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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Roma FERROVIE DELLE MERAVIGLIE dossier LE TRATTE MINORI, UN PATRIMONIO DA NON DIMENTICARE Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione 479•gennaio|marzo 2014 Italia Nostra Bollettino n. 479_Layout 2 19/03/14 16:28 Pagina 1

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FERROVIE DELLE MERAVIGLIEdossierLE TRATTE MINORI, UN PATRIMONIO DA NON DIMENTICARE

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione

479•gennaio|marzo 2014

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CARI AMICI,CI FAREBBE PIACERE AVERE UN FILO SEMPRE PIÙ DIRETTO CON VOI LETTORIE DARE SPAZIO ANCHE A UNA RUBRICA “LETTERA AL DIRETTORE”

SCRIVETECI A [email protected]

NB. PER ESSERE PUBBLICATE LE LETTERE DEVONO ESSERE LUNGHE CIRCA 1000 BATTUTE

EDITORIALEFerrovie, ferrovie!MARCO PARINI

OPINIONEIn viaggio verso il cambiamentoFRANCESCA MARZOTTO CAOTORTA

DOSSIERFerrovie secondarie, un patrimonio da scoprireGIAN GUIDO TURCHII treni delle meraviglieMASSIMO BOTTINIUn saluto dalla Fondazione FS ItalianeLUIGI CANTAMESSALe tratte minori e la geografia dell’ItaliaSTEFANO MAGGI

Strade ferrate e sostenibilità ambientaleANNA DONATIViaggio come narrazione e ruolo del post-turistaLUCIANO PILOTTIUna visione economica per il trenoRENATO COVINODialogo tra Ferrovie e ArchitetturaROBERTO BUDINI GATTAI E DANIELE VANNETIELLO

SEGNALAZIONIFerrovie per il territorioDOMENICO GATTUSOLa linea jonica tra memoria ed abbandonoTERESA LIGUORIUn grido di allarmeROBERTO GALATITestimonianze dalla SiciliaLILIANA GISSARALa ferrovia che non c’èM. BOTTINIIl Trenino dei Sibillini per il rilancio del fermanoELVEZIO SERENAIl ruolo strategico della Transiberiana d’ItaliaGIANCARLA ARMIDIIl Treno Natura di SienaS. MAGGI

La Ferrovia delle DolomitiMARIARITA SIGNORINIL’ex-Pontremolese: una porta per l’EuropaUMBERTO ROVALDI

APPUNTIIl significato della flora ferroviariaFILIPPO PROSSERTreni di cartaREMO CESERANI

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Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 6 marzo 1957, n°5683 Sped. A.p., art. 2 c. 20/b 45% legge662/96 Filiale di RomaDIRETTORE Francesca Marzotto Caotorta

REALIZZAZIONE GRAFICA – STAMPA

SEDEViale Liegi, 33 – 00198 Roma – tel. 068537271 fax 0685350596P.I. 02121101006 – C.F. 80078410588e-mail: [email protected] redazione: [email protected] internet: www.italianostra.orgADESIONE A ITALIA NOSTRA 2014quota comprensiva delle spese di spedizione rivistaSOCIO ORDINARIO: quota annuale euro 35,00 – quota triennale euro 90,00SOCIO FAMILIARE: quota annuale euro 20,00 – quota triennale euro 50,00SOCIO GIOVANE (inferiore 18 anni): quota annuale euro 10,00 – quota triennale euro 25,00SOCIO ORDINARIO STUDENTE (fino a 26 anni): quota annuale euro 15,00 – quota triennale euro 40,00SOCIO SOSTENITORE: quota annuale euro 100,00 – quota triennale euro 270,00SOCIO VITALIZIO: euro 2.000,00 (una tantum) SOCIO BENEMERITO: quota annuale euro 1.000,00ENTE SOSTENITORE: quota annuale euro 250,00SOCIO ESTERO: quota annuale euro 60,00CLASSE SCOLASTICA: quota annuale euro 30,00Versamenti su c.c.p soci n°48008007intestato a Italia Nostra – RomaPer informazioni su abbonamenti alla rivista per i non soci: Servizio abbonati – viale Liegi, 3300198 Roma – Tel. 0685372723Finito di stampare: marzo 2014

ITALIA NOSTRA ONLUS ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER LATUTELA DEL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E NATURALEDELLA NAZIONE(riconosciuta con D.P.R. 22 VIII-1958, n. 1111) PRESIDENTE Marco PariniVICE PRESIDENTI Luigi Colombo – Teresa Liguori Pietro PetraroiaCONSIGLIO DIRETTIVO Antonello Alici – Massimo Bottini – Nicola Caracciolo Luca Carra – Luigi Colombo – Sergio Cordibella Raffaella Di Leo – Giovanni Gabriele – Ebe Giacometti Liliana Gissara – Maria Pia Guermandi – Ercole GuerraFranca Leverotti – Teresa Liguori – Serena Longaretti Francesca Marzotto Caotorta – Alessandra Mottola MolfinoMarco Parini – Pietro Petraroia – Evaristo PetrocchiGaetano Rinaldi – Maria Teresa Roli – Oreste Rutigliano Maria Rita SignoriniGIUNTALuigi Colombo – Sergio Cordibella – Teresa Liguori Marco Parini – Pietro Petraroia – Evaristo Petrocchi Gaetano Rinaldi – Oreste Rutigliano – Maria Rita SignoriniCOLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTIAldo d’Ormea – Filomena Rizzaro – Giovanni ZenucchiniCOLLEGIO DEI PROBIVIRIGiancarlo Bagarotto – Franca Guelfi – Nerina ScarasciaAMMINISTRAZIONE E RESPONSABILE UFFICIMauro Di BartolomeoSOCI E ABBONATIEmanuela BreggiaSEGRETERIA DI PRESIDENZAAndrea De Angelis – Roberta GianniniSEGRETERIA GENERALELuciano Marco Blasi – Dafne Cola – Jessica Continenza RESPONSABILE UFFICIO SVILUPPODaniela FassinaUFFICIO PROGETTIIrene OrtisIl pensiero ufficiale dell’Associazione sui diversiargomenti è espresso nell’editoriale. Tutti gli altri articolirappresentano l’opinione dei rispettivi autori.Normativa sulla Privacy: ai sensi del D.L. 196 del 30/06/03 i dati sono raccolti ai soli finiassociativi e gestiti con modalità cartacea ed elettronica da ItaliaNostra. In qualunque momento Lei potrà aggiornare i suoi dati ocancellarli scrivendo ai nostri uffici di Viale Liegi, 33 – 00198 Roma

In copertinaTra Toline e Vello sulla linea Brescia-Edolo. Foto ricevuta daEmanuele Simone per il concorso di IN “Paesaggi dal Treno”

Stampato su carta ecologica senza uso di sbiancanti chimiciseguici su www.italianostra.org

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EDITORIALEFerrovie, ferrovie!MARCO PARINI

OPINIONEIn viaggio verso il cambiamentoFRANCESCA MARZOTTO CAOTORTA

DOSSIERFerrovie secondarie, un patrimonio da scoprireGIAN GUIDO TURCHII treni delle meraviglieMASSIMO BOTTINIUn saluto dalla Fondazione FS ItalianeLUIGI CANTAMESSALe tratte minori e la geografia dell’ItaliaSTEFANO MAGGI

Strade ferrate e sostenibilità ambientaleANNA DONATIViaggio come narrazione e ruolo del post-turistaLUCIANO PILOTTIUna visione economica per il trenoRENATO COVINODialogo tra Ferrovie e ArchitetturaROBERTO BUDINI GATTAI E DANIELE VANNETIELLO

SEGNALAZIONIFerrovie per il territorioDOMENICO GATTUSOLa linea jonica tra memoria ed abbandonoTERESA LIGUORIUn grido di allarmeROBERTO GALATITestimonianze dalla SiciliaLILIANA GISSARALa ferrovia che non c’èM. BOTTINIIl Trenino dei Sibillini per il rilancio del fermanoELVEZIO SERENAIl ruolo strategico della Transiberiana d’ItaliaGIANCARLA ARMIDIIl Treno Natura di SienaS. MAGGI

La Ferrovia delle DolomitiMARIARITA SIGNORINIL’ex-Pontremolese: una porta per l’EuropaUMBERTO ROVALDI

APPUNTIIl significato della flora ferroviariaFILIPPO PROSSERTreni di cartaREMO CESERANI

MARCO PARINI

Il 3 ottobre 1839, nel regno borbonico si inaugu-rava la prima linea ferroviaria, la Napoli – Porti-ci. Da quel tempo con 17.000 chilometri di rete

ferroviaria l’Italia creava un importante sistema di co-municazione. Oggi possiamo affermare che tutto ciòè proseguito e funziona al meglio? No, purtroppo larisposta è negativa. Le Ferrovie dello Stato sono state privatizzate, si ècreata una rete di società per la gestione del materia-le rotabile, della rete ferroviaria, delle aree di perti-nenza e dei sedimi ferroviari, delle grandi e medie sta-zioni, e potrei continuare. Il servizio non è monopoli-stico e la scelta aziendale si è orientata sullo sviluppodell’alta velocità sull’asse Torino-Milano Roma-Na-poli, sull’asse di collegamento Torino-Venezia e sul-l’adriatica. Treni eccellenti, ad alta velocità, prestoancor più alta con il Frecciarossa 1000 ed in regimedi concorrenza con Italo. FS ha registrato nel 2012un bilancio in utile di 381 milioni di euro e nel 2013di 500 milioni. Si prevede che il fatturato crescerà an-cora fino al 2017 al ritmo annuo del 3,5% per arri-vare nel 2017 a 9,5 miliardi. Alle FS s’impegnano nel-le utime tecnologie e nella sicurezza della rete, ove di-chiarano di aver investito ben 4,5 miliardi. Bene ma che accade nel resto del Paese? Per le reti lo-cali si sono coinvolte le Regioni, rivelatesi poco attentealla conservazione ed al potenziamento delle reti e deitreni. Una scelta politica compiuta per carenza di ri-sorse ma altresì per indirizzi spesso contradditori traloro. Provate a spostarvi in Sicilia o da questa a Na-poli. Provate la Circumvesuviana o le ferrovie del cen-tro Italia. Provate le ferrovie locali lombarde o vene-te con materiali obsoleti e tempi di percorrenza cheportano i pendolari alla disperazione. E che dire del-la Genova-Ventimiglia con tratte a binario unico co-me le progettò alla fine dell’800 l’Italia sabauda? La manutenzione ed il potenziamento del sistema fer-roviario esistente è una necessità ed una priorità perlo sviluppo del Paese. Vediamone le ragioni. Per le merci, sulle grandi direttrici e percorrenze, dasempre sosteniamo l’opzione del trasporto su ferro ri-spetto a quello su gomma. Minore impatto sul terri-torio: meno inquinamento, meno traffico, minor ne-cessità di strade, maggiore efficacia, tempi più celerie maggior sicurezza. Per il trasporto di persone, eccezion fatta per l’AltaVelocità, il panorama è sconfortante. Dal nord al sudItalia, passando per il centro, abbiamo collegamentiprecari, treni obsoleti, reti con scarsa manutenzione,nonché piani di dismissione in progressiva attuazio-ne ed in sostituzione con servizi autobus in conces-sione non comparabili al trasporto ferroviario. I diritti dei cittadini sono uguali ed il diritto alla mo-bilità è sancito dalla Costituzione. Il collegamento fer-

roviario è fonte di sviluppo economico; di minor im-patto sul paesaggio, risulta fondamentale per rag-giungere il posto di lavoro od il luogo di studio, in-centiva il turismo. In ogni Paese europeo il traffico ferroviario è visto co-me un valore e la sua conservazione rientra tra le prio-rità nei programmi e nei finanziamenti pubblici. Ovela rete è gestita da privati, il suo valore economico nonè messo in discussione e riceve sussidi pubblici per lesinergie con lo sviluppo del territorio. Dobbiamo, quindi, chiedere al Governo un impegnopolitico sul sistema ferroviario ed un confronto conle Regioni per la sua attuazione. Dobbiamo chiede-re una moratoria sulla chiusura di reti e stazioni fer-roviarie minori con stanziamenti per l’ammoderna-mento del materiale rotabile e la manutenzione direte, la sistemazione di ponti, viadotti e gallerie. Sitratta di destinare risorse, di incentivare produzio-ne e lavoro ed il conseguente rilancio economico suobiettivi utili e concreti, nel rispetto del paesaggio edell’ambiente. Al tema del trasporto merci e delle reti locali s’ag-giunge quello delle “ferrovie della memoria” e quel-lo delle reti panoramiche e turistiche, il cui funzio-namento risulta utile per merci e persone e costi-tuisce tutela e valorizzazione di un bene culturale.Pensiamo al trenino delle Dolomiti a Cortina, a quel-lo della Val Pusteria, transfrontaliero che congiun-ge Bressanone a Lienz od a quello del Bernina. Po-trei continuare con esempi al centro ed al sud Ita-lia. Tratte ferroviarie da conservare, utilizzate dairesidenti ed amate dai turisti. Ogni nazione civileconserva le sue tratte storiche per la loro funzionema altresì per il significato identitario e per i valo-ri della memoria. In ogni parte del mondo le ferro-vie storiche vengono conservate gelosamente: dallaSvizzera, al Belgio, dagli Stati Uniti, all’Africa au-strale, all’India, alle terre dell’antica Indocina. Con-servare queste tratte però non basta, dobbiamo riat-tivarne molte tra quelle dismesse delle quali si man-tengono binari, caselli, materiale rotabile. Ad esem-pio ricordiamo la Fano-Urbino nelle Marche o la No-to-Pachino in Sicilia per le quali ci stiamo impe-gnando con progetti e proposte. Con Co.Mo.Do Italia Nostra è impegnata su questabattaglia per la valorizzazione del patrimonio ferro-viario in abbandono, ripristinandolo ove possibile,riutilizzandone i sedimi per una mobilità dolce oveciò non risulti tale.

Ferrovie, ferrovie!La manutenzione ed il potenziamento del sistema ferroviario esistente è una necessità ed una priorità per lo sviluppo del Paese

editoriale

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Tante sono state le parole ca-paci di indicare nuove stra-de, nuove vie da percorre-

re nel nostro attraversamento del-la vita. A volte parole dismesse oparole nuovamente adottate, anti-cipavano o spiegavano uno stato difatto o un’azione a venire. Così, as-sai utile per raccontare l’oggi, mi èparsa l’osservazione dell’amico chemi diceva di essere rimasto scon-certato da come era cambiato l’an-nuncio nella stazione ferroviariadove era solito prendere il trenonon regionale. Per molti anni si in-vitavano i viaggiatori a disporsilungo il tal binario. Ora si invita-vano i clienti a disporsi lungo lostesso binario. Eccola, sembra ame, la parola capace di sbalestra-re tanti di noi, prima di renderciconsapevoli di uno stato di fatto.Non cittadini, non viaggiatori, nonpersone. Clienti. Clienti di uno Sta-to non più erogatore di servizi mamanager di impresa. Né c’è da stu-pirsi se una cultura contempora-nea che, con infiniti stimoli indu-ce al continuo comprare, abbia trai suoi effetti collaterali, quello diidentificare le persone con un ma-re di clienti. Quel cambiamento dilessico rilevato in una stazione fer-roviaria, ci porta a rivelarne il pa-radosso quando si ricorda che, fi-no a pochi decenni fa, le stazionirappresentavano i gangli di un si-stema di rotaie disposte al fine difavorire le relazioni tra abitanti.Tra città piccole e grandi, tra il ma-re e la montagna, tra costa e costa.Tra un conoscere e un non cono-scere. In tempi in cui il sistemastradale era poco sviluppato, in cuisi andava per viottoli con carri ecarretti, erano i treni minori che,grazie a capolavori di ingegneriaferroviaria, facevano viaggiare lacontemporaneità dal sempre mu-tevole aspetto. Una contempora-neità, che se identificata con uno

sferragliare di rotaie e un frastuo-no di locomotive, poteva far asso-ciare il treno ad un orrido dragoparente del diavolo. Se vista comesimbolo di veloce sviluppo dellatecnica, diventava l’indice del be-nefico futuro, e in ogni caso un fe-nomeno tale da ispirare poeti, scrit-tori, pittori. L’arrivo delle rotaienella città fu occasione di ripensa-mento urbanistico e stimolo peruna nuova intelligenza architetto-nica. Nel rivedere oggi, con atten-zione, quell’insieme di innovazio-ne, tecnologia, cura del design deidettagli, partecipazione alla mobi-lità della persone, con le quali fu-rono progettate e costruite stazio-ni come Termini, Santa Maria No-vella o la Centrale di Milano, si os-serva come l’inseguimento delcliente sia capace di trasformare unluogo intelligente in un posto stu-pido. Ma poiché “cambia lo superficial,cambia también lo profundo, cam-bia el modo de pensar, cambia to-do en este mundo” come ci ricordaMercedes Sosa in Todo Cambia,cambia nel tempo anche la vogliadi ferrovia. L’emigrazione svuotapiccoli paesi, cambiano luoghi emodi del lavoro, l’agricoltura cam-

bia, aumentano le strade, e per leautomobili si costruiscono le auto-strade. Molte ferrovie vengono ab-bandonate, perché è cambiato ilcontesto che le aveva costruite.Opere di grande ingegneria, ven-gono trasformate dal tempo inesempi di inconsapevole land art.Perde di valore gran parte di quelpatrimonio culturale che poteva es-sere associato a ricordi di povertà,ignoranza, dipendenza. Forte,ignorante e vitale si presenta nelcontempo il turismo “mordi e fug-gi”: sguardi vitrei seguono un om-brellino, innumerevoli i corpi daspiaggia. Nel frattempo siamo cre-sciuti anche noi, abbiamo ancheviaggiato, abbiamo visto come al-tri hanno ricucito i tanti effetti diun’industrializzazione del Paese.Abbiamo lasciato ricrescere e rida-re parole a quel bisogno di appar-tenenza che è sangue di una cultu-ra millenaria come la nostra. Lostesso che ci ha insegnato a con-nettere, a mettere in relazione tan-ti aspetti della realtà, a dar valorea quanto ci sta attorno rivestendo-lo da un, sempre nuovo, senso dimeraviglia e dal volere che, nel rap-porto tra Stato e cittadini, la paro-la cliente sia obliterata.

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FRANCESCA MARZOTTO CAOTORTA

opin

ione

In viaggio verso il cambiamento

PONTE DEL RIO FUNDUSTracciato dell’ex-

ferrovia “del Sulcis”Siliqua-Calasetta. Fotoricevuta da Giuseppe

Pintore per il Concorsofotografico del 2009 diItalia Nostra “Paesaggi

dal Treno”, incollaborazione conSocietà Geografica

Italiana, Co.Mo.Do. e LaRepubblica (vedi anche

foto in copertina)

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Adifferenza dei principaliPaesi europei, l’effettivosviluppo delle ferrovie ita-

liane avvenne solo dopo il 1861, aseguito dell’unità nazionale. In pre-cedenza, escludendo il Regno diSardegna, dove la lungimiranza diCavour aveva creato già una verarete di binari, negli stati preunita-ri le ferrovie erano poche, non col-legate fra loro e spesso realizzatecontrovoglia dai sovrani. Il Regnodelle Due Sicilie, che pure vantavail merito di aver inaugurato il 3 ot-tobre 1839 la prima ferrovia ita-liana, la Napoli – Portici, nel 1850contava appena 83 km di linee,mentre il Regno di Sardegna, la cuiprima linea (Torino – Moncalieri)risaliva al 1848, nel 1850 dispo-neva già di 115 km di strade fer-rate, che diverranno 446 nel 1855.Lo Stato della Chiesa addiritturanon conosceva il treno e bisogneràattendere il 1856 per vedere l’aper-tura al traffico della modesta Ro-ma – Frascati. In questo contesto, con la procla-mazione del Regno d’Italia, fu chia-

ro che la realizzazione di una reteferroviaria nazionale era condizio-ne indispensabile per raggiungereun’effettiva unità del Paese, tantosotto il profilo politico quanto eco-nomico. L’impresa era titanica perla neonata Italia, quasi priva di in-dustrie, con le casse statali vuote econ capitali privati scarsi e poco di-sposti ad impegnarsi in incerte av-venture. I forti squilibri creati dal-le diverse politiche dei vecchi Statierano poi difficili da superare: nel1860 le ferrovie del Regno di Sar-degna avevano raggiunto 870 kmdi sviluppo, contro i 118 del ben piùvasto Regno delle Due Sicilie e in-tere regioni non disponevano di ve-ri collegamenti, con molti villaggiprivi anche della più modesta stra-da carrabile e quindi condannati amisere economie di pura sussisten-za. Alla vigilia dell’unità, in Italia sicontavano appena 2370 km di fer-rovie, spesso gestite da piccole so-cietà, economicamente fragili e in-capaci di sviluppo. Dal 1861 sulla via additata da Ca-vour, purtroppo morto quello stes-

so anno, la costruzione di ferroviedivenne una priorità, affrontata conentusiasmo dal giovane Stato, gra-zie anche al determinante apportodi capitali stranieri. Si ebbero subi-to risultati quantitativamente di ri-lievo, anche se spesso qualitativa-mente inadeguati, sia per la frettadi realizzare le opere, sia per le ten-denze eccessivamente speculative dimolte società concessionarie. Al 31dicembre 1875 lo sviluppo delle fer-rovie aveva però già raggiunto 9077km, su cui operavano, o erano incorso di consegna, 1313 locomoti-ve, 4269 carrozze viaggiatori e22.404 carri merci. I collegamenti fondamentali nord-sud e fra i grandi centri erano ormaitutti operativi o in via di ultimazio-ne, per cui si cominciò a pensare diportare il treno, indiscusso simbolodi progresso ed effettivo strumentodi sviluppo, su percorsi di minoreimportanza, per consentire anche apiccole città e a villaggi lontani dal-le grandi direttrici di poter fruire delnuovo mezzo. La legge 5002 del 29luglio 1879, nota come “legge Bac-

Ferrovie secondarie, un patrimonio da scoprire

GIAN GUIDO TURCHIStorico dei trasporti su rotaia

Dossier

TRENO NATURAPartito da Siena, ormaiin vista di Asciano (FotoCollezione Gian GuidoTurchi). Per saperne dipiù sul Treno Natura diSiena vai all’articolo delProf. Stefano Maggi apag. 27.

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FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

carini” dal nome del ministro dei La-vori Pubblici che l’aveva propugna-ta, Alfredo Baccarini, stabilì quali equante linee occorressero per com-pletare la rete ferroviaria principa-le. Tale legge prevedeva la costru-zione di ulteriori 3694 km di linee,suddivise in quattro categorie d’im-portanza decrescente, per una spe-sa prevista in 831 milioni di lire, dicui un quinto veniva messo a caricodi province e comuni in misura va-riabile a seconda della categoria incui la nuova linea era inserita: solole linee comprese nella prima cate-goria dovevano essere costruite a to-tali spese dello Stato. Le Ferrovie dello Stato, subentra-te infine alle grandi società priva-te nel 1905/1906, ereditarono unarete di 11.231 km, di cui 178 elet-trificati: un dato quest’ultimo de-

stinato a rapida crescita. In un Pae-se come l’Italia, privo di carbonema ricco di risorse idroelettriche,le opportunità create dalla nuovaenergia applicabile ai treni porta-rono in breve le nostre ferrovie aduna posizione di avanguardia nelsettore. Al di là dei risparmi con-seguibili nelle importazioni di car-bone per le locomotive a vapore, latrazione elettrica prometteva mag-giore potenza e velocità nonchél’eliminazione del fumo dalle tan-te gallerie presenti nella rete, conrischi concreti di asfissia in quellepiù lunghe, trafficate e acclivi. Nelprimo esercizio FS del 1905/1906il parco trazione era costituito da2767 locomotive a vapore, 7 loco-motori elettrici e 51 elettromotrici.I mezzi elettrici, alla vigilia delledevastazioni della seconda guerra

mondiale, dopo un costante au-mento negli anni erano giunti, nel-l’esercizio 1940/1941 alla consi-stenza di 1432 locomotori e 212 fraelettromotrici ed elettrotreni; a que-sti ultimi si dovevano prestazionida primato ampiamente ripresedalla stampa estera. In particola-re, in una corsa di prova da Firen-ze a Milano avvenuta il 20 luglio1939, l’elettrotreno ETR.212 ave-va stabilito il record mondiale divelocità commerciale con 164km/h e il record italiano di veloci-tà massima con 203 km/h, co-prendo il percorso in un’ora e 55minuti. Le linee elettrificate ave-vano allora uno sviluppo di 5218km sui 16.455 che costituivano larete FS: nessun’altra nazione almondo poteva vantare un’elettrifi-cazione tanto estesa. Naturalmente i notevoli investi-menti iniziali, richiesti dagli im-pianti di trazione elettrica e dainuovi rotabili, avevano indirizzatole realizzazioni prevalentemente suquelle linee principali dove il note-vole traffico li giustificava, esal-tando così il differenziale esistentecon le linee di minore importanza,sulle quali il servizio rimaneva in-variato o parzialmente miglioratocon l’introduzione, a partire daglianni Trenta, delle automotrici ter-miche, le popolari “littorine” conmotore alimentato a benzina, ga-solio o metano. Nel secondo dopoguerra fenomenicomplessi di urbanesimo, di crea-zione di nuovi poli industriali e didismissione di tradizionali attività,ma soprattutto lo sviluppo incon-trollato della motorizzazione priva-ta, favorito da politiche di assolutoprivilegio degli investimenti in cam-po stradale e autostradale a detri-mento di quelli sulle strade ferrate,portarono ad aumentare gli squili-bri sulla rete ferroviaria: le ammi-nistrazioni utilizzarono i pochi stan-ziamenti disponibili per potenziarele linee fondamentali o comple-mentari, trascurando quelle linee se-condarie già in sofferenza per laconcorrenza dei mezzi su gomma. Ilrisultato finale non poteva essere chela graduale chiusura di quelle fer-rovie ormai non più competitive per

FERROVIE DISMESSENella cartina sonosegnalati i tracciati

ferroviari attualmente indisuso. Sono stati messiin relazione ai PaesaggiSensibili di Italia Nostra(2008). ElaborazioneLaboratorio Bottini da

“La ferrovia sognata. Lalinea ferroviaria

Santarcangelo-Urbino-Fabriano” (a cura di

Massimo Bottini)

Se la riscossa del treno si è concretizzata con l’alta velocità, questa ha però accentuato ancora una volta il divario con le linee minori,che ormai assommano a circa 6000 km di binari perduti

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RIMINI-SAN MARINOConvoglio in viaggioverso il Monte Titano,prima della cessazionedel servizio a causa deibombardamenti del1944 (Foto CollezioneGian Guido Turchi)

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velocità e comodità dei servizi of-ferti; cosa ancora più grave, si con-solidò nelle popolazioni l’idea che iltrasporto su rotaia fosse il reliqua-to di un mondo ormai scomparso. Ci sono volute crisi petrolifere, in-quinamento, traffico stradale in-gestibile per far capire che la fer-rovia, caratterizzata da grande ca-pacità di trasporto, moderate ne-cessità energetiche, basso livellod’inquinamento e limitata occupa-zione dei suoli, nonché da grandipossibilità di automazione e di svi-luppo tecnologico, non era un mez-zo consegnato al passato, ma de-stinato al futuro. Nel nostro mon-do sempre più inquinato è stato cal-colato, nel 2013, che a un passeg-gero che si sposti da Napoli a Mi-lano in treno si debba attribuire inmedia l’emissione di 25 kg di ani-

dride carbonica, contro gli 86 kgattribuibili per lo stesso sposta-mento in automobile e i 105 perl’utilizzo dell’aereo. Ma se la riscossa del treno si è infi-ne concretizzata con le ferrovie adalta velocità, queste hanno ancorauna volta accentuato il divario conle linee minori, che continuano adessere chiuse e che ormai assom-mano a 6000 km di binari perduti. Se da una parte sarebbe utopisticopensare di poter mantenere tutte lelinee secondarie a suo tempo co-struite, dall’altra colpisce l’incre-dibile provincialismo italiano, in-capace di guardare appena al di làdei confini nazionali e di vedere co-me molte linee secondarie esteresiano state rilanciate sfruttando leattrattive turistiche offerte dai luo-ghi attraversati, dalle tranquille cit-

tadine servite e opportunamentevalorizzate come meta di escursio-ni. Sono linee in cui la scarsa velo-cità del treno non è una penalizza-zione, ma una caratteristica che re-stituisce al viaggio la sua vera di-mensione, dove la meta da rag-giungere non è più importante deiluoghi attraversati e goduti nel lo-ro scorrere al di là del finestrino.Ci sono ferrovie, specie in Svizze-ra, nate appositamente per scopituristici e il loro percorso finisce tal-volta in cima ad una montagna do-ve, al di là di un albergo/ristoran-te, si trovano solo panorami da am-mirare e sentieri da percorrere apiedi. Piange il cuore a ripensare aferrovie italiane scomparse, nonmeno belle di quelle estere più ce-lebrate, come Chiusa – Ortisei –Plan di Valgardena, Ora – Cavale-

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se – Predazzo, Stresa – Mottarone,Calalzo – Cortina – Dobbiaco, Ri-mini – San Marino, Spoleto – Nor-cia, solo per citare le prime che mivengono in mente, mentre altre vi-vacchiano stentatamente, semprein predicato di chiusura. Ma forse qualcosa si sta finalmentemuovendo, complice anche la mo-bilitazione derivante dall’annualeGiornata delle Ferrovie Dimenti-cate*, giunta nel 2014 alla setti-ma edizione e che può vantare unalarga partecipazione, dalle Alpi al-la Sicilia, che era imprevedibilequando la manifestazione fu lan-ciata. Sicuramente ci sono ancheda noi realtà, sporadiche ma datener ben presenti, che si muovo-no nella direzione giusta e chehanno, ad esempio, portato allariapertura della ferrovia Palazzo-

lo sull’Oglio – Paratico, il TrenoBlu, per trasportare turisti al lagod’Iseo, o hanno permesso di tene-re aperta la linea Monte Antico –Asciano che consente, con il Tre-no Natura, la scoperta delle “cre-te senesi” e di paesaggi inconta-minati difficilmente fruibili se nondal treno, a sua volta spesso com-posto da vecchie carrozze e trai-nato da suggestive locomotive avapore. Anche la Repubblica di San Mari-no sta lavorando alla riapertura,dalla capitale a Borgo Maggiore,del tratto più panoramico della li-nea che un tempo saliva dallaspiaggia di Rimini alla sommitàdel Monte Titano e già una partedel binario è stata riattivata e per-corsa da un’elettromotrice del1931, amorevolmente ricostruita

dopo decenni di abbandono nelbuio di una galleria. Va anche detto che là dove il trac-ciato delle vecchie ferrovie è statosalvaguardato, l’invadenza del traf-fico stradale ha talvolta rivalutatoil collegamento soppresso e favori-to il suo ripristino, come a Berga-mo, dove un tratto della cessataferrovia di Valle Seriana è stato ri-pristinato e come moderna tranviagiunge ad Albino, velocizzando no-tevolmente gli spostamenti su talerelazione. Per non parlare poi del-la ferrovia Merano – Malles Veno-sta, la cui riapertura, dopo una ca-librata modernizzazione, ha gene-rato un traffico di entità imprevi-sta, che ha costretto a ulteriori ac-quisti di materiale rotabile, per au-mentare le corse e rinforzare lacomposizione dei treni. Ci sono quindi i margini anche inItalia per rivalutare un patrimonioingegneristico e storico di pri-m’ordine, linee secondarie che, vi-ste con occhio consapevole, ripo-sizionate correttamente in un con-testo ben diverso da quello delleorigini, possono aprirci nuovi e in-sospettati orizzonti.

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

FERROVIEDA NON DIMENTICARE

La “Bayard”: replica del1939 della locomotivautilizzata sulla prima

ferrovia italiana, Napoli– Portici, nel 1839. Inbasso, treno storico,

messo in marcia a scopofotografico da

appassionati svizzeri,sulla linea interna dellaSila, fra Camigliatello

Silano e San Giovanni inFiore (Foto CollezioneGian Guido Turchi)

* Maggiori informazioni sulla Giornata delle Ferrovie Dimenticate nell’articolo a pag. 9

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LUIGI CANTAMESSADirettore della Fondazione FS Italianewww.fondazionefs.it

Il 2 marzo Co.Mo.Do. ha celebrato la sua settima“Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate”con appuntamenti e iniziative in tutta Italia*. Una“festa” che ha visto quasi un centinaio di eventi intutta Italia (nel 2013 i partecipanti erano stati circa30 mila, ndr.), per sensibilizzare l’opinione pubblicae le amministrazioni locali sulla salvaguardia del pa-trimonio ferroviario minore, per promuovere la ri-conversione in percorsi ciclopedonali dei chilometriferroviari smantellati, per rimettere in funzione col-legamenti esistenti ma abbandonati, per valorizzarele tratte minori situate in aree marginali, eppure in-dispensabili alla mobilità locale. Nel nostro Paese la lunghezza delle ferrovie dismesseammonta ad oltre 6000 km, se a queste si aggiungo-no 2500 km di strade lungo gli argini dei fiumi e deicanali, 1500 km di tronchi stradali dismessi e diver-se migliaia di chilometri di sentieri, mulattiere, trat-

turi di interesse storico e culturale, otteniamo oltre10.000 km di una potenziale “Rete nazionale” (di mo-bilità dolce), sicura e protetta dai veicoli a motore,adatta a tutti, bambini, anziani, famiglie, diversa-mente abili, per passeggiate a piedi, in bicicletta, acavallo, con i pattini… L’obiettivo di Co.Mo.Do. è direalizzarla negli anni a venire sui modelli di quelloche stanno facendo in Spagna, nel Regno Unito, inBelgio, in Francia. Nel dettaglio, la Spagna con il progetto “Vías Ver-des”, sostenuto dalla compagnia ferroviaria nazio-

MASSIMO BOTTINIConsigliere Nazionale di Italia Nostra, Presidente di Co.Mo.Do.

I treni delle meraviglie

* Per approfondimenti consultate il sito www.ferroviedimenticate.it

La Confederazione per la Mobilità Dolce (Co.Mo.Do.), della quale Italia Nostrafa parte, nasce nel 2006 per promuovere una rete nazionale di mobilità dolce esostenibile, un turismo ecompatibile e la tutela delle infrastrutture territorialidismesse (ferrovie, strade arginali, percorsi storici, ecc.).

Si è tenuto oggi (28febbraio 2014, ndr.),

nell’affascinante cornice del centro congressi di Piazza Duomo a Siena, il convegno dedicato alla settima giornatanazionale delle ferroviedimenticate, promosso da Co.Mo.Do. ed altre associazioni. Tale momento di incontro e analisi pone le basi per una collaborazionecostruttiva tra Co.Mo.Do. e la Fondazione FSItaliane. In quanto direttoredella Fondazione nel miointervento ho volutosottolineare come su talunicollegamenti a scarsotraffico si possa veramentepensare a servizi turisticicon treni d’epoca, sempreperò nell’ottica dellasostenibilità economicagarantita dal supportodegli enti locali o nazionali.Tali percorsiconsisterebbero nella

riscoperta della “provincia”italiana all’insegna di ritmi,sapori, costumi tutti dariscoprire. Ho puresottolineato l’impegno, nonrecente, del gruppo FSItaliane sul tema dellegreenways, percorsi verdied ecologici su lineeferroviarie definitivamentedismesse. Ho quindi postol’attenzione sull’elementodi vera novità costituitodall’avvio operativo, nelluglio u.s., dellaFondazione FS:proprietario di circa 200mezzi storici conservatifunzionanti, il nuovo Enteè il punto di riferimento peril noleggio dei rotabili chepossono rivitalizzare, concorse a calendario, leferrovie a più forterichiamo turistico,tramutando i cosiddettibinari dimenticati in binariper la riscoperta dellemeraviglie.

Un saluto dalla Fondazione FS Italiane

POLLA-PETINALe tracce rimaste di un suggestivopercorso nel Vallo di Diano. Foto tratta dal libro “Ferrovie delle Meraviglie”a cura di MassimoBottini e AlbanoMarcarini(Co.Mo.Do. 2013)

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nale, ha portato al recupero di 1200 km di ferro-vie abbandonate in pochi anni. Le Vías Verdes so-no tra le mete turistiche più gettonate del Paese ehanno ottenuto un riconoscimento dalle NazioniUnite per la loro prerogativa di migliorare la qua-lità della vita. In Francia si aprono le “Voies Vertes” lungo le spon-de dei fiumi e dei canali. La ciclabile della Loira,attraverso la regione dei castelli, attira ogni annomigliaia di turisti che abbandonano l’auto per labicicletta. La Voie Verte della Borgogna, fra i vi-gneti e l’abbazia di Cluny, viene usata ogni dome-nica da centinaia di parigini che grazie alla possi-bilità di trasportare la bicicletta sul TGV (Treno aGrande Velocità) possono raggiungere la regione,distante 250 km da Parigi, in solo un’ora. Lungola Costa Azzurra si sta portando a termine una pi-sta ciclo-pedonale che consentirà ai bagnanti diraggiungere le spiagge senza usare l’auto; buonaparte del percorso si sviluppa lungo la vecchia fer-rovia del litorale. Nel Regno Unito si sta realizzando per opera di Su-strans (Sustainable Transport) la Rete Ciclabile Na-zionale (National Cycle Network) utilizzando ferro-vie abbandonate, strade arginali, percorsi secondari.Migliaia di volontari collaborano e mantengono in or-dine i percorsi. Il loro slogan è: “Per ogni sterlina in-vestita nella costruzione di piste ciclo-pedonali, il ri-torno, in termini di benefici, è di almeno 20 sterli-ne!”. In questo modo è stato possibile promuovere ilprogramma Safe Routes to Schools (A scuola su stra-de protette).

In Belgio invece vi è il progetto RaVel (Réseau des Vo-ies Lentes) che promuove il recupero delle ferrovie di-smesse (5000 km) conservando la testimonianza deltreno (stazioni, ponti, gallerie ecc.). In questo modola via verde diventa una sorta di museo ferroviario al-l’aria aperta. La rete RaVel nella regione della Vallo-nia è equiparata per legge alle altre reti infrastruttu-rali (autostrade, strade, ferrovie) e ottiene gli stessi fi-

nanziamenti per lo sviluppo e la manutenzione. Qual-che mese fa Co.Mo.Do. grazie alla pubblicazione delvolume “Ferrovie delle Meraviglie” ha ricevuto unamenzione speciale da parte del Ministero dei Beni Cul-turali per il Premio del Consiglio d’Europa per il Pae-saggio. E il nostro impegno per i prossimi anni è cheil patrimonio delle tratte ferroviarie inutilizzate ven-ga messo a frutto sia attraverso un intervento nazio-nale, con la proposta di legge n°1640 già assegnataalla Commissione Ambiente, sia attraverso le prati-che locali. I “binari in attesa” sono una ricchezza peril territorio. La funzione di via di collegamento (equindi di comunicazione), ove possibile ripristinata,potrà attivare una rete di rapporti in grado di inci-dere su quell’area anche economicamente. La mag-gior parte delle tratte dismesse italiane si trova in ter-ritori paesaggisticamente e artisticamente di grandevalore ma, ahimè, in pericolo di “desertificazione” co-munitaria, con un’economia artigianale e agricola dipregio depositaria di antichi saperi, unico deterrentecontro la scomparsa di quel paesaggio. Oggi internetpermette a questi piccoli imprenditori di far cono-scere e di vendere le proprie eccellenze al mondo glo-balizzato, la possibilità di visitare i luoghi di produ-zione attraverso il ripristino di alcune tratte porte-rebbe in quei territori un tipo di turismo maturo, ri-spettoso del luogo, interessato e colto, in tal modo sicomporrebbe un sistema di attività di contorno ca-paci di creare altra economia. A Co.Mo.Do. siamo for-temente convinti che la salvaguardia, la tutela e lavalorizzazione del territorio passi necessariamente an-che attraverso l’azione dell’impresa etica.

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

La rete di associazioni ambientaliste con cui Co.Mo.Do. opera ha come scopo il raggiungimento della parità di status

per cui le tratte dismesse vengano riconosciutecome vie di comunicazione “attive”

I TRENI DELLE MERAVIGLIECollaudo della LocoReggiane (del 1931)

dopo revisione el’attraversamento diSeui lungo la LineaMandas - Arbatax

(Sardegna). Si ringraziaMario Dessì, autore della

foto scelta per ilmanifesto ufficiale della

Settima GiornataNazionale delle Ferrovie

Dimenticate 2014. A sinistra, l’immagine diun’antica motrice dellatratta Polla-Petina (dallibro “Ferrovie delle

Meraviglie”)

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Per tutto l’Ottocento e nel pri-mo Novecento la locomotiva

era vissuta come il principale sim-bolo del progresso, doveva quindiarrivare a collegare ogni città eogni paese. In una società ancoradel tutto priva di automobili, il tre-no era l’unico mezzo di trasportomeccanico ed era visto come por-tatore di sviluppo e come legameindispensabile con la civiltà delproprio tempo. Laddove non arri-vavano rotaie, le persone e le mer-ci erano costrette a spostarsi conlentezza a bordo dei carri trainatida animali, del tutto anacronisticiin un mondo in cui il “nuovo” erarappresentato dal ferro e dal va-pore. Nell’Italia del secondo Otto-cento, completati i collegamentiprincipali, si cominciò a pensare auna rete che collegasse i centri mi-nori e che servisse le colline e lemontagne dell’interno, talvolta conscopi strategici, essendo le linee in-terne protette dagli attacchi dellamarina: la questione militare eramolto sentita dato che l’Italia trail 1861 e il 1870 aveva realizzatol’unificazione nazionale e uscivada una serie di guerre. Nel febbraio 1866 il ministro deiLavori Pubblici Stefano Jacini pre-sentò alla Camera dei deputati undisegno di legge per le ferrovie se-condarie, seguendo l’esempio fran-cese dove una legge analoga era sta-ta approvata l’anno prima a luglio.Visto quanto si era fatto in Francia,e visto che ormai le linee principa-li erano in costruzione, la questio-ne delle ferrovie secondarie stavaavviando un acceso dibattito, ri-guardante pure il coinvolgimento diprovince e comuni, che cercavanodi inserirsi da protagonisti nella vi-ta nazionale. Fin da questo perio-do, quindi, i piccoli centri comin-ciarono a richiedere a gran voce illoro collegamento ferroviario per te-nere il passo del progresso, come no-

tava il giornalista e deputato friu-lano Pacifico Valussi, attento osser-vatore della società italiana:

«son quasi continui i lagni chesi muovono dalle città secon-darie un giorno fiorenti sui dan-ni ch’esse risentono dalle stra-de ferrate, le quali non fannoche rasentarle, e passando lorodappresso si portano seco unaparte della vita locale di cui go-devano, per accentrarla tuttaalle maggiori città, dove le stra-de ferrate s’annodano»*.

Nel 1873 iniziò in Italia la costru-zione di ferrovie secondarie con al-cune linee nel Veneto, per le qua-li si formarono dei consorzi di co-muni e province al fine di concor-rere nelle spese.Alla fine degli anni ’70, dopo mol-te discussioni, venne poi prepara-to un piano generale, che oltre al-le ferrovie secondarie comprende-va anche quelle principali neces-sarie a completare la rete nazio-nale, sviluppando le linee di inte-resse regionale e locale per com-plessivi 6.000 km, con l’enormespesa di 1.260 milioni di lire, da

imputare sul bilancio del ministe-ro dei Lavori Pubblici per il pe-riodo dal 1880 al 1900. Il piano fu approvato con una leg-ge del luglio 1879, in base alla qua-le le infrastrutture da realizzare fu-rono divise in quattro categorie**.Le prime tre prevedevano alcuneferrovie complementari espressa-mente indicate, mentre la quartacategoria autorizzava a costruire1.530 km di ferrovie, denominate“ferrovie secondarie”, non indivi-duate a priori nella legge, purchéle province e i comuni ne provas-sero l’utilità e si impegnassero acontribuire alle spese dimostrandodi possedere i mezzi (erano tenutia pagare i 4/10 del costo). Il primo ministro Agostino Depre-tis, nella preparazione del proget-to, aveva escogitato lo stratagem-ma dei chilometri “liberi” in mododa dare speranze, ma senza preci-si impegni, ai vari deputati locali,interessati a far includere le loro li-nee nella legge; altrimenti il prov-vedimento non sarebbe mai passa-to per i veti incrociati dei campa-nilismi: la ferrovia era così impor-tante per le comunità locali da mo-nopolizzare il dibattito politico. Eper accontentare il più possibile letante piccole città, si finì anche pereccedere nelle costruzioni ferrovia-rie con un alto esborso di denaropubblico. Furono realizzate ferro-vie a scartamento ridotto e ferroviea cremagliera, nonché tramvie ex-traurbane, le quali permettevano dirisparmiare posando i binari sullestrade ordinarie. Negli anni a ca-vallo tra la fine dell’Ottocento el’inizio del Novecento il treno rag-giunse le montagne e altre zone as-sai suggestive, togliendole spesso daun millenario isolamento economi-co-sociale. La ferrovia nasceva aservizio del territorio attraversato,portava viaggiatori e soprattuttoprodotti da un paese all’altro, co-

dossierLe tratte minori e la geografia dell’Italia

* P. Valussi, Le piccole città nel nuovo ordinamento d’Italia, in “Nuova Antologia”, vol. VIII, luglio 1868, p. 541** Si tratta della legge 29 luglio 1879 n. 5.002, che autorizzava “la costruzione di linee ferroviarie di complemento”

STEFANO MAGGIUniversità di Siena, Dipartimento di Scienze politiche e internazionali

SPOLETO-NORCIALa regione Umbria hafinanziato gran partedegli interventi oggicondotti da UmbriaMobilità che stannomettendo in sicurezza ilpercorso riconvertito agreenway con fortiaccenti turisticoculturali e ambientali(dal libro “Ferrovie delleMeraviglie”)

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me evidenziano gli scali merci tal-volta ancora presenti nelle stazioni,ma quasi mai funzionanti, legandol’economia locale alla civiltà mo-derna. Il ruolo geografico delle ferrovie mi-nori fu di eccezionale rilevanza: inprimo luogo perché fecero cono-scere il territorio. Quando a fine Ot-tocento fu iniziata la lotta contro lamalaria, gran parte dei dati sullamorbilità derivavano dai ferrovie-ri che prestavano servizio in zonemalariche, e i rimedi, dalle zanza-riere al chinino, furono avviati conla loro collaborazione. Inoltre laferrovia dimezzò, talvolta ridussea un terzo, i tempi di percorrenzanelle varie tratte, decuplicando an-che molto la capacità di trasportodi persone e merci. Era il 15 set-tembre 1912 quando il treno a cre-magliera raggiunse per la primavolta Volterra da Saline in 40 mi-nuti, 1/3 del tempo impiegato dal-le diligenze. La discesa era anche

più veloce: si copriva in 30 minu-ti. La vicenda di Volterra, simile aquella di tante altre città situate incollina o in montagna, rende evi-dente il significato della ferrovia.La stazione diventava una portaaperta verso il mondo, tramite laquale uscivano ed entravano pro-dotti finiti e materie prime, cam-biando lo scenario di quasi auto-sussistenza che da sempre caratte-rizzava i centri isolati. Oggi, invece, nell’Italia periferica iltreno sembra spesso un oggetto chedisturba la cittadinanza, come nelcaso che vi siano passaggi a livelloin paese; o nella migliore delle ipo-tesi sembra un mezzo superato cheporta studenti e pendolari costrettia usarlo. Occorre quindi riportarlofra la gente, recuperandone la me-moria e aggiornandone le funzioni:nell’epoca della dilagante motoriz-zazione di massa, non è più il terri-torio che cerca il treno, occorre ra-gionare al contrario e far sì che la

ferrovia diventi un riferimento peril territorio stesso, con servizi celerie comodi, con orari e tariffe inte-grate fra treni e autobus.Per quanto riguarda la memorianon solo della ferrovia, ma più ingenerale del territorio, niente è me-glio di uno sbuffante treno d’epo-ca. Ma il vapore o la littorina, checircolano su alcune linee seconda-rie, non si limitano ai ricordi no-stalgici. Loro scopi sono anchel’educazione ambientale delle gio-vani generazioni, la scopertadell’“archeologia industriale”; lavalorizzazione di beni e prodotti delterritorio, quindi beni culturali, na-turalistici, ambientali, artigianali,enogastronomici. Non ultima, è im-portante l’educazione alla mobili-tà collettiva: i viaggi delle scolare-sche hanno spesso la funzione diavvicinare al treno bambini chenon ci sono mai saliti, per l’abitualeuso eccessivo dell’automobile daparte delle famiglie.

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

GREENWAYTratta Spoleto-Norcia,

interessante elungimirante esempio direcupero del patrimoniodelle ferrovie dismesse

(dal libro “Ferrovie delleMeraviglie”)

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Anche le ferrovie turistiche aiutano a contrastare emissioni di gas serra, inquinamento e dissesto del territorio

In Italia il trasporto resta un punto critico per le po-litiche ambientali, perché lo squilibrio a favore deltrasporto su strada a scapito di ferrovie, metropolita-ne, autobus e vie d’acqua resta molto elevato e solo lacrisi sembra indurre qualche significativa modifica.Ma c’è bisogno di politiche attive per la mobilità so-stenibile da parte delle istituzioni e del Governo perandare nella giusta direzione, che ad oggi non ci sono. Secondo i dati della Fondazione Sviluppo Sostenibi-le, le emissioni di C02 nei trasporti non hanno ri-spettato il protocollo di Kyoto: erano 103 Mt/anno nel1990, sono cresciute fino a 133 Mt nel 2004 e sonorimaste stabili fino al 2007 e poi a causa della crisihanno cominciato a ridursi e nel 2010 si sono atte-

state su 120 Mt/anno. In pratica dal 1990 al 2011 leemissioni complessive di gas serra si sono ridotte inItalia dell’8% ma nello stesso periodo quelle nei tra-sporti sono aumentate di circa il 15%, e sono diven-tate il primo settore nazionale per emissioni di C02pari al 32% del totale. Il trasporto pubblico e priva-to su strada è responsabile dell’89% delle emissioni edi questo circa l’80% è il trasporto merci e passegge-ri privato. Il trasporto su ferro è responsabile di circail 4% di emissioni di CO2. Ma è bene verificare anchei dati procapite di emissione per ogni passeggero percapire meglio come la ferrovia faccia risparmiare emis-sioni ed inquinamento. Infatti secondo l’Agenzia Eu-ropea per l’Ambiente per spostare un passeggero perun km su strada si producono in media 113 g/C02,mentre per spostare lo stesso passeggero/km su fer-rovia si producono 44,9 g/C02, quindi meno della me-tà. E si tenga conto che il dato su strada include il tra-sporto su autobus che trasportando molte persone sul-lo stesso mezzo abbassa decisamente la media, va dun-que considerato che in media il parco automobilisti-co produce circa 150/160 g/C02 per ogni km percorsoe quindi più di tre volte quello di chi usa il treno. An-che leggendo i dati Ispra sulle emissioni in atmosferaemergono dati analoghi per gli inquinanti che deri-vano dal 50 al 70% nelle città proprio da traffico mo-torizzato privato, che pesano in misura negativa sul-

la qualità dell’aria e di suoi effetti sulla salute, il ru-more, la congestione e la perdita di tempo per spo-starsi in città. Ma qualcosa sta cambiando. Nel 2013 Isfort ha pre-sentato il 10° rapporto sulla mobilità in Italia, con tut-te le tendenze 2002-2012: il trasporto pubblico a li-vello nazionale arriva nel 2012 al 15% con un legge-ro incremento rispetto al passato, ma soprattutto gra-zie alla crisi dell’automobile che perde dal 2007 al2012 oltre 8 milioni di spostamenti nel giorno medio,ma che mantiene ancora una quota percentualedell’80% di utilizzo. L’indagine spiega anche che lapropensione all’uso del trasporto pubblico ai tempidella crisi è cresciuta notevolmente con ben il 72% dei

cittadini disposti a scendere dalla propria auto perusare autobus e treni. Ma in realtà invece di assecon-dare questa richiesta sono stati tagliati dal 2010 adoggi il 15% dei servizi di trasporto pubblico sia sugomma che su ferro negli spostamenti locali. Allo stesso modo incombono nel nostro Paese il tagliodefinitivo di circa 1000 km di rete ferroviaria locale,che in questo momento è soggetta a sospensioni, fra-ne, mancati interventi di adeguamento e manuten-zione, tagli del servizio, e che invece potrebbero co-stituire un patrimonio per il lancio di ferrovie turisti-che a gestione economica. E che darebbero anche uncontributo significativo a proteggere il territorio a ri-schio, come un pezzo della manutenzione che in ma-niera diffusa dovremmo fare sul nostro territorio chea causa del dissesto idrogeologico sta franando ad ognilatitudine del Paese. Il fatto che per tre anni consecutivi in Italia ed in tut-ta Europa si siano vendute più biciclette che auto-mobili conferma la voglia di cambiamento reale. Quin-di questa crisi potrebbe e dovrebbe anche diventareuna grande opportunità di sviluppo del trasporto fer-roviario, incluso quello ad uso turistico sulle ferrovielocali che attraversano splendidi paesaggi, da inte-grare con bicicletta e percorsi a piedi, le greenways:percorsi a mobilità dolce che ormai trovano moltoascolto, interesse ed utilizzo da parte di cittadini.

Strade ferrate e sostenibilità ambientale

ANNA DONATIPresidente onoraria Co.Mo.Do.

dossier

L’indagine Isfort del 2013 spiega che ai tempi della crisi la propensione all’uso del trasportopubblico, sia su ferro che su gomma, negli spostamenti locali è cresciuta notevolmentecon ben il 72% dei cittadini disposti a scendere dalla propria auto per usare autobus e treni

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FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

Quale la natura del viaggio al tempo del post-tu-rismo e del post-marketing 3.0? Questa la do-

manda dalla quale partire per comprendere a fondocosa (e come) l’Italia possa offrire al mondo globa-lizzato iniziando dalle sue ricchezze che assommano,secondo alcune stime, a oltre il 60% delle risorse ar-tistiche, culturali e paesaggistiche mondiali, ed evi-tando che rimangano nelle cantine, si sgretolino sot-to le intemperie o siano devastate da edificazione eforsennato consumo di suolo. Potremmo affidarci ad una specie di racconto di viag-gio che non sia solo un “mostrare” (come in una ve-trina o in un video di You Tube), ma abbia la capa-cità di stimolare interazione e apprendimento al finedi costruire un contesto. È infatti nella connessionetra un contesto di relazione e interazione, il fruitoree l’ecosistema, che si genera una nuova conoscenzacontestuale; una conoscenza che per questo è non tra-sferibile né facilmente replicabile. Da questa cono-scenza generativa, emergente dal contesto di relazio-ne, si sprigiona l’esperienza che conduce al ricordo,al ritorno e anche al riacquisto, quale mix dinamicotra gusto e bellezza, tra paesaggio, tradizioni e storia,dal quale possono riemergere emozioni e nuova at-tribuzione di significati. La catena tra una chiesa go-tica affrescata, il paesaggio nella quale è inserita, levigne circostanti e il loro vino biologico con l’olio de-

gli ulivi che ne fanno da corona, e il gusto dei piattidel ristorante con prodotti a km 0 in fondo alla val-le raggiungibili magari attraverso una ferrovia stori-ca o una ciclabile, compongono gli infiniti “buchè”che l’Italia può offrire da Bolzano a Pantelleria, daVentimiglia a Cormons. Una catena che deve esserecaratterizzata da continuità, da assenza di rotture eda coerenza dell’offerta, nell’erogazione di un servi-zio che inizia dalla prenotazione su un sito internetal quale invierò un “post” come commento due o tregiorni dopo, o anche dopo una settimana, dalla sali-ta sul treno storico, fino alla sua discesa lungo unaciclabile. Un mix di servizi integrati “senza rotture esenza cuciture“ (seamless) che proprio per questo ge-nerano fiducia e reputazione, trasferite anche attra-verso il megafono del passaparola. Il post-turista dun-que “acquista” un contesto che contribuisce a pro-durre e co-produrre e dal quale proviene la persona-lizzazione della risposta al bisogno di viaggio non tan-to come destinazione ma come viaggio in sé quale par-te di un racconto, appunto di una narrazione. Que-st’ultima come tutte le storie, per essere sostenibile eaffidabile e replicabile, deve essere caratterizzata ap-punto da continuità o assenza di rotture, ossia pro-prio senza cuciture. Il post-turista che scende dal tre-no deve trovare immediatamente la connessione conaltri mezzi, taxi, bicicletta, autobus o car-sharing, ed

Viaggio come narrazione e ruolo del post-turista

LUCIANO PILOTTIDEMM - Università di Milano

LA “GOTTARDODELL’UMBRIA”

Piccolo gioiello diingegneria, la ex-

ferrovia Spoleto-Norciasuperava gli Appenninicon vertiginosi tratti

elicoidali e arditi ponti e gallerie

(dal libro “Ferrovie delle Meraviglie”)

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essere supportato da informazioni accessibili per sa-pere dove ristorarsi e riposarsi o dove fare shoppingo assistere ad un quartetto di Mozart nella facile ac-cessibilità e in condizioni di multimodalità. Tutta que-sta infrastrutturazione – materiale e immateriale e disenso – è parte essenziale dell’esperienza che crea ri-conoscimento di valore. Una costruzione di senso del-

la narrazione alimentata da passioni, emozioni e va-lori soprattutto se condivisi e connettivi di storia, me-moria e paesaggio, tradizioni, cultura materiale, gu-sti e profumi e, inoltre, “sguardi”. La narrazione sistruttura di simboli e significati che co-agiscono nel-la co-generazione di nuove conoscenze contestuali otacite (non trasferibili) che si devono potere accop-piare con quelle codificate e trasferibili saldandosi inun tessuto ininterrotto di “buone pratiche” ricono-sciute e riconoscibili. È noto infatti che alla fine de-gli anni novanta e all’inizio del nuovo millennio si èandata affermando una nuova macrotendenza socia-le che si manifesta nell’esigenza di un rallentamentodel tempo, nell’apprezzamento delle pause e del si-lenzio, nella volontà di riscoprire tanti piaceri e mo-menti che la fretta sincopata, il fast food e l’usa e get-ta, ma anche il sovraccarico informativo, hanno rele-gato ai margini della vita. Questa nuova filosofia si

declina nella capacità di ascolto, attenzione, disponi-bilità, accoglienza e nella diffusa richiesta di vita len-ta, di recuperare tempi e ritmi diversi rispetto a quel-li che hanno caratterizzato i precedenti decenni (ve-locità, rapidità, just in time, etc.) anche – e soprat-tutto – nel “(post)consumo di bellezza” con lo stile divita italiano. Nel turismo ciò si è tradotto nel pro-

gressivo sviluppo di una domanda attiva, responsa-bile e relazionale (non più monodiretta, inesperta ecelebrativa), che vuole dare senso all’impiego del pro-prio tempo (sense making), realizzando esperienzecreative-innovative, confrontandosi con culture e re-altà diverse, recuperando manualità e ozio “creati-vo”, recuperando proprio un racconto; fonti non dinuova improduttività ma anzi recupero di nuova pro-duttività cognitiva compatibile con la creatività indi-viduale e collettiva. In tal senso la lentezza, consen-tendo una fruizione più approfondita di luoghi e re-lazioni, prima dei prodotti, viene recuperata come va-lore e rende obsolete alcune formule del turismo diconsumo di massa, così come quelle basate su espe-rienze spettacolari o di puro entertaiment (usa-e-get-ta) che relegano il turista in un anacronistico ruolopassivo che va invece coinvolto in un sempre nuovoracconto!

RENATO COVINOUniversità di Perugia, Past President Aipai

Tra narrazione, esperienza e contesti territoriali: dal consumismo all’eco-consumerismo etico-responsabile e sostenibile

Una visione economica per il trenoLe ferrovie in Italia sono state, per buona parte dell’ultimo secolo e mezzo, un volano di sviluppo econo-

mico e civile del Paese. Senza le strade ferrate non ci sarebbe stata l’unificazione del mercato nazionale,la mobilità di uomini e merci, la trasmissione di idee, la contaminazione di culture. L’investimento in lineeferroviarie, nonostante che il grosso del sistema fosse già attivo a inizio degli anni Settanta dell’Ottocento,continua ininterrottamente fino al Fascismo e lo Stato dal 1905 assume direttamente la gestione della rete,individuando nella mobilità un bene comune da tutelare e garantire al pari di altri servizi fondamentali. Lacostruzione di reti si rarefà durante il Fascismo e, poi, a partire dagli anni Sessanta, quando lo sforzo si con-centra sulla rete viaria, configurando una scelta a favore della motorizzazione di massa. Il trasporto pubbli-co viene sacrificato a quello privato con le distorsioni, ampiamente conosciute, del modello di sviluppo, pri-ma tra tutte il trasporto di merci che avviene in maniera quasi esclusiva su gomma. È in questo periodo chesi cominciano a chiudere linee locali e stazioni. Il trasporto ferroviario entra nella dimensione del businnes,del mercato: si incentiva ciò che consente di realizzare utili (l’alta velocità), si dismette quello che producedeficit, anche se garantisce il servizio. Nell’ultimo trentennio sono stati disattivati circa 6.000 chilometri direte ferroviaria e un numero consistente di stazioni e di impianti. Si assiste, peraltro, all’assurdo che alcunelinee non sono esercite, ma continuano ad essere manutenute. L’esempio più paradossale è la Porrettana, unalinea storica dove ormai non circolano più treni, ma che non può essere definitivamente dismessa in quantoè un passante di valico alternativo che, qualora ci siano problemi sulla linea principale, consente la comuni-cazione tra nord e sud. Ciò provoca criticità che non è inutile ricordare. La prima è che il trasporto a breve distanza si svolge pre-valentemente su gomma o su treni locali inadeguati che disincentivano l’uso della ferrovia. La seconda èche sta progressivamente diminuendo il grado di sicurezza della rete ferroviaria. Il recente deragliamentosulla linea Genova – Ventimiglia o lo scontro avvenuto in Calabria sono esempi di come gli incidenti sianodovuti a cattiva manutenzione delle linee o all’inadeguatezza dei convogli. La terza è che il ciclo sempre

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più accelerato di dismissioni determina la crescita della quota di sedimi ferroviari (stazioni, aree di perti-nenza, ecc.) abbandonati al degrado, spesso in aree urbane, che solo la crisi economica ha impedito che di-venissero luoghi appetibili per la speculazione immobiliare. Si tratta di un patrimonio che attende con ur-genza un’opera di salvaguardia e di riuso, che riguarda direttamente la qualità dello sviluppo possibile nelprossimo futuro. Le esperienze delle Giornate delle ferrovie dimenticate e della Confederazione per la mobilità dolce (Co.Mo.Do.)rappresentano un esempio eloquente di come intorno a tali temi si siano mobilitate associazioni e comunità.Non si tratta solo di rivendicare che il tessuto ferroviario esistente venga salvaguardato per garantire il tra-sporto locale, ma anche che la sua tutela e manutenzione rappresentino un contributo alla valorizzazione deiterritori e contribuiscano a percorsi di sviluppo locale incentrati sul risparmio di suolo. Basti pensare al turi-smo ferroviario, ormai in crescita, con la conseguente scoperta di paesaggi e di centri minori, o all’ipotesi dimobilità dolce in cui diverse forme di trasporto lento (a piedi, in bicicletta, a cavallo, sul treno, ecc.) si inte-grano, divenendo strumento di una consapevolezza diversa del paesaggio, dove le stazioni disattivate vengo-no riusate come luoghi di sosta e di ristoro, veri e propri presidi territoriali. È un modello, peraltro, già spe-rimentato ad es. in Svizzera con successo sul piano turistico, e non solo. Si aprono così nuove prospettive einediti terreni d’azione e di proposta per il tessuto associativo sia sul piano della valorizzazione dei beni cul-turali che su quello del mutamento del modello di sviluppo economico. Basta volerle cogliere.

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FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

VALORIZZAZIONE DELTERRITORIO

Nell’ultimo trentenniosono stati disattivati

circa 6.000 Km di reteferroviaria e un numeroconsistente di stazioni eimpianti: un patrimonioche se recuperato può

aprire nuove prospettivedi sviluppo ancheeconomico. Nelle

immagini possiamoammirare dei particolaridelle tratte Capranica-Civitavecchia (in alto) edell’Avellino-Rocchetta(dal libro “Ferrovie delle

Meraviglie”)

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Lo sviluppo della Ferrovia ha notevolmente influenzato l’Architettura, spingendo all’individuazione di soluzioni tecnologiche e alla sperimentazione e all’uso di nuovi materiali, portando alla creazione di vere e proprie opere d’arte, le stazioni, che incarnavano le nuove “porte d’accesso” alle città. Un intenso legame quindi, quello tra architetti e ferrovie, che abbiamo pensato di presentarvi tramite tre grandi stazioni storiche: Santa Maria Novella a Firenze, la Stazione Centrale di Milano e quella di Roma Termini.

Nell’agosto del 1932 fu bandito il concorso per ilnuovo Fabbricato Viaggiatori (FV) della stazio-

ne di Firenze, di cui risultò vincitore il Gruppo To-scano composto dagli architetti Nello Baroni, Pier Nic-colò Berardi, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri, Leo-nardo Lusanna e dal prof. arch. Giovanni Micheluc-ci, tutti, escluso Berardi, allievi neolaureati del pro-fessore, capogruppo*. Nel settembre del ’33 si co-minciò la demolizione del vecchio fabbricato per farposto al nuovo. Il corpo del nuovo FV venne arretra-to rispetto all’abside della chiesa, e via Nazionale, inseguito alle demolizioni di via Valfonda fu allargatanell’immissione sulla piazza per consentirne la vistadiagonale che evidenzia la plasticità rigorosa e potentedei due fronti, esaltata quasi impercettibilmente dal-la maggior quota del FV rispetto allo spazio circo-stante. «L’edificio costituisce il fondale della piazza evolumetricamente crea un giusto equilibrio di masse.Il suo movimento orizzontale valorizza il movimentoverticale di S. Maria Novella. È stato evitato ogni as-se di falsa simmetria essendo tutta la piazza asimme-trica. L’edificio è in pietraforte, la sua altezza è di 15metri. La caratteristica del “muraglione” è tipicamentefiorentina». A questo essenziale rapporto di Miche-lucci vale la pena aggiungere le considerazioni deglialtri progettisti, «bravi, geniali, talentuosi», riunitisiper discutere l’articolo uscito su L’illustrazione Ita-liana, dopo l’inaugurazione avvenuta il 30 ottobre1935. L’architetto Giovane (Gamberini) afferma cheil corretto verso di lettura di questo FV è quello dal-l’ingresso monumentale (peristilio e salone della bi-glietteria), alla galleria di testa, alle pensiline (defini-te da R. Papini – il Critico – una grande sala iposti-

la). Con ciò sostenendo la sua appartenenza alla cit-tà e non un «prolungamento del paesaggio ferrovia-rio» (Michelucci). Il secondo architetto giovane (Ba-roni, forse il più talentuoso) ricorda agli altri che lacopertura della galleria di testa e la continuazione nel-la pensilina delle partenze, il salone delle biglietterie,sono di bellezza senza pari nel panorama dell’ediliziaferroviaria italiana e straniera. Il terzo (Lusanna) ac-cenna che la struttura di c.a. (cemento armato, ndr.)è coerente, quella metallica ardita, l’apparato lapideodurevole. Il quarto (Berardi) che gli oggetti di design,gli arredi, le decorazioni sono congruenti con l’esteti-ca dell’architettura. Molto si potrebbe ancora indu-giare sulla bellezza dei particolari; dagli infissi in bron-zo, ai beverelli sotto le pensiline, ai pezzi unici degliarredi in legni e metalli accuratamente scelti, alla par-titura lapidea, quasi un’antologia delle pietre d’Italia.E sulla bellezza d’insieme; dalla “cascata di vetro”posta sulla sezione aurea del fronte principale, agli in-terni: l’atrio dove «vien voglia di non partire» comescriverà Papini, la galleria di testa come un passageurbano, condensatore di esperienze di viaggio. L’usci-ta ovest sulla scalinata dove si innesta il fronte “espres-sionista” dell’edificio postale, vero pezzo di bravuraprogettato in corso d’opera dai soli architetti giovani.Al Capogruppo toccherà invece la progettazione piùconforme allo “stile nazionale” della Palazzina Realesul lato di via Valfonda con Berardi, che si occuperàdegli arredi. Un’opera irripetibile questa stazione fiorentina, chealla logica del linguaggio architettonico moderno uni-sce la sorprendente qualità e misura dello spazio in-terno. Mentre all’esterno il movimento lineare delle

* L’intricata vicenda che accompagna il concorso per il progetto e i lavori della nuova Stazione di S.M.N. a Firenze è statarestituita con efficacia nel libro di Vittorio Savi , De Auctore, EDIFIR , Firenze, 1985, da cui sono tratte le citazioni

dossierDialogo tra Ferrovie e Architettura

ROBERTO BUDINI GATTAIArchitetto

La stazione di Santa Maria Novella a Firenze

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SANTA MARIA NOVELLAGalleria di testa dellabellissima stazionefiorentina, “che allalogica del linguaggioarchitettonico modernounisce la sorprendentequalità e misura dellospazio interno”

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facciate e quello volumetrico del-l’edificio delle Poste mette in ten-sione ogni settore della piazza e sirisolve in dinamico equilibrio ditutte le sue parti. Non tanto nel fa-moso rivestimento in pietraforte,quanto nel movimento impressoalla configurazione dello spaziodella piazza sta il vero legame conl’antica abside basilicale. Una con-figurazione che ha molte analogie

con lo spazio pubblico delle anti-che città toscane. La Stazione oggi. È difficile spe-rare che la torsione mercantilisti-ca impressa alle Stazioni ferro-viarie negli ultimi anni non rechiviolenza e degrado ad un’operapensata e realizzata con tanta cu-ra. Basta ricordare la baracca col-locata con noncuranza sotto lapensilina delle uscite, adibita a

sportello bancario; o la trasfor-mazione delle splendide saled’aspetto in sale VIP dei clubs al-ta velocità, chiuse al pubblico or-dinario, scaraventato nelle cor-renti dell’atrio delle biglietterie aricordare le cartoline di antichemigrazioni. Altre sorprese ci ri-servano la caffetteria e il risto-rante la cui lunga chiusura non ècerto di buon auspicio.

FIRENZERappresentazione

tridimensionale di SantaMaria Novella

Destino condiviso dalle stazioni ferroviarie di numerose città capitali è stato quello del loro arretramento per larealizzazione di vaste piazze o, come nel caso di Milano intorno all’attuale piazza della Repubblica, per far luo-

go all’incremento del tessuto urbano. La precedente stazione centrale milanese, di transito, prospettante sul bastio-ne di Porta Venezia, viene smantellata a favore della nuova stazione, arretrata di circa 800 m, a traguardo visivodella via Vittor Pisani. Le sue vicende costruttive, iniziate nel 1906, si concludono con l’inaugurazione del luglio1931. Il programma è definito dagli uffici tecnici delle ferrovie: un vasto portico per le carrozze doveva precedereun grande atrio biglietti a tutt’altezza, dotato di rampe di accesso alla galleria di testa posta alla quota dei binari (+7,40 m), che a sua volta avrebbe dato accesso ai marciapiedi dei convogli. La commissione giudicatrice del concor-so (1912) è presieduta da Camillo Boito, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, al quale il sindaco Ema-nuele Greppi raccomanda una particolare cura nello svolgimento dei lavori «perché si tratta del primo edificio chesi presenta a chi arriva nella nostra città». La stazione milanese è caratterizzata da un’evidente dualità: i treni ven-gono accolti in città da cinque grandi volte in ferro e cristalli – la volta centrale ha una luce di 72 m per 340 di lun-ghezza – che costituiscono una brillante applicazione delle competenze raggiunte nell’Ottocento in tema di archi-tettura dei nuovi materiali: il viaggiatore abbandona il mondo delle macchine, della velocità e della contempora-neità e viene introdotto per gradi nel mondo della città, petroso e grave, sede della storia. In questo senso va letto ilprogetto di Ulisse Stacchini, vincitore del concorso del 1912, che accoglie il viaggiatore in ambienti, per lo più vol-tati, definiti da pietre, marmi, mosaici, affreschi, ma anche da stucchi, legni, ceramiche dipinte – le rappresentazio-ni panoramiche di Milano, Torino, Firenze, Roma, Venezia, Bologna –, da pavimenti in mosaico alla veneziana e davelari in vetri istoriati, con la significativa presenza di sculture e rappresentazioni allegoriche: l’industria, il com-mercio, il lavoro, la scienza, il progresso guidato dalla volontà e dall’intelligenza. Al vocabolario classicista sono af-fiancati, come notato da Rossana Bossaglia, riferimenti alla Wagnerschule viennese e all’antichità orientale, tutto ciòcontribuendo a raggiungere «quel senso di severità e di grandiosità» che l’autore si era prefisso.A Roma, la nuova stazione Termini è arretrata di circa duecento metri rispetto alla precedente che si trovava alli-neata con via Massimo D’Azeglio. La necessità di metter mano ad un nuovo progetto (1937-1938) è legata al-l’esposizione universale che si sarebbe dovuta tenere nel 1942, nei confronti della quale la stazione avrebbe costi-tuito la grande porta di accesso. Il progetto viene affidato ad Angiolo Mazzoni, funzionario del ministero delle co-municazioni, che redige un consistente numero di varianti, mantenendo tuttavia costante lo schema che voleva l’unio-ne diretta tra la piazza antistante alla stazione ed il piazzale di arrivo e di partenza dei treni attraverso il solo, vastoporticato frontale esteso tra le due ali costituite dai fabbricati laterali, ospitanti i locali per il pubblico e per l’ammi-nistrazione. Questi ultimi prendono la forma di acquedotti romani mediante la reiterazione del modulo costituito dauna campata con un arco a tutto sesto in mattoni a faccia vista, rivestito di travertino in facciata, al quale sono so-vrapposte due aperture anch’esse centinate. In tali quinte edilizie di impronta romana sono inseriti, nota Ezio Go-doli, frammenti di paesaggio da periferia urbana di Sironi, come risulta esplicito nella centrale termica. Gli eventibellici determinarono la sospensione dei lavori e l’indizione di un concorso pubblico fra ingegneri e architetti (1947)

Le stazioni di Milano Centrale e di Roma TerminiDANIELE VANNETIELLO

Architetto

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

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ITALIA NOSTRA PER LE FERROVIE DIMENTICATE

Per Italia Nostra promuovere la mobilità dolce e salvaguardare il patrimonio delle ferrovie dismesse rimane un obiet-tivo tra i più importanti, sostenendo eventi e iniziative volte in primo luogo a sensibilizzare l’opinione pubblica sullostato dei circa 6mila Km di tratte in disuso e sulle possibilità concrete di recupero. Per questo nel 2009 la campa-gna nazionale dei “Paesaggi Sensibili” si è concentrata sui “Paesaggi dal Treno” dando vita all’omonimo concorsoper fotografie, video e racconti (in collaborazione con Società Geografica Italiana, Co.Mo.Do. Confederazione perla Mobilità Dolce e La Repubblica). E sempre per questo ha da subito aderito a Co.Mo.Do. e da 7 anni ormai par-tecipa alla Giornata nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Quest’anno l’Associazione ha segnalato la linea ferroviariajonica (Sezione di Crotone), la tratta storica tra Siena e Grosseto (Sezioni di Firenze e Siena) e quella da Fermo aPorto S. Giorgio (Sezione di Fermo), l’ex tracciato nella Riserva Naturale regionale di Punta Aderci (Sezione del Va-stese) e quello da Venetico a Oliveri (Sezione di Milazzo). Ma numerose altre sono le tratte “adottate” da Italia No-stra, come la Caltagirone-Gela che vogliono definitivamente abbattere, la Fano-Urbino che la Sezione di Pesaro eFano chiede sia trasformata in pista ciclopedonale, o la Udine-Maiano, oggi splendido itinerario verde fra le collinefriulane, per cui la sezione di Udine promuove il progetto “Greenway”. Ma l’elenco potrebbe essere ancora moltolungo (vedi le segnalazioni degli ultimi anni su ferroviedimenticate.it oppure italianostra.org). Nelle prossime paginevi presentiamo quindi alcune “segnalazioni” di tratte ancora da salvaguardare o di altre già recuperate.

MILANO E ROMALa galleria di testa dellaStazione Centrale diMilano e il portico alpiano superiore delfabbricato laterale dellaStazione di RomaTermini

per la progettazione del corpo frontale, alla cui costruzione non si era ancora dato inizio. Nel nuovo progetto (ar-chitetti Calini, Montuori, Castellazzi, Fadigati, Pintonello, Vitellozzi) si perde l’idea della comunicazione diretta conla piazza dei Cinquecento attraverso un portico e si utilizza lo schema “galleria di testa - corpo frontale - atrio bi-glietti”, più adatto tuttavia, secondo Mazzoni, alle stazioni su terrapieno, come a Milano, che a quelle, come nel ca-so di Termini, il cui piano dei binari si trova alla stessa quota dell’intorno urbano. Nel progetto realizzato, l’atrio bi-glietti, dalla copertura sinuosa, aperto su tre lati da vetrate a tutt’altezza, si contrappone formalmente al parallele-pipedo di testata, un lungo volume di travertino, inciso da sottili finestre a nastro. Oggi, l’inserimento maldestro disuperfetazioni mercantili nella galleria di testa e nell’atrio, inficia ulteriormente l’idea mazzoniana della porta ipo-stila, che, a mo’ di propilei, avrebbe introdotto in città.

dossier

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Le ferrovie non sono mai state considerate comeun’impresa che deve far quadrare i bilanci, in

quasi nessuna parte del mondo; semplicemente per-ché si è riconosciuto al treno il ruolo di servizio pub-blico essenziale, di bene comune; si è riconosciuto inesso un mezzo per garantire un diritto costituzionalefondamentale come il diritto alla mobilità per tutti.Alla stregua del diritto all’istruzione, all’informazio-ne, alla giustizia, alla sicurezza pubblica. Se si dovesseragionare in un’ottica di puro stampo finanziario im-prenditoriale, tutti questi servizi verrebbero meno, conla conseguenza di un impoverimento generale e di unpericoloso regresso sociale. Per questo si ritiene opportuno affermare il concetto di“trasporti equo-sostenibili”, laddove la sostenibilità as-sume un significato più ampio rispetto al solo para-metro ambientale, pur importante. Significa procede-re ad un graduale riequilibrio nella destinazione dellerisorse pubbliche: meno alle grandi opere come i tun-nel sotto le Alpi o sotto Firenze (di acclarata inutilità)e più alle opere diffuse sul territorio; meno all’alta ve-locità e più alle ferrovie regionali (per 1 utente che viag-gia in modo confortevole sui treni super veloci ve nesono 10 sui treni pendolari che soffrono condizioni didisagio estremo); meno sui corridoi forti e di più sullearee regionali vaste (per evitare la marginalizzazionedi intere province); meno lungo le coste e di più nellearee interne; meno per stazioni monumentali di dub-bia qualità (come Roma Tiburtina) e più per il patri-monio di stazioni storiche da valorizzare, meno per laviabilità stradale e più per le ferrovie, meno per il traf-fico privato (inquinante e ad alto rischio) e più per leferrovie di pregio ambientale e turistico. La Calabria, in particolare nella fascia ionica, rap-presenta l’emblema di una situazione a rischio arre-tramento, che sta interessando tutte le regioni d’Ita-lia, sia pure in forme, varietà ed entità diverse. Larealizzazione della linea ferrata lungo la costa ionicain circa un decennio sul finire dell’Ottocento, avevadato un impulso consistente allo sviluppo della Re-gione; e il treno ha giocato un ruolo da protagonistafino agli anni Ottanta per l’economia, lo sviluppo ur-bano, l’infittirsi delle relazioni, la salvaguardia delterritorio; non ultimo ha garantito una forma di pro-tezione della fascia costiera a ridosso della spiaggia,evitando l’espansione edilizia a macchia, spesso abu-siva, che ha devastato altri ambiti e che forse nonavrebbe risparmiato i circa 450 km di un paesaggiocostiero di rara bellezza.

Ma oggi la miopia politica tende a sottovalutare glieffetti di azioni che stanno impoverendo il trasportoferroviario. Decine di stazioni sono state chiuse e la-sciate in stato di abbandono; stazioni importanti eammodernate in anni recenti sono state private dipersonale e servizi o minate nella loro struttura (Si-bari è ormai una stazione fantasma, a Crotone stan-no eliminando un intero fascio di binari); vengonotagliati tronchi di linea in corrispondenza delle sta-zioni minori (eliminando la possibilità di incrocio osorpasso per i treni, declassando le stazioni al ruolodi fermate di punti di transito, riducendo la poten-

zialità di trasporto), è stata drasticamente ridotta lamanutenzione, abbassando significativamente i livellidi sicurezza per viaggiatori e ferrovieri. I treni poi so-no vecchi (il materiale rotabile è tra i più vetusti d’Eu-ropa, soggetto a frequenti guasti), sporchi, senza cli-matizzazione e “corti”, spesso ridotti a semplici mo-novetture diesel che nelle ore di punta si affollano ol-tre le norme di sicurezza. Da Sibari verso la Puglianon ci sono più treni da oltre un anno (sostituiti daautobus di scarsa qualità), da Catanzaro Lido versoLamezia Terme i treni sono ormai rarissimi. Si è de-terminato di fatto un taglio delle relazioni fra fasciaionica e fascia tirrenica.Ma la popolazione locale non è rassegnata; si mol-tiplicano le iniziative di associazioni e volontari

Il caso della Calabria

Ferrovie per il territorio

DOMENICO GATTUSOPresidente Comitato Italiano

Utenti delle Ferrovie Regionaliwww.ciufer.it

Segnalazioni

STAZIONE DI CROTONEEmblematica immaginedella stazione e dei treni“corti, spesso ridotti asemplici monovetturediesel che nelle ore dipunta si affollano oltrele norme di sicurezza”(Foto Ciufer). A fianco,

la targa apposta daItalia Nostra il 6 marzo2011 a ricordo degli

illustri viaggiatori dellalinea jonica. Fotoricevute da Teresa

Liguori

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La ferrovia jonica è oggi ridot-ta a metafora di abbandono e

di incuria, eppure si tratta di unarete storica, di grande valore tec-nologico, sociale e culturale. I la-vori di costruzione, per l’epoca av-veniristici, durarono “solo” dieci

anni: dal 1865 fino al 1875, per unpercorso totale di 472 km lungotutta la fascia jonica da Reggio Ca-labria a Taranto. La notizia del-l’apertura del tronco ferroviario chedalla Basilicata portava in Cala-bria, a Trebisacce, prima parte del-la linea Taranto-Cariati, fu datacon grande rilievo con manifestipubblici dalle Ferrovie calabro-si-cule (che gestivano la tratta). Nel1869 Corigliano Calabro venivacollegata alla ferrovia, nel 1870 ilcollegamento raggiungeva Cariati.Il 31 maggio 1874 veniva inaugu-

rata ufficialmente la stazione diCrotone: un evento certamente sto-rico, dato che la fascia tirrenica del-la Calabria era ancora priva di in-frastrutture ferroviarie. Da qui sono passati illustri viag-giatori, come Giuseppe Garibaldi,

che partito da Napoli il 24 Marzo1882 arrivò a Metaponto la mat-tina dopo, proseguendo poi perCrotone, Catanzaro, fino a ReggioCalabria, sempre accolto da gran-de entusiasmo; da Villa S.Giovan-ni si imbarcò poi per Palermo e dalì raggiunse Caprera il 16 aprile(dove si spense il 2 giugno 1882).Prima di lui, celebri protagonistidel “Grand Tour”, appassionaticultori della cultura classica chenella Magna Grecia aveva il suocentro, avevano percorso la lineajonica richiamati dal fascino del-le coste e dei famosi siti archeolo-gici attraversati. Tra questi corag-giosi pionieri, l’archeologo F. Le-normant, che ha descritto il suoviaggio dell’ottobre 1879 in “LaMagna Grecia. Paesaggi e Storiadel litorale del mar Jonio”. Ci fu

poi George Gissing, scrittore in-glese, che aveva percorso la trattaTaranto-Crotone, dove arrivò il 25Novembre 1897, proseguendo perCatanzaro e Reggio Calabria. Un“itinerario culturale” che ha luci-damente descritto in “Sulle Rivedello Ionio” (By the Jonian Sea).E nel 1911 lo scrittore anglo-te-desco Norman Douglas andò daSoverato a Crotone proprio alla ri-cerca delle testimonianze di Gis-sing. Interessante anche il raccon-to di viaggio del geracese Fortu-nato Lupis-Crisafi, testo scritto nel1905 per partecipare al concorso”Illustrazione storica, geografica,economica, artistica dei paesaggilungo le ferrovie italiane” (risul-tato vincitore di medaglia d’ar-gento). “La ferrovia, serpeggian-do lungo il litorale jonico, si ap-poggia alla variata costiera, che sirispecchia nelle limpide ed azzur-re acque del mare, percorre tuttaquella regione, ove un tempo fio-rirono le potenti e rinomate re-pubbliche della Magna Grecia”, silegge nell’incipit. Un riferimento tutto letterario alleferrovie joniche non ancora com-pletate (pertanto prima del 1875)si coglie nelle splendide pagine del“Gattopardo” (1958) di Tomasi diLampedusa, quando lo scrittoreracconta l’interminabile viaggio delprincipe di Salina che, partito daNapoli, percorre la linea jonica daMetaponto, Sibari e Crotone fino aReggio Calabria.

Il confronto tra quegli anni lonta-ni e l’oggi però risulta sconfortan-te. La linea è rimasta a binario

La linea jonica tra memoria ed abbandonoDall’illustre passato al difficile presente

TERESA LIGUORI Vice Presidente Nazionale di Italia Nostra

consapevoli che il futuro della Calabria è ancora-to saldamente alla ferrovia: da Italia Nostra e Le-gambiente a Circoli di giovani come gli Amici del-le Ferrovie in Calabria, da movimenti politici alleassociazioni di pendolari, da amministratori lun-gimiranti al CIUFER, il Comitato che ho l’onoredi presiedere e che cerca di dare organizzazione evoce alla comunità nazionale dei cittadini che ama-no il treno.

I binari non sono “rami secchi”, rappresentano la storia, la cultura, l’avventura, la libertà di un Paese, favorendone il dialogo, la civiltà dei rapporti, l’osservazione dell’ambiente e la tutela del paesaggio

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unico come nel 1869. È cambiatosolo il combustibile, diesel inveceche carbone, dato che ancora nonè stata realizzata l’elettrificazionedella linea fino a Sibari (nono-stante l’investimento di 80 milio-ni di euro da parte di RFI!). Per ilresto, lentezza del trasporto, car-rozze antiquate, riduzione e can-cellazione dei collegamenti diretticon il resto dell’Italia (ad es. perandare a Milano si deve primacambiare a Taranto). Tutto que-sto obbliga al trasporto su gom-ma, anche delle merci, obbliga apercorrere la famigerata S.S.106Ionica, pericolosa ed inadeguatastrada che attraversa numerosicentri abitati. Ma la linea jonicanon è un “ramo secco” come mol-

ti manager e politici vorrebberofarci pensare. Nonostante i taglidei treni, la fatiscenza delle car-rozze, ogni giorno un gruppo di la-voratori e studenti utilizza la trat-ta per raggiungere il proprio po-sto di lavoro o studio. E fino a unadecina di anni fa c’era anche unpiccolo e silenzioso gruppo di per-sone che oggi non può più usu-fruire del servizio pubblico su ro-taia delle carrozze letto per rien-trare a casa dopo i lunghi ricove-ri in ospedali specializzati delNord. Un pendolarismo sanitario“obbligato” anche per le note ca-renze delle strutture ospedalierelocali, che costringeva, e tuttoracostringe, numerosi cittadini a re-carsi fuori regione.

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

Il 6 marzo 2011 Italia Nostra – Sezione di Crotoneha voluto dedicare una targa di marmo

agli illustri viaggiatori che percorsero la linea jonica.La targa è stata apposta all’entrata

dell’antica stazione di Crotone, a ricordodel legame indissolubile che lega questa stazione

e la linea ferroviaria alla storia ed alla culturadel territorio ed al suo sviluppo economico e sociale

UN GRIDO DI ALLARME

Come giovane associato calabrese di Italia Nostra, Presidente dell’Associazione Ferrovie in Calabria e rappre-sentante locale del CIUFER, lancio un grido di allarme per la nostra ferrovia Jonica, da anni martoriata da poli-tiche fatte soltanto di tagli e soppressioni, in un continuo rimpallo di responsabilità da parte di Trenitalia, RegioneCalabria e governo nazionale. In soli dieci anni sono stati completamente annullati tutti i collegamenti a lungapercorrenza che interessavano la tratta da Reggio Calabria a Taranto, collegando Roccella Jonica, Catanzaro,Crotone, Sibari, con il centro-nord Italia e la Puglia. È stato così distrutto un buon servizio regionale, che per-metteva rapidi spostamenti tra i più importanti centri calabresi e quelli minori della fascia jonica, obbligando granparte dell’utenza pendolare – e non di meno i turisti che affollano (o meglio, affollavano!) le nostre spiagge e inostri monti – a usare il trasporto su gomma. E non basta. Nei programmi di Rete Ferroviaria Italiana (società del gruppo FS) è prevista una riduzione di unaventina di stazioni. Marina di San Lorenzo, Gioiosa Jonica, Squillace, Roseto Capo Spulico, Policoro e Crotonesono alcune delle stazioni che verranno trasformate in semplici “fermate” entro dicembre 2014: eliminando i bi-nari di incrocio e precedenza (obbligatori su una linea a binario unico come la Jonica) diventeranno dei luoghi“morti”, di semplice fermata e ripartenza dei treni, senza più possibilità di movimento tra convogli. A nome delle tre realtà associative di cui fieramente faccio parte, vi assicuro però che non fermeremo la nostrabattaglia culturale. Lo dobbiamo ai calabresi. Quelli di ieri, quelli di oggi e quelli di domani.

ROBERTO GALATI

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LILIANA GISSARAConsigliere Nazionale di Italia Nostra, Vice Presidente della Sezione di Siracusa

segnalazioni

Testimonianze dalla Sicilia La Sicilia “ferroviaria” in un futuro ormai prossimo rischia di limitarsi al triangolo Catania-Messina-Paler-

mo, con l’esclusione da tale forma di mobilità dei 2/3 del territorio regionale e della metà della popolazio-ne. Cospicui investimenti sono infatti previsti su quelle tratte, quasi nulla su tutto il resto, nonostante costosis-sime ed imponenti opere – nuovi scali, varianti, gallerie, ristrutturazione di stazioni – realizzate nei decenni pas-sati su tratte ora ampiamente sottoutilizzate. Un esempio eclatante è Siracusa, importantissimo snodo ferrovia-rio per tutta la Sicilia sud-orientale, nonché notissima città d’arte. Qui è stato costruito un vasto scalo (ora, perlo più, deposito di vecchiume); è stata realizzata una costosissima variante in galleria per liberare la città dallastrada ferrata ed è stata (ahimé) ristrutturata la stazione risalente al 1871; dopo tutto questo, il “movimento”è al minimo storico, con i servizi ai viaggiatori ridotti all’osso in quanto a personale ed orari. Non solo. La tratta Siracusa-Ragusa è un clamoroso esempio di miope sottoutilizzazione in quanto tocca tuttele città barocche UNESCO del Val di Noto: Noto, Scicli, Modica, Ragusa Ibla e la stessa Siracusa. In quest’area,che potrebbe avere uno sviluppo turistico enorme, chi arriva all’aeroporto di Comiso ha come unica possibilità dispostamento il taxi, in mancanza di parenti o amici che lo supportino. La Stazione di Comiso, prosecuzione dellaSiracusa-Ragusa in direzione Licata, tratta assai suggestiva con fermata anche al Castello di Donnafugata, è vici-na all’aerostazione ma non raggiungibile, o quasi, in treno. Da Siracusa per Ragusa c’è un solo treno che parte al-

CALTAGIRONE-GELAA maggio del 2011 sonocrollate 2 delle 13 arcatedel viadotto ferroviariotra Vituso e PianoCarbone, mal’armamento ferroviarioè rimastoincredibilmente“appeso” ai pilonisuperstiti. Purtroppo si èvenuti a conoscenza cheil ponte sarà prestodemolito senzaprevisione diricostruzione. Fotoricevuta da LilianaGissara

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le 10.10 ed arriva dopo mezzogiorno. Orari incongrui e, aggiungerei,scoraggianti. Per alcuni anni sulla tratta Siracusa-Ragusa, su inizia-le suggerimento della Sezione di Italia Nostra, è stato allestito un tre-no turistico stagionale “Il Treno Barocco”, che ha viaggiato sempreal completo. I primi anni fu approntato con trazione a vapore (lo-comotiva 740-244), poi sostituita dal diesel; i vagoni erano “cento-porte” in legno restaurati. Da circa 3 anni però non viene più alle-stito per mancanza di fondi e... di volontà politica. In termini progettistici e strutturali la tratta ragusana, aperta nel1893, è una notevole opera d’ingegneria. La parte tra Modica eRagusa fu quella di più difficile costruzione per la complessa oro-grafia dell’area. Dopo Pozzallo ed Ispica, la ferrovia si infila nel-lo stretto vallone roccioso in cui si trova Scicli. A mezzacosta, tragallerie e ponti, i binari serpeggiano da un lato all’altro del vallo-ne. Prima di giungere a Modica il treno passa sotto il viadotto Guer-rieri (132m) della ss 115. Qui la linea prosegue lungo il fiume Ir-minio che attraversa con un ponte in ferro poco prima di RagusaIbla. Dopo Ibla la strada ferrata curva di 180° fino ad entrare inuna galleria sotto la rupe della città barocca. L’uscita della galle-ria è in salita e, appena oltre, c’è un’altra galleria, in salita ed incurva, ad andamento elicoidale con raggio di 300 m e pendenzacostante del 25 per mille, in parte aperta, con affaccio sulla città,che porta a quota 515m s.l.m., superando il dislivello di 170m traRagusa Ibla e Ragusa Centrale. La galleria di Ragusa è un uni-cum della Rete italiana, che trova eguali solo sulla linea svizzeradel Gottardo. Il viaggio in treno offre al passeggero un punto divista privilegiato sulle architetture barocche di Ibla; anche da que-sto si evince la grande potenzialità turistica.

Un clamoroso caso di abbandono a seguito di interruzione per crollo è la tratta Caltagirone-Gela: nel mag-gio 2011 sono crollate 2 delle 13 arcate del viadotto ferroviario tra Vituso e Piano Carbone. Dopo quasi 3 an-ni regna il più assoluto silenzio sul ripristino dell’importante segmento ferroviario. La vicenda si trascina traperizie, rinvii e rimpalli con grande disagio degli utenti di un ampio bacino (400.000 abitanti) costretti a per-corsi lunghi, disagevoli e dispendiosi per raggiungere Catania, fulcro economico della costa orientale della Si-cilia. Per non dire dei treni-cisterna provenienti dal petrolchimico di Gela, dirottati sulla Ragusa-Siracusa, connotevole aumento dei tempi di percorrenza e dei costi di spedizione. Ad ogni anniversario, e fino al ripristinodelle strutture dirute, Italia Nostra ed altre Associazioni organizzeranno un presidio sulla SP 39 che passa sot-to una delle imponenti arcate. Ultim’ora: il ponte sarà presto demolito, senza previsione di ricostruzione.

La Noto-Pachino, altrimenti denominata “La Ferrovia del Vino”, è una diramazione della linea per Modica-Ragusa. Da Noto va verso le località marine di Calabernardo ed Eloro; supera il Tellaro e si dirige verso i pan-tani costieri; poi, S. Lorenzo Lo Vecchio, Marzamemi (ridente borgo marinaro e rinomata località di villeggia-tura) e Pachino. Lunga 27 Km, fu completata nel 1934 dopo avere subito un primo rinvio per lo scoppio del-la Prima Guerra Mondiale ed un altro per la crisi del 1929. Costruita soprattutto per consentire l’esportazio-ne verso la Francia delle grandi quantità di vino da taglio (300.000 hl/anno) prodotte dagli estesi vigneti diquell’area, venne chiusa nel 1986 dopo un primo tentativo fallito nel 1951 per le vivaci proteste popolari. Iltracciato, abbastanza regolare, è ancora quasi interamente “armato” ma in stato di abbandono e, in alcunipunti, invaso dalla vegetazione. Stazioni, caselli e magazzini sono in stato di degrado, ma recuperabili. Il territorio attraversato ha grande valenza archeologica (i pregevoli mosaici pavimentali della Villa Romanadel Tellaro si trovano a poche decine di metri dal tracciato), paesaggistica e naturalistica, passando per man-dorleti, orti e vigne; per i Pantani di Roveto e l’Oasi di Vendicari. Dopo l’istituzione dell’Oasi sono state avan-zate richieste di ripristino della tratta che ne agevolerebbe l’accesso in modo compatibile (evitando il par-cheggio di mezzi in area-riserva) alle decine di migliaia di visitatori. Questa la riflessione conclusiva. L’articolato excursus evidenzia l’esigenza dell’impegno di Italia Nostra per ilrecupero e la tutela di questa infrastruttura che ci viene dal passato ma che, in termini di sostenibilità am-bientale, rappresenta il futuro. L’Italia, per motivi geografici e geomorfologici, non può prescindere dalla Fer-rovia per la mobilità sul territorio nazionale. Non tutti possono viaggiare in auto o in aereo. Né tutte le cittàsono dotate di aeroporti e l’intermodalità è, per lo più, solo un concetto astratto. Tutti possono viaggiare intreno ed in quasi tutte le città le Stazioni sono ubicate in zone centrali, aspetto non di poco conto.

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

NOTO-PACHINO“Il tracciato, abbastanzaregolare, è ancora quasiinteramente ‘armato’ main stato di abbandono e,in alcuni punti, invaso

dalla vegetazione.Stazioni, caselli e

magazzini sono in statodi degrado, ma

recuperabili”. Fotoricevuta da Liliana

Gissara

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segnalazioni

UN’IDEA DI RIUSO: LA GREENWAY

Si potrebbe ripristinare il percorso ispirandosi alle Greenways, nelle quali l’esperienza del viaggio è già turismo,cultura, identità. Un “nastro verde” puntellato da spazi di servizio per valorizzare le risorse e l’identità del terri-torio: dalla storia all’arte, lo sport, lo stile di vita e l’educazione ambientale. Occorre immaginare un percorso ciclo-pedonale trattato come una rete di possibilità componibili a seconda delle inclinazioni del visitatore. Ci si potràcorrere così come fermarsi nelle stazioni per una degustazione di prodotti tipici, per una rappresentazione tea-trale o per una mostra, si potrà costruire un progetto educativo per i bambini che trasmetta loro il valore di unpaesaggio non abusato. Esiste uno spazio ampio nel mercato del turismo legato al viaggio per passione, com-piuto per assecondare una vocazione identitaria e che ha l’effetto di destagionalizzare la domanda. La crisi eco-nomica di questi anni ci impone un bisogno di rinnovata responsabilità verso noi stessi e le generazioni futurefatto di regole per lo sviluppo dell’economia e delle imprese.

M.B.

La tratta Santarcangelo di Romagna-San Leo è la storia di una linea mai finita e mai ferrata

MASSIMO BOTTINIConsigliere Nazionale di Italia Nostra, Presidente di Co.Mo.Do

La ferrovia che non c’è

Con il tracciato della linea ferroviaria Fabriano-Urbino-Santarcangelo di Romagna, rimasto in-

compiuto da San Leo fino ad Urbino, si sarebbe su-perato l’ostacolo della dorsale appenninica. A pen-sarla ora pare una follia: costruire una ferrovia chetaglia a mezza costa il crinale appenninico e paralle-

la all’Adriatico, cioè sul versante dove i monti piom-bano dritti al mare e dove i fiumi solcano vallate pro-fonde, una vera sfida al territorio, da Santarcangelodi Romagna (sulla Bologna-Rimini) fino a Torre de’Passeri (sulla Roma-Pescara). La voleva il ministerodella guerra, per avere un’alternativa alla ferroviaadriatica, che correva in faccia alla costa… e al ne-mico austriaco d’oltremare. Era il primo collegamen-to diretto fra il nord e il sud della nuova Italia e ven-ne costruita così in fretta (1862-65) che si scelse la

via più semplice proprio in riva al mare. Una tale fret-ta non per il bene del nord o del sud, ma perché si fiu-tò l’affare dell’epoca: il rilancio del porto di Brindisicome ponte per il canale di Suez e dunque Portad’Oriente dell’Europa. Da Brindisi, si disse, potevapassare il traffico britannico per le Indie, e qualcosa

effettivamente passò: il treno di lusso Peninsular-Ex-press. Così si cominciò a costruire l’alternativa “in-terna”, con diramazioni lungo le valli che portavanoal mare, partendo dal tratto Santarcangelo-Fabrianoe proseguendo poi per Urbino (1895-98). Si continuòa nord di Urbino, ma mai si arrivò a San Leo. Si co-struì però da San Leo a Santarcangelo (ultimati i la-vori nel 1918) ma nessun treno ne solcò i binari. Equel che c’era fu distrutto dai tedeschi nell’ultimaguerra, anche se poi fu riattivato nel dopoguerra per

LA FERROVIA “SOGNATA”Rimasta incompiuta daSan Leo a Urbino, laFabriano – Urbino –Santarcangelo a pensarlaoggi “pare una follia”,foto tratta dal libro“Ferrovie delleMeraviglie” (a cura di M.Bottini e A. Marcarini)

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ELVEZIO SERENAPresidente della Sezione

del Fermano di Italia NostraLa Ferrovia Porto San Giorgio-Fermo-Amandola,

chiamata inizialmente la “Besenzanica” in onoredell’ingegnere milanese che la realizzò, ha rappresenta-to per la valle del Tenna e per l’intero territorio ferma-no, in quasi cinquant’anni (dal 1908 al 1956), il sim-bolo di una forte coesione sociale, culturale ed econo-mica. 57 km, dal mare ai monti azzurri, da percorrerea piedi, in bici, a cavallo (ma senza nascondere il sognodi vedere ancora sbuffare la vaporiera…). La “riaper-

tura” della linea, in dialetto chiamata “Lu trinittu”, met-terebbe in rete l’istituendo Parco Marino del Piceno, ilricco Parco culturale e di archeologia industriale di Fer-mo, il Parco archeologico di Falerone e il Parco nazio-nale dei Monti Sibillini. Numerose le attrattive lungo ilpercorso: borghi antichi disposti sulle alture, mulini adacqua lungo la vallata, musei e teatri storici, artigiana-to, fiere, concerti, spettacoli, rievocazioni storiche, sa-gre e degustazione di prodotti tipici, agriturismo e agri-coltura biologica, birdwatching, ecc. Partendo dalle rinomate spiagge e l’importante portoturistico di Porto S. Giorgio, dai lidi fermani caratte-

rizzati da campeggi, villaggi turistici, l’ex campo di vo-lo di Marina Palmense dove si vorrebbe realizzare unparco naturalistico, con l’incantevole borgo medieva-le di Torre di Palme, si sale verso Fermo, con il suo no-tevole centro storico, le grandi cisterne romane e il tea-tro dell’Aquila, la Cattedrale del XIII secolo con il mu-seo diocesano, la Pinacoteca e la Sala del Mappamon-do, i musei scientifici, il M.I.T.I. (Museo dell’Innova-zione e della Tecnica Industriale) della Provincia diFermo, ambientato nelle storiche officine del Monta-ni, il più antico Istituto tecnico d’Italia. Poi, scendendo verso la vallata, il nuovo centro fieristi-co “Fermo Forum”, a Montegiorgio l’ippodromo e l’avio-superfice. Proseguendo troviamo Falerone, l’antica “Fa-lerio Picenus”, con il teatro romano e il museo archeo-logico, a seguire Servigliano, la splendida cittadina ri-costruita interamente nella seconda metà del Settecen-to per volere di Clemente XIV. Poi il presidiato farfen-se di Santa Vittoria in Matenano, la pittura di Carlo Cri-velli a Monte San Martino, le antiche Saline a Penna S.Giovanni, l’aula verde e il museo dei fossili a Montefal-cone Appennino. E infine Amandola, porta dei Sibilli-ni, con l’abbazia, le terme e il lago di S. Ruffino, e lachiesa romanica di S. Maria a piè d’Agello. Il “Trenino dei Sibillini” costituirebbe un volano peril turismo, l’ambiente, la cultura e l’economia: unametropolitana di superficie. Una via verde dalle infi-nite attrattive, che consentirebbe di “alleggerire” lasovraffollata costa e promuovere le aree interne, perevitarne l’ulteriore spopolamento.

GIANCARLA ARMIDIPresidente della Sezione di Chieti

FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

servire le miniere di zolfo: da Novafeltria a Rimini eda Pergola a Fabriano. Ma durò poco. L’epopea del“ferro”, mai compiuta, fu soppiantata dalla “gom-ma”. E lo zolfo si esaurì. Tornò in quelle valli il deserto ferroviario, lasciandobinari lunghi e interrotti, ponti e sottopassaggi, sta-

zioni e caselli in attesa del vapore, gallerie che por-tano al nulla, viadotti sospesi nel vuoto. Il viaggiolungo la “ferrovia che non c’è” racconta tutto que-sto: una terra generosa e perigliosa ed una vicendalocale di entusiasmi, fatiche, battaglie, illusioni e de-lusioni.

Il Trenino dei Sibillini per il rilancio del fermano

Per rilanciare il progetto del “Trenino dei Sibillini” la Sezione di Fermo il 22 novembre 2014

organizzerà l’incontro pubblico: “Da Besenzanicaalle moderne ferrovie per la mobilità e il turismo.

Le soluzioni per la Adriatico-Appennino”

Nel 2013 è stata definitivamente chiusa la tratta Sulmona-Carpinone, denominata anche la “Transibe-riana d’Italia” essendo la terza ferrovia più alta dopo quella del Brennero e di Bardonecchia. Chiusa al

traffico giornaliero dal dicembre 2011, è rimasta in funzione ancora per due anni come treno turistico regi-strando la presenza di migliaia di viaggiatori grazie all’Associazione Transita Onlus. Con suoi 128 Km la linea Sulmona-Isernia fu inaugurata il 18 settembre 1897, per volontà del senatore Giu-seppe Angeloni, a supporto dell’economia regionale e della mobilità legata alla transumanza sottraendo all’iso-lamento secolare ben 22 comuni. Capolavoro di ingegneria ferroviaria per le caratteristiche tecniche e d’eserci-zio dovendo salire dai 348 m. s.l.m. della stazione Sulmona ai 1.268,85 della stazione di Rivisondoli-Pescoco-stanzo, a servizio del maggior numero possibile di centri abitati pur mantenendo una pendenza ed una veloci-

Il ruolo strategico della Transiberiana d’Italia

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tà accettabili, oggi, con le sue gallerie, ponti e viadotti, opere di rimboscamento e 475 opere d’arte minori, hastrutturato il paesaggio ben integrandosi con il contesto naturalistico. Particolarmente ardita fu la costruzionedel viadotto a tre archi di 20 metri di luce ciascuno sul fiume Sangro e di quello di 27 archi di 10 metri di lucelungo le pendici del monte Mitra, che tuttora regalano emozioni a chi osserva il paesaggio dal finestrino. Nonsono da sottovalutare il suo ruolo nel periodo invernale a servizio delle stazioni sciistiche di Campo di Giove Ri-visondoli-Pescocostanzo e Roccaraso e dei pendolari che hanno difficoltà con il transito su ruote nelle abbon-danti nevicate. Inoltre, attraversare un’area vocata alla valorizzazione del suo paesaggio naturale e culturale,come il Parco Nazionale della Majella, richiede certamente un mezzo di trasporto sostenibile ed idoneo. Perchéallora nella programmazione del territorio assume un ruolo marginale questo gioiello di ingegneria ferroviaria? Italia Nostra chiede che diventi parte integrante della programmazione turistica e culturale sul modello del-le ferrovie alpine e che venga inserita nella Pianificazione Paesaggistica quale volano del rilancio economicodelle aree interne che hanno assistito al progressivo abbandono dei suoi pregevoli centri storici a favore del-la crescita incontrollata della costa.

segnalazioni

Chiusa al traffico ordinario nel1994, la ferrovia Asciano-

Monte Antico era considerata un“ramo secco”. Attraversando lazona delle crete senesi e della Vald’Orcia ai piedi del Monte Amia-ta, la linea si trova tuttavia in unterritorio di particolare valorepaesaggistico, dove si produce,tra l’altro, un vino pregiato, il fa-moso Brunello. La Asciano-Mon-te Antico, chiamata Ferrovia “Vald’Orcia”, è stata quindi riapertadal 1996 a fini turistici istituen-do il “Treno Natura”: in prima-vera e autunno antiche locomoti-ve a vapore e carrozze “cento-porte” viaggiando a “bassa velo-cità” rievocano il percorso deinonni o dei bisnonni, lungo gli ar-gini di fiumi e torrenti, su crina-li panoramici o in alti viadotti,nell’anello ferroviario Siena-Asciano-Monte Antico-Buoncon-

vento-Siena, dal Parco ArtisticoNaturale e Culturale della Vald’Orcia alle riserve naturali delFarma-Merse. È facile notare animali e piante al-trove quasi estinti, o ammirare laparticolare morfologia caratteriz-zata da terreni che variano dalledolci colline levigate, alle asprezzedelle rocce e delle erosioni cretacee.I campi coltivati si alternano con-tinuamente ad aree di macchia me-diterranea, in un caleidoscopio dicolori cangianti secondo le stagio-ni. Dalle stazioni del Treno Naturaè poi possibile raggiungere gli in-cantevoli centri medioevali di Mon-talcino, Rapolano, Pienza, Casti-glione e San Quirico d’Orcia, Ra-dicofani, il castello di Poggio alleMura, i verdeggianti paesi del Mon-te Amiata, le mistiche abbazie diMonte Oliveto Maggiore e di San-t’Antimo.

Nel 1899 il geografo piemontese Gustavo Strafforelloscriveva “la nuova linea ferroviaria con 22 stazioniattraversa paesi pittoreschi ma poveri di industrie, ondepotrà l’alpinista girovago ammirare il dorso dirupato dellaMajella, e potrà parimenti il paesaggista contemplare ilprofilo vaporoso del Matese ed il cacciatore far buonapreda; ma la vaporiera spanderà per ora con pocoprofitto le sue capricciose volute di fumo in quei solitarialtipiani e soltanto l’avvenire potrà apportare a traversoquei monti una più intensa corrente di traffico”

Il Treno Natura di SienaSTEFANO MAGGI

Università di SienaIn ogni escursioneil treno si ferma in unastazione diversa lungola ferrovia Asciano - Monte Antico dove iviaggiatori possonoscendere e visitare ilpaese e quelli limitrofi,gustare e comprare i prodotti tipici della zona, così come andare in bici o fare trekking: da ogni stazione si dipartono sentieri e piste ciclabili

SULMONA-CARPINONEFoto scattata l’8settembre 2013 da unsimpatizzante dellaSezione di Chietidurante l’escursionesulla Sulmona-Isernia(organizzata da TransitaOnlus) avvenuta prima della chiusura definitivadella tratta. Fotoricevuta da GiancarlaArmidi

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FERROVIE DELLE MERAVIGLIE

MARIARITA SIGNORINIConsigliere nazionale

di Italia Nostra

La Ferrovia delle DolomitiUn trenino bianco e azzurro che attraversava paesaggi mozzafiato

Era il 1905 quando si decise di costruire una lineaferroviaria tra Dobbiaco e Cortina. E nel 1915,

con lo scoppio della Grande Guerra, i soldati austria-ci realizzarono una piccola ferrovia a scartamento ri-dotto, per il solo trasporto di munizioni e provviste,tra Dobbiaco e Landro. Ma dato che la stazione fer-roviaria più vicina a Cortina era Calalzo (e dunque aipunti di fuoco del fronte italo-austriaco per gli italia-ni) i nostri soldati costruirono allora una linea dellostesso tipo alle porte meridionali di Cortina d’Am-pezzo, con la semplice posa dei binari sulla strada sta-tale. Questa precaria linea ferroviaria risultò inade-guata allo scopo, così si cominciò a costruire una fer-rovia vera e propria tra Calalzo e Cortina, non piùsulla strada ma vicino. Nel ’18 i lavori, che si eranofermati dopo lo spostamento del fronte, furono por-tati avanti dagli austriaci, seguendo il progetto ita-liano. È così che nel 1921 divenne operativa la “Fer-

rovia delle Dolomiti”, una linea a scartamento ridot-to lunga 65 km, con 810 m di dislivello, che collega-va Dobbiaco, Cortina e Calalzo. Col passare degli an-ni per velocizzare il tragitto del treno furono tolte al-cune stazioni della linea che servivano i grandi al-berghi. Nel 1929, con l’avvento della trazione elettri-ca, il trenino poté collegare il capolinea di Calalzo conla Val Pusteria, le linee per il Brennero e l’Austria emigliorare l’accesso turistico della zona. Nel 1943 la ferrovia venne gestita dall’esercito tede-sco e durante la seconda guerra mondiale Cortina futrasformata in zona ospedaliera: la ferrovia assunsel’onere del trasporto dei feriti in arrivo dal fronte, rea-lizzando convogli-ospedale con i propri carri chiusidotati di brande. Ma con il dopoguerra e la motorizzazione privata ini-ziò il declino della linea, che ebbe il suo “canto del ci-gno” nel periodo delle Olimpiadi invernali di Cortinadel 1956: venne rimodernata e fece fronte senza dif-

ficoltà a punte di traffico che raggiunsero i 7.000 pas-seggeri al giorno. Dopo seguirono il calo di traffico, leriduzioni di personale e la mancanza di fondi; quindiprecarietà nella manutenzione dell’armamento e delmateriale rotabile (portando a un grave incidente nel’60 con 2 morti e 27 feriti); fino alla definitiva sop-pressione del servizio ferroviario nel 1964 a favore diautobus sostitutivi. In breve tutto il materiale utiliz-zato (binari, traversine, cavi elettrici e piloni) fu fat-to sparire e rivenduto dalla gente e dalle imprese delposto. Due degli elettrotreni in servizio sulla linea ven-nero venduti nel ‘66 alla Ferrovia Trento-Malè-Maril-leva, nel 2010 l’ET007 è stato venduto alla ferroviaGenova-Casella, mentre l’ET 008 risulta accantona-to. Ciò che rimane è il ponte sul Felizon e qualche me-ravigliosa piccola stazione come quella di Borca di Ca-dore. Ora il tracciato della ferrovia fra Dobbiaco e Cor-tina è mantenuto in efficienza come percorso di sci difondo in inverno e pista ciclabile in estate.

Con il dopoguerra e la motorizzazione privatainiziò il declino della “Ferrovia delle Dolomiti”,

definitivamente chiusa nel 1964portando anche alla vendita di binari, traversine,

cavi elettrici, piloni ed alcuni elettrotreni. Ora il tracciato della tratta fra Dobbiaco e Cortina

è mantenuto in efficienza come percorso di sci di fondo in inverno e pista ciclabile in estate

FERROVIA DELLEDOLOMITI

Ciò che rimane oggi delmateriale (come binari,traversine, elettrotreni,ecc.) che non è stato

venduto, è il ponte sulFelizon e qualche

meravigliosa piccolastazione come quella diBorca di Cadore (nella

foto). Immagine ricevutada Mariarita Signorini

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29 * G. Bachelard, “L’Eau et les rêves” (1942), trad it. 1992, “Psicanalisi delle acque. Purificazione, morte e rinascita”

“Prima di essere una visionecosciente, ogni paesaggio è

una visione onirica. Solo i paesag-gi già visti in sogno si osservano conpassione estetica. (…) L’unità di unpaesaggio si offre come il compi-mento di un sogno sognato spesso.(…) Con i sogni soffriamo e con isogni guariamo”. Mi tornano spes-so queste parole di Gaston Bache-lard* quando penso ai progetti dipaesaggio cui nella mia vita mi so-no appassionato, e che non hannoavuto pieno compimento, almenofino ad oggi. Fra questi c’è il recu-pero dell’ex- Pontremolese nel trat-to Terrarossa-Aulla-S.Stefano Ma-gra (che poi prosegue, parimentiabbandonata, fino a Sarzana), fa-cendone una greenway che rien-trebbe nello sviluppo di due fonda-mentali e strategiche Ciclovie ita-liane: l’EuroVelo n. 5 Francigena ela BicItalia n. 16 (la Tirreno-Bren-nero_dolce). Quest’ultima in parti-colare, è volta ad attrarre in Pia-nura Padana gli importanti flussicicloturistici nord e mitteleuropeiche scendono dal Brennero e dallaPusteria per raggiungere la Tosca-na attraverso la sua più naturale ecomoda “porta”: il Passo della Ci-sa e la Val Magra-Lunigiana. Nel tratto Terrarossa-S.Stefano Ma-gra abbiamo circa 20 Km di sedimeferroviario dismesso quasi già di-sponibile per la conversione a per-corso ciclopedonale, con gallerie,ponti, terrapieni, vegetazione d’altofusto, attraversamenti di antichi bor-ghi, vedute di bellissimi paesaggi ebeni culturali (come il castello di Lu-suolo e i resti della romanica Chie-saccia di Fornoli), praterie e boschigolenali, la cresta delle Apuane, illuminoso greto del Magra, ora stret-to ora largo, e le sue azzurrognoleacque. Su questo progetto di tutela,recupero e valorizzazione dell’ex-Pontremolese negli ultimi anni hopiù volte sollecitato le comunità e le

amministrazioni locali e regionali,sia toscane che liguri ed emiliane,nonché associazioni e aziende chepotrebbero essere interessate (sta-keholder), come la Federazione Ita-liana Amici della Bicicletta (FIAB)e Co.Mo.Do., perché non si sprechiuna tale straordinaria risorsa. Manon tutti si stanno dimostrando lun-gimiranti, come l’amministrazionecomunale di Aulla che nell’area del-l’ex-stazione ha approvato un pro-getto planivolumetrico “pasticciato”che se realizzato andrà a distrugge-re la continuità della ciclabile.

segnalazioni

UMBERTO ROVALDIArchitetto paesaggista, Consigliere Nazionale FIAB e Vice-Presidente Co.Mo.Do.

Per saperne di più sulleex-ferrovie recuperateall’uso ciclistico in Europa,e in Italia in particolare, siconsiglia “Dalle rotaie allebici” a cura di GiuliaCortesi e Umberto Rovaldi(FIAB 2011)

L’ex-Pontremolese: una porta per l’Europa

Il recupero dell’ex-Pontremolese nel tratto Terrarossa – S. Stefano Magra,20 Km di sedime ferroviario dismessoquasi già disponibile per la conversione a percorso ciclopedonale, rientrerebbe nello sviluppo di dueimportanti e strategiche Ciclovie italiane:l’EuroVelo n. 5 Francigena e la BicItalia n. 16 (la Tirreno-Brennero_dolce)

Una greenway strategica per lo sviluppo della retecicloturistica di lunga percorrenza

EX-PONTREMOLESEDall’alto, ex-stazione diAulla, vista del primobinario d’infilata indirezione del pontesull’Aulella. TrattoChiesaccia-Aulla,galleria vista da sud.Foto ricevute daUmberto Rovaldi

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Il significato della flora ferroviaria

FILIPPO PROSSER Fondazione Museo Civico di Rovereto

Fin dalla loro nascita le ferrovie hanno rappre-sentato un vero e proprio “Eldorado” per i bota-

nici, per la possibilità di rinvenire nelle massicciateferroviarie, soprattutto nelle stazioni e negli scali,piante estranee al contesto ambientale in cui si tro-vano, i cui semi erano arrivati come viaggiatori clan-destini della “macchina-treno”. Non meraviglia quin-di che appassionati floristi abbiano dedicato specifi-ci lavori alla flora ferroviaria, come Ernesto Schick,spedizioniere delle ferrovie a Chiasso, che nel 1980pubblicò il risultato di un decennio di osservazionibotaniche sulla flora della stazione dove lavorava.Prenderò come spunto la flora “ferroviaria” della pro-vincia di Trento, della quale mi occupo da anni, chepuò fungere da esempio per varie altre parti d’Italia.Nel 1859 venne inaugurato il tratto tra Verona e Bol-zano della ferrovia del Brennero, e già nel 1864 il bo-tanico Val de Lievre raccoglieva nella stazione di Tren-to la Galinsoga parviflora: specie di origine sudame-ricana che si diffonderà poi diventando un molesto in-festante degli orti. A cavallo del 1900 Joseph Murr se-gnalò un gran numero di specie avventizie sia lungola ferrovia del Brennero che della neonata ferrovia del-la Valsugana (1897). Le piante rinvenute, soprattut-to lungo la Valsugana, erano spesso di origine balca-nica, tanto che nel 1900 pubblicò l’articolo “Griechi-sche Kolonie in Valsugana” (Colonie greche in Valsu-gana): all’origine del fenomeno pare ci fosse una dit-ta che importava dalla Grecia sementi per rinverdi-menti, e con essi – inavvertitamente – anche ogni sor-ta di altri semi da quelle terre. Più tardi, tra le dueguerre, da annoverare sono certamente le ricerche diGiuseppe Dalla Fior e Luigi Biasioni, in particolare

dallo studio dell’erbario di quest’ultimo emerge checirca 45 specie sono state raccolte in Trentino solo dalui, e tra queste 4 sono a tutt’oggi gli unici dati per tut-t’Italia. C’è stato poi Wilhelm Pfaff, del quale sonomolto interessanti le piante raccolte lungo la linea Ro-vereto-Arco-Riva (inaugurata nel 1891 e soppressa nel1936), come la strisciante Euphorbia chamaesyce del-la stazione di Nago, poi scomparsa con la stazione stes-sa. Dopo la seconda guerra mondiale il massiccio usodi diserbanti limitò certamente l’ingresso di specie,ma non tutte le pertinenze delle stazioni vengonougualmente diserbate e tra i binari e presso gli scalisi rinvengono angoli indisturbati dove specie ina-spettate possono ancora prendere piede. Tra queste,possono esserci pure specie localmente in estinzione,come l’ultima popolazione vitale dell’ombrelliferaEryngium campestre che in Trentino è stata rilevatanella stazione di Borghetto all’Adige, stazione peral-tro dismessa da anni. Lo stesso dicasi per Apera in-terrupta, presente da anni nella stazione di Avio, Ver-bascum sinuatum, che resiste nella stazione di Ala,Rumex thyrsiflorus nella stazione di Mattarello, op-pure Crepis tectorum nella stazione di Trento. Naturalmente le ferrovie hanno svolto anche la fun-zione di vettore di specie di origini esotiche, accele-randone la diffusione sul territorio, com’è il caso del-la già citata Galinsoga parviflora o quello dello Spo-robolus vaginiflorus, graminacea sudamericana, com-parsa prima nella stazione di Avio, poi in quella di Stri-gno e in seguito in varie zone ghiaiose della provincia.Più recente (2012) è l’ingresso in Trentino di Euphor-bia davidii, specie di origine centro americana, che dal1995 circa ha iniziato a diffondersi in Italia soprat-tutto lungo la rete ferroviaria. Questa specie, dopo avercolonizzato alcune stazioni della provincia di Verona,ha imboccato la linea del Brennero facendo tappa al-le stazioni di Mori e di Trento, dove si è insediata inparecchi esemplari.

L’esempio della provincia di Trento

Appunti

FLORA FERROVIARIADall’alto, Chenopodiumbotrys, specie rinvenutanella stazione ferroviariadi Trento. Euphorbiadavidii, anch’essa

rintracciata nella stazionedi Trento. Foto ricevute

da Filippo Prosser

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Da tempo mi interesso al pro-blema del rapporto fra svi-

luppo tecnologico e immaginarioletterario nell’epoca della moder-nità. Fra le innovazioni che hannoinfluito più decisamente sulla sen-sibilità e l’immaginazione colletti-va mi sono soffermato sull’irruzio-ne del treno nella vita pacifica del-le comunità premoderne. In “Tre-ni di carta”*, concentrandomi sul-l’immaginario ferroviario europeodell’Ottocento e del primo Nove-cento, ho studiato il complesso rap-porto intercorso fra le grandi tra-sformazioni tecnologiche, i muta-menti nell’organizzazione del la-voro e della produzione e nelle con-dizioni materiali di vita di interepopolazioni e generazioni, gli enor-mi cambiamenti avvenuti nei mo-di di sentire e di vivere (comporta-menti, sensibilità, mentalità, mo-delli culturali) e nei modi di pen-sare e di elaborare idee e concezio-ni (ideologia). Ho quindi cercato diaccertare e descrivere il ruolo del-la letteratura in quel delicato si-stema di conoscenze, rapporti erappresentazioni. Sono molti i testi che presentano iltreno come una novità perturban-te e minacciosa, capace di scon-volgere a fondo il paesaggio socia-le e la sensibilità individuale. Fu-rono create alcune fortunate im-magini e metafore: la locomotivacome mostro infuocato e fumante,che fa tornare in vita il mito anti-co di Vulcano; il treno che si sno-da come un serpente o un drago cheemette fumo e fuoco; le linee dirit-te che tagliano il paesaggio, buca-no i monti, fan violenza alla natu-ra; la forza trainante della loco-motiva come simbolo del destino;il rotolio e il ritmo monotono delleruote come espressione di un con-

trollo macchinistico del tempo an-cor più perturbante di quelloespresso dal ticchettio dell’orologioe dallo scatto delle lancette sul qua-drante; i depositi fumanti, le offi-cine delle locomotive, le galleriedelle stazioni come luoghi di deso-lazione, confusione, perdizione.Non pochi invece i testi che rap-presentano il treno come simbolodel progresso, del cammino ormaidiritto e accelerato delle societàumane, con l’aiuto della tecnolo-gia, verso le nuove frontiere e con-quiste della modernità. Di qui unatradizione culturale e letteraria, an-ch’essa consistente, di connotazio-ni positive del treno, della ferrovia,della velocità dei viaggi, delle ar-ditezze delle linee che attraversa-no le pianure e i monti d’Europa epoi di quelle transcontinentali etransiberiane, del lusso e dell’av-venturosità esotica dell’Orient-Ex-press, dell’eroica operosità dei mac-chinisti, dei fuochisti, dei costrut-tori di massicciate e posatori di bi-nari, dei segnalatori, delle squadredi spalatori antineve; poesie entu-siastiche di scrittori di chiara ade-sione democratica e progressista,storie e canzoni del West, mitolo-gia futurista, musei della scienza edella tecnica. Ma il mondo delle ferrovie non hasuggerito soltanto temi e campi me-taforici all’immaginario letterario,ha anche offerto al racconto e al ro-manzo moderno un nuovo model-lo di organizzazione narrativa, unsupporto per l’ordinamento for-male e seriale (il montaggio) dellevicende e delle situazioni narrati-ve, andando a sostituire o affian-care altri modelli utilizzati dallatradizione letteraria occidentale.Credo che nell’analizzare un ro-manzo o un racconto in cui il tre-

no o la ferrovia non si limitino afornire uno sfondo o a suggerire untema, ma diventino parte funzio-nale e strutturante del racconto, va-da considerata allora attentamen-te la particolare costituzione del tre-no e del sistema ferroviario. Indi-co solo alcuni di questi elementistrutturali: il carattere seriale, com-ponibile e scomponibile, del con-voglio ferroviario; la presenza diuna locomotiva che trascina e diuna serie di vagoni; la divisione in-terna dei vagoni, con gli scompar-timenti, i corridoi, ecc.; la partico-lare altezza a cui sono posti i fine-strini, attraverso cui il paesaggioscorre velocemente all’indietro; ilrumore ritmico delle ruote deter-minato dalle connessioni fra i bi-nari; il percorso fisso e predeter-minato del treno (con curve, retti-linei, scambi, smistamenti); le sta-zioni, che si presentano come strut-ture appositamente attrezzate perla partenza e l’arrivo dei viaggia-tori. Sono tutti elementi che han-no una potenziale forza struttu-rante nelle invenzioni narrative del-la letteratura della modernità.

31 * R. Ceserani, “Treni di carta. L’immaginario in ferrovia: l’irruzione del treno nella letteratura moderna”, Marietti, Genova1993; poi Torino, Bollati-Boringhieri, 2002

REMO CESERANIUniversità di Bologna

Abbiamo volutopresentarvi “Treni dicarta” essendo uno deiprimi libri dedicato allegame tra letteratura elo sviluppo dellaferrovia, un argomentomolto interessante e checertamente meriterebbeun approfondimento

Treni di carta

In definitiva si può concludere che l’apporto della re-te ferroviaria alla biodiversità è certamente positivo,anche se può pure accelerare l’ingresso di specie eso-tiche. Aggirarsi tra i binari morti di uno scalo è sem-pre un’attività emozionante per il florista: sulle mas-

sicciate – colme in primavera di Bromus tectorum, piùtardi di Euphorbia prostrata e di Amaranthus albus– ad ogni passo ci si può imbattere in qualche piantainaspettata, che in alcuni casi potrebbe diventare unnuovo inquilino della nostra flora.

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