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Federico Bauce ECONOMIA E SOCIETÀ AD ARZIGNANO ALLA FINE DEL MEDIOEVO

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Federico Bauce

ECONOMIA E SOCIETÀ AD ARZIGNANOALLA FINE DEL MEDIOEVO

Economia e società ad Arzignano alla fine del Medioevo 11

INDICE DELLA TESI

Elenco delle figure, delle tabelle e dei grafici

Nota sul sistema monetario ed unità di misura

Introduzione

Parte I: LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

1. L’AGRICOLTURA1.1 Introduzione

1.2 L’agricoltura arzignanese alla metà del Quattrocento 1.2.1 La terra: compravendite fondiarie, livelli, livelli affrancabili 1.2.2 Gli animali: soccide bovine e suine 1.2.3 I commerci: denaro, animali, prodotti della terra, attrezzi agricoli 1.3 Conclusioni

Appendice al cap. 1 (Tab. I)

2. LA LAVORAZIONE DELLA LANA E LA PRODUZIONE DI SETA 2.1 Introduzione

2.2 Lana e seta nel Veneto occidentale: Materie prime, fasi di lavorazione, commercio dei prodotti finiti

2.3 L’industria tessile arzignanese 2.3.1 Le materie prime 2.3.2 Gli impianti di lavorazione 2.3.3 I prodotti tessili 2.4 Conclusioni Appendice al cap. 2 (Tab. II) 3. LA CONCIA DELLE PELLI E L’ATTIVITÀ CALZATURIERA

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Parte II: LA SOCIETÀ

4. LA VITA AMMINISTRATIVA, FISCALE E SOCIALE DEL COMUNE (Liber partium 1493-1504)

4.1 Cenni introduttivi 4.2 Le entrate 4.2.1 La decima e le tasse comunali (colte) 4.2.2 L’affitto dei boschi e la vendita di legname 4.2.3 L’affitto della piazza del comune (plateatico) 4.2.4 Mulini e folli sul Chiampo 4.3 Le spese 4.3.1 Il liber expensarum del 1488 4.3.2 Lavori agli argini del torrente Chiampo e alle chiese 4.3.3 Acquisto e distribuzione del sale 4.3.4 Sorveglianza su boschi e prati comunali: la polizia campestre 4.3.5 Difesa e servizio militare presso la Dominante 4.3.6 Gli acquisti fondiari del comune e il diritto di prelazione 4.4 La vita sociale del comune 4.4.1 La diffusione della peste 4.4.2 Ladri, banditi, malgoverno e disordini popolari 4.4.3 Eventi sociali minori 4.5 Conclusioni Appendici al cap. 4 (Tabb. IV, V, VI)

5. MAESTRO ENRICO: UN CALZOLAIO UN PO’ SPECIALE 5.1 La famiglia 5.2 Attività commerciali, insegnamento, frammenti di contabilità

6. ESTIMI E SOCIETÀ 6.1 Introduzione 6.2 La società arzignanese 6.2.1 Chiese, religiosità, famiglia, élite culturale: introduzione storiografica 6.2.2 Il gruppo dirigente 6.2.3 La distribuzione sociale della ricchezza

Appendici al cap. 6 (Tabb. XIV, XV, XVI, XVII)

Conclusione

Bibliografia

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Sintesi della tesi

La ricerca ha avuto come obiettivo quello di ricostruire un quadro generaledella vita economica e sociale di Arzignano durante la seconda metà del XVsecolo. La storiografia esistente aveva infatti trascurato questa località delterritorio vicentino, pur essendo una delle più popolose e ricche. L’antico ar-chivio del comune andò distrutto durante un incendio nel 1944; l’attenzione èstata posta quindi ai fondi archivistici conservati presso l’Archivio di Stato diVicenza, in particolare al fondo dei notai e all’Antico Ufficio del Registro.La tesi è divisa in due parti: nella prima ci si è soffermati sulle attività pro-duttive principali, l’agricoltura, la lavorazione della lana nostrana, di quellaiberica e di quella balcanica in panni di pessima qualità ma di successo sulmercato, sulla concia dei pellami e sull’attività calzaturiera. Le novità princi-pali che sono emerse riguardano la precoce diffusione del cosiddetto “livelloaffrancabile alla veneta”, un sistema creditizio basato su beni fondiari,l’ampia diffusione di attività manifatturiere legate al lanificio e la presenzamassiccia sui terreni di “morari”, alberi di gelso indispensabili per l’avviodella produzione di seta grezza. La seconda parte della tesi, invece, ha cercatodi ricostruire uno spaccato della società arzignanese tra 1450 e primi decennidel Cinquecento: oltre al notarile, si sono utilizzati un registro di deliberazionidel consiglio del comune di fine Quattrocento, alcuni frammenti di contabilitàrinvenuti tra le minute di un notaio e alcuni estimi. Lo sforzo principale è con-sistito nel mettere insieme fonti tra loro diverse, nel tentativo di identificare lepersone, i contadini, i piccoli artigiani e commercianti che vivevano ed opera-vano ad Arzignano. Lo studio dei frammenti di contabilità, uniti agli atti no-tarili, ha permesso in particolare di ricostruire le vicende di una famiglia im-piegata su più fronti, dall’attività notarile all’insegnamento scolastico,dall’agricoltura alle manifatture tessili e conciarie; gli estimi, poi, hanno per-messo di avere un riferimento alle possibilità contributive di uomini, donne eforestieri residenti nella località. Gli estimi hanno reso possibile effettuare al-cune considerazioni sulla distribuzione sociale della ricchezza, evidenziandofenomeni che troveranno piena espressione solo a metà Cinquecento.

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La tesi ha in definitiva confermato quello che ricerche a più ampio raggioavevano già rilevato, ma solo in maniera generica: i paesi di tutto il pede-monte veneto, fra tardo medioevo ed età moderna, costituiscono un’area diestremo interesse per gli storici, per la loro vivacità sociale e manifatturiera.Ad Arzignano e nel suo vicariato, oltre alla dominante attività legata alla ter-ra, vi era un diffuso sistema manifatturiero che sfruttava le grandi disponibi-lità idriche della zona, unite ad una mentalità votata ai commerci eall’investimento produttivo.

ANNO ACCADEMICO: 2004-2005RELATORE: Prof. Reinhold C. MuellerCORRELATORE: Prof. Gherardo Ortalli

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LA LAVORAZIONE DELLA LANA E LA PRODUZIONE DI SETA

2.1. Introduzione

E. Carus Wilson, con un suo saggio nella Storia economica Cambridge dedicatoall’industria laniera medievale1, ci introduce direttamente nell’ambito di studioche a noi qui interessa, quello appunto delle lavorazioni tessili in età medievale.Si tratta del settore trainante di tutta l’economia dell’epoca, superato solo dalsettore primario, che come si sa rivestì un ruolo fondamentale nella maggiorparte delle regioni europee fino all’Ottocento inoltrato2. Scrive Carus Wilson:

Nel Medioevo l’Europa era tanto rinomata quanto lo è oggi per i suoi prodotti tessili. Siproducevano molti e vari tessuti, con fibre indigene quali la lana, il lino e la canapa, confibre prevalentemente importate, quali la seta e il cotone, o con mescole di quei due tipidi fibre, come quelle di cotone con lana o lino3.

Gli storici dell’economia hanno individuato tre tipi fondamentali di strutturaindustriale per l’età di antico regime: l’industria domestica, l’artigianato el’industria accentrata. L’industria domestica, più diffusa nelle campagne che incittà, è l’attività industriale svolta dai membri della famiglia per far fronte alproprio fabbisogno di prodotti non agricoli4, spesso intrapresa nei tempi la-sciati liberi dall’impegno sui campi. Consisteva appunto nella lavorazione dellefibre tessili (lino e canapa soprattutto), ma anche nell’industria alimentare,nella produzione di farina, olio, pane, vino, birra, burro, formaggio, nella costru-zione di utensili, attrezzi agricoli, nell’edilizia. L’artigianato è invece la piccola

1 CARUS WILSON E., L’industria laniera, in Storia economica Cambridge, II, Torino 1982, pp.397-481.2 Carlo M. Cipolla stima la percentuale di popolazione attiva impiegata nell’agricoltura attor-no al 1750 nel 65% per l’area inglese, nel 75% per la Svezia e la Repubblica di Venezia, nel76% per la Francia (CIPOLLA C. M., Storia economica dell’Europa pre-industriale, Bologna2002, p. 93).3 CARUS WILSON E., L’industria laniera cit., p. 397.4 L’espressione inglese domestic industry non ha lo stesso significato di industria domestica,ma corrisponde all’italiano industria a domicilio.

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produzione di articoli manufatti svolta in una bottega da un lavoratore specia-lizzato, da solo o con la collaborazione di pochi aiutanti. La produzione in que-sto caso è destinata al mercato, per cui esiste la separazione tra le attività delprodurre e del consumare. La famiglia dell’artigiano si differenzia da quellacontadina in quanto di solito a struttura nucleare (padre, madre, figli) e resi-denza neolocale (residenza cioè separata dalla famiglia d’origine). All’internodell’artigianato possiamo inserire anche delle ulteriori evoluzioni del sistemaproduttivo: una prima modifica si ha quando la funzione mercantile si separada quella lavorativa e imprenditoriale dell’artigiano. Il piccolo produttore nonlavora più solamente per una clientela locale, ma cede la sua produzione a unmercante che poi smercia i prodotti su mercati lontani (Kaufsystem, smallclothier system o domestic system). Un passo ulteriore si ha con il sistemadell’industria a domicilio, chiamata anche Verlagssystem o putting-out system,industria decentrata o industria disseminata, dove la produzione avviene inpiccoli laboratori familiari, per lo più in campagna, distante dal controllo dellecorporazioni di mestiere; gli strumenti di lavoro sono in questo caso di pro-prietà dell’artigiano e sussiste la divisione del lavoro. La prima fase lavorativaaveva luogo all’interno della bottega del mercante-imprenditore, quasi semprein città. In un secondo momento la materia prima semilavorata veniva portatanei piccoli laboratori artigianali delle città o nelle campagne per essere lavoratadai contadini nei momenti di riposo dal lavoro agricolo (l’industria rurale sisvilupperà per l’Italia centro-settentrionale soprattutto nel Sei e Settecento). Ilciclo produttivo si chiudeva con il ritorno dei prodotti nella bottega del mer-cante-imprenditore, da dove prendevano la via del mercato e della vendita.L’industria accentrata, infine, a differenza dell’industria domestica odell’artigianato, prevede che l’attività di trasformazione venisse svolta da lavo-ratori dietro compenso, in uno stesso luogo e sotto la direzione di un superviso-re, con strumenti appartenenti spesso ad altri (ad esempio nelle miniere,nell’edilizia, negli arsenali, nelle cartiere o nelle manifatture tessili). La Rivolu-zione Industriale non eliminò il lavoro industriale disperso a favore di quelloaccentrato; i tre sistemi di industria convissero anche in epoca industriale, purnello schiacciante predominio del sistema di fabbrica5. Oltre a questo, per la lana e la seta, occorre sottolineare l’estrema flessibilità delsistema organizzativo d’età preindustriale: spesso le stesse persone erano im-piegate su più fronti, nell’agricoltura durante il periodo estivo, nell’industriadella lana e della seta durante il periodo invernale e durante le pause del lavorosui campi. Inoltre fondamentale era la manodopera femminile, specie nel setto-re serico, per l’allevamento dei bachi e per la trattura.

5 MALANIMA P., Economia preindustriale. Mille anni: dal IX al XVIII secolo, [Milano] 2000,pp. 244-295.

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2.2. Lana e seta nel Veneto occidentale:

Materie prime, fasi di lavorazione, commercio dei prodotti finiti

a) Storiografia: Il territorio vicentino e quello veronese sono stati negli ultimianni al centro dell’attenzione di storici dell’economia interessati alle originidella lavorazione della lana, della seta e dei prodotti tessili in generale diquest’area. In alcuni casi si è giunti a ribaltare la tradizionale idea di crisi e de-cadenza del settore nel Seicento, in altri si è vista la mancata creazione di unmercato unitario regionale da parte della Repubblica di Venezia anche per ilsettore tessile (stato policentrico). Utilizzando i lavori di Edoardo Demo6, Fran-cesco Vianello7, Luca Molà8 e Walter Panciera9 cercheremo di dare un quadrogenerale in merito alle materie prime, alla lavorazione e allo smercio dei pro-dotti tessili realizzati nel Veneto, prima di passare all’analisi della situazionearzignanese. Tenteremo poi, dove possibile, di integrare le fonti notarili conquelle fiscali (estimi), per capire lo status sociale e di ricchezza dei personaggiincontrati (vedendo anche l’andamento negli anni delle cifre d’estimo).

b) Materie prime, lana: Tra Tre e Quattrocento vi fu un netto miglioramentonelle condizioni di allevamento del bestiame ovino in area veronese e vicentina,tanto che si riuscì a svincolare la produzione locale di pannilana dall’acquisto dimaterie prime estere. Il miglioramento qualitativo delle materie prime fu do-vuto innanzitutto alle favorevoli condizioni geografiche dei due territori, situatiin una zona pedemontana, con ricca disponibilità di acqua e di pascoli sia dipianura che di montagna10. Varanini nota come proprio nell’area dei Lessini

6 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550), Milano2001; DEMO E., Compagnie tessili operanti a Vicenza tra XV e XVI secolo, inhttp://www.storiadivenezia.it; DEMO E., Le manifatture tra Medioevo ed età moderna, inFONTANA G. L. (a cura di), L’industria vicentina dal Medioevo a oggi, Padova 2005, pp. 21-126; DEMO E., La produzione serica a Verona e Vicenza tra Quattro e Cinquecento, in MOLÀL. – MUELLER R. C. – ZANIER C., La seta in Italia dal Medioevo al Seicento. Dal baco aldrappo, Venezia 2000, pp. 305-333.7 VIANELLO F., Seta fine e panni grossi. Manifatture e commerci nel Vicentino 1570-1700,Milano 2004.8 MOLÀ L., The Silk Industry of Renaissance Venice, Baltimore-London 2000; MOLA’ L., Ledonne nell’industria serica veneziana del Rinascimento, in MOLÀ L. – MUELLER R. C. –ZANIER C., La seta in Italia dal Medioevo al Seicento. Dal baco al drappo, Venezia 2000, pp.423-459.9 PANCIERA W., L’arte matrice. I lanifici della Repubblica di Venezia nei secoli XVII e XVIII,Treviso 1996; PANCIERA W., Un lungo tirocinio: la lavorazione delle fibre tessili in età mo-derna, in CISOTTO G. A. (a cura di), Storia della valle dell’Agno. L’ambiente, gli uomini,l’economia, Valdagno 2001, pp. 559-586.10 Cfr. per il discorso sulle disponibilità idriche del territorio vicentino in particolarePANCIERA W., La formazione delle specializzazioni economiche territoriali nel Sei e Sette-cento, in FONTANA G. L. (a cura di), L’industria vicentina dal Medioevo a oggi, Padova 2005,pp. 231-346.

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veronesi furono gli Scaligeri nella prima metà del XIV secolo a promuovere lacostituzione di un vasto complesso poderale per lo sfruttamento dei pascoli;migliorando quindi le condizioni di vita e di alimentazione degli animali, sicontribuì a migliorare indirettamente la materia prima da essi prodotta11.L’allevamento ovino nel corso del Quattrocento venne effettuato prevalente-mente con il ricorso al contratto di soccida semplice, “un particolare contrattoagricolo della durata di tre o quattro anni per il quale il proprietario di un greg-ge (definito soccidante) concede ad altri (i soccidari) l’allevamento e lo sfrut-tamento del bestiame, con equa ripartizione di quanto da esso ottenuto: la lanasoprattutto, ma anche il formaggio ed eventualmente la carne”12. Le pecore ve-nivano sottoposte alla tosatura due volte l’anno, a marzo (lana marzadega omarzega) e a fine agosto-inizio settembre (lana avostana o augustana, piùgrossa e di fibra più corta rispetto alla prima). Dopo la tosatura la lana potevaessere venduta subito o sottoposta dai medesimi produttori alle operazioni dispartitura e lavatura (in questo modo, la lana veniva suddivisa a seconda dellagrossezza delle fibre e raggruppata in diverse scelte qualitative dette “ragioni”,corrispondenti alle differenti parti dell’animale13). Solo con il Cinquecento siassisterà alla crisi delle lane locali, con una diminuzione dell’allevamento eun’estensione del coltivo. La lana “nostrana” continuerà invece ad essere utiliz-zata dai produttori del territorio per la produzione di panni “bassi”14. Perquanto riguarda le lane straniere, a Verona venivano importate le lane fiandri-ne o francesche di provenienza inglese e di altissima qualità, oltre alle lane spa-gnole di San Matteo (per lo più vendute sucide e di tre qualità medio-basse, ne-gra, bianca e beretina); a Vicenza invece, oltre alle suddette tipologie, si im-portavano anche lane di Mantova e della Bassa padovana (dette “Scotiane” o“Scorciane”). Soprattutto dal Cinquecento in poi, ma già dagli anni Ottanta delQuattrocento, si iniziò ad importare tramite il mercato veneziano e a lavorareanche lana salonicca, di bassissimo livello qualitativo e di provenienza balcanica15.

11 VARANINI G. M., Una montagna per la città. L’alpeggio nei Lessini veronesi nel Medioevo,in BERNI P. – SAURO U. – VARANINI G. M. (a cura di), Gli alti pascoli dei Lessini. Natura sto-ria cultura, Verona 1991, pp. 1-75.12 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., p. 32.13 A Verona la lana veniva divisa in quattro diverse “ragioni”: gentile (per i panni “alti”), me-diocre, grossa, peloti. A Vicenza invece le lane erano suddivise in cinque categorie: fioreta,zentile, mezana, grossa e zachole (le prime tre qualità utilizzate per i panni “alti”, le ultimedue per quelli “bassi”). Cfr.: DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vi-cenza (1400-1550) cit., p. 34.14 Panno “alto” indica genericamente il tipo di produzione riservato ai centri urbani (per Vi-cenza gli statuti dell’Arte della lana stabiliscono un numero di portate compreso tra un mini-mo di 52 ed un massimo di 70); panno “basso” indica invece la produzione del territorio, diqualità inferiore, con pezze più strette e lunghe (DEMO E., L’“anima della città”. L’industriatessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., p. 342).15 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., pp.39-46; DEMO E., Le manifatture tra Medioevo ed età moderna cit., p. 29.

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c) Materie prime, seta: La seta si diffuse nel territorio vicentino e veronese giànei primi decenni del Quattrocento, come dimostrano i numerosi atti di com-pravendita e locazione di appezzamenti fondiari rinvenuti da Edoardo Demoper la coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi da seta. Un ruolo impor-tante per la diffusione della gelsibachicoltura fu ricoperto sicuramente dai cen-tri dell’area pedemontana dell’Alto vicentino (Schio, Thiene, Marano, Malo,Valdagno e Arzignano), dove appare precocemente diffusa già alla metà del se-colo16. Anche per la seta i prodotti erano di diversa qualità: la seta migliore eradetta “leale” o “reale” o “gioiante” (per la tessitura dei drappi di alta qualità).Mentre la materia prima vicentina veniva generalmente definita “sottile” e dibuona qualità, quella veronese veniva invece definita “grossa” e pesante, utiliz-zata soprattutto per fare trame17.

d) Materie tintorie: Un ultimo accenno deve essere fatto alle materie tintorieutilizzate nella lavorazione di lana e seta. Le due materie tintorie maggiormentediffuse per tutta l’eta medievale furono il guado (per le sfumature dell’azzurro edel nero, oltre che base per i vari processi di tinteggiatura successivi; prodottoper l’Italia in Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia) e la robbia o garanza(meno costosa del guado, serviva per tingere i tessuti in rosso)18.

e) Processo produttivo, lana: L’organizzazione del processo produttivo tessileprevedeva una serie di operazioni di elevata specializzazione, con il coinvolgi-mento di un numero notevole di lavoratori e mercanti che poi smerciavano iprodotti finiti. Per il settore della lana e della seta già nel Quattrocento il mo-dello produttivo maggiormente diffuso è quello dell’industria decentrata (Ver-lagssystem) con a capo un mercante-imprenditore. Accanto a queste figure dimercanti-imprenditori esistevano comunque dei piccoli produttori che operava-no a livello di microimprese familiari e la cui presenza era diffusa anche nel ter-ritorio in ambito rurale. Basti ricordare i discorsi fatti sopra a proposito dellanotevole flessibilità organizzativa esistente in età preindustriale. La lavorazionedella lana consisteva in una trentina di operazioni divise in cinque fasi fonda-mentali: preparazione della lana (svolta da dei lavoranti pagati prevalentementea cottimo), filatura (la fibra veniva trasformata in filo continuo tramite stira-mento e torcitura; impiego di monodopera femminile), orditura insieme alla tes-situra, rifinitura (purgatura, follatura, garzatura, cimatura e tiratura) e tintura19.

f) Processo produttivo, seta: Anche per il settore serico il tipo di organizzazioneproduttiva più diffuso era quello della manifattura decentrata o a domicilio. Le

16 Ibidem, p. 48.17 Ibidem, p. 53.18 Ibidem, pp. 59-65.19 Ibidem, pp. 87-110.

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fasi fondamentali della lavorazione della seta erano la raccolta delle foglie digelso e il nutrimento dei bachi, la trattura (compiuta prevalentemente in cam-pagna da manodopera femminile), la filatura-torcitura (tramite un macchinarioazionato a mano o con forza idraulica), la bollitura con la tintura e l’ordituracon la tessitura (queste ultime due operazioni poco diffuse a Verona e Vicenzaalmeno fino agli anni Cinquanta e Sessanta del Cinquecento)20.

g) Evoluzione dei settori laniero e serico e tipologie dei prodotti: Le tendenzesul lungo periodo del settore laniero indicano un primo momento di forteespansione nel Veneto occidentale verso la seconda metà del Quattrocento(11.000 pezze a Verona nel 1493, 4.000 panni alti a Vicenza nel 1485); una se-conda fase contrassegnata per i primi decenni del Cinquecento da una certa cri-si e ridimensionamento della produzione (7.760 panni a Verona nel 1499-1508)fino allo scoppio della guerra della Lega di Cambrai (1509). La ripresa è relati-vamente veloce dopo le devastazioni del periodo d’interregno imperiale (1509-1517): Verona passa dalle 3.000 pezze fabbricate nel 1517 alle 7.381 del 1533,mentre Vicenza si mantiene su livelli di produzione di 2.500-3.000 panni altitra gli anni Venti e Sessanta del XVI secolo. Una quarta ed ultima fase può esse-re fatta iniziare con l’ultimo trentennio del Cinquecento, quando i lanifici vero-nesi e vicentini vanno incontro ad una rapida crisi, messi in difficoltà dalla con-correnza nordeuropea e da quella mantovana e veneziana21. La produzione la-niera riguardava principalmente i cosiddetti panni alti e panni bassi. I pannialti venivano fabbricati esclusivamente in ambito urbano ed erano destinatiprevalentemente all’esportazione; la qualità di un panno era data dalla sua lar-ghezza, in base al riferimento ad un’unità di misura chiamata portata, riguar-dante il numero di fili di cui era composto l’ordito del panno (40 fili d’orditoper portata sia a Vicenza che a Verona). La qualità era poi data dall’utilizzo diun determinato tipo di telaio durante la tessitura: un telaio con corredo a trelicci permetteva di ottenere filati soffici a passo incrociato, mentre la tessitura“alla piana”, cioè con telai a quattro licci, permetteva di tessere superfici secon-do geometrie a quadri, scacchi e spigate22. I panni bassi erano una caratteristicadei centri minori del territorio, di uso più corrente ed ottenuti con lane locali diseconda scelta (grosse o grosselle, lane di San Matteo, lane pugliesi o lane salo-nicche). A Vicenza gli Statuti dell’Arte della lana prevedevano per i panni bassiun minimo di 22 portate (880 fili di ordito) e una larghezza di 1 braccio (0,64metri). Altri prodotti lanieri del territorio vicentino erano i grixi de rocha, lesaiete e le stamegne (fatte con telai da 24 portate). Nel Cinquecento inizie-ranno ad essere prodotti nel territorio (e Arzignano divenne una delle maggiori

20 Ibidem, pp. 117-133.21 Ibidem, pp. 191-193.22 La lunghezza media di un panno prima delle operazioni di rifinitura era di circa 30-31 metri(DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., p.195n).

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produttrici) anche i panni cotonati, di bassissima qualità e diffusi tra la popola-zione meno abbiente, mentre sempre più importante divenne la fabbricazionedelle mezzelane23. L’industria serica nel Veneto occidentale, a differenza del comparto laniero, vis-se un periodo positivo di crescita lungo tutta la seconda metà del Quattrocentoe per tutto il Cinquecento, in particolar modo nella produzione di semilavorati.La produzione completa di drappi venne consentita solo nel 1554 a Verona e nel1561 a Vicenza24.

h) Il mercato regionale veneto: Edoardo Demo conclude il suo lavorosull’industria tessile veronese e vicentina affermando come per tutto il Quattro-cento e buona parte del Cinquecento il governo veneziano non abbia attuatouna politica economica volta alla costituzione di una regione economica coe-rente con il territorio dominato25. Per il Veneto occidentale, e nello specifico per quanto riguarda il lanificio, Ve-rona continuò anche dopo la dedizione a Venezia ad andare per conto proprio, imercanti-imprenditori attivi sul mercato atesino continuarono ad agire diret-tamente o tramite procuratori e fattori sui vari mercati esteri, senzal’intermediazione veneziana. Vicenza, città di dimensioni e importanza com-merciale più modesta, approfittò all’opposto della possibilità di smerciare ipropri manufatti sul mercato rialtino, anche se non mancarono casi isolati tra ilanaioli vicentini di scambi verso l’Italia centro-meridionale o l’area tedescasenza il transito veneziano. Inoltre Vicenza fu costretta a confrontarsi conl’esistenza nel suo territorio di una serie di centri minori, ma demografica-mente consistenti, che si posero in concorrenza con la città nella produzionelaniera (Arzignano, Marostica, Schio e Valdagno)26. Questa vivacità economicaebbe ripercussioni anche nei rapporti politici tra Vicenza e i centri minori delterritorio. Il Mantese ripercorre nella storia di Schio le varie tappe condottedalla cittadina nella lotta contro Vicenza, protrattasi fino al Settecento, perl’autonomia politica e per avere un rettore di nomina veneziana27.Volendo allargare per un attimo i riferimenti cronologici e geografici dello stu-dio, è utile ricordare i recenti lavori sull’età moderna di Walter Panciera nellastoria della Valle dell’Agno e quelli di Francesco Vianello sull’industria tessilevicentina nel Seicento. Panciera parte nella sua analisi dallo studio dei lanificipresenti nella vallata dell’Agno (confinante ad occidente con quella del Chiampo)

23 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., pp.193-202.24 Ibidem, pp. 207-215.25 Ibidem, p. 321.26 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., p.324. Nelle fonti si arriva a dire che nel territorio vicentino si producevano panni bassi in nu-mero “infinito” (Ibidem, p. 201).27 MANTESE G., Storia di Schio, Schio 1969 (I ed. 1955), pp. 407-428.

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nel Quattrocento, sottolineando ancora una volta lo stretto legame tral’industria locale e la pastorizia diffusa nelle valli dei Lessini orientali. Vienenotato come il vicariato di Arzignano fosse in realtà più vivace di quello valda-gnese nel settore laniero, almeno fino alla fine del Cinquecento, quando si ebbeun periodo di stagnazione generale da cui emerse per importanza e vivacità ilcentro di Schio28. Francesco Vianello ha pubblicato di recente uno studio sull’industria della lanae della seta nel vicentino durante la crisi seicentesca. I risultati ottenuti con laricerca hanno in realtà messo in luce una crisi e un declino delle manifattureurbane, un crollo delle produzioni “alte”, a cui corrispose un altrettanto spetta-colare sviluppo delle cittadine del territorio. Vi fu in poche parole un trasferi-mento e decentramento delle attività produttive dalla città ai centri minori conla nascita di poli protoindustriali nella provincia29. Oltre al settore laniero, anche quello serico riceveva forti impulsi allo sviluppodalle particolari condizioni geo-fisiche della fascia pedemontana vicentina. Lapresenza di viti accompagnate da gelsi (sistema della piantata) aumentava in-fatti la rendita poderale per i proprietari terrieri. La mancata autosufficienza alivello locale di cereali costringeva poi all’importazione di materie prime per ilsostentamento della popolazione locale; per avere capacità d’acquisto necessa-rio al rifornimento annonario le comunità locali furono costrette a dedicarsialle manifatture. A livello urbano, la decadenza del settore laniero fu colmata inun certo senso dallo sviluppo dell’industria serica.Qualche ulteriore considerazione possiamo farla in merito alla sericoltura nellaTerraferma veneta, riprendendo l’approfondito studio di Luca Molà uscito nel2000 come risultato delle sue ricerche condotte per la tesi di dottorato. Molàafferma che la prima città veneta nella quale si diffuse la produzione e lavora-zione della seta fu proprio Vicenza all’inizio del Quattrocento; nel secolo suc-cessivo la produzione aumentò e con essa la coltivazione del gelso nelle campa-gne del territorio. Da Vicenza e Verona la sericoltura si estese a tutte le altrecittà venete, comprese le città della Lombardia veneta, interessando per la suanovità la pubblicistica agraria cinquecentesca30.

2.3. L’industria tessile arzignanese

Al momento della dedizione di Vicenza all’inizio del Quattrocento, Venezia sipreoccupò di mantenere inalterati i privilegi ormai conseguiti da secoli dallacittà nei confronti del territorio circostante. Nonostante tutto questo, il territorio

28 PANCIERA W., Un lungo tirocinio: la lavorazione delle fibre tessili in età moderna cit., pp.559-563.29 VIANELLO F., Seta fine e panni grossi. Manifatture e commerci nel Vicentino 1570-1700cit., pp. 14-17.30 MOLÀ L., The Silk Industry of Renaissance Venice cit., pp. 217-232.

Economia e società ad Arzignano alla fine del Medioevo 23

vicentino non rappresentava uno spazio omogeneo e indifferenziato sul pianoistituzionale, ma esistevano comunità con gradi diversi di autonomia. La pro-vincia era divisa in 11 vicariati (guidati da nobili vicentini che detenevano anchela giurisdizione nel civile per importi ridotti), 2 podesterie (Lonigo e Marostica)e 4 vicariati privati (Alonte, Bagnolo, Dueville e Costafabbrica-Costabissara).Bassano rimaneva un’isola a sé, in alcuni settori di amministrazione sottopostaa Treviso, ma sempre orgogliosa della propria autonomia. Le “terre murate” diLonigo e Marostica, ai confini occidentale e orientale della provincia, godevanodi importanti privilegi, oltre al fatto di essere rette direttamente da un nobileveneziano. Tra questi privilegi vi era quello di poter tessere pannilana di altaqualità, simili per dimensioni a quelli che si fabbricavano a Vicenza. Anchequando, nel Cinquecento, nacque il Corpo territoriale vicentino, un’istituzionedi mediazione tra le comunità locali e la città, le richieste dei maggiori centri delterritorio di ottenere i privilegi già goduti da Lonigo e Marostica rimasero ina-scoltate. Arzignano rimase sempre nell’orbita vicentina e non riuscì mai a stac-carsi dal resto del vicentino, nonostante il suo vicariato fosse il più ricco del ter-ritorio e uno dei più abitati (ad Arzignano c’erano 1.500-2.000 abitanti a metàQuattrocento in base alle stime del Mantese31, più di 5.000 a metà Cinquecento32).

2.3.1. Le materie prime

a) Lane nostrane e lane straniere: La produzione tessile arzignanese si caratte-rizza fin dai primi anni del Quattrocento per la sua bassa qualità e per l’utilizzodi materie prime di scarso valore (scarti). Proprio questa differenza rispetto alleproduzioni cittadine ne faranno un tipo di industria fiorente nei momenti dicrisi. Quando cioè la maggior parte della popolazione si troverà in uno stato dimiseria, le produzioni arzignanesi saranno in grado di rispondere alle necessitàdegli strati inferiori della popolazione, contadini soprattutto, ma anche abitantipoveri delle città. Dopo le urgenze alimentari, quelle legate all’abbigliamentosono sicuramente tra le più pressanti durante tutta l’età di antico regime. Perquanto riguarda il settore laniero, abbiamo già sottolineato più voltel’importanza dell’allevamento ovino locale nell’approvvigionamento delle mate-rie prime di lavorazione. Anche le fonti arzignanesi riportano spesso contrattidi soccida ovina tra abitanti del borgo e soccidari.Oltre alla lana “nostrana” di seconda scelta, ad Arzignano si importava e si la-vorava anche lana spagnola e balcanica. Mancano, ovviamente, nelle fonti nota-rili viste, cenni alle lane più pregiate di origine inglese (fiandrine o francesche).La lana spagnola di San Matteo veniva probabilmente acquistata dagli arzigna-nesi sul mercato vicentino, come lascia supporre un documento della fine del

31 MANTESE G., Storia di Arzignano, Arzignano 1985, p. 130.32 VIANELLO F., Seta fine e panni grossi. Manifatture e commerci nel Vicentino 1570-1700cit., p. 34.

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1454 rogato a Vicenza. Il 19 novembre, nella sindicaria di Santa Corona in città,Antonio fu Cresenzio de Cresentio, lanarius di Valdagno ma cittadino e resi-dente a Vicenza in sindicaria Santo Stefano, rilasciò quietanza ad Antonio figliodel molendinarius Franceschino di Arzignano, a Giovanni di Lazzaro e a Leo-nardo di Domenico Stizzoli, tutti di Arzignano, per il pagamento di 292 libbredi lana bianca di San Matteo (più di 140 chilogrammi) consegnata qualchetempo prima agli arzignanesi da Antonio. Il prezzo pagato per la lana fu di 18ducati, circa 6 ducati per centinaio di libbre33. Già nella prima metà del secoload Arzignano si lavorava lana spagnola: il 7 gennaio del 1432, Domenico del fuBertoldo Asticoli, abitante ad Arzignano, assieme a suo figlio Leonardo, rice-vette in società 150 ducati, “in denariis datis et lana de Sancto Matheo”, dal no-bile Giacomo di Giovanni Valmarana34.I primi riferimenti a lana di importazione balcanica (nelle fonti viene definita “aSalonicho”) si trovano nella documentazione arzignanese e vicentina verso glianni Ottanta del Quattrocento. Tra il 1487 e il 1488, il nobile cittadino Zilio Ca-nato vendette importanti partite di lana balcanica di costo modesto ad arzigna-nesi, ad abitanti del vicariato e di zone limitrofe. Il 13 dicembre 1487, Zilio ven-dette 82 libbre di lana salonicca a Matteo di Bartolomeo Anzio da Altissimo (4ducati per centinaio di libbre); altre 61 libbre le vendette lo stesso giorno alfratello di Matteo, Baldissera di Bartolomeo Anzio e 46 ad Antonio di Domeni-co Liegani da Crespadoro (sempre per 4 ducati ogni 100 libbre di lana). Altrevendite da parte di Zilio vennero effettuate il 13 febbraio e il 6 novembredell’anno successivo: a febbraio vendette a Michele di Domenico da Crespadoro107 libbre di lana salonicca e altre 60 a Giovanni Guntii da Altissimo (4 ducatisoliti ogni 100 libbre di lana); a novembre invece vendette 156 libbre di lanasalonicca a Bartolomeo di Marco Uguccione di Arzignano (18 lire per centinaiodi libbre, 3 ducati 4 lire 1 soldo) e 30 libbre ad Antonio di Domenico Disconzida Altissimo (4 ducati per centinaio di libbre)35.I ricchi possidenti terrieri di Arzignano erano soliti acquistare terreni pagandolipoi per così dire in natura, principalmente con lana e seta grezza ancora da lavora-re. Nel 1484, Angelo del fu Giacomo Nicolò Meelli di Arzignano acquistò per 25lire un terreno prativo “cum nogariis, pomariis et perariis” nelle pertinenze di

33 ASVi, Notai di Vicenza, Giacomo Franchi da Arzignano, b. 462 (19 novembre 1454). V. altrecompravendite di lana di San Matteo nel territorio intorno a Vicenza in DEMO E., Le mani-fatture tra Medioevo ed età moderna cit., p. 28.34 ASVi, Ufficio del Registro, 1432, l. VI, cc. 611r-612v, 7 gennaio 1432 (Notaio Donato diBartolomeo a Sale).35 ASVi, Notai di Vicenza, Francesco Zanechini, b. 5358, cc. 13r e 29r (13 febbraio e 6 novem-bre 1488). V. altre compravendite di lana, probabilmente salonicca anche se non sempre spe-cificato, in Ibidem, cc. 8rv e 26rv (12 novembre, 4 dicembre 1487; 25 settembre 1488): 50 lib-bre ad Antonio di Domenico Liegani da Crespadoro, 108 libbre ad Antonio di Bartolomeo daSan Pietro Mussolino, 205 libbre ad Antonio di Domenico Liegani da Crespadoro, 56 libbre dilana salonicca a Domenico di Nicolò Domenico Nori (de Nurris) da Cornedo, 123 libbre aDomenico Nori da Cornedo (per tutti i casi 4 ducati/100 libbre).

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Nogarole da Andrea di Cristoforo detto Andrea Panaito. Per pagare il terrenoutilizzò “libras duodecim et soldos decem in tot tronis, et marcelis et marchetisbonis argenteis… alias quoque libras duodecim et soldos decem… in tanta lanaalba lota (=lavata) a Salonicho”. I terreni così acquistati venivano poi spesso ri-ceduti al primo proprietario mediante un contratto di livello affrancabile e ilpagamento di un fitto annuo (l’interesse)36. Il 20 aprile 1487, Gabriele di Gio-vanni Balsemini di Arzignano acquistò dal sarto Giacomo del fu Alberto Zesi diArzignano per 100 lire un terreno arativo con 5 piantate di viti in località Pra-giane. Anche in questo caso, metà della somma venne pagata in denaro, l’altrametà invece “in tanta lana… a Sancto Matheo lota, lana alba a Salonicho lota etin lana alba nostrana etiam lota”37.

b) I gelsi per l’alimentazione dei bachi da seta: Uno dei primi segnali di unacerta presenza dell’attività serica in un determinato territorio è la coltivazionedel gelso, le cui foglie venivano utilizzate per l’alimentazione dei bachi da seta38.Gli atti notarili riportano spesso la presenza di “morari” nei terreni di Arzigna-no, fin dagli anni Sessanta del Quattrocento. La coltivazione del gelso ebbe aquanto pare un rapido successo nelle campagne vicentine e quindi anche arzi-gnanesi grazie soprattutto alla possibilità di integrare la presenza di questi al-beri a coltivazioni preesistenti, come ad esempio la vite (sistema della piantata).Una delle prime attestazioni della coltivazione del gelso in territorio arzignane-se risale al 6 dicembre 1463, quando Desiderato di Taddeo da Arzignano eBartolomeo figlio di Antonio Pace da Montorso stabilirono una serie di condi-zioni per l’affitto di un terreno. Desiderato investì Bartolomeo di un terrenoprativo di circa tre campi nelle pertinenze di Arzignano in località Sabbionara;la locazione aveva una durata di 6 anni e il conduttore si impegnava a conse-gnare al proprietario del fondo metà del fieno ottenuto, portandolo diretta-mente a proprie spese al fienile di Desiderato, esistente in località Sabbionara.Il conduttore si impegnava poi ad abitare presso questo fienile e presso la do-muncula costruita accanto; per la residenza nella casa e per l’orto adiacente, ilconduttore non avrebbe dovuto pagare nessun fitto a Desiderato. Quest’ultimosi riservava la possibilità per il futuro di “plantare seu plantari facere de mora-riis ad omne suum beneplacitum in dicta pecia terre”, e la possibilità di tenere

36 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4820 (fasc. I, 7 agosto 1484).37 Ibidem, b. 4821 (fasc. III, 20 aprile 1487). Il terreno in questione (gravato da obblighi versola pieve di Chiampo per 5 denari e il comune di Arzignano per 12 soldi e 4 denari) venne poiriceduto, come spesso accadeva, al primo proprietario, in questo caso il sarto Giacomo, tra-mite un livello affrancabile.38 Per riflessioni interessanti sulla diffusione di gelsi in Italia e nel Veneto in particolare, cfr.MOLÀ L., The Silk Industry of Renaissance Venice cit., p. 219 e ss.; BURNS H., Cultura di seta,cultura di villa, in MOLA’ L. – MUELLER R. C. – ZANIER C., La seta in Italia dal Medioevo alSeicento. Dal baco al drappo, Venezia 2000, pp. 233-240.

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sul terreno le proprie api39. Inoltre altre clausole di questi pacta prevedevanol’obbligo comune di costruire un riparo per gli attrezzi agricoli (venduti a Bar-tolomeo di Desiderato), la sistemazione degli argini del torrente che scorrevavicino al campo e la consegna di una parte della paglia e del letame prodottodalle bestie40.Le testimonianze sulla coltivazione del gelso nel territorio di Arzignano si infit-tiscono con gli anni Settanta del secolo; nel giro di pochi decenni, infatti, questacoltivazione diverrà un elemento tipico del paesaggio rurale di tutta la pianura edelle colline vicentine. Nel gennaio del 1471, Daniele di Uguccione di Arzigna-no, il figlio Cristoforo e i nipoti Giorio e Giorgio, vendettero a Vincenza del fuMarco da Altavilla moglie un tempo del fu Bartolomeo di Marco Fabbri di Arzi-gnano una casa murata, con solaio, aia ed orto, e con una tegies (=fienile, tezza)“cum morariis intus”, di circa un quarterio di campo in contrada Ritorto41. Altridocumenti interessanti si trovano per l’anno successivo e negli anni Ottanta eNovanta, quando diventa consueta la presenza dei gelsi all’interno degli orti e

39 L’apicoltura deve essere stata una delle attività rurali più diffuse e probabilmente redditiziedella zona. Un altro riferimento all’apicoltura si trova nel 1464, quando Francesco di Giovan-ni Olivi da Arzignano si impegna a restituire al fratello Andrea 5 alveari di api e la terza partedi un sesto alveare, in quel momento tenuti dallo stesso Francesco (ASVi, Notai di Vicenza,Alberto da Arzignano, b. 4716, fasc. VIII, 27 aprile 1464). V. anche il cap. 5 su maestro Enricoper la diffusione del gelso come nutrimento dei cavalieri, bachi da seta.40 ASVi, Notai di Vicenza, Alberto da Arzignano, b. 4716 (fasc. V, 6 dicembre 1463).41 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4816, fasc. V, 22 gennaio 1471. L’annosuccessivo troviamo altre indicazioni sulla coltivazione dei gelsi ad Arzignano. In un primodocumento del 14 aprile, Giovanni Cristoforo di maestro Uguccione da Arzignano, cittadino eresidente a Vicenza in sindicaria Carpagnona, vendette a Giacomo di Antonio Tirondola diArzignano per 40 ducati e mezzo un sedime con una casa murata, cupata, con aia, orto “etuno morario” di circa un quarterio di campo in contrada Ritorto, pagando ogni anno comediritto di livello alla chiesa cattedrale di Vicenza entro Natale 32 soldi di denari (Ibidem, fasc.VI, 14 aprile 1472). Alla fine del 1472, Giovanni Balsemini di Arzignano acquistò da Giorgio fuPavini de Pavinis di Arzignano e dal figlio di questi, il notaio Gabriele, un sedime con una ca-sa “cum morariis, pomariis, perariis, vitibus, antaniis, nogariis intus et aliis arboribus fructi-feris et non fructiferis” di circa sei campi in contrada Ritorto, dopo averlo tenuto a livellol’anno precedente (Ibidem, 23 dicembre 1472). Nel 1476, nell’atto di divisione di beni eredita-ri tra i fratelli Stefano, Domenico, Simeone e Donato, figli di Giacomo di Nicolò Meelli, vienemenzionato un terreno arativo “cum vitibus intus, duobus morariis et aliis arboribus” di 5quarteri di campo in località Rive, con l’obbligo di pagare come livello perpetuo alla chiesa diOgnissanti 1 lira e 2 soldi ogni anno (Ibidem, b. 4817, fasc. III, 15 ottobre 1476). La presenzadi gelsi ad Arzignano diventa consueta negli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento. Nel1492 viene di nuovo ricordata la coltivazione di gelso in un atto di compravendita di una casa“cum ara et orto plantato morariis et aliis arboribus” di circa mezzo campo in contrada Ri-torto o Crosara. Per l’occasione, Francesco, figlio di Gaspare di Giacomo dalla Vecchia di Ar-zignano, e Matteo di Antonio da Verona, abitante ad Arzignano, acquistarono la proprietà daBartolomeo di Marco Meelli di Arzignano per 400 lire di denari piccoli (Ibidem, b. 4822, fasc.III, 25 settembre 1492).

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dei vigneti (come sostegno ai filari nel sistema della piantata) o assieme apiante da frutto42.

c) La città e il territorio: I cittadini di Vicenza, coinvolti spesso nei traffici enella lavorazione di lana e seta, erano evidentemente interessati a mantenereun alto livello di qualità delle materie prime che si producevano nel territorio.Allo stesso tempo però non potevano permettere ai distrettuali di porsi in con-correnza con i produttori urbani di Vicenza. Tutto questo fu alla base dei divieticittadini nei confronti del territorio di realizzare prodotti di alta qualità (per lalana quindi fu permessa nel territorio solo la tessitura di panni di bassa fattura,per la seta solo la trattura di materia prima grezza). Il territorio produceva edesportava materie prime di elevata qualità, ma non poteva lavorarla e riven-derla in prodotti finiti, se non appunto di bassa fattura. Schio ed Arzignano, idue centri maggiori del territorio, cercarono a più riprese di liberarsi da questovincolo nei confronti di Vicenza, senza però riuscirci. Arzignano tentò di rita-gliarsi un proprio spazio nel mercato dei panni di lana, con la fabbricazione diprodotti di bassissima qualità che analizzeremo in un altro paragrafo, utilizzan-do gli scarti di lavorazione e rivolgendosi ad un pubblico di bassa estrazione,contadini e poveri inurbati43.

2.3.2. Gli impianti di lavorazione

La lavorazione della lana e della seta necessitava di impianti complessi e costosieconomicamente. Proprio per questo motivo le ultime fasi di trasformazione e ilprocesso di commercializzazione dei prodotti finiti avveniva prevalentementein città. Nonostante ciò, anche nel territorio vi era un ciclo produttivo completodella lana, dalla preparazione della materia prima fino alla tessitura e alla con-fezione di abiti. Ad Arzignano si sfruttava la ricca disponibilità di acqua per co-struire lungo i torrenti (Chiampo e Guà) mulini per la follatura dei panni (gual-chiere). Esistevano poi caldaie per la lavorazione della lana e tine per la tintura.Per quanto riguarda invece la lavorazione della seta, non esistevano ad Arzi-gnano, e probabilmente in tutto il suo vicariato, impianti ad hoc. La lavorazionesi fermava alle prime fasi di trasformazione della materia prima (dipanamentodei bozzoli), e si caratterizzava come lavoro tipicamente rurale, con impiego so-prattutto di manodopera femminile.

42 V. anche il riferimento ai gelsi in un testamento del 6 settembre del 1485 citato dal Mantesein MANTESE G., Storia di Arzignano, Arzignano 1985, p. 155: Parise di Marco Zonella detta ilsuo testamento “sedens subtus uno morario in suo horto, infirmus corporis ex peste”. Riferi-menti ai gelsi si trovano anche negli Statuti del 1490: MANTESE G. – MOTTERLE E., “LiberStatutorum” dei comuni di Arzignano e di Valdagno, Vicenza 1972, pp. 54-55 (De folea mo-rariorum alienorum non accipenda).43 MANTESE G., Storia di Schio cit., pp. 407-428.

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Gli esponenti delle famiglie arzignanesi più ricche erano interessati anche alcontrollo degli impianti di lavorazione dei prodotti agricoli e dei prodotti tessili:interessi rivolti principalmente alla lana, almeno fino agli anni Ottanta delQuattrocento, quando si fecero più promettenti i guadagni derivanti dallosmercio della seta grezza. Un follo per la lavorazione di pannilana viene men-zionato nella stipula di alcuni pacta tra i fratelli Stefano, Domenico e Donato,figli di Giacomo Meelli, e Paolo di Bartolomeo Ventura, nel marzo del 1475.Nell’occasione si decise anche la spartizione “unius poste fullorum, sege et pi-statoris posite in pertinenciis Arzignani in ora Capitisplani”44. Degno di esseresottolineato è il fatto che uno stesso mulino avesse contemporaneamente tre usidifferenti. Si sa che la realizzazione di un mulino avrebbe tolto forza all’acquache scorreva più a valle; ecco perché le concessioni di posta dovevano essereapprovate dal consiglio del comune. Oltre ai mulini e alle gualchiere, la documentazione menziona altri impianti perla lavorazione dei prodotti tessili; tra questi ci sono le caldaie per la tintura deitessuti di lana, i telai per la tessitura dei pannilana e una tina per la preparazio-ne e la lavorazione del guado (materia tintoria di colore azzurro), tine nellequali si immergevano i panni. I riferimenti a tecnologie per la lavorazione dellaseta o di altri prodotti tessili sono praticamente inesistenti, a parte brevi accen-ni ad aspi per la trattura della seta e a strutture per la lavorazione del linoall’interno del vicariato45.Caldaie, materiali per la tintura e anche telai per la tessitura. Ad Arzignano, cosìcome nel resto del territorio vicentino, la lavorazione della lana riguardava tuttele fasi di trasformazione, dalle prime operazioni sulle materie prime, fino allatessitura, rifinitura e tintura (con l’obbligo comunque di trasportare i panni aVicenza per le ultimissime fasi di lavorazione: in specifico, la garzatura e la ci-matura). Un telaio completo per la tessitura della lana viene ricordato nel te-stamento di Pellegrina, figlia di Guglielmo Vicentini46 di Arzignano, dettato alnotaio Lorenzo il 6 agosto del 1481. Nella casa paterna di contrada del Piano,alla presenza del professore di grammatica Policleto, figlio di Antonio Rivalenida Mantova, di Paolino del fu Nicolò da Padova, e di maestro Bartolomeo sartodel fu Antonio da Salò, tutti abitanti ad Arzignano, Pellegrina, moglie del fuMatteo Marco Meelli di Arzignano, ordinò che dopo la sua morte fosse assegnatoal maestro lanarius Antonello di Bettino/Bartolomeo da Bergamo, abitante ad

44 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4817 (fasc. III, 17 marzo 1475).Nell’estimo del 1488, Stefano e Donato verranno stimati rispettivamente per 9 e 5 lire (ASVi,Estimo, b. 1064, anno 1488).45 ASVi, Notai di Vicenza, Alberto da Arzignano, b. 4716 (fasc. X, 27 febbraio 1466); Ibidem,Lorenzo da Arzignano, b. 4817 (fasc. III, 30 ottobre 1476); Ibidem, b. 4816 (fasc. III, 15 otto-bre 1468); Ibidem, fasc. IV, 18 aprile 1469.46 Guglielmo Vicentini, abitante al Piano, è presente negli estimi arzignanesi del 1448 e del1451 con 4 lire; nell’estimo del 1454 compare con 3 lire e 15 soldi d’estimo; negli estimi del1457 e del 1459 con 4 lire e 10 soldi. Nel 1488, gli eredi di Guglielmo sono stimati per 2 lire e10 soldi (ASVi, Estimo, bb. 1061 e 1064, anni 1448, 1451, 1454, 1457, 1459 e 1488).

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Arzignano47, “unum suum tellarium a lana, fulcitum pettenne et aliis rebus ne-cessariis ad hoc”. In cambio la testatrice chiese ad Antonello che “obligatus sitcelebrari facere missas Sancti Gregorii pro anima dicte testatricis”48. Gli impianti di lavorazione riguardavano quindi il settore laniero, mentre lestrutture per quello serico appaiono inconsistenti se non addirittura nulle,esclusa la trattura. Per quanto concerne la produzione di seta, il territorio vi-centino, compresa Arzignano, aveva sicuramente iniziato già da metà Quattro-cento ad esportare materia prima (bozzoli sottoposti a trattura) di elevata qua-lità verso le botteghe cittadine, ma non era riuscita ad imporsi nella lavorazionein loco di queste materie, sia per l’incapacità economica di sostenere simili spe-se per gli impianti, sia soprattutto per i divieti imposti dalle corporazioni urba-ne, gelose dei propri privilegi. Anche la città di Vicenza si caratterizzò comun-que, almeno fino alla metà del Cinquecento, come produttrice di seta grezza esemilavorata, dove scarso peso aveva la produzione di drappi serici finiti epronti per il mercato49. Inoltre occorre ricordare che la seta grezza o i semilavo-rati vicentini iniziarono presto ad essere esportati, tanto nelle regioni italianequanto nel resto d’Europa; quasi sempre ad opera di mercanti cittadini, talvoltaanche ad opera dei territoriali50.A parte la seta, che appunto rappresentava un settore in forte espansione maancora proibitivo per i piccoli centri del territorio, se non per la trattura, nellefonti relative al vicariato arzignanese vi è memoria della lavorazione del lino, unprodotto a basso costo e facilmente smerciabile tra il ceto contadino51.

2.3.3. I prodotti tessili

a) Contratti societari: Possiamo partire, nel tentativo di analizzare i prodottitessili più diffusi nel vicariato arzignanese52, dai contratti societari relativi allanificio di Arzignano e del suo vicariato rinvenuti per il Quattrocento. Il 20marzo del 1454, Pierino di Gregorio Merzari, cittadino di Vicenza e socio finan-ziatore, già incontrato in un precedente paragrafo sugli impianti di lavorazione

47 Questo Antonello lanarius può forse essere identificato con un Antonello lanarius figlio diBartolomeo, stimato nell’estimo del 1488 per 1 lira (estimo basso) (ASVi, Estimo, b. 1064, an-no 1488).48 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4819 (fasc. II, 6 agosto 1481).49 DEMO E., L’“anima della città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., p.207.50 Ibidem, p. 313.51 ASVi, Notai di Vicenza, Cristoforo da Chiampo, b. 5278 (21 gennaio 1480).52 I prodotti tessili che uscivano dalle botteghe arzignanesi e del suo vicariato erano assoluta-mente di pessima qualità. Per questo venivano spesso utilizzati non per capi di abbigliamentoma come federe e rivestimenti interni di abiti o scarpe. Cfr. a questo proposito ASVi, Notai diVicenza, Pietro di Franco da Arzignano, b. 1524 (12 settembre 1477), in cui si trova che“Salvadeus Tubicem q. Iohannis de Padua… dare et solvere promisit Iohanni Francisco q. no-bilis viri Ugutionis de Arzignano… ducatos quinque… pro una capa (=mantello lungo con osenza cappuccio) nigra sub fulta pani viridis sibi data”.

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della lana, rilascia quietanza a Michele del fu Nicolò dal Molino di Altissimo e aFaccio del fu Pietro a Mazonariis di San Pietro Mussolino (soci d’opera) per ilpagamento di metà degli utili derivanti dalla società costituita fra i tre. Il capi-tale iniziale investito è modesto, 100 lire di denari piccoli veronesi in tutto (po-co più di 23 ducati; 1 ducato=85,5 soldi53), con divisione appunto a metà degliutili54. Il documento appare interessante per almeno due motivi: innanzituttoconferma la presenza della lavorazione laniera nel vicariato arzignanese (zonerurali, quindi industria a domicilio), dall’altra parte ribadisce l’esistenza di inte-ressi dei cittadini vicentini nei confronti della lavorazione laniera nell’alta valledel Chiampo. Questo è l’unico contratto societario rinvenuto tra gli atti dei notai di Arzignanoper la seconda metà del Quattrocento. La spiegazione potrebbe risiedere nelfatto che spesso ci si rivolgeva direttamente ai notai di Vicenza (i soci finanzia-tori erano perlopiù cittadini), senza far ricorso ai notai locali. Vediamo allora icontratti societari del primo Quattrocento rinvenuti da Edoardo Demo tra inotai di Vicenza relativi ad Arzignano e al suo territorio (la bancadati è stataimmessa on-line da Demo sul sito www.storiadivenezia.it). Il 12 agosto del 1420, a Vicenza, in casa di Antonio di Nicolò Loschi, Cristoforofu Antonio da Chiampo e Pietro Antonio fu Oliviero de Caffonibus, cittadino diVicenza, ricevettero da Giacomo di Daniele Braschi (socio finanziatore) “in so-cietatem et mercanciam artis lane” ben 500 ducati. La società sarebbe dovutadurare 5 anni, a decorrere dal Natale del 142155.Nel marzo del 1423, invece, furono Bartolomeo di Pietro Valenti di Arzignano,suo figlio Gerardo, Giacomo Prandi da Montorso e Cristoforo di Pace da Trissi-no, notaio e cittadino di Vicenza, a ricevere da Bartolomeo di Gregorio de An-zolelis, cittadino di Vicenza, 60 ducati (3 lire e 18 soldi ogni ducato), “in depo-sito et gubernacione sua in arte et ministerio lane”. La società doveva durare unanno, con divisione a metà delle perdite e dei guadagni56.

53 Cfr. DEMO E., Compagnie tessili operanti a Vicenza tra XV e XVI secolo cit. A partire dal1455 e sino al 1517, invece, un ducato d’oro verrà stabilmente quotato 93 soldi di Verona(usati anche nel vicentino), 124 soldi di Venezia e 62 soldi di Brescia (Cfr. DEMO E., L’“animadella città”. L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., pp. 21-22).54 ASVi, Notai di Vicenza, Giacomo Franchi da Arzignano, b. 462 (20 marzo 1454). Il docu-mento in esame appare essere inedito, non studiato da Demo. V. altri contratti societari neiquali è coinvolto questo Pierino Merzari in ASVi, Ufficio del Registro, 1443, l. V, c. 562v, 4febbraio 1443 (150 lire veronesi, durata a volontà delle parti, divisione a metà degli utili; fi-nanziatore: Pierino, soci d’opera: Giovanni detto “Aba” e Giovanni da Crema detto“Cremasco”); Ibidem, l. III, c. 685v, 2 novembre 1443 (200 ducati, durata 1 anno, divisione ametà degli utili; finanziatore: Simone di Nicolò da Porto, socio d’opera: Pierino); Ibidem,1444, l. V, c. 236r, 27 febbraio 1444 (200 ducati, durata a volontà delle parti, divisione a metàdegli utili; finanziatore: Pierino, socio d’opera: Giangiacomo di Gabriele da Trissino).55 ASVi, Ufficio del Registro, 1420, l. IV, cc. 81v-82r, 12 agosto 1420 (Notaio Donato di Barto-lomeo a Sale).56 Ibidem, 1423, l. V, cc. 170v-171v, 13 marzo 1423 (Notaio Francesco fu Simeone de Centrali).

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Qualche anno più tardi, il 20 marzo del 1429, Giacomo di Domenico da Crespa-doro, abitante a Vicenza (socio finanziatore), stipulò una società “in arte etmercandaria lane… in civitate Vincencie et in terra Leonici” con Filippo di Bo-naventura de Bahis da Lonigo e Piostello di Gregorio de Seratico, cittadino eabitante a Vicenza. Il capitale investito era di 100 ducati d’oro e la durata era avolontà delle parti, con divisione a metà dei guadagni e delle perdite57.Nell’agosto del 1432, invece, Leonardo di Domenico da Arzignano, abitante aVicenza, e Giacomo di Petrollo de Muzano, notaio e cittadino di Vicenza, rice-vettero dal nobile vicentino Rainaldo di Federico Verlati (socio finanziatore)100 ducati, “videlicet quadraginta ducatos auri… et sexaginta ducatos in bonisgrossonis venetis argenteis, ad rationem librarum quatuor pro quoque ipso-rum… ex causa societatis contracte inter eos in arte lane et causa… negociandiin arte lane facienda et tenenda per eos in civitate Vincencie”. La società sarebbedovuta durare 1 anno o anche più, a volontà delle parti, “ad comune lucrum”58.Per il 1433 si è rinvenuto un contratto societario tra i fratelli Pietro e Giordanopelliparii del fu Daniele di Arzignano, cittadini e abitanti a Vicenza, e Pietro diAntonio Zilio anch’egli di Arzignano (soci d’opera), da una parte, e Giacomo diGerardaccio Loschi, egregius decretorum professor, dall’altra parte (socio fi-nanziatore). Il capitale era di 50 ducati d’oro “ex causa investiendi et trafficandieos in arte lane in civitate Vincentie vel in villa Arçignani ubi melius videbiturad comune lucrum… usque ad annum <unum> et quantum placuerit partibus”59.Il 5 novembre del 1435, a Vicenza, “in comuni palacio iuris, in turri officii regi-stri”, Giovanni Antonio di Giovanni Bruni da Valdagno, cittadino e abitante aVicenza, assegnò a Bartolomeo di Cristiano da Altisimo e a Giacomo Gentilinida Nogarole 100 lire

partim in denariis et partim in lana beretina de Sancto Matheo, causa laborandi dictamlanam et investiendi dictos denarios in lana, et investitos, tenendi, mercandi et traffi-candi in arte lane de panis bassis in dictis villis de Altissimo et Nogarollis sive earum al-tera, prout melius videbitur.

La società sarebbe dovuta durare a volontà delle parti, con divisione a metà de-gli utili e dei danni60.Nel giugno del 1437, Gerardino di Bonaventura di Arzignano ricevette da Alvisepeçarollus del fu Francesco a Vaginis, su istanza di Battista di Giovanni Longa-re (socio finanziatore), 789 lire 10 soldi e 3 denari “in rebus a peçaria, videlicetin pannis caligis, zuponis, fustagnis, telis bombacinis, sclavis, cultris et aliis re-bus et roba a peçaria”. Altre 5.210 lire 9 soldi e 9 denari “in tot debitoribus sibidatis et consignatis”; infine altre 1.000 lire “in denariis et lana”, per un totale di

57 Ibidem, 1429, l. V, cc. 485v-487v, 20 marzo 1429 (Notaio Marco di Fino Mascarelli).58 ASVi, Notai di Vicenza, Bortolo Bassan, b. 4530 (8 agosto 1432).59 Ibidem, b. 4531 (7 marzo 1433).60 Ibidem, b. 4533 (5 novembre 1435).

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7.000 lire. L’attività di pezzaria e di lavorazione della lana sarebbe stata svoltanella città di Vicenza con durata quinquennale e divisione degli utili in tre parti(Battista, Gerardino e Alvise). Una clausola prevedeva che

Alovisius non teneatur exbursare de suis propriis denariis ponere… in dictis misteriis etsocietate, sed personam suam solum et industriam ponere et exercitare. Item quod dictiBaptista, Gerardinus et Alovisius consocii ut supra teneantur et debeant quilibet ipso-rum pro tercio solvere septem ducatos auri in anno pro parte fictus domus quam inha-bitat dominus Aloisius… pro laborando artem lane predictam in ea domo61.

Venendo alla metà del secolo, si sono recuperati 2 contratti societari per gli an-ni Cinquanta. Il primo ha per protagonisti Bartolomeo di Marco Carocci, Anto-nio di Francesco Rossettini e Giovanni di Lazzaro, tutti di Arzignano, da unaparte (soci d’opera), e il nobile Cristoforo di Federico Verlati, cittadino di Vi-cenza (socio finanziatore). Il capitale investito dal legum doctor Cristoforo eradi 400 lire di piccoli “in arte et ministerio pannorum bassorum quam ipsi [gliarzignanesi] exercere intendunt in dicta villa de Arzignano ad comune lucrum…hinc ad unum annum proxime futurum et deinde ad voluntatem”62. Il secondo invece ha per protagonisti Guglielmo del fu Giacomo Aremani daDurlo, a quel tempo abitante a Valdagno (socio d’opera), e Caterina figlia del fumaestro Pietro da Cogollo e moglie un tempo del fu Berto da Barbarano, citta-dino di Vicenza (socio finanziatore). Il capitale in questo caso era di 50 ducatid’oro (in ragione di 4 lire e 7 soldi per ducato), “in arte et ministerio lanificii seuartis lane in villa Valdagni ad comune comodum et incomodum sive lucrum” (lasocietà doveva durare 2 anni)63.

b) Prodotti e commerci64: Il primo documento che analizziamo riguarda unacompravendita di panno “albagio”, cioè grossolano, grezzo, tra un arzignanese eun abitante dell’alta valle, verso il territorio veronese. Nel dicembre del 1467, ilpiù ricco abitante di Arzignano, Domenico di Giacomo Bartolomeo Alberto(abitante al Piano), con interessi nell’agricoltura e nell’industria laniera, conse-gnò a Nicolò di Giovanni detto Lovato di Durlo due vacche da latte e 6 braccia

61 Ibidem, b. 4535 (1 giugno 1437).62 ASVi, Ufficio del Registro, 1451, l. IV, cc. 668v-670r, 29 marzo 1451 (Notaio Daniele di Gia-como Ferretto).63 Ibidem, 1455, l. II, cc. 380r-381r, 22 marzo 1455 (Notaio Franco di Gerardo da Arzignano).V. tutti i contratti societari schedati in DEMO E., Compagnie tessili operanti a Vicenza tra XVe XVI secolo cit. 64 Occorre ricordare come la maggior parte dei pannilana, sia alti che bassi, prodotti a Vicenzae nel suo distretto, veniva condotta e smerciata sul mercato realtino. Una volta venuti in ma-no dei mercanti lagunari, i manufatti tessili in lana vicentini entravano in un circuito di ca-rattere internazionale, tanto da essere venduti nell’Italia centro-meridionale (Roma, Puglia,Abruzzo, Marche, Napoli, Calabria) ed in Levante: cfr. DEMO E., L’“anima della città”.L’industria tessile a Verona e Vicenza (1400-1550) cit., pp. 294-295.

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di panno albagio per 20 ducati d’oro e 10 grossi di denari65. Nell’agosto del1471, è un esponente della famiglia Malpe, Antonio del fu Gerardo, a vendere aGiovanni di Pietro Uguccione dell’Agugliana, abitante nella casa di Giorgio diBartolomeo Meelli di Arzignano, un quantitativo di lana tale da raggiungere le138 lire di valore66. Un caso di concessione in lavorazione di lana grezza si ha un paio d’anni dopo.Il 12 gennaio del 1473, con un atto rogato a Vicenza, Giovanni Giacomo figlio diNicolò Melchiorre Brubelli, in società con Gennaro di Antonio Gennaro da Ar-zignano, promise di pagare 25 lire al cittadino di Vicenza Battista di Stefano daChiuppano entro la festa di San Gallo “in tanta quantitate panni comuniter ex-timandi… inter eos… et hoc… pro certa quantitate lanne alias habite et recepteab eo… per dictum Zuaniacobum”67. Nel 1477, Giovanni di Antonio Egani68 e Giorgio di Cristoforo Daniele69 venneroa patti, stabilendo che Giovanni avrebbe dovuto restituire a Giorgio uno scam-polo di panno albagio. Giorgio da parte sua promise di pagare a Giovanni 30lire e 5 soldi per lo scampolo, facendo “laborare tantum de lana a petenne e acarto pro dictis triginta libris et soldis quinque” (=pettinare e scardassare la la-na, due delle principali fasi preparatorie del fiocco di lana alla filatura)70. Dueanni più tardi, il 25 ottobre del 1479, Graziolo di Cristoforo Bartolomeo Albertorilasciò quietanza al fratello Bartolomeo per il pagamento di 24 lire e 15 soldi eper 2 braccia e un quarto di panno bianco, come da sentenza arbitraria emessaqualche tempo prima71.

65 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4816 (fasc. II, 4 dicembre 1467).66 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4816 (fasc. V, 5 agosto 1471). Antonio(abitante a Ritorto) non sembra essere ricco come Domenico di Giacomo Bartolomeo Alberto;appartiene piuttosto al ceto medio dei proprietari, con 5 lire d’estimo sia nel 1457 che nel1459 (ASVi, Estimo, b. 1061, anni 1457 e 1459).67 ASVi, Notai di Vicenza, Pietro di Franco da Arzignano, b. 1524 (12 gennaio 1473). La fami-glia Brubelli (abitante al Piano) apparteneva alla fascia sociale medio-alta di Arzignano. Ilnonno di Giovanni Giacomo, Melchiorre di Antonio, venne allibrato negli estimi del 1451 e del1454 rispettivamente per 9 lire e 10 soldi e per 7 lire e 5 soldi. Rosa, la nonna di Giovanni Gia-como e moglie di Melchiorre, invece, venne stimata con una somma molto alta per una don-na, 6 lire sia nel 1451 che nel 1454 (ASVi, Estimi, b. 1061, anni 1451 e 1454).68 Apparteneva ad una famiglia (abitante a Ritorto) che avrà più avanti importanti incarichipolitici, come nel 1496 e nel 1503, quando per due volte Antonio di Giovanni Egani, proba-bilmente il figlio di Giovanni incontrato nel documento, diventerà sindaco generale del co-mune (ASVi, LP, 2 gennaio 1496; 6 gennaio 1503). Giovanni era stato allibrato negli estimidel 1457 e del 1459 per una somma relativamente modesta di 4 lire e 10 soldi (ASVi, Estimo,b. 1061, anni 1457 e 1459).69 La famiglia di Giorgio (abitante a Ritorto) era appartenente ad una fascia sociale bassa; nel1488 Giorgio veniva stimato per 1 lira e 15 soldi, il fratello Giorio per 1 lira, e altri 2 fratelliinsieme, Uguccione e Giacomo, per 2 lire e 10 soldi (ASVi, Estimo, b. 1064, anno 1488).70 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4817 (fasc. III, 17 marzo 1477).71 Ibidem, b. 4818 (fasc. II, 25 ottobre 1479). Forse parenti di Domenico di Giacomo Bartolo-meo Alberto, erano residenti in contrada Costa (attuale San Bortolo). Cristoforo di Bartolo-meo Alberto, il padre dei due fratelli, apparteneva al ceto medio-alto della società arzignane-

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Nel febbraio del 1481 ritroviamo Giovanni di Antonio Egani, questa volta comedebitore nei confronti di Giovanni Antonio di Romano Besini di Arzignano72.Giovanni Antonio promise di pagare a Giovanni Egani 7 ducati e mezzo d’oroentro il marzo successivo, e sotto pena di 3 lire di multa, “pro precio et vendi-cione unius panni bassi albi nostrani gregii”73. Gli arzignanesi erano a volte costretti a nominare dei procuratori che agisseroper loro nome nei confronti di debitori della città o del territorio. Un primo do-cumento risale al 24 novembre 1450, quando Giovanni di Lazzaro di Arzignanonominò suo procuratore Giovanni Battista figlio del maestro lanarius France-sco, cittadino di Vicenza e abitante in borgo Porta Nuova, tra le altre cose, perla riscossione di 3 lire che Giovanni di Lazzaro vantava come debito nei con-fronti di Gaspare di Antonio Muzzi (residuo di un debito totale di 18 lire) peruna pelliccia data alla moglie di Gaspare; inoltre Giovanni di Lazzaro vantavaun altro debito di 29 soldi come residuo del pagamento di un panno da parte diGaspare del Fregola di Chiampo74. Nell’aprile del 1488, invece, Pietro Antonio,figlio di Giacomo Nicolò dalla Negra di Arzignano, nominò suo procuratore ilmaestro Paolo di Giovanni Nicolò dalla Negra, anch’egli di Arzignano e profes-sore di grammatica a Vicenza75, per la riscossione di 17 lire 17 soldi e 6 denarida parte del debitore Martino del fu Martino Leone Breganze, cittadino di Vi-cenza. Il debito era dovuto ad una vendita effettuata da Pietro Antonio a Marti-no di 32 braccia e mezzo di panno albagio (oltre 22 metri di panno), in ragionedi soli 11 soldi al braccio76. Domenico di Giacomo Bartolomeo Alberto lo ritroviamo in un interessante do-cumento dell’ottobre del 1492. Il 2 ottobre di quell’anno, alcuni abitanti di SanGiovanni Ilarione77, Giampietro di Cristoforo de Laguegio, Pietro di Giampietro

se; nel 1448 venne stimato per 9 lire e 15 soldi, nel 1451 per 10 lire e 15 soldi, nel 1454 per 11lire, nel 1457 per 12 lire e 15 soldi, nel 1459 per 15 lire e 15 soldi. Graziolo, figlio di Cristoforo,appare stimato nel 1488 per 6 lire e 15 soldi, mentre gli eredi di Cristoforo vengono stimatiper 2 lire e 10 soldi (ASVi, Estimo, bb. 1061 e 1064, anni 1448, 1451, 1454, 1457, 1459, 1488).72 La famiglia di Romano Besini (residente in contrada del Piano, fascia medio-alta di ricchez-za) compare fin dall’estimo del 1448 con 9 lire d’estimo. Nel 1451 l’estimo si riduce ad 8 lire e15 soldi; nel 1454 Romano tornò ad essere stimato per 9 lire. Romano morì tra il 1454 e il1457, tanto che in quest’ultimo anno, così come poi nel 1459, i suoi eredi vennero stimati per2 lire e 15 soldi (ASVi, Estimo, b. 1061, anni 1448, 1451, 1454, 1457, 1459). Il figlio GiovanniAntonio morirà verso la metà degli anni Ottanta,visto che nell’estimo del 1488 i suoi eredicompaiono stimati per 1 lira e 15 soldi assieme ad Andrea di Gerardino Besini (nipote proba-bilmente di Romano, essendo forse Gerardino suo fratello): Ibidem, b. 1064, anno 1488.73 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4819 (fasc. I, 16 febbraio 1481).74 ASVi, Notai di Vicenza, Alberto da Arzignano, b. 4715 (fasc. II, 24 novembre 1450).75 Probabilmente parenti. Maestro Paolo, nell’anno di questa procura, veniva allibratoall’estimo per 5 lire (ASVi, Estimo, b. 1064, anno 1488).76 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4821 (fasc. IV, 29 aprile 1488).77 San Giovanni Ilarione era un comune del distretto vicentino (vicariato di Arzignano) incu-neato nel territorio veronese. Nelle fonti si trova menzionato come San Giovanni in la Rognao Enlarione (un santo però di quel nome non è mai esistito; si tratta di una deformazione diun nome locale). Negli anni Venti del Novecento passò definitivamente sotto la provincia di

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Fontana e Pietro di Allegro, tutti del paese, acquistarono da Domenico un gros-so quantitativo di lana ancora grezza e da lavorare: 1600 libbre di lana biancanostrana marzega (tosata cioè a marzo), equivalente a 768 chilogrammi, per unvalore complessivo di 400 lire vicentine (poco più di 51 ducati), 25 lire per ogni100 libbre di lana78. I rapporti tra Domenico e quelli di San Giovanni Ilarionecontinuarono proficui l’anno successivo. La lana veniva probabilmente lavoratanelle case durante i mesi invernali e poi rivenduta come semilavorata o in pannifiniti nei mesi primaverili ed estivi (le compravendite infatti sono effettuate nelmese di ottobre, quando ormai i lavori nei campi iniziavano a farsi meno pres-santi e i contadini avevano più tempo per lavorare nelle case o nei fienili).Tommaso di Allegro detto Re e Andrea Teschi, entrambi di San Giovanni Ila-rione, acquistarono il 22 ottobre del 1493, con un atto rogato ad Arzignanonella casa del notaio Lorenzo di maestro Enrico, 741 libbre di lana nostrana su-cida (più di 355 chilogrammi), al prezzo 37 ducati (5 ducati per ogni 100 libbredi lana)79.A volte la lana non veniva pagata direttamente alla consegna, ma esistevano si-stemi di credito dilazionato per il pagamento. È quello che accadde nell’apriledel 1501, quando il notaio Antonio, figlio del fu Bongiovanni Uguccione, promi-se di pagare le 50 lire di debito nei confronti di Angelo di Gregorio Giuliano diArzignano80, per la lana nostrana avostana (della tosatura cioè del mese di ago-sto) ricevuta addirittura 14 anni prima (non viene specificato il quantitativo). Ipatti prevedevano la possibilità per Antonio di un versamento ritardato, conl’obbligo però di pagare annualmente entro Natale 3 lire come interesse (6% diinteressi annui)81.I grossi proprietari fondiari, impiegati anche nel settore laniero, procedevanospesso ad acquisizioni di terreni pagandoli in natura (lana o panni). Gli esempisono numerosi, soprattutto dagli anni Ottanta del Quattrocento, mentre il tipodi lana o di panni è sempre di scarso livello qualitativo. Nel maggio del 1483,Giovanni Francesco di Giovanni Nicolò di Arzignano82 promise a Marco diAntonio Giacomo Pacini83 di pagare entro la festa di San Gallo in ottobre 55 lire

Verona, rimanendo comunque nella diocesi di Vicenza; si trova nella media val d’Alpone, alcui sbocco vi è il centro di San Bonifacio (cfr. i lavori di Gecchele sul paesino collinare; inparticolare v. GECCHELE M., San Giovanni Ilarione nella vita, nei documenti, nelle immagini,Vago di Lavagno 1984). 78 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4822 (fasc. III, 2 ottobre 1492).79 Ibidem, fasc. IV, 22 ottobre 1493.80 Angelo non pare essere particolarmente ricco, tanto che nel 1488 compare nell’estimo con4 lire e 15 soldi (ASVi, Estimo, b. 1064, anno 1488).81 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4823 (fasc. III, 27 aprile 1501).82 La famiglia di Giovanni di Nicolò, padre di Giovanni Francesco, viveva in contrada Ritortoed era una tra le più ricche di Arzignano, venendo stimata nel 1448 per 10 lire e 5 soldi, 12 liree 15 soldi nel 1451 e nel 1454, 12 lire e 5 soldi nel 1457 e nel 1459 (ASVi, Estimo, b. 1061, anni1448, 1451, 1454, 1457, 1459).83 Giacomo Pacini, il nonno di Marco, abitante in località Guada (attuale Tezze) venne alli-brato nell’estimo del 1448 per la somma importante di 8 lire. Nel 1451 la somma salì a 8 lire e

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e 1 soldo di denari come residuo di pagamento per un terreno in località SantaMaria in Allo. Il pagamento venne effettuato da Giovanni Francesco mediantedenaro e uno scampolo di panno albagio del valore di 12 soldi84. L’anno succes-sivo, nell’aprile del 1484, Angelo di Giacomo Nicolò Meelli di Arzignano85 ac-quistò dai fratelli Bartolomeo, Francesco e Melchiorre, figli di Vitale di Barto-lomeo Guerra di Arzignano86, un terreno a prato di un campo e mezzo con saliciin località Mota per 50 lire. Anche in questo caso il pagamento sarebbe avve-nuto per 25 lire in denaro (“in tot tronis et marcelis bonis argenteis”) e perl’altra metà “in uno capecio seu basso panni albasii” (scampolo di panno bassoalbagio)87. Questo sistema di pagamento compare in un documento del marzo del 1488,molto interessante per le informazioni contenute. Nella casa del notaio Lorenzofiglio di maestro Enrico, Giampietro di Francesco Pietro Desiderati88 ricevetteda Bernardino figlio di Stefano di Giacomo Nicolò Meelli89 100 lire per la ven-dita di un sedime con una casa murata di circa un quarterio di campo in con-trada del Piano. Bernardino pagò 46 lire, 10 soldi e 6 denari in 6 ducati d’oro,mentre altre 53 lire, 9 soldi e 6 denari li pagò “in uno… morello (panno scuro)…precio librarum decemocto et soldorum duodecim, in uno capecio albo greziolane a Salonicho… precio librarum vigintitrium et soldorum quinque, et inbrachiis quindecim cum dimidio panni celesti (quasi 11 metri di panno)… in ra-tione quindecim soldorum pro quoque brachio”90.

10 soldi, fino ad essere di 11 lire nel 1454, 12 lire e 15 soldi nel 1457 e 11 lire e 15 soldi infinenel 1459 (Ibidem).84 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4820 (fasc. II, 21 maggio 1483).85 Giacomo di Nicolò Meelli, padre di Angelo, viveva a Ritorto e apparteneva ad una famiglianon ricchissima, ma di sicuro benestante, venendo stimato nel 1454 per 5 lire e 10 soldi, 7 lirenel 1457, 8 lire e 10 soldi nel 1459. Il figlio Angelo appare ancora residente a Ritorto e nel1488 verrà stimato per 10 lire e 10 soldi (ASVi, Estimo, bb. 1061 e 1064, anni 1454, 1457,1459, 1488).86 Questa famiglia era residente nella contrada del Piano e sembra avesse modesti redditi oproprietà. Francesco viene allibrato nel 1488 per 1 lira e 15 soldi, mentre i fratelli Matteo (quinon nominato) e Melchiorre vengono stimati assieme per 2 lire e 15 soldi. Un altro probabilefratello, di nome Giovanni, viene allibrato per 3 lire. Il padre dei tre fratelli nominati, di nomeVitale, aveva somme d’estimo più alte (evidentemente doveva ancora procedere alla divisionedell’eredità): nel 1448 venne allibrato per 6 lire e 5 soldi, nel 1451 per 6 lire e 15 soldi, nel1454 per 7 lire, nel 1457 per 6 lire e 15 soldi e nel 1459 per 5 lire e 15 soldi (ASVi, Estimo, bb.1061 e 1064, anni 1448, 1451, 1454, 1457, 1459, 1488).87 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4820 (fasc. I, 20 aprile 1484).88 Giampietro, residente nella contrada del Piano, venne stimato quell’anno per 1 lira e 15 sol-di. Suo padre Francesco invece appare essere più ricco: partito da soli 10 soldi nel 1448, verràstabilmente allibrato nel 1454, nel 1457 e nel 1459 per 3 lire e 10 soldi (ASVi, Estimo, bb. 1061e 1064, anni 1454, 1457, 1459, 1488).89 Bernardino, anch’egli del Piano, sembra appartenere alla stessa fascia sociale di ricchezzadi Giampietro, con 1 lira e 15 soldi d’estimo nel 1488. Ancora una volta, suo padre Stefano (fi-glio del già incontrato Giacomo di Nicolò Meelli, residente al Piano) appare più ricco del fi-glio, con 9 lire d’estimo nello stesso anno (ASVi, Estimo, b. 1064, anno 1488).90 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4821 (fasc. IV, 1 marzo 1488).

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Altri panni bassi compaiono in un documento dell’aprile dell’anno successivo, icui attori appartengono a due delle famiglie più importanti di Arzignano, quelladei Valentini (o Valenti) e quella di Paolo Bartolomeo Ventura. Il 22 aprile del1489, Paolo di Bartolomeo Giampietro Valentini di Arzignano91 ricevette 35 du-cati da Tommaso di Paolo Bartolomeo Ventura92 per un terreno nelle pertinen-ze di Arzignano in località Compra. I 35 ducati vennero sborsati da Tommaso indenaro e in panni: 11 ducati in buone monete d’argento, gli altri 24 in 6 scam-poli di panno basso albagio, grossolano93.Un commercio di lana è anche alla base della compravendita di un vasto com-plesso fondiario nelle pertinenze di Arzignano, tra Montecchio e Montorso. Nelgennaio del 1492, Domenico di Giacomo Bartolomeo Alberto acquistò da Uguc-cione di Battista Meelli94 22 campi di terra arativa e prativa con viti ed ontani inlocalità Sabbionara (zona meridionale di Arzignano) per 2200 lire (oltre 473ducati). Domenico in realtà pagò ad Uguccione solo 120 ducati, visto che il re-sto l’aveva già versato con un certo quantitativo di lana tempo prima95. Dome-nico ed Uguccione li ritroviamo un decennio più tardi, nel marzo del 1502. Inquell’occasione, Domenico pagò ad Uguccione 600 ducati per un debito con-tratto tempo prima. Il pagamento venne fatto tramite la consegna di un quan-titativo di lana nostrana di varie qualità (“ducatos centum in tanta lana nostra-na et taxina [=della val d’Adige], susia [=sucida], marzega, videlicet nostrana,ad rationem ducatorum sex pro centenario lane, et taxina ad rationem ducato-rum quinque pro quoque centenario lane”) e tramite la consegna di un possessofondiario di 90 campi con una casa cupata in località Sabbionara (poi riconces-sa ad Uguccione tramite livello affrancabile)96.

91 Paolo, assieme ai fratelli Giampietro e Giannantonio, residenti al Piano, vennero stimatiinsieme nel 1488 per 3 lire e 10 soldi. Bartolomeo di Giampietro, loro padre, compare negliestimi di metà secolo con valori molto alti: 12 lire nel 1454, 11 lire e 10 soldi nel 1457, 12 lire e15 soldi nel 1459 (fascia sociale medio-alta, con valori massimi dell’estimo che arrivano a 28lire e 15 soldi per Tommaso Valentini, appartenente alla stessa famiglia di Paolo) (ASVi,Estimo, bb. 1061 e 1064, anni 1454, 1457, 1459, 1488).92 Anche la famiglia di Tommaso era residente al Piano. Suo padre Paolo venne allibratoall’estimo per 5 lire e 5 soldi nel 1448, 7 lire e 15 soldi nel 1451 e nel 1454, 7 lire e 10 soldi nel1457, 7 lire nel 1459 (ASVi, Estimo, b. 1061, anni 1448, 1451, 1454, 1457, 1459).93 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4821 (fasc. V, 22 aprile 1489).94 Uguccione, residente al Piano, era uno dei più ricchi proprietari di Arzignano, secondo soloa Domenico di Giacomo Bartolomeo Alberto e stimato nel 1488 per 49 lire e 15 soldi. Semprenel 1488 compare allibrato assieme a Pietro Antonio di Cristoforo (nipote di maestro Enrico)per altre 2 lire e 5 soldi. Gli eredi del padre, Battista Meelli, compaiono invece stimati per 7lire e 15 soldi. Nel 1489, appena un anno dopo, Uguccione venne stimato per 53 lire e 15 soldi.Già nel 1481, Uguccione compariva negli estimi comunali con una somma di 38 lire e 5 soldi,il secondo arzignanese più ricco dopo Domenico. Le somme più alte le raggiunse nel 1500 con54 lire e 5 soldi, e nel 1510 con 56 lire e 15 soldi (ASVi, Estimo, bb. 1061, 1063, 1064, 1065,1066, anni 1481, 1488, 1489, 1500, 1510).95 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4822 (fasc. III, 19 gennaio 1492).96 Ibidem, b. 4823 (fasc. IV, 1 marzo 1502).

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Di nuovo troviamo Domenico ed Uguccione nel 1505, e ancora in un atto dicompravendita di terreni in località Sabbionara effettuati con pagamento delprezzo tramite consegna di lana nostrana. Il 3 febbraio di quell’anno, Domenicopagò la somma rilevantissima di 3.150 ducati (quasi 15.000 lire di piccoli) adUguccione per 100 campi di terreno “cum domibus et tegietibus cupatis, palea-tis et aliis fabricis”. Di questa somma, al momento della stipula del contratto,321 ducati e 7 soldi li pagò parte in oro e parte in lana: “in 1.230 libris lane susienostrane avostane ad racionem 23.10.0 [23 lire e 10 soldi] pro quoque centena-rio lane, videlicet 62 ducatos 15 soldos”97 (per il prezzo della lana, dei panni edella seta venduti ad Arzignano tra Quattro e Cinquecento, v. appendice al cap.2). Quella che si configura a questo punto è una situazione alquanto particolare;si può immaginare infatti che i due utilizzassero le forti disponibilità economi-che di cui godevano nell’attività di compravendita di terreni in vista del reim-piego dei capitali nel settore laniero. Più votato al settore agricolo Uguccione,più a quello tessile Domenico. Come in un circolo, i proventi della lavorazionedella terra venivano inseriti nell’industria laniera, per poi tornare nuovamentein ambito rurale grazie ai grossi investimenti fondiari. Uno dei pochi atti rinvenuti tra i notai di Arzignano riguardanti il commerciodella seta, risale al 3 ottobre del 1503. Nella contrada del Piano, nella casa diDomenico, Luca Piaxentinus, figlio di Giacomo Piaxentini, cittadino e abitantea Vicenza, promise di pagare, assieme a Bartolomeo di Antonio Piaxentini,anch’egli cittadino di Vicenza e fideiussore di Luca, 1.100 ducati a Domenico. Ipatti prevedevano la possibilità per Luca di pagare la somma stabilita entro ilprimo giorno di gennaio del 1505 (dilazione dunque di oltre un anno);l’acquisto riguardava 620 libbre di seta lialis (leale, di altissima qualità, utiliz-zata per i drappi di alta fattura), più di 204 chilogrammi di materia prima, inragione di 8 lire e 5 soldi per ogni libbra di seta, oltre a 103 libbre e 10 once didoppi (materia prima di seconda qualità, 34 chilogrammi)98. Un altro esempio di compravendita di grosse partite di seta greggia è quello av-venuto qualche anno prima, nel settembre del 1492, tra Francesco di DomenicoCorona e Bartolomeo del fu Bertolo da Lisiera, cittadini e abitanti a Vicenza, dauna parte, e Geronimo di Antonio di Arzignano, dall’altra. Geronimo avevavenduto a Francesco e Bartolomeo 420 libbre di seta leale (138,6 kg.) per 12soldi ogni oncia (7 lire e 4 soldi per 1 libbra di seta), oltre a 66 libbre di doppi(21,78 kg.), in ragione di 6 soldi ogni oncia (3 lire e 12 soldi per 1 libbra di doppi).In tutto la somma da pagare all’arzignanese ammontava a ben 701 ducati d’oroe 13 grossi99.

97 Ibidem, fasc. VI, 3 febbraio 1505.98 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Arzignano, b. 4823 (fasc. V, 3 ottobre 1503).99 ASVi, Notai di Vicenza, Francesco Zanechini, b. 5358, cc. 80v-81r (12 settembre 1492).

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2.4. Conclusioni

Lo studio dell’industria tessile arzignanese durante la seconda metà del Quat-trocento ha messo in luce il forte coinvolgimento di una parte del ceto medio inquesto settore. Ha inoltre sottolineato la quasi totale assenza di impianti di la-vorazione della seta. Più che grosse novità, si sono avute delle conferme rispettoa tesi già portate avanti da Demo e da Vianello: Arzignano come grossa pro-duttrice ed esportatrice di pannilana di bassissima qualità (lana nostrana di se-conda scelta, ma anche lana spagnola e balcanica), esportatrice poi di seta grez-za di buona qualità. Ogni famiglia che disponesse di un minimo di capitale dainvestire nel settore tessile, si ritrova nella documentazione arzignanese comeproduttrice di lana, seta grezza o panni di bassa qualità. Sono emerse alcunefigure importanti e alcune famiglie finora poco conosciute. Degni di note sono iprecoci riferimenti alla coltivazione del gelso (già alla metà del secolo), le cuifoglie venivano utilizzate come alimento per i bachi da seta. Nel corso del Cinquecento si assisterà ad un vero e proprio boom siadell’industria laniera che di quella serica. Per quanto riguarda la seta, aumente-rà enormemente la produzione di materia prima grezza, con lo sviluppo in cittàdella filatura-torcitura e della produzione di semilavorati, mentre il territoriocontinuerà ad essere un grosso serbatoio di materia prima. Venezia rappresen-terà per Vicenza il trampolino di lancio dei suoi prodotti lanieri in tutto il Me-diterraneo (pur con significative eccezioni), mentre per i prodotti serici la cittàberica conserverà una sua indipendenza, con uno smercio autonomo rispetto almercato veneziano. I panni bassi prodotti ad Arzignano e nel resto del territoriovicentino venivano per la maggior parte esportati e venduti a Venezia, Verona,Mantova ed in diverse località dell’Emilia e della Romagna (dove venivano ba-rattati in cambio di guado e robbia). Solo alla fine del Cinquecento si assisteràal tracollo del lanificio, specie in città, ma anche nel territorio, a cui farà dacontraltare lo sviluppo del setificio100.

100 Cfr. DEMO E., Le manifatture tra Medioevo ed età moderna cit., 49; VIANELLO F., Seta finee panni grossi. Manifatture e commerci nel Vicentino 1570-1700 cit., pp. 53-64.

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APPENDICE AL CAP. 2

Tab. II: Prezzi della lana, dei panni (lana/cotone) e della seta tra Quattro e Cinquecento

Tipo di lana Prezzo (ducati/100 libbre di lana)

Fonte e data

Bianca di San Matteo (spagnola)

6 ducati e 5 soldi ASVi, Notai di Vicenza, Giacomo Fran-chi da Arzignano, b. 462 (19 novembre1454)

Nostrana sucida (tosatura di marzo)

6 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Ar-zignano, b. 4823 (fasc. IV, 1 marzo 1502)

Nostrana bianca (tosatura di marzo)

5 ducati 1 lira e 15 soldi Ivi , b. 4822 (fasc. III, 2 ottobre 1492)

Nostrana sucida (tosatura di agosto)

5 ducati e 5 soldi Ivi, fasc. VI, 3 febbraio 1505

Nostrana sucida 5 Ivi, fasc. IV, 22 ottobre 1493Tesina (valle dell’Adige)

sucida

5 Ivi, b. 4823 (fasc. IV, 1 marzo 1502)

Balcanica (salonicca) 4 ASVi, Notai di Vicenza, Francesco Za-nechini, b. 5358, c. 9r (13 dicembre1487)

Balcanica (salonicca) 3 ducati 4 lire 1 soldo Ivi, c. 29r (6 novembre 1488)

Tipo di panno Prezzo (soldi/braccio) Fonte e dataCeleste (lana) 15 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Ar-

zignano, b. 4821 (fasc. IV, 1 marzo1488)

Albagio (lana, grossola-no, non rifinito)

11 Ivi, 29 aprile 1488

Panno di cotone (bom-basina), panno di fusta-gno

10 ASVi, Notai di Arzignano, Alberto daArzignano, b. 4715 (fasc. II, 18 novem-bre 1452)

Tipo di seta Prezzo (lire/1 libbra di seta)

Fonte e data

Leale (qualità migliore) 8,25 ASVi, Notai di Vicenza, Lorenzo da Ar-zignano, b. 4823 (fasc. V, 3 ottobre 1503)

Leale 7,2 ASVi, Notai di Vicenza, Francesco Za-nechini, b. 5358, cc. 80v-81r (12 set-tembre 1492)

Doppi (seconda scelta) 3,6 Ivi, 12 settembre 1492