema di redditi da lavoro dipendente. Lo stesso TUIR individua all’art. 52 i redditi c.d. “assimilati” a quelli di lavoro dipendente e, all’art. 53, i redditi di lavoro “autonomo”: ebbene, in nessuna di tali categorie di reddito sono contemplati i compensi “sportivi”, che, infatti, sono qualificati redditi “Diversi” dall’art. 67 dello stesso TUIR; coerentemente con tale principio, in relazione alla nuova (in quanto creata con l’art. 32 della L. 342/2000 – L. Finanziaria 2001) categoria di redditi rappresentata dai c.d. “compensi agli sportivi dilettanti” l'INPS ha chiaramente preso posizione, nelle note circolari 32 del 07/02/2001 e 42 del 26/02/2003, che i redditi di cui all'art. 67, I° comma. lettera "m" del TUIR, non essendo configurati quali “redditi da lavoro” (dipendente, parasubordinato o autonomo che sia) bensì quali redditi “Diversi” non sono assoggettabili a contribuzione previdenziale. Sulla stessa linea si è espressa l’INAIL con nota del 02/05/2001;

4. difficile pertanto comprendere su quali basi l'ENPALS potrebbe seguire un’interpretazione divergente da quella offerta dall'INPS. E in effetti ad un'attenta lettura del D.M. 15/03/2005 e delle circolari ENPALS n. 7 e 8 tale diversa interpretazione non appare: nessun punto delle suddette circolari affronta la questione dei compensi ex art. 67, che quindi non può che ritenersi già risolta dalle precedenti circolari;

5. in realtà, ad una lettura attenta della norma, appare altresì difficile capire quale sia la reale novità introdotta dal citato D.M. 15/3/05: infatti, fra le categorie di cui all'art. 3, D.Lgs. 708/1947, già nella formulazione stabilita dalla Legge di ratifica 29/11/1952 n. 2388 comparivano al n. 21 gli "addetti agli impianti sportivi", mentre la Legge 14/6/1973, n. 366, aveva aggiunto il n. 22: "calciatori ed allenatori di calcio". Qual è dunque, l’elemento di novità? Gli “addetti agli impianti sportivi" devono essere assoggettati a contribuzione ENPALS praticamente da sempre, ma l'Ente, in pendenza di tale previsione, non ha mai sollevato l'ipotesi di assoggettare a contribuzione i compensi erogati, sulla base dell’art. 67 TUIR agli sportivi dilettanti. Il D.M. 15/3/05 non ha fatto che ampliare e dettagliare, sulla base dell’evoluzione dell’organizzazione del lavoro nell’ambito sportivo, la categoria degli “addetti agli impianti sportivi" attraverso la previsione delle categorie n. 20, 22 e 23 sopra riportate, ma non ha mai citato i compensi percepiti dagli “sportivi dilettanti”;

b) In secondo luogo l'interpretazione letterale delle norme e delle circolari.

6. La circolare n. 7, in relazione al gruppo dei lavoratori di impianti e circoli sportivi, dopo avere specificato (ma anche questa non è una novità, costituendo anzi uno dei fondamenti della normativa ENPALS) che l’obbligatorietà dell’iscrizione prescinde dalla natura giuridica, - autonoma o subordinata – del rapporto di lavoro, sottolinea che “….. è da considerare addetto agli impianti sportivi il personale la cui prestazione è direttamente legata a questi

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ultimi, tanto che la prestazione stessa sarebbe impossibile per il datore di lavoro ovvero per il committente se gli impianti venissero meno…”; ora, se tale caratteristica è sicuramente presente in relazione a categorie quali custodi, manutentori, bagnini etc. è difficilmente identificabile in relazione ad atleti, allenatori, dirigenti, collaboratori amministrativo/gestionali delle società/associazioni sportive dilettantistiche (rimane il problema degli istruttori sportivi sul quale ci si inoltrerà ultra);

7. l’esclusione dell’obbligo di assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi erogati in favore di atleti ed allenatori delle società/associazioni sportive dilettantistiche deriva dal tenore letterale sia del D.M. 15/03/2005 che della circolare n. 7 del 30/03/2006: entrambi, infatti indicano, al n. 23 dell'elenco delle figure da assoggettare a contribuzione "atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici ..... delle società sportive professionistiche", laddove, al n. 22 della medesima lista sono indicati i "direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive" ; secondo il noto principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit l'analisi comparata delle due categorie lascia fuori dal campo applicativo della norma gli atleti, allenatori etc. delle società e associazioni sportive dilettantistiche ;

8. l’esclusione dell’obbligo di assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi erogati in favore di Direttori Tecnici, Istruttori e Dipendenti delle A.S.D. poggia, sotto l’aspetto letterale, sullo stessa logica della precedente, anche se, oggettivamente, appare più "ardita": il n. 22 di D.M e Circolare individua i "direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive" . Il termine società, soprattutto dopo la novella della L. 289/2002 non può che riferirsi ai sodalizi costituiti in forma di SRL, SPA o COOPERATIVE dilettantistiche, cioè nelle forme giuridiche disciplinate dal titolo V° del Libro V° del c.c., laddove le Associazioni Sportive Dilettantistiche sono disciplinate, dal punto di vista del diritto civile, dal titolo II° del libro I° del medesimo c.c.; è possibile che il termine "società" usato dal D.M. e dalla circolare voglia significare, come nell'accezione comune, sia l'una che l'altra entità giuridica, ma le norme di diritto vanno scritte in termini giuridici non in termini "comuni"; è tuttavia possibile anche ipotizzare, viceversa, che la terminologia sia voluta, al fine di escludere dal pesante onere le ASD sulla scorta della complessiva normativa di agevolazione delle stesse, di cui si dirà fra breve. Come corollario di tale affermazione, occorre tuttavia ribadire che, qualora le medesime figure fossero remunerate da una società sportiva (SRL, SPA o Cooperativa) l'assoggettamento ad ENPALS sarebbe dovuto.

b) Infine l’incongruenza della nuova previsione con l’impianto normativo di favore in materia di sport dilettantistico.

9. L’eventuale obbligo di assoggettamento previdenziale dei compensi erogati agli “sportivi dilettanti” si porrebbe in chiara controtendenza nei confronti di un impianto normativo generale che, negli ultimi anni, in considerazione delle precipue caratteristiche del mondo sportivo dilettantistico, delle difficoltà finanziarie in cui versa, e della valenza sociale dell’attività sportiva, ha in tutta evidenza cercato di creare una sorta di “no tax area” in favore dei rapporti di natura sportiva dilettantistica.

Ovviamente, nel sottolineare con forza le suddette posizioni Fiscosport ha, comprensibilmente, suggerito un atteggiamento oltremodo prudenziale, soprattutto nella corretta qualificazione dei rapporti lavorativi in senso lato nonché auspicato una decisa presa di posizione da parte degli organismi sportivi nazionali, CONI in primis;

2.4 L’INTERVENTO DEL CONI ED IL RINVIO DEL TERMINE DEL 17/07/2006 Come – da tutti – auspicato, l’intervento del CONI si è concretizzato in una serie di incontri informali, attraverso un tentativo di moral suasion, con i vertici ENPALS;

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da tali incontri è emersa una prima, insufficiente apertura, formalizzata in una lettera del presidente ENPALS al presidente CONI del 17/05/2006, nella quale, in sostanza, in ordine all’ipotesi di assoggettamento a contribuzione dei “compensi agli sportivi dilettanti” veniva riconosciuto che ….. “la qualificazione delle suddette somme alla stregua di “redditi diversi” comporta, come è noto, che per le stesse non si configuri l’assoggettamento a contribuzione previdenziale”. Tuttavia, richiamando la nota Ris. n. 34/E del 26/03/2001 (peraltro precedente all’ultimo intervento normativo in materia, rappresentato dall’art. 90 della L. 289/2002), ed operando un’interpretazione particolarmente restrittiva della stessa, l’ENPALS ritiene che, affinché i compensi possano qualificarsi redditi diversi, quindi da non assoggettare a contribuzione, “….. è necessario che l’attività prestata sia diretta alla realizzazione di gare o manifestazioni sportive a carattere dilettantistico…… mentre in tutte le altre ipotesi (fitness etc.) non è inquadrabile come tale” . Viene inoltre ribadito che, qualora l’attività possa essere qualificata come professionale, l’assicurazione previdenziale è in ogni caso dovuta. Pur essendo largamente insufficiente, si è trattato dell’apertura di una breccia (i redditi diversi sono esclusi!!!) sulla quale il CONI è intervenuto con decisione e, con una memoria in data 06/06/2006 ha, in sostanza, ribadito che:

1) La legge n. 289/2002 ha allargato la platea degli “sportivi dilettanti” anche ai collaboratori amministrativo/gestionali superando, di fatto, la lettura data dalla ris. 34/E del 2001;

2) Già dal 1986 l’Amministrazione Finanziaria, con circ. 27 del 03/07/86, in relazione alla L 25/03/1986 n. 80, aveva chiarito che devono essere qualificati “sportivi dilettanti”, per esclusione, tutti quei soggetti che non svolgono attività sportiva professionistica ai sensi della L. 23/03/1981 n. 91;

3) Tale qualifica deve quindi essere riconosciuta non solo a tutte quelle figure (allenatori, istruttori, dirigenti) che, pur non avendo un rapporto diretto con la manifestazione sportiva ne rendono possibile, con la propria opera continuativa di preparazione degli atleti ed organizzazione dei sodalizi, lo svolgimento, ma altresì a quei soggetti che svolgono attività sportive dilettantistiche di carattere amatoriale non iscritte in qualche competizione;

4) Ai sensi dell’art. 7 della L. 27/07/2004 n. 186 il CONI è l’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva dilettantistica; le agevolazioni tributarie si applicano alle ASD ed alle Società sportive dilettantistiche iscritte al Registro tenuto dal CONI stesso, il quale trasmette annualmente all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle società ed associazioni in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 90 della L. 289/2002

Sulla base delle suddette osservazioni l’ENPALS non ha potuto fare altro che rinviare, in attesa di ulteriori chiarimenti, il termine per la prima iscrizione fissato nel 17/07/2006, rinvio peraltro operato “in extremis” e con l’insolito mezzo di un comunicato stampa apparso sul sito internet in data 13/07/2006.

2.5 LA CIRCOLARE ENPALS N. 13 DEL 07/08/2006 ED IL NUOVO TERMINE DEL 16/10/2006

GLI SPORTIVI DILETTANTI NON SONO SOGGETTI ALL’OBBLIGO CONTRIBUTIVO

Dopo il messaggio del 13.07.06 che “congelava” la scadenza del 17/07/2006 per il

versamento dei contributi relativi ali trimestri 2°/3° e 4° 2005 e 1° e 2° 2006 in attesa di ulteriori chiarimenti, l’ENPALS ha finalmente emanato la tanto attesa circolare esplicativa in relazione all’obbligo ed alle modalità di assoggettamento a contribuzione previdenziale delle somme percepite nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.

Le conclusioni cui giunge l’Ente di Previdenza sono, in sostanza, le seguenti:

I compensi, premi, indennità di trasferta e rimborsi forfettari di spese, di cui all’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR, erogati …… da qualunque organismo sportivo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che sia riconosciuto (dal

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CONI), in quanto redditi “diversi” non devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale.

La circolare si occupa esplicitamente delle “figure professionali tipiche del settore, quali gli istruttori presso gli impianti ed i circoli sportivi, nonché i direttori tecnici, i massaggiatori e gli istruttori presso associazioni o società sportive”, e non cita gli atleti e gli allenatori; tuttavia appare ovvio, considerate le motivazioni addotte nel testo, che tali figure, a maggior ragione, debbano considerarsi scevre dall’obbligo contributivo.

Anzi, la mancata citazione nel corpo della circolare deve probabilmente intendersi, come peraltro già evidenziato precedentemente, che, per tali figure, l’obbligo di assoggettamento non era stato previsto sin dall’origine.

La Circolare recepisce pressoché integralmente le motivazioni espresse dal CONI nel messaggio del 06.06.2006, sopra riportate:

Gli emolumenti ed i rimborsi spese fiscalmente qualificati come “Redditi Diversi”, fra i quali rientrano i compensi agli sportivi dilettanti non possono essere assoggettati ad obblighi contributivi di alcun genere, in quanto tale obbligo grava esclusivamente sui redditi derivanti da attività di lavoro, e ciò indipendentemente dalla forma, autonoma, subordinata o parasubordinata nella quale il rapporto di lavoro si estrinseca

Il decreto del Ministero del Lavoro del 15 marzo 2005, entrato in vigore il 22 aprile 2005, oggetto delle “incriminate” circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30/03/2006 ha esclusivamente adeguato e precisato le categorie di “lavoratori”, intesi quali prestatori di lavoro autonomo o subordinato, da assoggettare a contribuzione ENPALS anziché INPS, ma non ha, né avrebbe potuto, allargato la platea dei soggetti obbligati ad iscrizione presso l’ente di previdenza ai percettori di redditi fiscalmente non qualificati redditi di lavoro.

Inoltre

“in considerazione della oggettiva difficoltà interpretativa della materia in questione” vengono fissati i due nuovi termini del 16/10/2006 per il versamento dei contributi (a partire da Aprile 2005 fino a Settembre 2006) e del 25/10/2006 per la presentazione delle relative denunce, con applicazione dell’interesse legale anziché delle sanzioni civili in relazione al ritardo rispetto alle scadenze “naturali”

3 LA CORRETTA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO LAVORATIVO

3.1 LA POSIZIONE DELL’ENPALS

Tutto risolto, dunque?

Le società ed associazioni sportive dilettantistiche possono considerarsi totalmente esentate, per sempre, da ogni e qualsiasi obbligo previdenziale?

Tale conclusione potrebbe rivelarsi inesatta e fondata su una eccessiva superficialità nella lettura della fonte interpretativa. La presa d’atto dell’ENPALS appare infatti, oltre che dovuta, solo parziale:

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Infatti, affinché possa verificarsi l’esonero dall’assoggettamento contributivo delle somme erogate da società/associazioni sportive dilettantistiche occorre che siano verificate le seguenti condizioni:

1) Requisito soggettivo: iscrizione al Registro del CONI

è necessario che le somme siano erogate dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’UNIRE , dagli Enti di Promozione Sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che risulti iscritto nel Registro delle Associazioni e delle Società sportive dilettantistiche tenuto dal CONI. Si ricorda, in proposito, che l’iscrizione a tale Registro è indispensabile, ai sensi dell’art. 18 della L. 289/2002, e successive modificazioni, per beneficiare di tutte le agevolazioni fiscali previste dalla normativa in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche e che tale registro viene annualmente comunicato dal CONI all’Agenzia delle Entrate. A questo punto, la mancata iscrizione al Registro può avere effetti anche sotto l’aspetto previdenziale, in quanto

la mancata iscrizione della società/associazione sportiva all’apposito Registro c/o il CONI, oltre a far perdere alla stessa il diritto di usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla legge, comporterà anche l’assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi, premi etc, erogati ai c.d. “sportivi dilettanti”

2) Requisito oggettivo: qualificazione dell’attività svolta

Affinché possa applicarsi l’esclusione dall’obbligo contributivo è necessario che, ai sensi dell’art. 67, 1° comma, lett. m) TUIR, l’attività oggetto di retribuzione sia eseguita “nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche…”, ovvero che si riferisca a “….rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo – gestionale di natura non professionale resi in favore di società ed associazioni sportive dilettantistiche…”

Si tratta di un problema non nuovo, che attiene, prima ancora dell’obbligo contributivo, la

qualificazione fiscale dell’attività svolta in favore delle ASD e, quindi, la possibilità di qualificare o meno il beneficiario delle somme quale “sportivo dilettante”:

molto spesso la figura “agevolata” dello “sportivo dilettante” è stata, ed è, utilizzata, soprattutto nell’ambito della gestione di impiantistica sportiva (palestre/centri fitness/piscine etc) in maniera eccessivamente disinvolta;

è di tutta evidenza che laddove siano state inquadrate come “sportive dilettantistiche” collaborazioni di natura prettamente professionale, se non addirittura di lavoro dipendente, sarà estremamente difficoltoso controbattere alle eventuali eccezioni sollevate dai verificatori ENPALS o SIAE.

Debbono quindi essere chiaramente individuate tre grandi categorie di rapporti fra le associazioni e società sportive e i loro collaboratori: a) i lavoratori dipendenti;

b) i lavoratori autonomi;

c) i "collaboratori" di cui all'art. 67 TUIR.

Quanto corrisposto agli appartenenti alle prime due categorie è soggetto alla ordinaria disciplina delle imposte sui redditi e ad obbligo previdenziale; quanto corrisposto ai "collaboratori sportivi" è

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soggetto alla particolare disciplina di cui all'art. 67 TUIR e al collegato art. 25 della Legge 13/5/1999 n. 133, e successive modificazioni, ed è escluso da obblighi contributivi.

E’ questo il punto sul quale tutti i soggetti coinvolti, dai prestatori d'opera, alle associazioni e società sportive, agli organi verificatori, debbono prestare la massima attenzione: la collocazione in una di tali categorie deve essere effettuata sulla scorta di una attenta valutazione di ogni singolo rapporto, perchè da tale collocazione discendono le conseguenze sul piano fiscale e previdenziale.

Se un collaboratore è tenuto al rispetto di un orario preciso, è sottoposto alle direttive e al potere disciplinare di un superiore, ha diritto ad una retribuzione costante indipendentemente dai risultati raggiunti, e in generale rispetta le previsioni della consolidata dottrina e giurisprudenza in materia, allora è un lavoratore dipendente.

Analogamente, e qui la questione è più delicata, se un istruttore, allenatore, massaggiatore, manutentore, svolge tale attività "per professione abituale, ancorchè non esclusiva", come recita l'art. 5 D.P.R. 633/72, allora sarà un lavoratore autonomo, soggetto a ordinaria imposizione fiscale, tenuto agli adempimenti IVA e soggetto ad obbligo previdenziale.

E ancora, la seconda parte dell'art. 67 lettera "m" comprende anche i "rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale"; anche in questo caso, qualora la prestazione si configuri come "professionale", la speciale disciplina agevolativa non troverà applicazione, ma si tratterà di "ordinaria" co.co.co., con i conseguenti obblighi fiscali e previdenziali.

Solo qualora il rapporto non rientri in tali categorie, perchè mancano sia la subordinazione che la "professionalità", solo allora si potrà legittimamente applicare il trattamento fiscale e previdenziale agevolato. Figure quali la segretaria in reception piuttosto che l’addetto alle pulizie si configurano nella maggior parte dei casi come lavoratori dipendenti (eventualmente part – time) piuttosto che come collaboratori di tipo amministrativo-gestionale ex art. 67 TUIR.

Ma le situazioni più delicate riguardano principalmente tutta una serie di professionalità di natura sportiva in senso lato, piuttosto che “sportiva dilettantistica” come intesa dalla L. 133/99 e successive modificazioni: si sta parlando di tutti quegli istruttori sportivi, massaggiatori, addetti agli impianti, la cui funzione prevalente, se non esclusiva, non è quella di preparare atleti, attuali o potenziali, quanto quella di garantire il funzionamento dei corsi organizzati nell’impianto sportivo in favore dei frequentatori dello stesso, siano essi soci o clienti.

Si evidenzia ancora una volta che la problematica in oggetto non è affatto nuova o provocata dal D.M. 15-03-2005, e dalle circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30-03-2006: l’assoggettamento a contribuzione ENPALS anziché a contribuzione INPS degli addetti (dipendenti e/o professionisti) agli impianti sportivi è in vigore praticamente da sempre, e le problematiche relative all’assoggettamento a contribuzione si sarebbero comunque poste, anche ante 30/03/06, in ogni caso di verifica da parte di ispettori ENPALS e/o del lavoro: semplicemente, in seguito all’emanazione delle suddette circolari è cambiata la “sensibilità” dell’ente nei riguardi di tali situazioni e si è incrementato il numero dei controlli.

Tale circostanza è non solo ricordata, ma è ribadita chiaramente dalla circolare n. 13, oggetto del presente paragrafo, laddove l’ENPALS precisa che “……. Si ritiene opportuno puntualizzare che detta norma (l’art. 67 TUIR) preclude l’inquadramento tra i “redditi diversi” nell’ipotesi in cui gli stessi siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali…..”

In particolare, per quanto riguarda le prestazioni di natura “Professionale”, l’ENPALS, richiamando la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 1° marzo 2004, ritiene che si configurano i presupposti per la classificazione alla categoria di reddito professionale laddove lo svolgimento

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dell’attività implichi “il possesso di specifiche conoscenze tecnico-giuridiche connesse all’attività svolta”

Sul piano concreto, si può parlare di attività professionale, secondo l’ENPALS, laddove dall’esame dell’attività posta in essere emerga che:

1) l’attività, anche se non esercitata in via esclusiva o preminente, si sviluppi con caratteristiche di abitualità, laddove tale termine sta a significare che l’attività è caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti;

2) la misura delle somme complessivamente percepite non abbia caratteristiche di marginalità, ed il confine della marginalità è individuato nel percepimento, nel corso dell’anno solare, di somme non superiori a € 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), limite di reddito non soggetto a tassazione ai sensi del TUIR per i professionisti e lavoratori autonomi;

3) la presenza di più committenti, effettivi o potenziali(??????) costituisce viceversa un indice di attività professionale, anche se la “potenzialità” è un concetto di difficile dimostrazione.

Uscendo dalla terminologia tecnica per entrare nell’operatività quotidiana, quanto espresso nella circolare comporta che in relazione a posizioni di soggetti quali istruttori di Body Building/tennis/basket/nuoto etc. che prestano la propria opera in favore di più committenti (diverse società sportive e/o palestre etc), gli ispettori ENPALS potrebbero disconoscere al prestatore d’opera la qualifica di “sportivo dilettante”, per inquadrare lo stesso quale esercente la libera professione di istruttore sportivo, in quanto tale da assoggettare a contribuzione, e ciò soprattutto se i proventi derivanti dall'attività svolta quale (presunto) "sportivo dilettante" costituiscono l'unico reddito a disposizione del prestatore d’opera stesso.

IN CONCLUSIONE: i compensi erogati ai c.d. “sportivi dilettanti” da società/associazioni sportive dilettantistiche non devono essere assoggettati a contribuzione ENPALS;

Tale condivisibile e, per certi aspetti, “dovuta” conclusione, oltre ad essere coerente con il complesso impianto normativo di favore nei confronti dello sport dilettantistico, potrà far tirare un grosso sospiro di sollievo a tutto il mondo dello sport dilettantistico, che si era sentito pesantemente minacciato sotto l’aspetto dell’equilibrio economico e finanziario dal nuovo, pesante fardello;

tuttavia, affinché la suddetta esenzione contributiva sia riconosciuta è necessario che a) la società/associazione sportiva dilettantistica sia iscritta nell’apposito Registro tenuto

dal CONI; b) l’attività oggetto di retribuzione rientri fra le fattispecie previste dall’art. 67, comma 1,

lett. m) del TUIR e non costituisca un rapporto di lavoro, subordinato e/o autonomo “dissimulato”

3.2 L’ATTIVITA’ PROFESSIONALE DEGLI ISTRUTTORI SPORTIVI

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Il quesito che, a questo punto, le società/associazioni sportive dilettantistiche devono porsi è: quando, e al verificarsi di quali circostanze l’attività di uno sportivo dilettante (in particolare, di un istruttore sportivo) può essere qualificata quale attività professionale di lavoro autonomo?

Prima di addentrarci nell’esame di tale problematica occorre evidenziare che, contrariamente a quanto avviene negli “ordinari” rapporti di lavoro, quelli, per intendersi, che gravitano nell’orbita INPS, ai fini ENPALS non esiste alcuna differenza fra attività di lavoro subordinato ed attività di lavoro autonomo. Infatti, chiunque svolge, anche solo occasionalmente, un’attività di tipo artistico o sportivo è tenuto all’iscrizione all’ENPALS. Non è dunque necessario che gli ispettori contestino, o presuppongano, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, essendo sufficiente la sussistenza di un rapporto di lavoro in senso lato, anche autonomo, anche occasionale, affinché scatti il presupposto contributivo.

Tale circostanza rende vieppiù complessa la strategia difensiva delle società/ASD:

se, infatti, può risultare piuttosto agevole dimostrare l’assenza di subordinazione gerarchica (l’istruttore sportivo, solitamente, concorda, e non subisce, l’orario dei corsi, nell’ambito degli stessi ha ampia capacità e potere decisionale in ordine all’organizzazione della lezione, sovente, in caso di impedimento, reperisce direttamente il proprio sostituto), non altrettanto agevole appare, qualora non si possa inquadrare la prestazione fra quelle “sportive dilettantistiche pure”, dimostrare l’assenza della “professionalità”:

qualora un istruttore sportivo presti la propria attività in favore di diverse società/associazioni sportive, svolga la propria attività in maniera continuativa, quando non addirittura prevalente e/o esclusiva , e percepisca compensi di ammontare significativo, soprattutto se non possiede altri redditi che possano giustificare il ruolo secondario dell’attività sportiva, sarà sicuramente difficoltoso difendere la natura “sportivo dilettantistica” delle prestazioni operate

un ulteriore problema che si pone, al proposito, e che sarà ampiamente esplicitato nella seconda parte della presente relazione è che, mentre ai fini INPS è previsto (correttamente) che una eventuale attività professionale svolta in via non prevalente da un soggetto iscritto, obbligatoriamente, in un’altra cassa previdenziale, debba essere assoggettata all’aliquota ridotta del 10%, e mentre tutte le Casse di Previdenza legate agli Ordini Professionali prevedono che in caso di esercizio non esclusivo della professione il professionista possa optare per l’esenzione contributiva in relazione all’attività professionale (non prevalente)

ai fini ENPALS qualsiasi attività professionale, anche occasionale, anche non prevalente, anche se esercitata da un soggetto già iscritto ad altra cassa previdenziale debba essere assoggettata alla contribuzione piena con l’aliquota del 32,7% E’ il caso, ad. es., del professore o del dipendente pubblico che, per qualche ora alla settimana, svolge attività di istruttore sportivo.

Si evidenzia che, qualora la natura sportivo-dilettantistica venga disconosciuta a livello previdenziale, tale disconoscimento, inevitabilmente, avrà riflessi anche a livello fiscale, con la conseguenza che, tra aliquota ENPALS 32,7%, ( di cui 2/3 a carico del datore di lavoro) e ritenuta IRPEF 20% la “forbice” a carico delle società/associazioni sportive dilettantistiche, supera il 40%, e può diventare anche superiore in caso di determinazione del compenso “al netto” ovvero in caso

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di contestazione in ordine alla natura professionale della prestazione, che richiederebbe l’emissione di una fattura soggetta ad IVA.

Per uscire dall’empasse l’ENPALS, nella circolare n. 13 del 07/08/2006, individua un limite quantitativo sotto il quale l’attività del collaboratore sportivo, ancorché di natura non sportivo/dilettantistica, quindi professionale in senso lato, può considerarsi “marginale”, e quindi da non assoggettare a tassazione:

tale limite è individuato nella percezione, nel corso dell’anno solare, di somme inferiori ad € 4.500,00, limite individuato dalla normativa fiscale (art. 11 TUIR) quale “no tax area” in caso di redditi di lavoro autonomo.

Fino ad € 4.500,00, dunque, ad avviso dell’ENPALS, il reddito prodotto dal lavoratore non è mai da assoggettare a contribuzione; qualora, viceversa, si superi detta soglia: a) se l’attività svolta è di natura “sportivo dilettantistica” il compenso non è da

assoggettare a contribuzione; b) se l’attività è, o viene classificata, di “lavoro autonomo” è da assoggettare a

contribuzione, nelle modalità che verranno esplicitate più oltre a questo punto sono doverose alcune considerazioni: 1. nessuna norma di primo livello (legge o decreto legislativo) individua un limite al di sopra del

quale un’attività può considerarsi “professionale” ancorché “occasionale”; 2. tale vuoto normativo non può essere colmato da una circolare che rappresenta uno strumento

di informazione interna nei confronti degli uffici periferici e non può avere potere imperativo sulle imprese e sui lavoratori soggetti a contribuzione;

3. ai fini INPS (si ricordi quanto detto all’inizio della relazione: l’assoggettamento ad ENPALS è “speciale” e “sostitutivo” dell’ordinario assoggettamento previdenziale INPS), esiste la categoria (regolamentata da una norma di legge, non da una circolare interna) dei “prestatori d’opera occasionale” i quali sono considerati tali, e non soggetti a obblighi contributivi, fino ad un reddito annuo di € 5.000,00. Perché ai fini ENPALS tale franchigia si riduce ad € 4.500,00?

4. ai fini fiscali, il limite di “no tax area” in caso di redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente (art. 11 TUIR) è di € 7.500,00: poiché, nei casi di specie, si è in presenza, prevalentemente, di rapporti di natura prettamente “coordinata e continuativa”, piuttosto che di natura professionale (il collaboratore non impiega mezzi propri, utilizza l’organizzazione e gli strumenti del committente, non sopporta rischio di impresa) perché la soglia di esenzione non viene inquadrata ad € 7.500,00, valore, guarda caso, coincidente con la soglia di esenzione totale anche per i redditi di natura “sportivo/dilettantistica?”

4 CONCLUSIONI 1) Quando la prestazione eseguita è di natura sportivo/dilettantistica ex art. 67, comma 1 lett. m)

TUIR non si pone alcun problema di assoggettamento a contribuzione ENPALS; 2) Quando la prestazione lavorativa non può essere inquadrata (neppure a livello fiscale), nella

categoria di cui sopra occorre distinguere se il rapporto è di tipo subordinato o professionale in senso lato;

3) In caso di inquadramento della prestazione lavorativa a titolo di lavoro subordinato (dipendente), vanno applicate le disposizioni previste in proposito dal TUIR, il compenso va assoggettato a contribuzione ENPALS 32,7% nonchè INPS per quanto riguarda i c.d. “contributi minori” e INAIL. Vanno inoltre rispettate tutte le normative previste dalla legislazione sul lavoro (TFR, Ferie, riposo settimanale, sicurezza negli ambienti di lavoro etc.). Tale inquadramento può essere individuato in tutti quei casi in cui prevale la subordinazione gerarchica del lavoratore, il rispetto di orari rigidi, la presenza di un compenso fisso, come, ad esempio, per il personale di recepion, gli addetti alle pulizie, i custodi etc.;

4) In caso di svolgimento, da parte del prestatore d’opera, di attività di lavoro autonomo – in senso lato – si possono individuare tre situazioni:

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a) Libero professionista in possesso di P. IVA: Il lavoratore emetterà fattura assoggettata ad IVA , il committente provvederà a pagare il compenso al netto della ritenuta fiscale del 20% e della ritenuta ENPALS dell’8,89%, - come verrà meglio spiegato inseguito – e provvederà successivamente a versare all’ENPALS il 32,7% del compenso erogato, di cui i 2/3 (23,81%) a proprio carico;

b) Collaboratore coordinato e continuativo: la contribuzione ENPALS (32,7% di cui 1/3 a carico del lavoratore) scatterà al superamento del limite di € 7.500,00 di compenso annuo;

c) Collaboratore “Occasionale”: la contribuzione ENPALS scatterà al superamento del limite di € 5.000,00 di compenso annuo;

N.B!! Le indicazioni di cui al precedente n. 4b) e 4c) sono il frutto delle considerazioni e delle valutazioni esposte nell’ambito del presente lavoro; L’interpretazione ENPALS, fornita nella circolare n. 13/2006 è che la soglia di esenzione debba essere individuata nel limite di € 4.500,00 annui; Un atteggiamento comprensibilmente prudenziale, volto a prevenire, prima ancora che dirimere eventuali accertamenti per omessa contribuzione, non potrà che attenersi alle indicazione fornite dall’ente. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, appare sempre più urgente un provvedimento normativo che disciplini in maniera esaustiva, sotto gli aspetti fiscali, previdenziale e giuslavoristico, il lavoro sportivo in senso lato, in tutte quelle situazioni “ibride” nelle quali la qualificazione di attività “sportivo dilettantistica” pura non possa ragionevolmente trovare collocazione.

IL LAVORO SPORTIVO E LA TUTELA PREVIDENZIALE

1 INTRODUZIONE

La seconda parte del presente lavoro ha l’obiettivo di chiarire il seguente problema: nei casi in cui, per scelta ponderata o a seguito di una verifica SIAE/ENPALS, una società/associazione sportiva dilettantistica sia tenuta a “regolarizzare” i propri collaboratori, quali sono gli adempimenti ed i costi relativi all’iscrizione previdenziale? Innanzitutto, va chiarito che, quando si parla di lavoro sportivo, occorre distinguere fra:

a) lavoro sportivo professionistico; b) lavoro “sportivo in senso lato” prestato in favore di sodalizi sportivi dilettantistici e/o impianti

sportivi, palestre, centri fitness etc. Il lavoro sportivo professionistico è disciplinato dalla L. legge 23 marzo 1981, n. 91, che ha dettato una disciplina organica del contratto di lavoro avente ad oggetto le prestazioni sportive professionistiche. Secondo la definizione contenuta nell'art. 2 della predetta legge, ai fini dell'applicazione della relativa disciplina, sono sportivi professionisti: a) gli atleti, b) gli allenatori, c) i direttori tecnico-sportivi, d) i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.

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L'art. 3 della legge n. 91/81 stabilisce che "la prestazione di lavoro a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di un contratto di lavoro subordinato", salvo - ed in tal caso va ritenuta la sussistenza di un contratto di lavoro autonomo - ricorra almeno una delle seguenti condizioni: a) attività svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro

collegate in un breve periodo di tempo; b) atleta non contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di

preparazione od allenamento; c) prestazione pur continuativa ma non superiore a otto ore settimanali oppure a cinque giorni

ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno. Tali condizioni devono ritenersi non meri indici rivelatori dell'autonomia del rapporto, ma elementi qualificatori esclusivi e vincolanti e pertanto, ove non ricorrano le circostanze suesposte, al rapporto di lavoro con l'atleta professionista deve essere riconosciuta natura subordinata. Altri professionisti sportivi L'art. 3 sopra citato trova applicazione limitatamente agli "atleti", i quali costituiscono solo una parte, seppur rilevante, dei professionisti sportivi. Nei confronti degli altri appartenenti alla categoria di prestatori di lavoro in esame (allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici), non potendo applicarsi gli specifici criteri suesposti, il giudizio sulla natura subordinata o meno del rapporto dovrà essere formulato sulla base delle modalità concrete di svolgimento del rapporto. Addetti agli impianti sportivi, istruttori sportivi, impiegati e collaboratori di società sportive dilettantistiche: Tali figure professionali non sono disciplinate dalla L. 91/81, conseguentemente per la definizione e la relativa disciplina occorre rifarsi alla normativa del Lavoro nello spettacolo ed in particolare alla disciplina ENPALS. Considerando le finalità del presente lavoro, è su questa seconda categoria di lavoratori sportivi che verrà concentrata l’attenzione. In particolare, sarà presa in esame la problematica della tutela previdenziale di tale categoria di lavoratori, lasciando le problematiche giuslavoristiche ad altre sedi 2 SOGGETTI ASSICURATI ALL’ENPALS Devono obbligatoriamente iscriversi all’ENPALS, ai sensi dell’art. 1, D.P.R. n. 1420/1971, per quanto riguarda l'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sostitutiva di quella generale gestita dall'INPS: • I lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 708/1947, -

siano essi subordinati o autonomi; • chi svolge, anche solo occasionalmente, un’attività di tipo artistico o sportivo, salvo quanto

sopra detto in relazione al limite annuo di € 4.500,00 previsto dalla circolare ENPALS 13/2006;

si ricorda che sono indicati all’art. 3 del Dlgs 708/1941, anche in seguito alle previsioni del D.M. 15-03-2005, le seguenti categorie di lavoratori: 21) impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre,

sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi; 24) direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive; 25) atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici delle società del calcio

professionistico e delle società sportive professionistiche (i numeri fanno riferimento all’elenco di cui al D.M. sopra indicato)

I lavoratori subordinati sono inoltre:

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- obbligatoriamente iscritti all'INPS ai fini delle altre forme di previdenza obbligatoria comuni alla generalità dei lavoratori subordinati (disoccupazione, assegno per il nucleo familiare, malattia e maternità) con una aliquota di contribuzione aggiuntiva del 5,5%; - iscritti all'INAIL in presenza delle condizioni di legge che rendono obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. In base a quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12824/2002, l'obbligo assicurativo presso l'ENPALS è indipendente dall'attività svolta dal datore di lavoro essendo sufficiente l'appartenenza del lavoratore ad una delle categorie indicate nel suddetto art. 3. Ciò significa che un “personal trainer” che svolge, professionalmente, la propria attività nei confronti di un privato cittadino, deve provvedere al versamento ENPALS Non si presuppone, inoltre, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, essendo inclusi nelle categorie di soggetti obbligati sia coloro che prestano attività di tipo autonomo, sia coloro che prestano attività di tipo subordinato. Con i lavoratori dello spettacolo, e sportivi, possono inoltre essere stipulati anche contratti di tipo c.d. parasubordinato quali lavoro a progetto o associazione in partecipazione con apporto di sola manodopera, o flessibili come il lavoro intermittente, o ancora con finalità in senso lato formative come il contratto di inserimento o di reinserimento (ML nota n. 4256/2006). Per l'individuazione dei requisiti contributivi e delle modalità di calcolo delle contribuzioni e delle prestazioni (pensione), i lavoratori dello spettacolo, e sportivi, iscritti all'ENPALS, sono distinti in tre gruppi: A) lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa

con la produzione e la realizzazione di spettacolo; B) lavoratori a tempo determinato che prestano attività al di fuori delle ipotesi di cui al

raggruppamento sub A), tra i quali sono compresi: 1. impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere,

palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi; 2. direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive;

C) lavoratori dello spettacolo con rapporti di lavoro a tempo indeterminato: la suddetta suddivisione non comporta alcuna differenza in ordine al trattamento contributivo delle rispettive categorie, ma ha l’unico fine di differenziare il requisito dell’annualità di contribuzione richiesto per il sorgere del diritto alle prestazioni previdenziali (erogazione della pensione). In pratica, ai fini pensionistici, il conteggio di un’annualità di contribuzione è soddisfatto quando viene effettuato, per ogni anno, un versamento contributivo pari a : 1) 120 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo a); 2) 260 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo b) (lavoratori sportivi); 3) 312 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo c); Definizione delle diverse categorie assicurate all'ENPALS Come evidenziato nella prima parte del presente lavoro, con la circolare n. 7/2006, l'ENPALS anche sulla base dell'adeguamento delle categorie di lavoratori assicurati obbligatoriamente presso di sé, ex D.M. 15 marzo 2005, ha operato una suddivisione in gruppi delle diverse figure professionali rientranti in tali categorie fornendo delle precisazioni sulle particolari qualità distintive di ciascuna di esse ed evidenziandone le declaratorie desunte dai ccnl o, in assenza, dalla prassi. Tra i vari gruppi è esplicitamente previsto il Gruppo lavoratori di impianti e circoli sportivi; La circolare n. 7/2006 precisa che:

• Il gruppo degli impiegati, degli operai, degli istruttori e degli addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere comprende, anche se non menzionate, altre strutture quali i kartodromi ed il bowling.

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• Per impiegati ed operai si intendono i lavoratori dipendenti di circoli sportivi e di imprese che gestiscono i suddetti impianti ovvero li utilizzano in via non occasionale.

• Secondo il Ministero del lavoro si devono ritenere ricomprese nella categoria delle imprese che gestiscono "impianti sportivi" solo quelle che hanno impianti propri o che, pur non essendone proprietarie, li gestiscono direttamente, con esclusione delle imprese degli impianti di trasporto e di risalita a fune (v. anche INPS mess. n. 16161/1989).

• Tra le imprese che gestiscono impianti sportivi è soggetto all'obbligo di assicurazione presso l'ENPALS solo il personale per il quale sussista un nesso di collegamento diretto tra la prestazione di lavoro e l'impianto, tanto che la prestazione stessa sarebbe impossibile o priva di interesse per il datore di lavoro se gli impianti venissero meno (ML circc. n. 108/1984 e n. 57/1985; ENPALS circc. n. 30/1999; n. 20/2002; n. 7/2006).

• Per gli istruttori e gli addetti agli impianti e circoli sportivi, in base alle innovazioni di cui al D.M. 15 marzo 2005, l'obbligatorietà dell'iscrizione all'ENPALS sussiste a prescindere dalla natura giuridica del rapporto di lavoro.

Lavoratori autonomi assicurati all'ENPALS Nell'ambito delle categorie soggette all'obbligo assicurativo presso l'ENPALS, il Ministero del lavoro, con la circolare n. 33/1962, ha fornito una elencazione di figure che prestano normalmente attività in forma autonoma e che sono tenute all’iscrizione presso l’Ente in relazione all’assicurazione previdenziale; tale elencazione deve intendersi integrata dalle previsioni della circolare n. 7/2006, sopra citata, relativamente agli istruttori ed agli addetti agli impianti e circoli sportivi. Conseguentemente, i lavoratori autonomi sportivi, anche se in possesso di P.IVA, devono essere iscritti all’ENPALS e non alla c.d. “gestione separata per i professionisti senza cassa previdenziale” presso l’INPS. Tale iscrizione comporterà, come si vedrà in seguito, un onere previdenziale sensibilmente superiore rispetto a quanto richiesto dall’INPS, soprattutto se il lavoratore è già assoggettato ad altra copertura previdenziale (es insegnante di educazione fisica). Il maggior onere dovrebbe essere giustificato dal migliore trattamento previdenziale (pensione) garantito dall’ENPALS rispetto all’INPS sia in termini quantitativi che in termini di giornate lavorative richieste per il raggiungimento dell’età pensionabile (vedi supra) 3. ADEMPIMENTI A CARICO DELLE SOCIETA’/ASSOCIAZIONI SPORTIVE a) Immatricolazione delle aziende I datori di lavoro (aziende titolari di impianti sportivi, associazioni/società sportive dilettantistiche) che occupano, sia con rapporto autonomo che subordinato, lavoratori soggetti all'assicurazione obbligatoria all'ENPALS, sono obbligati a denunciare l’inizio dell’attività immatricolandosi presso l'Ente stesso.

Con la denuncia iniziale di attività viene richiesta una corposa documentazione, tra cui anche lo statuto e l’atto costitutivo b) Denunce di lavoratori iscritti Il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 9, D.L.C.P.S. n. 708/1947, a denunciare all'ENPALS (mod. 032/U) le persone occupate indicando

• la retribuzione giornaliera corrisposta • tutte le altre notizie eventualmente richieste dall'Ente nonchè ogni variazione dei dati

inizialmente comunicati • entro 5 giorni dalla stipulazione dei contratti ovvero entro 5 giorni dal verificarsi delle

suddette variazioni.

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c) Certificato di agibilità Il certificato di agibilità deve essere richiesto agli uffici dell’ENPALS avvalendosi sempre del Mod. 032/U di denuncia di inizio attività ed esibito ai funzionari incaricati ai controlli ed alla vigilanza contributiva. Il certificato di agibilità è obbligatorio per tutti coloro che rendono prestazioni artistiche e/o sportive ed ha validità per la giornata o per il periodo durante il quale si svolgono l’attività artistica o sportiva. Il certificato è indispensabile perché il locale, o l’impianto sportivo, o il singolo lavoratore autonomo sportivo possano agire A norma dell'art. 6, D.L.C.P.S. n. 708/1947, le imprese di ………. e gli impianti sportivi non possono far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i lavoratori dello spettacolo indicati ai punti da 1 a 14 dell'art. 3, D.L.C.P.S. n. 708/1947, se non sono in possesso di apposito certificato di agibilità, previsto dall'art. 10, rilasciato dall'ENPALS che attesti la mancanza di inadempienze nei propri confronti (v. anche ENPALS circ. n. 21/2002; n. 27/2002). Nel caso di lavoratori autonomi (v. art. 3, comma 98, L. n. 350/2003) la richiesta del certificato di agibilità è a carico degli stessi e la sanzione amministrativa viene irrogata nei confronti del soggetto committente (ENPALS circ. n. 17/2004). In realtà tale norma è indirizzata esplicitamente ai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, ma, considerato che il D.M. 15 marzo 2005, che ha previsto la figura professionale degli istruttori sportivi lavoratori autonomi è successivo, la disciplina relativa ai lavoratori autonomi dovrebbe essere la stessa. In particolare in caso di inosservanza dell'obbligo suesposto è prevista la sanzione di € 25 per ogni lavoratore al quale si riferisce l'inosservanza e per ogni giornata lavorativa da ciascuno prestata (v. ENPALS circ. n. 14/2001). d) Libretto ENPALS

L'art. 11, D.L.C.P.S. n. 708/1947, prevede che ad ogni lavoratore iscritto, l'ENPALS rilascia un libretto personale sul quale il datore di lavoro/committente è tenuto a registrare i periodi di occupazione, l'ammontare della retribuzione giornaliera corrisposta e dei contributi versati. Tali registrazioni devono essere eseguite al massimo ogni settimana ed in ogni caso quando l'iscritto cessa la sua occupazione o ne faccia richiesta. In caso di inesatta o incompleta registrazione dei dati sul libretto personale il datore di lavoro è punito con l'ammenda non superiore a € 1.032 salvo che il fatto non costituisca reato più grave (v. ENPALS circolare n. 14/2001). e) Singolo lavoratore autonomo Il singolo lavoratore autonomo (artista/sportivo) può richiedere l’immatricolazione all’ENPALS, che gli rilascia, previa presentazione di un contratto di lavoro di qualsiasi natura (subordinata, para-subordinata o autonoma) il libretto personale su cui saranno annotati – a cura del datore di lavoro/committente – i versamenti contributivi. L’obbligo del versamento contributivo sui compensi pattuiti grava in ogni caso sui datori di lavoro/committenti, anche nei casi di un’attività professionalmente svolta dal lavoratore, nonché nei casi di una attività occasionale. 4. DETERMINAZIONE DEI CONTRIBUTI A seguito delle modifiche apportate dall’art. 43, comma 1, lett. a), L. n. 289/2002 (Finanziaria 2003) al D.Lgs. n. 182/1997, a decorrere dal 1° gennaio 2003, per tutti i lavoratori dello spettacolo (e dello sport), indipendentemente dalla data di iscrizione al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo (successiva o antecedente al 31 dicembre 1995), dovrà essere corrisposta l'aliquota di

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finanziamento in vigore nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'INPS (v. anche ENPALS circ. n. 1/2003). Per la generalità dei lavoratori dello spettacolo e dello sport l’aliquota contributiva è del 32,7% Ai sensi del DPR 31/12/1971 n. 1420:

a) I contributi (32,7%) devono essere calcolati sulla Retribuzione (compenso) giornaliera; b) I contributi sono ripartiti fra datori di lavoro, nella misura dei 2/3 dell’aliquota, pari al

23,81%, e lavoratore, nella misura di 1/3 dell’aliquota, pari all’8,89%; c) La quota di contributi di competenza del lavoratore sarà trattenuta all’atto del pagamento

del compenso; d) Il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico

del lavoratore La suddetta aliquota contributiva và calcolata su una retribuzione giornaliera, determinata a norma dell'art. 12, L. n. 153/69 (v. anche ENPALS circc. n. 13/2000 e n. 10/2001). La retribuzione giornaliera imponibile si determina dividendo il complesso dei compensi ricevuti dal datore di lavoro per il numero delle giornate di durata del contratto, con esclusione dei riposi e delle festività nazionali eventualmente godute (art. 4, D.L.C.P.S. n. 708/1947; art. 2, comma 5, D.P.R. n. 1420/1971; ENPALS circ. n. 28/1981). Nel caso di contratti a termine, di breve o lunga durata, e che prevedono la corresponsione della retribuzione per le sole giornate effettivamente svolte, la denuncia dei contributi dovrà essere effettuata mensilmente in base al numero delle giornate di cui alle singole prestazioni. La retribuzione giornaliera, nel caso in esame, si otterrà dividendo l'ammontare complessivo dei compensi, determinato secondo i criteri espressi in precedenza, per il numero delle prestazioni effettuate, sempre nel limite massimo di 26 giorni al mese. Attenzione: Minimali di retribuzione Analogamente a quanto previsto per le assicurazioni gestite dall'INPS, ai fini del calcolo dei contributi di previdenza sociale la retribuzione da prendere in esame non può essere inferiore a quella stabilita da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. In ogni caso l'importo della retribuzione minima giornaliera non può essere inferiore al minimale stabilito il quale, per l’anno 2006, è fissato in € 40,62 giornaliere (ENPALS circ. n. 3/2006), e viene rivalutato annualmente sulla base delle variazioni dell’indice ISTAT. In concreto il datore di lavoro (società/associazione sportiva) è tenuto al versamento di un contributo minimo di € 13,29 per ogni giornata lavorativa. Si tratta di un obbligo particolarmente pesante in tutti quei casi (e sono molti) in cui la prestazione lavorativa si sostanzia in una o due ore di prestazione giornaliera (si pensi al caso degli istruttori di fitness, danza, spinning, nuoto etc): in tali casi l’incidenza della contribuzione sul compenso effettivo può risultare particolarmente pesante. Le aliquote contributive si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera se questa non eccede il massimale di retribuzione giornaliera imponibile; se invece, la retribuzione giornaliera è superiore al massimale, il contributo si applica sul massimale giornaliero corrispondente alla fascia di retribuzione giornaliera corrisposta al lavoratore (v. art. 1, D.Lgs. n. 182/1997), che sono annualmente rivalutati sulla base dell'indice dei ISTAT. Sulla parte di retribuzione eccedente il massimale di retribuzione imponibile relativo a ciascuna fascia, si applica un contributo di solidarietà nella misura del 5% di cui il 2,50% a carico del datore di lavoro. Per l’anno 2006 l’importo del massimale annuo ammonta a € 85.478,00 (circ. 3/2006) L'aliquota aggiuntiva I.v.s. dell'1% a carico del lavoratore si applica sulla quota di retribuzione giornaliera eccedente l'importo annuo della prima fascia di retribuzione pensionabile diviso 312 (

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per il 2006 € 39.297,00) e fino al massimale di retribuzione giornaliera imponibile relativo a ciascuna delle fasce di retribuzione giornaliera. Determinazione dei contributi in capo ai lavoratori autonomi. Si è più volte ribadito che, ai fini ENPALS, non assume alcuna differenza la natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro: per l’ente esistono un “datore di lavoro” ed un “Lavoratore” Ciò comporta degli effetti del tutto particolari in caso di lavoratori autonomi sportivi in possesso di partita IVA. Giova ricordare che, in ambito INPS, il libero professionista iscritto alla gestione separata, è tenuto al versamento contributivo nella misura del 18,8% del reddito prodotto dall’attività professionale. Tale aliquota si riduce al 10% se il professionista è iscritto ad altra cassa obbligatoria. Non esistono, a differenza delle gestioni artigiani e commercianti, minimali di versamento, annui o giornalieri. Il professionista ha diritto ad addebitare al committente un contributo del 4% dei compensi percepiti a titolo di compartecipazione alla contribuzione IVS. In ambito ENPALS accade questo:

a) l’aliquota contributiva non è del 18,8% (o 10%) ma del 32,7%; b) tale aliquota si calcola sul compenso giornaliero, e non sul reddito; c) L’aliquota è suddivisa tra committente e professionista nella misura di 1/3 – 2/3; se il

professionista ha forte potere contrattuale riuscirà a traslare, di fatto, tutto il carico contributivo sul committente, concordando un compenso “al netto”, viceversa, qualora il potere contrattuale sia in capo al committente, il professionista rischia di dover accettare un compenso “al lordo” e, di fatto, pagare una quote del 32,7 dei compensi che, rapportata al reddito, potrebbe assumere un peso devastante.

La fatturazione avverrà come segue: Compenso Lordo 100,00 IVA 20,00 Totale Fattura 120,00 Ritenuta IRPEF 20,00 Ritenuta ENPALS 8,89 Netto dovuto 91,11

Il committente dovrà versare all’ENPALS l’intero contributo di € 32,7 di cui i 2/3 a proprio carico Il professionista potrà portare in deduzione dal reddito fiscale, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, la quota di contributo ENPALS rimasta a proprio carico (8,89) 5. DENUNCIA DEI CONTRIBUTI

Denuncia mensile - Mod. 031/R - Le imprese sono tenute a denunciare per ogni singolo mese di attività soggetta agli obblighi contributivi, le somme dovute e versate all'Ente, utilizzando il modello 031/R, sia per i lavoratori dello spettacolo, sia per i giocatori, gli allenatori di calcio e gli sportivi professionisti (ENPALS circc. n. 2/1994; n. 44/1997; n. 1/2003). I modelli di denuncia mensile sono forniti in duplice copia dall'ENPALS. L'originale del modello deve essere trasmesso, tramite posta o mediante consegna allo sportello, agli uffici ENPALS territorialmente competenti entro il 25° giorno del mese successivo a quello di competenza; copia dello stesso deve essere conservata dal datore di lavoro (v. ENPALS circc. n. 37/1998; n. 7/2006). Come precisato dall'ENPALS con circolare n. 14/1998, al modello deve essere allegata l'attestazione di versamento. Dato che il mod. 031/R deve essere utilizzato esclusivamente per la denuncia mensile della contribuzione corrente dovuta, le imprese, diversamente dal passato, non possono più presentare alcun modello 031/R per comunicare variazioni (integrazioni, sostituzioni o rettifiche) di dati

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mensili o di dati riferiti a periodi più ampi di quelli mensili già segnalati all'Ente. Detta funzione viene, infatti, svolta dal modello 031/RC1 "Denuncia di versamento di somme dovute non a titolo di contribuzione corrente" (v. ENPALS circ. n. 15/1999). Denuncia trimestrale - Mod. 031/CM Le aziende sono tenute a compilare e inviare all'ENPALS la denuncia delle retribuzioni soggette a contribuzione e delle trattenute a carico dei lavoratori pensionati utilizzando il mod. 031/CM (ENPALS circc. n. 2/1994; n. 44/1997; n. 14/1998; n. 7/2006). E' previsto un modello unico utilizzabile sia nel caso di normale denuncia e sia nel caso di variazione di precedenti segnalazioni. A tale scopo le imprese dovranno contrassegnare, a seconda dell'ipotesi che ricorre, la casella "normale" oppure la casella "variazione". Le denunce devono essere trasmesse all'Ente, complete dei dati richiesti, entro il 25° giorno successivo al trimestre di riferimento e quindi: entro il 25 aprile per il trimestre gennaio - marzo; entro il 25 luglio per il trimestre aprile - giugno; entro il 25 ottobre per il trimestre luglio - settembre; entro il 25 gennaio per il trimestre ottobre - dicembre. La copia del modello deve essere trattenuta dal datore di lavoro. In caso di sospensione o cessazione dell'attività prima della conclusione del trimestre (ovvero nel caso di attività occasionale), il mod. 031/CM deve essere presentato entro e non oltre il 5° giorno successivo a quello fissato per il versamento dei relativi contributi. 6. VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI

A norma dell'art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 tutti i contribuenti devono eseguire versamenti unitari dei tributi e contributi, con eventuale compensazione dei crediti, utilizzando il modello di pagamento unificato "F24". Come previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 241/1997, a decorrere dal 1999, il versamento unitario riguarda anche la contribuzione dovuta all'ENPALS dai datori di lavoro per il fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo e per gli sportivi professionisti.

Erroneo versamento inps/enpals Il versamento della contribuzione erroneamente effettuata all'INPS ma di competenza dell'ENPALS, o viceversa, comporta il trasferimento dei contributi all'ente effettivo titolare del credito, con esonero di ogni onere accessorio per ritardato pagamento (INPS circ. n. 30/1999).

Modalità e termini per il versamento dei contributi Il versamento dei contributi correnti dovuti all'ENPALS deve essere effettuato, a mezzo del mod. F24, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è scaduto il periodo di paga cui si riferisce il modello di denuncia contributiva 031/R (art. 18, D.Lgs. n. 241/1997; INPS circ. n. 259/1998 e ENPALS circc. n. 37/1998; n. 7/2006). 7. RATEAZIONI CONTRIBUTIVE Per il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie è prevista la possibilità di richiedere una rateazione a dodici mesi, a ventiquattro, trentasei e 60 mesi (art. 2, comma 11, D.L. n. 338/1989; art. 3, comma 3 bis, D.L. n. 138/2002).

Rateazioni fino a 12 mesi Le decisioni circa le rateazioni fino a 12 mesi sono di competenza dei Dirigenti gli Uffici periferici indipendentemente dall'importo del debito contributivo maturato. In base all'entità del debito per sola sorte capitaria le fasce degli importi ai fini del numero delle rate da concedere in euro sono riportate di seguito nella tabella (v. circ. ENPALS n. 15/2002).

Fino a euro 2.065 In n. 3 rate Da euro 2.066 A euro 3.615 In n. 4 rate Da euro 3.616 A euro 5.681 In n. 5 rate Da euro 5.682 A euro 7.746 In n. 6 rate Da euro 7.747 A euro 10.329 In n. 8 rate

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Da a euro 10.330 A euro 13.944 In n. 10 rate Da a euro 13.945 In poi In n. 12 rate

Rateazioni da 13 a 24 mesi Le decisioni sulle domande di rateazione per debiti contributivi di importo fino a € 258.228,45 (di sola sorte contributiva) sono rimesse alla competenza dei Dirigenti gli Uffici periferici. Le domande di rateazione per debiti contributivi di importo superiore a euro 258.228,45 devono essere trasmesse al Servizio Contributi e Vigilanza con motivato parere e da questo sottoposte al Direttore Generale per la eventuale approvazione o reiezione.

Rateazione da 25 e fino a 60 mesi Al fine di eliminare i vincoli restrittivi alla concessione di rateazioni e rendere più semplice e veloce l'iter amministrativo, l'art. 3, comma 3-bis, D.L. n. 138/2002, ha previsto la possibilità per gli enti previdenziali di concedere la rateazione fino a 60 mesi, in deroga a quanto previsto dall'art. 2, comma 11, D.L. n. 338/1989, a condizione che i crediti siano iscritti a ruolo. Le richieste di concessione del beneficio rateale di durata da 25 a 60 mesi devono essere trasmesse alla Direzione generale - Servizio contributi e vigilanza - complete della documentazione giustificativa e con parere del Dirigente preposto. Il predetto Servizio, esaminati gli atti, formula le proprie osservazioni, sottoponendo la richiesta al Direttore generale per la reiezione o l'accettazione dell'istanza (v. ENPALS circ. n. 17/2003). L'ENPALS concede con provvedimento motivato le rateazioni da 25 fino a 60 mesi, previa presentazione di garanzia fideiussoria assicurativa o bancaria o di garanzia ipotecaria per un importo pari all'intera cifra posta in rateazione; lo svincolo della fideiussione stessa o della garanzia ipotecaria rimane subordinato ad apposita dichiarazione dell'Ente che verrà rilasciata solamente ad estinzione del debito. L'importo del debito di cui viene richiesta la rateazione fino a 60 mesi non deve inoltre essere inferiore a 50.000 euro complessivi di contributi ed oneri accessori.

Procedura per la rateazione dei debiti Ai fini della concessione di ogni tipo di rateazione, le domande di beneficio rateale devono essere accompagnate dal versamento di una rata provvisoria pari alle somme dell'importo complessivamente dovuto tra carico contributivo ed oneri accessori (al netto delle quote carico dei lavoratori che debbono essere versate in unica soluzione all'atto della presentazione della domanda di rateazione unitamente alle eventuali trattenute di pensione) diviso il numero delle rate richiesto (ENPALS circ. n. 15/2002). Nel caso in cui venga richiesta una rateazione superiore a 24 rate, nelle more della decisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la rateazione deve sempre essere assolta direttamente con l'ENPALS, sulla base di versamenti mensili pari ad 1/24 del dovuto complessivo (ENPALS circ. n. 25/2002). Nel caso in cui la rateazione venga regolarmente onorata, dopo il pagamento dell'ultima rata si procede al discarico (l'annullamento) dell'importo iscritto a ruolo.

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Dott. Giancarlo Senese – Consulente Regionale Fiscosport Campania Dottore Commercialista in Napoli – Presidente della Commissione di studio "Gestione imprese sportive" dell'Ordine dei dottori Commercialisti di Napoli e-mail: [email protected] Sponsorizzazioni e liberalità a favore dello sport dilettantistico

Una delle criticità dello sport dilettantistico, rispetto a quello professionistico, è rappresentata dall’evidente maggiore difficoltà nel reperire i mezzi finanziari necessari per il sostenimento della propria attività. Gli incassi derivanti dall’attività sportiva svolta con pubblico pagante, i diritti radiotelevisivi, offerte milionarie da parte degli sponsor, plusvalenze derivanti dalla cessione d’atleti ed il ricorso al mercato dei capitali attraverso le quotazioni di borsa (strumenti propri dello sport professionistico) - metodi efficaci o non che possano apparire - non sono, infatti, alla portata delle società e degli altri enti che operano nel vastissimo settore dello sport dilettantistico, se non per alcune trascurabili eccezioni ( es. incassi derivanti dal pubblico pagante, ma con rilevanza, il più delle volte, poco significativa). Tali soggetti, pertanto, sono obbligati, ed ancora di più lo saranno per il futuro, ad industriarsi per “convincere” soggetti esterni a finanziare la realizzazione d’eventi e l’acquisto di prodotti necessari per la propria attività. Lo sport, a tutti i livelli, esige sempre di più capacità gestionale, crescita culturale e formativa di chi lo pratica, ma, soprattutto, di chi decide di farlo diventare la propria attività professionale investendo o semplicemente gestendo strutture d’erogazione di servizi sportivi. I principali mezzi a disposizione delle società e degli enti che operano nel settore dilettantistico per il reperimento di fonti finanziarie, aggiuntive a quelle tipiche, fondamentalmente sono:

- le sponsorizzazioni;

- le liberalità;

- contributi erogati dal C.O.N.I. e dagli enti pubblici.

1. SPONSORIZZAZIONI Nella presente esposizione saranno analizzati, in primo luogo, i tratti civilistici essenziali del contratto di sponsorizzazione, per poi passare alla disamina della complessa e, se vogliamo, dispersiva normativa fiscale che caratterizza l’intero settore sportivo dilettantistico. Ci soffermeremo, infine, sul trattamento fiscale applicabile alle parti del contratto (sponsor e sponsee), ai fini delle imposte dirette e dell’imposizione indiretta. 1.1. ASPETTI CIVILISTICI Appare opportuno considerare, innanzitutto, che il contratto di sponsorizzazione è un contratto non disciplinato in maniera organica dal codice civile, ma definito essenzialmente da alcune leggi speciali a carattere settoriale. Ci si riferisce, in particolare, all’art. 8, comma 12, della L. 223/90 in materia di spettacoli televisivi e radiofonici, nonché all’art. 120 del D. Lgs n. 42/2004, in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Da ciò discende il carattere di atipicità del contratto di sponsorizzazione che trova, pertanto, tutela giuridica nella disciplina dettata in materia di principi generali del contratto, conformemente al dettato dell’art. 1322, comma 2, c.c.. Sulla base della connotazione assunta giuridicamente, possiamo definire la sponsorizzazione come: il contratto con il quale una parte – sponsor – si obbliga nei confronti dell’altra parte – sponsee – alla dazione di una somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento dell’attività svolta da quest’ultima, che, a sua volta, s’impegna ad utilizzare, nello svolgimento della propria attività, il nome, il marchio o altro segno distintivo riconducibile allo sponsor, promuovendone l’immagine presso il pubblico.

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Da quanto sopra riferito è possibile individuare gli obblighi che gravano sulle parti in virtù del contratto di sponsorizzazione: lo sponsor è colui che sponsorizza, obbligandosi alla dazione di una somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento dell’attività svolta dallo sponsee. Questi, invece, s’impegna ad utilizzare, per la propria attività sportiva, il nome, il marchio o altro segno distintivo riconducibile allo sponsor, promuovendone l’immagine presso il pubblico. Non è richiesta la forma scritta ad substantiam. Essa è libera, anche se è sempre consigliabile utilizzare la forma scritta al fine di definire esattamente gli obblighi ed i diritti che gravano e che sono vantati dalle parti, allo scopo di evitare il sorgere di contenziosi tra esse. La definizione data al contratto in esame fa emergere un’altra importante caratteristica del contratto di sponsorizzazione rappresentata dall’elemento sinallagmatico: è un contratto a prestazioni corrispettive; sono previsti, infatti, obblighi a carico di entrambe le parti. Tale elemento distingue le spese di sponsorizzazione da quelle di rappresentanza, nelle quali, come precisato dall’amministrazione finanziaria (Ris. 9/204 del 17/06/1992) manca, invece, l’elemento sinallagmatico. Da ciò derivano, come vedremo, importanti conseguenze circa il trattamento fiscale delle spese sostenute da chi eroga fondi a favore di società o associazioni sportive dilettantistiche. E’ inoltre un contratto consensuale: si perfeziona, in pratica, con il semplice consenso; può avere, altresì, ad oggetto un singolo evento ovvero una serie d’eventi o attività svolte dallo sponsorizzato, come ad esempio un’intera stagione calcistica ecc.. Nella prassi si possono avere diverse tipologie di sponsorizzazioni: com’emerge dalla definizione, esso è un contratto che può prevedere l’obbligo, da parte dello sponsor, di erogare una somma di denaro oppure propri prodotti o beni, come ad esempio forniture di materiale sportivo; è il caso delle cosiddetta sponsorizzazione tecnica, che si configura come un’operazione permutativa atipica. E’ anche frequente, ad es. nel settore del basket o della pallavolo, il c.d. “abbinamento”, nel quale lo sponsee si obbliga a modificare la propria denominazione sociale, assumendo quella dello sponsor o comunque, ad affiancarla al proprio nome. Oltre alla prestazione principale a carico dello sponsor, vi possono essere, infine, una serie d’obbligazioni accessorie, in ragione dei risultati raggiunti dallo sponsee (es. maggiori corrispettivi in ipotesi di vittoria o risultato positivo in campionato ecc.). 1.2. ASPETTI FISCALI L’approfondimento fiscale afferente la tipologia contrattuale in esame è data dalla rilevanza delle imposte dirette (Ire ed Ires) e delle imposte indirette (IVA, Imposta di registro ecc.) sulle singole parti del contratto, con imposizione differenziata a seconda che rivestano la posizione di sponsor o di sponsee. Può rivestire la figura di sponsor sia una persona fisica (con o senza partita Iva), sia una persona giuridica. Potranno essere sponsee gli enti non-profit (associazioni senza scopo di lucro) e le società di capitali costituite ai sensi dell’art. 90, comma uno della L. 289/2002.

Imposte dirette Ai fini Irpef o Ires, la normativa di riferimento applicabile allo sponsor è senz’altro quella sancita dall’art. 90, comma otto della L. 289/2002. La norma cita testualmente che: “il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società o associazioni sportive dilettantistiche … costituisce per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore ad € 200.000,00 spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine e dei prodotti del soggetto erogante, mediante una specifica attività del beneficiario“. La norma introduce una presunzione assoluta di assimilazione alle spese di pubblicità delle somme erogate da uno sponsor che produce reddito d’impresa, fino ad un importo massimo di € 200.000,00. La precisazione non è di poco conto, se si considera che l’acceso dibattito dottrinale in merito alla questione se assimilare le spese di sponsorizzazione alle spese di pubblicità o alle spese di rappresentanza aveva (ed ha, per la parte eccedente il tetto massimo previsto dalla norma suindicata), importanti conseguenze fiscali, disciplinate dall’art. 108, comma due del Tuir. Le spese di pubblicità sono, infatti, integralmente deducibili nell’esercizio di competenza, ovvero in quote costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi (cfr. art. 108, comma due, 1° periodo TUIR); mentre le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite di 1/3, sempre in quote costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi ovvero, per beni di valore unitario inferiore ad € 25,82, nel solo esercizio di competenza (cfr. art. 108, comma due, 2° periodo TUIR).

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Volendo, per completezza espositiva, riferire circa le diverse interpretazioni in merito alla natura delle spese di sponsorizzazione, è opportuno segnalare come la dottrina prevalente e l’Amministrazione finanziaria sono orientate nel considerare tali spese come spese di pubblicità (su tutte Ris. M.F. 17/6/1992 – prot. N. 9/204). Anche se tale impostazione, chiaramente, per lo sport dilettantistico, riguarderebbe oneri sostenuti dallo sponsor per importi non superiori ad € 200.000, 00, in quanto, fino a quest’importo, sono, per definizione di legge, considerate spese di pubblicità indipendentemente dall’incertezza che si potrebbe avere circa la loro effettiva natura. Non vi è dubbio che, il legislatore in tale circostanza, abbia voluto incentivare il settore sportivo dilettantistico, sempre necessitato, come abbiamo visto, di reperire mezzi finanziari utili alle attività istituzionali. Anche l’associazione dei dottori commercialisti di Milano, con norma 127 del 4/1/1996 ha catalogato le spese di sponsorizzazione tra quelle di pubblicità. Diversamente il TAR del Lazio che, con Sent. N. 673 del 29/4/1991, in relazione all’esatta individuazione della natura delle sponsorizzazioni, ha sancito l’assimilazione delle spese in commento alle spese di rappresentanza, in quanto la sponsorizzazione “consente solo di richiamare il nome dell’impresa finanziatrice, ma manca del contenuto e dell’effetto tipico del messaggio pubblicitario, nel senso che priva della capacità di cattura, di suggestione e di persuasione del potenziale consumatore”. Altra interpretazione è, invece, fornita dal Secit, che introduce una distinzione: se l’oggetto del messaggio è rappresentato dal prodotto dell’attività dello sponsor, le spese di sponsorizzazione sono assimilate alle spese di pubblicità, con conseguente deducibilità integrale. Se, invece, il messaggio ha ad oggetto il nome dello sponsor, le spese di sponsorizzazione sono assimilate alle spese di rappresentanza, con conseguente deducibilità nel limite di 1/3. In ogni caso, la norma precedentemente richiamata (art. 90, comma 8 della L. 289/2002) ha fugato ogni dubbio e questione in merito a tale dibattito per importi inferiori o uguali ai 200.000,00 euro, che sono, secondo l’interpretazione autentica del legislatore, assimilate alle spese di pubblicità. Va ricordato che si tratta soltanto di un’assimilazione che il legislatore ha voluto specificare ai soli fini della deducibilità del costo per lo sponsor, dato che, da un punto di vista concettuale e civilistico, la sponsorizzazione è diversa dalla pubblicità. Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione (Sent. N. 428 e 429 del 19/1/1996 e 6958 del 1/8/1996 e) si ha:

- pubblicità se l’attività promozionale è, rispetto all’evento, in rapporto di semplice occasionalità (cartelli collocati ai margini di un campo sportivo, pubblicazioni promozionali dell’evento sportivo, manifesti, striscioni ecc);

- sponsorizzazione se tra promozione di un nome o di un marchio e l’avvenimento agonistico viene istituito uno specifico “abbinamento” (nome dello sponsor sulle maglie, borse ecc.). In tal caso si verifica una relazione di connessione con lo spettacolo stesso: l’impresa sponsorizzante utilizza il soggetto sponsorizzato quale veicolo della propria immagine, traendone importanza e prestigio.

Posizione, poi, ripresa e condivisa dall’amministrazione finanziaria con R. M.F. del 9/8/1999 n. 137/E, per l’assoggettamento di tali spese all’imposta sugli spettacoli. Ritornando alla disamina del trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette delle spese di sponsorizzazione, va specificato che, se per importi inferiori o uguali ad € 200.000,00, esse sono assimilate, ai fini fiscali, alle spese di pubblicità, per la parte eventualmente eccedente tale importo bisognerà verificare, caso per caso, se esse saranno da ricondurre alle spese di pubblicità o alle spese di rappresentanza, con conseguente diverso trattamento fiscale. Per ciò che concerne la posizione fiscale da attribuire allo sponsee, va innanzitutto segnalata un’importante e recente R.A.E., la 88/E dell’11/07/2005, che afferma che la sponsorizzazione è da inquadrare come una forma atipica di pubblicità commerciale e che, ai sensi dell’art 148, comma 4 del Tuir, è sempre considerata attività commerciale; in quanto tale, concorre, con i relativi proventi aventi natura commerciale, alla formazione del reddito delle associazioni sportive dilettantistiche e delle società sportive senza scopo di lucro ad esse assimilabili fiscalmente ai sensi dell’art. 90 L. 289/02. Stante l’interpretazione restrittiva dell’amministrazione finanziaria in merito alla considerazione che le sponsorizzazioni sono da considerare rientranti nell’attività commerciale dell’ente che le percepisce, a soli fini tuzioristici, andrebbe verificata la possibilità di applicazione ad esse delle disposizioni contenute nell’art. 143, 1 comma, II periodo, Tuir. A parere di chi scrive, l’estensione della norma di cui sopra che, al verificarsi dei requisiti ivi previsti prevede l’esclusione dei proventi dal reddito imponibile dell’ente sportivo, apparirebbe poco rispondente alla realtà e, come tale,

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enormemente rischiosa per il contribuente. E’ da preferire, pertanto, l’impostazione data dall’amministrazione finanziaria, come sopra è stata specificata, e che rende tali spese sempre assimilabili alle attività commerciali dell’ente stesso. A questo punto è da approfondire la normativa agevolativa prevista specificamente per il settore sportivo dilettantistico, contenuta nella L. 398/1991, nonché dall’art. 25 della L. 133 del 1999. Quest’ultima norma prevede una sorta di “decommercializzazione” dei proventi percepiti dalle associazioni sportive dilettantistiche, estesa anche alle società sportive dilettantistiche, nel limite di € 51.645,69, purchè si tratti:

- di proventi percepiti nello svolgimento di attività commerciale connessa agli scopi istituzionali dell’ente;

- di associazioni sportive dilettantistiche riconosciute da un ente di promozione sportiva (anche se non riconosciuta dal C.O.N.I.);

- di proventi derivanti da un numero di eventi non superiore a 2. Fermo restando il rispetto di tali presupposti, la decommercializzazione dei proventi comporta che gli stessi, nel limite dei 51.645,65, non concorrono alla formazione del reddito del soggetto percepiente, con conseguente esclusione da imposizione diretta. La principale agevolazione per il settore in commento è, invece, la L. 398/1991 (fruibile per opzione) che prevede una tassazione agevolata, ai fini Ires, dei proventi commerciali percepiti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche: il reddito imponibile da tassare è determinato applicando l’aliquota del 3% sui proventi commerciali relativi a ciascun periodo d’imposta, fino all’importo massimo di 250.000,00. In questa ipotesi, i proventi derivanti da sponsorizzazioni si sommano agli altri compensi aventi natura commerciale e, nei limiti stabiliti dal regime forfettario L. 398/91, godono dell’agevolazione. Al riguardo, non va dimenticato l’art. 7, D.L. n. 136/2004 (conv. in L. 186/2004) che stabilisce che il Coni è l’unico organismo certificatore dell’effettiva attività sportiva svolta dall’ente sportivo e, da esso, ne fa discendere anche l’utilizzo di eventuali agevolazioni fiscali. Presso il CONI è stato istituito un apposito Registro a cui devono essere iscritti tutti gli enti sportivi che aspirano ad ottenere il requisito del “riconoscimento sportivo” anche per essere certi di non incorrere in rilievi da parte dell’amministrazione finanziaria in caso di accertamenti tributari.

Irap La questione è, invece, meno articolata per quanto riguarda l’Irap. I proventi (per lo sponsee) e gli oneri (per lo sponsor) derivanti dal contratto di sponsorizzazione rientrano nelle voci di conto economico rilevanti ai fini del tributo e rappresentano, pertanto, proventi tassabili ed oneri deducibili, secondo le regole dell’Ires.

Iva Anche in tal caso è necessario segnalare quanto precisato dalla R.M. n. 88/E dell’11/07/2005: la sponsorizzazione è considerata una forma atipica di pubblicità commerciale che, ai sensi dell’art. 4, comma 5, lett. i) del DPR 633/1972, è considerata sempre attività commerciale, a prescindere dal soggetto che la pone in essere. La conseguenza è che un soggetto che svolge attività di sponsorizzazione è tenuto, per la stessa, a rispettare tutti gli obblighi previsti dalla normativa Iva e ad assoggettare le prestazioni rese con aliquota ordinaria (20%). Per lo sponsee è sancito quale regime agevolativo, la possibilità, per chi opta per le agevolazioni di cui alla L. 398/1991, di detrarre, dall’IVA a debito, forfetariamente un’iva a credito nella misura del 10% dell’iva a debito sulle sponsorizzazioni, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 633/72. Dal punto di vista dello sponsor, secondo le disposizioni dell’art. 2, co. 2 del DPR 633/1973, le cessioni di beni prodotti o commercializzati dallo sponsor sono imponibili con applicazione dell’aliquota d’imposta relativa ai beni ceduti. Lo stesso valga per le c.d. sponsorizzazioni tecniche, che come inizialmente specificato, prevedono lo scambio di beni (sponsor) dietro prestazioni di servizi (sponsee). Essa si configura come un’operazione permutativa atipica, soggetta ad imposizione fiscale ai sensi dell’art. 2, co. 1 del DPR. 633/1972: non essendoci esborso di denaro, il corrispettivo è rappresentato dal valore normale dei beni e servizi ceduti (art. 13, co. 2 dett. d del DPR. 633/1972). In tal caso gli strumenti a disposizione dello sponsor ai fini degli adempimenti Iva sono, alternativamente:

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- autofattura (art. 25 DPR 633/1972);

- registro omaggi (art. 39 DPR 633/1972);

- fattura di vendita (art. 21 DPR 633/1972), con o senza rivalsa dell’Iva.

Imposta di registro L’imposta di registro è applicata nella misura fissa di € 129,11, in quanto il contratto di sponsorizzazione è già sottoposto ad IVA. L’imposta si applica in termine fisso, entro 20 giorni, se il contratto è stipulato per scrittura privata autenticata o per atto pubblico. Si applica, invece, solamente in caso d’uso se il contratto è stipulato nella forma della scrittura privata non autenticata ovvero se tutte le condizioni contrattuali sono sottoposte ad Iva.

2. EROGAZIONI LIBERALI Le erogazioni liberali in denaro sono state, anch’esse, oggetto di una serie di interventi legislativi volti ad agevolare il settore dello sport dilettantistico. In particolare, spetta all’erogante persona fisica, ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett, i) del Tuir, come modificato dall’art. 90 co. 9 della L. 289/2002, una detrazione dall’imposta lorda del 19% su un importo massimo di € 1.500,00, per periodo di imposta, a condizione che l’erogazione sia effettuata a mezzo banca o posta, o altro mezzo idoneo stabilito da M.F. Vanno, inoltre, segnalate alcune norme agevolative a favore delle Onlus, applicabili, quindi, alle associazioni sportive dilettantistiche con finalità sociale. E’ previsto, in particolare, dall’art. 14 del D.Lgs. n. 35 del 17/03/2005, a favore di chi eroga somme di denaro alle Onlus, una deduzione dal reddito imponibile, fino al 10% del reddito stesso, e nel limite di € 70.000,00 annui. Tale normativa, di recente introdotta, non abroga, né tantomeno è cumulabile, con la normativa precedente, ma è alternativa ad essa. Quest’ultima (art. 15, co. 1, lett. 1-bis Tuir) prevede, per le donazioni a favore delle Onlus:

- la detrazione d’imposta pari al 19% (ma con un tetto massimo di € 2.065,82), per le erogazioni effettuate dalle persone fisiche o dagli enti non commerciali;

- la possibilità di usufruire di un onere deducibile dal reddito pari ad € 2.065,83 o al 2% del reddito per le erogazioni effettuate dalle imprese.

Come specificato, tale normativa è solo alternativa a quella introdotta con la L. 35/2005, per cui sarà facoltà del contribuente scegliere la norma a lui più favorevole. A tali disposizioni vanno aggiunte quelle previste dall’art. 25 della L. n. 133/1999, già richiamata a proposito delle sponsorizzazioni: è, infatti, previsto, nel rispetto dei limiti posti dall’articolo in questione (limite dei 51.645,69 euro annui), numero di eventi annui non superiore a 2 e riconoscimento dell’associazione da un Ente di promozione sportiva, che non concorrano a formare reddito imponibile anche le raccolte pubbliche di fondi. Con la conseguenza che, se condotte con tale modalità e nel rispetto dei limiti suddetti, anche il fund raising non concorrerà a formare il reddito del soggetto percepiente.

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Dott. Andrea Liparata – Consulente Regionale Fiscosport Lazio Dottore Commercialista in Roma - Collaborazioni con il settimanale economico fiscale “Italia Oggi sette”, il mensile “Terzo Settore” ed il settimanale “La settimana fiscale” - gruppo Il sole24ore, il settimanale “Il Fisco” De Agostini Editore. e-mail: [email protected] La gestione del bar sociale e gli adempimenti privacy

LA GESTIONE DEI BAR NEI CIRCOLI SPORTIVI La somministrazione di alimenti e bevande, rappresenta un’attività estremamente diffusa nell’ambito dei circoli e delle associazioni aventi finalità di carattere sportivo dilettantistico, ricreativo e culturale. Le motivazioni che giustificano l’apertura di bar presso enti non lucrativi, compresi quelli sportivi dilettantistici, possono ricondursi ai seguenti: 1) esigenza di incrementare le entrate finanziarie dell’ente; 2) miglioramento delle condizioni di permanenza degli associati presso il circolo. La qualificazione tributaria delle attività di somministrazione, sia ai fini delle imposte dirette, sia per le indirette è stata oggetto di numerosi interventi di carattere giurisprudenziale che ne hanno delineato i profili della rilevanza tributaria. Le casistiche di interesse Quando ci si sofferma ad esaminare i profili dell’imponibilità IRES e IVA dell’attività di gestione di bar è opportuno sottolineare che la problematica fiscale riguarda prevalentemente quelle entità di tipo associativo e societario, fiscalmente privilegiate, indicate negli artt.148 comma 3) del DPR n.917/1986 e 4 comma 4) del DPR n.633/1972. Diversamente, per tutte le altre tipologie non lucrative, variamente riconducibili alla definizione di ente non commerciale contenuta all’art.73 comma 1) lett.c) del TUIR, l’attività di gestione di bar e più in generale quella di somministrazione di alimenti e bevande assume sempre natura commerciale e rilevanza ai fini dell’imponibilità sia IRES, sia IVA. Inoltre, con riferimento a quelle tipologie di enti non lucrativi che assumono la qualifica di Onlus, il problema della gestione di attività di bar, deve essere affrontato tenendo conto della compatibilità rispetto alle previsioni contenute nell’art.10 del D.Lgs. n.460/1997. Infatti se l’attività di somministrazione non dovesse essere potenzialmente riconducibile ad un’attività istituzionale, ovvero direttamente connessa, la Onlus si troverebbe nella condizione di perdere la propria qualifica. Le imposte dirette Secondo quanto stabilito dall’art.148 comma 3) del TUIR non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici purché rivolte ad iscritti, associati e partecipanti. È proprio dall’interpretazione più o meno estensiva della predetta disposizione che derivano le principali incertezze in materia di imponibilità IRES. Infatti, se si accolgono le tesi generalmente sostenute dall’Amministrazione Finanziaria e dalla giurisprudenza prevalente, la gestione di bar ha una natura intrinsecamente commerciale, in quanto variamente assimilabile alle somministrazioni di pasti e alla gestione di spacci aziendali e mense. Diversamente, se si adotta un’interpretazione delle disposizioni tributarie più favorevole al contribuente, si potrebbe osservare che la gestione di bar presso circoli, rivolta nei confronti di associati, non è assimilabile alla gestione di uno spaccio ma più propriamente si profila come attività accessoria all’istituzionale, in quanto idonea a garantire una migliore permanenza degli associati nei locali dell’ente. Tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente in materia, il beneficio della non imponibilità IRES riguarda esclusivamente le attività effettuate in conformità ed in attuazione alle finalità istituzionali e la gestione di un bar, in quanto avente inequivoca natura commerciale, non può ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità istituzionali di un ente sportivo. Del resto, solo in ipotesi di prestazioni e di servizi che realizzino le finalità istituzionali senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione, è possibile ipotizzare fattispecie non rilevanti ai fini IRES.

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Imponibilità IVA Analoghe considerazioni a quelle effettuate in materia di imposte dirette possono evidenziarsi in ambito IVA. Gli indirizzi maggiormente favorevoli al contribuente stabiliscono l’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA dei proventi derivanti dalla gestione di bar presso circoli, riconducendo la somministrazione nella fattispecie individuata dall’art.4 comma 4) del DPR n.633/1972. Di conseguenza, l’attività di gestione di un bar presso un sodalizio sportivo è assimilata ad una prestazione di servizi nei confronti di associati e partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, esclusa dal campo di applicazione dell’IVA. In particolare, la tesi dell’esclusione può essere sostenuta affermando: 1) l’attività di bar è diversa da quella di spaccio, e solo per quest’ultima si riscontra una

presunzione legislativa di commercialità; 2) l’attività di bar risulta accessoria alle finalità istituzionali sportivo dilettantistiche, in quanto

favorisce la permanenza degli associati presso la sede sociale; Pertanto, secondo la tesi giurisprudenziale minoritaria favorevole al contribuente, si può affermare che i proventi derivanti dalla gestione di bar si configurano come esclusi, quando sono contestualmente soddisfatte le seguenti condizioni: a) deve trattarsi di attività accessorie rispetto quelle istituzionali; b) l’eccedenza rispetto ai costi di diretta imputazione deve essere interamente impiegata nelle

finalità non lucrative dell’ente; c) la somministrazione deve rivolgersi esclusivamente nei confronti di associati e partecipanti. Diversamente e secondo le tesi dell’amministrazione finanziaria e giurisprudenziali prevalenti, la gestione di un esercizio di bar non può ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità di circolo sportivo. La gestione di bar ha intrinseca e incontestabile natura commerciale e come tale non può ricondursi fra le finalità proprie delle associazioni In particolare, il beneficio dell’esclusione da IVA è da attribuire solo a quelle somministrazioni che soddisfino le seguenti condizioni: 1) siano effettuate nei confronti degli associati e soggetti assimilati; 2) siano inidonee ad evidenziare un utile economico; 3) siano svolte in assenza di organizzazione; 4) siano caratterizzate da corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione.

- L’IMPONIBILITA’ DELL’ATTIVITA’ DI BAR SECONDO LA CASSAZIONE - Sentenza Tributo Esito

Corte di Cassazione Sez.III Sent. n.310 del 13/01/1999 IVA/IRES imponibilità

Corte di Cassazione Sez.Tributaria Sent. n.6340 del 03/05/2002 IRES imponibilità

Corte di Cassazione Sez.Tributaria Sent. n.280 del 13/01/2004 IVA esclusione da

imposizione Corte di Cassazione Sez.Tribuatria Sent. n.18560 del 20/09/2005 IVA esclusione da

imposizione Corte di Cassazione Sez.V Sent. n.19843 del 12/10/2005 IRES imponibilità

Corte di Cassazione Sez.V Sent. n.19840 del 12/10/2005 IVA imponibilità

Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile n.612 del 13/01/2006 IVA imponibilità

LE RACCOLTE OCCASIONALI DI FONDI UN’IPOTESI DI NON RILEVANZA FISCALE L’art.143 comma 3 lett.a) del TUIR e il comma 2) dell’art.2 del DLgs n.460/1997 stabiliscono, per gli enti non commerciali, che non risultano imponibili né ai fini IRES, né IVA, oltreché esenti da ogni altro tributo, i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche occasionali anche con scambio/offerta di beni di modico valore o di servizi ai sovventori. Ai fini dell’applicabilità delle richiamate agevolazioni fiscali di carattere tributario, è necessario che le raccolte in parola soddisfino i seguenti requisiti: 1) occasionalità dell’evento; 2) concomitanza con celebrazioni, ricorrenze e campagne di sensibilizzazione; 3) modico valore dei beni eventualmente ceduti;

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4) obbligatorietà di una rigorosa rendicontazione dell’evento. È interessante evidenziare che in presenza dei predetti eventi occasionali, possono individuarsi quali modalità di raccolta fondi, escluse da imponibilità, anche l’effettuazione di attività di somministrazione finalizzate a incentivare l’afflusso di liberalità nei confronti dell’ente non lucrativo. Analogamente e ad esclusivo beneficio degli enti sportivi dilettantistici, compresi quelli costituiti in forma societaria, devono richiamarsi le agevolazioni stabilite dall’art.25 della L.n.133/1999. Tale norma prevede espressamente la non rilevanza ai fini IRES, per un numero di eventi non superiore a due per anno e per un importo complessivo non superiore ad euro 51.645,69 dei proventi derivanti da: 1) svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali; 2) raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’143 comma 3, lett.a), del TUIR. In questa circostanza sono riconducibili alle attività commerciali connesse alle istituzionali in esenzione di IRES, le attività di somministrazione effettuate nei confronti dei partecipanti alla manifestazione. Tuttavia, la possibilità di fruire del regime di esclusione dall’IVA è configurabile solo se riscontrato il requisito dell’occasionalità. In altri termini, se il circolo effettua attività di somministrazione abitualmente, ad esempio perché gestisce un bar, potrà beneficiare solo dell’esenzione da IRES.

Sintesi del quadro tributario A seguito dell’analisi delle diverse pronunce giurisprudenziali succedutesi nel tempo il quadro della qualificazione tributaria della gestione di bar effettuata da circoli nei confronti di associati assume dei connotati più chiari, anche se ormai sembra preclusa la possibilità di spazi agevolativi. Attualmente, sembra consolidata un’interpretazione estremamente restrittiva che accoglie pienamente le tesi dell’Amministrazione Finanziaria, secondo cui la gestione di bar è comunque da considerare fiscalmente rilevante, in quanto assimilabile alla gestione di spacci e alla ristorazione. Tale orientamento, di fatto rende difficile ipotizzare gestioni di bar da parte di circoli sportivi che non abbiano i connotati della rilevanza tributaria. Pertanto, a titolo conclusivo e di sintesi, le uniche circostanze in cui può ancora ipotizzarsi un’irrilevanza fiscale sono quelle di somministrazioni riconducibili alternativamente: 1) eventi di raccolta occasionale di fondi; 2) gestioni di bar ed esercizi similari da parte di associazioni d promozione sociale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero degli Interni; 3) attività effettuate in assenza di organizzazione e per corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione. LA PRIVACY NEGLI ENTI SPORTIVI Il D.Lgs n.196/2003 ha imposto e con scadenze diversificate, una serie di adempimenti nei confronti di tutti i soggetti sia pubblici, sia privati che trattano a vario titolo dati personali. La disciplina e gli adempimenti privacy purtroppo risultano scarsamente adottati e la percezione che si riceve dagli operatori a vario titolo coinvolti, è quella di considerare le problematiche inerenti il trattamento dei dati come un elemento di carattere facoltativo. In realtà è opportuno evidenziare che gli inadempimenti in materia di privacy, sono destinatari di una disciplina sanzionatoria piuttosto restrittiva che in alcuni casi assume persino rilevanza penale. Tali semplici e brevi iniziali considerazioni, al solo fine di ricordare che il settore sportivo dilettantistico non risulta esonerato dagli adempimenti in materia di privacy, e che in presenza di entità associative non riconosciute, le potenziali sanzioni pecuniarie non coperte dal patrimonio dell’ente gravano sui soggetti che assumono il ruolo di rappresentanti legali. Gli elementi di definizione Tutta la disciplina della privacy, si fonda su un sistema organizzativo che il legislatore intende diffondere quale schema generale idoneo a garantire un adeguato controllo, in ordine ai momenti dell’acquisizione e del successivo trattamento dei dati personali. In proposito, ai fini della comprensione del modello organizzativo ideato per la tutela nel trattamento dei dati personali, è opportuno soffermarsi nell’esaminare i principali concetti definitori dettati all’art.4 del D.Lgs n.196/2003.trattamento di dati: la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;

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1) dato personale: qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;

2) dati identificativi: i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato; 3) dati sensibili: i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni

religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;

4) titolare: la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;

5) responsabile: la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali;

6) incaricati: le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile;

7) interessato: la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali;

8) comunicazione: il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

9) diffusione: il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione.

Nell’ambito di un circolo sportivo (titolare), sia esso costituito in forma associativa, sia in forma societaria è necessario che il trattamento dei dati personali degli interessati (soci, fruitori,clienti, fornitori atre entità comprese le federazioni ecc.) sia svolto nel rispetto della legge con particolare attenzione alla protezione, tutela, e necessità nel trattamento. L’acquisizione dei dati da parte di un circolo. Quale primo elemento è importante che i circoli sportivi acquisiscano e conservino i dati personali degli interessati solo quando questi risultino necessari allo svolgimento delle attività statutariamente stabilite. Inoltre, la conservazione dei dati personali acquisiti deve avvenire in modo da evitare l’identificazione dell’interessato, salvo il caso in cui ciò non risulti necessario. In fase di iniziale acquisizione dei dati da parte del circolo sportivo, si può ipotizzare ad esempio l’ingresso di un nuovo associato/fruitore, è necessario fornire un’informativa nei confronti dell’interessato. L’informativa, che può avvenire anche in forma verbale, anche se per fini probatori risulta opportuna la forma scritta deve fornire:

1) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati- (ad es. per la pratica sportiva, per adempimenti amministrativi ecc.);

2) la natura obbligatoria o facoltativa del trattamento e le conseguenze di un eventuale rifiuto di fornire i dati ( un associato deve necessariamente fornire i propri dati anagrafici all’ente sportivo per i necessari e obbligatori adempimenti amministrativi, in caso contrario non sarà possibile procedere con l’iscrizione);

3) i soggetti e le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza (per esempio i dipendenti e i collaboratori del circolo, eventuali consulenti, la federazione sportiva, l’amministrazione finanziaria ecc.);

4) i diritti di cui all’art.7 del DLgs n.196/2003 (origine dei dati, finalità del trattamento, aggiornamento ecc.);

5) gli estremi identificativi del titolare e di almeno un responsabile. Alla cessazione del trattamento i dati devono essere essenzialmente distrutti ovvero destinati alle specifiche finalità previste dall’art.16 del D.Lgs. n.193/2006. Il trattamento dei dati può avvenire solo in presenza di consenso espresso dell’interessato, il consenso deve essere manifestato in forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili. Tuttavia, si evidenzia che il consenso è validamente prestato solo se documentato per iscritto, in proposito è opportuno prestare particolare attenzione all’acquisizione del consenso quando i dati degli interessati sono utilizzati per finalità extra-sportive, ad esempio commerciali o promozionali.

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Diversamente, il consenso potrebbe non essere acquisito, purché non si realizzi comunicazione all’esterno e diffusione, quando è effettuato nei confronti degli associati/aderenti per finalità istituzionali con modalità rese note all’atto dell’informativa di cui all’art.13 del D.Lgs. n.196/2003. I trattamenti di dati sensibili, che generalmente non interessano gli enti sportivi, possono essere effettuati solo in presenza di consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione dell’autorità garante. I trattamenti di dati sensibili Con riferimento alle entità non lucrative è prevista una specifica disciplina del trattamento dei dati sensibili, contenuta nell’autorizzazione n.3 del Garante per la protezione dei dati personali. In proposito è stabilito: 1) esonero dall’acquisizione del consenso quando il trattamento è effettuato da associazioni, enti

od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi compresi partiti e movimenti politici, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, relativamente ai dati personali degli aderenti o dei soggetti che in relazione a tali finalità hanno contatti regolari con l’associazione, ente od organismo, sempre che i dati non siano comunicati all’esterno o diffusi e l’ente, associazione od organismo determini idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, prevedendo espressamente le modalità di utilizzo dei dati con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa. Tale esonero non coinvolge e interessa gli enti sportivi che quando trattano dati sensibili devono pertanto procedere all’acquisizione del consenso da parte dell’interessato;

2) obbligo di configurare i sistemi informativi e i programmi informatici riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, ricorrendo ove possibile all’utilizzazione di dati anonimi;

3) autorizzazione al trattamento di dati sensibili, per finalità tra le altre sportive o agonistiche di tipo non professionistico, culturali e di formazione;

4) l’autorizzazione riguarda anche la tenuta di registri e scritture contabili, di elenchi, indirizzari e degli altri documenti necessari per la gestione amministrativa dell’ente, per l’adempimento di obblighi fiscali, per la diffusione di bollettini, riviste e simili;

5) gli interessati per i quali è autorizzato il trattamento di dati sensibili, in caso di enti sportivi sono: gli associati, i soci (compresi i familiari e conviventi), gli aderenti, i sostenitori, i sottoscrittori, i soggetti che presentano richiesta di ammissione o di adesione, coloro che hanno contatti regolari con l’ente, i soggetti che ricoprono cariche sociali o onorifiche, i beneficiari, gli assistiti, e i fruitori delle attività;

6) i dati sensibili oggetto di autorizzazione da parte del garante sono quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere e atre tipologie di dati che in generale non interessano i circoli sportivi. Diversamente, non sono coperti dall’autorizzazione generale i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Le misure di sicurezza Dopo aver esaminato succintamente gli aspetti connessi ai profili dell’acquisizione e delle autorizzazioni necessarie al trattamento di dati personali in capo ad enti sportivi dilettantistici, è opportuno soffermarsi brevemente ad esaminare gli obblighi in materia di misure di sicurezza. Le misure di sicurezza trovano la loro efficace applicazione previa creazione di una struttura organizzativa interna che può immaginarsi suddivisa secondo il seguente schema ideale: a) titolare del trattamento dati: si tratta dell’ente sportivo dilettantistico che si pone quale ultimo

responsabile di tutte le attività di trattamento realizzate; b) responsabile del trattamento dei dati (interno od esterno): soggetto preposto al trattamento dei

dati da parte del titolare - in questa categoria rientrano tra gli altri gli eventuali consulenti esterni all’ente (avvocato, commercialista, consulente del lavoro, medico sportivo ecc.);

c) incaricato al trattamento dei dati (interno o esterno): persone fisiche incaricate di singoli trattamenti;

d) responsabile ed eventuali incaricati copie di sicurezza e ripristino dati (interno o esterno): si tratta dei soggetti incaricati dell’effettuazione delle copie di sicurezza degli archivi informatici e delle conseguenti prove di ripristino;

e) responsabile ed eventuali incaricati dei locali (interno o esterno): si tratta dei soggetti incaricati ad evitare accessi non autorizzati nei locali in cui sono conservati dati personali;

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f) responsabile ed eventuali incaricati copie credenziali (interno o esterno): si tratta dei soggetti tenuti alla conservazione e rinnovo delle credenziali (password e username) per l’accesso agli strumenti informatici utilizzati per il trattamento dei dati;

g) responsabile ed eventuali incaricati manutenzione strumenti (interno o esterno): si tratta dei soggetti tenuti alla verifica delle esigenze di manutenzione degli strumenti, agli aggiornamenti dei programmi e dei sistemi antivirus, firewall e antispam.

In proposito, è necessario distinguere l’ipotesi di trattamenti con strumenti elettronici da quella effettuata esclusivamente secondo modalità cartacee. Dopo aver individuato un adeguato organigramma, l’ente sportivo deve procedere ad adottare e gestire le obbligatorie misure di sicurezza individuate dal D.Lgs n.196/2003 e dallo specifico allegato B. Le misure da adottare risultano diversificate in relazione alle tipologie di trattamento dati che possono essere effettuate secondo modalità informatiche ovvero cartacee. Obblighi in termini di misure di sicurezza in presenza di trattamenti effettuati con strumenti informatici: - Obbligo di redazione di un DPS (documento programmatico sulla sicurezza), da aggiornare

almeno annualmente, in presenza di trattamenti di dati sensibili con strumenti elettronici con previsione di interventi formativi periodici;

- Obbligo per gli operatori che accedono ai computer di essere dotati di una username e password, che servono per consentire l’accesso a singoli archivi, ad insiemi ovvero a tutti gli archivi presenti negli strumenti elettronici in uso;

- Accesso al computer da parte dei singoli operatori solo a seguito della digitazione della username e password segrete e conosciute esclusivamente dal singolo operatore;

- Obbligo di conservazione di password e username in busta chiusa da parte del responsabile copie credenziali, per eventuali accessi di emergenza. Tuttavia, in tali circostanze l’operatore deve essere informato tempestivamente dell’accesso;

- Previsione di password di almeno otto caratteri, ovvero del numero massimo consentito dallo strumento elettronico utilizzato;

- Modifica delle pasword almeno ogni 6 mesi in presenza di dati personali comuni, 3 mesi in caso di dati sensibili;

- Divieto di attribuzione di username e password identiche a diversi operatori; - Disattivazione delle credenziali trascorsi 6 mesi di inattività; - Obbligo annuale di verifica della sussistenza delle condizioni per la conservazione di

username e password; - Obbligo di aggiornamento (semestrale/annuale) dei programmi utilizzati dai sistemi

elettronici in cui si verifica il trattamento dei dati ; - Obbligo di effettuazione di salvataggi dei dati personali presenti nei computer almeno

settimanale e conseguenti prove di ripristino; - Obbligo di dotare gli strumenti di un sistema Antivirus, Firewall e Antispam; - Obbligo di aggiornare ogni sei mesi i sistemi Antivirus, Antispam e Firewall.

Obblighi in termini di misure di sicurezza in presenza di trattamenti effettuati con strumenti informatici: - obbligo per il titolare/responsabile di impartire istruzioni scritte a tutti gli incaricati contenenti

istruzioni scritte finalizzate al controllo e alla custodia degli atti e documenti contenenti dati personali;

- obbligo di aggiornamento almeno annuale della lista degli incaricati al trattamento dei dati personali;

- obbligo per gli incaricati, in presenza di dati sensibili, di controllare e custodire durante il trattamento i documenti ricevuti;

- controllo degli accessi agli archivi contenenti dati sensibili; - in ipotesi di persone che accedono agli archivi sensibili dopo l’orario di chiusura, obbligo di

preventiva autorizzazione.

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ANNOTAZIONI

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INDICE

Pag,

RAG. PIETRO CANTA Fiscosport: l’aggiornamento settimanale al fianco del Dirigente sportivo 3

DOTT. PATRIZIA SIDERI Proiezione slide sull’iscrizione al registro del CONI 4

AVV. KATIA SCARPA La responsabilità civile e penale nello sport 9

DOTT. STEFANO ANDREANI La srl sportiva: adempimenti civilistici e fiscali 22

DOTT. NICOLA CECCONATO L’associazione sportiva dilettantistica e le agevolazioni fiscali 27

DOTT. LUCA CORVI Il Meeting dei Consulenti: le soluzioni prospettate e i dubbi irrisolti 38

DOTT. ROSANNA D’AMORE Le novità del decreto Bersani per il no profit e l’addio all’F24 cartaceo 39

DOTT. GIULIANO SINIBALDI

La contribuzione ENPALS e la tipologia dei redditi diversi 46

DOTT. GIANCARLO SENESE Sponsorizzazioni e liberalità a favore dello sport dilettantistico 66

DOTT. ANDREA LIPARATA La gestione del bar sociale e gli adempimenti privacy 71