FEBBRAIO 015 n.105 / 15 MAN Non blocchiamo Sky TG 24 i ... · a braccetto con la scarsa capacità...
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
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Non blocchiamoi figli ma formiamo i genitoriA sentire qualcuno, pare che la tecnologia vada a braccetto con il diavolo. Ma come spesso accade quando si invoca Satana e compagni, alla base di tutto c’è scarsa informazione. E questa sì che va a braccetto con la scarsa capacità educativa: non si possono insegnare i buoni principi in maniera astratta; proprio come non si può insegnare una guida sicura e responsabile se non si ha la patente, solo ripetendo “frena, frena!”.Il rapporto tra tecnologia e giovani non è mai stato così messo in discussione come in questo momento; e non solo per le recenti polemiche sui videogame violenti e la categorizzazione PEGI. Al centro della discussione ci sono anche gli smar-tphone e l’uso compulsivo che i ragazzi ne fanno, caricando sui social – e quindi di fatto rendendo di possibile dominio pubblico – tonnellate di informa-zioni potenzialmente sensibili per la loro sicurezza e per quella delle loro famiglie. E spesso creandosi involontariamente una “web reputation” tutt’altro che invidiabile, che probabilmente tornerà, proprio come la meno digeribile delle cipolle, a farsi viva più avanti, nei momenti meno opportuni. Il tema del “parental control” è uno dei più dibattuti da anni ed è di certo quello, nella sfera della cultura digitale, riguardo al quale abbiamo fatto i più piccoli passi avanti, soprattutto in Italia. Le soluzioni non sono certo le suite anti-virus che ingessano un PC e la sua possibilità di comunicare con l’esterno; men che meno le privazioni: un ragazzo lasciato fuori dal “loop” dei social oggi rischia l’emarginazione digitale e – cosa assai più grave – l’analfabetismo digitale. Oramai è chiaro a tutti che non è certo la scuola ad insegnare la cul-tura digitale ma si tratta oggi prevalentemente di un rischioso “learining by doing”, una formazione sul campo che procede per tentativi ed errori.L’obbligo di vendita delle sigarette ai maggiorenni non ha frenato il fumo giovanile; allo stesso modo non basterà rendere vincolante il codice PEGI per sensibilizzare nei confronti dei videogame violenti. Anzi, li renderà qualcosa di “proibito” e quindi ancora più ambito. Se volessimo davvero far passi avanti, bisognerebbe investire nella formazione dei genitori: nessuno chiede che riescano a battere i propri figli nei videogame, né che siano più veloci di loro nel comporre un messaggio su WhatsApp. Quello che si richiede è che abbiano quegli strumenti cognitivi che permettano loro di dare anche in ambito digitale quell’educazione di base che eviterà ai propri figli grossolani errori, cocenti delusioni e coinvolgimenti smodati. Dobbiamo avere il coraggio di dire che bisogna interrompere la formazione al digitale fatta a scuola da docenti del tutto analogici e formati alla bell’e meglio i corsi “instant” da 40 ore: non serve a nulla. I ragazzi vano mandati in “gita” nelle Web Agency e nelle software house proprio come una volta si andava al Museo; e vanno coinvolti in progetti di sviluppo, tanto da poter arrivare alla fine del curriculum di studi con una capacità di programmazione di base e con una sensibilità almeno elementare sulle user interface: sarà un gran viatico nel loro nel percorso professionale.I genitori devono invece essere coinvolti in corsi di alfabetizzazione informatica e digitale che per-metta loro non certo di diventare utenti provetti, ma almeno osservatori capaci di interpretare i possibili effetti delle innovazioni, sia quelli positivi che quelli negativi. E questo a prescindere dalle loro passioni: imparare e ridurre il divario digitale con i propri figli deve rientrare categoricamente nei doveri genitoriali. Solo così finirà l’inutile caccia alle streghe alla “tecnologia brutta e cattiva” (come la penosa campagna contro GTA di queste settimane) e inizierà una fase in cui sarà possibile mettere in condizione i genitori di dare consigli e regole credibili ai propri figli. Che andranno avanti a sbagliare, ma meno e in maniera meno grave. E soprattutto imparando davvero dai propri errori.
Gianfranco GIARDINA
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Emanuele VILLA
L eggendo parallelamente due co-
municati stampa, quello di FIMI
sul mercato musicale e di AIE
(Associazione Italiana Editori) per i libri,
si ha veramente il quadro di un’Italia
che sta cambiando, anche se più len-
tamente di quanto possa prevedere un
appassionato di nuove tecnologie. Men-
tre FIMI (Federazione Industria Musicale
Italiana) pone giustamente l’accento
sulla crescita generale del 4% trainata
dai servizi di streaming, segnala poi
come il 62% del mercato sia ancora del
supporto fisico, che rallenta il suo calo
grazie all’impennata del vinile. Quest’ul-
timo, pur di nicchia con il 3% del merca-
to, cresce esponenzialmente di anno in
anno e fa registrare un +84% nel 2014
rispetto al 2013.
MERCATO I comunicati FIMI e AIE ci raccontano di un mercato italiano che vuole allontanarsi sempre più dal supporto fisico
Streaming ed ebook in crescita: l’Italia sta cambiando?Lo streaming musicale è cresciuto dell’80% nel 2014, gli ebook a quota +40%. Ma CD, vinili e libri di carta tengono duro
In pratica, la musica diventerà di sicuro
un mondo di streaming, ma l’orizzonte
temporale è ancora abbastanza lungo:
nel frattempo, il mercato italiano ha fat-
to registrare nel 2014 122 milioni di euro
di sell-in e il secondo anno consecutivo
di crescita dopo 11 anni col segno meno.
Trainanti i servizi di streaming: solo nel
2014 quelli gratuiti sostenuti da pubblici-
tà sono cresciuti dell’84% mentre quelli
a pagamento hanno fatto registrare un
+82%; dati di crescita importanti che di-
mostrano quanto la tariffa mensile (che
solitamente è di circa 10 euro) sia perce-
pita come più che adeguata all’offerta
di milioni e milioni di brani dei vari Spo-
tify, Deezer, Google Music ecc.
Sempre in calo, e non di poco, il
download con un -15% rispetto al 2013:
prima o poi Apple dovrà prendere po-
sizione in merito, cosa che presumi-
bilmente farà a breve trovando una
soluzione sinergica tra iTunes (Re in-
contrastato del download musicale) e
Beats Music. Gli italiani ascoltano molta
musica ma leggono anche tanto. Per
tornare al tema del cambiamento di cui
sopra, AIE fotografa il fenomeno dichia-
rando che da un lato la spesa degli ita-
liani per i libri è rimasta identica rispetto
al 2013 (+0,1%), dall’altro si assiste a un
crollo del lettori occasionali (-10% di let-
tori tra il 2010 e il 2014) e soprattutto alla
lenta (anche qui) sostituzione dei libri di
carta con gli ebook, che prendono ter-
reno. Mentre infatti la produzione di libri
tradizionali è calata del 5,1% rispetto al
2012, si stima che nel 2014 siano stati
prodotti 53.739 titoli in digitale (esclusi
i gratuiti) con un incremento dell’88,4%
rispetto al 2012. Ma questo non deve
trarre in inganno: se è vero che il fattu-
rato degli ebook è cresciuto del 39,4%
sul 2013, ciò rappresenta attualmente
il 4,4% del mercato del libro, che resta
nelle mani del “caro e vecchio” libro di
carta. Ma anche qui, la trasformazione è
più che avviata.
APP WORLD
Tidal a breve anche in Italia Il servizio di streaming Tidal comunica la prossima espansione in 22 paesi entro il primo trimestre del 2015, Italia compresa. La notizia arriva a pochi giorni dall’annuncio che la parent company di Tidal è stata acquisita dalla società della nota star hip-hop Jay-Z. Il nuovo lancio porta il servizio praticamente in tutta Europa più Turchia e Sud Africa, per un totale di 30 paesi. Il servizio si distingue per offrire musica in streaming in formato los-sless, motivo per il quale Tidal sta raggiungendo accordi con diversi produttori di elettroniche Hi-Fi per l’integrazione della piattaforma. Tidal dichiara un catalogo di 25 milioni di brani e ha già stretto accordi con le tre principali major del disco e diversi consorzi di etichetti indipendenti, offre app per Windows, Mac, Android e iOS ed è già compatibile (in beta) con il sistema multi-room Sonos.
MERCATO Escono dal paniere Istat 2015 DVD, impianto Hi-Fi, navigatore e corsi di informatica
Hi-Fi e DVD escono dal paniere Istat per il 2015 Al loro posto entrano car sharing e bike sharing Il vecchio impianto stereo non rientra più nelle abitudini di spesa delle famiglie italiane
di Robertp PEZZALI
L’istituto di statistica fotografa i cam-
biamenti dei consumi degli italiani
togliendo alcuni beni che sono
ormai considerati superflui e occasiona-
li. L’impianto stereo e il DVD, che fino a
qualche anno fa erano presenti in ogni
famiglia, non sono più validi indicatori del
benessere e dei consumi famigliari ed
escono pertanto dall’elenco dei prodotti
che contribuiscono, mediante il controllo
dei loro prezzi, a determinare l’andamen-
to dei consumi e l’inflazione. Una scelta
che non deve stupire più di tanto: al loro
posto infatti entrano car sharing e bike
sharing oltre a nuove categorie alimen-
tari come i prodotti senza glutine. Che
l’Hi-Fi classico fosse passato di moda lo
si era capito, così come ormai si è capito
che gli smartphone hanno cannibalizza-
to i navigatori satellitari. Quello che inve-
ce dispiace è la sparizione sempre dal
paniere dei corsi informatica: gli italiani,
che non sono certo un popolo evoluto
tecnologicamente, avrebbero bisogno di
corsi di formazione per colmare il divario
tecnologico con gli altri paesi soprattutto
per quelle fasce d’età e quelle persone
che non hanno a che fare abitualmente
con la tecnologia. Ma anche qui, tuttavia,
ci sarebbe da aprire un bel discorso: ai
corsi pagati dagli individui andrebbero
affiancati corsi aperti a tutti e organizzati
a livello municipale.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Emanuele VILLA
N ella nostra inchiesta sui prezzi
degli e-book, che realizzammo a
seguito dell’abbassamento del-
l’IVA al 4% (e a cui rimandiamo per un
approfondimento), alcuni editori ci dis-
sero che “Amazon, Apple e Kobo avreb-
bero inserito delle clausole contrattuali
che impegnano l’editore a garantire
loro il miglior prezzo sul mercato”. La
logica conseguenza di quanto sopra è
un livellamento nel prezzo al pubblico
degli ebook: lo stesso libro ha un prez-
zo identico ovunque lo si compri, come
se si trattasse di un prezzo imposto.
L’imposizione arriva dall’editore stesso,
certo, ma questo limita il diritto dei ri-
venditori di farsi una giusta concorrenza
operando sulla leva più sensibile, quella
del prezzo.
A seguito dalla nostra inchiesta,
Altroconsumo ha inviato all’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mer-
MERCATO Le clausole dei contratti tra editori e rivenditori di ebook sono compatibili con le norme sulla concorrenza?
Ebook: secondo esposto di Altroconsumo all’AuthorityA seguito della nostra inchiesta, Altroconsumo ha chiesto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di indagare
cato, una seconda addenda rispetto
alla prima segnalazione, con la quale
chiede di indagare sulle condizioni con-
trattuali che legano editori e distributori
online, con una particolare attenzione
per la clausola di cui sopra, ovvero quel-
la con cui essi di riservano il diritto di
pareggiare il prezzo più basso applicato
(si parla di Clausola della Nazione più
Favorita o Most Favoured Nation).
Più in dettaglio, Altroconsumo ritiene
che non sia possibile escludere che
questa clausola abbia un effetto re-
strittivo nei confronti dalla libera con-
correnza, con ripercussioni negative
soprattutto per i distributori più piccoli.
“[...] per effetto delle clausole MFN” - si
legge nel documento - “gli editori ita-
liani non hanno interesse a mettere in
concorrenza tra loro i distributori onli-
ne, dal momento che i distributori prin-
cipali (e in modo particolare Amazon
e Apple) potrebbero pareggiare quasi
istantaneamente il prezzo più basso
eventualmente consentito dall’editore
al distributore online più piccolo”.
La conseguenza principale cui giunge
Altroconsumo è che “risulta chiara-
mente che la clausola MFN imposta dai
principali distributori online (quali ad
esempio, Amazon e Apple) agli editori
italiani ha l’effetto (ed evidentemente
anche lo scopo) di consolidare la po-
sizione dominante di questi principali
distributori online, escludendo o limi-
tando l’accesso al mercato italiano de-
gli ebook ai distributori online più pic-
coli”. Per questo motivo, Altroconsumo
chiede che Agcm indaghi anche sulla
compatibilità di queste condizioni con-
trattuali con le norme sulla concorrenza.
Vedremo come andrà a finire...
MERCATO Procede a rilento l’integrazione di Beats Music all’interno di iTunes, iOS e OS X
Convivenza difficile per Beats Music e iTunes Il nuovo servizio slitta, probabile lancio al WWDC? Secondo indiscrezioni, ci sarebbero state tensioni tra i team di sviluppo di Beats e Apple
di Paolo CENTOFANTI
I l lancio del servizio di streaming
musicale di Apple si fa sempre più
lontano e con ogni probabilità non
verrà annunciato prima del prossimo
WWDC, che usualmente si tiene a
giugno. Lo riporta 9to5mac, secondo
le cui fonti il processo di integrazione
di Beats Music all’interno dei prodotti
Apple starebbe procedendo lenta-
mente e con fatica. L’idea di Apple sa-
rebbe infatti quella di fondere tutte le
funzionalità di Beats Music all’interno
dell’app Musica di iOS, in iTunes su
Windows e OS X e all’interno di una
nuova app per Apple TV. Sul tavolo ci
sarebbe anche una nuova app per An-
droid, mentre scomparirà la versione
per Windows Phone. Si parla anche
di un prezzo per il nuovo servizio che
sarà a quanto pare di 7,99 dollari, con-
tro i 9,99 di praticamente tutti i con-
correnti e gli attuali utenti Beats Music
potranno fondere il proprio account
con un Apple ID. Il problema è che la
nuova versione del servizio sarebbe
tutt’altro che soddisfacente e stareb-
bero crescendo le tensioni tra il team
di sviluppo di Beats, entrato in Apple
in seguito all’acquisizione dell’azien-
da, e gli ingegneri di Cupertino, tanto
che almeno un dirigente avrebbe get-
tato la spugna e abbandonato il pro-
getto. Quello che è certo è che il lan-
cio, che doveva essere a marzo, per
il momento è stato rimandato a data
da destinatari. Curiosamente, Apple
avrebbe inoltre intenzione di conti-
nuare a offrire, parallelamente al nuo-
vo servizio di streaming, anche iTunes
Radio e iTunes Match nonostante le
evidenti sovrapposizioni che le varie
offerte avranno l’una con l’altra.
MERCATO
Sony in recupero Sony ha fornito indicazioni di massi-ma che dimostrano un lento recupe-ro: parliamo di circa 700 milioni EUR di profitto netto nella stagione natalizia. Cresce anche il profitto d’esercizio e crescono i ricavi, che per tutto il gruppo si posizionano a circa 19 mld EUR. Il problema resta la divisone mobile: i conti dell’azien-da dichiarano un piccolo profitto (70 mln EUR, circa) a causa della forte ristrutturazione prevista, ma è annunciato il taglio di 2.100 posti di lavoro entro marzo 2016, che com-prendono i 1.000 precedentemente previsti. PlayStation 4 continua ad andare bene e la divisione TV è in nero trainata dal buon trend dei display 4K che fa registrare un utile di circa 70 mln EUR; infine, Sony ha inserito a budget 15 mln USD per portare a termine le indagini e completare le operazioni di rimessa in esercizio dei sistemi informatici messi a repentaglio dall’attacco hacker a Sony Pictures, divisione che nonostante tutto ha fatto registrare un piccolo profitto di circa 19 mln EUR nonostante una prevista forte riduzione dei ricavi.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Paolo CENTOFANTI
U n comunicato congiunto da par-
te di organizzazioni che insieme
danno voce essenzialmente a
tutte le principali aziende di telecomu-
nicazioni europee, lancia un messaggio
forte e chiaro: le telco europee non vo-
gliono la neutralità di rete attualmente
in discussione in seno al Consiglio Eu-
ropeo. In breve, dove eravamo rimasti:
il Parlamento Europeo ha approvato in
prima lettura nella passata legislatura il
pacchetto ora chiamato Digital Single
Market, che punta alla creazione di un
mercato unico delle telecomunicazioni
in Europa e che mette dei punti fermi
su alcuni principi basilari di Internet,
quali appunto la neutralità di rete.
Il testo è ora al vaglio del Consiglio
Europeo, che esprime la voce degli
Stati Membri dell’Unione, all’interno
del quale il dibattito è ancora aperto e
lontano da un accordo proprio su que-
stioni come la neutralità di rete (oltre al
delicato discorso del roaming all’inter-
no dell’Unione Europea).
“Non è tecnologicamente efficiente né
un beneficio per gli utenti, che tutto il
traffico sia trattato ugualmente. Non
lo è mai stato” ETNO, Cable Europe,
GSMA, Make the NetWork”.
Il comunicato rilasciato dalla European
Telecommunications Network Ope-
rators Association, GSMA, Make the
NetWork e Cable Europe, si inserisce
nel dibattito sostenendo che non tutto
il traffico di Internet deve e soprattutto
può essere trattato allo stesso modo,
pena prestazioni peggiori per tutti
e freno all’innovazioni e agli investi-
menti sulla banda larga. Ricordiamo
che per neutralità di rete si intende il
principio secondo cui le reti di teleco-
municazioni devono essere totalmen-
te “neutrali” nei confronti dei dati che
trasmettono: un pacchetto dati, l’unità
fondamentale nelle moderne reti di
trasmissioni IP, è un pacchetto come
un altro indipendentemente da quello
che i dati contengono/rappresentano
e come tale non deve essere “discri-
minato” in funzione del suo contenuto.
L’obiezione delle telco è che non tutto
il traffico è uguale e, ad esempio, lo
streaming video pesa molto di più sul-
la rete rispetto allo scambio di email,
e pertanto andrebbe gestito in modo
diverso. Se non che, obiettano i soste-
nitori della neutralità di rete, “gestire”
potrebbe voler dire anche tariffare in
modo diverso o magari “filtrare” o “li-
mitare in banda” anche al fine di spin-
gere servizi di connessione premium a
costi maggiori.
L’argomento, come si può ben imma-
ginare, è complesso. Il tutto si riduce
però alla fine a una semplice que-
stione: soldi. Le telco, anche in modo
comprensibile, non vogliono infatti
ritrovarsi a pagare da sole il costo del-
la crescita dei servizi “over the top”,
come vengono chiamati i vari YouTu-
be, Netflix, iTunes, che pesano con i
loro dati sulle reti di telecomunicazioni
che vanno costantemente aggiorna-
te. L’altra campana sottolinea invece
come proprio questi servizi spingono
gli utenti a sottoscrivere le più costose
linee a banda larga e ultra larga, sen-
za bisogno che vengano create delle
differenziazioni artificiose nei servizi
di connettività. Un esempio, giusto per
essere chiari, potrebbe essere quello
di un Internet Service Provider che
può offrire un abbonamento Internet
base che non dà accesso a servizi di
video on demand, che sono invece
sbloccabili solo pagando una tariffa
superiore. Oppure ancora un operato-
re potrebbe decidere di limitare a pre-
scindere un certo tipo di traffico sulla
sua rete (cosa che in alcuni casi già
avviene tra l’altro).
C’è da dire che il comunicato rilasciato
da queste associazioni fa buon viso a
cattivo gioco, dichiarando la propria
MERCATO Associazioni di categoria e compagnie telefoniche dicono no alla neutralità di rete
Le telco non ci stanno e ribadiscono il no (fuorviante) al concetto di neutralità di reteMa alcune delle argomentazioni addotte appaiono decisamente prive di fondamento
adesione all’Open Internet ma allo
stesso tempo utilizzando anche ar-
gomenti al limite del “truffaldino”. Un
passaggio in particolare, presente sul-
la pagina web di Make the NetWork ha
catturato la nostra attenzione: “Tecno-
logie che oggi aggiustano e ottimizza-
no automaticamente la banda del traf-
fico video diretto al piccolo schermo di
un tablet, rispetto a quella destinata a
un grande TV in alta definizione, [con
la neutralità di rete] diventerebbero
discriminatorie.[...] Le inefficienze nel
carico della rete aumenterebbero
drammaticamente poiché troppi dati
sarebbero pompati verso i tablet, so-
vraccaricando la sua connessione alla
rete e impedendo al servizio di funzio-
nare”.
Un’affermazione totalmente falsa e
anche tecnologicamente parlando
priva di qualsiasi fondamento. A par-
te il fatto che ormai i tablet hanno una
definizione superiore a quella di un TV
in alta definizione, per cui non ci sa-
rebbe alcuno spreco di bit, in questo
caso le telco stanno facendo passare
per gestione del traffico quella che è
invece la codifica scalabile di un video
che avviene a monte e quindi prima
ancora della trasmissione sulla rete
stessa del contenuto e che pertanto
è una pratica che non è toccata mi-
nimamente dal concetto di neutralità.
Quello che invece la neutralità vuole
proprio impedire è che un operatore
possa decidere che quel video pesa
troppo e quindi non abbia “diritto” di
finire anche su un tablet, magari ag-
ganciato a una rete mobile. Non allo
stesso prezzo comunque.
Yahoo torna a crescere Google scende ai livelli del 2008Per la prima volta dal 2008, Google torna sotto la quota di mercato del 75% tra i motori di ricerca negli Stati Uniti Yahoo cresce più del 2% grazie a Firefox di Paolo CENTOFANTILa scelta di Mozilla di passare a Yahoo come motore di ricerca predefinito di Firefox, ha avuto il suo impatto negli Stati Uniti. Secondo i dati di CounterStat, infatti, Google a gennaio 2015 è sceso sotto la quota di utilizzo del 75%, cosa che non accadeva dall’estate 2008. Yahoo aveva già effettuato un balzo a dicem-bre, quando era passato da una quota dll’8,6% in novembre al 10,4%. Questo incremento era in qualche modo atteso proprio per via dell’uscita della nuova versione di Firefox con Yahoo come default. Quello che gli ana-listi si aspettavano, però, era per il mese successivo un ritorno di molti utenti a Google e invece il trend positivo di Yahoo non si è fermato e ora ha chiuso il primo mese del 2015 con una quota del 10,9%. Aggiungiamoci anche un +0,3% da novembre per Bing e Google scende al 74,8%. Restrin-gendo il campo a solo chi usa il browser di Mozilla, Yahoo ha fatto un balzo del 18,4% da novembre a oggi, tutto a scapito di Google, e con un aumento di quasi il 4% solo da dicembre a gennaio. Viceversa, escludendo gli utenti Firefox, le statistiche sono rimaste pressoché invariate. Ciò a quanto pare è la dimostrazione che con-quistare la posizione di motore di ricerca predefinito su uno dei browser più utilizzati, è una stra-tegia che paga. Mozilla ha siglato l’accordo con Yahoo attualmente solo per gli Stati Uniti, mentre in Europa, per il momento, Google continua a rimanere il motore di ricerca di default.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
LG a gonfie vele trainata dagli smartphoneCon 59,1 milioni di smartphone venduti nel 2014, il bilancio del colosso coreano è notevole: profitti per 475 milioni di dollari di Michele LEPORI
474,81 milioni di dollari di profit-to netto, + 125% di crescita anno su anno e un totale di 59,1 milio-ni di smartphone venduti, +24% rispetto al 2013: questi numeri sono quanto di buono fatto da LG nel corso dello scorso anno. Una crescita importante che la-scia il segno, sia che la si com-pari con i risultati di LG nel 2013 sia affiancando questi numeri a quelli della concorrenza. A bilan-cio, però, ci vanno anche delle voci di perdita e quella più im-portante segna un -189,41 milioni di dollari alla voce chiusura della linea Plasma. Nonostante ciò, la divisione Home Entertainment fa anch’essa registrare un buon risultato, con tanto di +31% nel profitto d’esercizio rispetto allo scorso anno: parliamo di circa 480 milioni di dollari US. I risul-tati della sola LG mobile dichia-rano vendite per 14,26 miliardi equivalenti ad un +16% rispetto allo scorso anno, mentre se ci limitiamo al solo - redditizio - Q4 il segno positivo è del 5%, pari a 3,48 miliardi di dollari. Ma LG non vuole dormire sugli allori ed è consapevole che il 2015 sarà un anno pieno di sfide, con la com-petizione nel settore smartphone pronta a farsi davvero agguerrita specie nel mercato cinese. LG si concentrerà sul consolidamento del marchio, sul contenimento degli sprechi e su alcuni mercati-chiave, così un portavoce LG sul-le linee-guida che tracceranno la strada nel 2015.
di Roberto PEZZALI
N on c’è spazio per nessuno: c’è
chi piange parlando di mercato
in contrazione per gli smartphone
di fascia alta, di impossibilità di guada-
gnare e di vendite ormai direzionate ai
prodotti più economici, e chi invece ride
e continuerà a farlo per molto. Apple è
una macchina inarrestabile e chiude il
trimestre con il record di tutti i tempi, gui-
dato da quell’iPhone 6 Plus che all’inizio
sembrava un errore. Sono 74,5 milioni gli
iPhone venduti, 10 milioni in più del previ-
sto e più del triplo di tutti gli smartphone
di fascia alta venduti al mondo, segno
che sopra i 500 euro c’è un solo mar-
chio che riesce a vendere bene. Apple
ha guadagnato molto di più dello scorso
anno, merito anche di un prezzo medio
di 50 dollari più alto rispetto al modello
dello scorso anno e del doppio model-
lo, con margini di profitto pari al 39,9%. Il
fatturato trimestrale di Apple ha toccato i
74,6 miliardi di dollari, con un utile netto
di 18 miliardi di dollari, una crescita enor-
me se paragonata ai 57,6 miliardi dello
scorso anno. Pesano molto Cina, India e
gli altri paesi: il 65% del fatturato infatti
arriva dall’estero, anche se Apple tiene
ancora in mano il mercato Usa.
Se gli iPhone hanno fatto il botto,
Mac e iPad mantengono le promesse:
5.5 milioni di Mac venduti e 21.4 milioni
di iPad hanno eguagliato le stime degli
analisti. Il futuro per Apple sembra anco-
ra più roseo, non tanto per Watch, che
uscirà ad aprile ed è al momento una
incognita, quanto per Apple Pay: solo in
America con 750 banche e enti finanziari
associati Apple sta gestendo due dolla-
ri ogni 3 spesi per acquisti contactless.
Tutto lascia pensare che il mondo dei pa-
gamenti in mobilità, dopo lo Store, sarà il
prossimo terreno fertile di Apple.
MERCATO Samsung dichiara un ulteriore calo dei profitti rispetto agli anni precedenti
Scendono ancora i profitti per Samsung Divisione mobile in calo del 60%, per risollevarsi Samsung scommette sul Galaxy S6
di Emanuele VILLA
Samsung ha pubblicato la solita
trimestrale con numeri “enormi”
relativi a ricavi e profitti, ma che
in realtà mostra un calo significativo
rispetto allo scorso anno, soprattutto a
causa di una divisione mobile vacillan-
te. Samsung ha infatti annunciato ricavi
per 52,73 trilioni di won (42 mld EUR) e
un utile operativo di circa 4,2 mld EUR,
numeri che da un lato dimostrano lo
stato di salute del colosso coreano, ma
dall’altro anche una flessione importan-
te rispetto ai 59,28 e 8,31 trilioni dello
scorso anno. Parliamo infatti, sui nume-
MERCATO L’azienda chiude il trimestre facendo registrare il miglior bilancio di sempre
Apple da record: è una macchina da soldiI numeri sono impressionanti: 74,5 milioni di iPhone venduti e 18 miliardi di dollari di utile
ri di ricavi e profitti, di una contrazione
del 36% e dell’11% rispettivamente. Inol-
tre, il profitto netto è in costante calo
negli ultimi 4 trimestri.
Il fiore all’occhiello della trimestrale
Samsung è senza dubbio la divisione
dei semiconduttori che ha generato pro-
fitti per 2,7 trilioni di Won nel trimestre
(2,1 mld EUR, il miglior risultato in più di
4 anni) e dalla quale l’azienda si aspet-
ta risultati eccellenti anche nel 2015. La
domanda di memorie è cresciuta men-
tre quella dei PC è rimasta stabile, e in
tutto questo gli SSD mantengono una
posizione di spicco. In questo segmen-
to peserà senza dubbio la decisione
di Samsung di
puntare sempre
più sui propri
componenti (leg-
gasi, chip e me-
morie) per i suoi
prodotti mobile,
che pur in calo
rappresentano
sempre il core
dell’offerta (e
del bilancio) del produttore coreano.
Inoltre, si vocifera che Samsung diventi
il principale fornitore di chip A9 per il
prossimo iPhone, ma per il momento
nessuno conferma la cosa. Il problema
è la divisione mobile. Samsung ha di-
chiarato un ricavo complessivo di 26,29
trilioni di Won (21 mld EUR) e un profitto
di 1,96 trilioni Won, il che rappresenta
un calo di più del 60% rispetto ai 5,47
trilioni Won dello scorso anno. E tutto
questo nonostante le vendite di Note
4 pare non vadano affatto male: presu-
mibilmente in questo risultato pesano
molti fattori, tra cui un Galaxy S5 non
all’altezza delle aspettative (in termini
di vendite), la concorrenza spietata in
tutte le fasce di mercato, con Apple che
dal canto suo dichiara la miglior trime-
strale di sempre. Samsung, dal canto
suo, pensa di riportare la divisone alla
crescita tramite prodotti basati su “nuo-
vi materiali, un design innovativo e fea-
ture esclusive”. Non possiamo sapere
se Galaxy S6 sarà in grado, da solo, di
riportare Samsung ai vecchi fasti, ma di
sicuro sarà determinante.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Emanuele VILLA
G razie a un investimento da
1 miliardo di euro, Telecom Italia
punta a cablare il Sud Italia e il
Centro-Sud intensificando la presen-
za della banda ultralarga in Calabria,
Basilicata, Molise, Puglia, Lazio, Sicilia
e Campania. L’ha dichiarato l’AD di Te-
lecom Italia Marco Patuano in un’inter-
vista al Messaggero, ricordando che
l’azienda ha vinto i bandi per lo svilup-
po e la diffusione del broadband in tut-
te le regioni citate.
Il progetto è co-finanziato con Fondi
Europei (Fondo europeo di sviluppo re-
gionale (FESR)) e verrà ripartito in due
aree principali, quella delle infrastrut-
ture (che riceverà oltre 500 milioni) e
quella dei servizi necessari per portare
nelle case degli italiani la banda larga
con velocità tra 30 e 100 mb/s. Si sti-
ma che l’operazione porterà la banda
MERCATO In un’intervista al Messaggero, l’AD di Telecom Italia ha annunciato il progetto
Telecom: 1 miliardo per l’ultrabroadband al SudLa banda ultralarga verrà estesa al Centro e al Sud Italia; tempi di realizzazione brevi
ultralarga a circa 10 milioni di persone.
In attesa della presentazione del nuovo
piano industriale (19 febbraio), le tempi-
stiche previste fanno ben sperare: se-
condo Patuano, infatti “Si tratta di inve-
stimenti che saranno operativi in tempi
brevissimi. L’operazione sara’ chiusa
entro metà 2016. La prima regione a
essere ultimata sarà la Campania, en-
tro fine anno”. Grazie al Jobs Act, inol-
tre, Patuano (che ha indirizzato parole
di apprezzamento nei confronti del-
l’operato del Governo Renzi) prevede
l’assunzione di 4.000 lavoratori in for-
ma diretta e la creazione di altrettanti
posti di lavoro in modalità indiretta.
MERCATO L’impianto che doveva produrre il vetro in zaffiro per iPhone 6 sarà riconvertito
Apple converte la fabbrica di zaffiro in data centerL’energia necessaria al funzionamento del data center sarà prodotta da fonti rinnovabili
di Andrea ZUFFI
B loomberg riporta una notizia se-
condo cui Apple avrebbe deciso
di investire 2 miliardi di dollari per
la riconversione di un proprio impianto
produttivo in Arizona precedentemente
destinato alla realizzazione di display
anti-graffio in zaffiro.
Alla base della decisione ci sarebbe la
mancata adozione degli schermi in zaf-
firo su iPhone 6 che, lo scorso ottobre
ha portato alla bancarotta GT Advan-
ced Technologies. La società, di cui
ora Apple è proprietaria, non avrebbe
infatti rispettato gli accordi e avrebbe
consegnato a Apple schermi allo zaffiro
di qualità non idonea a essere impiegati
sull’ultima versione di iPhone. Invitiamo
comunque a leggere tutta la vicenda
nel nostro precedente articolo Insieme
alla tecnologia allo zaffiro sembrava fal-
lito anche il tentativo di riportare negli
Stati Uniti una parte della produzione
di dispositivi, ma Apple ha comunque
deciso di utilizzare l’edificio da 100.000
mq di Mesa (vicino a Phoenix, AZ) come
sede di un proprio data center che servi-
rà da centro di comando per il network
della casa di Cupertino. Saranno così
creati 150 nuovi posti di lavoro e saran-
no impiegate 300 - 500 persone per la
realizzazione del data center stesso.
“Ho avuto l’impressione che Apple vo-
lesse fare la cosa giusta e siamo en-
tusiasti che abbia deciso di farlo qui in
Arizona” - ha dichiarato il governatore
Doug Ducey”.
L’energia necessaria a far funzionare
il nuovo data center sarà interamente
prodotta da fonti rinnovabili provenien-
te anche da una imponente installazio-
ne di pannelli solari in grado di fornire
energia anche a 14.500 abitazioni pre-
senti nella zona.
Motorola rivede la luceLenovo quando decise di acquista-re Motorola da Google per quasi 3 miliardi di dollari aveva un progetto ben strutturato, i cui primi frutti si vedono oggi. Lenovo ha comunica-to di aver distribuito 10 milioni di smartphone nel corso dell’ultimo tri-mestre 2014 (l’acquisizione è avvenu-ta a ottobre), facendo schizzare verso l’alto le entrate (oltre 1,9 miliardi di dollari) e facendo segnare un +118% rispetto alle rilevazioni dell’anno pre-cedente. Secondo Lenovo, Motorola tornerà ad avere un bilancio in nero nell’arco di 12-18 mesi. Il merito però non sarebbe tutto di Lenovo: l’opera di risanamento avviata da Google a inizio 2012 e continuata da Lenovo sarebbe alla base dell’attuale mo-mento roseo di Motorola. Il resto è da attribuirsi ai buoni dispositivi usciti in questi ultimi 24 mesi: si pensi ai vari Moto E, Moto G e Moto X. Il prossimo passo sarà quello di rientrare nel mercato cinese.
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingClaudio Stellari, Simona Zucca,
Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Gianfranco GIARDINA
C arissimo Travaglio,
nel suo seguitissimo editoriale all’interno
della trasmissione TV “Servizio Pubblico”
dello scorso 29 gennaio, ha ritenuto di reiterare
l’incredibile svista nella quale è incappato “Il Fatto
Quotidiano” di domenica 25 gennaio, il quotidiano
dal lei condiretto. Come DDAY.it aveva già ben chia-
rito prima a novembre 2014 e poi la vigilia di Natale,
dopo l’approvazione del decreto Milleproroghe, il rin-
vio dell’obbligo DVB-T2 riguarda i televisori e non le
frequenze o le trasmissioni; e nulla ha a che vedere
con la destinazione della banda dei 700 MHz, deci-
sione che è in capo all’Europa. Chi volesse trasmet-
tere nel digitale di seconda generazione potrebbe
farlo sin da subito; ma soprattutto nessun Governo
di nessun colore in questi anni ha mai neppure lon-
tanamente progettato uno switch off al DVB-T2 (fran-
camente impensabile) né fissato nessuna data per il
passaggio “di legge” alle nuove trasmissioni. Lei in-
vece ha equivocato, come il suo giornalista qualche
giorno fa, facendo quella che non ho timore a chia-
mare cattiva informazione. Nei giorni scorsi, l’errore
del suo giornale è stato chiaramente segnalato da
DDAY.it e ampiamente notificato via Twitter al Fatto e
all’autore dell’articolo di prima pagina. Non le elenco
qui i motivi per i quali il rinvio dell’obbligo DVB-T2,
che non ha nulla a che vedere con Mediaset, era am-
piamente richiesto dagli operatori informati e anche
dalle associazioni dei consumatori: di questo ho già
TV E VIDEO Ripetuto l’errore marchiano compiuto da “Il Fatto Quotidiano” nei giorni scorsi e ampiamente segnalato da DDAY.it
Travaglio e DVB-T2, errore bis a Servizio pubblicoLettera aperta del nostro direttore a Marco Travaglio: il rinvio dell’obbligo DVB-T2 non ha nulla a che vedere con Mediaset
scritto in diverse occasioni e se avrà modo e tem-
po potrà prenderne visione (qui e qui, per esem-
pio). L’Italia, non le sarà sfuggito, è in fondo a tutte
le classifiche dei paesi sviluppati in quanto ad al-
fabetizzazione digitale; il mercato dell’elettronica
di consumo italiano, nello specifico, ha il peggior
mix di prodotto tra tutti i paesi europei e questo,
non solo per la condizione economica nazionale
ma in larga parte per la scarsa preparazione degli
utenti nel saper valutare la portata delle innovazio-
ni tecnologiche. L’Italia ha bisogno di
buona informazione in ambito tecno-
logico, anche e soprattutto da parte
dei mezzi generalisti; una buona pre-
parazione sul digitale che, tra l’altro,
è un fattore chiave – come ormai è
chiaro a tutti - che non riguarda più
solo gli “appassionati” ma chiunque
voglia avere nel ventunesimo secolo
un ruolo attivo in un mondo del lavo-
ro. In molti si aspettavano da parte
de Il Fatto Quotidiano una rettifica,
anche in forza della nota emessa dal
Viceministro Giacomelli prima anco-
ra che del nostro articolo, ma nulla è
successo. Ora, non solo non ci sono
state correzioni di tiro, ma l’errore
viene reiterato addirittura in una
seguitissima trasmissione TV, e da
un giornalista autorevole come lei. I
casi sono due: o non è stato affatto
informato dalla sua squadra della
“topica” sulla prima pagina del Fatto
di domenica scorsa, e allora dovreb-
be chiedere conto a chi tra i suoi, per
nascondere qualche svista professio-
nale, la espone a brutte figure come
quella in questione; oppure – ma ri-
sulta davvero difficile crederlo – sapeva e, visto che
poi si tratta di “tecnicismi” che il grande pubblico
non segue, ha pensato che comunque potesse farle
gioco gridare ancora una volta a uno scandalo che
– almeno questa volta – non c’è. Un’interpretazione
originale da parte sua credo sarebbe assai gradita
dall’opinione pubblica. In ogni caso, un peccato: ba-
sta una sola balla in mezzo a molte verità per far de-
rubricare tutto come “falso e tendenzioso”. E quella
sul digitale terrestre da lei raccontata – mi creda – è
una balla al di là di ogni fantasia interpretativa.
Noi di DDAY.it siamo al servizio della buona informa-
zione in ambito tecnologico finalizzata alla costruzio-
ne di un mercato più sano, a vantaggio di consuma-
tori e Paese. In questo senso, le rinnovo l’invito, già
fatto alla sua redazione: siamo a sua disposizione
(come in passato è già successo con molte redazioni
generaliste) per rispondere ad eventuali domande
su questioni legate al mondo digitale, laddove nello
svolgere la sua attività di informazione, vi si imbat-
tesse.
Cordiali saluti
Gianfranco Giardina
Marco Travaglio Editoriale a “Servizio Pubblico”
lab
video
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto PEZZALI
Segnatevi il nome: LG EF950V,
OLED 4K e schermo piatto. Quan-
do abbiamo mostrato i TV OLED
che arriveranno nei negozi nel corso
dell’anno l’attenzione è caduta sul bellis-
simo TV piatto Flat Art Slim Design, con
soundbar wireless e linea super sottile.
Per questo modello si dovrà attendere
qualche mese (seconda parte dell’anno),
ma LG ha un’altra freccia al suo arco. Ci
sarà infatti in Europa un secondo model-
lo piatto, l’EF950V, versione “raddrizza-
ta” dell’EG9600 (o EG960V): sarà un TV
flat di tutto rispetto con una buona quan-
tità di feature, a partire dal processore
video a 8 core per arrivare al pannello
a 10 bit e 100 Hz sempre realizzato con
tecnologia WRGB. LG ha lavorato molto
sul pannello e pare sia riuscita a ottenere
una luminosità di picco molto più alta di
quella degli attuali OLED: i primi dati par-
lano infatti di 800 cd/m2, un valore note-
vole per un OLED e proprio per questo
sembra che sia stata inserita anche una
modalità simil HDR. Non ci sarà, sempre
che in queste settimane non vengano
apportate modifiche, la gestione dello
spazio colore Rec.2020 dell’Ultra HD: è
proprio questa mancanza ad aver bloc-
cato l’ingresso degli OLED UHD nella
TV E VIDEO Emergono i dettagli del primo TV piatto OLED in arrivo sul mercato europeo
LG EF950V: può diventare il TV dell’anno Completo e con pannello ad alta luminosità a 10 bit, arriverà nella seconda metà del 2015
Ultra HD Alliance. Quella dello spazio
colore Rec.2020 sembra l’unica assen-
za degna di nota, perché per il resto il
TV ha molti punti a suo favore: per la
connettività infatti sono presenti HDMI
2.0 con HDCP 2.2 e MHL 3.0, a bordo
ci sono bluetooth e Wi-fi e non manca-
no DLNA, Plex, accesso al cloud per lo
streaming e WiDi Intel oltre ovviamente
a MHP e supporto Tivusat. LG ha anche
rivisto interamente WebOS: la nuova ver-
sione gestisce riconoscimento vocale e
gestuale (la camera è esterna) e pare sia
stato aggiunto anche un server per la
condivisione delle registrazioni fatte con
il PVR usando il doppio tuner DVB-T2 e
DVB-S2. Completa la compatibilità per i
formati file, sia da rete sia da USB: MKV
4K HEVC, VP9, MP4 4K HEVC, DivX HD,
TS, AVI, MP4, MP3, WMV e WMA, AAC
e DTS saranno supportati, il tutto con
sottotitoli esterni. Come per gli altri TV
LG 2015 ci sarà la possibilità di controllo
con app iOS, Android e Windows Phone
e sarà supportato anche lo streaming
dei canali della TV. LG non ha ancora
definito il prezzo per questo modello,
ma lo aspettiamo nella seconda metà
dell’anno a circa 4500 / 5000 euro nella
sua versione da 55”. Molte delle carat-
teristiche, in ogni caso, saranno presenti
anche sui modelli curvi e sui modelli top
LED: chi compra un TV nel 2015 porta a
casa un TV all-inclusive.
Telesystem lancia due decoder DVB-T2 (ma senza HEVC)Il TS7701 T2HD sarà compatibile Infinity e Premium Play e sarà anche uno dei primi ad avere il tuner DVB-T2 Manca, tuttavia, il decoder HEVC di RoberTo PEZZALI
Chi deve acquistare un nuovo decoder per il digitale terrestre oggi può scegliere un modello DVB-T2: Telesystem ha infat-ti inserito a listino i due nuovi TS6700 T2HD e TS7701 T2HD, due modelli di decoder dotati di tuner di nuova generazione. Pa-radossalmente la presenza del tuner next gen è la cosa meno interessante dei due decoder: l’assenza di HEVC e di trasmis-sioni DVB-T2 rende infatti inutile questa funzionalità in Italia.
Il modello 6700 è il modello base con una sola funzionalità aggiunta, ovvero la registrazio-ne su porta USB che può essere usata anche per riprodurre files multimediali. Più interessante lo “smart box” TS7701: è sempre DVB-T2 (privo di HEVC) ma è do-tato di porta di rete, è MHP e per-mette l’accesso ad applicazioni come Infinity e Premium Play. La presenza della rete, inoltre, per-mette la fruizione di contenuti anche con client DLNA. Il TS7701 è in vendita a 99 euro, mentre il TS6700 costa 49 euro.nti pro-spettive future.
di Roberto PEZZALI
S amsung lavora a ritmi serrati per
portare la serie S-UHD in Europa.
Abbiamo ricevuto la conferma
che in Italia arriveranno le tre serie vi-
ste a Las Vegas, con il top di gamma
TV E VIDEO Dalla Francia arrivano indiscrezioni sui prezzi dei nuovi TV Samsung S-UHD
Samsung, i possibili prezzi della gamma TV S-UHDSi parte da 1790 euro; il top di gamma Full LED arriverà solo in tagli grossi, superiori ai 65”
JS 9500 dotato di pannello Full LED a
10 bit e di HDR. Samsung comunque
non avrà solo la gamma S-UHD: reste-
rà una line up di TV HD e UHD piatti
e curvi che andranno a coprire la fa-
scia media del mercato. Dalla Francia
arrivano intanto le prime indiscrezioni
di prezzi della nuova
gamma, difficile dire
se i modelli saranno
gli stessi di quelli ita-
liani, ma solitamente
i prezzi sono allineati
tra le filiali europee.
Samsung quest’anno
cercherà di tenere,
almeno sulla gamma
alta, una fascia di
prezzo “protetta” per
evitare una svalutazione rapidissima
dei prodotti. Quello che potrebbe non
piacere agli appassionati è la scelta
di tagli molto grandi per la serie top,
quella dotata di illuminazione Full LED:
si partirà infatti dal 65” e non ci sarà il
classico 55”, previsto solo in versione
Edge LED.
Ecco di seguito i primi prezzi francesi,
ancora da confermare:
• Samsung UE48JU7500: € 1790
• Samsung UE55JU7500: € 2290
• Samsung UE65JU7500: € 3990
• Samsung UE78JU7500: € 9990
• Samsung UE48JS9000: € 2790
• Samsung UE55JS9000: € 3290
• Samsung UE65JS9500: € 5990
• Samsung UE78JS9500: € 9990
• Samsung UE88JS9500: € 24.990
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto PEZZALI
C hi comprerà un TV nel 2015 farà
sicuramente un affare: i prezzi
sono in caduta libera e, soprat-
tutto in casa LG, l’arrivo dell’OLED com-
primerà ulteriormente la gamma media
che offrirà, quindi, ad un prezzo molto
interessante tutte le features che ormai
ci si aspetta da un top di gamma. La li-
nea italiana è ancora in fase di defini-
zione, ma siamo riusciti a capire quali
saranno alcuni dei modelli che arrive-
ranno da noi e come si posizioneranno.
La presenza di WebOS 2.0 e del pan-
nello 4K è un comune denominatore,
così come l’integrazione di un decoder
DVB-T2 con HEVC: LG per differenziare
i modelli lavora su ColorPrime (il nome
scelto per la tecnologia Quantum Dots),
sull’audio harman/kardon e sul design.
La serie UF9500 sarà la top di gam-
ma: pannello a 200 Hz, Color Prime,
WebOS 2.0 e un design super slim i
punti di forza, con una base che ricorda
TV E VIDEO In anteprima le caratteristiche di alcuni modelli di TV LG in arrivo quest’anno
LG: ecco la gamma di TV LED 4K per il 2015 Prezzi in discesa, ma per LG si tratta di modelli di fascia media e medio alta: al top c’è l’OLED
molto quella dei TV OLED. Arriverà nei
tagli da 55” e 65”.
Un modello analogo, ma privo di Color
Prime e curvo, sarà disponibile con la
sigla UG8700 e, con design standard
(quindi niente pannello ultra sottile) sot-
to i nomi UF8600 e UF8500. Tra i que-
sti due modelli cambiano soprattutto la
linea e le dimensioni: l’UF8600 infatti
sarà disponibile da 55”, 65” e 79”, ma
per i mercati europei potrebbe arrivare
anche qualche taglio più piccolo.
L’UF7700 sarà il TV da battaglia: pannel-
lo 4K, HEVC e WebOS 2.0 ad un prezzo
super aggressivo. L’assenza di dettagli
e caratteristiche precise dei nuovi TV
lascia trasparire come anno dopo anno
sia sempre più difficile realizzare una
line up con caratteristiche differenti,
come accadeva invece qualche anno
fa. La differenza è il design, con i mo-
delli top che hanno un profilo davvero
sottile, ridotto a pochi millimetri.
TV E VIDEO Il brand sarà dato in licenza ad altri produttori, i partner saranno annunciati in aprile
Toshiba dice addio alla produzione di TV La fabbricazione diretta verrà mantenuta solo per alcuni modelli di TV per il Giappone
di Paolo CENTOFANTI
Toshiba ha annunciato la chiusura
della divisione TV almeno, per quan-
to riguarda il mercato internazionale:
continuerà a produrre televisori ma solo
per il Giappone. Le prime avvisaglie della
difficile scelta si erano avute alla vigilia del
CES di Las Vegas, quando Toshiba aveva
annunciato l’uscita dal mercato norda-
mericano. In futuro ci saranno ancora TV
marchiati Toshiba, ma saranno prodotti da
aziende terze con diritto di sfruttamento
del brand in licenza, una strada seguita
negli ultimi anni da altri marchi (si pensi
ai vari Telefunken, Grundig, Normende,
ma anche JVC, Thomson e, ultima in or-
dine di tempo, Sharp per quanto riguarda
l’Europa). Il primo produttore a utilizzare
il marchio Toshiba sarà Compal Electro-
nics, azienda con base a Taiwan, che ha
acquistato i diritti per gli Stati Uniti e che
comincerà a commercializzare i primi
prodotti già a marzo. Per conoscere chi
produrrà TV a marchio Toshiba in Euro-
pa occorrerà aspettare aprile 2015. Con
l’uscita di scena di Toshiba, a mantenere
alta la bandiera dei TV “made in japan”
a livello internazionale sono rimaste solo
Panasonic e Sony, con quest’ultima, tra
l’altro, in fase di valutazione di un’even-
tuale vendita della sua divisione TV. C’è
da dire che Toshiba negli ultimi anni
aveva inanellato una serie di passi falsi.
Il suo disco HD DVD perse contro il Blu-
ray Disc, investì tantissimo nella Cell TV,
prodotto che anticipò l’era delle smart TV
ma che non decollò mai, per poi tentare
il tutto per tutto con il 3D senza occhiali,
tecnologia che fu travolta dal flop gene-
ralizzato delle tre dimensioni.
PanasonicBasta TV in Cina e USAPanasonic si prepara ad abbandonare il mercato TV in Cina e pensa di interrompere le attività anche in USA L’Europa per ora è salva di RoberTo PEZZALI
Panasonic è pronta a ridimensio-nare ulteriormente il segmento TV: a giorni infatti è attesa la tri-mestrale e secondo alcuni media giapponesi Panasonic potrebbe dare un ulteriore giro di vite al rubinetto TV, che ancora perde nonostante l’eliminazione dei TV al plasma dalla line up. A farne le spese saranno il mercato cinese, dove Panasonic cederà il brand a produttori locali in cambio di royalties, e quello americano, anche se quest’ultima ipotesi è ancora da confermare. Nel corso di una intervista ad un quotidiano inglese Craig Cunningham, product manager dei TV Panasonic per l’Inghilter-ra, ha infatti dichiarato che Pana-sonic America vende meno TV di Panasonic UK, e questo dopo l’abbandono del plasma: gli ame-ricani erano innamorati (come tutti) di questa tecnologia e han-no voltato le spalle a Panasonic, preferendo altri brand in campo LCD LED.Panasonic potrebbe annunciare nei prossimi giorni la chiusura della fabbrica messicana, che produce circa 500.000 TV all’an-no. L’Europa al momento sembra salva, ma ormai è chiaro che il TV per Panasonic non è più una priorità: molto meglio le batterie delle Tesla, sia per i maggiori guadagni che per le più allettanti prospettive future.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Apple ci prova ancora: in arrivo una Web TV fatta in casa?Tim Cook sarebbe al lavoro per convincere le emittenti USA a concedere alcuni show a una nuova Web TV. Apple è pronta ad entrare in questo nuovo mercato? di Vittorio Romano BARASSISecondo quanto riportato da Re/Code, Apple starebbe lavo-rando per lanciare una nuova Web TV a pagamento da met-tere in diretta concorrenza (in USA) con Sling TV di Dish e con il prossimo servizio analogo che verrà offerto da Sony. I colloqui gli operatori e produttori di con-tenuti sarebbero già avviati da tempo e nei prossimi mesi po-tremmo assistere al lancio della piattaforma.L’intenzione di Apple di entrare in questo segmento è nota da molto tempo ma, finora, tutti i tentativi fatti in questa direzione sono risultati di scarso appeal. Nel 2009 Apple provò ad offrire ai suoi clienti un servizio in ab-bonamento (basato su iTunes) a 30 dollari al mese e nel corso degli ultimi anni, in diverse oc-casioni, ha provato a percorrere strade simili ma senza particola-re convinzione. Il 2015 potreb-be essere l’anno della svolta: Tim Cook & Co, infatti, starebbe-ro da tempo discutendo con pro-duttori di serie TV, film ed eventi, così da scavalcare i classici osta-coli - soprattutto economici - de-rivanti dalle discussioni con i vari Network televisivi. Al momento si tratta solamente di un rumor che come tale va preso con le pinze, ma l’eventuale entrata di Apple nel mondo della televisione (americana) potrebbe rappresen-tare una svolta. Vista la comples-sità della questione (intorno ai di-ritti TV c’è un business enorme) è peraltro probabile che il de-butto non sia poi così prossimo. Staremo a vedere...
di Roberto PEZZALI
I l videoregistratore “cloud” VCast è
pronto al rilancio. Dopo qualche pic-
cola controversia negli anni passati
(VCast non piaceva a Mediaset) il servi-
zio è ora disponibile in una forma com-
pleta e rinnovata con GuidaTV e tre livelli
di fruizione, due dei quali “Premium” da
3,99 euro e 4,99 euro. VCast è un video-
registratore “online”: scegliete quello
che volete registrare e automaticamente
il file verrà caricato su uno spazio cloud
a scelta tra Google Drive o One Drive.
Una possibilità che permette non solo
di guardare la registrazione in streaming
ma anche di scaricare fisicamente il file e
riprodurlo su un TV da chiavetta. VCast
al momento gestisce i canali in chiaro del
digitale terrestre e ha una serie di funzio-
nalità dei recorder più evoluti come la
possibilità di registrare automaticamente
le Serie TV e di variare la qualità di re-
gistrazione e il tipo di file. Al momento
in cui l’abbiamo provato, molte funzioni
ancora non sono attive e lo saranno solo
nei prossimi mesi quando arriveranno
anche le app native. I profili di abbona-
mento sono legati quasi esclusivamente
alle ore di registrazione negli ultimi 30
giorni: la versione Free, con pubblicità,
offre 16 ore di registrazione che diven-
tano 32 ore nella Premium e 64 nella
Premium Plus, che abilita HD a 720p per
i canali che ovviamente sono HD nativi.
Fino al termine della fase beta i profili
Premium e Premium+ sono acquistabili
in promozione rispettivamente a 25 e
30 euro annui e i 12 mesi di abbonamen-
to decorreranno effettivamente solo da
quando Vcast chiuderà ufficialmente la
fase di beta testing. Resta da capire se
VCast resisterà, perché il nodo è sempre
legale: da una parte il servizio afferma
che si tratta di videoregistrazione privata
e senza scopo di lucro, tuttavia c’è una
differenza sostanziale tra VCast e altri vi-
deoregistratori quali possono essere un
DVD Recorder o un NAS con chiavetta
tuner. In questi ultimi casi infatti l’utente
paga il compenso SIAE che serve pro-
prio a indennizzare gli autori della regi-
strazione fatta per uso privato; VCast,
utilizzando il cloud, non sembra dare
compenso agli autori. Il servizio in ogni
caso è utile e interessante, peccato per
i limiti delle ore di registrazione; ricordia-
mo che un sistema simile è realizzabile
anche da un utente utilizzando un tuner
USB e un NAS Synology o Qnap.
TV E VIDEO Rilanciato il servizio di registrazione dei programmi TV in cloud: sarà la volta buona?
È tornato VCast, il videoregistratore online Si gestisce da web, i programmi vengono salvati come file nello spazio cloud degli utenti Il sistema è ben fatto, ma mancano ancora molte funzioni e resta l’ombra sulla sua legalità
di Roberto PEZZALI
M anca poco all’arrivo di
Chromecast per Premium Play:
l’applicazione compatibile con
la chiavetta di Google è infatti pronta e
il lancio è solo questione di settimane,
il tempo di ricevere l’approvazione da
parte dei vari store. Con Chromecast,
come già successo con Infinity, si potrà
portare Premium Play su tutte le TV non
compatibili al costo della sola chiavetta
HDMI, in vendita a 35 euro nei principali
negozi. Chromecast per funzionare ha
bisogno ovviamente di iOS e Android, e
nel caso di Android come sappiamo, al
momento è disponibile solo l’applicazio-
ne per tablet Samsung Galaxy Tab.
Premium, scaduto l’accordo commercia-
le con Samsung, è pronta a lanciare l’app
universale su Google Play Store anche
se non sappiamo, al momento, se il lan-
TV E VIDEO Mediaset è pronta a lanciare la versione con Chromecast dell’app Premium Play
Premium Play: Chromecast è sempre più vicino Potrebbe arrivare anche una sorpresa: basta esclusiva Samsung e app su Google Play
cio avverrà contestualmente alla relea-
se della compatibilità Chromecast o se
si dovrà attendere ancora. La questione,
in questo caso, è legata alla compatibili-
tà con i dispositivi presenti sul mercato:
nel panorama Android sono presenti or-
mai un numero altissimo di piattaforme
per tablet e il sistema di protezione dei
contenuti usato da Mediaset dev’essere
compatibile con tutte. Proprio per que-
sto Mediaset sta prendendo un po’ di
tempo per assicurarsi che Premium Play,
su Android, vada senza problemi sia su
device ARM sia su device con SoC Intel,
sempre più diffusi grazie alla spinta di
HP e Asus.
torna al sommario 11
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
ENTERTAINMENT Sky ha iniziato a trasmettere la serie TV House of Cards sul canale 27 del DT
SkyTG 24 è un cavallo di Troia: arrivano le serie TVA seguire arriverà anche un’altra serie TV: a marzo infatti è atteso Romanzo Criminale
di Roberto PEZZALI
Sky TG 24 è arrivato sul digitale ter-
restre, ma non sarà un canale all-
news. Le regole infatti imposte dal
ministero dello Sviluppo Economico per
i canali semigeneralisti prevedono una
copertura con le news inferiore al 70%
del palinsesto giornaliero complesso in
onda, quindi se Sky vuole restare nella
posizione in cui è deve trovare altro da
trasmettere. E lo ha trovato: Sky TG 24
infatti, nonostante il nome, ha iniziato a
trasmettere in chiaro le serie TV. House
of Cards, l’acclamato thriller politico che
ha spopolato negli Usa, per la prima vol-
ta visibile in chiaro sul canale 27 l’8 feb-
braio e quindi tutte le domeniche alle 21,
con replica il sabato successivo alle 23.
Un’ottima novità che segna la nuova ten-
denza cross platform di Sky: l’obiettivo è
raggiungere il maggior numero di perso-
Mediaset Premium per la Champions più canali HDMediaset Premium si prepara a rivedere l’offerta e i suoi servizi in vista del prossimo anno. La Champions sarà il piatto forte da servire in esclusiva. Si punta sulla qualità, dando spazio a nuovi canali HD di Roberto FAGGIANO
Dal prossimo anno Mediaset Pre-mium, salvo cambi di programma degli ultimi mesi, avrà la Champions League in esclusiva. Un evento questo che di fatto spinge (e co-stringe) l’emittente pay a rivedere interamente i suoi piani e le sue strategie, con la necessità di fornire una offerta adeguata anche a colo-ro che migreranno da Sky proprio per vedere il grande calcio. Media-set ad oggi non è un modello da seguire per l’alta definizione, anzi: Premium Cinema HD e Premium Calcio HD sono gli unici canali HD e questo ovviamente non può basta-re se si vuole proporre una offerta dignitosa in vista della Champions. Il digitale terrestre non ha lo spazio e la banda del satellite, pertanto sarebbe impossibile proporre una offerta calcio interamente in HD, tuttavia a Cologno Monzese si sta lavorando per portare più canali in alta definizione rivedendo intera-mente l’offerta. Ad oggi non siamo in grado di dire esattamente cosa cambierà e quanti saranno i canali HD in arrivo: la nuova “Premium” verrà presentata quest’estate e voci di corridoio parlano di una revi-sione globale che porterà non solo a miglioramenti qualitativi e dell’of-ferta ma anche ad una revisione del servizio interattivo Premium Play. Aspettiamo impazienti.
ne sfruttando tutti i mezzi a disposizione
e il digitale terrestre è uno di questi. La
prima stagione di House of Cards sarà
trasmessa su Sky TG 24 in attesa che, in
esclusiva per gli abbonati a Sky, prenda il
via su Sky Atlantic la terza serie. Sky non
si fermerà però qui: a fine marzo inoltre,
il canale 27 del DTT trasmetterà anche
Romanzo Criminale – La Serie. E pare
sia solo l’inizio.
di Paolo CENTOFANTI
Telecom Italia rinnova la sua in-
tenzione di diventare uno dei
principali protagonisti della scena
dello streaming italiano, rilanciando
il suo servizio TIMvision. Evoluzione
dell’esperienza pionieristica di Cubo-
Vision e dopo una fase un po’ incerta,
Telecom ha lanciato una nuova versio-
ne del servizio di streaming che vede
una nuova veste grafica e maggiori
investimenti sul fronte dei contenuti. I
dati sembrano dar ragione alla strada
intrapresa da Telecom Italia, visto che il
2014 ha visto TIMvision in forte crescita:
la base utenti è cresciuta del 64% anno
su anno raggiungendo quota 260.000
abbonati, che utilizzano anche molto
di più il servizio, con il doppio di visua-
lizzazioni rispetto all’anno precedente.
A piacere di più agli utenti di TIMvision
sono soprattutto le serie TV (+310%)
e la programmazione per i più piccoli
(+340%), motivo per cui Telecom Italia
intende espandere il proprio catalogo
proprio in questa direzione e giocando
ancora di più sulle esclusive. Nei primi
mesi del 2015 arrivano su TIMvision la
nuova serie
I n t r u d e r s
(da uno dei
p r i n c i p a l i
p r o d u t t o r i
di X-Files)
e soprattutto la
conclusione dell’ulti-
ma stagione di Mad Man, di
cui sono disponibili anche tutti gli
episodi. L’offerta di TIMvision conti-
nua a essere declinata su più fronti,
con da una parte lo streaming illimi-
tato di TIMvision TV, attualmente in
promozione a 5 euro al mese per gli
abbonati Telecom Italia che si registra-
no entro fine marzo 2015 (ma ci sono
offerte simili anche per chi si abbona
da app per smartphone e tablet), dal-
l’altra il classico Videostore per il no-
leggio e l’acquisto delle ultime novità.
TIMvision resta nel panorama italiano
anche l’unico a offrire dei contenuti
gratuiti fruibili senza abbonamento, in
particolare con la catch up TV di RAI,
La7 e MTV Italia. L’asso nella manica di
Telecom Italia continua a essere però
il calcio, grazie a un accordo con Sky
Italia, con le partite della Serie A e di
Champions League disponibili però
unicamente da smartphone e ta-
blet e con un abbonamento a parte.
TIMvision è aperto a tutti e non solo ai
clienti di Telecom Italia o TIM, anche
se quest’ultimi hanno degli innegabili
vantaggi come il decoder in comodato
gratuito, la fatturazione in bolletta di
abbonamenti e acquisti sullo store e
soprattutto il traffico dati gratuito per
l’utilizzo dell’app TIMvision da rete
cellulare TIM, cosa che (finché è lecita
in assenza di norme specifiche sulla
neutralità) rende il servizio di Telecom
maggiormente sfruttabile in mobilità
rispetto a Infinity o Sky Online. TIMvi-
sion è disponibile per tutte le principali
piattaforme: web, Smart TV Samsung
ed LG, smartphone e tablet Android,
iOS e Windows Phone 8.
ENTERTAINMENT Telecom Italia rilancia il servizio di video in streaming evoluzione di CuboVision
Telecom scommette sullo streaming con TIMvisionIl servizio multi piattaforma Telecom ha ora un catalogo che si arricchisce di nuove esclusive
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto PEZZALI
N on si può battere la pirateria senza
il grosso aiuto del burattinaio del
web, Google, ma si hanno ancora
meno speranze se Google, anziché resta-
re neutrale, dà implicitamente una mano
a coloro che allestiscono siti pirata per
lucrare poi con la pubblicità. Il caso dei
124 siti di streaming oscurati dalla Guar-
dia di Finanza su denuncia di Sky, visibili
nuovamente utilizzando DNS pubblici
come quelli di Google, dimostra che sen-
za un impegno globale c’è davvero poco
da fare. Di Google e pirateria torniamo a
parlare dopo aver scoperto e analizzato
verybellofim.it (questo il titolo
di fantasia con il quale chiame-
remo questo sito, che abbiamo
volutamente oscurato). Si tratta
di un sito che sembra essere
uno dei più utilizzati oggi dai
fruitori di contenuti pirata per
guardare in qualità “HD” (solo
a parole) film recenti appena
usciti in sala. Un sito ben fatto,
tutt’altro che amatoriale, molto
frequentato a giudicare dalla
quantità di commenti; e anche
gestito con furbizia, se si guar-
da la quantità di film disponibili
e la quantità di pubblicità che
invoglia a premere “download”,
quando invece il download non
è possibile. Il legame tra Very-
BelloFilm.it e Google non è
difficile da scoprire: tutti i film
sono infatti
stati caricati su
Picasa come
video per poi
essere ripro-
dotti tramite un
player HTML,
JWPlayer, dal-
le pagine del
sito. Gli indirizzi
delle scherma-
te sono chiari:
a fornire questi film è la linea CDN di
GoogleVideo. La scelta di Picasa è ovvia:
non è presente il Content ID (il sistema
per controllare la presenza di contenuti
protetti da copyright) come su YouTube,
viene visto come un “cloud” privato e lo
spazio aggiuntivo costa relativamente
poco, 10 $ per 1 Terabyte. L’unica limita-
zione è la dimensione massima dei file,
1 GB, ed infatti tutti i film caricati sono
compressi per non superare la dimen-
sione massima. Google probabilmente
non è a conoscenza della cosa, o forse
semplicemente non è organizzata per
fare controlli di questo tipo, ma la so-
stanza non cambia: centinaia di film pi-
rata sono caricati sui server di Google e
ENTERTAINMENT Quasi tutti i film di uno dei più frequentati siti di film pirata in streaming sono ospitati da Google sui suoi server
I film di un noto sito di streaming pirata sui server di GoogleSpazio e banda sono garantiti, ma la situazione, proprio per il coinvolgimento di “Big G”, è quantomeno imbarazzante
Ottenendo il link del file è possibile scaricare anche l’MP4: non solo streaming, anche download.
da questi vengono inviati in streaming a
migliaia di utenti, il tutto in forma illegale
e con lucro, visto il carico di pubblicità
presente. Google ha un ruolo primario
nello sviluppo del web, ma, da buon lea-
der, ha anche un ruolo di responsabilità:
per trovare contenuti da scaricare basta
usare Google, per andare sui siti che
vengono censurati da Agcom e GDF ba-
stano i DNS di Google, per caricare film
e mandarli in streaming si usano i server
di Google. Non si può vincere la guerra
alla pirateria senza l’aiuto di Google: cari
amici di “Big G”, non è il caso di provve-
dere? Oppure Mountain View è troppo
lontana dall’Italia per preoccuparsi di
queste cose?
di Roberto PEZZALI
I nfinity non sarà il servizio perfetto che
tutti desiderano (e che sicuramente
non esiste), ma è indubbio che l’azien-
da sta cercando costantemente di mi-
gliorare e andare incontro alle esigenze
di tutti, con un catalogo più ampio e titoli
anche più recenti. Esigenze che spesso
richiedono anche una maggiore qualità,
ed è per questo che sta per iniziare la
transizione a quello che viene definito
“super HD”, una versione meno com-
pressa dell’HD. Nome che profuma mol-
to di marketing, è chiaro, ma purtroppo
siamo consapevoli che un flusso a 720p
o 1080p in streaming non ha la stes-
sa resa di un blu-ray (ma e neppure lo
stesso data-
rate). Infinity
sta iniziando
a sostituire i
master con
nuovi master
c o m p r e s s i
con qualità
più elevata,
anche se ri-
cordiamo che
il sistema di
streaming adattivo modifica la qualità a
seconda della banda disponibili. Ad oggi
i titoli che sono già (o che lo saranno a
brevissimo) nel nuovo formato sono
questi:
• Gladiatori di Roma
• Tutta la saga “Il signore degli anelli”
• 10.000 A.C.
• The Bourne Ultimatum
• Repo men
• Vicino a te non ho paura
• Sole a catinelle
• Tarzan
• The Twilight saga
• Gattaca
• Cloud atlas
• Blood and bone
• La lista dei clienti
• Chelsea on the rocks
• Molto forte, incredibilmente vicino
• L’incredibile storia di Winter il delfino
ENTERTAINMENT Infinity festeggia il primo anno alzando il bitrate dei contenuti HD. ll servizio arriverà presto anche sui TV Panasonic
Infinity: arrivano Super HD, app Tizen e Panasonic. E il 4K...Parte del catalogo inizierà a beneficiare di un nuovo encoding a risoluzione più elevata. E si prepara l’app per TV Tizen
•La furia dei Titani
• Provetta d’amore
• Un milione di modi per morire nel West
• Boxtrolls - Le scatole magiche
• Un’estate pazzesca
• Men, women & children
• Tutte le stagioni di Spartacus
• The night shift 1
• Weeds 6
• Hell on wheels 2 e 3
Arrivano novità anche sotto il profilo dei
dispositivi supportati: a breve infatti arri-
verà la compatibilità con i TV Panasonic
e in lavorazione c’è l’applicazione per i
nuovi TV Samsung Tizen. Tutto senza
però dimenticare il 4K: Infinity ci sta lavo-
rando e ancora non c’è una data certa,
ma siamo certi che entro la fine dell’anno
lo streaming 4K sarà realtà anche in Ita-
lia, ovviamente per chi ha una banda in
grado di supportarlo.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto FAGGIANO
Sky ha reso noto il calendario delle
gare di Formula 1 e della Moto GP
che diffonderà in esclusiva per i
propri abbonati. Partiamo dalla F1, per gli
eventi non in esclusiva sarà possibile se-
guire prove e gare in diretta in HD anche
in chiaro dalla RAI. Da notare le novità ri-
spetto alla passata stagione: il nuovo GP
del Messico, che sarà un’esclusiva Sky,
e la trasmissione in diretta anche dalla
RAI dell’emozionate GP di Monaco che
l’anno scorso fu trasmesso in differita.
Per quanto riguarda le gare in differita
deve essere rispettata la clausola di far
passare almeno tre ore dal termine del-
la gara; la Rai non ha ancora resi noti gli
ENTERTAINMENT Sky ha diffuso il calendario 2015 dei Gran premi di Formula 1 e di Moto GP che trasmetterà in esclusiva
Formula 1 e Moto GP, ecco come vedere le gare11 Gran Premi di Formula 1 su 20 verranno trasmessi in esclusiva da Sky, per gli altri 9 visione libera in HD sui canali RAI Per la Moto GP 8 gare sulle 18 totali saranno trasmesse in chiaro su Cielo, curiosamente concentrate nel periodo estivo
orari definitivi delle differite ma in linea
di massima le gare disputate in nottur-
na (ora italiana) saranno riproposte alle
14 da Rai 1, mentre quelle pomeridiane
saranno trasmesse in differita alle 21
su Rai 2. Anche le differite dovrebbero
essere disponibili in alta definizione sul
canale di Rai HD. Le alternative legali
per vedere in diretta tutte le gare sono
poche e per pochi: chi abita nelle vici-
nanze del confine svizzero potrà seguire
tutte le gare (in SD) su RSI La2, chi abita
nei pressi del confine sloveno potrà se-
guire le gare sulla TV slovena, chi abita
nelle provincie di Trento e Bolzano potrà
seguire le gare (in HD) sul canale austria-
co ORF ritrasmesso in digitale terrestre
per accordi locali. Sul satellite invece
l’alternativa è il canale svizzero tedesco
RTL, che però trasmette solo da Astra
(19,2° Est).
Moto GP 2015: il calendario delle gare in chiaro su CieloGli appasionati di motociclismo potranno
seguire 8 gare in chiaro su Cielo, canale
26 del digitale terrestre. Questa stagio-
ne vedrà il passaggio di Guido Meda da
Mediaset a Sky, con i commenti che sa-
ranno trasmessi anche da Cielo. Se tutto
sarà come lo scorso anno il commento
originale di Sky sarà interrotto su Cielo
per la pubblicità, con gara visibile in un
riquadro. Confermata purtroppo anche
la trasmissione in definizione standard,
con l’HD riservata agli abbonati Sky. Per
le gare in differita di circa 3 ore rispetto
alla diretta è prevista un’ampia sintesi
della gara di Moto GP che comprende-
rà anche le gare minori di GP2 e GP3.
Curiosa la scelta delle gare trasmesse
in chiaro anche su Cielo: tra i primi nove
Gran Premi solamente una gara sarà in
chiaro mentre nel periodo estivo quasi
tutte le gare saranno in chiaro.
Anche in questo caso, per chi volesse se-
guire legalmente le gare in diretta senza
l’abbonamento a Sky, le alternative sono
pochissime: l’unica possibilità è quella di
essere vicini alle zone di confine e segui-
re le gare sui canali svizzeri della RSI (in
SD) oppure abitare in provincia di Tren-
to e Bolzano e seguire i canali austriaci
ORF anche in alta definizione.
FORMULA 1 - CALENDARIO 2015 15 MARZO, ore 06:00 - AUSTRALIA, ESCLUSIVA SKY29 MARZO, ore 09:00 - MALESIA, ESCLUSIVA SKY12 APRILE, ore 08:00 - CINA, DIRETTA SKY E RAI19 APRILE, ore 17:00 - BAHRAIN, ESCLUSIVA SKY10 MAGGIO, ore 14:00 - SPAGNA, ESCLUSIVA SKY24 MAGGIO, ore 14:00 - MONACO, DIRETTA SKY E RAI7 GIUGNO, ore 20:00 - CANADA, ESCLUSIVA SKY21 GIUGNO, ore 14:00 - AUSTRIA, ESCLUSIVA SKy5 LUGLIO, ore 14:00 - G. BRETAGNA, DIRETTA SKY E RAI19 LUGLIO, ore 14:00 - GERMANIA, ESCLUSIVA SKY26 LUGLIO, ore 14:00- UNGHERIA, DIRETTA SKY E RAI23 AGOSTO ore 14:00 - BELGIO, ESCLUSIVA SKY6 SETTEMBRE, ore 14:00 - ITALIA, DIRETTA SKY E RAI20 SETTEMBRE, ore 14:00 - SINGAPORE, DIRETTA SKY E RAI27 SETTEMBRE, ore 07:00 - GIAPPONE, ESCLUSIVA SKY11 OTTOBRE, ore 13:00 - RUSSIA, ESCLUSIVA SKY25 OTTOBRE, ore 20:00 - USA, DIRETTA SKY E RAI1 NOVEMBRE, ore 20:00 - MESSICO, ESCLUSIVA SKY15 NOVEMBRE, ore 17:00 - BRASILE, DIRETTA SKY E RAI29 NOVEMBRE, ore 14:00 - ABU DHABI, DIRETTA SKY E RAI
MOTO GP - CALENDARIO 2015 29 MARZO, ore 20:00 - GP QATAR, ESCLUSIVA SKY12 APRILE, ore 21:00 - GP AMERICAS, ESCLUSIVA SKY19 APRILE, ore 19:00 - GP ARGENTINA, ESCLUSIVA SKY3 MAGGIO, ore 14:00 - GP SPAGNA, ESCLUSIVA SKY17 MAGGIO, ore 14:00 - GP FRANCIA, ESCLUSIVA SKY31 MAGGIO, ore 14:00 - GP ITALIA, DIRETTA CIELO E SKY14 GIUGNO, ore 14:00 - GP CATALOGNA, ESCLUSIVA SKY27 GIUGNO, ore 14:00 - GP OLANDA, ESCLUSIVA SKY12 LUGLIO, ore 14:00 - GP GERMANIA, ESCLUSIVA SKY9 AGOSTO, ore 20:00 - GP STATI UNITI, DIRETTA CIELO E SKY16 AGOSTO, ore 14:00 - GP REP. CECA, DIRETTA CIELO E SKY30 AGOSTO, ore 14:00 - GP GRAN BRETAGNA, DIRETTA CIELO E SKY13 SETTEMBRE, ore 14:00 - GP SAN MARINO, DIRETTA CIELO E SKY27 SETTEMBRE, ore 14:00 - GP ARAGONA, DIRETTA CIELO E SKY11 OTTOBRE, ore 07:00 - GP GIAPPONE, DIRETTA CIELO E SKY18 OTTOBRE, ore 07:00 - GP AUSTRALIA, ESCLUSIVA SKY25 OTTOBRE, ore 09:00 - GP MALESIA, ESCLUSIVA SKY8 NOVEMBRE, ore 14:00 - GP COM. VALENCIANA, DIRETTA CIELO E SKY
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Galaxy S6 è più leggeroSamsung ridimensiona la sua TouchWizSecondo le ultime indiscrezioni, Samsung avrebbe deciso di alleggerire la sua versione di Android eliminando tutto quello che può essere installato come app in un secondo tempo di Paolo CENTOFANTINon è un mistero che una del-le critiche principali mosse agli ultimi modelli di smartphone Samsung è l’eccessivo nume-ro di funzionalità aggiunte a TouchWiz, la versione persona-lizzata di Android del produt-tore coreano. Negli ultimi anni Samsung ha cominciato ad ag-giungere via via sempre più fun-zioni custom e app preinstallate, fino ad arrivare, secondo alcuni, a un sistema operativo un po’ troppo appesantito. Secondo le ultime informazioni ottenute da SamMobile (blog solitamente piuttosto affidabile), Samsung ha deciso di correre ai ripari adottando un nuovo approccio in vista dell’imminente lancio del Galaxy S6: via dal terminale nuovo e ancora imballato tutto ciò che può essere installato in un secondo tempo con un’app apposita. A parte alcune appli-cazioni di forte richiamo come S Health, dunque, tutto il resto potrà essere installato opzio-nalmente dallo store di app di Samsung, alleggerendo così l’impronta di TouchWiz anche in termini di spazio occupato dal sistema operativo. Rimar-ranno chiaramente l’interfaccia grafica custom e quei servizi di sistema che sono integrati diret-tamente da Samsung all’interno di Android, anche se qualcuno obietterà che forse sono pro-prio questi ultimi quelli che ap-pesantiscono maggiormente gli smartphone.
di Paolo CENTOFANTI
Qualche giorno fa, il CEO di
Cyanogen aveva rilasciato una dichiarazione forte, svelando
l’intenzione di “scippare Android a
Google”, cioè creare una versione del
sistema operativo mobile che non di-
penda più dai contributi del gigante
californiano e quindi dall’obbligo di uti-
lizzare i suoi servizi e app. Ora, stando
a quanto ha scritto il Wall Street Journal,
Cyanogen ha trovato un nuovo alleato
nella sua battaglia niente meno che in
Microsoft, che ha deciso di investire la
considerevole cifra di 70 milioni di dol-
lari nella startup. La mossa, se confer-
mata, non può che far alzare qualche
sopracciglio. Microsoft è impegnata a
lanciare Windows 10, sistema operati-
vo che girerà anche sugli smartphone,
ma il fatto che dalle parti di Redmond si
voglia far fronte all’avanzata di Google
foraggiando un possibile concorrente
è una strategia che definire bizzarra è
poco, anche come potenziale piano B
per il mancato decollo di Windows Pho-
ne. Come dire: “il nemico del mio nemi-
co è mio amico”. Da parte sua Cyano-
gen si dice convinta di arrivare in un
paio d’anni alla completa indipendenza
da Google. Cyanogenmod, la versione
di Android realizzata dalla startup, è già
utilizzata da 50 milioni di utenti, stando
ai dati ufficiali, e nonostante il sodali-
zio con OnePlus sia ormai naufragato,
Cyanogen sta lavorando con diversi
partner hardware per rilasciare il suo
Android preinstallato su nuovi dispo-
sitivi, soprattutto per quanto riguarda i
mercati emergenti, dove Google ha più
difficoltà ad entrare.
MOBILE Un successo che ha addirittura superato gli Android Wear venduti fino ad oggi
Apple Watch tira la volata allo smartwatch PebblePebble ha venduto oltre un milione di smartwatch; batteria e design sono fondamentali
di Roberto PEZZALI
A dicembre Pebble ha passato il
milione di smartwatch venduti,
un vero successo per l’azienda
che, nata come startup, ha saputo in-
ventare un prodotto vincente senza
voler esagerare. Un numero che non
impressiona se si calcolano le persone
che hanno uno smartphone (e quindi
potenziali acquirenti), ma che stupisce
se si guarda al mercato degli altri oro-
logi intelligenti che ad oggi è davvero
una nicchia. Il dato più significativo è
l’impennata di vendite dei Pebble dopo
l’annuncio di Apple Watch: da 400.000
unità a marzo c’è stato un crescendo
fino a settembre, dove negli ultimi mesi
MOBILE Con una mossa decisamente a sorpresa, Microsoft entra tra gli investitori di Cyanogen Inc.
Microsoft investe milioni di dollari in CyanogenL’azienda punta a creare una versione di Android completamente slegata da quella di Google
dell’anno si è tagliato il traguardo del
milione, merito anche della disponibili-
tà world wide. L’uso di un display e-ink,
la batteria ad elevata durata, il funzio-
namento cross platform e soprattutto
un continuo aggiornamento del siste-
ma operativo per aggiungere funziona-
lità sono sicuramente i punti di forza di
un prodotto ben funzionante e molto
apprezzato. Il messaggio è chiaro: lo
smartwatch non deve fare troppo, anzi,
nella sua utilità non deve essere una
preoccupazione per l’utente, cosa che
forse non hanno capito tutti coloro
che stanno lavorando a sistemi dotati
di schermo OLED o LCD. Ed è proprio
questa la sfida più difficile per Apple e
il suo Watch: riuscire a creare un og-
getto utile, discreto e con una batteria
che non dà preoccupazioni.
torna al sommario 15
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
MOBILE Si sa ancora poco ma pare sarà basato su Lollipop
OnePlus decide di fare da sé È in arrivo il nuovo Oxygen OS
di V. R. BARASSI
OnePlus One continua a riscuotere un buon successo tra gli utenti Android, e
stando alle ultime indiscrezioni OnePlus Two sarà un dispositivo ancora mi-gliore; il pacchetto fatto di specifiche tecniche azzeccate, design piacevole e
ROM CyanogenMod, però, pare essere giunto al capolinea poiché OnePlus ha an-
nunciato di essere ormai pronta a distribuire una sua versione custom di Android.
L’annuncio arriva direttamente dal forum ufficiale di OnePlus dove si parla del pros-
simo aggiornamento software destinato ad equipaggiare gli attuali One e i prossimi
Two; il nuovo sistema operativo si chiamerà Oxygen OS e sarà svelato ufficialmente
il 12 febbraio. Al momento si sa poco o niente sulle principali caratteristiche ma pare
certo che sarà basato su Android 5.0 Lollipop.
La scelta di abbandonare CyanogenMod è stata dettata dalla volontà di staccarsi
definitivamente da sviluppatori esterni e team di terze parti; potrebbe essere un
discorso di controllo, magari la ricerca di nuove sinergie oppure più semplicemente
l’insoddisfazione
per un lavoro ri-
tenuto imperfet-
to (in molti paesi
CyanogenMod
non è particolar-
mente apprezza-
ta): resta il fatto
che d’ora in poi
OnePlus realiz-
zerà in casa il
suo Android.
MOBILE
L’1 marzo Samsung presenterà Galaxy S61 marzo 2015: Samsung presenterà a Barcellona gli smartphone di nuova generazione, tra cui molto probabil-mente il Galaxy S6. I rumor stanno diventando troppo insistenti per esse-re fasulli, e oltre ad essere comparse le prime custodie che ne confermano il design, ora arrivano anche i primi inviti all’Unpacked dell’1 marzo, pubblicati dal sito vietnamita Tinhte. Questa volta il teaser è davvero oscuro: un profilo curvo e smussato che potrebbe identificare un prodotto concreto oppure manifestare il concept su cui Samsung imposterà il Mobile World Congress di quest’anno. I rumor sembrerebbero identificare due Galaxy S6, una versione standard e una S Edge con doppio bordo smussato e che sarebbe l’erede na-turale dell’attuale Galaxy Note Edge (forse più piccolo...). Nulla, invece, è possibile dedurre dal claim dell’invito, un What’s Next che non ci dice niente sul contenuto della presentazione, se non che sarà un evento determinante per il 2015 dell’azienda coreana.
Lollipop ritarda su Galaxy Note 4 e la colpa è di Gear VRSamsung sta lavorando all’aggiornamento Android 5.0 per Galaxy Note 4, ma non ha ancora fissato una data di release. La colpa è di Gear VR, che pare non funzioni così bene con Lollipop. Oculus VR e Samsung sono al lavoro... di Emanuele VILLAChi ha acquistato un fiammante Galaxy Note 4 è in attesa dell’ag-giornamento ad Android Lollipop 5.0. Un caso piuttosto particola-re, considerando che Samsung ha già effettuato l’upgrade al pre-decessore Galaxy Note 3 e sta invece temporeggiando sull’ulti-mo nato della famiglia, che offre caratteristiche hardware da vero primo della classe. Ci si aspetta-va, infatti, che Note 4, che fino al-l’arrivo di Galaxy S6 è il terminale “top” dell’azienda coreana, fosse il primo a ricevere l’upgrade. Ma così non è stato.Un tweet di Faryaab Sheikh (SamMobile) dà una spiegazione attendibile dell’accaduto: Sam-sung aggiornerà a breve Galaxy Note 4 ad Android Lollipop, ma sta ritardando il tutto a causa del-l’incompatibilità con Gear VR, il visore di realtà virtuale che nasce proprio come completamento del Note 4. Il tweet dichiara che Oculus VR è al lavoro per siste-mare il tutto “ritoccando” il kernel del telefono, cosa che avrebbe senso considerando che c’è pro-prio Oculus dietro lo sviluppo del visore per la realtà virtuale. I tecnici dell’azienda vogliono assicurarsi che il visore funzioni perfettamente anche dopo l’ag-giornamento del telefono alla versione più recente di Android, e per questo non è stata annun-ciata alcuna data di rollout. Più fonti, ma si tratta di rumor, parla-no di circa un mese.
di Roberto PEZZALI
WhatsApp sta iniziando a prova-
re su larga scala le chiamate
Voip: la versione 2.11.508 del-
l’applicazione per Android è già predi-
sposta per trasformare il famoso client
di messaggistica istantanea in un siste-
ma per chiamare.
Dopo aver demolito economicamen-
te il sistema degli SMS, WhatsApp si
prepara a fare lo stesso con la voce,
facilitando le telefonate tra utenti e tra
gruppi di utenti, utilizzando appunto il
web ed entrando in competizione con
Skype e tutti gli altri sistemi che offrono
già qualcosa di simile. Al momento, per
far funzionare il sistema devono essere
soddisfatte due condizioni: entrambi gli
utenti devono avere la stessa versione
dell’app oltre alla funzione di chiamata
attiva e soprattutto si deve appartene-
re a una cerchia di utenti invitati diret-
tamente da WhatsApp. Senza l’invito
la “cornetta” non appare. In realtà si
è scoperto che, con lo smartphone
Android e i privilegi di root, è possibi-
le lanciare WhatsApp con la funzione
di chiamata attiva utilizzando una de-
terminata stringa per lanciarla: “am
start -n com.whatsapp/com.whatsapp.
HomeActivity”. Sicuramente roba da
smanettoni, sia chiaro, ma questa è la
dimostrazione che la funzione esiste.
MOBILE I gestori cominciano a tremare: ormai è chiaro che siamo vicino alla partenza ufficiale
WhatsApp, ecco in arrivo anche le telefonateL’ultima versione dell’applicazione per Android integra la funzionalità per le chiamate Voip
torna al sommario 16
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Emanuele VILLA
Stiamo vivendo il solito periodo dell’anno contrad-
distinto da un’infinità di rumor su smartphone,
tablet e accessori vari. Il perché è presto detto: si
avvicina la fiera di riferimento del settore, il Mobile World
Congress di Barcellona, ovvero l’occasione più propizia
per presentare i terminali “top” che poi verranno lanciati
sul mercato i mesi successivi. Tra l’altro una cosa interes-
sante che riguarda il mercato mobile è la scarsa distanza
temporale che di solito intercorre tra la presentazione
e il lancio del prodotto, per cui possiamo ritenere che
tutti i telefoni che citeremo arriveranno in commercio a
breve, sicuramente entro l’estate. Se dunque avete in
programma di cambiare smartphone con un modello di
ultimissima generazione, è giusto sapere che a breve ci
sarà una vera invasione nei negozi e che, complice un
mercato sempre più competitivo, questa “invasione” po-
trebbe anche essere abbordabile.
Galaxy S6 e Galaxy Edge, la coppia d’assiVisto che Apple non è in nessun modo coinvolta in que-
sti eventi, è ovvio che tutti gli occhi siano puntati su Sam-
sung, che ha già confermato un evento Unpacked per il
1 marzo. Le ultimissime novità in proposito confermano
che Samsung presenterà due telefoni, un Galaxy S6
che è la naturale evoluzione dell’attuale top di gamma,
e Galaxy Edge, che è la versione “compatta” del Note
Edge con lato smussato e display curvo. Ma andiamo
per gradi: entrambi i telefoni avranno una dimensione di
schermo analoga e simile a quella dell’attuale Galaxy S5,
per cui possiamo supporre un 5,1’’ o 5,2’’, con display
Amoled, di risoluzione Quad HD (2560x1440) e con fra-
me interamente metallico che rappresenta il principale
punto di rottura col passato; d’altronde Samsung ha in
Galaxy Note 4, Galaxy Alpha e nella serie A dei prece-
denti importanti cui attingere. La differenza principale tra
i due telefoni, Galaxy S6 e Galaxy Edge, riguarda uno
dei due lati, che in Galaxy Edge sarà curvo e smussa-
to esattamente come nel Note Edge. Se le immagini di
CNET Korea sono attendibili (foto sotto), sembrerebbe
che questa volta il lato scelto sia il sinistro (in Note Edge
è il destro) e che l’ipotesi dei doppio lato curvo sia ormai
sfumata. Sempre a livello di design, Galaxy S6 cercherà
di ridurre al massimo lo spessore, che arriverà a 6,91 mm
e, per questo motivo, mostrerà una fotocamera legger-
mente sporgente. Si attendono conferme per quanto
MOBILE Abbiamo raccolto tutti i rumor più attendibili per avere un quadro esaustivo: siete pronti a rompere il vostro salvadanaio?
Vuoi cambiare smartphone? Ecco i modelli più attesi Da Samsung Galaxy S6 all’Xperia Z4 di Sony, ecco gli smartphone più importanti che arriveranno in tempi brevi nei negozi
concerne il comparto hardware, ma anche qui alcuni
punti fermi ci sono: si sa, infatti, che l’azienda punterà
sui propri processori Exynos anzichè affidarsi ai Qual-
comm, proponendo un processore octa-core con archi-
tettura 64 bit per ottimizzare l’impiego di Android 5.0 su
cui Samsung proporrà le solite personalizzazioni di Tou-
chWiz. L’azienda ha inoltre annunciato il rilascio del pri-
mo modulo di memoria ePOP (embedded package on
package) comprendente 3 GB di DRAM LPDDR3 e 32
GB eMMC per lo storage: si suppone che Galaxy S6 e
Galaxy Edge siano proprio i primi telefoni top di gamma
a farne uso, il che sarebbe inoltre confermato da altre
specifiche che escludono la presenza di una versione
del telefono da 16 GB. In pratica, Galaxy S6 e Galaxy
Edge saranno disponibili da 32, 64 e 128 GB con prezzi
leggermente superiori rispetto a quelli di Galaxy S5: si
dovrebbe partire da 749 euro. Esclusa la possibilità che
il telefono utilizzi Tizen, avremo sicuramente Lollipop a
bordo con una personalizzazione TouchWiz “più legge-
ra possibile”: nonostante non si abbia alcuna conferma
sotto questo profilo, diversi rumor hanno dichiarato
l’intenzione di Samsung di “eliminare le funzioni non
essenziali” per rendere l’esperienza d’utilizzo più sem-
plice, fluida e piacevole. Infine, il modulo fotografico
sarà quasi certamente un 20 mpixel: notizie attendibili
dichiarano che anche Note 4 avrebbe dovuto integrare
un modulo da 20 mpixel, ma alla fine Samsung optò per
quello da 16 al fine di contenere dimensioni e costi. Mol-
to probabilmente sarà un modulo stabilizzato, ma non ci
sono conferme in merito.
Sony Xperia Z4: essere o non essere?La maggior parte dei dubbi si concentrano sul telefono
Sony, Xperia Z4. D’altronde Sony sta vivendo un perio-
do piuttosto complesso, ed è proprio la divisione mobile
quella che crea i maggiori grattacapi all’azienda. Per
questo motivo, così come siamo certi (e come non es-
serlo?) che Xperia Z4 sia la next big thing in casa Sony
Mobile, non ci sono certezze circa la sua presentazione
a inizio marzo. Sony ha ultimamente rinnovato la propria
gamma con cadenza semestrale, causando non poche
lamentele e grattacapi ai propri utenti: questo, unita alla
possibilità che l’azienda non organizzi neppure un even-
to stampa al Mobile World Congress, fanno pensare a
molti che la kermesse spagnola venga usata da Sony
per presentare piuttosto Xperia Z3 Tablet e smartphone
minori, mentre per Xperia Z4 si debba attendere settem-
bre con l’IFA. Fatto sta che nelle ultime settimane le foto,
i disegni, brevetti e rumor relativi ad esso sono esplosi,
facendo presagire che ci sia ancora speranza di vederlo
a breve in negozio. Tra l’altro, proprio a metà gennaio,
Xperia Z4 è stato approvato dalle autorità giapponesi
per l’immissione sul mercato domestico, il che significa
che la sua commercializzazione non è lontana. Vi è qua-
si la certezza sulle dimensioni: Sony dovrebbe puntare
su un display da 5,5’’ con una risoluzione sia Full HD che
Quad HD. Spieghiamoci meglio: al fine di commercializ-
zare il suo terminale top nel maggior numero di mercati,
Sony intenderebbe realizzarne due versioni, una più
potente per i mercati di riferimento (Giappone, USA ed
Europa), una meno brillante per quelli in via di sviluppo.
Tra le due versioni cambierebbero non solo il display ma
anche le specifiche tecniche, mentre il design, sempre
ispirato all’OmniBalance della serie Z, sarebbe identico,
ancora più sottile e morbido di Z3: al momento non si
fa cenno a una versione Z4 Compact, che com’è noto
dovrebbe proporre caratteristiche tecniche analoghe al
fratello maggiore ma in uno chassis più compatto. Sono
anche comparse immagini rubate dal recente hack di
segue a pagina 17
SONY XPERIA Z4
torna al sommario 17
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Sony Pictures che ritraggono uno Z4 (ammesso che sia
lui) da utilizzare nel prossimo film di James Bond. Da va-
lutare il rumor secondo cui di Z4 potrebbe uscire anche
una Walkman Edition, ovvero una versione compatibile
con audio HD e pensata per esaltare la qualità dell’ascol-
to musicale. Considerando che una delle chicche Sony
al recente CES era proprio un walkman di nuovissima
concezione, l’ipotesi è tutt’altro che fantasiosa: più pro-
babile, però, il fatto che Sony realizzi un solo Z4 con ca-
ratteristiche tecniche al top sotto il profilo musicale. Sicu-
ramente la scelta del processore ricadrà su Qualcomm:
l’indiziato n.1 sembrerebbe essere lo Snapdragon 810 da
2.8 GHz, un processore con architettuta 64 bit sul quale
girerà un Android Lollipop personalizzato da Sony. Più
fonti parlano di 4 GB di RAM, taglio base di memoria di
32 GB e un nuovo sensore Exmor RS per la fotocamera,
sensore da 20,7 mpixel con autofocus a ricerca di fase e
HDR già annunciato da Sony (IMX230) e che uscirà sul
mercato ad aprile. Prezzo elevato: occorrerà sborsare
circa 600/700 euro per portarselo a casa.
HTC One M9, Plus e anche WindowsA breve (fine marzo, secondo i rumor più recenti) sarà
possibile acquistare il top di gamma HTC della stagione
2015: HTC One M9. E se state pensando a un terminale
potente, ampio e dal look davvero premium, il flagship
HTC è sicuramente un’ipotesi da considerare. La pre-
sentazione è prevista per il 1 marzo e verrà mostrato in
due varianti: quella standard e quella più grande, che
dovrebbe chiamarsi HTC One Plus. L’azienda taiwanese
è solita realizzare più versioni dei propri terminali di pun-
ta, ma la presentazione contemporanea sarebbe inedita.
Terminale premium con prezzo adeguato, ovviamente:
si parla di una partenza da 729 euro, tale e quale a quel-
la del predecessore del 2014, e anche il look sarà molto
simile: al posto del bilanciere del volume troveremo due
tasti separati e quello di accensione sarà spostato sul
lato destro, ma l’impatto estetico sarà sostanzialmente
lo stesso, con tanto di scocca in alluminio nelle versioni
silver e gold. Tutto ciò sembrerebbe confermato da fonti
autorevoli quali Forbes, che ritiene M9 semplicemente
un “update” di M8 le cui principali novità riguarderan-
no il software e l’interfaccia di Sense 7. Le due versioni
saranno piuttosto simili nelle specifiche tecniche ad ec-
cezione del display: mentre per la versione “regolare”
HTC ha optato per un display da 5’’ Full HD, per il fratel-
lo maggiore è stato scelto uno schermo da 5,2” o 5,4’’
Quad HD, il tutto supportato dal medesimo processore
Qualcomm Snapdragon 810 con 3 GB di RAM e 32 GB
di storage come taglio base. La versione Plus ha un pul-
sante fisico in più ma questo, lungi dall’essere un tasto
“home” (anche se sembrerebbe tale), è il sensore per le
impronte digitali, assente nella versione da 5’’. Grosse
novità, infine, sul fronte della fotocamera: la Duo Camera
è sparita e al suo posto c’è un modulo unico e quadrato
che dovrebbe essere basato su sensore Sony da 20,7
mpixel; la tecnologia UltraPixel tanto cara ad HTC do-
vrebbe essere riservata al modulo frontale, da 5 mpixel.
LG G4, niente display 3K e bisogna attendere maggioG3, attuale top di gamma dell’offerta LG, è un ottimo
terminale e ha aiutato molto l’azienda a ottenere risul-
tati finanziari brillanti. Assolutamente certo il lancio del
successore G4, anche se l’ipotesi più probabile è che si
debba attendere la primavera inoltrata: lo scorso anno,
infatti, LG presentò G3 a Londra in un evento dedicato
e si suppone che lo stesso accada anche quest’anno.
Inoltre, l’azienda ha appena presentato G Flex 2 al CES
di Las Vegas e l’ipotesi che proponga un nuovo top di
gamma a poco più di un mese è quanto meno impro-
babile. Il grosso mistero è legato al display: pare che LG
voglia mantenere inalterata la dimensione di 5,5’’, ma gli
scorsi giorni sono trapelate indiscrezioni circa una possi-
bile risoluzione 3K (2.880 x 1.620 pixel): in realtà, l’ipotesi
più probabile (confermata da fonti attendibili) è che sot-
to questo profilo non ci siano novità rispetto al modello
dello scorso anno, che come ricordiamo fu il primo ba-
sato su un display con risoluzione Quad HD. Abbiamo
avuto modo di sottolineare più volte quanto il Quad HD
rappresenti una scelta addirittura sovrabbondante, non
permettendo di distinguere i singoli pixel a occhio nudo,
e l’ipotesi di andare anche oltre sarebbe poco più di un
esercizio di stile. Anche perché tutto il resto dell’hard-
ware andrebbe modulato di conseguenza: più pixel ci
sono, più potenza ci vuole, meno autonomia si ottiene.
G3 è un ottimo terminale, ma migliorabile. Qualche ral-
lentamento in situazioni di forte stress potrebbe essere
risolto mediante l’upgrade a un processore Snapdragon
810 a 64 bit, cosa già prevista per G4 (c’è anche la pos-
sibilità che LG usi un suo processore, ma a differenza
di Samsung questa ipotesi è molto meno attendibile),
mentre nessuno ha ancora notizie circa la batteria che
LG utilizzerà sul terminale di nuova concezione, batteria
chiamata ad assicurare uno o due giorni di autonomia.
A livello di specifiche tecniche si parla anche di 4 GB di
RAM e di 32 GB di storage di base, con possibilità per
una versione da 64 GB. La fotocamera con autofocus
laser dovrebbe subire un importante upgrade a 20,7
mpixel mantenendo l’ottima stabilizzazione ottica del
modello attuale. E poi c’è tutta una serie di altre ipotesi,
che però potremo definire più “fantasiose”: si parla di di-
splay curvo sul lato sinistro come l’Edge di Samsung, del
fatto che possa includere un pennino (cosa che, invece,
probabilmente sarà riservata a una variante di G4), op-
pure del primo telefono totalmente borderless attorno al
display, ma l’ipotesi più probabile è che G4 sia una ver-
sione perfezionata di G3, magari con lo stesso prezzo di
listino aggressivo di 599 euro di partenza. Non sarebbe
male per uno smartphone no compromise.
Microsoft attende Windows 10Nokia non c’è più, ma Microsoft farà di tutto per non far-
ne sentire la mancanza. Ultimamente i rumor circa il lan-
cio di nuovi terminali Lumia si sono intensificati, anche
se rispetto ad altre aziende, la coltre di mistero è un po’
più fitta. Ricordiamo che l’anno scorso Nokia presentò in
questo periodo il top di gamma Lumia 930, ma l’ipotesi
che Microsoft approfitti del Mobile World Congress per
lanciare il successore Nokia 940 è quanto meno fanta-
siosa. E questo perché pare che Nokia 940 possa es-
sere il primo terminale mobile con Windows 10 a bordo,
e per questo si fa l’ipotesi che il lancio avvenga poco
prima dell’estate (o subito dopo). Oppure, altra ipotesi
attendibile, Microsoft presenterà effettivamente Lumia
940 a Barcellona, ma per acquistarlo bisognerà mettere
da parte i soldi ancora per qualche mese. Si prospetta-
no invece buone notizie per chi cerca un terminale di
fascia media: gli ultimi report parlano di due nuovi Lumia
in uscita a fine marzo, uno dei quali dovrebbe essere
l’atteso successore del Lumia 1320. Stiamo parlando di
un terminale (nome in codice RM-1062) molto ampio,
con dimensione del display da 5,7’’ ma caratteristiche
tecniche di fascia media a partire dalla risoluzione di
1280x720, processore Qualcomm di fascia media (400),
fotocamera principale da 13 mpixel, 5 per la frontale e 32
GB di storage. Secondo i rumor più attendibili, il secon-
do telefono che uscirà di qui a un mese è una versione
abbordabile del Lumia 830, con hardware sostanzial-
mente identico alla versione di base (display da 5’’ 720p,
Snapdragon 400, 1 GB di RAM) ma con una fotocamera
principale da 8,7 megapixel con tecnologia PureView. I
GB di storage saranno 8 a differenza dei 16 della ver-
sione base di Lumia 830, mentre per quanto riguarda il
prezzo di listino si vocifera sia intorno ai 250 dollari.
MOBILE
Vuoi cambiare smartphone?segue Da pagina 16
HTC ONE M9 E ONE PLUS
LG G4
NUOVO NOKIA LUMIA
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto FAGGIANO
Chi si allena e va in palestra tutti i
giorni sa bene come è difficile
trovare un auricolare per l’ascol-
to musicale che faccia bene il proprio
lavoro, che rimanga saldo al suo posto
e che non venga danneggiato dal sudo-
re o dalla pioggia. Per queste persone
Sennheiser ha creato la nuova serie 686
Sports, studiando attentamente non solo
i materiali con i quali sono costruiti ma
anche quali influenze possono avere i
movimenti rapidi e bruschi sulla qualità
sonora. La nuova
gamma è disponibi-
le in diversi modelli
che si adattano al
tipo di allenamen-
to, se all’aperto o in
palestra, e anche al
tipo di smartphone
cui andranno abbi-
nati. Tutti i modelli
della nuova serie
hanno in dotazione
dei gommini adattatori realizzati in mate-
riale antibatterico SteriTouch, resistente
ai lavaggi. Il cavo ha invece un’inedita
sezione ovale con funzione anti aggro-
vigliamento rinforzata. Il modello MX686
Sports (60 euro) e il PMX686 Sports (90
euro) sono indicati per gli allenamenti
all’aperto e sono meno isolanti verso i
rumori esterni, in modo da poter avver-
tire eventuali pericoli lungo il percorso.
Entrambi assicurano la tenuta salda du-
rante i movimenti ma il modello PMX, per
ulteriore sicurezza, integra un archetto di
sostegno; PMX 686 è anche disponibi-
le in una versione dedicata agli iPhone
per una migliore interfaccia in caso di
telefonate. Il modello CX686 Sports (60
euro) e l’OCX686 Sports (90 euro) sono
invece più indicati per l’attività in palestra
perché la configurazione chiusa aiuta ad
attenuare i rumori provenienti dall’ester-
no, per un migliore ascolto della musi-
ca e delle telefonate. Per l’OCX è stato
sviluppato un particolare sistema di fis-
saggio ad aggancio flessibile che evita i
fastidiosi rumori causasti dal movimento
del cavo; anche questo modello è dispo-
nibile in una versione specifica per iOS.
Massima cura per il dettaglio perfino nel-
la piccola sacca protettiva per il trasporto
in dotazione, realizzata in un tessuto tra-
spirante ad asciugatura rapida.
MOBILE I modelli si adattano al tipo di allenamento e al tipo di smartphone a cui sono abbinati
Sennheiser 686 Sports, auricolari per atletiSono state studiate le interazioni tra i movimenti durante gli allenamenti e la resa sonora
Windows RT è morto, viva Windows 10Microsoft conferma la fine della produzione del Nokia 2520, l’ultimo tablet con Windows RT. E ora largo a Windows 10 di Emanuele VILLASia pur in modo indiretto, Microsoft mette la parola fine all’esperienza di Windows RT, il sistema operativo “gemello” di Windows 8 pensato per tablet e PC convertibili basati su proces-sore ARM. Dopo l’abbandono del terreno di gioco da parte di aziende quali Lenovo, Samsung e Asus, Microsoft era rimasta sola a difendere il proprio sistema operativo con un’offerta di dispo-sitivi che comprendeva Surface 2 e il tablet Nokia 2520. Poi il pri-mo è uscito di produzione e ora Microsoft conferma a The Verge che anche il Nokia 2520 ha su-bìto il medesimo trattamento, pur essendo (logicamente) ancora disponibile nei negozi e nello store online di casa Microsoft. Con la scomparsa di Nokia 2520, Microsoft stacca la spina a un sistema operativo che, in effetti, non ha mai entusiasmato. La ne-cessità di app “proprie”, la limi-tata diffusione dell’hardware, la confusione con Windows 8 e una strategia ultra-frammentata da parte di Microsoft, che per lungo tempo ha proposto un sistema operativo per PC, uno per tablet e uno per i telefoni, hanno così fatto la prima vittima, nell’attesa che Windows 10 unifichi tutto in un unico ecosistema.A influenzare il declino di Windows RT non sono stati solo limiti intrinseci ma anche un mer-cato tablet che, dopo un primo periodo brillante, ha mostrato segni di cedimento e ora rallenta in modo deciso. Dal canto suo, Microsoft si consola con i dati positivi di Surface Pro 3, che di-mostrano che il segmento da col-tivare è quello dei tablet di alto profilo basati su processore Intel. Windows 10 arriverà anche lì...
MOBILE Tra i pochi dettagli emersi si sa che potrà essere utilizzato per effettuare micropagamenti
Swatch prepara il suo smartwatch, in arrivo tra 3 mesiIl dispositivo si connetterà a Internet e avrà applicazioni dedicate per Android e Windows
di Paolo CENTOFANTI
G li smartwatch fino ad ora sono
stati “esplorati” più che altro dai
grandi produttori hi-tech, mentre
gli storici nomi dell’industria orologie-
ra possiamo dire che siano ancora alla
finestra, forse in attesa di capire se si
tratta davvero della prossima grande
rivoluzione o solo una moda passeg-
gera. A rompere davvero gli indugi
potrebbe essere Swatch, visto che
il produttore svizzero ha annunciato
che nel giro di tre mesi arriverà sul
mercato con il suo primo smartwatch.
Al momento non si sa molto di come
sarà questo dispositivo. Nick Hayek,
CEO di Swatch, ha rivelato pochissimi
dettagli: lo smartwatch potrà essere
utilizzato per effettuare pagamenti in
mobilità (via NFC?), sarà compatibile
con Android e Windows (si presume
tramite delle
applicazioni) e
sarà in grado di
connettersi a In-
ternet “gratuita-
mente”. Quest’ul-
timo passaggio
in particolare è
dubbio, visto che
non si capisce se
voglia dire che
sfrutterà la con-
nessione di uno smartphone oppure
se ci sarà qualche sorta di accordo
per cui si collegherà gratuitamente
a una rete cellulare (la frase esatta è
stata “The device will communicate
via the Internet without having to be
charged”, espressione che qualcuno
ha anche interpretato invece come un
riferimento all’autonomia della batte-
ria). Sta di fatto che il prodotto a quan-
to pare è ormai vicinissimo al lancio
che, volutamente o meno, coinciderà
con l’uscita dello smartwatch di Ap-
ple, prodotto che il mercato aspetta al
varco come benchmark (commerciale)
per l’intera categoria. I numeri fino ad
oggi sono ancora piuttosto piccoli e
nonostante se ne parli molto, di smar-
twatch ai polsi se ne vedono ancora
molto pochi.
torna al sommario 20
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto PEZZALI
I rumors degli scorsi giorni sono confer-
mati: Canon ha lanciato le due nuove
ammiraglie della serie 5D, la 5Ds e la
5Ds R. Due reflex virtualmente identiche,
se non fosse che la 5Ds R è priva del fil-
tro passa basso sul sensore, una scelta
che sicuramente piacerà a chi scatta in
studio still life e soggetti che non sono
solitamente soggetti a problemi di moire.
Canon con le due 5Ds ha realizzato le
due full frame con la maggiore risoluzio-
ne presente sul mercato, adottando un
nuovo sensore da 50.6 megapixel con
tutti i pro e i contro che una scelta così
esasperata comporta. Più si aumentano
i pixel in un sensore, a parità di dimen-
sione, e più aumenta il rischio di rumore:
Canon assicura di essere riuscita con la
nuova 5Ds a migliorare la resa ad alti ISO
rispetto alla 5D Mark III, raggiungendo
un livello di granulosità dell’immagine
simile a quello della nuova 7D Mark II.
La differenza, tuttavia, è una sensibilità
che è stata fissata a 6400 ISO massimi
(nativi), un blocco probabilmente inserito
da Canon con la consapevolezza che a
FOTOGRAFIA Rumors confermati: Canon ha presentato le reflex top di gamma della famiglia 5D
Canon 5Ds e 5Ds R: super reflex da 50 MpixelLa novità è il sensore da 50 Mpixel che le rende fotocamere le più risolute nella loro categoria
ISO maggiori
un sensore così
risoluto avreb-
be avuto troppi
problemi. La
nuova reflex è
ch ia ramente
una fotocame-
ra particolare: il
doppio proces-
sore Digic 6 è
al servizio della
fotografia, per-
ché sotto il profilo video la 5Ds riprende
al massimo a 1080p@30 fps, quindi nien-
te 4K. Non eccezionali neppure le doti di
velocità: solo 5 fps. Confermati anche gli
altri dati, come il sistema di messa a fuo-
co a 61 punti, la presenza di USB 3.0 e
Wi-Fi, NFC a bordo per facilitare il pairing
e doppio slot SD/CF. La 5Ds è una reflex
particolare che va a soddisfare una sola
esigenza: la risoluzione elevata. Chi è
alla ricerca di altro può guardare alle al-
tre reflex della gamma Canon, dalla Mark
III che resta in gamma alla nuova 7D MK
II. Siamo in attesa dei prezzi italiani, ma
in dollari siamo a 3700$ e 3900$. Curio-
so, come sempre, che la versione sen-
za filtro costi di più: in realtà il filtro non
viene rimosso fisicamente ma vengono
aggiunti elementi che annullano il filtro,
quindi è una rimozione “virtuale”. Toglie-
re il filtro avrebbe obbligato Canon a ri-
disegnare interamente la macchina. Qui
le foto realizzate da Canon con la 5Ds e
qui quelle della 5Ds R.
Insieme alle nuove reflex Canon ha an-
che presentato un nuovo zoom ultra
wide: l’11-24 f/4L, uno dei grandangoli
più spinti mai realizzati per una full frame.
Per mettere in corredo questo gioiellino
serviranno però ben 3000$.
di Roberto PEZZALI
Canon porta in Italia la sua terza ge-
nerazione di mirrorless, l’azienda
ha scelto di puntare nuovamente
su questo segmento per catturare gli
utenti alla ricerca di qualcosa di leggero
da portare a spasso senza sacrificare
qualità e funzionalità. EOS M3 è un mi-
sto tra G1X Mark II e 750D: il sensore
infatti è lo stesso 24 megapixel Hybrid
FOTOGRAFIA Presentata la fotocamera compatta a ottiche intercambiabili Canon EOS M3
Canon torna nel mondo mirrorless con la EOS M3Ha un sensore Hybrid CMOS III da 24 Mpixel e ghiere per agevolare lo scatto manuale
CMOS AF III a 49 zone e, nel caso della
EOS M3, questo è l’unico sistema AF di-
sponibile, essendo la macchina priva di
specchio e di sensore di messa a fuoco
tradizionale. EOS M3 guadagna anche
il nuovo processore Digic 6 e, dalla
G1 X, eredita anche tutto il sistema di
ghiere per mettere a portata di dito tutti
i controlli manuali. Canon ha aggiunto
alla M3 alcuni elementi che mancava-
no alla prima M come il flash integrato,
tuttavia per mantenere un
corpo compatto l’oculare
è esterno e opzionale-. Il
monitor, fondamentale per
una mirrorless, è un 3” tou-
ch screen basculante da
1 milione di punti che può
essere orientato su tre assi
fino a 180°.
EOS M3 integra una serie
di funzionalità creative,
ripresa video Full HD a
1080@30p massimo e Touch AF Focus
per spostare il punto di fuoco in fase di
ripresa semplicemente sfiorando l’area
dello schermo da mettere a fuoco. Ca-
non non ha voluto osare inserendo la
tecnologia Dual Pixel, un vero peccato
perché su una mirrorless sarebbe sta-
ta perfetta, tuttavia ci assicurano che il
nuovo Hybrid CMOS AF III è molto più
reattivo del modello precedente.
EOS M3 ha una slitta per accessori stan-
dard e può montare flash esterni, mentre
per gli obiettivi si è vincolati all’attacco
EF-M; con l’adattatore è possibile mon-
tare tutti gli obiettivi del sistema EOS,
rinunciando però alla compattezza.
La nuova mirrorless integra Wi-Fi e NFC
per il controllo remoto da smartphone
e il trasferimento file veloce sulla nuova
base station cloud Canon.
EOS M3 sarà disponibile a partire da
maggio 2015 al prezzo indicativo sug-
gerito al pubblico di 775 € Iva inclusa.
Samsung NX500 è la mirrorless 4K per tutti Erede della NX300 la NX500 è un vero e proprio salto di qualità che la avvicina alla più professionale NX-1 senza incidere troppo sul prezzo di Michele Lepori
NX500 è la nuova mirrorless Samsung, andrà a sostituire la NX300, ma il cuore e l’estetica indicano la precisa volontà di av-vicinarsi alla top di gamma NX-1. NX500 ha a bordo un processore DRIMeV che promette - in accop-piata con il sensore APS-C da 28 Megapixel - perfetta riproduzione dello spettro colore e buona ridu-zione del rumore. Dal lato video il fiore all’occhiello è la registrazio-ne di filmati in qualità 4K a 24 fps. NX500 è una Smart Camera fatta e finita, visto che non mancano Wi-Fi, Bluetooth e NFC oltre ad un tasto mobile che permette l’asso-ciazione di uno smartphone per il trasferimento delle foto.Sangmoo Kim, Senior Vice Pre-sident delle divisioni IT & Mobi-le Communication di Samsung Electronics spiega: “Siamo ben consapevoli dell’importanza di una fotografia nelle nostre vite, ecco perché Samsung ha costrui-to una macchina per i fotografi del quotidiano. Stiamo rivoluzio-nando quello che è possibile fare dai fotografi non-professionisti con macchine non-professionali e stiamo offrendo a tutti l’abilità di catturare i propri momenti più im-portanti con un semplice scatto”.Sul mercato americano la Sam-sung NX500 arriverà a marzo in 3 colorazioni, nero bianco e mar-rone al prezzo di 799 dollari in kit con un obiettivo 16-50m.
torna al sommario 21
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di V. R. BARASSI
N onostante in giro si vedano poche
fotocamere Sony della serie QX,
c’è chi ha deciso di riproporre qual-
cosa di simile. Infatti, Olympus ha annun-
ciato il prossimo arrivo sul mercato giap-
ponese di Air, una fotocamera sprovvista
di mirino, display e lenti, controllabile via
Wi-Fi e sulla quale vanno montati obiettivi
con attacco Olympus Micro Quattro Terzi.
Air non è niente male se si considerano
le specifiche tecniche: nel compatto cor-
po cilindrico troviamo un sensore Quattro
Terzi da 16 megapixel, un sistema auto-
focus da 81 punti e un otturatore che ga-
rantisce 10 scatti al secondo alla velocità
massima di 1/16000s. Come anticipato,
il dispositivo è
i n t e r a m e n t e
controllabile via
Wi-Fi tramite un
device smart
grazie all’appo-
sita applicazio-
ne. Olympus
rilascerà presto
le API per lo svi-
luppo di appli-
cazioni di terze
parti e in futuro
fornirà anche adattatori per permettere
l’attacco di altre tipologie di obiettivi. Air
sarà lanciato in Giappone a marzo (anche
in kit con l’obiettivo M.Zuiko Digital ED 14-
42mm F3.5-5.6 EZ); al momento non si
hanno informazioni sulla eventuale com-
mercializzazione in Europa, che potrà
avvenire in un secondo momento.
FOTOGRAFIA Presentata la nuova Air di Olympus, molto simile alle proposte QX di Sony
Olympus AIR: si controlla via Wi-Fi con lo smartphoneAir è provvisto di sensore da 16 Megapixel e ha un aggancio per obietivi micro quattro terzi
di Paolo CENTOFANTI
L a OM-D E-M5 è stata una delle fo-
tocamere mirrorless di maggiore
successo per Olympus e ora arriva
la sua evoluzione, la E-M5 Mark II. Il DNA
è lo stesso dell’originale, look vintage
e tanta concretezza, e anche se molte
caratteristiche tecniche sono apparente-
mente rimaste le stesse, in realtà le novi-
tà sono tantissime. Innanzitutto, Olympus
annuncia di aver ulteriormente migliorato
quello che era già uno dei migliori stabi-
lizzatori di immagine del mercato. La tec-
nologia di stabilizzazione sul sensore a 5
assi è stata infatti raffinata per arrivare a
offrire fino a 5 EV di margine nello scatto
a mano libera e in condizioni di scarsa
luminosità. Soprattutto in combinazione
con ottiche tele si tratta di un vantaggio
non da poco. Ma il nuovo stabilizzatore
entra in gioco anche per quella che è la
novità più grande introdotta con la Mark
II, cioè la modalità di scatto ad alta riso-
luzione. Il sensore Live MOS in formato
quattro terzi rimane sempre fermo alla
risoluzione di 16 Megapixel, ma Olympus
ha implementato un inge-
gnoso sistema che permet-
te di scattare fotografie da
40 Megapixel: in pratica la
macchina scatta 8 foto di-
verse ottenute spostando il
sensore in orizzontale e in
verticale, prima di un pixel
e poi di frazioni di pixel. In
questo modo la scena in-
quadrata viene scansionata
non solo a una risoluzione
più elevata, ma anche raccogliendo le
informazioni cromatiche complete, supe-
rando i limiti del filtro di bayer utilizzato
negli scatti tradizionali. Chiaramente si
tratta di una funzionalità pensata per vasti
panorami oppure per fotografia di oggetti
o prodotti completamente immobili, visto
che il soggetto non può muoversi da uno
scatto all’altro, ma troverà sicuramente
uso in un’ampia rosa di ambiti (una tecni-
ca simile è utilizzata da alcune macchine
medio formato). La nuova E-M5 Mark II
presenta un corpo macchina sempre in
lega di magnesio e sempre tropicalizzato,
per l’utilizzo in ogni condizione climatica,
ed è leggermente più piccola e leggera
del modello originale e quasi più simile
alla E-M10. L’otturatore passa finalmente
da 1/4000 secondi di velocità massima a
1/8000 con funzionalità di shutter elettro-
nico a 1/16000, ed è stato nettamente mi-
gliorata la versatilità sul fronte della regi-
strazione video, con maggiore flessibilità
di frame rate (24, 25, 50 e 60p) e con bi-
trate massimo di 77 Mbit/s per le riprese
in full HD (niente 4K dunque). C’è il nuovo
display da 3 pollici orientabile a 360°,
mirino elettronico con risoluzione quasi
raddoppiata rispetto alla generazione
precedente e tutte le funzioni software
che sono state introdotte con la E-M1 e la
E-M10 lo scorso anno. La Olympus E-M5
Mark II sarà disponibile a partire da fine
febbraio in versione solo corpo a 1099
euro (con estensione della garanzia di 6
mesi) o in kit con l’obiettivo M.ZUIKO ED
12-50mm 1:3.5-6.3 EZ (1299 euro) o con
l’eccellente M.ZUIKO 12-40mm 2.8 PRO
(1799 euro). In più Olympus ha annuncia-
to l’arrivo in estate del nuovo obiettivo
fisheye M.ZUIKO 8mm F1.8, il cui prezzo
non è ancora stato rivelato.
FOTOGRAFIA È arrivata OM-D E-M5 Mark II, l’evoluzione della E-M5, con tantissime novità
Olympus OM-D E-M5 Mark II: scatti a 40 Megapixel Tecnologia di stabilizzazione sul sensore a 5 assi e modalità di scatto ad alta risoluzione
Olympus TG-860 robusta e impermeabile con Wi-Fi e GPSLa nuova compatta rugged Olympus è impermeabile fino a 15 metri e resiste a urti e cadute. Rispetto al modello precedente si arricchisce di Wi-Fi e GPS, e di display che ruota di 180 gradi per fare selfie sott’acqua di Andrea ZUFFI
Stylus Tough TG-860 è la nuova compatta di Olympus resistente a polvere, spruzzi, urti e gelo. Le novità principali rispetto al mo-dello precedente (TG-850) sono la connettività Wi-Fi, il GPS la mi-gliorata resistenza all’immersione e qualche ritocco estetico come la presenza di due pulsanti, uno sul fronte e uno sul retro con funzioni configurabili. La caratteristica di-stintiva della gamma Tough rima-ne la resistenza ai maltrattamenti; la TG-850 è infatti impermeabile fino a 15 metri secondo gli stan-dard IPX-8 e può sopportare una compressione equivalente a 100 kg (IPX-6). Olympus inoltre dichia-ra che la scocca sarà in grado di “sopportare” cadute da un’altez-za di 2,1 m e di funzionare fino alla temperatura di -10°C. Le specifiche fotografiche sono sensore CMOS da 1/2,3”, ottica stabilizzata 21-105 mm (zoom 5x) per scatti fino a 16 Mpx e video Full HD a 60p. Sul retro è presente un display da 3” che ruota di 180° per garantire i selfie anche durante le immer-sioni. Grazie al Wi-Fi si possono condividere gli scatti e i video con tablet e smartphone sia iOS che Android. Disponibile a partire da aprile. Al momento è noto solo il prezzo USA: 280 dollari.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
GAMING Le previsioni e i dati sono della società DAU UP
App di mobile gaming su Android La reddittività è uguale a iOS
di Andrea ZUFFI
Ad oggi il sistema operativo di Google è il più diffuso nel mercato dei dispositivi
mobili e ha una quota di mercato superiore a quella di iOS. A dispetto di questo,
però, gli sviluppatori preferiscono dedicarsi all’ecosistema di Apple perché qui
la realizzazione di app è più favorevole in termini di profitto. In un futuro nemmeno
troppo lontano le cose potrebbero cambiare. A prevederlo è DAU UP, una società
che si occupa di marketing nel settore dei videogiochi. Analizzando il trend dell’ARPU
(parametro che definisce il ricavo medio per utente derivante dalla vendita delle app di
gaming) per il mondo Android e raffrontandolo con quello di iOS risulta che il rapporto
è passato dal 20% di gennaio 2014 al 65% di dicembre 2014. Questo indicatore, unito
al fatto che i costi per la pubblicità sui dispositivi Android sono dal 20% al 50% più
bassi rispetto a quelli su iPhone e iPad, rende la redditività per gli sviluppatori che scel-
gono come target il sistema di Google equiparabile a quella di iOS. Ricordiamo che i
dati di DAU UP si riferiscono solo alle app di mobile gaming ma il fenomeno potrebbe
estendersi a tutte le app in generale.
di Roberto PEZZALI
Sony e Microsoft stanno davvero
realizzando una nuova versione di
console per la visione di contenuti
4K? La voce sta girando da un po’, rilan-
ciata da Forbes dopo le dichiarazioni del
direttore tecnico di Netflix, ma potrebbe
essere il frutto di un grosso malinteso.
Secondo Neil Hunt, Chief Product Officer
di Netflix, Sony avrebbe “promesso” una
revisione della PS4 per facilitare la ripro-
duzione di contenuti 4K in streaming, tut-
tavia in un secondo momento lo stesso
Hunt avrebbe ritrattato asserendo di non
poter parlare della lineup di prodotti di
un’azienda di cui lui non fa parte. Sony,
e allo stesso modo Microsoft, non avreb-
bero bisogno di alcun aggiornamento
hardware per riprodurre lo streaming di
Netflix in 4K: le console sono dotate di
porta HDMI 1.4 che ha la banda passante
necessaria per poter trasmettere video
Ultra HD a 30 fps. Resterebbero fuori gli
streaming a 60 fps e quelli ad alta dina-
mica HDR, che comunque rientrano nel-
le idee di Netflix ma rappresentano una
microscopica percentuale di contenuti
sui pochi contenuti 4K disponibili. Inol-
tre, è bene ricordarlo, la PS4 è nata più
come console da gioco che come centro
multimediale e difficilmente il video in
4K rappresenta l’elemento di spinta alla
creazione di una nuova versione di con-
sole: più probabile, invece, che si punti a
ridurre i consumi, migliorare l’efficienza e
abbassare i costi. L’APU AMD Kaveri, su
cui sono basati i SoC delle due console,
può gestire una decodifica accelerata
hardware dell’H.265 e sia Telestream sia
Strongene hanno realizzato dei codec ca-
paci di decodificare, sfruttando Open CL,
i flussi video compressi con il codec next
gen. Se Sony e Microsoft volessero po-
trebbero fin da subito aggiornare le loro
console alla riproduzione sia degli stream
sia dei file HEVC da chiavetta e da rete,
senza la necessità di una nuova revisione
hardware. E siamo certi che Microsoft, al
lavoro da tempo sulla parte multimediale
di Xbox e in procinto di inserire proprio
il supporto nativo HEVC in Windows 10,
non si farà scappare l’occasione per inte-
grare anche questa feature. Una cosa è
certa: se mai usciranno una nuova Xbox
e una nuova PS4 sarebbero sicuramente
dotate di HDMI 2.0 ma solo perché i con-
troller 1.4 ormai non esistono quasi più. I
nuovi ipotetici modelli potrebbero anche
essere in grado di gestire streaming HDR,
ma lo farebbero senza penalizzazioni per
i clienti dei primi modelli che potrebbero
guardare in ogni caso la versione 4K “li-
scia”: tutti gli stream sono adattivi e pos-
sono veicolare più versioni dello stesso
flusso. Per i giochi in 4K, invece, non c’è
niente da fare, l’unica possibilità resta il
cloud gaming: Xbox One e PS4 non sono
pronte al gaming Ultra HD (Xbox pare
nemmeno al Full HD) e difficilmente Sony
e Microsoft andranno a creare una peri-
colosa frammentazione con una versione
“4K” delle console. Mai dire mai però: in
questi anni abbiamo visto di tutto, anche
scelte apparentemente illogiche.
GAMING Per riprodurre contenuti in 4K basta l’APU Kaveri, sempre che non si vogliano 60 Hz e HDR
Per il 4K non servono nuove PS4 o Xbox OneSecondo Forbes e Netflix, Microsoft e Sony stanno lavorando a nuove versioni di PS4 e Xbox Slim
Razer fa sognare i gamer con un portatile “monstre”Schermo 3200 x 1800 16 GB di RAM, scheda video e processore di ultima generazione Prezzo a partire da 2000$ di Roberto PEZZALI
Razer ha presentato la versione 2015 del Razer Blade, il notebook da gioco super “carrozzato” con design elegante e dotazione tecnica di assoluto livello. Il desi-gn è simile a quella del vecchio MacBook Pro (ma nero), con uno spessore di 1.7 cm a fronte di un peso di 2 Kg. L’elemento più inte-ressante è il nuovo schermo da 14” e da 3200 x 1800 pixel, realizzato con tecnologia IGZO e con una risoluzione di 262 ppi: si tratta di uno schermo touch con consumo ridotto. Per chi non vuole spen-dere troppo Razer ha pensato anche l’opzione Full HD. Razer ha cambiato un po’ tutto: la GeForce GTX870M è stata sostituita dalla GTX 970M con 3GB di memoria GDDR5, mentre il processore Intel Core i7-4702HQ è sostitui-to dal nuovo Core i7-4720HQ. Cresce anche la memoria, 16 GB, mentre per il disco la scelta par-te da 128 GB SSD per arrivare a 512 GB nella configurazione mas-sima. Il prezzo di partenza è di 1999 dollari (più tasse) per la ver-sione Full HD e di 2199 dollari per quella QHD+, ma chi vuole 512 GB di SSD dev’essere pronto a spen-dere anche 2600$. Purtroppo al momento Razer non vende in Italia i suoi notebook e anche l’ac-quisto all’estero potrebbe essere un problema per la tastiera ame-ricana.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Dell Precision M3800, 4K e Ubuntu per registi e graficiPresentato al Sundance Film Festival, l’anti MacBook Pro Retina di Dell punta tutto su display touchscreen 15” a risoluzione 4K e una “developer’s edition” su base Ubuntu di Michele LEPORILa sede del Sundance Film Festi-val in quel di Park City nello Utah è l’occasione buona non solo per gustare in anteprima le più pro-mettenti pellicole indipendenti della settima arte, ma è anche il palcoscenico ideale in casa Dell per presentare una macchina di-chiaratamente indirizzata a registi, fotografi e chi lavora nel mondo delle arti grafiche. Il Precision M3800 è un laptop 15” con cer-tificazioni ISV creato sulla base dei feedback ricevuti dagli utenti sul modello precedente: luce ver-de, quindi, a risoluzione 4K e una nuova developer’s edition su base Ubuntu che si affiancherà alla ca-nonica edizione con sistema ope-rativo Windows. A livello tecnico, il Precision M3800 monta di serie il processore Intel i7 di ultima ge-nerazione, scheda grafica Nvidia Quadro K1 100M e 16 GB di memo-ria RAM con 2 TB di hard disk (op-tional l’archiviazione SSD da 1 TB). Dell annuncia anche la presenza di una presa Thunderbolt 2 e la pos-sibilità di editare i filmati 4K RAW mentre se ne gestisce in parallelo il backup dell’originale. Al netto delle modifiche applicabili sullo store online, il prezzo del Precision M3800 partirà da 1700 dollari: ba-sterà a “rubare” clienti al rivale di Cupertino?
di Roberto PEZZALI
L avorare senza fili è possibile, e Intel
con il lancio della nuova famiglia di
processori di quinta generazione
Core vPro fa un ulteriore passo avanti
verso quello che dovrebbe essere il fu-
turo del business. Senza cavi vuol dire
ovviamente non solo rete wireless, ma
anche display wireless, docking wireless
e anche ricarica wireless, con la possibi-
lità di ricaricare il portatile semplicemen-
te appoggiandolo alla scrivania. Recen-
temente, Intel ha ufficializzato la nuova
piattaforma per notebook, tablet e ibridi
destinata all’utente professionale, che
utilizza i nuovi processori Broadwell con
architettura a 14 nanometri: l’obiettivo è
fornire ai partner la base per prodotti
ancora più sottili, leggeri e sicuri. VPro
è una “piattaforma”, o meglio un insie-
me di tecnologie che permettono ai vari
componenti di dialogare meglio tra loro
fornendo soluzioni sotto il profilo del-
l’autenticazione utente o della gestione
remota dei computer.
Il lato più interessante della nuova piat-
taforma vPro, tralasciando gli aspetti
più “enterprise”, è la sezione wireless:
grazie a un nuovo modulo, infatti, i com-
puter con piattaforma vPro avranno
accesso e autenticazione automatica a
docking wireless esterne.
Questo vuol dire che basterà arrivare
alla scrivania, appoggiare il computer
e automaticamente la docking ricono-
scerà il notebook, accenderà mouse
e tastiera e si connetterà. Una vera
piccola rivoluzione della
mobilità, alla quale manca
solo la ricarica wireless per
raggiungere la perfezione:
la docking è WiGig, quindi
802.11 ad con 7 Gbps di
banda. A questo si aggiun-
ge anche Pro Wireless Di-
splay (Intel Pro WiDi): l’evo-
luzione della tecnologia
WiDi permetterà non solo
di gestire schermi wireless
multipli in maggiore sicu-
rezza ma anche conferen-
ze in remoto con possibilità
di screen sharing e strea-
ming tra partecipanti.
Quanto ci metteranno que-
ste soluzioni “pro” ad arri-
vare nel mondo consumer? La docking
station wireless Dell, da poco presen-
tata, sarebbe sicuramente utilissima a
tutti coloro che utilizzano un notebook
come computer abituale, a casa e in
mobilità.
PC Docking senza fili e display pilotati con WiDi; per la ricarica wireless manca ancora un po’
Intel dice addio definitivamente ai caviCon il lancio di vPro di 5a generazione, Intel avvera il sogno di postazioni di lavoro wireless
di Massimiliano ZOCCHI
U niformare sì, ma senza forzare. Il
prossimo sistema operativo di Red-
mond, Windows 10 ha come scopo
principale quello di unire il mondo PC e
quello mobile, ma alcune piccole differen-
ze resteranno. Osservando l’immagine a
lato possiamo notare come Microsoft non
mostri mai l’interfaccia desktop nei device
di taglia minore. Addirittura nel convertibi-
le in posizione stand la schermata è divisa
in due per mostrare le due possibilità, ma
la cosa non è mostrata poi nei modelli
minori. Questo perché i dispositivi sotto
gli 8” non avranno accesso all’interfaccia
desktop. Quindi chiunque possederà un
device da 8” avrà a tutti gli effetti un PC
completo con possibilità di usare le app
win32 e di avere un
mini desktop. Chi op-
terà per un prodotto
più piccolo, o aggior-
nerà al nuovo SO,
avrà qualche funzione
in meno. La scelta ha senso: quanto sa-
rebbe utilizzabile un desktop pensato per
mouse e tastiera su uno schermo da 5”?
Questo creerà una naturale distinzione tra
i prodotti aiutando a scegliere, oppure farà
confusione come fu per Windows RT?
PC In rete cominciano a comparire le prime lamentele; ma ha senso un desktop così piccolo?
Con Windows 10 niente desktop sotto gli 8 polliciMicrosoft nega l’accesso all’interfaccia desktop di Windows 10 ai device di taglia piccola
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Michele LEPORI
Spulciare le pagine di Kickstarter,
il noto sito di crowd funding, è
un’esperienza sempre più vicina
all’apertura di una finestra sul futuro:
parliamo di Kraftwerk e della batteria
portatile che non ha bisogno di corren-
te. Batteria e corrente vanno a braccet-
to, indispensabili l’un l’altro per poter
adempiere al lavoro a dovere, ma
adesso eZelleron, pionieristica startup
tedesca decisamente proiettata nel
futuro, presenta al pubblico Kraftwerk,
una batteria portatile di dimensioni
estremamente ridotte che si ricarica a
gas in 3 secondi e ci permette di dire
addio alla corrente. Una ricarica di gas
alimenta 11 volte un iPhone 6. Imma-
ginate la scena: smartphone pratica-
mente morto, siamo in metropolitana e
dobbiamo fare una telefonata urgente.
Il gas di un’accen-
dino, tanto per fare
un esempio, può
essere usato per
ricaricare Kraftwerk
e rendere di nuovo
operativo lo smar-
tphone. Vera e pro-
pria fantascienza
che sta per diven-
tare realtà, come
illustrato nel video di eZelleron sulla propria pagina Kickstarter. eZelleron,
consapevole delle potenziali “paure”
degli acquirenti, conferma la totale si-
curezza del dispositivo garantendone
l’utilizzo in aereo e il trasporto como-
damente in tasca: bersaglio centrato
al primo colpo dato che la risposta del
pubblico è stata massiccia e a fronte
dei 500.000 dollari richiesti per dare
luce verde al progetto, oggi siamo
vicini a quota 1.000.000 di dollari e il
primo “stretch goal” a portata di mano.
Le spedizioni partiranno tra la fine del
2015 e l’inizio del 2016 ma oggi - a 30
giorni dal termine del progetto - è an-
cora possibile ordinare la propria copia
al prezzo di 99 dollari e un pack da 12
tubi di gas-ricarica a 49 dollari.
GADGET Il dubbio è che possa essere pericoloso ma la società assicura la totale sicurezza
Il battery pack “definitivo” funziona a gasLa startup tedesca eZelleron è al lavoro su una batteria portatile che si alimenta a gas in 3” Non avrà bisogno di prese di corrente e potrà ricaricare ogni dispositivo dotato di presa USB
Enko, le scarpe sportive che sembrano uscite da un filmStanchi di sprecare energie per scarpe inefficienti e cattivi materiali? Enko presenta le Running Shoes di Massimiliano ZOCCHILe calzature sportive sono state spesso oggetto di invenzioni e applicazioni tecnologiche. Enko aggiunge la meccanica applicata alla dinamicità dei movimenti unita a una completa personalizzazione. Il tutto per ottenere, secondo loro, la scarpa da running perfetta. Le Enko Running Shoes hanno un meccanismo perfettamente visi-bile, con parti mobili il cui cuore è l’ammortizzatore. Il concetto alla base del progetto è semplice: le scarpe normali assorbono l’impatto dissipando l’energia a terra, mentre Enko si propone di immagazzinare questa energia e restituirla durante il movimento, diminuendo la fatica e aumentando le prestazioni. La scarpa è dotata di un selettore per diversificare l’azione, dalla cammi-nata alla corsa. Enko dichiara di essere l’unica che personalizza le calzature in base alle caratteristi-che del cliente, il che significa non solo dimensioni e colore preferito, ma anche componenti ottimizzati in base al proprio peso per ottene-re il massimo livello di ammortizza-zione. La mente dietro al progetto è Christian Freschi, appassionato di running e ingegnere francese di origini italiane. Se volete pos-sedere queste scarpe potete dare un contributo alla campagna su Indiegogo.com. Per agosto 2015 potrete avere il vostro paio al prez-zo promozionale di 290$, oppure 390$ se volete essere tra i primi che le riceveranno.
di V. R. BARASSI
A quasi tre anni dall’annuncio
della prima versione arriva
Raspberry Pi 2, versione tutta
nuova del mini PC più apprezzato e
amato dagli “smanettoni”; il compu-
ter ha lo stesso form factor e le stes-
se porte del recente Raspberry Pi B+
ma è equipaggiato con il doppio del-
la memoria RAM (1 GB a 450 MHz) e
soprattutto porta in dote un nuovo
SoC Broadcom BCM2836, nel qua-
le figurano un processore quad-core
ARMv7 da 900 MHz (con possibilità di
facile overclock a 1100 MHz) e un com-
parto grafico VideoCore IV.
Il pacchetto è capace di performance
nettamente migliorate rispetto al pas-
sato poiché si parla di prestazioni sei
volte superiori; tutti gli “extra” concilia-
bili con il primo Raspberry Pi saranno
compatibili al 100% con Pi 2 e, nono-
stante il cambio di processore, non vi
saranno stravolgimenti neppure dal
punto di vista software. Come al soli-
to, il sistema operativo va caricato su
scheda microSD, le porte USB a dispo-
sizione sono quattro e non mancano
Ethernet 10/100 e uscita HDMI (ma c’è
anche un jack 3.5mm per il solo audio).
Dopo il grande lavoro fatto in questi
anni per ottimizzare le principali librerie
destinate a funzionare su Raspberry Pi,
gli sviluppatori si stanno attualmente
concentrando su un nuovo ambizioso
obiettivo: portare il sistema operativo
Windows 10 sul nuovo Pi 2. Si tratta an-
cora di un work in progress ma il sem-
plice fatto di parlarne sta facendo sicu-
ramente discutere e non poco. Il mini
PC Raspberry Pi 2 è già disponibile al
solito prezzo di 35 dollari. Attenzione
però: le scorte si stanno già esaurendo
abbastanza in fretta.
PC A tre anni di distanza dal precedente Pi B+, ecco la nuova versione dalle ottime performance
Raspberry Pi 2, ora è sei volte più potenteNuovissima versione del mini PC più famoso al mondo e apprezzato dagli “smanettoni” Processore ARMv7 da 900 MHz e 1 GB di RAM. Costa 35 $ e funzionerà con Windows 10
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
The Pirate Bay è già risorto dalle ceneriA quasi due mesi dal raid che ha tolto dalla rete il famoso motore di ricerca di torrent, The Pirate Bay ritorna online con il simbolo della fenice e al suo solito indirizzo di Roberto PEZZALI
The Pirate Bay è risorto dalle ce-neri, come la proverbiale fenice che capeggia sulla home page del celeberrimo sito che funge da motore di ricerca di torrent. Sono passati quasi due mesi dall’ultima volta che il sito era raggiungibile online, dal giorno cioè in cui i server di The Pirate Bay furono sequestrati in un raid delle forze dell’ordine nel data center, che ospitava le macchine anche di altre popolari destina-zioni di chi cerca contenuti onli-ne. Il nuovo sito è in realtà quello di sempre, anche se al momento mancano banner pubblicitari e a quanto pare il vecchio staff di moderazione è stato tagliato fuo-ri dalla gestione del nuovo sito. Al momento c’è un po’ di con-fusione su chi gestisce questa versione di The Pirate Bay, che però utilizza il solito dominio. I vecchi moderatori dicono di es-sere al lavoro per portare online quello che sarebbe il “vero” sito, mentre in risposta al sequestro dei server dello scorso dicem-bre, altri gruppi avevano iniziato indipendentemente la realizza-zione di cloni basati sullo stesso codice dell’originale. La notizia è comunque una sola: come vole-vasi dimostrare, chiudere un sito come questo, è più facile a dirsi che a farsi.
di Paolo CENTOFANTI
I n un ottica di razionalizzazione dei co-
sti, Sony annuncia la chiusura del ser-
vizio di streaming illimitato di musica
Sony Music Unlimited, lanciato nel lonta-
no 2010, all’epoca sotto il brand Qriocity.
Nato esclusivamente per i prodotti di
home entertainment di Sony, in partico-
lare Playstation e TV, il servizio era sta-
to poi portato anche su Android e iOS.
Ma dal 29 marzo Music Unlimited verrà
chiuso in tutti i paesi in cui è attualmente
disponibile. Non si tratta della fine dello
streaming targato Sony comunque. In
primavera partirà infatti un nuovo ser-
vizio chiamato PlayStation Music e rea-
lizzato in collaborazione con Spotify. Di
fatto catalogo e infrastruttura saranno
quelle di Spotify, si utilizzeranno lo stes-
so account e lo stesso abbonamento
Premium, con accesso anche all’interno
di PlayStation Music delle proprie playlist
preferite. L’integrazione consentirà però
di ascoltare la musica di Spotify anche
mentre si gioca su PlayStation. Il servizio
sarà lanciato in 41 paesi, compresi i 19 in
cui è oggi disponibile Music Unlimited,
inizialmente su PS3, PS4 e dispositivi
Android Sony, ma poiché l’account sarà
unico, chi si iscrive da PlayStation Music
potrà comunque ascoltare Spotify su tut-
ti i dispositivi per i quali è disponibile il
servizio.
Music Unlimited è però solo l’inizio. Sony
ha infatti annunciato un cambio di deno-
minazione anche per il suo store di film
e serie TV, Video Unlimited, che passe-
rà anche questo a far parte dell’ormai
grande famiglia PlayStation Network o
PSN. In pratica, ancora una volta, Sony
decide di cambiare strategia multimedia-
le, abbandonando il Sony Entertainment
Network in favore di un’unificazione che
punti su quello che è il prodotto di mag-
giore successo del momento di Sony, la
console PlayStation per l’appunto. Sotto
l’ombrello PSN avremo ora il PlayStation
Store (giochi, film e serie TV su console),
PlayStation Music (streaming via Spoti-
fy), Playstation Video (il “vecchio” Video
Unlimited sui TV Sony), PlayStation Now
(giochi in streaming in abbonamento) e,
per ora solo negli Stati Uniti, PlayStation
Vue (catch-up TV in streaming). Continua
a rimanere un mistero la scelta di offrire
contenuti video in due store diversi, ma
per lo meno comincia a emergere un po’
di razionalità all’interno della ampia gam-
ma di servizi di Sony.
SOCIAL MEDIA WEB Sony chiude Music Unlimited e lancia PlayStation Music insieme a Spotify
PlayStation è sempre più il futuro di SonyPlayStation Network diventerà un nuovo ed unico hub pensato per offrire tutti i servizi
SOCIAL MEDIA WEB YouTube ha annunciato un cambiamento che, a suo modo, è epocale
YouTube dice addio a Flash: si passa ad HTML 5 Chi utilizza una versione aggiornata del browser vedrà comparire di default il nuovo player
di Paolo CENTOFANTI
L a notizia è di quelle prettamente
per appassionati di tecnologia e
magari gli utenti normali di primo
acchito non si renderanno conto della
differenza, anche se la novità di cui stia-
mo parlando porterà a benefici come
pagine web meno pesanti per i PC.
YouTube ha infatti annunciato l’abban-
dono di Adobe Flash per il suo player
web desktop in favore di HTML 5. L’uti-
lizzo del più moderno linguaggio web
non è del tutto una novità, visto che era
già in uso in versione beta, ma l’uten-
te doveva andare ad attivare di suo
questa modalità su una pagina appo-
sta. Ora, invece, chi usa una versione
aggiornata di Google Chrome, Internet
Explorer, Safari o una delle ultime beta
di Firefox, vedrà comparire di default
il nuovo player HTML. A suo modo si
tratta di un passaggio storico, perché
segnerà per Adobe Flash un netto calo
nel numero di utilizzatori, ponendo fine
a un dominio nel mondo del video onli-
ne che è durato quasi quanto l’età stes-
sa del world wide web. Di fatto HTML
5 era già utilizzato da YouTube nella
versione mobile e per Smart TV, e al-
l’appello mancava ormai solo la versio-
ne desktop. Tra le svolte tecnologiche
che hanno reso possibile il passaggio
definitivo, YouTube cita il supporto per
il suo codec VP9, l’adaptive bitrate
streaming, la gestione dei media cripta-
ti e la migliore compatibilità negli ultimi
browser con la modalità a tutto scher-
mo. L’abbandono di Flash consente al
player di essere più leggero (di fatto
viene utilizzato per la riproduzione il
lettore nativo del browser e non un ul-
teriore programma esterno) con benefi-
ci immediati soprattutto per i computer
portatili, che vedranno meno carico
sulla PC e quindi maggiore autonomia
della batteria.
torna al sommario 26
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Apple si prepara a lanciare il suo street view?Avvistato un mezzo di Apple con sistema di videocamere simile a quello di Google per la mappatura fotografica di Street View. Funzione simile in arrivo anche sulle mappe di iOS? di Paolo CENTOFANTI
Uno dei fiaschi più grandi della storia recente di Apple è stato il lancio dell’applicazione Mappe con iOS 6. Annunciata in pompa magna come soluzione alternativa a Google Maps, contestualmen-te alla “guerra nucleare” contro Google voluta da Steve Jobs, l’app si rivelò ben presto piena zeppa di buchi nella copertura, errori gros-solani e un’esperienza d’uso lon-tana da quella a cui gli utenti iOS erano abituati. L’app è migliorata negli ultimi anni, ma ormai la no-mea di servizio di serie B è rima-sta, e comunque ancora mancano molte funzionalità di Google Maps. Una di queste è Street View, la vi-sta fotografica che permette di muoverci tra le mappe come se fossimo realmente in strada. A quanto pare Apple si starebbe apprestando a portare questa mo-dalità anche nel suo servizio. Negli Stati Uniti, infatti, in California intor-no a San Francisco, è stata avvista-ta una vettura intestata ad Apple e dotata di un sistema di fotocamere sul tetto, che sembrerebbe esse-re fatta apposta per la mappatura delle strade. Ci sarebbe anche un’altra interpretazione: l’auto è praticamente identica infatti a una monovolume con guida autonoma avvistata nel 2014 a Brooklyn. Su cosa sta lavorando davvero Ap-ple? Per ora è un mistero, ma la mappatura delle strade ci sembra più verosimile.
di Paolo CENTOFANTI
L a scorsa estate, era nata una po-
lemica riguardante il trattamento
riservato alle etichette indipendenti
da parte di YouTube, relativamente a
quello che poi è diventato YouTube Mu-
sic Key: il servizio di streaming musicale
integrato nel portale video. Il consorzio
IMPALA si era rivolto all’Unione Europea
e ora rilancia l’appello, dopo le rivelazio-
ni delle condizioni imposte da YouTube
sui piccoli artisti portate alla luce dall’in-
dipendente Zoë Keating (nella foto in
apertura). Oggetto delle critiche sono
i nuovi termini di utilizzo per chi decide
di rivendicare i diritti sulla propria musica
su YouTube, che essenzialmente impon-
gono la partecipazione “forzata” anche
a YouTube Music Key. YouTube, per chi
non lo sapesse, utilizza un sistema de-
nominato Content ID che permette agli
artisti di rivendicare e quindi monetiz-
zare sui video caricati dagli utenti che
sfruttano le loro composizioni musicali.
Con il lancio di Music Key, da quanto
rivelato da Zoë Keating, che ha pubbli-
cato il contenuto della trattativa con un
rappresentate di YouTube, ora il servizio
di streaming video impone che se l’ar-
SOCIAL MEDIA E WEB YouTube è di nuovo oggetto di critiche da parte degli artisti indipendenti
Nuovo scontro tra etichette indipendenti e YouTubeVia i video dal servizio di Google per chi non accetta di inserire la sua musica su Music Key
tista vuole continuare a ricevere com-
pensi per l’utilizzo dei suoi brani deve
necessariamente sottoscrivere anche
la partecipazione a Music Key, non solo
per i brani caricati direttamente dall’ar-
tista, ma anche per quelli generati dagli
utenti, pena la rinuncia ai compensi, ma
anche alla chiusura del proprio canale
ufficiale. Anche se il nuovo servizio dà
agli artisti una nuova fonte di guadagni,
i nuovi termini di utilizzo non piacciono
a tutti, perché verrebbe meno il control-
lo da parte degli autori su quello che
YouTube può offrire o meno all’interno
di Music Key, cosa questa che infasti-
disce soprattutto gli indipendenti che
fanno ampio uso di strategie di auto-
promozione. IMPALA ha lanciato una
proposta in 10 punti per un rilancio del
mercato musicale in Europa che essen-
zialmente chiede maggiore trasparenza
da parte dei player dominanti come
YouTube, norme che assicurino che non
vi siano disparità di trattamento in base
al “peso” dei vari attori, più controllo su
dati e la privacy da parte dei cittadini
europei e uno stop alla “concentrazio-
ne” del mercato della musica in Europa,
che attualmente vede tre multinazionali
controllare l’80% del settore.
APP WORLD L’app di Tesla controllerà serrature, fari, batteria, clima, autonomia e posizione
Le prime app per Apple Watch saranno limitateInformazioni arrivano da parte dello sviluppatore dell’app per Apple Watch per le auto Tesla Con la prima versione del software dello smartwatch, molti limiti per gli sviluppatori
di Paolo CENTOFANTI
Apple lo aveva anticipato: app com-
plete per Apple Watch arriveranno
solo in un secondo tempo e all’ini-
zio gli sviluppatori potranno realizzare
più che altro estensioni di quelle per
iPhone. Cosa questo significhi nel det-
taglio è stato spiegato da un post dello
sviluppatore Elks Labs, che si sta occu-
pando della realizzazione dell’app per
Apple Watch di Tesla.
Essenzialmente Apple Watch funzionerà
come una sorta di secondo schermo per
l’app principale installata sull’iPhone e,
stando almeno all’attuale versione beta
di WatchKit, la piattaforma di sviluppo
per Apple Watch, gli sviluppatori hanno
un accesso molto limitato alle funzionali-
tà dello smartwatch. In particolare, spie-
ga lo sviluppatore, le app non possono
utilizzare accelerometro, giroscopio,
microfono, speaker, Bluetooth (che è
riservato esclusivamente al pairing con
lo smartphone), notifiche a vibrazione e
persino il touchscreen sarebbe limitato
esclusivamente al Force Touch (la pres-
sione lunga dello schermo).
Insomma, quasi tutte le risorse hardware
di Apple Watch, ripetiamo, almeno in
questa prima incarnazione di WatchKit,
sono “proibite” agli sviluppatori. Del re-
sto, dice Apple, l’interazione con Apple
Watch dovrà misurarsi in secondi e non
in minuti come sulle app per smartphone
o tablet, a ribadire che lo smartwatch,
nella visione di Apple, è appunto un
complemento allo smartphone e non un
device “principale”.
L’app di Tesla, a giudicare dal video,
sembra comunque ben fatta e permette
di controllare le serrature, i fari, lo stato di
carica della batteria e l’autonomia in chi-
lometraggio, il climatizzatore e, funzione
forse tra le più utili, la sua posizione.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Massimiliano ZOCCHI
I naugurazione in grande stile per la
prima stazione di ricarica Fast Rechar-
ge Plus, una colonnina multistandard
per la ricarica di auto elettriche, installa-
ta da Enel all’interno della Eni Station al
km 31,384 di via Pontina a Pomezia. Si
tratta della prima installazione derivante
dall’accordo tra Enel ed Eni, siglato nel
marzo 2013, per il supporto della mobilità
sostenibile da parte dei due colossi ener-
getici. Accordo strategico da entrambi i
fronti. Enel accrescerà la sua infrastruttu-
ra di ricarica che attualmente vanta nu-
merose colonnine sul territorio, ma tutte
in ricarica lenta o semi veloce in corrente
alternata, migliorando la copertura e of-
frendo un servizio top class. Eni invece si
introduce in punta di piedi in un settore
nuovo che, anche se in concorrenza con
il mercato del petrolio, contribuirà a farla
restare leader nel mondo dei rifornimenti
e stazioni di servizio. Il taglio del nastro
è avvenuto alla presenza di tutte le prin-
cipali autorità coinvolte: Salvatore Sardo,
Chief Officer di Eni, Francesco Storace,
AD di Enel, coadiuvati da rappresentanti
politici, Fabio Refrigeri, assessore della
Regione Lazio e Fabio Fucci, sindaco di
Pomezia. Non poteva mancare il ministro
alle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio
Lupi, che si è presentato con una Tesla
Model S fiammante. A onor del vero il mi-
nistro Lupi è sempre stato molto attento
alle tematica di mobilità sostenibile, ed
ha pazientemente atteso che tutti gli at-
tori trovassero i giusti accordi.
A livello tecnico, la mastodontica colon-
nina è la prima di Enel con diversi stan-
dard di ricarica. Questo perché non tut-
te le vetture in commercio utilizzano le
stesse tecnologie, e quindi per offrire un
servizio a 360 gradi è obbligatoria una
struttura come questa. Dai due diversi
lati la colonnina propone la ricarica fast
nei sistemi più diffusi e scelti come stan-
dard dalla Comunità Europea. La fast
AC in corrente alternata, utilizzabile ad
esempio dalla Renault Zoe, dalla Smart
ED o dalla Tesla Model S, oppure la cari-
ca DC in corrente continua. Quest’ultima
si divide in ChaDeMo, utilizzata dai mez-
zi Nissan e asiatici in genere, e COMBO
CCS, in dotazione alle auto tedesche, e
candidato ad essere il connettore futuro
di tutte le auto EV.
Con le potenze elettriche erogabili, fino
a 50 Kw, in circa 30 minuti si può fare “il
pieno”, giusto il tempo di una pausa al-
l’Eni Café, cosa in cui Eni spera vivamen-
te in modo da incrementare gli utili delle
aree di sosta.
In particolare l’area di Pomezia è stata
scelta poiché è un punto strategico, sia a
livello industriale, intercettando il flusso
pendolare con la capitale, sia per il pas-
saggio turistico in direzione delle località
balneari laziali. In questo modo i cittadini
della zona vedono estendersi di molto il
raggio d’azione dei loro veicoli elettrici.
Per questo stesso motivo, le future in-
stallazioni saranno tutte in aree di forte
passaggio, tendenzialmente tutte extra-
urbane, superstrade e autostrade, per
consentire agli automobilisti di spingersi
anche fuori città con i propri mezzi a zero
emissioni.
Non sono ancora state rilasciate infor-
mazioni dettagliate, ma pare che l’au-
tenticazione alle colonnine avverrà con
la tessera rfid del servizio EnelDrive,
sottoscrizione dedicata alle colonnine
Enel su tutto il territorio, che propone sia
abbonamenti flat mensili, sia a consumo,
pagando in base al numero di Kwh pre-
levati.
Questo genere di impianti è la norma in
molti Paesi europei già da diversi anni,
e l’Italia è un po’ il fanalino di coda, ma
qualcosa inizia a muoversi seriamente.
Nel 2015 vedremo nuovi modelli di vet-
ture elettriche un po’ da tutti i costruttori,
ci saranno aggiornamenti di quelli già
presenti sul mercato e l’infrastruttura di
ricarica crescerà molto grazie anche al-
l’impegno delle amministrazioni regiona-
li, Lombardia e Toscana prime tra tutte.
È arrivato finalmente il momento della
mobilità elettrica italiana?
AUTOMOTIVE Il progetto prevede fino a quaranta colonnine dislocate in altrettante Eni Station
Prima stazione Fast Recharge Plus Enel-Eni Ricarica in 30 minuti tutte le auto elettricheEnel ed Eni hanno inaugurato a Pomezia la prima stazione di ricarica Fast Recharge Plus Permette di ricaricare ad alta velocità qualsiasi auto elettrica grazie ai diversi standard
Con CarVi la tua vecchia auto diventa SmartÈ iniziata la raccolta fondi per CarVi, che trasforma qualsiasi auto in una Connected Car Analizza la strada in tempo reale, avvisa di eventuali pericoli e a fine giornata ti dice se sei stato un buon guidatore di Massimiliano ZOCCHI
CarVi è una campagna appena partita su Indiegogo.com per un accessorio da installare in zona specchietto retrovisore, che tra-sformerà la vostra timida utilitaria in una Connected Car. Il modulo CarVi ha un design accattivante, si attacca al parabrezza e dalla parte rivolta verso la strada ha una tele-camera per analizzare istantanea-mente il percorso. Si collega allo smartphone iOS o Android tramite app, e nel caso rilevi un pericolo emette avvisi visivi e sonori. Tiene d’occhio le linee stradali per cam-bi di corsia accidentali, si accorge di manovre repentine di altri gui-datori e monitora le distanze di sicurezza. Il sistema analizza le abitudini di guida e a fine giornata vi assegna uno Skor, una valuta-zione, indicando ciò che avete fatto e ciò su cui dovete lavorare per migliorare al volante.Mentre scriviamo CarVi ha rag-giunto 35.000 dollari sul totale di 100.000 preventivato in soli 3 giorni. Potreste avere il modulo aggiuntivo al prezzo promoziona-le di 249 dollari, che salirà a 274 dollari, fino al prezzo definitivo di 299 dollari. Se la campagna avrà successo, le spedizioni dovrebbe-ro iniziare ad agosto 2015. Clicca qui per il video di presentazione.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
BMW tappa la falla che permetteva agli hacker di aprire le autoScoperto un bug nel software ConnectedDrive delle auto BMW che consente a potenziali malintenzionati di sbloccare le serrature BMW ci mette la pezza di Paolo CENTOFANTI
L’ADAC, l’analogo tedesco dell’ACI, ha scoperto una falla di sicurezza nella piattaforma ConnectedDrive di BMW, che consente potenzial-mente a dei malintenzionati di for-zare il sistema di autenticazione e accedere a funzionalità come l’apertura remota delle serrature delle portiere. In un comunicato stampa, BMW fa sapere di aver preparato un apposito aggior-namento software, che verrà automaticamente scaricato dalle vetture dotate di ConnectedDrive (sistema che utilizza una SIM inte-grata nell’auto) e precisa che non è al corrente di alcun caso di effet-tiva violazione, ma il punto rimane: quando tutto è connesso, fino a che punto possiamo fidarci?Nel caso specifico, ConnectedDri-ve al momento non permette di accedere ai sistemi di guida, ma può essere utilizzato per salire materialmente sul veicolo apren-do le serrature, il che di per sé è un rischio. Ma l’accesso ai sistemi di bordo potrebbe anche permet-tere di risalire a dati personali dell’utente, o ancora magari allo storico delle destinazioni del navi-gatore satellitare se non agli stes-si percorsi effettuati. Insomma, meglio prepararci a un’era in cui la sicurezza informatica riguarde-rà ogni aspetto della nostra vita.
di Roberto FAGGIANO
R enault presenta la nuova Espace,
con una linea più filante da crosso-
ver ma sempre colma di nuove idee
e con una tecnologia all’avanguardia.
L’abitacolo è ampio e accogliente grazie
alle dimensioni del corpo vettura (4,85
m di lunghezza) con una soluzione ori-
ginale: una console centrale rialzata tra i
due sedili anteriori che ospita il cambio e
il grande display verticale di controllo di
molte funzioni della vettura.
Il sistema di intrattenimento si chiama
R-Link2 e comprende un pannello touch
di origine LG con schermo da 8,7’’ alla de-
stra del guidatore nell’inusuale posizione
verticale, ma non incassato nella plancia
bensì poggiato sul tunnel centrale sospe-
so verso l’alto. Oltre al pannello ci sono
tradizionali manopole di regolazione per
l’impianto di climatizzazione. I widget del-
la schermata iniziale sono personalizzabi-
li dall’utente secondo i gusti e si possono
memorizzare sei diversi profili se i guida-
tori sono più di uno. Oltre alle funzioni
già integrate come il navigatore TomTom
con funzione Live e la lettura vocale degli
SMS, se ne possono aggiungere altre dal
portale dedicato R-Link store di Renault.
Tra le connessioni disponibili c’è il Blue-
tooth con vivavoce per lo smartphone e
numerose prese USB posizionate nel-
l’abitacolo, anche per i passeggeri seduti
sul divano posteriore, e
uno slot per SD card. Il
display verticale è pre-
disposto per mostrare
diverse funzioni su una
sola schermata o per
sdoppiare le indicazioni
del navigatore 3D inte-
grato, per meglio visualizzare un dettaglio
del percorso. Il cruscotto è di tipo digitale
e può indicare il contagiri o il tachimetro
secondo le preferenze di chi guida.
Ulteriore tocco di tecnologia è l’Head Up
Display sopra il volante che riporta ulte-
riori informazioni sul veicolo, sui segnali
stradali e sul percorso da seguire. Dalla
versione intermedia Intens c’è anche
la videocamera posteriore per facilitare
le manovre. Sulla versione più lussuosa
Initiale Paris è di serie anche un sistema
audio firmato Bose con 12 altoparlanti
sparsi nell’ampio abitacolo, contro gli 8
delle altre versioni. Tra i tanti gadget di-
sponibili perfino la possibilità di regolare
il colore dell’illuminazione dell’abitacolo
tra diverse sfumature.
Renault Espace sarà in vendita da mag-
gio con prezzi a partire da 32.900 euro;
i motori disponibili sono due 1.600 cc, a
benzina TCe o a gasolio dCi con diver-
si livelli di potenza. Tre i gradi di finitura:
Zen, Intens e il top di gamma Initiale Pa-
ris, con cambio automatico o manuale.
AUTOMOTIVE L’auto sarà in vendita dal mese di maggio a un prezzo che partirà da 32.900 euro
Renault Espace, concentrato di tecnologiaLa nuova Renault riunisce soluzioni tecnologiche per aiutare la guida e il comfort a bordo Il tutto controllabile da uno schermo touch verticale di 8,7” sospeso davanti alla plancia
di Massimiliano ZOCCHI
U ber, compagnia che offre un si-
stema che si potrebbe definire un
ibrido tra car sharing e taxi privato,
sta avendo una buona diffusione a livello
mondiale, tanto che David Drummond,
Vice Presidente di Google, nel 2013 è
entrato a far parte del consiglio direttivo.
La notizia di qualche giorno fa, riportata
da Bloomberg, potrebbe creare imbaraz-
zo nei rapporti tra le due aziende: Drum-
mond avrebbe informato il direttivo Uber
che Google sta sviluppando un sistema
simile, che andrebbe ad appoggiarsi al
progetto di automobile selfdrive già visto
AUTOMOTIVE Se la notizia fosse vera, potrebbe creare un certo imbarazzo tra Google e Uber
Google sta lavorando al taxi a guida autonoma?Pare che Google stia studiando a un servizio simile a Uber con auto a guida autonoma
nei mesi scorsi: un servizio di taxi a guida
autonoma che pattugliano il quartiere in
attesa che qualcuno ne richieda i servigi
per ridurre i tempi di attesa. Una fonte
anonima all’interno di Uber ha dichiarato
che esiste già l’applicazione e gli impie-
gati di Mountain View la stanno testando.
Dal canto suo, il Wall Street Journal cerca
di stemperare molto la tensione: secon-
do una sua fonte attendibile, il fatto che
Google stia sviluppando un’app in aperta
concorrenza a Uber è un’ipotesi “spro-
porzionata”; l’azienda sta semplicemente
testando un’app di carpooling per i suoi
dipendenti.
Uber ha già intrapreso una contromossa
e ha annunciato una collaborazione con
l’Università Carnegie Mel-
lon per studiare un proprio
sistema di selfdriving. E a
buttare ulteriore benzina sul
fuoco è arrivato l’annuncio
di Google sul futuro inseri-
mento di spot e informazioni
di aziende terze all’interno
di Google Now. Tra i forni-
tori sono stati citati Pandora,
AirBnb, e Lyft, che offre un
servizio simile a Uber, che
non è stato menzionato.
Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*?La sua sorprendente evoluzione.
Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart.
IL PIÙ SEMPLICEIL PIÙ SMARTNow It’s All Possible
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torna al sommario 30
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Roberto PEZZALI
Samsung è pronta a portare in Italia il suo
visore di realtà virtuale da associare al
Galaxy Note 4: realizzato con la tecnologia
Oculus VR, il Gear VR sarà disponibile tra pochi
giorni a 199 euro in versione “solo visore” e a 249
euro nella versione con il joypad. Samsung, al mo-
mento, non ha previsto una versione abbinata al
Galaxy Note, pertanto lo smartphone è da acqui-
stare a parte. Gear VR sarà dimostrato e presenta-
to nei negozi ma per la vendita Samsung sfrutterà
il suo sito web, con il visore che sarà acquistabi-
le nella versione italiana esclusivamente sul sito
Samsung. Abbiamo avuto modo di provare la ver-
sione che arriverà in Italia, non tanto come hardwa-
re quanto per il software.
L’applicazione Oculus si installa non appena si ag-
gancia il Samsung Galaxy Note alla base: all’interno
sono presenti una serie di applicativi gratuiti divisi
in categorie, dai giochi alle experience. L’utente
può scaricare qualche breve concerto, qualche
filmato (decisamente bello quello dello spettacolo
degli artisti del Cirque du Soleil) e può esplorare
alcuni spazi come canyon, gallerie, abitazioni e mu-
sei, ma ovviamente vista la natura ancora un po’
sperimentale del sistema non ci si può certo aspet-
tare un ecosistema completo. L’unica mancanza di
un certo livello, rispetto alla versione americana,
sarà Milk VR: l’app per la realtà virtuale con un nuo-
vo contenuto ogni giorno non sarà disponibile sul
mercato europeo per questioni legate ai diritti dei
film, quindi chi acquisterà il visore avrà meno con-
tenuti dei cugini americani. Va comunque detto,
in ogni caso, che quanto viene dato da Samsung
basta per farsi un’idea di quello che è il VR e so-
prattutto che il visore può essere usato anche per
vedere filmati in 2D e 3D con la stessa impressio-
ne di una visione cinematografica. Le impressioni
generali sono quelle di Oculus: bellissimo per chi
non lo ha provato, forse un po’ fastidioso per chi è
sensibile alla visione attiva 3D.
TEST Con il visore saranno visibili filmati, brevi concerti e si potranno esplorare diversi spazi come gallerie, abitazioni e musei
Samsung Gear VR è in arrivo in Italia a 199 euroIl visore per la realtà virtuale firmato Oculus sarà acquistabile sul sito Samsung. Le nostre impressioni del modello definitivo
Un gadget divertente per Galaxy NoteNonostante il pannello OLED 2K del Galaxy Note,
la resa video lascia ancora un po’ a desiderare,
con una risoluzione forse troppo bassa per poter
godere completamente della visione: servirebbe
un pannello 8K, ma ovviamente è fantascienza su
uno smartphone (anche per questione di consumi).
Gear VR a 199 euro è sicuramente un divertente
gadget per chi ha un Galaxy Note e, realtà virtuale
a parte, può trasformarsi nel sistema perfetto per
potersi godere un film sull’aereo o a letto, su uno
schermo gigante e in perfetta tranquillità. L’unico
consiglio che ci sentiamo di dare è di provarlo
prima nei negozi: c’è chi non avverte il minimo fa-
stidio a indossarlo, trovando la visione piacevole
e appagante, e chi invece dopo qualche minuto
inizia a sentirsi disorientato con un leggero senso
di nausea.
lab
video
Il gamepad del Samsung Gear VR incluso nella versione da 249 euro.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Emanuele VILLA
L’idea di affidare a uno smartphone la traduzione
in tempo reale delle nostre conversazioni con
gli stranieri è affascinante e utile. Perché in po-
che parole significa che oggi, o al massimo domani,
potremo dialogare tranquillamente con persone che
non conoscono la nostra lingua senza conoscere la
loro; sarà come avere un interprete in tasca da con-
sultare (gratuitamente) ogni volta che vorremo. Non è
una novità di oggi, ma lo spunto per approfondire l’ar-
gomento e per verificarne lo stato dell’arte ce lo offre
Google con l’aggiornamento della sua app dedicata
alle traduzioni (Google Traduttore, disponibile per An-
droid e iOS) che, oltre a miglioramenti vari in termini
di riconoscimento e traduzione, permette ora a chiun-
que di parlare liberamente nella sua lingua lasciando
a Google il compito di riconoscerla e tradurla.
Italiano e inglese Where is the problem?Strumenti per la traduzione del materiale scritto e
vocale ne esistono a bizzeffe, ma per quanto il mec-
canismo di funzionamento possa sembrare semplice
(riconoscimento vocale affidato a Google e al suo
cloud e traduzione nei due sensi con contestuale ri-
produzione vocale), un sistema ben funzionante deve
valutare mille variabili complicatissime: espressioni
locali, dialetti, modi di dire, parlata veloce o stentata,
punteggiatura ma soprattutto l’ortografia, ovvero l’in-
sieme di norme che regolano il modo corretto di scri-
vere. Questa cambia da idioma a idioma ed è il moti-
vo per cui la costruzione della frase non può in alcun
modo replicare quella di partenza. Molti di noi hanno
una conoscenza teorica dell’inglese, ma quanti sono
in grado di avventurarsi in una conversazione che non
scada nel comunicare a gesti o usare quelle 10 parole
che ricordiamo dalle due settimane passate a Londra?
TEST Al momento Google Translate è utile per richiedere informazioni veloci, meno per una vera conversazione in tempo reale
Davvero parlare arabo senza conoscerlo si può? Abbiamo messo alla prova Google Translate L’idea di conversare in una lingua sconosciuta affidandoci totalmente a Google Traduttore ci ha sempre affascinato Ecco un test di questa app, alla prova anche in un dialogo italiano-arabo: alla fine, qualcosa ci abbiamo capito...
Una delle difficoltà più grosse in questi casi è proprio
il non poter usare le medesime regole ortografiche
di partenza, col risultato che un’ottima conoscenza
del vocabolario non ci rende in alcun modo capaci di
sostenere un (buon) dialogo in una lingua straniera. E
per i sistemi automatici il problema è lo stesso: affina-
to il riconoscimento delle parole, tradurle e riproporle
in una frase corretta a livello ortografico è una sorta di
incubo, da cui il fatto che la strada per la perfezione
è ancora lunga. Poi c’è tutto il discorso della punteg-
giatura, che in un dialogo dipende dall’intonazione:
come fa un sistema automatico a capire che questa
è una domanda? Semplice: bisogna dirglielo, pronun-
ciando “punto interrogativo” al termine della frase. E
questo è già un primo limite.
Aggiornata l’app su iPhone, abbiamo subito provato
a usarla in diversi modi e con svariate combinazioni,
ma con l’ovvia predilezione per il rapporto italiano–in-
glese, che supponiamo sia il più usato. Il meccanismo
di funzionamento è semplicissimo: si imposta la cop-
pia di lingue su cui si vuole basare la conversazione
e poi si decide se la traduzione debba avvenire da
materiale scritto, da una conversazione orale o dal-
l’inquadratura della fotocamera, che è una novità im-
portante dell’ultima versione. Scartata l’ipotesi della
traduzione di materiale scritto, ci addentriamo in una
conversazione italiano–inglese con la collaborazione
di un amico che abita Oltremanica e che contattiamo
via Skype. Il risultato si spiega in poche parole: siamo
sulla buona strada e l’app è molto utile, ma prima che
le facoltà di lingue chiudano per inutilità sopravve-
nuta passerà un bel po’ di tempo. Dove il sistema è
pressoché perfetto è il riconoscimento della lingua:
tra italiano e inglese, il sistema non ha mai avuto dub-
bi. Niente male la gestione delle frasi in italiano, dove
i limiti restano la punteggiatura (che come detto va
scandita a voce, altrimenti il sistema “impazzisce” con
una certa facilità), il fatto di dover parlare lentamente
e di spezzare le singole frasi, un po’ più problematico
il riconoscimento delle frasi in inglese a causa della
limitata qualità della trasmissione, ma tutto sommato
non ci si può lamentare.
Considerando che il sistema è fatto per persone che
si parlano direttamente, possiamo affermare che il ri-
conoscimento dei termini, a patto di scandire bene le
parole e parlare con una certa tranquillità, è buono.
Anche perché se la frase di partenza non è ricono-
sciuta in modo perfetto, la traduzione diventa logica-
mente disastrosa. C’è ancora da lavorare sulla qualità
della traduzione, questo sì, ma bisogna dare atto a
Google di aver lanciato un’app che è molto utile, con-
suma non poca batteria ma può essere un toccasana
in condizioni di necessità, quando siamo all’estero e
non conosciamo la lingua, quando dobbiamo dare
delle indicazioni, ecc. Le frasi sono state tradotte in
segue a pagina 32
lab
video
torna al sommario 32
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
TEST
Google Translatesegue Da pagina 31
modo che potremo definire “attendibile”: senza per-
fezione (spesso viene usato il “because” anche nelle
domande, la punteggiatura nelle traduzioni latita, il
“sentire” italiano, nella sua accezione di “ascoltare”,
viene tradotto con “feel”, ovvero “provare”, ecc.), pos-
siamo affermare che ad oggi il nostro interlocutore
capisce ciò che vogliamo dire, con almeno un 80%
di correttezza lessicale e ortografica. A patto, ripetia-
mo, che il riconoscimento della frase di partenza sia
corretto: se si parla bene e piano, problemi non ce
ne sono. Occhio solo a una cosa: ci vuole una con-
nessione dati, quindi all’estero il roaming è pressoché
indispensabile.
Andiamo sul difficile e tentiamo di comunicare in araboCi stiamo prendendo gusto e, visto il risultato apprez-
zabile con l’inglese, decidiamo di andare sul difficile:
l’arabo. Per l’occasione, però, niente Skype o affini:
abbiamo invitato in redazione un amico egiziano,
Emad, e abbiamo simulato cosa potrebbe accadere
se ci trovassimo in Egitto e dovessimo chiedere infor-
mazioni basilari a persone del luogo. Per rendere tut-
to più naturale possibile, Emad non sapeva nulla del
nostro esperimento e non si era preparato le risposte,
che sono quindi naturali e “imperfette” come in un
vero dialogo tra due conoscenti. Il risultato è molto
interessante e anche buffo, a tratti.
Giungiamo a queste conclusioni: intanto è abbastan-
za complesso gestire una conversazione con chi non
è preparato per via delle modalità stesse di funzio-
namento dell’app. Se non c’è silenzio assoluto o non
lo si stoppa manualmente, il microfono continua ad
ascoltare per decine di secondi; visto che in condizio-
ni concrete il silenzio è ben difficile che ci sia, capita
di dover fermare a mano più volte, e se il nostro in-
terlocutore non è pronto ci si “incasina” tra doman-
da, risposta e via dicendo. Questo è un aspetto che
Google potrebbe affinare senza grosso sforzo ma con
ottima soddisfazione per gli utenti. Per quanto riguar-
da la conversazione, Emad ci ha confermato che la
traduzione dall’italiano all’arabo è sempre stata cor-
retta, mentre abbiamo incontrato molte più difficoltà
nel verso opposto, anche perché le domande (ita)
erano preparate a tavolino mentre le risposte (ara)
totalmente improvvisate come in un incontro reale.
Il riconoscimento della frase araba resta discreto, so-
prattutto nei casi più semplici, ciò su cui l’app può mi-
gliorare è la traduzione, che effettivamente richiede
un discreto sforzo interpretativo da parte dell’utente.
In media lo sforzo è contenuto, ma ci sono stati casi,
uno in particolare, in cui riconoscimento e traduzione
non hanno portato a nulla di comprensibile. Quanto
sopra non ha alcuna pretesa scientifica (magari si può
parlare meglio, più lentamente, usando forse parole
più semplici, ecc.) ed è sempre molto meglio di nien-
te: uno strumento come questo ci permette, infatti, di
comunicare e di farci capire da persone con le quali
fino a ieri avremmo davvero dovuto comunicare a ge-
sti, ma il concetto stesso di “conversazione” è ancora
da affinare.
Siamo “nel mezzo del cammin...”Possiamo dunque smettere di studiare lingue
all’Università? Non se ne parla. Intanto perché un
interprete non sostituirà mai il piacere della conver-
sazione diretta: possiamo supporre che un domani la
traduzione sia perfetta e che non ci si debba limitare
a una manciata di parole per volta, ma comunque il
bello della comunicazione a due sta in quella spon-
taneità che non si può avere quando ci si mette di
mezzo un interprete, umano o smartphone che sia.
Chi vuole fare l’interprete può andare tranquillo: pri-
ma che strumenti come questo imparino i modi di
dire, le espressioni dialettali, capiscano una dizione
imperfetta e via dicendo, passeranno degli anni. Re-
sta il fatto che la strada intrapresa è quella giusta
e già oggi possiamo uscire da situazioni complesse
in Paesi stranieri facendoci aiutare da Google o chi
per essa.
Con Google Translate il nostro interlocutore capisce
cosa gli vogliamo dire, e questo è un passo avanti
enorme rispetto al passato: magari si metterà a ri-
dere perché la costruzione della frase è quel che è,
manca la punteggiatura e parole con più significati
vengono tradotte in modo abbastanza casuale, ma
almeno otteniamo il risultato nella maggior parte dei
casi. Con l’inglese la situazione non è niente male,
con l’arabo ci sono stati casi in cui la traduzione era
incomprensibile (vedi video) ma vanno messe in con-
to mille variabili come la pronuncia imperfetta, le fra-
si lunghe, l’assenza di preparazione e via dicendo.
In sostanza, riteniamo Google Traduttore uno stru-
mento utile per chiedere informazioni veloci e da
scaricare assolutamente quando dobbiamo andare
all’estero, che ci toglie dai guai ma non ancora adat-
to a una vera e propria conversazione in tempo reale
tra conoscenti. Ma la strada è quella giusta...
Google TranslateMettiamolo alla prova con l’arabo
lab
video
di Michele LEPORI
Windows 10 e tutto il corollario di
prodotti e servizi che abbiamo
visto alla recente presenta-zione al mondo non sembrano essere
l’unico progetto nei laboratori segreti
di Redmond: Bill Gates, ex numero 1
Microsoft, ha dichiarato su Reddit di es-
sere al lavoro su un progetto rivoluzio-
nario, nome in codice (o forse ufficiale)
Personal Agent. Secondo il fondatore
di Windows, Personal Agent “… si ricor-
derà di ogni cosa e ci aiuterà a non
dimenticare a casa nulla. L’idea che ci
sia un’app per ogni cosa da ricordare
APP WORLD Potrebbe essere l’evoluzione di Cortana? Non molte le informazioni a riguardo
Bill Gates è al lavoro su Personal AgentUn progetto cross-platform di assistente personale che promette di non dimenticarsi nulla
è sbagliata e non è il giusto modello di
efficienza da seguire”, continua Gates
prima di glissare sui dettagli e farci ca-
pire che ne sentiremo ancora parlare ma
forse non a brevissimo. Gates è al lavoro
su un assistente vocale sempre vigile e
pronto a darci una mano quando inter-
pellato: descritto così, Personal Agent
potrebbe benissimo essere il fratellino
minore di Siri e Cortana, tant’è che le ma-
lelingue già parlano del progetto come
implementazione aggiuntiva della neo-
nata assistente Microsoft più che di un
progetto ex novo. Dalle parole di Gates,
tuttavia, prende corpo l’idea che il pro-
getto sia qualcosa di trasversale agli OS
attualmente esistenti e l’idea di una sor-
ta di intelligenza artificiale cross-platform
potrebbe non essere troppo ardita. Non
sappiamo quando torneremo a sentir
parlare concretamente dell’Agente, ma
se dovessimo sbilanciarci ci sentiamo di
indicare la conferenza degli sviluppatori
Microsoft di aprile come occasione buo-
na per qualche aggiornamento.
AUTOMOTIVE
Autostrada per test veicoli automaticiIl ministro dei trasporti tedesco annuncia in un’intervista l’intenzione di aprire una corsia sull’autostrada bavarese A9 (tra i candidati anche la A81) per il test di autovetture automatiche o con guida assistita. I lavori di adeguamento prevedono l’installazione di una rete di comuni-cazione a cui le auto automatiche o semiautomatiche potranno appog-giarsi per l’interazione con la strada e gli altri veicoli. Il ministro ha posto l’accento sulla necessità da parte dei costruttori tedeschi di sviluppare una piattaforma indipendente dai colossi americani e cinesi.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
TEST Abbiamo provato la stampante 3D Hamlet 3DX100 per capire quanto è “consumer” e cosa ci può fare un tecno appassionato
La stampa 3D è affascinante, ma non è per tutti Realizzare modelli da stampare non è affatto facile, alle stampanti 3D per entrare “in casa” servono ancora alcuni anni
di Roberto PEZZALI
L a stampa 3D affascina: vedere quei piccoli cubi
creare, con minuscole estrusioni di filo, oggetti
elaborati con una facilità disarmante è un vero
piacere. Ma è vero, come dicono molti, che la stam-
pa 3D è ormai pronta per diventare un fenomeno di
massa? Abbiamo provato a scoprirlo, mettendoci dalla
parte di chi, passeggiando per i corridoi di un centro
della grande distribuzione, vede a scaffale tra le nor-
mali stampanti anche una stampante 3D oppure di chi,
abbagliato dalla pubblicità, ha deciso di intraprendere
la costruzione della stampante 3D a fascicoli che DeA-
gostini ha portato in edicola. L’esperimento è semplice:
da appassionati di tecnologia chiediamo una stampan-
te 3D da provare, un oggetto “insolito” per noi e anche
la prima prova di una stampante 3D. La stampante è la
Hamlet 3DX100, e con la nostra prova non vogliamo
provare nello specifico questo modello di stampante
ma vedere cosa può fare chi, preso magari da una vo-
glia di shopping compulsivo, decide di spendere un
migliaio di euro per un oggetto pensando che sia una
normale stampante dotata però di una dimensione in
più. Non possiamo testare a fondo la stampante Ham-
let per un semplice motivo: è la prima che proviamo e
non abbiamo un confronto pratico con quello che offre
il mercato, e siamo consapevoli di non avere ancora
elementi sufficienti per poter giudicare adeguatamen-
te la qualità dei prototipi stampati relativamente ad
altri modelli di prezzo simile.
Come funziona una stampante 3DUna stampante 3D non è molto diversa nella tecnica di
funzionamento da una stampante inkjet: i modelli più
comuni presenti sul mercato sono quelli con tecnolo-
gia FDM, ovvero Fused Deposition Modeling. Un filo
di materiale plastico viene fuso da un iniettore che lo
porta a 200° depositandolo strato per strato su un sup-
porto. Come nella stampante inkjet esiste un braccio
che muove la testina avanti e indietro, nella stampante
3D ci sono due bracci per aggiungere la componente
lab
video
verticale sviluppando così la costruzione in altezza.
Costruire una stampante 3D non è troppo complesso,
e i brevetti sono scaduti: molti produttori lanciano oggi
stampanti di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, capaci
di funzionare anche con materiali alternativi e dotati
di ugelli che assicurano risoluzioni di stampa super.
Come per la stampante inkjet infatti è la dimensione
dell’ugello a fare la risoluzione, accoppiato e legato
all’altezza di ogni singolo strato.
Abbiamo la stampante, e ora?La stampante Hamlet 3DX100 è un grosso e volumi-
noso blocco che nasconde tutta la sezione di stampa:
esistono stampanti di tutte le forme e dimensioni, e
quella di Hamlet è un po’ insolita ma è anche una del-
le prime uscite sul mercato. L’installazione, seguendo
le istruzioni, è abbastanza semplice e l’unica opera-
zione da fare, oltre al caricamento del filo, è la cali-
brazione del piano riscaldato che serve per far ade-
rire meglio la stampa. La calibrazione assicura che il
piano sia perfettamente perpendicolare, condizione
questa indispensabile per avere stampe perfette. La
stampante si può collegare al computer tramite USB,
ma non è affatto necessario: si può anche stampare
direttamente da card SD fornendo un file nel formato
GCODE. Questo file è in pratica un insieme di istruzio-
ne meccaniche per la testina di stampa: la stampante
3D, almeno il modello provato, non importa quindi i
modelli ma una serie di istruzioni che vengono crea-
te da un software partendo dal modello. Le istruzio-
ni contenute nel file sono proprie della stampante e
hanno valori associati al singolo modello: un dettaglio
questo che vogliamo sottolineare proprio perché
stampare con una stampante 3D non vuol dire “sca-
rico un file 3D, lo carico sulla stampante e lei stam-
pa” ma più precisamente “scarico un file 3D, creo le
istruzioni di stampa e lei stampa”. In dotazione con la
stampante Hamlet c’è Peak 3D, un programma che
si occupa proprio di importare modelli 3D in formati
diversi (il più noto è l’SLT) e convertire questo modello
in file GCODE. Dobbiamo dire che, se non ci si ad-
dentra nelle impostazioni personalizzate, la cosa è
abbastanza semplice. Nel menu avanzato si possono
comunque variare impostazioni fondamentali come la
percentuale di riempimento e lo spessore dei singoli
strati: è bene lavorare sul personalizzato per ottenere
stampe migliori.
segue a pagina 34
Il modello del nostro bicchiere DDay
DDay stampa in 3DIl nostro video delle prove di stampa
lab
video
torna al sommario 34
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
Cosa si può stampare La strada più semplice, o comunque la prima da pro-
vare, è quella di cercare un modello 3D in formato SLT
da stampare. Esistono alcuni siti che offrono modelli a
pagamento (belli) e siti che offrono modelli gratis (un
po’ meno belli) ma è chiaro che i contenuti pronti da
stampare con una stampante 3D sono una percentuale
microscopica rispetto ai contenuti tradizionali. Se per la
stampa 2D ci sono editor di testo, macchine fotografi-
che e strumenti per creare contenuti, con la stampa 3D
i contenuti si possono creare (sempre che non si vo-
glia acquistare uno scanner 3D) utilizzando software di
modellazione 3D e CAD. Questo è forse l’aspetto che
la maggior parte delle persone che approcciano alla
stampa 3D ignora: non è la stampante l’ostacolo, ma la
modellazione 3D che ha una curva di apprendimento
davvero molto ripida. Utilizzare alcuni software facili
per fare piccole cose non è difficile (abbiamo provato
anche noi a generare qualche “mostro”) ma per crea-
re oggetti complessi o, ancora peggio, per ricreare un
qualcosa che si è rotto o un piccolo ricambio plastico
serve un professionista. Tra i programmi “facili” che è
possibile utilizzare ci sono Tinkercad e Autodesk 123D,
e sono proprio i due che abbiamo provato a usare noi
senza però riuscire a fare nulla di davvero affascinante
(r2D2 lo abbiamo scaricato già fatto).
Non è un gioco e non è “consumer”Acquistare una stampante 3D oggi senza un obiettivo
ben preciso è una chiara perdita di soldi: tolte le poche
cose ‘free’ da stampare per sfizio, se l’obiettivo è fare
qualcosa di particolare si deve studiare modellazione
3D investendo moltissime ore. La stampa 3D è perfetta
per le aziende (che comunque hanno dei professio-
nisti addestrati a usarla) che devono realizzare proto-
tipi e per artigiani digitali che hanno bisogno di pezzi
“custom”. Tutte applicazioni che, fatta eccezione per i
makers, toccano comunque ambiti professionali.
TEST
Stampare oggetti in 3Dsegue Da pagina 33
Riguardo all’hobbistica valgono i limiti detti sopra: anche
per realizzare un piccolo oggetto che serve una cono-
scenza approfondita dei programmi, e a questo punto
resta più conveniente mandare a stampare un oggetto
piuttosto che stamparlo in casa acquistando stampante
e materiali. Anche perché, è bene ricordarlo, l’esplosio-
ne della stampa 3D sta portando anno dopo anno al
miglioramento delle stampanti facendo arrivare anche
i primi modelli capaci di gestire più colori (più fili), ma-
teriali particolari e con risoluzioni di stampa elevate. In
futuro le cose potrebbero cambiare, ma ci vorrà davve-
ro tanto tempo: sensori come Kinect o Intel RealSense
permettono già la scansione di oggetti ma il risultato è
una base che deve comunque essere lavorata, solo con
una migliore precisione di questi strumenti sarà possibi-
le fotocopiare un pezzo di cui abbiamo bisogno.
La distanza tra ugello e la base di stampa deve essere di un foglio di carta.
Le stampe eseguite vanno ripulite. Per stampare bisogna considerare diversi fattori anche in fase di creazione del modello: il nostro bicchiere a destra è un esempio di cosa da non fare: troppi dettagli sottili e troppo peso sullo stelo hanno reso le lettere illeggibili.
di Roberto FAGGIANO
I l diffusore SBX-B30 è la prima
“speaker base” Pioneer, si tratta di
uno di quei diffusori che si può utiliz-
zare come supporto del televisore e che
integra già il subwoofer. Tra le caratteri-
stiche salienti il collegamento senza fili
Bluetooth e la compatibilità con codifi-
che Dolby Digital e DTS. Il mobile è in le-
gno e può sopportare televisori pesanti
fino a 40 kg, le misure del diffusore sono
di 66 x 9,5 x 35 cm (L x A x P). In dotazio-
ne c’è un telecomando in formato carta di
credito, che permette di regolare il livello
del subwoofer, presente anche il circuito
Auto level control che uniforma il volume
delle diverse sorgenti. Il diffusore utilizza
due larga banda frontali da 7 cm e due
subwoofer da 10 cm che diffondono ver-
so il basso, mentre gli sfoghi degli accor-
di reflex sono posizionati lateralmente.
La potenza disponibile complessivamen-
te è di 130 watt (2 x 30 watt ai frontali e 2
x 35 watt ai subwoofer). Per migliorare
la resa sonora si possono scegliere tre
elaborazioni acustiche: Surround, Night
e Dialogue. Ulteriori possibilità opera-
tive sono disponibili sull’applicazione
Wireless streaming, che permette il con-
trollo del diffusore dallo smartphone o
dal tablet. Le connessioni sul pannello
posteriore comprendono tre ingressi
digitali (due ottici e un coassiale) e un
minijack analogico, inoltre si può utiliz-
HI-FI E HOME CINEMA Pioneer ha presentato l’SBX-B30, il suo primo diffusore soundbase: può reggere TV di grande formato
Pioneer ha una soundbase per TV in grado di reggere anche 40 kgHa una potenza totale di 130 watt, il subwoofer è integrato e c’è il collegamento Bluetooth, ma manca l’ingresso HDMI
zare il Bluetooth per collegare senza fili
lo smartphone e il tablet. Manca la presa
HDMI che avrebbe reso più semplice la
gestione del diffusore, direttamente dal
telecomando del televisore. La Speaker
base SBX-B30 sarà disponibile da que-
sto mese, con un prezzo di listino, anco-
ra da confermare, di 249 euro.
torna al sommario 35
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Paolo CENTOFANTI
P anasonic non è nuova a esplorare il segmento
delle fotocamere bridge, una volta si sarebbe
detto appunto il ponte tra le point&shoot e le
reflex. Ma con l’avvento delle fotocamere mirrorless
a lenti intercambiabili, il ruolo delle bridge si è note-
volmente ridimensionato, con sempre più macchine
di questo tipo specializzate più che altro nell’offrire
obiettivi mega zoom a prezzi molto convenienti. La
FZ1000 di Panasonic è un prodotto un po’ particola-
re, un po’ per il costo e le dimensioni, che la portano
a rivaleggiare per ingombro ed ergonomia con le
reflex tradizionali, e poi perché Panasonic l’ha spin-
ta soprattutto come la fotocamera bridge capace di
riprendere anche video in formato 4K e a tutt’oggi
rimane una delle poche fotocamere a offrire questa
possibilità, nonché la prima ad essere stata annun-
ciata. Oltre a poter contare su un’ottica piuttosto
luminosa per il segmento (F2,8 di apertura massi-
ma a 25 mm, equivalente a circa un F7,7 in termini
di profondità di campo), la FZ1000 integra anche lo
stesso processore di immagine dell’acclamata GH4 e
molte funzioni che ne fanno una macchina versatile
e completa.
Tutto fuorché una bridge ordinariaUltima discendente della gloriosa gamma Lumix FZ, la
FZ1000 si pone come la bridge più evoluta di sempre
di Panasonic e segna il ritorno a un sensore di grossa
dimensione, un MOS da 20 Megapixel da 1 pollice
in formato 3:2, là dove su questo tipo di macchina
usualmente vengono utilizzati sensori ben più piccoli
(unica eccezione la Sony RX10, la vera concorrente
della Panasonic). L’ottica, come di consueto, è stata
disegnata da Leica e realizzata da Panasonic ed è
un obiettivo da 9,1 - 146 mm F2,8 - F4,0, che tenendo
conto del fattore di crop del sensore è equivalente a
uno zoom 25 - 400 mm, un range di focale dunque
molto versatile, che copre praticamente la stragrande
maggioranza di scenari di utilizzo, oltre naturalmente
a offrire un signor tele.
L’obiettivo, pur non offrendo un’apertura costante su
tutta l’escursione dello zoom come sulla già citata
RX10 di Sony, è comunque con ogni probabilità una
delle principali caratteristiche che tiene alto il costo
TEST In prova la bridge super zoom di Panasonic, con un maxi sensore da un pollice e ottime caratteristiche. Unico neo, il prezzo
Panasonic Lumix FZ1000: ambizioni Ultra HDLa versatile bridge di Panasonic è dotata di ottica zoom 16x fino a 400 mm e può riprendere video anche in Ultra HD
di questa macchina. L’obiettivo Leica DC Vario - Elma-
rit è composto da 15 elementi in 11 gruppi con 5 lenti
sferiche e 4 lenti ED e ha una stazza che non pas-
sa inosservata, con un diametro filtro da 62 mm. Lo
zoom è motorizzato con la ghiera sull’obiettivo che
può essere configurata con un apposito selettore
per regolare o il fuoco o la lunghezza focale, con un
ulteriore controllo dello zoom presente in prossimità
del tasto di scatto. L’ottica è inoltre stabilizzata con la
capacità, dice Panasonic, di compensare i movimenti
in cinque direzioni (ma solo per le foto).
Il corpo macchina, complice la dimensione dell’otti-
ca, è piuttosto grosso rispetto alle normali bridge e
paragonabile più a quello di una fotocamera reflex
APS-C o meglio ancora alla stessa GH4 di Panaso-
nic. Anzi, il design è davvero molto simile a quello
dell’ammiraglia Panasonic e salvo un paio di partico-
lari non è neppure nemmeno così difficile scambiare
una per l’altra. Anche il peso è di quelli che si fa sen-
tire: ben 831 grammi. Il corpo della FZ1000 è in pla-
stica con superficie “rugged” e inserti che simulano
la pelle, ma il livello di costruzione e ottima e la mac-
china in mano trasmette tutto fuorché la sensazione
di un giocattolo. Non è la solita bridge e lo si capisce
subito. Anche la disposizione di tasti e connessioni
è molto simile a quella della GH4. Il layout è pratica-
mente lo stesso con le dovute semplificazioni natu-
ralmente. Mancano un paio di tasti funzione dedicati
e la rotella per regolare i parametri di scatto è una
sola, ma la FZ1000 offre un controllo che raramen-
te è possibile trovare su altre bridge. Prendiamo ad
esempio i tasti multifunzione; come sulla GH4 questi
sono infatti ben 5 e possono essere riassegnati dal
menù di impostazione. Come sull’ammiraglia tro-
viamo le due ghiere per la selezione della modalità
di esposizione e scatto (singolo, raffica, bracketing,
ecc.), il tasto dedicato di registrazione video, selet-
tore di messa a fuoco con tasto di AF/AE Lock. Per
segue a pagina 36
lab
video
Panasonic DMC-FZ1000MOLTO PIÙ DI UNA BRIDGE, MA NON PUÒ SOSTITUIRE UNA BUONA MIRRORLESS
849,00 €
La Lumix FZ1000 è un’ottima fotocamera bridge, ma non basta sicuramente questo per giustificare l’elevato prezzo di listino. Questo “di più” è ripagato dall’ottima qualità di ripresa video in Ultra HD e dalle buone caratteristiche dell’ottica Leica, che oltretutto offre una versatilità di non poco conto per chi non è molto convinto dall’idea di acquistare obiettivi per ogni occasione, come impone una mirroless o una reflex. La FZ1000 è poi una macchina che stupisce per reattività in generale per l’ottimo si sistema di messa a fuoco che non ci ha mai delusi, se non forse in modalità continua nella ripresa video. Come macchina “tutto in uno” è quasi unica sul mercato, fatta eccezione per una controproposta Sony che però non riprende video in Ultra HD. Per il classico utente da fotocamera bridge, la FZ1000 è forse addirittura di più di quello che cerca. Chi invece è disposto a spendere per una macchina dalle buone prestazioni e versatilità senza le complicazioni di una reflex o una mirrorless a lenti intercambiabili, troverà nella soluzione di Panasonic sicuramente un’ottima alternativa. A patto però di rinunciare alla resa in condizioni di luce critiche, in cui le mirrorless ormai sono in grado di eccellere quanto le reflex.
COSA CI PIACE
COSA NON CI PIACE
Ottime prestazioni foto/video con buona luceFunzionalità e controlli completiOttima ottica
Sopra i 1000 ISO le prestazioni calano velocementeManca un’uscita per le cuffieL’Ultra HD riduce non poco l’autonomia della batteria
Qualità Longevità Design Simplicità D-Factor Prezzo
8 9 8 8 9 88.3
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
TEST
Panasonic Lumix FZ1000 in provasegue Da pagina 35
la regolazione dell’esposizione abbiamo una sola
rotella che in modalità manuale controlla sia i tempi
che l’apertura del diaframma: basta premere infatti la
rotella per passare da un parametro di scatto all’altro.
Il pad a crociera consente inoltre di accedere diretta-
mente a bilanciamento del bianco, ISO, area di messa
a fuoco e modalità macro. Niente male davvero. Altra
caratteristica di rilievo è costituita dal mirino elettroni-
co, in tecnologia OLED e con una risoluzione di 2,36
Megapixel, specifiche ancora una volta simili a quelle
della GH4. A ciò si aggiunge il display LCD, completa-
mente orientabile, che a nostro avviso sembra quasi
sottodimensionato rispetto alla stazza della fotoca-
mera, avendo una diagonale di appena 3 pollici, con
risoluzione di 921.000 punti. La FZ1000 non è però
dotata di funzionalità touchscreen. Arrivati fin qui de-
lude un po’ trovare curiosamente una sola mancanza.
Considerando che Panasonic ha spinto molto sul fat-
to che si tratta di una delle prime macchine in grado
di riprendere video in 4K, spiace non trovare infatti
un’uscita mini-jack per le cuffie, quasi indispensabile
per alcuni tipi di utilizzo. Per il resto c’è quasi tutto:
un ingresso per microfoni esterni, una slitta accessori
compatibile con flash e microfoni, uscita micro HDMI,
audio/video analogico, ingresso per telecomando a
filo, WiFi con accoppiamento all’app per smartphone
via NFC.
Tanto in comune con l’ammiraglia GH4Il layout e alcuni aspetti “morfologici” non sono gli unici
punti in comune con la top di gamma di Panasonic. Per
poter offrire la ripresa video in risoluzione Ultra HD, la
FZ1000 ha bisogno di una notevole capacità di calcolo
e così Panasonic ha optato anche in questo caso per
il suo Venus Engine, processore specializzato a quat-
tro core; non sappiamo quanto sia simile a quello della
GH4, visto che Panasonic parla genericamente di ver-
sione riprogettata appositamente per la FZ1000.
Sta di fatto che abbiamo la ripresa in 4K (con possibilità
di scegliere solo tra un frame rate di 24 o 25p, niente
30p sulla versione “PAL”) con bitrate di 100 Mbit/s, ma
anche accensione in meno di un secondo, scatti a raf-
fica a 12 fps e il velocissimo sistema di messa a fuoco
DFD o depth from defocus (solo per le foto). Questa
tecnica funziona acquisendo due immagini in rapida
successione nel momento in cui premiamo a metà
La differenza più grande rispetto alle “solite” fotocamere super zoom è data dalla dimensione del sensore MOS della FZ1000.
corsa il pulsante di scatto e
quindi deducendo la distan-
za del soggetto dalla varia-
zione della sua nitidezza.
In questo modo, la velocità
di aggancio del fuoco varia
tra gli 0,09 secondi in gran-
dangolo a 0,17 secondi in
modalità tele e come tutte
le più recenti mirrorless Pa-
nasonic anche l’autofocus
della FZ1000 è in grado di
lavorare in modo ottimale
fino a -4EV. L’area di messa
a fuoco lavora su un mas-
simo di 49 punti, con pos-
sibilità di selezionare anche
un’area singola grande a pia-
cere, selezionabili con i tasti
a crociera. La sensibilità ISO
ha invece un range che va da
80 a 25600 in modalità este-
sa. Unico neo l’otturatore
meccanico, che arriva “solo”
fino a 1/4000 secondi, ma in
modalità elettronica si spin-
ge fino a 1/16000 secondi. La FZ1000 offre un set di re-
golazioni e funzionalità praticamente analogo a quello
delle ultime mirrorless micro quattro terzi di Panasonic,
con lo stesso menù di impostazioni “a lista unica”, nel
senso che troviamo praticamente un lungo menù scor-
revole con tutte le funzioni principali. Tante le funzioni
evolute della FZ1000 che fanno parte del corredo delle
macchine di fascia alta di Panasonic. Troviamo infatti
il processing RAW in camera e la possibilità in fase di
scatto di scegliere tra diversi profili di immagine con
regolazione di contrasto, saturazione, riduzione del ru-
more e nitidezza. C’è la regolazione di curve per alte
e basse luci per foto e video e poi tutta la suite di filtri
creativi che include qualcosa come 22 stili diversi tra
cui scegliere. I tasti funzione, come abbiamo già detto,
sono tutti assegnabili da menù per adattare ai propri
gusti il controllo della fotocamera, con in più due ban-
chi di memoria per le impostazioni preferiti assegnabili
alla ghiera delle modalità di scatto. Per quanto riguarda
il video in particolare, vale la pena menzionare anche
i due profili di immagine dedicati, Cineike D e V, che
offrono una curva del gamma appositamente studiata
per offrire un’ampia gamma dinamica e un look simile
a quella della pellicola. Ci sono funzioni molto utili per
il video come zebra e focus peaking, per aiutare nel
setup corretto di esposizione e fuoco.
Stupenda di giorno, un po’ meno di notteLa ripresa video è sicuramente uno degli aspetti più
interessanti della FZ1000, questo per via naturalmen-
te della possibilità di registrare anche in formato Ultra
HD, per cui per una volta ci siamo focalizzati prima di
tutto proprio sulle funzioni video. Con l’ultima versio-
ne del firmware, la FZ1000 può riprendere sia in 24p
che in 25p, ma le impostazioni finiscono praticamente
qui visto che c’è un solo preset di qualità disponibi-
le, 100 Mbit/s. Questo vuol dire che la scheda SD si
riempie molto in fretta, circa 10 minuti di ripresa con
una memoria da 8 GB. Da quello che abbiamo visto, il
problema principale è però l’autonomia della batteria,
dato che in modalità Ultra HD si prosciuga piuttosto
velocemente. Dopo una mezz’oretta di riprese, noi
ci siamo trovati già con il simbolo della batteria lam-
peggiante. La qualità di ripresa, in condizioni di buo-
na luminosità, è davvero ottima, sia per qualità della
resa cromatica che per dinamica, specialmente con
le modalità Cinelike. Due le criticità che abbiamo evi-
denziato durante la nostra prova. La prima è la ridotta
efficacia dello stabilizzatore di immagine sul video, il
che obbliga a utilizzare un cavalletto bello stabile se
si intende utilizzare la massima focale di 400 mm. In
secondo luogo, l’autofocus, se impostato in modalità
continua, perde il fuoco con troppa facilità, motivo per
il quale ci siamo trovati molto più a nostro agio con
quello singolo o ancora meglio manuale. Purtroppo
il display LCD è un po’ piccolo e nonostante l’aiuto di
peaking e ingrandimento dell’area di messa a fuoco,
quando si è sul campo non è facilissimo effettuare
regolazioni molto precise, che con l’Ultra HD sono
praticamente d’obbligo per ottenere i risultati migliori,
visto che questa risoluzione non perdona errori. Detto
questo, la fotocamera è capace di offrire prestazioni
davvero interessanti e con una codifica praticamente
priva di artefatti (vi consigliamo caldamente di scarica-
re il video originale).
Nel caso di riprese al buio le prestazioni decadono sen-
sibilmente. Non solo il livello di dettaglio cala in modo
anche vistoso (specie sopra i 1600 ISO), ma soprattutto
emerge un rumore di fondo che viene poi amplificato
anche dalla compressione del segnale. Un vero pecca-
to perché, vista la resa in condizioni di luce “normale”,
ci aspettavamo davvero molto di più da questo punto
di vista. Qui sopra, un breve video (anche in questo
caso, per farvi un’idea migliore scaricate il video origi-nale). Per quanto riguarda l’utilizzo come fotocamera
Panasonic Lumix FZ1000Test Video 4K (daytime)
lab
video
Panasonic Lumix FZ1000Test Video 4K ( by night)
lab
video
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
non possiamo che confermare innanzitutto la velocità
dell’autofocus, davvero istantaneo in quasi tutte le
condizioni di scatto e anche spingendo la focale al
massimo. Anche in scene molto caotiche come quelle
del video sopra, è stato possibile agganciare il sog-
getto letteralmente al volo e al massimo basta passa-
re dalla modalità 49 zone ad aree via via più ridotte
per trovare la giusta impostazione per la sessione
del momento, mentre lo stabilizzatore fa finalmente il
suo dovere. In questo scatto ad esempio il fuoco ha
aggianciato senza problemi i volatili in linea in modo
molto rapido, nonostante il diaframma alla massima
apertura e una focale intorno ai 200 mm (meno bravo
il fotografo, che ha tenuto un tempo di posa un po’
troppo alto per congelare il volo, ma questo è un altro
discorso). Questo ci porta a parlare dei controlli, che
in modalità manuale, con una sola ghiera a controllare
tempi e diaframma, porta a essere un po’ lenti per si-
tuazione di scatto molto dinamiche come questa. Una
soluzione è lasciare gli ISO in auto e giocare meno sui
tempi o i diaframmi per essere più rapidi. Da notare
che la funzione di ISO automatico non è disponibile
in modalità video. Il motore JPEG è piuttosto buono
già con le impostazioni di default e la riduzione del
rumore in camera non intacca in modo significativo
il dettaglio, se non un leggero appiattimento di qual-
TEST
Panasonic Lumix FZ1000segue Da pagina 36
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento
che sfumatura sulle ombre. La FZ1000 si distingue
per l’elevato livello di dettaglio, garantito anche da
quella che è in effetti un’ottima ottica, con aberrazioni
limitate e un buon micro contrasto, anche al massimo
ingrandimento. Purtroppo, come per il video, la resa è
meno convincente in condizioni di scarsa luminosità e
con ISO elevati (come nel primo degli scatti seguenti)
dove, se il dettaglio più o meno regge, il rumore diven-
ta davvero molto elevato. In generale, sia in modalità
foto che video, l’immagine regge bene fino intorno a
1000 ISO, poi soprattutto con poca luce, comincia ad
allargarsi il divario rispetto alla resa delle altre mirror-
less di Panasonic (e di altri marchi). Resta il fatto che
in tutte le altre situazioni, la FZ1000 riesce ad essere
una signora fotocamera, non solo come già detto per
la sua versatilità (che per molti utenti vuol dire anche
praticità), ma appunto per la qualità di immagine che
è capace di esprimere.
di Roberto PEZZALI
C anon ha annunciato due nuove
reflex per il segmento consumer,
EOS 760D e EOS 750D. Due
modelli sostanzialmente analoghi, con
la 760D proiettata verso un pubblico
leggermente più evoluto che predilige
scattare in manuale servendosi di ghie-
re aggiuntive e del display LCD superio-
re, lo stesso che Canon usa sui modelli
prosumer. Alla base delle due nuove
reflex il sensore da 24.2 Megapixel con
processore Digic 6, una dotazione di
FOTOGRAFIA Canon lancia le nuove 760D e 750D: saranno disponibili a partire dal mese di maggio a 760 e 820 euro
Canon EOS 760D e 750D: sensore da 24 Mpixel e Wi-FiHanno sensore da 24 Mpixel, Wi-Fi e per il modello 760D anche video HDR e display superiore come i modelli top
tutto rispetto per un prodotto che deve
competere con l’offerta Nikon che da
tempo spinge proprio sulla presenza di
24 Megapixel sul sensore.
L’elemento CMOS realizzato comple-
tamente da zero ha una gamma ISO
estesa da 100 a 12800 ISO e può con-
tare su un nuovo sistema di messa a
fuoco ibrido Hybrid CMOS AF III che
unisce alla messa a fuoco a ricerca
di contrasto anche un array di punti a
ricerca di fase sulla superficie stessa
del CMOS. Questa modalità funziona
ovviamente in fase di ripresa video e
live view, per lo scatto tradizionale c’è
il sistema AF a 19 punti a croce adat-
tabile ad ogni situazione. Canon ha
inserito sui nuovi modelli anche la tec-
nologia di rilevamento del flickering,
introdotta con EOS 7D Mark II, che
fornisce sequenze di immagini sempre
correttamente esposte sotto la luce
fluorescente. Altri elementi comuni tra
i due modelli lo schermo LCD bascu-
lante, Wi-Fi e NFC, mentre solo per la
EOS 760D sono presenti nuove moda-
lità creative, tra le quali il video HDR e
nuovi effetti miniatura per simulare le
ottiche decentrabili. EOS 760D e EOS
750D saranno disponibili da maggio
2015 rispettivamente al prezzo indica-
tivo suggerito al pubblico di 820 euro
e 760 euro IVA inclusa.
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
di Paolo CENTOFANTI
D opo aver contribuito all’introduzione e alla dif-
fusione dei NAS consumer, Netgear negli ultimi
anni è rimasta un po’ indietro su questo fronte
rispetto ad aziende come Synology e QNAP. La gamma
ReadyNAS è rimasta un po’ troppo a lungo legata a una
piattaforma software che, per quanto affidabile, ha co-
minciato a perdere in versatilità rispetto alla concorren-
za. La risposta è arrivata con il nuovo ReadyNAD OS 6,
sistema operativo decisamente più moderno e che lo
scorso novembre è stato aggiornato alla versione 6.2
che introduce diverse novità. Ne abbiamo approfittato
per dare uno sguardo al nuovo ReadyNAS OS, provan-
dolo su quello che è il NAS più economico di Netgear,
il ReadyNAS 102, che ha il pregio di trovarsi ormai a
prezzi intorno ai 130 euro per la versione senza dischi.
ReadyNAS OS 6.2, viva la semplicitàNetgear ha avuto il coraggio di abbandonare comple-
tamente la vecchia piattaforma e di utilizzare un ap-
proccio completamente diverso, non solo da quanto
fatto in passato, ma anche dalla strada seguita dalla
concorrenza. Mentre NAS anche consumer di altri
produttori ormai sono assimilabili a dei veri e propri
PC, con degli ambienti di gestione che sembrano
quasi dei sistemi operativi desktop, Netgear ha prefe-
rito semplificare al massimo l’interfaccia e utilizzo del
NAS, senza però trascurare alcune delle funzioni più
di moda oggi, come la sincronizzazione con il cloud.
Fin dalla prima installazione tutto si controlla via web
da browser, con pagine molto ariose, semplici e senza
il bombardamento di informazioni e opzioni che tipica-
mente troviamo in altre soluzioni. La grafica è semplice
e pulita e sembra di navigare tra le pagine di un servizio
come Dropbox più che nella configurazione di un NAS
(la stessa scelta dei colori probabilmente non è causale).
TEST In prova la piattaforma ReadyNAS OS 6.2 di Netgear, con il sistema operativo aggiornato 6.2 che introduce diverse novità
ReadyNAS 102 con OS 6.2, in prova il NAS per tuttiIl modello entry level della gamma NAS di Netgear è un dual bay piccolo ed economico, ma non da sottovalutare
Qualcuno potrebbe obiettare che Netgear forse
abbia esagerato nel senso opposto questa volta
e in effetti va detto che alcune sezioni (come il
monitoraggio dello stato del sistema) sono forse
fin troppo concise, ma è un’impostazione che ha
anche il pregio di non spaventare chi si avvicina
per la prima volta a questo tipo di prodotto, o co-
munque vuole qualcosa di semplice da gestire.
La vista e la gestione delle cartelle condivise è
piuttosto semplice a livello grafico, ma comun-
que completa. È possibile naturalmente creare
utenti e gruppi e assegnare permessi specifici
per ogni condivisione, cartella o file. L’interfac-
cia è semplice, ma per le funzioni avanzate è
comunque necessario quanto meno leggersi il
manuale se non si è molto esperti nella gestio-
ne di questi aspetti. I protocolli supportati sono
i soliti: SMB, AFP, NFS, Rsync, FTP, HTTP a cui
si aggiungo DLNA, servizio che è già integrato
a livello di sistema, e la condivisione iTunes per
l’accesso alla libreria musicale tramite il player
software di Apple e tutti i dispositivi compatibili.
Con la versione 6.2 del sistema operativo, Net-
gear ha aggiunto anche la possibilità di creare
degli account multipli per l’accesso alla gestio-
ne del NAS a cui corrisponde anche la crea-
zione di una cartella home privata per ciascun
utente e automaticamente visibile solo a lui.
Questa funzionalità viene utilizzata ad esempio
per creare molteplici backup Time Manchine da
più Mac mantenendoli completamente invisibili
da una macchina all’altra. La piattaforma Ready-
NAS consente di creare anche unità LUN per l’utilizzo
con sistemi iSCSI, funzione questa che su un prodotto
consumer come quello in prova forse stona un po’. Da
interfaccia di amministrazione è possibile anche sfo-
gliare in stile Dropbox le cartelle disponibili sul NAS e
caricare file sul server in drag and drop attraverso la
finestra del browser.
RAID e protezione dei datiPer quanto riguarda la configurazione del volume, ri-
mane quello che è sempre stato il fiore all’occhiello
dei NAS Netgear, cioè la tecnologia X-RAID: si tratta di
segue a pagina 39
La pagina principale di amministrazione è semplicissima e piuttosto intuitiva.
Anche la gestione di permessi, utenze e servizi si distin-gue per un’interfaccia semplice e intuitiva.
Il readyNAS 102 ha spazio per due unità disco, configurabili in RAID 0, RAID 1 o X-RAID. Quest’ultima soluzione consente di espandere automaticamente il sistema senza dover effettuare un backup dell’intero contenuto del volume.
lab
video
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MAGAZINEn.105 / 159 FEBBRAIO 2015
TEST
Netgear ReadyNAS 102 con OS 6.2 segue Da pagina 38
una configurazione RAID proprietaria auto-espandibile,
che permette di aggiungere nuovi dischi o hard disk
più grandi in un secondo momento per aumentare lo
spazio disponibile, senza dover riformattare il sistema.
Nel caso del NAS in prova, che è a due bay, il sistema
equivale a una configurazione RAID 1. Alternativamen-
te è possibile optare per le classiche modalità RAID 0
(senza ridondanza) o RAID 1 e sui NAS con più di due
dischi la piattaforma supporta anche RAID 5, 6 e 1+0.
Novità introdotta in ReadyNAS OS 6 è la possibilità
di creare delle snapshot delle varie cartelle presenti
sul proprio volume. Le snapshot non sono un vero e
proprio backup, nel senso che se un disco si guasta i
dati sono persi in ogni caso, ma permettono di salvare
lo stato di una cartella e del loro contenuto in un’altra
zona del disco, in modo tale da poterlo ripristinare nel
caso di cancellazione erronea dei file in essa contenu-
ti. Il sistema di snapshot è incrementale e nel caso di
esaurimento dello spazio assegnato il sistema cancella
automaticamente le versioni più vecchie. Per quanto
riguarda il vero e proprio backup aggiuntivo dei dati, è
possibile creare dei task programmati per effettuare la
copia da cartelle locali verso una periferica USB o eSA-
TA connessa fisicamente al NAS, oppure verso un ulte-
riore NAS o altra unità di rete presente sulla rete locale.
È possibile creare anche dei job inversi, cioè da un PC
connesso alla rete locale, oppure da dischi esterni col-
legati al NAS, verso il volume interno. Anche in questo
caso l’interfaccia è semplice e intuitiva e permette di
creare in modo rapido dei task molto efficaci.
Add-on e servizi cloud più un antivirus integratoLa possibilità di aggiungere componenti aggiunti-
vi era già presente sulla vecchia piattaforma, ma
come impone la moda si parla ormai di app anche
per i NAS. Attualmente l’ecosistema di Netgear non
è così florido come quello della concorrenza, ma co-
munque non mancano add-on interessanti. Sul fronte
multimediale ci sono i server Plex e TVMobili, CMS
come Wordpress, Jumla e Drupal, diversi client P2P
tra cui Transmission e CouchPotato. Già integrate nel
sistema operativo ci sono poi un antivirus e alcune
funzionalità cloud. Innanzitutto è possibile sincroniz-
zare una condivisione sul NAS con il proprio account
Dropbox. Si tratta di una funzione utile per effettuare
un ulteriore backup dei propri dati dal NAS al servizio
cloud, ma ha il limite nell’attuale implementazione di
supportare una sola cartella condivisa. Sempre par-
lando di backup nel cloud c’è il servizio di Netgear
ReadyNAS Vault, con diversi piani di abbonamento
a seconda dello spazio cloud che si vuole utilizza-
re (50 GB costano circa 5 dollari al mese). C’è poi il
servizio ReadyCLOUD che, senza dover armeggiare
con le impostazioni del proprio router/firewall, con-
sente di accedere ai propri file anche dall’esterno
della propria rete domestica. Il sistema è davvero
molto semplice: basta creare un account, processo
che registra automaticamente anche il propio NAS, e
il gioco è fatto. Il servizio comprende app per iOS e
Android per l’accesso anche da smartphone e tablet,
app però che ci sono sembrate fin troppo basiche.
Attivando ReadyCLOUD diventa disponibile anche
la funzione ReadyDROP, che tramite il programma
ReadyNAS Remote per PC e Mac consente di sincro-
nizzare il contenuto di cartelle su computer remoti
sul proprio NAS, anche al di fuori della propria rete
domestica.
Un NAS economico, versatile e ragionevolmente veloceFin qui abbiamo visto com’è la nuova piattaforma
ReadyNAS OS 6.2. L’hardware sul quale l’abbiamo
provato è il modello entry level di Netgear, NAS due
a bay basato su processore ARM Marvell Armada
370 a 1.2GHz con 512 MB di RAM. Hardware non
particolarmente potente dunque (niente transcodifica
in real time con Plex ad esempio), ma in grado fare
adeguatamente il suo lavoro come abbiamo potuto
verificare. Il piccolo NAS è costruito interamente in
metallo e ha un ingombro e dimensioni molto simili a
quelli del vecchio ReadyNAS Duo di Netgear. Sul retro
troviamo due porte USB 3 e un ingresso eSATA per
unità disco esterno, oltre naturalmente la porta giga-
bit ethernet. Sul frontale, oltre ai classici LED di stato,
troviamo un’altra porta USB 3 e il tasto backup la cui
azione può essere configurata dalla pagina di ammi-
nistrazione selezionando uno dei job programmati. Il
piccolo NAS si è comportato piuttosto bene durante
la nostra prova, con un funzionamento stabile e una
buona reattività anche sotto carico: con connettività
gigabit ethernet non abbiamo evidenziato particolari
rallentamenti nell’interfaccia utente durante il trasferi-
mento di file o lo streaming di contenuti multimediali.
Le prestazioni, in termini di velocità di scrittura, sono
soddisfacenti per la classe del dispositivo, intorno ai
50 MB/s sulla nostra rete, e in lettura abbiamo ripro-
dotto anche flussi video multipli senza mai incorrere
in interruzioni: è più facile saturare la banda di un rou-
ter domestico senza switch gigabit che il throughput
del NAS del resto. La silenziosità del NAS dipende
molto dai dischi installati dentro, ma la nuova ventola,
disegnata per girare a regimi piuttosto bassi, è suf-
ficientemente silenziosa e può essere udita solo se
l’ambiente è davvero tranquillo. In definitiva la nuo-
va piattaforma Netgear ci è piaciuta molto. È vero
che non è così completa come quelle di Synology o
QNAP, ma ha il vantaggio di essere anche molto più
semplice e intuitiva, senza essere appesantita da tan-
tissime funzionalità che però all’utente consumer non
serviranno mai. Aggiungiamoci un hardware dal buon
rapporto qualità/prezzo e otteniamo un “pacchetto”
che può essere sicuramente un ottimo punto di par-
tenza per chi è alla ricerca del suo primo NAS.
Anche i NAS ormai non possono più fare a meno delle app.
È possibile utilizzare il NAS per il backup automatico dei dati di PC condivisi in rete, oppure, al contrario, aggiungere un ulteriore livello di protezione salvando periodicamente i dati del NAS su altre unità esterne.