Fenomenologia Della Musica

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25/3/2014 A. Salvato - Fenomenologia della musica http://www.filosofico.net/inattuale/beethoven.htm 1/8 Fenomenologia della musica Invito all’interpretazione metafisica dell’Inno alla Gioia di L. van Beethoven di A. Salvato Questo breve scritto ha in animo di dare al lettore uno spunto per l’interpretazione metafisica dell’Inno alla Gioia di L. van Beethoven, sulla base di un’analisi della composizione, con riferimento alla Nona Sinfonia, e sulle orme del pensiero esposto da G. W. F. Hegel nella Fenomenologia dello Spirito (particolare riferimento al concetto di proposizione speculativa). Tutta l’analisi, si svolgerà a partire da alcune riflessioni di Th. W. Adorno, citate quando opportuno. Nel 1824 Beethoven, ormai sordo, ultimò la stesura della Sinfonia n.9 in Re minore, op.125, “Corale”. Quest’opera magistrale sarà apprezzata dai più grandi compositori e musicisti di sempre, uno su tutti G. Mahler, e con essi dall’umanità tutta. La Sinfonia, in quattro movimenti, si conclude con un’Ode e successiva fuga, costruite sul testo di “An die Freude” di F. Schiller. L’analisi dell’intera Sinfonia non si addice a questa sede, dove ci si limiterà ad analizzarne il quarto movimento, con riferimento particolare all’Inno del quale sopra. Sarà tuttavia indispensabile tenere presente il fatto che il tema dell’Inno alla Gioia non appare solamente nel movimento del quale si tratterà, ma si ripropone, anche solo come “idea”, durante tutti i movimenti precedenti, pur senza giungere a realizzazione. In primo luogo, trattasi di fare una semplice precisazione riguardo le composizioni di Beethoven: la differenza esistente tra esse e la musica popolare. Dove la seconda si basa sull’immediatezza (nel senso di “mancanza di mediazione”), le prime si basano sul ragionamento, l’analisi, il pensiero. Certo Beethoven non si aspettava che le sue opere venissero semplicemente ascoltate, e che il lavoro dell’uditore terminasse con il silenzio degli esecutori, come vuolsi per la musica popolare, volta al mero scopo d’intrattenere. Al contrario, per comprendere appieno un’opera delle portata, e.g.: della Nona Sinfonia, è necessario ascoltarla molte volte e a fondo, analizzandone i temi, le dinamiche, le melodie, et c. Nondimeno, è indispensabile sottoporsi all’ascolto di varie esecuzioni, in quanto una sola potrebbe non rendere giustizia al vero intento dell’opera, e non permettere all’ascoltatore un giudizio sufficientemente approfondito. La consistenza dell’opera si estende ben oltre il piano fisico dell’udito, ovvero del piacere generato nell’ascoltatore: essa sconfina nell’ambito metafisico, e può esprimere con il medesimo rigore logico d’un ottimo trattato la necessità della trascendenza e le dinamiche di quest’ultima. Dunque, la musica di Beethoven necessita d’essere mediata, interpretata. In ultima analisi, essa necessita d’essere compresa. Ora, è possibile procedere all’analisi. Il tema dell’Inno alla Gioia, come evidenziato, s’intravede come traccia già all’inizio della Sinfonia. Non potendosi definire essa traccia “tema”, sarà detta idea tematica. L’idea tematica dunque si esprime più volte, nei quasi 60 minuti che precedono la sua vera realizzazione. In questo tempo, essa cambia forma, si modella, si muove, si rigenera. Dà ad intendere d’esser tema, per poi subito smentirsi, per far comprendere all’ascoltatore che ancora qualcosa ha da compiersi, che non è possibile saltare alle conclusioni. Ciononostante, nessun buon ascoltatore negherebbe di riconoscere abbondantemente le caratteristiche di un tema, in quest’idea che ancora va esprimendosi. Ed è questo il momento nel quale entra in gioco la sopra nominata Fenomenologia dello Spirito. Hegel propone, nella prefazione alla sua monumentale opera, la teoria della proposizione speculativa. In breve, e a scapito purtroppo della precisione, la teoria verrà ora esposta. Per i motivi espressi nell’intera prefazione, la comune

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  • 25/3/2014 A. Salvato - Fenomenologia della musica

    http://www.filosofico.net/inattuale/beethoven.htm 1/8

    Fenomenologia della musicaInvito allinterpretazione metafisica dellInno alla Gioia di L. van Beethoven

    di A. Salvato

    Questo breve scritto ha in animo di dare al lettore uno spunto per linterpretazione metafisica dellInno alla

    Gioia di L. van Beethoven, sulla base di unanalisi della composizione, con riferimento alla Nona Sinfonia, e

    sulle orme del pensiero esposto da G. W. F. Hegel nella Fenomenologia dello Spirito (particolare riferimento

    al concetto di proposizione speculativa). Tutta lanalisi, si svolger a partire da alcune riflessioni di Th. W.

    Adorno, citate quando opportuno.

    Nel 1824 Beethoven, ormai sordo, ultim la stesura della Sinfonia n.9 in Re minore, op.125, Corale.

    Questopera magistrale sar apprezzata dai pi grandi compositori e musicisti di sempre, uno su tutti G.

    Mahler, e con essi dallumanit tutta. La Sinfonia, in quattro movimenti, si conclude con unOde e successiva

    fuga, costruite sul testo di An die Freude di F. Schiller. Lanalisi dellintera Sinfonia non si addice a questa

    sede, dove ci si limiter ad analizzarne il quarto movimento, con riferimento particolare allInno del quale

    sopra. Sar tuttavia indispensabile tenere presente il fatto che il tema dellInno alla Gioia non appare

    solamente nel movimento del quale si tratter, ma si ripropone, anche solo come idea, durante tutti i

    movimenti precedenti, pur senza giungere a realizzazione.

    In primo luogo, trattasi di fare una semplice precisazione riguardo le composizioni di Beethoven: la

    differenza esistente tra esse e la musica popolare. Dove la seconda si basa sullimmediatezza (nel senso di

    mancanza di mediazione), le prime si basano sul ragionamento, lanalisi, il pensiero. Certo Beethoven non si

    aspettava che le sue opere venissero semplicemente ascoltate, e che il lavoro delluditore terminasse con il

    silenzio degli esecutori, come vuolsi per la musica popolare, volta al mero scopo dintrattenere. Al contrario,

    per comprendere appieno unopera delle portata, e.g.: della Nona Sinfonia, necessario ascoltarla molte

    volte e a fondo, analizzandone i temi, le dinamiche, le melodie, et c. Nondimeno, indispensabile sottoporsi

    allascolto di varie esecuzioni, in quanto una sola potrebbe non rendere giustizia al vero intento dellopera, e

    non permettere allascoltatore un giudizio sufficientemente approfondito. La consistenza dellopera si estende

    ben oltre il piano fisico delludito, ovvero del piacere generato nellascoltatore: essa sconfina nellambito

    metafisico, e pu esprimere con il medesimo rigore logico dun ottimo trattato la necessit della trascendenza

    e le dinamiche di questultima.

    Dunque, la musica di Beethoven necessita dessere mediata, interpretata. In ultima analisi, essa necessita

    dessere compresa. Ora, possibile procedere allanalisi. Il tema dellInno alla Gioia, come evidenziato,

    sintravede come traccia gi allinizio della Sinfonia. Non potendosi definire essa traccia tema, sar detta

    idea tematica. Lidea tematica dunque si esprime pi volte, nei quasi 60 minuti che precedono la sua vera

    realizzazione. In questo tempo, essa cambia forma, si modella, si muove, si rigenera. D ad intendere desser

    tema, per poi subito smentirsi, per far comprendere allascoltatore che ancora qualcosa ha da compiersi, che

    non possibile saltare alle conclusioni. Ciononostante, nessun buon ascoltatore negherebbe di riconoscere

    abbondantemente le caratteristiche di un tema, in questidea che ancora va esprimendosi. Ed questo il

    momento nel quale entra in gioco la sopra nominata Fenomenologia dello Spirito. Hegel propone, nella

    prefazione alla sua monumentale opera, la teoria della proposizione speculativa. In breve, e a scapito

    purtroppo della precisione, la teoria verr ora esposta. Per i motivi espressi nellintera prefazione, la comune

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    proposizione che sottost a delle regole grammaticali ben precise (in particolare quelle della necessit di

    soggetto e oggetto) non sufficiente a descrivere correttamente un pensiero filosofico, quantomeno non

    nellottica hegeliana di una filosofia come scienza. In somma: Dio lessere, rispettando lesempio del

    filosofo tedesco, non una buona frase. Nella proposizione: Dio lessere, predicato lessere, ed ha un

    significato sostanziale, nel quale il soggetto si scioglie[1]. Subito dopo Hegel precisa che attribuire allessere

    il ruolo di predicato non corretto. Infatti, lessere come predicato si esaurirebbe nel suo essere predicato, e

    ci non renderebbe giustizia della verit della frase. Dio sembrerebbe infatti cessare dessere ci che

    inizialmente (ovvero Dio, soggetto), per diventare essere, cio predicato. Il soggetto sfuma dunque

    nelloggetto, e qui il pensiero si trova nelloggetto ad essere rinviato al soggetto. In questo modo esso vacilla,

    subisce il contraccolpo, ovvero: saccorge che con la comune proposizione viene espresso tuttaltro rispetto

    a ci che esso intendeva esprimere. Questo problema dovuto ai limiti della grammatica di soggetto e

    oggetto. Da ci, si deduce la necessit della proposizione speculativa. Semplificando il concetto, si pu

    comodamente dire che la proposizione speculativa quella proposizione che descrive il movimento

    effettualmente speculativo, portando al proprio interno il tornare in s delloggetto[2] che non trova posto

    nella comune proposizione. Senza troppo togliere allargomento di Hegel si pu dire che la proposizione

    speculativa deve esprimere la proposizione originaria (Dio lessere), e allo stesso tempo rendere atto del

    movimento di negativit che causa luscire del soggetto, il suo entrare nelloggetto, e il suo tornare soggetto.

    In sostanza, si vengono ad eliminare i ruoli precedentemente occupati da soggetto e oggetto, a favore di un

    unico totalizzante movimento che esprime linterezza del ragionamento. Questa, la proposizione speculativa,

    in quanto solo lenunciazione del movimento medesimo rappresentazione speculativa[3]. Risulta chiaro

    daltronde, che la comune grammatica del linguaggio e, sulla scorta del pensiero successivo di Wittgenstein:

    il linguaggio in generale non in grado di esprimere la proposizione speculativa, che pu anche essere

    chiamata proposizione filosofica. Il problema sta nel fatto che ci impossibile dare nozione di

    contemporaneit e di movimento tra soggetto ed oggetto. Questo problema viene risolto, in musica, dal

    principio del contrappunto. Sul significato del termine contrappunto, in questa sede trattasi dinterrogare la

    voce per noi pi autorevole, ossia Beethoven stesso: questa parola significa punto contra punto, poich i

    nostri maggiori scrivevano la musica con punti a vece delle note []: cos punto contro punto, nota contro

    nota, punctum contra punctum, nota contra notam[4]. Larte di combinare due linee melodiche,

    rendendole allo stesso tempo una, contrapponendole dunque nel medesimo istante luna allaltra: larte di

    creare una dialettica interna alla musica. A riguardo, posso permettermi il riferimento ad un magnifico, pur

    poco conosciuto trattato della Moderna Musica di FrancescAntonio Vallotti (1697 1780), nel quale si

    pu leggere quanto segue: fra i tanti modi di introdurre variet nel contrappunto, il primo e principale si

    quello del vario movimento delle parti[5]. perci chiaro che la componente fondamentale del contrappunto

    la variet, e che essa data dal movimento interno delle parti della composizione. Successivamente, Vallotti

    definisce il contrappunto doppio in questo modo: il contrappunto doppio un artificioso componimento fatto

    in guisa tale, che le parti siano tutte tra di loro convertibili: cos che la parte acuta possa diventar grave e la

    grave acuta[6]. Questa definizione sembra esattamente ricalcare ci che abbiamo cercato invano di

    esprimere con la grammatica del linguaggio, ovvero lintercambiabilit di soggetto ed oggetto (in questo caso:

    parte acuta e parte grave) allinterno della medesima proposizione, per generare la nuova e varia

    armonia[7], che appare proprio essere la nostra proposizione speculativa. Sempre sul contrappunto doppio,

    vale la pena soffermarsi sulla definizione fornita da Beethoven: il contrappunto doppio ha preso il suo nome

    da ci, che ciascuna parte pu presentarsi sotto due forme, cio come parte superiore e come parte

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    inferiore[8], e ancora nel contrappunto doppio [] il rivolto delle parti d origine ad una nuova

    armonia[9]. In modo meno esplicito di Vallotti, principalmente poich la trattazione di Beethoven verte pi

    sul lato teorico che sul lato narrativo, anche questultimo riprende il concetto dintercambiabilit tra parti nel

    contrappunto, aggiungendo in modo assolutamente analogo che proprio il contrappunto genera una nuova

    armonia. Come indicazione per un approfondimento, si pu osservare come i tre moti di successione degli

    intervalli (ossia: moto retto, contrario, obliquo) indicati da Beethoven[10], moti i quali giova [] impiegare

    alternativamente[11], per conferire maggiore movimento alla composizione, siano strettamente paragonabili

    al moto generato dal negativo[12] hegeliano.

    Dopo questa doverosa escursione sul terreno del pensiero hegeliano, e la piccola parentesi sul

    contrappunto, possibile ritornare allambito precedente, ed evidenziare lo stretto legame che connette la

    proposizione speculativa con la Nona Sinfonia. Non soltanto il contrappunto, infatti, il momento di contatto

    tra la filosofia hegeliana e la musica di Beethoven.

    Per chi ha ben presente il movimento, in termini hegeliani, del tema dellInno alla Gioia durante tutta la

    Sinfonia, non difficile osservare in esso le stesse dinamiche che caratterizzano il movimento tra soggetto ed

    oggetto. Il primo pu essere paragonato allidea tematica, cos come il secondo pu essere paragonato al

    tema. Qui sorge daltronde spontanea losservazione, che il tema avrebbe ogni ragione desser soggetto

    piuttosto che oggetto, ma allo stesso modo non si pu negare che lidea tematica svolga il ruolo di soggetto.

    Ecco il motivo per il quale si rimanda alla proposizione speculativa: lidea tematica nel suo compiersi

    soggetto del suo stesso movimento; intanto, essa si realizza, entrando dunque nel momento nel quale tema,

    ovvero soggetto. Cos, il soggetto entrato nelloggetto, il quale a sua volta diventato soggetto. Il tema

    dello sviluppo lo spirito, cio il riconoscere s stesso nellaltro. Laltro [] viene quasi lasciato a s stesso,

    osservato, si muove in s[13]. Dunque il c.d.: tema dello sviluppo, che noi chiamiamo semplicemente

    tema, deve compiere latto di riconoscere s stesso nellaltro da s. Ci significa che, mentre lidea tematica

    viene lasciata a s stessa, lasciata libera di muoversi e di esprimersi, il tema che ancora non stato chiamato

    in causa costretto a riconoscersi in questa idea tematica, poich innegabilmente essa lo esprime, seppur

    non ancora in modo identico. Identit che sar raggiunta con il totale sviluppo dellidea tematica, nellatto di

    puro trascendere che la connetter indissolubilmente al tema. Lo sviluppo appena nominato merita

    certamente di essere collegato al sostantivo Entwicklung, che nella lingua tedesca indica con maggior rigore

    il vero significato che al termine sviluppo necessario attribuire.

    stata cos affermata lanalogia tra la proposizione speculativa e il movimento del tema allinterno della

    Nona Sinfonia. Si pu dunque dire che idea tematica e tema subiscono esattamente lo stesso destino di

    soggetto e oggetto: vengono identificati ed unificati nel concetto. Io pongo dunque nellautomovimento del

    concetto ci mediante cui la scienza esiste[14], scrive ancora Hegel. Certo non si vuol giungere alla

    conclusione che la musica debba diventare scienza, ma si vuole far leva sullautomovimento del concetto.

    Quella che sta per essere enunciata potr apparire come una forzatura, e forse lo in parte. Tuttavia, le

    argomentazioni a riguardo non mancano.

    necessario notare come nella musica, nonostante lintera opera dun musicista sia nullaltro che il frutto

    della sua invenzione, qualcosa non possa essere del tutto controllato dalla creativit dello stesso. Con questo,

    ci si riferisce a quello che chiameremo concetto tematico, come da esito della precedente disamina. Il

    concetto tematico nasce dalla pura invenzione dellautore, libero, e pu essere composto in qualunque

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    modo. Per, la sua libert termina nel momento nel quale inizia (si eviti il riferimento alle avanguardie musicali

    del Novecento, nelle quali lo sconvolgimento dogni legge rende impossibile tale analisi: il riferimento alla

    musica ottocentesca, e specificamente a quella di Beethoven). Infatti, il suo stesso statuto di concetto

    tematico, implica la necessit del movimento, il quale si pu liberamente definire automovimento, secondo la

    terminologia hegeliana, poich esso si genera da s. Non fuori luogo, in questambito, citare Royce: []

    quando il matematico ha costruito un tal concetto di qualche regno di oggetti ideali, pu sorgere lultima

    questione se, entro questo regno, possa trovarsi o no un oggetto [] E questa questione tale che il

    rispondervi non affatto per il matematico oggetto di una scelta arbitraria[15]. Lambito matematico

    non in questo caso molto distante da quello musicale e filosofico. Per il matematico, il quale ha

    ammettiamo arbitrariamente generato un regno di oggetti ideali matematici, le implicazioni che essi hanno

    con la realt rendono necessaria, ovvero impossibilitata ad essere altrimenti, la risposta riguardo la possibilit

    dincludere un determinato elemento in questo mondo. Quindi, il controllo sul mondo creato sfugge di mano,

    poich costretto a sottostare alle regole che esso stesso si imposto. Cos, il concetto tematico che stato

    arbitrariamente creato, costretto a sottostare alle regole che si imposto, nel suo stesso essere tematico,

    ovvero le regole dello sviluppo, dellautomovimento. Evidentemente esiste un nesso proprio tra la parte

    effettivamente vincolante, integrante della forma e quella sua parte assolutamente non vincolante, che

    improvvisa come una fantasia[16], ovvero la forma impone necessariamente ed in modo vincolante una

    determinata realizzazione di unidea, anche se essa stata creata arbitrariamente, in situazione non vincolante.

    Questo vincolante indice della fondamentale necessit di trascendere presente nella minima parte del quarto

    movimento della Nona Sinfonia[17] che ci accingiamo ad analizzare.

    Si faccia ora riferimento alla pagina 39 della partitura, ed in particolare alla parte del corno in Re. In

    queste battute, certo non spreca note: esegue solamente un bicordo di ottava (mi-mi8va), che nella sua

    semplicit racchiude il nocciolo fondamentale dellinterpretazione che si sta fornendo di questopera. Sembra

    che in Beethoven gli intervalli con estensione maggiore dellottava compaiano essenzialmente solo

    nellultima fase, e per la precisione sempre solo nel senso delleccessiva tensione del principio soggettivo, che

    pone, in unoggettivit che pu essere generata solo dal principio che trascende s stesso[18], scrive

    ancora Adorno. Possiamo dunque notare come lintervallo di ottava eseguito dal corno in Re sia una sorta di

    ammissione di mancata trascendenza. Lottava infatti un intervallo che punta al proprio superamento, ma

    non lo completa: nonostante la nota cambi, essa rimane sempre la medesima, non v oltre la propria origine

    (come invece negli altri intervalli e.g.: di nona, decima, undicesima ai quali si dedicher analisi successiva),

    non cambia nome. Questo corno inserito esattamente prima dellInno alla Gioia, che come abbiamo

    precedentemente spiegato indica il momento della totale trascendenza, del necessario superamento.

    Indispensabile ai fini dellanalisi lascolto, poich in questo momento la sola lettura della partitura non

    sufficiente: un buon ascoltatore sente, sia con ludito che con lanimo, la tensione fortissima che viene

    espressa in questo momento, in queste pochissime battute che precedono lInno alla Gioia. Risuonano timidi

    oboe e fagotto, quando tentano di esprimere per lultima volta lidea tematica, prima che essa volga

    definitivamente al puro e trascendente concetto tematico. Risuonano timidi, piano, pianissimo, poich sono

    bloccati dallinesorabile profondit del corno in Re. Possiamo dunque impostare una dialettica di questo tipo:

    oboe e fagotto rappresentano la necessit pura e vincolante della trascendenza, lultimo passo che si sta

    svolgendo, verso il superamento definitivo dellidea tematica; il corno in Re rappresenta il legame finito,

    puramente immanente, il negativo ossia ci che tenta di bloccare il movimento che si sta generando,

    aiutandolo al tempo stesso a prendere forma. Ecco allora che non casuale il fatto che il corno esegua note

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    allintervallo di ottava, e sempre le medesime: ci indice evidente del fatto che esso simboleggia lultima

    guardia del legame con limmanenza. La lotta tra immanenza e trascendenza, lultima contrapposizione tra

    soggetto e oggetto si fa in questo momento serratissima, e si tratta della stessa lotta, guerra, plemos, che

    secondo Eraclito padre di tutte le cose[19]. E in questo momento la tensione cresce, allo stesso modo nel

    quale si fa evidente il motivo del vincolante che precedentemente era stato nominato: senza vincolo, non si

    darebbe necessit, e senza la stretta necessit che qui si evidenzia, non si darebbe la possibilit di superare

    quel vincolo, di trascendere. necessario un atto di forza, indispensabile mettere in discussione tutto ci che

    era stato precedentemente nella sinfonia, per giungere appunto ad oltrepassare il vincolante.

    Tornando al corno in Re che blocca il trascendere, si osserva come la guerra si faccia sempre pi serrata,

    un po alla volta oboe e fagotto guadagnano maggiore spazio, a sfavore del corno il quale si fa sempre pi

    debole, per scomparire totalmente nel passaggio (pagina 40) al vero e proprio Inno alla Gioia. Nella battuta

    immediatamente precedente allingresso del coro, si nota un potentissimo crescendo (sia in termini di altezza

    delle note, sia nello specifico del crescendo dintensit) che culmina nel fortissimo che d inizio allInno.

    Cos, latto del trascendere ha luogo, cos il tema idea tematica diventa il concetto tematico. Ora gli

    intervalli si liberano, lorchestrazione dimostra tutta la sua inesorabile potenza, la foga incontrollabile dettata

    dal successo: questa la prima realizzazione della proposizione speculativa, nella forma contrappuntistica

    della Nona Sinfonia. Non senza una certa ironia, latto di forza del soggetto viene rappresentato dal

    fortissimo, e certo non fuori luogo ricordare laneddoto, storicamente documentato, secondo il quale il

    direttore dorchestra Arturo Toscanini a volte, preso dalla magnificenza e dallintensit dello specifico

    momento sinfonico che oggetto della nostra analisi, si lasciava andare in un potente grido rivolto al coro e

    allorchestra tutta, proprio allinizio dellInno alla Gioia. Nel compiere il salto dal lato empirico al lato

    metafisico, dunque, si verifica anche in certa misura un salto dalla tensione metafisica alla tensione immanente.

    Siamo dunque entrati definitivamente nel momento del concetto tematico. Ora il vincolante si svincolato,

    e la cifra stilistica predominante quella della libert di movimento. Cos, lintervallo dottava del corno in Re,

    indice di immanenza, si scioglie dando libert a tutti gli intervalli disponibili, e particolarmente allintervallo di

    nona. Dallanalisi del Trattato dArmonia e di Composizione di Beethoven emerge una particolare

    considerazione riguardo questintervallo, la seguente: esso viene lasciato a parte, rispetto a tutti gli altri

    intervalli composti (ovvero superiori allottava). Nella parte prima del volume I, Beethoven si dedica allanalisi

    dei principali intervalli, analizzando gli unisoni, le seconde, le terze, e cos via fino alle none. Successivamente,

    aggiunge un rapido commento come per giustificare il suo esser conciso: le decime undecime, e

    tredicesime, considerate quanto al loro effetto, altro non sono che le ottave della terza, della quarta e della

    sesta[20] (tralasciando il fatto che non vengono nominate le duodecime, che per appaiono nellesempio

    della riga successiva). Questi intervalli non sono dunque meritevoli di particolare analisi, in quanto composti:

    per essi ci si limita a segnarli con i numeri dellintervallo semplice al quale si riferiscono. Eppure nella

    precedente analisi degli intervalli semplici, egli ha voluto analizzare anche gli intervalli di nona. Questo spiega,

    a nostro avviso, come Beethoven conferisca un particolare statuto a questi intervalli. Essi non sono ridotti

    banalmente ad ottava della seconda, come per logica si vorrebbe (e su questo cfr. un qualunque trattato

    darmonia contemporaneo), ma tengono la particolare denominazione di none. Non sembra dunque forzato

    ritenere che proprio in quanto indice del superamento dellottava, delloltre-immanente ovvero trascendente,

    la nona debba essere lesempio portante, e dunque mantenere carattere di autonomia.

    Da questottica di sottolineatura del carattere trascendente degli intervalli composti e in particolar modo

    dellintervallo di nona, si pu procedere con un brevissimo cenno al fugato conclusivo della Nona Sinfonia: sul

    concetto tematico del quale ci si occupati in questa trattazione, Beethoven costruisce una magistrale Fuga

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    corale, nella quale le voci si susseguono in un intreccio incredibile. Questa fuga la seconda realizzazione

    della proposizione speculativa allinterno della Nona Sinfonia. Come si era detto in precedenza, il

    contrappunto doppio lesempio tecnico specifico della proposizione filosofica ma si veda dunque dove

    questo contrappunto doppio usato, secondo la teoria musicale: [] serve principalmente nelle fughe in

    genere, o sieno nelle semplici o di pi soggetti tessute o siano motivi gravi o motivi cantabili e di espressione,

    comunque occorra di valersene[21]. Vallotti specifica dunque che il contrappunto doppio caratteristico

    delle fughe, perci indubbio che la fuga finale della Nona sia esempio di contrappunto doppio. Beethoven

    dedica un capitolo del suo Trattato allanalisi della fuga a tre voci, esempio al quale pu essere ricondotta la

    fuga in questione, dicendo che sue parti essenziali sono: 1. Il tema, soggetto (o Dux) 2. La risposta (Comes)

    3. La ripercussione[22]. Ecco il motivo per il quale si voluto dire che la fuga conclusiva costituisce lultima,

    e anche la pi evidente espressione della proposizione speculativa. Essa ripercorre esattamente i tre momenti

    costitutivi di questultima, ma li rende un tuttuno proprio grazie alla tecnica del contrappunto.

    Dallanalisi di questa minima parte della Nona Sinfonia di Beethoven emerso come essa possa essere

    interpretata come pregna della dialettica hegeliana. A riguardo, si ricordi che Beethoven ed Hegel vissero pi

    o meno nello stesso periodo di tempo. Non si vuole tuttavia lasciare ad intendere che la musica

    beethoveniana pu essere liberamente ricondotta ad una creazione di stampo hegeliano. Questopera fu

    composta negli ultimi anni della vita del musicista, quando egli gi da molto aveva firmato il proprio

    testamento. Oltre a raccontare una storia, come tutte le sinfonie, essa testimonianza della storia di un uomo.

    Come giustamente fa notare Adorno, in questa musica la presentazione della totalit come gi compiuta

    divenne insopportabile per il suo genio critico[23]. Beethoven ormai non poteva pi accettare di mostrare la

    realt come gi data, come gi fatta. La sinfonia, lopera musicale in generale doveva esprimere un cammino

    di conoscenza e di liberazione. Sempre sullorma di Adorno, osserviamo riguardo alla necessit, al vincolante

    di cui prima, che nel momento in cui la soggettivit estetica le compare dinnanzi guardandola, essa non si

    riconcilia con lei, non lei stessa. [] lopera darte [] ha qualcosa di resistente, di contrastante che la

    filosofia idealistica, per la quale tutto opera propria, in verit non conosce[24]. Lopera darte dunque

    porta con s il grandissimo peso della realt: essa, allatto pratico, non accetta la conciliante identit nel tutto

    proposta dalla filosofia hegeliana, proprio perch la Nona Sinfonia ha meno fiducia nellidentit[25].

    Rimane la sostanziale differenza tra opera darte e ascoltatore, tra opera darte ed esecutore. Lopera, che

    hegelianamente non sesaurisce nel suo fine ma nella sua attuazione (esecuzione), non sidentifica mai

    totalmente n con chi la esegue n con chi lascolta. Beethoven sembra rifiutare il momento

    dellidentificazione quasi difendendo una sorta di solipsismo. A nostro parere, Beethoven difende

    lirriducibilit dellalterit come momento costruttivo della dialettica musicale. In sostanza, lopera non potr

    mai essere pura, poich essa si carica continuamente dinterpretazioni: lesecutore d la propria sensibilit

    alla parte che esegue, cos come il direttore dorchestra fornisce il proprio spunto interpretativo, e a sua volta

    lascoltatore percepisce in modo differente. Lopera an sich resta dunque un sottofondo costitutivo ed

    ineliminabile dellesecuzione e della percezione, ed in questo sottofondo si inserisce la possibilit della totale

    immedesimazione secondo i termini della filosofia hegeliana. Ma la mediazione alla quale la musica

    necessariamente sottoposta, le impedisce di potersi identificare con altro che con s stessa. Non si tratta

    dunque di fare una filosofia dellascolto, quasi non ci fosse alcuna implicazione metafisica, n di ritenere che la

    musica possa essere indipendente dallascolto e dallesecuzione, ovvero che essa sia una pura entit

    metafisica. Trattasi piuttosto di riconoscere lunit indissolubile tra il piano immanente ed il piano metafisico, e

    di basare linterpretazione su questa relazione. Insomma, il termine della proposizione speculativa hegeliana,

  • 25/3/2014 A. Salvato - Fenomenologia della musica

    http://www.filosofico.net/inattuale/beethoven.htm 7/8

    potrebbe essere applicato ancora una volta, questa volta volendo vedere la musica in s, lesecuzione e

    lascolto come momenti costitutivi, e fare della musica il soggetto e dellesecuzione ascolto il predicato. Ma,

    com facile prevedere, lesecuzione e lascolto avrebbero tutti i motivi per essere a loro volta soggetti.

    Per concludere, si vuole proporre una minima bibliografia dapprofondimento. Si consiglia La musica e

    lineffabile di V. Janklvitch (Bompiani, 2001), riguardo la concezione ametafisica della filosofia della

    musica. Monografia fondamentale su Beethoven inoltre Beethoven. La vita, lopera, il romanzo familiare

    di M. Solomon (Marsilio, 2002). Per una breve panoramica sulla filosofia della musica, si veda Musica di

    E. Matassi (Guida, 2004). Si rimanda inoltre allottimo sito web http://beethoven.staatsbibliothek-berlin.de,

    nel quale possibile reperire lintero manoscritto della Nona Sinfonia.

    Per lascolto della Nona Sinfonia, si consiglia come fondamentale lesecuzione del 1951, W. Furtwngler

    direttore dellorchestra del festival di Bayreuth, nella serie Great Recordings of the Century, EMI Classics:

    una delle pi belle esecuzioni della Nona Sinfonia che siano state registrare, con lunico difetto di essere

    mono. Sempre in EMI Classics, ottima lesecuzione della Wiener Philharmoniker diretta da S. Rattle, oppure

    per Deutsche Grammophon lesecuzione della Berliner Philharmoniker diretta da F. Fricsay. Ancora per

    Deutsche Grammophon, su supporto di qualit superiore SACD, si propone lascolto di Berliner

    Philharmoniker, diretta da H. von Karajan.

    [1] G. W. F. HEGEL, Fenomenologia dello Spirito, traduzione di E. De Negri, Fabbri Editori, 2001, Prefazione, IV

    [2] [] devesi invece presentare quel tornare in s del concetto, Ibid.

    [3] Ibid.

    [4] L. VAN BEETHOVEN, Trattato dArmonia e di Composizione, A. Forni, 2003 (rist . anast. 1855, Studii di Beethoven, G. Canti, Milano),

    Vol. I, Parte Seconda, Capitolo II

    [5] P. F. VALLOTTI, Trattato della Moderna Musica, T ipografia della Prov. Patavina di S. Antonio dei Frati Min. Conv., Padova, 1950, cap.

    XXXVI

    [6] Ibid., cap. XXXVII

    [7] Ibid.

    [8] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. II, Parte Terza, Capitolo VI

    [9] Ibid.

    [10] cfr. Ibid., Vol. I, Parte Seconda, Capitolo I

    [11] Ibid., Vol. I, Parte Seconda, Capitolo III

    [12] Cfr. G. W. F. HEGEL, Ibid., Prefazione, III

    [13] TH. ADORNO, Beethoven, Einaudi, 2001 [V, 147]

    [14] G. W. F. HEGEL, Ibid., Prefazione, IV (corsivo mio)

    [15] J. ROYCE, Il mondo e lindividuo vol.I, Laterza, 1914

    [16] TH. ADORNO, Ibid. [V, 148]

    [17] Per quanto riguarda lanalisi della partitura, di difficile reperibilit in buona edizione, si far riferimento ad unutilissima partitura gratuita,

    disponibile on-line allindirizzo: http://www.imslp.org/index.php?title=Symphony_No.9_%28Beethoven%2C_Ludwig_van%29 sotto il codice

    IMSLP #00099. I numeri di pagina e qualunque altra indicazione faranno dunque riferimento alla suddetta partitura, quarto movimento

    [18] Ibid. (corsivo mio) [IV, 120]

    [19] DK, Her. B53

    [20] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. I, Parte Prima, Capitolo I

    [21] P. F. VALLOTTI, Ibid., Cap. XXXVII (Del contrappunto doppio)

    [22] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. II, Parte Terza, Capitolo III

    [23] TH. ADORNO, Ibid. [II, 29]

    [24] Ibid. [II, 31]

    [25] Ibid.

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