FATTI, NOTIZIE E OPINIONIDip. di Istologia, Microbiologia [email protected] e Biotecnologie...

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Anno 3 • n. 7 • Giugno 2009 Consiglio Direttivo Presidente: A. LENZI Presidente eletto: C. FORESTA Past President: M. MOTTA Segretario: D. FERONE Tesoriere: F. FRANCAVILLA Consiglieri E. BALDI C. CARANI A. FABBRI A. GAROLLA F. LOMBARDO C. MANIERI A.A. SINISI Commissione Scientifica E.A. JANNINI (Presidente) A.E. CALOGERO D. CANALE K. ESPOSITO D. FERONE (Ex Officio) A. FERLIN S. FRANCAVILLA L. GANDINI C. KRAUSZ A. LENZI (Ex Officio) P. LIMONTA M. MAGGIOLINI C. MERIGGIOLA C. MORETTI R. NAPPI D. PASQUALI M. SIMONI E. VICINI L. VIGNOZZI Direttore Responsabile Paolo E. Zoncada Registrazione Tribunale di Milano n. 173 del 20 marzo 2007 Editore Il sessuologo medico, medico della sessualità FATTI, NOTIZIE E OPINIONI Realizzato con il contributo di Edizioni Internazionali srl Div. EDIMES Via Riviera, 39 - 27100 Pavia Tel. 0382.526253 - Fax 0382.423120 E-mail: [email protected] A ndrologia M essualità E DELLA edicina S PERIODICO UFFICIALE DELLA SIAMS • SOCIETÀ ITALIANA DI ANDROLOGIA E MEDICINA DELLA SESSUALITÀ L’impotenza coeundi, la disfunzione erettile come piace da un po’ agli americani (ma non ai pazienti, che non sempre comprendono), può essere assunta come pa- radigma di tutti gli errori, ma anche di tutte le speranze della sessuologia moder- na. Congressi, corsi di aggiornamento, trattati e articoli scientifici concordemente insegnano che le cause di impotenza sono, in almeno la metà dei casi, da ritenersi di natura organica, mentre per la restante parte si riconosce un’etiologia psicolo- gica. Noi medici l’abbiamo fatto per reagire alle tavole della legge che un giorno del 1970 furono dettate non già dalla divinità, ma da due coniugi che da valorosi pionieri dello studio scientifico del comportamento sessuale umano si erano fatti profeti di un’ideologica lettura ‘panpsichica’ della patologia dello stesso. In effetti, per l’homo sapiens, unico nel regno animale, il cervello è il principale organo sessuale. Tuttavia, il sesso, non differentemente da come fanno il micio di casa, la marmotta, l’elefante… si esercita attraverso strutture vascolari, conduzione nervosa, ormoni ad azione endocrina, paracrina e autocrina che si ammalano esat- tamente con la stessa frequenza (se non con maggiore frequenza) con cui si amma- lano vasi, nervi e ghiandole in tutti gli altri apparecchi del corpo umano. Non c’è dunque, e da qui nasce l’embrione della moderna, anzi modernissima, sessuologia medica, una sorta di ‘statuto speciale’ dei genitali maschili e femminili che quando s’ammalano è sempre per cause psicosomatiche piuttosto che fisiche. Come per il resto dell’organismo, esiste, e va descritta, codificata e insegnata, una sessuologia angiologica, una neurologica, una urologica, una endocrina e, certamente, una psicologica, nonché una psichiatrica, e via discorrendo, come senza scandalo d’al- cuno le descriviamo per un organo come il cuore, per fare un esempio. Eppure, a giudicare dai mass media, dai talk show, dalle ‘Lettere al sessuologo’ di ogni rotocalco femminile che si rispetti, la prima ipotesi, se non l’unica, è che l’impotenza, ma anche l’eiaculazione precoce, l’anorgasmia femminile, il calo del desiderio siano sempre e comunque dovute a cause ambientali, psicologiche, comportamentali. Non è così. È sempre così. Queste due affermazioni solo in apparenza si elidono. Se io affermassi che tutti i difetti della vis hanno cause, o almeno concause, organiche, sarei facilmente smentito oggi, ma forse non domani. Un poco come capitò a Masters & Johnson, peraltro giustificati dalla carenza di strumenti di indagine e conoscenze fisiopato- logiche della loro epoca: gli anni ’60 dello scorso secolo, ma giustamente accusa- ti loro, e soprattutto i loro seguaci, di ideologica adesione a un’idea patogenetica poi risultata erronea. Se ora infatti possiamo affermare che almeno il 50% delle cause dell’impotenza è dovuto a cause organiche è semplicemente perché abbia- mo imparato a usare il doppler non solo per diagnosticare i restringimenti caroti- dei, ma anche la degenerazione ateromasica dei corpi cavernosi; sappiamo usare l’elettromiografo non solo per la neuropatia diabetica in generale, ma anche per monitorare la neuropatia impotentogena del nervo pudendo; dosiamo gli ormoni non soltanto ai sospetti ipotiroidei, ma anche ai sospetti ipogonadici. Prevedendo che la finezza delle nostre capacità diagnostiche andrà inevitabilmente aumen- tando nel breve volgere di pochi anni, si può affermare che fra 10 le percentuali saranno di 7 a 3 e che, forse tra 20, nel 100% degli impotenti sapremo riconosce- re un lucus minoris resistentiae del corpo sul quale un evento esistenziale negati- vo ha fatto perno per scatenare il sintomo impotenza. Ma ho anche affermato che tutte le impotenze sono psicogene. E come potrebbe essere diversamente, visto che per quel poco che ci è dato di sapere delle umane reazioni psicologiche, non può darsi un uomo che a fronte si am s

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Anno 3 • n. 7 • Giugno 2009

Consiglio DirettivoPresidente: A. LENZI

Presidente eletto: C. FORESTAPast President: M. MOTTA

segretario: D. FERONEtesoriere: F. FRANCAVILLA

ConsiglieriE. BALDI

C. CARANIA. FABBRI

A. GAROLLAF. LOMBARDO

C. MANIERIA.A. SINISI

Commissione Scientifi caE.A. JANNINI (Presidente)

A.E. CALOGEROD. CANALE

K. ESPOSITOD. FERONE (ex Offi cio)

A. FERLINS. FRANCAVILLA

L. GANDINIC. KRAUSZ

A. LENZI (ex Offi cio)P. LIMONTA

M. MAGGIOLINIC. MERIGGIOLA

C. MORETTIR. NAPPI

D. PASQUALIM. SIMONIE. VICINI

L. VIGNOZZIDirettore Responsabile

Paolo E. ZoncadaRegistrazione Tribunale di Milano

n. 173 del 20 marzo 2007

Editore

Il sessuologo medico, medico della sessualità

FATTI, NOTIZIE E OPINIONI

Realizzato con il contributo di

edizioni Internazionali srlDiv. EDIMES

Via Riviera, 39 - 27100 PaviaTel. 0382.526253 - Fax 0382.423120

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Andrologia

M essualitàE

DELLA

edicina S

PERIODICO UFFICIALE DELLA SIAMS • SOCIETÀ ITALIANA DI ANDROLOGIA E MEDICINA DELLA SESSUALITÀ

L’impotenza coeundi, la disfunzione erettile come piace da un po’ agli americani (ma non ai pazienti, che non sempre comprendono), può essere assunta come pa-radigma di tutti gli errori, ma anche di tutte le speranze della sessuologia moder-na. Congressi, corsi di aggiornamento, trattati e articoli scientifi ci concordemente insegnano che le cause di impotenza sono, in almeno la metà dei casi, da ritenersi di natura organica, mentre per la restante parte si riconosce un’etiologia psicolo-gica. Noi medici l’abbiamo fatto per reagire alle tavole della legge che un giorno del 1970 furono dettate non già dalla divinità, ma da due coniugi che da valorosi pionieri dello studio scientifi co del comportamento sessuale umano si erano fatti profeti di un’ideologica lettura ‘panpsichica’ della patologia dello stesso. In effetti, per l’homo sapiens, unico nel regno animale, il cervello è il principale organo sessuale. Tuttavia, il sesso, non differentemente da come fanno il micio di casa, la marmotta, l’elefante… si esercita attraverso strutture vascolari, conduzione nervosa, ormoni ad azione endocrina, paracrina e autocrina che si ammalano esat-tamente con la stessa frequenza (se non con maggiore frequenza) con cui si amma-lano vasi, nervi e ghiandole in tutti gli altri apparecchi del corpo umano. Non c’è dunque, e da qui nasce l’embrione della moderna, anzi modernissima, sessuologia medica, una sorta di ‘statuto speciale’ dei genitali maschili e femminili che quando s’ammalano è sempre per cause psicosomatiche piuttosto che fi siche. Come per il resto dell’organismo, esiste, e va descritta, codifi cata e insegnata, una sessuologia angiologica, una neurologica, una urologica, una endocrina e, certamente, una psicologica, nonché una psichiatrica, e via discorrendo, come senza scandalo d’al-cuno le descriviamo per un organo come il cuore, per fare un esempio.Eppure, a giudicare dai mass media, dai talk show, dalle ‘Lettere al sessuologo’ di ogni rotocalco femminile che si rispetti, la prima ipotesi, se non l’unica, è che l’impotenza, ma anche l’eiaculazione precoce, l’anorgasmia femminile, il calo del desiderio siano sempre e comunque dovute a cause ambientali, psicologiche, comportamentali. Non è così. È sempre così.Queste due affermazioni solo in apparenza si elidono. Se io affermassi che tutti i difetti della vis hanno cause, o almeno concause, organiche, sarei facilmente smentito oggi, ma forse non domani. Un poco come capitò a Masters & Johnson, peraltro giustifi cati dalla carenza di strumenti di indagine e conoscenze fi siopato-logiche della loro epoca: gli anni ’60 dello scorso secolo, ma giustamente accusa-ti loro, e soprattutto i loro seguaci, di ideologica adesione a un’idea patogenetica poi risultata erronea. Se ora infatti possiamo affermare che almeno il 50% delle cause dell’impotenza è dovuto a cause organiche è semplicemente perché abbia-mo imparato a usare il doppler non solo per diagnosticare i restringimenti caroti-dei, ma anche la degenerazione ateromasica dei corpi cavernosi; sappiamo usare l’elettromiografo non solo per la neuropatia diabetica in generale, ma anche per monitorare la neuropatia impotentogena del nervo pudendo; dosiamo gli ormoni non soltanto ai sospetti ipotiroidei, ma anche ai sospetti ipogonadici. Prevedendo che la fi nezza delle nostre capacità diagnostiche andrà inevitabilmente aumen-tando nel breve volgere di pochi anni, si può affermare che fra 10 le percentuali saranno di 7 a 3 e che, forse tra 20, nel 100% degli impotenti sapremo riconosce-re un lucus minoris resistentiae del corpo sul quale un evento esistenziale negati-vo ha fatto perno per scatenare il sintomo impotenza.Ma ho anche affermato che tutte le impotenze sono psicogene. E come potrebbe essere diversamente, visto che per quel poco che ci è dato di sapere delle umane reazioni psicologiche, non può darsi un uomo che a fronte

siams

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di uno o di più episodi di insufficien-za, di incompetenza sessuale, non svi-luppi, non strutturi la più complessa e articolata psicopatia. Quindi, in tutte le impotenze, anche le più organiche, l’etiologia psicogena non può manca-re. E quindi tutte le impotenze sono psicogene.Ma ancora lo sforzo diagnostico deve essere indirizzato, ci insegnano, a far diagnosi differenziale tra impoten-za organica e impotenza psicogena: all’angiologo chiediamo di riconosce-re l’impotenza arteriosa da quella da fuga venosa; dal neurologo ci aspettia-mo che individui ritardi e alterazioni della conduzione nervosa; dall’endo-crinologo vogliamo che ci dica se gli ormoni sono a posto e le ghiandole fanno il loro dovere; lo psichiatra, infi-ne, deve saper riconoscere la presenza di una psicosi anche latente, alla base del problema.Ma forse non è questa la giusta stra-da. Suddividere il paziente per organi

per poi curarli anziché curare lo stes-so paziente, al paziente non ha mai giovato. Tutti siamo abituati a ripetere che la medicina moderna ha da essere ‘olistica’, deve ciò interpretare l’uomo, il paziente, come un’unità di corpo e di mente e non già come il peccato originale della medicina occidentale ci impone come un insieme di orga-ni e tessuti, più o meno governati da un cervello, misterioso e insondabile. Nonostante sia così di moda e, dicia-molo, così bene accetto ai pazienti professare l’olismo che le medicine tradizionali orientali ci hanno non da molto insegnato, questo stesso olismo dura fatica a entrare nella nosografia sessuologica.È stato quindi proposto il “modello integrato”, con la co-responsabilità del medico (per escludere i disagi fi-sici e prescrivere i medicinali) e del-lo psicologo-psicosessuologo (che si prende cura degli aspetti psicologici) nel trattamento di pazienti disfunzio-

nali. Ci sono alcuni elementi a favore di questo modello, ma anche svariati ostativi. Tutte le disfunzioni sessuali, quand’anche causate dalla più organi-ca delle etiologie, modificano il com-portamento e le relazioni della coppia, con profondi eco relazionali e intrap-sichiche. Per questo è spesso utile che si cerchi l’aiuto di uno psicologo. Una psicote-rapia potrebbe essere utile se non es-senziale. Ma non sia un alibi: l’andrologo clini-co esperto in sessuologia medica deve prendersi le responsabilità diagnostica e terapeutica dei problemi sessuali, riconoscendo quelli che necessitano un approfondito aiuto psicologico. E spenda il suo tempo a cercar quei (rari) psicosessuologi colti, onesti e non am-malati di quell’arrogante “riduzionismo psicologico” così palese nel comporta-mento dei più. Dunque il sessuologo medico, il medico della sessualità, altri non è che un vero e proprio poliglot-ta, un medico capace di parlare molte, tantissime lingue. La patologia del sesso, sia maschile che femminile, è sempre e comunque una patologia multifattoriale e ha quin-di assoluta necessità di un approccio multidisciplinare. Questa multidisciplinarietà non può che essere assicurata dalla conoscen-za di molti, molteplici, appunto, vo-cabolari: quello dell’angiologo, quello del neurologo, quello dello psichia-tra, quello dell’endocrinologo, quello dell’urologo, quello dello psicoses-suologo. E nemmeno basta: occorre conoscere la lingua che parla l’antro-pologo, lo zoologo, l’anatomico com-parato, l’evoluzionista, il sociologo, il teologo… Un coordinatore quindi. Un medico-medico, per capirci, capace di coor-dinare la complessa fase diagnostica multidisciplinare e che poi, sulla base di questo coordinamento, stabilisca e controlli l’approccio terapeutico spe-cialistico, anche questo inevitabilmen-te multidisciplinare e multifattoriale.Solo così non vedremo più i due mo-stri in cui, ahimè, capita ancora di im-battersi: lo psicologone e il medicone, facce della stessa medaglia di inutilità, se non di danno, pel paziente. Il primo è capace di sottoporre il paziente alle più svariate psicoterapie ignorando il di lui apporto ematico ai corpi caver-nosi o la concentrazione di prolattina plasmatica. L’altro è, se possibile, pure peggiore: è il chirurghetto che insegna al malca-pitato a bucarsi l’albuginea con l’ago sottile, che somministra una pillolina,

Comitato editorialeCURATOREProf. Marcella MottaIstituto di EndocrinologiaFisiopatologia e Biologia ApplicataUniversità degli Studi di MilanoVia Balzaretti, 9 - 20133 MilanoTel. 02/50318242/3 - Fax 02/[email protected]

COORDINATORE ESECUTIVODott. Alberto FerlinDip. di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Centro per la Crioconservazione dei Gameti Maschili, Univ. di Padova 35128 Padova - Tel. 049/8212639 [email protected]

Dott. Giuseppe BellastellaDip. Medico - Chirurgicodi Internistica Clinica e SperimentaleSezione di Endocrinologia e AndrologiaSeconda Università di NapoliTel. 081/5666627 - Fax 081/[email protected]

Dott. Massimiliano CaprioIRCCS San Raffaele Pisana - Centro Ricerche Dipartimento di Medicina Interna, Università di Roma Tor Vergata Tel. 06/66130419 - Fax 06/66130407 [email protected]

Dott.ssa Eleonora CarosaDipartimento di Medicina SperimentaleUniversità degli Studi dell’AquilaVia Vetoio - Coppito 2 - 67100 L’AquilaTel. 0862/433530 - Fax 0862/[email protected]

Dott. Giovanni CoronaU.O. Endocrinologia, Azienda Ospedaliera di Bologna,Ospedale Maggiore-BellariaLargo Negrisoli, 2 - 40133 [email protected]

Dott. Andrea M. IsidoriDipartimento Fisiopatologia MedicaUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”Viale del Policlinico, 155 - 00196 RomaTel. 06.49970650 - Fax [email protected]. Fabio LanfrancoDivisione di Endocrinologia e Malattiedel MetabolismoDipartimento di Medicina InternaUniversità di TorinoCorso Dogliotti, 14 - 10125 TorinoTel. 011.6336041 - 011.6334317Fax [email protected]

Dott.ssa Annamaria MorelliDipartimento di Fisiopatologia Clinica, Sezione di AndrologiaUniversità degli Studi di FirenzeViale Pieraccini, 5 - 50139 FirenzeTel. 055.4271487 - [email protected]

Prof. Paola Negri-Cesi Dipartimento di Endocrinologia, Fisiopatologia e Biologia ApplicataUniversità degli Studi di MilanoVia Balzaretti, 9 - 20133 MilanoTel. 02/50318209/18226 - Fax 02/[email protected]

Dott. Vincenzo RochiraCattedra e Servizio di Endocrinologia, Dip. di Medicina, Endocrinologia, Metabolismo e Geriatria, Univ. degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Nuovo Osp. S. Agostino, Estense di Baggiovara Via Giardini, 1355 - 41100 Modena Tel 059/4224529 - 059/3961816 059/3961829 - Fax 059/3961335 [email protected]

Dott. Paolo SgròUnità di Endocrinologia, Dip. di Scienze della Salute,Università degli Studi di Roma “Foro Italico” Piazza Lauro de Bosis, 15 - 00194 Roma [email protected]

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 3

senza la pur minima conoscenza delle cause ambientali e del vissuto del pa-ziente che inevitabilmente si accom-pagnano all’impotenza.Per chi non l’avesse ancora fatto, è ora di ascoltare quello che già oltre vent’anni fa scrisse un grande sessuo-logo francese:“L’esperto di terapia sessuologica: che non è un medico; che non è vincolato da una lunga tradizione di segreto pro-fessionale; che non sa fare un esame clinico completo, genitale, urinario, neurologico, ecc., con i suoi prolun-gamenti umorali, radiologici, ecc.;

che non sa diagnosticare un’affezione organica o mentale, e non conosce il mezzo per porvi rimedio; che non sa prescrivere le pratiche antifeconda-tive; che non sa stabilire un rapporto terapeutico, con le sue implicazioni di onestà e di benevolo distacco; costui non è altro che un ciarlatano e se verrà perseguito per esercizio illegale della medicina, ciò farà piangere soltanto gli sciocchi.Quanto al sessuologo che non sa niente in fatto di biologia, di anatomia comparata, di fisiologia, di antropolo-gia, di embriologia, di endocrinologia,

di psicologia, di etologia, di sociolo-gia, di storia delle religioni, della mo-rale e delle arti... almeno quelle pla-stiche, costui non è degno di questo nome. Quelli che lo sono, oggi non sembra siano in numero sufficiente per costi-tuire gli effettivi di un gruppo ristretto di competenti. Tutt’al più potrebbero partecipare a una partita di bridge” (G. Zwang: La function èrotique, Paris, 1972).

Emmanuele A. Janniniuniversità di L’Aquila

un fattore predittivo indipendente di morte cardiovascolare, è ragionevole pensare che il testosterone giochi un ruolo di rilievo per ciò che concerne il rischio cardiovascolare. Sempre il modello di deprivazione androgenica dei pazienti con cancro alla prostata, ci consente di osservare un altro im-portante effetto del testosterone sul si-stema cardiovascolare, ovvero la vaso-dilatazione delle coronarie e degli altri vasi. Infatti, in uno studio condotto su 22 uomini trattati per carcinoma pro-statico con antiandrogeni, si è assistito all’incremento della pressione arte-riosa centrale, parametro questo, che riflette in modo diretto la rigidità dei grossi vasi (3). Studi oramai datati ave-vano già dimostrato come livelli di te-stosterone totale e libero inferiori alla norma fossero inversamente correlati a patologie coronariche, anche dopo aggiustamento per età e massa grassa. Questi dati hanno trovato conferma anche in lavori più recenti, in cui uo-mini con coronaropatia documentata a livello angiografico presentavano li-velli di testosterone inferiori rispetto ai controlli. Inoltre i livelli di testostero-ne erano negativamente correlati con il danno coronario (4). Analogamen-te, in altri studi epidemiologici, sia la pressione sistolica che diastolica risul-tavano inversamente correlate ai livelli di testosterone.Sempre partendo da lavori più remoti fino ad arrivare ai più recenti, si può notare che il link tra testosterone e ap-parato vascolare è più stretto di quanto si pensi. Infatti, già nel lontano 1946, Lesser et al. osservavano che la terapia sostitutiva con testosterone migliorava i sintomi di angina e malattie vascola-

Come ben noto, secondo i dati dell’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità la morte per malattie cardiovascolari continua a detenere un triste primato tra tutte le cause di morte. Negli ultimi anni vi è stato un crescente interesse, in campo andrologico, nella ricerca di un nesso tra ipogonadismo, (sia clas-sico che legato all’invecchiamento LOH o a malattie croniche) e pato-logie cardiovascolari. Un importante studio prospettico condotto in Ameri-ca su una popolazione di 794 uomini della comunità di Rancho Bernardo, di età compresa tra i 50 e i 91 anni, ha esaminato il rapporto del testosterone con tutte le cause di morte per 2 deca-di consecutive. È emerso che i sogget-ti con livelli di testosterone totale nel quartile più basso (ovvero con T <241 ng/dl o 8 nmol/l), avevano un aumento di mortalità globale e cardiovascolare, rispettivamente del 40% e del 38% in più, rispetto agli uomini con più ele-vati livelli di androgeni. Questi risul-tati erano indipendenti dall’età, massa grassa, assetto lipidico, livelli di adipo-chine e stile di vita (1). I risultati di questo lavoro non sorpren-dono, considerato che bassi livelli di testosterone sono indipendentemente associati a molti dei singoli fattori di ri-schio per malattie cardiovascolari. Un altro studio, ad esempio, mostra che i soggetti in terapia con anti-androgeni per cancro alla prostata presenta-no un Body Mass Index (BMI) e una massa grassa più elevata, rispetto ai controlli confrontati per età e malattia (2). D’altro canto, è noto che la som-ministrazione di testosterone compor-ta nell’uomo una diminuzione della massa grassa e, essendo quest’ultima

ri periferiche su una casistica di 100 pazienti (5). Anche studi condotti sulla specie canina, hanno dimostrato che un trattamento acuto con testosterone provoca una dilatazione delle arterie coronariche. Venendo a lavori del nuo-vo millennio, merita di essere citato uno studio includente 46 pazienti con angina stabile, in cui il trattamento con testosterone transdermico alla dose di 5 mg, ha migliorato l’ischemia miocar-dica indotta dall’ esercizio fisico (misu-rata come tempo di sottoslivellamento dell’onda ST) durante la prova da stress (6). Oltre alla regolazione vasomotoria, i livelli di testosterone sembrano esse-re inversamente correlati alla calcifi-cazione delle arterie, come dimostrato nel Rotterdam Study condotto su 504 uomini non fumatori di età ≥55 anni, dove è stata valutata l’associazione tra testosterone totale e biodisponibile ed aterosclerosi aortica. Rispetto agli uomini con livelli di te-stosterone totale e biodisponibile nel terzile più basso, gli uomini nel terzi-le più alto avevano una riduzione del rischio di aterosclerosi aortica grave, dal 60% all’80%, anche dopo aggiu-stamento per età e fattori di rischio car-diovascolare (7). Un altro studio prospettico su uomini anziani ha dimostrato che la concen-trazione di testosterone libero è inver-samente correlata alla progressione dello spessore dell’intima-media della carotide comune dopo aggiustamento per età e altri fattori di rischio. Quindi, rigidità vasale e aumento dell’ arteriosclerosi potrebbero essere due meccanismi mediante i quali l’ipogo-nadismo maschile contribuisce ad un aumentato rischio di morte.

Opinioni del clinicoTestosterone e malattie cardiovascolari

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Testosterone, profilo lipidicoe coagulazioneNello studio delle patologie cardiova-scolari, non si può non considerare il ruolo del profilo lipidico, così come quello della coagulazione. Anche in questo caso, è evidente il legame che sussiste tra androgeni, lipidi e citochi-ne infiammatorie. Dati epidemiologici mostrano che i livelli di testosterone correlano posi-tivamente con un favorevole profilo lipidico (colesterolo HDL più elevato), mentre è presente una correlazione negativa con colesterolo totale, LDL e trigliceridi (8). Altri studi documentano un’associazione inversa tra citochine infiammatorie e testosterone (9). Le suddette associazioni, supportate anche da trials clinici, mostrano un miglioramento del profilo lipidico e una riduzione delle citochine infiam-matorie in pazienti in terapia sostituti-va con testosterone. Sono state inoltre riportate anche asso-ciazioni inverse tra testosterone e ini-bitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo I (PAI I), fibrinogeno, e fattore VII.

Testosterone e metabolismo glucidico“the last but not the least”, o meglio in questo caso…“dulcis in fundo”, è bene sottolineare lo stretto legame che esiste tra ipogonadismo e insulino-re-sistenza, considerato l’impatto socio-economico della patologia diabetica e il danno cardiovascolare della stessa. Ancora una volta il modello clinico che può spiegare il ruolo del testoste-rone nella mediazione del metaboli-smo del glucosio è quello della terapia anti-androgena negli uomini con car-cinoma della prostata. L’insulino-resistenza si sviluppa dopo pochi mesi dall’inizio della terapia anti-androgena e gli studi condotti su pazienti sottoposti a trattamento pro-lungato nel tempo hanno evidenziato, accanto all’iperinsulinemia, una mag-giore prevalenza di iperglicemia e sin-drome metabolica. Questa correlazione tra ipogonadismo e iperglicemia persisteva anche dopo aggiustamento per età e BMI e il grado di iperglicemia è risultato direttamente correlato alla durata della soppressio-ne dell’ormone sessuale (10). Infine, un recente studio condotto su 803 pazienti ambulatoriali afferenti per di-sfunzione erettile, ha riportato che cir-ca il 30% dei soggetti presentavano un quadro di sindrome metabolica e tra questi, la prevalenza di ipogonadismo era circa il doppio rispetto al resto del campione (11).

Congressi 2009-201065th Annual Meeting of the American Societyfor Reproductive Medicine17-21 Ottobre 2009Atlanta, USAwww.asrm.org/Professionals/Meetings/meeting.htmlSociety for Endocrinology Clinical Update 20092-4 Novembre 2009Manchester, UKwww.endocrinology.org/meetings/III World Congress on Hypospadias and Disordersof Sex Development12-15 Novembre 2009Toronto, Canadahguest.cvent.com/EVENTS/Info/Summary12th Congress of the European Societyfor Sexual Medicine (ESSM)14-18 Novembre 2009Lyon, Francewww.essm.org31st Annual British Andrology Society Meeting19-20 Novembre 2009Belfast, UKwww.britishandrology.org.uk/meetings.htmlFall Meeting of the Sexual Medicine Societyof North America (SMSNA)20-22 Novembre 2009San Diego, CA, USAwww.smsna.org12th Meeting of the Asia Pacific Societyfor Sexual Medicine (APSSM)12-15 Dicembre 2009Singapore

2010

14° Congresso Mondiale di Ginecologia Endocrinologia4-7 marzo 2010Firenzewww.isge2010.com35th Annual Meeting of the American Society of Andrology10-13 aprile 2010Houston, Texasandrologysociety.com/meetings/default.aspx)25th Annual Congress of the European Associationof Urology (EAU)16-20 Aprile 2010Barcelona, Spainwww.eaubarcelona2010.org105th Annual Meeting of the American UrologicalAssociation (AUA)29 Maggio-3 Giugno 2010San Francisco, CA, USAwww.auanet.org14th World Meeting of the International Societyfor Sexual Medicine (ISSM)26-30 Settembre 2010Seoul, Koreawww.issm2010

10th Congress of the Latin AmericanSociety for Sexual Medicine (SLAMS)27-30 Agosto 2009Florianopolis, Brazilwww.slams2009.orgDeveloping skills for infertility counselling29 Agosto 2009Basel, Svizzera 2nd European Congress on the Aging Male3-5 Settembre 2009Budapest, Hungarywww2.kenes.com/aging/Pages/Home8th Congress of the European Society of Gynecology10-13 Settembre 2009Romawww.seg2009.com7th European Congress of Reproductive Immunology17-20 Settembre 2009Marathon, GreciaReproductive andrology:linking laboratory to clinical practice1-3 Ottobre 2009Thessaloniki, Grecia Corso ECM in Andrologia anno 2009 della Scuoladi Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio Università di Torino Up to date:le più frequenti affezioni testicolari6 Ottobre - 17 Novembre 2009Torino, Aula Magna del Dipartimentodi Medicina InternaE-mail: [email protected] Postgraduate Course in Clinical Endocrinology8-10 Ottobre 2009Dubrovnic, Croatiawww.euro-endo.org/meetings/meetings_courses.htmClinical Endocrinology Update (CEU) 20098-11 Ottobre 2009Atlanta, USAwww.endo-society.org/meetings/CEU/index.cfm6th World Congress on Men`s Health & Gender9-11 Ottobre 2009Vienna, Austriawww.wcmh.info/index.php/home.html3rd Asia-Pacific Forum on Andrology10-13 Ottobre 2009Nanjing, Chinawww.asiaandro.com/3APFA/European Congress on Anti-Agingand Aesthetic Medicine 200915-17 Ottobre 2009Frankfurt, Germanygermany.anti-agingevents.com/5th Congress of the Asia Pacific Society for the Study of the Aging Male (APSSAM)15-18 Ottobre 2009Osaka, Japanapssam2009.jp

ConclusioniIn sintesi, questi risultati suggerisco-no che il testosterone può influenzare le malattie cardiovascolari attraverso meccanismi multipli, quali il cambia-mento della composizione corporea, gli effetti sul metabolismo glucidico e lipidico, sulla regolazione vascolare e sulla coagulazione.

In particolare, il sistema cardiova-scolare sembra essere un importante target dell’azione androgenica e le attuali evidenze suggeriscono un suo effetto benefico sullo stesso. Quindi, considerare il testosterone solo come “l’ormone del desiderio”, o al massimo aggiungergli il ruolo di anabolizzante osseo, è una visione

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 5

miope che va corretta con delle ade-guate lenti! È compito della ricerca andrologica mettere bene a fuoco i fini meccanismi sottostanti alla stretta relazione tra ipo-gonadismo e patologia vascolare. Spetta inoltre all’andrologo sensibiliz-zare a tale problematica le altre disci-pline mediche, rendendole consape-voli che il testosterone non serve solo a migliorare la qualità della vita, ma che a volte può anche allungarla.

Giancarlo Balercia

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Effetti della terapia sostitutiva con DHEA sulla funzione vascolare nell’insufficienza surrenalica primitiva e secondaria: dati di uno studio randomizzato incrociatoeffects of DHeA replacement on vascular function in primary and secondary adrenal insufficiency: a randomized crossover trialRice SP, Agarwal N, Bolusani H, Newcombe R, Scanlon MF, Ludgate M, Rees DA J Clin Endocrinol Metab. 2009 Mar 24

Il deidroepiandrosterone (DHEA) ed il suo estere solfato (DHEA-S), sono prodotti in quantità significativa dalla corteccia surrenalica, raggiungendo un picco massimo di concentrazione tra la seconda e la terza decade di vita. Suc-cessivamente i livelli circolanti decre-scono con il progredire dell’età.L’insufficienza surrenalica primitiva e secondaria sono caratterizzate da una marcata carenza di DHEA, che si veri-fica proprio nella fascia di età in cui i livelli circolanti in condizioni normali dovrebbero essere molto alti. Per que-sto motivo è stato proposto che la tera-pia sostitutiva con DHEA dovrebbe far parte del trattamento standard nei pa-zienti affetti da ipocorticosurrenalismo. È altresì noto che i pazienti affetti da morbo di Addison e da ipopituitarismo presentano una mortalità elevata, in gran parte dovuta alla maggiore inci-denza di malattia cardiovascolare.Scopo del presente studio è stato quel-lo di valutare l’effetto di un trattamento di 12 settimane con DHEA (50 mg/die) sulla rigidità vasale e sulla funzione en-doteliale in 40 pazienti affetti da iposor-ticosurrenalimo (20 pazienti con morbo di Addison, 20 pazienti con panipopi-tuitarismo). Nonostante la normalizza-zione dei livelli circolanti di DHEA-S, e di androstenedione e testosterone nelle donne, il trattamento con DHEA non ha significativamente modificato nessun parametro correlato alla rigidità vasale (augmentation index, pressione centrale, pulse wave velocity brachiale ed aortica), né la funzione endoteliale. Peraltro, nessun parametro antropome-trico e metabolico è stato significativa-mente modificato, ad eccezione di una

Mutazioni di CHD7 in pazienti inizialmente diagnosticati come Sindrome di Kallmann sovrapposizione clinica con la Sindrome di ChargecHD7 mutations in patients initially diagnosed with Kallmann syndrome--the clinical overlap with cHARGe syndromeJongmans MC, van Ravenswaaij-Arts CM, Pitteloud N, Ogata T, Sato N, Claahsen-van der Grinten HL, van der Donk K, Seminara S,Bergman JE, Brunner HG, Crowley WF Jr, Hoefsloot LHClin Genet. 2009 Jan; 75(1): 65-71. Epub 2008 Nov 17

La sindrome di Kallmann (SK) è un di-sordine congenito caratterizzato dalla coesistenza di ipogonadismo ipogona-dotropo ed anosmia. L’ipogonadismo ipogonadotropo è dovuto ad un defi-cit isolato della secrezione di GnRH mentre l’anosmia è conseguenza di un’alterazione anatomo-funzionale dei bulbi olfattori. La causa di queste due alterazioni è da ricercare in un’alterata migrazione dei neuroni GnRH secer-nenti ed olfattori dalla regione olfatto-ria all’ipotalamo. Nel caso in cui non vi è associazione con deficit olfattivo (ipo-anosmia) si parla di ipogonadismo

Notizie lieve riduzione del colesterolo HDL. Si tratta del secondo trial clinico su-gli effetti della supplementazione con DHEA su pazienti affetti da morbo di Addison, nonché del primo in soggetti con panipopituitarismo compensato in modo ottimale. I dati di questo studio concordano con quelli di un preceden-te trial clinico (Christiansen JJ, Clin En-docrinol 2007), con la differenza che le maggiori dimensioni del campione in esame hanno reso lo studio molto più preciso per valutare un eventuale impatto della terapia con DHEA sulla funzione endoteliale.In conclusione, il presente studio sem-bra escludere un ruolo chiave della carenza di DHEA nell’aumento del ri-schio vascolare dei pazienti ipocortico-surrenalici, e suggerisce che la supple-mentazione con DHEA non sia indicata nella prevenzione delle complicanze cardiovascolari nei pazienti con morbo di Addison o ipopituitarismo.

massimiliano caprio

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americani. Nella casistica giappone-se, la diagnosi di SK era stata definita sulla base dell’anosmia e mancanza di caratteri sessuali secondari; nella ca-sistica americana invece, la diagnosi si fondava sull’assenza dello sviluppo puberale all’età di 18 anni, livelli di te-stosterone al di sotto della norma con livelli di gonadotropine normali o bas-si, normale concentrazione delle altre tropine ipofisarie con imaging ipofi-sario nella norma. In tutti i pazienti è stato analizzato, mediante PCR, il gene CHD7. Tre dei pazienti con SK risulta-rono positivi per mutazioni di CHD7 de novo. Due mutazioni già erano riconosciute come patogenetiche; l’altra cadeva in un dominio non conosciuto ma com-portava un’importante sostituzione amminoacidica non riscontrata in 600 controlli. In effetti, questi tre pazienti manifestavano delle caratteristiche ag-giuntive che potevano far pensare alla S. di Charge: il primo aveva un’age-nesia dentaria, palato rialzato, sordità unilaterale e bassa statura; il secondo palatoschisi, nistagmo, alterazioni del padiglione auricolare e sordità bilate-rale; il terzo aveva sordità ma anche coloboma bilaterale, paralisi del nervo faciale, palatoschisi e bassa statura.Sulla base di questi dati e della casi-stica un po’ limitata, gli Autori conclu-dono che è sempre bene ricercare le caratteristiche della S. di Charge anche in soggetti che già hanno una diagnosi di SK; nel caso in cui venissero eviden-ziati dei segni suggestivi per S. di Char-ge è raccomandato il sequenziamento di CHD7. Considerando che l’ipogonadismo ipogonadotropo e l’anosmia possono rientrare nel quadro della S. di Char-ge e che nella casistica studiata, seb-bene limitata, non siano state trovate mutazioni di CHD7 in soggetti con SK isolata, particolare attenzione va prestata di fronte a quei pazienti con ipogonadismo ipogonadotropo, ano-smia e qualche altro segno caratteri-stico della S. di Charge (coloboma, sordità, paralisi dei nervi cranici ecc.) e magari in questi casi va suggerito uno screening per mutazioni di CHD7. È da considerare che il fattore anosmia che può essere presente in entrambe le sindromi potrebbe anche avere ori-gini diverse; nella SK potrebbe essere espressione dell’agenesia dei bulbi ol-fattori ma nella Charge potrebbe deri-vare da una paralisi del nervo olfattorio e quindi essere già uno dei segni clinici diagnostici di questa sindrome.

Giuseppe Bellastella

ipogonadotropo idiopatico normosmi-co (nIHH). La SK è una patologia molto eterogenea sia per le differenti manife-stazioni fenotipiche che per le diverse modalità di trasmissione genetica. In-fatti, si è visto che diversi geni possono essere coinvolti nella patogenesi dell SK: Kal1, gene responsabile delle for-me X-linked di SK, codifica per la pro-teina anosmina-1 che ha un ruolo nella migrazione dei neuroni Gn-RH secer-nenti e nella morfogenesi dei bulbi olfattori; FGFR1 o KAL2 generalmente responsabile delle forme a trasmissio-ne autosomica dominante caratteriz-zate clinicamente anche da alterazioni della linea mediana; più recentemente sono stati identificati altri due geni che possono essere implicati nella patoge-nesi della SK e sono la Prokineticina 2 (PROK 2 o KAL4) e il suo recetto-re PROKR2 (KAL3). La Sindrome di Charge è un disordine a trasmissione autosomica dominante caratterizzato da una varietà di anomalie congenite e viene riconosciuta come una delle maggiori cause di cecità e sordità. La Parola CHARGE sta ad indicare le più comuni caratteristiche di questa malattia: C = Coloboma; H = Heart defects (difetti cardiaci); A = Atresia of the Choanae (atresia delle coane); R = Retardation of growth and develop-mental delay (ritardo della crescita e dello sviluppo); G = Genital anomalies (malformazioni dei genitali); E = Ear anomalies (malformazioni dell’orec-chio). Altre caratteristiche spesso ri-scontrabili nella S. di Charge sono le paralisi o disfunzioni dei nervi cranici, labio-palatoschisi, fistola tracheoesofa-gea, asimmetrie facciali. Proprio que-sto gruppo olandese ha segnalato, nel 2004, CHD7 come gene responsabile della Sindrome di Charge. Successivamente ci sono state diverse segnalazioni di mutazioni di questo gene anche in soggetti clinicamente non affetti da una tipica S. di Char-ge. Gli Autori partono dal presuppo-sto che le caratteristiche chiave della SK, l’ipogonadismo ipogonadotropo e l’anosmia, possono essere presenti nel-la S. di Charge. Precedentemente Kim et al. già avevano proposto di valutare CHD7 nei Kallmann senza alterazioni dei geni noti. Pertanto gli Autori han-no pensato di sequenziare CHD7 in un gruppo di pazienti che già avevano avuto una diagnosi di SK ma erano ri-sultati negativi allo screening per i geni KAL1, FGFR1, PROK2 e PROKR2.Sono stati arruolati 56 pazienti di cui 36 con SK e 20 con nIHH. Dei 56 (23 F e 33 M) 7 erano giapponesi e avevano una diagnosi di SK e i restanti 49 erano

Ipogonadismo in gemelli omozigotiImages in clinical medicine.Hypogonadism due to pituicytomain an identical twinNewnham HH, Livia M. Rivera-Woll LMN Engl J Med. 2008; 359: 2824

All’indirizzo internet http://content.nejm.org/cgi/content/full/359/26/2824 è possibile osservare una coppia di gemelli monozigoti e le differenze tra il soggetto sano ed il fratello affetto da ipogonadismo acquisito dovuto ad un pituicitoma.Il confronto diretto tra le due immagini evidenzia con chiarezza ed immedia-tezza le caratteristiche cliniche evi-denti all’osservazione e peculiari del deficit androgenico.

Vincenzo Rochira

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 7

distratto da paure profonde che riguar-dano la prestazione sessuale: ansia da prestazione. Tale condizione si caratte-rizza sotto il profilo biochimico per un incremento del tono simpato-adrener-gico che si traduce in un aumento della contrattilità delle vie genitali maschili e quindi in una riduzione della fase di emissione e della soglia eiaculato-ria (2, 3). Sebbene i fattori psicologici giochino chiaramente un ruolo chiave nella patogenesi di tale disturbo già nel 1943 Shapiro pubblicava un’ana-lisi su 1.130 pazienti ipotizzando una patogenesi mista di tipo organico-psi-cogenico (4). Durante gli ultimi anni sono stati effettuati enormi progressi in termini di fisiologia e fisiopatologia del riflesso eiaculatorio (1, 2, 5). Da un punto di vista prettamente eziologico l’EP può essere distinta in primaria e secondaria, a seconda che la patologia abbia esordito o no con l’inizio dell’at-tività sessuale (1,5). Alcuni fattori orga-nici sono stati considerati come possi-bile causa di EP. In particolare, è stato precedentemente dimostrato come gli ormoni tiroidei giochino un ruolo chia-ve nel controllo del riflesso eiaculato-rio (2, 6). Nel 2004 è stata riportata la prima associazione tra ipertiroidismo (TSH <0,2 mU/l) ed EP (2). Le ragioni di tale associazione non sono del tutto note, sebbene sia meccanismi di tipo centrale sia di tipo periferico siano stati considerati (2, 6). A conferma del ruolo patogenetico giocato dagli ormoni ti-roidei nella EP, Carani et al. (6) hanno dimostrato come la normalizzazione del quadro biochimico tiroideo, dopo terapia medica, anche solo in presenza di forme subcliniche, si accompagni ad un miglioramento del sintomo. Lo studio di Cihan et al. (7) fornisce ul-teriori informazioni in merito a que-sto aspetto. Sono stati studiati 43 pa-zienti (età media 48,0±8,8 anni) con ipertiroidismo all’esordio clinico. Nel 72,1% dei casi era presente EP. In 24 pazienti su 43 sono state ottenute infor-mazioni complete al follow up. Dopo il raggiungimento di una condizione di eutiroidismo attraverso un trattamento specifico (medico, chirurgico o radio-metabolico) si è ottenuto un miglio-ramento statisticamente significativo dei tempi eiaculatori (da 75,8±99,3 a 123,2±96,4 secondi; p<0,004) con in-cremento massimo nei pazienti inqua-drabili come EP all’inizio dello studio (tempi eiaculatori <1 minuto). Il tratta-mento chirurgico ha comportato l’in-cremento maggiore quando confronta-to con le altre opzioni terapeutiche.Tale studio conferma la stretta associa-zione tra ipertiroidismo ed eiaculazio-

dell’asse riproduttivo maschile, durante esercizio fisico intenso e prolungato, sono reversibili. Comunque l’evidenza più importante è che le alterazioni sia ormonali che seminali sono più marca-te nei soggetti che hanno effettuato un esercizio fisico intenso rispetto a quelli che hanno effettuato un esercizio mo-derato. Gli autori concludono che le alterazioni evidenziate sono legate alla alterazione dell’asse ormonale ripro-duttivo, all’aumento della temperatu-ra scrotale e alla formazione di ROS. I limiti di questo lavoro sono messi in evidenza dagli stessi autori:1) il ruolo dei ROS per spiegare la

riduzione della spermatogenesi e della capacità fecondate non è sta-ta indagata ma solo ipotizzata;

2) i soggetti infertili in questo studio non stati inclusi e quindi non è pos-sibile prevedere se i protocolli di allenamento intenso usati in questo lavoro, indurrebbero le stesse alte-razioni seminali nei soggetti con una qualità seminale alterata.

Comunque, questo lavoro, ha il pregio di aver dato risalto ad un argomento controverso e poco indagato. A fronte di diverse evidenze sperimentali sul fatto che l’attività fisica migliora lo stato di salute generale e che in alcu-ne condizioni patologiche può essere considerata alla stregua di una terapia, il ruolo che l’esercizio fisico e l’allena-mento svolgono sulla salute riprodutti-va maschile non è ancora chiaro. Alla luce di questi dati e di altri lavori effet-tuati su modelli animali sarebbe inte-ressante indagare l’impatto che il dan-no ossidativo ha sulla speramtogenesi in un modello come quello degli atleti e in generale nei soggetti che praticano attività fisica intensa in cui la produzio-ne di ROS è fortemente incrementata.

Paolo sgrò

Studio randomizzato controllato sugli effetti della corsa intensa a lungo periodo sull’asse ipotalamo- ipofisi-testicoli e sulla qualità seminalethe effects of intensive, long-term treadmill running on reproductivehormones, hypothalamus-pituitary-testis axis, and semen quality: a randomized controlled studySafarinejad MR, Azma K, Kolahi AA.J Endocrinol. 2009 Mar; 200(3): 259-271

In letteratura sono diversi i lavori che hanno valutato come l’esercizio fisico intenso e l’allenamento possono alte-rare l’assetto ormonale riproduttivo e, infatti, questa condizione è stata defi-nita come “exercise-hypogonadal male condition” (Hackney AC, J Endocrinol Invest 2008). Invece, relativamente poca attenzione è stata posta sulle re-lazioni tra attività fisica, spermatoge-nesi e capacità fecondante. Gli autori di questo lavoro, partendo da questi presupposti e dalle evidenze sperimen-tali che la riduzione dei livelli di testo-sterone indotte dall’esercizio fisico, si associano anche ad una riduzione del rilascio di gonadotropine dopo stimolo con GnRH, hanno voluto valutare se la corsa ad elevata intensità e di lunga durata, oltre ad alterare l’asse ormona-le riproduttivo possa anche influenza-re la qualità seminale. Il lavoro è stato condotto su un considerevole numero di soggetti moderatamente allenati. Un gruppo di soggetti è stato sottoposto ad un protocollo di corsa ad alta intensità e un altro gruppo ad un protocollo di corsa di moderata intensità per una du-rata di 60 settimane. Il periodo di recu-pero è stato di 36 settimane effettuando un allenamento libero di lieve intensità per tutti e due i gruppi. I risultati di que-sto studio longitudinale dimostrano che la corsa di intensità elevata per periodi lunghi determina una significativa ridu-zione di LH, FSH, testosterone ed una riduzione della qualità seminale. Anche nel gruppo di soggetti che hanno effet-tuato il protocollo di moderata inten-sità è stata evidenziata una riduzione statisticamente significativa ma solo di alcuni parametri seminali e ormonali. Durante il periodo di recupero, i valori ormonali e seminali, sono ritornati ai valori prima dell’inizio del protocollo di attività fisica per entrambe i gruppi indicando che queste modificazioni

Relazione tra eiaculazione precoce e ipertiroidismothe relationship between premature ejaculation and hyperthyroidismCihan A, Demir O, Demir T, Aslan G, Comlekci A, Esen A.J Urol. 2009; 181: 1273-80

L’eiaculazione precoce (EP) rappresen-ta il più frequente disturbo della ses-sualità maschile con una prevalenza stimata dal 4 al 30% circa (1, 2). Nella maggior parte dei casi alla base dell’EP vi è un’incapacità a riconoscere il cor-teo di sensazioni che precedono l’eia-culazione. Questo perché il paziente è

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sa tumorale, l’ADT nel giro di 1-2 anni porta alla ricomparsa di un tumore ADT-resistente per il quale le opzioni terapeutiche sono al momento scarse e poco efficaci. La resistenza all’ADT sembra sia dovuta ad una pressione selettiva indotta dal trattamento che amplifica cloni di cellule tumorali con AR iper-espresso o mutato. Quando le mutazioni coinvolgono il dominio di legame con il ligando (LBD) il recet-tore viene attivato anche da molecole differenti dagli androgeni. In questa rassegna l’attenzione vie-ne focalizzata sul bisfenolo A (BPA, 2,2-bis(4-idrossifenil) propano), uno dei composti industriali più diffusi in quanto componente di plastiche di policarbonato e di resine epossidiche utilizzate nella produzione di stoviglie, bottiglie e contenitori per alimenti non-ché nei rivestimenti interni delle lattine per cibi e bevande in scatola. L’autri-ce presenta un esauriente quadro di dati di letteratura riguardanti i livelli di esposizione a BPA della popolazione ed il possibile meccanismo d’azione di questo composto; essa discute inoltre la possibilità che l’esposizione a questo tipo di inquinanti costituisca un rischio di cui tener conto nei pazienti con PC o con altri tipi di tumore endocrino-dipendente. Il rischio di esposizione al BPA (per contaminazione dell’acqua o del cibo mantenuti in contenitori di policarbo-nato o rivestiti di resina epossidica) è elevato, tanto è vero che il composto è stato ritrovato in più del 95% dei cam-pioni di urina della popolazione ameri-cana. Inoltre, il rischio aumenta in caso di mal conservazione dei contenitori per aumento della liberazione del BPA dalla plastica in essi presente. È stato dimostrato che il BPA influenza la proliferazione e la citoarchitettura di linee cellulari di PC umano andro-geno-indipendenti (ma in cui è ancora espresso AR) a dosi nanomolari, ana-loghe a quelle derivanti dall’esposizio-ne ambientale umana. È stato inoltre documentato in modelli animali (topi nudi xeno-trapiantati con cellule tu-morali umane) e che l’esposizione a basse dosi di BPA accelera la progres-sione del tumore e riduce gli effetti del-la ADT se questa non comporta l’uso di antiandrogeni. Tale effetto negati-vo, dimostrato sia in vitro sia in vivo, è probabilmente dovuto alla capacità del BPA di attivare le forme mutate di AR. Sembra inoltre che il BPA inibisca l’espressione del recettore estrogenico beta (la cui attivazione riduce la pro-liferazione cellulare), amplificando in tal modo l’effetto proliferativo. Sebbe-

tra marcatori che mappano nel gene KITLG (c-kit ligand) sul cromosoma 12q22, marcatori che mappano vici-no al gene SPRY4 (sprouty homolog 4) sul cromosoma 5q31.3 e il tumore del testicolo. In particolare, il rischio di sviluppare TGCT è incrementato di 3-4 volte nei portatori dell’allele A in due SNPs di KITLG. Lo studio inglese ha in-vece studiato 730 casi di TGCT e 1435 controlli per più di 300.000 SNPs, poi replicato su 571 casi e 1806 controlli. Anche questo studio identifica un’asso-ciazione con la malattia per marcatori del gene KITLG e per il cromosoma 5 vicino al gene SPRY4. Altre associazio-ni sono riportate anche per il cromoso-ma 6. È interessante notare come questi studi concordino nei risultati e come abbiano identificato un’associazione con un gene sistema (KITLG-KIT) che già in precedenti studi era stato messo in relazione con la spermatogenesi ed il tumore del testicolo. Questi due ro-busti studi dimostrano quindi per la pri-ma volta una possibile predisposizione genetica per il tumore del testicolo, aprendo non solo la strada per una mi-gliore comprensione della biologia e della patogenesi di questi tumori, ma anche per lo sviluppo di test genetici di suscettibilità.

Alberto Ferlin

ne precoce sottolineando ulteriormen-te la necessità di valutare la funzione tiroidea nei pazienti con EP. Ulteriori studi sono necessari per meglio com-prendere i meccanismi attraverso cui gli ormoni tiroidei controllano il rifles-so eiaculatorio e per verificare se effet-tivamente esitano delle differenze le-gate al trattamento dell’ipertiroidismo.

Giovanni corona

Due studi di associazione identificano nuovi loci genetici per il tumore del testicoloA genome-wide association studyof testicular germ cell tumorRapley EA et al., Nature Genetics,published online 31 May 2009common variation in KItLG and at 5q31.3 predisposes to testicular germ cell cancerKanetsky PA et al., Nature Genetics,published online 31 May 2009

Il tumore a cellule germinali del testi-colo (TGCT) è il tumore più frequente negli uomini tra i 15 e i 45 anni, con un picco a 25-34 anni e con un’inciden-za di circa 7 per 100.000. I fattori di rischio maggiori sono rappresentati da un precedente tumore del testicolo, in-fertilità, criptorchidismo e microlitiasi testicolare. Il TGCT ha inoltre una forte componente di familiarità, che innalza il rischio relativo a 8-12 in presenza di fratelli con lo stesso tumore e a 4-6 volte se figli di padri con TGCT. Inoltre, l’incidenza della patologia è circa cin-que volte più alta nei bianchi rispetto ai neri. Questi dati suggeriscono che fattori genetici possano rappresentare circa il 25% dei casi di TGCT. Tuttavia, non sono state finora fornite chiare evi-denze di fattori genetici coinvolti nella patogenesi di questo tumore, ad ec-cezione di un supposto locus sul cro-mosoma X riportato in uno studio di qualche anno fa e di un’associazione con le delezioni gr/gr del cromosoma Y riportata più di recente.Nello stesso numero di Nature Gene-tics vengono riportati due studi, uno americano ed uno inglese, di asso-ciazione di polimorfismi genetici nei TGCT che conducono a conclusioni molti simili. Nello studio americano sono stati analizzati 277 casi di TGCT e 919 controlli per più di 600.000 mar-catori genetici (SNPs) e successivamen-te lo studio è stato replicato su 371 casi di TGCT e 86° controlli. Questo studio ha identificato una forte associazione

Il Bisfenolo A potrebbe ridurre l’efficacia della terapia di deprivazione androgenica nel carcinoma prostaticoBisphenol A may reduce the efficacyof androgen deprivation therapyin prostate cancerJK Hess-WilsonCancer Causes & Control DOI 10.1007/s10552-009-9337-8

In questa breve rassegna, Janet Hess-Wilson, della US Environmental pro-tection Agency, esamina il possibile effetto negativo dell’esposizione ad in-quinanti ambientali ad attività interfe-rente endocrina (EDC) sull’efficacia de-gli interventi terapeutici utilizzati per la cura di patologie neoplastiche endocri-no-dipendenti. Il carcinoma prostatico (PC) è il tumore endocrino-dipendente più diffuso nella popolazione maschi-le dei paesi occidentali. La terapia di elezione dei pazienti con PC andro-geno-dipendente in fase metastatica è l’ablazione androgenica (androgen deprivation therapy, ADT). Sebbene ef-ficacie nel ridurre inizialmente la mas-

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 9

ne non esistano ancora studi epide-miologici o clinici che analizzino l’im-patto del BPA sul trattamento del PC, in base ai dati sperimentali riportati, è possibile supporre che l’esposizione al composto possa accelerare la progres-sione tumorale e ridurre l’efficacia del-la terapia con un’azione proliferativa indipendente dagli androgeni. Il fatto che il BPA sia inefficacie in presenza di un antagonista di AR suggerisce che l’uso di questa classe di composti nella terapia del PC sia preferibile rispetto al blocco della sintesi di testosterone (es. agonisti GnRH). L’autrice conclude che in attesa di evidenze conclusive che definiscano l’impatto del BPA (o di altri EDC) sulla gestione terapeutica del PC è comunque importante che le struttu-re di controllo della salute pubblica e la comunità scientifica sensibilizzino i pazienti sul rischio derivante dall’espo-sizione accidentale ad EDC.

Paola Negri cesi

Inibizione dell’attività trascrizionale del recettore androgenico: un nuovo meccanismo d’azione dell’arsenicoInibition of androgen receptor transcriptional activity as a novel smechanism of action of arsenicAE Rosenblatt, KL BurnsteinMolecular Endocrinology.2009; 23: 412-421

L’esposizione a composti arsenicati presenti nell’ambiente causa una vasta gamma di effetti tossici che riguarda-no il sistema cardiovascolare, la fun-zionalità epatica e il sistema riprodut-tivo. In modo particolare, l’infertilità maschile indotta dall’esposizione al composto negli ambienti di lavoro o attraverso l’acqua potabile è associata ad alterazioni dello spermiogramma (teratozoospermia, oligospermia, aste-nozoospermia). Il meccanismo d’azio-ne dell’arsenico non è stato completa-mente chiarito, ma sembra coinvolgere il legame del composto a molecole contenenti gruppi tiolici quali i resi-dui di cisteina delle catene proteiche. Poichè il recettore androgenico (AR), come gli altri componenti della fami-glia dei recettori per gli ormoni steroi-dei, contiene residui di cisteina nella porzione della molecola che si lega al DNA (DNA-binding domain, DBD), si può ipotizzare che gli effetti avversi dell’arsenico sulla spermatogenesi e più in generale sulla fisiologia dell’ap-parato riproduttivo maschile possano essere dovuti alla sua capacità di inter-ferire con le funzioni di AR. AR è anche importante nello sviluppo e progressio-ne del carcinoma prostatico (PC) an-drogeno-dipendente; inoltre, in alcuni PC androgeno-indipendenti AR risulta iper-espresso o attivato in modo costi-tutivo. Da questo punto di vista, l’arse-nico potrebbe costituire una molecola utile per “spegnere” il segnale andro-genico. Su queste basi, gli autori hanno utilizzato diversi approcci di biologia molecolare per valutare se ed in quale modo l’arsenico regolasse l’attività di AR. I loro risultati, ottenuti in vitro in li-nee cellulari di PC umano androgeno-

Il lato oscuro del deficit di testosterone: le malattie cardiovascolarithe Dark side of testosteroneDeficiency: cardiovascular DiseaseTraish AM, Saad F, Feeley RJ, Guay A.J Androl. 2009 Apr 2[Epub ahead of print]

Numerosi dati in letteratura indicano che la carenza di androgeni contribu-isce all’insorgenza o alla progressione delle malattie cardiovascolari. Scopo di questo studio è stato quello di valutare la correlazione tra deficit di testostero-ne e fattori di rischio cardiovascolare e di discutere le implicazioni del deficit di androgeni nei maschi con fattori di rischio cardiovascolare. Viene discussa la relazione tra deficit di androgeni e funzione endoteliale, profilo lipidico, risposta infiammatoria, ipertensione ar-teriosa e alterazioni della muscolatura liscia vascolare, in funzione del rischio cardiovascolare. Gli Autori hanno ef-fettuato una revisione della letteratura dal 1980 al 2008, utilizzando PubMed, e hanno analizzato e commentato gli articoli più rilevanti relativi alla caren-za androgenica e alle malattie vascola-ri. Ridotti livelli di testosterone, sia che derivino da un quadro di ipogonadismo sia che vengano indotti da una terapia soppressiva (in uomini con carcinoma prostatico), provocano effetti negativi sull’apparato cardiovascolare. Il deficit di androgeni si associa ad aumentati livelli di colesterolo totale, LDL-cole-

sterolo, fattori pro-infiammatori, ad aumentato spessore della parete arte-riosa, contribuendo alla disfunzione endoteliale. La terapia sostitutiva con testosterone ripristina la reattività va-scolare arteriosa, riduce le citochine pro-infiammatorie, i livelli di coleste-rolo totale e trigliceridi e migliora la funzione endoteliale; può però anche ridurre i livelli di HDL-colesterolo. In conclusione, il testosterone è un ormo-ne anabolizzante dotato di un’ampia gamma di effetti benefici sulla salute maschile. Il ruolo terapeutico del te-stosterone sulla salute del maschio, tuttavia, rimane ancora dibattuto per numerose ragioni, compreso il sospet-to rischio sul carcinoma prostatico. In considerazione delle emergenti evi-denze che suggeriscono come il deficit di androgeni sia un fattore di rischio cardiovascolare, la terapia sostitutiva con testosterone può potenzialmente ridurre tale rischio nei maschi ipogo-nadici. La relazione tra carenza androgenica e malattie cardiovascolari è un’area di ricerca in costante evoluzione. At-tualmente gli studi più ampi sono di tipo epidemiologico mentre vi è ca-renza - e vi è quindi urgenza - di stu-di clinici controllati. il testosterone è un ormone anabolizzante dotato di un’ampia gamma di effetti benefici sulla salute maschile. La carenza di androgeni può essere causa di svaria-te condizioni cliniche comuni quali il diabete mellito, la disfunzione erettile, la sindrome metabolica e le malattie cardiovascolari. Recentemente è stata evidenziata la relazione tra insulino-resistenza e deficit di androgeni ed è stato ipotizzato un legame tra queste due condizioni e le malattie vascolari. L’identificazione precoce di pazienti con carenza di testosterone può ridur-re il rischio di sviluppo di complicanze metaboliche e vascolari o comunque arrestarne la progressione. Per meglio chiarire il ruolo della carenza andro-genica nella patogenesi delle malat-tie vascolari, devono essere condotti ampi studi randomizzati e controlla-ti, in doppio-cieco, a lungo termine. Nell’analisi complessiva degli effetti terapeutici della terapia androgenica sulle malattie vascolari devono esse-re presi in considerazione il grado di miglioramento, il momento in cui vie-ne intrapresa la terapia sostitutiva, la specifica malattia cardio-vascolare, i possibili fattori genetici familiari, come pure altre variabili. In considerazione dei dati promettenti della letteratura analizzati in questo articolo, in termi-ni di beneficio della terapia sostitutiva

con testosterone nella prevenzione o nel miglioramento del rischio cardiova-scolare in maschi ipogonadici, indagini specifiche in questo ambito si rendono assolutamente necessarie.

Fabio Lanfranco

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10 n. 7 - Giugno 2009

Ruolo regolatorio del recettore estrogenico GPR30 per la funzione vascolare e l’obesitàRegulatory Role of G protein couplet Re-ceptor for Vascular Function and ObesityHaas E, Bhattacharya I, Brailoiu E,Damjanovic M, Brailoiu GC, Gao X et al. Circ Res 2009; 104: 288-291

L’identificazione di un minore rischio cardiovascolare delle donne in pre-menopausa rispetto agli uomini è stata associata ad un effetto protettivo degli estrogeni per la funzione vascolare e per fattori di rischio cardiovascolare come l’obesità e l’ipertensione. I siti di legame per gli estrogeni a livello vasco-

dipendenti o -indipendenti e di cellule di Setroli murine hanno dimostrato che sia l’ossido di arsenico (ATO, agente chemioterapico già utilizzato in alcu-ne forme di leucemia promielocitica acuta) sia la sodio arsenite sopprimono la trascrizione dei geni bersaglio in en-trambi i tipi di linee cellulari utilizzate. Il meccanismo d’azione dell’arsenico sembra essere particolare; infatti, il composto non interferisce con l’espres-sione di AR ne con la sua traslocazione nel nucleo, ma inibisce il reclutamento androgeno-mediato di AR sulle sequen-ze enhancer nei promotori dei geni bersaglio, come dimostrato dagli studi di immunoprecipitazione della croma-tina. L’effetto è probabilmente dovuto alla capacità dell’arsenico di impedire l’interazione del coattivatore TIF2 con le zone di transattivazione presenti nelle porzioni N- e C- terminali della sequenza proteica di AR, interazione importante per il legame di AR alla cro-matina e per mantenerne l’attività tra-scrizionale. Ulteriori studi hanno infi-ne dimostrato che l’arsenico causa una diminuzione significativa della prolife-razione cellulare (in modo particolare nelle linee che esprimono ancora AR) e che potenzia l’effetto inibitorio della bicalutamide. Nel complesso, i risultati presentati dimostrano un nuovo modo attraverso cui le sostanze tossiche pre-senti nell’ambiente possono interferire con il funzionamento del sistema ri-produttivo e spiegano il meccanismo molecolare alla base dell’infertilità maschile da esposizione ad arsenico. Questi risultati aprono inoltre nuove prospettive per l’utilizzo dei derivati arsenicali a scopo terapeutico nel PC.

Paola Negri cesi

Il Testosterone potrebbe causare il rilassamento dei corpi cavernosi umani attraverso l’apertura dei canali del potassiotestosterone might cause Relaxationof Human corpus cavernosumby Potassium channel Opening ActionYildiz O, Seyrek M, Irkilata HC, Yildirim I, Tahmaz L, Dayanc M.Urology 2009 Apr 9

È noto che il testosterone ricopre un ruolo chiave nella normale risposta del pene agli stimoli sessuali. Recentemen-te è stato chiarito che il testosterone svolge un’azione di vasodilatazione sulle cellule muscolari lisce, che non richiede la presenza di endotelio in-tegro. Tuttora mancano dati relativi all’effetto del testosterone sul corpo cavernoso umano. A questo scopo, gli autori hanno preparato un modello di studio costituito da sottili fettine di tes-suto cavernoso, a partire da tessuto ca-vernoso ottenuto da pazienti sottoposti a impianto di protesi per disfunzione erettile. I tessuti sono stati incubate con concentrazioni crescenti di testostero-ne (comprese tra 0,1 e 300 μM), dopo precontrazione in presenza di KCl (45 mM). La risposta al testosterone è stata valutata in presenza di diversi inibitori dei canali ionici, al fine di individua-re quale fosse esattamente il bersaglio dell’azione dello steroide. In queste condizioni sperimentali, il testosterone ha determinato un rilassamento dose-dipendente del tono costrittorio indotto dal pre-trattamento con KCl. In parti-colare, tale risposta al testosterone non è stata alterata dalla coincubazione dei corpi cavernosi con l’inibitore non selettivo BKca, con gli inibitori voltag-gio-sensibili tetraetilammonio, cloruro di bario e 4-amino-piridina. Diversa-mente, in presenza di glibenclamide, un inibitore specifico del canale del potassio sensibile all’ATP, l’effetto di ri-lassamento ottenuto con il testosterone è stato completamente inibito. Si tratta del primo studio su tessuto

lare includono non solo i recettori clas-sici ERα ed ERβ, ma anche il nuovo re-cettore accoppiato a proteine G, noto come GPR30, che è localizzato sul re-ticolo endoplasmatico e media azioni non genomiche degli estrogeni. Alcuni studi in modelli murini hanno identi-ficato che la regolazione estrogenica della via di segnalazione intracellulare calcio-mediata e del tono nel sistema cardiovascolare non è mediata dai re-cettori ERα ed ERβ, suggerendo quindi proprio il coinvolgimento del GPR30. Per testare tale ipotesi, Haas et al. han-no somministrato un agonista selettivo del GPR30, il G1, in ratti normotesi osservando una conseguente riduzione significativa della pressione arteriosa media rispetto agli animali non tratta-ti. Inoltre, in arterie pre-contratte, sia murine che umane, il G1 ha mostrato un effetto vasodilatante più potente di quello indotto dal 17β-estradiolo. In accordo con un’azione vasodilatante indiretta degli estrogeni, che agireb-bero bloccando l’attività di agenti va-socostrittori, gli Autori hanno anche dimostrato che la pre-incubazione con G1 riduceva il tono vascolare indotto dalla serotonina nelle arterie umane e di topo. Nell’insieme questi dati indi-cano che l’attivazione del GPR30 de-termina, sia direttamente che indiret-tamente, vasodilatazione, riducendo così la pressione sanguigna. In questo studio, ulteriori approfondimenti a li-vello intracellulare hanno evidenziato la capacità del G1 di indurre un rapi-do e transiente aumento del calcio in-tracellulare in cellule muscolari lisce vascolari umane. L’aumento del calcio indotto dalla serotonina, veniva abro-gato nel caso di un pre-trattamento con G1, suggerendo quindi che l’at-tivazione del GPR30 possa mediare un’attenuazione della risposta contrat-tile delle cellule muscolari lisce. Infine, gli effetti vascolari mediati dal GPR30 sono stati studiati in topi geneticamen-te deleti per il GPR30 (GPR30-/-), in cui è stata osservata una normale reattività vascolare a stimoli contrattili come il KCl. Tuttavia la delezione genetica del GPR30 si associava significativamente ad un aumento del peso corporeo e dell’adiposità viscerale sia nei maschi che nelle femmine. In aggiunta, è sta-to osservato che l’effetto inibitorio del G1 sulle contrazioni indotte dalla se-rotonina era ugualmente efficace nei topi wild type di entrambi i sessi. In conclusione, questo lavoro è la prima dimostrazione che il GPR30 contribu-isce alla regolazione della pressione sanguigna, del tono vascolare e anche dell’obesità e che quindi può essere

il mediatore degli effetti vasoprotettivi degli estrogeni. Riguardo agli effetti sul peso corporeo e sull’obesità viscerale, va precisato che esistono dati contra-stanti in letteratura, che comunque nel complesso hanno evidenziato un im-portante ruolo di questo recettore nella regolazione del metabolismo corporeo più che nella funzione riproduttiva.

Annamaria morelli

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 11

L’incremento di estrogeni circolanti, piuttosto che la riduzione di attività androgenica, risulta associato ad una maggiore lunghezza dei cag repeats del recettore androgenicoIncreased estrogen rather thandecreased androgen action is associated with longer androgenreceptor cag repeaysHuhtaniemi IT, Pye SR, Lime KLr, Thomson W, O’Neill TW, Platt H, Payne D, John SL, Jiang M, Boonen S,Borghs H, Vanderschueren D, Adams JE, Ward KA, Bartfai G, Casanueva F, Finn JD, Forti G, Giwercman A, Han TS, Kula K, Lean MEJ, Pendleton N, Punab M, Silman AJ, Wu FCW, and the European Male Ageing Study GroupJ Clin Endocrinol Metab. 2009; 94: 277-284

La lunghezza dei CAG repeats del recettore androgenico è risultata in-versamente proporzionale all’attività androgenica in molti studi: più i CAG repeats sono corti maggiore è l’attività androgenica mediata dal recettore androgenico, viceversa più i CAG re-peats sono lunghi minore sarà l’attività androgenica fino a determinare gradi variabili di resistenza androgenica, come nella Sindrome di Kennedy. Il riscontro di una correlazione diretta tra lunghezza dei CAG repeats e livelli di testosterone circolanti ha suggerito la possibilità di una parziale compen-sazione della scarsa attività recettoriale mediante un incremento del substrato androgenico circolante. Sebbene alcu-ni studi avessero già dimostrato come anche i livelli circolanti di estrogeni possano essere aumentati in presenza di CAG repeats lunghi, questo studio ha permesso di analizzare le correlazioni esistenti tra steroidi sessuali circolanti e CAG repeats nella ampia popolazione di maschi (3000 soggetti) di età com-presa tra 40 e 79 anni dell’European Male Ageing Study. I risultati di questo

cavernoso umano, che ha dimostrato come il testosterone induca rapida-mente un effetto vasorilassante sulla muscolatura liscia, attraverso l’aumento del flusso di potassio attraverso i canali KATP. Tale effetto è verosimilmente di tipo non genomico, tenendo conto del-la sua rapidità di comparsa e della sua persistenza in presenza di flutamide, un antagonista specifico del recettore androgenico. È importante notare che i campioni di tessuto utilizzati come mo-dello di studio provenivano da soggetti affetti da disfunzione erettile di tipo se-vero. È pertanto possibile che il model-lo di studio non sia quello ideale al fine di chiarire esattamente il meccanismo di azione del testosterone sul corpo cavernoso. Nonostante ciò, questo stu-dio conferma il ruolo chiave svolto dal testosterone a livello periferico nel me-diare una normale risposta del tessuto erettile allo stimolo sessuale.

massimiliano caprio

Bassi livelli di testosterone sono associati ad un aumenta-to rischio di sviluppare ictus e attacchi ischemici transitori in soggetti maschi anzianiLower testosterone levels predictincident stroke and transient ischemic attack in older menYeap BB, Hyde Z, Almeida OP, Nor-man PE, Chubb SA, Jamrozik K, Flicker L, Hankey GJ.J Clin Endocrinol Metab. 2009 Apr 7. [Epub ahead of print]

L’aspettativa di vita per il maschio negli Stati Uniti è di circa sei anni inferiore ris-petto a quella della donna (1). Sebbene le cause di tali differenze non siano state ancora del tutto comprese, è stato ipo-tizzato che il T possa giocare un ruolo causale nel determinare un’aspettativa di vita inferiore nei maschi. Tuttavia re-centi evidenze sembrano sconfessare tale ipotesi suggerendo, invece, una stretta associazione tra ipogonadismo maschile e rischio cardiovascolare. Già 15 anni fa, Philips e collaboratori (2) riportavano un’associazione inversa tra bassi livelli di testosterone e patologia coronarica dopo aggiustamento per fattori confondenti. Tali osservazioni sono state recentemente confermate da Rosano e collaboratori (3), che hanno riportato un’associazione in-

versa tra livelli circolati di testosterone e severità delle lesioni aterosclerotiche coronariche valutate durante angiogra-fia. In accordo con tali dati è stata ri-portata una maggiore prevalenza di mortalità in soggetti ipogonadici af-fetti da specifiche condizioni cliniche come l’ipopituitarismo, la sindrome di Klinefelter o il ritardo mentale (4). Sfor-tunatamente solo pochi studi di popo-lazione hanno valutato l’associazione tra livelli di testosterone e rischio di mortalità nel maschio. Dati derivanti dal Massachusetts Male Aging Study (MMAS; 5) e dal Caerphilly Study (6) non hanno dimostrato alcuna associazione tra livelli di testosterone e mortalità globale. Shores e collabo-ratori (7) hanno riportato per primi una associazione tra rischio di mortal-ità e bassi livelli di testosterone (<8,7 nmol/L) in una popolazione di veterani Americani. I dati longitudinali dello studio Rancho Bernardo, suggeriscono che i soggetti con livelli di testosterone totale nel quartile più basso (<2,4 ng/ml, 8,1 nmol/L) siano caratterizzati da un aumento di mortalità globale e car-diovascolare del 40% e del 38% rispet-tivamente, quando confrontati con il resto della popolazione (8). Risultati simili sono stati riportati nell’European Prospective Investigation into Cancer in Norfolk Prospective Population Study (9). Infine, più recentemente è stato riportato come l’ipogonadismo possa rappresentare un fattore di rischio per mortalità cardiovascolare nella popo-lazione diabetica (10). Lo studio di Yeap e collaboratori (10) è in linea con i dati sopra riportati. La valutazione longitudinale effettuata tra il 2001 e 2004 (media 3.5 anni) di un gruppo di 4.263 (65-79 anni) sog-getti reclutati in popolazione generale in Australia nell’ambito dello studio Health In Men Study (HIMS) dimostra una associazione tra eventi cerebrovas-colari (ictus e attacchi ischemici tran-sitori, AIT) in pazienti con testosterone totale e libero nel quartile più basso (<11,7 nmol/L e <222 pmol/l rispettiva-mente). In particolare, dopo correzione per fattori di rischio confondenti quali età, fumo, circonferenza vita, iperten-sione, dislipidemia e numero di comor-bilità, è stato osservato un rischio di AIT o ictus di 1,99[1,33-2,99] e 1,60[1,15-2,48] rispettivamente per testosterone totale e testosterone libero. Nonostante i dati a disposizione siano limitati, è possibile sottolin-eare che il testosterone esercita ef-fetti positivi sulla reattività vascolare, sull’infiammazione, sulla produzi-

one di citochine, sull’espressione di molecole di adesione e sui livelli sieri-ci di lipidi e di fattori della coagulazi-one, suggerendo un suo ruolo protet-tivo sullo sviluppo dell’aterosclerosi e delle complicanze cliniche ad essa correlate (4).

Giovanni corona

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12 n. 7 - Giugno 2009

molazione via ERα dei neuroni GHRH secernenti o inibizione della produzi-one di somatostatina mediata dall’AR. L’importanza del ruolo dell’estradiolo è supportata anche dall’evidenza che nei topi con inattivazione del gene dell’aromatasi diminuisce l’espressione di pit-1, del recettore del GHRH e del recettore della ghrelina mentre aumenta l’espressione di recettori per la somato-statina. Sicuramente sono necessari ul-teriori studi per chiarire definitivamente questo complesso meccanismo e per chiarire come mai la capacità del T di potenziare la secrezione di GH sia prerogativa esclusiva dell’anziano e non del giovane. La possibilità di sfrut-tare l’effetto positivo del T sulla secrezi-one di GH che è notoriamente ridotta nell’anziano rappresenta un punto a favore della terapia sostitutiva con tes-tosterone in pazienti in tale fascia d’età purché rientrino nei criteri stabiliti per la diagnosi di ipogonadismo ad insor-genza tardiva.

Giuseppe Bellastella

studio hanno mostrato una correlazi-one diretta tra la lunghezza dei CAG repeats ed i livelli circolanti sia di an-drogeni che di estrogeni totali e liberi. Poiché la lunghezza dei CAG repeats si associa ad una maggiore insensibilità agli androgeni e conseguente ridotta attività androgenica, il corrispettivo aumento di estrogeni circolanti ha come risultato finale un incremento dell’effettivo rapporto estrogeni/andro-geni, sebbene tale rapporto calcolato sulla base dei livelli circolanti di ster-oidi sessuali resti di fatto invariato. Tale meccanismo potrebbe spiegare almeno in parte l’assenza di evidenti segni di deficit androgenico nei pazienti con i CAG lunghi (per effetto della com-pensazione data dai più elevati livelli circolanti di androgeni) e la presenza di effetti indicativi di un’aumentata at-tività estrogenica e di un aumentato in-dice di attività nel rapporto estrogeni/androgeni quale un effetto protettivo sulla perdita di densità minerale ossea. Il presente studio aggiunge, pertanto, nuove importanti informazioni sulla fi-siopatologia degli steroidi sessuali ed in particolare sul ruolo reciproco di estro-geni ad androgeni nel maschio.

Vincenzo Rochira

La supplementazione di testosterone nell’anziano contrasta l’effetto inibitorio dose-dipendente dell’IGF1 sulla secrezione pulsatile di GHtestosterone supplementationin older men restrains insulin-like growth factor’s dose-dependent feedback inhibitionof pulsatile growth hormone secretionVeldhuis JD, Keenan DM, Bailey JN, Adeniji A, Miles JM, Paulo R, Cosma M, Soares-Welch C.J Clin Endocrinol Metab.2009 Jan; 94(1): 246-54. Epub 2008 Nov 4

I livelli di ormone della crescita (GH) si riducono progressivamente con l’età. In particolare, dopo il diciottesimo anno si avrebbe un decremento del 50% ogni sette anni. I peptidi che stimolano la produzione di GH sono il GHRH, la ghrelina e il GHRP-2 (GH releasing peptide) ma anche il testosterone (T) è stato dimostrato giocare un ruolo in questa regolazione. Infatti, nel maschio

Effetto della terapia giornaliera con vardenafil rispetto alla somministrazione al bisogno sul recupero della funzione erettile in uomini sottoposti a prostatectomia radicale nerve-sparing bilateraleeffect of nightly versus on-demand vardenafil on recovery of erectile func-tion in men following bilateral nerve-sparing radical prostatectomyMontorsi F, Brock G, Lee J, Shapiro J, Van Poppel H, Graefen M, Stief C.Eur Urol. 2008; 54: 924-31.

In questo studio multicentrico parallelo, randomizzato, placebo-controllato, in doppio cieco, durato 9 mesi e condotto in 87 centri nel mondo, sono stati selezi-onati 628 uomini sottoposti a prostatec-tomia radicale “nerve-sparing” bilaterale (BNSRP), entro 1 mese dallo screening. Come ulteriori criteri di inclusione i pazienti dovevano essere sessualmente attivi nell’ambito di una relazione sta-bile ed avere livelli di PSA <10 ng/ml ed un Gleason score ≤7 alla biopsia. En-tro 14 giorni dall’intervento di BNSRP, i pazienti sono stati assegnati ad uno dei tre bracci dello studio per 9 mesi: 1) vardenafil 10 mg per notte + placebo al bisogno; 2) vardenafil al bisogno a dose

adulto con deficit androgenico, la tera-pia sostitutiva con T rappresenta anche uno stimolo per il GH. Questo è dovuto, da un lato, ad un effetto positivo del T sulla secrezione basale e pulsatile di GH, dall’altro, ad un effetto attenuante sul feedback negativo esercitato dal GH stesso. Un solo lavoro in letteratura di-mostra la capacità del T di contrastare l’effetto inibitorio esercitato da una singola dose di IGF1 sulla secrezione di GH stimolata dal GHRH ma non è noto se il testosterone riesca a liberare il GH dal controllo negativo e dose-dipendente dell’IGF1. Pertanto gli Au-tori si sono proposti di chiarire l’effetto del testosterone sul ruolo inibitorio eser-citato dall’IGF1 sulla secrezione basale e pulsatile di GH. Sono stati arruolati 24 maschi sani di età compresa tra i 50 e i 75 anni e BMI tra 20 e 30 Kg/m2. Divisi in due gruppi, 12 venivano trat-tati con placebo e 12 con T; entrambi i gruppi assumevano dosi giornaliere di rh-IGF1 (1.0,1.5 e 2.0 mg/m2). L’IGF1 esogeno sopprimeva la secrezione ba-sale e pulsatile di GH con effetto dose-dipendente; il T somministrato non alterava le concentrazioni di IGF1 ma comportava un aumento della concen-trazione di GH ripristinandone anche la secrezione pulsatile. Pertanto, rispetto al placebo, il T attenuava l’effetto inibitorio dell’IGF1 esogeno sulla secrezione di GH. Normalmente, la secrezione di GH è controllata dal GHRH positivamente, potenziata dalla ghrelina e inibita dalla somatostatina. La pulsatilità del GH ri-flette quella del GHRH che, a sua volta, è regolato dal feedback del GH e dal rilascio di somatostatina. In pratica, la somministrazione di rh-IGF1 evoca il rilascio di somatostatina che, a livello ipotalamico, blocca il GHRH e, a livello ipofisario, blocca il rilascio di GH. Nel modello animale l’IGF1 blocca la sec-rezione di GH e inibisce l’espressione dei geni che codificano per i recettori di GHRH e ghrelina a livello ipofisario. Il punto sottolineato dagli Autori è quello che riguarda il ruolo del testosterone nel controllo del GH nell’anziano. Il testo-sterone contrasta l’azione della somato-statina e stimola la secrezione di GHRH a livello del nucleo arcuato. L’ipotesi che gli Autori avanzano in discussione è che quest’azione del testosterone possa, molto probabilmente, essere mediata dall’estradiolo (E2). Infatti, è dimostrata la presenza di ERα (Estrogen Receptor α) a livello dei neuroni GHRH secernenti mentre del recettore per gli androgeni (AR) è dimostrata la presenza a livello dei neuroni somatostatino-secernenti. Da qui scaturiscono due possibilità: sti-

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ANDROLOGIA e meDIcINA DeLLA sessuALItà 13

flessibile, partendo da 10 mg con pos-sibilità di riduzione o incremento della dose, + placebo tutte le notti; 3) placebo al bisogno + placebo tutte le notti. Dopo 9 mesi tutti i pazienti sono stati inseriti in un periodo di washout con placebo in singolo cieco durante il quale la dose poteva essere aggiustata per mantenere il soggetto in cieco; tale fase è stata se-guita da un periodo di 2 mesi di tratta-mento aperto con vardenafil al bisogno. L’end-point primario dello studio è stata la percentuale di soggetti con un punteg-gio IIEF ≥22 dopo il periodo di washout di 2 mesi. Il trattamento con vardenafil al bisogno ha determinato - per tutto il periodo di trattamento - punteggi IIEF significativamente maggiori, come pure risposte positive al Sexual Encounter Profile question 3 (SEP3). Tuttavia, gli Autori non hanno trovato differenze statisticamente significative tra i tre gruppi di trattamento nella proporzi-one con punteggio IIEF ≥22 o nei tassi di successo del SEP 3 dopo il periodo di washout. Dopo il periodo di wash-out di 2 mesi, infatti, i punteggi IIEF ≥22 sono stati ottenuti nel 28,9%, 24.1% e 29,1% dei pazienti per placebo, varde-nafil giornaliero e vardenafil al bisogno, rispettivamente. L’outcome inatteso di questo studio ha portato lo sponsor e gli Autori alla conclusione che il trattamen-to con vardenafil al bisogno in questo particolare gruppo di pazienti dovrebbe essere considerato come trattamento di scelta. Questo è il primo ampio studio multicentrico condotto esclusivamente in centri cosiddetti “di eccellenza” (rela-tivamente alle competenze nel BNSRP) che ha valutato il potenziale riabilitativo dei corpi cavernosi di un inibitore delle PDE5 a breve durata d’azione (varde-nafil). Benchè il disegno dello studio (randomizzato, placebo-controllato, in doppio cieco) possa essere considerato ideale, questo articolo è stato commen-tato e criticato su due recenti numeri del Journal of Sexual Medicine (dicembre 2008 e marzo 2009): la critica princi-pale è rivolta al fatto che non è stato tenuto conto della farmacocinetica del vardenafil, dotato di un’emivita di 4-5 ore. È stato, infatti, osservato che il far-maco avrebbe dovuto essere sommin-istrato 3 volte nelle 24 ore, come nel caso del sildenafil per il trattamento dell’ipertensione polmonare, al fine di permettere un giudizio affidabile sulla maggiore efficacia di una somminis-trazione giornaliera rispetto alla terapia al bisogno. Le conclusioni degli autori e dello sponsor non sono dunque state giudicate plausibili e comunque non applicabili agli inibitori delle PDE5 a

adipociti di immagazzinare grassi, ma anche variazioni nel numero degli adipociti stessi dipendente dalla ca-pacità proliferativa e differenziativa di precursori adipogenici. Recenti studi hanno evidenziato come in aggiunta ai preadipociti residenti la proliferazione e differenziazione di cellule staminali mesenchimali contribuisca all’accu-mulo di grasso, anche in tessuti “non-adiposi”. Il lavoro di Gupta e collabo-ratori ha indagato tutti questi aspetti studiando gli effetti degli androgeni, ed in particolare del DHT per escludere gli effetti indiretti dell’aromatizzazio-ne, non solo sulla differenziazione ma anche sulla proliferazione e funzione di cellule staminali mesenchimali uma-ne (hMSC) ottenute da donatori di ses-so maschile e di preadipociti isolati dal tessuto adiposo sottocutaneo e viscera-le di soggetti obesi. Il fatto di aver usato colture cellulari umane rende questo lavoro rilevante per la fisiologia umana rispetto a tutti gli studi precedenti effet-tuati in modelli murini, pur con tutti i limiti degli studi in vitro. Dallo studio è emerso che il DHT, in un range di con-centrazione da fisiologica a soprafisio-logica di 0-30 nM, inibisce in maniera dose-dipendente la differenziazione sia delle hMSC che dei preadipociti in adi-pociti maturi. In presenza di DHT gli adipociti differenziati sono più piccoli e accumulano meno lipidi, suggerendo un minor grado di maturazione. Infatti, il DHT inibisce l’espressione di markers di differenziazione adipogenica e l’in-corporazione degli acidi grassi in trigli-ceridi. Inoltre, è stato anche visto un ef-fetto stimolatorio del DHT sulla lipolisi, indicando che gli effetti del DHT sulla massa grassa sono il risultato netto tra inibizione della adipogenesi, riduzione dell’accumulo lipidico e stimolazione della lipolisi. Non è stato invece evi-denziato nessun effetto del DHT sulla proliferazione né delle hMSC che dei preadipociti. Infine, gli effetti inibitori del DHT sulla differenziazione adipo-genica delle hMSC sono risultati essere mediati dal recettore androgenico, vi-sto che venivano bloccati dalla co-in-cubazione con bicalutamide, un anta-gonista selettivo di tale recettore. Non può essere esclusa la possibilità che il DHT eserciti effetti aggiuntivi anche attraverso meccanismi non genomici o indipendenti dal recettore androge-nico. A tal proposito, sta emergendo l’importanza di un metabolita del DHT, il 5α-androstan-3β, 17β-diolo, che non lega il recettore androgenico, ma è in grado di agire attraverso l’attivazione del recettore estrogenico β.

Annamaria morelli

Effetti del diidrotestosterone (DHT) sulla differenziazione e proliferazione di cellule staminali mesenchimali e preadipociti umanieffects of dihydrotestosterone on differentiation and proliferation of human mesenchimal stem cells and preadipocytesGupta V, Bhasin S, Guo W, Singh R, Miki R, Rhauhan P et al.Mol Cell Endocrinol 2008; 296: 32-40

L’accumulo di tessuto adiposo, in par-ticolare quello viscerale, è considerato un importante fattore patogenetico per l’insorgenza di insulino-resistenza, ar-teriosclerosi, diabete mellito e sindro-me metabolica, condizioni tutte spesso associate a concomitante presenza di ipogonadismo nell’uomo. Il ruolo degli steroidi sessuali nel regolare la localiz-zazione della massa grassa è ormai ben noto. Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato come i livelli pla-smatici di testosterone siano inversa-mente correlati con la massa grassa, la quale è risultata essere effettivamente ridotta dalla somministrazione di testo-sterone. Tuttavia, i meccanismi attraver-so cui il testosterone regola l’accumulo e la localizzazione del tessuto adiposo non sono completamente chiariti. Lo sviluppo e la distribuzione del tessuto adiposo bianco nelle diverse regioni anatomiche è un processo comples-so che coinvolge non solo variazioni funzionali relative alla capacità degli

lunga durata d’azione, come il tadala-fil. È stato inoltre osservato come ad un anno dalla BNSRP solo una minoranza dei pazienti, con una normale attività sessuale pre-intervento, avesse recu-perato la funzione erettile. Questo stu-dio indica dunque che anche in centri considerati di eccellenza pochi pazienti (circa il 25%) conservano la funzione erettile secondo i criteri IIEF ad un anno dalla chirurgia, benchè nello studio fossero inclusi solo pazienti a basso ris-chio (PSA <10 ng/ml e Gleason score ≤7). Questo risultato pone in evidenza per la prima volta i reali tassi di man-tenimento della funzione erettile dopo intervento di BNSRP; tali dati dovranno essere condivisi e discussi in futuro con i pazienti che si sottoporranno a chiru-rgia radicale della prostata con tecnica “nerve sparing” bilaterale.

Fabio Lanfranco

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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO

250 mg/ml soluzione iniettabile

G03BA03 testosterone undecanoato

1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. Nebid 1000 mg/4ml, soluzione iniettabile. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ciascun ml disoluzione contiene 250 mg di testosterone undecanoato corrispondenti a 157,9 mg di testosterone. Ciascuna fiala da 4 ml di soluzione iniettabilecontiene 1000 mg di testosterone undecanoato. Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Soluzione iniettabile. Soluzioneoleosa limpida, giallastra. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Terapia sostitutiva del testosterone per l'ipogonadismomaschile nei casi in cui la carenza di testosterone sia stata confermata da dati clinici e test biochimici (vedere paragrafo 4.4 Avvertenze speciali eopportune precauzioni d'impiego). 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Uso intramuscolare. Pazienti adulti e anziani di sesso maschile. Unafiala di Nebid (corrispondente a 1000 mg di testosterone undecanoato) viene iniettata ogni 10-14 settimane. Le iniezioni praticate con tale frequen-za sono in grado di mantenere livelli sufficienti di testosterone, senza causare accumulo. Le iniezioni devono essere somministrate molto lentamen-te. Prestare attenzione a iniettare Nebid in sede glutea profonda osservando le normali precauzioni per la somministrazione intramuscolare. Prestareparticolare attenzione al fine di evitare l’iniezione intravasale. Il contenuto di una fiala deve essere iniettato per via intramuscolare subito dopo l’aper-tura della fiala. Inizio del trattamento. Si raccomanda di misurare i livelli sierici di testosterone prima dell'inizio del trattamento e nel periodo ini-ziale del trattamento. A seconda dei livelli sierici di testosterone e dei sintomi clinici, il primo intervallo tra le iniezioni può essere ridotto fino a unminimo di 6 settimane rispetto all’intervallo consigliato di 10-14 settimane per il mantenimento. Con questa dose di carico, è possibile raggiungerepiù rapidamente sufficienti livelli di equilibrio (steady-state) di testosterone. Mantenimento e personalizzazione del trattamento. L'intervallo trale iniezioni deve essere compreso nel range consigliato di 10-14 settimane. Durante la terapia di mantenimento è necessario un attento monitorag-gio dei livelli sierici di testosterone. Si consiglia di misurare regolarmente i livelli sierici di testosterone. Le misurazioni devono essere effettuate al ter-mine di un intervallo tra un’iniezione e l’altra, unitamente alla valutazione dei sintomi clinici. I livelli sierici non devono superare il terzo più bassodella norma. Livelli sierici inferiori alla norma indicano la necessità di ridurre tale intervallo. In caso invece di livelli sierici elevati, si può esaminarela possibilità di estendere l’intervallo tra le iniezioni. Bambini e adolescenti. Nebid è controindicato per bambini e adolescenti e non è stato valuta-to clinicamente in pazienti maschi al di sotto dei 18 anni di età. 4.3. Controindicazioni. L’uso di Nebid è controindicato nel carcinoma androgeno-dipendente della prostata o della ghiandola mammaria maschile, in casi di tumori al fegato presenti o pregressi;ipersensibilità al principio attivo oa uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e opportune precauzioni d'impiego. Non è raccomandato l’utilizzo di Nebid in bambini eadolescenti. Nebid deve essere somministrato solo in caso di accertato ipogonadismo (ipergonadotropo e ipogonadotropo) e dopo aver escluso, primadell’inizio del trattamento, altre eziologie, responsabili dei sintomi. La carenza di testosterone deve essere chiaramente dimostrata da sintomi clinici(regressione dei caratteri sessuali secondari, modifiche della struttura corporea, astenia, calo della libido, disfunzione erettile, ecc.) e confermata dadue distinte misurazioni dei livelli di testosterone nel sangue. L’esperienza nell’uso di Nebid in pazienti anziani al di sopra dei 65 anni di età è limi-tata. Attualmente, non esiste un parere unanime sui valori di riferimento del testosterone specifici per l’età. Tuttavia, si deve tenere presente che dalpunto di vista fisiologico i livelli sierici di testosterone diminuiscono con l’invecchiamento. Esami medici. Prima di iniziare la terapia con testostero-ne, tutti i pazienti devono sottoporsi ad una visita approfondita per escludere il rischio di un tumore alla prostata preesistente. I pazienti che assu-mono una terapia testosteronica devono essere sottoposti a un monitoraggio attento e regolare della ghiandola prostatica (esplorazione rettale edeterminazione del PSA sierico) e delle mammelle, secondo i metodi consigliati, almeno una volta all’anno e due volte all’anno per i pazienti anzia-ni e quelli a rischio (quelli che presentano fattori clinici o familiari). Nei pazienti sottoposti a terapia androgenica a lungo termine, oltre agli esami dilaboratorio relativi alla concentrazione di testosterone, si devono controllare periodicamente i seguenti parametri di laboratorio: emoglobina, ema-tocrito e test di funzionalità epatica. A causa della variabilità dei risultati di laboratorio, tutti gli esami per la determinazione del testosterone devo-no essere effettuati presso lo stesso laboratorio. Tumori. Gli androgeni possono accelerare la progressione del tumore subclinico alla prostata e del-l’iperplasia prostatica benigna. Nebid deve essere usato con cautela in pazienti oncologici a rischio di ipercalcemia (e ipercalciuria associata) a causadi metastasi ossee. In questi pazienti è consigliabile il regolare monitoraggio della concentrazione sierica di calcio. Nei pazienti che assumono unaterapia sostitutiva del testosterone sono stati riferiti raramente tumori epatici benigni e maligni. Altre condizioni. Nei pazienti affetti da grave insuf-ficienza cardiaca, epatica o renale o da cardiopatia ischemica il trattamento con testosterone può causare gravi complicanze caratterizzate da edemacon o senza insufficienza cardiaca congestizia. In tal caso, il trattamento deve essere interrotto immediatamente. Non esistono studi in grado di dimo-strare l’efficacia e la sicurezza del farmaco in pazienti con compromissione della funzionalità renale o epatica, pertanto in questi pazienti la terapiasostitutiva del testosterone va usata con cautela. Come regola generale, si raccomanda di limitare sempre l’impiego di iniezioni intramuscolari inpazienti con disordini della coagulazione sanguigna acquisiti o ereditari. Nebid deve essere usato con cautela nei pazienti affetti da epilessia ed emi-crania, poiché tali condizioni si possono aggravare. Si può verificare un aumento della sensibilità all’insulina nei pazienti trattati con androgeni cheraggiungono concentrazioni plasmatiche normali di testosterone a seguito della terapia sostitutiva. Alcuni sintomi clinici, quali irritabilità, nervosi-smo, aumento ponderale, erezioni prolungate o frequenti possono indicare un’eccessiva esposizione agli androgeni con conseguente necessità di unadeguamento del dosaggio. L’apnea notturna preesistente può risultare potenziata. Gli atleti trattati con testosterone come terapia sostituiva nel-l’ipogonadismo maschile primario e secondario devono essere informati del fatto che il farmaco contiene un principio attivo che può dar luogo a risul-tati positivi nei test anti-doping. Gli androgeni non sono indicati per aumentare lo sviluppo muscolare in individui sani o per aumentare la capacitàfisica. L’assunzione di Nebid deve essere interrotta se i sintomi di un’eccessiva esposizione agli androgeni persistono o ricompaiono durante il tratta-mento con il dosaggio consigliato. Somministrazione. Nebid deve essere iniettato per via intramuscolare. L’esperienza mostra che le reazioni di brevedurata (tosse impellente, colpi di tosse, sofferenza respiratoria) che si manifestano in rari casi durante o immediatamente dopo l’iniezione di soluzio-ni oleose, possono essere evitate iniettando la soluzione molto lentamente. 4.5. Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione.Anticoagulanti orali. Si è osservato che il testosterone ed i suoi derivati aumentano l’attività degli anticoagulanti orali. I pazienti che assumono anti-coagulanti orali richiedono uno stretto monitoraggio, soprattutto all’inizio o alla fine della terapia androgenica. Si consiglia di intensificare il moni-toraggio del tempo di protrombina e frequenti determinazioni dell’INR. Interazioni di altro genere. La somministrazione concomitante di testoste-rone e ACTH o corticosteroidi può aumentare la formazione di edemi, pertanto questi principi attivi devono essere somministrati con cautela, in par-ticolare in pazienti affetti da cardiopatie o epatopatie o da pazienti con una predisposizione all’edema. Interazioni con gli esami di laboratorio: gliandrogeni possono diminuire i livelli di globulina legante la tirosina diminuendo così i livelli sierici totali di T4 e aumentando la captazione di T3 eT4 su resina. I livelli dell’ormone tiroideo libero rimangono però inalterati e non esistono prove cliniche di disfunzione tiroidea. 4.6. Gravidanza eallattamento. L’uso di Nebid è controindicato nelle donne e il farmaco non deve essere assunto in gravidanza o durante l’allattamento al seno. 4.7.Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Nebid non altera la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8. Effettiindesiderati. L’effetto avverso osservato più di frequente è il dolore in sede d’iniezione (10%). In studi clinici sono stati segnalati i seguenti effetti inde-siderati, con sospetta correlazione a Nebid (classificati utilizzando i termini e i distretti corporei definiti dal sistema HARTS):

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Sistema/Apparato Effetti indesiderati comuni* (>1/100, < 1/10)Apparato digerente diarreaApparato muscoloscheletrico dolore agli arti, artralgiaSistema nervoso vertigini, aumento della sudorazione, cefaleaSistema respiratorio disturbi respiratoriCute e annessi acne, dolore alla mammella, ginecomastia, prurito, alterazioni cutaneeApparato urogenitale dolore testicolare, disturbi alla prostataDisturbi generali e alterazioni del sito di somministrazione ematoma sottocutaneo nella sede dell’iniezione

*) A causa del ridotto campione di studi, la frequenza di ciascun effetto indesiderato osservato con una relazione causale suggerita rientra come minimo nella categoria comune (>1/100).

In letteratura sono riportati i seguenti effetti indesiderati causati da preparati contenenti testosterone:

Sistema/Apparato Effetti indesideratiAlterazioni del sangue e sistema linfatico rari casi di policitemia (eritrocitosi)Alterazioni del metabolismo e della nutrizione aumento ponderale, alterazioni elettrolitiche (ritenzione di sodio, cloruro, potassio,

calcio, fosfato inorganico e ritenzione idrica) durante un trattamento con dosi elevate e/o un trattamento prolungato

Apparato muscoloscheletrico crampi muscolariSistema nervoso nervosismo, ostilità, depressioneApparato respiratorio apnea notturnaAlterazioni del sistema epatobiliare in casi estremamente rari ittero e anomalie nei test di funzionalità epaticaCute e annessi possono manifestarsi varie reazioni cutanee, tra cui acne, seborrea e alopeciaDisordini del sistema riproduttivo e della mammella alterazioni della libido, maggiore frequenza di erezioni;

la terapia con dosi elevate di preparati di testosterone normalmente interrompe in modo reversibile o riduce la spermatogenesi, riducendo le dimensioni dei testicoli; la terapia sostitutiva del testosterone nell’ipogonadismo può in rari casi provocare erezioni persistenti e dolorose (priapismo), anomalie prostatiche, tumore alla prostata**, ostruzione urinaria

Disturbi generali e alterazioni della sede di somministrazione la somministrazione di testosterone in dosi elevate o a lungo termine causa occasionale incremento della tendenza alla ritenzione idrica e all’edema;possono verificarsi reazioni di ipersensibilità

**) I dati relativi al rischio di tumore alla prostata associato alla terapia testosteronica non consentono di trarre conclusioni certe.

4.9. Sovradosaggio. Non è necessario adottare alcuna particolare misura terapeutica in seguito a sovradosaggio, ad esclusione dell’interruzione della terapia farma-cologica o della riduzione del dosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: androgeni, derivati del3-ossoandrostene (4). Codice ATC: G03B A03. Il testosterone undecanoato è un estere dell’androgeno normalmente presente in natura, il testosterone. La forma attiva,il testosterone, si forma per eliminazione della catena laterale. Il testosterone è il più importante androgeno maschile, principalmente sintetizzato nei testicoli e, inmisura minore, nella corteccia surrenale. Il testosterone è responsabile dell’espressione dei caratteri maschili durante lo sviluppo fetale, della prima infanzia e dellapubertà e quindi della conservazione del fenotipo maschile e delle funzioni androgeno-dipendenti (ad es. spermatogenesi, ghiandole sessuali accessorie). Svolge inol-tre funzioni a livello, ad es., di cute, muscoli, scheletro, reni, fegato, midollo osseo e sistema nervoso centrale. A seconda dell’organo target, l’ attività del testostero-ne è prevalentemente androgenica (ad es. prostata, vescicole seminali, epididimi) o proteico-anabolica (muscolo, osso, ematopoiesi, reni, fegato). Gli effetti del testo-sterone in alcuni organi aumentano a seguito di conversione periferica di testosterone in estradiolo, che si lega a recettori per gli estrogeni nel nucleo delle cellule ber-saglio, ad esempio le cellule della ghiandola pituitaria, adipe, cervello, ossa e cellule di Leydig del testicolo. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento. Nebidè una forma farmaceutica deposito a lento rilascio di testosterone undecanoato con somministrazione intramuscolare, ed elude l’effetto di primo passaggio. A segui-to dell’iniezione intramuscolare di testosterone undecanoato sotto forma di soluzione oleosa, il composto viene gradualmente rilasciato e quasi completamente scis-so dalle esterasi sieriche in testosterone ed acido undecanoico. Un giorno dopo la somministrazione è possibile osservare un incremento dei livelli sierici di testostero-ne al di sopra dei valori basali. Condizioni di equilibrio (Steady-state). In seguito alla prima iniezione intramuscolare di 1000 mg di testosterone undecanoato in pazien-ti maschi ipogonadici, dopo 7 giorni sono stati ottenuti valori medi di Cmax pari a 38 nmol/l (11 ng/ml). La seconda dose è stata somministrata 6 settimane dopo laprima iniezione e sono state raggiunte concentrazioni massime di testosterone pari a circa 50 nmol/l (15 ng/ml). Nel corso delle 3 somministrazioni successive è statomantenuto un intervallo di dosaggio costante di 10 settimane e le condizioni di equilibrio sono state raggiunte tra la terza e la quinta somministrazione. I valori medidi Cmax e di Cmin di testosterone allo steady-state erano rispettivamente 37 (11 ng/ml) e 16 nmol/l (5 ng/ml). La variabilità media intra e inter-individuale (coefficien-te di variazione, %) dei valori di Cmin era rispettivamente del 22% (intervallo: 9-28%) e del 34% (intervallo: 25-48%). Distribuzione. Nel siero dei pazienti maschi, circail 98% del testosterone circolante si lega alla globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG) e all’albumina. Solo la frazione libera di testosterone è considerata biolo-gicamente attiva.A seguito di infusione endovenosa di testosterone in pazienti maschi anziani, l’emivita di eliminazione del testosterone era di circa un’ora ed è statorilevato un volume apparente di distribuzione di circa 1,0 l/kg. Metabolismo. Il testosterone generato mediante scissione dell’estere dal testosterone undecanoatoviene metabolizzato ed escreto nello stesso modo del testosterone endogeno. L’acido undecanoico è metabolizzato mediante ß-ossidazione nello stesso modo deglialtri acidi carbossilici alifatici. I metaboliti attivi principali del testosterone sono l’estradiolo e il diidrotestosterone. Eliminazione. Il testosterone è soggetto a estensi-vo metabolismo epatico ed extra-epatico. A seguito di somministrazione di testosterone radiomarcato, circa il 90% della radioattività compare nell’urina sotto formadi coniugati dell’acido glucuronico e solforico, mentre il 6% è presente nelle feci a seguito di circolazione enteropatica. I prodotti urinari includono androsterone e etio-colanolone. A seguito della somministrazione intramuscolare di questa formulazione "depot", la velocità di rilascio è caratterizzata da un’emivita di 90±40 giorni. 5.3.Dati preclinici di sicurezza. Gli studi tossicologici non hanno rivelato effetti diversi da quelli spiegabili sulla base del profilo ormonale di Nebid. Il testosterone è risul-tato non-mutageno in vitro utilizzando il modello di reversione della mutazione (test di Ames) o le cellule ovariche di criceto. In studi su animali da laboratorio è statoscoperto un rapporto tra il trattamento androgenico e certi tipi di tumore. Dati sperimentali sui ratti hanno dimostrato un'aumentata incidenza di tumore alla prosta-ta dopo il trattamento con testosterone. E' noto che gli ormoni sessuali facilitano lo sviluppo di alcuni tipi di tumore indotti da agenti cancerogeni noti. La rilevanzaclinica di quest’ultima osservazione non è nota. Studi sulla fertilità condotti su roditori e primati hanno dimostrato che il trattamento con il testosterone può compro-mettere la fertilità sopprimendo la spermatogenesi in misura dose-dipendente. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Benzile benzoato,olio di ricino raffinato. 6.2. Incompatibilità. In assenza di studi di compatibilità, il medicinale non deve essere miscelato con altri prodotti. 6.3. Periodo di validità. 5anni. Il medicinale deve essere utilizzato subito dopo l’apertura della confezione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Il medicinale non richiede parti-colari precauzioni per la conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Fiale (di tipo I) in vetro color ambra da 5 ml, con un volume di riempimento di 4ml. Confezione: 1 fiala da 4 ml. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. La soluzione iniettabile deve essere controllata visivamenteprima dell’uso; devono essere utilizzate solo le soluzioni limpide prive di particelle in sospensione. Il farmaco è monouso; l'eventuale soluzione non utilizzata deveessere eliminata. 7. TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO. Bayer S.p.A. - Viale Certosa, 130 - 20156 Milano. 8. NUMERO DELL’ AUTO-RIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. 1 fiala da 4 ml. AIC n. 037051012/M. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE.25 ottobre 2006. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Giugno 2007.

Nebid - Confezione monofiala da 1000 mg - Classe C - Prezzo al pubblico 147 Euro.

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