Fiducia nella fiducia. Vecchi e nuovi paradigmi della strategia di marca.
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Fiducia nella fiducia: vecchi e nuovi paradigmi della
strategia di marca.
Andrea Bene
Facoltà di Psicologia, corso di laurea magistrale in TTC
Università degli studi di Milano Bicocca
Corso di Psicologia dei Consumi – A.A. 2010/2011
Docente titolare del corso: Prof.ssa Nadia Olivero.
E-mail: [email protected]
Abstract
La fiducia è alla base delle relazioni umane: è
una componente presente sia nei rapporti
affettivi, sia nei rapporti meno emotivi, come
possono essere i rapporti che intercorrono
tra il cittadino e le istituzioni dello Stato o i
soggetti operanti sul mercato o tra un cliente
e un professionista (ad esempio il dentista “di
fiducia”). Premessa di tutte le diverse interpretazioni di
tale concetto è l’idea per cui la fiducia rientra
tra quelle aspettative caratterizzate da una
valenza positiva per l’attore sociale e
formulate sotto condizioni di incertezza. Un
elemento chiave del concetto di fiducia è che
questa permette di “semplificare la realtà” e
proprio perché consente alla persona di
scegliere in condizioni di incertezza si
intuisce perché alla radice di tale concetto vi
sia una certa dose di rischio. In questa sede ci occuperemo di definire il
rapporto che intercorre tra brand equity
(valore della marca) e trust (fiducia) e
cercheremo di individuare nuove strategie di
creazione di fiducia oggi disponibili grazie
all’uso dei nuovi media.
1. Vertrauen vuol dire Fiducia
A cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni
Settanta, nel pieno dell’eccitazione
studentesca, molti autori andavano
costruendo le basi di quello che sarebbe
stato il vocabolario applicato per descrivere
la Modernità della società moderna. Termini
come sistema, complessità, contingenza,
stabilizzazione dei sistemi e fiducia
diventano il leit-motiv di campi disciplinari
ora più che mai ritenuti complementari
quali la sociologia, l’economia, la teoria
giuridica e successivamente anche della
psicologia. Già nel ’37 a dire il vero, proprio
dall’economia, venivano gettate le basi per
dare al comportamento dell’umanità una
certa razione di incertezza. A commento
della sua Teoria Generale, John Maynard
Keynes dice che “noi” abbiamo, di regola,
soltanto l’idea più vaga delle conseguenze
non immediate dei nostri atti (Keynes,
1937). Questo fatto, che è incontrovertibile,
è di ordine non psicologico, anche se può
avere conseguenze psicologiche, ma è di
ordine cognitivo. In altre parole la nostra
conoscenza del futuro è fluttuante, vaga e
incerta. Ciò non significa che le nostre
decisioni sono “irrazionali”, ma significa che
vengono prese sulla base di una
“conoscenza incerta”.
Ritornando alla fine degli anni ’60,
l’ispiratore di tale rivoluzione non solo
semantica è Niklas Luhmann che per primo
delimita concettualmente i campi dell’agire
sociale, scavando nel profondo degli
stravolgimenti culturali che lo circondano.
Egli scopre nel costrutto psico-sociologico
della fiducia (dal tedesco Vertrauen) un
meccanismo di catalizzatore dei rapporti
sociali a tutto tondo, che rappresenta un
primo grande racconto dell’agire e
dell’esprimere di sistemi personali e di
sistemi sociali che afferrano, elaborano e
riducono la complessità a determinate
condizioni (De Giorgi, 2002).
Nel lavoro Vertrauen. Ein Mechanismus der
Reduktion sozialer Komplexität presenta la
fiducia come un’istanza continua del
presente verso il futuro, ed in questo
2
rapporto nel presente si realizza il dramma
dell’incertezza e il rischio del non sapere. Il
sapere esclude il rischio e rende inutile la
fiducia; il non sapere, invece, impone al
singolo, al sistema personale o sociale, la
necessità di reperire un dispositivo di
assorbimento dell’incertezza che altrimenti
rischia di paralizzare l’agire.
Figura 1 - La fiducia orienta l'agire e le esperienze
future.
Si ha dunque bisogno della fiducia per
ridurre la complessità di un futuro che,
seppure imminente, rimane pressoché
indeterminato. “Sapere di non sapere” si
pone a protezione dell’individuo che, difatti,
rifiuta la visione kierkegaardiana del vuoto
dinanzi a sé. La fiducia è il racconto
dell’agire che non può rischiare il vuoto.
2. La complessità
Dall’analisi luhmaniana risulta lampante lo
stretto legame esistente tra la fiducia e la
complessità. Va chiarito a questo punto cosa
si intende per complessità e cosa risulta
complesso agli occhi del
consumatore/compratore.
La crescente capacità penetrativa dei media
e quindi della pubblicità di raggiungere
l’individuo, sommata al moltiplicarsi delle
marche e al sovrapporsi di modelli di
riferimento sempre più irraggiungibili, si
scontra con un accresciuto scetticismo da
parte dei soggetti nei confronti di tutto ciò
che è pubblicizzato/venduto. D’altro canto
la reazione a una determinata narrazione
mediale può essere considerata razionale
oppure no (Cristante, 2005).
Quante volte ci siamo trovati
nell’immobilismo più totale di fronte alla
scelta di una semplice confezione di
chewing gum? La pubblicità è martellante; il
packaging sempre più differenziato e
accattivante; formati diversi per gusti
diversi; sbiancante o gusto lungo; tutto
questo a prezzi anche molto diversi. Queste
e molte altre variabili entrano in gioco
durante il processo di scelta, eppure sono
solo chewing gum!
Davanti al rischio di paralisi totale il
consumatore sceglie più o meno
coscientemente di fidarsi di una marca per
lui particolare e la sceglie. In questo modo
evita di valutare tutte le variabili in gioco
trasformando così il suo comportamento
d’acquisto da “complesso” ad “abituale”.
Con questo piccolo esempio vogliamo
dimostrare come le nostre scelte di
consumo molto spesso non tengono conto di
caratteristiche del prodotto di primo livello,
ossia verificabili a priori, ma vengono mosse
da legami più profondi, di secondo livello,
che appartengono alla sfera soggettiva e che
si verificano in quanto meccanismi di
riduzione della complessità, come la fiducia
in una particolare marca.
In questi termini si spiega il fatto che la
fiducia può anche manifestarsi come scelta
spensierata, incurante e convenzionale
basandosi semplicemente su aspettative di
continuità. L’individuo non sempre è
pienamente cosciente di questa
semplificazione cognitiva, egli si trova a
volte a scegliere una marca piuttosto che
un’altra senza davvero capirne il motivo. Si
potrebbe parlare di una miscela tra
conoscenza e ignoranza la quale fa sì che
permanga una certa quantità di rischio
(Simmel, 1963).
3. Il mercato come contesto sociale
Una marca è un nome, un termine, un
simbolo, un design o una combinazione di
questi elementi che identifica il produttore o
il venditore di un prodotto o servizio. I
consumatori vedono nella marca una
componente importante del prodotto che
quindi può aggiungere valore al prodotto
stesso. La maggior parte dei consumatori,
per esempio, percepirà un cappotto Armani
come un prodotto di qualità e prezzo elevati.
Lo stesso capo senza il blasone del marchio,
invece, con tutta probabilità sarebbe visto
come un prodotto di qualità inferiore
sebbene il modello e il tessuto siano gli
stessi. La definizione della marca ormai
riveste un ruolo tanto importante che ai
nostri giorni quasi tutti i prodotti ne
presentano una, persino la frutta e la
verdura. Le marche aiutano gli acquirenti in
vario modo: li aiutano a individuare i
3
prodotti da cui possono trarre dei benefici e
rappresentano le caratteristiche distintive
del prodotto. Chi acquista la stessa marca sa
che otterrà le stesse caratteristiche, i
medesimi benefici e la stessa qualità ad ogni
acquisto (Kotler, Armstrong, 2006). In
ultima analisi, le marche esistono nella
mente dei consumatori pertanto il valore
affettivo di una marca forte è il suo potere di
conquistare la preferenza e la fedeltà del
consumatore. L’enorme successo di marche
notoriamente forti come Nutella, Barilla,
Coca-Cola, Vespa, Dom Perignon, non
dipende [solo] da un elemento qualitativo
che li distingue dagli altri concorrenti, ma
hanno adottato strategie tali da farli entrare
nella cultura del consumatore (Holt, 2003),
instaurando con esso un vero e proprio
rapporto dialogico basato sulla fiducia e la
fedeltà. Fiducia dunque come obbiettivo
primo da ricercare e mantenere se si vuole
instaurare con il cliente un rapporto stabile
e duraturo.
Per analogia possiamo affrontare questo
discorso pensando ai modi in cui un
soggetto può arrivare a guadagnare la
fiducia degli altri soggetti, strizzando di
nuovo l’occhio alle teorie sociologiche di
estrazione luhmaniana. Per formulare la
nostra teoria partiamo dal presupposto che
il lancio di un nuovo prodotto può essere
visto come l’entrata in una comunità sociale
di un nuovo individuo. Nessuno sa niente di
lui perché nessuno mai prima d’ora ci ha
mai avuto a che fare. Egli avrà la possibilità
di costruire da zero la sua reputazione, e la
considerazione che la comunità gli
attribuirà si costruirà automaticamente per
mezzo di esperienze ripetute e positive.
Il soggetto dovrà fare in modo di rimanere
coerente, cercando di incorporare le attese
degli altri nella propria auto
rappresentazione. Inoltre, se vorrà
veramente guadagnare fiducia, dovrà
entrare nelle aspettative degli altri in modo
imprevisto per soddisfarle meglio del
previsto, arrivando a sostituire le
aspettative standardizzate
dell’interlocutore.
Figura 2 - Quattro punti fondamentali per guadagnare
la fiducia degli altri individui.
Allo stesso modo, quando una nuova marca
entra nel mercato dovrà fare in modo di
essere accettata dalla comunità, che in
questo caso è rappresentata dai
consumatori. Questi ultimi infatti avranno
una serie di idee e convinzioni più o meno
consolidate che li spingono a preferire
marche che conoscono già, perché sanno di
potersi fidare. Scarteranno quelle
sconosciute perché non vogliono correre il
rischio di comprare qualcosa che li
deluderà. A questo punto il parallelismo
diventa imminente. L’impresa che vorrà
lanciare un nuovo marchio dovrà fare in
modo di guadagnarsi la fiducia dei
consumatori, dovrà perciò fare in modo che
il prodotto non solo ne soddisfi i bisogni, ma
che lo faccia in maniera nuova e magari più
efficace. Ecco come le marche diventano per
le aziende delle risorse di grande valore, che
devono essere sviluppate e gestite con cura;
esse personalizzano le percezioni e le
sensazioni dei consumatori rispetto a un
prodotto e alle sue prestazioni, ovvero tutto
ciò che il prodotto o servizio rappresenta.
4. Fiducia e fattori sociali
Il comportamento del consumatore è molto
influenzato da fattori sociali come i gruppi
di riferimento, la famiglia, i ruoli all’interno
della società e lo status sociale. Inoltre,
come vedremo nel prossimo capitolo, con
l’avvento della globalizzazione, di internet e
delle nuove tipologie di interazione possibili
grazie ai social network, questo elemento di
influenza si è caratterizzato e potenziato
4
ancora di più, fino a diventare un vero e
proprio modello strategico.
Il comportamento di un individuo è
influenzato socialmente da molti piccoli
gruppi:
Gruppi di appartenenza. Gruppi ai
quali ciascun individuo appartiene e
che esercitano un’influenza diretta
sui propri membri;
Gruppi di riferimento. Fungono da
punti di confronto o di riferimento
diretti (rapporto personale vis à vis)
o indiretti nella formazione degli
atteggiamenti e del comportamento
dell’individuo. Spesso si è influenzati
anche da gruppi di riferimento dei
quali non si fa parte;
Gruppi di aspirazione. Sono gli
ambienti ai quali l’individuo spera di
poter appartenere, come nel caso di
un musicista adolescente che spera
di entrare in una grossa band
internazionale.
Gli operatori di marketing cercano di
individuare i gruppi di riferimento dei
propri mercati obbiettivo, perché
attraggono la persona verso nuovi
comportamenti e stili di vita, ne influenzano
l’atteggiamento e la visione di sé ed
esercitano pressioni per uniformare tutti i
membri del gruppo, con una conseguente
influenza sulle scelte di prodotto e di marca
dei singoli individui. Il grado di influenza del
gruppo varia a seconda dei prodotti e delle
marche e tende a essere più elevato nel caso
di prodotti vistosi e significativi per altre
persone di cui si possiede un’elevata
considerazione. Le imprese i cui prodotti e
le cui marche sono soggette a una forte
influenza dei gruppi devono escogitare un
modo per raggiungere gli opinion leader,
ossia le persone all’interno del gruppo che,
per capacità, conoscenze, carisma o altre
caratteristiche personali, esercitano la
propria influenza sugli altri. Il soggetto che
si fida di un altro soggetto ritenuto dal
gruppo di appartenenza di entrambi un
opinion leader, sarà portato ad imitarlo ed
emularlo, determinando così medesimi
comportamenti di consumo. Come in un
rapporto oggetto-soggetto kantiano,
l’individuo trasferisce la fiducia nei
confronti dell’opinion leader direttamente
agli oggetti/simboli che lo circondano e lo
caratterizzano, in questo modo avviene una
vera e propria trasfusione di fiducia dal
soggetto all’oggetto, la marca.
Per questo molte imprese cercano di
individuare i leader di opinione per i propri
prodotti e orientano a questo segmento gli
sforzi di marketing.
5. Internet e buzz marketing
Sempre più spesso internet viene sfruttato
per fare in modo di innescare meccanismi di
passaparola propri del buzz marketing.
Intere campagne pubblicitarie vengono
tarate su questo tipo di strategie e sempre
più spesso il lancio di un nuovo prodotto
nella grande distribuzione viene anticipato
da campagne di marketing virale.
Un indagine del 2008 condotta dalla
Rubicon Consulting in America1 rileva infatti
che recensioni e commenti degli utenti
online influenzano profondamente le
decisioni d’acquisto degli internauti,
seconde solo al tanto rinomato passaparola. Recensioni e commenti online non sono
altro che la proiezione nel mondo virtuale
delle opinioni dei consumatori, prima
possibili unicamente nella vita reale. D’altro
canto però la porosità del mezzo permette
alle informazioni di arrivare da un numero
esponenzialmente più alto di persone,
spesso raggruppate intorno all’argomento
d’interesse dell’utente, e di far sì che le
parole permangano sulla Rete per un
periodo infinitamente lungo di tempo.
Per il lancio del suo nuovo modello di
spazzolino elettrico la OralB ha utilizzato il
web in maniera massiva, sia attraverso i
blog sia attraverso le social network. Il
motto dell’agenzia che ha curato l’intera
campagna recita:
Il meccanismo messo in atto da queste
agenzie consiste nel reclutare dei blogger
influenti e seguiti per far recensire i nuovi
1Onlines Communities and their impact on
Business: Ignore at Your Peril.
http://rubiconconsulting.com/downloads/whitepa
pers/Rubicon-web-community.pdf
“Scatena il buzz per i tuoi prodotti, accedi ai
profili degli Opinion Leader e crea un
dialogo con i tuoi consumatori.”
5
prodotti. Ma grazie alle social network come
Facebook la pubblicità riesce ad essere
ancora più chirurgica. Difatti queste enormi
reti sociali vengono monitorate
continuamente e i contatti tra i diversi
utenti diventano corsie preferenziali per la
promozione di nuovi prodotti. Il sistema
all’apparenza molto semplice, viene
alimentato da algoritmi molto complessi che
scannerizzano la rete alla ricerca degli
utenti più quotati; questi poi ricevono delle
offerte o delle promozioni particolari, che
spesso non sono altro che futili applicazioni
o semplici giochini, ma che permettono al
messaggio pubblicitario di passare
attraverso il profilo dell’utente ritenuto un
opinion leader.
In questo modo per le aziende è come avere
a disposizione migliaia di testimonial che
più o meno consapevolmente promuovono
il loro prodotto. Questi utenti sono dei
“testimonial perfetti” perché sono persone
che gli utenti hanno quasi sempre
conosciuto di persona e sono portati a
prendere molto sul serio le loro scelte di
marca. Ritorna il discorso della fiducia come
legame diretto tra testimonial e marca, solo
che in questo caso il testimonial è una
persona che i potenziali consumatori
conoscono veramente.
6. Riflessioni
Appare evidente come la fiducia stia sempre
di più passando da qualità a strumento. I
consumatori usano la fiducia negli individui
per semplificare le loro scelte di consumo,
ma questa fiducia passa attraverso i
consumatori stessi.
Una ricerca condotta nel maggio 2008 da
Sems e OTO Research sull’utilizzo dei
motori di ricerca in Italia lo conferma: l’83%
degli italiani online utilizza i motori di
ricerca per trovare informazioni decisive
per un acquisto e il 91% di questi, una o più
volte, ha deciso l’acquisto di un prodotto o
di un servizio basandosi sulle informazioni
ottenute attraverso internet. Un personal
media che permette una comunicazione a
due vie offrendo all’utente quello che
Massarotto definisce potere editoriale
diffuso (Massarotto, 2008).
Ad oggi lo scenario è ancora più
diversificato rispetto al passato prossimo. Il
ritmo con cui la società si evolve segue
quello galoppante della tecnologia. Social
media, mobile computing e ubiquitous
computing saranno le nuove frontiere della
comunicazione e quindi anche del
marketing. Diverse e contrastanti sono le
previsioni per il futuro: se da un lato ci sono
i tecnocratici ispirati da Stallman e Torvalds
(Torvalds, Diamond, 2005) che credono
fermamente in un salto di qualità culturale e
sociale ad opera di internet e del sistema
della peer review e dei meccanismi di
intelligenza collettiva; dall’altro ci sono gli
ultra-critici (tecnofobici) che vedono nelle
nuove interazioni sociali possibili con i
nuovi media una deriva e uno svilimento dei
rapporti interpersonali. Nel mezzo ci sono i
consumatori.
Le aziende devono prenderne atto e
comprendere le ripercussioni che il mezzo
sta portando, e sempre più porterà, al
proprio business. L’uso delle nuove
strategie non deve essere cieco e
indiscriminato ma deve tenere conto di tutte
le nuove variabili che entrano in gioco
quando si usa uno strumento potente come
internet per “fare marketing”. Termini come
rappresentazione numerica, modularità,
automazione, variabilità, transcodifica sono
dei concetti imprescindibili se si vuole fare
un uso corretto e completo dei new media
(Manovich, 2002, pp. 46-67). E poi bisogna
sempre essere in grado di ascoltare le
persone, tenere traccia dei loro feedback e
della nostra on-line reputation; offrire alle
conversazioni uno spazio dove poter
crescere in maniera costruttiva. Solo così le
imprese riusciranno a guadagnarsi la fiducia
del consumatore “del futuro”.
6
7. Riferimenti ASSAEL H. (1987), Consumer Behaviour and
Marketing Action, Kent Publishing, Boston.
Citazioni ed esempi da
http://branduepuntozero.wordpress.com/categ
ory/buzz-marketing/, febbraio 2009.
Notizie, iniziative e petizioni che esprimono la
cultura di Stallman e della Free Sofware
Foundation sono reperibili sul sito personale di
Sallman: http://stallman.org/
e sul sito della comunità della FSF:
http://www.fsf.org/
CRISTANTE S. (2005), Media Philosophy.
Interpretare la comunicazione-mondo, Liguori,
Napoli.
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italiana di La Fiducia, N. Luhmann, Il Mulino,
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über die Formen der Vergesslshaftung, II ed
Munchen, Liepzig; trad. It, Sociologia, Torino.
TORVALDS L. and DIAMOND D. (2005),
Rivoluzionario per caso. Come ho creato Linux
(solo per divertirmi), Garzanti Libri, Milano.