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F ISCALITÀ ESTERA n. 3 • 2016 Aspetti ed elementi contrattuali Aspetti fiscali Imposte e tasse Doganale Societario Giurisprudenza Varie Quesiti

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FISCALITÀESTERA n. 3 • 2016

• Aspetti ed elementi contrattuali• Aspetti fiscali• Imposte e tasse• Doganale• Societario• Giurisprudenza• Varie• Quesiti

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FISCALITÀESTERAFiscalità EsteraRivista telematica mensile Registrata al Tribunale di Padova n. 1466del 23-05-2012

Direttore responsabileLuigia Lumia

Coordinamento scientificoCristina Rigato

Comitato scientificoLorenzo RiccardiAna PerezPaolo BattagliaStefano GrigolettiLuigi Rodella

Progetto graficoNiki Caragiulo

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Sommario 20163

ASPETTI FISCALI

Fiscalità e opportunità in Europa non UE: la Bosnia-Erzegovina, quel piccolo grande sconosciuto ............................................................................................................. » 4

u Ana Maria Pérez Magdalena

Le ultime novità in materia di CFC .......................................................................... » 9 u Diana Pérez Corradini

Il MOSS nei servizi digitali resi a privati................................................................... » 11 u Luca Fornaciari, Alessandro Garlassi

Il lavoro estero nella Certificazione Unica 2016 ..................................................... » 14 u Luigi Rodella

La stabile organizzazione (permanent establishment) ............................................. » 24 u Paolo Soro

Dati Export 2015 (1a parte) ...................................................................................... » 28 u Maurizio Verona

VARIE

Crediti di imposta per redditi prodotti all’estero. Le conseguenze del criterio di reci-procità ..................................................................................................................... » 31

u Paolo Antonio Iacopino, Chiara Porrovecchio

Gli IFRS per le PMI (2a parte) ................................................................................... » 33 u Paolo Battaglia

Il Regime doganale speciale del Kazakhstan ............................................................ » 35 u Alihan Bijanov, Francesco Capoccia

“One belt, one road” – La nuova via della seta ........................................................ » 37 u Gianni Gregoris

Social e Digital marketing per l’export e l’internazionalizzazione delle pmi ............ » 39 u Stefano Grigoletti

Le tendenze della fiscalità nell’Unione Europea ...................................................... » 42 u Claudia Scardino

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Fiscalità e opportunità in Europa non UE: la Bosnia-Erzegovina, quel piccolo grande sconosciuto

Il territorio della Bosnia-Erzegovina comprende una superficie di circa 51.197 Km2, confinante per gran parte con la Croazia, Montenegro e Serbia. L’Italia è uno dei princi-pali partner commerciali e geograficamente è vicino.Oggi la Bosnia-Erzegovina è una Repubblica di tipo federale, divisa in tre parti: due entità federali, la Federazione di Bosnia-Erzegovina e la Repubblica Srpska, e il distretto autonomo di Brčko.Si attende una crescita del PIL reale del 3.00% nel 2016, che dovrebbe essere supporta-ta anche da un aumento della domanda di importazioni dalla zona euro e dai paesi li-mitrofi nei Balcani.La valuta bosniaca è ancorata all’Euro con un rapporto di cambio fisso (1 € = 1,955 KM). Il Paese offre interessanti opportunità di investimento: la tassazione agevolata, la pre-parazione della mano d’opera a disposizione, gli incentivi per i non residenti, oltre alla posizione strategica in CentroEuropa ed ai minori costi produttivi sono dei punti di forza che andrebbero valutati in un eventuale investimento produttivo/strategico.

Investire in Bosnia-ErzegovinaLa Bosnia-Erzegovina ha creato no-tevoli incentivi agli investimen-ti diretti esteri. Inoltre, il Paese of-fre molti aspetti invitanti per essere scelta come meta d’investimento: • La posizione strategica (accesso

al mare, fiumi, ferrovie e nuove infrastrutture stradali) – Trieste è a 360Km dal confine;

• Importante tradizione in vari settori industriali: miniere, me-tallo, alluminio e acciaio, le-gno, produzione di energia, in-dustria tessile e cuoio, indu-

stria e di difesa (soggetta a re-strizioni);

• Accordi commerciali preferen-ziali;

• Forza lavoro istruita e a costi competitivi;

• Sistema fiscale e doganale favo-revole;

• Notevole potenziale energetico, maggior Paese esportatore nei Balcani; Nuove leggi sulle risor-se rinnovabili e la produzione di energia elettrica;

• Gli investitori stranieri hanno la possibilità di trasferire all’estero

i proventi derivanti dal loro in-vestimento in Bosnia-Erzegovi-na senza restrizioni ed in valuta convertibile.

Inoltre gli investimenti stranieri e lo-cali subiscono lo stesso trattamen-to. I diritti ed agevolazioni garantiti agli investitori stranieri e le obbliga-zioni imposte dalla legge non pos-sono estinguersi o essere eliminati dall’approvazione successiva di leg-gi o regolamenti. Anzi, qualora l’ap-provazione di leggi e regolamenti ulteriori sarà più favorevole agli in-vestitori stranieri, essi avranno il di-

AnA MAriA Pérez MAgdAlenASpagnola, dopo diverse esperienze professionali all’estero arriva a Trieste nel 1997. Ha maturato 18 anni di esperienza nel settore della pianificazione e dell’internazionalizzazione d’impresa, partico-larmente nei Paesi dell’Est Europa, dove ha gestito diversi progetti di carattere imprenditoriale. Tra i paesi “incrociati” nel proprio percorso professionale, caratterizzato da costanti esperienze matu-rate all’estero, si citano la Russia, la Bulgaria, la Slovenia, la Croazia, l’Ungheria, che l’hanno vista impegnata nel coordinamento di progetti di insediamento, delocalizzazione, sviluppo di Model Farm, creazione di incubatori per le aziende, predisposizione di Studi settoriali di carattere commerciale o servizi di carattere legale/fiscale sul territorio.Ha coordinato e partecipato anche in qualità di re-latrice a convegni e incontri di Studio nel settore dell’internazionalizzazione d’impresa. Ana Maria è amministratore di A.M.I.C.A. Int.nal Services, società di servizi di supporto alle aziende che svolgo-no attività in ambito internazionale. Analisi e promozione degli investimenti all’estero.

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ritto di scegliere il regime applicabi-le al relativo investimento.Non ci sono limiti sulla tipologia di investimenti stranieri diretti in Bo-snia-Erzegovina, eccetto per la pro-duzione e la vendita di armi, mu-nizioni, esplosivi per uso militare, equipaggiamento militare e i me-dia. La partecipazione straniera al capitale di tali imprese non può es-sere superiore al 49% della società partecipata.

FiscalitàIl sistema di tassazione della Bo-snia-Erzegovina è uno dei più van-taggiosi che esistono in Europa.Il regime fiscale della Bosnia-Er-zegovina è caratterizzato dalle se-guenti imposte:• Imposta sul reddito delle perso-

ne giuridiche (IRES)• Imposta personale sul reddito

(IRPEF)• Imposta sul valore aggiunto (IVA)• Imposta sulla proprietà (IMU o

TARI)

Imposta sul reddito delle persone giuridicheL’’aliquota è pari al 10%, calcolata sulla base imponibile, e ovviamen-te grava su tutte le imprese che ef-fettuano un’attività economica con-tinuativa vendendo beni e offren-do servizi sul mercato. La stessa ali-quota è presente nella Repubblica Srpska, e nel Distretto Brčko .I soggetti che devono versare l’im-posta sul reddito delle società sono:- un soggetto residente in Bosnia-

Erzegovina, che realizza un pro-fitto nel territorio;

- un soggetto non residente che realizza un profitto nel territorio

Inoltre vi sono una serie di agevola-zioni fiscali:

- gli esportatori abituali (più del 30% del fatturato all’esportazio-ne nel corso dell’anno fiscale) avrà diritto all’esenzione..

- altre agevolazioni riguardano le aziende che per cinque anni con-secutivi investono 20 milioni di KM (cca. 10 milioni di Euro); l’in-vestimento nel primo anno non può essere inferiore a 4 milioni di KM (cca. 2 milioni di Euro);

- oppure assumono personale portatore di handicap.

Le joint-ventures possono usufruire di un regime agevolativo per i primi anni di attività se raggiungono de-terminate condizioni: 100% per il primo anno, 70% per il secondo e 30% per il terzo.La Legge sugli investimenti stranieri garantisce a tutti gli investitori stra-nieri il rimpatrio dei profitti derivan-ti dai loro investimenti in Bosnia-Er-zegovina. La legge bosniaca sugli investimen-ti esteri permette alle imprese loca-li e straniere di aprire conti correnti presso una o più banche locali e di trasferire i profitti senza alcun limite.

Imposta sul reddito delle persone fisicheSono chiamati a versare questo ti-po di imposta le persone fisiche re-sidenti e non nel territorio della Bo-snia-Erzegovina.La persona fisica è definita residen-te se detiene una residenza fissa e permanente all’interno del Paese, oppure trascorre un periodo di al-meno 183 giorni nel territorio du-rante ogni periodo fiscale.L’aliquota d’imposta è la stessa che viene applicata per le persone giuri-diche: 10%; la stessa aliquota si ap-plica nella Repubblica Srpska e nel Distretto di Brčko.

Imposta sul valore aggiuntoL’aliquota d’imposta sul valore ag-giunto (VAT) è pari al 17%. Le so-cietà sottopongono la domanda per l’applicazione dell’IVA/VAT all’Auto-rità per la Tassazione Indiretta della Bosnia – Erzegovina (sede centrale di

Banja Luka o nei Centri Regionali di: Sarajevo, Tuzla, Mostar, Banja Luka).

Imposta sulla proprietàSecondo quanto riportato dalla FI-PA (Foreign Investment Promotion Agency), le aliquote delle tasse sul-la proprietà dipendono dalla collo-cazione della proprietà stessa. In Bosnia-Erzegovina l’aliquota è pa-ri al 5%, e la base imponibile è il va-lore della proprietà stimato da una commissione nominata dall’ufficio dell’amministrazione fiscale locale.La tassa sul passaggio di proprietà è solitamente di competenza del ven-ditore (a seconda della località in cui la proprietà viene venduta). Nei Cantoni di Sarajevo e dell’Erzegovi-na-Neretva la tassa sul passaggio di proprietà è a carico dell’acquirente.Nella Repubblica Srpska, l’aliquota della tassa sulla proprietà non può essere minore dello 0,05% del valo-re stimato dell’immobile, e non de-ve superare lo 0,50% del valore sti-mato del bene immobile.Nel Distretto di Brčko, l’aliquota della tassa sulla proprietà non può essere minore dello 0,05% del valo-re stimato dell’immobile, e non de-ve superare l’1,0% del valore stima-to del bene immobile. Vige l’obbligo di pagare le tasse con la conclusione del contratto di ven-dita. La domanda per il pagamen-to delle imposte va presentata entro 15 giorni (Bosnia-Erzegovina) oppu-re 10 (nella RS e nel DB) all’ufficio dell’Agenzia Fiscale territorialmen-te competente.

Rapporti della Bosnia con i vari Paesi Eu e a livello internazionaleLo sviluppo e le prospettive future del Paese sono collegate all’anda-mento delle economie dell’eurozo-na. La crisi delle ultime tuttavia sta mettendo in difficoltà l’organizza-zione e lo sviluppo politico ed eco-

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nomico della Bosnia-Erzegovina.L’entrata nell’Ue è considerata un fattore strategico e molto impor-tante per la crescita del paese sot-to vari aspetti, ma si teme che la cri-si dell’eurozona possa avere un im-patto negativo sulle riforme struttu-rali da apportare.Il 15 febbraio 2016, la Bosnia ha presentato la domanda di adesione all’Unione Europea.Come attività commerciale di spic-co vengono esportati prevalente-mente i metalli semplici e i loro pro-dotti, i macchinari e l’attrezzatura elettrotecnica, mentre nelle impor-tazioni sono dominanti i combusti-bili minerali, seguono i macchina-ri e l’attrezzatura elettrotecnica ed i prodotti dell’industria chimica.I principali partner commerciali della Bosnia-Erzegovina sono: Ger-mania, Italia, Croazia e Serbia.L’Italia, con un interscambio di oltre 1,5 miliardi di euro nel 2015, con-solida la sua posizione di secondo partner economico del Paese. La Bosnia-Erzegovina ha firmato una diversità di accordi commer-ciali a livello internazionale:• l’Accordo Centro-Europeo di Li-

bero Scambio (CEFTA) con i se-guenti Paesi: Albania, Serbia, Moldavia, Montenegro, Croazia (esclusa dopo il 01 luglio 2013), Macedonia, UNMIK/Kosovo;

• Accordo di Libero Scambio con la Turchia che assicura libero ac-cesso a un mercato di 73 milioni di consumatori;

• Accordi regionali e bilaterali di libero scambio.

La Bosnia-Erzegovina ha sottoscrit-to 37 Convenzioni contro la doppia imposizione (Italia inclusa).

Accordi privilegiati e rapporti economici tra Bosnia-Erzegovina e ItaliaUno degli accordi più importanti tra il Governo della Repubblica Italiana

e il Governo della Bosnia-Erzegovi-na è entrato in vigore il 10 febbra-io 2005, si tratta dell’Accordo sul-la Promozione e la Protezione de-gli Investimenti, sottoscritto proprio per creare condizioni favorevoli per una maggiore cooperazione econo-mica fra i due Paesi ed in particolare per gli investimenti di capitale.È inoltre in via di finalizzazione un Accordo bilaterale di collaborazio-ne economica, che fornirà la corni-ce per l’intensificazione dei rappor-ti economici bilaterali, soprattutto in campo industriale e tecnologico.Tra gli accordi bisogna ricordare la Convenzione contro le doppie im-posizioni, firmata a Belgrado il 24 febbraio 1982 e ratificata con L. n. 974 del 18 dicembre 1984 – in vi-gore dal 3 luglio 1985. (La Conven-zione stipulata con la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia si applica alla Serbia, al Montenegro  e alla Bosnia-Erzegovina). Per quanto riguarda i rapporti com-merciali ed economici con l’Italia il nostro paese nel 2015 è stato il se-condo partner commerciale sia per quanto riguarda le esportazioni che le importazioni, secondo i dati pub-blicati dalla BHAS, cioè l’Istat locale.L’Italia occupa quindi un consoli-dato ruolo di primo piano nel com-mercio con la Bosnia-Erzegovina.All’interno del Paese sono localiz-zate circa 100 imprese italiane che hanno deciso di creare delle joint venture con partner bosniaci, di in-vestire direttamente in quelle che sono le principali industrie come ad esempio investimenti greenfield.Le PMI italiane operano in Bosnia-Erzegovina in diversi modi: com-prano materie prime e semilavorati locali per produrre in Italia, danno in “lavorazione conto terzi” (Perfe-zionamento Passivo) materie prime e semilavorati italiani per poi ripor-tarli in Italia, instaurano rapporti di cooperazione industriale con le Pmi

locali private già attive sul mercato attraverso società partecipate, ac-quisiscono, infine, imprese locali o costituiscono imprese per produrre semilavorati o prodotti finiti da ven-dere in Italia, sul mercato locale o sui mercati esteri.Il ruolo del nostro paese come im-portante mercato di destinazione per i beni Made in Bosnia-Erzegovi-na sta crescendo, anche grazie alla delocalizzazione finalizzata al traf-fico di perfezionamento passivo che molte Pmi italiane effettuano in mo-do massiccio. A dimostrazione de-gli stretti legami che il nostro paese ha con la Bosnia-Erzegovina, va no-tato che l’Italia è il primo paese, fra quelli non appartenenti all’ex-Jugo-slavia, acquirente di beni e materie prime bosniache.Le imprese italiane in Bosnia-Erze-govina operano soprattutto nei set-tori classici del Made in Italy: tessi-le e calzature (settori con una gran-de tradizione in Bosnia-Erzegovi-na), lavorazioni metallurgiche e del legno (anche grazie alla ricchezza di materie prime, fra cui il rinoma-to faggio bosniaco, molto apprezza-to all’estero).Le aziende del “Distretto della se-dia” di Udine sono particolarmente attive in Bosnia-Erzegovina, soprat-tutto sotto il profilo della delocaliz-zazione di attività produttive. I mo-tivi che inducono a questo tipo di investimento sono l’abbondanza di materie prime lignee di alta quali-tà e il minor costo della manodope-ra, che comunque è qualificata nel-la lavorazione artigianale del legno.

Opportunità produttive e campi di eccellenzaUn’evoluzione che solitamente in-teressa le imprese italiane all’este-ro è quella che porta dal semplice commercio all’investimento in lo-co, magari con uno stadio interme-

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dio, quello della società partecipata o di altri tipi di cooperazione indu-striale con imprese locali. Le imprese italiane sono partico-larmente attente alle opportunità che la Bosnia Erzegovina offre per il traffico di perfezionamento passivo, soprattutto in quattro settori chiave dell’economia: lavorazione del le-gno, prodotti tessili, abbigliamento e calzature. Vi sono infine altri tre settori potenzialmente interessanti per le Pmi italiane: l’agricoltura, il turismo e il settore dell’ICT.

Lavorazione del legnoQuesto settore è fra quelli con le maggiori prospettive di crescita a lungo termine in Bosnia Erzegovi-na. Il settore è competitivo sia per la forza lavoro qualificata e a basso costo (la Bosnia-Erzegovina ha una grande tradizione in questa indu-stria) sia per la ricchezza e la quali-tà delle materie prime: le foreste bo-sniache (che occupano più del 40 percento del territorio) sono ricche in termini di biodiversità (un terzo è costituito da faggi e querce) e più resistenti dei boschi europei agli in-flussi climatici, entomologici e fito-patologici. L’industria del legno fornisce i ma-teriali necessari ai diversi compar-ti dell’industria edile come prodotti finiti o semi-finiti e il legno è utiliz-zato anche, come struttura, per mo-dellare il cemento armato per la co-struzione di mura, ponti e viadotti.Le falegnamerie usano legno dolce per la produzione di strutture per i tetti e di travi portanti, di finestre e infissi, porte e materiali architet-tonici come architravi e battiscopa. Anche il legno duro è usato per la produzione di porte, telai per fine-stre e parquet. Il settore è storicamente orientato all’esportazione. Nel mercato na-zionale, tuttavia, è possibile trovare prodotti importati, quali porte eco-

nomiche e profili di legno che han-no un rivestimento sintetico e sono realizzati in Polonia.

Prodotti tessiliPrima della guerra, l’industria del tessile – come quella dell’abbiglia-mento – comprendeva una am-pia gamma di professionalità, con aziende che fornivano input a tutti i livelli del processo produttivo, dalla produzione delle fibre sintetiche, al taglio, alla cucitura e alla rifinitura dei prodotti di consumo. Tale patri-monio produttivo è stato fortemen-te ridimensionato in seguito al con-flitto, e i partner esteri che aveva-no alleanze strategiche con gli im-prenditori locali sono stati costretti a trovare nuove fonti per le fornitu-re. La situazione è tuttavia notevol-mente migliorata e –già da qualche anno- stanno emergendo nuove al-leanze internazionali, che fornisco-no nuove attrezzature, know-how e capitale alle aziende locali. Il tessile è un settore che, a livello mondiale, è sottoposto a forti pres-sioni competitive dai paesi in via di sviluppo e già molti produttori dei paesi industrializzati hanno preferi-to abbandonare alcune fasi del pro-cesso produttivo non più redditi-zie, come la filatura dei tessuti. Se a ciò si aggiunge il costante migliora-mento della qualità dei tessuti pro-venienti dai Paesi in via di sviluppo, per esempio nel settore dei prodot-ti della lana e del cotone, si spiega la crescente pressione sui produttori occidentali affinché riducano la lo-ro capacità produttiva e i loro costi. Per realizzare questo obiettivo, mol-ti produttori si sono spostati in Cina. Tuttavia, nelle operazioni effettuate così lontano dai mercati di vendi-ta possono sorgere difficoltà e costi maggiori; la Bosnia-Erzegovina può dunque rappresentare un’alternati-va alla Cina. In Bosnia-Erzegovina esistono note-

voli capacità professionali nella fi-latura, tessitura e lavorazione a ma-glia, e sarebbe possibile trasferire le apparecchiature moderne dai la-boratori dell’Europa occidentale a quelli (de)localizzati in Bosnia Erze-govina, riuscendo in tal modo a ac-crescere la qualità dei prodotti e far fronte alle richieste dei clienti. La sopravvivenza delle imprese tessi-li (italiane e bosniache) può basarsi sullo sviluppo di tessuti e filati spe-cializzati (quali quelli realizzati dal-le imprese italiane per esempio) in grado di concorrere sul piano della qualità con le merci asiatiche a bas-so costo.

Abbigliamento e calzatureQuesti settori hanno una lunga tra-dizione in Bosnia Erzegovina: prima della guerra la Bosnia Erzegovina era il principale fornitore dei mer-cati tedesco e italiano. I clienti for-nivano modelli e gran parte dei ma-teriali per la produzione alle gran-di imprese locali, esse eseguivano il processo di perfezionamento pas-sivo del taglio e della lavorazione e riesportavano i prodotti. Tale in-dustria è sempre stata dunque più orientata all’esportazione che rivol-ta al mercato interno. Dopo la guerra si sono sviluppa-te nuove tecniche di produzione, centrate sulle Pmi: con la ripre-sa dell’industria dell’abbigliamen-to, sono state create, al posto del-le grandi imprese con centinaia di occupati, unità più piccole di 20-40 lavoratori. Queste piccole uni-tà polivalenti di taglio e cucito so-no capaci di rispondere più velo-cemente ai frequenti cambiamenti, sia dei modelli che dei tessuti, det-tati dalla domanda dei consumato-ri europei. Collaborazioni con le PMI italiane sono già in corso, sia per il traffico di perfezionamento passivo sia per le società partecipate. Gli investito-

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ri italiani sottolineano la necessità di fare corsi di aggiornamento per i quadri locali e di introdurre me-todi moderni di produzione e pro-gettazione o l’automatizzazione del taglio per produrre modelli precisi e massimizzare l’uso dei tessuti e au-mentare così la produttività.

AgricolturaLa Bosnia Erzegovina importa be-ni alimentari per più di un miliar-do di dollari all’anno. C’è spazio per produrre e soddisfare la do-manda locale, dati anche la dispo-nibilità di risorse idriche e terre-ni nonché alla varietà del clima, continentale nel nord (una zona interessante è la valle della Sava) e mediterraneo nel sud (qui una zo-na interessante è la valle della Ne-retva). Settori connessi che secon-do alcuni degli intervistati posso-no essere profittevoli sono la pro-duzione di acque minerali, fun-ghi, erbe aromatiche e medicinali. Il settore offre notevoli opportuni-tà per la coltivazione di cibo bio-logico e in serra. L’ostacolo mag-giore al suo sviluppo è una strut-

tura produttiva frammentata e con scarse capacità di raccolta.

TurismoLa Bosnia Erzegovina ha sicuramen-te un ottimo potenziale turistico: il fascino e la varietà delle bellezze naturali e paesaggistiche, delle fore-ste, delle vallate e delle montagne, le bellezze culturali, storiche e spor-tive la rendono sicuramente interes-sante. Si potrebbe sviluppare un turi-smo legato a queste bellezze naturali e culturali, l’ecoturismo e il turismo fluviale (rafting sui fiumi) e anche il “turismo religioso” legato al luogo di Medjugorje (che è già sostenuto).Tuttavia, nel turismo ci sono già in-vestimenti austriaci e sloveni, ma non italiani. Questo perché il paese può facilmente attrarre turisti loca-li e dal centro Europa, ma forse non italiani, sia per il maggior costo per arrivare in Bosnia Erzegovina dall’I-talia sia per gli standard non pro-prio adatti ai turisti italiani.

Information and communication technologyIn questo settore la Bosnia-Erzego-

vina può offrire forza lavoro prepa-rata, a costi molto inferiori a quel-li dei paesi europei e una domanda crescente di beni immateriali.

Industria metallurgicaGrazie alla ricchezza di materie mi-nerali della Bosnia-Erzegovina, l’in-dustria leggera e la lavorazione dei metalli sono tradizionalmente i set-tori più sviluppati e rappresenta-no quasi un quarto del totale delle esportazioni del Paese. Vi è inoltre il potenziale per un importante au-mento di vendite, esportazioni e oc-cupazione.

InfrastruttureIl settore del trasporto è tra i più inte-ressanti dell’economia della Bosnia-Erzegovina, grazie ai programmi di sviluppo della rete viaria e ferrovia-ria sostenuti dalle istituzioni finanzia-rie internazionali. Tra questi, in parti-colare, il Corridoio VC, tratto del Cor-ridoio Pan-europeo che connette l’I-talia all’Ucraina secondo la direttrice sud-ovest/nord-est e che attraversa la Bosnia-Erzegovina per circa 338 km, da Svilaj (nord) a Bjaca (sud).

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Le ultime novità in materia di CFC

Negli ultimi tempi, la normativa riguardante le CFC ha subito due grandi rivisitazioni; la prima effettuata dal c.d. “Decreto Internazionalizzazione” (D.Lgs. 147 del 2015) mentre la seconda, effettuata dalla Legge di Stabilità 2016 (L. 208 del 2015).

Principali modifiche del Decreto InternazionalizzazioneL’art. 8 del d.lgs. in materia di inter-nazionalizzazione ha introdotto al-cune modifiche alla disciplina delle Controlled Foreign Companies (c.d. CFC) sia per quanto riguarda alcuni aspetti procedurali della norma sia per quanto riguarda alcuni aspet-ti sostanziali della stessa. Inoltre, è stato totalmente abrogato l’art. 168 del TUIR, articolo che disciplinava il regime di tassazione per traspa-renza delle società estere collegate.Una delle modifiche più importan-ti in relazione con il regime delle “CFC black list” ha riguardato il fat-to che è venuto meno l’obbligo di proporre interpello ex art. 11, Leg-ge n. 212 del 2000; infatti, la pre-sentazione dell’interpello ha natura facoltativa. Con la modifica in com-mento, il contribuente può sceglie-re se richiedere la disapplicazione della disciplina in sede di interpel-lo preventivo oppure, successiva-mente, in sede di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria1.

1. Si ricorda che la disapplicazione della di-

Per quanto riguarda invece le “CFC non black list”, ricordiamo che il re-gime di tassazione per trasparenza viene applicato ai soggetti control-lati localizzati in territori non “black list” qualora ricorrano congiunta-mente le seguenti condizioni:• il soggetto, all’estero risulta as-

soggettato ad una tassazione ef-fettiva inferiore a più della metà

sciplina si ha qualora il contribuente riesca a dimostrare alternativamente che:• Il soggetto non residente svolge un’ef-

fettiva attività industriale / commerciale come principale attività;

• Dalle partecipazioni non è conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Stati “black list”.

Qualora la dimostrazione della sussistenza delle esimenti avviene in fase di controllo, l’ufficio deve prima inviare un questionario al contribuente concedendo allo stesso un termine di 90 giorni per presentare all’Agen-zia delle Entrate gli elementi che consento-no la disapplicazione della disciplina CFC. Infatti, le modifiche introdotte, contenute nell’art. 167, comma 8-quater del TUIR pre-vedono che l’avviso di accertamento di im-posta o di maggiore imposta non può essere notificato se prima non viene concesso al contribuente un termine di 90 giorni per pre-sentare prove utili a dimostrare che ricorrono le condizioni per ottenere la disapplicazio-ne della tassazione per trasparenza. Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria, oltre a con-cedere al contribuente il tempo per fornire i dati e le notizie richieste dalla normativa, ha l’onere di motivare l’avviso di accertamento, qualora ritenga non idonee le prove fornite dal contribuente.

di quella a cui sarebbe stato as-soggettato in Italia;

• il soggetto, produce più del 50% del proprio reddito attraverso i c.d. passive income (nella nor-ma, si definiscono regimi fisca-li speciali): trattasi di gestione, detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, credi-ti o altre attività finanziarie, dal-la cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali re-lativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica nonché dal-la prestazione nei confronti di soggetti che direttamente o in-direttamente controllano la so-cietà o l’ente non residente, ne sono controllati o sono control-lati dalla stessa società che con-trolla la società o l’ente non re-sidente, ivi compresi i servizi fi-nanziari.

Anche in relazione a tale disciplina è intervenuto il Decreto Internazio-nalizzazione, disponendo che:• risulta demandata all’Agenzia

delle Entrate l’individuazione, con uno specifico Provvedimen-to, dei “criteri per determinare

diAnA Pérez CorrAdiniÈ stata Tax Europe and America Manager nel Gruppo Piaggio, maturando una plurien-nale esperienza internazionale. Si dedica prevalentemente alla consulenza e alla forma-zione in ambito amministrativo e fiscale.Autrice di testi in materia fiscale, collabora, oltre che con Maggioli Editore, con il sito di aggiornamento professionale www.fiscoetasse.com e con altre case editrici del set-tore giuridico-fiscale.

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con modalità semplificate l’ef-fettivo livello di tassazione “ ap-plicato alla società estera;

• viene meno l’obbligo di propor-re interpello ex art. 11, Legge n. 212 del 2000, il quale ha ora na-tura facoltativa.

Un’altra novità introdotta dal De-creto Internazionalizzazione è che il socio residente in Italia che non ha presentato l’interpello oppure che non ha ottenuto risposta che consente la disapplicazione della disciplina CFC, deve indicare nella propria dichiarazione dei redditi il possesso delle partecipazioni in im-prese estere controllate, sia “black list” che “non black list”.

Modifiche della Legge di StabilitàLe ultime modifiche alla normativa delle CFC, introdotte dalla Legge di Stabilità, hanno portato ad una nuo-va rivisitazione della disciplina.Infatti, dal 2016, il regime delle CFC trova applicazione se la con-trollata estera è soggetta nello Stato estero ad un regime di tassazione nominale inferiore al 50% di quel-lo applicabile in Italia. Scompare di fatto il riferimento ad una “black list” ben definita e subentra un cri-terio oggettivo legato al livello im-positivo.Si segnala che in tale modifica il le-gislatore ha optato per la locuzione “tassazione nominale” e non per la locuzione “tassazione effettiva” che invece si applica alla disciplina ri-guardante le “CFC non black list”Tale regola si applicherà soltanto agli Stati diversi da quelli UE o ap-

partenenti allo SEE che garantisco-no un adeguato scambio di infor-mazioni2.Per i Paesi UE o appartenenti allo SEE che garantiscono un adegua-to scambio di informazioni, conti-nua ad applicarsi l’art. 167, comma 8-bis del TUIR, che dispone l’appli-cazione della tassazione per traspa-renza qualora ricorrano congiunta-mente le seguenti condizioni:• il soggetto, all’estero risulta as-

soggettato ad una tassazione ef-fettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbe stato as-soggettato in Italia;

• il soggetto, produce più del 50% del proprio reddito attraverso i c.d. passive income (nella nor-ma, si definiscono regimi fisca-li speciali): trattasi di gestione, detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, credi-ti o altre attività finanziarie, dal-la cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali re-lativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica nonché dal-la prestazione nei confronti di soggetti che direttamente o in-direttamente controllano la so-cietà o l’ente non residente, ne sono controllati o sono control-lati dalla stessa società che con-trolla la società o l’ente non re-sidente, ivi compresi i servizi fi-nanziari.

Il comma 8-bis dell’art. 167 del TU-IR dispone che “con provvedimen-to del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per de-terminare con modalità semplifica-te l’effettivo livello di tassazione di

2. A tal fine si veda la nuova formulazione del comma 1 dell’art. 167 del TUIR.

cui alla precedente lettera a), tra cui quello dell’irrilevanza delle variazio-ni non permanenti della base impo-nibile”. In questo senso, si è ancora in attesa di tale provvedimento at-tuativo che, secondo quanto aveva previsto il Decreto Internazionaliz-zazione, dovrebbe semplificare il procedimento per la determinazio-ne del c.d. tax rate.In relazione a tali ultime modifiche, non si può che salutare con favore l’intento semplificatore del legisla-tore, ma con la disciplina ora in vi-gore ricade sul contribuente la veri-fica anno per anno del livello impo-sitivo dello Stato estero, risultando di fatto più complessa l’applicazio-ne di tali disposizioni.Inoltre, un’altra questione che de-ve ancora trovare risposta riguar-da il fatto che per valutare il livel-lo impositivo si debba considerare solo l’IRES o anche l’IRAP. Su tale argomento si segnala sia la tesi più favorevole al contribuente sia quel-la meno favorevole. La C.M. n. 51/E del 2010 per il regime “CFC non black list” specificava che doveva essere presa in considerazione so-lo l’IRES. La tesi meno favorevole al contribuente e, di conseguenza, contraria all’interpretazione appena illustrata depone l’attenzione nella relazione illustrativa al DM 30 mar-zo 2015 che spiega come, per in-dividuare i Paesi da escludere dal-la “black list”, è stato assunto un li-vello di tassazione domestico dato dalla somma di IRES ed IRAP. Si at-tende un chiarimento al riguardo da parte dell’Amministrazione Finan-ziaria.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE 11

Il MOSS nei servizi digitali resi a privati

Il commercio elettronico verso i consumatori finali trova disciplina IVA attraverso le sem-plificazioni introdotte con il “Mini one shop stop – MOSS”.

Il commercio elettronico sta rivo-luzionando il sistema di vendita al dettaglio per numerose tipologie di beni. Attraverso il web le aziende ri-escono a promuovere in tempo rea-le i propri beni e servizi anche attra-verso i social network. Tuttavia tale canale comunicativo può dare luo-go a problematiche IVA in termini di rilevanza territoriale dell’opera-zione quando acquirente e vendito-re non siano localizzati nello stes-so Paese.Il contributo sintetizza le possibi-li situazioni IVA in cui si possono trovare i fornitori di beni quando li commercializzano verso i consu-matori finali.

Servizi digitali resi a privatiDal 1° gennaio 2015, il commercio

elettronico diretto verso soggetti pri-vati è territorialmente rilevante nel Paese in cui il committente privato è stabilito.Pertanto, le imprese che erogano ta-li servizi a consumatori finali UE de-vono applicare l’imposta in vigore nel Paese in cui sono stabiliti i con-sumatori finali. Questo determina l’obbligo di istituire una posizione IVA (rappresentante fiscale o identi-ficazione diretta) in ognuno dei Pae-si UE nei quali l’impresa opera ed è debitrice dell’imposta.Nello specifico:• i prestatori stabiliti in Italia devo-

no applicare l’IVA del Paese in cui è stabilito il consumatore fi-nale e devono aprire una posi-zione IVA in ognuno degli Sta-ti membri;

• i prestatori residenti UE o extra-UE devono aprire una posizione IVA in Italia ed applicare l’impo-sta italiana del 22%.

Tuttavia, al fine di evitare di apri-re una posizione IVA in ogni Stato membro, gli operatori possono op-tare per un regime alternativo sem-plificato. Questo infatti consente di accentrare gli adempimenti presso una sola posizione IVA mediante la registrazione al Mini One Shop Stop – MOSS. Questo sistema (pre-sente in ogni Stato membro) per-mette di versare nel proprio Pae-se l’imposta dovuta ma applican-do l’aliquota prevista dal Paese del consumatore privato. Il cosid-detto MOSS ha l’obiettivo di sem-plificare gli adempimenti IVA, ga-rantendo il versamento del debito

AlessAndro gArlAssiDottore Commercialista e Revisore Contabile, è membro del Consiglio Direttivo dell’Unione Giova-ni Commercialisti di Reggio Emilia di cui è anche Presidente della Commissione di Studio. Specia-lizzato in Consulenza aziendale in materia di controllo di gestione e sviluppo internazionale delle imprese, è il creatore della metodologia di controllo “MMC” ed il Fondatore della start up innova-tiva Map Managing Control Srl, che si occupa di progetti di Business Plan, nazionali ed interna-zionali, Controllo e Pianificazione d’impresa, Analisi e Implementazione di Sistemi di Controllo ge-stione Strategico e Direzionale per il Management. Scrittore e Pubblicista in numerose riviste specializzate, svolge attività di docenza per l’Ordine dei Commercialisti di Reggio Emilia e per i principali Istituti di formazione privata e pubblica nazionale.

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luCA FornACiAriRicercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Parma e docente nei corsi di Programmazione e Controllo, di Controllo e Sviluppo Internazionale delle Imprese e di Contabilità e Bilancio. È docente per la for-mazione continua per l’Ordine Dottori Commercialisti di Reggio Emilia e di Parma su tematiche di bilancio, controllo di gestione e fiscalità d’impresa. È autore di numero-se pubblicazioni in tema di bilancio, controllo di gestione e fiscalità d’impresa. Dottore Commercialista iscritto all’Ordine di Reggio Emilia e membro della Società Italiana di Storia della Ragioneria e della European Accounting Association.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE12

d’imposta determinato sulla base dell’aliquota in capo al consuma-tore finale.

Il Mini One Shop StopAffinché si rientri nel campo di ope-ratività del MOSS, occorre che l’ac-quirente sia identificabile come consumatore finale. Ciò avviene quando il compratore effettua l’ac-quisto senza comunicare al vendi-tore il proprio numero identificati-vo IVA. È chiaro che se il compra-tore non possiede una partita IVA, il problema non si pone. Qualora in-vece si trattasse di un imprenditore o di un professionista, allora solo la mancata comunicazione lo qualifi-ca consumatore finale.Altro aspetto importante riguar-da l’identificazione del luogo della transazione che qualifica l’aliquo-ta da applicare. La normativa iden-tifica nel luogo di stabilimento del consumatore finale quello in cui ha luogo la transazione, ossia dove ha residenza anagrafica o la sua dimo-ra.Un prestatore che sceglie per il MOSS deve registrarsi nel Paese UE dove lo stesso è identificato ai fini IVA o dove ha la sede principale. Chi è domiciliato o residente fuori dalla UE deve scegliere di registrarsi in uno dei Paesi UE. In quest’ultimo caso la scelta del Paese di registra-zione è libera.La caratteristica che qualifica il MOSS come sistema di semplifica-zione è la necessità di registrarsi in uno solo degli Stati membri UE.I soggetti identificati in Italia forni-scono online all’Agenzia delle En-trate le informazioni richieste. Si tratta dei soggetti passivi domicilia-ti o residenti in Italia (che non han-no stabilito il domicilio all’estero) e degli altri soggetti passivi domicilia-ti o residenti fuori dall’UE che han-no costituito una Stabile Organizza-zione in Italia.

I soggetti passivi che hanno resi-denza o domicilio in Paesi extra-UE possono scegliere di identificarsi in Italia compilando un modulo onli-ne nel sito dell’Agenzia delle Entra-te. Effettuate verifiche opportune, il sistema rilascia i codici di accesso.In generale gli effetti della registra-zione decorrono dal primo giorno del trimestre seguente a quello in cui il soggetto passivo si è registrato.Tuttavia vi è la possibilità di velociz-zare l’operatività del sistema. Il re-gime è infatti applicabile a partire dalla data della prima prestazione, se il soggetto passivo si registra en-tro il 10 del mese successivo a quel-lo della prima prestazione. La normativa ha previsto due diffe-renti modalità operative del siste-ma che hanno la finalità di definire quando è applicabile il regime rien-trante nel MOSS. La prima riguarda il regime UE per i soggetti passivi stabiliti ai fini IVA nella UE. Il regime speciale si appli-ca solo ai servizi resi a privati con-sumatori stabiliti in Paesi UE nei quali l’impresa non ha né la sede né una stabile organizzazione. In so-stanza, il regime speciale assume ri-lievo solo quando il consumatore fi-nale che acquista ha sede in un Pae-se UE differente da quello il sogget-to passivo ha residenza o stabile or-ganizzazione. La seconda invece è il regime ex-tra-UE che riguarda i soggetti passi-vi d’imposta stabiliti in un Paese ex-tra-UE. Tali soggetti possono libera-mente scegliere il Paese UE presso il quale identificarsi. Lo stesso inol-tre rappresenterà lo stato in cui ac-centrare gli adempimenti relativi ai servizi prestati ai consumatori fina-li UE. Il Paese di identificazione ha il compito di attribuire la P.IVA ed imporre i relativi adempimenti fi-scali. A differenza della prima mo-dalità, in questa rientrano nel regi-me speciale tutti i servizi digitali re-

si a consumatori finali anche se sta-biliti nel Paese in cui il soggetto pas-sivo si è identificato. Quindi per i soggetti passivi che non hanno una stabile organizzazione in un Paese dell’UE, attraverso l’identificazione MOSS possono fornire servizi digi-tali a tutti i consumatori finali della UE avvalendosi delle semplificazio-ni previste dal sistema.I soggetti passivi identificati tramite il MOSS, applicano le norme dello Stato UE dell’acquirente con riferi-mento alla fatturazione.Occorre inoltre presentare una di-chiarazione trimestrale e versare l’I-VA dovuta. I soggetti passivi posso-no chiedere a rimborso l’IVA pagata sugli acquisti poiché non ne è am-messa la detrazione.La dichiarazione trimestrale dovuta in applicazione delle regole MOSS, si aggiunge agli altri adempimen-ti IVA a cui il soggetto passivo de-ve adempiere nello Stato membro in cui ha residenza o la stabile or-ganizzazione.Nello specifico, la dichiarazione tri-mestrale telematica deve essere in-viata, al centro operativo di Vene-zia, entro il 20 del mese (anche se festivo) successivo al trimestre di ri-ferimento. Anche se non sono sta-te effettuate operazioni nel trime-stre, occorre comunque inviare la dichiarazione trimestrale con saldo a zero.Il versamento dell’IVA a debito va effettuato entro lo stesso termine di-sciplinato per la dichiarazione, in-dicando il numero identificativo della dichiarazione trimestrale sul modello F24.Utilizzando una specifica istanza, è possibile chiedere il rimborso dell’I-VA pagata sugli acquisti/prestazio-ni di servizi. Quindi l’azienda iden-tificata versa tutta l’IVA a debito e richiede a rimborso l’IVA a credito sugli acquisti/prestazioni e sulle im-portazioni.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

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La normativa specifica anche le vio-lazioni. Si tratta, ad esempio, del-la mancata presentazione della di-chiarazione o della presentazione tardiva o incompleta/non corretta e del pagamento in ritardo dell’impo-sta. In questi casi, lo Stato membro in cui avviene il consumo emetterà sanzioni e interessi.

Conclusione Al fine di facilitare le operazioni commerciali tramite internet nel ri-spetto della normativa IVA, è sta-to introdotto il MOSS che consen-te alle imprese di cedere al consu-matore finale tramite il web, versan-do l’imposta dovuta sulla base dello Stato in cui ha sede il consumatore.

Il sistema nasce proprio con l’obiet-tivo di facilitare l’operatività anche e soprattutto per le aziende extra-UE che non hanno una stabile orga-nizzazione in UE.Gli adempimenti tuttavia verranno effettuati in parte nello stato di iden-tificazione e in parte nello stato in cui è avvenuto il consumo.

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luigi rodellAConsulente del lavoro.Già Responsabile di “Amministrazione dirigenti e compensation” in Indesit Spa, da oltre venti anni si occupa della gestione del rapporto di lavoro estero, collaborando con Isti-tuti di formazione alla redazione di pubblicazioni, all’attività di formazione e consulenza sugli expatriates. Dal 1998 fa parte del Comitato tecnico scientifico della rivista “EU-ROPER NOTIZIE”, edito da ISPER NOTIZIE, periodico mensile dedicato al personale all’e-stero, fornendo articoli sulla previdenza e sulla fiscalità dei lavoratori inviati all’estero.

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Il lavoro estero nella Certificazione Unica 2016

Introduzione Il reddito di lavoro, prodotto all’e-stero, dovrà essere certificato dai sostituti d’imposta con la Certifica-zione Unica, che quest’anno ha su-bito profonde modifiche in quanto non avrà solo più la funzione di cer-tificare al percepiente i redditi pro-dotti, ma sarà utilizzata dall’ammi-nistrazione finanziaria per racco-gliere tutti i dati utili alla compila-zione del modello 730 precompi-lato. A questa doppia funzione cor-risponde uno sdoppiamento dello schema di certificazione:• CU sintetica (Rappresenta la cer-

tificazione che il sostituto é te-nuto a consegnare al percepien-te entro il 28 febbraio 2016)

• CU ordinaria (È la certificazione che deve essere trasmessa tele-maticamente alla Agenzia delle entrate entro il 7 di marzo 2016).

Occorre inoltre ricordare che l’in-vio delle Certificazioni Uniche è equiparato a tutti gli effetti all’espo-sizione degli stessi nel modello 770 Semplificato per cui, in un’ottica di una semplificazione degli adempi-menti in capo al sostituto d’impo-sta, nella ipotesi in cui con la pre-sentazione della CU ordinaria, si sono comunicati all’Amministrazio-

ne finanziaria, tutti i dati di natura fiscale, previdenziale e assicurativa, non sussiste più l’obbligo di presen-tare tale modello dichiarativo, evi-tando così una inutile duplicazione di informazioni. In questa sede ci limiteremo ad af-frontare gli aspetti collegati alla Certificazione Unica, relativamen-te al rapporto di lavoro subordinato prestato all’estero.La certificazione dei redditi prodotti all’estero deve fornire le indicazio-ni indispensabili atte a rilevare le di-verse ipotesi di tassazione dei reddi-ti esteri, previste dal nostro ordina-mento fiscale. Il diverso sistema di tassazione ri-ferito ai redditi di lavoro prodotti all’estero dovrà considerare una se-rie di fattori quali: • La durata della permanenza

all’estero.• La residenza fiscale del lavora-

tore.• Lo Stato presso il quale sarà svol-

ta l’attività lavorativa e se ha sti-pulato con l’Italia una conven-zione contro le doppie imposi-zioni.

• Le modalità di esecuzione dell’attività all’estero, se ad esempio il lavoratore rientra in

Italia giornalmente o periodica-mente.

• Le modalità di esecuzione del lavoro all’estero, se trasferito ov-vero distaccato.

Durata della permanenza all’esteroIn merito alla durata, potremmo avere dei brevi periodi nei quali il lavoratore è inviato trasferta, oppure intervalli più ampi, quando il lavo-ratore viene distaccato oppure tra-sferito.

La trasferta La trasferta o missione, consiste nel mutamento provvisorio e tempora-neo del luogo di lavoro, per il so-pravvenire di esigenze di servizio di carattere transitorio e contingente, che rendono necessario lo sposta-mento del lavoratore dal luogo ove svolge normalmente l’attività, alla località in cui sono sorte. Durante questo periodo permane un legame funzionale del lavorato-re con il luogo di lavoro da cui egli proviene, rispetto al diverso luogo della provvisoria prestazione. Considerando l’aspetto transitorio, il lavoratore inviato all’estero rima-ne soggetto alla legislazione fisca-

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le e previdenziale prevista in Italia. Il rimborso, previsto al lavoratore può avvenire applicando tre diversi criteri: indennità forfettaria; rimbor-so misto; rimborso analitico.Fermo restando che le spese di tra-sporto sostenute e documentate con il documento del vettore, non con-corrono alla formazione del reddito di lavoro, né rientrano nei massima-li di diaria giornaliera. Il trattamento fiscale dell’indennità di trasferta è disciplinato dall’artico-lo 51 comma 5 del TUIR, che preve-de, il totale esonero dalla tassazio-ne per un importo pari a € 77,47 il dì, per le trasferte all’estero. Gli im-porti superiori, si considerano sog-getti e dovranno rientrare nel cam-po 1 (reddito di lavoro ... con con-tratto a tempo indeterminato) o nel campo 2 ( reddito di lavoro ... con contratto a tempo determinato) del-la Certificazione Unica.Occorre inoltre rammentare che il limite di esenzione è ridotto di un terzo, quindi scenderà a € 51,65, nel caso in cui:• Siano rimborsate le spese di vit-

to con il sistema piè di lista do-cumentato (o il vitto viene forni-to gratuitamente).

Oppure • Siano rimborsate le spese di al-

loggio con il sistema piè di lista documentato (oppure l’alloggio viene fornito gratuitamente).

Qualora dovesse essere rimborsato (o fornito gratuitamente) a piè di li-sta sia il vitto che l’alloggio, l’esen-zione residuale è pari a € 25,82, a ristoro di eventuali “spese non do-cumentate”.In alternativa all’indennità di trasfer-

ta, al lavoratore può essere applica-to il sistema di rimborso “analitico” o “piè di lista”, in base al quale ogni spesa relativa al viaggio di lavoro, viene rimborsata in base alla docu-mentazione prodotta. In questa ipo-tesi, qualora dovessero esserci resi-due somme prive di documentazio-ne, come ad esempio, mance, bar, giornali, parcheggio, ecc., il lavora-tore, per l’attività svolta all’estero, può avere, a titolo di “spese non do-cumentate”, un importo giornaliero di € 25,82. Si rammenta che anche queste spese, pur prive di “pezza giustificativa” devono essere dichia-rate dal lavoratore, come effettiva-mente sostenute.Salvo casi particolari, tutto il “rim-borso analitico”, non rientra nel campo 1 o nel campo 2 della Certi-ficazione Unica.Qualora, si fosse optato per il rim-borso analitico, in luogo dell’inden-nità di trasferta omnicomprensiva, occorre rammentare che non è pos-sibile ottenere la deduzione di tut-te le spese, seppur rendicontate e collegate al viaggio, come ad esem-pio i parcheggi (alcuni molto onero-si come quelli aeroportuali), le spe-se di lavanderia, le spese telefoni-che sostenute dall’interessato in al-bergo, le mance, ecc. Tutte queste spese se superiori a € 25,82 al dì (spese non documenta-te), saranno considerate soggette e quindi certificate al campo 1 o nel campo 2 della Certificazione Uni-ca.

I trasfertisti Molti lavoratori inviati all’estero, possono essere assimilati alla figura

dei “trasfertisti”, così come definiti dall’articolo 51 comma 6 del TUIR. In tale ipotesi “……le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spet-tanti ai lavoratori tenuti per contrat-to all’espletamento delle attività la-vorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con ca-rattere di continuità,……………….. concorrono a formare il reddito nel-la misura del 50% del loro ammon-tare…..”Tutti gli importi soggetti rientreran-no nel campo 1 o nel campo 2 del-la Certificazione Unica. Ritengo opportuno evidenziare che, qualora si sia scelto il trattamento forfetario riconosciuto per i “trasfer-tisti”, non è possibile applicare l’e-senzione giornaliera di trasferta, se coincide con il primo trattamento di trasfertista. In questo caso l’impor-to giornaliero di € 77,47 deve esse-re considerato soggetto, e quindi ri-entrare nel campo 1 o nel campo 2 della Certificazione Unica.

Gli assegni di sede In altre ipotesi, ai lavoratori distac-cati e trasferiti all’estero, vengono riconosciuti emolumenti che rien-trano nella fattispecie disciplinata dall’articolo 51 comma 8 del TUIR:“ .. Gli assegni di sede e le altre in-dennità percepite per i servizi pre-stati all’estero costituiscono reddito nella misura del 50 per centro ..”Anche in questa ipotesi gli impor-ti soggetti, rientrano nel campo 1 o nel campo 2 della Certificazione Unica.

Frontalieri Ai fini fiscali, il Ministero delle fi-

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE16

nanze nella circolare 1/E del 3 gen-naio 2001 ha voluto tracciare la fi-gura del lavoratore frontaliero evi-denziando che “si tratta, pertan-to, esclusivamente di quei lavorato-ri dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero (zone di frontiere o pae-si limitrofi) per svolgere prestazioni di lavoro”. Occorre inoltre rilevare che il Regolamento CE N. 883/2004 emanato dal Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, ha definito la figura del lavorato-re frontaliero in modo più comple-to; “lavoratore frontaliero, qualsiasi persona che esercita un’attività su-bordinata o autonoma in uno Sta-to membro e che risiede in un altro Sato membro, nel quale ritorna in li-nea di massima ogni giorno e alme-no una volta alla settimana” .Non rientrano in tale previsione le ipotesi di lavoratori dipenden-ti, anch’essi residenti in Italia che, in forza di uno specifico contratto che prevede l’esecuzione della pre-stazione all’estero in via continua-ta e come oggetto esclusivo del rap-porto, previa sistemazione nel ruo-

lo estero, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni. Per questi ultimi lavoratori si appli-ca la tassazione prevista dall’artico-lo 51 comma 8 bis del Tuir.I redditi derivanti da lavoro dipenden-te, prestato all’estero in zone di fron-tiera, in via continuativa e come og-getto esclusivo del rapporto, concor-rono per l’anno 2015 a formare il red-dito complessivo, per l’importo ecce-dente € 7.500 (prima era € 6.700). Qualora esistessero delle Conven-zioni internazionali contro le dop-pie imposizioni, le eventuali dispo-sizioni ivi previste, si sostituiscono alla nostra legislazione interna. Cito a questo proposito le Convenzioni stipulate con Austria e Francia, do-ve l’articolo 15 prevede che il red-dito percepito per tali prestazioni, sia tassato solo nello Stato di resi-denza del lavoratore. Nella Certificazione Unica 2016, i suddetti redditi dovranno essere cer-tificati nella CU nei campi 1 o 2 dove i compensi devono essere indicati al netto della quota esente (€ 7.500,00).Occorre rammentare che sino allo scorso anno la quota esente dove-

va essere indicata nelle annotazio-ni con il codice AE. Quest’anno es-sendo mutate le modalità di compi-lazione del modello 770, la predet-ta quota esente trova indicazione nella “sezione altri dati”, nella sot-tosezione “redditi frontalieri”, do-ve sono stati istituiti due nuovi cam-pi 455 e 456 per consentire la di-stinta indicazione dell’importo dei predetti redditi derivanti, rispettiva-mente, da un rapporto a tempo in-determinato (455) e da un rapporto a tempo determinato (campo 456).L’importo da indicare nei suddet-ti campi, deve essere considera-to al lordo della quota esente di € 7.500,00. Qualora ci fossero som-me che eccedessero l’esenzione, le medesime devono essere ricompre-se al campo 1 o al campo 2 della Certificazione Unica.

Dipendenti all’estero Nel campo 8 del quadro “dati relati-vi al dipendente, pensionato o altro percettore delle somme” va inserito la categoria di appartenenza del contri-buente e nella fattispecie è previsto il codice L “Dipendenti all’estero”

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

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Datore straniero che certifica solo dati previdenzali e assistenzialiNella ipotesi in cui il datore di la-voro straniero abbia assunto un la-voratore italiano in base all’artico-lo 1 comma 2 lettera d) della leg-ge 398/1987, ed in Italia non pos-sa essere sostituto d’imposta, ma debba comunque versare i contri-buti all’Inps prevista dall’articolo 4 della citata legge, e di conseguenza certificare soltanto i dati previden-ziali ed assistenziali; in questo ca-so dovrà compilare il campo 10, di nuova istituzione, “casi di esclusio-ne dalla precompilata”, ed inserire il codice 2 che significa: sono stati certificati soltanto dati previdenziali ed assistenziali.

L’esenzione da imposizione in base all’applicazione delle convenzioni internazionali Occorre evidenziare che la nor-mativa contenuta nelle Convenzio-ni internazionali contro le doppie imposizioni, ha la prevalenza ri-

spetto a quella fiscale interna, per cui, come nei casi sopra citati rife-riti ai frontalieri (Austria e Francia), la tassazione è esclusiva nello Sta-to di residenza fiscale del lavorato-re. In queste ipotesi potremmo ave-re dei lavoratori austriaci o francesi, che lavorando in Italia, per impresa italiana, ed essendo residenti nelle zone straniere limitrofe di frontiera, non dovranno scontare l’imposta in Italia in quanto la Convenzione pre-vede la tassazione esclusiva in Fran-cia ed Austria. Nella ipotesi di redditi totalmente ovvero parzialmente esenti da im-posizione fiscale in Italia, in quan-to il percipiente risiede in uno Stato estero con cui è in vigore una con-venzione contro le doppie imposi-zioni, sino allo scorso anno il so-stituto d’imposta doveva inserire il reddito nella sezione annotazioni con il codice AJ; quest’anno in base alle nuove modalità di compilazio-ne, l’ammontare del reddito esen-te trova indicazione nella sezione “ALTRI DATI”, nella sottosezione di

nuova istituzione, “Redditi esenti”, al campo 468 “codice” deve esse-re indicato il codice 3 che signifi-ca: redditi esentati in tutto o in par-te da imposizione in Italia in quan-to il percepiente risiede in uno Stato estero con cui è in vigore una con-venzione per evitare le doppie im-posizioni in materia di imposte di-rette; al campo 469 “ammontare” deve essere indicato il totale del reddito totalmente o parzialmente esente.

Lavoratore distaccato all’estero e fiscalmente residente all’esteroLe ipotesi di esenzione in applica-zione delle convenzioni bilaterali sono abbastanza rare, mentre è più frequente l’ipotesi di quei lavorato-ri operanti e residenti fiscalmente all’estero, nei confronti dei quali in base agli articoli 3 e 23 del Tuir, so-no venuti meno i presupposti di tas-sazione in Italia. In queste circostanze, il datore di la-voro italiano, che ha distaccato un

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE18

lavoratore all’estero non più resi-dente fiscale in Italia, dovrà comun-que rilasciare la Certificazione Uni-ca, indicando l’importo dei reddi-ti prodotti all’estero esclusivamente nelle annotazioni con il codice BW.

Codice BW

ANNOTAZIONI – Redditi esenti da imposizione in Italia in quanto il percipiente risiede in uno Stato estero: importo del reddito esente percepito (...........)

Altre categorie esenti Dipendenti operanti in Italia e dipendenti di Enti o Organismi internazionaleAnche quest’anno, il sostituto d’im-posta è tenuto a rilasciare la Certifi-cazione Unica, al fine di certificare ulteriori categorie di reddito esente da imposizione fiscale.- Retribuzioni corrisposte a dipen-denti residenti nel territorio delle Stato da Enti e Organismi interna-zionali nonché da rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni. Fino allo scorso anno l’ammonta-re del reddito esente trovava indi-cazione nella sezione annotazioni con il codice BQ; quest’anno l’am-montare del reddito esente trova la collocazione nella sezione “ALTRI DATI”, nella sottosezione di nuova istituzione “REDDITI ESENTI”.Le istruzioni alla compilazione del-la CU 2016, prevedono che al cam-po 468 “Codice” deve essere indi-cato il codice 4 che significa: re-

tribuzioni corrisposte a dipenden-ti residenti nel territorio dello Stato da Enti e Organismi internaziona-li nonché da rappresentanze diplo-matiche consolari e missioni.Al campo 469 “ammontare”, de-ve essere indicato l’ammontare del reddito totalmente esente.Il codice BQ è stato soppresso.

Ricercatori e docenti residenti all’estero L’articolo 17, comma 1 del D.L. 185/2008, prorogato con il D.L. 78/2010, ed attualmente prorogato dalla recente Legge di stabilità per tutto il 2015, ha previsto incentivi fiscali volti al rientro in Italia dei ri-cercatori scientifici residenti all’e-stero.Occorre evidenziare che in pre-cedenza, il rientro in Italia dove-va avvenire entro cinque anni so-lari successivi al 31 maggio 2010; il quinquennio sarebbe scaduto il 31/12/2015, per cui se non fosse in-tervenuta la proroga con la Legge di stabilità, tale opportunità sareb-be terminata. L’articolo 1, comma 14 della leg-ge di stabilità 2015 ha successiva-mente prorogato l’applicazione del-le agevolazioni di cui sopra, preve-dendo una riduzione, determinata in misura del 90% della concorrenza del reddito percepito ai fini del re-lativo assoggettamento fiscale spet-tante ai docenti e ricercatori in pos-sesso di titolo di studio universitario o equiparato; non occasionalmente

residenti all’estero; che hanno svol-to documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ri-cerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che al 31 maggio 2010 ed entro set-te anni solari successivi, rientrano in Italia per svolgere la propria attività, ivi acquisendo la residenza fiscale.Redditi agevolati. Nella ipotesi in cui questi soggetti diventino resi-denti fiscali in Italia, sono imponi-bili solo per il 10%, ai fini delle im-poste dirette (IRPEF); non concorro-no inoltre alla formazione del valo-re della produzione netta dell’im-posta regionale delle attività pro-duttive (IRAP). L’incentivo si applica nel periodo d’imposta in cui il ricer-catore diviene fiscalmente residen-te in Italia e nei tre periodi d’impo-sta successivi, ferma restando la re-sidenza in Italia. (Così come modi-ficato dalla Legge di stabilità 2015). Nella Certificazione Unica 2016 le istruzioni prevedono che l’importo soggetto del 10% dovrà essere indi-cato nei campi 1 o 2. Fino allo scorso anno nelle annota-zioni, si doveva indicare con il co-dice BC della tabella C, l’ammon-tare delle somme che non avevano concorso alla formazione del red-dito imponibile (Il rimanente 90%). Quest’anno il predetto ammonta-re trova indicazione nella sezione ALTRI DATI, nella sottosezione di nuova istituzione REDDITI ESENTI. Occorre però evidenziare che qua-lora il sostituto d’imposta non ab-

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE 19

bia tenuto conto dell’abbattimento del 90% dell’imponibile, nel cam-po Annotazioni della CU 2016 cd. sintetica, dovrà fornire il dato utiliz-zando il codice BC della tabella C. Tale informazione consentirà al per-cepiente di fruire dell’agevolazione in sede di dichiarazione dei redditi.Nel campo 466 si dovrà indicare il codice 1, che significa “somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (90% dell’am-montare erogato), relativo ai com-pensi percepiti dai docenti e dai ri-cercatori in base a quanto stabili-to dal decreto legge 29/11/2008, n. 185 convertito, con modificazioni dalla legge n. 2 del 28/1/2009.Nel campo 467 “ammontare” deve essere indicata la rimanente parte di reddito (90%) non soggetta. ad im-posizione fiscale.Formulo due esempi:1° IL SOSTITUTO D’IMPOSTA HA RI-CONOSCIUTO L’AGEVOLAZIONE• Al campo 1 o 2 deve essere indi-

cato il 10% soggetto• al campo 466 codice 1• al campo 467 reddito non sog-

getto ad imposta (90%)2° IL SOSTITUTO D’IMPOSTA NON HA RICONOSCIUTO L’AGE-VOLAZIONE• Al campo 1 o 2 deve essere in-

dicato l’intero ammontare sog-getto.

• nel campo Annotazioni della CU 2016 cd. sintetica, utilizzan-do il codice BC – tabella C do-vrà indicare:

Codice BC

ANNOTAZIONI – Somme corrisposte dai docenti e dai ricercatori che non hanno concorso a formare il reddito imponibile, importo (......). Il 90% delle somme percepite dai docenti e dai ricercatori che non hanno fruito dell’abbattimento della base imponibile importo (.......) Per usufruire dell’agevolazione il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi.

Rientro dei cervelli in italia La legge 238 del 30 dicembre 2010 ha stabilito degli incentivi fi-scali, sotto forma di minor imponi-bilità del reddito, per favorire il ri-entro in Italia dei cittadini dell’U-nione Europea, con esperienze la-vorative e di studio maturate all’e-stero, utili al rilancio della nostra economia. Il regime fiscale agevolato prevede una tassazione ridotta, secondo le seguenti percentuali:a) 20%, per le lavoratrici.b) 30%, per i lavoratori.La durata del beneficio prevista sino al 31 dicembre 2015, è stata procra-stinata con la Legge di stabilità 2016 sino al 31 dicembre 2017. Le dispo-sizioni hanno inoltre circoscritto il beneficio ai soli soggetti rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015.Le istruzioni per la compilazione del-la Certificazione Unica 2016, preve-dono che al campo 1 o 2 deve essere indicato il 20% o il 30% della retribu-

zione corrisposta, rispettivamente alla lavoratrice o al lavoratore. Fino allo scorso anno l’ammontare delle somme che non hanno con-corso a formare il reddito imponi-bile (il restante 80% ovvero il 70%) veniva indicato nella sezione Anno-tazioni con il codice BM, quest’an-no invece questo ammontare trova indicazione nella sezione “ALTRI DATI”, nella sottosezione, di nuo-va istituzione, “REDDITI ESENTI”. Occorre però evidenziare che qua-lora il sostituto d’imposta non ab-bia tenuto conto dell’abbattimento dell’imponibile, dell’80%, se lavo-ratrice, ovvero del 70% se lavora-tore, nel campo Annotazioni della CU 2016 cd. sintetica, dovrà forni-re il dato utilizzando il codice BM della tabella C. Tale informazione consentirà al percepiente di fruire dell’agevolazione in sede di dichia-razione dei redditi.Nel campo 466 si dovrà indicare il codice 2, che significa “somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (Rispettivamen-te l’80% dell’ammontare erogato per la lavoratrice ed il 70% per il la-voratore, per i lavoratori dipenden-ti, appartenenti alle categorie indi-viduate con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 3 giugno 2011 in possesso dei re-quisiti previsti, che hanno richiesto di fruire del beneficio fiscale previ-sto dall’articolo 3 della Legge 30 di-cembre 2010, n. 238).Nel campo 467 “ammontare” de-

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE20

ve essere indicata la rimanente par-te di reddito (Rispettivamente l’80% dell’ammontare erogato per la lavo-ratrice ed il 70% per il lavoratore ), non soggetta ad imposizione fiscale.Propongo due esempi:1° IL SOSTITUTO D’IMPOSTA HA RI-CONOSCIUTO L’AGEVOLAZIONE• Al campo 1 o 2 deve essere indi-

cato il 20% ovvero il 30% dei red-diti corrisposti rispettivamente alla lavoratrice ovvero al lavoratore.

• al campo 466 codice 2• al campo 467 reddito non sog-

getto ad imposta (Rispettivamen-te l’80% dell’ammontare eroga-to per la lavoratrice ed il 70% per il lavoratore)

2° IL SOSTITUTO D’IMPOSTA NON HA RICONOSCIUTO L’AGE-VOLAZIONE• Al campo 1 o 2 deve essere indi-

cato l’intero ammontare soggetto. • nel campo Annotazioni della

CU 2016 cd. sintetica, utilizzan-do il codice BM – tabella C do-vrà indicare:

Codice BM

ANNOTAZIONI – Somme che non hanno concorso alla formazione del reddito imponibile, importo (.......). L’80% o il 70% delle somme percepite rispettivamente dalle lavoratrici o dai lavoratori che non hanno fruito dell’abbattimento della base imponibile importo (......). Per usufruire dell’agevolazione il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi.

Campione d’Italia Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi delle per-sone fisiche iscritte nei registri ana-grafici del comune di Campione d’I-talia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non supe-riore a 200.000 franchi sono com-putati in euro sulla base del cam-bio di cui all’art. 9 comma 2, ridot-to forfetariamente del 30 per cento. (Comma 1 dell’articolo 188-bis del Tuir).Ai fini del presente articolo si consi-derano iscritte nei registri anagrafi-ci del comune di Campione d’Italia anche le persone fisiche aventi do-micilio fiscale nel medesimo comu-ne le quali, già residenti nel comu-ne di Campione d’Italia, sono iscrit-te nell’anagrafe degli italiani resi-denti all’estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ti-cino della Confederazione elveti-ca. (Comma 3 – dell’articolo 188-bis del Tuir).Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi di pensio-ne e di lavoro prodotto in euro dai i soggetti di cui al presente artico-lo concorrono a formare il reddito complessivo per l’importo ecceden-te 6.700,00 €. La disposizione del primo periodo si applica a decorre-re dal 1 gennaio 2015. (Comma 3 – bis – dell’articolo 188-bis del Tuir).Sulla base di tali premesse, l’artico-lo 1 – comma 691, della Legge di stabilità 2015, introducendo il com-

ma 3-bis, all’articolo 188-bis, ha previsto un’ulteriore agevolazione ai fini Irpef per i redditi di pensione e lavoro prodotti in euro. Tali som-me concorrono a formare il reddito complessivo per l’importo ecceden-te € 6.700,00. Al fine di dare riscontro a questa normativa anche ai fini certificativi, nella Certificazione Unica 2016, si è resa necessaria l’introduzione nel-la sezione “ALTRI DATI” di una nuo-va sottosezione “CAMPIONE D’I-TALIA”, contenente i nuovi campi:Campo 457: “Lavoro dipendente contratto a tempo indeterminato”. In questo campo di nuova istituzio-ne deve essere indicato l’ammonta-re dei redditi di lavoro, prodotto in euro, dai soggetti iscritti nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia, derivante da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Campo 458: “Lavoro dipenden-te contratto a tempo determinato”. In questo campo di nuova istituzio-ne deve essere indicato l’ammonta-re dei redditi di lavoro, prodotto in euro, dai soggetti iscritti nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia, derivante da un rapporto di lavoro a tempo determinato.Campo 459: “Pensione”. In questo campo di nuova istituzione deve es-sere indicato l’ammontare dei red-diti di pensione, prodotto in euro, dai soggetti iscritti nei registri ana-grafici del comune di Campione d’I-talia.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE 21

Lavoratore distaccato all’estero e residente fiscale in italiaQualora il lavoratore distaccato o trasferito all’estero dovesse mante-nere la residenza fiscale in Italia, ad esempio nella ipotesi in cui in Italia conservi il proprio “centro di inte-ressi”, avendo qui la propria fami-glia, nei suoi confronti si applica la cosiddetta “tassazione concorren-te”, che prevede l’assoggettamen-to all’imposta nel Paese di destina-zione, in base al principio di terri-torialità, nonché l’assoggettamento all’imposta in Italia, in quanto egli rimanendo residente viene sogget-to alla “tassazione mondiale”, che vede attratti nel luogo di residenza, i redditi prodotti in tutto il mondo. L’articolo 51 comma 8/bis del Tu-ir, prevede la deroga alle disposi-zioni che impongono la determina-zione analitica dei redditi di lavo-ro dipendente effettivamente ero-gati, stabilendo che il reddito deri-vante dall’attività prestata all’estero, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, da dipendenti che nell’arco dei dodici mesi ivi soggiornano per un perio-do superiore ai 183 giorni, è deter-minato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmen-te, in base a quanto disposto dall’ar-ticolo 4 della legge 398/1987, con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di con-certo con quello del Tesoro e del-le Finanze (Relativamente all’an-

no 2015 le retribuzioni convenzio-nali sono state definite dal D.M. 14 GENNAIO 2015). Voglio quindi ri-levare che l’aspetto temporale qui definito, non fa riferimento all’anno civile, che decorre dal primo gen-naio al 31 dicembre, bensì al mo-mento in cui si è redatto il contratto di distacco, che potrebbe essere an-che a cavallo dei due anni.Il contratto di distacco è molto im-portante in quanto, al fine di poter applicare queste disposizioni che stabiliscono un imponibile forfetta-rio, è indispensabile che esista una previsione contrattuale, nell’ambi-to della quale si preveda l’esecuzio-ne della prestazione in via esclusi-va all’estero, che il dipendente ven-ga collocato in uno speciale “ruo-lo estero”. In caso contrario si dovrà operare sull’imponibile reale, che prevede l’assoggettamento di tut-te le componenti attratte al reddito di lavoro subordinato, compresi an-che i fringe benefit inclusi eventuali bonus o altri compensi variabili, in-dennità estere, eccetera. Sul reddito prodotto all’estero vie-ne applicata una duplice imposizio-ne, a fronte della quale il lavoratore avrà diritto ad un credito d’imposta, in base alle regole stabilite all’arti-colo 165 del TUIR.Nella Certificazione Unica, il sosti-tuto di imposta dovrà indicare nei campi 1 o 2 l’ammontare delle re-tribuzioni convenzionali sulle quali sono state calcolate le ritenute.Qualora il reddito fosse stato pro-

dotto in più Stati Esteri, l’ammonta-re del reddito prodotto in ciascuno Stato deve essere indicato distinta-mente nelle annotazioni del model-lo CU utilizzando il codice AD ta-bella tabella C

Dovrà inoltre riportare nelle annotazioni:Codice AD

ANNOTAZIONI. Dati relativi al reddito prodotto all’estero:Stato estero (A) Reddito prodotto……………….Stato Estero (B ) Reddito prodotto ………………

Ricordo che a i lavoratori oggetto della tassazione forfettaria sopra ci-tata, sono quelli che hanno mante-nuto la residenza fiscale in Italia e lavorano all’estero e, stante il fatto che in Italia devono corrispondere le imposte in base al principio del-la “tassazione mondiale”, che an-che all’estero devono corrisponde-re le imposte in base al principio della territorialità delle imposte, per cui sono tassati per lo stesso reddi-to due volte. A fronte di questa du-plice imposizione, avranno diritto a beneficiare qui in Italia, un cre-dito d’imposta determinato in base all’articolo 165 del Tuir.

Determinazione e certificazione del credito d’imposta in base all’articolo 165 del Tuir Il riconoscimento del credito d’im-posta, derivante dalla tassazione concorrente, viene definito dall’ar-ticolo 165 comma Tuir.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE22

Il comma 1 prevede: “Se alla forma-zione del reddito complessivo con-corrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definiti-vo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovu-ta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rappor-to tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di im-posta ammessi in diminuzione.”Le condizioni affinché il lavorato-re possa fruire del credito d’impo-sta sono:1. E indispensabile che il reddito

sia prodotto all’estero ed esista una doppia imposizione.

2. Il reddito estero concorra alla formazione del reddito comples-sivo del soggetto residente in Ita-lia.

3. Le imposte siano pagate all’este-ro a titolo definitivo.

Devo però evidenziare che qualo-ra le imposte in Italia fossero deter-minate sulla base convenzionale e non su quella effettiva, il credito de-ve essere proporzionalmente ridot-to, così come disposto nel comma 10 dell’articolo 165 del Tuir. “Nel caso in cui il reddito prodotto all’e-stero concorra parzialmente alla for-mazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente”.Nella compilazione della Certifica-zione Unica 2016, si dovranno de-durre i crediti d’imposta nella sezio-ne “ DETRAZIONI E CREDITI”. Nel caso in cui fosse stato ricono-

sciuto un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo, il sostituto deve:- Compilare il campo 21 della se-

zione “RITENUTE” indicando il totale delle ritenute IRPEF ope-rate al netto del credito d’impo-sta suddetto.

- Indicare nel successivo campo 374 della sezione “DETRAZIO-NI E CREDITI” l’ammontare del credito d’imposta riconosciu-to in sede di conguaglio per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo.

- compilare i campi 375- 376- 377 – 378

- Fornire distinta indicazione con il codice AQ

Nel campo 374 “CREDITO D’IM-POSTA PER LE IMPOSTE PAGATE ALL’ESTERO” si deve indicare l’am-montare del credito d’imposta rico-nosciuto in sede di conguaglio per le imposte pagate all’estero a tito-lo definitivo.Nel campo 375 “CODICE STATO ESTERO” si deve specificare lo Sta-to estero in cui è stato prodotto il reddito. Il relativo codice si desume dalla tabella G.Nel campo 376 “ANNO DI PERCE-ZIONE REDDITO ESTERO” si deve indicare l’anno d’imposta in cui è stato prodotto il reddito estero. Nel campo 377 “REDDITO PRO-DOTTO ALL’ESTERO” si deve indi-care l’ammontare del reddito pro-dotto all’estero.Nel campo 378 “IMPOSTA ESTERA DEFINITIVA” si deve indicare l’am-

montare dell’imposta pagata all’e-stero in via definitiva.

Esposizione dei dati della certificazione unica in multimodulo.Con il sistema “multimodulo”, è possibile indicare più situazioni per l’anno 2015 riferite ai campi 375-376-377-378, fermo restando che il campo 374, è monomodulo in quanto, riassume il totale dei crediti d’imposta maturati all’estero.Nelle Annotazioni, con il codice AQ, si informa il contribuente che l’imposta estera esposta è stata ri-dotta in proporzione al rapporto tra il reddito estero assoggettato a tas-sazione in Italia ed il reddito estero effettivamente percepito. Vorrei evidenziare che oggi, le istru-zioni contenute nella CU 2016 pre-cisano che: “L’imposta estera è sta-ta ridotta proporzionalmente al rap-porto tra il reddito estero, determi-nato in misura convenzionale, ed il reddito che risulterebbe tassabile, in via ordinaria, se la medesima attivi-tà lavorativa fosse svolta in Italia.” Questo ulteriore chiarimento vuole evidenziare la linea adottata dall’A-genzia é contenuta in una sua Riso-luzione. (Risoluzione Agenzia delle entrate n. 48/E del 8/7/2013). Nella Risoluzione sopra citata, l’A-genzia afferma che il reddito pro-dotto all’estero, costituendo un di cui del reddito complessivo, deve essere inteso come reddito determi-nato secondo le norme dell’ordina-mento tributario italiano.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE 23

Il medesimo codice AQ deve esse-re esposto nella sezione annotazio-ni del Mod. CU 2016 ordinario.

Codice AQ

ANNOTAZIONI – Dati relativi al credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero: - Reddito complessivi tassato in Italia: (.................)- Imposta lorda italiana: (...........)- Imposta netta italiana: (..................)- L’imposta estera è stata ridotta proporzionalmente al rapporto tra il reddito estero, determinato in misura convenzionale, ed il reddito che risulterebbe tassabile, in via ordinaria, se la medesima attività lavorativa fosse svolta in Italia.

La certificazione del “bonus 80 euro” a particolari categorie di lavoratori Nel periodo d’imposta 2014 è stato istituito un bonus, di importo massi-mo annuo pari a 640 €, da ricono-scere mensilmente in busta paga ai lavoratori titolari di reddito di lavo-ro dipendente e di alcune categorie di redditi assimilati non superiori a 26.000,00 €.

L’articolo 1 della Legge di stabilità 2015 ha reso strutturale il bonus de-finendo l’importo su base annua in € 960,00.Tra i potenziali beneficiari del bene-ficio, rientrano anche:• i lavoratori non residenti fiscal-

mente in Italia, che lavorano in Italia, salvo il caso in cui il red-dito di lavoro non sia imponibile in Italia per l’effetto dell’applica-zione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri ac-cordi internazionali.

• i lavoratori, distaccati all’estero, rimasti residenti fiscali in Italia, il cui reddito viene determinato in base alle retribuzioni conven-zionali di cui il comma 8-bis, dell’articolo 51 del Tuir.

• I lavoratori frontalieri, per i qua-li concorre a formare il reddi-to complessivo l’importo ecce-dente la franchigia fissata per il 2015 in € 7.500,00.

Nei confronti dei lavoratori e ricer-catori rientrati in Italia, per l’an-no 2015 si deve operare, tenendo i considerazione le modifiche appor-tate dal comma 13, dell’articolo 1 della Legge di stabilità 2015, ope-rando nel seguente modo:

Tutti i benefici fiscali relativi al ri-entro in Italia dei lavoratori docenti e ricercatori, non producono effet-to ai fini della determinazione del reddito complessivo, utilizzato per la verifica della spettanza del bonus di 80 €. In pratica, il reddito imponibile ai fi-ni Irpef, continua a godere a secon-da delle casistiche, dei vari abbatti-menti previsti (70%, 80% o 90%), mentre il reddito complessivo da considerare per il riconoscimen-to del bonus di 960,00 €/annui, ri-comprenderà l’intero reddito per-cepito, anche se sottoposto ad una tassazione agevolata. Per cui, ai fi-ni della valutazione della spettanza, nella CU 2016, si dovrà effettuare il seguente conteggio:- si sommano gli importi desun-

ti nel campo 1 o 2 (reddito sog-getto, 10% – 20% o 30%) al campo 467 (redditi esenti 90%, 80% o 70%). Il totale così de-finito, deve essere posto a con-fronto con il limite reddituale di 26.000,00 €. Nel caso in cui il totale risultasse superiore al li-mite di € 26.000,00, il lavorato-re non avrebbe diritto alla perce-zione del bonus.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE24

La stabile organizzazione (permanent establishment)

La stabile organizzazione (spesso individuata nella classica “branch” estera) collega a uno Stato il reddito che deriva da un’attività economica svolta sul suo territorio da parte di un’impresa non residente. Tale red-dito d’impresa è sottoposto a tassa-zione anche nello Stato della fonte (Stato di provenienza del reddito), salvo eventuale credito per le impo-ste già assolte. Nell’ordinamento tributario italia-no, la stabile organizzazione è de-finita dall’articolo 162 del Tuir che, nonostante alcune lievi differenze, in generale riprende la struttura e il contenuto dell’articolo 5 del Mo-dello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, il quale uti-lizza il termine: permanent establi-shment (PE). Il Testo Unico (ovviamente, ai fi-ni delle imposte dirette e dell’IRAP – per l’IVA occorre fare riferimen-to alla normativa comunitaria), con l’espressione “stabile organizzazio-ne”, designa una sede fissa di affa-ri per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio del-lo Stato. La normativa, poi, per meglio chia-rire la definizione generale iniziale,

fornisce una serie di esempi di sta-bile organizzazione e, per contra-sto, altrettanti casi di non configu-rabilità. Quanto ai primi, si ha stabile orga-nizzazione nelle seguenti ipotesi: a) una sede di direzione;b) una succursale;c) un ufficio;d) un’officina;e) un laboratorio;f) una miniera, un giacimento pe-

trolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazio-ne di risorse naturali, anche al di fuori delle acque territoriali, purché lo Stato possa esercitar-vi i diritti relativi.

Viene altresì precisato che un can-tiere di costruzione o di montag-gio o di installazione, è conside-rato “stabile organizzazione” sol-tanto se ha una durata superiore a tre mesi. Per determinare la durata del cantiere, l’interpretazione OC-SE chiarisce che non si deve tenere conto delle interruzioni stagionali e temporanee (scioperi dei dipenden-ti, cattive condizioni atmosferiche, etc.), che possono limitare l’effetti-vo svolgimento dell’attività nel can-tiere e, nell’effettuare il calcolo, si sommano anche i periodi relativi a

più lavori distinti collegati tra loro da un nesso logico. Infine, costituisce una stabile orga-nizzazione anche quel soggetto, re-sidente o non residente, il quale, nel territorio dello Stato, abitualmen-te conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli del mero acquisto di beni. Viceversa, non è possibile parlare di stabile organizzazione, laddove, una sede fissa di affari: a) venga utilizzata ai soli fini di de-

posito, di esposizione o di con-segna di beni o merci apparte-nenti all’impresa;

b) i beni o le merci appartenen-ti all’impresa siano semplice-mente immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) i beni o le merci appartenenti all’impresa siano immagazzina-ti ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) una sede fissa d’affari sia utiliz-zata ai soli fini di acquistare beni o merci, ovvero di raccogliere informazioni per l’impresa;

e) detta sede venga utilizzata ai soli fini di svolgere, per l’impre-sa, qualsiasi altra attività che ab-bia carattere meramente prepa-

PAolo soro Dottore commercialista e revisore contabile, titolare dell’omonimo studio con sedi in Roma, Milano, Cagliari e Dubai. Laureato in economia e commercio; master in direzione aziendale (SDA Bocconi – Milano) e in fiscalità internazionale (USI – Lugano). International Certificate in Financial English. Spe-cializzato in pianificazione fiscale internazionale, contenzioso e lavoro. Presidente collegio sindacale consorzio garanzia fidi Sardegna. Consulente tecnico presso i tribunali di Roma e Cagliari. Responsa-bile fiscalità internazionale e marketing MESCO DWC – LLC (Dubai – EAU). Amministratore delegato Green River Holding LTD – Malta. Relatore in convegni e autore di articoli in materia di fiscalità inter-nazionale, trust, contenzioso tributario e consulenza del lavoro. Collabora con la rivista telematica di approfondimento “Il Tributo” e con il sito web www.fiscoetasse.com

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 ASPETTI FISCALI

FISCO e TASSE 25

ratorio o ausiliario;f) o ancora, venga utilizzata ai soli

fini dell’esercizio combinato di tutte le attività appena sopra in-dicate, sempre che il tutto per-manga a carattere preparatorio o ausiliario.

All’uopo, occorrerà distinguere i casi in cui l’attività preparatoria rappresenti una parte significativa dell’attività dell’impresa. Se tale at-tività preparatoria rientra fra quelle principali dell’impresa, il suo eser-cizio, attraverso una sede fissa d’af-fari, configurerà una stabile orga-nizzazione. Un deposito di merci non gestito da personale fisso e sen-za un’attività di vendita, o il mero acquisto di beni, rappresentano si-curamente due esempi in cui non c’è modalità di tassazione attraver-so la stabile organizzazione. Ancora: non costituisce di per sé stabile organizzazione la disponi-bilità a qualsiasi titolo di elaborato-ri elettronici e relativi impianti ausi-liari che consentano la raccolta e la trasmissione di informazioni e dati finalizzati alla vendita di beni e ser-vizi.Neppure può configurarsi una sta-bile organizzazione per il solo fatto che essa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissio-nario generale, di un raccomanda-tario marittimo, o di ogni altro in-termediario che agisca in maniera indipendente nell’ambito della pro-pria attività ordinaria, anche in via continuativa. L’espressione “concludere contrat-ti in nome della casa madre” impli-ca la capacità di impegnare l’impre-sa di fronte a terzi. Tale potere deve comunque manifestarsi attraverso l’offerta di beni e servizi sul mercato (la conclusione di un contratto di la-voro dipendente – a esempio – non è di per sé sufficiente per l’esisten-za di una stabile organizzazione, in

quanto non è espressione di un’atti-vità imprenditoriale). La persona fi-sica che costituisce una stabile or-ganizzazione personale deve agire in assenza di autonomia gestionale nei rapporti con la casa madre (per-tanto, un agente indipendente che agisce nell’ambito della propria at-tività “non costituisce stabile orga-nizzazione”). Infine, il fatto che un’impresa non residente (con o senza stabile orga-nizzazione nel territorio dello Sta-to) controlli un’impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o meno at-tività d’impresa, non costituisce di per sé motivo sufficiente per con-siderare una qualsiasi di dette im-prese una stabile organizzazione dell’altra. In conformità all’interpretazione dell’attuale Commentario al Mo-dello OCSE, il riscontro di uno de-gli esempi delle sopra citate elenca-zioni non è sufficiente a dimostrare l’esistenza o meno di una PE. Ciò poiché si tratta di semplici indizi che devono essere sempre confer-mati dal soddisfacimento dei requi-siti fissati nella definizione genera-le iniziale. In tal caso, l’onere del-la prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. Peraltro, tenuto conto che l’interpretazione data alle con-venzioni stipulate dallo Stato italia-no considera la predetta lista come esempi che costituiscono a priori stabili (o non-stabili) organizzazio-ni, il riscontro di tali fattispecie im-plicherebbe la presunzione assolu-ta di stabile (o non-stabile) organiz-zazione con conseguente inversio-ne dell’onere della prova. Si rammenta che il Modello OC-SE ha valore di raccomandazione e non forza di legge nazionale. Sa-rebbe, dunque, auspicabile sul pun-to una decisa presa di posizione a livello legislativo, onde evitare di

lasciare il campo alle soggettive (e variegate) interpretazioni giurispru-denziali. Le condizioni che debbono verifi-carsi sono, in sostanza, le seguenti: - l’esistenza di un “place of busi-

ness” o installazione di una sede d’affari;

- la sua stabilità;- la sua connessione con l’eserci-

zio normale dell’impresa;- La sua idoneità a produrre reddito.Per quanto riguarda l’esistenza, non rileva il titolo in base al quale l’im-presa ha la disponibilità materia-le della sede (proprietà, locazione, comodato etc.), né il fatto che ta-le installazione si trovi nei locali di un’altra impresa; ma assume esclu-sivo rilievo soltanto l’effettiva dispo-nibilità dell’installazione stessa. Con riferimento alla “stabilità”, il termine va inteso sia in senso tem-porale (è necessario che l’installa-zione si presti a un utilizzo durevo-le da parte dell’impresa), che secon-do un’interpretazione spaziale (ne-cessaria esistenza di un legame tra l’installazione e un punto geografi-co determinato, senza tuttavia che sia indispensabile la materiale fissa-zione al suolo). Ergo, si può esclu-dere che costituiscano stabili orga-nizzazioni le installazioni utilizza-te per attività tipicamente occasio-nale, come – per esempio – saltua-rie esposizioni, anche se effettua-te più volte durante lo stesso anno. Viceversa, quando esiste un nesso commerciale-geografico in funzio-ne della tipologia di attività svolta, potrà sussistere la PE anche in ca-so di spostamento da un luogo a un altro (una miniera costituisce un singolo “place of business” anche se l’estrazione è fatta su una vasta area, in quanto rappresenta un’uni-tà commerciale e geografica con ri-ferimento all’attività estrattiva). In relazione alla condizione con-cernente la connessione con l’eser-

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cizio dell’impresa, il riferimento a un’installazione fissa in cui l’impre-sa svolge in tutto o in parte la sua attività, indica che la sede deve es-sere destinata a un’attività rientrante nel quadro normale degli affari rea-lizzati dall’imprenditore estero, pur-ché tale attività sia in relazione di servizio rispetto agli obiettivi globa-li dell’impresa. In pratica, ciò che ri-leva è la connessione, in rapporto di strumentalità dell’attività commer-ciale, con l’esercizio dell’impresa, e il fatto che l’installazione serva re-almente per l’esercizio dell’attività d’impresa, e non per una manifesta-zione di tipo statico. Infine, in merito all’ultima condi-zione, la volontà del Legislatore è palese nel voler escludere dal con-cetto di stabile organizzazione tutte quelle “installazioni” in cui si svol-gono attività insuscettibili di pro-durre un reddito autonomo; o, per meglio dire, di un reddito (autono-mamente accertabile secondo crite-ri oggettivi) in relazione al quale sia determinabile una ben definita ba-se imponibile. Sono, infatti, esclu-se – a priori – tutte quelle sedi in cui si svolgono attività di carattere ausi-liario e preparatorio, poste in essere in una fase ancora lontana dall’ef-fettiva produzione del reddito, per-ché se ne possa correttamente at-tribuirgliene una parte. Il business deve essere esercitato totalmente o parzialmente nel c. d. “place of bu-siness”. Si è – a esempio – ritenu-ta sussistente una stabile organizza-zione ogni qualvolta l’ente straniero svolgesse abitualmente attività nel territorio nazionale, avvalendosi di una struttura organizzativa materia-le e/o personale, qualunque fosse la dimensione, purché non avesse ca-rattere precario o temporaneo, e co-stituisse un centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche ri-feribili all’ente straniero. Come noto, l’individuazione di una

stabile organizzazione assume par-ticolare rilevanza da un punto di vi-sta fiscale. Giuridicamente, infatti, la PE non è indipendente dalla ca-sa madre, ma ai fini tributari è con-siderata avere una propria autono-mia gestionale. Economicamente, l’attività della PE deve dunque es-sere valutabile in modo autonomo e idonea a produrre reddito tassabile. Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l’impre-sa non svolga la sua attività nell’al-tro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situa-ta. Se l’impresa esercita la sua atti-vità in tal modo, gli utili dell’impre-sa saranno imponibili nell’altro Sta-to, ma soltanto nella misura in cui sono attribuibili alla stabile orga-nizzazione. Da qui derivano, con-seguentemente, anche determinati obblighi contabili a carico della PE. Dunque, una volta verificata l’esi-stenza di una stabile organizzazio-ne, occorrerà individuare quali sia-no i redditi concretamente impo-nibili nei suoi confronti (questione tutt’altro che semplice). L’art. 7 del Modello OCSE afferma che sono attribuiti alla stabile orga-nizzazione (secondo il nexus ap-proach) i redditi che si ritiene po-trebbero essere stati ricavati nell’al-tro Stato, se tale stabile organizza-zione fosse stata un’impresa indi-pendente (c. d. arm’s length prin-ciple), operante nelle stesse o simi-li condizioni, e senza alcun legame con l’impresa “madre” a cui appar-tiene. Resta comunque il problema connesso all’individuazione cer-ta delle stabili organizzazioni, co-sa che suggerisce di addivenire pre-sto a una modifica della definizione dettata dall’art. 5 del Modello. In Italia, come noto, l’articolo 14 del recente Decreto Crescita e In-ternazionalizzazione ha intro-dotto nell’ordinamento la branch

exemption, ovverosia la possibilità che in capo a un’impresa residen-te nel territorio dello Stato non as-sumano rilevanza fiscale le perdite e gli utili realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero. L’opzione per la branch exemption (da eserci-tarsi entro due anni) è irrevocabi-le e vale per tutte le stabili organiz-zazioni della medesima impresa. In caso di opzione per l’applicazione della branch exemption, tali stabili organizzazioni saranno assoggetta-te alla disciplina prevista per le CFC dall’articolo 167 del TUIR, a meno che non ricorrano le conosciute esi-menti ivi previste. Pertanto: - se sussistono le esimenti, le PE

potranno usufruire del regime della branch exemption;

- se non sussistono le esimenti, le PE verranno tassate per traspa-renza.

Nel documento “Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting”, l’OCSE individua le principali azio-ni che i Governi nazionali devono intraprendere al fine di contrastare il fenomeno dell’erosione della ba-se imponibile. Orbene, in materia di stabile organizzazione, si sotto-linea appunto la necessità di rive-dere la definizione di PE per preve-nire eventuali abusi. In particolare, obiettivo dell’OCSE è quello di con-trastare i fenomeni di erosione della base imponibile connessi allo status di stabile organizzazione. L’aggiornamento della definizione di stabile organizzazione si propo-ne nel dettaglio di contrastare quei fenomeni di abuso connessi alle specifiche situazioni in cui vengono in considerazione i c. d. “commis-sionnaire arrangements”. In alcuni regimi, l’interpretazione delle disposizioni convenzionali in materia di stabile organizzazione personale consente che i contratti di vendita di beni di una società este-ra vengano sottoscritti dal persona-

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le della subsidiary locale di tale so-cietà. I profitti derivanti dalle suin-dicate vendite non sono assoggettati alle medesime condizioni di quelli derivanti dalle vendite effettuate da un distributore. Ciò ha portato mol-te imprese a sostituire gli arrange-ments in virtù dei quali la subsidia-ry locale normalmente opera nella qualità di distributore con i “com-missionnaire arrangements”, con un conseguente shift of profits dal Paese in cui le vendite hanno luo-go, senza che a tale trasferimento corrisponda una sostanziale modi-fica nell’attività realmente svolta in quello stesso Paese. All’opposto, le imprese multinazio-nali mirano artificialmente a fram-mentare le attività tra le diverse en-tità del gruppo, affinché le stesse, ai vari livelli, si qualifichino come pre-paratorie o ausiliarie, potendo così non configurarsi una PE laddove ciò appaia conveniente dal punto di vi-sta fiscale. Secondo l’OCSE, molte delle strut-ture che contemplano la figura del commissionnaire sono state poste in essere, principalmente, con l’o-biettivo di erodere la base imponi-bile dello Stato in cui le vendite so-no effettuate. Risulta, pertanto, indi-spensabile apportare delle opportu-ne modifiche all’art. 5 del Modello convenzionale. L’OCSE rileva che le criticità con-nesse al cd. “artificial avoidance of PE status” potranno essere efficace-mente superate soltanto se vi sarà un effettivo coordinamento con le altre aree di intervento previste nell’Ac-tion Plan (caratteristica olistica del Piano BEPS). L’Action 7, in partico-lare, precisa che quella dell’attri-buzione dei profitti è una questio-ne-chiave ai fini dell’individuazio-

ne delle modifiche che dovranno essere apportate alla definizione di “permanent establishment”. Purtut-tavia, occorre evidenziare come gli studi a oggi svolti sulla citata que-stione abbiano consentito di indi-viduare solo alcune delle aree che richiedono chiarimenti e/o integra-zioni. Oltre a ciò, non paiono an-cora ben identificate quelle modifi-che sostanziali alle norme sull’attri-buzione dei profitti alla stabile or-ganizzazione che risulterebbe vice-versa necessario attuare. Un’ulteriore fondamentale Action in proposito diventa, poi, la nume-ro 6 (Treaty Abuse): laddove venga sempre integralmente rispettato il Modello convenzionale OCSE, in-fatti, non dovrebbero mai verificarsi problemi interpretativi. Peraltro, oc-corre considerare che, in genere, gli Stati aderenti al G20, al fine di ov-viare alle rigide condizioni di asso-luta reciprocità stabilite dal Model-lo OCSE, quando si trovano a do-ver sottoscrivere trattati con i c. d. Paesi emergenti (i quali presentano economie particolarmente anomale rispetto a quelle esistenti nelle na-zioni industrializzate), preferiscono ratificare nella convenzione di inte-resse alcune regole proprie del Mo-dello ONU. Emblematico, a esem-pio, il recente caso della Conven-zione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Panama.In sostanza, in tema di stabili orga-nizzazioni, le principali differenze tra Modello convenzionale OCSE e Modello convenzionale ONU, at-tengono ai seguenti due casi: 1. L’agente indipendente: Se svol-

ge l’attività interamente (o quasi) per conto di un’unica impresa, configura una stabile organizza-zione, in quanto non può essere

considerato effettivamente “indi-pendente”, pur se concretamen-te opera in maniera autonoma nell’ambito della propria attivi-tà ordinaria, anche in via conti-nuativa; al contrario, nel Model-lo OCSE, è espressamente esclu-so che tale fattispecie possa es-sere considerata una PE.

2. Il deposito: L’imprenditore il qua-le, pur non avendo alcun pote-re di rappresentanza, mantie-ne nell’altro Stato contraente una scorta di merci appartenen-ti all’impresa, dalla quale effet-tua regolarmente dei prelievi per la consegna a nome o per conto dell’impresa, determina (anche in tal caso, contrariamente a quanto disciplinato nel Modello OCSE) una stabile organizzazione.

Le differenze, dunque, sono poche, ma di pura sostanza; se, poi, con-sideriamo il principio generale che impone di attivare le MAP (Mutual Agreement Procedure) per risolve-re le questioni concernenti la resi-denza fiscale, il quadro complessi-vo che ne deriva non appare di cer-to il più indicato per dirimere le numerose fattispecie pratiche che, specie in tema di permanent esta-blishment, si potranno andare a ve-rificare. Insomma, a parere di chi scrive, il problema di fondo resta immutato: ci si affanna, giustamente, a predi-sporre una policy in grado di con-trastare la spaventosa elusione per-petrata dai grossi gruppi multina-zionali, tenendo in scarsa conside-razione le ripercussioni che queste regole potrebbero causare in fatto di duplicazione impositiva su tutte le altre piccole e medie entità eco-nomiche che sviluppano il loro bu-siness a carattere internazionale.

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Dati Export 2015 (1a parte)

In questo articolo, desideriamo ri-portare i dati rilevati dall’ISTAT in merito all’andamento ed allo sta-to di salute della nostra economia, in particolare riferita al commercio estero nell’anno 2015 ed alla pro-iezione dei prossimi anni. Il no-stro Paese, tra tante incertezze, ha davanti una finestra di opportunità che non si ripresenterà facilmente. E se è l’ambizione che ci fa guardare lontano, è solo la volontà che lonta-no ci farà arrivare.Prendere o lasciare. A nostro pare-re tre sono gli elementi che possono fungere da volano per l’export ita-liano. In primo luogo, siamo di fronte a una “congiunzione astrale” favo-revole. Il Pil italiano sembra final-mente riprendere quota, seppur con un cauto +0,6 o +0,7% – a secon-da delle fonti – per il 2015, men-tre la domanda internazionale è in ripresa a ritmi più vivaci. Tutta l’a-rea euro beneficerà del Quantitati-ve Easing lanciato dalla Bce, con ef-fetti positivi sulla domanda. Il prez-zo del petrolio dovrebbe rimane-re sotto i 100 dollari al barile fino al 2017, con impatto positivo per i Paesi importatori di commodity co-me l’Italia e maggiori disponibilità di consumo per le famiglie europee. La svalutazione dell’euro nei con-

fronti del dollaro e del franco sviz-zero, unita al deprezzamento del tasso di cambio effettivo reale italia-no, darà più competitività alle no-stre merci sui mercati legati a queste valute. In secondo luogo, il pianeta ha mantenuto, nel suo complesso, un livello di rischio stabile, sebbene attraversato da fenomeni eterogenei e trasversali, come crisi economi-che, tensioni geo politiche, conflit-ti regionali e locali, sanzioni este-se e selettive. Tra il 2010 e il 2014 l’indice globale di rischio SACE è aumentato di soli 3 punti. A fronte dell’emergere di nuove crisi, spes-so a noi più vicine (Russia-Ucrai-na, Grecia, Nord Africa), si riapro-no possibilità di scambio con Pae-si fino a ieri banditi dal commercio internazionale (Iran e Cuba). Se il rischio complessivo rimane lo stes-so, un approccio selettivo e dinami-co ai mercati aiuta a cogliere nuo-ve opportunità. Infine, l’Italia ha un ampio potenziale inespresso. A pa-rità di dimensione, le Pmi straniere hanno una propensione all’export molto più marcata delle nostre. Le imprese tra i dieci e i quarantano-ve dipendenti che esportano sono il 47% in Germania, il 48% in Spagna e il 29% in Italia. Nel nostro Paese, su circa 75 mila imprese esportatrici ricorrenti solo 14500 esportano ol-

tre il 25% del loro fatturato. Ci sono almeno altre 60 mila Pmi tra i 20 e i 50 milioni di euro di fatturato che potrebbero penetrare meglio i mer-cati esteri. Aiutarle in questa impre-sa potrebbe portare a un aumento delle esportazioni italiane di quasi 140 miliardi di euro entro il 2018: un terzo in più dei valori attuali.

In un mondo sempre più aperto agli interscambi commerciali e soggetto a una volatilità economica superio-re alpassato, occorre disporre di stru-menti che consentano alle impre-se di individuare le opportunità di internazionalizzazione e vendita all’estero con prontezza e rapidità. Passiamo adesso ad analizzare i vari settori dell’economia per capire co-me il nostro paese si colloca nello scenario internazionale.

Nel settore agricolo scontiamo ca-renze strutturali difficilmente col-mabili nel medio termine, ma è in quello alimentare, dove la nostra quota mondiale è del 4,7%, che ab-biamo ancora un potenziale ine-spresso, nonostante la crescita robusta de-gli ultimi dieci anni (+79% rispetto a +47% dell’export italiano nel suo complesso). Le imprese alimentari

MAurizio VeronAMaurizio Verona dottore commercialista e revisore contabile in Catania. Dopo avere svi-luppato una decennale esperienza nel territorio italiano per aziende della GDO tra cui Mer-catone Uno e Gruppo Pam, ha avviato agli inizi del 2003 uno studio di consulenza mirato allo sviluppo imprenditoriale. Svolge attività di consulenza per il Tribunale, ed ha ricoper-to incarichi di liquidatore di società per alcune aziende nel settore industriale e nella gran-de distribuzione organizzata, ed ha collaborato con diverse aziende per l’apertura di centri commerciali in Sicilia. È socio amministratore della società di consulenza M.P.O. Service, ed attualmente sta seguendo lo sviluppo di alcuni gruppi imprenditoriali all’estero. [email protected] http://www.linkedin.com/in/maurizioverona

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che esportano sono meno del 12%, con un fatturato medio verso l’este-ro pari a circa un settimo delle loro vendite. dieci prodotti, da soli, po-trebbero garantire, se ben indirizza-ti su specifici mercati, un aumento delle esportazioni all’estero fino a 7 miliardi di euro entro il 2018.Le nostre esportazioni di beni sono cresciute del 3,9% nel 2015, un tas-so doppio rispetto a quello dell’an-no precedente. Il ritmo di crescita aumenterà ulteriormente nel trien-nio 2016-2018, attestandosi intorno al 5% nella sua parte finale.

Un ruolo di primo piano spetterà ai prodotti dell’agricoltura e dell’indu-stria alimentare, che sono cresciu-ti del 4,5% nel 2015, accelerando a 6,5%, in media, nel 2016-2018. Per i beni di consumo si prevede un recupero nel 2015 (+4%), con una crescita media annua del 5,3% fino al 2018. I beni di investimento, rag-gruppamento core dell’export ita-liano di beni, cresceranno modera-tamente nell’anno in corso (+3,0%) per poi accelerare, anch’essi, negli anni seguenti, mentre i beni inter-medi (+3,9% tra il 2016 e il 2018)

progrediranno a ritmi più contenuti. Ben 39 destinazioni presentano un punteggio superiore a 65 e coprono il 73% dell’export della penisola. È nei mercati già presidiati, seppu-re non sempre con posizioni di pre-minenza, che risiede il maggior po-tenziale dell’export italiano. Parten-do dal Medio Oriente e proseguen-do fino in Asia, tra le migliori de-stinazioni troviamo l’Arabia Saudi-ta, gli Emirati Arabi, l’Algeria, il Qa-tar, ma anche la Corea del Sud, la Cina, l’Indonesia e la Malesia. An-che l’export verso i partner più tra-

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dizionali riprenderà un buon ritmo, in particolare verso Stati Uniti, Re-gno Unito e Germania. Kenya, Se-negal e Tanzania rimangono inte-ressanti come mercati di frontiera e progressivamente potranno diventa-re le destinazioni commerciali fu-ture. Nella selezione delle geogra-fie bisognerà adottare un approc-cio granulare, identificando i driver in grado di trainare la domanda di prodotti italiani in ciascun mercato. Cresceranno le esportazioni di mez-zi di trasporto e componentistica in Canada (+8,5% medio tra il 2015 e il 2018), la meccanica strumentale in Algeria ed Egitto (+6,5%) e in Tu-nisia (+7,3%), in particolare per le macchine agricole, solo per fare al-cuni esempi. L’export è un fattore di crescita di primaria importanza per l’Italia e il suo contributo è stato de-cisivo in anni difficili come quelli appena trascorsi. I segnali di ripresa a cui stiamo assistendo e il positivo contesto internazionale mostrano che siamo pronti a ripartire, poten-do far leva sulla competitività e gra-zie a un’attenta selezione dei mer-cati. Una maggiore internazionaliz-zazione è necessaria e raggiungerla è una sfida possibile.Oggi si scambiano, nel mondo, circa

680 miliardi di euro di beni agrico-li, di cui il 64% generato da quindici Paesi esportatori. Di questi, solo una minoranza è costituita da econo-mie emergenti, sia dal lato dell’ex-port (cinque Paesi su quindici) che dell’import (quattro Paesi, con la Ci-na al primo posto assoluto). Tali mer-cati, inoltre, rimangono invece tra i maggiori produttori di beni agrico-li (dieci su quindici). L’idiosincrasia tra produzione ed esportazioni di prodotti agricoli può essere spiega-ta valutando più fattori: l’incomple-ta transizione da un’economia agri-cola a un modello industriale avan-zato; l’obiettivo del soddisfacimento primario della domanda interna (an-che grazie all’aumento di produttivi-tà delle terre coltivate), prima della creazione di un surplus verso l’este-ro; la saturazione dei mercati esteri di sbocco, già occupati dalle econo-mie avanzate, anche attraverso for-me di sostegno “sussidiate”.Gli Stati Uniti sono leader indiscus-si nel commercio mondiale dei pro-dotti agricoli.Esportano più di 75 miliardi di euro (oltre l’11% dei volumi globali), una quota quasi doppiarispetto a Paesi Bassi e Brasile, ri-spettivamente secondo e terzo

esportatore mondiale. Oltre il 50% dell’export statunitense si concentra su semi e frutti oleosi, carni e cerea-li. Su queste merci, Stati Uniti e Bra-sile sono in competizione diretta e per quest’ultimo rappresentano ol-tre l’80% delle vendite all’estero. I Paesi Bassi sono invece specializza-ti nell’esportazione di piante (17% delle sue vendite complessive) e ri-entrano tra i primi tre esportatori al mondo di prodotti caseari (16% dell’export agricolo) e tra i primi quattro di carni (16%).La prima piazza nel podio dei Paesi acquirenti è appannaggio della Ci-na, che con circa 63 miliardi di beni acquistati detiene una quota di mer-cato globale del 9,6%. La doman-da si concentra per metà sui semi oleosi (in particolare, soia e semi di cotone), oli e grassi vegetali e ani-mali (13%), pesce e carne (entram-bi 7%). Seguono gli Stati Uniti, con una quota dell’8,5% – pari a 56 mi-liardi di import – e un mix di im-portazioni variegato: prodotti del-la pesca (20%), frutta (17%), ortag-gi (12%), caffè, tè e spezie (10%). Unico Paese europeo tra i primi tre al mondo è la Germania (7,1%).Nel prossimo articolo presenteremo i dati relativi agli altri settori.

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ChiArA PorroVeCChioFunzionario dal 2006 presso una Agenzia Fiscale. Attualmente svolge attività di Audit Interno nell’ambito della Direzione Regionale del Piemonte. È stata consulente telefoni-co tributario presso il Call Center di Torino. Abilitata all’esercizio delle professioni contabili e alla Revisione legale (tuttavia non eser-cita poiché pubblico dipendente).Ricercatore in Economia tributaria e materie giuridico – fiscali dal 2008, anno in cui ha conseguito il Dottorato presso l’Università degli Studi di Palermo.Autrice di numerosi articoli per il sito web www.fiscoetasse.com, collabora dal 2013 alla Rivista Fiscalità Estera.

PAolo Antonio iACoPinoFunzionario dal 2004 presso una Agenzia Fiscale. Attualmente svolge attività di verifi-ca nell’ambito della Direzione Regionale del Piemonte. Ha svolto attività di formazione professionale per conto dell’Agenzia e della S.S.E.F. Abilitato all’esercizio della professione forense (tuttavia non esercente poiché pubblico dipendente). Nel 2013 ha conseguito presso la Scuola Superiore di Economia e Finan-ze il master in Diritto tributario Internazionale.

Crediti di imposta per redditi prodotti all’estero. Le conseguenze del criterio di reciprocità

A distanza di tempo dall’interven-to normativo operato con la legge n. 80 del 2003, l’applicazione del-la disciplina operativa sul meccani-smo del credito di imposta per red-diti prodotti all’estero è risultata bi-sognosa di chiarimenti. Un anno fa l’Agenzia delle Entrate, con intento esplicativo ha diramato nel mese di marzo una corposa circolare, la n. 9 del 2015. Obiettivo del presente lavoro è il-lustrare il punto di vista dell’am-ministrazione fiscale che con il ci-tato documento di prassi ha inteso fissare, almeno per sua parte, alcu-ni punti fermi sull’interpretazione dell’art. 165 del TUIR. Non si può spiegare l’applicazione dell’art. 165 TUIR senza far ricorso

ad un’altra norma, in esso contenu-to, rubricato al n. 23 concernente le categorie di redditi che si conside-rano prodotti nel territorio dello Sta-to. In sostanza è sancito il criterio di reciprocità, secondo cui i redditi prodotti all’estero soggiacciono agli stessi criteri di collegamento adotta-ti per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato1.Il criterio di reciprocità entra in azione se e solo se tra lo Stato del-la fonte e lo Stato della produzione non sia stata stipulata una Conven-zione. In applicazione di quest’ulti-ma2, “il diritto al credito viene rico-

1. Si è parlato tecnicamente di lettura a “specchio” dell’art. 23 del TUIR.2. La norma convenzionale ha precedenza sulla norma nazionale derogandola.

nosciuto con riferimento a qualsia-si elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad impo-sizione, conformemente alla speci-fica Convenzione applicabile”3. Sui rapporti norma interna/Convenzio-ne è utile richiamare quanto espres-so nelle sentenze della corte di Cas-sazione n. 18026 del 6.08.2009 e 3556 del 13.02.2009:“Nella specie, pur in presenza del-la norma interna (valida comun-que nei confronti degli altri Stati, in mancanza di Convenzioni bilatera-li) limitativa del potere impositivo dello Stato italiano attraverso il mec-canismo della esclusione del reddi-to di lavoro dipendente .., lo Stato

3. Circolare n. 9/2015 paragrafo 2.1.

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italiano, in sede convenzionale, si è riappropriato del potere impositivo, e l’altro Stato contraente ha rinun-ciato ad esercitare il proprio pote-re impositivo, altrimenti riconosciu-to dalla norma interna italiana”.Ora, non sempre il criterio di reci-procità risolve velocemente l’inclu-sione ovvero l’esclusione dei reddi-ti tra quelli da annoverare nel diritto al credito di imposta. Sono state af-frontate in merito tre questioni.

Dividendi, interessi e royaltiesSono da considerare come redditi prodotti all’estero sia se derivanti da attività esercitate oltre frontiera me-diante stabili organizzazioni, che direttamente dalla società o dall’en-te commerciale residente.

Redditi di natura commerciale non qualificabili come redditi d’impresaSe lo Stato estero nella propria le-gislazione interna accoglie un cri-terio differente da quello esistente in Italia oppure se impone a tassa-zione redditi di natura commercia-le anche in assenza di una struttu-ra che può essere definita come sta-

bile organizzazione4, può accade-re che viene a mancare il collega-mento del criterio di reciprocità in quanto detto reddito non è ricondu-cibile a nessuna delle categorie pre-viste dall’art. 23 TUIR. In questo ca-so, l’Agenzia ribadisce l’impossibi-lità di considerare tale reddito co-me “prodotto all’estero” e, di con-seguenza di portare in detrazione le imposte che all’estero sono sta-te pagate.Unica possibilità, ed in via ecce-zionale in questi casi è la possibili-tà di considerare tali imposte versa-te all’estero, costi inerenti l’attivi-tà di impresa, dunque componen-ti negativi deducibili in fase di de-terminazione del reddito comples-sivo.

Redditi esclusi da tassazione in ItaliaL’art. 23 TUIR esclude espressamen-te a tassazione specifiche fattispecie tra cui:a. gli interessi e gli altri proventi de-

rivanti da depositi e conti corren-ti bancari e postali, i quali non costituiscono redditi prodotti nel territorio nazionale se percepi-

4. L’esempio portato in circolare è quello del cantiere che ha breve durata.

ti da non residenti, nonostante siano corrisposti da soggetti re-sidenti o da stabili organizzazio-ni nel territorio stesso di soggetti non residenti;

b. le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residen-ti negoziate in mercati regola-mentati e le plusvalenze deri-vanti dalla cessione a titolo one-roso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di va-lute estere rivenienti da deposi-ti e conti correnti. I redditi diver-si in parola, non sono da consi-derare come “prodotti” nel terri-torio dello Stato se percepiti da non residenti.

L’agenzia delle Entrate ha ritenuto in senso positivo, la possibilità per queste categorie di reddito di ac-cedere al “diritto al credito per le imposte pagate da soggetti residen-ti in relazione ad analoghe tipolo-gie reddituali che siano state assog-gettate a tassazione nel Paese del-la fonte”.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 VARIE

FISCO e TASSE 33

PAolo BAttAgliAEsercita la professione di dottore commercialista e revisore contabile in Sicilia pres-so lo studio da lui diretto dal 1994, con sede a Ragusa, specializzato in pianificazio-ne fiscale e finanziaria. È presidente della Commissione per la consulenza di direzione aziendale presso l’ODCEC di Ragusa, relatore in convegni su tematiche relative alla pia-nificazione internazionale di business.

Gli IFRS per le PMI (2a parte)

1.4 Corretta presentazioneI bilanci devono mostrare una rap-presentazione veritiera e corretta della situazione aziendale, rappre-sentarne, cioè, correttamente la si-tuazione finanziaria, le prestazio-ni economiche e le variazioni della posizione finanziaria. Questo risultato si ottiene appli-cando gli IFRS per le PMI secondo i principi e le caratteristiche qua-litative viste precedentemente al punto 1.3.Le imprese sono autorizzate a di-scostarsi dagli IFRS per le PMI so-lo in circostanze estremamente ra-re, se la direzione aziendale ritiene che la conformità ad uno dei requi-siti potrebbe rivelarsi fuorviante in quanto in contrasto con l’obiettivo di bilancio. La natura, la ragione e l’impatto finanziario della deviazio-ne dagli IFRS andrebbe comunque motivata nel bilancio stesso.

1.5 Prima adozioneUn neo-utilizzatore degli IFRS per le PMI è un soggetto che presenta il bilancio d’esercizio in conformi-tà agli IFRS per le PMI per la prima volta, indipendentemente dal fatto che il suo framework contabile pre-cedente fosse stato coerente con i Full IFRS o con altri principi conta-bili.

La prima adozione richiede la piena applicazione degli IFRS per le PMI, retroattiva fino alla data del primo bilancio redatto in conformità agli IFRS per le PMI. Comunque, per fa-cilitare la transizione, all’obbligo di applicazione retroattiva ci sono 10 esenzioni facoltative specifiche, una deroga generale e cinque ecce-zioni obbligatorie.Le eccezioni obbligatorie riguarda-no il sistema utilizzato in preceden-za per gli storni delle attività e del-le passività finanziarie, per le valu-tazioni delle attività dismesse e per gli interessi.Le 10 esenzioni facoltative si rife-riscono ai gruppi di imprese; alle operazioni di pagamento share-ba-sed; al fair value come sostituto del criterio del costo per alcune attivi-tà non correnti; alla rivalutazione dei costi ritenuti per alcune attività non correnti; alle differenze cumu-lative di conversione; ai metodi usa-ti in materia di bilancio individua-le (non consolidato); agli strumen-ti finanziari composti; alle imposte differite; agli accordi per servizi in concessione; alle attività estrattive.La deroga generale dall’applicazio-ne retroattiva soccorre quindi per motivi di impraticabilità. Secondo il glossario un caso di “impraticabi-lità” ricorre quando l’impresa non

può applicare un requisito, nono-stante abbia fatto ogni ragionevole sforzo per applicarlo.Se il management dovesse scegliere di non applicare gli IFRS per le PMI in un momento futuro e successiva-mente ancora intendesse tornare ad applicarli, le deroghe appena viste in sede di prima applicazione non saranno disponibili.

1.6 Selezione dei principi contabiliCome noto, i principi contabili sono i principi, i concetti di base, le con-venzioni, le regole e le prassi applica-ti da un’impresa nella preparazione e presentazione del bilancio. Come ab-biamo già visto, qualora gli IFRS per le PMI non contemplassero specifica-mente un’operazione, un evento, una condizione, il management utilizzerà il proprio buon senso nello sviluppa-re e applicare un principio contabi-le. Naturalmente, in accordo natural-mente con le caratteristiche qualitati-ve principali viste prime (comprensi-bilità, rilevanza, attendibilità, sostan-za sulla forma, prudenza, completez-za, comparabilità, tempestività): le re-lative informazioni dovranno essere rilevanti per le esigenze degli utenti e affidabili, cioè il bilancio dovrà rap-presentare fedelmente la situazione finanziaria, il risultato economico e i

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FISCO e TASSE34

flussi finanziari dell’impresa e le in-formazioni dovranno essere pruden-ziali e complete sotto tutti gli aspetti, appunto, rilevanti.L’obiettivo dei bilanci IFRS è, in par-ticolare, di fornire informazioni uti-li per le decisioni economiche. Un bilancio IFRS comprende uno stato patrimoniale, un conto economico, un prospetto delle variazioni del pa-trimonio netto, un rendiconto finan-ziario e la nota integrativa (oltre che una nota sui principi contabili usati). Non è previsto un formato obbliga-torio per il bilancio, tuttavia, la Gui-da applicativa per gli IFRS per le PMI presenta un set completo di esem-pio per il bilancio e una “disclosu-re checklist” (checklist dell’informa-tiva) con le informazioni minime da inserire in bilancio e nelle note.

Lo Stato PatrimonialeIl bilancio, come noto, presenta la posizione finanziaria e patrimonia-le di un’impresa in un determinato momento. Le seguenti voci sono l’elenco di voci “minime” che devono essere presentate sul prospetto di Stato Pa-trimoniale:Attivo (Assets)Immobili, impianti e macchinari;

immobilizzazioni immateriali; attivi-tà finanziarie; partecipazioni valuta-te con il metodo del patrimonio net-to; (eventuali) attività biologiche (ad esempio prodotti agricoli); imposte differite attive; crediti tributari cor-renti; merci; crediti commerciali e altri crediti; le disponibilità liquide.Patrimonio Netto (Equity)Capitale sociale attribuibile agli azionisti della controllante; capi-tale sociale di minoranza (indicato separatamente dalle partecipazioni degli azionisti di maggioranza).Passività (Liabilities)Passività per imposte differite; debi-ti tributari correnti; passività finan-ziarie; accantonamenti; debiti com-merciali e altri debiti.

Attività e passività possedute per la vendita (Assets and liabilities held for sale)Il totale delle attività e passività classificate come possedute per la vendita devono essere indicate se-paratamente nel prospetto di stato patrimoniale.

La distinzione tra attività e passività correnti e non correntiLe attività e le passività correnti e

non correnti devono essere espo-ste separatamente nel prospetto di Stato Patrimoniale, a meno che non si usi una riclassificazione ba-sata sulla liquidità che fornisca in-formazioni attendibili e più rile-vanti.In particolare, un’attività è classi-ficata come corrente se si preve-de che venga realizzata, ceduta o consumata nell’ambito del norma-le ciclo operativo dell’impresa (in-dipendentemente dalla durata); de-tenuta principalmente con la finali-tà di essere negoziata; se si preve-de di realizzarla entro 12 mesi dal-la data di bilancio; quando si trat-ti di disponibilità liquide e mezzi equivalenti (senza limitazioni oltre 12 mesi dopo la data di riferimento del bilancio).Similmente, una passività è clas-sificata come corrente se si preve-de che la sua estinzione avvenga durante il normale ciclo operativo aziendale; se è detenuta principal-mente con la finalità di essere ne-goziata; se dovrà essere estinta en-tro 12 mesi dalla data di bilancio; se l’impresa non ha un diritto incon-dizionato a differire il regolamento della passività per almeno 12 mesi dopo la data di bilancio.

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FISCO e TASSE 35

Il Regime doganale speciale del Kazakhstan

Nel 2015 la Repubblica del Ka-zakhstan è diventata membro a pie-no titolo dell’Organizzazione Mon-diale del Commercio (OMC). Il Ka-zakhstan è diventato il 162° membro dell’OMC. Il 90% del commercio av-viene con i paesi membri dell’OMC. In seguito all’adesione all’OMC il Kazakhstan ha assunto l’impegno di riduzione dei dazi doganali all’im-portazione di merci nei limiti del-la Tariffa Doganale Esterna Comune dell’Unione economica eurasiatica (TEC dell’UEE).Nelle numerose categorie di mer-ci i dazi all’importazione per il Ka-zakhstan si sono rivelati molto più bassi rispetto alla Tariffa Esterna Co-mune dell’Unione economica eura-siatica. Dopo la definitiva adesione all’OMC la tariffa media ponderata del Kazakhstan sarà ridotta dal 10,4 fino al 6,5%. Nel contempo per i pro-

dotti agricoli la tariffa media per il Ka-zakhstan farà 10,2% mentre per gli al-tri paesi dell’Unione eurasiatica ne fa-rà 17%, per i prodotti industriali ne sa-ranno rispettivamente 5,6% e 8,7%. Il Kazakhstan dovrà in totale esclu-dere dall’Elenco TEC UEE le 3512 categorie di merci ivi compresi gli autoveicoli, i prodotti alimentari, i legnami, i gioielli, i fili, i cavi, le be-vande e altre categorie di merci. La repubblica ha assunto inoltre l’im-pegno di liberalizzare le condizioni di funzionamento nel mercato inter-no dei servizi. In definitiva dopo 2,5 anni successivi all’adesione del Ka-zakhstan all’OMC le società estere avranno possibilità di acquisire per intero gli operatori telefonici loca-li per chiamate interurbane ed in-ternazionali e le banche estere fra 5 anni avranno le facoltà di aprire di-rettamente le succursali e svolgere

le attività bancarie nella repubblica. A scopo di abbinare la duplice ap-partenenza del Kazakhstan alle Unio-ni sopraccennate i membri dell’Unio-ne Economica Eurasiatica (UEE) han-no effettivamente espresso il proprio consenso ad accordare al Kazakhstan uno speciale regime doganale. Il Ka-zakhstan ha assunto l’obbligo di evi-tare la riesportazione in altri paesi dell’UEE dei prodotti importati ai da-zi doganali più bassi. A tal fine sarà creato un particolare sistema di con-trollo in base alle fatture elettroniche (FE) e le autorità competenti dei paesi UEE potranno scambiare online le in-formazioni da questo sistema.In relazione a ciò bisogna che gli imprenditori prestino attenzione al-le seguenti regole di importazione/esportazione di merci incluse nell’E-lenco (Delibera del Consiglio della Commissione economica eurasiati-

FrAnCesCo CAPoCCiAAvvocato, partner dello studio Legale Galoppi e Partners, svolge la propria attività prin-cipalmente nel settore del diritto commerciale, societario e immobiliare. Specializzato nell’assistenza di clientela internazionale.Lo studio Galoppi e Partners, tra i primari studi del Foro di Roma, è specializzato so-prattutto nell’ambito del diritto civile, sia giudiziale che stragiudiziale, in modo partico-lare nel campo del diritto societario e commerciale.

[email protected]

AlihAn BijAnoVdottore in scienze economiche, professore e rappresentante dell’Università d’ingegne-ria di Mosca in Kazakhstan

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FISCO e TASSE36

ca del 14 ottobre 2015 n. 59 «Elen-co delle merci su cui la Repubbli-ca di Kazakhstan, in conformità agli impegni assunti come condizione di adesione all’Organizzazione Mon-diale del Commercio, applica i dazi doganali all’importazione più bassi rispetto ai dazi della Tariffa esterna comune applicati nell’Unione eco-nomica eurasiatica e ammontare di questi dazi» (città di Astana) (e suc-cessive modifiche del 02.02.2016)).L’imprenditore in caso di importa-zione/esportazione di merci incluse nell’Elenco deve:1. In caso di importazione delle

merci che fanno parte dell’Elen-co è necessario compilare una dichiarazione doganale indican-do di tariffa doganale secondo cui le merci vengono importate (TEC UEE oppure OMC);

2. In caso di vendita delle mer-ci che fanno parte dell’Elenco è necessario compilare una fattura elettronica;

3. In caso di esportazione delle merci che fanno parte dell’Elenco è ne-cessaria l’autenticazione da parte delle autorità locali di entrate stata-li del Ministero delle Finanze del-la Repubblica di Kazakhstan di fo-tocopie in carta della dichiarazio-ne doganale confermante l’impor-tazione delle merci secondo i dazi doganali TEC UEE (Tariffa esterna comune dell’Unione economica eurasiatica) – testo unico della ta-riffa dei dazi doganali all’importa-zione applicati sulle merci arriva-ti nel territorio doganale dell’Unio-ne economica eurasiatica e prove-nienti da paesi terzi, sistematizzate secondo l’unico Sistema armoniz-zato di designazione e di codifica-zione delle merci dell’Unione eco-nomica eurasiatica (SA UEE) non-ché della fattura elettronica.

In caso di esportazione delle merci prodotte nel Kazakhstan che fanno parte dell’Elenco è necessaria la di-sponibilità di:

1. certificato di origine della merce – modulo CT-1;

2. fattura elettronica (FE);3. Autenticazione del modulo CT-1

e della FE da parte delle autorità locali di entrate statali del Mini-stero delle Finanze della Repub-blica di Kazakhstan.

In caso di importazione delle mer-ci sottoposte al controllo veterinario nonché in caso di esportazione suc-cessiva nei paesi UEE di tali merci o delle merci da esse prodotte è ne-cessario:1. Importare le merci sottoposte al

controllo veterinario secondo i modelli unici di certificazione veterinaria dell’UEE;

2. In caso di importazione di merci sopraccennate, qualora facciano parte dell’Elenco, pagare i dazi all’importazione secondo TEC UEE;

3. In caso di esportazione delle merci che fanno parte dell’Elen-co (importate secondo le norma-tive dell’UEE) è necessario esse-re in possesso del certificato ve-terinario nonché iscriverlo all’U-nico Sistema di gestione auto-matizzato (USGA).

In caso di consegna da Kazakhstan delle merci facenti parte dell’Elenco in altri paesi dell’Unione eurasiana le relative informazioni saranno in-trodotte al Sistema di controllo con-nesso ai dati doganali concernen-ti la tariffa dei dazi all’importazio-ne delle merci dai terzi paesi. Per il trasporto delle merci in altri pae-si dell’Unione sarà necessaria la di-sponibilità di una speciale bolla di accompagnamento. Il controllo doganale alle frontiere interne dell’UEE non tornerà, però i servizi di vigilanza doganale po-tranno controllare le merci che fan-no parte dell’Elenco e i doganieri potranno adottare le misure di con-trollo dopo l’uscita di merci. Il Ka-zakhstan ha assunto inoltre gli im-pegni di non ammettere l’importa-

zione di merci sottoposte al control-lo veterinario. Un tale sistema dovrà essere implementato nel 2016.Così le merci importate con paga-mento dei dazi stabiliti per i prodot-ti di UEE potranno liberamente cir-colare nel mercato comune dell’U-nione. Le tariffe di dazi ridotte sono valide esclusivamente per le merci destinate al mercato di Kazakhstan che non possono essere liberamente consegnate ai mercati di altri paesi.In seguito all’adesione all’OMC il Ka-zakhstan adotta una tariffa doganale che differisce da TEC. Tutti i membri dell’UEE hanno considerato legitti-me le condizioni di adesione del Ka-zakhstan all’OMC e UEE. Quindi l’u-nica soluzione è stata la fissazione per il Kazakhstan di uno speciale re-gime doganale che potrebbe permet-tergli di far sincronicamente parte sia dell’UEE che dell’OMC. Però la que-stione di allineamento dei dazi doga-nali apparirà in prospettiva.Un tale approccio permetterà al Ka-zakhstan di adempiere agli obbli-ghi risultanti dall’adesione all’OMC in parte di liberalizzazione tariffa-ria, comunque il livello della pro-tezione tariffaria per gli imprendito-ri provenienti da altri paesi dell’U-nione non sarà abbassato. Non sarà neppure creato un essenziale carico supplementare per i fornitori.La Commissione economica eurasia-tica studierà in seguito le possibilità di ridurre alcuni dazi di TEC fino al livello degli impegni assunti dal Ka-zakhstan a scopo di diminuire il nu-mero dei prodotti sottoposti alla con-fisca.Una brusca caduta delle valute di tutti paesi UEE verso il dollaro avve-nuta nell’ultimo anno ha diminuito l’importanza della questione di pro-tezione dei mercati interni median-te l’introduzione dei dazi all’impor-tazione. Però la fine della crisi e la ripresa della crescita economica ri-proporranno di nuovo lo scottante il problema di protezione tariffaria.

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Fiscalità estera n. 3 • 2016 VARIE

FISCO e TASSE 37

“One belt, one road” – La nuova via della seta

In appena 30 anni, la Cina si è tra-sformata da un povero paese agri-colo, ad una potenza economia a livello globale. Il suo modello di in-vestire e produrre in casa per poi esportare i suoi prodotti verso i mercati sviluppati, ha fatto sì che diventasse la seconda più grande economia del mondo dopo gli Sta-ti Uniti. Ora, di fronte a un rallen-tamento dell’economia mondiale e delle esportazioni della stessa Ci-na che, nel frattempo ha intrapre-so un nuovo modello di sviluppo economico ed industriale, stimo-lare i consumi interni e cicli pro-duttivi non più basati su bassi costo del lavoro, scarso valore aggiun-to e qualità scadente, ma al con-trario innovazione tecnologica, ri-cerca e la sostenibilità ambientale dei cicli produttivi. Questa è la Ci-na che vuole la stabilità del mon-do e che, cambia più velocemen-te ed Il prossimo ciclo di trasforma-zione economica del Paese passa anche per il sistema finanziario. La leadership cinese è alla ricerca di nuove vie per sostenere i consumi interni e rafforzare il ruolo di driver dell’economia mondiale, in un pe-riodo dove, i vicini paesi in via di sviluppo accelerano sui programmi di crescita. La grande novità porta-

ta dal presidente Xi Jinping è quel-la di migliorare la connettività re-gionale e la cooperazione nell’area eurasiatica, rendendo al contempo gli scambi economici con l’Europa più stabili ed efficienti tramite due direttrici: una marittima e una ter-restre. Queste permetterebbero alle navi cargo e alle merci in partenza dalla Cina di raggiungere i porti e le stazioni europee in un tempo mol-to più breve rispetto a quello richie-sto oggi. Scendendo nei particola-ri, l’idea è quella di riportare in vi-ta gli antichi collegamenti che, un tempo, univano commercialmente l’Asia all’Europa attraverso il Medi-terraneo, il Medio e Vicino Orien-te: la via della seta. Un reticolo che si sviluppava per circa 8.000 chilo-metri dove le vie carovaniere attra-versavano l’Asia centrale e il Me-dio Oriente, collegando Chang’an (oggi Xi’an), in Cina, all’Asia Mi-nore e al Mediterraneo attraverso il Medio Oriente e il Vicino Orien-te. Le diramazioni si estendeva-no poi a est alla Corea e al Giap-pone e, a Sud, all’India. Su di es-sa già in passato viaggiavano ca-rovane cariche di merci, alle qua-li si affiancherebbe oggi una nuo-va via della seta marittima del XXI secolo, che collegherebbe strut-

ture portuali della Cina con la co-sta africana, attraverso il Canale di Suez nel Mediterraneo. Alle strate-gie che, da questa idea hanno pre-so forma ci si riferisce normalmen-te, in inglese, come “Silk Road Eco-nomic Belt” e “Maritime Silk Ro-ad”: sono le due componenti, ter-restre e marittima, del progetto che viene definito “One Belt, One Ro-ad”, ovvero una cintura, una via. È il grande asset che la Cina offre al mondo, con più di 100 miliardi di dollari all’anno, raggiungendo uno stock di 1.000/1.2000 miliardi di investimenti fino al 2020. Nella sua più grande definizione, il progetto “OBOR” (One Belt, One Road) in-cluderebbe 65 Paesi, oltre 4,4 mi-liardi di persone e circa il 40% del PIL mondiale. La Cina, sta appog-giando il piano con notevoli risor-se, 40 miliardi di dollari in un Fon-do della Nuova Via della Seta, così da promuovere gli investimenti pri-vati. Il Fondo della Nuova Via del-la Seta è finanziato da riserve cine-si in valuta estera, da investimen-ti effettuati dal governo e dal pre-stito di armi. Inoltre, la “Asia Infra-structure Investment Bank” appog-gia pienamente l’iniziativa e ha in-tenzione di concedere 100 miliar-di di dollari in prestito . La “China

giAnni gregorisExport Project Manager per le imprese che avviano o ampliano progetti di internazio-nalizzazione in Cina, Sud-est Asia e India. Figura professionale formata attraverso una ampia e diversificata esperienza professionale di consulente finanziario ed aziendale prima, nella divisione corporate e poi in ambito internazionale in diversi settori indu-striali, commerciali e dei servizi del terziario avanzato dell’hi-tech. Il metodo innovativo di concepire l’internazionalizzazione e gli effetti della globalizzazione si basa sul lavoro che viene svolto all’estero in team con l’impresa e il network della filiera dell’internazio-nalizzazione espressione dei valori del paese estero dove l’impresa vuole realizzare il progetto di investimento.

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FISCO e TASSE38

Development Bank” ha confermato di voler investire quasi 900 miliar-di di dollari in più di 900 progetti che coinvolgerebbero 60 Paesi. In-fine, la rivista “The Economist “ ha riferito che 1 trilione di dollari sa-ranno spesi dal governo per questo grande progetto. Il progetto made in China One Belt, One Road, ol-tre alla costruzione delle infrastrut-ture, prevede un più stretto coordi-namento delle politiche di sviluppo economico, una cooperazione fi-nanziaria, un’ armonizzazione del-le norme e delle procedere con la rimozione di barriere commercia-li e creando zone di libero scam-bio. Importanti novità anche sot-to l’aspetto culturale, infatti questo progetto vuole migliorare l’integra-zione di uomini e donne di diverse etnie per un modello di vita multi-culturale e sostenibile, migliori pro-spettive di condizioni di vita socia-le ed economica. Gli investimen-ti lungo la via della seta marittima, servirebbero a realizzare nuove in-

frastrutture seguendo la rotta previ-sta per le navi cargo e portacontai-ner tra Vietnam, Indonesia, Sri Lan-ka, India, Kenya, Grecia e Italia. L’OBOR, può stimolare la crescita economica non solo asiatica, ma anche quella globale e renderla più sostenibile. In particolare, i paesi coinvolti sono quelli con infrastrut-ture maggiormente sottosviluppa-te, con tassi di investimento bassi e basso reddito pro capite, potrebbe-ro quindi, beneficiare di una spin-ta dei flussi commerciali per soste-nere lo sviluppo delle infrastrutture. La costruzione della Nuova Via del-la seta si configurerebbe quindi co-me un’opportunità per tutte le par-ti coinvolte, un rapporto di mutuo beneficio nel quale i paesi parteci-panti otterrebbero vantaggi concre-ti in termini economici, usufruendo di finanziamenti e crescendo grazie al miglioramento della propria rete di infrastrutture e nella competiti-vità. Inoltre, anche l’intera regione presa nel suo insieme non avrebbe

che da guadagnarne, beneficiando, in alcuni contesti, di una potenzia-le specializzazione data da econo-mie di scala capaci di ottimizzare e valorizzare la produzione in un contesto allargato. Concludendo quel che sembra certo è che, nel medio e nel lungo periodo, un pro-getto di questa portata possa cer-tamente aumentare l’integrazione economica regionale, stimolare gli scambi commerciali e finanziari tra le nazioni dell’Eurasia. E, soprattut-to, potrebbe portare la Cina a tro-varsi al centro del commercio, de-gli investimenti e delle infrastruttu-re: un potere che, se ben utilizza-to, le darebbe un peso politico e di-plomatico ancora più forte di oggi. L’Italia rappresenta la via naturale per l’ingresso in Europa attraverso il mediterraneo, ma non ha posto la giusta attenzione al programma di sviluppo dei Cinesi, il rischio che si corre è quello di cedere questo im-portante ruolo strategico a vantag-gio della Grecia.

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steFAno grigolettiConsulente e formatore in Marketing B2B, strategico e mobile. Certified Social Marketing As-sociate (CSMA) e Certified Mobile Marketer (CMM) presso eMarketing Association (U.S.). La-vora come consulente marketing presso aziende di diversi settori ed in particolare dei servi-zi di Information Technology Business to Business, Calzaturiero, Design e Arredo urbano. Dal 2013 segue il progetto SportelloMarketing.com inerente a nuovi servizi di digital e mobile mar-keting per PMI. Professore a contratto per l’insegnamento di Economia e Gestione delle Impre-se alla Facoltà di Lettere e Filosofia/Dipartimento Studi Linguistici e Letterari dell’Università de-gli Studi di Padova, dal 2009 al 2013. Collabora dal 2005 con Venice International University – Centro TeDIS, nell’ambito di progetti formativi e consulenziali relativi allo sviluppo d’impresa e alla gestione di progetti complessi, sia per aziende private sia nella Pubblica Amministrazione.

Social e Digital marketing per l’export e l’internazionalizzazione delle Pmi

Le ultime ricerche confermano una crescita nella presenza online e nell’utilizzo dei social network a livello globale. Tali numeri delineano chiaramente l’opportunità di sfrut-tare la presenza online di un’azienda sia per comunicare il proprio marchio e la propria offerta (brand awareness) sia per creare contesti e opportunità di business. Dal sito web ai social, gli strumenti online sono sempre più un canale di sviluppo e di apertura ai mer-cati internazionali che non possiamo trascurare.

“We are social”L’ultimo report wearesocial.com, sullo stato dell’arte del digitale glo-bale nel 2015, ci aiuta a compren-dere come e quanto l’online sia di-ventato pervasivo e il mondo web e social un mercato non più trascu-rabile.Sono oltre 3.4 miliardi gli utenti di internet nel mondo e 2.3 miliardi gli utenti attivi nei social network. Questi numeri sono cresciuti del 10% nel corso del 2015. Oltre ad essere sempre più online e social, siamo sempre più “social in movi-mento”, in quanto quasi 2 miliar-di di utenti accedono ai social dal proprio dispositivo mobile, con una crescita del 17% sul 2014.Tutto il mondo è online e tutto il mondo è social. Ovviamente, con le giuste declinazioni locali. Ad esempio, non dobbiamo stupirci se il 25% degli utenti di internet risie-de nell’Est Asia; solo il 9% nell’a-

merica del Nord e il 10% nell’Eu-ropa Occidentale. Questo, confor-memente alla distribuzione della popolazione mondiale. Inoltre, dal punto di vista dei social media, ol-tre il 50% degli account social è lo-calizzato in Asia! Quindi, deriviamo una duplice le-zione da questi numeri: lezione n. 1 se è vero che il mondo è online e in gran parte attivo nei social media, abbiamo l’opportunità di raggiun-gere mercati significativi anche at-traverso i canali digitali; lezione n. 2, raggiungere mercati lontani con canali digitali non significa usare un canale per tutti (es. Facebook) per-ché la ripartizione degli utenti di-gitali e social è importante, al pun-to che diventa indispensabile ave-re una presenza web internaziona-le (almeno in inglese) e intercettare gli utenti con gli strumenti più vici-ni al proprio territorio. Quindi, ad esempio, se vogliamo sviluppare il

business all’estero, teniamo presen-te sia la lingua locale sia le piatta-forme e i social locali. Si veda la di-stribuzione delle piattaforme social più utilizzate a livello mondiale, fi-gura n. 1

Social ...è anche businessSpesso l’attività di social media marketing viene associata ad una presenza e promozione online fi-ne a sè stessa ma non è così. An-che quando vediamo pagine Face-book principalmente focalizzate su news e argomenti “leggeri” o non propriamente indirizzati al prodot-to e all’offerta, in realtà stiamo as-sistendo a strategie di brand aware-ness (più o meno impostate a “re-gola d’arte”) estremamente utili per creare contesti di “contatto” e di le-ad generation, anche su Mercati esteri. In tal senso, per continuare l’esempio di Facebook, una presen-za ragionata è comunque funzio-

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nale a comunicare strategicamen-te online. Meglio ancora se con un taglio internazionale: pagina in Ita-liano e pagina in Inglese, coerente-mente con i Paesi di sbocco o tar-get. Su questa presenza è quindi possibile creare situazioni di scam-bio con gli utenti: un contenuto, un prodotto in prova, una partecipa-

zione gratuita al prossimo evento, in cambio di un indirizzo email e un nome. Ecco creato il contatto e l’inizio di un possibile dialogo, alla base dello sviluppo di opportunità.Esistono poi social network più dif-fusi e performanti all’estero, come Twitter e Pinterest, che permettono brand awareness e networking (il

primo), comunicazione di prodot-to e la presentazione di un catalogo online (il secondo), in grado di vei-colare significativi volumi di traffico verso il proprio sito internet e, per determinati prodotti e marchi, al si-to e-commerce. In questo caso, va-le la pena considerare la gestione di profili direttamente in lingua ingle-se per catturare un’audience prin-cipalmente concentrata in America del Nord e Europa Occidentale.Infine, è giunto il momento di utiliz-zare social professionali, come Lin-kedin, per sviluppare una presenza istituzionale su cui costruire con-nessione tra i dipendenti, se presen-ti, e networking con profili profes-sionali di interesse. Questo in par-ticolare quando si lavora in contesti business-to-business, dove le tran-sazioni sono tra azienda e azienda. Mi riferisco allo sviluppo di contatti con professionisti di settori correla-ti e ruoli aziendali con cui si dialo-ga nell’attività d’impresa quotidia-na, sia per creare partnership sia di-rettamente per sviluppare opportu-nità di vendita.

Figura n. 1 – Le piattaforme social per numero di utenti, worldwide. Fonte: wearesocial.com, 2016

Figura n. 2 – Screenshot di una ricerca su Google Global Market Finder

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Strumenti per ottimizzare la presenza onlineNell’essere presenti online, che si tratti del proprio sito, del proprio blog, dei propri social, l’uso delle parole è importante, perché sono la chiave di ricerca dei nostri uten-ti, la chiave per farsi trovare, gli in-dizzi per capire cosa viene cerca-

to online e, quindi, come finaliz-zare conseguentemente (ed effi-cacemente) il nostro vocabolario. A tal proposito, esistono strumen-ti Google molto importanti, da Go-ogle trends per intercettare le ten-denze relative alle ricerche loca-lizzate geograficamente e nel tem-po, al Global market finder estre-

mamente utile per individuare le chiavi e i volumi di ricerca per spe-cifico prodotto e Paese (vedi figu-ra n.2). Informazioni preziose per definire strategia e presenza onli-ne di qualunque azienda e per ga-rantire l’opportunità di intercettare correttamente i fabbisogni espres-si online.

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ClAudiA sCArdinoDa ottobre 2005 lavora come funzionario, prima nell’ufficio comunicazione multime-diale e poi, dal 2011 nell’ufficio stampa di un ente fiscale. Esperienza di stage strut-turale nel 2008 presso la Direzione Comunicazione della Commissione Europea e dal 2009 al 2011 come Esperto Nazionale Distaccato (End) presso la Direzione Salute della Commissione Europea. Esperienze presso Confcommercio, ICE e agenzie di pub-bliche relazioni nazionali/internazionali. Collaborazione dal 2006 con la rivista online Fi-scoOggi e dal 2013 con la rivista Ipsoa “Fiscalità e commercio internazionale”.

Le tendenze della fiscalità nell’Unione Europea

La Commissione Europea ha pubblicato recentemente l’edizione 2015 del consueto rap-porto Taxation Trends che contiene statistiche e analisi economiche relative ai sistemi fi-scali dei Paesi membri (oltre che di Islanda e Norvegia). Ogni anno la Dg Fiscalità della Commissione, in collaborazione con Eurostat, pubblica una relazione sui sistemi fisca-li degli Stati membri dell’Unione europea e della Norvegia. La relazione offre una analisi dettagliata che si sofferma sulla ripartizione del gettito fiscale. Contiene anche indicatori di medio carico fiscale effettivo sui consumi, lavoro e capitali nei Paesi interessati. I dati sono presentati sia in percentuale del Pil che del totale delle imposte.

La tassazione nei 28 Stati MembriIl report fornisce uno spaccato delle caratteristiche della tassazione in 28 paesi, distinguendo a seconda della fonte di reddito tassata (consumo, la-voro, capitale). Apposite tavole com-parative permettono confronti tra da-ti relativi ai singoli paesi e medie eu-ropee. I dati economici presi a ri-ferimento nella nuova edizione del report coprono le annualità 2004-2013, mentre le indicazioni fornite in relazione alle riforme fiscali adot-tate e alle caratteristiche dei sistemi risultano aggiornate al 2015. Il rapporto fornisce, quindi, una pa-noramica dei diversi sistemi di tassa-zione in vigore nei paesi dell’Unio-ne come pure delle “misure anticri-si” attuate a livello nazionale; que-ste ultime, in particolare, sono sin-tetizzate in una tabella e poi com-

mentate, in dettaglio, all’interno del “country chapter” di riferimento.La prima pagina di ogni capitolo contiene una tabella che riassume le principali entrate fiscali del paese in-teressato per il periodo 2004-2013 insieme ad alcuni grafici che eviden-ziano le tendenze di questi indica-tori fiscali. I dati provengono dalla Banca dati online di Eurostat e sono stati estratti l’8 ottobre del 2015.Successivamente è disponibile una tabella sulle più importanti riforme fiscali, distinte per tipologia di inter-vento. Il periodo coperto va da metà 2014 a metà 2015. Le riforme sono classificate per tipo di misura (Iva, im-posta sul reddito d’impresa, imposta sul reddito delle persone fisiche, etc.) con una breve descrizione relativa al-la direzione del cambiamento intra-preso (incremento base/ diminuzio-ne, aumento del tasso /diminuzione).

L’ultima serie di tabelle nei capito-li paese fornisce un’istantanea del-le principali caratteristiche dei si-stemi fiscali nazionali (imposte per-sonali e sulle società, Iva, contribu-ti sociali, imposte sulla ricchezza e sulle transazioni). Il contenuto di queste tabelle riflette la legislazio-ne in vigore il 1° gennaio 2015, sal-vo diversa indicazione, ed è ricava-to dalle informazioni più ampie for-nite dai rispettivi ministeri nazionali delle Finanze.

La nota metodologica Le statistiche inserite nella rela-zione sono state fornite dagli Sta-ti membri all’ Eurostat e si basa-no sulla metodologia prevista dal Sistema europeo dei conti, il SEC 2010. Il sistema precedente, il SEC 95, è stato sostituito lo scorso an-no dal SEC 2010 che differisce nella

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portata e nella concezione genera-le, riflettendo gli sviluppi nella mi-surazione delle economie moderne, i progressi nella ricerca metodologi-ca e le esigenze degli utenti.Di conseguenza, la serie di dati in questa edizione, che si basano sul-la nuova metodologia SEC 2010, può differire leggermente da quel-li pubblicati negli anni preceden-ti. A titolo esemplificativo, basti pensare che due importanti cam-biamenti relativi alle statistiche sul gettito fiscale si riferiscono al

prodotto interno lordo (PIL) e ai crediti d’imposta spettanti. La va-riazione del PIL influenza i deno-minatori e quindi i valori del get-tito fiscale in rapporto al PIL. Per la maggior parte degli Stati mem-bri il PIL è aumentato,  di conse-guenza il loro rapporto sarà infe-riore in confronto a quello rileva-to con il precedente Sistema euro-peo dei conti.

Un sito ad hocCome integrazione al report Taxa-

tion trends è stato appositamente creato un sito della Direzione Fisca-lità dedicato all’analisi economica della fiscalità che contiene link a numerose fonti di dati, informazio-ni e report analitici nel settore della tassazione.In particolare, il sito, oltre a conte-nere i dati del report delle tendenze della fiscalità, presenta come sezio-ni quella dedicata alle riforme fisca-li negli Stati membri, quella dei si-stemi fiscali europei e quella dedi-cata a studi e paper economici.