Fenomenologia Della Musica
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25/3/2014 A. Salvato - Fenomenologia della musica
http://www.filosofico.net/inattuale/beethoven.htm 1/8
Fenomenologia della musicaInvito allinterpretazione metafisica dellInno alla Gioia di L. van Beethoven
di A. Salvato
Questo breve scritto ha in animo di dare al lettore uno spunto per linterpretazione metafisica dellInno alla
Gioia di L. van Beethoven, sulla base di unanalisi della composizione, con riferimento alla Nona Sinfonia, e
sulle orme del pensiero esposto da G. W. F. Hegel nella Fenomenologia dello Spirito (particolare riferimento
al concetto di proposizione speculativa). Tutta lanalisi, si svolger a partire da alcune riflessioni di Th. W.
Adorno, citate quando opportuno.
Nel 1824 Beethoven, ormai sordo, ultim la stesura della Sinfonia n.9 in Re minore, op.125, Corale.
Questopera magistrale sar apprezzata dai pi grandi compositori e musicisti di sempre, uno su tutti G.
Mahler, e con essi dallumanit tutta. La Sinfonia, in quattro movimenti, si conclude con unOde e successiva
fuga, costruite sul testo di An die Freude di F. Schiller. Lanalisi dellintera Sinfonia non si addice a questa
sede, dove ci si limiter ad analizzarne il quarto movimento, con riferimento particolare allInno del quale
sopra. Sar tuttavia indispensabile tenere presente il fatto che il tema dellInno alla Gioia non appare
solamente nel movimento del quale si tratter, ma si ripropone, anche solo come idea, durante tutti i
movimenti precedenti, pur senza giungere a realizzazione.
In primo luogo, trattasi di fare una semplice precisazione riguardo le composizioni di Beethoven: la
differenza esistente tra esse e la musica popolare. Dove la seconda si basa sullimmediatezza (nel senso di
mancanza di mediazione), le prime si basano sul ragionamento, lanalisi, il pensiero. Certo Beethoven non si
aspettava che le sue opere venissero semplicemente ascoltate, e che il lavoro delluditore terminasse con il
silenzio degli esecutori, come vuolsi per la musica popolare, volta al mero scopo dintrattenere. Al contrario,
per comprendere appieno unopera delle portata, e.g.: della Nona Sinfonia, necessario ascoltarla molte
volte e a fondo, analizzandone i temi, le dinamiche, le melodie, et c. Nondimeno, indispensabile sottoporsi
allascolto di varie esecuzioni, in quanto una sola potrebbe non rendere giustizia al vero intento dellopera, e
non permettere allascoltatore un giudizio sufficientemente approfondito. La consistenza dellopera si estende
ben oltre il piano fisico delludito, ovvero del piacere generato nellascoltatore: essa sconfina nellambito
metafisico, e pu esprimere con il medesimo rigore logico dun ottimo trattato la necessit della trascendenza
e le dinamiche di questultima.
Dunque, la musica di Beethoven necessita dessere mediata, interpretata. In ultima analisi, essa necessita
dessere compresa. Ora, possibile procedere allanalisi. Il tema dellInno alla Gioia, come evidenziato,
sintravede come traccia gi allinizio della Sinfonia. Non potendosi definire essa traccia tema, sar detta
idea tematica. Lidea tematica dunque si esprime pi volte, nei quasi 60 minuti che precedono la sua vera
realizzazione. In questo tempo, essa cambia forma, si modella, si muove, si rigenera. D ad intendere desser
tema, per poi subito smentirsi, per far comprendere allascoltatore che ancora qualcosa ha da compiersi, che
non possibile saltare alle conclusioni. Ciononostante, nessun buon ascoltatore negherebbe di riconoscere
abbondantemente le caratteristiche di un tema, in questidea che ancora va esprimendosi. Ed questo il
momento nel quale entra in gioco la sopra nominata Fenomenologia dello Spirito. Hegel propone, nella
prefazione alla sua monumentale opera, la teoria della proposizione speculativa. In breve, e a scapito
purtroppo della precisione, la teoria verr ora esposta. Per i motivi espressi nellintera prefazione, la comune
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proposizione che sottost a delle regole grammaticali ben precise (in particolare quelle della necessit di
soggetto e oggetto) non sufficiente a descrivere correttamente un pensiero filosofico, quantomeno non
nellottica hegeliana di una filosofia come scienza. In somma: Dio lessere, rispettando lesempio del
filosofo tedesco, non una buona frase. Nella proposizione: Dio lessere, predicato lessere, ed ha un
significato sostanziale, nel quale il soggetto si scioglie[1]. Subito dopo Hegel precisa che attribuire allessere
il ruolo di predicato non corretto. Infatti, lessere come predicato si esaurirebbe nel suo essere predicato, e
ci non renderebbe giustizia della verit della frase. Dio sembrerebbe infatti cessare dessere ci che
inizialmente (ovvero Dio, soggetto), per diventare essere, cio predicato. Il soggetto sfuma dunque
nelloggetto, e qui il pensiero si trova nelloggetto ad essere rinviato al soggetto. In questo modo esso vacilla,
subisce il contraccolpo, ovvero: saccorge che con la comune proposizione viene espresso tuttaltro rispetto
a ci che esso intendeva esprimere. Questo problema dovuto ai limiti della grammatica di soggetto e
oggetto. Da ci, si deduce la necessit della proposizione speculativa. Semplificando il concetto, si pu
comodamente dire che la proposizione speculativa quella proposizione che descrive il movimento
effettualmente speculativo, portando al proprio interno il tornare in s delloggetto[2] che non trova posto
nella comune proposizione. Senza troppo togliere allargomento di Hegel si pu dire che la proposizione
speculativa deve esprimere la proposizione originaria (Dio lessere), e allo stesso tempo rendere atto del
movimento di negativit che causa luscire del soggetto, il suo entrare nelloggetto, e il suo tornare soggetto.
In sostanza, si vengono ad eliminare i ruoli precedentemente occupati da soggetto e oggetto, a favore di un
unico totalizzante movimento che esprime linterezza del ragionamento. Questa, la proposizione speculativa,
in quanto solo lenunciazione del movimento medesimo rappresentazione speculativa[3]. Risulta chiaro
daltronde, che la comune grammatica del linguaggio e, sulla scorta del pensiero successivo di Wittgenstein:
il linguaggio in generale non in grado di esprimere la proposizione speculativa, che pu anche essere
chiamata proposizione filosofica. Il problema sta nel fatto che ci impossibile dare nozione di
contemporaneit e di movimento tra soggetto ed oggetto. Questo problema viene risolto, in musica, dal
principio del contrappunto. Sul significato del termine contrappunto, in questa sede trattasi dinterrogare la
voce per noi pi autorevole, ossia Beethoven stesso: questa parola significa punto contra punto, poich i
nostri maggiori scrivevano la musica con punti a vece delle note []: cos punto contro punto, nota contro
nota, punctum contra punctum, nota contra notam[4]. Larte di combinare due linee melodiche,
rendendole allo stesso tempo una, contrapponendole dunque nel medesimo istante luna allaltra: larte di
creare una dialettica interna alla musica. A riguardo, posso permettermi il riferimento ad un magnifico, pur
poco conosciuto trattato della Moderna Musica di FrancescAntonio Vallotti (1697 1780), nel quale si
pu leggere quanto segue: fra i tanti modi di introdurre variet nel contrappunto, il primo e principale si
quello del vario movimento delle parti[5]. perci chiaro che la componente fondamentale del contrappunto
la variet, e che essa data dal movimento interno delle parti della composizione. Successivamente, Vallotti
definisce il contrappunto doppio in questo modo: il contrappunto doppio un artificioso componimento fatto
in guisa tale, che le parti siano tutte tra di loro convertibili: cos che la parte acuta possa diventar grave e la
grave acuta[6]. Questa definizione sembra esattamente ricalcare ci che abbiamo cercato invano di
esprimere con la grammatica del linguaggio, ovvero lintercambiabilit di soggetto ed oggetto (in questo caso:
parte acuta e parte grave) allinterno della medesima proposizione, per generare la nuova e varia
armonia[7], che appare proprio essere la nostra proposizione speculativa. Sempre sul contrappunto doppio,
vale la pena soffermarsi sulla definizione fornita da Beethoven: il contrappunto doppio ha preso il suo nome
da ci, che ciascuna parte pu presentarsi sotto due forme, cio come parte superiore e come parte
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inferiore[8], e ancora nel contrappunto doppio [] il rivolto delle parti d origine ad una nuova
armonia[9]. In modo meno esplicito di Vallotti, principalmente poich la trattazione di Beethoven verte pi
sul lato teorico che sul lato narrativo, anche questultimo riprende il concetto dintercambiabilit tra parti nel
contrappunto, aggiungendo in modo assolutamente analogo che proprio il contrappunto genera una nuova
armonia. Come indicazione per un approfondimento, si pu osservare come i tre moti di successione degli
intervalli (ossia: moto retto, contrario, obliquo) indicati da Beethoven[10], moti i quali giova [] impiegare
alternativamente[11], per conferire maggiore movimento alla composizione, siano strettamente paragonabili
al moto generato dal negativo[12] hegeliano.
Dopo questa doverosa escursione sul terreno del pensiero hegeliano, e la piccola parentesi sul
contrappunto, possibile ritornare allambito precedente, ed evidenziare lo stretto legame che connette la
proposizione speculativa con la Nona Sinfonia. Non soltanto il contrappunto, infatti, il momento di contatto
tra la filosofia hegeliana e la musica di Beethoven.
Per chi ha ben presente il movimento, in termini hegeliani, del tema dellInno alla Gioia durante tutta la
Sinfonia, non difficile osservare in esso le stesse dinamiche che caratterizzano il movimento tra soggetto ed
oggetto. Il primo pu essere paragonato allidea tematica, cos come il secondo pu essere paragonato al
tema. Qui sorge daltronde spontanea losservazione, che il tema avrebbe ogni ragione desser soggetto
piuttosto che oggetto, ma allo stesso modo non si pu negare che lidea tematica svolga il ruolo di soggetto.
Ecco il motivo per il quale si rimanda alla proposizione speculativa: lidea tematica nel suo compiersi
soggetto del suo stesso movimento; intanto, essa si realizza, entrando dunque nel momento nel quale tema,
ovvero soggetto. Cos, il soggetto entrato nelloggetto, il quale a sua volta diventato soggetto. Il tema
dello sviluppo lo spirito, cio il riconoscere s stesso nellaltro. Laltro [] viene quasi lasciato a s stesso,
osservato, si muove in s[13]. Dunque il c.d.: tema dello sviluppo, che noi chiamiamo semplicemente
tema, deve compiere latto di riconoscere s stesso nellaltro da s. Ci significa che, mentre lidea tematica
viene lasciata a s stessa, lasciata libera di muoversi e di esprimersi, il tema che ancora non stato chiamato
in causa costretto a riconoscersi in questa idea tematica, poich innegabilmente essa lo esprime, seppur
non ancora in modo identico. Identit che sar raggiunta con il totale sviluppo dellidea tematica, nellatto di
puro trascendere che la connetter indissolubilmente al tema. Lo sviluppo appena nominato merita
certamente di essere collegato al sostantivo Entwicklung, che nella lingua tedesca indica con maggior rigore
il vero significato che al termine sviluppo necessario attribuire.
stata cos affermata lanalogia tra la proposizione speculativa e il movimento del tema allinterno della
Nona Sinfonia. Si pu dunque dire che idea tematica e tema subiscono esattamente lo stesso destino di
soggetto e oggetto: vengono identificati ed unificati nel concetto. Io pongo dunque nellautomovimento del
concetto ci mediante cui la scienza esiste[14], scrive ancora Hegel. Certo non si vuol giungere alla
conclusione che la musica debba diventare scienza, ma si vuole far leva sullautomovimento del concetto.
Quella che sta per essere enunciata potr apparire come una forzatura, e forse lo in parte. Tuttavia, le
argomentazioni a riguardo non mancano.
necessario notare come nella musica, nonostante lintera opera dun musicista sia nullaltro che il frutto
della sua invenzione, qualcosa non possa essere del tutto controllato dalla creativit dello stesso. Con questo,
ci si riferisce a quello che chiameremo concetto tematico, come da esito della precedente disamina. Il
concetto tematico nasce dalla pura invenzione dellautore, libero, e pu essere composto in qualunque
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modo. Per, la sua libert termina nel momento nel quale inizia (si eviti il riferimento alle avanguardie musicali
del Novecento, nelle quali lo sconvolgimento dogni legge rende impossibile tale analisi: il riferimento alla
musica ottocentesca, e specificamente a quella di Beethoven). Infatti, il suo stesso statuto di concetto
tematico, implica la necessit del movimento, il quale si pu liberamente definire automovimento, secondo la
terminologia hegeliana, poich esso si genera da s. Non fuori luogo, in questambito, citare Royce: []
quando il matematico ha costruito un tal concetto di qualche regno di oggetti ideali, pu sorgere lultima
questione se, entro questo regno, possa trovarsi o no un oggetto [] E questa questione tale che il
rispondervi non affatto per il matematico oggetto di una scelta arbitraria[15]. Lambito matematico
non in questo caso molto distante da quello musicale e filosofico. Per il matematico, il quale ha
ammettiamo arbitrariamente generato un regno di oggetti ideali matematici, le implicazioni che essi hanno
con la realt rendono necessaria, ovvero impossibilitata ad essere altrimenti, la risposta riguardo la possibilit
dincludere un determinato elemento in questo mondo. Quindi, il controllo sul mondo creato sfugge di mano,
poich costretto a sottostare alle regole che esso stesso si imposto. Cos, il concetto tematico che stato
arbitrariamente creato, costretto a sottostare alle regole che si imposto, nel suo stesso essere tematico,
ovvero le regole dello sviluppo, dellautomovimento. Evidentemente esiste un nesso proprio tra la parte
effettivamente vincolante, integrante della forma e quella sua parte assolutamente non vincolante, che
improvvisa come una fantasia[16], ovvero la forma impone necessariamente ed in modo vincolante una
determinata realizzazione di unidea, anche se essa stata creata arbitrariamente, in situazione non vincolante.
Questo vincolante indice della fondamentale necessit di trascendere presente nella minima parte del quarto
movimento della Nona Sinfonia[17] che ci accingiamo ad analizzare.
Si faccia ora riferimento alla pagina 39 della partitura, ed in particolare alla parte del corno in Re. In
queste battute, certo non spreca note: esegue solamente un bicordo di ottava (mi-mi8va), che nella sua
semplicit racchiude il nocciolo fondamentale dellinterpretazione che si sta fornendo di questopera. Sembra
che in Beethoven gli intervalli con estensione maggiore dellottava compaiano essenzialmente solo
nellultima fase, e per la precisione sempre solo nel senso delleccessiva tensione del principio soggettivo, che
pone, in unoggettivit che pu essere generata solo dal principio che trascende s stesso[18], scrive
ancora Adorno. Possiamo dunque notare come lintervallo di ottava eseguito dal corno in Re sia una sorta di
ammissione di mancata trascendenza. Lottava infatti un intervallo che punta al proprio superamento, ma
non lo completa: nonostante la nota cambi, essa rimane sempre la medesima, non v oltre la propria origine
(come invece negli altri intervalli e.g.: di nona, decima, undicesima ai quali si dedicher analisi successiva),
non cambia nome. Questo corno inserito esattamente prima dellInno alla Gioia, che come abbiamo
precedentemente spiegato indica il momento della totale trascendenza, del necessario superamento.
Indispensabile ai fini dellanalisi lascolto, poich in questo momento la sola lettura della partitura non
sufficiente: un buon ascoltatore sente, sia con ludito che con lanimo, la tensione fortissima che viene
espressa in questo momento, in queste pochissime battute che precedono lInno alla Gioia. Risuonano timidi
oboe e fagotto, quando tentano di esprimere per lultima volta lidea tematica, prima che essa volga
definitivamente al puro e trascendente concetto tematico. Risuonano timidi, piano, pianissimo, poich sono
bloccati dallinesorabile profondit del corno in Re. Possiamo dunque impostare una dialettica di questo tipo:
oboe e fagotto rappresentano la necessit pura e vincolante della trascendenza, lultimo passo che si sta
svolgendo, verso il superamento definitivo dellidea tematica; il corno in Re rappresenta il legame finito,
puramente immanente, il negativo ossia ci che tenta di bloccare il movimento che si sta generando,
aiutandolo al tempo stesso a prendere forma. Ecco allora che non casuale il fatto che il corno esegua note
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allintervallo di ottava, e sempre le medesime: ci indice evidente del fatto che esso simboleggia lultima
guardia del legame con limmanenza. La lotta tra immanenza e trascendenza, lultima contrapposizione tra
soggetto e oggetto si fa in questo momento serratissima, e si tratta della stessa lotta, guerra, plemos, che
secondo Eraclito padre di tutte le cose[19]. E in questo momento la tensione cresce, allo stesso modo nel
quale si fa evidente il motivo del vincolante che precedentemente era stato nominato: senza vincolo, non si
darebbe necessit, e senza la stretta necessit che qui si evidenzia, non si darebbe la possibilit di superare
quel vincolo, di trascendere. necessario un atto di forza, indispensabile mettere in discussione tutto ci che
era stato precedentemente nella sinfonia, per giungere appunto ad oltrepassare il vincolante.
Tornando al corno in Re che blocca il trascendere, si osserva come la guerra si faccia sempre pi serrata,
un po alla volta oboe e fagotto guadagnano maggiore spazio, a sfavore del corno il quale si fa sempre pi
debole, per scomparire totalmente nel passaggio (pagina 40) al vero e proprio Inno alla Gioia. Nella battuta
immediatamente precedente allingresso del coro, si nota un potentissimo crescendo (sia in termini di altezza
delle note, sia nello specifico del crescendo dintensit) che culmina nel fortissimo che d inizio allInno.
Cos, latto del trascendere ha luogo, cos il tema idea tematica diventa il concetto tematico. Ora gli
intervalli si liberano, lorchestrazione dimostra tutta la sua inesorabile potenza, la foga incontrollabile dettata
dal successo: questa la prima realizzazione della proposizione speculativa, nella forma contrappuntistica
della Nona Sinfonia. Non senza una certa ironia, latto di forza del soggetto viene rappresentato dal
fortissimo, e certo non fuori luogo ricordare laneddoto, storicamente documentato, secondo il quale il
direttore dorchestra Arturo Toscanini a volte, preso dalla magnificenza e dallintensit dello specifico
momento sinfonico che oggetto della nostra analisi, si lasciava andare in un potente grido rivolto al coro e
allorchestra tutta, proprio allinizio dellInno alla Gioia. Nel compiere il salto dal lato empirico al lato
metafisico, dunque, si verifica anche in certa misura un salto dalla tensione metafisica alla tensione immanente.
Siamo dunque entrati definitivamente nel momento del concetto tematico. Ora il vincolante si svincolato,
e la cifra stilistica predominante quella della libert di movimento. Cos, lintervallo dottava del corno in Re,
indice di immanenza, si scioglie dando libert a tutti gli intervalli disponibili, e particolarmente allintervallo di
nona. Dallanalisi del Trattato dArmonia e di Composizione di Beethoven emerge una particolare
considerazione riguardo questintervallo, la seguente: esso viene lasciato a parte, rispetto a tutti gli altri
intervalli composti (ovvero superiori allottava). Nella parte prima del volume I, Beethoven si dedica allanalisi
dei principali intervalli, analizzando gli unisoni, le seconde, le terze, e cos via fino alle none. Successivamente,
aggiunge un rapido commento come per giustificare il suo esser conciso: le decime undecime, e
tredicesime, considerate quanto al loro effetto, altro non sono che le ottave della terza, della quarta e della
sesta[20] (tralasciando il fatto che non vengono nominate le duodecime, che per appaiono nellesempio
della riga successiva). Questi intervalli non sono dunque meritevoli di particolare analisi, in quanto composti:
per essi ci si limita a segnarli con i numeri dellintervallo semplice al quale si riferiscono. Eppure nella
precedente analisi degli intervalli semplici, egli ha voluto analizzare anche gli intervalli di nona. Questo spiega,
a nostro avviso, come Beethoven conferisca un particolare statuto a questi intervalli. Essi non sono ridotti
banalmente ad ottava della seconda, come per logica si vorrebbe (e su questo cfr. un qualunque trattato
darmonia contemporaneo), ma tengono la particolare denominazione di none. Non sembra dunque forzato
ritenere che proprio in quanto indice del superamento dellottava, delloltre-immanente ovvero trascendente,
la nona debba essere lesempio portante, e dunque mantenere carattere di autonomia.
Da questottica di sottolineatura del carattere trascendente degli intervalli composti e in particolar modo
dellintervallo di nona, si pu procedere con un brevissimo cenno al fugato conclusivo della Nona Sinfonia: sul
concetto tematico del quale ci si occupati in questa trattazione, Beethoven costruisce una magistrale Fuga
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corale, nella quale le voci si susseguono in un intreccio incredibile. Questa fuga la seconda realizzazione
della proposizione speculativa allinterno della Nona Sinfonia. Come si era detto in precedenza, il
contrappunto doppio lesempio tecnico specifico della proposizione filosofica ma si veda dunque dove
questo contrappunto doppio usato, secondo la teoria musicale: [] serve principalmente nelle fughe in
genere, o sieno nelle semplici o di pi soggetti tessute o siano motivi gravi o motivi cantabili e di espressione,
comunque occorra di valersene[21]. Vallotti specifica dunque che il contrappunto doppio caratteristico
delle fughe, perci indubbio che la fuga finale della Nona sia esempio di contrappunto doppio. Beethoven
dedica un capitolo del suo Trattato allanalisi della fuga a tre voci, esempio al quale pu essere ricondotta la
fuga in questione, dicendo che sue parti essenziali sono: 1. Il tema, soggetto (o Dux) 2. La risposta (Comes)
3. La ripercussione[22]. Ecco il motivo per il quale si voluto dire che la fuga conclusiva costituisce lultima,
e anche la pi evidente espressione della proposizione speculativa. Essa ripercorre esattamente i tre momenti
costitutivi di questultima, ma li rende un tuttuno proprio grazie alla tecnica del contrappunto.
Dallanalisi di questa minima parte della Nona Sinfonia di Beethoven emerso come essa possa essere
interpretata come pregna della dialettica hegeliana. A riguardo, si ricordi che Beethoven ed Hegel vissero pi
o meno nello stesso periodo di tempo. Non si vuole tuttavia lasciare ad intendere che la musica
beethoveniana pu essere liberamente ricondotta ad una creazione di stampo hegeliano. Questopera fu
composta negli ultimi anni della vita del musicista, quando egli gi da molto aveva firmato il proprio
testamento. Oltre a raccontare una storia, come tutte le sinfonie, essa testimonianza della storia di un uomo.
Come giustamente fa notare Adorno, in questa musica la presentazione della totalit come gi compiuta
divenne insopportabile per il suo genio critico[23]. Beethoven ormai non poteva pi accettare di mostrare la
realt come gi data, come gi fatta. La sinfonia, lopera musicale in generale doveva esprimere un cammino
di conoscenza e di liberazione. Sempre sullorma di Adorno, osserviamo riguardo alla necessit, al vincolante
di cui prima, che nel momento in cui la soggettivit estetica le compare dinnanzi guardandola, essa non si
riconcilia con lei, non lei stessa. [] lopera darte [] ha qualcosa di resistente, di contrastante che la
filosofia idealistica, per la quale tutto opera propria, in verit non conosce[24]. Lopera darte dunque
porta con s il grandissimo peso della realt: essa, allatto pratico, non accetta la conciliante identit nel tutto
proposta dalla filosofia hegeliana, proprio perch la Nona Sinfonia ha meno fiducia nellidentit[25].
Rimane la sostanziale differenza tra opera darte e ascoltatore, tra opera darte ed esecutore. Lopera, che
hegelianamente non sesaurisce nel suo fine ma nella sua attuazione (esecuzione), non sidentifica mai
totalmente n con chi la esegue n con chi lascolta. Beethoven sembra rifiutare il momento
dellidentificazione quasi difendendo una sorta di solipsismo. A nostro parere, Beethoven difende
lirriducibilit dellalterit come momento costruttivo della dialettica musicale. In sostanza, lopera non potr
mai essere pura, poich essa si carica continuamente dinterpretazioni: lesecutore d la propria sensibilit
alla parte che esegue, cos come il direttore dorchestra fornisce il proprio spunto interpretativo, e a sua volta
lascoltatore percepisce in modo differente. Lopera an sich resta dunque un sottofondo costitutivo ed
ineliminabile dellesecuzione e della percezione, ed in questo sottofondo si inserisce la possibilit della totale
immedesimazione secondo i termini della filosofia hegeliana. Ma la mediazione alla quale la musica
necessariamente sottoposta, le impedisce di potersi identificare con altro che con s stessa. Non si tratta
dunque di fare una filosofia dellascolto, quasi non ci fosse alcuna implicazione metafisica, n di ritenere che la
musica possa essere indipendente dallascolto e dallesecuzione, ovvero che essa sia una pura entit
metafisica. Trattasi piuttosto di riconoscere lunit indissolubile tra il piano immanente ed il piano metafisico, e
di basare linterpretazione su questa relazione. Insomma, il termine della proposizione speculativa hegeliana,
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potrebbe essere applicato ancora una volta, questa volta volendo vedere la musica in s, lesecuzione e
lascolto come momenti costitutivi, e fare della musica il soggetto e dellesecuzione ascolto il predicato. Ma,
com facile prevedere, lesecuzione e lascolto avrebbero tutti i motivi per essere a loro volta soggetti.
Per concludere, si vuole proporre una minima bibliografia dapprofondimento. Si consiglia La musica e
lineffabile di V. Janklvitch (Bompiani, 2001), riguardo la concezione ametafisica della filosofia della
musica. Monografia fondamentale su Beethoven inoltre Beethoven. La vita, lopera, il romanzo familiare
di M. Solomon (Marsilio, 2002). Per una breve panoramica sulla filosofia della musica, si veda Musica di
E. Matassi (Guida, 2004). Si rimanda inoltre allottimo sito web http://beethoven.staatsbibliothek-berlin.de,
nel quale possibile reperire lintero manoscritto della Nona Sinfonia.
Per lascolto della Nona Sinfonia, si consiglia come fondamentale lesecuzione del 1951, W. Furtwngler
direttore dellorchestra del festival di Bayreuth, nella serie Great Recordings of the Century, EMI Classics:
una delle pi belle esecuzioni della Nona Sinfonia che siano state registrare, con lunico difetto di essere
mono. Sempre in EMI Classics, ottima lesecuzione della Wiener Philharmoniker diretta da S. Rattle, oppure
per Deutsche Grammophon lesecuzione della Berliner Philharmoniker diretta da F. Fricsay. Ancora per
Deutsche Grammophon, su supporto di qualit superiore SACD, si propone lascolto di Berliner
Philharmoniker, diretta da H. von Karajan.
[1] G. W. F. HEGEL, Fenomenologia dello Spirito, traduzione di E. De Negri, Fabbri Editori, 2001, Prefazione, IV
[2] [] devesi invece presentare quel tornare in s del concetto, Ibid.
[3] Ibid.
[4] L. VAN BEETHOVEN, Trattato dArmonia e di Composizione, A. Forni, 2003 (rist . anast. 1855, Studii di Beethoven, G. Canti, Milano),
Vol. I, Parte Seconda, Capitolo II
[5] P. F. VALLOTTI, Trattato della Moderna Musica, T ipografia della Prov. Patavina di S. Antonio dei Frati Min. Conv., Padova, 1950, cap.
XXXVI
[6] Ibid., cap. XXXVII
[7] Ibid.
[8] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. II, Parte Terza, Capitolo VI
[9] Ibid.
[10] cfr. Ibid., Vol. I, Parte Seconda, Capitolo I
[11] Ibid., Vol. I, Parte Seconda, Capitolo III
[12] Cfr. G. W. F. HEGEL, Ibid., Prefazione, III
[13] TH. ADORNO, Beethoven, Einaudi, 2001 [V, 147]
[14] G. W. F. HEGEL, Ibid., Prefazione, IV (corsivo mio)
[15] J. ROYCE, Il mondo e lindividuo vol.I, Laterza, 1914
[16] TH. ADORNO, Ibid. [V, 148]
[17] Per quanto riguarda lanalisi della partitura, di difficile reperibilit in buona edizione, si far riferimento ad unutilissima partitura gratuita,
disponibile on-line allindirizzo: http://www.imslp.org/index.php?title=Symphony_No.9_%28Beethoven%2C_Ludwig_van%29 sotto il codice
IMSLP #00099. I numeri di pagina e qualunque altra indicazione faranno dunque riferimento alla suddetta partitura, quarto movimento
[18] Ibid. (corsivo mio) [IV, 120]
[19] DK, Her. B53
[20] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. I, Parte Prima, Capitolo I
[21] P. F. VALLOTTI, Ibid., Cap. XXXVII (Del contrappunto doppio)
[22] L. VAN BEETHOVEN, Ibid., Vol. II, Parte Terza, Capitolo III
[23] TH. ADORNO, Ibid. [II, 29]
[24] Ibid. [II, 31]
[25] Ibid.
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