Fenomenologia di Umberto Eco (1932-2016)

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Alberto Arbasino. Alberto Asor Rosa. Corrado Augias. Nanni Balestrini. Alessandro Baricco. Stefano Bartezzaghi.Zygmunt Bauman. Ginevra Bompiani. Zita Dazzi. Raffaella De Santis. Maurizio Ferraris. Simonetta Fiori. Antonio Gnoli.Ugo Gregoretti. Ezio Mauro. Tullio Pericoli. Danco Singer. Michele Smargiassi

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  • DIREPUBBLICADOMENICA 21 FEBBRAIO 2016NUMERO571

    Fenomenologiadi

    Umberto

    La copertina. Il boom della Financial FictionLe mostre. Larte di Marisa e Mario MerzI tab del mondo. Nella mente del terrorista

    Eco

    Cult

    (1932-2016)

    Alberto Arbasino. Alberto Asor Rosa. Corrado Augias. Nanni Balestrini. Alessandro Baricco. Stefano Bartezzaghi. Zygmunt Bauman. Ginevra Bompiani. Zita Dazzi. Raffaella De Santis. Maurizio Ferraris. Simonetta Fiori. Antonio Gnoli.

    Ugo Gregoretti. Ezio Mauro. Tullio Pericoli. Danco Singer. Michele Smargiassi

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    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 28LADOMENICA

    Lo studiosoE Z I O M A U R O

    che volevadivertire

    ERA UNA BELLA MATTINA DI FINE NOVEMBRE, nella notte aveva nevica-to un poco quando frate Guglielmo da Baskerville allo spuntar del sole venne avanti nellItalia confusa del 1980. Il Paese aveva appena vissuto lo shock del delitto Moro, il punto pi temerario della sfida terroristica alla democrazia, e linizio della sua caduta. Come su un terreno prosciugato, ripiegavano le Brigate Rosse e si ritiravano le ideologie, e noi entravamo senza bussola in un terri-torio sconosciuto. Ed ecco quel frate, amico di Occam e di Marsilio da Padova, che si mette in cammino sette secoli fa, procede per sette giorni e 576 pagine insieme al novizio Adso da Melk, viaggia verso settentrione ma senza seguire una linea retta, tocca citt fa-mose e abbazie antichissime che incutono paura come fortezze di

    Dio inaccessibili, masticando le erbe misteriose che raccoglie nei boschi e scrutando di notte, dopo vespro e compieta, le magie stregonesche dellorologio, dellastrolabio e addirittura del magnete.

    Davanti al successo mondiale del Nome della rosa, tradotto in quarantacinque lingue, Um-berto Eco ebbe prima la ritrosia prudente dello studioso di fronte alla contaminazione monda-na della scienza, poi segu divertito il gioco delle sovra-interpretazioni, infine si dedic alla teo-rizzazione a posteriori, smontando e rimontando sapere e consumo, letteratura e storia, il ca-so e il calcolo. Rivel che tutto era nato da unidea seminale, perch gli era venuta la strana vo-glia di avvelenare un monaco. Poi spieg che scriveva con la pianta dellabbazia sotto gli occhi, dando ai dialoghi il tempo necessario dei passi per andare dal refettorio al chiostro, perch oc-corre crearsi delle costrizioni per poter inventare liberamente. Quindi aggiunse che poich scrivere un romanzo una faccenda cosmogonica, il suo mondo naturale era la storia e il Me-dioevo, e questo ricre nelle pagine. E infine disse lultima verit, intima come una confessione: volevo che il lettore si divertisse.

    C quasi tutto Eco in questa spiegazione di un successo che una mappa del-le intenzioni, perch prima del successo c la sfida della grande divulgazio-ne, la scommessa di non cedere alla banalizzazione del sapere ma nello stes-so tempo la capacit di costruirsi lettori, accendendo una passione, portan-dosela dietro fino a scoprire leresia estrema, una risata come movente di un delitto. Eco c riuscito perch questo percorso rigorosamente controlla-to nella formazione del romanzo corrisponde perfettamente alla costruzione intellettuale di s: dunque suona autentico, senza forzatu-re.

    Studioso fino alla fine, Eco infatti ha sov-vertito lordine classico delle strutture acca-demiche con la nascita del Dams a Bologna, sperimentando sempre ma rimanendo in fon-do fedele alla lezione di Pareyson, come se fos-se giusto avere un solo maestro. Ma nel 1954 quella generazione un po speciale (pensia-mo a lui, con Gianni Vattimo e Furio Colom-bo) ebbe la fortuna di incrociare la Rai na-scente, per concorso e non per raccomanda-zione del sottobosco democristiano: fu natu-rale prolungare la propria analisi scientifica universitaria con la comunicazione di massa che si affacciava allItalia, con i nuovi linguag-gi, col visivo accanto al letterario, con il divi-smo sconosciuto del piccolo schermo, con la nuova tecnica che scusava lignoranza e la by-passava, fino a fare di Mike Bongiorno il mo-dello perfetto delluomo televisivo, che crea-va per la prima volta un pubblico costituito, la grande trib italiana del gioved sera.

    Era incominciato il grande incrocio che avrebbe fatto di Eco un personaggio unico, il primo scienziato capace di chinarsi sulla se-miologia del quotidiano, curioso di tic e tab individuali moltiplicati a fenomeni di massa dai nuovi strumenti di comunicazione, lin-guaggi e modi di dire, attraversati dal gioco di un calembour, riscattati da un paragone letterario sproporzionato perch ironico ma perfettamente coerente, come quando lega-va Franti con Bresci o portava Mickey Mouse a dormire a Mirafiori, parlando a Minnie in piemontese.

    Lalto e il basso del post-moderno trovaro-no in lui non il primo interprete, ma il nucleo forte, che teneva insieme perfettamente i due registri e li legittimava a vicenda. Quel nucleo centrale, credo si possa nel suo caso riassumere in tre parole: cultura come passio-ne. E il libro come strumento universale, il libro capace secondo lui di sfidare anche in-ternet, perch il web in fondo diceva un ritorno dalla civilt delle immagini allera

    alfabetica, alla galassia Gu-tenberg, allobbligo di leg-gere, e non importa quale for-ma prender il supporto che continuiamo a chiamare libro. Leggere per il gusto di leggere e non solo per sapere, come Eco scoprir da bambino.

    E dietro i libri, borgesianamen-te e naturalmente, la biblioteca. Cinquantamila libri moder-ni, milleduecento volumi antichi di cui lo scrittore parlava con la passione di una scoperta conti-nua. Senza un catalo-go, mossi continua-mente dalle emer-genze del conosce-re, dalla curiosit di un lavoro, dalla me-moria che cerca conferma, sapen-do che una biblio-teca raccoglie i li-bri che possiamo leggere, e non so-lo che abbiamo letto, perch la garanzia di un sapere. Col terro-

    re antico degli organismi che divorano le pa-gine dei libri, e la vecchia ricetta che consiste-va nel piazzare una sveglia negli scaffali, con-fidando nel rumore regolare e nelle vibrazio-ni per bloccare il pasto insano dei libri.

    Laltro strumento indispensabile alla co-struzione del fenomeno Eco sono i giornali,

    quotidiani e settimanali, mensili, riviste. Li ha criticati duramente, fino al suo ulti-mo romanzo, ma li ha sempre usati per indagare il quotidiano, per collegare gli

    scarti di costume della vicenda di ogni giorno con le categorie del

    suo sapere, capace di ordinare e battezzare i gesti minimi, in-

    serendoli in una sorta di catalogo universale.Si comincia dal 1959 con quei brevi saggi

    di costume parodistici pubblicati sul Verri che raccolti in volume daranno poi vita al fa-mosissimo Diario minimo per arrivare final-mente alla Bustina di Minerva dellEspresso. come se il registro dellattualit, grazie ai giornali, desse a Eco la possibilit di un con-trocanto, un suono appartato ma rivelatore, che scorre a fianco della grande vicenda na-zionale ma la sa interpretare rovesciandola

    spesso nei suoi paradossi, svelandola nellinti-mo dei suoi vizi o delle sue verit travestite da miserie del quotidiano.

    Pastiches e parodie sono la recitazione in pubblico, ordinata letterariamente, del ca-lembour privato, del motto di spirito che Eco ti diceva per prima cosa incontrandoti, sem-

    pre alla ricerca della rivelazione anagram-matica, della saggezza popolare che diven-ta enigmatica nel nonsense di un prover-bio stravolto nel suo contrario, che conti-nua beffardo a dirti qualcosa. Contraffa-zioni meravigliose, come i falsi rapporti di lettura dei redattori di unimmagina-ria casa editrice che bocciano la lettura della Bibbia (un omnibus mostruoso, che rischia di non piacere a nessuno

    perch c di tutto), di Torquato Tasso (mi chiedo come verran-

    no accolte certe scene ero-

    Fenomenologia di Umberto Eco.

    La scommessa di non cedere alla banalizzazione

    del sapere ma nello stesso tempo la capacit

    di costruirsi lettori. Accendendo una passione

    Un personaggio di una cultura imbarazzante e di una gioia di vivere stupefacente, una combinazione tra il dotto e luomo che ama ridere e mangiare

    Jean-Jacques AnnaudNon ha vinto la cattedra a Torino perch non ha mandato gli auguri di Natale a Luigi Pareyson, di cui eravamo stati allievi e lui assistente. Avrebbe dovuto vincere il premio Nobel

    Gianni Vattimo

    Capace di fondere due mondi, quello accademico e quello letterario senza mai perdere il contatto con il pubblico e la realt

    The New York Times

    Esempio straordinario di intellettuale europeo, univa una intelligenza unica del passato a una inesauribile capacit di anticipare il futuro. Ci mancher il suo pensiero acuto e vivo, la sua umanit

    Matteo Renzi

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 29

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    tiche un po lascive) e dei Promessi sposi: tant, non tutti hanno il dono di racconta-re, e meno ancora hanno quello di scrivere in buon italiano.

    Fuori dalla parodia, il sentimento dei gior-nali ha in realt consentito a Eco di incrociare lattualit e di decifrarla coi suoi strumenti, arrivando a un giudizio politico partendo da una notazione estetica, culturale, da un se-gnale del linguaggio individuale e collettivo. Gli ha consentito, a ben vedere, di prendere parte alla vicenda italiana negli anni pi tra-vagliati del Paese. Lo ha fatto senza badare al rischio (ben presente in molti altri intellet-tuali) di dividere con una presa di posizione politica il grande fascio indistinto dei suoi lettori, la somma trasversale della sua popola-rit internazionale. Anche qui (e ricordo cer-te discussioni negli ultimi ventanni) era co-me se fosse mosso semplicemente da un ob-bligo culturale, da un dovere intellettuale, perch la cultura, diceva Bobbio, obbliga ter-ribilmente.

    Naturalmente quando us il paradosso, di-cendo che la notte prima di addormentarsi preferiva Kafka piuttosto che rincretinirsi da-vanti alla tv, la muta dei critici di destra gli salt al collo credendo di inchiodarlo alla sua caricatura. Ci vedemmo in quei giorni, ed era totalmente indifferente agli attacchi perch non lo toccavano, ma credo soprattutto per-ch quel che aveva detto come battuta, era in realt profondamente vero. Era vero che i li-bri lo dominavano come un vizio solitario.

    Ed era certo che anche Eco, come i suoi perso-naggi, diventava in Italia collettivamente vero perch la comunit dei lettori aveva fatto su di lui negli anni un investimento cul-turale e passionale, trasformandolo nellIn-tellettuale italiano degli ultimi trentanni.

    Tutto questo lo ha portato allultimo atto, il riscatto di una parte del patrimonio di auto-ri Bompiani partendo da se stesso dal gi-gante Mondazzoli per fondare con Elisabetta Sgarbi La nave di Teseo. Ne discutemmo a fine novembre, in un salone dellAccademia dei Lincei. Umberto chiuse la porta e parl sottovoce, perch confidava uno dei grandi segreti della sua vita, lultimo approdo della sua passione, o ancora una volta del suo ob-bligo culturale trasformato in avventura fi-nale, a ottantaquattro anni.

    Adesso la nave dovr salpare da sola, sen-za il Capitano, ma con il suo nuovo libro Pape Satan Aleppe, di cui proprio negli ultimi gior-ni aveva preso in mano la copertina, toccan-dola e accarezzandola come fa chi ama i libri. Gli avevamo chiesto in tanti che destino vole-va avesse la sua biblioteca un giorno, dopo di lui. Adesso che il giorno venuto, bisogna ri-cordare cosa rispondeva: non era sicuro che la sua biblioteca gli assomigliasse, perch la passione per i libri ti porta a conservare anche ci in cui non credi. Tuttavia, non avrebbe volu-to che i suoi libri fossero dispersi. Forse, diceva, verranno compra-ti dai cinesi: se vorranno, dai miei libri potranno capire tutte le follie dellOcci-dente.

    La cultura mostruosa

    di un uomo libero

    SE WOODY ALLEN E PAOLO VILLAGGIO sono stati autori Bompiani lo si deve anche allUmberto Eco editor di titoli come Citarsi addosso o Come farsi una cultura mostruosa. Citazioni e cultura mo-struosa sono proprio gli elementi che non solo per scherzo sem-brano i migliori per definire limmagine pubblica di Eco, studio-

    so e romanziere di fama planetaria e di eclettismo gi da decenni leggenda-rio.

    Cultura come passione. Alla formula con cui ieri via Twitter lo ha ricor-dato Ezio Mauro andrebbe solo aggiunto, ce ne fosse il bisogno, che, mentre esistono passioni contemplative e statiche, quella di Eco era invece mobilis-sima, connettiva e, fino allultimo, instancabile nel cercare di impiantare si-stemi per poi smontarli e ricominciare da capo. Dalla filosofia medioevale tornava ad Aristotele e poi rimbalzava su James Joyce, che lo portava sulla trincea delle neoavanguardie del secondo Novecento, con il Gruppo 63, lin-tuizione dellopera aperta e lamicizia e la collaborazione con Luciano Be-rio, conosciuto per non in un conservatorio o unaccademia ma alla Rai di Corso Sempione, a Milano. La prima carambola sulle sponde del poliedrico biliardo della cultura fu questa e coinvolgeva filosofica antica, medioevale e contemporanea, avanguardia, accademia e mass media. Poi sarebbero arri-vati i fumetti, lo strutturalismo e la semiotica; Grard de Nerval e Sherlock Holmes; il cabalismo ebraico e cristiano e la fantascienza; le teorie della tra-duzione, i labirinti; il pensiero debole e quello ermetico; i complotti e il cogni-tivismo; le analisi di movimenti politici, terrorismo e berlusconismo; gli ana-grammi e i romanzi; bellezza, bruttezza e terre incognite; la ghiotta bibliofi-lia ma anche limpegno pionieristico sulleditoria multimediale, con la sua Encyclomedia e la fondazione del primo web-magazine italiano, Golem.

    Quando ci si rende conto della quantit di discipline, argomenti, interes-si, metodi e forme di espressione che Eco ha praticato in sessantanni di atti-vit ci si pu davvero riferire a carambole fra elementi mobili che si toccano e si spostano lun laltro: si pu perch ce lo ha insegnato lui. Non solo per le partite a flipper nel Pendolo di Foucault (fra i suoi romanzi, il pi utile per comprenderlo), ma anche perch limmagine della cultura che esce dal suo Trattato di Semiotica Generale appunto composta di biglie che si avvicina-no e allontanano, si toccano e si spostano, governate dal magnetismo caoti-co delle connessioni. Questa era, per lui, lEnciclopedia: il ritratto entropico e probabilistico di una quantit di singoli elementi, o unit culturali, in re-lazione luno con laltro.

    Ogni suo lavoro conteneva laspetto di interrogazione e quello di combina-toria. La ricerca culturale, linvestigazione (Io sono il Sam Spade della cultu-ra, dice il protagonista del Pendolo) e lenigma sono passioni anche ossessi-ve sospinte dal motore e dal carburante di una domanda; la risposta deriva da una combinazione di elementi, indizi, segni, concetti che si concatenano in deduzioni e congetture, secondo un metodo di connessione che pagava i suoi debiti sia nei confronti della logica formale sia nei confronti dellanalo-gia pi creativa. Cos funzionano la memoria, lenciclopedia, lintelligenza.

    In letteratura non nata una scuola di Eco e anche in semiotica lassie-me degli studiosi che si sono formati nel suo insegnamento non omoge-neo per interessi e oggetti di analisi. Unortodossia echiana non potuta esistere: fin nei suoi romanzi Eco ha sempre praticato e predicato la diffi-denza verso i cultori fanatici di una qualsiasi Verit. Il suo vero insegna-mento ha riguardato il metodo giusto per muoversi (non solo in teo-ria) in un mondo in cui convivono, apparentemente da estranei, dipar-timenti e redazioni, metafisica e pop, astrazione e trivio. Ma guarda-re, prima che alle cose, alle relazioni che intrattengono pi facile a dirsi che a farsi. Dai sillogismi agli anagrammi, dalle segnature rina-scimentali ai motti di spirito, la passione di Eco andava a tutti i modi possibili per combinare relazioni fra gli elementi raccolti dalla sua va-stissima erudizione e dalla sua invece infinita curiosit.

    Basta leggere i suoi testi, e guardare come sono fatti, per vedere che aveva previsto ipertesti e Internet ben prima che si fossero incar-nati in format tecnologici, e sbandate planetarie. Collezionista di in-cunaboli e primo esploratore di computer e web, degustatore di bi-blioteche e teorico di enciclopedie, quando le sue intuizioni si sono appunto incarnate ha subito diagnosticato i mali che ne potevano derivare. Il primo limbecillit luso stolido, statico, ripetitivo di luoghi comuni oltretutto sbagliati o la connessione delirante ; il secondo, lipertrofia della memoria. Ricordare tutto sarebbe rovi-noso quanto non ricordare nulla. Occorre invece essere mobili, e qui il senso del suo gioco: immaginarsi sempre impegnati in nuo-vi esercizi di stile (lui che aveva portato in italiano quelli di Ray-mond Queneau), vedersi come non si ancora mai stati, collegare quello che non mai stato collegato e infine trarne una teoria, un romanzo, una barzelletta di cui sanamente compiacersi. Far ridere rettori e ridere di loro, impensierire buffoni, cospargere dogmati-

    ci di catrame e piume, riportare potenti alle loro responsabilit, cantare Kant, filosofetto che mi piace tant, appassionare chiunque al Medioevo, fondare discipline, disseminare ovun-que idee e dubbi. Nel continuo reinventarsi, con la sua cultura mostruosa e nei suoi giochi, Umberto Eco stato quello che ha voluto e saputo essere: un uomo libero.

    S T E F A N O B A R T E Z Z A G H I

    morto il pi erudito dei sognatori. La costante della sua analisi resta la volont di vedere il senso l dove si sarebbe tentati di non vedere altro che fatti. Una sorta di Pico della Mirandola, colui che il medievalista Jacques le Goff chiamava il grande alchimista

    Le Monde

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    un dolore molto forte. Non dimenticher mai cosa ha fatto per me. C stato quando, sconosciuto e in difficolt agli inizi, la mia vita stava precipitando. Grazie, Professore

    Roberto Saviano

    Un uomo libero, dotato di un profondo spirito critico e di grande passione civile, anticipatore e sperimentatore di fenomeni e tendenze, si sempre proiettato nella dimensione internazionale

    Sergio Mattarella

    Disponibile, gentile, squisito.Oltre a essere un grande scrittore era un amico. Non saliva mai in cattedra e aveva un fortissimo senso dellironia. Una perdita per lItalia perch il suo sguardo era sempre acuto e sapiente

    Dacia Maraini

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 30LADOMENICA

    BOLOGNA

    LECO AVEVA PRECEDUTO ECO. QUANDO ARRIV a Bologna, molti colleghi erano inquieti, racconta sorridendo Re-nato Barilli, estetologo, la potenza intellettuale di Um-berto faceva soggezione, diversi atenei avevano can-cellato concorsi pur di non dargli una cattedra. Allal-ba degli anni Settanta aveva gi alle spalle Rai, Bom-piani, Gruppo 63, un curriculum poco accademico da intellettuale critico trasversale. Ma il grecista Benedet-to Marzullo voleva proprio docenti cos, per quellidea che gli era venuta in mente nel 1972 e che si chiamava Dams, Discipline delle arti, della musica e dello spetta-colo, un corso di laurea che voleva sfuggire al soffoca-

    mento della lettera, sfidare la cultura logocentrica nazionale con lirruzione delle arti non ver-bali. Quaranta corsi che il catalogo accademico non aveva mai contemplato, uno di questi era Semiotica, prima cattedra in Italia, e fu per Eco. Gli altri compagni davventura, oltre a Barilli, si chiamavano Ezio Raimondi, Thomas Maldonado, Roberto Leydi, Furio Colombo, Luciano Anceschi, e via via Gianni Celati, Luigi Squarzina, Ugo Volli, Giuliano Scabia, Omar Calabre-se

    A quellesperimento e a quella citt Eco rimasto fedele per oltre quarantanni. Non era un intellettuale da torre eburnea, e qui trov la sua agor, ricorda con gratitudine Ivano Dio-nigi, ex rettore. Eco nato in molti luoghi, ma Bologna stata la sua patria del pensiero. Invi-tato in tutto il mondo, avrebbe potuto avere cattedre ovunque. Ha preferito lanciare da qui il suo sguardo daquila sulla realt. Molti docenti sono stati resi famosi dalla nostra universit. Lui lha resa famosa nel mondo. Nel 1987 fu il regista della campagna di comunicazione attor-no al nono centenario dellateneo pi antico dOccidente. Quando lalma mater chiamava, Umberto cera.

    Con unidea di insegnamento che non ter-minava con la campanella. Quasi obbligata in una citt di portici che lui fingeva di detesta-re perch non riesci a camminare di fretta, c sempre qualcuno che ti ferma. Laperiti-vo delle sette al caff Commercianti come oc-casione di scambi filosofici. La bicchierata co-me after hour culturale, dove Eco tirava fuo-ri il suo lato goliardico, racconta Francesco Guccini, una volta accett una gara di otta-ve improvvisate con me e Roberto Benigni.

    Oggi che ogni ateneo ha il suo Dams, faci-le sottovalutare limpatto di quella novit. I colleghi della facolt di filosofia sfottevano lIstituto di turismo e spettacolo. Ma alla-pertura delle iscrizioni, per 120 posti a nume-ro chiuso si presentarono in tremila. In aula, nulla di simile a quel che si faceva nelle acca-demie darte, fino a quel momento monopoli-ste dellinsegnamento artistico. Rottura del-le barriere, contaminazione fra alta e bassa cultura, elenca il mediologo Roberto Gran-di, scelta inaudita di usare strumenti scienti-fici per smontare oggetti banali. Fumetti sui banchi, radio a transistor in cattedra. Quan-do esplose il 77, gli indiani metropolitani graffitavano sui muri Eco un coiffeur pour Dams, ma quellironia dada la dovevano an-che a lui. Che in verit si era battuto per allun-gare lacronimo in Damsc, con la C di comuni-cazione, ma alla fine aveva desistito, tanto qui a Bologna lo pronunciate lo stesso cos. Anni dopo, nel 1992, avrebbe istituzionaliz-zato quelliniziale, tenendo a battesimo il pri-mo corso di laurea in Scienze della comunica-zione. Ma il suo figlio prediletto era nato due anni prima: la Scuola superiore di studi uma-nistici, che a dispetto del suo nome togato in-vitava in cattedra Joan Baez come Marc Fu-maroli, Elie Wiesel come Grard Depardieu. Nel palazzo medievale di via Marsala dove Si-mona Barbatano, per trentanni custode se-verissima dellagenda inaccessibile di Eco, non trattiene le lacrime, stava il suo studio bo-lognese, con la poltrona Frau unico spazio in-

    tatto dalla tracimazione dei libri. Qui tengo solo quelli che ho letto due volte, buttava l con noncuranza ai visitatori pi ingenui, e si gustava leffetto. Pi bolognese di molti nati-vi. Non tradisci un ristorante dove hai sem-pre mangiato bene: lo disse per laspra cam-pagna elettorale del 99 (dove i bolognesi, in-vece, cambiarono chef ed elessero Giorgio Guazzaloca), ma potrebbe essere la cifra dellaffinit elettiva fra Eco e la sua citt dele-zione culturale. Che gli ha dato, ma gli ha chiesto molto e ha ricevuto di pi.

    Nel 2001, per dire, quando Bologna fu capi-tale europea della cultura, immagin un por-tico telematico che tenesse assieme lacces-so dei cittadini alla nuova grande Rete e la so-cialit dellincontro umano. Ma Umberto da Bologna, professore angelico, come lo adul il semiologo Paolo Fabbri, non ha in fondo mai chiesto nulla in cambio del suo tributo di fedelt. Racconta Romano Prodi che nel 1996, quando pass da suo collega a premier, rinunci in partenza allidea di proporgli il ministero della Cultura. Mi avrebbe risposto di no, era uno spirito libero.

    La vita unopera

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    Le mille stagioni.

    Scrittore di bestseller e gigante della filosofia e del mondo accademico. Ha esplorato le strade intricate del comportamento umano, dellamore e della letteratura con grazia e attenzione alle sfumature

    aperta

    The Guardian

    La fondazione del Dams a Bologna,

    la televisione, la neovanguardia, i romanzi

    divenuti bestseller, il lavoro editoriale:

    ritratto a pi voci di un intellettuale totale

    M I C H E L E S M A R G I A S S I

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 31

    NANNI BALESTRINI E UMBERTO ECO si conoscevano da sessantanni. Amici, ma soprattutto anima-tori della grande avventura intellettuale del

    Gruppo 63, che scombussol e rinnov la societ lette-raria italiana dei primi anni Sessanta.

    Balestrini, che posto ha avuto Umberto Eco nella sua vita? stato un punto di riferimento irrinunciabile. Lo

    avevo visto lultima volta un mese fa, per me era un po come un fratello maggiore. Era la mia bussola, tenevo molto al suo giudizio. In tutti questi anni non ci siamo mai persi di vita. Ogni volta che scrivevo qualcosa ave-vo bisogno di confrontarmi con lui.

    A quando risale il vostro primo incontro?A met degli anni Cinquanta. Eravamo tra i collabo-

    ratori portati da Luciano Anceschi alla rivista Il Verri. Ci si incontrava a Milano al Blu Bar, un posto frequenta-to da filosofi e intellettuali. Noi eravamo i pi giovani.

    Poi venne il Gruppo 63. Che ruolo ha avuto Eco nellesperienza della neo-avanguardia?Era un faro. Con Opera aperta aveva inaugurato

    una nuova maniera di vedere le cose. La nostra era una rivolta generazionale: la societ stava cambiando, lIta-lia diventava un paese industriale, e noi volevamo qual-cosa di nuovo, fuori dai canoni.

    Eco ha detto una volta che esprimevate una forma di gaiezza, in che senso?Eravamo contrari allimpegno ideologico della vec-

    chia sinistra comunista. Eco era un personaggio gaio e vivace come pochi. Questa sua natura molto chiara nellironia che percorre Diario minimo e le Bustine di Minerva.

    Nessuna invidia tra voi?Mai, era il pi bravo di tutti e bisognava ammetter-

    lo . (r.d.s.)

    IL GRUPPO 63

    UMBERTO ECO HA FATTO PARTE DEL GRUPPO 63.

    NELLA FOTO, IN ALTO DA SINISTRA, FRANCO CURI,

    ANTONIO BUENO, GASTONE NOVELLI, ANGELO

    GUGLIELMI, GIORGIO MANGANELLI, ALFREDO GIULIANI

    E NANNI BALESTRINI (IL PENULTIMO DELLA FILA).

    SOTTO, DA SINISTRA, ANTONIO PORTA, ENRICO

    FILIPPINI, EDOARDO SANGUINETI, JEAN THIBAUDEAU,

    GAETANO TESTA, PAOLO CARTA E MASSIMO FERRETTI

    Il concorso in Raiera stato taroccato

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    La rivolta gaiadel Gruppo 63

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    Dirigeva ogni stilecome unorchestra

    ALLA FINE ANCHE UMBERTO SI DECISE a chiamarlo zio Val, come facevano i nipoti veri. Ma sem-pre dandogli del lei, racconta Ginevra

    Bompiani. vero che Valentino Bompiani si arrabbiava con tutti ma non con Eco? S, godeva di una serafica im-punit. Appena entrato, nel 1959, arrivava in redazione alle 11, con grande irritazione di mio padre. Un giorno de-cise di affrontarlo: Perch arriva a questora?. Perch dormo. Se almeno mi dicesse: sono andato nel bosco a guardare gli uccellini. Va bene, dottore. Il giorno do-po Umberto arriva alla solita ora. E allora, perch alle 11?, sentiamo ringhiare in corridoio. E lui: Sono andato nel bosco a sentire il canto degli uccellini. Era lunico che lo facesse ridere.

    Diresse la saggistica dal 59 al 75, stagione di grandi fermenti culturali.Mio padre era attratto dalle novit e Umberto le incar-

    nava. Da noi pubblic Opera aperta e Apocalittici e inte-grati. Contemporaneamente lavorava a Nonita, parodia di Lolita di Nabokov: i suoi due lati, erudito e giocoso.

    Anche la sua vita privata cambi.Nellufficio grafico conobbe Renate, la sua futura mo-

    glie. E anche lamicizia con leditore sarebbe durata tutta la vita. Quando mio padre mor, alle 11 di sera, mia so-

    rella e io chiamammo Umberto, solo lui. Si precipit, alleggerendoci da tutte le in-

    combenze.E lo da Bompiani dopo lacqui-

    sizione di di Mondadori?Non sono rimasta sorpre-

    sa. Lui sapeva gi di stare molto male. E quindi la

    scelta della Nave di Te-seo stato un gesto te-stamentario. (s.f.)

    LE IMMAGINI

    SOPRA, UMBERTO ECO DA GIOVANE SEDUTO

    SUL DIVANO IN UNA FOTOGRAFIA DEGLI ANNI 50

    SOTTO, ECO AL PREMIO STREGA NEL 1981

    INSIEME AD ENZO SICILIANO

    In realt quel concorso del 1954 era tarocca-to, racconta Ugo Gregoretti, compagno di lavoro negli studi della Rai. Ma fu lunico

    modo per trasfondere nuova linfa intellettuale nel-la defunta Eiar postfascista.

    Eco entr in Rai insieme a Vattimo e Colombo.S, i cosiddetti corsari: insieme avevano segui-

    to il famigerato corso che li introdusse nellazienda. Lidea era stata di Filiberto Guala, un cattolico illu-minato che poi si sarebbe fatto frate: pescare tra i mi-gliori cervelli dellazione cattolica per rinnovare la Rai.

    Comera Eco in redazione?Aveva un modo allegro di stare al lavoro. E sfotte-

    va la Rai con ironia. Sento un gran parlare di audio e di video ma non vedo il cogito, mi disse una volta.

    Era incuriosito da Mike Bongiorno.S, veniva a trovarci quando facevo il segretario

    di Mike in Arrivi e partenze, un programma dei servizi giornalistici. Ci divertivamo a sfotterlo, sen-za darlo a vedere. Di l a poco avrebbe scritto il suo ca-polavoro di umorismo sociologico.

    Che idea aveva della Tv?Non doveva annoiare. Negli anni Settanta

    avremmo lavorato insieme a una serie televisiva de-dicata al romanzo popolare. Con una bussola condi-visa: il pubblico deve divertirsi, oltre che acquisire nozioni di tipo critico e culturale.

    Era lepoca dellambulatorio culturale?S, infuriava la moda dello strutturalismo. Cos

    anche in Rai avevamo il semiologo, il linguista etc. Ed Eco si divertiva a consultarli come si fa con il me-dico: Scusami, passo un attimo dal fenomenologo. Ironizzava su tutto, anche su se stesso.

    S I M O N E T T A F I O R I

    Un immenso intellettuale morto. Umberto Eco lascia un patrimonio di cultura, di idee, romanzi e insegnamenti che resteranno eterni

    Martin Schulz

    Si indignava al momento giusto e usciva sempre dal branco degli adulatori, dalla corte. In un momento come questo da tenere come esempio

    Dario Fo

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    APPRESA LA NOTIZIA DELLA MORTE di Umberto Eco, Alberto Asor Rosa si messo in viaggio per Mi-lano. Autori di opere dirompenti, Eco ed Asor

    Rosa non hanno certo condiviso sempre le stesse posi-zioni, ma non hanno mai smesso di dialogare. Eppure nei primi anni Sessanta da una parte stavano Opera aperta (1962) e Apocalittici e integrati (1964), dallal-tra Scrittori e popolo (1965): saggi che si accostavano in modi molto diversi alla cultura nazional-popolare.

    Professore, qual stato il vostro rapporto?Nonostante i nostri approcci fossero altamente con-

    flittuali, ci siamo sempre rispettati. Quando usc Il no-me della rosa, nel 1980, fui il primo a recensirlo, pro-prio su Repubblica. Si trattava di unopera imponente, sorprendente, rappresentava uno scarto di enorme portata: un romanzo di impianto storico-filosofico che faceva riferimento alla tradizione non tipicamente ita-liana del giallo.

    In effetti, Eco stato un grande esploratore di gene-ri letterari. Era un esercizio intellettualistico?Tuttaltro, narrare lo divertiva, era il modo per su-

    perare i limiti dellintellettuale e dello scienziato. Quando si accorto di aver raggiunto nella ricerca di studioso il confine oltre il quale non sarebbe potuto an-dare, ha scelto di esprimersi in unaltra maniera. Ha frequentato ogni genere, dal romanzo storico a quello filosofico di origine illuminista, dal giornalismo allau-tobiografia, come ne La misteriosa fiamma della regi-na Loana, unopera che andrebbe rivalutata.

    Si deve a questo il suo successo internazionale?Si deve al fatto che, al pari di Italo Calvino, riusc a

    rompere con la tradizione letteraria italiana. Eco sta-to un grande direttore dorchestra in grado di suonare benissimo pi strumenti

    R A F F A E L L A D E S A N T I S

    Lunico a far ridere il terribile Zio Val

    Ugo Gregoretti

    Nanni Balestrini

    Che coraggio far rimare amare con Schopenhauer. Ogni intanto lo incontravo in giro per Bologna. Con me tirava fuori il suo lato goliardico. Avevamo una passione in comune, tra le altre, per la crittografia

    Francesco Guccini

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    LA COPERTINA

    DICEMBRE 1986,

    IL SETTIMANALE

    USA METTE ECO

    IN COPERTINA

    PER IL FILM

    TRATTO

    DA IL NOME

    DELLA ROSA

    Alberto Asor Rosa

    Ginevra Bompiani

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 32LADOMENICA

    Dal Nome della Rosa a Numero Zero, da Diario

    minimo a Vertigine della lista: guida alla lettura

    di una produzione editoriale sterminata

    Luomo che

    C O R R A D O A U G I A S

    LE FORME

    DEL CONTENUTO

    1971DAI PERCORSI DEL SENSO ALLA GENERAZIONE DI MESSAGGI ESTETICI, UN SAGGIO IN SEI CAPITOLI IN CUI ECO TORNA SUL PROBLEMA DEL SIGNIFICATO

    I libri.

    IL PROBLEMA

    ESTETICO

    IN SAN TOMMASO 1956, RIPUBBLICATO NEL 1970 CON IL TITOLO IL PROBLEMA ESTETICO IN TOMMASO DAQUINO LA TESI DI LAUREA DISCUSSA DA ECO NEL 1954, CON LUIGI PAREYSON RELATORE

    DIARIO MINIMO

    1963QUESTA RACCOLTA DI SCRITTI CONTIENE ANCHE LA CELEBRE FENOMENOLOGIA DI MIKE BONGIORNO (1961) IN CUI ECO ANALIZZA DAL PUNTO DI VISTA SEMIOTICO LE RAGIONI DEL SUCCESSO DEL PRESENTATORE

    APOCALITTICI

    E INTEGRATI

    1964UNA RACCOLTA DI SAGGI SULLE COMUNICAZIONI E SULLA CULTURA DI MASSA IN CUI ECO APPLICA STRUMENTI DI ANALISI RIGOROSA A TEMI COME IL FUMETTO O LA MUSICA LEGGERA

    LA STRUTTURA

    ASSENTE

    1968IL SAGGIO SI PONEVA IL PROBLEMA DI UNA TEORIA SEMIOLOGICA UNIFICATA E SI PROPONEVA DI DISTINGUERE TRA SEMIOLOGIA E STRUTTURALISMO

    LARTE

    COME MESTIERE

    1969IN QUESTO LIBRO, ECO SI OCCUPA DI CI CHE STA INTORNO ALLARTE E MOSTRA COME ELEMENTI ESTERNI ABBIANO INFLUENZATO GLI ARTISTI E LE LORO OPERE

    SUGLI SPECCHI

    E ALTRI SAGGI

    1985LA METAFORA DEGLI SPECCHI SUGGERISCE ALCUNI DEI TEMI AFFRONTATI DAI SAGGI IN QUESTA RACCOLTA: SEGNO,RAPPRESENTAZIONE,ILLUSIONE, IMMAGINE

    LA MISTERIOSA

    FIAMMA

    DELLA REGINA LOANA

    2004QUINTO ROMANZODI ECO. GIAMBATTISTA BODONI RECUPERA LA MEMORIA DEL SUOPASSATO ATTRAVERSOUNA SERIE DI OGGETTI: LIBRI, QUADERNI, DISCHI

    Facevamo un gioco che vedeva la partecipazione di Benigni: uno show che Eco aveva battezzato Los Colombos, con la parodia delle dirette Rai e la traduzione simultanea che diceva cose completamente diverse

    Furio Colombo

    Posso leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi, aveva dichiarato Eco. Non so se lui fosse incazzato per quella frase troppo spesso citata. Io comunque ne ero felicissimo

    Tiziano Sclavi

    Leggere

    Chi non legge, a settant anni avr vissuto

    una sola vita. Chi legge avr vissuto 5000 anni

    CINQUE SCRITTI

    MORALI

    1997CI SONO FORME DI FASCISMO ETERNO CHE SI RIPROPONGONO IN OGNI PARTE DEL MONDO E SONOSTRETTAMENTE CORRELATE ALLA CULTURA DI MASSA

    scrisse babeleIL PENDOLO

    DI FOUCAULT

    1988 IL SECONDO ROMANZO DI ECO, RACCONTATO IN PRIMA PERSONA DA CASAUBON, PROFESSIONISTA DELLEDITORIA, CHE INCROCIA MISTERI TEMPLARI E COMPLOTTI

    KANT

    E LORNITORINCO

    1997LA RACCOLTA RIDISCUTE I MASSIMI TEMI DELLA FILOSOFIA DA ARISTOTELE A HEIDEGGER: LESSERE, LA VERIT, IL FALSO, LA CONOSCENZA OGGETTIVA, LA REALT

    LA BUSTINA

    DI MINERVA

    2000IL LIBRO RACCOGLIELE RUBRICHE CHE ECO TIENE SUL SETTIMANALE LESPRESSOA PARTIRE DAL 1985.TRA RIFLESSIONE, LETTERATURA E IRONIA

    BAUDOLINO

    2000QUARTO ROMANZO DI ECO. RACCONTA LA STORIA DI BAUDOLINO, RAGAZZO DI CAMPAGNA PIEMONTESE, ADOTTATO DALLIMPERATORE FEDERICO BARBAROSSANEL DODICESIMO SECOLO

    SULLA LETTERATURA

    2002LA LETTERATURASECONDO UMBERTOECO IN UNA SERIE DI SAGGI SCRITTI, QUASI TUTTI, TRA IL 1990 E IL 2002. CI SONO DANTE, WILDE, BORGES, CAMPORESI, LA MANCHAE BABELE

    STORIA

    DELLA BELLEZZA

    2004LA BELLEZZA NON MAI STATA UN VALORE ASSOLUTO. MA HA ASSUNTO FORME DIVERSE NEI SECOLI.ECO LE RIPERCORRETRA ICONOGRAFIA, ESTETICA E FILOSOFIA

    Credere

    I libri non sono fatti per crederci,

    ma per essere sottoposti a indagine

    El Pais

    OPERA APERTA

    1962DEFINITO DA ECO UNINDAGINE DI VARI MOMENTI IN CUI LARTE CONTEMPORANEA SI TROVA A FARE I CONTI COL DISORDINE, STATO UNO DEI TESTI FONDAMENTALI DELLA NEOAVANGUARDIA

    Una presenza costante e imprescindibile della vita culturale italiana dellultimo mezzo secolo. Ripercorrerne la vita e la carriera significa ricostruire un pezzo importante della storia culturale non solo italiana

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 33

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    A PASSO DI GAMBERO

    2006DALL11 SETTEMBRE ALLA GUERRA IN IRAQ, PASSANDO PER IL POPULISMO MEDIATICO ITALIANO. ECO RIFLETTE SUL PRIMO SCORCIO DI MILLENNIO DOVE LA STORIA PROCEDE A PASSO DI GAMBERO

    ESTETICA E TEORIA

    DELLINFORMAZIONE

    1972IN QUESTO VOLUMEECO CURA GLI SCRITTISULLESTETICA E LA TEORIA DELLINFORMAZIONEDI ARNHEIM, BENSE, MOLES, JAKOBSON

    IL COSTUME DI CASA

    1973IL TELEGIORNALE, I DISCORSI DEI POLITICI, IL KITSCH, IL LINGUAGGIO PUBBLICITARIO,LA CONTESTAZIONE GIOVANILE. ALCUNI TEMI TOCCATI DA ECO IN QUESTE PAGINE

    STORIA

    DELLA BRUTTEZZA

    2007LE MANIFESTAZIONIDEL BRUTTO ATTRAVERSO I SECOLISONO ALTRETTANTOSUGGESTIVE DI QUELLEDEL BELLO. ECO VIAGGIAATTORNO AL SUBLIMEDELLA DEFORMIT

    CI SONO UNA DATA E UN LUOGO PRECISI in cui il fenomeno Umberto Eco co-minci a diventare (almeno per me) evidente. Era il 1963 (forse 1964), il luogo era la storica libre-ria Feltrinelli di via del Babuino og-gi scomparsa. Eco parlava del suo li-bro Diario minimo che conteneva allinterno un breve saggio destina-to a grande e meritata celebrit: Fenomenologia di Mike Bongior-no. Quelle sei o sette paginette

    rappresentarono una rottura clamorosa rispetto alle abitudini cul-turali e alla stessa visione che si aveva allora della cultura. Analiz-zando con gli strumenti della pi raffinata analisi un fenomeno pop allapparenza insignificante qual era Bongiorno, si abbatteva il solido muro di matrice crociana che separava la cultura alta dalla cultura bassa: letteratura, musica o arti figurative che fossero. Non cera pi lalta letteratura da valutare togliendosi per cos di-re il cappello e la letteratura bassa da considerare con un benevolo sorriso di simpatia. Cera s Tolstoj, ma cerano anche Dumas o Si-menon, cera Tiziano (gi il cappello) ma cerano anche i fumetti; tutti meritavano attenzione e seriet di valutazione, se si voleva capire quale poteva essere nella societ che si allora andava profi-lando (oggi la nostra) la funzione non solo estetica dellopera darte. La seconda intuizione di quel breve saggio fu aver afferrato fin dai primi sintomi quale sarebbe stata limportanza sociologica

    del nuovo strumento di comunicazione la Tv che era nata in Italia da soli cinque o sei anni. Rileggerei dunque per primo quel Diario minimo sicuro di ritrovarvi ancora il divertimento che spri-gion allora. Rileggerei, con un salto bibliografico di 17 anni, Il no-me della Rosa (1980), il suo primo dove la mescolanza di elementi diversi da lui teorizzata veniva messa al servizio di un intrigo che pescava alle fonti pi varie, dal Mastino dei Baskerville di Co-nan Doyle, al perduto libro sulla commedia di Aristotele, allesteti-ca di Tommaso dAquino sulla quale peraltro sera laureato. Rileg-gerei un romanzo memoriale che non ha avuto molta fortuna e che mi ha invece profondamente appassionato, La misteriosa fiamma della regina Loana, una specie di Amarcord nel quale Eco immagi-na che un vecchio professore, colpito da amnesia, si rechi nei luo-ghi della prima giovinezza (tra Langhe e Monferrato) per ritrovar-vi la memoria perduta. Riscopre vecchi quaderni, i primi albi a fu-metti (Cino e Franco), dischi con le canzoni di quegli anni lontani. Bisogna probabilmente avere una certa et per apprezzare questa Recherche, nel mio caso funzion. Rileggerei il fondamentale Co-me si fa una tesi di laurea, esempio clamoroso di come Eco riuscis-se a trasformare un argomento plumbeo in una scintillante, ironi-ca, rassegna dove accurate istruzioni per luso si mescolano ai pi appropriati esempi, sillogismi, metafore. Rileggerei infine alcune sue Bustine di Minerva, minimi saggi in pillole dove lo scrittore-fi-losofo che oggi piangiamo ci ha dimostrato come, da piccole scheg-ge di realt, si possano ricavare, sorridendo, lungimiranti intuizio-ni certe volte addirittura delle profezie.

    TRATTATO

    DI SEMIOTICA

    GENERALE

    1975CON QUESTO TRATTATO ECO DELINEA UNA TEORIA GLOBALE DI TUTTI I SISTEMI DI SIGNIFICAZIONE E I PROCESSI DI COMUNICAZIONE

    VERTIGINE

    DELLA LISTA

    2009DALLILIADE A MOBY DICK, DA ESIODO A JOYCE, LA GRANDE LETTERATURA FATTA DI LISTE VERTIGINOSE. ECO RISCOPRE LA FORZA E IL PIACERE DELLENUMERAZIONE

    COME SI FA UNA TESI

    DI LAUREA

    1977IL SAGGIO INDICALA METODOLOGIAFONDAMENTALEE IL LINGUAGGIOACCADEMICO PER REALIZZAREUNA TESI DI LAUREA

    IL CIMITERO DI PRAGA

    2010SESTO ROMANZO DI ECO. UNA RIELABORAZIONE DELLA STORIA DEL RISORGIMENTO ATTRAVERSO LA FIGURA DEL FANTOMATICOFALSARIO SIMONE (SIMONINO) SIMONINI

    LECTOR IN FABULA

    1979ECO INTRODUCE IL CONCETTO DI COOPERAZIONEINTERPRETATIVADOVE LINTERAZIONEDEL LETTORE CON LA MACCHINA PIGRADEL TESTO FONDAMENTALE

    IL NOME DELLA ROSA

    1980PRIMO ROMANZO DI ECO.LAVVENTURA DEL MONACO MEDIEVALE GUGLIELMO DA BASKERVILLE HA VENDUTO 50 MILIONI DI COPIE NEL MONDO ED STATA TRADOTTA IN 40 LINGUE E IN UN FILM

    COSTRUIRE IL NEMICO

    E ALTRI SCRITTI

    OCCASIONALI

    2011UNA SERIE DI VARIAZIONI IMPEGNATE O DIVERTITE SU TEMI COME LASSOLUTO, IL FUOCO, IL PERCH PIANGIAMO SULLA SORTE DI ANNA KARENINA E VICTOR HUGO

    I LIMITI

    DELLINTERPRETAZIONE

    1990IL VORTICE DELLINTERPRETAZIONELETTERARIA E I SUOI LIMITI ANALIZZATI IN UNA SERIE DI SAGGI CHE SONO UN MONITO AI CRITICI DI MESTIERE

    LISOLA DEL GIORNO

    PRIMA

    1994TERZO ROMANZO DI ECO, AMBIENTATO NEL 1643. UN GIOVANE PIEMONTESE, ROBERTO DE LA GRIVE, NAUFRAGA NEI MARI DEL SUD. HA DAVANTI A S UNISOLA IRRAGGIUNGIBILE

    STORIA DELLE TERRE

    E DEI LUOGHI

    LEGGENDARI

    2013SIN DAI TEMPI PI ANTICHI, LUMANIT HA FANTASTICATO SU LUOGHI RITENUTI REALI, COME ATLANTIDE, LE TERRE DELLA REGINA DI SABA O LELDORADO

    Ho appreso con grande stupore della morte di Eco perch stato una figura centrale nellItalia dalla fine del 900 fino ad oggi. Una figura particolarmente rappresentativa

    Luca Serianni

    Una perdita enorme per il mondo del fumetto che lui prima di chiunque altro ha sdoganato di fronte allAccademia (sceneggiatore di Diabolik)

    Roberto Recchioni

    Chi scrive

    Ognuno dovrebbe morire dopo aver scritto

    per non disturbare il cammino del testo

    SETTE ANNI

    DI DESIDERIO

    1983RACCOGLIE LE CRONACHE DEGLIANNI 1977-1983.DALLA STAGIONEDEL TERRORISMOAL BOOMDELLE TELEVISIONICOMMERCIALI

    NUMERO ZERO

    2015SETTIMO E ULTIMOROMANZO DI ECO. HA PER PROTAGONISTAUNO SCRITTORE FALLITOCHE SI RITROVA IN UN GIORNALE DESTINATOAD ALIMENTARELA MACCHINA DEL FANGO

    Sfogliare

    I libri si rispettano usandoli,

    non lasciandoli stare

    morto lautore italiano che ha incuriosito e fatto scervellare e soprattutto deliziato i lettori di tutto il mondo

    The Hindustan Time

    stato un forte combattente, antiberlusconiano senza diventare ideologico. Considerava Berlusconi luomo di cui bisognava liberarsi per aprire le finestre

    Angelo Guglielmi

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 34LADOMENICA

    ho datoCos

    il nome

    MILANO

    VENTICINQUE ANNI FA IN POCHI AVREBBERO immaginato che un roman-zo carico di ironia e di dottrina, sorprendente per ampiezza ed eru-dizione, a met strada tra il teologico e il poliziesco, sarebbe diven-tato quello che ogni scrittore spera che accada, ma non confidereb-be neppure alla propria mamma, cio un sogno da quindici milio-ni di copie. Il nome della rosa stato questo.

    E venticinque anni dopo resta il mistero delluomo che seppe dare il nome giusto alla rosa. Per questo vado a trovare Umberto Eco nella sua casa milanese, per capire la parte meno visibile di un successo, il lavoro che ci voluto, le tracce che ha lasciato. A sor-presa apre una stanza chiusa a chiave. Qui ci sono i libri che ho consultato per i successivi romanzi. Ha laria di essere uno studio-

    lo segreto, uno spazio poco illuminato, ma suggestivo. Sul tavolo un leggio con le tavole origi-nali di un fumetto. Alle pareti testi rari: ricerche sui Rosacroce, prime edizioni di Ulisse Aldro-vandi. Sul ripiano della libreria, dentro un contenitore cilindrico di vetro, galleggiano, irricono-scibili, i testicoli di un cane. Eco sorride: Ne parlo nel mio ultimo romanzo. Ma tempo di tor-nare al primo.

    Che cosa non si sa ancora del Nome della rosa?Tutti pensano che il romanzo sia stato scritto al computer, o con la macchina da scrivere,

    in realt la prima stesura fu fatta a penna. Per ricordo di aver passato un anno intero senza scrivere un rigo. Leggevo, facevo disegni, diagrammi, inventavo un mondo. Ho disegnato cen-tinaia di labirinti e piante di abbazie, basandomi su altri disegni, e su luoghi che visitavo.

    Da cosa nasceva questa esigenza visiva?Era un modo per prendere confidenza con lambiente che stavo immaginando. Avevo biso-

    gno di sapere quanto ci avrebbero messo due personaggi per andare da un luogo a un altro. E questo definiva anche la durata dei dialoghi che non ero cos certo di saper realizzare.

    Capisco i luoghi, ma perch disegnare anche i monaci dellabbazia?Avevo bisogno di riconoscere i miei personaggi, mentre li facevo parlare o agire, altrimen-

    ti non avrei saputo cosa fargli dire.A volte lei d limpressione di non poterne pi del clamore che il romanzo ha sollevato. Si sente sotto assedio?

    fatale che ci si senta accerchiati. Daltro canto, constatare che attorno al Nome della rosa sono uscite migliaia di pagine di critica, centinaia di saggi, libri e tesi di laurea lulti-ma mi arrivata la scorsa settimana mi fa sentire abbastanza responsabilizzato da pro-nunciarmi su alcune questioni di poetica. le-gittimo che un autore dichiari come lavora. Mentre la critica interviene sul modo in cui va letto un libro.

    Si pu dire che con Il nome della rosa ha

    realizzato una moderna operazio-ne ironica su un affresco medievale?

    Diciamo, come accade per altre ope-re, che il mio romanzo pu avere due o pi li-

    velli di lettura. Se io comincio dicendo: Era una notte buia e tempestosa, il lettore inge-nuo, che non capisce il riferimento a Snoo-py, godr a un livello elementare, e la cosa ci pu stare. Poi c il lettore di secondo livello che capisce il riferimento, la citazione, il gio-co e dunque sa che si sta facendo soprattutto dellironia. A questo punto potrei aggiungere un terzo livello, da quando il mese scorso ho scoperto che la frase lincipit di un romanzo di Bulwer-Lytton, lautore degli Ultimi giorni di Pompei. Ovvio che anche Snoopy stava pro-babilmente citando.

    La sottile ironia letteraria, fatta di citazio-ni, rimandi, allusioni un omaggio alla pu-ra intelligenza. Ma non c il rischio che le-laborazione della pagina finisca con lave-re poca narrazione e molta testa?Non sono fatti miei. Io mi posso occupare

    legittimamente di postille, di questa conver-sazione, del fatto che il romanzo stato scrit-to in un periodo in cui si parlava molto di dia-logismo intertestuale e di Bachtin. Se poi lei osserva, che cos saranno pochi coloro che lo leggeranno, io le rispondo: sono fatti dei letto-ri, non miei.

    unaffermazione molto perentoria.La verit che da quando uscito Il nome

    della rosa sono stato sottoposto a una vera e propria doccia scozzese. Perch ha fatto un li-bro difficile che nessuno capisce? E io rispon-do come il guerriero dancalo di Hugo Pratt: perch tale il mio piacere. E allora perch ha fatto un libro popolare che tutti vogliono leg-gere? Mettiamoci daccordo: difficile, o po-polare?.

    Paradossalmente entrambe le cose.A questo punto proporrei uninteressan-

    te questione: oggi diventa popolare un libro difficile perch sta nascendo una generazio-ne di lettori che desidera essere sfidata.

    A N T O N I O G N O L I

    Un libro difficile e popolare

    Ripubblichiamo lintervista

    in cui Eco spiegava

    il segreto del romanzo

    che conquist il mondo

    Di Umberto Eco ricordo soprattutto il sorriso e il sorriso una forma sublime di consapevolezza

    Fabio Fazio

    alla rosa

    Il bestseller.

    Era al tempo stesso uno studioso di Tommaso dAquino, filosofo, semiologo, romanziere affermato; un uomo di successo nel corpo di un bon vivant

    Era cos parte dellorizzonte culturale e da cos tanti anni che quasi non si abituati a considerarlo di carne e ossa

    Nicola LagioiaLe Figaro

    Grandissima anima, grandissima intelligenza. Mancher sicuramente al Paese

    Antonio Pennacchi

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 35

    A me pare un romanzo che gratifica le per-sone. Le fa sentire pi colte di quello che so-no.Non sono cos sicuro. Il lettore ingenuo

    che confessa quale frustrazione tremenda sia non aver capito le citazioni in latino, mica si sente gratificato. O dovremmo concludere che c un tipo di lettore che gode nel sentirsi stupido.

    Cosa decreta il successo di un libro come Il nome della rosa? Ammetter che alla fine resta qualcosa di misterioso. vero, io sto cercando delle spiegazioni.

    Ma solo perch lei me le chiede. Se dipendes-se da me ne farei a meno. Quello che so e ho capito che se Il nome della rosa usciva die-ci anni prima, forse nessuno se lo sarebbe fila-to, e se usciva dieci anni dopo, forse sarebbe stato altrettanto ignorato.

    C un esempio che abbiamo sotto gli occhi oggi: Il codice da Vinci di Dan Brown. Crede che se fosse uscito in un altro mo-mento non avrebbe avuto lo stesso succes-so?Dubito che se Il codice da Vinci fosse usci-

    to sotto Paolo VI avrebbe potuto interessare alla gente. La spiegazione del fenomeno che si verificato su un giallo, tutto sommato mo-desto, da ricondurre probabilmente alla grande teatralizzazione dei fatti religiosi av-venuta sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Sul romanzo di Dan Brown c stato un in-vestimento teologico da parte della gente. Mettiamola cos: ha scritto un libro apparso nel momento giusto.

    proprio lidea del momento giusto che ha qualcosa di insondabile.Credo allo Zeitgeist, a quello spirito del

    tempo che ti fa fiutare le cose, e grazie al qua-le ricevi sollecitazioni che si traducono in qualcosa di compiuto e definito. Altrimenti, non potrei spiegarmi perch proprio nel 1978 e non prima mi viene in mente di fare Il nome della rosa. Bench, devo riconoscere, gi ai tempi del Gruppo 63 io avevo pensato

    di scrive-re un romanzo.

    Perch ha scelto quel titolo, Il nome della rosa? Era lultimo di una lista che comprendeva

    tra gli altri Labbazia del delitto, Adso da Melk eccetera. Chiunque leggeva quella lista diceva che Il nome della rosa era il pi bello.

    anche la chiusa del romanzo, la citazione latina.Che io ho inserito per depistare il lettore.

    Invece il lettore ha inseguito tutti i valori sim-bolici della rosa, che sono tanti.

    Le d fastidio leccesso di interpretazio-ne? No, sono dellidea che molto spesso il li-

    bro pi intelligente del suo autore. Il lettore pu trovare riferimenti cui lautore non ave-va pensato. Non credo di aver diritto di impe-dire di trarre certe conclusioni. Ma ho il dirit-to di ostacolare che se ne traggano altre.

    Si spieghi meglio.Coloro che ad esempio nella rosa hanno

    trovato un riferimento allo shakespeariano a rose by any other name, sbagliano. La mia citazione significa che le cose non esisto-no pi e rimangono solo le parole. Shakespea-re dice esattamente lopposto: le parole non contano niente, la rosa sarebbe una rosa con qualunque nome.

    Limmagine della rosa conclude il roman-zo. Ma il problema vero per uno scrittore, soprattutto se esordiente, come iniziar-lo. Con quale disposizione mentale, con quali dubbi, si posto di fronte alla prima pagina?Allinizio lidea era di scrivere una specie

    di giallo. In seguito mi sono accorto che i miei romanzi non sono mai cominciati da un pro-getto, ma da unimmagine. E limmagine che mi appariva era il ricordo di me stesso nellAb-bazia di Santa Scolastica, davanti a un leggio enorme che leggevo gli Acta Sanctorum e mi divertivo come un pazzo. Da qui lidea di im-

    maginare un benedetti-no in un monastero che mentre legge la collezio-ne rilegata del manife-sto muore fulminato.

    Un omaggio ironico allattuali-t.Troppo attuale e allora mi so-

    no detto se non fosse stato me-glio retrodatare tutto al medioevo. Lidea che un frate morisse sfogliando un libro avvelena-to mi pareva efficace.

    Come lha avuta? Credevo fosse un parto della mia fanta-

    sia. Poi ho scoperto che esiste gi nelle Mille e una notte e che Dumas laveva copiata nel ci-clo dei Valois. Quindi un vecchio topos lette-rario. Essendo un narratore citazionista mi ha divertito.

    So che allinizio non aveva intenzione di dare Il nome della rosa alla Bompiani.Era la casa editrice nella quale avevo lavo-

    rato e pubblicato tutti i miei libri. chiaro che lo avrebbero preso a scatola chiusa. Ma in un primo momento pensavo di consegnarlo a Franco Maria Ricci. Pensavo a una tiratura di mille copie in una collana raffinata.

    E invece?Si sparse la voce che Eco aveva scritto un

    romanzo. Prima mi telefon Giulio Einaudi, poi, mi pare, Paolini della Mondadori. Lo avrebbero preso senza discutere. A quel pun-to tanto valeva che lo pubblicassi con il mio editore.

    Per essere un romanzo di nicchia non ma-le. Il nome della rosa stato pubblicato in trentacinque paesi. Cosa prova nel sen-tirsi consacrato a livello internazionale?Pi che la fama, che non guasta, mi grati-

    ficano le lettere dei lettori. E da questo punto di vista, lAmerica stata una vera sorpresa. Mi scrivevano non solo da San Francisco o da New York ma dal Midwest. Uno scrisse dicen-do che per il solo fatto di aver nominato Ec-kart, il grande mistico, gli facevo tornare alla

    memoria un suo antenato europeo con lo stes-so nome. Era per molti di loro un modo di co-noscere le proprie origini.

    A una critica negativa come reagisce?Non faccio tragedie. Quando ci si accorge

    che essa pu dire tutto e il contrario di tutto, allora concludo che la critica una mera rea-zione di gusto.

    Lei ha scritto cinque romanzi. Lidea che il suo maggior successo sia stato il romanzo desordio cosa le fa pensare?Ci sono autori fortunati che toccano il pic-

    co delle vendite alla fine della loro vita e auto-ri disgraziati che lo toccano allinizio. Quando al tuo esordio vendi tantissimo, dopo puoi an-che scrivere La Divina Commedia ma non raggiungerai mai pi quelle cifre.

    Considera una specie di condanna che qua-lunque cosa lei faccia si finir sempre col tornare al Nome della rosa?Lo senzaltro. Ma anche una legge del-

    la sociologia del gusto, o meglio della sociolo-gia della fama. Se uno diventa famoso per aver ucciso Billy the Kid, qualunque cosa fac-cia in seguito dal diventare presidente de-gli Stati Uniti allo scoprire la penicillina agli occhi della gente sar sempre quello che ha ucciso Billy the Kid.

    (da La Domenica di Repubblica, 9 luglio 2006)

    I DISEGNI

    QUI SOPRA,

    ALCUNI DEI DISEGNI

    REALIZZATI

    DA ECO DURANTE

    LA STESURA

    DEL ROMANZO.

    DA SINISTRA,

    ACCANTO

    ALLE FOTO

    DEI LUOGHI CHE

    LO HANNO AIUTATO

    A CONCEPIRE

    LABBAZIA

    DOVE SI SVOLGE

    IL ROMANZO

    GLI SCHIZZI

    ORIGINALI

    DELLAUTORE;

    UN ROMPICAPO

    CON IL QUADRATO

    DI SATOR;

    I MONACI

    PROTAGONISTI

    DEL ROMANZO

    E ALTRI APPUNTI

    SULLA BIBLIOTECA

    DELLABBAZIA CON

    I LIBRI CATALOGATI

    E SISTEMATI

    PER AREE

    GEOGRAFICHE

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Lultimo titolare del pensiero universale, un enciclopedista che ha dato la misura della memoria del mondo nel Novecento come solo Benedetto Croce e Jorge Luis Borges hanno fatto

    Vittorio SgarbiLa notizia arrivata comeun fulmine a ciel sereno. Era ancora cos presentenella scena culturale italianatanto che si era gettatocon entusiasmo in una nuova iniziativa editoriale

    Die Welt

    Un immenso umanista, lettore insaziabile, professore abbagliante e scrittore appassionato: un grande italiano che non ha mai smesso di essere un grande amico della Francia

    Francois Hollande

    I suoi romanzi sono solo la punta delliceberg della sua sterminata erudizione e conoscenza delle tradizioni filosofiche e religiose europee

    Massimo Cacciari

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 36LADOMENICA

    Sotto il segno

    ERAVAMO DI DIECI ANNI PI GIOVANI di lui, quando usc Il Barone rampante. Capimmo che Calvino era lo scrittore della nostra generazione. Pi tardi lo ho

    conosciuto, e avrei potuto essere ingannato dal suo sorri-so evasivo e beffardo, da quel suo parlare chinando gli oc-chi per nascondere lampi di ironia. Ma non voglio parlare di Calvino scrittore, ne parleranno tutti in questi giorni. Saprei solo dire che era quello che amavo di pi. Vorrei ri-cordare laltro Calvino. Vorrei parlare del Calvino che fre-quentava i musicisti di avanguardia Berio, Maderna, Bou-lez, o del Calvino che preparava con Elio Vittorini i nume-ri pi esplosivi del Menab, cercando di far dialogare la si-nistra tradizionale e neorealista con le nuove correnti di letteratura sperimentale, attento e rispettoso, anzi curio-so, anche con quelli che non approvava. Stava con gli altri con laria di chi si trova a disagio e vuole andare a casa pre-sto. Ma questa maschera nascondeva una attenzione con-tinua: non dimentichiamo che come consulente dellEi-naudi fu un generoso scopritore di nuovi talenti, e sapeva lavorare sui testi degli altri con la passione con cui lavora-va sui propri. Non posso evitare, in questo momento, i ri-cordi personali. Nel 1959, appena mi conobbe, mi disse che aveva letto su una rivista musicale un mio articolo sullopera aperta. Lo interessava, mi chiese di scrivere un libro su quellargomento. Poi, per ragioni accidentali, il li-bro lo scrissi, ma per un altro editore. Per senza lincorag-giamento di Calvino non avrei iniziato il lavoro. Dico que-sto per spiegare come, sotto quella maschera di distacco e assenza, egli sapeva essere presente, incoraggiare, aiu-tare gli altri. Il suo mondo immaginario si muoveva, con delicato equilibrio, tra Voltaire e Leibniz. Come parlare di lui, rispettando la sua grazia illuministica e metafisica, senza cadere in un patetico che non avrebbe amato? Non trovo di meglio che rileggere una sua pagina, da T con ze-ro, dove aveva saputo meditare su quel momento in cui occorre decidere, accettare, rendere trasparente alla ra-gione e alla fantasia, il passaggio allAltrove. Quel che mi domando , visto che a questo punto si deve comun-que tornare, se non sia il caso che io mi ci fermi... Tanto va-le che io mi conceda un riposo di qualche decina di miglia-ia di anni, e lasci il resto delluniverso a continuare la sua corsa spaziale e temporale sino alla fine.

    (9 settembre 1985)

    di Minerva

    DURANTE LA GUERRA FREDDA lEuropa, uscita dal se-condo conflitto mondiale (e divisa tra Est e Ove-st), era costretta a vivere sotto lo scudo di unal-

    tra potenza, gli Stati Uniti e lUnione Sovietica. Poste al centro di questo gioco che le superavano, le nazioni euro-pee dovevano modellare la propria politica estera su quel-lo dei due blocchi. Il panorama era gi cambiato dopo la caduta del muro di Berlino ma i nodi sono venuti al petti-ne negli ultimi anni. Nel frattempo appare chiaro che il grande confronto che gli Stati Uniti si preparano ad af-frontare quello con la Cina. Nulla dice che sar un con-fronto bellico, ma lo sar certamente in termini economi-ci e demografici. Basta visitare una universit americana per vedere quanto le borse di studio, i posti di ricerca, le posizioni di leadership studentesca siano sempre pi nel-le mani di studenti asiatici. Lo sviluppo scientifico ameri-cano sar sempre pi dovuto allimportazione non di cer-velli europei bens asiatici, dallIndia alla Cina e al Giappo-ne. Questo vuole dire che tutta lattenzione americana si sposter dallAtlantico al Pacifico, cos come gi da anni i grandi centri della produzione e della ricerca si sono tra-sferiti o sono sorti sulla costa californiana. Nel lungo perio-do New York diventer una Firenze americana, ancora centro della moda e della cultura, e sempre meno luogo delle grandi decisioni. Quindi lEuropa, lasciata da sola per forza di cose (per un decreto quasi hegeliano che vuo-le che le cose vadano come la realt, che razionale, co-manda), o diventa europea o si sfalda. Lipotesi dello sfal-damento pare irrealistica, ma vale la pena di delinearla: lEuropa si balcanizza, o si sudamericanizza. Oppure lEu-ropa avr lenergia per proporsi come Terzo Polo tra gli Stati Uniti e lOriente (vedremo se lOriente sar Pechino o Tokyo o Singapore). Per proporsi come terzo polo lEuro-pa ha una sola possibilit. Dopo aver realizzato lunit do-ganale e monetaria dovr avere una propria politica este-ra unificata e un proprio sistema di difesa. O cos o niente. LEuropa condannata, per sopravvivere, a trovare stru-menti di politica estera e di difesa comuni. Altrimenti di-venta, senza offesa per nessuno, il Guatemala. Questo il senso del richiamo che alcuni cittadini europei rivolgono ai governi del continente nel quale sono nati e vorrebbero continuare a vivere, fieri della loro appartenenza.

    (31 maggio 2003)

    Perch crederenellEuropa unita

    Il mio debitocon Italo Calvino

    RIPRODUZIONE RISERVATARIPRODUZIONE RISERVATA

    ARRIVATO ALLA MIA TARDA ET ho collezionato una se-rie sesquipedale di ricordi che riguardano la fine del romanzo. Trascurando gli anni in cui non sape-

    vo ancora leggere, sono circa 74 anni che a ogni volgere di ferragosto vedo un articolo, unintervista, una inchiesta, una discussione che coinvolge molte degne persone, sulla crisi, scomparsa, tracollo, apocalisse del romanzo (negli anni Sessanta circolava la battuta anche Pasolini pensa che il romanzo sia morto ma non lo dice per non fare di-spiacere alla sua mamma). verissimo che il romanzo nella forma in cui lo conosciamo nasce in quanto novel nel XVIII secolo, e come nato potrebbe scomparire, ma era-no testi narrativi, e svolgevano la funzione che svolgono per noi i romanzi, i poemi di Ariosto o di Tasso, i racconti cavallereschi medievali, e se oltre al romanzo pensiamo alla novell, da Boccaccio in avanti ce nera per tutti i gusti. E prima esistevano il romanzo romano e greco (pensate solo a Luciano e ad Apuleio) e prima di Apuleio scriveva bellissime storie Ovidio (spero ricorderete con tenerezza Filemone e Bauci) e prima ancora erano bellissimi roman-zi i poemi come lOdissea, e prima prima ancora, la sera sotto lalbero del villaggio, gli anziani analfabeti racconta-vano i miti, e tutti a commuoversi sulla sorte di Edipo, a odiare Medea, a fremere su Proserpina, a orripilare su Sa-turno, come tante madame Bovary dellepoca. Insomma, stiamo celebrando la fine del romanzo nella forma inven-tata da Richardson e Defoe? E pu anche darsi, ma allora il romanzo finito dai tempi di Joyce e persino Roth co-me un patetico reazionario che si ostini oggi a scrivere un poema cavalleresco in ottave. O stiamo parlando della pul-sione narrativa (bisogno di narrare e di ascoltare narra-zioni) e allora la funzione fabulatrice fondamentale nellessere umano almeno quanto listinto sessuale. Per-sonalmente trovo noiosi e illeggibili molti romanzi molto lodati dalla critica e, come Roth, mi diverto di pi con una bella biografia, che so, di Garibaldi o di Gilles de Rais, op-pure mi rileggo romanzi di cento o cinquanta anni fa. Ma poi accade che ne leggo con gusto anche dei nuovi. Insom-ma, la vita cos complicata, e rifiuta talmente le divisio-ni tra bianco e nero, che mi viene in mente quel detto non ricordo pi di chi: Per ogni problema complesso esiste sempre una soluzione semplice. Ed sbagliata.

    (23 luglio 2011)

    Non sparatesui romanzi

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il meglio di Umberto Eco giornalista: negli articoli su Repubblica

    e nella sua rubrica sullEspresso ricordi e analisi sulla politica,

    sulla cultura, sul mondo che cambia. Riflessioni profonde

    in uno stile leggero. Come nel suo ultimo libro ora in uscita

    Un grande mai monumentale, un uomo con il senso della dimensione delle cose, con cui si poteva parlare di argomenti molto seri senza che ti mettesse in soggezione

    Piero AngelaDie Zeit

    Ci ha lasciato un gigante che ha portato la cultura italiana in tutto il mondo. Giovane e vulcanico fino allultimo giorno

    Dario Franceschini

    La carta stampata.

    Eccelleva nella scrittura ma anche alla radio e alla tv con dichiarazioni taglienti.Era un gran maestro della semiotica e con la sua complessa teoria ha messo in difficolt molti suoi colleghi che si perdevano come nel labirinto del Nome della rosa

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 37

    Venerd in libreriala nuova raccolta

    SI INTITOLA, in omaggio a un famoso verso

    dantesco, Pape Satn Aleppe ha come sottotitolo Cronache di una societ liquida, ed lultimo libro di Umberto Eco. Sar nelle librerie a partire da venerd, anche se in un primo momento

    luscita era prevista per maggio prossimo. A pubblicarlo La Nave di Teseo, la

    nuova casa editrice fondata lo scorso novembre dallo stesso Eco insieme allex direttore editoriale di Bompiani Elisabetta Sgarbi, a Mario Andreose e ad alcuni altri soci, e a cui hanno aderito molti scrittori fuoriusciti da Bompiani. Il volume di 470 pagine una raccolta di Bustine di minerva e saggi scritti dallautore negli ultimi quindici anni, su vari

    argomenti di attualit e di costume, nello stile enciclopedico e

    di facile letture tipico di Eco. Alcune parti racconta Andreose

    sono di pura comicit. Come quella in cui si parla del lato gesuita di papa

    Francesco, di cui Eco aveva grande stima.

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    STO INIZIANDO UNA RUBRICA. Lintitolo alla bustina di Minerva, senza riferimenti alla dea della sapienza, bens ai fiammiferi. Ritengo

    sia utile appuntare idee sulle bustine di Minerva, e anche Husserl faceva qualcosa del genere. Primo pensiero. Sto seguendo il Colombo televisivo, n intendo rubare il mestiere al titolare della rubrica apposita. Semplicemente (e accade ogni qual volta si rilegge la storia di Colombo) stupisce quanto si possa andare lontano con una idea sbagliata. Per questo genere di scoperte, fatte per sbagliare, gli inglesi hanno un termine che non esiste nel nostro lessico se non per ricalco: serendipit. Ogni grande scoperta avviene perch lo scienziato (o il filosofo, o il detective) invece di seguire le normali vie di ragionamento si diverte a pensare che cosa succederebbe se si ipotizzasse una legge del tutto inedita e puramente possibile, la quale per fosse capace di giustificare se fosse vera i fatti curiosi a cui non si riesce a dare spiegazione. Certe volte temo che chi non scopre mai niente sia colui che parla solo quando sicuro di avere ragione. Le idee migliori vengono per caso. Per questo, se sono buone, non sono mai del tutto tue.

    (31 marzo 1985)

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    La musica del casogenera grandi idee

    El Clarin

    Se ne andato il grande eruditoche amava le enciclopedie

    LA BUSTINA

    DI MINERVA

    LA RUBRICA

    COMINCIA

    SU LESPRESSO

    DEL 31 MARZO 1985:

    NELLE INTENZIONI

    DELLAUTORE DOVEVA

    FINIRE NEL GIRO

    DI UN ANNO. INVECE

    ANDATA AVANTI

    PER 31 ANNI.

    ECCO UN ESTRATTO

    DEL PRIMO ARTICOLO

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 38LADOMENICA

    Dalle magnifiche sorti

    e progressive del pc olivettiano

    alle legioni di imbecilli

    prodotte da internet

    Il pessimismo antropologico

    di un filosofo

    amico della tecnica

    Umberto Eco ha datoun senso ai segni,scritto libri indimenticabili,sferzato con intelligenzae ironia ogni luogo comune sulla cultura

    Lallegria dietro la semiotica

    Addio capitano.Grazie Umberto Eco

    La nave di Teseo

    ERA IL SETTEMBRE DEL 1990, LAVORAVO nellarea della Ricerca Olivetti come respon-sabile dei rapporti con le universit e i centri di ricerca. Il laboratorio dellOli-vetti di Pisa aveva appena realizzato un prototipo di computer multimediale, un personal computer, che collegato con un lettore di videodischi (grandi co-me un long play 33 giri) poteva proiettare sullo schermo disegni, fotografie,

    filmati: non pi solo testi e numeri.Andai a trovare Umberto Eco nel suo ufficio di Scienze della comunicazione a Bologna e

    gli presentai il computer multimediale. Gli dissi: Umberto, sono nati gli ipertesti e stan-no investendo un mucchio di soldi per costruire computer sempre pi potenti e multime-diali, ma nessuno pensa a cosa metterci dentro come contenuto.

    Lui mi guard e mi disse: Facciamo la storia del mondo. Nacque cos lidea di fare unopera enciclopedica unica nel suo genere in cui tutti gli

    strumenti conoscitivi e tutti i linguaggi testi, musiche, fotografie, disegni, filmati, ci-tazioni fossero intrecciati tra loro in un percorso infinito attraverso link che collegava-no la storia, la musica, la filosofia, larte, la letteratura, la scienza.

    Aveva gi capito, prima di tutti, che sarebbe arrivato il World Wide Web. E come mi dis-se e scrisse molti anni dopo, rimettendo mano allintroduzione della sua Encyclomedia Storia della Civilt Europea , il primo servizio che un ipertesto come Encyclomedia rende ai propri utenti (studenti, insegnanti, studiosi, o anche semplicemente persone cu-riose che vogliano sapere qualcosa di pi sul secolo in cui hanno visto agire, al cinema, i tre moschettieri) quello di farli navigare, con pochi movimenti delle dita, nel tempo e nel-lo spazio. Internet, come lo conosciamo oggi, non cera ancora.

    In queste poche righe di Umberto Eco c tutta la curiosit, la cultura, il gusto per il nuovo, lammirazione per la tecnologia, il desiderio di conoscere e parallelamente linteresse a rivolgersi a tutti, studiosi o semplicemente curiosi, studenti e inse-gnanti. Sapere, capire, conoscere, raccon-tare, scoprire, inventare, stupire: qui c se-condo me lessenza di Umberto e della sua capacit di dire in modo semplice e chiaro, a tutti, cose difficili e complesse anche per pochi.

    Forse uno dei momenti pi significativi del percorso culturale, personale, professio-nale che ho avuto la fortuna di fare con Um-berto stato quando il 21 ottobre del 2013 abbiamo incontrato al Palazzo di vetro del-le Nazioni Unite il Segretario generale dellOnu Ban-Ki-Moon e poi Eco ha tenuto la sua lectio magistralis a tutti i rappresen-

    tanti mondiali Contro la perdita della me-moria.

    In quei giorni a New York, mentre beve-va il suo amato Martini seduti al caff del nostro albergo, abbiamo costruito anche quel grande appuntamento culturale che il Festival della comunicazione di Camogli. Grande per due motivi: perch si parlava di comunicazione, di linguaggi, filosofia, futu-ro, tecnologia e grande perch aveva chia-mato intorno a s i pi grandi personaggi della cultura, delleconomia, della societ italiana per ascoltarli e condividere con tut-ti loro la passione del sapere e del capire.

    Danco Singer, direttore editoriale di Em Publishers, ha ideato con Umberto Eco il progetto Encyclomedia e il Festival della co-municazione di Camogli

    Quandoscopr

    il computer

    CON UMBERTO SIAMO STATI AMICISSIMI per una cinquantina danni.

    E a casa sua, in Foro Bonaparte, ci siamo visti per quasi altrettanti anni, o stagioni. Ricordo sempre che la moglie Renate fatti i dovuti calcoli osserv che per andare dallalbergo allaeroporto, a New York, bastava prendere un taxi invece di due.

    Ma ricordo soprattutto la grande allegria di Umberto, fra quei volumi tutti severissimi. Come se non gliene importasse niente.

    E invece facevano parte del grande fascino intorno al suo lavoro.Chi avrebbe supposto, davanti a quel buontempone,

    di trovarsi al cospetto del fermissimo trattatista di qualche Semiotica Generale?

    Pietro GrassoWashington Post

    D A N C O S I N G E R

    Mass e media.

    I suoi libri eranoal tempo stesso storie avvincentied esercizi filosofici ed intellettuali

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    A L B E R T O A R B A S I N O

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    SUL SITO

    SU REPUBBLICA.IT

    UNO SPECIALE

    MULTIMEDIALE

    INTERAMENTE

    DEDICATO

    A UMBERTO EC0

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 39

    IN ANNI REMOTI, CORREVA IL 1981, usc, nella collana I Castori, la bella monografia di Maria Teresa de Lauretis su Umberto Eco, allora quarantanovenne ma gi celebre. In copertina, lo schermo di un computer Ibm dellepoca, oggetti di ferro e schermi poco confortevoli, tastiere in cui (incredibilmente) non cera ancora la @ delle-mail. Appariva un simbolo perfetto per Eco di cui era uscito lanno prima Il no-

    me della rosa che era stato definito da critici malevoli scritto con il computer, come una volta si diceva scritto a tavolino. Chi lavrebbe detto che ventanni dopo avrebbe parlato delle legioni di imbecilli sul web? Qualunque lettore di buon senso, ma, sappiamo, il buon senso merce rara. Allobiezione scritto con il computer Eco non rispose Come vo-levate che lo scrivessi? Con una stilografica? O magari su tavolette di cera?. Si limit a no-tare, nel suo secondo romanzo, Il pendolo di Foucault, che il brano che un critico aveva re-putato come il solo autentico, frutto di un gesto autentico, spontaneo e sorgivo, ossia il rac-conto del giovane Umberto che a Nizza Monferrato suona la tromba per commemorare la morte di un partigiano, era in effetti lunico che avesse scritto con il computer e senza un solo ripensamento, avendolo raccontato prima un gran numero di volte. Pi meditata-mente, osserv che per il computer vale il principio Trash in Trash out: se quello che ci metti dentro spazzatura, allora anche quello che viene fuori spazzatura.

    Il pessimismo antropologico del filosofo amico della tecnica emergeva in modo profeti-co. Perch non c contraddizione tra il venire rappresentato come il primo autore italiano che si sia servito del computer ed essere il moralista alla Flaiano che ricorda che se a scrive-re sulla tastiera tecnicamente pi avanzata c un imbecille, allora il risultato sar lo scrit-to di un imbecille, sia pure impaginato in modo impeccabile e diffuso alla velocit della lu-

    ce. Qui cogliamo il nucleo filosoficamente rilevante della visione della tecnologia in Eco. E anche la ragione di quella frase, pro-nunciata nello scorso giugno in occasione dellhonoris causa a Torino, che ha fatto storcere tanti nasi; e cio che sul web si pos-sono leggere tante cose intelligenti, ma il web anche lo spazio in cui si possono sca-tenare legioni di imbecilli. Come si permet-te? A chi allude? Allude a me e a te, per esempio, gente curiosa di conoscere la vi-ta altrui, ma infingarda nel correggere la propria, come diceva Agostino. Gente pronta a dire (daccordo con il classico para-digma dellalienazione) che lumanit perfetta e viene pervertita dalla tecnica. E che lo fa per evitare di considerare che, in-vece, la tecnica rivelazione di quello che noi siamo, pronti, poniamo, a dire le peggio-ri stupidaggini grazie a dei mezzi che per-

    mettono di diffondere urbi et orbi la nostra vanit e imbecillit.

    In un divertissement di ventanni fa Eco si immaginava il dialogo tra Socrate e un di-scepolo in cui Socrate sostiene che per mori-re senza rimpianti bisogna convincersi che il mondo pieno di imbecilli. Non subito, ov-viamente, non da giovani, altrimenti si di-venta nichilisti. Ma nel corso del tempo bi-sogna prepararsi, bisogna imparare a mori-re, e capire che proprio vero che il mondo pieno di imbecilli. Come negarlo? Osser-vando che la tecnica non corruzione o alie-nazione, ma rivelazione della imbecillit di massa, Umberto Eco, il 10 giugno del 2015, ha anticipato una presa di congedo dal mondo degna di Seneca, che corona una vi-ta piena di tenerezza e curiosit per il mon-do.

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    COME HA OSSERVATO JACQUES DERRIDA, ogni morte rende luniverso pi povero di un mondo. E,

    di conseguenza, rende tutti noi pi poveri. Tuttavia, laddio di Umberto Eco ci ha reso molto pi poveri di quello che pensava Derrida. Eco era il maestro supremo dellinsieme e del dettaglio, ha scandagliato con uguale naturalezza archivi senza tempo di saggezza e stupidit umana, di grandezza e insignificanza. Nella sua vita, ci ha sfidato a mettere in

    discussione chi, secondo la maggior parte di noi che nemmeno si azzardavano a farlo, andava oltre le nostre capacit umane. Come nessun altro riuscito a produrre una mappa pressoch completa e

    perfettamente leggibile di ogni mondo. A noi altri non resta che imparare dalle sue opere, che abbiamo la fortuna di poter gustare e ammirare. Eco ha segnato il nostro tempo in maniera cos

    straordinaria che pochissimi di noi, o forse nessuno, riuscir a raggiungere i suoi livelli.

    Maestro dellinsieme e del dettaglioZ Y G M U N T B A U M A N

    Eco viene ricordato soprattutto per la sua abilit nel tradurre le teorie semiotiche per il grande pubblico. Proprio come ha fatto con successo scrivendo il suo romanzo di debutto Il nome della rosa. Intriso di semiotica

    Wall Street Journal

    M A U R I Z I O F E R R A R I S

    E quando maled

    il web

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    Repubblica Nazionale 2016-02-21

  • laRepubblicaDOMENICA 21 FEBBRAIO 2016 40LADOMENICA

    Il piacere

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    A L E S S A N D R O B A R I C C O

    del sapere

    SEMPLIFICO: ERA IL PI GRANDE. Lo era in uno sport molto particolare, che a mol-ti pu sembrare un lusso noioso come il Polo, e che invece pu essere incante-vole, e lo dico senza vergogna: fare gli intellettuali. Forse ad alcuni ne sono sfuggite le regole, quindi le ricordo: si vince quando si comprende, racconta o nomina il mondo. Fine. Periodica-mente, in quello sport arriva qualcuno che non si limita a giocare da dio: quel-li entrano in campo, giocano, e quan-

    do escono, il campo non pi lo stesso. Non nel senso che lo hanno rovinato: nel senso che nessuno aveva pensato a usarlo in quel mo-do, nessuno aveva visto prima quelle traiettorie, quella velocit, quella tattica, quella leggerezza, quella precisione. Tornano negli spogliatoi, e si lasciano dietro uno sport che non pi lo stesso, campioni che sono diventati dinosauri in un pomeriggio, e prate-rie di gioco da inventare per chi ne avr il talento. Sono fenomeni, e averli visti gioca-re va considerato, sempre e comunque, un privilegio. Eco era uno di loro, e se penso al pezzo di storia in cui sono cresciuto, pas-sando dallo stupore frenetico del venten-ne alla meraviglia assorta del cinquanten-ne, me ne vengono forse in mentre altri due o tre, grandi come lui: ma nessuno che fosse nato qui.

    Naturalmente bisognerebbe riuscire a spiegare quale fu la sua rivoluzione, e farlo in un modo che tutti lo possano compren-dere. Un tipico esercizio in cui lui sarebbe stato bravissimo. Potrei provarci cos: cap che il cuore del mondo non stava immobile in un tabernacolo sorvegliato dai sacerdoti del sapere: comprese che era nomade, ca-pace di spostarsi nei posti pi assurdi, di nascondersi nel dettaglio, di espandersi in archi di tempo colossali, di frequentare qualsiasi bellezza, di battere dentro a un cassonetto e di sparire quando voleva. Non fu il solo: ma mentre altri ne uscirono sgo-menti, o storditi, o increduli, lui trov la co-sa naturale, ovvia, piuttosto funzionale e, diciamolo pure, discretamente diverten-

    te. Cos insegn che il sapere non era solo un dovere, ma anche un piacere: e che era riservato a gente in cui forza e leggerezza, me-moria e fantasia, lavorassero una dentro laltra e non una contro laltra: gente con il coraggio, la determinazione e la follia degli esploratori. Non si limit a spiegarlo, ne fece una prassi. quello che ci ha lasciato: pi che una teoria, una serie di esempi, di gesti, di comportamenti, di colpi, di mosse. Era il suo modo di giocare. Una sua certa idea di mondo, se posso usare questa frase.

    Valga, per tutti, lesempio del Nome della rosa. Forse lo soprav-valuto, ma, come ho gi avuto modo altrove di dire, io penso che sia il libro che ha inaugurato una nuova stagione dei libri: quella in cui un romanzo non tanto figlio di un incesto tra consangui-nei, cio lerede stretto di una dinastia, quella letteraria: ma lo spazio in cui narrazioni, abilit, tradizioni e saperi completamen-te diversi vanno ad abitare insieme: una sorta di centro magneti-co capace di raccogliere pezzi di mondo esiliati da ogni parte. Di letterario, nel Nome della Rosa, cera giusto la laccatura, latmo-sfera, il sapore di fondo: tutto il resto era una sorta di rave di sape-

    ri e bellezze che si erano andati l a incon-trare, per ragioni misteriose. Poteva esse-re una chicca da cattedratico brillante, e bon. Uno di quei libri che poi si tengono sul tavolo basso, per fare bella figura. Invece intuiva un mondo che era gi il nuovo mo-do, sotto la pelle di quello vecchio: fin nelle tasche di tutto il pianeta, e ancora l, e da l non ha nessuna intenzione di spostarsi.

    Verrebbe da dire, dunque, che oggi quelluomo si lascia dietro un vuoto enor-me. Ma in questo momento mi viene da ri-conoscergli la grandezza di aver lasciato, piuttosto, dietro di s, una frontiera enor-me, una sorta di epico West da cui in tantis-simi, e ormai da tempo, liberiamo le no-stre pi modeste scorribande. In un certo senso, siamo ancora l a colonizzare terre di cui lui, insieme ad altri pochi visionari, aveva intuito lesistenza. Non sembra un compito prossimo alla fine, quindi qualco-sa di quelluomo continuer a respirare in ogni colle che sapremo valicare, e in ogni terra da cui sapremo ottenere dei frutti. Sa-r inevitabile, e giusto. Un omaggio lun-ghissimo che ci sar delizioso riservargli.

    Laddio.

    Aveva capito che il cuore

    del mondo nomade,

    frequenta qualsiasi bellezza

    e pu battere

    anche dentro

    a un cassonetto

    I funerali

    Ha chiuso gli occhi nel cuore della notte, circondato dai suoi cari, la moglie Renate, il figlio Stefano e la figlia Carlotta, che erano al suo capezzale da diverse ore, per laggravamento delle condizioni di salute (aveva un tumore). Umberto Eco, nato a Alessandria 84 anni fa, se n andato cos, nella sua bella, grande casa-biblioteca affacciata sul Castello Sforzesco, dove la salma rimarr fino a marted pomeriggio

    alle 15, quando verr ricordato dalle autorit e dai cittadini con una cerimonia laica, come lui voleva. Nel giorno pi lungo, sotto casa dello scrittore, molti i milanesi comuni arrivati anche solo per lasciare un fiore, un biglietto. Si fermano sotto le finestre chiuse al secondo piano con gli occhi lucidi, si raccontano fra di loro quando incontravano il professore nella vicina via Dante e in via Rovello, dove cera la libreria antiquaria che Eco pi amava.

    Moglie e figlia escono tenendosi strette, con la faccia serena, sotto un sole quasi primaverile. Non si fermano a parlare con i cronisti, ma vanno al castello a fare un sopralluogo per decidere assieme al Comune dove tenere la cerimonia. Negli ultimi giorni Eco aveva voluto vedere i nipotini, a cui era legatissimo e che amava avere attorno, o accompagnare in giro alla scoperta della vecchia milano.

    (Zita Dazzi)

    Repubblica Nazionale 2016-02-21

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