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I CONTRATTI N. 7/2006 643 I CONTRATTI• ANNO XIV GIURISPRUDENZA Parte I - Contratti in generale RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO E LOCAZIONE IMMOBILIARE PER USO NON ABITATIVO Cass., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460 Commento di Viviana Mancinelli 645 COLLAZIONE DELLA DONAZIONE DISSIMULATA E LIMITI PROBATORI PER IL COEREDE LEGITTIMARIO Trib. Rimini 27 dicembre 2005 Commento di Laura Vagni 652 RASSEGNA DI LEGITTIMITÀ 659 Parte II - I singoli contratti NULLITÀ DELLA FIDEIUSSIONE A «SCADENZA ANTICIPATA» Cass., sez. I, 4 novembre 2005, n. 21396 Commento di Pier Giovanni Traversa 663 I DIRITTI DEL CONDUTTORE ALLA PARTECIPAZIONE ALL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE E ALL’USO DEL PARCHEGGIO Cass., sez. III, 3 ottobre 2005, n. 19308 Commento di Monica Selvini 672 LA RESPONSABILITÀ DELL’INTERMEDIARIO NEL CASO CIRIO E LA RECENTE LEGGE PER LA TUTELA DEL RISPARMIO Trib. Trani 31 gennaio 2006 Commento di Valerio Sangiovanni 686 RASSEGNA DI LEGITTIMITÀ 702 RASSEGNA DI MERITO Sentenze esposte da Elettra Bruno 705 PANORAMA FISCALE A cura di Sara Armella e Francesca Balzani 718 ARGOMENTI LICENZE PUBBLICHE DI SOFTWARE E CONTRATTO di Carlo Piana 720 CONTRATTI E UNIONE EUROPEA IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE EUROPEO: TRA MODELLO OPZIONALE ED E-INSURANCE di Nicola Brutti 728 OSSERVATORIO COMUNITARIO A cura di Elena Bigi, Studio legale De Berti, Jacchia, Franchini, Forlani - Bruxelles 737 SOMMARIO

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I CONTRATTI N. 7/2006 643

I CONTRATTI•ANNO XIV

GIURISPRUDENZA

Parte I - Contratti in generaleRISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO E LOCAZIONE IMMOBILIARE PER USO NON ABITATIVOCass., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460Commento di Viviana Mancinelli 645

COLLAZIONE DELLA DONAZIONE DISSIMULATA E LIMITI PROBATORI PER IL COEREDE LEGITTIMARIO Trib. Rimini 27 dicembre 2005Commento di Laura Vagni 652

RASSEGNA DI LEGITTIMITÀ 659

Parte II - I singoli contrattiNULLITÀ DELLA FIDEIUSSIONE A «SCADENZA ANTICIPATA»Cass., sez. I, 4 novembre 2005, n. 21396Commento di Pier Giovanni Traversa 663

I DIRITTI DEL CONDUTTORE ALLA PARTECIPAZIONE ALL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE E ALL’USO DEL PARCHEGGIOCass., sez. III, 3 ottobre 2005, n. 19308Commento di Monica Selvini 672

LA RESPONSABILITÀ DELL’INTERMEDIARIO NEL CASO CIRIO E LA RECENTE LEGGE PER LA TUTELA DEL RISPARMIOTrib. Trani 31 gennaio 2006Commento di Valerio Sangiovanni 686

RASSEGNA DI LEGITTIMITÀ 702

RASSEGNA DI MERITOSentenze esposte da Elettra Bruno 705

PANORAMA FISCALEA cura di Sara Armella e Francesca Balzani 718

ARGOMENTILICENZE PUBBLICHE DI SOFTWARE E CONTRATTOdi Carlo Piana 720

CONTRATTI E UNIONE EUROPEAIL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE EUROPEO: TRA MODELLO OPZIONALE ED E-INSURANCEdi Nicola Brutti 728

OSSERVATORIO COMUNITARIOA cura di Elena Bigi, Studio legale De Berti, Jacchia, Franchini, Forlani - Bruxelles 737

SOMMARIO

MODELLI CONTRATTUALIIL PATTO DI FAMIGLIAdi Carmen Leo 741

INDICI 745

I CONTRATTI N. 7/2006644

I CONTRATTI•ANNO XIV

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iContrattiRivista di dottrina e giurisprudenza

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I CONTRATTI N. 7/2006 645

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19 giugno-13 agosto 2001 ilTribunale di Taranto dichiarava risolto per ina-dempimento il contratto di locazione intercorso

per uso commerciale tra il proprietario G. L. e la con-duttrice E. P. per inadempimento di quest’ultima, checondannava al rilascio dell’immobile.Con sentenza in data 27 marzo-23 aprile 2002, la Corted’Appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto - ri-gettava l’appello della soccombente, che condannava alpagamento delle ulteriori spese processuali.La Corte territoriale osservava che l’esito negativo del-

l’assegno con cui erano stati «pagati» i canoni novem-bre-dicembre 1999 bastava a concretare il grave ina-dempimento. Aggiungeva che il canone, da corrispon-dersi anticipatamente per ciascun mese, era stato mate-rialmente corrisposto per due mensilità solo dopo la no-tificazione dell’intimazione di sfratto; che la polizza con-tro gli incendi era stata sottoscritta in ritardo; che vi era-no questioni anche in relazione alle spese di registrazio-ne del contratto e alle spese di fogna; che l’evoluzionenon lineare del rapporto era dimostrato dalle raccoman-date prodotte dall’appellato.Avverso la suddetta sentenza la P. ha proposto ricorso

Inadempimento

Risoluzione del contratto per inadempimento e locazioneimmobiliare per uso non abitativoCassazione civile, sez. III - Sentenza del 18 novembre 2005, n. 24460 Pres. Sabatini - Rel. Massera - P.M. Sgroi (Conf.) - Ric. P. E. - Res. L. G.

I.Contratto in genere - Scioglimento del contratto - Risoluzione del contratto - Per inadempimento - Importanzadell’inadempimento - Inadempimento delle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto - Gravitàdell’inadempimento - Configurabilità - Fattispecie in tema di locazione ad uso commerciale

In tema di risoluzione contrattuale per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti del-l’art. 1455 Codice civile, della non scarsa importanza dell’inadempimento - riservata al giudice di me-rito - deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbliga-zioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazione, quella di pagamento dei ca-noni dovuti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, nella quale, in applicazionedel richiamato principio ed in relazione ad una locazione ad uso commerciale, era stato consideratodi non scarsa importanza l’inadempimento del conduttore che, sebbene il contratto prevedesse il pa-gamento anticipato del canone mensile, aveva corrisposto il pagamento di due mensilità solo suc-cessivamente alla notificazione dell’intimazione di sfratto, mentre in precedenza aveva consegnatoal locatore un assegno non andato a buon fine, circostanza questa che non poteva trovare alcuna giu-stificazione nell’asserita convinzione del conduttore-ricorrente che la banca lo avrebbe pagato ugual-mente).

II.Procedimenti sommari - Per convalida di sfratto per finita locazione - Intimazione di licenza o di sfratto - Permorosità - Successiva purgazione della mora da parte del conduttore intimato - Gravità del pregresso inadempimento- Accertamento nell’ambito del giudizio ordinario di risoluzione seguito alla fase sommaria - Ammissibilità

In tema di locazioni, la purgazione della mora, successiva alla domanda di risoluzione insita nell’inti-mazione di sfratto per morosità, non è ostativa, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1453 Codice civi-le, all’accertamento della gravità del pregresso inadempimento nell’ambito del giudizio ordinario chea tal fine prosegua successivamente al pagamento dei canoni scaduti da parte dell’intimato.

per cassazione affidato ad un unico motivo, mediante ilquale eccepisce vizio di motivazione circa la gravità, ovesussistente, degli asseriti inadempimenti.Il L. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

La P. sostiene che la Corte d’Appello, dopo avereaccolto l’istanza di inibitoria, peraltro in armoniacon l’ordinanza del Tribunale che già aveva re-

spinto l’istanza della controparte di emissione del prov-vedimento di rilascio provvisorio dell’immobile, si ècontraddetta rigettando immotivatamente il propriogravame.Osserva la Corte che non è giuridicamente e razional-mente configurabile alcuna contraddizione tra un prov-vedimento emesso dal giudice di appello in sede di co-gnizione sommarla e ignorando la motivazione dellasentenza impugnata, depositata solo successivamente, ela decisione finale pronunciata dal medesimo giudice inesito all’esame completo delle questioni prospettate edelle risultanze processuali.Meno che mai è ipotizzabile una situazione di contrad-dittorietà tra provvedimenti emessi in gradi diversi, es-sendo fisiologico che il giudice di grado superiore possamodificare la decisione adottata nel grado precedente.Quanto alla sufficienza della motivazione, contestatadalla ricorrente, è decisivo rilevare la Corte territorialeha indicato le ragioni del proprio convincimento e ciòbasta a soddisfare l’onere motivazionale.La P. sottopone all’attenzione della Corte anche il temadella gravità dell’inadempimento, che però è di esclusivapertinenza del giudice di merito.È noto (Cass. n. 19652 del 2004) che, in tema di risolu-zione contrattuale per inadempimento, la valutazione, aisensi e per gli effetti dell’art. 1455 Codice civile, dellanon scarsa importanza dell’inadempimento deve rite-nersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verifi-cato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenzia-li del contratto, ovvero quando dal complesso della mo-tivazione emerga che il giudice lo ha considerato tale daincidere in modo rilevante sull’equilibrio negoziale.In particolare (Cass. n. 14234 del 2004), qualora l’ina-dempimento sia accertato con riguardo alle obbligazioniprimarie ed essenziali del contratto, quale, in ipotesi dilocazione, quella di pagamento dei canoni dovuti, la va-lutazione della non scarsa importanza dell’inadempi-mento, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1455 Codice civi-le, che è valutazione riservata al giudice di merito, deveritenersi implicita.Peraltro (Cass. n. 14527 del 2002) la purgazione dellamora, successiva alla domanda di risoluzione insita nel-l’intimazione di sfratto, non è ostativa, ai sensi dell’ulti-mo comma dell’art. 1453 Codice civile, all’accertamen-to della gravità del pregresso inadempimento nell’ambi-to del giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo ilpagamento dei canoni scaduti da parte dell’intimato.La Corte territoriale ha correttamente applicato questi

principi e, nell’esprimere il proprio apprezzamento dimerito, ha fatto leva sulla considerazione che, sebbene ilcontratto prevedesse il pagamento anticipato del cano-ne mensile, la P. corrispose il pagamento di due mensilitàsolo dopo la notificazione della intimazione di sfratto eche in precedenza aveva consegnato un assegno non an-dato a buon fine, circostanza che non trova giustificazio-ne alcuna nell’asserita convinzione della ricorrente chela banca lo avrebbe pagato ugualmente.Inoltre la Corte d’Appello, seppure in modo criptico, hatenuto conto anche di altre inadempienze minori che,valutate unitamente all’inadempienza principale, nehanno rafforzato il convincimento circa l’importanzadell’inadempimento nella valutazione sinallagmaticadelle rispettive prestazioni contrattuali e, quindi, dellasua gravità.Trattasi di un valutazione di merito sufficientementemotivata e, quindi, non suscettibile di censura in questasede.Ne consegue che il ricorso va rigettato con aggravio perla parte soccombente delle relative spese, che vengonoliquidate come in dispositivo.

P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al re-sistente le spese del giudizio di cassazione, che liquida incomplessivi euro 1.600,00, di cui euro 1.500,00 per ono-rari oltre spese generali o accessori di legge.

I CONTRATTI N. 7/2006646

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

L’Autore commenta la decisione in esame analizzandoi criteri di valutazione della gravità dell’inadempi-mento, ai fini della risoluzione dei contratti a presta-zioni corrispettive, alla luce dell’interpretazione giuri-sprudenziale della norma contenuta nell’art. 1455 Co-dice civile. Dopo aver trattato la questione dell’appli-cabilità della predeterminazione legale della gravitàdell’inadempimento del conduttore ai contratti di lo-cazione di immobili destinati ad uso non abitativo, sisofferma sugli effetti della sanatoria della morosità,intervenuta successivamente all’intimazione di sfrat-to per morosità, sulla valutazione dell’importanza del-l’inadempimento.

Il casoOggetto della controversia in esame è un contratto

di locazione immobiliare per uso commerciale, dichiara-to risolto dal giudice di primo grado per inadempimentodel conduttore. Avverso la sentenza del Tribunale di Ta-ranto la parte soccombente proponeva appello, che veni-va puntualmente rigettato dalla Corte d’Appello territo-riale, a giudizio della quale l’inadempimento posto in es-sere dal conduttore dell’immobile locato presentavaquella non scarsa importanza richiesta a norma dell’art.1455 Codice civile, ai fini della risoluzione del contratto.

In concreto, difatti, l’appellante aveva pagato uncanone di locazione con assegno non andato a buon fi-ne, ed inoltre aveva corrisposto al locatore due mensilitàsolo successivamente alla notificazione dell’atto di inti-mazione di sfratto, benché il contratto prevedesse il pa-gamento anticipato del canone mensile.

La questione anzidetta veniva sottoposta al giudiziodella Corte di Cassazione, che, nel confermare la deci-sione del Giudice d’Appello, afferma dei principi, per laverità in parte già espressi in precedenti giudicati, daiquali prendono le mosse le considerazioni che seguono.

Gravità dell’inadempimento tra discrezionalitàdel giudice, predeterminazione legale e criteri di riferimento

La S.C., nel giudicare correttamente ed esauriente-mente motivata la decisione dei giudici d’Appello, dallaquale pertanto non si discosta, precisa, in maniera pun-tuale e doverosa, che il tema della gravità dell’inadempi-mento contrattuale resta di esclusiva pertinenza del giudi-ce di merito. In tal senso, la giurisprudenza sulla questioneè ormai consolidata (1), tanto che è la stessa Corte a cita-re sue precedenti pronunce (2), in cui ha avuto modo diribadire che l’apprezzamento del giudice di merito sullasussistenza di elementi comprovanti l’inadempimento e lasua gravità nel quadro dell’economia contrattuale, impli-

cando la risoluzione di questioni di fatto, è insindacabilein Cassazione se immune da errori logici o giuridici.

La S.C. in una recente decisione si è spinta ancheoltre tale principio, affermando che «anche in difetto diun’espressa indagine diretta a qualificare la gravità dell’i-nadempimento, l’obbligo del giudice di merito di accer-tare l’importanza dell’inadempimento medesimo deveritenersi assolto ove dal complesso della motivazioneemerga che quel giudice lo ha considerato tale da inci-dere in modo rilevante sull’equilibrio negoziale, enun-ciando gli elementi del proprio convincimento» (3).

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 Codice civilela risoluzione del contratto prevista dall’art. 1453 Codi-ce civile, quale rimedio offerto alla parte non inadem-piente nei contratti a prestazioni corrispettive, non puòessere pronunziata in presenza di qualsiasi inadempi-mento (4). Il legislatore richiede espressamente che l’i-nadempimento sia di non scarsa importanza, avuto ri-guardo all’interesse dell’altra parte. Dalla norma in esa-me discendono diverse problematiche, sulle quali si ren-dono necessarie alcune considerazioni (5).

I CONTRATTI N. 7/2006 647

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

IL COMMENTOdi Viviana Mancinelli

Note:

(1) Fra le pronunce più recenti si segnalano: Cass. 7 marzo 2005, n. 4949,in Guida dir., 17, 45; Cass. 27 febbraio 2004, n. 4033, in Guida dir., 2004,15, 73, in cui si stabilisce appunto che «In materia di risoluzione dei con-tratti a prestazioni corrispettive il giudizio sull’importanza dell’inadempi-mento di cui all’art. 1455 del c.c. costituisce questione di fatto, la cui va-lutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito ed èincensurabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione con-grua e immune da vizi logici e giuridici»; Cass. 25 novembre 2002, n.16579, in Arch. civ., 2003, 956; Cass. 4 gennaio 2002, n. 59, in Giust. civ.,2002, I, 1261; Cass. 26 luglio 2002, n. 11055, in Arch. civ., 2003, 553.

(2) Si vedano Cass. 1 ottobre 2004, n. 19652, in Guida dir., 2004, 46, 85nonché Cass. 28 luglio 2004, n. 14234, in Arch. locaz., 2004, 742.

(3) Così Cass. 31 maggio 2005, n. 11603, in Guida dir., 2005, 26, 38.

(4) Per un approfondimento dell’ampio tema della risoluzione del contrat-to per inadempimento si vedano tra gli altri G. G. Auletta, La risoluzione perinadempimento, Milano, 1942; A. Belfiore, Risoluzione del contratto per ina-dempimento, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 1307; R. Sacco, Risoluzione perinadempimento, in Dig. Civ., XVIII, Utet, 1998, 56; Spallarossa La risoluzio-ne del contratto per inadempimento, in Giur. sist. civ. comm., IV, 2, Torino,1991; G. Alpa e M. Bessone, I contratti in generale, II, IV, Effetti, invalidità erisoluzione del contratto, Torino, 1990; Carnevali, Costanza, Luminoso, Riso-luzione per inadempimento, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca,artt. 1453-1454, 1990.

(5) Sull’argomento già un ventennio fa V. Ricciuto, Il recente orientamen-to della Cassazione sui criteri di valutazione dell’importanza dell’inadempimen-to, commento a Cass. 28 giugno 1986, n. 43111, in Riv. dir. comm., 1987,451, metteva in luce che «la laconicità della norma di cui all’art. 1455 co-dice civile ha spesso determinato indirizzi giurisprudenziali in cui la defi-nizione del concetto di <interesse dell’altra parte> è stata caratterizzatada elementi assai singolari ed eterogenei, assumendo rilevanza aspetti eprofili a volte non giustificabili su un piano squisitamente giuridico».L’Autore riporta inoltre l’assunto di Spallarossa, Importanza dell’inadempi-mento e risoluzione del contratto, in Riv. dir. civ., 1972, II, 640, per una in-teressante disamina sui criteri assunti dalla giurisprudenza in sede di ap-plicazione dell’art. 1455 Codice civile.

Come è stato efficacemente osservato, il concettodi gravità è un parametro non del tutto oggettivo, maneppure completamente astratto (6). Tale premessa è in-dispensabile per comprendere le ragioni per le quali si so-no alternate in dottrina e giurisprudenza diverse teoriesui criteri, alla stregua dei quali va commisurata la con-dotta inadempiente, perché sia qualificata come grave.

A ben vedere, però, un primo punto fermo viene se-gnato dalla sentenza in commento, in tal senso non iso-lata, laddove si riconosce carattere implicito alla valuta-zione della non scarsa importanza dell’inadempimento,in ipotesi in cui l’inadempimento stesso sia accertatocon riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali delcontratto (7).

La fattispecie dalla quale si origina la decisione incommento rappresenta una concreta applicazione di ta-le principio, dal momento che al pagamento del canonedi locazione va certamente riconosciuta la natura di ob-bligazione primaria ed essenziale del contratto stesso, co-me previsto dall’art. 1587 Codice civile (8).

Ciò detto, non si può però non rilevare che a stret-to rigore di norma, al giudice non viene fornita alcunaindicazione specifica su come orientarsi nel giudizio digravità dell’inadempimento che, ragionando in questitermini, risulta pertanto rimesso alla discrezione del giu-dicante (9), pur con le dovute eccezioni.

Difatti per talune tipologie contrattuali il legislato-re ha provveduto a predeterminare la gravità dell’ina-dempimento che dà luogo alla risoluzione giudiziale delcontratto; nella specie, in tema di locazioni di immobiliurbani, la disciplina dell’inadempimento del conduttore,relativamente al pagamento del canone, è dettata dagliartt. 5 e 55 Legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla quale siavrà modo di tornare successivamente (10).

La giurisprudenza più risalente, sostenuta in parteda certa autorevole Dottrina, ha in un primo momentoindividuato nella volontà presunta delle parti il parame-tro di valutazione dell’importanza dell’inadempimento,così riconoscendo al comportamento delle parti una ri-levanza determinante ai fini del giudizio di gravità. Taleimpostazione, che privilegia una valutazione soggettivi-sta, si basa principalmente sulla formulazione letteraledell’art. 1455 Codice civile, che pone come unico para-metro di riferimento proprio l’interesse della parte noninadempiente (11).

È necessario però evidenziare che tale formulazionenon è stata immune da critiche o dubbi, dal momentoche, come è stato sostenuto, ancorando il giudizio di gra-vità dell’inadempimento unicamente a criteri soggettivi,si corre il rischio di consentire alla parte adempiente diottenere una pronuncia di risoluzione giudiziale, invo-cando semplicemente la lesione soggettiva del suo inte-resse (12).

In contrasto rispetto alla teoria c.d. soggettiva ed ailimiti ad essa connaturati, ha trovato largo spazio in giu-risprudenza una teoria che potrà dirsi oggettiva, poichéassume quale metro di valutazione della gravità le circo-

stanze oggettive presenti al momento dell’inadempi-mento ed alla loro incidenza sull’equilibro del rapporto esull’economia contrattuale, ponendosi, pertanto, la nor-ma contenuta nell’art. 1455 Codice civile come una re-gola di proporzionalità (13).

I giudici di legittimità, nel tentativo di interpretareil dettato dell’art. 1455 Codice civile, dopo aver alterna-to pronunce ora fedeli all’impostazione soggettiva, ora aquella oggettiva, hanno elaborato e accolto una tesi percosì dire intermedia (14), secondo la quale la gravità del-l’inadempimento deve essere accertata sulla base di uncriterio relativo, idoneo a consentire di coordinare la va-lutazione dell’elemento obiettivo della mancata presta-

I CONTRATTI N. 7/2006648

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(6) Così G. Nardelli, nota a Cass. 17 febbraio 2004, n. 3002, in Giur. it.,2005, 712.

(7) Vedi Cass. 1 ottobre 2004, n. 19652, in Impresa, 2005, 1, 114; Cass. 6novembre 2002, n. 15553, in Arch. civ., 2003, 956; App. Bari 12 gennaio1982, in Corti di Bari, 1982, 390, con nota di Paparella.

(8) Sul punto si vedano fra le altre Cass. 28 luglio 2004, n. 14234, in Ar-ch. locaz., 2005, 84; Cass. 7 ottobre 1998, n. 9913, in Arch. locaz., 1999,91, Trib. Napoli 3 ottobre 1988, in Arch. locaz., 1989, 101.

(9) Come rileva Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Noviss.Dig. it., XVI, Torino, 1969, 133: «La valutazione dell’importanza dell’i-nadempimento è rimessa al giudizio discrezionale del giudice: è perciòuno di quei casi in cui il diritto non risolve, perché non può risolvere, intermini generali ed aprioristici il problema, ma deve fare ricorso a quell’e-stremo e delicato criterio che è l’equità del giudice».

(10) Fra tutti si veda G. Bernardi, L’inadempimento del conduttore, in Il con-tratto di locazione, a cura di S. Patti, in Giur. sist. civ. e comm., Torino,1996, 151.

(11) In Cass. 22 maggio 2001, n. 6951, in Foro pad., 2001, I, 505, con no-ta di Maniàci, la S.C. ritiene che «il criterio stabilito dall’art. 1455 delCodice civile...impone un apprezzamento complessivo del comporta-mento del contraente, la cui gravità va commisurata non all’entità deldanno prodotto, ma alla rilevanza delle violazioni contrattuali commes-se, considerando anche l’interesse della parte incolpevole», nonché Cass.7 giugno 1993, n. 6367, in Giur. it, 1994, I, 1, 1209, con nota di De Mi-chel.

(12) Così Scognamiglio, in I Contratti in generale, in Trattato di diritto civi-le, diretto da Grosso-Santoro Passatelli, Milano, 1972, 273.

(13) Cfr. da ultimo Cass. 21 luglio 2004, n. 13601, in Guida dir., 2004, 43,40, in cui la S.C. afferma che «Con riguardo alla disciplina della risolu-zione per inadempimento dei contratti a prestazione corrispettive, il di-sposto dell’art. 1455 del codice civile pone una regola di proporzionalità,in virtù della quale la risoluzione del vincolo contrattuale è collegata uni-camente all’inadempimento delle obbligazioni che abbiano una notevo-le rilevanza nell’economia del rapporto, per la cui valutazione, occorretener conto dell’esigenza di mantenere l’equilibrio tra prestazioni di egua-le peso, talché l’importanza dell’inadempimento non deve essere intesa insenso subiettivo, in relazione alla stima che la parte creditrice abbia potu-to fare del proprio interesse, violato, ma in senso obiettivo, in relazionecioè all’attitudine dell’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattualee a reagire sulla causa del contratto e sul comune intento negoziale», edin senso del tutto conforme Cass. 14 giugno 2001, n. 8063, in Studium Ju-ris, 2002, 97, nonché Cass. 26 luglio 2002, n. 11055, in Arch. locaz., 2003,203. In dottrina Mosco, La risoluzione per inadempimento, Napoli, 1950,48; Mirabelli, Dei contratti in generale, in Commentario del codice civile, IV,II, Torino, 1958, 475; Distaso, I contratti in generale, II, Utet, Torino, 1966,1183; Giogianni, L’inadempimento, 1982; Smiroldo, Profili della risoluzioneper inadempimento, Milano, 1982.

(14) Ex multis Cass. 10 settembre 1991, n. 9485, in Giur. it., 1992, I, 1,1081.

zione nel quadro dell’economia generale del negozio,con gli elementi soggettivi, costituiti principalmente dalcomportamento della controparte e dall’interesse diquesto ad un esatto adempimento nel termine pattuito(15).

In conclusione dunque, secondo tale teoria, la gra-vità dell’inadempimento va accertata seguendo dei cri-teri relativistici, che tengano conto tanto di elementiobiettivi, connessi allo squilibrio prodotto al sinallagmanegoziale, quanto di elementi di carattere soggettivo(16).

Segue: grave inadempimento del conduttore nei contratti di locazione immobiliare

Anche la risoluzione per morosità del contratto dilocazione soggiace al principio generale sancito dall’art.1455 Codice civile, con le dovute precisazioni. In mate-ria di locazioni, la figura che con maggior frequenza sipresenta nella pratica è quella dell’inadempimento delconduttore alle proprie obbligazioni.

In varie pronunce, aventi ad oggetto fattispecieanaloghe a quella di cui si tratta, si è riconosciuto chel’omesso pagamento dei canoni dovuti alla scadenza pat-tuita, rappresentando inadempimento ad una obbliga-zione primaria ed essenziale del contratto, non rende ne-cessaria una valutazione specifica della gravità dell’ina-dempimento, poiché essa è implicita nella circostanzastessa del mancato pagamento (17).

Tuttavia non è escluso che il mancato pagamentodel canone, pur costituendo inadempimento ad un’ob-bligazione principale del contratto, in concorso con de-terminate circostanze che il giudice può apprezzare di-screzionalmente, possa essere considerato inadempi-mento di scarsa importanza (18).

La Legge n. 392/1978 in materia di locazioni di im-mobili urbani (c.d. Legge sull’equo canone), prevedenell’art. 5 che «il mancato pagamento del canone, de-corsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il man-cato pagamento, nel termine previsto, degli oneri acces-sori quando l’importo non pagato superi quello di duemensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione,ai sensi dell’articolo 1455 del Codice civile». Tale nor-ma, come già sottolineato, avendo introdotto una valu-tazione legale tipica della gravità dell’inadempimento,esclude che il giudice, nelle ipotesi in cui potrà trovareapplicazione, possa effettuare l’indagine sulla non scarsaimportanza dell’inadempimento (19). Resta invece di-sciplinata dall’art. 55 della citata Legge la sanatoria del-la morosità del conduttore.

Non è tuttora del tutto pacifica la questione dellaapplicabilità della predeterminazione legale della gravitàdell’inadempimento ai fini della risoluzione del contrat-to, così come formulata dall’art. 5, alle locazioni di im-mobili destinati ad uso diverso dall’abitazione. Da unadisamina delle sentenze di legittimità sulla questione,non è dato infatti scorgere una uniformità di voci.

Da un lato, vi è un orientamento giurisprudenziale

in via di consolidamento che in modo rigoroso escludeche la disciplina della predeterminazione legale dell’ina-dempimento che possa giustificare la risoluzione delcontratto si estenda anche alle locazioni ad uso non abi-tativo, per le quali quindi continua ad operare il criteriodella non scarsa importanza dell’inadempimento stabili-to dall’art. 1455 Codice civile (20).

I CONTRATTI N. 7/2006 649

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(15) Così Cass. 7 giugno 1993, n. 6367, in Giur. it., 1994, I, 1209, ed inol-tre tra le prime pronunce Cass. 28 marzo 1995, n. 3669, in Mass. Giur. it.,1995, 710; Cass. 29 settembre 1994, n. 7937, in Giur. it., 1995, I, 1, 1010;Cass. 6 giugno 1997, n. 5086, in Nuova giur. comm., 1998, 201; ed inve-ro, di recente Cass. 19 agosto 2003, n. 12112, in Guida dir., 2003, 38, 75,in cui la Corte stabilisce che «Per la risoluzione di un contratto a presta-zione corrispettive la gravità dell’inadempimento di una parte deve esse-re accertata avuto riguardo sia all’entità oggettiva di esso, sia al protrarsidei suoi effetti, sia alla natura e alla finalità del rapporto, sia all’economiacomplessiva della convenzione sia, infine, all’interesse che l’altra parteintende realizzare», ed ancora si veda Cass. 6 aprile 2000, n. 4317, inCorr. giur., 2000, 1338, con nota di De Giorgi. Tale impostazione «inter-media» ha trovato diversi sostenitori in dottrina, si vedano pertanto R.Sacco, op. cit., 61; Dalmartello, in Risoluzione del contratto, in NovissimoDig. it., XVI, Torino, 1969, 133; A. Belfiore, op. cit., 1322.

(16) Cfr. Cass. 5 settembre 1966, n. 2319, in Foro pad., 1967, I, 966.

(17) Così App. Bari 12 gennaio 1982, in Corti di Bari, 1982, 390, con no-ta di Paparella, ed in senso conforme Cass. 28 luglio 2004, n. 14234, inArch. locaz., 2005, 84, nonché Trib. Palermo 2 marzo 2004, in Arch. lo-caz., 2005, 72 in cui: «In tema di locazioni non abitative, la condotta delconduttore il quale non abbia versato nei termini pattuiti ben quattro ca-noni di locazione (pari a 1/3 dell’importo dovuto annualmente}, provve-dendo a pagare solo dopo aver costretto il locatore a promuovere proce-dimento giudiziale di sfratto per morosità e che, in passato, non abbia ri-spettato reiteratamente le scadenze contrattuali sebbene diffidato in talsenso, valutata in relazione all’interesse concreto del proprietario ad unpuntuale adempimento, ben vale ad integrare gli estremi dell’inadempi-mento ex art. 1455 codice civile, idoneo a giustificare la risoluzione delcontratto».

(18) Cass. 4 agosto 2000, n. 10239, in Arch. locaz., 2005, 92.

(19) Contro tale assunto si vedano Pret. Marano di Napoli 10 novembre1982, in Arch. locaz., 192, 744: «In caso di morosità del conduttore nelpagamento del canone, poiché l’art. 5 l. 392/78 non ha introdotto un’i-potesi di presunzione assoluta della gravità dell’inadempimento ai finidella risoluzione del contratto di locazione, resta fermo il potere-doveredel giudice di accertare in concreto la gravità dell’inadempimento, ai sen-si dell’art. 1455 c.c.», e più recentemente Cass. 12 maggio 1999, n. 4688,in Arch. locaz., 2005, 92, in cui la Corte stabilisce che: «In tema di riso-luzione per inadempimento di locazione ad uso non abitativo, per la qua-le non trova applicazione l’art. 5 della l. n. 392 del 1978 sulla predeter-minazione legale della gravità dell’inadempimento, nel caso di morositànel pagamento del canone (e degli oneri accessori), non può reputarsi au-tomaticamente sussistente la gravità sol perché l’inadempimento incidesu una delle obbligazioni primarie scaturenti dal contratto, dovendosi in-vece accertare la gravità in concreto, cioè l’idoneità a ledere in modo ri-levante l’interesse contrattuale del locatore, a sconvolgere l’intera eco-nomia del rapporto e a determinare un notevole ostacolo alla prosecuzio-ne del medesimo».

(20) Cass. 4 agosto 2000, n. 10239, in Arch. locaz., 2005, 92; App. Bari 5maggio 2001, in Giur. mer., 2002, 721; Cass. s.u. 28 aprile 1999, n. 272,in Foro it., 1999, I, 1774, in cui la Corte afferma che: «Nel regime ordi-nario delle locazioni urbane fissato dalla l. n. 392 del 1978, la disciplinadi cui all’art. 55 relativa alla concessione di un termine per il pagamentodei canoni locatizi scaduti e per la sanatoria del relativo inadempimentonon opera in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati aduso diverso da quello abitativo. Ed, infatti, il legislatore, nel dettare la di-sciplina della sanatoria in questione, non si è limitato a prevedere in ge-

(segue)

La ratio di tale esclusione, secondo una recente de-cisione della S.C., si desume: «a) dalla collocazione te-stuale della norma nell’ambito del Capo I («Locazionedi immobili adibiti ad uso di abitazione») del Titolo I(«Del contratto di locazione») della suindicata Legge n.392/1978, mentre le locazioni ad uso diverso da abitazio-ne sono disciplinate al Capo II del medesimo Titolo I; b)dall’essere i due diversi tipi contrattuali a loro volta di-stinti in sottotipi, con differente disciplina in ragione deidifferenti interessi tutelati; c) dal non risultare il citatoart. 5 indicato nell’art. 41 tra quelli applicabili alle loca-zioni ad uso diverso da abitazione; d) dal non essere sta-ta la norma in questione, diversamente da numerose al-tre, espressamente abrogata dalla Legge n. 431/1998; e)dal non potersi l’applicazione estensiva dell’art. 5 farsidiscendere dalla parziale liberalizzazione del canone dilocazione introdotta dalla detta Legge n. 431/1998 per lelocazioni ad uso abitativo» (21).

Del resto, anche la possibilità di sanare la morositànei contratti di locazione di immobili, stipulati per usonon abitativo, sembra essere esclusa da una parte dellagiurisprudenza (22).

In misura minoritaria, ma non per questo irrilevan-te, si attesta qualche decisione in cui si considera appli-cabile anche alle locazioni di immobili destinati ad usonon abitativo l’art. 5 della Legge n. 392/1978 (23), non-ché la sanatoria giudiziale della morosità ex art. 55 dellastessa Legge (24).

Da ultimo va rilevato che non sono mancate deci-sioni in cui il giudice di legittimità, pur partendo dallaconsiderazione che la predeterminazione legale non fos-se direttamente applicabile alle locazioni di immobilidestinati ad uso non abitativo, tuttavia ha prospettato lapossibilità che tale criterio legale sia preso in considera-zione come parametro di orientamento per valutare inconcreto a norma dell’art. 1455 Codice civile, se l’ina-dempimento del conduttore sia stato o no di scarsa im-portanza (25).

Sanatoria della morosità, giudizio di risoluzionedel contratto e valutazione della gravità del pregresso inadempimento

Vivace e per niente sopito è il dibattito in dottrina egiurisprudenza in merito alla possibilità per la parte ina-dempiente, di adempiere validamente l’obbligazione de-dotta nel contratto, in un momento successivo alla pro-posizione della domanda giudiziale di risoluzione del con-tratto (26), stante la norma dettata dall’art. 1453, terzocomma, Codice civile che letteralmente dispone che«Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempientenon può più adempiere la propria obbligazione» (27).

Come osservato in una decisione risalente dellaS.C. «Il divieto per il debitore di adempiere la propriaobbligazione dopo la proposizione della domanda di riso-luzione non è assoluto, in quanto, basandosi sulla man-canza di interesse del creditore ad ottenere l’adempi-mento, presuppone il fondamento della domanda di ri-

soluzione; di conseguenza, qualora la domanda non siafondata, lo stesso debitore non è esonerato dall’obbligodi adempiere, potendo il suo persistente atteggiamentonegativo riflettersi sulla valutazione del comportamentopregresso, trasformando il precedente inadempimento“non grave” in inadempimento “grave”, e perciò tale dalegittimare l’accoglimento della domanda» (28).

I CONTRATTI N. 7/2006650

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(segue nota 20)

nere che il conduttore convenuto per la risoluzione del contratto possaevitare tal effetto pagando, nell’ultimo termine consentitogli, tutto quan-to da lui dovuto per canoni ed oneri ed accessori, ma ha limitato la por-tata della sua previsione al solo ambito delle ipotesi di inadempimento damorosità descritte e prese in considerazione dall’art. 5 della stessa legge, dital che è la stessa disposizione di cui all’art. 55 - la quale risulta inclusa traquelle di natura processuale, le quali, di per sé, non sono idonee a dilata-re l’ambito di applicazione di una norma di natura sostanziale - a delinea-re la limitazione del suo ambito di applicazione alle sole locazioni abitati-ve»; Cass. 22 ottobre 2002, n. 14903, in Guida dir., 2003, 1, 85; Cass. 21maggio 1992, 6124, in Rass. equo canone, 1992, 258; Cass. 16 luglio 1986,n. 4600, in Foro it., 1987, I, 11.

(21) Cass. 10 giugno 2005, n. 12321, in Arch. locaz., 2006, 1, 77.

(22) Cfr. Cass. 28 febbraio 1992, n. 2496, in Vita not., 1992, 1195.

(23) Cass. 19 novembre 1994, n. 9805, in Arch. locaz., 1995, 69, ma an-teriormente Cass. 23 novembre 1987, n. 8605, in Foro it., 1998, 420, connota di Piombo nonché in Corr. giur., 1988, 41, con nota di Carbone;Trib. Brescia 15 aprile 2003, in Mass. Trib. Brescia, 2004, 148, in cui si ri-conosce che i criteri dettati dall’art. 5 della Legge n. 392/1978 per la pre-determinazione legale della gravità dell’inadempimento nelle locazioniabitative possono trovare applicazione, in via analogica, anche per le lo-cazioni di immobili adibiti ad uso diverso, ed ancora Cass. 15 marzo 1991,n. 2772, in Riv. giur. edil., 1991, I, 574.

(24) Così Trib. Bassano del Grappa 2 dicembre 1999, in Foro it., 2000, I,2091 in cui si stabilisce che «In seguito all’entrata in vigore della l. n. 431del 1998, che ha fatto venire meno anche per le locazioni abitative ilprincipio della determinazione legale del canone, lasciando tuttavia in vi-gore il disposto degli art. 5 e 55 l. n. 392 del 1978, l’istituto della sanato-ria giudiziale della morosità, previsto da quest’ultima norma, deve rite-nersi applicabile anche con riferimento alle locazioni di immobili adibitiad uso diverso dall’abitazione», ed inoltre Cass. 27 novembre1986, n.6995, in Giur. it., 1987, I, 1, 1396.

(25) Cass. 4 febbraio 2000, n. 1234, in Arch. locaz., 2005, 92; Cass. 29novembre 1994, n. 10202, in Rass. loc. condom., 1995, 220 con nota diGuida; Cass. 27 febbraio 1995, n. 2232, in Giur. it., I, 1, 528, in cui «In te-ma di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, pureammessa l’operatività dell’art. 55 l. n. 392 del 1978, per la valutazionedella gravità dell’inadempimento del conduttore nel pagamento del ca-none e degli oneri accessori, non trova applicazione il principio della pre-determinazione legale stabilito dall’art. 5 della stessa legge con riferimen-to alle locazioni abitative, ma continuano a valere i comuni criteri di cuiall’art. 1455 c.c., salva la facoltà del giudice di utilizzare il principio di cuiall’art. 5 cit. come criterio orientativo del proprio giudizio circa la gravitàdell’inadempimento, alla stregua della particolarità del caso concreto»;Cass., s.u., 28 dicembre 1990, n. 12210, in Rass. equo canone, 1991, 346.

(26) Sull’impossibilità di adempiere l’obbligazione dopo la domanda di ri-soluzione giudiziale del contratto, secondo il disposto dell’art. 1453, terzocomma, Codice civile, si veda tra le altre Cass. 14 agosto 1986, n. 5050,in Foro it., 1987, I, 93, con nota di Straziata.

(27) Nell’ampia letteratura sull’argomento, si vedano tra gli altri R. Mic-cio, La Locazione, in Giur. sist. civ. comm., Torino, 1967, 109, ed ancoraBernardi, op. cit., 170.

(28) Così Cass. 29 agosto 1990, n. 8955, in Nuova giur. civ. comm., 1991,I, 188, con nota di D’Angiolella.

La questione è quanto mai interessante, dal mo-mento che occorre chiarire allora, se ed in che modo icomportamenti posti in essere dell’inadempiente, nelcaso di specie il conduttore dell’immobile locato, succes-sivi alla proposizione della domanda di risoluzione giudi-ziale del contratto, possano essere valutati ai fini del giu-dizio sulla gravità dell’inadempimento.

La Corte, nella seconda parte della decisione, af-fronta la questione, affermando che la purgazione dellamora, successiva alla domanda di risoluzione insita nel-l’intimazione di sfratto per morosità, non è ostativa, aisensi dell’ultimo comma dell’art. 1453 Codice civile, al-l’accertamento della gravità del pregresso inadempi-mento nell’ambito del giudizio ordinario che a tal fineprosegua successivamente al pagamento dei canoni sca-duti da parte dell’intimato (29).

Dall’orientamento giurisprudenziale consolidatoemerge come vi sia autonomia tra il giudizio di risoluzio-ne del contratto, nell’ambito del quale rileva la valuta-zione della gravità dell’inadempimento, e l’eventualeadempimento tardivo offerto in seguito alla notifica del-l’atto intimazione di sfratto per morosità (30). Secondotale impostazione, allora, una volta sanata la morosità, ilgiudizio prosegue con il rito ordinario, e pertanto il giu-dice non può esimersi dal valutare l’inadempimento pre-gresso della parte, a nulla rilevando il comportamentosuccessivo alla proposizione dell’atto di citazione perconvalida di sfratto (31).

Diversamente, in ciò rilevando un contrasto giuri-sprudenziale attuale, in altre pronunce la Corte di Cas-sazione ha affermato che, ai fini dell’emissione della ri-chiesta pronunzia costitutiva di risoluzione del contrattoper morosità, il giudice deve valutare la gravità dell’ina-dempimento del conduttore anche alla stregua del suocomportamento dell’inadempiente successivo alla pro-posizione della domanda (32).

Secondo tale orientamento, l’adempimento con-trattuale successivo alla proposizione della domanda dirisoluzione del contratto, pur non arrestando il giudizio,va preso in esame dal giudice, poiché può costituire cir-costanza decisiva a rendere l’inadempimento di nonscarsa importanza, precludendo addirittura la possibilitàdi risolvere il contratto (33).

Osservazioni conclusiveA conclusione di questa disamina delle principali

problematiche sottese alla previsione normativa di cuiall’art. 1455 Codice civile, ed in particolare in tema dicontratti di locazione, muovendo dalla sentenza in com-mento, si può constatare che gli orientamenti della giu-risprudenza e della dottrina più attenta non sono coe-renti ed uniformi.

Tuttavia, in merito alla risoluzione dei contratti aprestazione corrispettive, in termini generali, apparecondivisibile quella l’impostazione «intermedia», che,nell’ambito del giudizio di non scarsa importanza dell’i-nadempimento, ai fini della dichiarazione giudiziale di

risoluzione del contratto, suggerisce al giudice un bilan-ciamento di diversi fattori, taluni di carattere soggettivo,altri di natura oggettiva.

Sotto l’ulteriore profilo dell’incidenza della specialesanatoria della morosità sulla valutazione che il giudicedeve effettuare, ai fini della decisione sulla domanda dirisoluzione del contratto, si può riconoscere che la sen-tenza in commento sia coerente tanto con la natura e lafunzione dell’istituto ex art. 55 della Legge sull’equo ca-none, quanto con la disciplina della risoluzione del con-tratto per grave inadempimento, secondo il combinatodisposto degli artt. 1453 e 1455 Codice civile.

I CONTRATTI N. 7/2006 651

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(29) In senso assolutamente conforme Cass. 11 ottobre 2002, n. 14527,in questa Rivista, 2003, 3, 287; Cass. 25 ottobre 1980, n. 3758, in Arch.civ., 1981, 127; Cass. 25 ottobre 1980, n. 558, in Arch. locaz., 1981, 224.

(30) Cass. 10 aprile 2000, n. 4505, in Giur. it., 2001, 477 «La facoltà delconduttore di sanare la morosità ai sensi dell’art. 55 l. 27 luglio 978 n. 392nel corso del procedimento per convalida di sfratto di cui all’art. 658c.p.c. non è preclusa dalla precedente instaurazione, da parte del locato-re, di un ordinario giudizio di risoluzione del contratto di locazione perinadempimento, in quanto ciascun procedimento conserva la sua pienaautonomia e dunque la pendenza del giudizio ordinario di risoluzione perinadempimento non può provocare il venir meno, nel procedimento spe-ciale, di una legittima facoltà del conduttore».

(31) Trib. Piacenza 11 marzo 2002, in Arch. locaz., 2002, 314; Cass. 4 giu-gno 2002, n. 8076, in Arch. civ., 2003, 430; App. Bari 5 maggio 2001, inGiur. mer., 2002, 721, in cui si afferma «Nell’azione di risoluzione delcontratto di locazione di immobile adibito ad uso commerciale a seguitodi grave inadempienza del conduttore ed intimazione di sfratto per mo-rosità, sono applicabili i principi generali in tema di risoluzione del con-tratto a prestazioni corrispettive per inadempimento, in ragione dei qua-li la suddetta risoluzione non può essere impedita dall’eventuale adempi-mento, successivo però alla proposizione della relativa domanda. La l. n.392 del 1978, infatti, ha previsto, relativamente ai nuovi contratti, la sa-natoria delle morosità esclusivamente per le locazioni ad uso abitativo»;inoltre App. Bologna 21 febbraio 2001, in Arch. locaz., 2001, 561 in cui:«Ove il conduttore paghi tardivamente i canoni e gli oneri accessori noncontroversi ex art. 666 c.p.c., alla speciale procedura subentra il normalegiudizio di cognizione e riprende vigore il principio generale di cui all’art.1453 c.c. per il quale la purgazione tardiva della mora non vale ad arre-stare gli effetti della domanda di risoluzione per inadempimento, insitanell’intimazione di sfratto per morosità».

(32) Cass. 2 aprile 2004, n. 6518, in Rass. locaz. condom., 2005, 65.

(33) Cass. 1 giugno 2004, n. 10490, in Impresa, 2004, 1640, ma già Cass.4 settembre 1991, n. 9358, in Giur. it., 1992, 864, con nota di P. Oddi, edancora Cass. 1 giugno 1993, n. 6121, in Vita not., 1994, 763 in cui si af-ferma che «Dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale di riso-luzione del contratto per inadempimento dell’altra parte e fino a quandonon si sia formato il giudicato su questa domanda, il convenuto, sia nelcaso in cui la predetta domanda debba considerarsi fondata sia in quelloopposto, non può più adempiere efficacemente la propria obbligazioneperché l’adempimento è espressamente «vietato» dall’art. 1453 c.c., sen-za distinzione e limiti di sorta; conseguentemente il giudice, nella valuta-zione della gravità dell’inadempimento, non può tenere conto del ritardoulteriore dovuto alla durata del processo, ma deve decidere valutando lasituazione cristallizzata al momento e per effetto della domanda di risolu-zione».

I CONTRATTI N. 7/2006652

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Svolgimento del processoattrice in epigrafe evocava in giudizio, innanziall’intestato Tribunale, G.A. per sentirsi acco-gliere le domande sopra precisate. Esponeva che

essa era coerede della madre G.C., deceduta a Cattolicail 10 gennaio 1992; che quest’ultima in vita aveva ven-duto, con rogito regolarmente trascritto, alla figlia natu-rale G.A. una porzione di fabbricato sito a Cattolica, delquale venivano forniti i dati identificativi, al prezzo di li-re 35 milioni risultante dall’atto stipulato interamentepagato e quietanzato; che la compravendita era da con-siderare simulata, preordinata a sottrarre il bene all’asseereditario e a pregiudicare i diritti degli altri coeredi; cheper l’esiguità del prezzo rispetto all’effettivo valore nel-l’operazione si potevano ravvisare gli estremi della simu-lazione relativa ex art. 1414, secondo comma, Codice ci-vile, dissimulandosi una donazione o una donazione in-diretta. Deduceva che, nel caso di donazione dissimula-ta, l’appartamento doveva essere conferito nell’asse ere-ditario per così soddisfare i diritti successori di tutti glieredi, mentre nell’ipotesi di donazione indiretta il confe-rimento doveva avere ad oggetto il maggior valore datodalla differenza tra quello venale ed il prezzo indicato co-me pagato nel contratto impugnato. Lamentava, infine,la F. che la convenuta era entrata nella detenzione di tut-ti i beni mobili presenti nell’abitazione.La domanda e le tesi dell’attrice venivano contestatedalla G. che, costituitasi con memoria, confermava l’ef-fettività dell’acquisto e la congruità del prezzo corrispo-sto, assumendo, inoltre, di avere eseguito opere di mi-glioria. La stessa instava in via riconvenzionale per otte-nere dall’attrice il concorso nelle spese funerarie ed ilrimborso, pro quota, di tutte le somme riguardanti l’assi-stenza prestata alla madre fino al suo decesso. Istruita lacausa con l’assunzione delle prove testimoniali ammesse

e l’espletamento di CTU tesa ad accertare l’effettivo va-lore dell’immobile oggetto del negozio contestato, lastessa, dopo l’assegnazione del presente procedimento aquesto giudice, veniva tratta a sentenza all’udienza del20 giugno 2005.

Motivi della decisionepregiudiziale la necessità di dirimere il contrastoinsorto tra le opposte difese circa la veste assun-ta dall’attrice, discendendo effetti rilevanti e di-

versi sul piano probatorio a seconda che la stessa sia daconsiderare, rispetto al contratto impugnato, parte, comeassume la G., o terza, come sostiene la F.Infatti, nel primo caso l’erede che agisca per far valere lasimulazione, se parte, si troverebbe nell’impossibilità digiovarsi delle agevolazioni probatorie previste dall’art.1417 Codice civile; nel secondo caso, quale terzo, nonincontrerebbe i limiti probatori imposti alla parte.Osservato, al riguardo, che dalla citazione risulta eviden-te la volontà dell’attrice di recuperare il bene oggettodell’atto asseritamente simulato al patrimonio eredita-rio, ritiene il giudicante come, per giurisprudenza ormaiconsolidata, sia consentito all’erede che agisce per la de-claratoria della simulazione del contratto posto in esseredal de cuius di giovarsi delle agevolazioni probatorie pre-viste dall’art. 1417 Codice civile.Da ultimo la Cassazione Civile, sez. II, 18 aprile 2003, n.6315 - confermando il precedente e costante insegna-mento contenuto nelle sentenze n. 11286 del 30 luglio2002, n. 2093 del 24 febbraio 2000 e n. 6031 del 29 mag-gio 1995, tutte della II sezione - ha chiaramente affer-mato «che non può essere disconosciuta la qualità di “terzo”all’erede che attraverso l’azione di simulazione miri a reinte-grare la quota spettategli … in tutto o in parte lesa dalla di-sposizione simulata, perché in tal modo l’erede difende un di-

Simulazione

Collazione della donazionedissimulata e limiti probatori per il coerede legittimarioTribunale Rimini - Sentenza del 27 dicembre 2005 G.U. Gambitta - G. F. c. G. A.

Contratto in generale - Donazione indiretta - Contratto simulato - Agevolazioni probatorie ex art. 1417 Codicecivile

Ritiene il giudicante come, per giurisprudenza ormai consolidata, sia consentito all’erede che agisceper la declaratoria della simulazione del contratto posto in essere dal de cuius di giovarsi delle agevo-lazioni probatorie previste dall’art. 1417 Codice civile. (Massima d’Autore).

L’

E’

ritto proprio che gli spetta per legge e che lo pone, quindi, inuna posizione antagonista rispetto al de cuius».Alla luce di siffatto insegnamento, vanno, rigettate leeccezioni della parte convenuta in ordine agli strumentiprobatori utilizzati nel corso dell’istruttoria.Alla luce di quanto sopra, il giudicante ritiene che la do-manda attrice, tesa alla dichiarazione di simulazione delcontratto in data 3 aprile 1991, a ministero del notaioB.C., registrato a Rimini il 16 aprile 1991 e trascrittonella Conservatoria dei RR.II. di Rimini il 24 aprile1992 al n. 4098 R.G. e al n. 3117 R.P., meriti di essereaccolta.Dalle emergenze probatorie risulta, invero, che la stessaG.A., in sede di interrogatorio formale, ebbe a dichiara-re che la somma consegnata «in contante a mani di miamadre prima della stipula del rogito» le era stata data dalsuocero in parte e la rimanenza dal di lei marito R.G.Così clamorosamente smentendo la versione trascrittaall’art. 7 del contratto summenzionato, laddove si leggeche «il presente acquisto è stato effettuato con il prezzodel trasferimento di beni personali» dell’acquirente. Ta-le dichiarazione, certamente funzionale a fare acquisirela personalità dell’acquisto ai sensi dell’art. 179 Codicecivile rende inveritiere, inattendibili e non credibili leversioni della convenuta.Neppure credibile è l’interrogata quando afferma che l’i-potetico corrispettivo potrebbe essere stato dilapidatodalla madre per giocate al lotto, in assenza di confortiprobatori sul punto, e considerato che la defunta, neces-sitante di assistenza e cure per le patologie attestate dal-le cartelle cliniche prodotte, avrebbe di certo utilizzatol’importo ricevuto per curare la propria condizione. E diciò avrebbe sicuramente resa edotta la figlia, per ammis-sione di quest’ultima vicina affettivamente più di quan-to non lo sia stata l’attrice.La versione del finanziamento da parte del coniuge R.G.è da questi smentita nella sua audizione come teste,avendo questi affermato che «non ho fornito denaro amia moglie». Tale testimonianza non è censurabile, con-siderato che, venuto meno il divieto di testimoniare pre-visto dall’art. 247 Codice procedura civile per i soggettilegati da vincolo di parentela o di coniugio, in virtù del-la sentenza della Corte Costituzionale n. 248 del 1974,l’attendibilità del teste non può essere esclusa aprioristi-camente per il solo fatto dell’esistenza di vincoli familia-ri con le parti (Cass. Civ., sez. III, 21 novembre 1997, n.11635).Né può parlarsi nella specie di incapacità del teste a mo-tivo della sua partecipazione all’atto negoziale impugna-to, non traendone egli dall’atto alcun effetto, ma essen-do la sua presenza necessitata dalla qualità di coniuge inregime di comunione. Per altro lo stesso ebbe a prendereatto che l’acquisto dell’immobile si realizzava nella sferapatrimoniale esclusiva della moglie.Tutto quanto sopra rende convinto questo giudice che icontraenti formalmente impegnatisi in un contratto dicompravendita, in realtà ritennero di dar vita ad una ve-

ra e propria donazione, tal che il contratto apparente èda considerare simulato e perciò nullo e privo dei suoi ef-fetti tipici. E come naturale corollario ne discende l’ob-bligo per la convenuta di conferire il bene de quo nellamassa ereditaria.Quanto, infine, alla domanda in via riconvenzionaledella G., volta ad ottenere il concorso nelle spese fune-rarie dell’attrice, ritiene questo giudice che, se è pur veroche quest’ultima, formalmente interrogata, ha preso attodelle fatture rappresentative dei costi relativi e che haammesso di non avere concorso alle stesse - sostanzial-mente non contestando la richiesta, contrariamente aquanto sostenuto in conclusionale dalla difesa della F. - èanche da tener conto che la richiesta necessita dell’esat-ta quantificazione delle quote cui correlare l’onere perciascuno parente di sopportare le spese dei funerali. E ciòconsiderato che la stessa parte convenuta dà atto, nellacomparsa di costituzione, dell’esistenza di altri eredi. Incarenza di prova in ordine all’entità degli eredi, l’attricenon può essere condannata alla somma richiesta dallaG., chiaramente non corrispondente alla sua quota ere-ditaria. Per tali considerazioni la domanda della conve-nuta va rigettata.

P.Q.M.Il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica edin persona del GOA avv. Italo Gambitta, sulle domandeproposte dalla F. nei confronti di G.A., e su quella in viariconvenzionale di quest’ultima, ogni contraria istanza,deduzione ed eccezione disattesa, nel contraddittoriodelle parti così provvede:- accoglie la domanda principale per l’effetto I) dichiarasimulato e nullo il contratto stipulato tra le parti in data3 aprile 1991 per avere le parti inteso dar vita ad una do-nazione avente ad oggetto l’immobile sito in Cattolica,via … come descritto in detto contratto; 2) dichiaraG.A. obbligata a conferire nella massa ereditaria venu-tasi a formare con l’apertura della successione della de-funta G.C. il predetto immobile;- rigetta la domanda in via riconvenzionale della conve-nuta;- pone definitivamente a carico di tale ultima parte lespese di consulenza tecnica d’ufficio, come liquidate incorso di causa;- vengono liquidate in euro 4.500,00 oltre spese genera-li, iva e cap ex lege le spese, funzioni e competente di que-sto procedimento, condannando la G. a rifonderle all’at-trice.

I CONTRATTI N. 7/2006 653

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

I CONTRATTI N. 7/2006654

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

L’Autore analizza le diverse problematiche concernen-ti l’applicazione dell’art. 1417 Codice civile (provadella simulazione) al legittimario, evidenziando ladifformità della soluzione accolta dal Tribunale di Ri-mini rispetto all’orientamento maggioritario dellagiurisprudenza e della dottrina. Per quest’ultime, il le-gittimario che ha accettato l’eredità conserva la qua-lità di terzo ai fini della prova della simulazione solose esperisce l’azione di riduzione nello stesso giudizio,o comunque se dimostra che l’azione di simulazione èoggettivamente strumentale alla tutela del suo dirit-to alla quota di legittima. Il Giudice di Rimini, invece,ammette il coerede legittimario a provare la simula-zione con testimoni, anche in assenza dei presuppostianzidetti.

Il fattoIn data 3 aprile 1991 la signora C. stipulava con sua

figlia A. un contratto di compravendita di un immobileper il prezzo di lire 35.000.000.

Il 10 gennaio 1992 la signora C. decedeva e si in-staurava una comunione ereditaria tra la figlia naturaleA. e la figlia legittima G.

Quest’ultima agiva in giudizio contro la sorella, so-stenendo che il contratto di compravendita intercorsotra sua madre e A. dissimulava una donazione. L’immo-bile in realtà era stato donato e di conseguenza era sog-getto a collazione ex art. 737 Codice civile. In via subor-dinata l’attrice richiedeva al giudice di configurare ilcontratto intercorso tra la madre e la sorella come unadonazione indiretta, vista l’esiguità del prezzo di venditarispetto al valore di mercato dell’immobile, e conse-guentemente condannare A. al conferimento del benealla massa ereditaria. G. produceva prova testimoniale asostegno delle sue ragioni.

A resisteva in giudizio eccependo che la sorella G.non aveva fornito la prova della simulazione del con-tratto. Secondo il disposto dell’art. 1417 Codice civile,infatti, le parti del contratto possono provare la simula-zione solo per iscritto, salvo che si intenda dimostrarel’illiceità del contratto dissimulato. La convenuta soste-neva che G. agiva come coerede, per far valere la simu-lazione relativa della compravendita e sottoporre l’im-mobile oggetto della controversia a collazione. L’attrice,pertanto, doveva essere considerata parte del contratto,agendo a tutela di un interesse comune al de cuius, e per-ciò sottoposta ai limiti probatori previsti dall’art. 1417Codice civile per i simulanti. Le testimonianze prodotteda G. a prova della simulazione, quindi, erano inammis-sibili.

Il Giudice di Rimini accoglieva le domanda princi-

pale dell’attrice, dichiarando la simulazione relativa delcontratto di compravendita intercorso tra C. e A. e con-dannando quest’ultima a conferire l’immobile alla massaereditaria.

Il Tribunale riteneva ammissibili le testimonianzeprodotte dall’attrice nel corso del giudizio, non applican-do a quest’ultima il limite probatorio previsto dall’art.1417 Codice civile. La decisione era motivata sostenen-do che nel caso concreto G. agiva in qualità di terzo enon di parte contrattuale, in quanto la sua domanda mi-rava comunque a tutelare l’interesse autonomo dell’at-trice a reintegrare la quota ereditaria spettantegli.

L’erede e la prova della simulazioneLa principale questione di diritto su cui il giudice

interviene nel caso in esame concerne l’applicazionedell’art. 1417 Codice civile al legittimario coerede, cheagisca in giudizio per far valere la simulazione relativa diuna compravendita stipulata dal de cuius.

Il legislatore detta una disciplina particolare in te-ma di prova del negozio simulato, disponendo che le par-ti possono valersi di ogni mezzo per provare la simulazio-ne, solo quando intendono dimostrare l’illiceità del con-tratto dissimulato. Negli altri casi i simulanti possonodar prova della simulazione solo per iscritto.

Un regime diverso è invece disposto per i terzi e peri creditori pregiudicati dalla simulazione. Per quest’ulti-mi «La prova per testimoni della simulazione è ammissi-bile senza limiti [...]» (art. 1417 Codice civile, primocomma). I terzi e i creditori, pertanto, potranno valersidi testimonianze e presunzioni per dimostrare l’apparen-za del negozio posto in essere dalle parti, non incontran-do gli stessi limiti stabiliti dalla legge per i simulanti. Laratio della norma è duplice. Da un lato si vuole evitareche i soggetti pregiudicati dalla simulazione si trovinonell’impossibilità di darne prova in giudizio. La segretez-za propria dell’accordo simulatorio rende estremamentedifficile a qualsiasi soggetto estraneo procurarsi una pro-va scritta dello stesso. D’altro lato, la simulazione costi-tuisce per i terzi e per i creditori una mera circostanza difatto, che può essere provata con ogni mezzo (1).

Da quanto detto si deduce che l’applicazione del-l’art. 1417 Codice civile richiede di stabilire se chi agiscein simulazione è parte del negozio simulato o rientra in-vece nella categoria dei terzi e dei creditori pregiudicatidalla simulazione.

Sono parti ai fini della prova della simulazione i

IL COMMENTOdi Laura Vagni

Nota:

(1) Gentili, Simulazione dei negozi giuridici, in Dig. civ., Torino, 1998,XVIII, 523; sulla prova della simulazione v. anche Id., Il giudizio di simula-zione, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, Torino, 2002, IV,687 ss.

successori in universum ius di uno dei simulanti (2). Co-me noto, con l’accettazione dell’eredità, l’erede subentrain tutte le situazioni giuridiche attive e passive facenticapo al de cuius e suscettibili di trasmissione. Questi con-tinua la persona del de cuius anche per quanto concernetutti i diritti e gli obblighi processuali: succede al suodante causa nel processo e acquista la legittimazione at-tiva riguardo azioni che potevano essere esperite dal decuius e non sono ancora prescritte.

Nell’ipotesi che qui interessa, l’erede con l’accetta-zione dell’eredità acquista la legittimazione attiva adesercitare l’azione di simulazione, con gli stessi limiti incui si trova nel patrimonio ereditario.

Il successore in universum ius, subentrando al decuius, diventa parte del contratto simulato, e in quantotale potrà provare la simulazione solo per iscritto, salvoche intenda far valere l’illiceità del negozio dissimulato.

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel rico-noscere una posizione diversa da quella del successore inuniversum ius al legittimario pretermesso, ossia al legitti-mario che sia stato completamente escluso dalla devolu-zione ereditaria.

Quest’ultimo non è erede, non avendo espresso al-cuna accettazione dell’eredità, ma piuttosto titolare diun diritto ad ottenere una quota ereditaria.

In ragione di ciò, il legittimario pretermesso puòimpugnare la simulazione posta in essere dal de cuius co-me terzo pregiudicato dal negozio simulato. Ne consegueche il legittimario pretermesso potrà provare la simula-zione posta in essere dal de cuius anche per testimoni epresunzioni, al pari di tutti i terzi e i creditori pregiudica-ti dalla simulazione (3).

L’erede legittimario e la prova della simulazioneNell’ipotesi in cui il legittimario sia istituito erede

legittimo o testamentario, la distinzione tra parti del ne-gozio simulato, terzi e creditori pregiudicati dalla simula-zione si complica: nello stesso patrimonio, infatti, si riu-niscono sia il diritto ad agire per far valere la simulazionedel contratto stipulato dal de cuius in qualità di terzo, siail diritto ad esercitare la stessa azione come parte delcontratto simulato.

Occorre chiedersi, allora, quali siano i presuppostiperché l’erede legittimario possa conservare la terzietà ri-spetto al contratto simulato, onde avvalersi delle agevo-lazioni probatorie previste dall’art. 1417 Codice civile.

Un orientamento dottrinario più restrittivo sostie-ne che l’erede legittimario mantiene la qualità di terzo,ai fini della prova della simulazione del contratto stipu-lato dal de cuius, solo se contestualmente esperisce l’azio-ne di riduzione (4). Secondo questa tesi, l’esercizio del-l’azione di riduzione costituirebbe una condizione essen-ziale, in assenza della quale sarebbe impossibile dimo-strare che l’erede richiede l’accertamento della simula-zione ex iure proprio. La simulazione, infatti, non è di persé idonea ad intaccare il patrimonio del de cuius a scapi-to del legittimario. Il negozio simulato, ad esempio, po-

trebbe non essere lesivo della quota di legittima. Que-st’orientamento trova riscontro nella maggioranza dellagiurisprudenza di legittimità, la quale ammette l’eredelegittimario a provare la simulazione posta in essere dalde cuius con testimoni e presunzioni solo se esperisce nel-lo stesso giudizio l’azione di riduzione (5). Terzo ai sensidell’art. 1417 Codice civile, quindi, non è il legittimario

I CONTRATTI N. 7/2006 655

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(2) Figurelli Noterbartolo, Osservazioni in tema di prova testimoniale nel giu-dizio di simulazione proposto dal legittimario, nota a App. Bari 24 maggio1969, in Giur. mer., 1971, I, 550.

(3) Azzariti, Atto simulato, lesione di legittima ed efficacia dell’azione del legit-timario, in Riv. dir. civ., 1978, II, 27.

(4) Trabucchi, nota a Cass., sez. II, 4 ottobre 1951, n. 2620, in Giur. it.,1952, I, 1, 113 ss.; Distaso, La simulazione nei negozi giuridici, Torino, 1960,653 ss.; Barbero, Impugnazione e prova della simulazione da parte del legitti-mario, nota a Cass., sez. II, 9 aprile 1953, n. 916, in Foro pad., 1953, I, 718ss.; Razza, I legittimari e la prova della simulazione, nota a Trib. Napoli 30aprile 1990, in Giur. mer., 1991, I, 504 ss.; Granzotto, L’erede nella provadella simulazione, nota a Trib. Roma 3 ottobre 1992, in Giur. mer., 1993, I,334 ss.

(5) V. Sacco - De Nova, Il Contratto, in Trattato di diritto civile, diretto daR. Sacco, III ed., Torino, 2004, I, 683-684; da ultimo v. Cass., sez. II, 30luglio 2002, n. 11286, dove si legge: «È [...] opinione del tutto prevalentenella giurisprudenza di legittimità in materia che, ai fini della prova dellasimulazione d’una vendita posta in essere dal de cuius onde dissimulareuna donazione, l’erede possa essere considerato terzo ed, in quanto tale,beneficiare delle agevolazioni probatorie previste dall’art. 1417 c.c. soloquando, contestualmente all’azione intesa alla dichiarazione della simula-zione, proponga, facendo valere anche la sua qualità di legittimario e sul-la specifica premessa che l’atto dissimulato comporti una lesione del suodiritto personale all’integrità della quota di riserva spettantegli, un’espres-sa e concreta domanda di riduzione della donazione dissimulata, diretta afar dichiarare, in aggiunta dell’appartenenza del bene all’asse ereditario,che la quota di riserva di sua pertinenza deve essere calcolata tenendoconto del bene stesso, non anche quando siasi limitato a chiedere l’accer-tamento della simulazione nell’ambito d’una petitio hereditatis ma senza al-cuna connessa ed esplicita domanda di reintegrazione della legittima. Ciòin quanto l’erede legittimo, il quale miri semplicemente a far rientrarenella massa ereditaria un bene che assume solo apparentemente uscito dalpatrimonio del de cuius, non lamenta lesione alcuna dei diritti successoria lui personalmente riconosciuti dall’ordinamento nella sua qualità anchedi legittimario ma fa valere, nella sua qualità sola di successore universalesubentrato mortis causa in tutti i rapporti già facenti capo al de cuius, un di-ritto ricompreso nel patrimonio di quest’ultimo [...]». La Corte inoltre fanotare che: «[...] - a prescindere dal testo delle massime, non sempre esat-tamente rispondente alle argomentazioni sviluppate dalle sentenze e aiprincipi dalle stesse desumibili - ove si ponga attenzione alle motivazionirisulta agevole rilevare come l’esonero dalle limitazioni probatorie dellasimulazione sia stato riconosciuto all’erede legittimo, e negato in casocontrario, sempre solo e in quanto questi avesse contestualmente allegatoche il suo diritto alla quota di riserva non poteva trovare soddisfazione suibeni relitti o comunque, che la quota di riserva stessa doveva essere cal-colata tenendo conto anche del bene la cui simulata alienazione era statadedotta in giudizio [...]»; Cass., sez. II, 11 ottobre 1986, n. 5947, in Giur.it., 1987, I, 1866, con nota di Azzariti, Il legittimario e la prova della simula-zione. Da ultimo Cass., sez. II, 28 ottobre 2004, n. 20868, in Giust. civ.mass., 2004, 10 (s.m.), la sentenza per esteso può leggersi in Juris Data, intal caso la Corte specifica che l’erede legittimario può provare per testi epresunzioni la simulazione se «[...] contestualmente all’azione di simula-zione, proponga - sulla premessa che l’atto simulato comporti una dimi-nuzione della sua quota di riserva - una domanda di riduzione (o di nullitào di inefficacia) della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che ilbene fa parte dell’asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolatatenendo conto del bene stesso [...]».

in quanto tale, ma colui che agisce in riduzione delle di-sposizioni lesive della quota di riserva (6).

L’erede legittimario, provata la simulazione del ne-gozio posto in essere dal de cuius e lesivo della sua quotadi riserva, potrà soddisfarsi sul bene oggetto del negoziooltre i limiti della legittima, facendo valere la sua qualitàdi erede. La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ri-tengono che le agevolazioni probatorie a favore del le-gittimario debbono riconoscersi anche quando la dichia-razione della simulazione ha l’effetto di far rientrare il be-ne nel patrimonio ereditario, così che il legittimario sene avvantaggia sia in tale sua qualità, che come succes-sore a titolo universale. Sarebbe infatti contraddittorioapplicare rispetto ad un unico negozio simulato, per unaparte una regola probatoria e per un’altra parte una rego-la diversa (7).

Altra parte della dottrina, contraria alla tesi prece-dentemente esposta, ritiene invece che il legittimario èterzo in quanto tale, indipendentemente dall’eserciziodell’azione di riduzione (8).

Così argomentando, si sostiene che l’erede può pro-vare liberamente la simulazione del negozio posto in es-sere dal de cuius in tutti i casi in cui agisce in veste di le-gittimario. Ciò avviene quando l’azione di simulazione èin qualche modo strumentale alla tutela del suo dirittopersonale a ricevere una quota del patrimonio ereditario,indipendentemente dall’esercizio dell’azione di riduzio-ne nello stesso giudizio.

Alcuni Autori tra coloro che aderiscono a quest’ul-timo orientamento affermano che tale ipotesi si verificasolo se l’erede legittimario accetta l’eredità con beneficiodi inventario. L’accettazione con beneficio d’inventarioconsente infatti di mantenere un’alterità tra la posizionegiuridica dell’erede e quella del de cuius (9).

Secondo il disposto dell’art. 564, primo comma,Codice civile «Il legittimario che non ha accettato l’ere-dità con beneficio dell’inventario, non può chiedere lariduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le dona-zioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate comecoeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità [...]». Inassenza di accettazione con beneficio di inventario, per-tanto, è escluso che l’erede legittimario che esercita l’a-zione di simulazione voglia tutelare un diritto proprio,dato che gli sarà preclusa l’azione di riduzione. Sarà quin-di applicabile il limite della prova scritta previsto dal-l’art. 1417 Codice civile per i simulanti.

Questa tesi certamente non trova applicazione se ilnegozio simulato sia stato concluso tra il de cuius ed unodei coeredi, come è avvenuto nel caso che si sta com-mentando. Il Codice, infatti, stabilisce che l’azione di ri-duzione nei confronti dei coeredi può essere esperita an-che dal legittimario che accetta puramente e semplice-mente.

Come rilevato dalla più recente giurisprudenza,inoltre, non sempre l’accettazione con beneficio di in-ventario è presupposto necessario perché il legittimarioagisca ex iure proprio. Si pensi al caso in cui il legittimario

fa valere la simulazione assoluta di un negozio posto inessere dal de cuius, ovvero la simulazione relativa allor-ché il negozio dissimulato sia affetto da nullità (10): il le-gittimario può esercitare l’azione di simulazione per ri-portare il bene oggetto del negozio simulato nel patri-monio ereditario, col fine di rendere il relictum sufficien-te a soddisfare la sua quota di riserva. Non si vede il mo-tivo di subordinare l’ammissibilità della prova della si-mulazione per testi o presunzioni alla presenza dell’ac-cettazione con beneficio di inventario, che è presuppo-sto necessario solo per esperire l’azione di riduzione.

L’erede legittimario in queste situazioni conserva laqualità di terzo ai sensi dell’art. 1417 Codice civile, pur-

I CONTRATTI N. 7/2006656

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(6) Contra, Sacco - De Nova, op. cit., 684.

(7) Per tutte v. Cass., sez. II, 2 febbraio 1999, n. 848, in Riv. Not., 1999,1260 ss.; Cass., sez. II, 26 aprile 2002, n. 6078, in Giust. civ. mass., 2002,722 (s.m.), la sentenza per esteso può leggersi in Juris Data; esiste ancheuna giurisprudenza contraria, anche se risalente, v. Cass. 13 gennaio 1932,in Giur. it., 1932, I, 1, 186; Cass. 13 luglio 1949, n. 1780, in Giur. it., 1949,I, 1, 457; Cass. 3 marzo 1954, n. 607, in Giur. it, 1954, I, 1, 596; Cass. 26aprile 1969, n. 1361, in Foro it., 1969, I, 720; sull’evoluzione giurispruden-ziale in questa materia v. Azzariti, Atto simulato, lesione di legittima ed effica-cia dell’azione del legittimario, cit., 24-25; Cappiello, Cosa giudicata e positivaevoluzione della giurisprudenza in tema di ammissibilità della prova della simu-lazione da parte del legittimario successore a titolo universale, nota a App. Na-poli 22 febbraio 1980, in Giur. mer., 1980, I, 760 ss.

(8) La domanda di formazione della massa ereditaria per il calcolo della le-gittima, qualifica già il legittimario come titolare di un interesse diverso edopposto a quello del de cuius. La quota di legittima, infatti, è calcolata te-nendo conto anche dei beni che il de cuius, con diversa volontà, aveva di-sposto a titolo di legato o di liberalità tra vivi. Sul punto v. Mengoni, Suc-cessione necessaria, in Trattato di diritto civile comm., diretto da A. Cicu e F.Messineo, Milano, 2000, XLIII, 2, 183; Bernardoni, Divisione ereditaria.Collazione delle donazioni dissimulate. Limiti probatori, in Giust. civ., 2001, I,3064.

(9) Azzariti, ult. op. cit., 36-37; Azzariti, Se il legittimario erede che agisca insimulazione sia da ritenersi «parte» o «terzo» ai fini della prova, in Giust. civ.,1970, IV, 122 ss., commento a Cass. 26 aprile 1969, n. 1361; Tatarano, At-ti simulati dal defunto e tutela del legittimario, nota a Cass., sez. II, 28 aprile1980, n. 471, in Rass. dir. civ., II, 1143.

(10) Cass, sez. II, 18 aprile 2003, n. 6315, in Giust. civ., 2004, I, 200: «[...]l’azione esperita dall’erede nei confronti di soggetti estranei alla comunio-ne ereditaria, per far valere la simulazione assoluta di un negozio posto inessere dal de cuius, ovvero per far valere la simulazione relativa allorché ilnegozio dissimulato prospettato sia affetto da nullità assoluta per mancan-za di forma prescritta, non è soggetta alla condizione della previa accetta-zione dell’eredità con beneficio di inventario, richiesta dall’art. 564 c.c.,per le azioni di riduzione». In tal caso la Corte era chiamata a decidere uncaso parzialmente diverso da quello oggetto della sentenza in commento:il figlio del de cuius conveniva in giudizio un terzo non erede per far di-chiarare al giudice la simulazione assoluta del contratto di compravenditadi un immobile, stipulato dal proprio genitore in favore di quest’ultimo. Invia subordinata l’attore richiedeva al giudice di dichiarare la simulazionerelativa del contratto perché dissimulante una donazione e di ridurre lastessa ex art. 560 Codice civile. Nel caso di specie la Corte riteneva cor-retta la decisione dei giudici di merito di ammettere l’attore a provare lasimulazione per testi, qualificandolo come terzo ai fini dell’applicazionedell’art. 1417 Codice civile. Si ravvisava infatti il fine esplicito di que-st’ultimo di recuperare l’immobile oggetto della compravendita simulataper reintegrare la sua quota di riserva, rilevando che: a) l’attore aveva pro-posto azione di riduzione in via subordinata; b) l’immobile in questionecostituiva l’unico cespite ereditario; c) c’era stata lesione della quota di le-gittima.

ché renda noto negli atti del giudizio l’insufficienza delrelictum alla soddisfazione della quota spettantegli perlegge o esprima un collegamento teleologico tra l’azionedi simulazione proposta e l’eventuale successiva proposi-zione dell’azione di riduzione (11).

Ad opinione di chi scrive, in tali ipotesi assume unruolo fondamentale l’esatta individuazione della causapetendi: il giudice dovrà tener conto del diritto sostanzia-le affermato dalla parte e in forza del quale viene richie-sta la simulazione. è un’indagine scrupolosa sulla ragioneobiettiva per cui si esercita l’azione di simulazione a con-sentire al giudice di distinguere se la domanda sia basatasu un diritto vantato iure proprio o iure successionis. Que-sta verifica dovrà essere effettuata caso per caso.

Collazione e azione di riduzione: diverse finalità degli istituti

Sulla base delle considerazioni precedentementesvolte, si ritiene di poter formulare le seguenti osserva-zioni sulla sentenza oggetto di commento.

L’attrice G. propone la domanda di simulazione re-lativa della vendita di un immobile da parte della madredefunta alla figlia naturale A.

Contestualmente alla domanda di simulazione, l’at-trice chiede al giudice di condannare A. al conferimen-to del bene dissimulatamente donato alla massa eredita-ria, in applicazione della disciplina della collazione.

La domanda di simulazione, in tal caso, è strumen-tale alla collazione e quindi al conferimento del bene do-nato al patrimonio ereditario.

Come noto, con l’istituto della collazione il legisla-tore intende evitare una disparità di trattamento tra al-cuni coeredi (il coniuge e i discendenti del de cuius) do-vuta alle donazioni effettuate a quest’ultimi dal de cuiusin vita.

La collazione produce un reale aumento dell’asseereditario da dividere tra coniuge e discendenti che han-no accettato l’eredità, obbligando quest’ultimi a conferi-re alla massa ereditaria in denaro o in natura le donazio-ni ricevute in vita dal de cuius, salvo espressa dispensa. Ledonazioni al coniuge e ai discendenti si considerano in-fatti come delle anticipazioni di quanto loro spettantesulla successione; per tale ragione occorre tenerne contoin sede di divisione ereditaria ed evitare che uno di que-sti coeredi riceva ingiustamente una parte del patrimo-nio superiore alla quota spettantegli (12).

Si comprende, pertanto, che l’istituto della collazio-ne adempie ad uno scopo totalmente diverso rispetto al-la tutela del legittimario. Certamente attraverso la colla-zione si può ottenere il risultato di eliminare una lesionedella quota di legittima di un legittimario coerede. Ciònon rende tuttavia la collazione uno strumento per lareintegrazione della legittima (13). L’istituto non inten-de garantire ai legittimari una parte del patrimonio. Ilcoerede che agisce in collazione tutela un interesse co-mune agli altri coeredi tenuti alla collazione e soprattut-to al de cuius: quello di assicurare una parità di tratta-

mento nella divisione della massa ereditaria tra coniugee discendenti.

Così, il bene conferito alla massa ereditaria ex art.737 Codice civile è a vantaggio di tutti coloro che sonotenuti alla collazione.

Il coerede è tenuto al conferimento indipendente-mente dal fatto che la donazione è lesiva della quotaspettante ad un coerede legittimario.

Il coerede legittimario che esercita la collazione,pertanto, vanta un diritto del tutto similare a quello dialtri coeredi e soprattutto non in contrasto con la vo-lontà del de cuius.

Se il coerede legittimario esperisce l’azione di simu-lazione relativa, al solo fine di richiedere la collazione delbene dissimulatamente donato, agisce in veste di succes-sore in universum ius e non come titolare di un diritto au-tonomo alla quota di legittima (14). Della stessa opinio-ne è la giurisprudenza di legittimità, la quale in un’ipote-si del tutto similare ha stabilito che: «[...] la richiesta dicollazione delle donazioni ricevute in vita [...] non equi-vale a proporre l’azione di riduzione. Segue che con ladomanda di collazione non può ritenersi proposta l’azio-ne di riduzione: gli eredi legittimi, in quanto succedononella stessa posizione giuridica del defunto nei rapportida lui instaurati, non possono considerarsi terzi. Per giu-risprudenza costante l’erede che agisca non quale legitti-mario ai fini del recupero o della reintegrazione dellaquota di riserva, assumendo veste di terzo rispetto al ne-gozio di cessione dei beni ereditari compiuto dal de cuius,

I CONTRATTI N. 7/2006 657

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(11) Cass., sez. II, 27 giugno 2003, n. 10262, in Giust. civ., 2004, I, 1569ss., con nota di Tedesco, In tema di azione di simulazione proposta dal legitti-mario contro persone non chiamate come coeredi; Cass., sez. II, 1 aprile 1997,n. 2836, in Vita Not., 1997, 883: «La ragione per la quale il legittimarionon è soggetto ai limiti probatori da detta norma previsti in tema di simu-lazione, risiede esclusivamente nella sua qualità di terzo che agisce per fa-re valere il proprio personale diritto alla quota di riserva. Ma per persegui-re tale finalità il legittimario non sempre è tenuto a promuovere l’azionedi simulazione congiuntamente a quella di riduzione. La proposizione dientrambe le domande è necessaria solo nel caso in cui non sia posta indubbio la validità del negozio dissimulato»; Cass., sez. II, 19 marzo 1996,n. 2294, in Corr. giur., 1996, 1279 ss., con nota di Gasparini, Azione di ri-duzione, simulazione relativa e accettazione con beneficio di inventario; Cass.,sez. II, 29 maggio 1995, n. 6031, in Nuova giur. civ. comm., 1996, 255 ss.,con nota di Feola, Nullità della donazione dissimulata disposta dal de cuius eazione di simulazione promossa dall’erede legittimario, dove si chiarisce chenon si può sostenere che «[...] il legittimario difende veramente un dirittoproprio, attribuitogli dalla legge contro la stessa volontà del de cuius soloquando agisca per la reintegrazione della legittima lesa, mentre nei con-fronti dei contratti assolutamente simulati o relativamente simulati dissi-mulanti un contratto nullo, non vi sarebbe nulla da reintegrare. [...] Il le-gittimario, ove il relictum non sia sufficiente per soddisfare il suo diritto al-la quota di riserva, agisce in simulazione per far valere tale diritto pro-prio[...]», ivi 256-257.

(12) La dottrina in argomento è vastissima, per tutti v. Palazzo, Le succes-sioni, in Trattato di Diritto Privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, II ed., Mi-lano, 2000, IV, II, 1000 ss.; Bianca, La famiglia e le successioni, in Diritto ci-vile, III ed., Milano, 2001, II, 568 e riferimenti ivi.

(13) Così testualmente Bianca, op. cit., 569-570.

(14) V. Bernardoni, op. cit., 3062-3063 e riferimenti ivi.

del quale deduca la simulazione, bensì con azione di si-mulazione relativa al fine di acquisire alla massa eredita-ria i beni ceduti [...], resta vincolato alla posizione del decuius, nei cui rapporti subentra, anzitutto sul terreno del-l’accertamento probatorio» (15). La domanda di colla-zione e la domanda di riduzione si distinguono sia per ilpetitum che per la causa petendi, per cui il coerede legitti-mario che agisce «[...] per lo scioglimento della comu-nione previa collazione delle donazioni dissimulate perricostruire il patrimonio ereditario e ristabilire l’ugua-glianza tra i coeredi, subentra nella posizione del de cuius[...]» (16) e non agisce a tutela di un suo proprio diritto aricevere una quota del patrimonio. Come conseguenzaegli è sottoposto allo stesso limite probatorio stabilitodall’art. 1417 Codice civile per le parti.

L’esercizio nello stesso giudizio dell’azione di simula-zione e della collazione, in conclusione, non è idoneo adimostrare la strumentalità della prima alla reintegrazio-ne della quota spettante per legge al legittimario. Permantenere la sua terzietà ai fini della prova della simula-zione il legittimario deve dare dimostrazione, perlome-no, che la simulazione è lesiva del suo diritto alla legitti-ma e che il relictum non è sufficiente a soddisfare la quo-ta che gli spetta per legge. Ciò anche secondo quella te-si meno restrittiva, accolta da parte della dottrina e del-la giurisprudenza, secondo la quale l’erede legittimariopuò qualificarsi come terzo ai fini della prova della simu-lazione, anche se non esercita nello stesso giudizio l’azio-ne di riduzione.

In caso contrario si riconoscerebbe la qualità di ter-zo a tutti gli eredi che nello stesso tempo siano legitti-mari, vanificando in parte il limite probatorio stabilitodall’art. 1417 Codice civile per le parti contraenti.

Nel caso in commento, l’attrice non esperisce l’a-zione di riduzione.

Dallo svolgimento del processo riportato in senten-za emerge che l’attrice richiede al giudice di dichiarare lasimulazione della compravendita avvenuta tra la madredefunta e la sorella perché «[...] preordinata a sottrarre ilbene dall’asse ereditario e a pregiudicare i diritti degli al-tri coeredi [...]» e «Deduce[va] che, nel caso di donazio-ne dissimulata, l’appartamento deve [doveva] essereconferito all’asse ereditario per così soddisfare i dirittisuccessori di tutti gli eredi».

Dalla motivazione della sentenza non risulta chia-ramente che la compravendita simulata è lesiva dellaquota di riserva spettante all’attrice o comunque che ilrelictum è insufficiente a soddisfare la quota che gli spet-ta.

Non è dato sapere se negli atti introduttivi del giu-dizio sia stato evidenziato il pregiudizio che la simulazio-ne relativa ha arrecato all’attrice nella sua qualità di le-gittimario. Il Giudice afferma solamente che «[...] dallacitazione risulta evidente la volontà dell’attrice di recu-perare l’oggetto dell’atto asseritamente simulato al patri-monio ereditario».

Sulla base di questi pochi dati è difficile stabilire

una strumentalità tra l’azione di simulazione e la tuteladi un autonomo diritto di G. alla legittima.

Per queste ragioni si ritiene criticabile la soluzioneaccolta dal Tribunale di Rimini nella sentenza in com-mento. Il Giudice infatti ha riconosciuto all’attrice laqualità di terzo ai fini della prova della simulazione, sen-za un’indagine adeguata sull’esistenza di un rapporto trala domanda di simulazione e il diritto di G. alla legittima.

A ben vedere anche la giurisprudenza di legittimitàrichiamata in motivazione dal Tribunale di Rimini nonsembra avvalorare la tesi infine accolta da quest’ultimo,avendo anche ad oggetto fattispecie diverse da quella delcaso in esame (17).

I CONTRATTI N. 7/2006658

GIURISPRUDENZA•CONTRATTI IN GENERALE

Note:

(15) Cass., sez. II, 29 luglio 1994, n. 7142, in Giust. civ. mass., 1994, 1036(s.m.), la sentenza per esteso può leggersi in Juris Data.

(16) Cass., sez. II, 12 settembre 2000, n. 12038, in Riv. Not., 2001, 925,nel prosieguo della motivazione della sentenza si legge: «[...] la domandadi collazione proposta nel giudizio di divisione ereditaria con riguardo aibeni che si assumono donati in vita al coerede con atti di alienazione si-mulati, non implica la domanda di riduzione delle relative attribuzioni pa-trimoniali, diversi essendo sia il petitum, che nella prima ha per oggetto laricomposizione in modo reale dell’asse ereditario, e nella seconda la ridu-zione delle attribuzioni patrimoniali di cui hanno beneficiato gli altri ere-di, sia la causa petendi, che nella domanda di collazione ha fondamentonel diritto dei coeredi discendenti di conseguire nella divisione porzioniuguali e nella domanda di riduzione nel diritto alla quota di legittima». Insenso conforme Cass., sez. II, 1 ottobre 2003, n. 14590, in Riv. Not., 2004,1037 ss.

(17) Cass., sez. II, 18 aprile 2003, n. 6315, cit., v. supra, nota 10; Cass., sez.II, 30 luglio 2002, n. 11286, cit., v. supra, nota 5; Cass., sez. II, 24 febbraio2000, n. 209, in Giur. it., 2000, 1355 ss.: in tal caso l’attrice richiedeva algiudice di accertare che l’atto di vendita posto in essere dal de cuius a fa-vore di uno dei coeredi dissimulava una donazione e conseguentementeridurre il valore di tale donazione entro la quota disponibile e reintegrarela quota legittima a lei spettante. La Corte riconosceva all’attrice la qua-lità di terzo ai fini della prova della simulazione motivando «[l’attrice] haagito quale legittimaria ed ha chiesto la riduzione delle donazioni perchélesive della sua quota di riserva, sicché agendo per la tutela di un proprioautonomo diritto è da ritenersi terzo rispetto agli atti impugnati, con con-seguente ammissibilità senza limiti della prova per presunzioni così comeprevisto proprio dall’art. 1417 c.c.»; Cass. 29 maggio 1995, n. 6031, cit.:in tal caso due figlie impugnavano la vendita simulata effettata dalla ma-dre defunta nei confronti di un terzo e dissimulante una donazione nullaper difetto di forma, sulla motivazione della sentenza v. supra, nota 11.

I CONTRATTI N. 7/2006 659

GIURISPRUDENZA•SINTESI

Formazione

Cassazione Civile, sez. III, 12 dicembre 2005, n. 27338 Pres. Fiduccia - Rel. Massera - P.M. Ceniccola (Conf.) - Di G. c. F. ed altro

Contratti in genere - Effetti del contratto - Tra le parti - Diritti ed obblighi delle parti - Contenuto - Determinazione- Trattative - Rilevanza - Esclusione - Contratto - Rilevanza esclusiva - Configurabilità - Fondamento

È nozione di comune esperienza che, nel corso delle trattative prodromiche alla conclusione del contratto, le partiassumono posizioni diverse e prospettano soluzioni varie, svolgendo le argomentazioni di cui il testo definitivo co-stituisce espressione della sintesi convenzionalmente raggiunta ed accettata, solamente a quest’ultimo occorren-do fare, peraltro, riferimento al fine di stabilire i rispettivi diritti ed obblighi.

Regolamento

Cassazione Civile, sez. III, 7 dicembre 2005, n. 27000 Pres. Preden - Rel. Di Nanni - P.M. Sorrentino (Conf.) - G. c. C. ed altri

Contratti in genere - Interpretazione - In genere - Relativo procedimento - Suddivisione in fasi - Individuazione - Pre-ventiva ricerca della volontà delle parti - Successivo inquadramento della fattispecie nell’ambito dello schema lega-le corrispondente - Apprezzamento della rilevanza giuridica - Sindacato di legittimità in relazione alle distinte fasi -Limiti

L’interpretazione del contratto, dal punto di vista strutturale, si collega anche alla sua qualificazione e la relativacomplessa operazione ermeneutica si articola in tre distinte fasi: a) la prima consiste nella ricerca della comunevolontà dei contraenti; b) la seconda risiede nella individuazione del modello della fattispecie legale; c) l’ultima èriconducibile al giudizio di rilevanza giuridica qualificante gli elementi di fatto concretamente accertati. Le ultimedue fasi, che sono le sole che si risolvono nell’applicazione di norme di diritto, possono essere liberamente censu-rate in sede di legittimità, mentre la prima - che configura un tipo di accertamento che è riservato al giudice di me-rito, poiché si traduce in un’indagine di fatto a lui affidata in via esclusiva - è normalmente incensurabile nella sud-detta sede, salvo che nelle ipotesi di motivazione inadeguata o di violazione dei canoni legali di ermeneutica con-trattuale, così come previsti negli artt. 1362 ss. Codice civile.

Cassazione Civile, sez. II, 2 dicembre 2005, n. 26234 Pres. Spadone - Rel. Bucciante - P.M. Uccella (Diff.) - T. ed altri c. F.

Contratti in genere - Interpretazione - In genere - Negozi comportanti trasferimenti immobiliari - Oggetto - Indivi-duazione - Criteri - Dati censuari - Esclusività - Insussistenza - Concorso con altri elementi alternativi, anche even-tualmente contrastanti con quelli censuari - Configurabilità - Fattispecie

Ai fini dell’individuazione dell’oggetto dei negozi comportanti trasferimento di beni immobili i dati censuari costitui-scono soltanto uno dei vari elementi utilizzabili in proposito, ben potendo, a tale scopo, esserne impiegati altri, inipotesi contrastanti con gli stessi estremi catastali. (Nella specie, la S.C., enunciando tale principio in accoglimentodel ricorso proposto, ha cassato con rinvio la sentenza di appello impugnata, nella cui motivazione, al fine della rico-struzione dell’oggetto di alcuni contratti di trasferimento immobiliare riportati nell’atto di scioglimento di una S.r.l. edi contestuale assegnazione dei beni sociali, era stato fatto riferimento soltanto agli estremi catastali degli apparta-

Rassegna di legittimità:contratti in generale

menti in questione, senza prendere in alcuna considerazione, unitamente agli stessi dati censuari, alla stregua di unavalutazione globale e comparativa, gli ulteriori elementi costituiti dallo stato di fatto delle unità immobiliari all’attodello scioglimento della società e dalle risultanze peritali riferite alle estensioni e ai valori dei beni medesimi, in fun-zione di una corretta ricostruzione delle quote di diritto effettivamente spettanti ai condividenti).

Cassazione Civile, sez. II, 2 dicembre 2005, n. 26233 Pres. Spadone - Rel. Bucciante - P.M. Uccella (Diff.) - G. ed altro c. B.

Contratti in genere - Contratto preliminare (compromesso) - Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il con-tratto - Preliminare di vendita - Sentenza costitutiva ex art. 2932 Codice civile - Contratto conseguente - Distinzio-ne dal preliminare - Sussistenza - Risoluzione - Ammissibilità - Condizioni - Motivi - Individuazione

La pronuncia di risoluzione del contratto non può che riguardare obbligazioni da esso nascenti e non certo la man-cata esecuzione di un precetto contenuto in una sentenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 2932 Codice civile, produ-ce gli effetti del contratto non concluso soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato, dando luogo ad unrapporto che è distinto da quello derivante dal preliminare e che è, a sua volta, suscettibile di risoluzione per ina-dempimento, ma per ragioni inerenti al nuovo sinallagma venuto in essere.

Invalidità e scioglimento

Cassazione Civile, sez. II, 7 dicembre 2005, n. 26970 Pres. Pontorieri - Rel. Oddo - P.M. D’Ambrosio (Diff.) - E. ed altro c. C. ed altri

I.Contratti in genere - Invalidità - Nullità del contratto - In genere - Fabbricati - Obbligo di indicazione degli estremidella concessione edilizia - Funzione - Violazione - Conseguenze - Nullità ex artt. 17 e 40 Legge n. 47/1985 - Difettodi regolarità sostanziale del bene sotto il profilo urbanistico - Irrilevanza

Gli artt. 17 e 40 della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 comminano la nullità degli atti tra vivi con i quali venganotrasferiti diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione ediliziadell’immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzio-nando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l’acquirente diun immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla re-golarità del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edi-lizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria. Pertanto nessuna invalidità deriva al contratto dalla diffor-mità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarità so-stanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche.

II.Contratti in genere - Scioglimento del contratto - Rescissione - Azione generale di rescissione per lesione - Spropor-zione tra le prestazioni corrispettive - Valutazione - Criteri - Apprezzamento del giudice di merito - Sindacabilità inCassazione - Esclusione - Limiti

In materia di rescissione del contratto per lesione, i criteri per la valutazione della sproporzione tra le prestazionicorrispettive che integri gli estremi della lesione ultra dimidium sono rimessi al prudente apprezzamento del giu-dice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua motivazione.

Cassazione Civile, sez. II, 2 dicembre 2005, n. 26232 Pres. Spadone - Rel. Trombetta - P.M. Apice (Diff.) - S. c. C.

Contratti in genere - Caparra - Confirmatoria - Domanda di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno pro-poste dalla parte non inadempiente - Successiva proposizione in appello della domanda di recesso ex art. 1385, se-condo comma, Codice civile - Ammissibilità - Esclusione - Fondamento

I CONTRATTI N. 7/2006660

GIURISPRUDENZA•SINTESI

Contratti in genere - Scioglimento del contratto - Recesso unilaterale - Domanda di risoluzione del contratto e di ri-sarcimento del danno proposte dalla parte non inadempiente - Successiva proposizione in appello della domanda direcesso ex art. 1385, secondo comma, Codice civile - Ammissibilità - Fondamento

Impugnazioni civili - Appello - Domande - Nuove - In genere - Domanda di risoluzione del contratto e di risarci-mento del danno proposte dalla parte non inadempiente - Successiva proposizione in appello della domanda di re-cesso ex art. 1385, secondo comma, Codice civile - Ammissibilità - Esclusione - Fondamento

Nell’ipotesi di versamento di una somma di danaro a titolo di caparra confirmatoria, la parte adempiente che, do-po aver intimato la diffida ad adempiere, abbia agito per la risoluzione del contratto e per la condanna al risarci-mento del danno ai sensi dell’art. 1453 Codice civile non può, in sostituzione di dette pretese, chiedere in appel-lo il recesso dal contratto a norma dell’art. 1385, secondo comma, Codice civile, risultando tale istanza preclusadalla risoluzione del contratto già avvenuta di diritto con la proposizione della domanda di risoluzione, restando ir-rilevante la natura dichiarativa della sentenza che accerta la già avvenuta risoluzione. (Nella specie, la S.C. ha chia-rito che l’adempiente ha tuttavia diritto di ottenere dall’altra parte la restituzione della somma conferita, configu-rabile non più quale liquidazione anticipata del danno, ma come somma indebitamente trattenuta dalla parte ina-dempiente, una volta venuta meno, con la risoluzione, la causa giustificativa della corresponsione).

Cassazione Civile, sez. III, 25 novembre 2005, n. 24899 Pres. Varrone - Rel. Fico - P.M. Scardaccione (Conf.) - R. c. L.

Contratti in genere - Scioglimento del contratto - Risoluzione del contratto - Per inadempimento - Eccezione d’ina-dempimento - Opponibilità - Condizioni - Insindacabilità in sede di legittimità - Limiti

L’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 Codice civile è opponibile quando sussista un rapporto di cor-rispettività e contemporaneità tra le prestazioni relative alle obbligazioni reciproche delle parti e la non contrarietàa buona fede dell’inadempimento da parte di colui che formula la relativa eccezione. La valutazione relativa a talielementi, indispensabili per l’applicabilità della suddetta eccezione, si risolve in un apprezzamento di fatto de-mandato al giudice del merito ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

I CONTRATTI N. 7/2006 661

GIURISPRUDENZA•SINTESI

Svolgimento del processo

Iprecedenti di fatto della controversia possono esserecosì precisati, in quei termini che concordemente laparti hanno dedotto:

per i crediti di F. V. S.p.a. nei confronti di E. S.r.l. deri-vanti da forniture di materiali, la B. P. D. N. (di seguito B.o, anche, la banca) si rese fideiussore con atto del 6 aprile1993 della società acquirente, in favore della venditricecreditore. E. costituì in pegno in favore della Banca sud-detta, ed a titolo di controgaranzia, il libretto di risparmion. 4. portante il saldo apparente di lire 150.000.000.Rimasta inadempiuta la obbligazione principale di E., laF. V. escusse la fideiussione con lettere del 17 e del 21 set-tembre 1993; la banca rispose eccependo la cessazionedell’efficacia della fideiussione per decorso del terminedi validità (alla data del 10 settembre 1993) rifiutando dionorarla e alla richiesta di E. di ottenere la restituzione

del libretto costituito in pegno sul presupposto della so-pravvenuta inefficacia della fideiussione, oppose che l’a-vrebbe restituito se e quando la richiedente le avesseprocurato una dichiarazione liberatoria della garantita F.V.Perdurando il rifiuto suddetto, nonostante i reiterati sol-leciti di restituzione del pegno, B. richiese ed ottenne(ordinanza del 7 febbraio 1996) dal giudice designato deltribunale di Ancona il sequestro liberatorio del librettodi risparmio e con successivo atto di citazione in data 11marzo 1996 convenne in giudizio E. S.r.l. richiedendoche all’adito tribunale «che fosse dichiarato l’obbligo diessa banca di restituire il pegno soltanto una volta chefosse stata riconosciuta estinta o che fosse stata fatta og-getto di rinunzia la fideiussione bancaria prestata in fa-vore della soc. F. V. e che fosse accertata la liceità dellasua pretesa di restituire il pegno solo dietro presentazio-

I CONTRATTI N. 7/2006 663

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Fideiussione

Nullità della fideiussione a «scadenza anticipata»Cassazione Civile, sez. I - Sentenza del 4 novembre 2005, n. 21396 Pres. Losavio - Rel. Celentano - P.M. Sorrentino (Diff.) - Ric. Banca Novara Scarl - Res. Edilsider S.r.l.

Contratti in genere - Interpretazione - Contratto di fideiussione - Fattispecie in tema di scadenza dell’obbligazione digaranzia - Collegamento con l’obbligazione principale anche ai fini dell’interpretazione delle relative clausole -Necessità - Individuazione dei criteri ermeneutici in tema di negozio fideiussorio - Criterio letterale - Sufficienza -Esclusione - Interpretazione complessiva delle clausole - Necessità, anche in relazione alla natura delle obbligazionigarantite

Dal carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria rispetto all’obbligazione principale discendeche anche l’interpretazione del negozio fideiussorio non può prescindere dal collegamento con la pre-detta obbligazione, risultando anzi decisiva l’individuazione della stessa obbligazione principale, conriferimento ai relativi termini di scadenza previsti allorché assumano rilevanza in relazione agli ob-blighi assunti dal fideiussore. Ai fini della corretta interpretazione delle clausole contrattuali concer-nenti un negozio fideiussorio non è sufficiente il ricorso al solo dato letterale che fissa l’operativitàdella fideiussione senza indagare circa l’effettivo intento del fideiussore dichiarante, occorrendo, al-tresì, procedere ad un’interpretazione complessiva delle clausole medesime, ai sensi dell’art. 1363 Co-dice civile, da correlare necessariamente alle particolarità delle obbligazioni garantite. (Nella specie,la S.C., cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha rilevato la violazione dei criteri stabiliti dagliartt. 1362 e 1363 Codice civile e l’insufficienza della motivazione con cui il giudice di merito avevaassunto quale unica premessa del procedimento interpretativo il dato letterale indicativo del tempodi validità ed efficacia della prestata fideiussione senza porlo in correlazione con i termini fissati al-la debitrice per il pagamento della sua obbligazione principale oltre che con quelli dati al creditore perescutere la banca fideiubente, e senza domandarsi se, posti gli uni e gli altri termini, non dovesseroaltresì ritenersi coperte dalla garanzia fideiussoria le obbligazioni della stessa debitrice sorte nel ter-mine di operatività della garanzia ma scadute ed esigibili dal creditore presso il fideiussore pur dopoquel termine, secondo il particolare meccanismo temporale che regolava l’escussione del fideiussore,e se la banca non fosse nel giusto nel ritenersi non ancora liberata dall’obbligazione di garanzia purdopo la scadenza del termine pattuito).

ne di una dichiarazione liberatoria o di una rinuncia del-la creditrice ovvero della restituzione del documento fi-deiussorio; inoltre, che fosse accertato il pieno adempi-mento, da parte sua, dei suoi obblighi nascenti dal rap-porto pignoratizio».In contraddittorio della convenuta, la quale oppone che«la validità della fideiussione era venuta meno alla datadel 10 settembre 1993 per espressa previsione contrat-tuale così che l’attrice B. doveva restituire il libretto in-dipendentemente da qualsiasi dichiarazione liberatoriadel creditore dato che il creditore aveva escusso la ga-ranzia solo dopo tale data e, dunque, non poteva più le-gittimamente avanzare alcuna richiesta in proposito», ilTribunale accolse la domanda e dichiarò «il diritto di B.di trattenere il pegno fino a quando non avesse ottenutodal creditore una rinunzia alla fideiussione, una dichiara-zione liberatoria dalla garanzia o la restituzione del docu-mento fideiussorio».Propose appello E. S.r.l. per la riforma della sentenza nelsenso del rigetto della domanda di B.; quest’ultima resi-stette al gravame per la conferma della sentenza.All’esito del giudizio di gravame, la Corte di Appello ter-ritoriale, con sentenza emessa il 7 maggio 2001, in rifor-ma della sentenza del tribunale respinse la domanda pro-posta da B.Avverso la sentenza la banca ha proposto ricorso per cas-sazione, illustrato con memoria.Resiste con controricorso e memoria difensiva la E. S.r.l.

Motivi della decisione

Giova, per il miglior intendimento dell’impugna-zione, riportare qui di seguito le argomentazionidecisive della Corte di merito.

Questa:a) individuò il thema decidendum nella risoluzione dellaquestione circa l’ambito di operatività della garanzia fi-deiussoria prestata da B., puntualizzando in questi termi-ni le contrapposte posizioni delle parti: «avendo l’appel-lante interesse ad affermare che la garanzia era già cessa-ta - alla data del 10 settembre 1993 - al momento in cuiil creditore l’aveva escussa mentre l’intendimento del-l’appellato è quello di conservare il pegno ad essa colle-gato, salvo avere la certezza della propria avvenuta libe-razione»;b) puntualizzò che l’indagine interpretativa, da condurrealla stregua dell’esclusivo canone di cui all’art. 1362 Co-dice civile, investiva il negozio fideiussorio, costituitodalla lettera datata 6 aprile 1993 con la quale la B. si eracostituita garante verso la F. V., nella ricerca dell’intento,non già della comune intenzione delle parti, bensì, trat-tandosi di atto unilaterale, di quello proprio del dichia-rante «senza far ricorso, per determinarlo, alla valutazio-ne del comportamento del destinatario dello stesso»;c) precisati i criteri, ritenne decisivo che «nel negozio fi-deiussorio per cui è causa appare del tutto inequivoca ladizione per cui la garanzia avrebbe conservato validità edefficacia fino al 10 settembre 1993 mentre dopo tale da-

ta sarebbe stata da ritenersi nulla indipendentementedalla restituzione di questo documento»; che «la chiaraespressione utilizzata nell’atto mostra(va) in maniera pa-lese l’intenzione del garante di non estendere la fideius-sione al di là di detto termine ed era indubbio che detteparole indicavano un contenuto sufficientemente preci-so che esclude(va) la possibilità per l’interprete di rica-vare un significato diverso da quello letterale in base adaltri criteri ermeneutici e, segnatamente, di dare rilievoad un criterio sussidiario quale quello di cui all’art. 1367c.c. al quale avevano fatto riferimento i primi giudici»;ed infine, che «le esplicite affermazioni contenute nellevarie missive inviate dalla banca confermavano che lavolontà dell’Istituto di credito era stata quella di garanti-re le obbligazioni della E. fino alla data suindicata».d) osservò che «la prospettata incompatibilità tra il ter-mine di scadenza dell’obbligazione principale e quello divalidità della fideiussione - che, comunque, per quantoesposto, non poteva consentire una proroga della escus-sione oltre il 10 settembre 1993 - era presumibilmente everosimilmente dovuto ad un difetto di coordinamentotra il tempo a disposizione del beneficiario (i trenta gior-ni dalle singole scadenze di pagamento previste nelle fat-ture, essendo questo stabilito in centoventi giorni «finemese», oltrepassavano il limite di operatività della ga-ranzia) per trasmettere copia delle fatture inevase insie-me alla richiesta di intervento del fideiussore e la validitàdella garanzia, senza, tuttavia, che ciò abbia reso impos-sibile o eccessivamente difficile il diritto di escussioneesercitabile solo fino alla predetta data del 10 settembre1993».Tale motivazione è censurata a mezzo di un unico moti-vo rubricato «violazione e falsa applicazione di norme didiritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motiva-zione su punto decisivo».La tesi dell’errore nell’interpretazione dei termini del ne-gozio fideiussorio è argomentata sia con riferimento alcanone ermeneutico (quello di cui all’art. 1362 Codicecivile) seguito dai giudici dell’appello e denunciato co-me «inadeguato» rispetto alla indicata necessità diun’interpretazione «complessiva delle clausole contrat-tuali (art. 1363) nell’osservanza del principio di conser-vazione (art. 1367), di buona fede (artt. 1366 e 1374 Co-dice civile)» e secondo la finalità complessiva cui l’attoera destinato sia con riferimento alle particolarità delleobbligazioni garantite, rispetto alle quali deduce la ricor-rente si dimostrava l’insostenibilità dell’interpretazioneadottata dalla Corte perché finiva per considerare esau-rita la garanzia fideiussoria prima (alla data del 10 set-tembre 1993) della scadenza dell’obbligazione principa-le (fatture emesse dal 9 al 30 aprile 1993 che avrebberodovuto essere pagate da E. entro 120 giorni fine mese,cioè il 31 agosto 1993 per le quali la lettera fideiussoriaprevedeva l’impegno di essa garante a «pagarvi gli im-porti delle singole forniture dietro vs. semplice richiesta,corredata di copia delle fatture, entro 30 giorni dalle sin-gole scadenze» quindi il 30 settembre 1993).

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Sulla base di tali dati, trascurati dalla Corte di merito, ri-sultava inconfutabilmente - deduce la ricorrente - chedovendo necessariamente attribuirsi una qualche valen-za alla prestata fideiussione, il termine del 10 settembre1993 non poteva essere ritenuto di «validità ed effica-cia» atteso che a quella data nessuna obbligazione fi-deiussoria, valida fino a 30 giorni dalla scadenza del ter-mine di pagamento che a sua volta era a 120 giorni finemese dalla consegna, avrebbe potuto mai essere azionatadalla creditrice garantita, sicché l’interpretazione avreb-be dovuto essere nel senso che la data del 10 settembre1993 si riferiva alla scadenza del pagamento delle fatturegarantite e non alla validità temporale dell’importo fi-deiussorio.L’esposizione delle censure proposte dalla ricorrente nedimostra l’ammissibilità, contestata, invece, dalla resi-stente. Esse non soltanto attengono al principio di dirit-to secondo il quale l’interpretazione degli atti negoziali èsindacabile in sede di legittimità sia per violazione delleregole ermeneutiche sia per inadeguatezza (con riferi-mento tanto alla sua esaustività che alla correttezza logi-co - giuridica) della motivazione ma risultano anche cor-rettamente formulate attraverso la specifica indicazionedei criteri che si assumono in concreto violati dalla Cor-te di merito.Disaminate nel loro contenuto critico, le censure mede-sime sono da ritenersi fondate.Dal carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria ri-spetto all’obbligazione principale, di talché la posizionedel fideiussore è strettamente collegata al rapporto che in-tercorre tra il debitore principale e il creditore e alla parti-colarità dell’obbligazione principale, trattandosi, appunto,di garantire l’esatto adempimento di questa, discende an-che che l’interpretazione del negozio fideiussorio non puòprescindere da tale collegamento, risultando anzi decisival’individuazione dell’obbligazione principale, segnata-mente dei suoi termini di scadenza allorché assumano ri-levanza in relazione agli obblighi del fideiussore.Ne consegue, per il caso di specie, che la dizione, conte-nuta nel negozio fideiussorio e sulla quale la Corte di me-rito ha formato la sua attenzione, «per cui la garanziaavrebbe conservato validità ed efficacia fino al 10 set-tembre 1993 mentre “dopo tale date sarà da ritenersinulla indipendentemente dalla restituzione di questodocumento”» e che la stessa ha individuato come da so-la concludente e decisiva al fine di ritenere che la garan-zia fideiussoria prestata da B. conservasse efficacia e vali-dità fino alla data del 10 settembre 1993, ancorché in-terpretata secondo la lettera, non risulta idonea a toglie-re senso a quella ulteriore formulazione della stessa lette-ra fideiussoria - la cui esistenza, dedotta secondo i criteridi autosufficienza del ricorso per cassazione (v. pag. 7 delricorso) la resistente E. S.r.l. non ha contestato né nelcontroricorso né nella memoria e che è rimasta in tuttaevidenza trascurata nel procedimento interpretativo - laquale, individuando l’impegno della garante B. di «paga-re gli importi delle singole fatture dietro vostra semplice

richiesta, corredate di copia delle fatture, entro 30 giornidelle singole scadenze», precisava, appunto, i termini diescussione del fideiussore con riferimento alla data discadenza dall’obbligazione principale.Risultano dunque effettivamente violati lo stesso art.1362 Codice civile, perché la Corte ha tenuto in consi-derazione il solo dato letterale che fissava l’operativitàdella fideiussione senza indagare circa l’effettivo intentodel fideiussore dichiarante, nonché il criterio ermeneuti-co dall’art. 1363 Codice civile secondo il quale «le clau-sole del contratto si interpretano le une per mezzo dellealtre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal com-plesso dell’atto».La violazione di quest’ultimo criterio ermeneutico vienein evidenza proprio in quel passaggio della motivazionedella sentenza (v. pag. 7) nel quale è esposta una giustifi-cazione, quale la Corte di Appello ha inteso dare, a quel-la «incompatibilità» che la banca appellante aveva pro-spettato tra il termine di scadenza dell’obbligazione prin-cipale e quello di validità della fideiussione. La spiega-zione data dalla Corte, in termini di «presumibilità e ve-rosimiglianza», è tale che è rimasta attribuita ad unaanormalità («difetto») intrinseca del negozio fideiusso-rio quel mancato «coordinamento tra il tempo a disposi-zione del beneficiario per trasmettere copia delle fattureinevase insieme alla richiesta di intervento del fideiusso-re e la validità della garanzia stessa» che, invece, avreb-be potuto essere affermata, e giustificata con adeguatamotivazione, soltanto all’esito di una esauriente analisidi tutte la clausole del negozio suddetto, in collegamen-to con le particolarità delle obbligazioni garantite. Quelcoordinamento non ha trovato invece spiegazione, senon quella basata sull’affermato difetto, proprio perchéla Corte ha assunto quale unica premessa del procedi-mento interpretativo il solo dato letterale indicativo deltempo di validità ed efficacia della prestata fideiussionesenza porlo in correlazione con i termini fissati alla soc.E. per il pagamento della sua obbligazione principale econ i termini dati alla creditrice F. V. per escutere la ban-ca fideiubente e senza domandarsi se, posti gli uni e glialtri termini, non dovessero altresì coperte dalla garanziafideiussoria le obbligazioni di E. sorte nel termine di ope-ratività della garanzia ma scadute ed esigibili dal credito-re presso il fideiussore pur dopo quel termine, secondo ilparticolare meccanismo temporale che regolava l’escus-sione del fideiussore - sicché la banca non fosse nel giu-sto nel ritenersi non ancora liberata dell’obbligazione digaranzia pur dopo la scadenza del termine del 10 settem-bre 1993.La sentenza impugnata dov’essere, pertanto, cassata conrinvio ad altro giudice, il quale provvederà anche in or-dine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnatae rinvia per nuovo esame, e per la spese del giudizio dicassazione, alla Corte di Appello di Bologna.

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GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Dall’analisi della sentenza in commento, l’Autore haricostruito la distinzione giurisprudenziale tra la fat-tispecie valida della fideiussione a tempo determina-to e quella a scadenza anticipata (nulla, secondo lagiurisprudenza di legittimità, perché conclusa in du-riorem causam), prestando particolare attenzione al-la modalità con la quale la S.C. ha proceduto all’indi-viduazione dei criteri ermeneutici del negozio fideius-sorio, attraverso un’interpretazione complessiva delleclausole e non solamente sulla scorta del criterio let-terale.

Il casoA garanzia del pagamento di crediti rivenienti da for-

niture di materiali, la società resistente concesse fideius-sione alla società creditrice, a mezzo dell’istituto bancarioricorrente costituendo in pegno, in favore del fideiussoreed a titolo di controgaranzia, un libretto di risparmio.

Poiché l’obbligazione principale della debitrice resi-stente rimase inadempiuta, la società creditrice tentò diazionare la sua garanzia personale, escutendo la fideius-sione inutilmente, però, a seguito dell’eccepito decorsodel termine di validità della stessa, sollevata dall’istitutobancario il quale, inoltre, si rifiutò di restituire alla so-cietà debitrice resistente il libretto costituito in pegno,fino a quando la stessa non le avesse fornito una dichia-razione liberatoria da parte della società creditrice, ga-rantita dalla fideiussione.

Al fine di dare giuridica consistenza alle proprieistanze, in via preventiva, la banca fideiussore ottenne ilsequestro liberatorio (art. 687 Codice di procedura civi-le) del libretto di risparmio costituito in pegno conve-nendo, inoltre, la società garante in giudizio perché «[…]fosse dichiarato l’obbligo della banca di restituire il pe-gno soltanto una volta che fosse stata riconosciuta estin-ta o che fosse stata oggetto di rinunzia la fideiussionebancaria prestata in favore della [società creditrice] e chefosse accertata la liceità della sua pretesa di restituire ilpegno solo dietro presentazione di una dichiarazione li-beratoria o di una rinuncia della creditrice ovvero dellarestituzione del documento fideiussorio; inoltre, che fos-se accertato il pieno adempimento, da parte sua, dei suoiobblighi nascenti dal rapporto pignoratizio […]».

La società convenuta (debitrice della somma; con-cedente la fideiussione; resistente in Cassazione), oppo-se alla banca attrice (fideiussore) che, per espressa previ-sione contrattuale, la fideiussione si era estinta prece-dentemente all’escussione e che, pertanto, la banca eratenuta a «[…] restituire il libretto (la controgaranzia) in-dipendentemente da qualsiasi dichiarazione liberatoriadel creditore […]»

Il Tribunale accolse la domanda attorea, dichiaran-do legittimo il comportamento del fideiussore.

In appello, invece, venne completamente ribaltatol’esito del giudizio favorevole alla banca in prima istanza.

La pronunzia della Corte d’Appello fu, successiva-mente, censurata dalla banca ricorrente in Cassazionecon un motivo unico, rubricato «violazione e falsa appli-cazione di norme di diritto, omessa, insufficiente e con-traddittoria motivazione su punto decisivo».

Vediamo perché.

Il contratto di fideiussioneNella normale dialettica del rapporto obbligatorio,

«il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazio-ni con tutti i suoi beni presenti e futuri» (1). Tra gli stru-menti di garanzia forniti dal legislatore e dalla prassi mer-catoria, la scelta delle parti può orientarsi tra due distinteopzioni: le garanzie reali (2) (con le quali il creditore ot-tiene la possibilità di soddisfarsi su determinati beni deldebitore) o le garanzie personali (3) (ove una terza per-sona assume l’obbligo di rispondere, al posto del debito-re, nel caso in cui questi resti inadempiente).

La fideiussione costituisce la garanzia personalemaggiormente utilizzata nella prassi, avendo come sog-getti stipulanti il fideiussore ed il creditore. Il terzo è sol-tanto soggetto interessato al contratto. Prova ne è la cir-costanza (nella prassi alquanto remota) che questi possaanche non essere a conoscenza della prestata fideiussio-ne (art. 1936 cpv. Codice civile).

Anche se ai fini della validità del contratto di fi-deiussione, la legge non richiede espressamente né laforma scritta (4), né l’utilizzazione di formule particolari(5), normalmente le parti si avvalgono della forma scrit-ta, poiché «la volontà di stipulare la fideiussione deve ri-sultare in modo espresso (art. 1937 Codice civile), senzaincertezze o ambiguità» (6).

Nel presente commento si cercherà di analizzareesclusivamente i limiti (art. 1941 Codice civile) e l’e-stensione (art. 1942 Codice civile) della fideiussione,unitamente all’interpretazione del contratto fideiusso-

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GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

IL COMMENTOdi Pier Giovanni Traversa

Note:

(1) Cfr. art. 2740, primo comma, Codice civile.

(2) Oltre ai due classici istituti del pegno (artt. 2784 ss. Codice civile) edell’ipoteca (artt. 2808 ss. Codice civile), sempre maggiore interesse (so-prattutto nei mercati finanziari), vanno assumendo i contratti di garanziafinanziaria (D.Lgs. n. 170/2004).

(3) Tra le più utilizzate citiamo: l’avallo; il mandato di credito; il contrat-to autonomo di garanzia; la lettera di patronage (c.d. comfort letter); la ces-sione di credito in garanzia; il mandato all’incasso.

(4) Cfr. Cass. 4 marzo 1981, n. 1262, in Mass. Giust. civ., 1981, 3.

(5) Cfr. Cass. 22 maggio 1980, n. 3377, in Giur. it., 1981, I, 1, 1528.

(6) Cfr. Cass. 8 maggio 1981, n. 3027, in Giur. it., 1982, I, 1.

rio, alla luce di quanto stabilito dalla Suprema Cortenella pronuncia in rassegna.

Tuttavia occorre effettuare una breve considerazio-ne sui principi cardine dell’istituto giuridico in oggetto.Autorevole dottrina (7) si è espressa nel senso che ilcontenuto dell’obbligazione fideiussoria consisterebbenell’adempimento di una prestazione uguale a quellaprincipale con la libertà, per il creditore, di rivolgersi in-differentemente al debitore o al fideiussore (8). Il rap-porto fideiussorio realizzerebbe la propria funzione di ga-ranzia in virtù di un «allargamento del potere di aggres-sione del creditore» (9) anche alla persona del nuovodebitore obbligato nei limiti, però, previsti dal dispostodi cui all’art. 1941 Codice civile.

Gli elementi dell’accessorietà e della sussidiarietàdel rapporto fideiussorio, pur esplicandosi nell’estensio-ne della garanzia «[…] a tutti gli accessori del debitoprincipale, nonché alle spese […]», secondo quanto sta-bilito dall’art. 1942 Codice civile, troverebbero il pro-prio limite nella sostanziale equivalenza alla quale ricon-durre le due obbligazioni, in conformità a quanto dispo-sto dall’art. 1941 Codice civile.

La validità della fideiussione con durata minorerispetto all’obbligazione principale

Ad avviso di chi scrive, dalla lettura della sentenza incommento, emergono alcuni interrogativi che troppo po-co hanno occupato dottrina e giurisprudenza in passato.

Le parti possono stabilire che la fideiussione abbiauna durata minore rispetto all’obbligazione principalegarantita? In altre parole, è configurabile nel nostro ordi-namento una fideiussione a tempo determinato? Qualiripercussioni eserciterebbe l’asimmetria cronologica sulcollegamento negoziale? Dalla lettera dell’art. 1957 Co-dice civile, emerge come il legislatore abbia preso in esa-me soltanto la scadenza anticipata dell’obbligazioneprincipale (primo comma), oppure la coincidenza tem-porale tra quest’ultima e l’obbligazione accessoria (se-condo comma), non curandosi degli interrogativi di cuisopra.

Da una superficiale ricognizione dei citati commi dilegge, il concetto di scadenza e quello di durata dell’ob-bligazione (indifferentemente se principale o accesso-ria), sembrerebbero sovrapporsi l’uno all’altro, fino aconfondersi.

Il problema interpretativo non è di poco momento,visto che già in passato (10) (relativamente alle obbliga-zioni con esecuzione periodica o ripetuta) i giudici di le-gittimità ebbero modo di occuparsi di simili questioni,stabilendo che il termine di scadenza di cui all’art. 1957Codice civile, è quello entro il quale «devono eseguirsile singole prestazioni e non quello che segna l’estinzionedell’intero rapporto». La Corte motivò la sua pronunciarichiamandosi alla regola del «normale adeguamentodella estensione, nel tempo, della obbligazione fideiusso-ria a quella del rapporto principale, di cui la fideiussioneè accessoria».

In quella sede, però, si verteva in una fattispecieparzialmente diversa da quella in commento, poiché al-l’attenzione dei giudici giunse la questione della coinci-dente scadenza temporale dell’obbligazione principale edi quella accessoria.

Il legislatore, nell’elaborazione dell’art. 1957, primocomma, Codice civile, prese in considerazione il caso incui la fideiussione non fosse stata gravata da alcun ter-mine di validità o di efficacia. Per evitare che il fideius-sore potesse rimanere obbligato in aeterno, allora, il legi-slatore decise di introdurre un limite al potere di escute-re la garanzia da parte del creditore, costringendolo adazionare la fideiussione entro sei mesi dalla scadenza del-l’obbligazione principale.

Tale decadenza è in assoluta coerenza con la ratio dicui all’art. 1941 Codice civile, ma lascia, in chi scrive, lasensazione che talvolta possa essere facilmente confusa(quantomeno semanticamente) la scadenza dell’obbli-gazione, con la sua estinzione.

Tale sovrapposizione va assolutamente respinta,coerentemente a quanto sopra riportato (11). Benchéscaduta, l’obbligazione, infatti, non può dirsi ancoraestinta.

Il disposto dell’art. 1218 Codice civile non dà luogoa fraintendimenti: l’inesatta esecuzione della prestazionedovuta, da parte del debitore, sottopone quest’ultimo alrisarcimento del danno.

Due sono le possibili condotte negative dell’obbli-gato sanzionate dal legislatore: l’inadempimento ed il ri-tardato adempimento. Il primo dà il via alla patologiadel rapporto obbligatorio, il secondo contraddice il prin-cipio di correttezza, al quale dovrebbe ispirarsi il com-portamento delle parti negoziali e caduca quel favor debi-toris chiaramente desumibile dal combinato disposto de-gli artt. 1183-1186 Codice civile.

A sostegno di quanto detto, è facile osservare come illegislatore stesso abbia ragionato in questi termini, allor-ché ha stabilito che, in caso di coincidenza temporale deltermine di scadenza dell’obbligazione principale e di quel-la fideiussoria (art. 1957, secondo comma, Codice civile),non si vanifica il carattere dell’obbligazione di garanzia,

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GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(7) Per tutti Ravazzoni, voce Fideiussione, in Dig. civ., 280.

(8) Si tratta, ovviamente, di una semplificazione che non tiene conto deldibattito dottrinario - giurisprudenziale sulla solidarietà sui generis o atipi-ca della fideiussione di cui all’art. 1944, primo comma, Codice civile eche, secondo parte autorevole della dottrina, porterebbe il creditore a do-versi rivolgere preventivamente al debitore, prima di escutere la garanzia(c.d. beneficium ordinis). In questo senso Fragali, Della fideiussione, in Enc.dir., 363; Campobasso, La obbligazione cambiaria, 120; D’Orazi Flavoni, Fi-deiussione, in Trattato Grosso e Santoro Passarelli, 36 ss. In senso difformeCass., s.u., n. 5572/1979, in Giur. it., 80, I, 581; Cass. 4 marzo 1995, n.2517, in Mass. Giur. it., 1995.

(9) Ravazzoni, voce Fideiussione, in Dig. civ., 258.

(10) Cass. 27 ottobre 1972, n. 3315, in Rep. Foro it., 1972, voce Fideius-sione, 21, 1182.

(11) Ibidem.

ma è possibile ancora chiederne l’adempimento entro untermine decadenziale, anche se più ristretto (due mesi).

La legge tace, però, sul caso in cui le parti abbianoapposto alla fideiussione un termine non coincidentecon quello dell’obbligazione principale.

Di seguito restringeremo la nostra analisi soltantoalla fattispecie della fideiussione con durata minore ri-spetto all’obbligazione principale (12).

Prima del 1987, fattispecie del genere non eranoancora giunte all’attenzione della S.C.

Con la prima pronuncia in argomento (13), la Cor-te affrontò un caso molto simile a quello che ci occupa,trattandosi di una fideiussione prestata da un istituto dicredito a garanzia del pagamento di forniture di merci(convenuto, tra le parti, a novanta giorni dalle singoleforniture). Accadde che la fideiussione venne stipulatacon un termine di «efficacia» e «validità» (14) inferiorea quello dell’obbligazione principale.

All’epoca i giudici di legittimità ritennero che, aisensi dell’art. 1941 Codice civile, le parti avrebbero benpotuto limitare la «portata» della fideiussione, prestan-dola «per un determinato periodo di tempo, decorso ilquale la fideiussione [si sarebbe estinta]» (15). Infatti,sempre secondo il ragionamento della S.C., la limitazio-ne temporale della fideiussione non sarebbe stata in con-trasto con il principio della naturale accessorietà dellamedesima.

La pronuncia, però, presta il fianco ad alcune criti-che, poiché oltre a non motivare la ragione di tale arrêt,la S.C. aggiunse che la ragione della validità della stipu-la di un termine minore, fosse da ricercare nell’«interes-se del fideiussore di non rimettere alla mera volontà delgarantito […] il termine della garanzia, prolungandonela durata senza il consenso del fideiussore, mediante laconcessione al proprio debitore di modalità di pagamen-to che renderebbero più onerosa l’obbligazione fideiusso-ria». In quel caso, la volontà del fideiussore di limitare ladurata della garanzia, venne dedotta dalla «chiara for-mulazione della lettera [fideiussoria], nella quale venivastabilito che la garanzia avrebbe perduto efficacia e vali-dità» ad una certa data e che, trattandosi di «non equi-voca volontà del fideiussore, risultante dalla […] scrittu-ra», «non era consentito il ricorso ad altri criteri inter-pretativi», al di fuori di quello letterale.

Dodici anni dopo quella prima pronuncia, la Cassa-zione tornò nuovamente sull’argomento (16) e nella suamotivazione, oltre a riportare pedissequamente quantostabilito dai giudici del 1987, furono inserite le parole dicommento di un annotatore anonimo della prima pro-nuncia. Il risultato finale di quest’operazione ortopedica,ha portato i giudici di legittimità a distinguere netta-mente la fattispecie valida da quella nulla.

Secondo la giurisprudenza riportata, quindi, sarebbepossibile stipulare un contratto di fideiussione per un pe-riodo di tempo determinato, «decorso il quale la garan-zia viene ad estinguersi» (17). Sulla scorta di tale ragio-namento, secondo la S.C., le parti potrebbero valida-

mente stabilire una durata della fideiussione minore ri-spetto a quella convenuta per l’obbligazione principale.

In questo senso, allora, possiamo dire che la duratadel rapporto principale e di quello accessorio, possono es-sere validamente modulati dall’autonomia contrattualedelle parti ai sensi dell’art. 1322 Codice civile ma, qualoral’intento negoziale fosse quello di anticipare l’esigibilitàdella fideiussione rispetto alla normale scadenza dell’ob-bligazione principale (caducando il principio dell’accesso-rietà), la fattispecie non troverebbe più adeguata regola-zione nel dispositivo di cui all’art. 1957 Codice civile,bensì violerebbe i limiti contemplati dall’art. 1941 Codi-ce civile esponendo il fideiussore ad un forte pregiudizio.

È in tale contesto che, a parere di chi scrive, an-drebbe studiata la problematica della fideiussione presta-ta in leviorem o duriorem causam, cioè avendo ben pre-senti quali siano i limiti oltre i quali la fideiussione pre-stata risulti carente di meritevolezza sociale.

Brevi cenni di diritto comparatoTaluni sistemi giuridici lontani geograficamente dal

nostro, ma fortemente tributari della tradizione romano-germanistica (18), tra le cause di estinzione della fideius-sione, contemplano espressamente «la scadenza del ter-mine» (19).

Il Código civil peruviano del 1984, all’art. 1898 (20),prevede il caso in cui il fiador (fideiussore), obbligatosiper un periodo di tempo determinato, si liberi dalla pro-

I CONTRATTI N. 7/2006668

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(12) In relazione all’ipotesi opposta, cfr. Cian - Trabucchi, Commentariobreve al Codice civile, Padova, 2004, art. 1957, I, 4, 1934.

(13) Cass. 19 dicembre 1987, n. 9466, in Banca borsa tit. cred., 1989, II,133.

(14) Ibidem.

(15) Ibidem.

(16) Cass. 20 febbraio 1999, n. 1427, in Giur. it., 1999, II, 1576.

(17) Ibidem.

(18) Per un’approfondita disamina sulle novità giurisprudenziali che ri-guardano la Bürgschaft (fideiussione) in Germania, in particolare quella«a prima richiesta» (auf erstes Anforden), rinviamo alle pagine di Barillà,Fideiussione «a prima richiesta» e fideiussione «omnibus» nella giurisprudenzadel Tribunale Federale Tedesco, in Banca borsa tit. cred., 2005, 337.

(19) Calderale, Autonomia contrattuale e garanzie personali, Bari, 1999, 36 ss.

(20) Artículo 1898 - Fianza por plazo determinado. «El fiador que se obligapor un plazo determinado, queda libre de responsabilidad si el acreedor no exi-ge notarial o judicialmente el cumplimiento de la obligación dentro de los quin-ce días siguientes a la expiración del plazo, o abandona la acción iniciada.».Norme simili sono prevista dal Código civil venezuelano: Artículo 1836«El fiador que haya limitado su fianza al mismo plazo acordado al deudor prin-cipal, quedará obligado, aun más allá de este término, y por todo el tiempo ne-cesario para apremiarle al pago, siempre que el acreedor en los dos meses si-guientes al vencimiento del término, haya intentado sus acciones y las haya se-guido con diligencia hasta su definitiva decisión» e da quello messicano: Arti-culo 2848 «El fiador que se ha obligado por tiempo determinado, queda libre desu obligacion, si el acreedor no requiere judicialmente al deudor por el cumpli-miento de la obligacion principal, dentro del mes siguiente a la expiracion delplazo. Tambien quedara libre de su obligacion el fiador, cuando el acreedor, sincausa justificada, deje de promover por mas de tres meses, en el juicio entabla-do contra el deudor».

pria obbligazione allorché l’acreedor (creditore) non esi-ge giudizialmente o stragiudizialmente l’adempimentodel debitore nei quindici giorni successivi allo spirare deltermine o abbandona l’azione già intrapresa.

Questa norma adotterebbe, secondo certa dottrina(21) la medesima prospettiva del nostro art. 1957 Codi-ce civile, secondo e terzo comma, «cercando di concilia-re gli opposti interessi del fideiussore e del creditore, con-cedendo a quest’ultimo un breve termine, successivo al-la scadenza della fianza, per esigere il pagamento dal de-bitore e per inoltrare la sua richiesta in via stragiudiziale,senza iniziare a tutti i costi un processo, spesso non ne-cessario» (22).

Tuttavia, coerentemente con quanto fin qui scritto,riteniamo che il mero rinvio al disposto di cui all’art.1957 Codice civile, non sia l’unico dato comparativo daprendere in esame.

Posto che il Codice civile peruviano prevedeespressamente la possibilità per il fideiussore di obbligar-si in maniera più onerosa rispetto al debitore (23), il pro-blema della durior causa e del coordinamento con i limi-ti di cui al nostro art. 1941 Codice civile, in quell’ordi-namento giuridico, non si pone, semmai è interessantenotare come in Perù, la fideiussione debba essere stipula-ta per iscritto a pena di nullità (24) e, soprattutto, possaessere prestata a garanzia di un’obbligazione a termine(25).

Scadenza anticipata della fideiussione. Nullità della clausola in duriorem causam

Nel caso che ci occupa, come si concilia la fideius-sione «a prima richiesta» (fattispecie considerata gene-ralmente valida da dottrina (26) e giurisprudenza(27)), con il «concreto aggravamento» (28) dell’one-rosità della prestazione fideiussoria riveniente da unascadenza più breve della stessa rispetto all’obbligazionegarantita?

Perché nel secondo caso si parla di fideiussione induriorem causam, con la conseguente nullità della clau-sola relativa all’anticipazione del tempo di adempimen-to dell’obbligazione fideiussoria, ai sensi dell’art. 1941Codice civile?

Nella fideiussione con clausola «a prima richiesta»,il fideiussore rinuncia ad opporre al creditore le eccezio-ni di cui all’art. 1945 Codice civile, derogandovi e sotto-ponendosi, sostanzialemente ad una clausola solve et re-pete (29) (prima paghi, poi contesti).

Tale modalità di fideiussione, pur continuando apartecipare dell’accessorietà che contraddistingue la fi-deiussione vera e propria (con ciò differenziandosi dalcontratto autonomo di garanzia, indipendente dall’ob-bligazione principale, salva l’eccezione di dolo) (30), sicaratterizza da un punto di vista processuale per la circo-stanza che il fideiussore prima adempie e solo dopo puòcontestare il credito.

Col disposto di cui all’art. 1941 Codice civile, inve-ce, il legislatore ha introdotto i limiti oltre i quali la fi-

deiussione non può essere validamente prestata, sancen-do la nullità di quelle «modalità di adempimento del-l’obbligazione, che vengono ad importare concretamen-te un aggravamento della prestazione, socialmente ap-prezzabile» (31).

Quindi, se la parti stabiliscono che la fideiussionepossa essere escussa dal creditore prima della scadenzadell’obbligazione principale, stipulano una fideiussio-ne in duriorem causam, sancendo l’invalidità della rela-tiva clausola, rilevabile anche d’ufficio dal giudice(32), poiché attinente alla causa del contratto di ga-ranzia.

In condizioni normali, questa sarebbe la grande dif-ferenza rispetto alla diversa situazione in cui le parti sta-biliscono una durata minore della fideiussione che, nonesponendo il garante ad un «aggravamento socialmenteapprezzabile della prestazione», è da ritenersi, al contra-rio, valida ed efficace.

Tuttavia il nostro caso è affatto peculiare. Nell’attocostitutivo della fideiussione (che personalmente rite-niamo essere stata sottoposta dalle parti ad una clausola«a prima richiesta») (33), la dizione utilizzata dai con-traenti è meno cristallina di quanto abbiano ritenuto igiudici di appello.

I CONTRATTI N. 7/2006 669

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(21) Calderale, op. cit., 37.

(22) Pezet, Montero, Quiros, Contrato de fianza, sub art. 1898, 613 in Có-digo civil, VI, Esposicion de motivos y comentarios, Lima, 1985.

(23) Artículo 1873 - Extensión de la obligación del fiador «Sólo queda obliga-do el fiador por aquello a que expresamente se hubiese comprometido, no pu-diendo exceder de lo que debe el deudor. Sin embargo, es válido que el fiador seobligue de un modo más eficaz que el deudor».

(24) Artículo 1871 - Formalidad de la fianza «La fianza debe constar por escri-to, bajo sanción de nulidad».

(25) Artículo 1872 - Fianza de obligacioness futuras «[…]Es igualmente váli-da la fianza por una obligación condicional o a plazo».

(26) Fra i numerosi Autori che si sono occupati della fattispecie in que-stione, si segnalano in particolare Bonelli, Le garanzie bancarie «a primadomanda»; Draetta e Vaccà, Le garanzie contrattuali. Fideiussione e contrat-ti autonomi di garanzia nella prassi interna e nel commercio internazionale, Mi-lano, 1994, 204 ss; Calderale, Fideiussione e contratto autonomo di garanzia,Bari, 1989, 229 ss.; Cuccovillo, Pagamento «a prima richiesta» e decadenzadel creditore, tra autonomia e accessorietà della garanzia, Riv. dir. civ., 2005,379.

(27) Cfr. per tutte Cass. 1 giugno 2004, n. 10486, in Banca borsa tit. cred.,2005, II, 481.

(28) Ravazzoni, voce Fideiussione, in Dig. civ., 280.

(29) Cfr. art. 1462 Codice civile.

(30) Cass. 3 febbraio 1999, n. 920, Mass. Giur. it., 1999.

(31) Ravazzoni, Fideiussione, cit., 260.

(32) Cfr. Cass. 13 agosto 1953, n. 2729, citata da Ravazzoni, cit.

(33) Questa circostanza farebbe venir meno la questione della scadenzaanticipata della fideiussione e della conseguente nullità della clausola induriorem causam, poiché costringerebbe il garante in ogni caso ad adem-piere e soltanto in un secondo momento lo legittimerebbe a contestare ilcredito.

La S.C. interpreta complessivamente le clausoledel negozio fideiussorio

Secondo l’insegnamento tradizionale (34), «inter-pretare vuol dire individuare il significato di un atto o diun fatto» e nel caso particolare del contratto e degli attigiuridici in generale, si pone «il problema della determi-nazione del significato della dichiarazione in relazioneagli scopi che gli autori intendono realizzare» (35). Losforzo richiesto all’interprete consiste nel trovare unacongruenza tra l’atto considerato e la funzione che ad es-so attribuisce la norma giuridica, attraverso il tipo nego-ziale riconosciuto, oppure quella liberamente voluta dal-le parti col limite, però, della meritevolezza degli interes-si perseguiti (art. 1322, secondo comma, Codice civile).

Le regole dell’interpretazione del contratto, riporta-te agli artt. 1362 ss. Codice civile, secondo la dottrinamaggioritaria (36) costituirebbero dei veri e propri «pre-cetti normativi», anche se i canoni ermeneutici in essiracchiusi, non esprimerebbero in maniera «costante econtinua espressioni di regole collegate e consequenzialil’una all’altra» (37).

Con la sentenza in commento, la Cassazione hacensurato l’interpretazione del giudice di secondo grado,il quale erroneamente ha ritenuto esaurita la garanzia fi-deiussoria prima (10 settembre 1993) della scadenza del-l’obbligazione principale, inibendone la successivaescussione.

Secondo quanto desumibile dagli accordi intercorsitra il fornitore e l’acquirente, l’importo risultante dallefatture emesse, avrebbe dovuto essere pagato «entro 120giorni fine mese». La lettera fideiussoria, inoltre, preve-deva l’espresso impegno, da parte del garante, a pagaregli importi delle fatture «dietro […] semplice richiesta,corredata di copia delle fatture, entro 30 giorni dalle sin-gole scadenze» (30 settembre 1993).

La Corte ha accolto, pertanto, le deduzioni della ri-corrente procedendo ad un’interpretazione complessiva(art. 1363 Codice civile) del negozio fideiussorio, non li-mitandosi al dato letterale che fissava la materiale ope-ratività della fideiussione al prescritto termine.

Secondo giurisprudenza costante della S.C. «è ne-cessario procedere al coordinamento delle varie clausoleanche quando l’interpretazione parrebbe potersi com-piere sulla sola base letterale della singola clausola» (38).

Da quest’operazione ermeneutica è risultato che,nel caso in rassegna, il termine apposto alla fideiussionenon era di validità ed efficacia della stessa, visto che aquella data la fideiussione non poteva essere ancoraescussa. Quindi, non era in questione la validità tempo-rale dell’importo fideiussorio, bensì «la scadenza del pa-gamento delle fatture garantite» (39).

Secondo i giudici di legittimità, quindi, il contrattofideiussorio doveva essere interpretato dal giudice di me-rito (Corte d’Appello) avendo riguardo al contenutodello stesso (40), in particolare alla luce della volontàdei contraenti i quali, volontariamente e concordemen-te, aggiunsero nel contratto un’ulteriore dizione (non

contestata dalla resistente né nel controricorso, né nellamemoria), in forza della quale le obbligazioni sorte nelperiodo di garanzia, benché non ancora scadute (leggiesigibili), godevano ancora della copertura fideiussoria(41), indipendentemente dal sopraggiunto termine fina-le del contratto di garanzia stipulato (42).

Riteniamo che la Corte abbia fatto emergere conforza il carattere accessorio sul quale poggiava l’obbliga-zione fideiussoria, salvandone il collegamento negozialecon l’obbligazione principale, attraverso la considerazio-ne unitaria della fattispecie, da un punto di vista oggetti-vo (il nesso eziologico tra i negozi) e soggettivo (la co-mune intenzione delle parti a coordinare i negozi per larealizzazione di un fine ulteriore, casualmente autono-mo) (43).

È questo il senso che dovrebbe comunemente attri-buirsi alla funzione della garanzia personale la quale, co-me mezzo di rafforzamento dell’aspettativa satisfattoriadel creditore, comporta inevitabilmente un nesso dicoordinazione tra rapporto di garanzia e rapporto garan-tito (44).

ConclusioniQual è la funzione socialmente meritevole di tutela

di una fideiussione di durata inferiore rispetto all’obbli-gazione principale? La giurisprudenza non rispondeespressamente a questa domanda, ma ha riconosciutovalidità alla fattispecie de qua, in un caso (45) attenen-

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GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(34) Grassetti, L’interpretazione del negozio giuridico con particolare riguardoai contratti, Padova, 1983, con rinvio alla dottrina tedesca ed in particola-re a Friedrichs, Der allgemeine Teil des Rechts, Berlino, 1927, 125. Nel pa-norama dottrinario italiano ci limitiamo, per brevità, a segnalare Alpa,L’interpretazione del contratto, Milano, 1983. Per una ricostruzione siste-matica dei concetti di qualificazione ed interpretazione del negozio giuri-dico, ci sia consentito rinviare al nostro Contratto di…e qualificazione, inquesta Rivista, 2006, 329 ss.

(35) Costanza, voce Interpretazione dei negozi di diritto privato, in Dig. civ.,1993, X, 26.

(36) Per tutti Sacco, Il contratto, Tratt. Sacco, II, Torino, 1993, 366 ss.;Bianca, Il contratto, cit., 416 ss.; Bigliazzi Geri, L’interpretazione del contrat-to, in Commentario Schlesinger, 31 ss. In senso contrario Carresi, Il contrat-to, in Trattato dir. civ. comm., Milano, 1987, II, 519.

(37) Cfr. Sacco, Il contratto, Tratt. Vassalli, Torino, 1975, 903.

(38) Per tutte Cass. 14 novembre 2002, n. 16022, Mass. Giust. civ., 2002,1976.

(39) Vedi sentenza in commento.

(40) Cfr. Trib. Milano 29 ottobre 2004, in Banca borsa tit. cred., 2005, II,483.

(41) Cfr. Cass. 25 gennaio 2000, n. 805, Mass. Giust. civ., 2000, 133.

(42) Facciamo riferimento a quella parte del contratto in cui si esplicital’impegno della banca fideiubente a «pagare gli importi delle singole fat-ture dietro vostra semplice richiesta, corredate di copia delle fatture, en-tro 30 giorni dalle singole scadenze».

(43) Cfr. Cass. 17 dicembre 2004, Mass. Giust. civ., 2004.

(44) Cfr. A. Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, Milano, 1998, 33.

(45) Nota 13.

dosi al mero dato letterale del contratto e, nell’altro(46), distinguendola dall’ipotesi di fideiussione con«scadenza» anticipata, da dichiararsi nulla perché stipu-lata in duriorem causam.

Nella pronuncia qui in rassegna, la Cassazione nonha esaudito la curiosità del commentatore, poiché si ègiustamente preoccupata di interpretare complessiva-mente le clausole del negozio fideiussorio collegato conl’obbligazione principale. In questo modo essa si èconformata ad un suo precedente arresto (47) sul rap-porto esistente tra la durata dell’obbligazione principalee quella della fideiussione ed il normale adeguamentodell’estensione nel tempo, alla luce del principio di ac-cessorietà e di quanto stabilito dall’art. 1941 Codice ci-vile in tema di limiti della fideiussione

Se, da un lato si può dire che la fideiussione a «sca-

denza» anticipata sia passibile di nullità perché conclusain duriorem causam, dall’altro lato e provando a risponde-re all’interrogativo di cui sopra, non ci convince che lafideiussione a «durata» inferiore risponda ad un interes-se meritevole di tutela, né per il creditore, né tantomenoper il debitore dell’obbligazione principale, anzi la caren-za di una sua funzione concreta la porrebbe, a parere dichi scrive, in forte sospetto di nullità per la mancanza diuno dei requisiti essenziali del contratto, la causa (artt.1418 e 1325 Codice civile).

I CONTRATTI N. 7/2006 671

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(46) Nota 16.

(47) Nota 10.

I CONTRATTI N. 7/2006672

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Locazione

I diritti del conduttore alla partecipazione all’assemblea condominiale e all’uso del parcheggio Cassazione Civile, sez. III - Sentenza del 3 ottobre 2005, n. 19308 Pres. Fiduccia - Rel. Perconte Licatese - P.M. Apice (Conf.) - Ric. Maec S.r.l. In Liq. - Res. Imm. Campolo-niano S.r.l.

I.Locazione - Disciplina delle locazioni di immobili urbani (Legge 27 luglio 1978, n. 392, cosiddetta sull’equocanone) - Immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione - Diritti ed obblighi delle parti - Partecipazione delconduttore all’assemblea dei condomini - Obbligo d’informazione da parte del locatore - Limiti - Delibere relative allamodificazione dei servizi comuni da cui derivi un aggravio di spese - Inadempimento - Rifiuto di rimborsare i maggiorioneri derivanti dalle delibere adottate - Legittimità - Risoluzione per inadempimento - Esclusione - Sospensionedell’adempimento - Esclusione

In tema di locazione, l’art. 10 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, applicabile anche alla locazio-ne d’immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, riconoscendo al conduttore la facoltàd’intervenire, senza diritto di voto, nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto delibere re-lative alla modificazione dei servizi comuni diversi da quelli di riscaldamento e condizionamen-to d’aria, pone a carico del locatore un obbligo d’informazione, il cui inadempimento legittima ilrifiuto da parte del conduttore di rimborsare i maggiori oneri conseguenti a delibere adottate insua assenza per mancata informazione, ma non incide sul sinallagma contrattuale, e non puòquindi essere addotto dal conduttore quale motivo di risoluzione del contratto di locazione, néper sospendere l’adempimento delle proprie obbligazioni, ai sensi dell’art. 1460, primo comma,Codice civile. In quanto volto a tutelare l’interesse del conduttore a non sopportare maggiori spe-se per la fornitura dei servizi comuni, il diritto d’intervento è peraltro limitato alle sole assem-blee in cui si discutano modificazioni dei predetti servizi da cui derivi una spesa o un aggraviodi spesa che, in definitiva, andrà a gravare sul conduttore, e non anche alle assemblee con diver-so oggetto oppure deliberanti su servizi comuni ma senza riflessi sull’onere delle spese.

II.Contratti in genere - Invalidità - Nullità del contratto - Parziale - Area predisposta per il parcheggio degli autoveicoli- Vincolo pertinenziale - Locazione - Trasferimento del diritto all’uso dell’area - Clausole di esclusione - Nullità -Sostituzione «ope legis».

La speciale normativa urbanistica che prescrive la destinazione obbligatoria di appositi spazi a par-cheggi (art. 41 sexies della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, aggiunto dall’art. 18 della Legge 6 agosto1967, n. 765, e modificato dall’art. 9 della Legge 23 aprile 1989, n. 122, ed art. 26, quarto comma,della Legge 28 febbraio 1985, n. 47) pone un vincolo pubblicistico di destinazione che non può subi-re deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi; in caso di locazione, pertanto, il dirittodel proprietario di un’unità immobiliare all’uso dell’area predisposta per il parcheggio degli autovei-coli deve essere necessariamente trasferito al conduttore, alla stregua della stretta inerenza del dirit-to stesso all’effettiva utilizzazione dell’immobile secondo la sua destinazione, con la conseguenza cheil contratto di locazione il quale escluda tale trasferimento è affetto da nullità parziale, determinan-dosi «ope legis» il trasferimento medesimo, attraverso la sostituzione di diritto delle clausole diffor-mi con la norma imperativa.

Svolgimento del processo

Nel 1990 la S.r.l. M. 3 conveniva in giudizio, da-vanti al Tribunale di Rieti, la S.r.l. ImmobiliareC., premettendo di avere stipulato con essa, il 1°

dicembre 1989, un contratto di locazione commerciale,deducendo il colpevole inadempimento della locatriceall’obbligazione di garantirle l’uso, da parte della cliente-la, dell’area di parcheggio antistante all’immobile locato,e chiedendo pertanto la risoluzione del contratto, il risar-cimento dei danni conseguenti alla chiusura dell’eserci-zio, avvenuta per mancanza di parcheggi, nonché la resti-tuzione dei canoni pagati e del deposito cauzionale.La convenuta replicava che il contratto prevedeva la so-la locazione della superficie coperta e non anche del par-cheggio e che comunque la disciplina del parcheggio erastata adottata dall’assemblea condominiale, nel corsodella quale essa si era opposta alla delibera poi approvata.Avendo il presidente del Tribunale di Rieti emesso undecreto ingiuntivo a carico della M. 3 per il pagamentodei canoni insoluti, l’ingiunta proponeva opposizione,esponendo gli stessi argomenti della prima citazione.Riuniti i giudizi, il Tribunale, con sentenza n. 747 del1993, dato atto del pagamento eseguito dalla M. 3, revo-cava il decreto; rigettava tutte le domande della M. 3; di-chiarava risolto il contratto del 1° dicembre 1989 perinadempimento di quest’ultima e la condannava al pa-gamento dei canoni dovuti, detratto il deposito cauzio-nale ricevuto dalla locatrice.Il Tribunale rilevava, anzitutto, che, contrariamente aquanto asserito dall’attrice, non risultava stipulato fra leparti alcun patto aggiunto al contratto del 1° dicembre1989, relativo alle modalità di uso e godimento dell’areadi parcheggio, diverse e più ampie di quelle consentite aciascun condomino; inoltre, che la deliberazione (peral-tro impugnata dalla locatrice) di approvazione del rego-lamento condominiale era stata adottata dall’assembleadel 18 novembre 1989, in data quindi antecedente aquella di stipulazione del contratto, donde la inoperati-vità del diritto d’intervento del conduttore; che nessunaprova era stata data alla M. 3 circa l’incidenza della si-tuazione di fatto creatasi a seguito della delimitazionedell’area di parcheggio nel volume di affari dell’eserciziocommerciale gestito dalla stessa; che, da ultimo, quantoal decreto ingiuntivo, lo stesso andava revocato solo per-ché la M. 3 aveva provveduto al pagamento del dovuto,non risultando elementi capaci di giustificare il venirmeno del credito in capo alla società locatrice.Nel frattempo la M. 3 chiedeva ed otteneva, il 23 mag-gio 1991, un decreto ingiuntivo per lire 15.000.000, perla restituzione del deposito cauzionale. Proponeva oppo-sizione l’ingiunta società Immobiliare e, in riconvenzio-nale, chiedeva la condanna della controparte al paga-mento dei canoni dovuti dall’agosto 1990 fino alla ri-consegna dei locali.Con sentenza n. 717 del 1994, il Tribunale di Rieti revo-cava il decreto, rigettava le domande della M. 3 e la con-dannava a pagare alla Immobiliare C. lire 45.000.000.

La M. 3 impugnava le suddette sentenze n. 747 del 1993e n. 717 del 1994. L’appellata si costituiva in entrambi igiudizi, chiedendo il rigetto dei gravami.Con sentenza 15 febbraio 2001, la Corte d’Appello diRoma, dopo aver riunito i giudizi, rigettava le impugna-zioni.Ricorre per la cassazione di tale sentenza la M. 3 in li-quidazione, formulando sei mezzi di annullamento.Resiste con controricorso la società Immobiliare C.Ambo le parti hanno depositato una memoria e la ricor-rente, altresì una replica alle conclusioni del P.G.

Motivi della decisione

Col primo motivo, denunciando la violazione de-gli artt. 1362, 1575 nn. 2 e 3 e segg. e 2697 Co-dice civile nonché omessa e contraddittoria mo-

tivazione su un punto decisivo della controversia (art.360 nn. 3, 4 e 5 Codice procedura civile), la ricorrente,per contestare la ritenuta anteriorità della delibera con-dominiale al contratto, deduce come pacifici e inconte-stati una serie di fatti, e cioè: che il contratto di locazio-ne, stipulato all’origine con la S.d.f. M. A. e C., è del 19marzo 1989; che la M. 3 è subentrata nel contratto percessione di azienda; che la stessa M. 3 esercitò l’attivitàdi supermercato già prima della delibera condominiale18 novembre 1989 di limitazione del parcheggio; che il1° dicembre 1989 il contratto venne semplicementevolturato a nome della M. 3; che perciò non vi è solu-zione di continuità tra la S.d.f. M. A. e C. e la M. 3 nel-la gestione del supermercato; che la stessa controparte ri-conobbe l’anteriorità dell’attività della locataria M. 3 ri-spetto alla delibera condominiale; che la M. 3 ha inizia-to l’attività il 21 ottobre 1989 con autorizzazione ammi-nistrativa.Ricorda come la Corte d’Appello ammetta che vi era unuso del parcheggio, da parte del supermercato, antece-dente al 1° dicembre 1989 e alla delibera condominiale;e come la stessa Immobiliare C., dopo la delibera, abbiamesso a disposizione della M. 3 il telecomando per acce-dere al parcheggio, declinando verso il Condominioogni responsabilità per i danni che la chiusura del par-cheggio avrebbe potuto arrecare all’attività della con-duttrice.Avrebbe dovuto perciò la Corte riconoscere il titolo del-la M. 3 a partecipare all’assemblea condominiale e ade-guatamente interpretare, a tale scopo, il comportamentodelle parti prima, durante e dopo il contratto.Col secondo motivo, denunciando la violazione degliartt. 1575 nn. 2 e 3, 1578, 1581, 1582, 1585 e 1586 Co-dice civile, 18 della Legge 6 agosto 1967, n. 765, 26 del-la Legge 28 febbraio 1985, n. 47, 41 sexies della Legge 17agosto 1942, n. 1150, introdotto dalla Legge 6 agosto1967, n. 765 e novellato dall’art. 2, secondo comma, del-la Legge n. 122 del 1989, nonché vizio di motivazione(art. 360 nn. 3 e 5 Codice di procedura civile), premessoche il bene locato, per la sua destinazione, deve disporredi un parcheggio, la cui esistenza è condizione per l’eser-

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cizio dell’attività in base a inderogabili previsioni nor-mative; sostiene che è in atti la prova dell’uso del par-cheggio da parte della clientela della M. 3 già all’attodella stipulazione della locazione e prima della deliberacondominiale, mentre la postuma consegna del teleco-mando alla M. 3 non era idonea e sufficiente a ripristi-nare, dopo la delibera condominiale, quell’uso. Il dirittoall’uso del parcheggio dev’essere e viene trasferito perlegge al conduttore e il locatore è tenuto ad assicurarneil godimento pieno: atti privatistici che fossero diretti asottrarre dette aree alla loro destinazione sarebbero nul-li, perché contrari a norme imperative.Tutti questi problemi sono stati ignorati dalla Corted’Appello.Col terzo motivo, denunciando la violazione degli artt.1571, 1575 nn. 2 e 3 e 1582 Codice civile nonché omes-sa pronuncia (art. 360 n. 4 Codice di procedura civile),lamenta che non sia stata esaminata la sua domanda dirisoluzione del contratto per fatto e colpa della Immobi-liare C.: colpa ravvisabile nel non aver adempiuto l’ob-bligo di garantire al supermercato il pacifico godimentodel parcheggio, in modo che la cosa locata potesse con-tinuare ad essere usata secondo la destinazione convenu-ta, come negozio. Il venir meno del parcheggio infatti favenir meno quella che, per norma inderogabile di legge,è una caratteristica che assurge a condicio sine qua nondella stessa possibilità di realizzazione edilizia e di uso ti-pico del bene. Nessuna valutazione è stata fatta di questoinadempimento grave e molteplice della immobiliareC., anche sotto il profilo del mancato invito della con-duttrice all’assemblea.Col quarto motivo, denunciando la violazione degli artt.30, secondo comma, e 59 u.c. della Legge n. 392 del1978 nonché vizio di motivazione e omessa pronuncia(art. 360 nn. 2 e 5 Codice di procedura civile), rileva co-me non sia stata accolta e nemmeno esaminata l’ecce-zione di incompetenza sollevata nel giudizio di opposi-zione a decreto ingiuntivo, sotto il profilo che la con-danna ai canoni locatizi era di competenza per valore oper materia del pretore e non del tribunale.Lamenta ancora la ricorrente che la materia della sen-tenza n. 717 del 1994 sia stata dalla Corte d’Appello im-motivatamente liquidata con una conferma del graveinadempimento della conduttrice.Col quinto motivo, denunciando la violazione dell’art.2697 Codice civile (art. 360 n. 3 Codice di procedura ci-vile), dopo aver ricordato che una normativa inderoga-bile impone, con valutazione sottratta alle parti, che inegozi (supermercati) debbano avere parcheggi perti-nenziali, osserva che è stato negato il rapporto causaletra la chiusura del parcheggio e la chiusura dell’eserciziocommerciale, senza dare la possibilità di provare il con-trario alla M. 3, le cui istanze istruttorie sono state tutterigettate.Col sesto motivo, infine, denunciando la violazione de-gli artt. 1216 e 1209, secondo comma, Codice civile (art.360 nn. 3 e 5 Codice civile), rileva che la locatrice ri-

fiutò di prendersi in restituzione l’immobile offertole findalla citazione del 25 luglio 1990, imponendo qualecondizione che la M. 3 si riconoscesse inadempiente e ri-nunciasse a qualsiasi pretesa verso la Immobiliare C. Dalmomento di tale offerta pertanto non poteva decorrerepiù alcun obbligo di pagamento di canoni.Va risolta, prima di passare al merito di queste censure,una questione pregiudiziale.Eccepisce la resistente l’inammissibilità del ricorso per-ché notificato solo nel domicilio eletto dalla Immobilia-re C. nel giudizio di appello n. 432 del 1996 (avverso lasentenza n. 717 del 1994) e non anche nel domicilioeletto dalla medesima nel giudizio di appello n. 351 del1995 (avverso la sentenza n. 747 del 1993).Il rilievo è esatto, ma improduttivo di conseguenze pro-cessuali.Si premette che la Immobiliare C., nelle due cause di ap-pello, elesse domicilio, col proprio difensore Avv. …, aRoma, in due luoghi diversi, e precisamente a Via …,presso l’Avv. … (n. 351/1995) e a Via …, presso l’Avv.… (n. 432/1996); e che il ricorso è stato notificato al-l’Immobiliare C., il 29 marzo 2002, presso l’Avv. …, so-lo nel domicilio eletto in Via …, dato il trasferimento al-trove dell’altro domiciliatario.Ciò premesso, con l’unico ricorso sono state gravate lesentenze terminative dei due giudizi di appello, occasio-nalmente riunite nell’unica sentenza n. 509 del 2001, epertanto a costituire validamente il rapporto d’impugna-zione, in relazione all’intera materia controversa, è suffi-ciente la notifica alla parte, presso il procuratore costi-tuito, l’Avv. …, in uno dei due domicili eletti, ai sensidell’art. 330 u.c. Codice procedura civile; giacché conquest’unica notifica la parte (e per essa il suo procurato-re costituito) ha avuto conoscenza del gravame interpo-sto contro ambedue le pronunce riunite ed è stata così ingrado di difendersi, come poi ha fatto, su tutta la materiadel ricorso.L’autonomia concettuale dei giudizi e delle relative pro-nunce, ancorché contestuali, fatta salva dalla riunionedisposta ai sensi dell’art. 274 Codice procedura civile,non può essere infatti spinta fino a richiedere, per unavalida impugnazione, una duplice notifica della medesi-ma impugnazione alla stessa parte e presso lo stesso pro-curatore costituito; ossia, in violazione del criterio dieconomia processuale, la duplicazione del medesimoadempimento.Consegue che entrambe le sentenze pronunciate nei duegiudizi di appello, solo formalmente riunite nell’unicasentenza n. 509 del 2001, ma concettualmente autono-me, sono state ritualmente impugnate.Nell’ordine logico viene, subito dopo, l’esame del quartomotivo, di cui va affermata l’infondatezza.Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenu-to dalla M. 3 per la restituzione della cauzione, la locatri-ce chiese e ottenne, in riconvenzionale, il pagamentodei canoni scaduti. Per quanto è dato di capire, il Tribu-nale, secondo la ricorrente, sarebbe stato competente ra-

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tione valoris per la restituzione della cauzione (lire15.000.000, pari a tre mensilità: pag. 14 del ricorso), manon per il pagamento dei canoni, di competenza del pre-tore o per valore o per materia.Senonché, all’epoca dell’introduzione (1991) e della de-cisione (sent. n. 717 del 1994) della causa riconvenzio-nale, la competenza per valore del pretore era di lire5.000.000 (art. 2 della Legge 30 luglio 1984, n. 399), percui certamente eccedeva tale importo la domanda di pa-gamento «dei canoni di locazione e comunque dei corri-spettivi dovuti, ai sensi dell’art. 1591 Codice civile, dal-l’agosto 1990 alla data di riconsegna dei locali» (pag. 15del ricorso), e, nello stesso periodo, non era ancora su-bentrata la speciale competenza per materia del pretorenelle controversie relative a rapporti di locazione (art. 8,secondo comma, n. 3 Codice procedura civile, in vigoredal 30 aprile 1995).La speciale competenza per materia del pretore, configu-rata dall’art. 30 della Legge n. 392 del 1978, invocatodalla ricorrente, riguardava la «procedura per il rilascio»degli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, nonle cause di pagamento dei canoni della locazione, che se-guivano, fino al 30 aprile 1995, le regole ordinarie dicompetenza.Legittimamente quindi il Tribunale provvide anche sul-la domanda riconvenzionale, di sua competenza (art. 36Codice procedura civile).Per quanto concerne la seconda parte del motivo, dovela ricorrente denuncia l’immotivata affermazione del suoinadempimento all’obbligazione di pagare il canone, sene dirà più oltre.Il primo, il secondo, il terzo e il quinto motivo, da tratta-re, per le loro connessioni, congiuntamente, sono desti-tuiti di fondamento.Ha accertato in punto di fatto la sentenza impugnata,sulle orme del Tribunale, «l’anteriorità, non contestata,della delibera condominiale relativa all’area di parcheg-gio rispetto al contratto di locazione in questione», do-vendo per ciò solo escludersi che l’appellante avesse ti-tolo per partecipare all’assemblea del 18 novembre1989.È opinione altresì del giudice di appello che «il prece-dente uso, in qualche modo tollerato, contrariamente aquanto assunto dall’«appellante», sia «fatto inidoneo acostituire titolo al suo mantenimento, non conferendoalcuna situazione giuridica protetta».La sentenza soggiunge essere «del tutto irrilevante chefossero intervenute autorizzazioni amministrative, essen-do pacifico che tali atti sono rilasciati, sempre, fatti salvii diritti dei terzi».Ed infine, conclude, «neppure emerge se il dissesto eco-nomico della M. 3 S.r.l. fosse da imputare al venir menodel parcheggio o piuttosto ad una non accorta conduzio-ne della gestione dell’impresa».Ciò premesso, rileva anzitutto il Collegio che l’anterio-rità della delibera condominiale è difficilmente conte-stabile sulla base del puro dato cronologico, risalendo il

contratto di locazione al 1° dicembre 1989. Ma, seppuresi volesse dare per ammesso, in via di ipotesi, quanto de-dotto dalla ricorrente su una precedente cessione delcontratto locativo ai sensi dell’art. 36 della Legge n. 392del 1978 (argomento sul quale la sentenza tace), non perquesto avrebbero pregio giuridico le doglianze espostenel primo motivo, per le considerazioni che seguono.A norma dell’art. 10, primo comma, della Legge 27 lu-glio 1978, n. 392, «il conduttore ha diritto di voto, inluogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelledelibere dell’assemblea condominiale relative alle spesee alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento edi condizionamento d’aria»; mentre, per il secondo com-ma, «egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto divoto, sulle delibere relative alla modificazione degli altriservizi comuni».La disposizione, stante il richiamo contenuto nell’art.41, primo comma, della stessa legge, si applica anche al-le locazioni di immobili urbani ad uso diverso da quellodi abitazione.Orbene, nel secondo caso, destinatario dell’avviso diconvocazione è sempre il condomino locatore, il quale èsoltanto obbligato ad informare il conduttore della fa-coltà di intervenire, senza diritto di voto, a tutela di uninteresse suo proprio, nell’assemblea.Se il locatore venga meno a quest’obbligo, abbia o no ilconduttore la legittimazione ad impugnare e invalidareper ciò solo il deliberato, lo stesso potrà rifiutarsi di cor-rispondere al locatore il rimborso dei maggiori onericonseguenti a delibere di modifica di servizi comuniadottate, per mancata informazione, in sua assenza.Resta sicuramente esclusa, per concorde opinione didottrina, ogni conseguenza dell’omissione sulla funzio-nalità del sinallagma contrattuale della locazione. Nonpuò, in altri termini, questa omissione del locatore esse-re addotta dal conduttore a motivo di risoluzione delcontratto locativo (artt. 1453 e segg. Codice civile) enemmeno per valersi, ai sensi dell’art. 1460, primo com-ma, Codice civile, della sospensione dell’adempimentodelle proprie obbligazioni. Essa spiega insomma efficaciasolo nell’ambito dello speciale rapporto che si instauraope legis, tra locatore e conduttore, in tema di partecipa-zione alla spesa relativa alla fornitura, in genere, dei ser-vizi comuni (artt. 9, primo comma, 10, secondo comma,e 41, primo comma, della cit. Legge n. 392 del 1978).Tuttavia, proprio in forza della naturale correlazione trala fornitura del servizio comune e la spesa a carico delconduttore, il diritto di intervento alle assemblee senzadiritto di voto, dovendo essere coordinato con l’interes-se del medesimo a non sopportare aggravi di spesa, nonpuò riferirsi che alle sole modificazioni dei servizi comu-ni le quali importino una spesa o un aggravio di spesache, in definitiva, andrà a gravare sul conduttore; nongià ad assemblee con diverso oggetto oppure deliberantisu servizi comuni ma senza riflessi sull’onere delle spese.Tutto ciò premesso, non risulta dalla sentenza e nemme-no viene dedotto nel ricorso che la delibera del 18 no-

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vembre 1989 abbia comportato, sul tema controversodella disciplina del parcheggio negli spazi condominiali,una spesa o un aggravio di spesa che dovesse ricadere acarico della M. 3; e pertanto nulla dimostra che quest’ul-tima dovesse essere informata dell’assemblea dalla loca-trice.In secondo luogo, a tutto concedere, la M. 3, per l’even-tuale violazione, da parte della locatrice, del dovere diinformativa, non potrebbe mai chiedere e ottenere la ri-soluzione del contratto di locazione per inadempimentodella locatrice né avrebbe mai potuto sottrarsi all’obbli-go di pagare il canone, potendo semmai rifiutarsi solo dirimborsare alla proprietaria la spesa o la maggiore spesaapprovata con la delibera, ma tale questione non è og-getto di controversia.Indiscutibile dunque l’inadempimento della M. 3 all’ob-bligo di pagamento dei canoni, giustamente sanzionatodal giudice di merito.Nessun altro inadempimento può essere ascritto alla lo-catrice C.Ben s’intende come, col contratto di locazione in discor-so, siano stati trasferiti alla conduttrice, sulle parti comu-ni dell’edificio, gli stessi poteri spettanti alla condominalocatrice, stante il principio che, in forza del contratto dilocazione, nei limiti della prevista destinazione del benelocato, passano al conduttore tutte le facoltà di godi-mento appartenenti al proprietario, senza distinzione trale utilità fornite dalla porzione immobiliare esclusiva equelle eventualmente derivanti dall’uso delle parti con-dominiali, tra cui gli spazi adibiti a parcheggio. Il con-duttore può pertanto servirsi di tali beni comuni nellaidentica misura e con le stesse modalità con le quali sene sarebbe potuto servire il proprietario e sottostando al-la relativa disciplina condominiale.Può altrimenti dirsi, sempre in conformità della giuri-sprudenza di questa Corte Suprema, che, in caso di loca-zione di una unità immobiliare compresa in un edificioin condominio, il godimento concesso al conduttorenon si esaurisce nella porzione del singolo piano di pro-prietà esclusiva del condomino locatore, bensì riguardaanche, nei limiti della quota spettante a quest’ultimo, leparti comuni che siano necessarie per l’esercizio dei di-ritti derivanti dalla locazione.Orbene, la sentenza impugnata, come già il Tribunale,ha accertato che non risulta «stipulato fra le parti alcunpatto aggiunto anteriore, contemporaneo o posteriore alcontratto di locazione del dì 1° dicembre 1989, relativoalle modalità di utilizzazione e godimento dell’area diparcheggio antistante i locali, diverse e più ampie diquelle consentite a ciascun condomino» (pag. 3: statui-zione anch’essa, a pag. 6, giudicata corretta «e perciò daconfermare»); e, segnatamente, di quelle consentite allalocatrice C., tra le quali, come è incontroverso, nonrientrava una facoltà di uso delle aree destinate a par-cheggio pari, per estensione, a quella pretesa dalla con-duttrice, ovvero proporzionata alle presumibili esigenzedella clientela di un supermercato.

La pretesa di quest’ultima di permettere il parcheggio, indette aree, alla propria clientela, senza sottostare alla di-versa disciplina condominiale, ovvero alle stesse regolecui avrebbe dovuto sottostare la locatrice, è dunque, so-lo per questo, priva di giuridico fondamento (per non di-re che, in linea di principio, la disciplina dell’uso dellecose comuni rientra soltanto nei poteri della collettivitàdei condomini (art. 1138 Codice civile), per cui nem-meno con un apposito patto sarebbe stato possibile attri-buire alla conduttrice poteri più ampi di quelli spettantialla locatrice).È il caso di sottolineare, altresì, che non ha pregio il ri-chiamo della ricorrente alla speciale normativa urbani-stica prescrivente la destinazione obbligatoria di apposi-ti spazi a parcheggi (art. 41 sexies della Legge 17 agosto1942, n. 1150, aggiunto dall’art. 18 della Legge 6 agosto1967, n. 765, secondo cui «nelle nuove costruzioni edanche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse,debbono essere riservati appositi spazi per i parcheggi inmisura non inferiore ad un metro quadrato per ogni ven-ti metri cubi di costruzione» (rapporto raddoppiato dallaLegge n. 122 del 1989); art. 26, quarto comma, dellaLegge 28 febbraio 1985, n. 47, secondo cui «gli spazi dicui all’art. 18 della Legge 6 agosto 1967, n. 765 costitui-scono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effet-ti degli artt. 817, 818 e 819 Codice civile»).Tali norme infatti pongono un vincolo pubblicistico didestinazione, che non può subire deroga negli atti priva-ti di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformisono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa(Cass. 7 giugno 2002, n. 8262). Per meglio dire, il dirit-to del proprietario di un’unità immobiliare all’uso dell’a-rea predisposta per il parcheggio degli autoveicoli, se-condo la citata disciplina innovativa, deve essere neces-sariamente trasferito, in caso di locazione, al conduttore,alla stregua della stretta inerenza del diritto stesso all’ef-fettiva utilizzazione dell’immobile secondo la sua desti-nazione, con la conseguenza che il contratto di locazio-ne il quale escluda tale trasferimento è affetto da nullitàparziale, determinandosi ope legis il trasferimento mede-simo (Cass. 25 febbraio 1992, n. 2337).Data la funzione svolta da queste norme, che è quella diassicurare, per esigenze di ordinario sviluppo urbanistico,un determinato rapporto tra cubatura degli edifici e spa-zi destinati a parcheggio e di sancire l’immodificabilità ditale destinazione anche nei rapporti tra privati, non sicomprende come la ricorrente possa invocarle a tutt’al-tri fini, ossia per farne derivare il proprio diritto all’usodell’area di parcheggio in una misura che non spettavaalla dante causa e che quindi quest’ultima non poteva,in forza delle regole generali o speciali, trasferirle.Ma se poi, in base alla normativa locale, l’esistenza di unampio parcheggio per la clientela fosse, come pure pro-spetta la ricorrente, condizione per ottenere le autorizza-zioni all’esercizio del supermercato, un problema del ge-nere non potrebbe interessare la locatrice, ma sarebbe distretta competenza della conduttrice, obbligata a procu-

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rarsi, a proprie spese, in proprietà o ad altro titolo, l’arearitenuta adeguata alle proprie esigenze; per cui, se la M.3 abbia subito conseguenze pregiudizievoli per non ave-re provveduto, imputet sibi.Tutte queste considerazioni sull’infondatezza del primo,secondo e terzo motivo del gravame, rendono superfluol’esame del quinto, dacché, nessun inadempimento es-sendo imputabile alla locatrice (la quale, circa le moda-lità di uso del parcheggio, nulla doveva garantire chenon fosse già ad essa consentito a norma del regolamen-to condominiale e, come è pacifico, mise a disposizionedella conduttrice il telecomando per accedere. con fa-coltà pari a quelle che alla locatrice sarebbero spettate,nell’area delimitata ad uso di parcheggio); nemmeno sipone il problema della derivazione causale della chiusu-ra dell’esercizio, e del danno conseguente, da un’attivitàcosciente e volontaria della C.Analoga sorte del rigetto merita il sesto ed ultimo moti-vo.

È sufficiente osservare che, secondo la giurisprudenza diquesta Corte Suprema, l’unico mezzo per costituire inmora il creditore e provocare la liberazione del condut-tore dall’obbligo di pagamento del canone è rappresen-tato dall’offerta formale di riconsegna per intimazione, aisensi dell’art. 1216 Codice civile, seguita, nel caso di ri-fiuto, dalla nomina di un sequestratario e dalla consegnaa questo della cosa dovuta (Cass. 10 febbraio 2003, n.1941 e 13 febbraio 2002, n. 2086): ciò che pacificamen-te non è avvenuto nella fattispecie.Le spese del presente giudizio gravano sulla parte soc-combente e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente arimborsare alla resistente le spese del giudizio di Cassa-zione, liquidate in euro 5.100,00, di cui 5.000,00 peronorario, oltre alle spese generali e agli altri accessoricome per legge.

IL COMMENTOdi Monica Selvini

L’Autore commenta la pronuncia della Corte di Cassa-zione riguardante i diritti del conduttore a partecipa-re all’assemblea condominiale avente ad oggetto lamodificazione dei servizi comuni e a godere del par-cheggio, evidenziando il merito della sentenza nell’a-ver precisato che la nullità parziale per contrasto conla disciplina in tema di parcheggi non investe solo icontratti di compravendita, ma anche i contratti di lo-cazione. Per altro aspetto, la S.C. sembra limitare eccessiva-mente la tutela del conduttore: non sembrerebbe con-divisibile la tesi secondo la quale la violazione, daparte del locatore, dell’obbligo di informare il condut-tore dell’assemblea condominiale non influirebbe sulsinallagma del contratto di locazione.

Il casoLa controversia che ha fornito alla Suprema Corte

l’occasione per una nuova pronuncia in materia di dirit-ti dei conduttori e, in particolare, in tema di parcheggi èscaturita da una questione tanto semplice quanto attua-le: la conduttrice, esercente attività commerciale, con-viene in giudizio la propria locatrice, deducendo l’ina-dempimento all’obbligazione di garantire l’uso, a se stes-sa e quindi alla clientela del supermercato, dell’area diparcheggio antistante l’immobile locato.

L’attrice chiede la risoluzione del contratto di loca-zione e il risarcimento dei danni conseguenti alla chiu-sura dell’esercizio commerciale a causa della mancanzadi parcheggi (oltre alla restituzione dei canoni pagati e

del deposito cauzionale), la convenuta replica che ilcontratto prevedeva la locazione della sola superficie co-perta e non dell’area di parcheggio, la cui disciplina erastata adottata con delibera dell’assemblea condominiale,alla quale si era peraltro opposta.

Contestualmente la conduttrice si oppone, in forzadegli stessi motivi, al decreto ingiuntivo emesso dal Pre-sidente del Tribunale di Rieti, con il quale era stata con-dannata a pagare i canoni di locazione insoluti.

I due giudizi vengono riuniti ed il Tribunale di Rie-ti revoca il decreto ingiuntivo e, rilevato che non sussi-ste alcun patto aggiunto disciplinante l’uso dell’area diparcheggio in modo più ampio di quello consentito aciascun condomino e che in capo alla conduttrice nonsussisteva alcun diritto di intervento nell’assembleacondominiale de qua (la delibera era stata adottata inepoca precedente alla stipulazione del contratto di loca-zione), dichiara risolto il contratto di locazione per ina-dempimento della conduttrice, condannandola al paga-mento dei canoni dovuti, al netto del deposito cauzio-nale.

La conduttrice, soccombente anche nel giudiziod’Appello, propone ricorso per Cassazione, lamentandoche la Corte distrettuale avrebbe dovuto riconoscerle ti-tolo a partecipare all’assemblea condominiale, in quantoè subentrata nel contratto di locazione per cessione d’a-zienda, quindi senza alcuna soluzione di continuità conla precedente conduttrice.

Inoltre, lamenta che il bene locato, per la sua desti-nazione, deve godere di posti auto, la cui esistenza è con-dizione per l’esercizio dell’attività in base a inderogabiliprevisioni normative, e che, pertanto, il grave inadempi-

mento della locatrice all’obbligo di garantire al super-mercato l’uso del parcheggio avrebbe dovuto condurrealla risoluzione del contratto per colpa della locatrice.

La S.C., esaminando congiuntamente i motivi di ri-corso, afferma che, al di là della questione circa l’ante-riorità o meno della delibera assembleare rispetto al con-tratto di locazione, comunque la violazione da parte dellocatore dell’obbligo di informare il conduttore della fa-coltà di intervenire nell’assemblea condominiale, senzadiritto di voto, a tutela di un suo interesse, non ha altroeffetto che quello di legittimare il conduttore pretermes-so al rifiuto di corrispondere al locatore la spesa o la mag-giore spesa approvata con la delibera, non comportandola risoluzione del contratto di locazione o la sospensionedell’adempimento di pagamento dei canoni ex art. 1460Codice civile.

Aggravio di spesa, che a parere della S.C., non eraavvenuto nel caso di specie.

Inoltre, la S.C. ha ritenuto infondata la pretesa del-la ricorrente di permettere alla propria clientela il par-cheggio nell’area condominiale.

In particolare, i Giudici di legittimità hanno soste-nuto il principio secondo il quale con il contratto di lo-cazione vengono trasferiti in capo alla conduttrice tuttele facoltà di godimento appartenenti alla locatrice, sen-za distinzione tra le utilità fornite dalla porzione immo-biliare esclusiva e quelle derivanti dall’uso delle parti co-muni, tra le quali le aree destinate a parcheggi.

Alla conduttrice spetta, pertanto, l’uso dell’area diparcheggio negli stessi limiti nei quali spetterebbe allalocatrice, e non nella misura corrispondente alle esigen-ze di un supermercato.

Soggiunge, poi, la Corte Suprema che la specialenormativa urbanistica prescrivente la destinazione ob-bligatoria di appositi spazi a parcheggi, pone in realtà so-lamente un vincolo pubblicistico di destinazione, inde-rogabile dai privati e non la possibilità di ottenere dal lo-catore il trasferimento di un diritto d’uso del parcheggiopiù ampio di ciò che spetta al proprietario.

Il diritto di partecipazione del conduttore all’assemblea condominiale: conseguenze giuridiche della sua violazione

I Giudici di legittimità anche se ritengono la deli-bera condominiale, relativa all’area di parcheggio, ante-riore rispetto al contratto di locazione de quo, suppongo-no sussistente il diritto del conduttore a partecipare allarelativa assemblea condominiale - avvalando, se pur invia del tutto ipotetica, la tesi della ricorrente su una pre-cedente cessione del contratto di locazione ai sensi del-l’art. 36 Legge 27 luglio 1978, n. 392 - e in tal modo sipronunciano sulle conseguenze della violazione di talediritto di partecipazione.

La legge sull’equo canone prevede, all’art. 9, una se-rie di oneri accessori relativi ai servizi comuni, a caricodel conduttore (salvo patto contrario) e all’art. 10 rico-nosce allo stesso soggetto il diritto di esprimere la propria

opinione nelle assemblee dei condomini aventi ad og-getto tali servizi.

In particolare, l’art. 10 Legge n. 392/1978 (che inforza del rinvio operato dall’art. 41, primo comma, si ap-plica anche alle locazioni di immobili ad uso diverso daquello abitativo) distingue tra delibere condominiali re-lative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi diriscaldamento e di condizionamento dell’aria, nelle qua-li il conduttore ha diritto di voto in luogo del proprieta-rio dell’appartamento, e delibere relative alla modifica-zione degli altri servizi comuni, ove è previsto solamenteil suo diritto di intervento.

L’art. 10 citato introduce, pertanto, nella disciplinadel condominio un’ipotesi di assemblea condominialeallargata alla partecipazione dei conduttori, i quali deli-berano in luogo dei condomini: a tal proposito la dottri-na e la giurisprudenza parlano di sostituzione legale delconduttore al locatore (1).

È noto che, nel condominio, accanto ai diritti diproprietà esclusiva dei titolari dei vari piani o porzioni dipiano, vi è un correlato diritto di comproprietà sulle par-ti che, per ragioni strutturali o di utilità, sono destinate arestare in godimento comune (2).

Ciascun partecipante alla comunione ha la facoltà diusare tutte queste cose comuni (3), rispettando il princi-pio di solidarietà ai sensi dell’art. 1102 Codice civile, ma,a fronte di ciò, ha anche il dovere di partecipare alle speserelative a tutto ciò che usa in comunione con gli altri.

Il conduttore di una unità immobiliare subentra nelgodimento della stessa e delle parti e servizi comuni nel-l’identica posizione del suo locatore: può utilizzare le co-se comuni, ma dovrà partecipare alle spese necessarie peril loro mantenimento (4).

Il diritto di voto o di intervento del conduttore nel-le assemblee aventi ad oggetto i suddetti servizi comuniè il legittimo presupposto di tal onere, ma può essere ga-rantito solamente con un’adeguata informazione.

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Note:

(1) G. Terzago, Il condominio - Trattato teorico-pratico, Milano, 2003, 250.In giurisprudenza, ex multis: Cass. 13 gennaio 1995, n. 384; Cass. 22 apri-le 1992, n. 4802.

(2) La finalità delle parti comuni è, infatti, sempre strumentale, in quan-to tendono a rendere possibile il godimento delle parti di proprietà esclu-siva (in tal senso G. Terzago, op. cit., 19-20).

(3) Il legislatore, all’art. 1117 Codice civile, ha elencato le parti che sonogeneralmente (salvo patto contrario) oggetto di proprietà comune. Taleelenco risulta sicuramente sovrabbondante rispetto a quello di cui all’art.9 Legge n. 392/1978, ma tale disposizione (così come quella di cui al suc-cessivo art. 10) ha carattere eccezionale rispetto alla disciplina del con-dominio e, di conseguenza, non è suscettibile di interpretazione estensiva(in tal senso ex multis: Cass. 27 agosto 1986, n. 5238).

(4) La disciplina del contratto di locazione è, infatti, orientata dal princi-pio che, offrendo il locatore al conduttore la fruizione di servizi comuni,ulteriori rispetto al godimento del bene locato e implicanti una spesa,questa deve essere sopportata dal conduttore, a corrispettivo del comples-sivo godimento ottenuto. M. Di Marzio, Il corrispettivo e le altre obbligazio-ni di pagamento a carico del conduttore, in La locazione, a cura di P. Cendon,Torino, 2005, 983.

La ratio sottesa all’art. 10 citato è, infatti, proprioquella di realizzare una migliore tutela degli interessi de-gli inquilini conduttori in relazione a particolari aspettidel contratto di locazione, riguardanti il diretto godi-mento del bene e che potrebbero essere non conosciutidal proprietario (5).

Purtroppo l’art. 10 Legge n. 392/1978 non precisané le modalità per assicurare la partecipazione del con-duttore all’assemblea, né le conseguenze dell’omessaconvocazione e nulla statuisce in merito alla possibilitàdel conduttore pretermesso di impugnare le delibereadottate in sua assenza.

Per quanto attiene al primo aspetto la S.C., con lasentenza in commento, ha precisato che destinatariodell’avviso di convocazione è il condomino locatore eche, quindi, costui ha l’obbligo di informare il condutto-re della facoltà di intervenire nell’assemblea a tutela diun suo interesse, in forza del rapporto di locazione che lilega.

La Cassazione sembra, quindi, accogliere l’orienta-mento prevalente secondo il quale l’art. 10 Legge n.392/1978 non deroga al combinato disposto degli artt.1136 Codice civile e 66-67 disp. att. Codice civile e nonmuta il rapporto tra il condominio e il singolo condomi-no: l’amministratore, il cui mandato è stato conferitoesclusivamente dai condomini, resta estraneo al rappor-to di locazione e, non avendo alcun rapporto diretto conil conduttore inquilino, ha l’onere di avvisare dell’as-semblea solamente il locatore (6).

Le conseguenze della violazione, da parte del loca-tore, di quest’obbligo di informazione costituiscono unodei punti centrali della pronuncia in esame.

I giudici di legittimità, infatti, senza considerare ilproblema della validità delle delibere assembleari adot-tate senza la partecipazione del conduttore (7) - con osenza diritto di voto così come previsto dalla legge sull’e-quo canone - concentrano la loro attenzione sulle con-seguenze di tale inadempimento del locatore.

In particolare, i giudici scindono i rapporti giuridicitra il proprietario e l’inquilino in due parti: da un latopongono il contratto di locazione, dall’altro il rapportoche si instaura ope legis in tema di partecipazione alla spe-sa relativa alla fornitura dei servizi comuni.

L’omessa informazione dell’assemblea da parte dellocatore al conduttore non influirebbe, pertanto, sul si-nallagma del contratto di locazione, ma spiegherebbe lasua efficacia esclusivamente sulla ripartizione degli one-ri di spesa dei servizi comuni tra locatore e conduttore.

In particolare, secondo la Suprema Corte, il con-duttore potrà rifiutarsi di corrispondere al locatore il rim-borso (8) dei maggiori oneri conseguenti a delibere dimodifica dei servizi comuni, adottate in sua assenza, permancata informazione (9), ma non potrà fondare su taleomissione la risoluzione del contratto di locazione né po-trà sospendere l’adempimento delle proprie obbligazioniai sensi dell’art. 1460, primo comma, Codice civile.

Il principio affermato dalla sentenza in commento

risulta limitare la tutela del conduttore, contraente de-bole.

Si consideri, infatti, che:

I CONTRATTI N. 7/2006 679

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(5) Nel caso di specie, il conduttore aveva il diritto di intervenire - senzadiritto di voto - nell’assemblea, in quanto avente ad oggetto l’uso dell’a-rea di parcheggio. M. De Tilla, La convocazione dell’assemblea dei condutto-ri nel caso di unico proprietario locatore e in generale i diritti del conduttore inrelazione all’assemblea condominiale che delibera sul riscaldamento, nota aCass. 3 aprile 1990, n. 2762, in Giust. civ., 1990, 2027.

(6) G. Terzago, Le locazioni dopo l’equo canone, Milano, 1980, 347; R.G.Balzani, Chi ha l’obbligo di trasmettere l’invito dell’assemblea dei condominiagli inquilini, in Arch. loc., 1981, 335-336; Cosentino-Vitucci, Le locazionidopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 249; F. Basile, Sull’obbligo dicomunicare all’inquilino la convocazione dell’assemblea dei condomini, nota aTrib. Milano 6 giugno 1988, in Giur. it., 1989, 327-330; Sapeva, Gli one-ri condominiali nel contratto di locazione, Padova, 1989, 28 ss.; R. Triola,L’assemblea di condominio, Milano, 1991, 45. In dottrina si registra, tutta-via, anche altro orientamento che ritiene la modificazione delle norme intema di convocazione dell’assemblea implicita nella previsione del dirit-to di voto del conduttore ex art. 10 Legge n. 392/1978, altrimenti il loca-tore dovrebbe rilasciare delega al conduttore in quanto non potrebbe di-versamente giustificare la sua partecipazione all’assemblea nei confrontidegli altri condomini, verso i quali non vanta alcun diritto. Tale tesi af-ferma, pertanto, che è preferibile ritenere sussistente il diritto del condut-tore a partecipare all’assemblea direttamente nei confronti del condomi-nio, con la conseguenza di ritenere da un lato il conduttore onerato del-l’obbligo di comunicare all’amministratore la sua qualità e dall’altro l’am-ministratore obbligato a inviagli l’avviso di convocazione. In tale sensocfr. Potenza-Chirico-Annunziata, L’equo canone, Milano, 1978, 106; Mi-literni, L’equo canone, Napoli, 1978, 25; Bozzi-Conforti-Del Grosso-Zi-matore, voce Locazione di immobili urbani, in Nuoviss. Dig. it., VI, Torino,1983, 1005. In giurisprudenza sostengono la tesi di cui in narrativa: Cass.22 aprile 1992, n. 4802; Cass. 10 luglio 1980, n. 4420; App. Genova 4maggio 1996; Trib. Milano 6 giugno 1988; Pret. Bologna 9 febbraio 1984.Contra, Cass. 10 luglio 1980, n. 4420, Trib. Perugia 7 settembre 1989;Trib. Varese 4 luglio 1978.

(7) L’opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza è nel senso diconsiderare invalide e impugnabili dallo stesso conduttore pretermesso ledeliberazioni assembleari aventi ad oggetto l’approvazione di spese e mo-dalità di gestione dei servizi comuni nelle quali non è stato garantito il suodiritto di intervento. In dottrina: S. Maglia, Il punto sull’applicazione del-l’art. 10 della L. n. 392/78: i diritti-doveri dei conduttori alla luce delle recentiinnovazioni normative e giurisprudenziali, in Arch. loc., 1994, 453; R.G. Bal-zani, op. cit., 336-337 (in tema di invalidità delle delibere assembleari);Potenza-Chirico-Annunziata, op. cit., 108; Militerni, op. cit., 25. Tuttaviaè da segnalare anche l’orientamento opposto, secondo il quale la manca-ta partecipazione dei conduttori non comporta la nullità delle delibera-zioni assunte, attribuendo esclusivamente la possibilità per i pretermessidi rifiutare le modifiche inerenti deliberate. In tal senso G. Terzago, op.cit., 251-252. In giurisprudenza ex multis: Cass. 18 agosto 1993, n. 8755(che precisa che l’inquilino ha diritto di impugnare le delibere viziate, masolo se hanno ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di ri-scaldamento e di condizionamento dell’aria); Cass. 28 febbraio 1987, n.2148; Cass. 9 dicembre 1987, n. 9109; Trib. Monza 8 febbraio 2001; Trib.Milano 6 giugno 1988.

(8) Posto che il condominio è estraneo al contratto di locazione e, quin-di, non ha alcun rapporto giuridico con l’inquilino conduttore, l’onere dispesa relativo ai servizi comuni è, nei rapporti con il condominio stesso,interamente a carico del proprietario dell’unità immobiliare. In tal sensoA. Giraldi, Ancora sulla legittimazione passiva del conduttore per il pagamen-to degli oneri accessori, nota a Pret. Grosseto 10 gennaio 1986, in Arch. loc.,1986, 513-514; G. Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelleleggi speciali, Cedam,1999, 166-168; Cosentino-Vitucci, op. cit., 240.

(9) La fattispecie presa in considerazione dalla Cassazione riguarda il ca-so in cui il conduttore ha diritto di partecipazione all’assemblea, senza di-ritto di voto.

- attraverso il contratto di locazione il conduttoresubentra al locatore non solo nel godimento della pro-prietà esclusiva del locatore stesso, ma anche delle particomuni del condominio (così come affermato dalla S.C.con la sentenza in commento);

- l’art. 9 Legge n. 392/1978 pone a carico del con-duttore alcune spese relative ai beni comuni;

- l’art. 10 della stessa Legge garantisce al condutto-re il diritto di intervento nelle delibere assembleari cheriguardano le spese e le modalità di gestione dei servizicomuni, rilevando il suo interesse alla partecipazione inprima persona alle vicende relative ai beni di cui ha ilgodimento.

Da quanto sopra sembrerebbe logico concludereche la ripartizione delle spese relative alle parti comunidel condominio attiene allo stesso contratto di locazio-ne, o comunque vi è strettamente connesso, e non ri-guarda, come invece sostenuto dalla Suprema Corte, unseparato e autonomo rapporto interno tra proprietario einquilino.

A tal proposito si consideri che l’art. 5 Legge n.392/1978 prevede che l’inadempimento da parte delconduttore all’obbligazione di pagamento degli oneri ac-cessori - quando l’importo non pagato superi quello didue mensilità del canone - costituisce motivo di risolu-zione del contratto di locazione ai sensi dell’art. 1455Codice civile.

Tale disposizione considera, quindi, l’obbligazionedel conduttore (di immobile ad uso abitativo) di paga-mento degli oneri accessori - se pur ritenuta autonomarispetto a quella attinente al pagamento del canone -parte integrante della struttura sinallagmatica del con-tratto (10).

Tuttavia la S.C. ritiene che la suddetta norma, cheha predeterminato la gravità dell’inadempimento ai finidella risoluzione del contratto, trovi applicazione sola-mente per le locazioni di immobili ad uso abitativo enon sia estensibile ai contratti di locazione commercia-le, come quello del caso di specie, in quanto l’art. 41 del-la legge sull’equo canone non rinvia anche al suddettoart. 5: ne consegue che per quest’ultimo tipo contrattua-le resta operante il criterio della non scarsa importanzadell’inadempimento stabilito dall’art. 1455 Codice civi-le (11), salva la facoltà per il giudice di utilizzare il prin-cipio anzidetto come parametro orientativo del giudizio(12).

Non si può non osservare, tuttavia, che anche ilcontratto di locazione di immobile ad uso commercialeprevede prestazioni corrispettive del locatore e del con-duttore: il primo deve garantire al secondo il godimentodella sua proprietà esclusiva e delle parti e dei servizi co-muni, mentre il conduttore dovrà adempiere alla propriaobbligazione di pagamento del corrispettivo pari al ca-none di locazione e alle spese per alcuni servizi comuni(cfr. art. 9 Legge n. 392/1978) (13).

Ne consegue che gli oneri accessori fanno sempreparte della struttura sinallagmatica del contratto (14):

d’altronde non si comprende il motivo per il quale si do-vrebbe considerarli tali nel caso di locazione ad uso abi-tativo ai sensi dell’art. 5 Legge n. 392/1978 e, invece,non costituirebbero parte del sinallagma contrattualenel caso di locazione ad uso diverso (15).

Riteniamo, infatti, che il mancato rinvio all’art. 5nel caso di locazioni commerciali sia da spiegare sola-mente nella volontà del legislatore di ritenere per talicontratti non predeterminata - ma da determinarsi casoper caso - la gravità dell’inadempimento tale da giustifi-care la risoluzione del contratto.

I CONTRATTI N. 7/2006680

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(10) In tal senso cfr. M. De Tilla, Il punto sull’art. 9 legge n. 392 del 1978 inrelazione agli oneri accessori a carico del conduttore, nota a Cass. 11 novem-bre 1988, n. 6088, in Giust. civ., 1989, 1879-1883; G. Grasselli, op. cit.,168. Il principio è stato espresso anche dalla giurisprudenza, che, ritenen-do di non poter più seguire l’indirizzo giurisprudenziale formatosi sotto lavigenza della previgente disciplina - in base alla quale l’omesso pagamen-to degli oneri accessori giustificava la risoluzione del rapporto locatiziosoltanto in caso di rilevante e reiterata gravità dell’inadempimento (quin-di solo in casi eccezionali), ha affermato non solo che l’inadempimentoda parte del conduttore all’obbligazione di pagamento degli oneri acces-sori può essere per il locatore causa di risoluzione del contratto, ma ancheche tale domanda può essere paralizzata con l’eccezione di inadempimen-to del conduttore per non aver ottenuto dal locatore l’indicazione speci-fica delle spese condominiali e per non aver potuto prendere visione deidocumenti giustificativi (diritti del conduttore previsti dall’art. 9, terzocomma, Legge n. 392/1978). Occorre considerare, infatti, l’incidenza de-gli oneri accessori sull’economia del contratto. Cass. 12 agosto 1982, n.4492; Cass. 10 agosto 1982, n. 4490; Trib. Napoli 4 ottobre 1982.

(11) Sul punto la giurisprudenza ha oscillato tra le opposte tesi di ap-plicabilità o meno dell’art. 5 anche alle locazioni per uso diverso, mainfine il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass., s.u., 28 di-cembre 1990, n. 12210) che hanno aderito all’orientamento sfavore-vole all’estensione della citata norma alle locazioni ad uso non abitati-vo, sulla base di diverse argomentazioni: la collocazione della normanell’ambito delle locazioni ad uso abitativo, il mancato rinvio da partedell’art. 41 anche a tale disposizione e le pronunce della Corte Costi-tuzionale (cfr. sentenze nn. 128 e 252/1983, n. 116/1987), con le qua-li aveva precisato che il trattamento differenziato tra le locazioni aduso abitativo e quelle ad uso diverso non viola il principio di ugua-glianza ex art. 3 Cost., in quanto non vi è omogeneità di situazioni,stante il diverso rilievo economico e sociale che esse presentano.Conformi: Cass. 10 giugno 2005, n. 12321; Cass. 22 ottobre 2002, n.14903; Cass. 4 agosto 2000, n. 10239; Cass. 4 febbraio 2000, n. 1234;Cass., s.u., 28 aprile 1999, n. 272. L. Razza, La rilevanza degli oneri ac-cessori nell’ambito della risoluzione per inadempimento del contratto di loca-zione, in Arch. loc., 1983, 9-10.

(12) Cass. 18 agosto 1997, n. 7678; Cass. 29 maggio 1995, n. 6023; Cass.19 novembre 1994, n. 9805; Cass., s.u., 28 dicembre 1990, n. 12210.

(13) Il carattere sinallagmatico del contratto di locazione comporta chegli oneri accessori integrino il corrispettivo dovuto dal conduttore per ilcomplessivo godimento ottenuto dalla cosa locata, anche attraverso lafruizione di servizi comuni. M. Di Marzio, op. cit., 984-985.

(14) Nel senso che degli oneri accessori della locazione, ormai, sono di-venuti parte essenziale nel quadro sinallagmatico del contratto si è pro-nunciata anche la Corte Cost. 31 marzo 1988, n. 377.

(15) Contra, Cass. 21 dicembre 1998, n. 12769, secondo la quale gli one-ri accessori (che costituiscono un mero rimborso delle spese anticipate dallocatore) sono del tutto fuori dal sinallagma contrattuale, così che il man-cato pagamento degli stessi determina un vizio funzionale soltanto quan-do l’importo non pagato si talmente elevato da alterare apprezzabilmentel’equilibrio delle reciproche prestazioni, sopprimendo l’interesse oggetti-vo del locatore alla prosecuzione del rapporto.

Si consideri, inoltre, che la disciplina legislativa delcontratto di locazione è volta a tutelare il conduttore dalpericolo che l’ammontare delle spese accessorie chiestedal locatore possa essere talmente alto da porre nel nullale limitazioni previste dal legislatore in relazione alla mi-sura del canone: si è dato così al conduttore un potere dicontrollo sull’ammontare e sui criteri di ripartizione del-le spese, consentendogli di votare o di partecipare alleassemblee condominiali aventi ad oggetto i servizi co-muni (vedi art. 10 Legge n. 392/1978), convincendo ocomunque influenzando gli altri condomini con il suoparere (16).

Il diritto di voto o di partecipazione del conduttorealle assemblee condominiali relative ai servizi comuni è,quindi, strettamente e direttamente collegato all’obbligodi pagare le spese degli stessi servizi comuni e trova la suagiustificazione nel diritto di godimento, con il corollariodi tutti quei diritti che ne consentano una dignitosa uti-lizzazione (17).

Da quanto esposto consegue che gli effetti dellamancata comunicazione al conduttore dell’avviso dellaconvocazione dell’assemblea si esplicano direttamentesul contratto di locazione stesso: la delibera risulta inop-ponibile al conduttore pretermesso, con la conseguenzadi legittimare quest’ultimo al rifiuto di corrispondere lespese (18).

La Suprema Corte, con la sentenza in commento,pur riconoscendo il diritto del conduttore a rifiutare dicorrispondere al locatore le maggiori spese deliberate insua assenza, per colpa del locatore stesso, non ritiene chequeste attengono pur sempre al rapporto di locazione e alsuo sinallagma contrattuale e, pertanto, non qualifica ta-le rifiuto quale eccezione di inadempimento (19).

La tutela del conduttore risulta, pertanto, notevol-mente limitata dall’interpretazione dei giudici di legitti-mità: sembrerebbe, invece, ragionevole ritenere, che l’i-nadempimento del locatore all’obbligo di comunicazio-ne dell’assemblea condominiale legittimi il conduttore aproporre eccezione di inadempimento ex art. 1460 Co-dice civile, sottoforma di rifiuto alla corresponsione deimaggiori oneri accessori.

Tale eccezione avrebbe, infatti, l’importante effettodi paralizzare la possibilità per il locatore di chiedere larisoluzione del contratto per inadempimento (sempreche l’entità del suo credito sia particolarmente rilevanteex art. 1455 Codice civile) (20).

Inoltre, l’eccezione di inadempimento consente al-l’excipiens di avvalersi sia di un’eventuale clausola risolu-tiva espressa ai sensi dell’art. 1456 Codice civile che del-la diffida ad adempiere ex art. 1454 Codice civile, impe-dendo all’altro contraente di farvi ricorso (21).

Infine la Corte di Cassazione, con la sentenza incommento, afferma che il diritto di partecipazione delconduttore alle assemblee condominiali, senza diritto divoto, deve essere coordinato con il suo interesse a nonsopportare aggravi di spesa: tale diritto sussisterebbe, per-tanto, solamente per quanto attiene alle delibere aventi

I CONTRATTI N. 7/2006 681

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(16) In tal senso G. Accordino, Edifici non in condominio e assemblea deiconduttori, nota a Trib. Milano 21 luglio 1983, in Arch. loc., 1984, 285-289; Bucci-Malpica-Redivo, Manuale delle locazioni, 1989, 299.

(17) S. Maglia, op. cit., 451-454.

(18) F. Basile, op. cit., 329-330.

(19) Come è noto, l’eccezione di inadempimento è estrinsecazione delpotere attribuito ad un contraente di paralizzare l’altrui pretesa di fronteall’inadempimento dell’altra parte: la ratio è quella di conservare l’equili-brio delle situazioni di reciproco diritto ed obbligo delle parti, fungendoda causa di giustificazione dell’inadempimento. Affinché possa esercitar-si tale diritto potestativo (peraltro, anche in via stragiudiziale come soste-nuto dalla dottrina più autorevole soprattutto nel caso di inadempimen-to irreversibile) è necessario che vi sia una corrispettività delle prestazio-ni: la dottrina e la giurisprudenza (ex multis: Cass. 21 febbraio 1987, n.4531; Cass. 5 giugno 1984, n. 3397) hanno però precisato che è possibileestendere il campo di operatività dell’art. 1460 Codice civile, facendovirientrare anche le prestazioni interdipendenti, quindi tutti gli obblighiche siano riconducibili al rapporto-base oppure, senza ricorrere alla cate-goria della interdipendenza, a tutti i doveri (ad esempio quelli di prote-zione) che costituiscono essi stessi momenti particolari dell’obbligazione.A tal proposito, per quel che qui più interessa, è stato ritenuto che qua-lunque fatto idoneo ad alterare la funzione causale del predisposto regola-mento di interessi e che evidenzia, pertanto, un collegamento tra le pre-stazioni, legittima il ricorso all’eccezione di inadempimento. In tal sensorisulta evidente la stretta connessione tra l’obbligo del locatore di comu-nicare al conduttore l’avviso di convocazione dell’assemblea - che con-sente al conduttore di partecipare alle delibere che riguardano i servizi co-muni di cui all’art. 9 Legge n. 392/1978 - e l’obbligazione del conduttoredi corrispondere le spese per gli oneri accessori relativi: anche se si vuoleritenere che il rapporto originario di locazione rappresenti solamente l’oc-casione e non la causa di tale obbligo, risulta comunque evidente che ilsuddetto onere di comunicazione si inserisce nel complessivo quadro diattuazione del rapporto locatizio e che, conseguentemente, il suo ina-dempimento legittima l’altra parte all’accezione di cui all’art. 1460 Codi-ce civile. Inoltre, la dottrina è unanime nel ritenere che la contempora-neità delle prestazioni richiesta dal dettato letterale dell’art. 1460 Codicecivile non è da intendere rigidamente: l’analogia a fortori impone di trat-tare allo stesso modo il contraente la cui prestazione sia prevista come po-steriore e il contraente la cui prestazione è prevista come contemporanea(ex multis: Cass. 28 novembre 1984, n. 6196; Cass. 4 ottobre 1970, n.2026; Cass. 16 luglio 1953, n. 2319). R. Sacco, Trattato di diritto privato,diretto da Rescigno, Torino, 1998, X, 616-618, L. Bigliazzi Geri, Risolu-zione per inadempimento - art. 1460 (eccezione di inadempimento), in Com-mentario al Codice civile Scialoja-Branca, Zanichelli, 1988, 1-37; F. Real-monte, Eccezione di inadempimento, in Enc. dir., 1978, 234-235; V. Roppo,Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Mila-no, 2001, 985-988; M.R. Spallarossa, Eccezione d’inadempimento, in Giur.sist. civ. comm., a cura di W. Bigiavi, Torino, 1991, 898-901. Infine, siconsideri che la S.C., s.u., 26 novembre 1996, n. 10492, ha escluso che ilsingolo condomino possa sollevare l’eccezione inadimplenti non est adim-plendum per esimersi dal pagamento della somma dovuta a seguito dellaripartizione interna derivante dalla gestione dell’impianto centralizzato diriscaldamento: neppure da tale pronuncia si può ricavare un principioche non consenta al conduttore di avvalersi del rimedio di cui all’art.1460 Codice civile. La S.C., con la pronuncia del 1996, aveva corretta-mente ritenuto che non essendoci alcun rapporto di sinallagmaticità tracondominio e condomino, quest’ultimo non poteva avvalersi dell’ecce-zione suddetta nei rapporti con lo stesso condominio, il che è ben diver-so dal caso di un conduttore che deve corrispondere non a un terzo ma alsuo locatore il corrispettivo per i servizi comuni.

(20) Infatti, presupposto per la risoluzione per inadempimento è che questosia ingiustificato, ma non è tale l’inadempimento che sia giustificato dall’i-nadempimento di controparte. Il principio è pacifico in giurisprudenza, exmultis: Cass. 13 aprile 2000, n. 4809; Cass. 11 agosto 1997, n. 7480; Cass.23 maggio 1980, n. 3400. U. Carnevali, Della risoluzione per inadempimento- art. 1453, in Commentario al Codice civile Scialoja-Branca, Zanichelli, 1988,76-80; L. Bigliazzi Geri, op. cit., 45-48; V. Roppo, op. cit., 985-988.

(21) L. Bigliazzi Geri, op. cit., 47.

ad oggetto modificazioni dei servizi comuni che compor-tano una spesa o un aggravio di spesa.

Il principio sostenuto dalla S.C. è sicuramente vol-to a limitare l’ingerenza del conduttore nella gestionedei beni comuni, per riservare quest’ultima al proprieta-rio dell’unità immobiliare locata, ma rischia di essere didifficile applicazione: non si comprende infatti come di-stinguere aprioristicamente e in base al mero ordine delgiorno dell’assemblea - quasi sempre nella prassi alquan-to generico - quelle delibere che importino oneri mag-giori o diversi di spesa da quelle economicamente neu-tre.

Inoltre, il mero dato testuale dell’art. 10 della leggesull’equo canone non consente di operare una tale di-stinzione sembrando invece la ratio stessa quella di con-sentire al conduttore di poter sempre esprimere il suo pa-rere sulla gestione di beni di cui ha il diretto godimento,potendo così con le sue motivazioni orientare anche ilresto dei condomini.

Ne consegue il diritto del conduttore a parteciparea tutte le assemblee condominiali di modifica dei servizicomuni, senza distinzione alcuna: ciò costituisce proprioil mezzo di tutela dei suoi interessi.

Diritto d’uso da parte del conduttore dell’area comune destinata a parcheggio

La seconda questione affrontata dalla Corte diCassazione concerne le pretese della conduttrice di frui-re dell’area di parcheggio condominiale secondo le pro-prie particolari esigenze di esercizio di un’attività com-merciale.

La Suprema Corte disattende le pretese della con-duttrice sulla base del principio per cui il locatore trasfe-risce al conduttore la facoltà di godimento sia della pro-prietà esclusiva che delle parti comuni condominiali, trale quali anche le aree destinate a parcheggio, nei limitidella quota di queste a lui (proprietario) spettante.

Peraltro, nessuna pattuizione privata potrebbe attri-buire ad un inquilino un uso della cosa comune maggio-re di quello attribuito a ciascun condomino: ai sensi delcombinato disposto degli artt. 1117 e 1138 Codice civi-le la disciplina dell’uso dei beni comuni rientra nei pote-ri della collettività dei condomini e, quindi, può esserepattuita solamente attraverso il regolamento condomi-niale.

Il profilo sul quale i Giudici di legittimità si soffer-mano maggiormente attiene, tuttavia, alla disciplina le-gislativa in materia di parcheggi.

L’art. 18 della Legge n. 765/1967 (cosiddetta LeggePonte) ha aggiunto l’art. 41 sexies alla Legge n.1150/1942 prevedendo l’obbligo, nelle nuove costruzio-ni e pertinenze, della riserva di appositi spazi per par-cheggi in misura non inferiore a un metro quadrato perventi metri cubi di costruzioni (rapporto raddoppiatodall’art. 2, secondo comma, Legge n. 122/1989) (22).

Sorto un contrasto tra coloro che sostenevano chela disposizione legislativa citata avesse stabilito un vin-

colo pubblicistico solamente in sede di edificazione (23)e altri che ritenevano che il vincolo fosse destinato arendere per sempre inscindibile il collegamento tra l’u-nità immobiliare e il parcheggio, la Suprema Corte ave-va precisato la natura imperativa ed inderogabile delsuddetto vincolo non solo nei rapporti tra Pubblica Am-ministrazione e privati (come condizione per il rilasciodella concessione edilizia), ma anche nei rapporti tra pri-vati (24).

Successivamente, l’art. 26, ultimo comma, Legge n.47/1985 sul condono edilizio, ha qualificato, sul pianoprivatistico, il suddetto vincolo come pertinenziale aisensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 Codice ci-vile (25).

Ciò nonostante le aree che devono essere adibite aparcheggio non possono essere oggetto di autonomi attidi disposizione: la cosiddetta Legge Ponte pone un vin-

I CONTRATTI N. 7/2006682

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(22) La ratio è quella di conseguire «un ordinato assetto urbanistico»: l’in-cremento del numero degli autoveicoli ha comportato il parcheggio deglistessi sulle strade e nelle piazze, creando noti problemi al traffico, proble-mi che il legislatore ha voluto arginare rimediando alla carenza dei par-cheggi condominiali. Infatti, il rapporto tra volume dell’edificio ed esten-sione del parcheggio mostra chiaramente che l’area di parcheggio è vin-colata al servizio dell’intero edificio: in caso di fabbricato condominiale,l’area destinata al parcheggio dalla Legge Ponte, deve essere, pertanto, ga-rantita in godimento a tutti i condomini. In tal senso G. Terzago, op. cit.,1039-1042. M. di Marzio, L’oggetto del godimento e gli statuti locatizi, in Lalocazione, a cura di P. Cendon, Torino, 2005, 303-308. Inoltre, la giuri-sprudenza nell’interpretare la locuzione «spazi per parcheggio», ha rite-nuto che il legislatore non abbia voluto riferirsi a qualcosa di necessaria-mente diverso dalle autorimesse, potendo gli spazi consistere indifferen-temente in zone scoperte o coperte, interne o esterne all’edificio, o in boxsingoli o autorimesse comuni (Cass. 25 febbraio 1992, n. 2337).

(23) Cass. 24 aprile 1981, n. 2452; Cass. 16 novembre 1978, n. 5300.

(24) Cass., s.u., 17 dicembre 1984, n. 6600; Cass., s.u., 17 dicembre 1984,n. 6601; Cass., s.u., 17 dicembre 1984, n. 6602, che hanno precisato che,posto che l’art. 18 della Legge Ponte è norma imperativa inderogabile eche deve incidere anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato ine-renti gli spazi destinati a parcheggio, imponendo la permanente destina-zione di essi all’uso esclusivo delle persone che stabilmente occupano l’e-dificio, la S.C. conclude affermando che «nei fabbricati condominiali il pro-prietario del singolo appartamento gode dello spazio di parcheggio come delle par-ti comuni e delle loro pertinenze, e che il mancato trasferimento a lui della pro-prietà pro quota del detto spazio comporta il suo acquisto su di esso di un dirittoreale d’uso». La disciplina urbanistica degli spazi di parcheggio, che ha ac-quistato rilevanza diretta anche nei rapporti tra privati, in forza di un su-periore interesse pubblico alla cui tutela è finalizzata, si inserisce nel qua-dro dell’abbandono dell’impostazione classica che voleva una rigorosa se-parazione tra pubblico e privato. In tal senso P. Rescigno, La rilevanza pri-vatistica della disciplina degli spazi a parcheggio, in La disciplina degli spazi perparcheggio, Milano, 1992, 10 ss.

(25) Le aree di parcheggio sono qualificate come pertinenze, in quantoassoggettate a servizio dell’unità immobiliare al fine di renderne possibileuna migliore utilizzazione: il rapporto di connessione con il bene princi-pale è inteso dalla legge come rapporto economico-giuridico di strumen-talità e complementarietà funzionale. Come tali esse dovrebbero essere li-beramente cedibili ex art. 818, secondo comma, Codice civile, ma l’art.41 sexies Legge n. 1150/1942 ha posto un vincolo tale per cui «il box nonpuò formare oggetto di rapporti giuridici separati rispetto a quelli ineren-ti l’appartamento» (Cass. 17 dicembre 1985, n. 6413). G. Grasselli, op.cit., 38-40.

colo pubblicistico di destinazione che non può essere de-rogato dagli atti di disposizione dei privati (26).

Ne conseguono due corollari: in primo luogo la nul-lità parziale per contrarietà a norma imperativa (art. 18Legge n. 765/1967) sia dei trasferimenti del solo spazioadibito a parcheggio, nella parte in cui lo sottraggono al-la sua inderogabile destinazione sia di ogni contratto divendita, nella parte in cui non attribuisce all’acquirentedell’unità immobiliare il godimento dello spazio per par-cheggio (27); in secondo luogo si ricava che i contratti diautonoma disposizione dei parcheggi riservati sono am-missibili a condizione che non intacchino il diritto realed’uso a favore dell’unità abitativa della quale sono perti-nenze (28).

I Giudici di legittimità, con la sentenza in esame,confermano innanzitutto l’indirizzo giurisprudenziale or-mai pacifico, secondo il quale la normativa urbanisticacitata ha posto un vincolo pubblicistico di destinazione,che non può subire deroga da parte dei privati.

Più precisamente, la S.C. qualifica come diritto d’u-so il diritto del proprietario dell’unità immobiliare al go-dimento dell’area comune destinata al parcheggio e, po-sta la «stretta inerenza del diritto stesso all’effettiva utilizza-zione dell’immobile secondo la sua destinazione», ritiene chequesto diritto debba essere necessariamente trasferito alconduttore, a pena di nullità parziale del contratto di lo-cazione, nella parte in cui lo esclude, e del suo conse-guente trasferimento ope legis (29).

Nessuna precisazione emerge, tuttavia, sulla naturagiuridica di tale diritto: si potrebbe qualificare il dirittod’uso in questione come diritto reale oppure quale dirit-to personale di godimento.

Le diverse conseguenze dell’una o dell’altra opzionenon sono trascurabili, in quanto il diritto personale digodimento, a differenza del diritto reale, implica un ob-bligo di cooperazione anche attiva del debitore, che de-ve non solo consegnare la cosa al creditore, ma è anchetenuto a garantirlo contro le molestie di terzi che pre-tendano di avanzare diritti sulla cosa (30).

La giurisprudenza prevalente ritiene che il vincoloistituito dalla disciplina legislativa citata si traduca inun diritto reale d’uso sul posto auto a favore dei proprie-tari della costruzione, diritto reale che non può esseresurrogato da un diritto personale di godimento, proprioa causa della relazione necessaria e permanente tra lacosa principale e quella accessoria che la legge imponee che può essere realizzata solamente mediante un dirit-to reale (31).

La questione è strettamente connessa con un altroproblema che l’art. 41 sexies lascia irrisolto: il tenore let-terale della norma non chiarisce se la necessaria riservadi uno spazio di parcheggio comporti un vincolo di na-tura soggettiva, imponendo che il parcheggio debba es-sere utilizzato solamente dal fruitore dell’unità immobi-liare cui inerisce, oppure solamente di natura oggettiva,senza alcuna indicazione degli utilizzatori.

Attraverso l’interpretazione dell’art. 26 Legge n.

47/1985, che precisa che gli spazi a parcheggio costitui-scono pertinenze dell’unità immobiliare, è stato afferma-to che sussiste un vincolo reale di destinazione tra spazioper parcheggio e unità immobiliare cui accede (32).

Il presupposto per poter godere dell’area di parcheg-gio è stato, quindi, rintracciato «nell’occupazione stabiledell’alloggio» o «l’accesso abituale nell’edificio» (33), in unaparola il godimento dell’unità abitativa, restando indif-ferente a quale titolo (reale o personale) venga esercita-

I CONTRATTI N. 7/2006 683

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(26) In tal senso Cass., s.u., 18 luglio 1989, n. 3363, la quale, richiaman-do l’art. 1418 Codice civile quale regola generale di interpretazione neicasi in cui la legge non commini espressamente la nullità dell’intero ne-gozio come conseguenza della violazione del precetto imperativo, ha af-fermato che «gli spazi a parcheggio sono liberamente aIienabili, ma nei limitidella destinazione a parcheggio non modificabile e del diritto reale d’uso esclusi-vo riconosciuto agli utenti degli alloggi». Ex multis: Cass. 16 febbraio 1996, n.1196; Cass. 1 giugno 1993, n. 6104; Cass. 17 dicembre 1993, n. 12495;Cass. 10 luglio 1991, n. 7631; Cass. 9 maggio 1991, n. 5180. Inoltre, è or-mai pacifico che il vincolo pertinenziale degli appositi spazi di parcheggiosi instaura globalmente con le nuove costruzioni nelle quali devono esse-re riservati, restando irrilevante la destinazione abitativa o commercialedelle singole unità immobiliari. In tal senso Cass. 28 marzo 2001, n. 4530;Cons. Stato 2001, II, 975.

(27) Trattasi di un’ipotesi di nullità parziale ex art. 1419, secondo comma,Codice civile, che non inficia la validità dell’intero contratto: la clausolanulla viene sostituita di diritto da quanto previsto dalla norma imperati-va ai sensi del combinato disposto degli artt. 1419, secondo comma, e1339 Codice civile (in merito a tale aspetto si parlerà più diffusamente inprosieguo). Non tutta la dottrina condivide l’impostazione della S.C.,s.u., 17 dicembre 1984, n. 6600, secondo cui è nulla la clausola di un con-tratto di compravendita di un appartamento di un edificio condominialein cui venga escluso il trasferimento della relativa quota di comproprietàdegli spazi di parcheggio. In tal senso R. Triola, In tema di aree condominialidi parcheggio, in Giust. civ., 1982, 1862. N. Irti, Riserva di spazi a parchegginelle nuove costruzioni, in Giust. civ., 1983, 44, secondo il quale la circola-zione giuridica del bene non riduce né minaccia il vincolo di scopo, ilquale accompagna la cosa, come un intrinseco ed inderogabile modo diessere.

(28) Cass. 23 marzo 2004, n. 5755; Cass. 20 ottobre 1997, n. 10248; Cass.18 luglio 1989, n. 3363.

(29) In tal senso la Suprema Corte si riporta a due suoi precedenti: Cass.7 giugno 2002, n. 8262 e Cass. 25 febbraio 1992, n. 2337.

(30) La locazione costituisce un tipico esempio di diritto personale di go-dimento: attribuisca al conduttore il diritto di disporre immediamentedella cosa, ma se questa si trova presso un terzo, il conduttore non puòpretenderne la consegna direttamente da questo (come accadrebbe nelcaso di diritto reale), ma può solo pretendere che il locatore la recuperi egliela consegni. P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1996,119-120.

(31) In tal senso Cass. 22 marzo 2004, n. 5755; Cass. 30 luglio 1998, n.7498; Cass. 17 dicembre 1997, n. 12736; Cass. 27 dicembre 1994, n.11188; Cass. 19 aprile 1994, n. 3717. Inoltre, la giurisprudenza (ex multis:Cass. 5 novembre 1996, n. 9631) ha precisato che qualora il contratto divendita non menzioni anche il posto auto e, quindi, esso venga trasferitoope legis all’acquirente, il diritto reale d’uso che spetta al proprietario nonè gratuito, ma occorre garantire al venditore un corrispettivo, al fine diriequilibrare il sinallagma contrattuale.

(32) Cass., s.u., 25 febbraio 1991, n. 2004. F. Patarnello, Parcheggi, loca-zione ed equo canone: brevi osservazioni, in Giur. it., 2000, 1580-1581; G.Amadio, Locazione e spazi a parcheggio: la giurisprudenza come fonte di inte-grazione del contratto, in Giur. it., 1994, 339-344.

(33) Cass., s.u., 18 luglio 1989, n. 3363.

to: in tal modo il diritto all’uso del parcheggio vieneesteso anche ai conduttori (34).

Tuttavia, una tale ricostruzione potrebbe condurread interpretazioni eccessivamente estensive, fino al pun-to di consentire l’uso del parcheggio a tutti coloro cheaccedono all’immobile, anche se non hanno con esso al-cuna relazione giuridicamente qualificata (35): in talsenso verrebbe legittimata ad utilizzare il parcheggio tut-ta la clientela del supermercato conduttore della fatti-specie affrontata dalla sentenza in commento.

Si deve, però, considerare che nell’ipotesi di edificiocondominiale l’area destinata a parcheggio assume laforma della comproprietà, in capo ai condomini, ex art.1117 Codice civile se tutti i condomini sono compro-prietari di tutti i posti auto; se invece solamente alcunisono comproprietari dell’area a parcheggio, allora l’inte-ra area sarà divisa tra coloro che possiedono a titolo diproprietà e coloro che la possiedono a titolo di dirittoreale d’uso (36).

A tal proposito si deve considerare che sotteso al di-ritto di utilizzazione delle cose comuni vi è, comunque, ilprincipio secondo il quale il condomino, nell’uso del suopotere di godimento e di disposizione del bene, non de-ve ledere il diritto degli altri condomini: ai sensi dell’art.1102 Codice civile l’uso della cosa comune è sottopostoa due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alte-rarne la destinazione e di impedire agli altri condominidi farne parimenti uso (37).

Ne consegue che il singolo condomino può usare lacosa comune, nel caso de quo l’area di parcheggio, anchein modo non identico agli altri condomini, ma il suo usoanche solo potenzialmente più intenso non deve co-munque alterare il rapporto di equilibrio e il principio disolidarietà tra i partecipanti (38): sarebbe sicuramente intal senso illegittimo l’uso che l’inquilino-supermercato e,di conseguenza (sempre che si voglia fornire massimaestensione al suddetto presupposto del godimento dell’u-nità immobiliare) la sua clientela potrebbero fare dell’a-rea comune di parcheggio (39).

L’aspetto comunque più rilevante di cui si è oc-cupata la Corte di Cassazione con la sentenza in esa-me riguarda proprio la nullità parziale del contrattodi locazione nella parte in cui esclude il trasferimen-to al conduttore del diritto all’uso dell’area di par-cheggio.

Il merito della sentenza in esame è sicuramente co-stituito dall’aver chiarito espressamente che la nullitàparziale per contrasto con la disciplina in tema di par-cheggi non investe solamente i contratti di compraven-dita, che trasferiscono la proprietà dell’unità immobilia-re, ma anche dei contratti di locazione, i quali fondanoin capo al conduttore un ben diverso diritto personale digodimento.

In particolare, i giudici di legittimità, con la senten-za in commento, hanno precisato che la contrarietà alladisciplina in materia di parcheggi non comporta la nul-lità dell’intero contratto, ma la nullità della sola clauso-

la negoziale che esclude il trasferimento del diritto d’usodel posto auto.

Si tratta, pertanto, di un’ipotesi di nullità parziale aisensi dell’art. 1419 Codice civile (40): il principio diconservazione del contratto (utile per inutile non vitiatur)impone di salvare il negozio, se conserva la sua utilitàpratica e se si può rintracciare il consenso dei contraentisulla parte residuale.

A tal fine occorre operare un giudizio di compatibi-lità della modifica dell’originario contratto con la suacausa concreta: è giusto mantenere in vita il negozio so-lamente se la modifica non ha importanza determinantetenuto conto dell’interesse delle parti.

I CONTRATTI N. 7/2006684

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(34) La S.C. ha, infatti, ripetutamente precisato che l’art. 26, ultimo com-ma, Legge n. 47/1985, incide anche nei rapporti intersoggettivi di dirittoprivato, tra cui oltre quelli riguardanti la vendita separata di tali aree, de-vono ricomprendersi anche quelli concernenti la loro locazione. Ex mul-tis: Cass. 25 febbraio 1992, n. 2337; Cass. 4 febbraio 1992, n. 1155; Cass.25 gennaio 1982, n. 483; Cass. 7 agosto 1981, n. 4890.

(35) Paradiso, Le aree destinate a parcheggio privato tra vecchia disciplina enuove tipologie legislative, in Riv. critica dir. priv., 1989, 490.

(36) In ogni caso è ovvio che l’assemblea dei condomini possa a maggio-ranza di legge regolare l’utilizzazione dell’area, anche se non sembra chel’utilizzazione come proprietari o come titolari di diritto reale d’uso possacomportare particolari differenze. Sul principio per cui gli spazi di par-cheggio devo ritenersi parti comuni ex art. 1117 Codice civile, cfr. Cass.28 gennaio 2000, n. 982; Cass. 3 aprile 1998, n. 3422; Cass. 20 luglio1987, n. 6365; Cass., s.u., 17 dicembre 1984, n. 6600. G. Casu, Spazi a par-cheggio. Passi ulteriori della giurisprudenza di legittimità, nota a Cass. 22 mar-zo 1991, n. 2004, in Riv. Not., 2004, 1512-1515; A. Luminoso, Contratta-zione immobiliare e disciplina urbanistica, in Riv. trim. proc. civ., 1993, 1010-1011; M Annunziata, I diritti dei conduttori sui parcheggi, in Riv. giur. edil.,2005, 85-87; M. Annunziata, Ancora sull’uso del parcheggio e sulla naturadel relativo diritto, nota a Cass. 24 maggio 2004, n. 9981, in Riv. giur. edil.,2004, 1045-1049; F. Petrolati, La locazione del box ed il vincolo di destinazio-ne a parcheggio, in Arch. loc., 1995, 27-29.

(37) Cass. 3 novembre 2000, n. 14353; Cass. 18 aprile 1996, n. 3675.

(38) Cass. 5 gennaio 2000, n. 42; Cass. 13 ottobre 1999, n. 11520; Cass.23 marzo 1995, n. 3368; Cass. 15 luglio 1995, n. 7752; Cass. 11 dicembre1992, n. 13107.

(39) La ratio della disciplina legislativa in merito agli spazi di parcheggio èindividuabile, come già accennato, nell’evitare che tale area venga desti-nata ad un uso diverso da quello previsto per la sosta delle auto di coloroche hanno un legame particolarmente forte con l’unità immobiliare, im-pedendo in tal modo una commercializzazione speculativa da parte deiproprietari, che avrebbe comunque comportato una violazione del vinco-lo di destinazione di tali aree. A tale risultato si perverrebbe, infatti, con-sentendo l’uso indiscriminato dell’area di parcheggio da parte dell’interaclientela del supermercato del caso de quo: il vincolo di destinazione ver-rebbe irrimediabilmente sacrificato e il corrispettivo della locazione perl’unità immobiliare e il parcheggio comporterebbe ingenti speculazioni,in palese violazione della norma di legge. G. Casu, I posti auto o parcheggiobbligatori: sistemazione definitiva?, nota a Cass. 15 giugno 2005, n. 12793,in Riv. Not., 2005, 1175-1181.

(40) Il contraente che vorrà giovarsi di tale nullità, presumibilmente ilconduttore, avrà solo l’onere di dimostrare che la nullità colpisce solo par-zialmente il contratto, spettando invece all’altra parte dimostrare il con-trario. In tal senso la giurisprudenza prevalente, tra cui Cass. 1 marzo1995, n. 2340; Cass. 22 marzo 1983, n. 2012. R. Sacco, Trattato di dirittoprivato, diretto da Rescigno, Torino, 1998, X, 568-572; C. M. Bianca, Di-ritto civile, Il contratto, III, Milano, 2000, 638-642; A. Di Majo, op. cit.,102-107; R. Tommasini, Nullità, in Enc. dir., Milano, 1978, 902-908.

I CONTRATTI N. 7/2006 685

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Tale valutazione è, peraltro, esclusa quando la clau-sola nulla è sostituita di diritto da norme imperative: nelcaso in esame la clausola nulla viene sostituita ope legis,secondo la ricostruzione della Suprema Corte, dalla pre-visione del trasferimento al conduttore del diritto d’usodell’area di parcheggio ai sensi del combinato dispostodegli artt. 1419, secondo comma, e 1339 Codice civile(41).

Qualche dubbio potrebbe, tuttavia, sorgere in ordi-ne alla sussistenza dell’accordo delle parti sul trasferi-mento non solo dell’unità immobiliare, ma anche dell’u-so del parcheggio.

Occorre considerare, però, che «l’accordo» non de-ve essere trattato come se fosse sinonimo di «consenso»,di accordo di volontà, ma deve essere inteso come giudi-zio di relazione, di concordanza tra due dichiarazioni: oc-corre ricercare l’univoco significato oggettivo delle ma-nifestazioni di volontà (42).

Ne consegue che quando un soggetto adotta un cer-to comportamento o pronuncia una dichiarazione con-trattuale (quale quella di locare un’unità immobiliare)esprime implicitamente la volontà di introdurre il rego-lamento di interessi corrispondente (nel caso di specie,la volontà di conformare il proprio contratto a tutte ledisposizioni imperative di legge, ivi compreso il trasferi-mento del diritto all’uso del parcheggio).

Infine, si osserva la singolarità dello strumento uti-lizzato dal legislatore: attraverso una disciplina urbani-stica, come tale destinata in genere ad operare nei rap-

porti tra privati e P.A., si procede da un lato a creare incapo a soggetti privati diritti d’uso, che l’orientamentoprevalente qualifica addirittura quale diritto reale, e dal-l’altro a determinare legislativamente il contenuto delcontratto.

Note:

(41) Parte della dottrina sostiene che la norma che impone la sostituzio-ne della clausola nulla con il trasferimento ope legis del diritto d’uso del-l’area di parcheggio dovrebbe essere integrata con il riconoscimento deldiritto del locatore al corrispettivo, in modo da assicurare l’equilibrio delsinallagma contrattuale. In tal senso Cass. 27 dicembre 1994, n. 11188;Cass. 11 gennaio 2001, n. 341. R. Triola, Osservazioni in tema di c.d. spazidi parcheggio, in Giust. civ., 1995, 336-338. Altra parte della dottrina ha,peraltro, criticato il meccanismo di sostituzione della clausola illecita inquestione, in quanto sembrerebbe che la disciplina urbanistica non affer-mi espressamente la sostituzione delle pattuizioni ad essa contrarie (in talsenso tra gli altri cfr. G. Amadio, op. cit., 344-345). La Suprema Corteaveva già avuto occasione di precisare che l’art. 1419, secondo comma,Codice civile non richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a preve-dere la nullità delle clausole difformi, ne impongano e dispongano espres-samente anche la loro sostituzione. La locuzione codicistica «sono sosti-tuite di diritto» va interpretata non nel senso dell’esigenza di una previsio-ne espressa della sostituzione, ma in quello dell’automaticità della stessa,trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rap-porto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina(Cass. 21 agosto 1997, n. 7822).

(42) Ciò che rileva non è il profilo soggettivo, ma quello oggettivo e so-ciale, indipendentemente dalla effettiva volontà del contraente e dallaconsapevolezza del suo contenuto e dei suoi effetti. F. Venosta, Le nullitàcontrattuali nell’evoluzione del sistema, I - Nullità ed inesistenza del contratto,Milano, 2004, 202-222.

I CONTRATTI N. 7/2006686

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Svolgimento del processoon atto di citazione notificato in data 10 giugno2004, F.A. e M.I., premesso:- di aver acquistato, nel mese di febbraio del

2001, delle obbligazioni «Cirio H. 01.04, ced. 6,25%»,per un controvalore di euro 76.000,00;- di essersi determinati all’acquisto esclusivamente a se-guito di sollecitazione o attività di proposizione da partedell’istituto proponente, che, per il tramite dei proprifunzionari, aveva valorizzato nel predetto titolo la piùvalida e remunerativa alternativa ai titoli di Stato, cuiessi erano adusi fare riferimento;- che l’investimento in parola era stato prefigurato co-me privo di rischio, a capitale garantito, e senza il mini-mo accenno al fatto che si trattava invece di uno stru-mento finanziario privo di «rating» e di prospetto infor-mativo;- che, a mezzo delle comunicazioni dei mass-media, ave-vano appreso del «default» dei titoli in parola, per cui,con reclami datati 21 marzo 2003, 20 giugno 2003 e 18ottobre 2003 (ex art. 59 del Reg. n. 11522/1998), aveva-no contestato all’istituto di credito la responsabilità perinesatte informazioni circa la natura dell’investimentorealizzato, con l’abuso del basso livello di specifica com-petenza negli strumenti finanziari acquistati (skill);- che, in particolare, una società di trustee inglese avevadapprima dichiarato il default della società emittente i ti-toli - non avente sede in Italia, ma in Lussemburgo - epoi il cross default in relazione ad altri prestiti obbligazio-

nari emessi da società facenti parte del gruppo Cirio eparimenti rimasti inadempiuti;- che, dopo aver richiesto all’istituto finanziario il tallon-cino attestante il rilascio del documento sui rischi gene-rali dell’investimento, la scheda profilo-cliente degli in-vestitori, il contratto di negoziazione e sottoscrizione diordini su strumenti finanziari conforme alla direttiva Eu-rosim, il contratto di norme di deposito dei titoli a cu-stodia e amministrazione prescritti a pena di nullità dalD.Lgs. n. 58/1998 e dai correlati disposti del regolamen-to CONSOB di attuazione, avevano altresì contestatoall’istituto di credito la «inadeguatezza» dell’operazioneconclusa, per «dimensione, oggetto, tipologia e frequen-za», ai sensi dell’art. 29 Reg. n. 11522/1998;- che l’inadeguatezza dell’operazione emergeva dallostesso fissato bollato inviato dalla banca, nel quale si se-gnalava l’inadeguatezza dell’operazione per «dimensio-ne», e che costituiva confessione stragiudiziale della vio-lazione della norma di cui all’art. 29 Reg. n. 11522/1998;- che i reclami erano rimasti inascoltati dalla banca, percui si profilava la necessità di azione giudiziaria;- che l’inadeguatezza del contratto concluso emergevaaltresì in base alla circostanza che sui menzionati titolierano stati allocati la gran parte dei loro risparmi, e ciò inspregio al disposto del regolamento CONSOB, cheavrebbe invece imposto alla banca di verificare il profiloe l’esperienza del cliente, onde poter valutare l’adegua-tezza dell’investimento;- che risultava violato l’obbligo di correttezza e traspa-

C

Intermediazione finanziaria

La responsabilità dell’intermediarionel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmioTribunale di Trani - Sentenza del 31 gennaio 2006 Pres. Savino - Rel. Labianca - F.A. e M.I. c. B.M.D.P.D.S. S.p.a.

Disciplina degli emittenti - Appello al pubblico risparmio - Sollecitazione all’investimento - Obblighi degli offerenti -Disciplina degli intermediari - Servizi di investimento - Svolgimento dei servizi - Criteri generali - Contratti - Nullitàdel contratto - Annullabilità del contratto - Risarcimento del danno

I risparmiatori che negoziano titoli in contropartita diretta con gli investitori istituzionali destinataridel private placement sono tutelati dalle norme riguardanti gli obblighi di comportamento che grava-no sugli intermediari nella prestazione dei servizi d’investimento, costituite dagli artt. 21 ss. D.Lgs.n. 58/1998 e dalla disciplina contenuta nel Reg. CONSOB n. 11522/1998. Le norme di cui agli artt.28 e 29 Reg. n. 11522/1998 hanno contenuto precettivo e imperativo in ragione degli interessi tute-lati (integrità del mercato e tutela del risparmio). Gli ordini impartiti in violazione di tali disposizio-ni devono pertanto ritenersi nulli, con obbligo di retrocessione agli attori degli importi ricevuti dallabanca per l’operazione.

renza sancito dall’art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n.58/1998, posto che lo strumento finanziario era statopresentato come un prodotto dal rendimento elevato,senza alcun rischio correlato, ben adatto ai risparmiatoriprudenti e avvezzi ai titoli di Stato;- che risultavano violati i doveri informativi previsti dal-l’art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n. 58/1998, stantile inesatte informazioni in ordine al prodotto venduto;- che risultava violato l’obbligo di diligenza (gravante sulprofessionista qualificato dalla professionalità finanzia-ria), dal momento che la B.M.D.P.D.S. non aveva ope-rato al fine di ottenere dal servizio «il miglior risultatopossibile» (c.d. best execution), come invece imponeval’art. 26, primo comma, lett. f, Reg. n. 11522/1998, nél’operazione era stata eseguita alle migliori condizionipossibili, con riferimento al momento, alla natura e alledimensioni delle operazioni stesse (art. 32, terzo comma,Reg. n. 11522/1998);- che risultava violato pure l’obbligo relativo al conflittod’interessi sancito dall’art. 27 Reg. n. 11522/1998;- che lo strumento finanziario acquistato risultava, infi-ne, privo di rating e di prospetto informativo (e ciò inviolazione degli obblighi d’indicazione completa, pun-tuale e costante dei contenuti del contratto e delle mo-dalità di svolgimento del servizio) e collocato in viola-zione della «offering circular», che imponeva la colloca-zione esclusivamente a investitori istituzionali;- che, inoltre, era evidente nel concreto la violazione, daparte dell’istituto proponente, del principio della buonafede nell’esecuzione del contratto, posto che il dipen-dente dell’istituto di credito avrebbe dovuto loro dareun’informativa completa circa la natura, le caratteristi-che, i rischi specifici del prodotto, la sussistenza di una si-tuazione di conflitto d’interessi;- che, dunque, il contratto era nullo non solo per la vio-lazione delle norme imperative summenzionate, ma eraaltresì annullabile per vizio del consenso (in particolareper errore essenziale e riconoscibile) e violazione degliartt. 1427, 1428, 1429, 1431 e 1439 Codice civile;- che, peraltro, essi avevano acquistato uno strumento fi-nanziario in veste di consumatori e pertanto era applica-bile la disciplina prevista dagli artt. 1469 bis ss. Codicecivile;- che, in ordine a tale ultima normativa, doveva rimar-carsi che le clausole del contratto sottoscritto non eranoné chiare né comprensibili, per cui doveva dichiararsil’abusività delle clausole contrattuali e la relativa ineffi-cacia;- che, a causa di tale investimento, ne era derivata unalesione della loro integrità psicofisica, come asseveratoda una relazione medico-legale che si produceva, nellaquale si evidenziava la sussistenza di un danno biologicoapprezzabile in venti punti percentuali e avente nessocausale rispetto ai fatti per cui è processo.Tutto ciò premesso, convenivano dinanzi all’intestatotribunale la B.M.D.P.D.S., onde sentire dichiarare:1. In via principale, la nullità del contratto di acquisto

dell’obbligazione «Cirio H. 01.04», per la violazione del-le norme imperative di cui al D.Lgs. n. 58/1998;2. In via gradata, dichiarare l’annullamento del contrat-to ex artt. 1439 e/o 1428 Codice civile;3. in ulteriore subordine, dichiarare l’inefficacia ex artt.1469 bis ss. Codice civile;4. dichiarare la retrocessione di ogni somma conferitaper l’operazione in parola, oltre interessi e rivalutazionedal giorno dell’acquisto;5. condannare la banca convenuta al risarcimento deldanno biologico, morale ed esistenziale riveniente dallaevidenziata colpa nell’esecuzione del contratto, da quan-tificarsi in via equitativa, con vittoria delle spese di lite.(Omissis)

Motivi della decisione(Omissis)Venendo adesso al merito del giudizio, occorre anzituttoaccertare se, nel caso di specie, si sia trattato di una sol-lecitazione al pubblico risparmio o di una negoziazionesu base individuale; tale chiarificazione è fondamentaleper il prosieguo della causa, poiché, dalla riconducibilitàdella negoziazione dei titoli in questione all’ipotesi dellasollecitazione al pubblico risparmio ovvero a quella del-la trattativa su base individuale, ne deriva l’applicabilitàdella disciplina prevista dagli artt. 94 ss. D.Lgs. n.58/1998.Va premesso che la sollecitazione all’investimento è sta-ta individuata dall’art. 94 D.Lgs. n. 58/1998 come «ogniofferta, invito a offrire, o messaggio promozionale, inqualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla venditao alla sottoscrizione di prodotti finanziari».Rientrano, dunque, nella nozione di sollecitazione al-l’investimento, le attività volte a promuovere l’investi-mento in prodotti finanziari, a incoraggiare cioè l’acqui-sto o la sottoscrizione di tali prodotti da parte del pub-blico.La disciplina della sollecitazione all’investimento, cosìcome contenuta nella regolamentazione di attuazionedegli artt. 94 ss. D.Lgs. n. 58/1998 emanata dalla CON-SOB (provvedimento n. 11971/1999), prevede, a caricodell’emittente, dell’offerente e dei responsabili del collo-camento, una serie di obblighi informativi che presiedo-no alla esigenza di una maggiore tutela per il «sollecita-to», rendendo garante di tale protezione la CONSOB eattribuendo alla stessa un potere regolamentare moltopenetrante: invero, secondo l’art. 94, primo comma,D.Lgs. n. 58/1998, «coloro che intendono effettuare unasollecitazione all’investimento, ne danno preventiva co-municazione alla CONSOB, allegando il prospetto de-stinato alla pubblicazione».La suddetta comunicazione deve contenere la sinteticadescrizione dell’offerta e le indicazioni dei soggetti che lapromuovono, attestare i presupposti necessari per l’offer-ta, essere corredata dalle informazioni richieste dall’alle-gato 1/A, e sottoscritta da coloro che intendono effet-tuare la sollecitazione; il secondo comma dell’art. 94,

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poi, dispone che il prospetto contiene le informazioniche - a seconda delle caratteristiche dei prodotti finan-ziari e degli emittenti - sono necessarie affinché gli inve-stitori possano pervenire a un fondato giudizio sulla si-tuazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull’e-voluzione dell’attività dell’emittente nonché sui prodot-ti finanziari e sui relativi diritti.Si procede quindi alla pubblicazione del prospetto infor-mativo (disciplinata dall’art. 8 Reg. CONSOB), che av-viene con modalità tali da consentire alla CONSOBforti poteri di controllo, sia sul prospetto sia sui soggetti.È evidente, allora, che la ratio di tale normativa è depu-tata a tutelare una molteplicità di soggetti, i quali po-trebbero essere tratti in inganno da forme di pubblicitàin prodotti finanziari di dubbia solidità, e pertanto si pre-vede un previo controllo di un ente pubblico (CON-SOB) sulla veridicità delle informazioni diffuse; analogatutela non è prevista, e reputata necessaria, nel caso diun singolo cliente che intende investire su un particola-re prodotto o strumento finanziario.Nel caso delle euro-obbligazioni Cirio, acquistate dagliodierni attori, non è superfluo rammentare che - unavolta emesse sull’euro-mercato - esse sono state inizial-mente assunte «a fermo» da alcune banche, le quali lehanno, successivamente, vendute a investitori istituzio-nali e a soggetti privati, analogamente a quanto avvenu-to per le principali emissioni internazionali effettuate dagruppi italiani.Sul punto, va detto che la Banca d’Italia, nel bollettinoeconomico n. 41/2003 ha chiarito che «l’assenza delprospetto informativo previsto per le offerte pubblicheimpedisce alle banche, sia a quelle che sottoscrivono ini-zialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle ban-che collocatrici, di sollecitare il pubblico a comprare ivalori mobiliari. Le banche possono tuttavia vendere ititoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano ri-chiesta, nell’ambito di un’attività di negoziazione perconto proprio».La sequenza «assunzione a fermo - negoziazione sul mer-cato secondario» è perfettamente lecita e non implica inalcun modo violazione dell’obbligo di prospetto; la Ban-ca d’Italia, nel bollettino predetto, non ha messo infattiin discussione né la liceità della vendita dei titoli sud-detti sul mercato (neppure nella fase c.d. di grey market),né la presenza di attività in qualche modo propositive daparte degli intermediari.In particolare, deve rilevarsi come, in relazione alla ven-dita delle euro-obbligazioni agli odierni attori, nulla im-pediva alla banca di poter vendere i titoli agli investito-ri privati che ne facevano richiesta, e ciò nell’ambito diun’attività di negoziazione individuale; non è stata, in-vero, in qualche modo dimostrata, da parte attrice,un’attività di proposizione o di effettiva promozione daparte dei funzionari della B., né risulta che i titoli fosseronel portafoglio della banca, che li acquistò - come da do-cumentazione in atti - fuori mercato, su richiesta degliinvestitori: non vi sono, pertanto, gli estremi per poter

ritenere che, nel concreto, la vendita delle obbligazioniCirio H. 01.04 possa essersi configurata in termini di sol-lecitazione al pubblico risparmio, con la conseguente ap-plicazione della disciplina prevista dalle regole delD.Lgs. n. 58/1998 sulla sollecitazione all’investimento.Esclusa allora la sussistenza di una sollecitazione al pub-blico risparmio, non possono essere condivise le argo-mentazioni di parte attrice, relative alla impossibilità dicollocare tali prodotti a investitori non istituzionali e al-la assenza di rating e/o di prospetto informativo sui titoliper cui è causa. È del tutto evidente, invece, che nellaspecie debba trovare applicazione la diversa disciplinadella c.d. negoziazione su base individuale, prevista dal-l’art. 32 Reg. CONSOB.Nello specifico, la banca si è posta in contropartita di-retta con i clienti, operando nello svolgimento del servi-zio di negoziazione c.d. «per conto proprio».È bene rammentare che tale servizio può dar luogo a unadifferenza tra prezzo di acquisto del titolo da parte del-l’intermediario e il prezzo di vendita ai clienti, in quantol’intermediario, nell’operatività per conto proprio, hal’obbligo di comunicare al cliente il prezzo al quale è di-sposto a concludere la transazione, ma non può applica-re alcuna commissione; nel concreto, la B. ha acquistatole euro-obbligazioni Cirio H. 01.04 emesse in Lussem-burgo e, successivamente, ha venduto i titoli agli attori,per un controvalore di euro 76.000,00; l’acquisto in esa-me non si colloca, pertanto, nella fase c.d. di mercato«primario» o di emissione, bensì nella fase, successiva, dimercato c.d. «secondario», in cui il titolo, già in posses-so dell’investitore, viene negoziato con un altro soggettoprivato.Quand’anche, poi, volesse accedersi alla tesi in base allaquale gli strumenti finanziari in questione furono «con-sigliati» dai funzionari, e ciò sulla base di un’attività diconsulenza da parte della banca, deve rilevarsi che co-munque l’attività di consulenza si caratterizza per la so-stanziale «neutralità» dell’intermediario rispetto allaconclusione delle operazioni eventualmente conseguen-ti all’esercizio della consulenza; è evidente, infatti, che,nel caso della consulenza (a differenza dell’attività di ge-stione, che comporta l’obbligo di effettuare valutazionidiscrezionali circa l’opportunità d’investimenti e l’obbli-go di predisporre la possibilità che dette valutazioni sitraducano in operazioni), la scelta di tradurre in operati-vità i consigli rimane sempre in capo al cliente, e così èavvenuto nella specie (v. doc. all. e in particolare ordinedi acquisto).Né, sul punto, parte attrice ha dimostrato la sussistenzadi un precedente accordo o convenzione, tra l’emittentee la banca, in base al quale la seconda si impegnava a sol-lecitare la sottoscrizione delle obbligazioni Cirio neiconfronti della clientela; dalla risultanze probatorie èemerso, piuttosto, che l’attività si è concretizzata in unavera e propria negoziazione individuale di titoli effettua-ta su richiesta del cliente e nell’ambito di un’attività diconsulenza, che tuttavia non implicava (e di ciò non è

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stata fornita alcuna prova) alcuna attività promozionalee/o di gestione.Risulta a questo punto opportuno evidenziare che, in ge-nerale, nell’ipotesi di acquisto dei titoli dagli investitoriistituzionali destinatari del private placement, i risparmia-tori non restano comunque privi di forme di tutela, maquesta ultima si rinviene nelle norme riguardanti gli ob-blighi di comportamento gravanti sugli intermediarinella prestazione dei servizi di investimento, costituitedagli artt. 21 ss. D.Lgs. n. 58/2003 e dalla disciplina con-tenuta nel Reg. n. 11522/1998. La fonte comunitaria ditali disposizioni è la direttiva n. 93/22/CEE (in particola-re, l’art. 11).Si tratta pertanto di verificare se, nel caso di specie, sia-no state rispettate le regole di comportamento degli in-termediari.Invero, come per il collocamento, anche per la negozia-zione di titoli occorre che:1) i clienti siano adeguatamente informati sulle opera-zioni poste in essere;2) venga assicurata al cliente la necessaria trasparenza,riducendo al minimo le situazioni di conflitto d’interes-si;3) vengano sconsigliate operazioni non adeguate all’in-vestitore;4) gli strumenti finanziari negoziati siano coerenti con leesigenze finanziarie, la disponibilità economica, la pro-pensione al rischio dei singoli investimenti.Di tali disposizioni vanno precisati e ricostruiti i confinidi applicazione.A tal fine, si può sottolineare come la norma di cui al-l’art. 21 (e in parte di cui agli artt. 22 e 23) D.Lgs. n.58/1998 ponga a carico degli intermediari il dovere dicomportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nel-l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati.Tali clausole generali costituiscono gli standard basilariper garantire la chiusura e la necessaria elasticità del si-stema, individuando i beni di carattere generale (inte-resse dei clienti; integrità dei mercati) sottesi alla disci-plina.La diligenza richiesta all’intermediario è quella specifica,esigibile dagli intermediari professionali del settore (art.1176, secondo comma, Codice civile).Sul punto, va rimarcato che la banca ha documentato diaver consegnato ai clienti la documentazione necessariaa renderli edotti della natura, delle caratteristiche e deirischi dell’investimento; in particolare, lo stesso contrat-to sottoscritto dal cliente costituisce, nella specie, veico-lo di informazioni sul piano dei contenuti dell’investi-mento.Risulta, poi, dai documenti prodotti, che fu consegnatoagli attori:- il documento sui rischi generali dell’investimento;- una copia dell’ordine di negoziazione degli strumenti fi-nanziari, con il visto dell’operatore per l’adeguatezza del-l’operazione;- la scheda per l’individuazione del profilo-cliente, da cui

risulta: la precedente esperienza in strumenti finanziaristrutturati e derivati; un obiettivo a lungo termine; l’o-biettivo di rendere fruttifero il risparmio; una disponibi-lità finanziaria di oltre 200 milioni; la volontà di investi-re il 50% in titoli azionari; un rendimento atteso medio-alto con oscillazioni medie.Orbene, alla luce della documentazione consegnata, de-ve ritenersi che sia stato rispettato il requisito della for-ma scritta ad substantiam, sancito dall’art. 23, sesto com-ma, D.Lgs. n. 58/1998 (che stabilisce che «i contratti re-lativi alla prestazione dei servizi d’investimento e acces-sori sono redatti per iscritto e l’inosservanza della formascritta è sanzionata con la nullità»).L’istituto bancario ha asserito di aver rispettato il princi-pio dell’adeguatezza, soggettiva e oggettiva, conforme-mente all’art. 11 della direttiva 93/22/CEE, che richiedeall’intermediario finanziario di «…informarsi sulla situa-zione finanziaria dei clienti, sulla loro esperienza in ma-teria di investimenti e sui loro obiettivi per quanto con-cerne i servizi richiesti».In proposito non è superfluo rammentare che la regola dicondotta della c.d. adeguatezza, o «suitability», riassuntanella nota espressione anglosassone «know your custo-mer rule», impone all’intermediario di esprimere un giu-dizio sull’operazione, avuto riguardo ai criteri della «ti-pologia, oggetto, dimensione e frequenza».L’obiettivo perseguito nella disposizione di legge in esa-me - vale a dire «la possibilità di valutare se l’operazionedal cliente proposta o allo stesso suggerita sia compatibi-le con le sue capacità economiche» (v. Cass. n.11279/1997) - consiste nel garantire ai clienti le infor-mazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implica-zioni della specifica operazione, la cui conoscenza è ne-cessaria al cliente per effettuare scelte consapevoli.È quindi su tali principi che, trasfusi nel contratto di ac-quisto, deve essere valutato il comportamento della ban-ca, tenendo presente altresì che l’onere della prova, anorma dell’art. 23, sesto comma, D.Lgs. n. 58/1998, è in-vertito, incombendo sulla banca la prova di aver adem-piuto con la specifica diligenza professionale richiesta aun soggetto che opera nella qualità professionale d’inter-mediario.Ciò posto, a parere del collegio, si deve escludere che labanca abbia agito, in relazione all’operazione in questio-ne, in ossequio al combinato disposto degli artt. 28 e 29Reg. n. 11522/1998.Risulta, invero, dal contratto di acquisto dei titoli in pa-rola, un visto del funzionario di banca «anche per l’ade-guatezza dell’operazione»; tale giudizio risulta, però, suc-cessivamente contraddetto dallo stesso istituto di credi-to nel fissato bollato inviato agli investitori, in cui spic-ca la dicitura «operazione inadeguata per dimensione».Ora, è indubitabile che tale documento - nel quale è con-tenuto, sulla base delle informazioni inserite nell’elabora-tore della banca, il giudizio di inadeguatezza dell’opera-zione - costituisca una vera e propria confessione stragiu-diziale sulla inadeguatezza (oggettiva) dell’operazione,

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quanto meno sotto il profilo della «dimensione»; a nullavale, sul punto, sostenere che il fissato bollato era datatoe che teneva conto d’informazioni acquisite all’atto del-l’apertura del contratto di conto corrente e del dossier ti-toli, dunque diverso tempo prima dell’ordine di acquistodei titoli per cui è giudizio; è evidente che tale afferma-zione, oltre a essere rimasta assolutamente indimostratada parte della banca, individua comunque un’ulteriorenegligenza della banca, posto che, in questa ultima ipote-si, l’istituto di credito avrebbe dovuto aggiornare le infor-mazioni acquisite, onde poter esprimere valutazioni at-tuali e congrue sull’adeguatezza degli investimenti opera-ti dai loro clienti, e ciò in considerazione dell’eventual-mente mutato profilo di rischi; invero, la regola della c.d.«suitability» impone all’intermediario di «controllare leinformazioni rilasciate dai clienti attraverso un processodinamico, che non si esaurisce all’apertura del rapporto,ma che richiede necessari aggiornamenti (v. com. CON-SOB DI/98087230 del 6 novembre 1998).Pertanto l’obiettivo perseguito nella disposizione di leg-ge in esame, vale a dire «la possibilità di valutare se l’o-perazione dal cliente proposta (o allo stesso suggerita) siacompatibile con le sue capacità economiche» (v. Cass.n. 11279/1997), non risulta puntualmente adempiutodalla banca, laddove si consideri, da un lato, che il fissa-to bollato reca chiara indicazione d’inadeguatezza dell’o-perazione per dimensione e, dall’altro - anche a volerammettere, per ipotesi, la tesi dell’acquisizione d’infor-mazioni «datate» - che vi sarebbe comunque un profilodi negligenza della banca per non aver aggiornato le no-tizie e informazioni sui clienti per cui è causa.Quanto ai documenti in fotocopia (espressamente e for-malmente disconosciuti da parte attrice), contenenti ilprofilo di rischio degli attori - pur volendo considerare lecopie conformi agli originali - occorre però rimarcareche in essi è del tutto carente la data di sottoscrizione,sicché non v’è neppure la prova che la banca - su cui in-combeva il relativo onere - abbia fatto sottoscrivere leschede d’individuazione del profilo-cliente all’atto del-l’ordine di acquisto delle obbligazioni Cirio.Per completezza, l’intestato tribunale ha disposto consu-lenza, avente lo scopo di appurare - sulla scorta delle ac-quisizioni documentali, delle disponibilità degli investi-tori e delle loro competenze e informazioni in materia -l’adeguatezza delle operazione di acquisto dei titoli in pa-rola; secondo quanto risulta dall’indagine affidata alCTU, l’operazione è risultata inadeguata sotto tutti equattro i profili:- per tipologia e oggetto, in quanto si è trattato della pri-ma operazione «corporate» sottoscritta dagli attori (pergiunta avente un profilo estremamente elevato di ri-schio, accentuato dall’assenza di rating e di prospettoinformativo) e considerato il livello di bassa scolarizza-zione degli attori (casalinga la M., con licenza elementa-re e operaio metalmeccanico il F., anch’egli con la sola li-cenza elementare);- per dimensione, in quanto è stato investito nella singola

operazione circa il 60% delle disponibilità liquide degli at-tori, con un portafoglio titoli che, anziché essere diversifi-cato, comprendeva per il 73% le sole obbligazioni Cirio H.;- per frequenza, in quanto nel periodo antecedente al 6febbraio 2001 gli attori avevano effettuato solo altre treoperazioni in strumenti finanziari.Alla stregua di tali considerazioni, deve ritenersi che l’o-perazione sia stata eseguita in palese violazione dell’ob-bligo di adeguatezza contenuto nel Reg. CONSOB agliartt. 28 e 29; non è superfluo poi rammentare che talinorme hanno contenuto precettivo e imperativo in ra-gione degli interessi tutelati (integrità del mercato e tu-tela del risparmio), come del resto ha sottolineato la stes-sa Suprema Corte, nella nota sentenza n. 3272/2001.Gli ordini impartiti devono pertanto ritenersi nulli, conl’obbligo di retrocessione agli attori degli importi ricevu-ti dalla banca per l’operazione in questione, pari a uncontrovalore di euro 76.000,00, maggiorati degli interes-si legali a far data dal versamento e sino al soddisfo.Non sussistono i presupposti per il maggior danno, trat-tandosi di debito di valuta per il quale è necessaria laprova da parte del creditore di aver subito un maggiordanno (quale, ad esempio, quello derivante da una spe-cifico investimento programmato e non attuato) rispet-to a quello individuato dagli interessi legali.L’accoglimento della domanda principale assorbe gli al-tri profili d’invalidità evidenziati da parte attrice, con l’e-sonero di motivazione sul punto da parte del collegio.In ordine al risarcimento del danno biologico, deve rite-nersi che la domanda sia rimasta indimostrata, non es-sendo stato provato il nesso di causalità tra la sindromeansioso-depressiva dell’attore e l’investimento in que-stione, ben potendo la stessa preesistere all’investimentoin parola ovvero derivare da altre cause, non correlatecon il default dei titoli acquistati.In ordine alle spese di lite, sussistono giusti motivi percompensare integralmente tra le parti le spese di lite, da-ta la novità della questione, tranne quelle di CTU, chedevono essere poste, nella misura liquidata, a carico diparte convenuta.

P.Q.M.il Tribunale di Trani, prima sezione civile, in composi-zione collegiale definitivamente pronunziando nel con-traddittorio tra le parti sulla causa n. 1811/04 promossada F.A. e M.I. nei confronti di B.M.D.P.D.S. S.p.a., cosìstatuisce:1) accoglie la domanda proposta da parte attrice e, perl’effetto, dichiara la nullità del contratto di acquisto del-le obbligazioni Orio Holding Luxemburg S.A. 01.04, ac-quistate per un controvalore di euro 76.000,00 in data 6febbraio 2001;2) condanna la convenuta a corrispondere agli attori lasomma di euro 76.000,00 oltre gli interessi legali dalladata del pagamento al saldo;3) rigetta ogni altra domanda.(Omissis)

I CONTRATTI N. 7/2006690

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

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I recenti scandali finanziari hanno colpito molti inve-stitori e si sta formando al riguardo una copiosa giu-risprudenza di merito. La sentenza in commento necostituisce un esempio. Il Tribunale di Trani giunge al-la conclusione che la violazione degli obblighi che in-combono sull’intermediario determina la nullità delcontratto. Ne consegue l’obbligo di restituire ai clien-ti la somma originariamente messa a disposizione perl’investimento.

IntroduzioneLa sentenza in commento affronta un problema di

grande attualità, di cui si stanno occupando molti tribu-nali italiani. Quando un investimento non produce i ri-sultati sperati, l’investitore cerca, in tutti i modi, di recu-perare le somme perse. Il risparmiatore va alla ricerca,per usare una riuscita espressione (1), di una «deeppocket» (una tasca profonda, un portafoglio pieno) chegli consenta di rifarsi delle perdite subite.

L’investitore non può rifarsi sull’emittente (2). Èvero che l’investitore rimane titolare degli strumenti fi-nanziari, ma questi hanno un valore fortemente ridottose la società è andata in crisi. Se, per esempio, gli stru-menti finanziari erano stati comprati per euro100.000,00, ma ora valgono euro 10.000,00, l’acquiren-te ha subito una perdita di euro 90.000,00. Il comprato-re può attendere e sperare che i titoli raggiungano dinuovo una quotazione elevata. Ma non è affatto certoche ciò si verifichi. Rimane allora la possibilità di rifarsisull’intermediario, vale a dire il soggetto mediante ilquale gli strumenti finanziari sono stati acquistati (3). Aquesto fine occorre tuttavia che la fattispecie presentielementi tali da consentire all’investitore di agire in giu-dizio con successo. Nel caso di specie il Tribunale di Tra-ni ha dichiarato addirittura la nullità del contratto, conil conseguente obbligo di restituire quanto originaria-mente prestato.

Due sono i profili di maggior rilievo trattati dallasentenza in commento. Innanzitutto essa si occupa di di-stinguere tra sollecitazione all’investimento e negozia-zione su base individuale. Escluso che ricorra la primaipotesi, la sentenza tratta dei rimedi a disposizione del-l’investitore nel caso in cui un intermediario violi gli ob-blighi che gli fanno capo. Nella presente nota si esami-neranno dapprima i profili di nullità del contratto e, poi,si cercherà d’identificare le basi normative di un’even-tuale domanda di risarcimento del danno (4).

La sentenza in commento concerne, per tanta par-te, i servizi d’investimento resi dai soggetti abilitati. Sitratta di materia che trova il proprio fondamento nel di-ritto comunitario (5). In attuazione della normativa co-

munitaria, la legge italiana precisa che i servizi d’investi-mento si devono svolgere secondo certe regole di con-dotta che sono sancite nell’art. 21, primo comma, D.Lgs.n. 58/1998 (6).

Dal punto di vista processuale si applica al caso dispecie il rito previsto dal D.Lgs. n. 5/2003 (7), che ha adoggetto il c.d. «processo societario». Questa espressioneva messa fra virgolette perché sarebbe più completo par-lare, oltre che di processo societario, anche di processofinanziario, bancario e creditizio. L’ambito di applicazio-ne del D.Lgs. n. 5/2003 va difatti ben oltre la materia so-cietaria. Tale testo legislativo riguarda in particolare, tral’altro, i «rapporti in materia d’intermediazione mobilia-re da chiunque gestita, servizi e contratti d’investimento,ivi compresi i servizi accessori, fondi d’investimento, ge-

IL COMMENTOdi Valerio Sangiovanni

Note:

(1) È la divertente espressione usata da A. Perrone, Servizi di investimentoe violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1018.

(2) Nel testo della presenta nota si fa uso prevalente dell’espressione tec-nica di «strumenti finanziari», definiti nell’art. 1, secondo comma, D.Lgs.n. 58/1998, tra cui rientrano in particolare - per i profili che qui interes-sano - le obbligazioni. Gli «strumenti finanziari» rappresentano una sot-tocategoria dei «prodotti finanziari». L’art. 1, primo comma, lett. u, D.Lgs.n. 58/1998 definisce come prodotti finanziari «gli strumenti finanziari eogni altra forma di investimento di natura finanziaria». Per ragioni di co-modità, nel corso di questa nota ogni tanto si utilizzerà anche l’espressio-ne «titoli».

(3) Naturalmente esistono altri soggetti nei cui confronti un investitorepuò rifarsi. Si pensi agli amministratori dell’emittente che, con una catti-va gestione, possono avere causato le difficoltà finanziarie. Per tacere poidella possibilità di azionare forme di responsabilità dei soggetti preposti alcontrollo interno oppure esterno della società. Sempre possibile è poi l’af-fermazione della responsabilità penale, con la conseguente richiesta di ri-sarcimento del danno. Di tutti questi profili non è tuttavia possibile oc-cuparsi in questa sede.

(4) Non è possibile occuparsi in questa sede di un altro possibile rimedioa disposizione dell’investitore: l’annullamento del contratto. Allo stessomodo non è possibile soffermarsi sull’eventuale risoluzione del negozio.Su questo ultimo specifico rimedio v., recentemente, Trib. Napoli 22marzo 2005, in questa Rivista, 2006, 113 ss., con nota di M. M. Gaeta. Suannullamento e risoluzione dei contratti nel contesto dell’intermediazio-ne mobiliare sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, La responsabilitàdell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del ri-sparmio, in Società, 2006, 5, 605.

(5) Sulle origini comunitarie della disciplina dei servizi d’investimentocfr., per tutti, G. Ferrarini L’attuazione della direttiva comunitaria sui servizidi investimento. Temi e problemi, in Riv. soc., 1995, 623 ss.; G. Ferrarini, Ledirettive comunitarie in tema di servizi di investimento, in Banca borsa tit. cred.,1994, I, 520 ss. Sulla questione specifica del conflitto d’interessi v. L. En-riques, Dum Romae consulitur… verso una nuova disciplina comunitaria delconflitto d’interessi nei servizi d’investimento, in Banca impresa società, 2004,447 ss.

(6) Il più recente studio monografico di questa materia è quello di F. Sar-tori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004.

(7) D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Definizione dei procedimenti in mate-ria di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in mate-ria bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 12 Legge 3 ottobre 2001, n.366.

stione collettiva del risparmio e gestione accentrata distrumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivicompresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbli-che di acquisto e di scambio, contratti di borsa» (art. 1,primo comma, lett. d., D.Lgs. n. 5/2003). Nel caso af-frontato dal Tribunale di Trani non vi sono dubbi chetrovi applicazione il rito speciale previsto dal D.Lgs. n.5/2003. Si può dunque passare a esaminare il merito del-la controversia.

Esclusione di una sollecitazione all’investimentoIl Tribunale di Trani si chiede, anzitutto, se nella

fattispecie di cui si occupa possano trovare applicazionele disposizioni che regolano la sollecitazione all’investi-mento. La risposta di questa autorità giudiziaria è negati-va.

La sollecitazione all’investimento è regolata dagliartt. 94-101 D.Lgs. n. 58/1998. La definizione di «solle-citazione all’investimento» è rinvenibile nell’art. 1, pri-mo comma, lett. t, D.Lgs. n. 58/1998: «ogni offerta, in-vito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi for-ma rivolto al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sot-toscrizione di prodotti finanziari». La stessa definizionelegislativa di sollecitazione all’investimento è sufficienteper concludere nel senso che, nel caso di specie, non ri-corre questa ipotesi. Manca difatti il pubblico. Come siricava dalle risultanze processuali, la vendita è avvenutaa singole persone (8).

Il rapporto intercorso tra le parti va dunque qualifi-cato in altro modo. Il Tribunale di Trani qualifica la re-lazione come una negoziazione per conto proprio. Sitratta di uno dei possibili servizi d’investimento previstidal legislatore, segnatamente quello indicato nell’art. 1,quinto comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998 (9).

Come è noto, la materia dell’intermediazione fi-nanziaria è regolata su due livelli: uno legislativo (costi-tuito dagli artt. 5-60 bis D.Lgs. n. 58/1998) e uno regola-mentare (rappresentato dalla delibera CONSOB 1° lu-glio 1998, n. 11522 (10)). Il Reg. n. 11522/1998 regola iservizi d’investimento e accessori negli artt. 26-47 (11).

La nullità del contrattoNel caso in commento gli attori esperiscono l’azio-

ne di nullità del contratto. Essi sostengono che l’inter-mediario avrebbe violato una serie di disposizioni impe-rative e, conseguentemente, che il contratto sarebbenullo.

Se il contratto è nullo, chi ha prestato qualcosa inbase a esso ha diritto a ottenerne la restituzione. Trovaapplicazione l’art. 2033 Codice civile, secondo il quale«chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto diripetere ciò che ha pagato». Questo è proprio il benefi-cio principale dell’azione di nullità: una volta che l’atto-re ha dimostrato che ne sussistono i presupposti, ha di-ritto a ottenere la restituzione dell’intera somma messa adisposizione dell’intermediario per l’investimento (12).Le azioni di carattere risarcitorio producono invece ef-

fetti diversi. L’attore può essere ristorato solo nei limitidel danno subito.

Segue: a) il requisito della forma scritta ad substantiam

L’art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 sancisceche «i contratti relativi alla prestazione dei servizi d’in-vestimento e accessori sono redatti per iscritto e unesemplare è consegnato ai clienti… Nei casi d’inosser-vanza della forma prescritta, il contratto è nullo».

L’azione degli investitori potrebbe basarsi su questadisposizione. Nullità si ha però, sulla base di questa nor-ma, solo quando non è soddisfatto il requisito della for-ma scritta (13). Si tratta del caso affrontato in una re-cente ordinanza del tribunale di L’Aquila (14). Gli atto-ri avevano qui chiesto la restituzione delle somme prele-vate dall’intermediario, asserendo sussistere la nullità delcontratto per mancanza di forma scritta.

Sennonché, nel diverso caso affrontato dal Tribu-nale di Trani qui in commento, risulta che il contratto èstato stipulato per iscritto. Gli attori che intendono riva-lersi sull’intermediario sono dunque costretti a trovareun’altra base normativa che consenta loro di ottenere ilrisultato perseguito, vale a dire la restituzione della som-ma consegnata per l’acquisto delle obbligazioni.

Segue: b) sguardo d’insieme sulle disposizioniche si assumono violate

Gli attori fondano la loro richiesta sull’affermazioneche il contratto violerebbe disposizioni imperative. Lenorme che essi assumono essere stata violate sono in par-te di origine legislativa, in parte di origine regolamentare.

I CONTRATTI N. 7/2006692

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(8) Non è qui possibile esaminare un profilo che potrebbe acquistare rile-vanza. Ci si dovrebbe difatti chiedere se l’operazione non possa conside-rarsi in frode alla legge oppure in frode a terzi.

(9) L’art. 1, quinto comma, D.Lgs. n. 58/1998 prevede che «per servizi diinvestimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per ogget-to strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazio-ne per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizio-ne o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’e-mittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento perconto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione».

(10) Delibera CONSOB 1° luglio 1998, n. 11522. Regolamento di at-tuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente ladisciplina degli intermediari.

(11) Il regolamento detta «disposizioni di carattere generale» (artt. 26-31) e «norme per la prestazione dei singoli servizi» (artt. 32-47). Tra i sin-goli servizi la disciplina regolamentare si occupa di «negoziazione» (art.32), «ricezione e trasmissione di ordini, mediazione» (artt. 33-34), «col-locamento e offerta fuori sede» (artt. 35-36), «gestione di portafogli»(artt. 37-46) e «concessione di finanziamenti» (art. 47).

(12) Cfr., sul punto, A. Perrone, Servizi di investimento, cit., 1015 s.

(13) In merito, sia permesso rinviare a V. Sangiovanni, La nullità del con-tratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr.merito, 2006, 737 s.

(14) Trib. L’Aquila 21 febbraio 2005 (ord.), in Società, 2006, 360 ss., connota di F. Platania.

La legge di riferimento è il D.Lgs. n. 58/1998 e, inparticolare, il suo art. 21 (15).

Dal punto di vista regolamentare occorre porre at-tenzione al Reg. n. 11522/1998. Gli articoli di questo re-golamento che rilevano nel caso di specie sono l’art. 26(rubricato «regole generali di comportamento») (16),l’art. 27 («conflitti di interessi») (17), l’art. 28 («infor-mazioni tra gli intermediari e gli investitori») (18) e l’art.29 («operazioni non adeguate») (19).

Nel caso in esame l’intermediario ha violato alcunidi questi obblighi. La maggiore contestazione mossa da-gli attori alla banca riguarda l’inadeguatezza della opera-zione posta in essere. Il Tribunale di Trani ha dispostouna consulenza al riguardo, i cui esiti sono sconfortantiper l’intermediario. È difatti risultato che questi ha postoin essere un’operazione inadeguata sotto tutti i profili:per «tipologia», «oggetto», «frequenza» e «dimensio-ne». Il Tribunale, accertate queste violazioni, si chiede seesse abbiano per conseguenza la nullità del contratto aisensi dell’art. 1418 Codice civile. La risposta data nellasentenza in commento è positiva.

Segue: c) violazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 58/1998?

«Il contratto è nullo quando è contrario a normeimperative, salvo che la legge disponga diversamente»(art. 1418, primo comma, Codice civile). Si tratta quin-di di stabilire se si siano verificate, nel caso in commen-to, violazioni di disposizioni imperative.

La materia dell’intermediazione finanziaria rappre-senta un miscuglio di disposizioni, alcune di diritto pub-blico, altre di diritto privato (20). In questo senso pare si-gnificativo l’enunciato dell’art. 5, primo comma, D.Lgs.n. 58/1998 secondo cui «la vigilanza sulle attività disci-plinate dalla presente parte ha per scopo la trasparenza ela correttezza dei comportamenti e la sana e prudente ge-stione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tuteladegli investitori e alla stabilità, alla competitività e albuon funzionamento del sistema finanziario». La letturadi questa disposizione fa trasparire due profili: uno di di-ritto pubblico (stabilità, competitività e buon funziona-mento del sistema finanziario) e uno di diritto privato(tutela degli investitori). Questa duplice finalità trovaun riscontro espresso, per l’argomento specifico che quiinteressa, nell’art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n.

I CONTRATTI N. 7/2006 693

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

(16) L’art. 26 Reg. n. 11522/1998 prevede: «gli intermediari autorizzati,nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato mobiliare: a)operano in modo indipendente e coerente con i principi e le regole gene-rali del Testo Unico; b) rispettano le regole di funzionamento dei merca-ti in cui operano; c) si astengono da ogni comportamento che possa av-vantaggiare un investitore a danno di un altro; d) eseguono con tempe-stività le disposizioni loro impartite dagli investitori; e) acquisiscono unaconoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti di-versi dai servizi d’investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, ade-guata al tipo di prestazione da fornire; f) operano al fine di contenere i co-sti a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d’investimentoil miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio pre-scelto dall’investitore».

(17) L’art. 27 Reg. n. 11522/1998 puntualizza: «gli intermediari autorizza-ti vigilano per l’individuazione dei conflitti di interessi. Gli intermediariautorizzati non possono effettuare operazioni con la o per conto della pro-pria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse inconflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione con-giunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del grup-po, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’in-vestitore sulla natura e l’estensione del loro interesse nell’operazione el’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effet-tuazione dell’operazione. Ove l’operazione sia conclusa telefonicamente,l’assolvimento dei citati obblighi informativi e il rilascio della relativa au-torizzazione da parte dell’investitore devono risultare da registrazione sunastro magnetico o su altro supporto equivalente. Ove gli intermediariautorizzati, al fine dell’assolvimento degli obblighi di cui al precedentecomma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono reca-re l’indicazione, graficamente evidenziata, che l’operazione è in conflittodi interessi».

(18) L’art. 28, primo comma, Reg. n. 11522/1998 recita: «prima dellastipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di in-vestimenti e dell’inizio della prestazione dei servizi d’investimento edei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devo-no; a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materiadi investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, isuoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al ri-schio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultaredal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita di-chiarazione sottoscritta dall’investitore; b) consegnare agli investitoriil documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finan-ziari di cui all’allegato n. 3». L’art. 28, secondo comma, Reg. n.11522/1998 recita: «gli intermediari autorizzati non possono effettuareo consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopoaver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui ri-schi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cuiconoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investi-mento o disinvestimento».

(19) L’art. 29 Reg. n. 11522/1998 stabilisce: «gli intermediari autorizzatisi astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioninon adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Ai fini dicui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informa-zioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in rela-zione ai servizi prestati. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono daun investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, loinformano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno pro-cedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque darecorso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’opera-zione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nelcaso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro suppor-to equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze rice-vute».

(20) G. Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari esulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 372, chiariscecome la regolamentazione del mercato finanziario rappresenti una disci-plina che afferisce al diritto pubblico dell’economia, ma che contiene an-che regole che si possono ascrivere al diritto privato. Questo autore ritie-ne che gli obiettivi primari della regolamentazione siano la stabilità e latrasparenza, da considerarsi principi strutturali, mentre la tutela degli in-vestitori rimane un obiettivo secondario.

Note:

(15) L’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 stabilisce che «nella pre-stazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono:a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse deiclienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessariedai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente infor-mati; c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di con-flitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurarecomunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risor-se e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficien-te svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana eprudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti suibeni affidati».

58/1998, laddove si stabilisce che i soggetti abilitati de-vono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparen-za, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati.«Interesse dei clienti» e «integrità dei mercati» equivalea dire «profilo privatistico» e «profilo pubblicistico».Questi due aspetti convivono nella materia in esame.

Non si può tuttavia ignorare che è la legge stessa astabilire espressamente che il comportamento degli in-termediari deve essere finalizzato anche alla realizzazionedi interessi pubblici, come l’integrità del mercato. Adavviso di chi scrive l’art. 21, primo comma, D.Lgs. n.58/1998 costituisce una disposizione imperativa. Comeha affermato una recente pronuncia di merito, nella ma-teria dell’intermediazione finanziaria esistono interessidi carattere generale che rendono inderogabili le regoledi comportamento (21). Anche il tribunale di Mantova,in un caso di poco precedente, si è richiamato al caratte-re pubblicistico degli interessi tutelati (22). La naturapubblicistica è confermata dal fatto che le inosservanzedegli obblighi che fanno capo agli intermediari finanzia-ri sono punite con sanzioni amministrative (cfr. in parti-colare l’art. 190 D.Lgs. n. 58/1998 che prevede una san-zione pecuniaria in caso di violazione dell’art. 21 D.Lgs.n. 58/1998) (23). Il risparmio è, infine, protetto da unadisposizione costituzionale (24).

Cosa intende il legislatore, nell’art. 1418 Codice ci-vile, con l’espressione «norma imperativa»? La Corte dicassazione ha stabilito che l’ipotesi di nullità del contrat-to per contrarietà a norme imperative si verifica indi-pendentemente da una espressa comminatoria della san-zione di nullità nei singoli casi (25). Difatti la norma del-l’art. 1418 Codice civile esprime un principio generale,essendo rivolta a prevedere e disciplinare proprio queicasi in cui alla violazione di precetti imperativi non si ac-compagna una specifica previsione di nullità. In tali casicompito del giudice, ai fini della declaratoria di nullità, èsolo quello di stabilire se la norma o le norme contrad-dette dall’autonomia privata abbiano carattere imperati-vo, siano - cioè - dettate a tutela dell’interesse pubblico.Questa sentenza esprime due principi: la imperativitànon deve essere espressamente comminata dalla singoladisposizione e la norma è imperativa quando è dettata atutela dell’interesse pubblico. La nullità per contrarietàall’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 può dunquerealizzarsi anche in assenza di una previsione espressache sancisca che tale disposizione è imperativa. Ciò checonta è che si tratti di una norma posta nell’interessepubblico. La disposizione in esame è posta a tutela del-l’interesse pubblico: lo dice lo stesso art. 21, primo com-ma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998 quando impone ai soggettiabilitati di comportarsi con diligenza, correttezza e tra-sparenza «per l’integrità dei mercati».

Il Tribunale di Trani ritiene che il contratto inter-corso tra intermediario e investitore sia nullo. Chi scrivenon condivide questa conclusione. Occorre difatti di-stinguere tra il comportamento della banca e il contenu-to del negozio (26). Se è il solo comportamento unilate-

rale dell’intermediario a violare norme imperative, ciònon determina la nullità del contratto. L’art. 1321 Codi-ce civile recita: «il contratto è l’accordo di due o più par-ti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rappor-to giuridico patrimoniale». Nullo può essere solo il con-tratto, vale a dire il risultato dell’accordo dei contraenti,non il comportamento di una delle parti. Il richiamo al-l’istituto della nullità non appare essere corretto nel casodi specie, perché le violazioni poste in essere dall’inter-mediario sono unilaterali. Ciò che viene contestato da-gli attori alla banca non è di avere stipulato un contrat-to nullo (di cui gli stessi investitori sarebbero parte),bensì di avere posto in essere dei comportamenti che so-no contrari a disposizioni imperative.

Se le parti avessero inserito nel contratto - che, si ègià detto, nella materia in esame deve essere stipulatoper iscritto (art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998) -una disposizione in contrasto con l’art. 21, primo com-ma, D.Lgs. n. 58/1998, allora tale clausola sarebbe nullaper violazione di norma imperativa. Si immagini chel’intermediario e gli investitori inseriscano nel contrattouna clausola che dispensa la banca dall’acquisire le infor-mazioni necessarie dai clienti e dall’operare in modo cheessi siano sempre adeguatamente informati. Questa pre-visione contrattuale sarebbe in contrasto con il tenoreletterale dell’art. 21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n.58/1998. Siccome questa disposizione è imperativa per-ché tutela interessi pubblici (27), la relativa clausola sa-rebbe nulla. Ma nel caso affrontato dalla sentenza incommento le inosservanze sono ascrivibili unicamenteall’intermediario. I comportamenti scorretti della bancanon entrano a far parte del contratto. Non vi è accordo

I CONTRATTI N. 7/2006694

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(21) In questo senso Trib. Firenze 19 aprile 2005, in Corr. giur., 2005,1271 ss., con nota di A. di Majo.

(22) Trib. Mantova 12 novembre 2004, in questa Rivista, 2005, 585 ss.,con nota di M. M. Gaeta.

(23) Sulle sanzioni amministrative nel D.Lgs. n. 58/1998, cfr. P. De Biasi,Persuasione e castigo, Milano, 2003.

(24) L’art. 47, primo comma, Cost. stabilisce che «la Repubblica incorag-gia e tutela il risparmio in tutte le sue forme».

(25) Cass. 13 maggio 1977, n. 1901.

(26) In questo senso anche A. Perrone, Servizi di investimento, cit., 1020 ss.

(27) L’intero funzionamento dei mercati mobiliari si fonda sull’informa-zione, che deve essere corretta, completa e tempestiva. Al riguardo cfr.,per tutti, lo studio monografico di A. Perrone, Informazione al mercato e tu-tele dell’investitore, Milano, 2003. La centralità del ruolo dell’informazionenel buon funzionamento del sistema finanziario è riconosciuta in ogni or-dinamento. Per riferimenti al regime tedesco sia consentito rinviare allamia monografia, V. Sangiovanni, Die Ad-hoc-Publizität im deutschen unditalienischen Recht, Frankfurt am Main, 2003. In lingua italiana sia per-messo il rinvio a V. Sangiovanni, Documento d’offerta pubblica e responsa-bilità civile nel nuovo diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.; V. San-giovanni, L’attuazione della direttiva sull’insider trading nel diritto tedesco, inBanca borsa tit. cred., 2000, I, 540 ss.; V. Sangiovanni, L’informazione c.d.continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca bor-sa tit. cred., 1998, I, 582 ss.

sul punto e non vi è dunque contratto. Ne consegue chenon vi può essere nullità.

Segue: d) violazione di mere disposizioni regolamentari?

Il quesito sul possibile carattere imperativo di rego-le può riguardare, almeno teoricamente, sia disposizionidi legge sia norme regolamentari. L’art. 1418, primocomma, Codice civile non dice che il contratto è nulloper contrarietà a norma imperativa «di legge», ma soloper contrarietà a norma imperativa. Può cagionare nul-lità del contratto anche la violazione di semplici disposi-zioni regolamentari (28)?

Al fine di rispondere a questa domanda occorre te-nere presente che, astrattamente, si possono realizzaretre situazioni: violazione della sola legge; violazione dilegge e regolamento; violazione del solo regolamento.

Partiamo dal primo caso: violazione della sola legge.Si immagini che gli attori contestino all’intermediario,genericamente, di non essersi comportato con «diligen-za, correttezza e trasparenza», violando così il dettatodell’art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998. Seè stata violata la sola legge, non è nemmeno necessariochiedersi se - contemporaneamente - sia stato violato ilregolamento. È difatti del tutto ragionevole ritenere che«imperativa» sia la disposizione di legge. La tesi contra-ria è difficilmente sostenibile. Si dovrebbe cioè afferma-re che una disposizione di regolamento è imperativa (va-le a dire a tutela d’interessi pubblici), mentre non lo è lanorma di legge che il regolamento si limita ad attuare.

Passiamo ora al secondo caso: violazione contem-poranea di legge e regolamento. Si tratta della ipotesi si-curamente più ricorrente nella prassi. Per esempio: gliintermediari che effettuano operazioni non adeguate,come è successo nel caso in esame, violano senz’altrol’art. 29, primo comma, Reg. n. 11522/1998. Essi, tutta-via, violano necessariamente anche i criteri di diligenza,correttezza e trasparenza fissati dall’art. 21, primo com-ma, D.Lgs. n. 58/1998. Si può ritenere diligente, corret-to e trasparente un intermediario che suggerisce a uncliente un investimento inadeguato sotto tutti i profili?La risposta è negativa. Concorrono allora la violazionedi legge e la violazione di regolamento.

Vi è poi il terzo caso. Si possono - teoricamente -realizzare ipotesi in cui gli intermediari, senza violare lalegge, violano precetti regolamentari. Scrivo «teorica-mente» perché l’inosservanza di una disposizione regola-mentare quasi sempre configura anche la violazione diuna norma di legge. Si supponga comunque che esistanorarissimi casi in cui sia possibile violare solo il regola-mento. In questo caso, effettivamente, il giudice dovreb-be svolgere un’indagine volta ad accertare se la disposi-zione regolamentare possa configurare una norma impe-rativa.

Ad avviso di chi scrive è pressoché impossibile vio-lare un regolamento attuativo senza violare contestual-mente la legge. La questione di cui si sono occupati di-

versi tribunali (se la violazione di norme regolamentaripossa determinare nullità del contratto) tende dunquead essere mal posta. Semmai il ragionamento deve esse-re il seguente: l’inosservanza di regolamento che si è ac-certata sotto quale inosservanza di legge può essere sus-sunta? Si ritiene che sia quasi sempre possibile rinvenirenell’ordinamento disposizioni di legge che vengono vio-late ogni volta che viene violato un regolamento attua-tivo.

Concludendo queste osservazioni in merito allanullità del contratto si può affermare che l’art. 21, primocomma, D.Lgs. n. 58/1998 è una disposizione imperati-va, perché essa tutela interessi pubblici, e segnatamenteil buon funzionamento e l’integrità del mercato finanzia-rio. La sua violazione è sanzionata amministrativamen-te, con una sanzione dunque di diritto pubblico, perchégli interessi in gioco sono pubblicistici. La violazione bi-laterale di norma imperativa da parte del contratto dàluogo a nullità. La violazione unilaterale degli obblighiche fanno capo all’intermediario non determina invecenullità del contratto (29).

Segue: e) eventuale nullità parziale?Non risulta che sia stato sinora affrontato in giuri-

sprudenza e in dottrina un profilo che potrebbe acquisi-re rilievo nelle cause avviate dagli investitori nei con-fronti degli intermediari. Si tratta del caso della nullitàparziale.

Come si è visto sopra, la violazione delle regole dicondotta degli intermediari finanziari previste dall’art.21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 può diventare par-te del contratto stipulato con gli investitori. Si tratta delcaso in cui il testo contrattuale contiene clausole in spre-gio dei precetti fissati da tale norma. Si immagini l’ipo-tesi in cui il contratto scritto dispensa il soggetto abilita-to dall’«acquisire le informazioni necessarie dai clienti eoperare in modo che essi siano sempre adeguatamenteinformati». Se una clausola del genere venisse inserita inun contratto, essa sarebbe nulla per contrarietà all’art.21, primo comma, lett. b, D.Lgs. n. 58/1998. Si è difattivisto che questa disposizione è imperativa perché tutelainteressi pubblici. Ma non è affatto certo che la nullità diquesta clausola contrattuale comporti nullità dell’intero

I CONTRATTI N. 7/2006 695

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(28) Sul tema v. le recenti osservazioni di S. Rizzini Bisinelli, Violazione dinorme regolamentari e nullità asimmetrica, in Società, 2006, 207 s.

(29) Il Tribunale di Trani afferma la natura imperativa delle disposizioniregolamentari. Non si tratta di un caso isolato. Anche Trib. Ferrara 25febbraio 2005, in Società, 2006, 203 ss., con nota di S. Rizzini Bisinelli, hastabilito che l’inosservanza da parte della banca degli adempimenti postidalla normativa regolamentare a tutela dell’investitore, ai fini dell’effet-tuazione di un investimento consapevole, rende nulle le relative opera-zioni. Non si condividono tuttavia le conclusioni cui giunge il tribunaledi Ferrara. La violazione unilaterale delle regole di condotta non può es-sere causa di nullità del contratto. Può essere solo una violazione consen-suale a determinare, se del caso, la nullità del contratto. Se non vi è l’ac-cordo delle parti (cfr. l’art. 1325, n. 1, Codice civile), non vi è nemmenocontratto. Non vi può dunque essere nullità.

contratto. La giurisprudenza appare essere, sotto questoprofilo, troppo rigida. Verificata la contrarietà a normaimperativa, essa desume immediatamente la nullità del-l’intero contratto. Ma ciò non è una conseguenza neces-saria.

Si allude all’istituto della nullità parziale. Quelloche si vuole sottolineare in questa sede è che non è af-fatto certo che la nullità di una singola clausola di uncontratto d’investimento cagioni nullità dell’intero con-tratto. Occorre valutare di volta in volta se ricorrono gliestremi dell’art. 1419, primo comma, Codice civile: «lanullità parziale di un contratto o la nullità di singoleclausole importa la nullità dell’intero contratto, se risul-ta che i contraenti non lo avrebbero concluso senzaquella parte del suo contenuto che è colpita dalla nul-lità».

La nuova legge per la tutela del risparmioNel caso affrontato dal Tribunale di Trani sarebbe

stato probabilmente possibile contestare alla banca an-che di avere comprato, e immediatamente dopo riven-duto, gli strumenti finanziari di un emittente in gravecrisi. Un soggetto, come l’intermediario, che vende perprofessione titoli deve informarsi sulle caratteristiche deibeni che tratta e deve comunicare queste informazioni aiclienti. Rilevante in questo contesto appare essere, inparticolare, l’art. 26, primo comma, lett. e, Reg. n.11522/1998, secondo cui gli intermediari acquisisconoconoscenza degli strumenti finanziari offerti. Se l’inter-mediario non si è informato adeguatamente, viola que-sto obbligo regolamentare.

Le risultanze processuali sembrano inoltre dire chela banca ha violato anche disposizioni di legge. Il D.Lgs.n. 58/1998 impone all’intermediario, tra le altre cose, di«comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenzanell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati»(art. 21, primo comma, lett. a). È altamente probabileche un intermediario che offre strumenti finanziari di unemittente in grave crisi violi questi obblighi. «Altamen-te probabile» (e non del tutto certo) perché residua un’i-potesi marginale: quella in cui la banca non fosse consa-pevole dello stato d’insolvenza (o quasi-insolvenza) delgruppo Cirio. La banca potrebbe andare esente da re-sponsabilità solo ove si dimostrasse che, usando la dovu-ta diligenza, non sarebbe comunque potuta venire a co-noscenza dello stato di grave crisi della società di cuivendeva gli strumenti finanziari.

Nel caso in commento si trattava di una vendita incontropartita diretta (30). L’intermediario aveva cioècomprato in proprio gli strumenti finanziari Cirio al finedi rivenderli. Questa circostanza potrebbe essere utilizza-ta, nella valutazione del complessivo comportamentoposto in essere dalla banca, come elemento a favore del-l’istituto bancario. L’intermediario potrebbe cioè soste-nere di non essere stato a conoscenza dello stato di crisiin cui versava il gruppo Cirio esattamente per il fatto cheha comprato in proprio gli strumenti finanziari. Altri-

menti non si spiega il comportamento della banca cheriempie il proprio portafoglio di titoli altamente rischio-si, andando così incontro al pericolo di non riuscire acollocarli e di subire le conseguenze di un’insolvenza. Etuttavia un acquisto di strumenti finanziari a elevato ri-schio si può giustificare, dal punto di vista economico,quando essi vengono rivenduti immediatamente dopoad altri soggetti, conseguendone un guadagno. Un inter-mediario può avere un incentivo a comprare titoli di so-cietà in grave crisi se ha la ragionevole certezza di riven-derli a qualcun altro in tempi brevi. In questo modo labanca si garantisce un guadagno (la differenza fra prezzodi acquisto e prezzo di vendita), trasferendo il rischio-in-solvenza ad altro soggetto (l’ultimo acquirente).

A questo rischio sembra ora porre rimedio il nuovoart. 100 bis D.Lgs. n. 58/1998, introdotto con la recentelegge per la tutela del risparmio e rubricato «circolazionedei prodotti finanziari» (31). Questa disposizione recita:«nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’arti-colo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazio-ne in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero,gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo re-stando quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, rispon-dono della solvenza dell’emittente nei confronti degliacquirenti che non siano investitori professionali, per ladurata di un anno dall’emissione». L’art. 100 bis D.Lgs. n.58/1998 rappresenta una disposizione molto importanteper il buon funzionamento dei mercati finanziari. Essacrea un potente deterrente per gli intermediari. Questi,d’ora in avanti, devono verificare con estrema attenzio-ne le caratteristiche degli strumenti finanziari che ven-dono. Se dovesse, difatti, risultare che l’emittente è in-solvente, gli intermediari risponderebbero nei confrontidegli acquirenti dei titoli.

E tuttavia, questa disposizione non sembra toccareil problema che è stato oggetto della sentenza in com-mento. Il Tribunale di Trani ha difatti affrontato un que-sito diverso, vale a dire se la violazione delle regole dicondotta determini nullità del contratto. A questa que-stione la nuova legge non sembra dare una risposta. Vatenuto presente che l’art. 100 bis D.Lgs. n. 58/1998 diceespressamente che resta fermo quanto previsto dall’art.21 D.Lgs. n. 58/1998. La responsabilità per la solvenzadell’emittente non fa venire meno l’obbligo di osservarele regole di condotta. Si deve dunque ritenere che que-sta nuova forma di responsabilità civile in capo agli in-termediari nei confronti degli acquirenti concorra con laresponsabilità per l’inosservanza dei criteri generali dicomportamento.

I CONTRATTI N. 7/2006696

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(30) Sulla vendita in contropartita diretta v. S. Rizzini Bisinelli, op. cit.,206 s.

(31) Legge 18 dicembre 2005, n. 262. Disposizioni per la tutela del ri-sparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Il testo della legge è ripro-dotto in Società, 2006, 211 ss. Per un primo commento cfr. V. Salafia, Lalegge sul risparmio, in Società, 2006, 137 ss.

Con la nuova legge per la tutela del risparmio al-l’art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998 è statoaggiunto il seguente periodo: «i soggetti abilitati classifi-cano, sulla base di criteri generali minimi definiti con re-golamento dalla CONSOB, che a tal fine può avvalersidella collaborazione delle associazioni maggiormenterappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio na-zionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosità dei prodot-ti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimentoe rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioniconsigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi,e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base del-la sua esperienza in materia d’investimenti in prodotti fi-nanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obietti-vi d’investimento e della sua propensione al rischio, sal-ve le diverse disposizioni espressamente impartite dal-l’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anchemediante comunicazione telefonica o con l’uso di stru-menti telematici, purché siano adottate procedure cheassicurino l’accertamento della provenienza e la conser-vazione della documentazione dell’ordine».

La legge sul risparmio si limita dunque a specificaremeglio gli obblighi informativi che fanno capo all’inter-mediario. Ora è prevista un’apposita classificazione delgrado di rischiosità dei prodotti finanziari. Inoltre vienestabilito che occorre rispettare il principio dell’adegua-tezza fra le operazioni e il profilo di ciascun cliente. Il le-gislatore non dice però nulla sulla questione che, nelpresente contesto del commento alla sentenza del tribu-nale di Trani, veramente interessa: l’inosservanza di que-sta nuova disposizione come pure di altre norme di leggeo di regolamento che regolano la condotta degli inter-mediari comporta nullità del contratto? Come si è cer-cato di dimostrare in questa nota, la risposta è negativase la violazione è unilaterale, mentre è positiva quando èbilaterale. Con la riforma del risparmio, sotto questoprofilo, non pare essere cambiato nulla. Ciò comportal’ulteriore conseguenza che la giurisprudenza che si è si-nora sviluppata in materia e che continuerà a sviluppar-si non dovrebbe subire variazioni di orientamento.

Il risarcimento del dannoIl Tribunale di Trani, dichiarando la nullità del con-

tratto, non ha necessità di affrontare la questione se gliinvestitori abbiano diritto a ottenere dall’intermediarioil ristoro del nocumento subito (32). Non appare tutta-via fuori luogo chiedersi se la violazione delle regole dicondotta possa fare sorgere un diritto al risarcimento deldanno. A tal fine la prima cosa che l’interprete deve do-mandarsi è quale sia la base normativa per una richiestadel genere. La risposta a questo quesito non è affatto fa-cile.

Segue: a) responsabilità precontrattuale?La disposizione di riferimento per fondare un’azione

di responsabilità nei confronti dell’intermediario, che

viola le regole di condotta fissate nell’art. 21, primocomma, D.Lgs. n. 58/1998, potrebbe essere l’art. 1337Codice civile sulla responsabilità precontrattuale: «leparti, nello svolgimento delle trattative e nella formazio-ne del contratto, devono comportarsi secondo buona fe-de».

Non è possibile in questa sede occuparsi approfon-ditamente della questione se questa responsabilità, chela rubrica stessa dell’art. 1337 Codice civile definisce«precontrattuale», viva di vita propria (sia cioè un gene-re di responsabilità a sé stante: appunto «precontrattua-le») oppure sia da ricondursi a una forma di responsabi-lità «contrattuale» o «extracontrattuale» (33).

L’art. 1337 Codice civile disciplina due fattispeciediverse: la buona fede «nello svolgimento delle trattati-ve» e la buona fede «nella formazione del contratto».Nel caso affrontato dalla sentenza in commento rileva laseconda ipotesi. Una responsabilità per violazione dellabuona fede nella formazione del contratto potrebbe esse-re affermata nella fattispecie affrontata dal Tribunale diTrani. L’intermediario è un soggetto che tratta professio-nalmente un qualcosa di molto delicato: gli strumenti fi-nanziari. Il mercato mobiliare assicura l’allocazione delrisparmio, vale a dire di un bene costituzionalmente ga-rantito. Il suo corretto funzionamento è nell’interesse ditutti, senza eccezioni. Per questa ragione il legislatore na-zionale, in attuazione delle normative comunitarie, hasentito l’esigenza di codificare certe regole di comporta-mento finalizzate a garantire che le operazioni d’inter-mediazione finanziaria vengano compiute nell’interessedel mercato. Si tratta, tra l’altro, delle disposizioni previ-ste dall’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998. L’inter-mediario che sta per concludere un contratto non puòprescindere da queste norme. Il suo comportamento pre-contrattuale non è dunque libero, ma è - almeno in par-te - determinato ex lege. Si pensi agli obblighi informati-vi che fanno capo all’intermediario. La mancata infor-mazione del cliente, in sede di conclusione del contrat-to, potrebbe rilevare sotto il profilo dell’art. 1337 Codi-ce civile. Se l’intermediario afferma che è certo che uno

I CONTRATTI N. 7/2006 697

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(32) Sulla responsabilità della SIM per fatto illecito del promotore cfr.,per tutte, Trib. Milano 11 giugno 1998, in questa Rivista, 1999, 487 ss.,con nota di A. Maniàci.

(33) Cass. 5 agosto 2004, n. 15040, ha deciso che la responsabilità pre-contrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta posta dal-l’art. 1337 Codice civile a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativodel negozio costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cuivanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere del-la prova. Cass. 16 luglio 2001, n. 9645, ha stabilito che la responsabilitàprecontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’art.1337 Codice civile, costituisce una forma di responsabilità extracontrat-tuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tu-tela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto, sicchéla sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di questo ulti-mo debbono essere vagliati alla stregua degli artt. 2043 e 2056 Codice ci-vile, tenendo peraltro conto delle caratteristiche tipiche dell’illecito inquestione.

strumento finanziario avrà un incremento di valore del10% all’anno, l’investitore sarà incentivato ad acquista-re tale titolo. Si immagini ora che, decorsi tre anni, lostrumento finanziario in questione abbia perso - invecedi guadagnare - il 30% del suo valore. In una situazionedel genere si può affermare una violazione del dovere dibuona fede in capo all’intermediario, che sapeva chequanto affermava non poteva essere vero.

È applicabile l’art. 1337 Codice civile ai servizi d’in-vestimento? A questa domanda non può essere data unarisposta assoluta, valevole a priori per ogni fattispecie.Dipende dalle circostanze del caso. La prestazione deiservizi d’investimento è un’attività complessa. Parte diessa si esplica prima della conclusione del contratto dicompravendita degli strumenti finanziari. Si tratta, adesempio, della raccolta dal cliente d’informazioni e delladazione all’investitore stesso d’informazioni. Una viola-zione del canone di buona fede in questa fase del rappor-to può sussumersi nell’art. 1337 Codice civile (34). Nericorrono difatti tutti i presupposti. Le parti del contrat-to sono l’intermediario e l’investitore. Il contratto da sti-pularsi varia a seconda delle circostanze del caso. Nellasentenza in commento si trattava di un contratto dicompravendita avente a oggetto obbligazioni Cirio. Labuona fede manca, per esempio, laddove si suggerisconogli strumenti finanziari di un emittente a grave rischiod’insolvenza. I presupposti per l’applicabilità dell’art.1337 Codice civile al caso di specie sembrano sussisteree il cliente può dunque ottenere dall’intermediario il ri-sarcimento del danno.

Il fatto che esista, nell’ordinamento italiano, unadisposizione come l’art. 1337 Codice civile non osta ache il cliente faccia valere altri rimedi. Nell’esempio so-pra fatto in cui l’intermediario promette guadagni del10% all’anno sapendo che le affermazioni che fa noncorrispondono al vero, è possibile chiedere l’annulla-mento del contratto per vizio del consenso. Vi sono di-fatti stati raggiri che hanno determinato la stessa con-clusione del contratto (cfr. l’art. 1439 Codice civile). Indefinitiva la tesi che si vuole sostenere qui è che l’art.1337 Codice civile può (ma non sempre deve) trovareapplicazione a fenomeni d’intermediazione mobiliare.Spesso tuttavia, come del resto nella sentenza in com-mento, la tutela del cliente avviene mediante altri isti-tuti, come per esempio la nullità del contratto.

Segue: b) responsabilità contrattuale?Esistono altre basi normative che consentono agli

investitori di chiedere all’intermediario, che ha violatole regole di condotta previste dall’art. 21, primo comma,D.Lgs. n. 58/1998, un risarcimento? La risposta a questadomanda dipende dalla qualificazione che si dà al com-portamento della banca. Secondo i canoni generali laresponsabilità può essere contrattuale o extracontrattua-le. Sulla possibilità di affermare una responsabilità extra-contrattuale dell’intermediario non ci si può soffermarein questa sede (35). Si svolgeranno qui di seguito alcune

considerazioni sulla sola responsabilità di origine con-trattuale.

Affinché vi sia responsabilità contrattuale occorreche vi sia un contratto. Nel caso di specie vi era una re-lazione contrattuale tra intermediario e cliente? A que-sta domanda va data risposta positiva. Tra intermediarioe cliente è stato certamente concluso almeno un con-tratto, il contratto avente a oggetto la vendita degli stru-menti finanziari Cirio. Si tratta del contratto tipico re-golato dagli artt. 1470 ss. Codice civile. Ci si deve dun-que chiedere se al caso di specie possa trovare applica-zione l’art. 1490, primo comma, Codice civile. secondocui «il venditore è tenuto a garantire che la cosa vendu-ta sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso acui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabileil valore». In effetti questa disposizione potrebbe rileva-re nel caso di specie. La cosa venduta sono strumenti fi-nanziari. Questi titoli vengono comprati dal cliente perragioni d’investimento. L’uso cui è destinata la cosa èl’investimento. Ma gli strumenti finanziari di un emit-tente sull’orlo dell’insolvenza sono inidonei all’uso. Ilcompratore si ritrova difatti in mano titoli ormai quasisenza valore. La cosa è inidonea all’uso; l’uso è dato, nelcaso di specie, dall’«investimento». Sulla base di questeconsiderazioni non pare dunque fuori luogo suggerireagli investitori di fondare la loro azione, se ne ricorronoi presupposti, anche sull’art. 1490, primo comma, Codi-ce civile.

Nel caso di specie gli spazi di tutela per gli investi-tori paiono tuttavia essere ancora più ampi di quelli si-nora prospettati. Da quanto emerge dalla sentenza incommento risulta che tra l’intermediario e i clienti erastato concluso un contratto di negoziazione. La fontedunque di obbligazioni per le parti può essere ritenutoquesto contratto-quadro, in esecuzione del quale si col-loca poi la singola operazione di compravendita.

Se contratto vi è stato (vuoi sotto forma di con-tratto-quadro di negoziazione vuoi sotto forma di singo-lo contratto di compravendita), la responsabilità del-l’intermediario potrebbe allora fondarsi sull’art. 1218Codice civile secondo cui «il debitore che non esegueesattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarci-mento del danno, se non prova che l’inadempimento oil ritardo è stato determinato da impossibilità della pre-stazione derivante da causa a lui non imputabile». L’ap-plicazione di questa disposizione di legge presupponeche in capo all’intermediario vi sia l’obbligo di effettua-re una prestazione. Occorre cioè risalire a un vincolo

I CONTRATTI N. 7/2006698

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(34) In questo senso anche M. M. Gaeta, L’applicazione del principio delknow your customer rule ai contratti di deposito ed amministrazione titoli, inquesta Rivista, 2006, 119.

(35) Al riguardo cfr., per tutti, gli interessanti spunti di G. De Nova, Laresponsabilità dell’operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, inquesta Rivista, 2005, 709 ss., il quale si chiede se l’attività dell’interme-diario non possa essere fatta rientrare nella responsabilità per l’esercizio diattività pericolose prevista dall’art. 2050 Codice civile.

che impone (o, a seconda dei casi, vieta) certi compor-tamenti alla banca. Nell’ipotesi concreta l’intermedia-rio compie operazioni che non sono adeguate e, così fa-cendo, viola l’art. 29, primo comma, Reg. n. 11522/1998. La «prestazione dovuta» dal debitore ai sensi del-l’art. 1218 Codice civile non è solo quella che risultadall’assetto contrattuale posto in essere dalle parti, maanche da tutto quello che le disposizioni di legge o di re-golamento applicabili al caso di specie impongono. Ilcomportamento dell’intermediario non è libero da vin-coli, anzi: è assoggettato a controlli particolarmentestringenti da parte dell’ordinamento. Sulla banca in-combe, secondo il tenore letterale dell’art. 21, primocomma, D.Lgs. n. 58/1998, l’obbligo «di comportarsicon diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interessedei clienti e per l’integrità dei mercati». L’intermediarioche suggerisce di comprare strumenti finanziari di unemittente sull’orlo dell’insolvenza, tra l’altro ponendoin essere un’operazione del tutto inadeguata rispetto alprofilo degli investitori, non opera con diligenza (per-ché non ha accertato lo situazione del gruppo Cirio) op-pure non opera con correttezza (perché ha accertato lostato del gruppo Cirio, ma tace la reale situazione) op-pure non opera con trasparenza (perché conosce lo sta-to del gruppo Cirio ma non lo rivela).

Un problema non affrontato specificamente nellasentenza in commento, ma che è lecito porsi è se il pre-giudizio per gli attori sarebbe stato evitabile in presenzadi corrette e adeguate informazioni da parte dell’inter-mediario. Se la banca avesse reso edotti gli investitoridella situazione in cui versava il gruppo Cirio, è alta-mente improbabile che gli investitori avrebbero com-prato gli strumenti finanziari di tale gruppo.

La legge impone ai soggetti abilitati, tra le altre co-se, di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparen-za (art. 21, primo comma, lett. a, D.Lgs. n. 58/1998)nonché di svolgere una gestione indipendente, sana eprudente (art. 21, primo comma, lett. e, D.Lgs. n.58/1998). Questi precetti sono stati violati nel caso dispecie. Comportarsi con diligenza significa assumere tut-te quelle informazioni che consentono di proporre uninvestimento sensato. Offrire strumenti finanziari di unemittente sull’orlo dell’insolvenza non è un comporta-mento diligente. Comportarsi con correttezza significa,tra le altre cose, comunicare eventuali conflitti d’inte-ressi (36). Il conflitto d’interessi, nel caso in esame, è da-to dal fatto che l’intermediario ha venduto in contropar-tita diretta (37). Ciò significa che la banca ha vendutostrumenti finanziari di cui era proprietaria. Il conflittod’interessi va segnalato per iscritto al cliente (38). L’ope-razione è possibile solo se l’investitore vi ha acconsenti-to espressamente per iscritto (art. 27, secondo comma,Reg. n. 11522/1998). Il regolamento è dunque molto se-vero al riguardo: un’operazione in conflitto d’interessi ri-chiede addirittura due atti scritti: un’informativa da par-te dell’intermediario e un’autorizzazione da parte dell’in-vestitore. Nel caso di specie non risulta che questi due

adempimenti siano stati soddisfatti. Vi è dunque stataviolazione dell’art. 27 secondo comma, Reg. n.11522/1998. Ma occorre aggiungere dell’altro (se ne ac-cennava già sopra). Se un intermediario vende in pro-prio strumenti finanziari di un certo emittente, deveaverli prima comprati. Avendoli comprati, la banca stes-sa deve essere a conoscenza della situazione economico-finanziaria in cui versa la società. Chi compra professio-nalmente strumenti finanziari deve essere consapevoledelle caratteristiche dei prodotti che compra (art. 26,primo comma, lett. e, Reg. n. 11522/1998). Ma la bancadeve essere a conoscenza delle caratteristiche dei titoli edella situazione della società anche quando, tra l’altro -nel caso di specie - a breve distanza di tempo dall’acqui-sto, rivende gli strumenti finanziari. Se gli investitoriavessero saputo che il gruppo Cirio era gravemente in-debitato nei confronti di un elevato numero di creditori,si sarebbero guardati bene dall’investire in esso i propridenari. Agire nell’interesse dei clienti significa quanto-meno evidenziare la titolarità d’interessi di natura diver-sa che possono entrare in conflitto con quelli degli inve-stitori. Si accennava infine al fatto che la legge stabilisceche i soggetti abilitati devono svolgere una gestione indi-pendente, sana e prudente (art. 21, primo comma, lett. e,D.Lgs. n. 58/1998). Proporre titoli di un emittente in cri-si significa non avere fatto adeguati controlli sullo statodi tale società. Ma questo è proprio il compito dell’inter-mediario: una gestione indipendente (da conflitti d’inte-ressi), sana (non offrire strumenti finanziari di società ingrave crisi) e prudente (tra il titolo Alfa e il titolo Beta vaproposto, a parità di altre condizioni, lo strumento fi-nanziario che offre le maggiori garanzie).

L’intermediario ha dunque violato nel caso di spe-cie diversi obblighi che, per legge, gli fanno capo. Il de-bitore non ha quindi eseguito esattamente la prestazione

I CONTRATTI N. 7/2006 699

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(36) La materia del conflitto d’interessi è stata oggetto di diversi contri-buti dottrinali, che non si possono qui elencare. Per limitarsi a menziona-re solo alcuni dei più significativi lavori cfr. G. De Nova, Gli interessi inconflitto e il contratto, in Riv. dir. priv., 2004, 241 ss.; G. De Nova, Conflictof interests and the fair dealing duty, in Riv. dir. priv., 2002, 479 ss.; D. Maf-feis, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002; D. Maffeis, Tu-tela dell’interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, inRiv. dir. priv., 2004, 253 ss. Specificamente sul conflitto d’interessi nellamateria dell’intermediazione mobiliare v. D. Maffeis, Conflitto di interessinella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a ri-sparmiatori di obbligazioni argentine, in Banca borsa tit. cred., 2004, II, 452 ss.Sul conflitto d’interessi nel processo civile sia, infine, permesso rinviare aV. Sangiovanni, Impugnazione di deliberazione assembleare, conflitto di inte-ressi e nomina di curatore speciale. La battaglia giudiziaria per il controllo di An-tonveneta, in Corr. giur., 2005, 1261 ss.

(37) Anche se va dato atto che la sussistenza di un conflitto di interessinel caso di vendita in contropartita diretta non è del tutto pacifica in dot-trina e giurisprudenza.

(38) Trib. Venezia 22 novembre 2004, n. 2654, in questa Rivista, 2005, 5ss., con nota di D. Maffeis, ha deciso che sussiste conflitto d’interessi rile-vante ai fini dell’applicazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 58/1998 e dell’art. 27Reg. n. 11522/1998 in mancanza di specifica informazione sulla situazio-ne di conflitto d’interessi.

dovuta. Ne consegue che l’intermediario è tenuto a ri-sarcire il danno che l’investitore ha sofferto. Vi è legameeziologico perché la decisione d’investimento è stata de-terminata dalla politica informativa «omissiva» (e dun-que, in realtà, «non informativa») della banca. Con ade-guate l’informazioni la vendita non sarebbe stata postain essere e il danno non si sarebbe verificato. L’interme-diario avrebbe dovuto sincerarsi della reale situazioneeconomica, finanziaria e patrimoniale di Cirio e - poi -nel caso di specie sconsigliare vivamente di effettuare untale investimento. Per tacere del fatto che l’operazioneera del tutto inadeguata rispetto al profilo dei clienti.Tutto ciò non è avvenuto. L’intermediario, operatoreprofessionale, ha utilizzato il proprio vantaggio informa-tivo per indurre l’investitore a effettuare un investimen-to negli strumenti finanziari di un emittente in grave cri-si. Il comportamento della banca, in ultima istanza, hacausato il danno. Non il danno a Cirio, ovviamente, mail danno in capo all’investitore che ha comprato gli stru-menti finanziari Cirio.

È utile richiamare in questo contesto un recenteprecedente (39). Il tribunale di Monza, nel 2004, ha sta-bilito che il cattivo esito di un’operazione d’investimen-to non è di per sé indice di una responsabilità dell’inter-mediario finanziario. L’intermediario non deve (perchénon può) garantire che l’investimento effettuato dalcliente sarà positivo. Chi intermedia professionalmentel’acquisto di strumenti finanziari non è in grado di ga-rantire che i titoli che suggerisce di acquistare accresce-ranno il loro valore. Un incremento oppure un decre-mento della quotazione dipende da tanti fattori, quasisempre del tutto indipendenti dall’operato dell’interme-diario. Semmai è la buona piuttosto che la cattiva ge-stione degli amministratori della società, i cui strumentifinanziari vengono acquistati dall’investitore, a determi-narne la crescita o la perdita di valore. La legge non im-pone quindi all’intermediario di conseguire un obiettivoeconomico. Se lo facesse chiederebbe a questi di porre inessere un risultato impossibile, perché fuori della sua sfe-ra d’influenza. L’intermediario non può garantire che uncerto strumento finanziario realizzerà un determinatorendimento. La banca, che pure ha agito in modo inec-cepibile dal punto di vista tecnico (vale a dire osservan-do tutti gli obblighi che le fanno capo, in particolarequelli informativi), non può garantire che l’investimen-to produrrà un buon risultato.

Il legislatore, tuttavia, impone all’intermediario unobbligo di mezzi (40). La banca deve, anche solo per ri-prendere il tenore letterale dell’art. 21, primo comma,lett. a, D.Lgs. n. 58/1998, «comportarsi con diligenza,correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e perl’integrità dei mercati». Un intermediario che violi que-sti doveri o altri obblighi che la legge gli impone (tra cuiassumono particolare rilievo quelli di carattere informa-tivo) si rende responsabile. Se il cliente non viene ade-guatamente informato, la banca risponde del danno chene consegue. La responsabilità dell’intermediario non è

dovuta al fatto che l’emittente i cui strumenti finanziarisono stati suggeriti per l’acquisto va male, ma è ascrivibi-le al fatto che esso ha violato precisi doveri informativi e- conseguentemente - ha indotto l’investitore a conclu-dere l’operazione.

In questa direzione si muove un altro recente prece-dente di merito (41). Il Tribunale di Mantova nel 2004ha stabilito che l’intermediario in strumenti finanziarinon è esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezzadelle operazioni ex art. 29 Reg. n. 11522/1998, ancheove i clienti abbiano rifiutato di fornire le informazionidi cui all’art. 28, primo comma, lett. a, di tale normativa,dovendo - in tal caso - tenere conto di tutte le informa-zioni comunque in suo possesso, tanto desumendosi siadai principi generali in tema di correttezza, diligenza etrasparenza dei comportamenti negoziali imposti dallanormativa generale e speciale (artt. 1175 e 1176 Codicecivile, 21 D.Lgs. n. 58/1998) sia dal tenore dell’art. 29Reg. n. 11522/1998. Questa sentenza afferma un impor-tante principio. L’intermediario non è esonerato da re-sponsabilità (quando viola i doveri che gli fanno capo)anche quando il cliente omette di fornire le informazio-ni che gli vengono richieste (42). Del resto questa speci-fica ipotesi è prevista espressamente in via regolamenta-re dall’art. 28, primo comma, lett. a, Reg. n. 11522/1998,laddove si stabilisce che «l’eventuale rifiuto di fornire lenotizie richieste deve risultare dal contratto di cui al suc-cessivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sot-toscritta dall’investitore». Informazioni provenienti dal-l’investitore non sono quindi strettamente necessarie.La loro assenza non significa tuttavia che l’intermediariopossa agire in spregio delle regole di diligenza, correttez-za e trasparenza imposte dalla legge.

Corretti paiono i richiami effettuati nella senten-za del tribunale di Mantova agli artt. 1175 e 1176 Co-dice civile. Il fatto che il contratto relativo alla presta-zione di servizi d’investimento sia regolato dettagliata-mente nell’art. 21 ss. D.Lgs. n. 58/1998 non significache non trovi applicazione la normativa generale. Fa

I CONTRATTI N. 7/2006700

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(39) Trib. Monza 14 ottobre 2004, in questa Rivista, 2005, 113 ss., con no-ta di E. Guerinoni.

(40) M. M. Gaeta, Responsabilità oggettiva degli intermediari e validità deicontratti di investimento, in questa Rivista, 2005, 590; E. Guerinoni, Negli-genza e giudizio di responsabilità degli intermediari finanziari, in questa Rivista,2005, 117.

(41) Trib. Mantova 12 novembre 2004, in questa Rivista, 2005, 585 ss.,con nota di M. M. Gaeta.

(42) In questo senso anche Trib. Napoli 22 marzo 2005, in questa Rivista,2006, 113 ss., con nota di M. M. Gaeta. Questa autorità giudiziaria ha sta-bilito che gli intermediari non sono esonerati dagli obblighi di valutarel’adeguatezza dell’operazione rispetto al profilo dell’investitore e, nell’ipo-tesi in cui la valutino inadeguata, di segnalare immediatamente al clien-te l’inadeguatezza e le ragioni della stessa anche nel caso in cui l’investi-tore abbia rifiutato di fornire informazioni. In questo caso la valutazioneva condotta tenendo conto di tutte le notizie di cui l’intermediario sia inpossesso, in ossequio ai principi generali di correttezza, diligenza e traspa-renza.

dunque bene il tribunale di Mantova a ricordare che ildebitore e il creditore devono comportarsi secondo leregole della correttezza (art. 1175 Codice civile). Inol-tre «nell’adempiere l’obbligazione il debitore deveusare la diligenza del buon padre di famiglia» (art.1176, primo comma, Codice civile). In altre parole sipuò sostenere la tesi che l’intermediario è responsabi-le non solo nei casi d’inosservanza di quanto dispostopuntualmente dal D.Lgs. n. 58/1998, ma anche quan-do pone in essere altri comportamenti - pur nonespressamente previsti dalla legge speciale - che confi-gurano però un comportamento non corretto (art.1175 Codice civile) oppure non diligente (art. 1176Codice civile).

Segue: c) cenni all’onere della provaPer quanto riguarda l’onere della prova, questo è a

carico dell’intermediario. Si applica difatti l’art. 23, sestocomma, D.Lgs. n. 58/1998, secondo il quale «nei giudizidi risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svol-gimento dei servizi di investimento e di quelli accessori,spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agi-to con la specifica diligenza richiesta». Rispetto alla re-gola generale, l’onere della prova viene invertito. Il prin-cipio è quello dell’art. 2697 Codice civile, secondo cui«chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare ifatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepiscel’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto siè modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’ecce-zione si fonda».

All’art. 23, sesto comma, D.Lgs. n. 58/1998 è statadata attuazione in una recente sentenza di merito (43).Nella decisione del tribunale di Monza del 2004 è statostabilito che sebbene il cattivo esito di un’operazioned’investimento non sia di per sé indice di una responsa-bilità dell’intermediario finanziario, nel caso in cui ilcliente agisca per chiedere il risarcimento dei danni su-biti allegando una specifica negligenza dell’intermedia-rio, spetta a quest’ultimo dimostrare l’insussistenza delprofilo di negligenza contestato.

Nella sentenza in commento, la questione dell’one-re della prova non è stata oggetto di particolari contesta-zioni. Le violazioni del D.Lgs. n. 58/1998 e del Reg. n.11522/1998 risultano difatti evidenti.

Osservazioni conclusive in forma di tesi1. L’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 è una

disposizione imperativa. In questo senso militano gli ar-gomenti che tale norma tutela interessi pubblici e la suaviolazione è punita con l’applicazione di una sanzioneamministrativa. Si tratta della sanzione pecuniaria pre-vista dall’art. 190 D.Lgs. n. 58/1998.

2. La violazione dell’art. 21, primo comma, D.Lgs.n. 58/1998 rappresentata da un comportamento unilate-rale dell’intermediario non cagiona nullità del contratto.La nullità del contratto può essere causata solo da unapattuizione (di entrambi i contraenti). Il legislatore, con

l’art. 1418 Codice civile, punisce la nullità del «contrat-to», non di una condotta unilaterale.

3. Con la sanzione amministrativa può concorrereuna «sanzione» di tipo civile. Non è sempre la stessa san-zione a operare. A seconda dei casi si può trattare di nul-lità del contratto, di annullamento dello stesso, di risolu-zione oppure di risarcimento del danno. L’applicabilitàdi un rimedio piuttosto che di un altro dipende dalle ca-ratteristiche del singolo caso. In questo scritto ci si è sof-fermati in modo particolare sulla nullità del contratto,perché è il rimedio applicato dal Tribunale di Trani nel-la fattispecie concreta.

4. In genere i giudici dovrebbero valutare se gli in-vestitori non abbiano diritto al risarcimento del danno.Le fonti normative dell’obbligo di ristorare il nocumen-to possono essere le più diverse. Nella fase precontrat-tuale viene in considerazione l’art. 1337 Codice civile.Se è stato concluso un contratto, il rimedio può esseredato dalle disposizioni che regolano il singolo contratto.Può trattarsi, per esempio, di responsabilità per vizi dellacosa nell’ipotesi di contratto di vendita. In ogni caso do-vrebbero trovare applicazione le clausole generali rap-presentate dagli artt. 1175, 1176 e 1218 Codice civile.

5. Qualche osservazione finale, mutuata dall’analisieconomica del diritto. La nullità è una sanzione di graveportata, perché essa obbliga alle restituzioni. Da un latola possibilità che si verifichi questa conseguenza inducegli intermediari a comportarsi con correttezza, diligenzae trasparenza. Dall’altro lato è stato osservato in dottrinacome questa sanzione possa essere eccessiva (44). Non sipuò difatti omettere di considerare che i costi che rica-dono sull’intermediario vengono ridistribuiti sulla col-lettività degli investitori. Se una certa banca è condan-nata a restituire il capitale messole a disposizione perl’investimento, essa subisce una grave perdita. Per recu-perarla, l’intermediario tenderà ad aumentare i costi deipropri servizi a carico di tutti coloro che se ne avvalgo-no. Inoltre il rischio d’incorrere in nullità può deprime-re l’attività d’intermediazione. Soprattutto gli interme-diari più piccoli potrebbero essere spaventati dalle con-seguenze di declaratorie di nullità delle operazioni.

I CONTRATTI N. 7/2006 701

GIURISPRUDENZA•I SINGOLI CONTRATTI

Note:

(43) Trib. Monza 14 ottobre 2004, in questa Rivista, 2005, 113 ss., con no-ta di E. Guerinoni.

(44) A. Perrone, Servizi di investimento, cit., 1018 s.

I CONTRATTI N. 7/2006702

GIURISPRUDENZA•SINTESI

Assicurazione

Cassazione Civile, sez. III, 16 dicembre 2005, n. 27728 Pres. Fiduccia - Rel. Sabatini - P.M. Iannelli (Parz. Diff.) - La Nationale Comp. Ital. Assic. Riassic c. C. ed altri

Assicurazione - Contratto di assicurazione - Disposizioni generali - Rischio assicurato (oggetto del contratto) - Di-chiarazioni del contraente - Reticenze ed inesattezze - Con dolo o colpa grave - Impugnazioni (decadenza) - Onere diosservanza del termine di tre mesi - Sinistro avvenuto prima di tale termine o della conoscenza delle dichiarazioni ine-satte o reticenti - Sussistenza dell’onere - Esclusione

In tema di assicurazione contro gli infortuni, l’onere imposto dall’art. 1892 Codice civile all’assicuratore di mani-festare, allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l’azione di annullamento del contratto,per le dichiarazioni reticenti od inesatte dell’assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa del-l’annullamento, non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto, ed ancor piùquando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della di-chiarazione, essendo sufficiente, in tali ipotesi, al fine di sottrarsi al pagamento dell’indennizzo, che l’assicurato-re stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicu-rato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio.

Azienda

Cassazione Civile, sez. III, 7 dicembre 2005, n. 27011 Pres. Di Nanni - Rel. Durante - P.M. Uccella (Diff.) - Pitti Line Di Marciano Carla S.a.s. c. SottoscrittoriLloyd’S Of London Assunto

I.Azienda - Cessione - Successione nei contratti - Automaticità - Comunicazione o accettazione della cessione - Ne-cessità ai fini della successione nei contratti - Esclusione - Onere di comunicazione della cessione - Funzione

L’art. 2558 Codice civile - il quale prevede con norma suppletiva che, nel caso di trasferimento dell’azienda, salvopatto contrario, unitamente ai beni che la costituiscono si trasferiscono i contratti a prestazioni corrispettive nonancora completamente eseguite che non abbiano carattere personale - sancisce, in effetti, che il trasferimento, inquanto mirante a garantire il mantenimento della funzionalità economica dell’azienda medesima, avviene secondoun meccanismo di attrazione dei contratti nella circolazione dell’azienda e costituisce un effetto naturale del con-tratto di trasferimento stesso, nel senso che si verifica indipendentemente dalla volontà delle parti che rileva sol-tanto per escluderlo. Pertanto, gli effetti del contratto trasferito si producono ipso iure, obbligando il terzo, a pre-scindere dall’accettazione e senza bisogno di comunicazione, la quale si configura come onere posto a carico delleparti del contratto di trasferimento dell’azienda e dei soggetti ad esse equiparati finalizzato al decorso del termi-ne di tre mesi previsto per il recesso del terzo, motivato da giusta causa.

II.Azienda - Cessione - Successione nei contratti - Contratti non aventi carattere personale - Trasferimento ipso iure alcessionario dell’azienda - Distinzione tra contratti d’impresa e contratti d’azienda - Irrilevanza - Conseguente esten-sione anche al contratto di assicurazione contro i danni - Sussistenza - Disciplina applicabile - Individuazione

In tema di trasferimento di azienda, la regola stabilita dall’art. 2558 Codice civile - secondo cui si verifica il tra-

Rassegna di legittimità:i singoli contratti

I CONTRATTI N. 7/2006 703

GIURISPRUDENZA•SINTESI

sferimento ex lege al cessionario di tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive non aventi carattere per-sonale e, quindi, dei cosiddetti contratti di azienda che hanno ad oggetto il godimento di beni aziendali non ap-partenenti all’imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento dell’attività - si applica anche ai cosiddetti con-tratti di impresa che, pur non avendo come oggetto diretto beni aziendali, sono attinenti all’organizzazione del-l’impresa, come il contratto di assicurazione contro i danni che sia stato stipulato per l’esercizio dell’azienda, conla conseguenza, in quest’ultimo caso, che, salvo che le parti non abbiano disposto diversamente, l’acquirente su-bentra nella posizione dell’assicurato e l’assicuratore, dal canto suo, è tenuto a dare esecuzione al contratto anchese non ne ha accettato il trasferimento, sempre che nei termini di legge non eserciti la facoltà di recesso.

Contratti bancari

Cassazione Civile, sez. I, 1 dicembre 2005, n. 26210 Pres. Losavio - Rel. De Chiara - P.M. Russo (Conf.) - Cassa Risp. Alessandria Spa c. C. ed altro

Titoli di credito - Assegno bancario - Girata - Controllo della regolare continuità delle girate - Onere gravante esclu-sivamente sulla banca trattaria - Concorso della responsabilità extracontrattuale della banca girataria per l’incassoverso l’emittente del titolo - Configurabilità - Condizioni

La responsabilità nei confronti dell’emittente di assegno bancario, per il mancato controllo della regolare conti-nuità delle girate, secondo la previsione dell’art. 38 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, si riferisce alla sola ban-ca trattaria, cui la predetta norma impone uno specifico obbligo operante sul piano del rapporto contrattuale conil traente. Ciò non esclude, tuttavia, che anche la banca girataria per l’incasso possa essere attinta da responsabi-lità per diverso titolo - in particolare, da responsabilità extracontrattuale - tutte le volte in cui, con il suo compor-tamento colposo (o doloso), abbia determinato, o concorso a determinare, il prodursi, a carico del traente, del dan-no ingiusto consistito nell’indebito pagamento di un assegno da lui emesso (con corrispondente indebita riduzio-ne della sua provvista bancaria) a soggetto non legittimato. E siffatto comportamento colposo ben può consisterenella mancata o negligente verifica della continuità delle girate, e dunque della legittimazione del possessore del-l’assegno giratole per l’incasso e da essa banca illegittimamente incassato presso la banca trattaria.

Locazione

Cassazione Civile, sez. III, 16 dicembre 2005, n. 27731 Pres. Fiduccia - Rel. Finocchiaro - P.M. Fedeli (Conf.) - F. c. Ikebana S.r.l.

Locazione - Durata della locazione - In genere - Spirare del termine - Successiva rinnovazione tacita - Presupposti -Individuazione

La rinnovazione tacita del contratto di locazione non può desumersi dal fatto della permanenza del conduttore nel-la detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine, né dal pagamento e dall’accettazione dei canoni e nep-pure dal ritardo con il quale sia stata promossa l’azione di rilascio, occorrendo che questi fatti siano qualificati daaltri elementi idonei a far ritenere in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto lo-cativo con rinuncia tacita, da parte del locatore, agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto.

Mandato

Cassazione Civile, sez. III, 16 dicembre 2005, n. 27716 Pres. Nicastro - Rel. Calabrese - P.M. Russo (Conf.) - Ats Transport S.r.l. c. Borclay’S Ind. Pettinati DiClaudio

Mandato - Spedizione - Spedizioniere - Obblighi - In genere - Riscossione del prezzo - Assunzione dell’incarico - Ope-razione accessoria al trasporto ex art. 1737 Codice civile - Configurabilità - Responsabilità nei confronti del commit-tente - Sussistenza - Fattispecie di pagamento contro documenti

Lo spedizioniere che abbia assunto l’incarico di provvedere (nella specie curando l’esecuzione di pagamento controdocumenti) alla riscossione del prezzo della fornitura eseguita dal mandante al destinatario del trasporto - opera-zione qualificabile come accessoria al contratto di trasporto ai sensi dell’art. 1737 Codice civile sul contenuto delcontratto di spedizione - risponde nei confronti del committente del mancato espletamento dell’incarico, visto cheil vettore che sia stato a sua volta incaricato dallo spedizioniere assume al riguardo il semplice ruolo di sostitutodel mandatario, a norma dell’art. 1717 Codice civile.

Vendita

Cassazione Civile, sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782 Pres. Calfapietra - Rel. Schettino - P.M. Golia (Parz. Diff.) - T. c. B.

Vendita - Singole specie di vendita - Di cosa altrui - in genere - Preliminare di vendita di cosa altrui - Ignoranza daparte del compratore - Risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore prima della scadenzadel termine per la stipulazione del definitivo - Configurabilità - Esclusione - Fondamento

In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto del preli-minare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termineper la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adempiere al-l’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o indu-cendo quest’ultimo a trasferirgliela.

I CONTRATTI N. 7/2006704

GIURISPRUDENZA•SINTESI

I CONTRATTI N. 7/2006 705

GIURISPRUDENZA•SINTESI

ASSICURAZIONE

Giudice di pace di Roma - Sentenza 28 febbraio 2005- Est. Febbi - XXX c. Myy Assicurazioni S.p.a. (Avv.Laurenti)

Assicurazione - Obbligatoria della RCA - Attestato dirischio - Mancato rilascio nei termini - Responsabilitàdell’assicuratore - Sussistenza

Il mancato rilascio del certificato di attestato di rischioalmeno tre giorni non festivi prima della scadenza delcontratto obbliga l’assicuratore a risarcire il danno pernon aver potuto l’assicurato stipulare un contratto diassicurazione con un diverso assicuratore (nella specie,decidendo secondo equità, il Giudice di pace ha liqui-dato il relativo danno nella misura di euro 70,00).

Il fattoUn assicurato conveniva in giudizio la compagnia di as-sicurazione per la rca lamentando il mancato rilascio intempo utile del certificato di attestato di rischio, indi-spensabile per stipulare un contratto di assicurazione conun diverso assicuratore. Il Giudice di pace ha accolto ladomanda, liquidando a titolo di risarcimento in via equi-tativa la somma di euro 70,00.

Le ragioni della decisioneIl Giudice di pace ha ritenuto la condotta dell’assicura-tore, il quale rimanga sordo alla richiesta dell’assicuratodi consegna dell’attestato di rischio, in contrasto sia conl’art. 1175 Codice civile, sia con gli artt. 3 e 4 D.P.R. 16gennaio 1981, n. 45. Si legge infatti nella motivazioneche l’assicurato ha la possibilità di stipulare un nuovocontratto di assicurazione con un diverso assicuratore acondizione che gli venga rilasciato l’attestato di rischio eche comunichi, nei termini stabiliti la volontà di nonrinnovare tacitamente il rapporto contrattuale. L’atte-stato di rischio deve essere messo a disposizione del con-traente, nell’agenzia o ufficio presso il quale il contrattostesso è stato stipulato, almeno tre giorni non festivi pri-ma di quello della scadenza del contratto e le Compa-gnie devono fornire comunicazione dell’aumento delpremio in base alle modalità disciplinate dalle condizio-ni di contratto, per consentire all’assicurato di impedireeventualmente il rinnovo automatico del rapporto con-trattuale.Ritenuto, nei termini che precedono, sussistente l’ina-

dempimento dell’assicuratore, il Giudice di pace la con-dannato a pagare un risarcimento di euro 70,00, deci-dendo secondo equità ex art. 113, secondo comma, Co-dice procedura civile.

I precedentiLa decisione, pur suscitando interesse della novità dellafattispecie, desta perplessità sotto vari profili. Il primo epiù evidente è che il Giudice di pace ha deciso secondoequità una controversia la quale, ai sensi del novellatoart. 113, secondo comma, Codice procedura civile, si sa-rebbe dovuto decidere secondo diritto. Infatti, per effet-to delle modifiche introdotte dall’art. 1, primo comma,D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazio-ni, dalla Legge 7 aprile 2003, n. 63, non possono esseredecise secondo equità le controversie relative a «rappor-ti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le moda-lità di cui all’articolo 1342 c.c.», e non v’è dubbio che traqueste rientri assicurazione della RCA. In teoria, è ben concepibile un danno da lesione della li-bertà contrattuale, consistito nella procurata impossibi-lità di stipulare tempestivamente un contratto di assicu-razione della rca in conseguenza dell’inadempimento, daparte dell’assicuratore, dell’obbligo di consegna dell’atte-stato di rischio. tuttavia tale danno non pare possa esse-re liquidato in via equitativa, ma non può che coincide-re alternativamente: (a) con il pregiudizio risentito pernon aver potuto disporre del proprio veicolo; (b) ovveronel maggior premio pagato in conseguenza del ritardo. Siricordi che, ai sensi dell’art. 3 D.P.R. n. 45/1981, l’atte-stato di rischio deve essere «rilasciato dall’assicuratore inoccasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti diassicurazione obbligatoria della responsabilità civile ver-so i terzi derivante dalla circolazione di veicoli a motore,qualunque sia la forma di tariffa secondo la quale il con-tratto è stato stipulato». Tale norma deve ritenersi im-plicitamente abrogata per effetto dell’entrata in vigoredel codice delle assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005), il cuiarticolo 134 contiene una previsione sostanzialmenteanaloga.

CLAUSOLE VESSATORIE

Tribunale di Ancona - Sentenza 28 febbraio 2005 -Est. Bonivento - CCIAA di Ancona c. N.N.

Mediazione - Patto di esclusiva e di irrevocabilità naturavessatoria - Sussistenza

Rassegna di meritoSentenze esposte da Elettra Bruno

Sono vessatorie ai sensi dell’art. 1469 bis Codice civi-le, e ne va perciò inibito l’uso, le clausole inserite nelcontratto predisposto unilateralmente da una agenziaimmobiliare, le quali prevedono l’irrevocabilità delmandato conferito dal cliente all’agenzia prima di uncerto termine, e l’esclusività dello stesso.

Il fattoUna camera di commercio chiedeva al tribunale di ini-bire, ai sensi dell’art. 1469 sexies Codice civile (nel testovigente ratione temporis) l’uso, da parte di una c.d. «agen-zia immobiliare» (recte, mediatore immobiliare), di dueclausole apposte nel contratto standard fatto sottoscrive-re dall’agenzia ai propri clienti. Queste due clausole pre-vedevano: (a) l’irrevocabilità del mandato conferito al-l’intermediario; (b) la perdita del deposito cauzionalenel caso di revoca anticipata della proposta.Il Tribunale ha accolto la domanda.

Le ragioni della decisioneIl Tribunale ha premesso in fatto che le clausole preve-devano l’irrevocabilità della proposta e, contestualmen-te, il deposito di una somma di denaro a titolo di cauzio-ne o di caparra: ciò imponeva al consumatore, il cui in-tento fosse l’acquisto di un bene immobile, l’impossibi-lità di revoca della propria proposta sino alla data con-venuta entro la quale il venditore rimaneva libero diesprimere (o meno) la propria accettazione. Ove que-st’ultima non fosse pervenuta entro il termine convenu-to, le suddette somme di denaro sarebbero state restitui-te senza interessi, con annessa esclusione di ogni ulterio-re pretesa a fini risarcitori. Ciò premesso in fatto, la sen-tenza così prosegue in diritto: «ai sensi del 1469 bis, ter-zo comma, n. 4) si presumono vessatorie le clausole cheprevedano un impegno definitivo del consumatore,mentre l’esecuzione della prestazione (da parte del pro-fessionista) sia subordinata ad una condizione il cuiadempimento dipenda unicamente dalla sua volontà. Il«patto chiaro di proposta d’acquisto» altera il concettodi mediazione quale tipizzato dall’art. 1751, primo com-ma, Codice civile. Al riguardo, il diritto del mediatorealla provvigione sorge tutte le volte in cui egli abbia mes-so in relazione due o più parti per la conclusione di unsingolo determinato affare e quest’ultimo sia stato con-cluso per effetto del suo intervento e la sua attività, notaai contraenti, sia stata da essi accertata (Cass. 14 aprile1994, n. 3472, in Foro it., 1994, I, 1722). Il mediatore(sia egli persona fisica o un’apposita agenzia) deve tutta-via essere imparziale nei confronti delle parti del futurocontratto concluso per effetto del suo intervento; nelmodulo contestato (per cui è causa) vi è squilibrio a fa-vore esclusivo della parte venditrice; se il mediatore dàanche assistenza e tutela, deve darla, in modo equilibra-to e paritetico, a favore di entrambe le parti; in caso con-trario, si riconduce il patto in oggetto ad uno schemaben al di fuori del Codice Civile (art. 1755) della tipolo-gia legale; si pone in essere un tipo (irrituale e non con-

sentito) di mediazione, addirittura contra legem. Un con-to è che, legittimamente, tramite il patto de quo (su mo-dulo prestampato), l’agenzia di intermediazione immo-biliare definisca con maggior precisione il suo ruolo, fac-cia meglio risaltare i suoi diritti nei confronti delle futu-re parti stipulanti, il suo ruolo nella conclusione del fu-turo affare, ma detta definizione deve avvenire in modoequidistante; altrimenti il mediatore professionale fini-sce per rappresentare, in modo sbilanciato nel sinallag-ma contrattuale del contratto di mediazione e del futurocontratto di compravendita concluso per effetto dellamedesima, una soltanto delle parti (il promettente alie-nante) (...). L’esclusività non può tuttavia essere intesa nel senso diritenere vincolata (senza limiti) la sola parte acquiren-te, non anche il venditore. Nell’apposito conferimentoal mediatore dell’incarico in esclusiva per un determi-nato periodo di tempo, il termine «di esclusiva» ha lasola precipua finalità di garantire il mediatore dall’atti-vità concorrente di altri mediatori; null’altro (Cass. 23ottobre 1980, n. 5724). Detta garanzia non si ottienesquilibrando il rapporto fra venditore ed acquirente, adesclusivo favore del primo. Certo, i patti di esclusiva e diirrevocabilità temporanea sono ben compatibili con ilrapporto di mediazione, in quanto rappresentano dellesemplici cautele ai fini di un motivato ripensamento delproponente, legittimamente consentito nell’ambito deipoteri di autonomia spettanti alle parti. È possibile, in-fatti, rendere atipica la mediazione imprimendo al rap-porto una regolamentazione diversa da quella legale,stabilendo il diritto del mediatore al compenso anchenel caso di revoca anticipata dell’incarico oltre che -come per legge - al verificarsi della conclusione del fat-to (Cass. 16 febbraio 1998, n. 1630, in Foro it., 1999, I,2662; Cass. 28 marzo 1997, n. 2766). Ciò tuttavia, an-cora una volta, non può legittimare il suddetto squili-brio, nel senso di condicio sospensiva che favorisca ilsolo venditore».

I precedentiSi è voluto riportare ad litteram la parte centrale dellasentenza qui in rassegna, in quanto essa - con una sintas-si piuttosto ermetica - solleva vari problemi in tema dimediazione atipica, e, soprattutto, sembra giungere aconclusioni contrastanti con le premesse. Il Tribunale ha ritenuto vessatorie la clausola di esclusi-va e quella di irrevocabilità, apposte ad un contratto dimediazione unilaterale, perché produttive di un signifi-cativo squilibrio tra le parti. Per quanto attiene la clau-sola di esclusiva, non v’è dubbio che essa, ponendo un li-mite alla libertà contrattuale, si presume vessatoria finoa prova contraria, che nella specie non sembra essere sta-ta fornita (art. 33, secondo comma, lettera t), D.L. n.206/2005; olim, art. 1469 bis, terzo comma, n. 18, Codi-ce civile). Più complesso è il discorso per quanto attiene la clauso-la di irrevocabilità. La giurisprudenza assolutamente

I CONTRATTI N. 7/2006706

GIURISPRUDENZA•SINTESI

prevalente la considera ammissibile, e ritiene che ilcontratto cui acceda sia una mediazione atipica, cioèdifforme dallo schema legale ma rientrante pur semprenel genus delle operazioni mediatorie. Tale clausola, se-condo la S.C., ha lo scopo di consentire al mediatore,che può fare affidamento su una determinata durata del-l’incarico, di impegnare la propria organizzazione in unaprogrammata attività di ricerca dell’altro contraente in-teressato alla conclusione dell’affare, sottraendolo al ri-schio di non raccogliere la remunerazione dell’attivitàsvolta (Cass., sez. III, 1 giugno 2000, n. 7273, in Foro it.,2001, I, 562, con nota di Caputi, nonché in Giust. civ.,2001, I, 784). Con riferimento alla clausola in esame,nelle motivazioni delle sentenze si fa spesso riferimentoad un preteso «diritto» del mediatore al pagamento del-la provvigione, nel caso di revoca dell’incarico (Cass.23 maggio 1991, n. 5846, in Arch. civ., 1991, 1018;Cass. 28 marzo 1997, n. 2766, in Rep. Foro it., 1997, vo-ce Mediazione, n. 20; Cass. 10 agosto 1993, n. 8587, inGiust. civ., 1994, I, 114). Tuttavia appare preferibilequalificare la clausola in esame come clausola penale, exart. 1382 Codice civile. Essa, pertanto, attribuisce almediatore il diritto al risarcimento del danno nella mi-sura prestabilita dalle parti, non già il diritto al paga-mento della provvigione, diritto incompatibile con lamancata conclusione dell’affare, a meno di non volererinunciare a qualificare il contratto in termini di media-zione (in senso conforme, Luminoso, La mediazione,Milano, 1993, 134-135). Di tale avviso sono stati non pochi giudici di merito iquali, qualificata la clausola in esame come «penale», nehanno ritenuta la vessatorietà ex art. 1469 bis Codice ci-vile, quando la misura di essa sia manifestamente ecces-siva, e comunque pari o prossima a quella che sarebbestata dovuta a titolo di provvigione in caso di conclusio-ne dell’affare (Trib. Monza 12 ottobre 2002, in Giur.mer., 2004, 34; Trib. Milano-Legnano 29 marzo 2002, inForo it., 2002, I, 2826, con nota di De Rosas e Palmieri;Giudice di pace Sulmona 24 giugno 1999, in Giur. it.,2000, 2086; Pret. Bologna 20 gennaio 1998, in Foro it.,1998, I, 651, nonché in Danno e resp., 1998, 270, connota di Palmieri e Pardolesi). Contra, invece, sebbene con riferimento a clausola soloparzialmente coincidente con quella oggetto della sen-tenza qui in rassegna, si veda Trib. Firenze 4 febbraio2003, in Foro toscano-Toscana giur., 2003, 7, con nota diFeri, secondo cui la pattuizione che riconosce il dirittoalla provvigione per il solo fatto di aver reperito un’of-ferta conforme alle richieste è una clausola che incidesull’oggetto del contratto e dunque, ai sensi dell’art.1469 ter, secondo comma, Codice civile, ne è esclusa lavessatorietà a meno che non sia stata formulata in ma-niera oscura.Per una rassegna delle principali questioni in tema dimediazione atipica, si veda Rossetti, La mediazione atipi-ca, in Cendon (a cura di), I nuovi contratti nella prassi ci-vile e commerciale, vol. XVI, Torino, 2004, 5 e ss.

CONTRATTI BANCARI

Tribunale di Modena - Sez. civ. - Sentenza 9 maggio2005, n. 856 - Est. Romagnoli - Credem S.p.a. c. N. N.

Contratti bancari - Apertura di credito in conto corrente- Conto corrente cointestato - Conseguenze - Fido richie-sto da uno solo dei cointestatari - Rilevanza-esclusione

Ottenuta l’apertura di credito regolata su conto corren-te cointestato con facoltà di disposizione disgiunta,tutti i cointestatari sono solidalmente responsabili del-l’eventuale saldo passivo del conto corrente sul qualel’apertura sia confluita, a nulla rilevando che l’aperturadi credito sia stata richiesta soltanto da uno di essi eper scopi personali.

Il fattoUn istituto di credito intratteneva un rapporto di contocorrente cointestato a tre persone. Nel corso del rappor-to, ai correntisti venivano concesse reiterate e cospicueaperture di credito, sino a che il conto non giunse a pre-sentare il considerevole scoperto di circa un miliardo emezzo di vecchie lire. Morto nel frattempo uno dei trecorrentisti cointestatari del conto, la banca convenne ingiudizio gli altri due, chiedendone la condanna al paga-mento del saldo. I convenuti si costituivano eccependo che le reiterateaperture di credito erano state chieste solo dal correnti-sta defunto, e disco nascevano le proprie firme appostesulla domanda congiunta di aperture di credito. Il tribu-nale, accertato che il conto era effettivamente cointe-stato, ha ritenuto irrilevante la circostanza che l’apertu-ra di credito fosse stata richiesta da uno soltanto o da tut-ti i correntisti, ed ha accolto la domanda.

Le ragioni della decisioneLa sentenza così motiva: «il conto corrente (...) bancarioè il contratto con il quale la banca si obbliga a prestareun servizio di cassa e a compiere le altre operazioni ban-carie accessorie rispetto a tale obbligazione principale(es. bonifici, versamenti) previa costituzione, se necessa-rio, di provvista da parte del correntista (articolo 1852Codice civile). Sul conto corrente bancario può essere,in particolare, regolata l’apertura di credito, con il che labanca mette a disposizione del correntista una somma didenaro - a tempo determinato o a tempo indeterminato- di cui egli può disporre in qualunque momento (artico-lo 1842 Codice civile). Nel caso in cui il conto sia inte-stato a più persone, con facoltà per le medesime di com-piere operazioni anche separatamente, gli intestatari so-no considerati creditori o debitori in solido del conto(articolo 1854 Codice civile). Se fra la banca e il corren-tista esistono più rapporti o più conti (...), i saldi attivi epassivi si compensano reciprocamente, salvo patto con-trario (articolo 1853 Codice civile).

I CONTRATTI N. 7/2006 707

GIURISPRUDENZA•SINTESI

Facendosi applicazione dei principi su esposti al caso dispecie ne deriverebbe (...) che l’eventuale apertura dicredito regolata su conto corrente cointestato a più per-sone con facoltà per ciascuna di operare disgiuntamentegiova (per il caso di saldo attivo) o va a nuocere (per ilcaso di saldo passivo) a tutti i contestatari indifferente-mente, cosicché ciascuno è creditore ovvero debitore so-lidale dell’intero saldo attivo o passivo. Ciò consegue,infatti, alla descritta funzione del contratto di conto cor-rente bancario che è quella di rendere disponibili i servi-zi di cassa in favore di tutti i contitolari. Il caso de quo è«complicato» dal disconoscimento delle lettere di am-pliamento di fido successive alla prima (di lire 100 mi-lioni) laddove il saldo passivo del conto corrente è digran lunga superiore al limite di fido pacificamente ri-chiesto da tutti i cointestatari. In sostanza i convenutieccepiscono di non avere mai richiesto gli ampliamentidi fido successivi al primo (di lire 100 milioni) - tanto èvero che disconoscono le firme apposte alle relative pat-tuizioni - e sostengono perciò di non essere responsabilidel saldo passivo eccedente il predetto primo amplia-mento. Tale assunto è destituito di fondamento. L’apertura di credito, infatti, è sì contratto distinto daquello di conto corrente e tuttavia ove sia regolata inconto corrente ha l’effetto di far confluire una certa di-sponibilità di denaro sul conto nella libera disponibilitàdel suo intestatario (ovvero dei suoi intestatari nel casodi conto cointestato con facoltà di operazioni disgiunte).In sostanza l’apertura di credito non è che l’occasioneche determina la creazione della provvista, senza possi-bilità che le circostanze relative alla sua genesi ovvero lacausale dell’apertura di credito possano influire sulla re-golamentazione del rapporto di conto corrente bancario.In questo senso può dirsi che l’apertura di credito regolatain conto corrente si configura come una sorta di contrattoaccessorio a quello cui accede di conto corrente bancario,nel senso che la provvista che viene a crearsi sul contocorrente medesimo è regolata dalle norme proprie delconto corrente: di essa il correntista può liberamente di-sporre e del corrispondente debito risponde nei confrontidella banca. Ne consegue che nel caso di conto correntecointestato, tutti i cointestatari sono solidalmente respon-sabili nei confronti della banca del saldo passivo del con-to derivante dall’utilizzo dell’apertura di credito regolatasul medesimo, a prescindere dalla causale dell’apertura dicredito e, in particolare, dalla riferibilità di essa a questo oa quello dei contestatari (potendosi certamente ipotizzared’altronde sia stata concessa per iniziativa di un terzo o an-che, in ipotesi di scuola, della stessa banca).D’altronde, valutata la situazione dal lato attivo, non èseriamente contestabile che nel caso di apertura di cre-dito concessa su richiesta di uno solo dei cointestataridel conto, di essa si giovino tutti, perché l’apertura dicredito non fa che confluire sul conto corrente bancariouna provvista che, per effetto della solidarietà attiva de-rivante dalla contestazione del conto corrente, entranella libera disponibilità di tutti i contestatari.

In definitiva dunque, comunque ottenuta l’apertura dicredito regolata su conto corrente contestato con facoltàdi disposizione disgiunta, tutti i contestatari sono solidal-mente responsabili dell’eventuale saldo passivo del con-to corrente sul quale l’apertura sia confluita, e ciò invirtù delle regole proprie del conto corrente di corri-spondenza e segnatamente dell’articolo 1854 Codice ci-vile, senza che rilevi la genesi o la causale dell’apertura dicredito.Nei rapporti interni, ovviamente, l’obbligazione in soli-do si divide fra i diversi debitori (articolo 1298 Codicecivile) cosicché quella derivante dalla contestazione delconto corrente si divide fra i diversi cointestatari e quel-lo chiamato a rispondere dell’intero in virtù della re-sponsabilità solidale ex articolo 1854 Codice civile potràrivalersi pro quota nei confronti degli altri cointestatari.Sarà ancora nell’ambito dei rapporti interni fra cointe-statari del conto corrente che potranno, semmai, esserefatte valere le ragioni di quello fra essi che pur non aven-do richiesto né utilizzato l’apertura di credito, abbia pa-gato l’intero, nel senso che egli potrà rivalersi non solopro quota per la parte di competenza del condebitore,ma, eventualmente anche della propria quota di debitoove dimostri che l’obbligazione solidale era stata con-tratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi (articolo1298 Codice civile)».

I precedentiLa decisione si uniforma alla tradizionale interpretazioneche la giurisprudenza dà dell’articolo 1854 Codice civile.Secondo questo consolidato orientamento, il principiodi cui alla norma appena ricordata comporta che, nel ca-so di conto corrente intestato a più persone, gli intesta-tari sono considerati creditori o debitori in solido dei sal-di del conto anche nell’ipotesi in cui, alle persone allequali il conto è intestato, sia riconosciuta la facoltà dicompiere operazioni separatamente (Cass., sez. I, 22 lu-glio 2004, n. 13663, in Rep. Foro it., 2004, voce Contrat-ti bancari, 1720, 41). Pertanto in questi casi non rilevachi dei titolari abbia beneficiato dell’accredito o chi ab-bia utilizzato la somma accreditata perché, una volta chela relativa somma sia affluita nel conto, essa rientra nel-le disponibilità di tutti i correntisti, i quali divengonocondebitori della somma stessa quando venga a risultarela erroneità del suo accredito (Cass. 24 maggio 1991, n.5876, in Giust. civ., 1991, I, 2970). Da ciò si trae la conseguenza che il saldo di conto cor-rente bancario cointestato, con facoltà di disposizionedisgiunta di ciascuno dei contitolari, non costituisce maicredito «contratto nell’interesse esclusivo» di alcuno deicontitolari del credito stesso, ai sensi del primo commadell’art. 1298 Codice civile, perché ciò contrasterebbecon la funzione del contratto di conto corrente bancario,il quale è finalizzato all’espletamento del servizio di cassain favore - dunque nell’interesse - di tutti i contitolari, iquali, infatti, possono liberamente disporre del saldo at-tivo (così Cass., sez. I, 21 gennaio 2004, n. 886, in Rep.

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GIURISPRUDENZA•SINTESI

Foro it., 2004, voce Contratti bancari, n. 42; nell’afferma-re quest’ultimo principio, la suprema corte ha conse-guentemente negato la rilevanza in giudizio della dedot-ta prova della causale del versamento alla base del saldoattivo del conto - causale ritenuta dal ricorrente tale dadimostrare la esclusiva spettanza a lui del versamentostesso - perché la censura proposta con il ricorso consi-steva nella violazione del primo comma dell’art. 1298Codice civile, agli effetti del quale rilevava il credito delsaldo - costituente il credito solidale in discussione - enon il diverso credito, verso terzi, la cui avvenuta riscos-sione aveva dato luogo alla provvista).Il principio in esame è stato poi ritenuto applicabile an-che al c.d. conto provvisorio, caratterizzato dalla immis-sione nello stesso di danaro cui viene conferita la specifi-ca destinazione dell’acquisto di titoli, ancorché il danarosia stato versato da uno solo dei contestatari o da un ter-zo a favore di uno solo di essi, salvo che si dimostri che iltitolo di acquisizione di quel denaro rendeva destinatariodello stesso in via esclusiva il solo cointestatario che poilo ha versato sul conto (Cass., sez. I, 22 ottobre 1994, n.8718, in Giust. civ., 1995, I, 972, nonché in Giur. it.,1995, I, 1, 1522, ed in Banca borsa tit. cred., 1995, II, 554).

CONTRATTI DI UTENZA TELEFONICA

Giudice di pace di Torre Annunziata - Sentenza 14 no-vembre 2005 - Est. D’Angelo - XXX c. Telecom S.p.a.

Utenza telefonica - Tentativo di conciliazione - Obbli-gatorietà - Procedimento dinanzi Autorità Garante del-le Comunicazioni

Utenza telefonica - Contratto di adesione - Clausola re-lativa al pagamento del canone - Natura vessatoria -Sussistenza

I.In tema di contratto di utenza telefonica, il tentativoobbligatorio di conciliazione è condizione di procedibi-lità della domanda proposta dinanzi l’Autorità Garantedelle Comunicazioni, ma non condiziona l’azione di-nanzi l’Autorità Giudiziaria Ordinaria nei confrontidell’ente gestore.

II.Nel contratto di utenza telefonica è vessatoria la clau-sola che prevede il pagamento del canone, poiché pro-duce uno squilibrio degli obblighi derivanti dal con-tratto ed in quanto tale inefficace.

Il fattoUn abbonato conveniva in giudizio la Telecom S.p.a.chiedendo la restituzione dei canoni di abbonamento alservizio di telefonia versati dal momento della stipula delcontratto alla domanda.La Telecom S.p.a. si costituiva eccependo: a) in via pre-

liminare l’improponibilità della domanda per omessotentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi agli orga-ni preposti; b) nel merito il rigetto della domanda. Il Giudice di pace ha accolto la domanda.

Le ragioni della decisioneIl Giudice di pace ha preliminarmente esaminato l’ecce-zione di improcedibilità della domanda proposta dal ge-store telefonico, rigettandola. Al riguardo si osserva sen-tenza che il tentativo di conciliazione è obbligatorio sol-tanto rispetto al procedimento promosso dinanzi l’Auto-rità Garante delle Comunicazioni, ma non condizional’eventuale azione giudiziaria che il privato intenda pro-muovere avanti l’Autorità Giudiziaria ordinaria nei con-fronti del gestore di telefonia. Solo se il privato abbia pri-ma tentato la conciliazione avanti il Garante, non potràadire il giudice ordinario sino a che non sia concluso iltentativo di conciliazione precedentemente promosso.Nel merito, la sentenza così motiva: «la convenuta Tele-com, per giustificare la pretesa del canone di abbona-mento si riporta al disposto dell’art. 3 D.P.R. n. 318/1997che impone a detta società l’incarico di fornire il serviziouniversale su tutto il territorio nazionale. Da un attentoesame della suindicata norma, primo comma, si evinceche il servizio universale consiste nella fornitura di alcu-ni servizi, ma in essa norma non viene nominato il ca-none di abbonamento. Il quarto comma della suddettanorma attribuisce il servizio alla società Telecom S.p.a.ed aggiunge: «A partire dal 1 gennaio 1998, possono es-sere incaricati della fornitura del servizio universale an-che altri organismi di telecomunicazioni che, nel rispet-to delle condizioni previste dal presente regolamento edin particolare dall’art. 6, settimo comma, sono in gradodi garantire la fornitura dei servizi di cui al primo commasu tutto il territorio nazionale o su parte di esso a condi-zioni economiche accessibili a tutti e non discriminato-rie rispetto alla localizzazione geografica dell’utente».Dette norme precisano che cosa si intende per serviziouniversale e che detto servizio viene effettuato dalla Te-lecom, ma dal 1 gennaio 1998, potrebbe essere espletatoanche da altre società di telecomunicazioni. È pur veroche il servizio universale dà origine a dei costi che ven-gono sopportati dalla società Telecom ma proprio perquesto motivo il legislatore ha stabilito un meccanismodi aggiustamento che non deve essere però sopportatodall’utente. Il legislatore ha affermato che qualora, in ba-se alle disposizioni del presente articolo, gli obblighi difornitura del servizio universale rappresentino un onereiniquo per l’organismo o gli organismi incaricati di forni-re il servizio universale, è previsto un meccanismo atto aripartire il costo dei suddetti obblighi con altri organismiche gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni, confornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pub-blico e con organismi che prestano servizi di comunica-zione mobili e personali (sesto comma). Quindi l’oneredel servizio universale per quanto sopra, deve essere sop-portato solo ed esclusivamente, così come dice il legisla-

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GIURISPRUDENZA•SINTESI

tore: a) dagli operatori che gestiscono reti pubbliche ditelecomunicazioni; b) dai fornitori di servizi di telefoniavocale accessibili al pubblico; c) dagli organismi che pre-stano servizi di comunicazione mobili e personali. Da ciòsi evince che gli utenti finali sono esclusi dall’onere dicosti aggiuntivi, compreso il pagamento del canone diabbonamento richiesto dalla Telecom». Escluso dunque l’obbligo di pagamento del canone pos-sa derivare dalla legge, il giudicante è passato ad esami-nare se tale obbligo possa legittimamente derivare dalcontratto di utenza telefonica. Sul punto la sentenza così motiva: «il contratto di uten-za telefonica (...) è un contratto di adesione, e ciò signi-fica che nessuna clausola contrattuale è stata oggetto dicontrattazione delle parti che lo hanno stipulato. Attesoche il contratto di abbonamento telefonico è un con-tratto di adesione, necessita verificare la eventuale ves-satorietà della clausola che prevede il pagamento del ca-none di abbonamento, facendo riferimento all’art. 1469bis Codice civile. Di certo la clausola predisposta solodalla Telecom produce uno squilibro dei diritti e degliobblighi derivanti dal contratto. Al pagamento del ca-none non corrisponde nessun servizio erogato dalla con-venuta, producendo uno squilibrio degli obblighi chederivano dal contratto, giungendo all’assurdo pagamen-to del canone anche in un bimestre nel quale non vi siastato alcun traffico telefonico (...). La clausola contrat-tuale che prevede il pagamento di un canone fisso, pre-scindendo dalla tariffa per il servizio richiesto e dal traf-fico effettivamente erogato è da considerarsi ingiusta e dinatura vessatoria (art. 1469 bis Codice civile) e se ne di-chiara l’inefficacia; di conseguenza la richiesta di paga-mento del canone di abbonamento che prescinde da uneffettivo servizio erogato dalla convenuta è inammissibi-le, per cui la Telecom è tenuta a restituire all’utentequanto percepito a tale titolo.

I precedentiLa prima delle massime in epigrafe non è del tutto nuo-va, ma in precedenza aveva dato luogo a decisioni di-scordanti. Secondo un primo orientamento, cui aderiscela sentenza qui in rassegna, nei «rapporti tra gestori te-lefonici ed utenti, l’omesso esperimento del tentativo diconciliazione previsto dall’art. 1, comma 11, Legge 31luglio 1997, n. 249 non è ostativo al promovimento di-retto dell’azione giudiziaria, sia quando l’utente lamentil’addebito di costi non dovuti, sia quando le commissio-ni di conciliazione al momento dell’introduzione delgiudizio non siano state ancora costituite» (Giud. di pa-ce Catania 31 dicembre 2004, in questa Rivista, 2/2005;in tal senso si è pronunciato anche Trib. Siracusa, ord., 9giugno 2005, in questa Rivista, 5/2005, ma in quel caso ladecisione aveva ad oggetto un ricorso cautelare, rispettoal quale è ontologicamente incompatibile un tentativoobbligatorio di conciliazione). Per un diverso orientamento, invece, l’azione propostain sede giurisdizionale dal soggetto che lamenti un ina-

dempimento dell’azienda fornitrice il servizio telefonicoviola il combinato disposto dell’art. 3 della Delibera au-torità garante comunicazioni n. 182/02/Cons, e dell’art.1, undicesimo comma, Legge n. 249/1997, i quali preve-dono un preventivo tentativo di conciliazione dinanzi alCorecom (comitato regionale per le comunicazioni),rendendo quindi improponibile la relativa domanda(Giudi. di pace Bologna 29 aprile 2004, in Arch. civ.,2004, 1063). Si ricordi che l’art. 1, undicesimo comma, Legge n.249/1997 (recante «Istituzione dell’Autorità per le garanzienelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazio-ni e radiotelevisivo») dispone: «l’Autorità disciplina conpropri provvedimenti le modalità per la soluzione nongiurisdizionale delle controversie che possono insorgerefra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzatoo destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati odestinatari di licenze tra loro. Per le predette controver-sie, individuate con provvedimenti dell’Autorità, nonpuò proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che nonsia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazio-ne da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione del-l’istanza all’Autorità. A tal fine, i termini per agire in se-de giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del ter-mine per la conclusione del procedimento di conciliazio-ne». A tale disposizione l’Autorità garante ha dato attua-zione con la Deliberazione 28 marzo 2001, n. 148, adot-tando il regolamento per la risoluzione delle controversietra organismi di telecomunicazioni, mentre con la suc-cessiva Deliberazione 19 giugno 2002, n. 182 ha adottatoil regolamento per la risoluzione delle controversie tra or-ganismi di telecomunicazioni ed utenti. L’art. 3, primocomma, di quest’ultimo regolamento dispone che «gliutenti (...) che lamentino la violazione di un proprio di-ritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato odalle norme in materia di telecomunicazioni attribuite al-la competenza dell’Autorità e che intendano agire in giu-dizio, sono tenuti a promuovere preventivamente untentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competen-te per territorio» (il Corecom è il comitato regionale perle comunicazioni, previsto dal medesimo regolamento; ilCorecom è un organo dell’Autorità per le garanzie nellecomunicazioni, nonché organo di consulenza e di gestio-ne della regione in materia di sistemi convenzionali oinformatici delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Ilcorecom è composto da un Presidente nominato dal Pre-sidente della Giunta Regionale, sentita la competentecommissione consiliare permanente, e da sei componen-ti designati dal Consiglio Regionale). Di fronte alla limpidezza del dettato normativo e di quel-lo regolamentare, appare quindi di difficile condivisibi-lità la soluzione adottata dal giudice campano con lasentenza qui in rassegna. Anche la seconda delle massime di cui in epigrafe noncostituisce una novità assoluta: già in precedenza, infat-ti, un altro Giudice di pace, anch’esso campano (evi-dentemente in quella regione deve essere avvertito con

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GIURISPRUDENZA•SINTESI

particolare sensibilità il problema del pagamento del ca-none telefonico) aveva affermato, in modo anche sin-tatticamente identico rispetto alla sentenza qui in rasse-gna, che «la clausola contrattuale che prevede il paga-mento di un canone fisso, prescindendo dalla tariffa peril servizio richiesto è da considerarsi di natura vessatoria(art. 1469 bis Codice civile) e va dichiarata inefficace; diconseguenza la richiesta di pagamento del canone di ab-bonamento che prescinde da un effettivo servizio eroga-to dalla Telecom è inammissibile, per cui la Telecom ètenuta a restituire all’utente quanto percepito a tale tito-lo» (Giud. di pace Agropoli 14 aprile 2004, in Giudice dipace, 2004, 207, con nota di Di Nardo). Non aveva, in-vece, ravvisato vessatoria tale lacuna nella clausola cheprevede l’obbligo di pagamento del canone Giud. di pa-ce Reggio Calabria 16 ottobre 1998, in Giudice di pace,2001, 124. È opportuno altresì ricordare, per l’intelligenza del caso,che la norma posta dal Giudice di pace a fondamentodella propria decisione (art. 3 D.P.R. 19 settembre 1997n. 318, disciplinante il pagamento del canone) è stataabrogata dall’art. 218, terzo comma, lettera (u), D.Lgs.1° agosto 2003, n. 259 («Codice delle comunicazionielettroniche»), che ha abrogato l’intero provvedimentoa decorrere dal 16 settembre 2003. Tale provvedimentodisciplina i criteri di riparto dei costi del «servizio uni-versale» nell’Allegato 11, il cui art. 2, quinto comma,espressamente prevede che «il recupero o il finanzia-mento del costo netto degli obblighi di servizio univer-sale implica che le imprese designate soggette a tali ob-blighi siano indennizzate per i servizi che forniscono acondizioni non commerciali». Appare, pertanto, al-quanto problematica l’affermazione contenuta nellasentenza qui in rassegna, secondo cui «al pagamento delcanone non corrisponde nessun servizio erogato» dal ge-store telefonico.

CONTRATTO D’OPERA PROFESSIONALE

Tribunale di Roma - sez. XIII - Sentenza 23 febbraio2006 - Est. Rossetti - Fiocco (Avv. Violi) c. Saliola(Avv. Esposito)

Contratto d’opera - Accettazione dell’incarico da partedel prestatore - Responsabilità per inadempimento -Sussistenza - Opera non rientrante tra quelle di compe-tenza del prestatore - Rilevanza-esclusione

Il prestatore d’opera il quale consenta di eseguire unaprestazione la quale non rientri tra le attività da luinormalmente esercitate, risponde dei danni derivatidall’imperfetta esecuzione di essa, anche se abbia pre-ventivamente avvertito il cliente della propria incom-petenza; in questo caso, però, la sua responsabilità de-ve essere ridotta in applicazione dell’articolo 1227, pri-mo comma, Codice civile (nella specie, il titolare di unaauto carrozzeria aveva consentito a riparare il motore di

una vettura di pregio, eseguendo però l’intervento inmodo malaccorto. Il tribunale, in applicazione del prin-cipio che precede, ha ritenuto che l’accettazione del-l’incarico da parte del prestatore d’opera comportassel’accettazione della relativa responsabilità, ma che allaproduzione dell’evento avesse concorso altresì la sceltadel committente di affidare una delicata riparazione asoggetto non qualificato).

Il fattoIl proprietario di una vettura di pregio la affidava ad unaautocarrozzeria per alcune riparazioni alle parti metalli-che. Poiché la vettura presentava anche un difetto al mo-tore, il proprietario chiese, ed il carrozziere accettò, di ri-parare alla meglio tale guasto. Poiché tuttavia la riparazio-ne venne eseguita in modo malaccorto, il committenteconvenne in giudizio il prestatore d’opera, chiedendone lacondanna al risarcimento del danno. Il convenuto, costi-tuendosi, eccepiva di essere un carrozziere, non un mecca-nico, che di tale circostanza aveva informato il commit-tente, e che la riparazione era stata eseguita perciò in mo-do superficiale. Il Tribunale ha accolto la domanda.

Le ragioni della decisioneIn fatto, il Tribunale ha accertato che «poiché il clientenon voleva spendere», il carrozziere eseguì una riparazio-ne approssimativa sul motore dell’autovettura, rendendoedotto di tutto ciò il cliente. Ciò posto in fatto, la sentenza così motiva in diritto: «daifatti come sopra ricostruiti discende la responsabilitàdella convenuta per inadempimento, ex art. 1218 Codi-ce civile, nella specie consistito nella violazione dell’ob-bligo di correttezza di cui all’art. 1175 Codice civile. Ilprincipio di correttezza, secondo la Relazione al CodiceCivile, «richiama nella sfera del creditore la considera-zione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitoreil giusto riguardo all’interesse del creditore». Tale criteriodi reciprocità, secondo la S.C., va collocato nel quadrodi valori introdotto dalla Carta costituzionale, e deve es-sere inteso come una specificazione degli inderogabilidoveri di solidarietà sociale imposti dall’art. 2 Cost. Lasua rilevanza si esplica pertanto nell’imporre, a ciascunadelle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire inmodo da preservare gli interessi dell’altra, a prescinderedall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quan-to espressamente stabilito da singole norme di legge (perl’affermazione del principio in questi termini, sia purecon riferimento a diversa fattispecie, si veda Cass. civ.,sez. I, 5 novembre 1999, n. 12310, in Società, 2000, 303).Ciò vuol dire che il debitore non può e non deve unaprestazione purchessia, ma una prestazione utile per lacontroparte. Dal coordinamento di questo principio conquello della libertà negoziale (art. 1321 Codice civile)discende che il prestatore d’opera è sempre libero di sce-gliere se accettare o meno l’incarico propostogli dalcommittente; ma se accetta di eseguire la prestazione è

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GIURISPRUDENZA•SINTESI

tenuto ad eseguirla con la speciale diligenza di cui all’art.1176, secondo comma 2, Codice civile. Né rileva cheegli non abbia le competenze per eseguire a regola d’arteil lavoro commissionatogli dal cliente, giacché anche inquest’ultimo caso l’alternativa consentita al prestatored’opera è scegliere tra accettare o rifiutare, e non già trarifiutare od eseguire una prestazione imperita. Nel caso di specie, pertanto, la società convenuta benavrebbe potuto (e dovuto) astenersi dall’intervenire sulradiatore dell’olio, non avendo - per sua stessa ammissio-ne - le necessarie competenze. Avendo invece accettatol’incarico, essa era tenuta ad una prestazione esatta e di-ligente: esattezza e diligenza la cui mancanza è dimostra-ta ex se dal fatto stesso che le perdite d’olio non furono ri-mosse, e che il veicolo dell’attore subì un guasto mecca-nico che ne comportò il blocco. Né rileva la circostanza (...) che il rappresentante dellasocietà convenuta invitò l’attore a recarsi presso una of-ficina autorizzata (...). Infatti l’accettazione del veicolo(...)ha costituito per facta concludentia manifestazionedella volontà di eseguire la prestazione, con conseguen-te assunzione dell’obbligo di eseguirla in modo diligente.Sicché, in virtù del principio protestatio contra factumproprium non valet, l’eventuale informazione data alcliente circa la necessità di recarsi presso un centro spe-cializzato non elìde la responsabilità della convenuta,non potendo il debitore - «per la contraddizion che nol con-sente» - da un lato accettare di eseguire l’opera, e dall’al-tro contemporaneamente proclamare la propria imperi-zia od inadeguatezza. Tuttavia la circostanza che il cliente fosse stato avvertitodalla necessità di recarsi presso un centro specializzato, senon vale ad escludere la responsabilità della convenuta,nondimeno l’attenua ai sensi dell’art. 1227, primo com-ma, Codice civile. Ed infatti il committente, reso adottodella approssimazione delle riparazioni eseguite, avrebbedovuto - alla stregua del canone della ordinaria diligenza- accogliere l’invito a rivolgersi presso un centro specializ-zato. Tale contributo causale alla produzione dell’eventodannoso può equitativamente stimarsi nella misura del40%. Nella medesima percentuale andrà pertanto ridot-to il risarcimento dovuto dalla società convenuta (...)».

I precedentiNon constano precedenti editi su fattispecie analoga, mala ratio decidendi della sentenza qui in rassegna è tutta in-centrata su princìpi ormai saldamente radicati nel dirittovivente: in particolare, l’affermazione secondo cui il dove-re di correttezza è cardine centrale di tutta la materia del-le obbligazioni, e l’altra secondo cui il dovere di buona fe-de impone di fornire alla controparte contrattuale unaprestazione utile (Cass., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2855,in Rep. Foro it., 2005, voce Contratto in genere, n. 25; Cass.,sez. III, 30 luglio 2004, n. 14605, in Rep. Foro it., 2004, vo-ce Contratto in genere, n. 302; Cass., sez. II, 18 ottobre2004, n. 20399, in Guida dir., 2004, 44, 30). In dottrina, sul tema della correttezza e della buona fede

la produzione è copiosissima. Oltre la classica e fortuna-ta opera di Bianca, Il contratto, Milano, 1987, si vedanotra i contributi più recenti D’Angelo, Il contratto in gene-rale - La buona fede, in Trattato di diritto privato, diretto daBessone, XIII, IV, Torino, 2004; Grondona, Solidarietà econtratto: una lettura costituzionale della clausola generale dibuona fede, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 727; Alpa, Lacompletezza del contratto: il ruolo della buona fede e dell’e-quità, in Vita not., 2002, 611; Russo, Jean Domat, la buo-na fede e l’integrazione del contratto, in Vita not., 2002,1247; Vettori, Buona fede e diritto europeo dei contratti, inEuropa e dir. priv., 2002, 915; Garofalo (a cura di), Il ruo-lo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica econtemporanea (Atti del convegno internazionale di studi inonore di Alberto Burdese, Padova-Venezia-Treviso, 14-15-16 giugno 2001), I-IV, Padova, 2003.

Tribunale di Marsala - sez. civ. - Sentenza 25 giugno2005 - Est. Goggi - M.P c. L.I.

Prestazione d’opera professionale - Contratto di cura -Natura personale della prestazione - Conseguente -Cooperazione di più professionisti - Responsabilità soli-dale - Esclusione - Fattispecie

La prestazione del medico, come quella di qualsiasi li-bero professionista, ha carattere strettamente persona-le. Pertanto ove al conseguimento del risultato finalecooperino più professionisti, deve ritenersi - in man-canza di prova contraria, che è onere del paziente forni-re - che ciascuno di essi abbia stipulato un contratto di-stinto ed autonomo col paziente (in applicazione di ta-le principio, il tribunale in un caso in cui due dentistiavevano assistito la medesima paziente, ha escluso cheil medico chiamato ad eseguire due estrazioni potesserispondere dei danni causati dalla imperizia dell’altro,chiamato ad applicare un apparecchio ortodontico).

Il fattoI genitori di una minore convenivano in giudizio il me-dico dentista che aveva estratto alla minore i denti dalatte, imputandogli l’irregolare allocazione dei denti de-finitivi, con conseguente collocazione di correttori chenon avevano risolto il problema. Il medico si costituiva eccependo che nessuna responsa-bilità poteva essergli addebitata, in quanto si era limita-to ad estrarre i suddetti denti da latte (che dovevano es-sere necessariamente tolti) ed a prescrivere, successiva-mente alla crescita irregolare dei denti definitivi, che eraavvenuta del tutto spontaneamente, appropriati corret-tori che erano stati applicati da altro professionista. Il Tribunale ha rigettato la domanda.

Le ragioni della decisioneLa sentenza così motiva: «la prestazione medico-odon-toiatrica rientra tra le cosiddette prestazioni di opera in-

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tellettuale connotate ai sensi dell’art. 2232 Codice civi-le dal carattere della personalità, per cui il professionistasi impegna ad eseguire personalmente l’attività oggettodel contratto, potendosi valere sotto la propria direzionee responsabilità di sostituti ed ausiliari solo se la collabo-razione di altri è consentita dal contratto o dagli usi enon è incompatibile con l’oggetto della prestazione.Ora, a fronte di tale carattere strettamente personalisti-co, la prova di un rapporto di collaborazione con terziprofessionisti nell’espletamento dell’incarico ricevutodeve essere fornita da chi agisce in giudizio in maniera ri-gorosa, dovendo altrimenti presumersi che il rapportointercorso sia stato concluso in via autonoma con cia-scuno dei professionisti che ha partecipato ad una fasedell’intervento medico-ortodontico, a fronte della spe-cializzazione delle professioni e del principio dell’affida-mento, per cui ciascuno risponde per la prestazione pro-fessionale specificatamente effettuata. Dagli accertamenti compiuti dal CTU emerge, nellaspecie, che ciascuno dei due professionisti sia intervenu-to autonomamente per l’opera di sua stretta competen-za, essendosi il convenuto limitato ad effettuare l’estra-zione dei denti decidui affetti da carie e la presa delle im-pronte per la costruzione degli apparecchi correttoriscelti ed applicati direttamente dal dott. R., il quale si èinvece occupato dell’impianto di tali apparecchi, dell’in-tervento chirurgico «per esporre il canino superiore di si-nistra» e delle altre terapie dentistiche relative agli anni1997-1998. Non può pertanto ravvisarsi, in assenza del-la prova di un rapporto di dipendenza, di sostituzione odi ausiliarietà tra i due professionisti (...) alcuna ipotesi diresponsabilità del convenuto per le prestazioni ortodon-tiche fornite dal R., pur essendo l’attività professionalesvolta dal primo proseguita durante l’affidamento dellaminore alle cure del secondo. Ora, dall’accertamento compiuto dal CTU, le cui consi-derazioni questo giudice condivide, essendo corrette infatto ed avendo fatto uso di corrette nozioni di medicina,è emerso che i disturbi riscontrati al momento della pe-rizia sulla minore (malocclusione, palato fortemente ogi-vale, deglutizione atipica, respirazione orale, sorriso gen-givale) sono riconducibili ad un insieme di fattori causa-li tra i quali il contributo preminente è individuato nel-la predisposizione genetico-costituzionale della paziente(...) mentre, in misura minore, hanno inciso sull’attualestato della minore anche i risultati insoddisfacenti di en-trambe le prestazioni medico-professionali fornite (...). Dalle valutazioni effettuate dall’ausiliario emerge pertantosoltanto una parziale riconducibilità eziologica delle di-sfunzioni riscontrate sulla periziata all’intervento ortodon-tico operato dal convenuto. Tenuto conto della naturadelle regole di diligenza e perizia da ciascuno dei due pro-fessionisti violate, del rispettivo grado della colpa, dellautilità della rispettiva condotta alternativa corretta, del-l’autonomia di ciascuna prestazione professionale effettua-ta e dell’incidenza della spontanea evoluzione della inizia-le malocclusione genetica riscontrata sulla paziente - non

idonea quest’ultima, in ogni caso, ad interrompere il nes-so causale tra le prime due cause e l’evento lesioni tempo-ranee - la responsabilità nella causazione del sinistro vaascritta dunque al [convenuto] nella misura del 30%».

I precedentiLa decisione qui in rassegna, la quale non fa registrareprecedenti editi su fattispecie analoga, può destare forsepiù d’una perplessità. In primo luogo, infatti, se è pur ve-ro che ogni prestazione d’opera professionale ha caratte-re strettamente personale, è altresì vero che proprio nelsettore della responsabilità medica la giurisprudenza hada tempo slargato l’ambito di tale regole, attraverso duestrumenti: da un lato, introducendo la c.d. «prestazionedi garanzia» nell’ambito della responsabilità dell’èquipe;dall’altro, adottando la nozione di obbligazione soggetti-vamente complessa ad attuazione congiunta, nella qualele diverse prestazioni, pur formalmente autonome, sifondono in un risultato unico. In ordine al primo punto (responsabilità dell’èquipe), l’o-rientamento che negli ultimi anni è emerso ed è divenu-to prevalente in giurisprudenza è quello che si fonda sul-la cosiddetta «teoria dell’affidamento». Secondo questo orientamento, ciascun partecipe rispon-de solo del corretto adempimento dei doveri di diligenzae di perizia inerenti ai compiti che gli sono affidati, sen-za essere gravato per principio dal defatigante obbligo disorvegliare il comportamento altrui. Tale regola è peròtemperata dal concorrente principio secondo cui ilmembro dell’èquipe non è comunque esonerato da qual-siasi obbligo di controllo e di vigilanza: tale obbligo, perl’esattezza, può insorgere allorché:(a) si verifichino circostanze concrete che lascino teme-re contegni altrui non conformi a perizia e diligenza, lequali annullino l’aspettativa di un comportamento cor-retto; (b) ovvero allorché, tra i compiti specifici spettanti adalcuno tra i membri del gruppo, rientri proprio quello disorveglianza e di controllo dell’operato altrui (cfr., per ta-li princìpi, Riv. it. medicina legale, 2000, 875; Pret. Verba-nia 11 marzo 1998, in Indice pen., 1999, 1187; Pret. Bo-logna-Imola 16 dicembre 1997, in Riv. trim. dir. pen. eco-nomia, 1999, 153).In applicazione di tali princìpi, si è ritenuto che l’aiuto ri-sponda del danno causato dal primario, in tutti i casi incui abbia la possibilità di controllare l’operato del prima-rio di esprimere il proprio dissenso, sicché se non inter-viene per controllare od impedire una scelta terapeuticaoggettivamente sbagliata, è ravvisabile in capo a lui unacolpa omissiva (Cass. pen., sez. IV, 5 ottobre 2000, in Riv.pen., 2001, 452; Cass. pen., sez. IV, 18 gennaio 2000, inResp. civ., 2000, 616; Cass. pen., sez. IV, 17 novembre1999, in Nuovo dir., 2000, 159; Cass. pen., sez. IV, 28 giu-gno 1996, in Ced Cass., rv. 205829; Cass., sez. II, 25 ago-sto 1994, in Mass. Cass. pen., 1995, 2, 119; Pret. Croto-ne 26 giugno 1993, in Foro it., 1993, II, 721). In ordine al secondo punto (obbligazioni ad attuazione

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congiunta), si è ritenuto che il ricovero finalizzato all’e-secuzione di un intervento chirurgico costituisce oggettodi una obbligazione unitaria a carico di una pluralità dipartì (medico e casa di cura) che, nella esecuzione dellaprestazione, si articola in una serie di attività distinte matemporalmente indivisibili. Ne consegue che, in caso diinsuccesso dell’intervento, medico e casa di cura sonotenuti in solido al risarcimento dei danni (Trib. Roma 28gennaio 2002, in questa Rivista, 2002; Trib. Roma 1 giu-gno 2001, in questa Rivista, 2002, 85, alla cui ampia no-ta di ulteriori riferimenti dottrinari e giurisprudenziali,per brevità, si rinvia).Non minori perplessità desta, nella sentenza qui in rasse-gna, la decisione di scindere anche sul piano causale la re-sponsabilità dei due medico che avevano avuto in cura lapaziente.Infatti, posto che per ammissione dello stessotribunale il risultato nefasto finale aveva avuto varie con-cause, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio dicui all’art. 2055 Codice civile, in virtù del quale chiun-que abbia fornito un contributo eziologico alla produzio-ne del danno ne risponde in solido con gli altri coautori.Detto altrimenti, il Tribunale siciliano parrebbe avereinammissibilmente sovrapposto due piani diversi: quellodella natura personale della prestazione dovuta dal medi-co al paziente, e quello della sempre possibile concorren-za causale di condotte indipendenti alla produzione del-l’evento di danno. Il fatto che la prestazione rimasta ina-dempiuta debba esser eseguita personalmente dal debito-re non esclude affatto che l’inadempimento di questi pos-sa concorrere con l’altrui inadempimento.

CONTRATTI FINANZIARI

Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto - Sentenza 17novembre 2005 - Pres. Lanza Volpe - Est. Salvo -XXX c. Intesa Trade S.I.M. S.p.a.

Intermediazione finanziaria - Acquisto di strumenti fi-nanziari allo scoperto (c.d. short selling) - Clausola com-promissoria di arbitrato - Vessatorietà - Sussistenza

Intermediazione finanziaria - Controversie - Competen-za territoriale - Individuazione - Luogo di residenza delrisparmiatore - Necessità

Contratti finanziari - Vendita allo scoperto (short selling)- Trattamento dei dividendi - Obbligo di informazione acarico dell’intermediario - Sussistenza

Contratti finanziari - Obblighi degli intermediari - Do-vere di informazione - Consumatore esperto in materiafinanziaria - Attenuazione del dovere di informazione -Esclusione

Contratti finanziari - Obblighi degli intermediari - Do-vere di informazione - Violazione - Conseguenze - Nul-lità del contratto - Esclusione

I.Nei contratti stipulati col consumatore è nulla, ex art.1469 bis, n. 18, Codice civile, sia la clausola che preve-da un arbitrato rituale, sia quella che preveda un arbi-trato libero.

II.In materia di contratti di intermediazione finanziaria,foro esclusivamente competente è quello di residenzadel consumatore, e non quello ove la SIM ha sede ovve-ro dove è sorta o va eseguita l’obbligazione.

III.L’intermediario finanziario è tenuto a risarcire il dannopatito dal risparmiatore che, avendo effettuato unaoperazione di short selling (o vendita allo scoperto,consistente nel vendere titoli che non si possiedono,allo scopo di riacquistarli ad un prezzo inferiore al rica-vato della vendita), non sia stato informato del fattoche il controvalore dei dividendi viene addebitato al ri-sparmiatore stesso.

IV.La circostanza che il consumatore sia esperto in mate-ria finanziaria non esime l’intermediario dal dovere diinformazione previsto dall’articolo 21 D.Lgs. n.58/1998.

V.La violazione del dovere di informazione posta a caricodell’intermediario finanziario non comporta la nullitàdel contratto stipulato, ma costituisce una ipotesi diinadempimento, dalla quale discende l’obbligo a caricodella parte inadempiente di risarcimento del danno.

Il fattoUn risparmiatore effettuava tramite internet, con la me-diazione di una SIM, una operazione di c.d. short selling(o «vendita allo scoperto»): e cioè vendeva sul mercatotitoli che non possedeva, per poi riacquistarli dopo bre-vissimo lasso di tempo, al fine di lucrare la differenza trail ricavato della vendita e l’importo, sperabilmente mi-nore, speso per riacquistarli. Accadeva tuttavia che i titoli oggetto della suddettaoperazione erano costituiti da azioni di una società che,al momento della vendita da parte del risparmiatore, an-cora non aveva pagato i dividendi, pagamento che sa-rebbe avvenuto immediatamente dopo. Poiché il paga-mento dei dividendi aveva fatto ovviamente diminuireil valore dei titoli, la SIM provvedeva ad addebitare alcliente il controvalore dei dividendi pagati dalla societàsui titoli (ri)acquistati dal cliente (e dunque, per intelli-genza del lettore, il risparmiatore aveva venduto a 10 ericomprato a 5, guadagnando 5; tale lucro era stato peròsuccessivamente ridotto dall’ulteriore addebito del con-trovalore dei dividendi per 5).

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A questo punto il risparmiatore conveniva in giudizio laSim, chiedendone la condanna al risarcimento del dan-no per violazione del dovere di informazione, dannoquantificato in misura pari al controvalore dei dividendiaddebitatogli dalla SIM. Quest’ultima, costituendosi, eccepiva in primo luogol’improcedibilità della domanda, a causa della previsionecontrattuale d’un arbitrato libero. Nel merito, la societàfinanziaria sollevava essenzialmente due eccezioni: in-nanzitutto, che il risparmiatore non poteva dolersi dinon essere stato informato, in quanto trattavasi di perso-na esperta nelle operazioni finanziarie; in secondo luogo,eccepiva che nelle operazioni di short selling il pagamen-to dei dividendi deve ricevere una disciplina particolare,dal momento che il prezzo di mercato dei titolo incorpo-ra anche il valore della cedola di prossimo distacco, perpoi diminuire di una somma più o meno pari a quellaversata ai soci.Questa sicura diminuzione del titolo comporterebbe unindebito vantaggio del cliente che incamererebbe il divi-dendo senza alcun corrispondente sacrificio economico,e che potrebbe utilizzare il meccanismo della vendita alloscoperto in modo distorto, per speculare sulla fisiologicadiminuzione del prezzo che segue allo stacco della cedola.Pertanto, per far sì che il pagamento dei dividendo rap-presenti, per le parti contraenti, un fatto neutro, è neces-sario che vi sia un meccanismo correttivo per cui il valo-re del dividendo incorporato nel titolo è addebitato aicliente sotto forma di importo sostitutivo del dividendo.Il tribunale ha accolto la domanda.

Le ragioni della decisioneIl Tribunale ha, in primo luogo, esaminato e rigettatol’eccezione preliminare di improcedibilità, a causa dellaprevisione contrattuale di un arbitrato libero. Tale deci-sione è stata fondata sul rilievo che nei contratti stipula-ti col consumatore anche le clausole che prevedono ar-bitrati liberi (e non solo quelle che prevedono arbitratirituali) debbono ritenersi nulle, ai sensi dell’articolo1469 bis, numero 18, Codice civile. Il tribunale è quindi passato ad esaminare il merito delladomanda, motivando come segue: «il contratto di shortselling è una operazione finanziaria con la quale il clienteordina alla intermediaria la vendita, al prezzo di borsa delmomento, del titolo di cui non dispone. La SIM corri-sponde così il controvalore del titolo, mentre una som-ma di uguale importo è trasferita dal conto del cliente aduno specifico conto di garanzia. Di lì a novanta giorni ilcliente può ordinare alla intermediaria il riacquisto deititoli venduti, e all’atto del riacquisto la intermediariaprovvede alla restituzione della somma che residua in se-guito all’acquisto dei titoli. La convenienza dell’opera-zione dipenderà dalla andamento del titolo: quanto più ititoli diminuiscono di valore fra il momento della vendi-ta e quello dell’acquisto, tanto più fruttuosa sarà l’opera-zione per il cliente (...).Lamenta l’attore che la SIM è venuta meno al suo dove-

re di informazione non avendo fornito le dovute indica-zione sui reale prezzo di vendila del titolo e sull’immi-nente pagamento dei dividendi, in violazione dell’art. 21D.Lgs. n. 58/1998 e 32 Regolamento Consob (...).II rapporto fra intermediari finanziari e investitori è ca-ratterizzato da strutturali problemi di asimmetria. Per ta-le ragione il momento informativo costituisce un ele-mento centrale nel sistema normativo. Così nello spiri-to della normativa comunitaria (art. 11 Direttiva93/22), l’articolo 21 del D.Lgs. n. 58/1998 attribuisce al-l’impresa di investimento oneri di informazione, chenon si esauriscono alla fase precontrattuale ma prose-guono durante tutta la durata del peculiare rapporto chesi instaura fra intermediari e cliente.L’art. 21, lettera b), T.U. individua, con riferimento al-l’elemento informativo, due momenti concorrenti e fun-zionalmente collegati: l’uno preliminare di ascolto delcliente finalizzato alla raccolta delle informazioni neces-sarie; l’altro attivo di adeguata illustrazione della naturadel servizio e dei rischi connessi.La legge non dice ovviamente quando l’informazionedebba ritenersi adeguata. Il dovere di fornire informazio-ne adeguata durante tutta la durata del rapporto (...) in-duce a ritenere che le notizie da fornire devono ritenersiaggiuntive rispetto a quelle la cui elargizione costituiscel’adempimento dell’obbligo della trasparenza e devonoaccompagnare tutte le operazioni negoziali.Se così è, non basta prevedere genericamente in sede distipula ad es. che il contratto di short selling ove abbia adoggetto titoli che incorporano cedole di prossimo distac-co segua una predeterminata disciplina (...), poiché unsiffatto onere informativo non sarebbe altro che una del-le manifestazioni del generale dovere di trasparenza e dicorrettezza e buona fede in sede di conclusione del con-tratto. Il dovere di informazione, come manifestazione dioperare in modo che i clienti siano sempre adeguata-mente messi al corrente dell’operazione che pongono inessere, richiede evidentemente qualcosa di più. E alloraè necessario che l’attenzione del cliente sia richiamatasulle peculiari caratteristiche del titolo e sulle relativeconseguenze, onde evitare che il cliente medesimo pos-sa riporre aspettative erronee che possono esporlo a ri-schio di perdite.Alla luce dell’art. 21 predetto, il comportamento dellaSIM appare non improntato al dovere di informazioneillustrato, non avendo essa indicato al XXX la circostan-za che i titoli [oggetto dell’operazione] incorporavano di-videndi di imminente pagamento che sarebbero stati ri-conosciuti agli acquirenti, mentre il relativo importo sa-rebbe stato a lui addebitato. Circostanza questa non irri-levante come vuole la società convenuta, proprio perchéil differenziale fra la vendita ed acquisto di azioni (deter-minato senza tener conto dell’addebito dei dividendi)costituisce plusvalenza e come tale soggetta a ritenuta al-la fonte. L’acquisto di titoli con dividendi in prossimascadenza perciò costituisce per il cliente già un fatto pre-giudizievole essendo fonte di applicazione delle ritenute

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fiscali sul prezzo dei dividendi di cui, di fatto, questi nonè il beneficiario (...).Né la società può assumere a propria difesa il fatto che ilXXX abbia dimostrato dimestichezza nell’uso degli stru-menti finanziari (...). Diversamente opinando si arrive-rebbe alla conseguenza di ritenere che la società conve-nuta, con la sola raccolta dei dati per delineare il profilodel consumatore, fosse del tutto esonerata da qualsiasisuccessivo dovere informativo. Ma così ragionando ver-rebbe di fatto svuotato del suo contenuto precettivo ildisposto di cui all’art. 21 D.Lgs. citato laddove imponeall’intermediario finanziario un dovere di informazionedurante tutta la durata del rapporto.Problema da risolvere è quello relativo alle conseguenze.Ritiene questo collegio che nella specie si possa parlaredi inadempimento piuttosto che di nullità. Non pare in-fatti che si possa parlare di vizio genetico, relativo allaconclusione del contratto, bensì di vizio funzionale cheattiene alla esecuzione del contratto e che riguarda leprestazioni. Al riguardo la posizione della SIM appare si-mile a quella di un professionista che ricevuto un incari-co di una prestazione professionale, non fornisce alcliente quelle informazioni necessarie perché lo stessopossa operare una scelta consapevole.Analogamente a qualsiasi altro professionista, l’interme-diario finanziario che, richiesto di curare un investimen-to mobiliare, ometta di avvertire, in modo specifico, ilcliente dei rischi cui va incontro con l’investimento pro-spettato. La società di intermediazione mobiliare, quin-di, non può che rispondere dell’operato dei suoi dipen-denti, non risultando dimostrato, nella specie, che co-storo abbiano correttamente informato l’investitore deinotevoli rischi cui andava incontro con l’acquisto delleazioni in questione.Inoltre, va tenuto conto, nella ricostruzione della fatti-specie in termini di inadempimento, del fatto che l’art.23 D.Lgs. n. 58/1998, dopo aver previsto, con riferimen-to ai contratti relativi alla prestazione di servizi di inve-stimento e accessori, due ipotesi di nullità (per inosser-vanza della forma prescritta e per il rinvio agli usi per ladeterminazione del corrispettivo dovuto dal cliente eogni altro onere a suo carico), prevede al sesto commache «nei giudizi di risarcimento danni cagionati al clien-te nello svolgimento del servizio di investimento e diquelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere dellaprova di avere agito con la specifica diligenza richiesta».Con tale previsione si evidenzia che l’avere agito con laspecifica diligenza (di cui il dovere di informazione è unaspecificazione) è «oggetto di azione risarcitoria che è ti-picamente connessa nell’ambito contrattuale all’ina-dempimento di un contratto perfezionato (...)».

I precedentiLe prime due massime di cui in epigrafe costituisconoormai jus receptum. Che la presunzione di vessatorietà dicui all’articolo 1469 bis, n. 18, Codice civile vada riferi-ta non solo all’arbitrato rituale, ma anche quello libero,

era già stato affermato da Trib. Monza-Desio 21 gennaio2003, in Giur. merito, 2004, 33; Trib. Torino 27 novem-bre 2001, in Giur. merito, 2002, 649; Trib. Genova 26maggio 2000, in Nuova giur. ligure, 2001, 9. In sensocontrario, invece, Trib. Roma 28 ottobre 2000, in Corr.giur., 2001, 380, con nota di Di Majo, secondo cui soloarbitrato libero costituisce una deroga alla competenzadell’autorità giudiziaria, e dunque solo rispetto con rife-rimento ad esso può trovare applicazione l’articolo 1469bis, cit.Anche in tema di foro del consumatore, Cass. [ord.], s.u.,1 ottobre 2003, n. 14669, in Foro it., 2003, I, 3298, connota di Palmieri (nonché in Corr. giur., 2003, 1427, connota di Conti, in Dir. giust., 2003, 41, 42, con nota diColasanti), ha affermato che la disposizione in virtù del-la quale si presume la vessatorietà della clausola con cuisi designa come sede del foro competente, in relazionealle controversie derivanti dal contratto concluso tra unprofessionista e un consumatore, una località diversa daquella di residenza o domicilio elettivo di quest’ultimoistituisce la competenza territoriale esclusiva del giudicedel luogo di residenza o domicilio elettivo del consuma-tore (in motivazione, la corte ha specificato che una de-roga è ammissibile soltanto se il professionista provi che,nel caso concreto, non determina squilibrio dei diritti edegli obblighi derivanti dal contratto).La terza delle massime in epigrafe costituisce una novitànel panorama della giurisprudenza di merito, ed affron-ta il problema della qualificazione giuridica di un con-tratto sino ad oggi mai pervenuto all’esame delle corti.Per agio del lettore, può essere opportuno ricordare chela vendita allo scoperto (o short selling) rientra nel genusdei contratti finanziari. Differisce dalla ordinaria ipotesidi compravendita di titoli perché in quest’ultima il ri-sparmiatore normalmente acquista un prodotto finan-ziario al fine di renderlo ad un prezzo superiore, lucran-do così sulla differenza tra quanto speso per acquistare ititoli, e quanto ricavato dalla vendita. nel contratto divendita allo scoperto il meccanismo è diametralmenteopposto: il risparmiatore vende sul mercato titoli (chenon possiede), sperando di poterli nuovamente acqui-stare ad un prezzo inferiore rispetto quello ricavato dal-la vendita. Caratteristica dell’operazione, come accen-nato, è che il venditore non possiede il titolo che inten-de vendere, ragion per cui se lo fa «prestare» (recte, con-cedere in godimento) dall’intermediario finanziario, al-la quale per questo servizio viene ovviamente ricono-sciuta una provvigione. L’operazione di vendita allo scoperto, da un punto di vi-sta tecnico, si divide in due fasi: (a) nella prima fase, il risparmiatore vende i titoli «pre-statigli» dall’intermediario, pagando il prezzo e versandoaltresì a quest’ultimo una somma di denaro a garanzia(margin account), nel caso in cui il prezzo dei titoli ven-duti anziché scendere, come auspicato, dovesse salire; (b) nella seconda fase, il risparmiatore riacquista i titolisul mercato, utilizzando il controvalore della vendita ed

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GIURISPRUDENZA•SINTESI

il margine di garanzia. La differenza tra quanto incassatodalla vendita e quanto speso per il riacquisto costituiscel’utile (o la perdita) dell’operazione di vendita allo sco-perto. Lo short selling può esaurirsi nell’arco di un solo (intraday)o protrarsi per più giorni (multiday), ma comunque sem-pre entro un termine relativamente ristretto. Si tratta diuna operazione altamente rischiosa, sino a poco tempofa riservata solo ai grandi investitori professionali (è opi-nione ricevuta che la grande crisi economico-finanziariadegli anni ’30 ebbe tra le proprie concause anche un ec-cessivo ricorso, a fini speculativi, allo short selling). Poiché la caratteristica della vendita di titoli allo scoper-to consiste nel fatto che il venditore non è proprietariodel titolo venduto, è normale che se il titolo distribuisceun dividendo questo spetti al legittimo proprietario (equindi, di norma, all’intermediario che ha «prestato» iltitolo al risparmiatore per l’operazione di short selling). Lasentenza qui in rassegna, pertanto, sembra avere dilatatoin modo sensibile il dovere di informazione gravante sudi intermediari finanziari, sino a ricomprendervi un na-turale negotii che, in quanto effetto discendente diretta-mente dalla legge, non può ritenersi una caratteristicadel titolo o un fattore di rischio dell’investimento, e per-tanto non sembra potersi sussumere nell’obbligo diinformazione. In merito all’ultima delle massime deve ricordarsi comein merito alle conseguenze della violazione del dovere diinformazione da parte dell’intermediario finanziario erasorto un contrasto in seno alla giurisprudenza di merito,parte della quale riteneva che conseguenza di tale viola-zione fosse la nullità del contratto, perché contrastantecon norme imperative; altra parte della giurisprudenza dimerito riteneva invece che la violazione del dovere diinformazione costituisse una ordinaria ipotesi di inadem-pimento (o, al più, una causa di annullamento del con-tratto per vizio della volontà). Sulla questione di recente intervenuta la corte di legitti-mità, la quale ha sposato il secondo degli orientamentiappena ricordati, stabilendo che La nullità del contrattoper contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’art.1418, primo comma, Codice civile, postula che siffattaviolazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecienegoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto delcontratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenutanel corso delle trattative per la formazione del contratto,ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità delcontratto, indipendentemente dalla natura delle normecon le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzionenon sia espressamente prevista anche in riferimento adetta ipotesi, come accade nel caso disciplinato dal com-binato disposto degli art. 1469 ter, quarto comma, e 1469quinquies, primo comma, Codice civile, in tema di clau-sole vessatorie contenute nei c.d. contratti del consuma-tore, oggetto di trattativa individuale (in applicazione disiffatto principio, la suprema corte ha escluso che l’inos-servanza degli obblighi informativi stabiliti dall’art. 6

Legge n. 1/1991, concernente i contratti aventi ad ogget-to la compravendita di valori mobiliari, cagioni la nullitàdel negozio, poiché essi riguardano elementi utili per lavalutazione della convenienza dell’operazione, sicché laloro violazione neppure dà luogo a mancanza del consen-so: Cass., sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024, in Rep. Fo-ro it., 2005, voce Contratto in genere, 1740, n. 74).

I CONTRATTI N. 7/2006 717

GIURISPRUDENZA•SINTESI

I CONTRATTI N. 7/2006718

CONTRATTI E FISCO•SINTESI

Iva

CESSIONE D’AZIENDAAgenzia delle Entrate, Risoluzione 3 aprile 2006, n. 48/E

In risposta a un’istanza di interpello, l’Agenzia delle entrate ha precisato quale sia il regime fiscale applicabi-le in caso di trasferimento di beni aziendali, a seguito dello scioglimento di una società di persone per il re-cesso del socio, con continuazione dell’attività da parte del socio superstite (Agenzia Entrate 3 aprile 2006,n. 48/E, in www.agenziaentrate.it). Nel caso esaminato, il socio superstite chiedeva di conoscere quale fosse il trattamento fiscale applicabile aibeni d’impresa, precisando che intendeva procedere a scioglimento della società, ex art. 2272, n. 4 Codice ci-vile e alla successiva prosecuzione dell’impresa in forma individuale. L’Agenzia esclude che l’operazione possa qualificarsi come di trasformazione in senso proprio, ai sensi degliartt. 2498 Codice civile ss., ritenendo invece che la continuazione dell’impresa in forma individuale sia sem-pre preceduta dallo scioglimento della società e dalla liquidazione della medesima. Terminata la fase di liqui-dazione, il patrimonio sociale residuo è assegnato al socio superstite e si determina l’estinzione della società,ex art. 2312 Codice civile.Da tale classificazione deriva che l’assegnazione del patrimonio sociale residuo, ossia dell’intero complessoaziendale facente capo alla società in liquidazione, rientra tra gli atti propri della società e, pertanto, è sog-getta all’imposta di registro.La cessione del «marchio», unitamente all’azienda, non è, quindi, soggetta a Iva e deve scontare l’imposta diregistro nella misura proporzionale, ai sensi dell’art. 4, lett. d), Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 apri-le 1986, n. 131.In tal senso, l’Agenzia delle Entrate esprime una tesi ricostruttiva diversa da quella accolta da un orienta-mento giurisprudenziale (cfr., Cass., sez. trib., 26 marzo 2003, n. 4452; Cass., sez. trib., 1° aprile 2003, n. 4974)che aveva invece previsto la distinta applicazione dell’imposta di registro alla cessione d’azienda e dell’Iva altrasferimento del marchio.

SALE AND LEASE BACKCassazione civile, sez. trib., Sentenza 29 marzo 2006, n. 7296

Confermando un indirizzo già espresso (cfr., al riguardo, Cass., sez. trib., 28 luglio 2000, n. 9944), la Corte diCassazione ha confermato il diritto alla deduzione dei canoni di sale and lease back (Cass., sez. trib., 29 marzo2006, n. 7296, in banca dati Ipsoa Big).Nel caso di specie, relativo a un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società, la contribuentesosteneva la deducibilità dei canoni relativi a un’operazione di lease back, in quanto assimilabile, ai fini tribu-tari, ad una normale operazione di leasing.Il Collegio di secondo grado, tuttavia, qualificava il contratto atipico di sale and lease back come un’operazio-ne assimilabile a un finanziamento, nel quale il trasferimento del bene dall’utilizzatore-venditore assumereb-be funzione di garanzia di un prestito, non essendo interesse dell’imprenditore ottenere un bene strumentale,bensì denaro da utilizzare per la gestione economico-finanziaria dell’impresa.La Corte di Cassazione, conformandosi a un proprio precedente orientamento giurisprudenziale, ha ritenutonon corretta l’interpretazione fornita dal giudice di merito. Il contratto di sale and lease back, infatti, configu-ra un’operazione negoziale complessa - consistente nell’alienazione, da parte dell’imprenditore, di un propriobene strumentale di cui mantiene la disponibilità in forza di un rapporto di leasing - che non può ritenersi ne-cessariamente preordinata alla finalità di finanziamento, con fraudolenta elusione del divieto di patto com-missorio posto dall’art. 2744 Codice civile.Risulta necessario, perciò, che l’Ufficio dimostri, sulla base di dati sintomatici e obiettivi relativi alla concre-

Panorama fiscaleA cura degli Avv.ti SARA ARMELLA e FRANCESCA BALZANI Studio Uckmar

I CONTRATTI N. 7/2006 719

CONTRATTI E FISCO•SINTESI

ta fattispecie, che la causa esclusiva o prevalente del contratto di sale and lease back è la garanzia di un debito,in elusione del divieto civilistico.Ne consegue che, non sussistendo una presunzione di illiceità del contratto in esame e ove la causa dello stes-so non sia riconducibile allo scopo di garanzia, il contratto di sale and lease back deve essere assimilato a un’o-perazione di leasing, con conseguente deducibilità, ai fini fiscali, dei canoni percepiti.

Irap

RICERCA E SVILUPPOAgenzia delle Entrate, Risoluzione 4 maggio 2006, n. 57/E

Ai fini della determinazione della base imponibile Irap, tra i costi sostenuti per il personale addetto alla ri-cerca e allo sviluppo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che sono compresi anche i rapporti di collabora-zione, non rilevando la tipologia contrattuale in base a cui il personale svolge la propria attività di ricerca(Agenzia delle Entrate 4 maggio 2006, n. 57/E, in www.agenziaentrate.it).Com’è noto, l’art. 1, commi 347 e 348, Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), ha apportato ri-levanti modifiche alla disciplina dell’Irap, introducendo nuove deduzioni dalla base imponibile, tra cui la de-duzione per i costi sostenuti in relazione al personale addetto alla ricerca e allo sviluppo.Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria ha fornito i primi chiarimenti con la circolare 13/E del 2005, conla quale ha precisato che la deduzione può essere operata sia con riferimento ai costi sostenuti per il persona-le addetto alla ricerca di base (attività che rivestono un’utilità generica per l’impresa), sia con riferimento al-la ricerca applicata e allo sviluppo (attività finalizzate ad uno specifico progetto).Con la risoluzione in commento, l’Agenzia ha precisato che il datore di lavoro può fruire di tale deduzione,oltre che in relazione ai costi sostenuti per il personale dipendente, anche per le spese sostenute per i lavora-tori a progetto e per gli amministratori. In sostanza, l’agevolazione in esame trova applicazione anche per i co-sti relativi agli addetti alla ricerca e allo sviluppo che operano sulla base di rapporti di collaborazione e agliamministratori, nella misura in cui le stesse siano riferite alle competenze espletate da tali lavoratori nell’am-bito della ricerca e dello sviluppo.Tale conclusione emerge sia dal dato letterale della citata norma, che non subordina il riconoscimento del-l’agevolazione alla circostanza che il lavoratore operi sulla base di un particolare contratto di lavoro, sia invirtù della ratio legis, finalizzata a incentivare e agevolare ricerca e sviluppo e non un particolare tipo di occu-pazione.

I CONTRATTI N. 7/2006720

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

La species «licenza pubblica» fa ovviamente parte delgenus «licenza». Se per la seconda abbiamo una certaevoluzione dottrinale che la inquadra con una suffi-ciente coerenza, per la prima non riscontriamo una trat-tazione sistematica, tuttalpiù si rinvengono analisi sucasi singoli, che però non operano la generalizzazioneche secondo me è possibile. Per comprendere quale sia laspecificità, e insieme il tratto caratteristico di questaspecie, dunque, è necessario procedere dai pochi puntifermi a nostra disposizione.

Diritto d’autore e smaterializzazionedei contenuti

Idiritti d’autore su un’opera circolano con gli stessistrumenti previsti per gli altri diritti. Non è stata det-tata una disciplina completa ed esaustiva degli atti

con i quali i diritti su un’opera vengono trasmessi o con-cessi.Si è soliti menzionare che di un’opera è possibile disporrein due modi: del diritto in sé, quale bene immateriale, odi un singolo diritto puntuale di utilizzo. L’atto con cui siesercita tale ultima puntuale disposizione del diritto con-cessione viene chiamato «licenza». Per la licenza si èsempre data per scontata la natura contrattuale, salvocontrovertere sul tipo contrattuale più rispondente alcontratto stipulato con l’utente finale: per alcuni lo-cazione di cose, per altri vendita, per altri ancora appal-to o contratto «puramente» atipico. Non ci vogliamoaddentrare in tale questione, se pur abbiamo dato tempoaddietro una nostra personale classificazione per quantoriguarda il software (5).Ma non sempre ci si è concentrati sulla «licenza». Stori-camente l’analisi della tutela del diritto d’autore è in-centrata sull’acquisto della copia, e il diritto d’autore èinteso come un limite alla riproducibilità ulteriore dellacopia stessa, anche se da sempre non si ignora la possi-bilità di una «smaterializzazione» del diritto (come ad es-empio quello di rappresentare un’opera musicale oteatrale).Per le opere letterarie è piuttosto semplice infatti ri-

Licenze pubbliche di softwaree contrattodi CARLO PIANA

Il presente articolo (1) (2) si propone di indagare (3) sulla natura contrattuale o meno delle licenze pub-bliche di software e in generale di materiale soggetto a diritto d’autore (4). Più precisamente, se sia ne-cessario ritenere che una licenza pubblica di software o di contenuti artistici sia un contratto o non possaessere (anche e soprattutto) qualcos’altro. O meglio ancora, se l’atto giuridico che importa disposizionedel diritto d’autore per una o più copie di un programma per computer o di contenuti artistici con licenzapubblica sia necessariamente un contratto.

Note:

(1) L’idea per l’articolo nasce da uno spunto fornito dall’Avv. FabrizioVeutro (professore a contratto di Istituzioni di Diritto Privato, Facoltà diScienze dell’Università degli Studi di Milano) su una lista di discussionedella FSFE-Italia e riflette un anno di rielaborazioni e scambi d’opinionecon vari studiosi nell’ambiente, tra cui mi preme citare il Prof. LawrenceLessig. Desidero ringraziare per la collaborazione il Dr. Claudio Palmieri,che ha contribuito alla ricerca di parte del materiale.

(2) Il presente articolo viene concesso dall’autore sotto le condizioni del-la Creative Commons «attribution - share alike» (vedi http://www.creati-vecommons.it/Licenze/LegalCode/by-sa) e a condizione che venga semprecitata la Rivista come fonte originaria. Per altri utilizzi occorre il permessoespresso dell’editore della Rivista, o in alternativa operare secondo le con-dizioni previste dalla dichiarazione inerente il diritto d’autore della stessa.

(3) Volutamente ci si limita a una prospettiva interna della qualificazio-ne, per evidenti ragioni di focalizzazione dell’attenzione agli aspetti con-trattuali. Ciò non toglie che l’utilizzo di una legge diversa da quella inter-na, anche mediante una clausola contrattuale, comporta che l’analisidebba essere effettuata alla luce dell’applicazione di quella legge, ai sensidell’art. 8 della Convenzione di Roma. Tale scelta della legge applicabileviene effettuata ad esempio nelle licenze Creative Commons, mentrenon viene effettuata nella GNU GPL. Si parte dunque dal postulato chele norme di diritto internazionale privato conducano all’applicazione del-la legge italiana.

(4) In dottrina l’intervento più rilevante - in tema di licenze di softwarelibero o open source - si deve a V. Zeno-Zencovich - P. Sammarco, Siste-ma e archetipi delle licenze open source, AIDA, 2004, 234 ss. a cui faccia-mo riferimento per un’ampia bibliografia e un’esauriente inquadramen-to dottrinale. Nella stessa opera, da notare di M. Saverio Spolidoro Opensource e violazione delle sue regole, ibidem, 92 ss., in particolare 99, doveparla della GPL come «regola giuridica [...] che trascende gli effetti (pur es-si in un certo senso «generali») della contrattazione di massa e tende a mani-festare caratteri e valore di «di diritto obiettivo», garantita dall’ampia accetta-zione da parte della comunità di hackers e dalla sua innegabile rilevanza eco-nomico sociale». Da cui sorge la domanda se la GPL non abbia generatoun uso normativo, domanda cui preliminarmente mi sembra di doverdare risposta positiva. Ne ha trattato ancora recentemente M. Bertani,Profili giuridici delle licenze di software libero / open source nell’ordinamentoitaliano, in I quaderni di dirittodautore.it, Anno III, n. 24, all’URLhttp://www.dirittodautore.it/quaderni.asp?mode=3&IDQ=82, senza peròoffrire una propria posizione. In un risalente scritto, lo stesso autore sem-bra dare per probabile la qualificazione propriamente contrattuale, inGuida alle licenze di software libero e open source, Nyberg Edizioni, 74 ss.

(5) C. Piana, Millenium Bug e Diritto Civile, intervento al convegno Mil-lennium bug e la legge, Treviso, 1999, pubblicato su http://www.studioce-lentano.it/editorial/ed020100i.htm (in particolare, cap. «Qualificazione deicontratti costitutivi di diritti di utilizzo del software»).

conoscere nella copia a un tempo la facoltà di circo-lazione dei contenuti e i limiti alla riproducibilità (con-sistenti sostanzialmente nei cosiddetti «usi legittimi»),per lo più imposti o consentiti per legge. Pertanto solita-mente ci si rifà al contratto di vendita, e il discorso lìcade, il diritto è sostanzialmente «incorporato» nel-l’oggetto.Per altre opere, intrinsecamente, non è così. Si pensi alleopere cinematografiche, in cui la fruibilità non è con-dizionata tanto dal diritto di copia, e dunque dall’ogget-to materiale acquistato, quanto dal tipo di diritti di ripro-duzione acquisiti. Lo stesso atto da un punto di vistafenomenologico (l’acquisto o la locazione di una pellico-la cinematografica) viene vestito dal contratto di carat-teristiche tutt’affatto differenti. In un caso, ad esempio,viene concesso il diritto di visionare privatamente l’-opera, in un altro viene assicurato il diritto di farne unapubblica proiezione in una sala cinematografica. Tut-tavia, anche qui il diritto è legato a un’opera material-mente individuabile, in cui vi è un tutt’uno tra l’opera eil mezzo. Non v’è dubbio, infine, che tra le parti (casa diproduzione/distribuzione, gestore del cinema e utenti fi-nali) vi siano relazioni contrattuali.Per altri casi non appare essere più così. Col mezzo ra-diofonico, e poi con il mezzo televisivo, la relazione tra iltitolare del diritto di riproduzione e i fruitori del servizionon ha tradizionalmente una natura contrattuale, per-ché il servizio viene erogato a una massa indistinta dipersone senza la possibilità di tenere traccia di chi abbiausufruito dell’opera e chi no, e senza la possibilità per chinon ha usufruito dell’opera - nonostante ne avesse il«diritto» - di reclamare alcunché (ad esempio per inter-ruzione del servizio in una particolare zona). Si tratta di una fruizione pubblica nel vero senso dellaparola. È per effetto della diffusione pubblica che l’u-tente riceve la possibilità e il «diritto» di assistere -dunque di fruirne - all’opera, incluso quello di farne unacopia per uso personale al fine di visionare la stessa in untempo diverso («timeshifting»). Si ha nel caso appena esaminato l’assenza di una catenacontrattuale nella trasmissione dei contenuti, i quali las-ciano il supporto fisico e si astraggono definitivamente(6). L’utente finale, per l’avvenuta diffusione, acquisisceuna legittimazione all’uso in assenza di un vero e propriorapporto diretto con il titolare del diritto. Ma ciòavviene solo nei limiti previsti dalla legge, ovvero l’usopersonale e i diritti cosiddetti di «fair use». Il titolare deidiritti di sfruttamento economico potrà sempre con-testare all’utente usi estranei a quelli previsti per legge,ma allo stesso tempo l’utente potrà invocare la legittim-ità dell’uso contro pretese illegittime del titolare. La pub-blicazione, dunque, determina un assetto di diritti reci-proci.Il software segue una strada per certi versi simile, ma peraltri diversa. Una via che porta dalla stretta correlazionefisica tra il sostrato materiale e il contenuto intellettualedegli algoritmi computazionali, a una situazione di as-

trazione in cui la stessa sequenza o insieme di sequenze diistruzioni possono passare da un computer all’altro più omeno indifferentemente da un qualsivoglia trasferimen-to fisico. All’inizio al software veniva data poca importanza di persé, ed era semplicemente un accessorio indispensabile dimacchinari dalla cui vendita il produttore traeva le pro-prie utilità. L’incompatibilità del software concepito e re-alizzato per una determinata piattaforma rispetto alle al-tre piattaforme hardware faceva sì che il problema prin-cipale del diritto d’autore fosse quello di evitare il reverseengineering, ovvero il processo di portare un programmada una piattaforma all’altra tramite la «decompilazione».A partire dagli anni settanta del secolo scorso comincia-rono a nascere piccole - e poi sempre più grandi - realtàche realizzavano software senza produrre il relativo hard-ware. La distribuzione avviene inizialmente come per ilibri: si acquista una scatola da uno scaffale (o dentro unascatola più grande che contiene computer e program-mi), nella quale è inserito un contratto di licenza, ilquale pretende di regolare i rapporti tra utilizzatore etitolare dei diritti di sfruttamento economico. Tantecopie stampate e vendute, tanti contratti conclusi. Leanalisi giuridiche sulla natura del contratto di software siconcentrano, anche per la rilevanza economica, suquesti tipi di prodotti e di contratti. Ma non è così semplice. In realtà molto del software neipersonal computer (che prendiamo come caso paradigma-tico di un problema più complesso) viene fornito all’uti-lizzatore mediante l’installazione del produttore delcomputer al momento della vendita. I contratti dei pro-duttori di software con i produttori di computer (con-tratti OEM) prevedono ormai una «smaterializzazione»dell’opera: il rispetto dei diritti del produttore del softwa-re non viene più testimoniato dall’acclusione di una«scatola», ma dall’apposizione di un’etichetta da appor-re al computer o da un certificato che testimonia chel’OEM ha registrato la copia installata e pagato il corri-spettivo al produttore del software.Non tutto il software però viene venduto. Nemmenotutti i contenuti vengono venduti. Internet e la distribu-zione in via telematica del software che la stessa ha resoquasi banale, hanno consentito la fioritura di una ster-minata congerie di sistemi di protezione legale delsoftware, o addirittura anche di non protezione (messa inpubblico dominio, abandonware). Molto di questosoftware viene dato in licenza a un pubblico indistinto,senza richiesta di un corrispettivo, addirittura senza la ri-chiesta di accettazione espressa delle condizioni propo-ste. Licenze, dunque, «pubbliche».

I CONTRATTI N. 7/2006 721

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Nota:

(6) Individua argutamente (e autorevolmente) il fenomeno M. Ricolfi,Software e limitazioni delle utilizzazioni del licenziatario, in Annuari AIDA,2004, 365-6, dando una corretta indicazione del rapporto tra il bene im-materiale e l’esemplare, quantomeno per il cosiddetto software «consu-mer».

Nel diritto italiano abbiamo molte accezioni dell’attri-buto «pubblico» connesso a un diritto: dal concetto am-ministrativistico di «servizio pubblico» o «utilità pubbli-ca», che non ci è di interesse alcuno, all’offerta al pub-blico, alla sollecitazione al pubblico risparmio, al «pub-blico locale» o a quello «avente contatto con il pubbli-co», e, in diritto civile, la servitù pubblica («dicatio ad pa-triam»). Recentemente si è fatto largo, soprattutto nellagiurisprudenza penale, il concetto di diffusione pubblicadi contenuti destinati ad un pubblico familiare con rife-rimento alla pay tv. Gli ultimi esempi testimoniano del-l’esistenza di un concetto di pubblico nel senso «chiun-que intenda usufruirne» che possiamo mutuare ai nostrifini.Prendiamo ad esempio un parcheggio pubblico per au-tomobili. Un parcheggio pubblico, nell’accezione co-mune, può essere un parcheggio di proprietà pubblicaofferto al pubblico senza necessità di pagamento, unparcheggio di proprietà pubblica offerto al pubblico conobbligo di pagamento, un parcheggio privato offerto alpubblico con obbligo di pagamento e un parcheggio diproprietà privata offerto al pubblico senza necessità dipagamento. In quest’ultima categoria abbiamo non soloi parcheggi destinati ad uso pubblico per asservimentoconvenzionale (ad esempio, in sostituzione di oneri diurbanizzazione), ma anche per unilaterale volontà delproprietario (pensiamo ad esempio al parcheggio di unsupermercato, ove chiunque può accedere senza parti-colari formalità). In questi casi il proprietario mette adisposizione un bene in modo che chiunque possa usu-fruirne, senza pretendere un corrispettivo, né per questoopera una liberalità. Esattamente come l’operatore tele-visivo trasmette contenuti pubblicamente, senza pre-tendere un canone o un abbonamento - e lo fa per finiegoistici, non per liberalità - un titolare di diritti econo-mici di sfruttamento pone a disposizione per un deter-minato uso la propria opera, senza per questo rinuncia-re totalmente ai propri diritti su quell’opera e senza spo-gliarsi di ogni diritto in tal senso, senza dunque porrel’opera in pubblico dominio.

Le licenze pubbliche, loro struttura e scopo:l’esempio del software liberoPrenderemo a paradigma la licenza GNU (7) GPL (8)(di seguito semplicemente GPL), perché è stata la primavera licenza pubblica di software propriamente detta.Concepita da Richard M. Stallmann, fondatore dellaFree Software Foundation, è una licenza del tutto parti-colare in quanto non restringe il diritto di copia o di uti-lizzo del software (copyright), ma punta a far sì che qua-lunque opera includa codice soggetto a licenza GPL deb-ba a sua volta essere licenziato sotto tale licenza (9),avendo per così dire un effetto «virale». Ma la viralitànon è il punto fondamentale che ci interessa, anche per-ché la stessa Free Software Foundation ha concepito unalicenza pubblica senza la caratteristica di viralità, ovverola GNU LGPL (10), ed esistono altre licenze pubbliche

che non hanno tale caratteristiche, per le quali la pre-sente analisi si applica pari-pari (11).Sull’esempio e a seguito della fortuna che le licenze disoftware libero hanno avuto, sono state concepite licen-ze simili anche nel settore dei contenuti autorali diversidal software, l’esempio più famoso delle quali sono le«Creative Commons», concepite da Lawrence Lessing,professore di diritto alla Stanford University.Queste licenze hanno tutte in comune la caratteristicadi essere generali e pubbliche, di non richiedere necessa-riamente un’accettazione espressa delle proprie condizio-ni, ma ciò nonostante - ed è questo l’aspetto più impor-tante per noi - di imporre condizioni agli utilizzatori. Es-se concedono non soltanto il diritto di riproduzione ofruizione personale dell’opera, ma anche quello di ripro-durla e - sicuramente per la GNU GPL e LGPL, ma an-che per molte delle licenze Creative Commons e per lealtre licenze di software libero, di trarne opere derivate.Non soltanto il pubblico ha il diritto consentito all’u-tente finale, viene trasferita una volta per tutte una par-te del diritto in sé, che comprende fondamentali aspettidel bene giuridico, alcuni diritti di sfruttamento econo-mico. Tale diritto viene acquisito in forza della pubblica-zione dell’opera sotto la rispettiva licenza, almeno ciò èquanto ci proponiamo di dimostrare. Ma il titolare nonconcede tale diritto in toto, lo fa solo ad alcune condizio-ni. Tizio acquista il diritto, ma per esercitarlo deve sotto-porsi al volere, riguardo a tale diritto, imposto da chiglielo conferisce.Ciò desta scandalo. Nella nostra tradizione giuridica, lapossibilità di imporre obblighi o condizioni a un altrosoggetto in occasione del trasferimento di un diritto, vie-ne realizzata per mezzo di un’obbligazione di tipo con-trattuale. Non sempre è però così. Saltuariamente si ri-corre invece a fattispecie minori, quale il modo, che nonè un’obbligazione, ma può consentire la revoca della do-

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ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(7) GNU è acronimo ricorsivo di Gnu’s Not Unix («Gnu non è Unix»).Unix è un sistema operativo nato negli anni sessanta in ambito universi-tario, che ha dato origine a una serie di versioni del medesimo reciproca-mente incompatibili e licenziate sotto condizioni «proprietarie». GNU èdunque il progetto per ricreare un sistema operativo Unix concesso in li-cenza di software libero, appunto la GNU GPL. La combinazione diGNU e Linux - che, contrariamente a quanto si pensa, è soltanto il «ker-nel» («nocciolo»), il nucleo centrale del sistema operativo - ha dato ori-gine a GNU/Linux, il sistema operativo più diffuso dopo Microsoft Win-dows.

(8) General Public License.

(9) Da qui la definizione di «copyleft», che è un gioco di parole con copy-right, in quanto «left» («sinistra») è l’opposto di «right» («destra»), ma leparole significano in concreto «diritto» («right») e lasciato («left»). Copy-left significa che una volta un’opera è rilasciata in maniera liberamentefruibile, rimanga fruibile chiunque la usi e la commercializzi in forme ul-teriori o derivate, rimanga perciò «pubblica».

(10) Lesser General Public License.

(11) Un esempio rilevante è la cosiddetta licenza BSD, famosa in campoinformatico perché regola l’uso dei sistemi operativi derivati da quelloomonimo, fra cui anche il MacOSX di Apple.

nazione. Anche la costituzione di diritti limitati, neltempo, nello spazio e nell’estensione del diritto, vienesolitamente effettuata contrattualmente. Si pensi allacostituzione di un usufrutto o di una servitù non coatti-va (12). Si tende a pensare che per realizzare una media-zione tra piena e incondizionata proprietà (o titolarità diun diritto) e completo abbandono occorra un contrattoche regoli tra le parti i diritti relativi.L’esempio del parcheggio del supermercato può essere il-lustrativo: il proprietario concede a suo piacimento lapossibilità di utilizzo del bene, ma si riserva la possibilitàdi regolamentarlo successivamente (ad esempio, richie-dendo che l’utilizzatore effettui un minimo di spesa).Un’opera di carità può ospitare i bisognosi, ma si riservail diritto di decidere chi sia il bisognoso e di allontanarechi non si confà ai regolamenti interni. Una chiesa vie-ne aperta al pubblico dei fedeli per un determinato pe-riodo, ma non necessariamente chiunque può entrarvi, enon desta scandalo che i preposti rifiutino l’accesso a chinon è abbigliato convenientemente. Si tratta di esempimarginali, è vero, ma pur sempre eccezioni a una regolache appare semplicemente d’esperienza, e non giuridica.Chi entra in chiesa, infatti, non si obbliga a permanervi,ma per permanervi deve attenersi a un comportamentoconoscono. Chi si avvale di un rifugio per la notte non siobbliga a nulla, ma per il tempo in cui usufruisce dell’o-spitalità gratuita è giustificato a permanere nel centro diospitalità, ma nel contempo deve attenersi alle regoleimposte.La stessa Corte di Cassazione, in materia del tutto diffe-rente (13), ritiene che vi siano fattispecie che ingeneri-no obbligazioni (art. 1173 Codice civile) anche al di fuo-ri di una specifica previsione legislativa, anzi che «tra-scendono le singole disposizioni legislative», in virtù diprincipi generali. Obbligazioni senza contratto, dunque,anche se non direttamente imposte dalla legge o deri-vanti da fatto illecito. Nel caso che ci occupa, tuttavia,non occorre arrivare a tanto, come vedremo innanzi.

La licenza pubblica è un contratto?Sinora ci siamo dedicati alla part destruens, confutando lanecessità che ogni tipo di restrizione all’uso di una cosache rimane di proprietà altrui debba essere effettuata conun contratto, o che addirittura possano nascere obbliga-zioni senza contratto. Resta da definire la pars construens,ovvero, qual è la natura giuridica dei vincoli che impe-discono all’opera pubblicamente accessibile di essere uti-lizzata per ogni e ciascuno scopo quasi come fosse res nul-lius. Abbiamo dato, per quanto possibile, dimostrazioneche non è necessario passare per il contratto per giustifi-care tali vincoli. Aver falsificato il sillogismo «tutte levolte che si concede un uso regolamentato occorre uncontratto, per cui la licenza è un contratto» non vuol di-re necessariamente affermare il sillogismo contrario. Ipotizzando che si tratti di contratto, sarebbe un contrat-to ad adesione, e traslativo. L’oggetto del contratto sa-rebbe un diritto inerente il software o il contenuto arti-

stico, nel caso delle licenze di software libero e di alcunedelle Creative Commons esso sarebbero a un tempo l’e-semplare e il bene immateriale (14).Stiamo operando una qualificazione in senso generale,dunque occorre riferirsi a una definizione, per quanto ge-nerica essa possa essere. Pare ovvio dunque citare l’art.1321 Codice civile, per cui un contratto è l’accordo tradue o più parti per costituire, regolare o estinguere una si-tuazione giuridica patrimoniale. Se per la seconda partedell’articolo non sorgono problemi, mi si permetta di du-bitare che una licenza pubblica sia «accordo». Per quan-to lassa la ricostruzione di un accordo possa essere, tantoda comprendere il contratto di fatto (15), o il contrattocon obbligazioni del solo proponente, dunque un con-tratto senza dichiarazioni e uno con dichiarazioni di unasola delle parti, la sostituzione dei comportamenti alledichiarazioni deve pur sempre avvenire tramite un com-portamento che ingerisca la sfera altrui, e dunque mani-festare un’interrelazione tra le parti contrattuali, sia pureattraverso atti di esecuzione non preceduti da dichiara-zioni (16). Nella licenza pubblica di software, invece, ta-le interrelazione non esiste, o se esiste avviene su un me-dio che è al di fuori della pretesa controparte contrattua-le. Non esiste, dunque ingerenza nella sfera altrui, né daparte del «licenziante», né da parte del «licenziatario»,

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ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(12) Ma non sempre: la costituzione di una servitù pubblica (dicatio ad pu-blicum) può ad esempio essere effettuata anche senza un atto di asservi-mento, ma attraverso un comportamento (cfr. da ultimo, ex multis, Cass.,sez. II, 12 agosto 2002, n. 12167, in Mass. Giust. civ., 2002, 1531).

(13) Cass. 22 gennaio 1999, n. 589 (pubblicata in questa Rivista, 1999,999 ss.), in tema di responsabilità da «contatto sociale», afferma ad esem-pio che «Suggerita dall’ipotesi legislativamente prevista di efficacia di ta-luni contratti nulli (art. 2126, primo comma, 2332, secondo e terzo com-ma, Codice civile, art. 3, secondo comma, Legge n. 756/1964), ma allar-gata altresì a comprendere i casi di rapporti che nella previsione legale so-no di origine contrattuale e tuttavia in concreto vengono costituiti senzauna base negoziale e talvolta grazie al semplice «contatto sociale» (se-condo un’espressione che risale agli scrittori tedeschi), si fa riferimento,in questi casi al «rapporto contrattuale di fatto o da contatto sociale».Con questa espressione si riassume una duplice veduta del fenomeno, ri-guardato sia in ragione della fonte (il fatto idoneo a produrre l’obbliga-zione in conformità dell’ordinamento - art. 1173 Codice civile) sia in ra-gione del rapporto che ne scaturisce (e diviene allora assorbente la consi-derazione del rapporto, che si atteggia ed è disciplinato secondo lo sche-ma dell’obbligazione da contratto). La categoria mette in luce una possi-bile dissociazione tra la fonte - individuata secondo lo schema dell’art.1173 - e l’obbligazione che ne scaturisce. Quest’ultima può essere sotto-posta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale, pur se il fatto ge-neratore non è il contratto».

(14) Secondo la classificazione operata da M. Ricolfi, cit. in nota.

(15) Per una trattazione critica, si veda R. Sacco - G. De Nova, Il con-tratto, in Trattato di diritto privato diretto da P. Rescigno, X, 1995, 54 ss.

(16) Nei casi tipici del contratto di fatto: l’intermediazione prevede la de-finizione dell’affare conoscendo l’opera del mediatore che ha messo in con-tatto le parti, le quali ne hanno approfittato; nelle prestazioni di lavoro, ap-punto la preposizione e la resa delle prestazioni di lavoro subordinato; nelcontratto d’acquisto di un bene al supermercato, la presentazione del be-ne stesso alle casse e il suo pagamento; nella società di fatto l’intuitus so-cietatis e la comune organizzazione d’impresa.

che non vengono mai a contatto, essendo la licenza de-stinata a «chiunque». Non mi pare dunque applicarsi al caso di specie la cate-goria dottrinale del contratto di fatto. Se anche questa siapplicasse, tuttavia, il risultato sarebbe meramente qua-lificatorio, e non si estenderebbe alla disciplina. Il con-tratto di fatto praticamente non ha altra disciplina senon quella immediatamente riconducibile a quella lega-le o, tutt’al più, a quella sociale degli usi normativi e con-trattuali, ma non è legata alla dichiarazione fatta da unadelle parti, perché non ve n’è. Ci si potrebbe, è vero, ri-fare alle condizioni generali di contratto, ma anche perquesta via non è possibile, a mio parere, ricostruire unaseria vincolatività della disciplina imposta dall’autore, ecomunque ciò non risolve il caso in cui il software o ilcontenuto autorale venga privato della dichiarazione dicopyright, dunque le condizioni non siano conoscibilidall’oblato.

Limiti nell’approccio contrattualistico:la patologiaÈ nella patologia che rinveniamo i limiti più forti di unateoria esclusivamente contrattuale. Poniamo il caso cheTizio rilasci del software sotto licenza GPL, e che Caio,violando tale licenza, elimini i riferimenti alla stessa e di-stribuisca il prodotto pari-pari sotto licenza «proprieta-ria». Sempronio trova tale prodotto interessante per lasua azienda e lo utilizza violando la licenza proprietaria,ma senza rivenderlo e senza compiere atti contrari alla li-cenza originaria. Si può dire che Sempronio abbia unrapporto contrattuale con un titolare che neppure cono-sce, per un programma software che crede di stare utiliz-zando illecitamente? Se è il contratto la fonte del confe-rimento del diritto di utilizzo (che originariamente ap-partiene al titolare dei diritti esclusivi, art. 64 bis ss. Leg-ge sul Diritto d’Autore), allora l’utilizzo è illegittimo. Unipotetico Mevio, invece, che abbia iniziato a utilizzare lostesso prodotto, sapendo che il programma era stato ori-ginariamente trafugato, ma che esternamente si è com-portato esattamente nello stesso modo, ha pieno dirittodi usare lo stesso programma, ottenuto con le stesse mo-dalità.Un altro caso può essere altrettanto, se non più, illumi-nante. Tizio produce e distribuisce un prodotto softwaresotto licenza GPL. Caio inizia a utilizzare tale prodottoquando viene licenziato sotto GPL, e lo consegna anchea Sempronio. Successivamente Tizio decide di non di-stribuire più il codice sotto GPL, ma di imporre una li-cenza proprietaria. Mevio riceve da Caio lo stesso pro-gramma, successivamente al cambio di licenza (17). Se-condo la tesi contrattuale Mevio non potrebbe utilizzareil programma perché non può concludere un contrattocon chi nel frattempo ha revocato la propria propostacontrattuale. Però Caio ha il diritto contrattualmente ri-conosciuto, di redistribuire il codice, e di modificarlo.Per risolvere tale antinomia si dovrebbe riconoscere chela licenza di Mevio deriva non da Tizio, ma da Caio, per

cui se riceve lo stesso programma da un quisque de populo,diverso da Caio non può utilizzarlo e redistribuirlo. Macome fa Mevio a sapere se Caio ha ricevuto una valida li-cenza, ovvero, quando ha concluso il contratto? E qual èil fatto o l’atto con il quale il contratto è stato concluso?Come si esterna la volontà di concludere il contratto?Come fa Tizio a sapere se Mevio ha ricevuto il softwareda Caio o da Sempronio?

Altre ipotesi: l’atto unilateraleV’è chi si rifà all’offerta pubblica (18), la quale vincolal’autore sino a che non sia revocata con mezzi idonei, ese revocata con gli stessi mezzi con cui è stata effettuata,la revoca è efficace anche per chi non l’ha conosciuta.Tale teoria mi convince assai meno della tesi del con-tratto di fatto. Innanzitutto si tratta appunto di un’offer-ta che richiede una qualche forma di accettazione, an-che implicita, ma pur sempre in modo recettizio, a menoche non si tratti di un contratto con prestazioni del soloproponente (19), cosa che qui è esclusa. Ma soprattuttoper la revocabilità e per il meccanismo di attribuzionedel diritto. Se l’offerta è revocabile, l’autore che ha pub-blicato l’opera potrebbe sempre controllare l’ulteriore re-distribuzione dell’opera, mentre invece ha attribuito taleredistribuzione alla sua prima controparte contrattuale.Anche qui si avrebbe l’assurdo che l’offerta revocata nonconsentirebbe di acquistare il diritto dall’autore, ma l’a-vrebbe da chiunque l’abbia già utilizzata in una delle for-me previste dalla licenza stessa, come in forma privata.Ritorniamo al punto di prima. Residua dunque un atto unilaterale dispositivo (in sensoautorizzativo) di natura non (necessariamente) contrat-tuale. I test legali applicabili mi sembrano positivi. Unatto unilaterale trova la sua disciplina generale nellenorme generali sul contratto, in quanto compatibili (art.1324 Codice civile), il che evita molte delle antinomie

I CONTRATTI N. 7/2006724

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(17) In realtà questo ragionamento risente di una visione arcaica e lega-ta al concetto letterale di «copyright». L’oggetto della protezione è infat-ti il contenuto o il software di per sé, non la copia, ed è irrilevante la fon-te di approvvigionamento dello stesso, e dunque dovrebbe essere inin-fluente anche la modalità di consegna (o non consegna) per l’attribuzio-ne del diritto di utilizzo. Se posso ottenere il software contenuto nel pro-gramma X da Tizio e legalmente utilizzarlo, senza che questi proferisca pa-rola, lo stesso software può essere utilizzato se viene ottenuto da Caio, per-ché quello che conta, anche fenomenologicamente, è il trasferimento deldiritto, non della copia. Se dunque almeno una persona ha il diritto di tra-sferirmi tale diritto, il titolare originale non può ritirare tale diritto, e perottenere quel diritto io devo - in ipotesi - semplicemente utilizzare il pro-gramma senza nulla chiedere o dire al cessionario, chiunque ha quel di-ritto, e ogni diversa determinazione del titolare è velleitaria. Esattamen-te come una volta che il segreto è rivelato a un terzo non obbligato al se-greto, esso cessa di essere un segreto.

(18) La quale dà comunque spunti interessanti quanto alla possibilità cheuna dichiarazione pubblica possa concedere ipso facto diritti potestativialla generalità dei terzi, anche se limitati alla possibilità di concludere uncontratto alle condizioni proposte.

(19) In tale ultima accezione vedi R. Sacco, Il contratto, cit. 31, in nota.

che ci si aspetterebbe. Inoltre, per saggiare la vincolati-vità dell’atto non si può sfuggire alla previsione dell’arti-colo 1322 Codice civile, e anche qui mi pare che il risul-tato non possa essere che positivo. Una licenza pubblicapersegue infatti un fine legittimo e meritevole di tutela,in quanto persegue la libera manifestazione e diffusionedel pensiero, che è costituzionalmente tutelata, per leopere artistiche e letterarie, e finalità di progresso tecni-co e scientifico della collettività, nonché dell’economiagenerale, sicuramente protetti dai principi costituzionalidi solidarietà e mutualità. Inoltre, la diffusione di mate-riale con licenze pubbliche gratuite tutela un modelloimprenditoriale che prevede la remunerazione in utilitàdiverse dal corrispettivo monetario, sicuramente rien-trante nella libertà di intrapresa prevista dall’art. 41 Co-st. Tale remuneratività può consistere ad esempio nellamaggiore notorietà di un produttore di software, nell’of-ferta di servizi connessi, nel dare maggiore valore a unbene fisico che incorpora del software, nello scambionon corrispettivo della messa a disposizione di codice edi contenuti con il ricevimento di contributi che miglio-rano e completano l’opera (come ad esempio nei sistemi«wiki» (20)). Quanto alla causa (che deve pur semprereggere gli atti di sacrificio patrimoniale, e le obbligazio-ni), essa non discrimina tra una e l’altra ipotesi.Zeno-Zencovich e Sammarco (21) esaminano effettiva-mente la possibilità che si tratti, come detto, di un attounilaterale dispositivo, un «atto di rinuncia» (22), ma loescludono in quanto - secondo gli autori - difetterebbe«un’effettiva ed immanente perdita patrimoniale in ca-po al soggetto che compie l’atto di disposizione». Se pu-re si concorda con la premessa maggiore (per avere ri-nuncia occorre la perdita patrimoniale), il ragionamen-to mi pare inficiato dalla premessa minore. A me pareche rilasciando un contenuto o del software con una li-cenza pubblica, sicuramente il titolare dei diritti di sfrut-tamento non si spossessa della titolarità del bene, ma si-curamente si spoglia in maniera definitiva di una partenon irrilevante del proprio diritto, che è il bene, trattan-dosi di un bene prettamente giuridico. Il titolare rinun-cia in via definitiva a una parte dei diritti riconosciutigli,primo fra tutti quello di controllare le ulteriori copie. Siobietterà che non è vero che il titolare rinunci a tale di-ritto, in quanto pretende comunque di controllare la di-stribuzione del codice qualora avvenga in difformità allalicenza scelta. Ma una rinuncia parziale (ripeto: in sensoautorizzativo) a me sembra possibile anche in tal senso,dovendosi far riferimento all’irretrattabilità di tale ri-nuncia piuttosto che alla totalità della stessa. Sta di fat-to che chiunque si veda negare dal titolare del diritto lapossibilità di un uso conforme alla licenza prescelta, orae in futuro potrà sempre opporre la licenza stessa, anchein caso di ripensamento.Il titolare del diritto d’autore si spoglia di una parte, nondi tutto il suo diritto. Per quanto residua egli ha tutti i di-ritti, compreso quello di vietare l’uso e la riproduzionedella propria opera. Non desta scandalo ritenere che, an-

che senza ricorrere alla condizione, la disposizione delproprio diritto nasca e termini nei limiti entro i qualil’autore ha rinunciato tale diritto. Nessuno impone l’usodel software, ma se l’uso avviene, esso può avvenire soloentro i limiti posti e conoscibili, risultanti dall’interse-zione tra la licenza pubblica e la disciplina legale del di-ritto d’autore.Facciamo il parallelo con il diritto di proprietà dei benifisici. Il proprietario che consente l’uso della propria co-sa con atti di tolleranza non si vincola ad accettare atti diuso ulteriori una volta che la tolleranza cessa. Non si du-bita tuttavia che durante la tolleranza il tollerato possausare la cosa secondo quanto manifestato unilateral-mente dal proprietario. La mera tolleranza però, secondoun approccio da analisi economica del diritto, non è unaqualificazione accettabile per un atto dispositivo che haper oggetto l’uso di un bene immateriale, che espressa-mente si atteggia come irrevocabile, e anzi ha nell’irre-vocabilità del permesso d’uso una funzione economicaessenziale. Ciò vale soprattutto per le licenze di softwarelibero o le licenze di contenuti che consentono di trarreopere derivate. Consentire la revoca del consenso perun’opera che viene incorporata legittimamente in un’al-tra, significherebbe sfruttare l’opera incorporante. Maanche per l’opera non ancora pubblicata che si basa sullavoro reso disponibile vi sarebbe lo stesso problema, ealtrettanto varrebbe per chi ha adottato un programmasulla base della sua disponibilità, anche senza voler trar-re opere derivate. Nessuno si azzarderebbe ad iniziareun’opera derivata, e addirittura nemmeno a usare in unaforma seria programmi e contenuti artistici in presenzadi tale labilità. L’irrevocabilità è perciò connaturata alnegozio stesso.Più calzante appare l’esempio della dicatio ad cultum, incui il proprietario di un bene accetta una particolare de-stinazione del fondo, che viene usato unicamente per gliscopi sacri e compatibili con ciò. L’impegno è unilatera-le, ma il proprietario, e in sua vece chi amministra il fon-do per l’uso destinato, può rifiutare e impugnare ogni at-to contrario agli scopi del vincolo. La mancata comple-ta autospoliazione del diritto di proprietà fa sì che il pro-prietario conservi diritti pretensivi nei confronti del-l’amministratore, inclusi provvedimenti inibitori di

I CONTRATTI N. 7/2006 725

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(20) I sistemi «wiki» sono risorse formate collaborativamente da una co-munità di utenti che forniscono contenuti organizzati su base paritaria, incui gli utenti fungono sia da redattori che da revisori. Un esempio è Wiki-pedia, un progetto per la creazione di un’enciclopedia universale(http://www.wikipedia.org), ma sono diffuse anche altre modalità, adesempio per la creazione di manualistica specialistica nata dall’esperienzadegli utilizzatori, come ad esempio il sito di documentazione di MozillaFirefox (http://kb.mozillazine.org/Category:Firefox), il browser Internet li-bero più diffuso.

(21) Op. cit. 248, in nota.

(22) In senso favorevole alla configurazione della licenza di software co-me atto dispositivo appare anche L. Chimenti, La tutela del software neldiritto d’autore, Milano, II ed., 96 ss.

comportamenti contrari allo scopo della dicatio ex art.949 Codice civile. Purtroppo l’analogia con i beni fisici non va molto al dilà di ciò, ma non si tratta di una debolezza della teoria,anzi, la rafforza, in quanto nel caso che ci occupa stiamoparlando di un bene giuridico, un diritto non consuma-bile, ma semmai solo diluibile. La fruibilità - giuridica edi fatto - contemporanea dello stesso diritto da parte diuna moltitudine indifferenziata di individui fa un’indub-bia differenza. Su uno stesso terreno possono passare, po-niamo, cento persone al minuto, la centounesima devevenire esclusa. Lo stesso pascolo può essere utilizzato dacento mucche, la centounesima «ruba» l’erba alle altre.Uno stesso programma può essere diffuso potenzialmen-te a tutta l’umanità nel giro di pochi minuti, ed essereutilizzato da ciascuno dei componenti dell’umanità indecine di istanze diverse contemporaneamente. Così uncontenuto artistico.La dottrina più illuminata ha da tempo rinvenuto comela cosiddetta «tragedia dei commons» (23) non valga peri beni immateriali come il software e i contenuti artistici.In molte istanze, più un bene viene utilizzato, più valeper chi lo utilizza, molte volte anche per chi l’ha creato(24). In tali casi ciò comporta anche che l’autore sia in-teressato, indirettamente, alla massima - non alla mini-ma - diffusione senza il proprio controllo. Di tale interes-se il diritto deve farsi carico, e dunque anche l’interpre-te.

Forme dell’atto dispositivoResta da definire in qual modo l’autore possa effettuarela disposizione del proprio diritto, sottoponendo il codi-ce alla licenza preferita. L’atto in questione è, per opinio-ne comune, il cosiddetto rilascio, che coincide sostan-zialmente con il concetto di pubblicazione. La pubblica-zione comporta a un tempo gli effetti riconosciuti a taleatto dalla Legge sul Diritto d’Autore e la sottoposizionedell’opera alla relativa licenza. D’altronde è solo con lapubblicazione che vi è un affidamento di terzi circa i ter-mini entro i quali avviene il rilascio e che l’opera co-mincia a circolare. La mera volontà dell’autore di sotto-porre la propria opera a una determinata licenza nonsembra invece idonea a vincolare questi (ad esempio nelcaso in cui la pubblicazione avvenga contro il volere del-l’autore), nemmeno se venga annunciata in forme credi-bili, almeno stando agli usi invalsi nel settore, cui in di-fetto di una compiuta normativa ci si deve comunque ri-fare. Allo stesso modo non pare dubitabile che possa av-venire la «ripubblicazione» dell’opera, ovvero il suo rila-scio sotto condizioni diverse da quelle originali, anchesenza variazioni sostanziali, dimodoché per la stessa ope-ra vi possano essere due licenze coesistenti (per alcuniprodotti, anzi, tale doppio regime viene previsto sin dal-l’iniziale pubblicazione) (25).Riprendendo la teoria del «contatto sociale», direi chela pubblicazione è quell’evento che crea l’affidamentodel pubblico nella possibilità di utilizzare il software o i

contenuti autorali secondo la licenza cui l’autore, con at-to volontario, ma non recettizio, ha deciso di attribuirnealla collettività indistinta i diritti e le libertà prescelte.Tale affidamento, unito al principio generale della tute-la del diritto d’autore, anche in difetto di una espressa di-sciplina normativa sulle licenze (che al momento nonmi sembra necessaria) è ciò che ingenera da un lato il di-ritto di utilizzare il materiale rilasciato, dall’altro imponeobblighi all’utilizzatore ai quali lo stesso deve sottoporsicome condizione giuridica legittimante, a valenza im-mediatamente generale, di un uso altrimenti illecito(26).Una vera e propria licenza, senza virgolette (27).La soluzione mi pare molto più elegante di quelle esami-nate. Con il rilascio accompagnato da una dichiarazionepubblica l’autore concede immediatamente e a chiun-que l’uso dei programmi o dei contenuti, sicché ciascu-no, in ragione dell’affidamento ingenerato, può utilizza-re l’opera secondo le dichiarazioni pubblicizzate. Il mec-canismo è tutt’altro che sconosciuto, anzi, per molti ver-si è simile al rilascio in pubblico dominio, che avvienesecondo uno schema che dal punto di vista civilistico èidentico. La differenza però non è di poco conto: con ilrilascio in pubblico dominio l’opera viene sottratta a unacerta disciplina giuridica, con il rilascio sotto una licen-za pubblica, invece, l’opera viene sottoposta a un regimegiuridico di formazione «privata». La «privatezza» di ta-le regime è visto da alcuni come un limite, non essendoconsentito al privato formare una «legge» a valenza ge-nerale (al di là della «legge privata» consentita dal con-tratto, che «ha forza di legge»). In realtà tale obiezione è

I CONTRATTI N. 7/2006726

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(23) Come dice L. Lessig: «The «tragedy of the commons» is the familiar no-tion that widespread public use of a commons leads to its inevitable depletion. Butsome resources, once created, cannot be depleted. In the words of Thomas Jef-ferson, «He who receives an idea from me, receives instruction himself withoutlessening mine; as he who lights his taper at mine receives light without darkeningme.» An idea is not diminished when more people use it». (Trad: «La «tragediadei commons è il noto concetto che il diffuso uso pubblico di un bene co-mune, lo conduce a un’inevitabile esaurimento. Ma alcune risorse, unavolta create, non possono essere esaurite. Con le parole di Thomas Jeffer-son: «colui che riceve un’idea da me, riceve egli stesso istruzione senza di-minuire la mia; come colui che accende la propria candela alla mia riceveluce senza ridurmi al buio». Un’idea non è sminuita quando più persone lausano»). Citato da http://creativecommons.org/about/legal/.

(24) Tale fenomeno si chiama «effetto rete» ed è noto nella analisi eco-nomica del mercato del software. Vedi ad esempio l’Ordine del Presi-dente del Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Co-munità Europee del 22/12/2004, causa T-201/04 Microsoft c/ Commis-sione, par. 15.

(25) Un esempio sovente citato è quello di MySQL, un best sellernel settore dei data base relazionali, che viene rilasciato sia sotto li-cenza proprietaria che sotto licenza GNU GPL, come discusso inhttp://www.mysql.com/company/legal/licensing/.

(26) È la tesi di E. Moglen, in www.gnu.org/philosophy/enforcing-gpl.html.E. Moglen, professore di diritto alla Columbia Law School, è il legale del-la Free Software Foundation, dell’Open Source Development Laboratorye del Software Freedom Law Centre, nonché uno degli autori principalidella GNU GPL

(27) Per riprendere l’artifizio retorico di M. Ricolfi, op. cit. 382, in nota.

frutto di un errato approccio metodologico, in quantol’autore non restringe la libertà altrui, non genera un re-gime nuovo, ma consente alcuni usi che sarebbero altri-menti vietati per legge generale in difetto di un atto au-torizzativo, ritenendo l’opera sotto il regime generale deldiritto d’autore. La licenza pubblica, dunque, opera diper sé, senza alcuna accettazione, in quanto e per quan-to ha forza espansiva dei diritti di utilizzazione economi-ca rispetto a un divieto generale. Non crea un regime didiritto d’autore nuovo, mantiene il regime giuridico vec-chio, consente eccezionalmente alcuni usi a favore dichiunque se ne voglia e se ne possa giovare (28), (cosache consente il dual licensing, che altrimenti avrebbe pro-blemi di causa).D’altronde, non è nemmeno vero che la licenza impon-ga determinati comportamenti. Altro sarebbe imporreuna clausola del tipo «chiunque usi questo programmadeve recarsi in pellegrinaggio alla Mecca due volte nel-la vita», altro è limitare gli utilizzi propri e intrinseci delprogramma o del contenuto autorale. La stessa clausoladi «copyleft», che impone la propria viralità ai contenu-ti derivati, deve essere vista come parte della condizio-ne di liceità, non certo un’obbligazione (29), in quantonon vincola nessuno, ma semmai conferisce una libertà(30). Chi decide di utilizzare opere di altri per trarne diderivate può farlo soltanto se a ciò sia autorizzato dal-l’autore o dalla legge. Qui l’autore lo consente, ma acondizione che la distribuzione avvenga con la stessa li-cenza del prodotto incorporato. Se al secondo autoreciò non sta bene, semplicemente rinuncia ad avvalersidell’opera altrui, o semplicemente non distribuisce il ri-sultato di tale incorporazione. Sempre in tema di «vira-lità», se Tizio usa parte del software di Caio, soggetto al-la GNU GPL, per fare un programma, non per questo ilsecondo programma derivato viene ipso facto sottopostoa tale licenza, semplicemente, come qualsiasi altro au-tore di opere derivate Tizio ha usato illecitamente ilsoftware di Caio per trarne delle opere derivate. Allostesso modo chi usa il software della società Alfa, nonvede il proprio prodotto divenire «per accessione» diproprietà di Alfa, semplicemente Alfa potrà intimare aBeta di smettere la produzione e la distribuzione delsoftware derivato, se non dietro previo accordo di licen-za. Chi afferma caratteristiche «predatorie» alle licenzedi copyleft, dunque, non afferma il vero, perché anzi ilfunzionamento di tali licenze si basa sul rispetto del di-ritto d’autore, e sulla sua non calpestabilità. L’obbligo eil diritto mutualmente si tengono, simul stabunt, simulcadent, nulla più, cessando l’uso del diritto, cessa l’obbli-go, e viceversa.

ConclusioniRiteniamo di aver dimostrato che non è necessario ri-correre alla qualificazione di «contratto» per riconoscerevincolatività delle licenze pubbliche. Ciò significa che lelicenze pubbliche non siano anche contratti? Sicuramen-te no. Se il titolare dei diritti di utilizzazione riesce a «far-

si firmare» una licenza d’uso dall’utilizzatore, tale con-tratto potrà essere vincolante.Ciò che sostengo è che non è necessario passare per lateoria contrattuale per avere una vincolatività della li-cenza pubblica. Essa è dunque vincolante per forza stes-sa del diritto d’autore, per la natura del tutto peculiaredell’oggetto di essa, e in virtù di un affidamento sociale.Per cui può rimanere vincolante non solo in tutti i casiin cui un contratto sarebbe nullo (ad esempio, per que-stioni di forma) o annullabile (ad esempio, per errore,violenza o dolo), quantomeno nel suo nucleo fonda-mentale, o ancora in quanto parte del contenuto con-trattuale della licenza sia nullo (ad esempio nel caso diclausola limitativa della responsabilità contraria allanorma imperativa dell’art. 1229 Codice civile), anchenel caso in cui non si passi il test dell’art. 1419 Codice ci-vile in tema di nullità parziale, addirittura in caso di unaesplicita volontà di una delle parti di non volersi vinco-lare o, da ultimo, in caso di soppressione delle condizio-ni di licenza dal contenuto o dal software (caso quest’ul-timo molto più realistico) così come nel caso di riusofraudolento del codice o dei contenuti.

I CONTRATTI N. 7/2006 727

ARGOMENTI•DIRITTO D’AUTORE

Note:

(28) Tralasciamo di dimostrare, per la parziale estraneità al tema e per lanon necessità di ricorrere ad esso, l’enunciato secondo cui la GNU GPLe le Creative Commons abbiano raggiunto la condizione di «uso normati-vo».

(29) Non è pertanto condivisibile, a mio parere, la posizione di N. Bo-schiero, Le licenze F/OSS nel diritto internazionale privato: il problema dellequalificazioni, in Annali AIDA 2004, 219 secondo cui «Resta comunquela considerazione per la quale il meccanismo contrattuale è l’unico a po-ter validamente vincolare l’autore del lavoro derivato a ridistribuire se-condo i termini della GPL», mentre l’Autrice svolge peraltro un’analisimolto approfondita, e per lunghi tratti condivisibile, sulla molteplicitàdelle qualificazioni possibili, in un certo senso coerente con la premessache abbiamo utilizzato in esordio a questo articolo.

(30) Si tratta pertanto al massimo di un’obbligazione negativa, non posi-tiva. Obbligazione negativa la cui forza proviene immediatamente dallastessa legge, che riserva all’autore e ai suoi aventi causa il diritto di vieta-re gli usi confliggenti con il diritto di sfruttamento economico dell’opera.Per cui preferirei parlare di obbligo, non di obbligazione.

I CONTRATTI N. 7/2006728

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

Unificazione del diritto contrattuale delle assicurazioni: alle origini di un progetto

La materia del contratto di assicurazione è attual-mente oggetto di una disciplina, in continua evo-luzione, che trova il suo nucleo fondamentale nel

codice civile, segnatamente nelle norme che riguarda-no il contratto in generale e nel capo XX, dedicato alcontratto di assicurazione, nonché in alcune leggi spe-ciali (1). Le divergenze legislative esistenti tra i diversi Stati mem-bri, tuttavia, restringono la possibilità di scelta tra le po-lizze, impedendo i vantaggi delle economie di scala e diun meccanismo concorrenziale più efficiente (2). Il tentativo di costruire una tipizzazione uniforme delcontratto di assicurazione ha dapprima investito unaproposta di direttiva (3), subito abbandonata, per poi es-sere riabilitato dal parere di iniziativa dello EuropeanConsumer Law Group avente ad oggetto l’esigenza di unacerta armonizzazione della legislazione relativa ai con-tratti di assicurazione dei consumatori in seno alla Co-munità (4). Il fallimento della «Proposta di direttiva del Consiglioper il coordinamento delle disposizioni legislative, rego-lamentari e amministrative riguardanti il contratto di as-

Il contratto di assicurazioneeuropeo: tra modello opzionale ed e-insurancedi NICOLA BRUTTI

Le legislazioni degli Stati membri in materia di contratto di assicurazione sono attualmente oggettodi un rilevante processo di armonizzazione a livello europeo, che coinvolge l’offerta di prodotti assi-curativi attraverso le nuove tecnologie di comunicazione. Tra le proposte in discussione, risalta il pro-getto alquanto ambizioso di una disciplina uniforme sul contratto di assicurazione.Le iniziative sino ad oggi intraprese in sede europea, tuttavia, evidenziando notevoli discordanze difondo sulle priorità da assegnare e soffrendo una serie di impedimenti di carattere sistematico, sten-tano a tradursi in provvedimenti vincolanti. Per questi motivi sembra opportuno interrogarsi sui prin-cipali nodi critici e sulle rigidità del processo, riflettendo su aspetti quali la frammentarietà della le-gislazione speciale e la notevole complessità di varianti che caratterizzano la macrotipologia del con-tratto di assicurazione.

Note:

(1) Tra i più interessanti contributi sul riassetto normativo interno, conparticolare riferimento al recente D.Lgs n. 209 del 7 settembre 2005,G.U. n. 239 del 13 ottobre 2005 («Nuovo codice delle assicurazioni pri-vate»), S. Sica, Polizze più chiare per l’assicurato, in Guida dir., 2005, 11, 70ss.; A. Gambino, Note critiche sulla bozza del codice delle assicurazioni priva-te, (Relazione in occasione della presentazione della bozza del Codice del-le assicurazioni Private presso il Ministero delle Attività Produttive in da-ta 10 dicembre 2003), pubblicata in Giur. comm., 2004, 31.5, 1035 ss.; F.Carbonetti, A che cosa serve e come si è arrivati al Codice delle assicurazioni

private, in Milano Finanza, 17 settembre 2005; Consiglio di Stato, «Parere14 febbraio 2005, n. 11603 sul nuovo codice delle assicurazioni», in Giu-stizia-Amministrativa.it; G. Gabrielli, Obbligo di contrarre e libertà di deter-minazione delle condizioni contrattuali in capo alle imprese esercenti l’assicura-zione della responsabilità civile da circolazione di mezzi di trasporto: una convi-venza difficile, in Studi in onore di P. Schlesinger, Milano, 2004, IV, 2517-2543.

(2) «Se il diritto applicabile a una polizza varia a seconda del luogo in cuiessa è venduta, il diverso contesto giuridico di ciascun paese influirà sulcalcolo del rischio, incidendo così anche sul funzionamento della leggedei grandi numeri su cui il mercato assicurativo si basa». Così «Parere delComitato economico e sociale europeo sul tema il contratto di assicura-zione europeo» (G.U. n. C 157 del 28 giugno 2005, 7).

(3) Cfr. COM(79) 355 def., G.U. C 190 del 28 luglio 1979, modificata daCOM(80) 854 def., G.U. C 355 del 31 dicembre 1980. Per un’introdu-zione al tema trattato, che ha destato, in epoca recente, rinnovato inte-resse: J. Basedow, Insurance Contract Law as Part of an Optional EuropeanContract Act, in «ERA-Forum (Scripta Iuris Europaei)», 56-65 (2003);Id. e T. Fock (ed.), Europäisches Versicherungsvertragsrecht, Tübingen, I e II2002, III 2003; F. Reichert-Facilides (ed.), «Insurance Contracts», in In-ternational Encyclopaedia of Comparative Law, XI, VI; M. Hernández Ar-ranz, El seguro de responsabilidad civil ante la armonización del derecho euro-peo de contratos, in Bases de un derecho contractual europeo (S. EspiauEspiau, A. Vaquer Aloy), Editorial Tirant Lo Blanch, Valencia (2003)521-532; M.A. Clarke, The Law of Insurance Contracts, London, 2004;Id., Loss Prevention and Aggravation of Risk: The Prospects of Reform, Octo-ber 2003, in www.hull.ac.uk/law/docs/maritimelecture03.pdf; A. Antonuc-ci, L’armonizzazione in tema di contratti assicurativi, Intervento al seminariosvoltosi a Roma il 21 novembre 2003 su «La giurisprudenza sulle discipli-ne di attuazione delle direttive comunitarie», Nuova giur. civ. comm.,2004, n. 1; M. Florian, Verso l’unificazione del diritto nel contratto di assicu-razione in Europa. Il «Restatement of European Insurance Contract Law», inDir. econ. ass., 2002, 2, 315-321; D. Cerini, Prodotti e servizi assicurativi :distribuzione e intermediazione, Milano, 2003; M. Frigessi Di Rattalma(ed.), The Implementation Provisions of the E.C. Choice of Law Rules for In-surance Contracts. A Commentary. Belgium, France, Germany, Italy, TheNetherlands, Spain, United Kingdom, The Hague: Kluwer Law Internatio-nal, 2003; Id., Luci e ombre del nuovo diritto internazionale privato sul con-tratto di assicurazione, in Dir. econ. ass., 1996, 329 ss.

(4) Cfr. «ECLG-Consumer Insurance», in Journal of Consumer Policy(1986), 205-228.

sicurazione» del lontano 1979, fu causato soprattutto dalprevalere della posizione, caldeggiata dal governo bri-tannico, che giudicò più urgente occuparsi dei controlliamministrativi sulle compagnie assicurative e sui premie le condizioni economiche da esse praticate, che dedi-carsi all’armonizzazione della norma contrattuale (5). Tuttavia, si può affermare che il progetto, pur non di-ventando operativo, non è mai stato definitivamenteabbandonato, dando luogo in questi ultimi anni all’ela-borazione di documenti a carattere prevalentementeprogrammatico. La costruzione di un modello unitariodel contratto europeo di assicurazione è attualmente al-lo studio del gruppo di lavoro sul «Restatement del con-tratto europeo di assicurazione» (6).Un quadro comune di riferimento prevede, accanto aiprincipi fondamentali di diritto contrattuale- quali rego-le sulla conclusione, validità e interpretazione dei con-tratti, nonché sull’adempimento ed inadempimento, in-clusi i possibili rimedi- modelli di regole specifiche sulcontratto di assicurazione, con particolare attenzione adue tipologie di contratto: i contratti di assicurazione edi contratti dei consumatori. Le leggi in tema di contratti di assicurazione - quantomeno le norme semivincolanti - puntano a proteggere laparte più debole e da un punto di vista funzionale posso-no quindi essere denominate «leggi di protezione delconsumatore» (7). Tradizionalmente, però, la tutela del-l’assicurato va ben al di là del diritto generale dei consu-matori: oltre ai privati, infatti, anche i piccoli imprendi-tori sono protetti al momento di stipulare un’assicurazio-ne (8). Il «Parere del Comitato economico e sociale europeo sultema il contratto di assicurazione europeo», costituendoun prezioso riepilogo delle principali proposte maturate, inquesti anni di riflessione, in seno al Gruppo di lavoro sulRestatement of European Insurance Contract, riveste un no-tevole interesse. Secondo il Gruppo di Lavoro, l’imple-mentazione di soluzioni uniformi, quindi l’elaborazione diuna disciplina minimale in grado di coprire le problemati-che più ricorrenti nei rapporti tra assicuratore ed assicura-to (nei contratti di massa), richiede preventivamente l’e-laborazione di una terminologia uniforme, collegata an-che al processo di unificazione del diritto dei contratti edalla formazione di un codice civile europeo (9).

Le difficoltà della ricomposizione Le norme comunitarie susseguitesi negli ultimi decenni,aventi ad oggetto specificamente il campo assicurativo,hanno sensibilmente contribuito ad innovare, pur nelsolco di una finalità di armonizzazione minima avente adoggetto in prevalenza l’organizzazione dell’attività assi-curativa, rilevanti profili del tessuto normativo contrat-tuale.Ad una prima analisi, è ravvisabile una politica di deli-mitazione minima dei margini di discrezionalità dei sin-goli Stati membri nella elaborazione delle norme riguar-danti il contratto di assicurazione.

Il legislatore comunitario ha, infatti, perseguito, da unlato, una graduale liberalizzazione del settore in vista del-la realizzazione della libertà di prestazione dei servizi as-sicurativi, erodendo ad esempio le spinte protezionisti-che e dirigistiche che giungevano ad avocare allo Statola predisposizione di tariffe e contenuti contrattuali, dal-l’altro, ha ridisegnato, in modo ancora incompleto, lamappa delle protezioni e delle tutele a favore dei sogget-ti più deboli, i consumatori, nella metamorfosi comples-siva delle dinamiche di contrattazione che l’avventodelle nuove tecnologie e l’apertura di nuovi mercatihanno comportato.Le proposte degli anni settanta sull’unificazione della di-sciplina in materia di contratto di assicurazione hanno,invece, incontrato ostacoli insormontabili come l’in-concilabilità delle norme imperative presenti nella legi-slazione dei singoli Stati membri, riguardanti i contrattidi assicurazione vita, di assicurazione non vita per rischidi massa e di assicurazione obbligatoria, nonché l’etero-geneità dei regimi della responsabilità civile per la circo-

I CONTRATTI N. 7/2006 729

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

Note:

(5) Soluzione suggerita dalla Corte di Giustizia CE nella sentenza del 4dicembre 1986, in Racc., 1986, 3755 (Commissione contro Germania).

(6) Project Group: Restatement of European Insurance Contract Law (Grup-po di progetto: Nuova formulazione della normativa europea in materiadi contratti di assicurazione) diretto e coordinato dal Prof. Dr. Fritz Rei-chert Facilides LL.M. dell’Università di Innsbruck e composto di emi-nenti giuristi e specialisti di diritto assicurativo provenienti da 15 paesieuropei.

(7) Cfr. «Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema ilcontratto di assicurazione europeo» (G.U. n. C 157 del 28 giugno 2005,1-15); Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e alConsiglio «Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis: prospet-tive per il futuro», 11/10/2004, COM(2004) 651 def., 13. Cfr. anche Co-municazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio«Maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo. Un piano d’azio-ne», 12/2/2003, COM(2003) 68 def. Per un’analisi generale su questi te-mi, si veda G. Alpa, I progressi del diritto contrattuale europeo, Sintesi dellarelazione presentata alla giornata di studio organizzata da CNF, Accade-mia Virgiliana e Gruppo Italiano dell’Associazione Henri Capitant aMantova il 23 aprile 2005.

(8) Cfr. il «Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema ilcontratto di assicurazione europeo», cit., 6.2.1. che osserva come «Nelquadro di un’armonizzazione del diritto europeo dei consumatori, la CE ètenuta a fornire a questi ultimi un livello di tutela elevato (cfr., ad esem-pio, l’art. 95, par. 3, del Trattato CE). Questa impostazione vale anche pergli atti legislativi basati su altri articoli del Trattato che attribuiscono allaCE una competenza legislativa (nel settore delle assicurazioni, si tratta disolito dell’art. 47, par. 2, in collegamento con l’art. 55 del Trattato CE).Di conseguenza, un’iniziativa volta ad armonizzare la normativa in mate-ria di contratto di assicurazione dovrebbe prevedere un elevato livello diprotezione per il contraente».

(9) In questo senso si vedano le importanti iniziative dirette all’adozionedi una normativa uniforme su base volontaria contenute nel testo elabo-rato dal Comité Européen des Assurances sulla European Good PracticeGuide for Insurance Business on the Internet, 2001, 1-8 che può essere con-siderato un primo decalogo del contratto di assicurazione in Internet cuile imprese possono dichiarare di aderire volontariamente, dove si affer-ma: «Insurance undertakings individually declare their decision to com-ply with the criteria laid down in this Guide and indicate this commit-ment on the home page of their site by displaying a common label refer-ring to the Guide»; cfr. anche International Association of Insurance Super-visors (IAIS), Insurance Core Principles, October 2000.

lazione dei veicoli che avrebbero, comunque, determi-nato un innalzamento dei premi assicurativi. Sotto un profilo di diritto internazionale privato, le clau-sole sulla scelta del diritto applicabile sono adottabili so-lamente riguardo al settore non vita dei grandi rischi(10), mentre nell’assicurazione dei rischi di massa l’assi-curatore deve normalmente calibrare il prodotto sulcontesto giuridico del luogo di residenza abituale del sot-toscrittore della polizza (11). Ciò conferma una rilevan-te frammentazione del quadro giuridico, che, non solodetermina costi assicurativi più elevati, ma può portare adistorsioni del regime concorrenziale.Nonostante ciò, l’armonizzazione europea risulta presso-ché completa in materia di controlli amministrativi sul-le compagnie di assicurazione, grazie a tre generazioni didirettive in materia assicurativa (12), mentre, per quan-to attiene al diritto contrattuale l’armonizzazione è piùlimitata, concentrandosi soprattutto su questioni di di-ritto internazionale privato e diritto internazionale diprocedura. Tutto ciò non ha impedito una proliferazionedelle normative nazionali, riguardante la grande maggio-ranza delle norme su aspetti di diritto sostanziale, cui faeccezione una discreta armonizzazione nella materia del-l’assicurazione RC Auto. Le maggiori esigenze di armonizzazione delle norme con-trattuali- in vista della realizzazione di condizioni non di-scriminatorie per la libera prestazione dei servizi nell’am-bito del mercato interno- si pongono in relazione alle as-sicurazioni obbligatorie sulla responsabilità civile (13). Le professioni regolamentate e le attività pericolose sonoad esempio oggetto di obbligo assicurativo, mentre piùrare appaiono le assicurazioni obbligatorie su beni (inFrancia è ad esempio attiva dal 1982 l’assicurazione ob-bligatoria sulle catastrofi naturali) (14). Le assicurazioniobbligatorie garantiscono una protezione rafforzata del-l’assicurato e del terzo danneggiato, attraverso la fissazio-ne autoritativa della durata e dell’entità dell’estensionedella garanzia, delle franchigie, più raramente del premio(15), ovvero attraverso un regime limitativo delle ecce-zioni opponibili da parte della compagnia assicuratrice e

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CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

tiva del Consiglio 90/619/CE), sembra quasi un palliativo in luogo del fal-limento della proposta avente ad oggetto l’armonizzazione del contrattodi assicurazione, ad avviso di J. Basedow, Insurance Contract Law, cit., 2 ss.che osserva: «Under these rules an agreement of the parties on the appli-cable law is valid as far as large risks of the non-life insurance sector areconcerned. With regard to small risks and life insurance, however, it is ge-nerally the law of the insured’s habitual residence wich will be applied.».Anche potendo scegliere di radicare convenzionalmente la giurisdizionenello Stato dove hanno sede, le compagnie si troverebbero di fronte alproblema della necessaria applicazione, in caso di polizze transfrontaliere,delle norme inderogabili del paese dove risiede il sottoscrittore. Ad esem-pio laddove uno Stato imponga l’obbligo di assicurazione, il contratto do-vrebbe rispettare i requisiti dettati dalla legge di quello Stato. Cfr. artt. 9-13 del Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’e-secuzione delle decisioni in materia civile e commerciale G.U. n. L012del 16 gennaio 2001, 1-23.

(12) Queste ultime possono essere sintetizzate come segue: «seconda di-rettiva 88/357/CEE del Consiglio, del 22 giugno 1988, recante coordina-mento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relati-ve all’assicurazione diretta del ramo non vita, che fissa le disposizioni de-stinate a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi eche modifica la direttiva 73/239/CEE» (G.U. L 172 del 4 luglio 1988, 1,ultima modifica: G.U. L 228 dell’11 agosto 1992, 1), in particolare art. 2,lettere c) e d), artt. 3, 5, 7 e 8; «direttiva 92/49/CEE del Consiglio, del 18giugno 1992, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regola-mentari e amministrative relative all’assicurazione diretta diversa dall’assi-curazione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE(terza direttiva «assicurazione non vita»)» (G.U. L 228 dell’11 agosto1992, 1, ultima modifica: G.U. L 35 dell’11 febbraio 2003, 1), in partico-lare art. 1, lettere a) e b), artt. 27, 28, 30 e 31; «direttiva 2002/83/CE delParlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all’as-sicurazione diretta sulla vita (G.U. L 345 del 19 dicembre 2002, 1), in par-ticolare artt. 32 e 33; «direttiva 2005/14/CE del Parlamento europeo e delConsiglio dell’11 maggio 2005 che modifica le direttive del Consiglio72/166/CEE, 84/5/CEE e 90/232/CEE e la direttiva 2000/26/CE del Parla-mento europeo e del Consiglio sull’assicurazione della responsabilità civi-le risultante dalla circolazione di autoveicoli». Per un esame del quadronormativo contraddistinto dalla suddivisione tra assicurazione contro idanni e assicurazione sulla vita, si rinvia ad A. Donati, G. Volpe Putzolu,Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 2002, 107 ss.

(13) Tale è l’obiettivo anche alla luce delle considerazioni espresse nel pa-rere del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) sul contratto diassicurazione europeo (p. 3): «Per promuovere in modo concreto la crea-zione di un mercato interno delle assicurazioni, è necessario armonizzareo unificare le limitazioni alla libertà di contratto assicurativo: di conse-guenza, i contratti (standard) rispettosi di tali norme uniformi potrebberoessere offerti, in un quadro competitivo, in tutti i paesi europei, il che fa-rebbe emergere a sua volta un mercato indiviso.»

(14) Cfr. J. Kullmann, Solidarité et assurance, Relazione tenuta a Tegucigal-pa, Honduras, 12-13 Mars, 2001, www.proventionconsortium.org/files/hon-duras_031101/Kullmann-French.pdf.

(15) La Corte di Giustizia ha riconosciuto il principio della libertà tariffa-ria (causa C-59/01, del 25 febbraio 2003, Commissione delle Comunitàeuropee contro Repubblica italiana), stabilendo che «Avendo istituito emantenuto in vigore un sistema di blocco delle tariffe applicabile a tutti icontratti di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circola-zione dei veicoli a motore, relativi a un rischio situato sul territorio italia-no, senza distinzione fra le compagnie di assicurazione che hanno sede inItalia e quelle che ivi svolgono le proprie attività tramite succursali o in re-gime di libera prestazione dei servizi, in violazione del principio della li-bertà tariffaria di cui agli artt. 6, 29, e 39 della direttiva del Consiglio 18giugno 1992, 92/49/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regola-mentari e amministrative riguardanti l’assicurazione diretta diversa dall’as-sicurazione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE(terza direttiva assicurazione non vita), la Repubblica italiana è venutameno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva». Cfr. M.Frigessi Di Rattalma, Blocco delle tariffe assicurative e responsabilità dello Sta-to per violazione del diritto comunutario: riflessioni a margine di Corte di giusti-zia 25 febbraio 2003 C-59/01, in Dir. econ. ass., 2003, 4, 629 ss.

Note:

(10) Non va peraltro dimenticato che «il diritto delle parti alla libera scel-ta della legge applicabile al contratto di assicurazione, assoluto per i grandirischi (art. 27), può essere comunque temperato dall’esigenza di rispettare ilimiti di interesse generale del paese in cui il rischio è situato (art. 28), se-condo i criteri più volte fissati dalla Corte di giustizia e ripetuti nel pream-bolo della direttiva (considerando n. 19)». Così, a proposito della cd. terzadirettiva non vita (92/49/CEE), R.A. Capotosti, La disciplina definitiva delleassicurazioni private contro i danni, in Assicurazioni, 1992, II, 141; cfr., inol-tre, di recente N. De Luca, F. Di Fonzo, L’assicurazione dei grandi rischi, inDir. econ. Ass., 2004, II, 446, secondo il quale «rispetto alla copertura deirischi di massa, relativamente alla quale si pongono problemi di tutela del-la parte più debole, quella dei grandi rischi si connota per l’effettiva e con-sapevole comunione di interessi tra i soggetti coinvolti, coincidente nellafinalità di neutralizzare il rischio nel modo più efficace».

(11) Tali clausole non sono ammissibili, ad esempio, nel trasporto effet-tuato in uno Stato membro da un vettore avente sede in un altro Statomembro. La Choice of Law Rule, introdotta con le direttive di seconda eterza generazione (art. 7 Direttiva del Consiglio 88/357/CE, art. 4 Diret-

il riconoscimento al terzo dell’azione diretta verso di es-sa (16). Il rischio che un regime obbligatorio possa conculcare diper sé la libertà contrattuale risponde, come osservanoalcuni, ad una preoccupazione più teorica che pratica,dal momento che, potendo gli operatori proporre garan-zie complementari a quelle legali di base, nulla impedi-sce che gli effetti positivi della concorrenza si esplichinoin presenza di una struttura contrattuale minima (17).

Contratto di assicurazione europeo come optionalUn’armonizzazione delle normative in materia di con-tratti di assicurazione comporta, comunque, la necessitàdi presidiare le norme obbligatorie o semi obbligatorie-previsioni nelle quali eventuali deroghe sono ammessesolamente a favore dell’assicurato- tracciando limitiomogenei alla libertà contrattuale al fine di tutelare l’or-dine pubblico ed il titolare della polizza, o i terzi per con-to dei quali viene sottoscritta (18).Ciò contribuirebbe a rendere più certe, e quindi ad age-volare, le operazioni transfrontaliere di assicurazione avantaggio dei consumatori, della concorrenza tra gli assi-curatori e degli intermediari assicurativi, che potrebberoprestare, con maggiori garanzie, i propri servizi anche at-traverso Internet.Tali prospettive, portando, per definizione, in primo pia-no la questione del rapporto tra regole locali e regoletransnazionali, paiono utili proprio per sondare eventua-li implicazioni e conseguenze sul processo di unificazionecontrattuale (19).Nella pratica una maggior omogeneità negli schemi

contrattuali sembra raggiungibile con l’adozione di unaserie di clausole standard, soprattutto a carattere semiob-bligatorio, incorporate in un modello di contratto aven-te valore facoltativo, fermo restando che, dal momentoin cui è adottato, diventerà vincolante in tutti i suoi ter-mini ed elementi per le parti contraenti (20). Il parere del «Comitato Economico e Sociale sul Con-tratto di assicurazione europeo», concentrandosi, in que-sta prima fase, sulle norme imperative e sulla parte gene-rale della normativa in materia di contratto di assicura-zione, enumera gli aspetti da armonizzare in via priorita-ria (21). Questi ultimi sono costituiti da: a) gli obblighiprecontrattuali, soprattutto l’informazione precontrat-tuale minima; b) la formulazione del contratto (22); c)la natura, gli effetti e i requisiti formali della polizza assi-curativa (23); d) la durata del contratto, il rinnovo e lacessazione; e) gli intermediari assicurativi; f) l’aggrava-

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CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

derecho contractual europeo, cit., 522 ss. In altri ordinamenti come l’italia-no ed il francese, incluso quello comunitario, non vi è sovrapposizione trale due discipline.

(17) Lo sottolinea J. Kullmann, Solidarité et assurance, Relazione tenuta aTegucigalpa, Honduras, 12-13 Mars, 2001, cit., 3-4. Un’apertura di credi-to alla capacità del mercato di autoregolarsi, prescindendo dall’imposizio-ne di obblighi legali a contrarre, sul modello anglosassone, è ravvisabile inG. Gabrielli, op. cit., 2518 per il quale il fondamento del predetto obbligonon può essere ravvisato soltanto in ragione dell’onere di contrarre a pro-pria volta imposto a chi metta in circolazione determinati mezzi di tra-sporto, in un sistema nel quale alle imprese è riconosciuta piena libertà dideterminazione delle tariffe; la circolazione degli autoveicoli farebbe ec-cezione per la straordinaria rilevanza dell’impiego di mezzi di trasporto,quale strumento di realizzazione della stessa libertà dell’individuo. A con-ferma dell’assunto, l’A. cita i numerosi casi di assicurazione obbligatoriaper gli utenti, ma non per le imprese. Sulla portata del divieto di abbina-mento contenuto nell’art. 170 del «Nuovo codice delle assicurazioni pri-vate», come aspetto dell’obbligo legale a contrarre, si veda, S. Sica, Poliz-ze più chiare per l’assicurato, cit., per il quale «Salvo il divieto di confezio-nare tiying contracts a presidio dell’obbligo legale a contrarre, in ragionedel quale la compagnia è tenuta ad offrire forme di copertura rca obbliga-toria in via autonoma, senza prestazioni aggiuntive, la norma, nel com-plesso parrebbe legittimare le garanzie «a pacchetto» considerati i possi-bili vantaggi per il consumatore e per l’opportunità di differenziazione del-l’offerta che essa comporta, garantendo la libertà d’inziativa del mercatosui rami non obbligatori».

(18) Il nesso tra norme sui contratti in generale e norme sul contratto diassicurazione va considerato attentamente prima di tentare un’opera diunificazione. Si pensi alla diversa rilevanza che assume la regola dell’am-missibilità di contratti a favore di terzi, a seconda che in un paese sia pre-sente sotto forma di deroga alle norme sui contratti (es. negli ordinamen-ti di common law dove il principio della privity of contract subisce deroga re-lativamente al contratto di assicurazione), ovvero sia contemplata all’in-terno di esse in via ordinaria. Cfr. J. Basedow, Insurance Contract Law, cit.,III; G.H. Treitel, The Law of Contract, London, 2000, 582-588.

(19) Cfr., in tal senso, L. Vacca, Cultura giuridica ed armonizzazione del di-ritto europeo, in Eur. dir. priv., 2004, 1, 59; sul processo di creazione di undiritto uniforme dei contratti a livello europeo, si veda altresì, M.J. Bo-nell, Verso un Codice Europeo dei Contratti?, Ib., 1998, 171 ss.

(20) Così si esprime il Parere Cese, cit., 5, che privilegia, quale strumen-to comunitario per l’adozione di tale modello, il regolamento. Ciò nonpotrebbe pregiudicare le «esigenze imperative dell’ordinamento comuni-tario», categoria aperta nella quale «la Corte di Giustizia ha inserito adesempio la tutela dei consumatori, dei lavoratori, dell’ambiente, dellacoerenza fiscale». Così L. S. Rossi, L’incidenza dei principi del diritto comuni-tario sul diritto internazionale privato: dalla «comunitarizzazione» alla «costitu-zionalizzazione», in Riv. dir. intern. priv. process., 2004, n. 1, 82.

(21) In particolare, si sottolinea come l’azione più urgente sia quella di ar-monizzare le norme generali della normativa in materia di contratti di as-sicurazione, sempre che abbiano valore imperativo. Tale armonizzazioneavrebbe come risultato immediato la creazione di un mercato interno del-l’assicurazione per tutti i rami non soggetti a norme giuridiche specifichee imperative. Una volta portato a termine questo compito, tuttavia, biso-gnerebbe procedere ad armonizzare anche i rami assicurativi regolamen-tati, ad esempio quello vita e quello malattia.

(22) Il requisito è agevolmente riferibile all’obbligo di rendere le polizzeleggibili e comprensibili e di fare in modo che le rispettive condizioni ge-nerali e specifiche siano rese note nella fase precontrattuale e prima dellasottoscrizione, nonché all’individuazione di alcune clausole inique odabusive usualmente rinvenibili nelle polizze. Su questi aspetti si vedano ilparere di iniziativa del Cese sul tema «I consumatori nel mercato delle as-sicurazioni» (Cese 116/98 del 29 gennaio 1998) e lo studio commissiona-to dalla Commissione e coordinato dal Centro di diritto dei consumatoridell’Università di Montpellier (contratto AO-2600/93/009263) sulleclausole abusive presenti in alcuni contratti di assicurazione, oltre che lerecenti proposte della Commissione in materia di credito al consumo(COM (2002) 443 def.).

(23) Questi aspetti attengono alla parte generale del diritto dei contrattidi assicurazione.

Note:

(16) La diversa natura giuridica dei due contratti (assicurazione obbliga-toria ovvero volontaria), basata sul divario esistente tra gli interessi che siintende proteggere, rende necessario il mantenimento di regimi giuridicidistinti, circostanza che risulta eccezionalmente disattesa nell’ordina-mento spagnolo, dove si stabilisce un regime giuridico praticamente uni-co quanto ai presupposti ed agli effetti (artt. 73 e seguenti della Ley deContrato de Seguro). Cfr. M. Hernández Arranz, El seguro de responsabili-dad civil ante la armonización del derecho europeo de contratos, in Bases de un

mento dei rischi; g) il premio assicurativo (24); h) l’e-vento assicurato; i) le assicurazioni in conto terzi.La descrizione delle priorità non dovrebbe indurre a tra-scurare quelle zone grigie, che rischiano di celare incom-prensioni e visioni riduttive della problematica contrat-tuale. Si fa riferimento alle interferenze tra profilo dell’atto, in-teso come accordo che scaturisce dall’espressione este-riorizzata della volontà, ed il piano del rapporto giuridi-co da esso scaturente, di particolare rilevanza in un clas-sico contratto di durata, come quello di assicurazione.Non a caso, accanto alle clausole abusive, è stato corret-tamente citato le silence abusif, quale fattispecie intersti-ziale tra la disciplina degli obblighi di informazione pre-contrattuali e quella sulla formulazione del contratto,che richiama, nel nostro ordinamento, l’interpretazionesecondo buona fede (25). Secondo quanto emerso nel-l’esperienza francese delle clausole di esclusione della ga-ranzia, ad esempio, la sanzione di abusività potrebbe es-sere esclusa per la necessità di evitare l’assenza di alea cuiè preordinata la clausola medesima. Tuttavia, l’assicura-to potrà ricorrere ad altri mezzi, quali ad esempio il doloprevisto dall’art. 1116 del Code Civil, qualora la compa-gnia intenda applicare la clausola al di là di quella speci-fica esigenza (26).Certe polizze d’assicurazione, inoltre, restano imprecise otacciono riguardo agli obblighi di pagamento del pre-mio, comportando per i sottoscrittori l’ignoranza dellemodalità di esecuzione dei loro obblighi (27).Altre perplessità potrebbero destare i principi fonda-mentali che disciplinano la conclusione e la validità diun contratto di assicurazione, i quali differiscono profon-damente a seconda degli ordinamenti giuridici degli Sta-ti membri dell’Unione. In alcuni paesi, ad esempio, ilperfezionamento dell’accordo avviene semplicementecon l’adesione dell’assicurato ad uno schema pubbliciz-zato dall’assicuratore, che assume la qualifica di un’offer-ta vincolante e non già di un mero invito ad offrire. Se lapolizza recapitata al sottoscrittore conterrà modifiche onovità, rispetto a quanto oggetto di adesione, ciò equi-varrà ad un dissenso, a meno che alcune norme specialiconsentano all’assicuratore di modificare unilateralmen-te il contenuto dei moduli. In altri ordinamenti, cheaderiscono ad un grado più elevato di formalismo, l’assi-curatore dovrà comunque sottoporre la polizza definitivaall’assicurato antecedentemente alla sottoscrizione,escludendosi la presenza di alcuna regola speciale chespieghi l’incorporazione di modifiche unilaterali al testodel contratto (28).La formula del contratto opzionale, al di là delle fisiolo-giche difficoltà terminologico-definitorie, potrebbe ri-sultare praticabile solo a patto di recepire al suo internoil massimo grado di tutela per l’assicurato, scaturente daun confronto tra i diversi ordinamenti degli Stati mem-bri, confronto che, a monte, presupporrebbe risolta lamedesima questione sul piano interno a ciascun ordina-mento interessato (29).

Osservazioni su e-insurance ed obblighi di informazioneCon l’avvento della società dell’informazione, l’incre-

I CONTRATTI N. 7/2006732

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

Note:

(24) In particolare, l’obbligo di corrispondenza tra premi e valore del ri-schio, soprattutto mediante il deprezzamento automatico degli oggetti as-sicurati a causa della loro età e corrispondente diminuzione dei premi.

(25) Si pensi al cliente che sottoscrive una polizza assicurativa per garantirsicontro i danni alla propria abitazione derivanti da «trombe, tempeste ed ura-gani». I danni gli provengono invece da una improvvisa e pesante nevicata.Sorta controversia con la società di assicurazioni sul significato della clausola,il giudice ritiene che essa sia operante e il cliente abbia diritto all’indennizzo;la decisione si fonda sugli artt. 1366 e 1370 Codice civile (Pret. Novara 8 feb-braio 1989, in Assic., 1990, 11, 90). La clausola di buona fede è stata applica-ta anche in una fattispecie in cui il cliente non aveva dato alla società assicu-ratrice avviso del sinistro secondo le modalità specificate in polizza; la buonafede richiede di valutare se diverse modalità di avviso possano o meno consi-derarsi equipollenti a quelle fissate dal contratto (Pret. Taranto 13 novembre1987, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1988, 233). Sulla giurisprudenza citata, G.Alpa, Fonti del diritto, clausola generale di buona fede, diritto giurisprudenziale, inM. Bessone (a cura di), Diritto giurisprudenziale, Torino, 1996.

(26) Secondo Cour d’Appel de Paris: «Considérant , sur le fond des choses,que s’il est vrai que le dol doit être prouvé et ce notamment dans son ca-ractère intentionnel, il n’en demeure pas moins que, de jurisprudenceconstante, le silence que l’un des contractants garde sur les éléments dé-terminants du contrat peut être constitutif d’un dol au sens de l’article1116 du Code civil et que cette règle s’applique de plus bel lorsque le con-tractant traitant est un professionnel qui fait souscrire à un profane uncontrat d’adhésion, ce qui est précisément le cas en l’espèce ....» (CA Pa-ris, 7 ème Ch.A, 4 décembre 2001, Dalloz 2002, n. 7, Resp. civ. et assur.,mars 2002, Comm. 120, note L Grynbaum); L. Bruguier-Crespy, Essai dedistinction entre le clauses définissant l’objet de la garantie et les clauses d’exclu-sion de garantie dans le contrat d’assurance, in www.glose.org, 32; J. Kull-mann, Clauses abusives et contrat d’assurance, (1996) R.G.D.A. 11.

(27) Cfr. anche Commissione CE, Bruxelles, 27 aprile 2000 COM(2000)248 def., Relazione della Commissione sull’Applicazione della Direttiva93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive neicontratti stipulati con i consumatori, 25, nota 52: «secondo uno studio con-dotto nel 1995 dal Centro di diritto del consumo dell’Università di Mont-pellier, certe polizze d’assicurazione facoltative passano sotto silenzio ele-menti riguardanti, ad esempio, l’obbligo di risposta dell’assicuratore alla di-chiarazione di sinistro, la nomina di un perito, i versamenti di acconti e co-sì via, cosa che può determinare «silenzi» abusivi. La base CLAB forniscenumerosi esempi nel settore delle assicurazioni di imprecisioni o silenzi abu-sivi. In materia di clausole contrattuali imprecise, la Corte di Cassazionebelga ha considerato abusiva una clausola che escludeva la garanzia di certidanni per il fatto che una clausola di esclusione poteva essere validamenteinvocata contro l’assicurato solo se le esclusioni in questione sono «chiare,esplicite e limitate»… (Clab BE 000447). Riguardo ai silenzi abusivi, la cor-te d’appello di Lione, con sentenza del 23 maggio 1996, ha dichiarato unaclausola abusiva poiché non subordina gli aumenti dei premi ad alcuna con-dizione sancita dal contratto e poiché conferisce alla compagnia di assicu-razioni un vantaggio eccessivo in quanto questa non è tenuta a giustificaregli aumenti dei premi da essa decisi… (Clab FR 000324). Analogamente,una giurisdizione di primo grado di Atene ha considerato abusiva una clau-sola… perché l’aumento di prezzo dei premi assicurativi non è definito dacriteri specifici e precisati nel contratto…(Clab GR 000189)».

(28) La diversità di impostazione è sottolineata da J. Basedow, InsuranceContract Law, cit., 4.

(29) Sul punto cfr. S. Sica, Polizze più chiare per l’assicurato, cit. e le criti-che alla tecnica della decodificazione, attraverso la recente proliferazionedi codici, nella materia contrattuale tipicamente regolata dal codice civi-le (A. Gambino, Note critiche sulla bozza del codice delle assicurazioni priva-te, cit., 1037) secondo un apparente ossimoro, caratterizzato dal fatto chei nuovi codici non sono altro che testi unici con velleità di discipline disettore. Sul fenomeno della «decodificazione», N. Irti, L’età della decodifi-cazione, Milano, 1992.

mento esponenziale delle transazioni transfrontalierepotrebbe risentire dell’assenza di omogeneità nelle poli-tiche contrattuali, riguardanti soprattutto le parti debolidella contrattazione. A dispetto di questi timori, propriol’adozione di uno strumento facoltativo potrebbe au-mentare la concorrenza tra gli operatori per il dischiu-dersi di una nuova «finestra di opportunità» nella vendi-ta di polizze via Internet (30). Occorre avvertire che il mercato transfrontaliero delleassicurazioni on-line stenta a decollare, per un insieme diragioni, quali l’esigenza per le compagnie di mantenere,specie per certe tipologie di assicurazione, una vicinanzafisica ai clienti, valutando così i rischi rilevanti ed appre-stando adeguati servizi di post-vendita (es. uffici recla-mi). Tali difficoltà si riducono per i grandi gruppi europeiche tradizionalmente «esportano» il loro business anchegrazie alle sedi distaccate presso altri Stati membri, uti-lizzabili anche nel caso dell’e-commerce. Inoltre, la legislazione europea sulle assicurazioni assegnaun ruolo importante alle norme dei singoli Stati mem-bri, con particolare riferimento ai requisiti di informazio-ne ed alle regole contrattuali, permettendo il ricorso alconcetto di «interesse generale» da parte degli Statimembri a supporto delle differenti applicazioni dei me-desimi principi presenti nelle direttive europee (31).In questa prospettiva, un particolare interesse dovrebbeessere dedicato anche al processo di «elettronificazione»del contratto di assicurazione (32).Con quest’ultima espressione si intende quell’insieme dinorme specifiche, ed in gran parte a contenuto impera-tivo, riguardanti l’offerta, il perfezionamento e la succes-siva gestione del contratto di assicurazione in un am-biente elettronico (33).Il mutamento «su scala globale» dei fenomeni che gli or-dinamenti sono chiamati a disciplinare, costringerebbequesti ultimi a modificare anche le regole applicabili, onella direzione di una maggiore libertà degli operatori discegliere la legislazione ad essi più confacente, o nel sen-so di un progressivo confronto tra le soluzioni, via via ap-prestate dai diversi sistemi giuridici, volto a ridurre le dif-ferenze tra esse esistenti. La sitemazione della materia a livello europeo è caratte-rizzata da una notevole complessità. Il rapporto tra disciplina europea del commercio elettro-nico e delle vendite a distanza di servizi finanziari ai con-sumatori si pone, non già in termini di specificazione,bensì di concorrenza, dal momento che la prima diretti-va descrive un quadro di principi e regole generali, soloin parte applicabili alle attività di assicurazione, mentrela seconda stabilisce un insieme particolareggiato di nor-me concepite per la protezione rafforzata dei consumato-ri in tutte le transazioni a distanza (34).

I CONTRATTI N. 7/2006 733

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

Commission, Markt/2541/03–EN, Orig. 24 October 2003 Electronic Com-merce and Insurance (Discussion Paper for the working group meeting on 2 De-cember 2003), 6. Ai sensi dell’art. 28 della direttiva 92/49, che figura sot-to il titolo III di quest’ultima, intitolato «Armonizzazione delle condizio-ni di esercizio»: «Lo Stato membro in cui il rischio è situato non può im-pedire al contraente di sottoscrivere un contratto concluso con un’impre-sa di assicurazione autorizzata alle condizioni di cui all’articolo 6 della di-rettiva 73/239/CEE, a condizione che il contratto non sia in contrastocon le disposizioni legali d’interesse generale in vigore nello Stato mem-bro in cui è situato il rischio». La Corte di Giustizia ha precisato in nu-merose sentenze la portata di questo principio, stabilendo che una normanazionale può restringere una libertà fondamentale, come la prestazionedi servizi, a patto che persegua un motivo di interesse generale ricono-sciuto nel diritto comunitario, fondamentalmente ravvisabile nell’esigen-za di tutelare ordine pubblico, pubblica sicurezza, patrimonio archeologi-co e naturalistico. Per una più dettagliata analisi di quest’aspetto alla lucedella giurisprudenza, si può rinviare a L. S. Rossi, L’incidenza dei principi deldiritto comunitario sul diritto internazionale privato: dalla «comunitarizzazio-ne» alla «costituzionalizzazione», cit., 83.

(32) L’espressione «electronificación del contrato de seguro» è utilizzatacorrentemente nel contesto spagnolo, come evidenziato da R. Illescas Or-tiz, El contrato de seguro y su oferta, perfección y prueba electrónicas tras la Ley34/2003, in Revista de la Contractación electrónica, 2004, n. 51, 4 ss. In par-ticolare, l’Autore analizza la Ley 34/2003 de 4 de noviembre de 2003, de mo-dificación y adaptación a la normativa comunitaria de la legislación de segurosprivados, che ha adeguato la legislazione spagnola in materia di assicura-zione ai recenti criteri di armonizzazione comunitari contenuti nella Di-rettiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 set-tembre 2002, relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finan-ziari destinati ai consumatori. La direttiva si inscrive nel contesto delle cd.«Terze direttive sulle assicurazioni» (92/96/CEE e 92/49/CEE) che stabi-liscono il quadro normativo applicabile anche alle transazioni elettroni-che nel mercato interno, come la procedura di notifica per operare in li-bera prestazione di servizi o il controllo sulle condizioni delle polizze. Dalmomento che il quadro giuridico disciplinante il mercato unico delle as-sicurazioni riguarda meccanismi che non prevedono l’uso di tecnologiainformatica per svolgere attività assicurativa nel mercato interno, si por-rebbe la necessità di verificare se le disposizioni delle attuali direttive inmateria di assicurazioni, offrano un quadro normativo favorevole allo svi-luppo del commercio elettronico nel settore assicurativo, assicurando nelcontempo la piena protezione degli interessi dei consumatori. Cfr. Com-missione Europea, Markt/2522/02–IT Rev. 1, 3.

(33) La materia del commercio elettronico rinvia ad un tipo di transazio-ne per la quale è difficile o addirittura impossibile procedere ad una loca-lizzazione (in certi casi forse anche ad una precisa collocazione nel tempodell’accordo); essa realizza uno sganciamento del contratto dalle condi-zioni di luogo e di tempo. Questa nozione si avvicina alla definizione dicontratto che si cerca di dare in sede europea, basata sul dato della pro-messa e del vincolo, privi di un accordo, inteso quest’ultimo come l’insie-me degli elementi formativi costitutivi del contratto secondo il nostro co-dice civile. Cfr. P. Rescigno, Categorie, metodo, sistema nel diritto del com-mercio elettronico, in S. Sica, P. Stanzione (a cura di), Commercio elettroni-co e categorie civilistiche, Milano, 2002, 22-23.

(34) Per «contratto a distanza», la direttiva intende qualunque contrattoavente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un con-sumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi adistanza, organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclu-sivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla con-clusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso (art.2, «Definizioni», lett. a della direttiva 2002/65/CE). Nella locuzione «ser-vizio finanziario» è incluso qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia,assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di paga-mento (art. 2, lett. b). Per «tecnica di comunicazione a distanza» si in-tende qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del for-nitore e del consumatore, possa impiegarsi per la commercializzazione adistanza di un servizio tra le parti (art. 2, lett. e). La direttiva non riguar-da solo le transazioni perfezionate ricorrendo al world wide web o alla po-sta elettronica (cfr. in questa prospettiva anche Circ. ISVAP 393/2000,premessa), ma rimane aperta al canale telefonico, postale o ad altre tecni-che di comunicazione a distanza emergenti in seguito al processo di in-novazione tecnologica.

Note:

(30) Parere Cese, cit., 14.

(31) Cfr. art. 33 dir. 2002/83/CE e art. 28 dir. 92/49/CE ed European

Per i canali alternativi di distribuzione, quali l’e-commer-ce, il principio di applicazione della legge del paese di ori-gine- stabilito nella direttiva sul commercio elettronico2000/31/CE- vale unicamente per i soggetti intermedia-ri (35). La regola della libera prestazione dei servizi nel-l’ambito del mercato interno trova, infatti, una derogavistosa per le compagnie di assicurazione, che rimango-no soggette alla legge del paese dove è ubicato il rischio(direttiva sull’assicurazione contro i danni) o della resi-denza abituale dell’assicurato (direttiva sull’assicurazio-ne sulla vita) (36) che è normalmente la legge del paesedove risiede il destinatario del servizio.La Commissione europea dovrebbe, secondo una certaimpostazione, operare per la rimozione di questo princi-pio in modo tale da consentire, in generale, l’applicazio-ne della regola del paese di origine. Tale soluzione espor-rebbe, tuttavia, gli assicurati, ed in particolare i consu-matori, ad un onere di preventiva informazione sulla sus-sistenza di adeguate tutele nella legislazione del paese diorigine, scoraggiando evidentemente la maggioranza diquesti ultimi dal concludere il contratto. Disposizionicome quelle sugli obblighi di informazione precontrat-tuale degli intermediari, in caso di vendite a distanza(37), assicurano un minimo di coordinamento delleinformazioni che devono essere fornite agli assicuratiprima della stipula del contratto. Altre direttive sulle as-sicurazioni contengono disposizioni specifiche in mate-ria di informazioni precontrattuali da fornire agli assicu-rati (38).Occorre, inoltre, tenere conto che lo Stato membroospitante può imporre requisiti supplementari a condi-zione che siano indispensabili per una corretta compren-sione del contratto di assicurazione (39).La Corte di Giustizia ha stabilito, ad esempio, che la ter-za direttiva di assicurazione sulla vita osta ad una norma-tiva nazionale ai sensi della quale la proposta di un con-tratto - ovvero, in mancanza della proposta, la polizza -deve informare il contraente del fatto che la risoluzione,la riduzione o il riscatto di un contratto in corso, effet-tuati in vista della sottoscrizione di un nuovo contratto,sono generalmente pregiudizievoli per l’assicurato. Infat-ti, le informazioni supplementari che gli Stati membripossono chiedere di fornire devono essere chiare, preci-se e necessarie alla comprensione effettiva delle caratte-ristiche essenziali dei prodotti assicurativi proposti alcontraente (40).Occorre tenere conto che tutte le più rilevanti direttivein tema di contratti a distanza introducono tutele con-trattuali rafforzate per i consumatori, prospettiva che au-menta anziché diminuire il grado di eterogeneità dellenorme sul contratto di assicurazione, concepito nellaprospettiva europea (41).Nell’ordinamento tedesco, il recepimento della direttiva2002/65/CE è avvenuto attraverso la puntuale modificadi una pluralità di testi normativi, quali BGB, VVG(Versicherungsvertragsgesetz), VAG (Versicherungsaufsi-chtsgesetz), prevedendo tra l’altro che il consumatore ab-

bia diritto di ricevere le informazioni precontrattuali- adesempio la titolarità entro due settimane dalla conclu-sione del contratto del diritto di recesso incondizionato-in modo completo e attraverso modalità che gli consen-tano di visionare il testo su un supporto durevole. Even-

I CONTRATTI N. 7/2006734

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

Note:

(35) Cfr. G. Alpa, I diritti degli utenti nei contratti di assicurazione conclusimediante Internet, in questa Rivista, 2000, 12, 1168 ss. e, più in generale, F.Wagner, G. Kock, Il commercio elettronico e l’industria assicurativa, in Dirit-to ed economia dell’assicurazione, 1998, 4, 807-829; S. Sica, E-business, mo-delli economici e regole: i temi giuridici in una prospettiva di comparazione, inRivista diritto ed economia dell’assicurazione, suppl. 2/2002, 157 ss.; Id., Re-cepita la direttiva sul commercio elettronico:commento al d.lgs. 70/03, in Corr.Giur., 9, 2003; Id., Privacy o trasparenza? Un falso dilemma, in Corr. giur.,4, 1999; Id., Privacy e società di assicurazione, in Il Trattamento dei dati per-sonali, a cura di V. Cuffaro - V. Ricciuto, Torino, 1999, 71 ss.

(36) In particolare, la direttiva sull’E-commerce prevede una deroga al-l’art. 3 relativamente alle attività assicurative rientranti nell’art. 30 e neltitolo IV della direttive 92/49/CEE, Titolo IV della direttiva 92/96/CEE,artt. 7 e 8 della direttiva 88/357/CEE e art. 4 della direttiva 90/619/CEE.

(37) Cfr. art. 19, dir. 2002/92/CE; art. 121 D.Lgs. 209/2005. In base a que-sta norma l’Isvap dovrebbe emanare un regolamento per determinare leinformazioni sull’intermediario e sulle caratteristiche del contratto che -in caso di vendite a distanza - dovranno essere comunicate al contraente«in modo chiaro e comprensibile» nel rispetto delle seguenti informazio-ni minime: identità dell’intermediario e della persona in contatto con ilcontraente e natura del suo rapporto con l’intermediario; il fine dellachiamata; descrizione delle principali caratteristiche del servizio o delprodotto offerto; prezzo totale che il contraente dovrà corrispondere. Cfr.M. Gagliardi, Intermediari, pronto il Registro unico, in Il Sole 24 ore, Guidaal dir., n. 11 del 1 dicembre 2005.

(38) Cfr. artt. 31 della direttiva 92/49/CEE (non-vita) e 31 e allegato IIdella direttiva 92/96/CEE (vita).

(39) Tuttavia, il controllo esercitabile sulle condizioni di contratto è a ca-rattere successivo e non include le tariffe, essendo finalizzato unicamentealla verifica della compatibilità con le previsioni nazionali concernenti icontratti di assicurazione (art. 45 direttiva 2002/83/EC e art. 39 direttiva92/49/EEC); con le eccezioni delle assicurazioni obbligatorie e delle assi-curazioni sanitarie sostitutive del servizio pubblico, European Commis-sion, Markt/2541/03–EN, Orig. 24 October 2003, cit., 8.

(40) Cfr. causa C-386/00, Axa Royale Belge SA v. Georges Ochoa andStratégie Finance SPRL, sentenza del 5 marzo 2002 in riferimento all’art.31, n. 3, della direttiva 92/96, che coordina le disposizioni legislative, re-golamentari ed amministrative riguardanti l’assicurazione diretta sulla vi-ta e che modifica le direttive 79/267 e 90/619. Il ragionamento della Cor-te ha, quindi, evidenziato l’inconciliabilità tra normativa comunitaria enormativa nazionale. Dal momento che la direttiva non si limitava a bi-lanciare protezione dei consumatori e mercato, ponendo specifici requi-siti in tema di informazioni precontrattuali, il giudice chiamato ad appli-care il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo delladirettiva, sarebbe stato costretto ad un’interpretazione contra legem. Perun’analisi dei precedenti, cfr. D. Simon, Le système juridique communau-taire, Puf, Paris, 1998, nota 17; P. V. Figueroa Regueiro, Invocability of Sub-stitution and Invocability of Exclusion: Bringing Legal Realism to the CurrentDevelopments of the Case-Law of «Horizontal» Direct Effect of Directives,Jean Monnet Working Paper, 7, 2002, 24 ss.

(41) Ad esempio, la legislazione francese sui contratti a distanza prevedeche se le parti desiderino optare convenzionalmente per la legislazione diuno stato terzo, il giudice è tenuto ad applicare la legge maggiormenteprotettiva dello Stato membro dove risiede abitualmente il consumatoreOrdonnance du 23 août 2001 (JO 25 aout 2001 p. 13642) transposant la di-rective «contrats à distance» du 20 mai 1997. I due strumenti giuridici at-traverso cui viene realizzata la protezione del consumatore che concludeun contratto avente ad oggetto servizi finanziari avvalendosi di tecnichedi comunicazione a distanza sono l’informativa, da un lato, e il recessodall’altro. Cfr. D. Cerini, op. cit., 119.

tuali violazioni comportano, quale sanzione, il perpe-tuarsi del diritto stesso a tempo indefinito (42).In tal senso, potrebbe affermarsi che la contrattazione adistanza, lungi dal costituire semplicemente un mezzoalternativo di trasmissione-ricezione delle dichiarazio-ni di volontà dei contraenti, perciò estraneo alla disci-plina dei contenuti, incide su questi ultimi, laddove ilprocedimento di formazione del consenso e la gestionesuccessiva del rapporto divengono particolarmentecomplessi proprio per le particolari modalità informati-ve (43).Nel recepire la direttiva 2002/65/CE (44), relativa a tut-te le tipologie di contratti di assicurazione a distanza, il d.lgs. 19 agosto 2005 n. 190 (45) prevede un’interessantenullità di protezione, che sembra riguardare proprio talu-ne fattispecie di «silenzi abusivi», nel caso il fornitoreostacoli il diritto di recesso, ovvero non rimborsi le som-me eventualmente pagate dal contraente, o, infine, vio-li gli obblighi di informativa precontrattuale in modo ta-le da alterare significativamente la rappresentazione del-le caratteristiche contrattuali (art. 16 «Sanzioni» com-ma 4).Il D.Lgs. n. 190 comporta, inoltre, un notevole amplia-mento delle tutele disegnate dalla Circolare ISVAP393/D che contemplava solamente la contrattazionetramite Internet (del 17 gennaio 2000 sul «collocamen-to di prodotti assicurativi tramite Internet») (46).

SegueNella materia dei contratti di assicurazione, la necessitàdi raccogliere la sottoscrizione autografa, cui in ambien-te elettronico deve corrispondere la firma digitale, inve-ste principalmente la forma ad probationem (47). Que-st’ultima, d’altra parte, si riferisce esclusivamente allafunzione probatoria del documento in generale e non giàalla sua validità (48), ragion per cui l’onere formale po-trebbe ritenersi soddisfatto, almeno in teoria, con la re-gistrazione su supporto durevole, equiparabile al domici-lio dichiarato dallo stesso contraente (49). Un’ulteriore soluzione per l’acquisizione telematica delconsenso consisterebbe, dunque, nell’inclusione, all’in-terno della norma contrattuale opzionale, della possibi-lità di scegliere l’equivalenza funzionale tra sottoscrizio-

I CONTRATTI N. 7/2006 735

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

plies to distance marketing, Art. 3(2) imposes not only information dutiesspecifically in relation to media suitable for distance marketing, but alsomore comprehensive general information duties: e.g. the duty to describethe main characteristics of the financial service and the total price, inclu-ding all related fees, charges and expenses, and all taxes paid via the sup-plier».

(44) Dir. 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 set-tembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi fi-nanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Con-siglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE. La direttiva si applica all’attivitàassicurativa in genere, salvo alcune eccezioni, quali le polizze di assicura-zione viaggio e bagagli o analoghe polizze assicurative a breve termine didurata inferiore ad un mese. In tali ipotesi, per il tipo di rischio assicuratoe la breve durata della polizza l’applicazione del diritto di recesso risulte-rebbe svuotata di significato. Cfr. M.T. Paracampo, cit., 52.

(45) Per esteso, D.Lgs. 19 agosto, n. 190, recante «Attuazione della diret-tiva 2002/65/CE relativa alla commercializzazione a distanza di servizi fi-nanziari ai consumatori sulla commercializzazione a distanza dei servizi fi-nanziari».

(46) Si pensi alle tecniche di comunicazione considerate, al diverso am-bito territoriale di incidenza delle nuove regole, esteso al mercato comu-ne, nonché alla previsione generalizzata del diritto di recesso iniziale a tut-ti i contratti di assicurazione conclusi a distanza. Cfr. M.T. Paracampo,L’attività in rete, in P. Cendon (a cura di), Il diritto privato nella giurispruden-za, I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, XXI, Assicurazioni, I, To-rino, 2004, 52; M. Chiarlo, Il commercio elettronico dei servizi assicurativi, inAssicurazioni, 2002, 3-4, 381 ss.; F. Bravo, Revoca e recesso nel collocamentodi prodotti assicurativi tramite Internet, in questa Rivista, 2001, fasc. 10, 957-960; P.M. Putti, G. Colaiacono, Circolare ISVAP 393/D del 17 gennaio2000 sul collocamento di prodotti assicurativi tramite Internet, 2000, in Resp.civ. prev., 2000, fasc. 1, 234-242; C. Russo, Attività assicurativa esercitatatramite internet e circolare ISVAP n. 393/D del 17 gennaio 2000. Prime rifles-sioni, in Assicurazioni, 2000, fasc. 3, 278-294.

(47) Si pensi all’art. 1919, secondo comma, Codice civile che richiede laprova scritta del consenso del terzo sulla cui vita è contratta l’assicurazio-ne, ovvero la consegna di documentazione per fini di validità sostanzialeo probatoria ex art. 1888 Codice civile - tra cui anche la comunicazionedella modifica del contratto di assicurazione R.C. auto (condizioni di di-ritto e tariffarie), notoriamente ritenuta incompatibile con la sola messa adisposizione delle nuove condizioni presso le filiali - la prassi attuale con-templa la sottoscrizione da parte del cliente della documentazione carta-cea inviata dalla compagnia e successiva restituzione della copia firmata.Rivestono, invece, carattere di requisito formale ad sustantiam l’osservan-za della disciplina prevista in tema di clausole vessatorie ex art. 1341 Co-dice civile, ovvero l’acquisizione del consenso scritto finalizzato al tratta-mento dei dati personali. Così D. Cerini, op. cit., 98. Sui problemi inter-pretativi sollevati dal recente D.Lgs 28 febbraio 2005, n. 42 «Codice del-l’amministrazione digitale» in merito al valore probatorio della firma elet-tronica, intesa come firma digitale o elettronica avanzata, R. Clarizia, Ildocumento informatico sottoscritto: alcune note a margine del codice dell’ammi-nistrazione digitale, in Diritto dell’Internet, 2005, fasc. 3, 221 ss.

(48) Per tutti, cfr. R. Sacco, G. De Nova, Il Contratto, tomo I, in Trattatodi Diritto Civile, diretto da Rodolfo Sacco, Torino, 1998, 571.

(49) Secondo D. Cerini (op. cit., 99), «un’alternativa consiste, pertanto,nel prevedere soluzioni tecniche che consentano al contraente di imma-gazzinare la documentazione, già presente in forma integrale sul sito dellacompagnia o dell’intermediario, su supporto duraturo oppure di procede-re alla stampa dei testi»; M. Ricolfi, Autostrade informatiche: vincoli norma-tivi e regolamentazione, in Cardozo Elecronic Law Bulletin, 1995, n. 1 osser-va: «sembra che le norme sulla forma ad probationem siano derogabili equindi sia la polizza informatica che la transazione elettronica potrebberocontenere una clausola di rinuncia dell'assicuratore a valersi di eccezioniattinenti alla forma». In generale sulla presunzione di conoscenza ex art.1337 Codice civile, S. Sica, Le nuove regole per l’offerta dei contratti r.c. au-to: contenuto degli obblighi informativi, al Forum «Nuovo Codice delle assi-curazioni D.Lgs n. 209 del 7 settembre 2005, G.U. n. 239 del 13 ottobre2005, Trasparenza e informazione nel nuovo codice delle assicurazioni,Milano, 30 Novembre 2005». In giurisprudenza, Giudice di pace Rimini31 maggio 2003, in Arch giur. circ., 2004, 302.

Note:

(42) Cfr. T. Hören, Internetrecht, Münster, 2005, 280 ss.; H. Hermann,Online-Versicherungsverträge nach europäischem Fernabsatzrecht, in: Scha-chtschneider u.a. (Hrsg.), Gedächtnisschrift Helm, 2001, 717-741; perun’analisi molto dettagliata dei regimi differenziati riguardanti lo ius poe-nitendi nelle direttive comunitarie e delle metodologie di recepimento daparte dell’ordinamento tedesco, che opta decisamente per una soluzionedi uniformazione verso l’alto, estendendo il massimo livello di tutela atutte le tipologie contrattuali interessate dallo specifico strumento, P.Mankowski, Beseitigungsrechte, Tübingen, 2003, 803 ss..

(43) Cfr. le critiche di M. Ebers, Information and Advising Requirements inthe Financial Services Sector: Principles and Peculiarities in EC Law, in Elec-tr. J. Comp. Law, 8.2, june 2004, 7: «the Financial Services DistanceMarketing Directive causes frictions. Although this Directive only ap-

I CONTRATTI N. 7/2006736

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•ASSICURAZIONE

ne manuale e firma elettronica (archiviabile su supportodurevole) (50). Riguardo all’identificazione del momento di conclusio-ne del contratto di assicurazione on-line, giova segnalarela sussistenza di una notevole anomalia nell’ordinamen-to spagnolo. La norma generale prevede che gli effettidella dichiarazione negoziale di accettazione dell’offerta,inviata elettronicamente, abbiano luogo nel momentodella sua emissione e non già della sua ricezione, comeavviene nel diritto comune della contrattazione elettro-nica di altri paesi, nonché nel diritto dei contratti spa-gnolo (51). La norma speciale per i contratti di assicurazione (artt. 1-2, ley n. 34/2003 de 4 de noviembre de 2003, de modifica-ción y adaptación a la normativa comunitaria de la legislaciónde seguros privados) stabilisce, invece, che quando la vo-lontà negoziale si trasmette attraverso un supporto elet-tronico, il suo effetto abbia luogo «dal giorno» della suaemissione, ponendo evidenti dubbi interpretativi sulmomento in cui si perfeziona il contratto (52).Quest’esempio conferma che lo studio dell’interazionetra principi fondamentali sulla formazione del contrattoed uso delle nuove tecnologie riveste, sotto un profilometodologico, notevole interesse per la creazione di ungruppo di norme omogenee. Sebbene il progetto di redi-gere una normativa uniforme sul contratto di assicura-zione non sia stato abbandonato in ambito comunitario,la traduzione in misure concretamente applicabili sem-bra per il momento consegnata all’iniziativa volontariadi soggetti privati, quali ad esempio le associazioni dellecompagnie assicurative, concentrate, in particolare, sul-la costruzione di un contratto elettronico, diretto ad in-centivare lo sviluppo del mercato transfrontaliero. Nella prospettiva di una graduale armonizzazione, sipotrebbe riflettere sull’opportunità di potenziare anchele policy di interscambio informativo sulle difformitàesistenti nello Stato ospitante rispetto alla disciplinaeuropea ad ogni servizio assicurativo che sia prestato aldi fuori dello Stato membro di origine (53). Tale stru-mento potrebbe facilitare l’attività di adeguamento deiprestatori transfrontalieri di servizi assicurativi alle le-gislazioni locali disciplinanti i requisiti dei contratti diassicurazione, soprattutto con riferimento alle informa-zioni precontrattuali ed alla disciplina di tutela deiconsumatori.

Note:

(50) In tal senso, una base di partenza è già delineata dall’European GoodPractice Guide for Insurance Business on the Internet, cit., che al punto 6(Procedure for concluding the contract) recita: «Before transacting an on-li-ne insurance contract, all insurance undertakings make available to theconsumer the following information, worded in a clear, understandableand unambiguous manner: a) the different technical stages necessary forvalidation of the contract; the consumer must have access to all the con-tractual clauses which make up his/her commitment, at each stage of theprocedure; b) the means of identifying and correcting any errors made indata collection which must be accessible during the entire contract sub-scription procedure and before final conclusion of the contract. For thispurpose, the undertaking may, as an example, make available to its con-sumer a «double click» system to validate the contract: - 1st click = agree-ment on the content of the contract: the undertaking then makes availa-ble to its consumer a summary of the terms of the contract and price whi-ch should be capable of being reproduced and retained by the consumer.- 2nd click = confirmation of the contract: the insurance undertaking mu-st acknowledge receipt of the confirmation of the contract by the consu-mer and recapitulate all the parts of the agreement as they result from theinformation given by him/her, without delay and by electronic means.The insurance undertaking indicates whether it files the concluded con-tract, and if it maintains it at the disposal of the consumer, for consulta-tion, for example, directly on screen. It takes all measures necessary forthe confidentiality of the terms of the transaction».

(51) Cfr. artt. 1257 e 54 del Codigo de Comercio (come modificati dalla ley34/2002, de 11 Julio de 2002, de servicios de la sociedad de la informacióny de comercio electrónico BOE n. 166 de 12 de julio de 2002). Cfr. R. Il-lescas Ortiz, El contrato de seguro y su oferta, perfección y prueba electrónicastras la Ley 34/2003, cit., 11.

(52) R. Illescas Ortiz (op.cit.) rileva altre incongruenze nella legislazione,come una certa confusione tra requisiti di validità-perfezione del contrat-to e strumenti di prova dell’esistenza del documento, allorché sono statiascritti alla prima categoria elementi come l’integrità, l’autenticità, il li-mitato time stamping e la recuperabilità del documento elettronico. Peruna ricognizione della problematica armonizzazione della disciplina sulcontratto elettronico, M.A. O’Rourke, Progressing Towards a UniformCommercial Code for Electronic Commerce or Racing Towards Nonunifor-mity?, 14 Berkeley Technology Law Journal 635 (Spring 1999); R. Rosas Ro-dríguez, Estudio comparativo de la formación de contratos electrónicos en el de-recho estadounitense con referencia al derecho internacional y al derecho mexi-cano, in Revista de derecho privado, 2004, 9, 111 ss.

(53) Nell’immediato, tale funzione, seppur di ambito applicativo limitatoalle attività prestate presso succursali, è ravvisabile nell’art. 40, par. 4, del-la direttiva 2002/83/CE. In base a questa norma, infatti «Prima che la suc-cursale dell'impresa di assicurazione inizi le proprie attività, l'autoritàcompetente dello Stato membro della succursale dispone di un periodo didue mesi a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cuial paragrafo 3 per indicare all'autorità competente dello Stato membro diorigine, se del caso, le condizioni alle quali, per motivi d'interesse genera-le, tali attività devono essere esercitate nello Stato membro della succur-sale» (Direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita, G.U. n. L 345 del19 dicembre 2002, 0001-0051).

I CONTRATTI N. 7/2006 737

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•SINTESI

Tutela dei consumatori

Etichette chiare e veritiere per i prodotti alimentari: approvato in via definitiva dal Parlamento europeo un nuovo Regolamento comunitarioRisoluzione legislativa del Parlamento europeo relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione delRegolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite suiprodotti alimentari (1)

In data 16 maggio 2006 il Parlamento europeo, approvando a larghissima maggioranza gli emendamenti dicompromesso negoziati con il Consiglio dei Ministri (2), ha adottato in via definitiva un nuovo testo legisla-tivo che intende armonizzare a livello comunitario la disciplina relativa alle indicazioni nutrizionali e sanita-rie fornite sui prodotti alimentari. Il testo del Regolamento, proposto dalla Commissione (3) nel luglio 2003per garantire una migliore tutela dei consumatori ed assicurare al contempo una libera circolazione degli ali-menti nell’Unione, sarà a breve formalmente approvato dal Consiglio e dovrebbe entrare in vigore già entrola fine del 2006 (4). Tenuto conto della proliferazione nel numero e nel tipo di indicazioni figuranti sulle etichette dei prodottialimentari e in assenza di disposizioni specifiche a livello europeo, alcuni Stati membri hanno da tempo adot-tato norme e altri provvedimenti per regolamentarne l’utilizzo. Ciò ha dato luogo ad approcci diversi e a nu-merose discrepanze, sia per quanto riguarda la definizione dei termini utilizzati, sia relativamente alle condi-zioni a cui è consentito il ricorso alle indicazioni in questione. Dette discrepanze possono creare delle barrie-re al raggiungimento di un elevato livello di tutela dei consumatori e della sanità pubblica: per queste ragio-ni, già nel suo Libro bianco sulla sicurezza alimentare (5), la Commissione proponeva di introdurre normecomunitarie specifiche e lanciava, dopo aver redatto un documento di lavoro per mettere in evidenza i temiche necessitavano di una armonizzazione comunitaria (6), una consultazione con le parti interessate (asso-ciazioni di consumatori, industria, operatori nel settore alimentare) e con gli Stati membri per ricevere os-servazioni nel merito. Tenendo conto dei numerosi contributi ricevuti in seguito a tali consultazioni (7), l’e-secutivo comunitario ha elaborato, nel 2003, una prima proposta di Regolamento, volto a disciplinare le con-dizioni di impiego delle indicazioni nutrizionali sui prodotti alimentari e l’apposizione di indicazioni sulla sa-lute, nel rispetto di condizioni severe e in base a una valutazione scientifica indipendente e ad un’autorizza-zione rilasciata dalla Comunità. I principali obiettivi delineati dall’esecutivo, che tuttora si rinvengono neltesto legislativo definitivo, erano segnatamente:

Osservatorio comunitarioa cura di ELENA BIGI Studio Legale De Berti Jacchia Franchini Forlani - Bruxelles

Note:

(1) P6-TA-PROV(2006)0198 del 16 maggio 2006, disponibile al sito web:

h t t p : / /www.europa r l . eu ropa . eu /omk / s i pade3?PUBREF=- / /EP / /TEXT+TA+P6-TA-2006-0198+0+DOC+XML+V0/ /IT&L=IT&LEVEL=2&NAV=S&LSTDOC=Y&LSTDOC=N

(2) La posizione comune del Consiglio è stata definita l’8 dicembre 2005; in seguito il Parlamento ha negoziato, attraverso la relatrice italiana AdrianaPoli Bortone (UNI), posizioni di compromesso su diversi emendamenti apportati alla proposta originale della Commissione dal Consiglio stesso.

(3) COM(2003)424 def., del 17 luglio 2003.

(4) Va precisato come tale Regolamento sia stato adottato secondo la procedura di codecisione delineata nell’art. 251 CE; con il raggiungimento delsuccitato compromesso tra Parlamento e Consiglio la procedura può chiudersi in seconda lettura del Parlamento, senza necessità di istituire un Comi-tato di Conciliazione. Il nuovo testo necessita quindi solo del placet formale del Consiglio. La base giuridica della proposta è l’art. 95 CE, che prevedel’adozione di misure di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato in-terno e che, per quanto concerne la protezione dei consumatori, richiede che la Commissione, nell’elaborare le sue proposte, si basi su un livello di pro-tezione elevato che tenga conto dei nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici.

(5) COM(1999)719 def., del 12 gennaio 2000.

(6) Documento redatto dai servizi della direzione generale consumatori, SANCO/1341/2001, del maggio 2001, visionabile al sitohttp://ec.europa.eu/comm/food/food/labellingnutrition/claims/claims_discussion_paper.pdf.

(7) Oltre 90 parti interessate hanno inviato commenti alla Commissione, visionabili al sito http://ec.europa.eu/comm/food/food/labellingnutrition/claims/in-dex_en. htm.

- raggiungere un livello elevato di tutela dei consumatori mediante la fornitura volontaria di ulteriori infor-mazioni che si aggiungano a quelle già obbligatoriamente previste dalla legislazione UE (8);- migliorare la libera circolazione delle merci nell’ambito del mercato interno;- aumentare la certezza giuridica per gli operatori economici;- garantire una concorrenza leale nel settore dei prodotti alimentari;- promuovere e tutelare l’innovazione nel settore dei prodotti alimentari.Il testo definitivo del Regolamento, così come emerge in seguito al precitato compromesso raggiunto dalleistituzioni comunitarie, premette anzitutto che una dieta variata e bilanciata costituisce un requisito fonda-mentale per una buona salute e che i prodotti presi separatamente hanno una importanza relativa rispetto al-l’insieme dell’alimentazione. Inoltre, per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori e facilitare leloro scelte, i prodotti commercializzati devono essere sicuri e adeguatamente etichettati (9). D’altra parte,viene sottolineato come la dieta sia uno dei tanti fattori che influenzano l’insorgere di determinate malattie:per tale motivo, l’apposizione di indicazioni riguardanti la riduzione di un rischio di malattia deve essere sot-toposta a condizioni specifiche (10). Venendo al campo d’applicazione dell’adottanda normativa comunita-ria, il compromesso precisa che essa si estende alle indicazioni nutrizionali e sulla salute figuranti in comuni-cazioni commerciali, sia nell’etichettatura, sia nella presentazione o pubblicità dei prodotti alimentari forni-ti al consumatore finale o destinati a ristoranti, ospedali, scuole, mense e servizi analoghi di ristorazione col-lettiva (11). Essa non si applicherà invece alle indicazioni che figurano in comunicazioni non commerciali,quali gli orientamenti ed i consigli dietetici espressi da autorità ed organi della sanità pubblica, né a comuni-cazioni e informazioni non commerciali riportate nella stampa e in pubblicazioni scientifiche. Inoltre, su in-sistenza del Parlamento europeo, le disposizioni del Regolamento non si applicheranno in caso di prodottinon imballati (12) venduti direttamente al consumatore finale o imballati nel punto vendita su richiesta del-l’acquirente: per tali prodotti continueranno ad applicarsi le normative nazionali, se esistenti, fino all’even-tuale introduzione di una normativa UE ad hoc. Inoltre, i marchi e le denominazioni commerciali o di fanta-sia riportati sull’etichetta, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto alimentare che possono esse-re interpretati come indicazioni nutrizionali o sanitarie possono essere utilizzati senza essere soggetti alle pro-cedure di autorizzazione del Regolamento, purché riportino anche una corrispondente indicazione nutrizio-nale o sanitaria in conformità con lo stesso (13). D’altra parte, su richiesta delle imprese interessate, possonoderogare a questa disposizione le denominazioni generiche tradizionalmente impiegate per indicare una pro-prietà di una categoria di alimenti (i.e. «digestivo» o «pastiglie per la tosse»). La Commissione dovrà predi-sporre le norme cui attenersi per la presentazione di tali richieste, onde garantirne un trattamento celere edentro tempi ragionevoli (14). Il Regolamento precisa poi cosa debba intendersi per «indicazioni», ovveroqualunque messaggio (o rappresentazione) non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o naziona-le, comprese le rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, «che affermi, suggeriscao sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche» (15). Con «indicazione nutrizionale», si fainvece riferimento a qualunque indicazione «che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia par-ticolari proprietà nutrizionali benefiche», dovute all’energia (valore calorico) che apporta, apporta a tasso ri-

I CONTRATTI N. 7/2006738

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•SINTESI

Note:

(8) Nel dettaglio, la Comunità europea ha adottato norme specifiche sull’etichettatura (Direttiva 2000/13/CE sull’etichettatura e la presentazione deiprodotti alimentari e relativa pubblicità, in GUCE L 109 del 6 maggio 2000, 29) e sull’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari (Direttiva90/496/CEE del Consiglio, relativa all’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari, in GUCE L 276, del 6. ottobre 1990, 40). Relativamente alleindicazioni sui prodotti alimentari vige una disposizione di base secondo cui tali indicazioni non possono indurre in errore il consumatore. Inoltre, l’ar-ticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/13/CE vieta di attribuire ai prodotti alimentari proprietà atte a prevenire, curare o guarire. Una cor-retta attuazione di tali disposizioni generali sarebbe un notevole progresso verso la prevenzione degli abusi nel settore. Tuttavia, gli Stati membri e leparti in causa del settore hanno indicato che tali principi generali si prestano a diverse interpretazioni e pertanto non risultano soddisfacenti quando sitratta di determinate indicazioni specifiche. Di recente, inoltre, nella causa C-221/00, Austria/Commissione (sentenza del 23 gennaio 2003), la Corte digiustizia europea ha interpretato la vigente direttiva sull’etichettatura nel senso di un divieto di tutte le indicazioni sulla salute riguardanti le malattieumane. Alla luce delle innovazioni tecnologiche nel settore alimentare e delle richieste avanzate dai consumatori e dall’industria, si propone di istitui-re un nuovo quadro normativo sull’utilizzo delle indicazioni sui prodotti alimentari.

(9) Cfr. considerando 1 del Regolamento.

(10) Cfr. considerando 27.

(11) Cfr. art. 1 del Regolamento per il campo d’applicazione.

(12) Quali i prodotti freschi come verdura, frutta e pane.

(13) Cfr. art. 1, paragrafo 3.

(14) Cfr. art. 1, paragrafo 3 bis, introdotto dal Parlamento.

(15) Cfr. art. 2 per le definizioni.

I CONTRATTI N. 7/2006 739

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•SINTESI

dotto o accresciuto o, non apporta, e/o alle sostanze nutritive o di altro tipo che contiene, contiene in pro-porzioni ridotte o accresciute, o non contiene. L’allegato al Regolamento enumera tutte le indicazioni con-sentite e il loro significato (16). Infine, è considerata «indicazione sulla salute» qualunque indicazione «cheaffermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno deisuoi componenti e la salute». In linea generale, l’impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute, consen-tite solo se conformi al Regolamento, non può essere falso, ambiguo o fuorviante, oppure dare adito a dubbisulla sicurezza e/o sull’adeguatezza nutrizionale di altri alimenti o ancora incoraggiare o tollerare il consumoeccessivo di un elemento. Non può nemmeno affermare, suggerire o sottintendere che una dieta equilibratae varia non possa in generale fornire quantità adeguate di tutte le sostanze nutritive, né fare riferimento acambiamenti delle funzioni corporee che potrebbero suscitare o sfruttare timori nel consumatore, sia me-diante il testo scritto sia mediante rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche (17). Nel corso dei ne-goziati, uno dei punti più controversi del regolamento era l’opportunità o meno di imporre alle imprese di in-dicare il «profilo nutrizionale» del prodotto (tenore in grassi, zuccheri e sali), se intendono sfruttare il livellodi uno di questi componenti come argomento di vendita. Alla fine si è optato per la soluzione che ne preve-de l’obbligo: spetterà quindi alla Commissione stabilire i profili nutrizionali specifici, comprese le esenzioni,che devono essere rispettati dagli alimenti (o da talune loro categorie) per poter recare indicazioni nutrizio-nali o sulla salute nonché le condizioni per il loro uso riguardo ai profili nutrizionali (18). Nel determinare iprofili nutrizionali, l’esecutivo dovrà tenere conto, inter alia, delle quantità di determinate sostanze nutritivee di altro tipo contenute nel prodotto alimentare (quali grassi, acidi grassi saturi, acidi grassi, zuccheri e sa-le/sodio), tenendo presente il ruolo e l’importanza dell’alimento (o delle categorie di alimenti) e il loro con-tributo alla dieta della popolazione in genere o, se del caso, di certi gruppi a rischio come i bambini. Infine,andrà valutata la composizione nutrizionale globale dell’alimento nonché l’eventuale presenza di sostanzenutritive il cui effetto sulla salute sia stato scientificamente riconosciuto. I profili nutrizionali devono esserebasati sulle conoscenze scientifiche in materia di dieta, nutrizione e sul rapporto di queste ultime con la salu-te. All’uopo, nel fissare tali criteri, la Commissione dovrà chiedere all’Autorità europea per la sicurezza ali-mentare (EFSA) (19) di fornire, entro 12 mesi, un pertinente parere scientifico riguardante la necessità distabilire profili per gli alimenti in generale e/o per le loro categorie, la scelta e il dosaggio delle sostanze nu-tritive da prendere in considerazione, la scelta di quantitativi/basi di riferimento per i profili, il metodo di cal-colo dei profili e, infine, la fattibilità e la prova scientifica del sistema proposto. Nel definire o aggiornare iprofili nutrizionali, la Commissione dovrà poi consultare gli operatori del settore interessato e le associazionidi consumatori (20). Le istituzioni comunitarie hanno peraltro introdotto una disposizione specifica per lebevande alcoliche contenenti più dell’1,2% in volume di alcool, che non possono recare indicazioni sulla sa-lute; per quanto attiene le indicazioni nutrizionali, invece, sono ammesse unicamente quelle che si riferisco-no a bassi tenori in alcol, alla riduzione del contenuto alcolico e energetico. Inoltre è precisato che, in man-canza di norme comunitarie specifiche sulle indicazioni nutrizionali riguardanti un basso tenore alcolico o lariduzione o l’assenza di contenuto alcolico o energetico in bevande che di norma contengono alcol, possonoessere applicate norme nazionali pertinenti ai sensi delle disposizioni del Trattato (21). Venendo all’esamedelle indicazioni sulla salute, il dettato normativo prevede che esse siano inserite in un elenco comunitariostilato dalla Commissione sulla base di una dettagliata procedura di autorizzazione (22), che vede il coinvol-gimento delle autorità nazionali e dell’EFSA, la quale ha il compito precipuo di accertarsi che le indicazioni

Note:

(16) Ad esempio, cosa si debba intendere per basso contenuto calorico, senza calorie, senza grassi, senza zuccheri aggiunti, fonte di proteine, fonte di fi-bre, leggero (light), naturalmente naturale, ecc.

(17) Cfr. artt. 3 e 5 per i principi generali e art. 12 per le indicazioni sulla salute non consentite.

(18) Cfr. art. 4.

(19) L’Autorità, con sede a Parma, è stata istituita dal Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002,che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nelcampo della sicurezza alimentare, in GUCE L 31 del 1 febbraio 2002, 1.

(20) Il compromesso prevede inoltre che, in deroga alla regola generale, le indicazioni nutrizionali relative alla riduzione di grassi, grassi saturi, acidi gras-si trans, zuccheri e sale/sodio siano consentite, senza fare riferimento a un profilo per una o più sostanze nutritive per cui viene data l’indicazione, pur-ché risultino conformi alle condizioni del regolamento. Le indicazioni nutrizionali sono anche autorizzate qualora una singola sostanza nutritiva sia su-periore al profilo nutrizionale, a condizione però che nelle immediate prossimità dell’indicazione figuri un’avvertenza di pari visibilità che informi il su-peramento della soglia specifica fissata nel profilo nutrizionale con la dicitura «Elevato contenuto di…»(cfr. art. 4, paragrafo 2, lett b), come emendatodal Parlamento).

(21) Cfr. art. 4, paragrafo 4.

(22) Cfr. artt. 15-18 per una descrizione dettagliata della procedura.

sulla salute proposte siano basate su prove scientifiche generalmente riconosciute. Pertanto, solo in seguitoad un’adeguata valutazione scientifica con conseguente autorizzazione comunitaria sarà possibile apporre suiprodotti indicazioni sanitarie ai sensi de Regolamento. Nel complesso, la procedura di autorizzazione potreb-be richiedere un periodo di massimo sette mesi per ottenere il parere dall’Autorità e di altri due mesi per farsì che l’esecutivo emani una decisione contenente gli elenchi delle indicazioni sulla salute consentite. Il com-promesso ora raggiunto prevede che ogni inserimento nell’elenco di indicazioni basate su dati scientifici re-centi e/o che includono una richiesta di protezione di dati riservati sia adottato secondo una procedura acce-lerata (23). Va precisato, infine, che, in linea generale, le indicazioni nutrizionali o sanitarie sono consentitesolo se ci può aspettare che il consumatore medio comprenda gli effetti benefici secondo la formulazione del-l’indicazione (24).Inoltre, accogliendo un’altra richiesta dei deputati, il compromesso prevede che la Commissione, in collabo-razione con l’EFSA, elabori delle linee guida tecniche e degli strumenti per assistere le imprese, in particola-re le PMI, nella preparazione delle loro domande (25), visto che queste ultime raramente dispongono dellerisorse finanziare adeguate per svolgere le attività di ricerca.La Commissione dovrà anche istituire e tenere aggiornato un registro comunitario delle indicazioni nutrizio-nali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, per evitare la presentazione di più domande concernenti in-dicazioni già valutate. Il registro, accessibile al pubblico, presenterà anche un elenco delle indicazioni sullasalute respinte e il motivo del rigetto. Le indicazioni sulla salute autorizzate in base a dati protetti da proprietàindustriale sono registrate in un allegato separato del registro (26). Riguardo agli aspetti legati alla protezio-ne dei dati, il nuovo Regolamento prevede che i dati scientifici e le altre informazioni contenuti nella do-manda, di norma, non possono essere usati a beneficio di un richiedente successivo per un periodo di cinqueanni dalla data dell’autorizzazione. Inoltre, fino al termine del periodo di cinque anni, nessun richiedente suc-cessivo ha il diritto di far riferimento ai dati designati come protetti da proprietà industriale dal richiedenteprecedente (27).Ciascuno Stato membro, se ha motivi gravi per ritenere che un’indicazione impiegata a livello nazionale nonsia conforme con l’adottando Regolamento, potrà peraltro sospenderne temporaneamente l’impiego (c.d.misure di salvaguardia), dandone rapida comunicazione agli altri Stati membri e alla Commissione, che prov-vederà ad adottare una decisione sul punto, dopo aver ottenuto il parere dell’Autorità (28). Per quanto attiene infine alle disposizioni transitorie, va precisato che i prodotti immessi sul mercato o eti-chettati prima della data di applicazione del nuovo testo comunitario e non conformi allo stesso possono es-sere commercializzati fino alla loro data di scadenza, ma non otre 30 mesi dall’entrata in vigore del Regola-mento. D’altra parte, i prodotti recanti denominazioni commerciali o marchi di fabbrica esistenti anterior-mente al 1 gennaio 2005 e non conformi al Regolamento possono continuare ad essere commercializzati peraltri 15 anni dall’entrata in vigore dello stesso, dopo i quali si applicherà la nuova disciplina. Infine, le indi-cazioni nutrizionali che sono state utilizzate in uno Stato membro anteriormente al 1 gennaio 2006 ai sensidelle disposizioni nazionali ad esse applicabili e non incluse nell’Allegato al Regolamento potranno essereimpiegate per 3 anni dall’entrata in vigore dello stesso, sotto la responsabilità degli operatori economici di set-tore e fatta salva l’introduzione di misure di salvaguardia da parte dello Stato membro interessato (29).

I CONTRATTI N. 7/2006740

CONTRATTI E UNIONE EUROPEA•SINTESI

Note:

(23) Cfr. considerando 25 e art. 17 bis. La procedura accelerata lascia comunque all’EFSA un congruo periodo di 6 mesi per la valutazione dell’indica-zione sanitaria.

(24) Il nuovo regolamento prende come parametro di riferimento il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avve-duto, tenuti presenti i fattori sociali, culturali e linguistici, secondo l’interpretazione datane dalla Corte di giustizia, ma prevede misure volte ad evitarelo sfruttamento dei consumatori che per le loro caratteristiche risultano particolarmente vulnerabili alle indicazioni fuorvianti. Ove un’indicazione siaspecificatamente diretta a un determinato gruppo di consumatori, come ad esempio i bambini, è auspicabile che il suo impatto venga valutato nell’ot-tica del membro medio di quel gruppo. La nozione di consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali dovrannoesercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore me-dio nel caso specifico (cfr. considerando 15 e articolo 5).

(25) Cfr. considerando 31 e 31 bis.

(26) Cfr. art. 19.

(27) Cfr. art. 20.

(28) Cfr. art. 23.

(29) Cfr. art. 27.

I CONTRATTI N. 7/2006 741

MODELLO•PATTO DI FAMIGLIA

Con la Legge 14 febbraio 2006, n. 55 il legislatore ha finalmente aderito ai suggerimenti contenuti nel-la Raccomandazione 94/1069/CE (pubblicata in G.U.C.E. del 31 dicembre 1994) che invitava l’Ita-lia - e gli altri Paesi in cui è ancora prevista una disciplina preclusiva dei contratti successori - ad adot-

tare delle «mitigazioni» normative del divieto di cui all’art. 458 Codice civile allo scopo di assicurare unacontinuità gestionale post mortem dell’impresa caduta in successione, mediante assegnazione della stessa al di-scendente che presenti più spiccate attitudini manageriali.Due i tradizionali ambiti su cui la dottrina più attenta allo studio dei fenomeni parasuccessori (il riferimentocorre al gruppo di lavoro inaugurato a metà degli anni ’90 da Antonio Masi e Pietro Rescigno) aveva sin dasubito focalizzato la sua attenzione: quella del c.d. patto di famiglia e del c.d. patto di impresa. Quest’ultimo ha, tuttavia, perso di interesse con l’intervento della riforma societaria che, con i nuovi artico-li 2355 bis e 2469 Codice civile, innovando la disciplina della circolazione di azioni e partecipazioni in S.r.l.,consente un’ampia programmazione (che spazia dall’esclusione di qualsiasi forma di trasferimento mortis cau-sa alla previsione di meccanismi di gradimento controbilanciati dal diritto di recesso del successore non gra-dito) delle sorti dell’impresa esercitata in forma collettiva, mediante la predisposizione di apposite clausolesuccessorie.Dunque le partecipazioni societarie in quanto tali esulano dalla disciplina del patto di famiglia che ha per og-getto il trasferimento da parte dell’imprenditore di tutta o parte dell’azienda o della governance della stessa(mediato dal trasferimento del pacchetto di controllo di una società esercente attività di impresa).In sintesi, il patto di famiglia è un tipo contrattuale autonomo, formale, plurilaterale con effetti traslativi im-mediati (tanto che l’unica possibilità per il disponente di conservare una qualunque forma di controllo sul-l’azienda è la riserva di usufrutto), in più punti derogatorio sia della disciplina dei contratti in generale sia dialcuni fondamentali istituti della successione dei legittimari quali la riduzione e la collazione. Nonostante la formula di apertura dell’art. 768 bis manifesti la chiara vocazione eccezionale della disciplinarispetto al divieto dei patti successori, è lecito dubitare che il patto di famiglia configuri un autentico pattosuccessorio perché oggetto dell’attribuzione è l’azienda o la partecipazione così come esistente all’atto dellastipulazione (e non al momento dell’apertura della successione) in favore di un discendente (figlio o nipoteex filio) sin da subito designato.Il risultato è identico a quello che si potrebbe conseguire con una donazione pro quota dell’azienda in favoredi coloro che sarebbero legittimari qualora alla data dell’assegnazione si aprisse la successione del disponente,con contemporanea liquidazione dei legittimari non assegnatari dell’azienda secondo un meccanismo analo-go a quello previsto dall’art. 720 Codice civile per gli immobili non divisibili. Il vantaggio indubbio di questo schema negoziale - in primis rispetto alla donazione - consiste nel rendere inat-taccabile l’attribuzione sottraendola sia al rischio di riduzione che alla collazione con ciò realizzando una con-temporanea funzione divisoria (nel caso in cui alcuni dei legittimari non assegnatari vengano liquidati a nor-ma dell’art. 768 quater, secondo comma) che dovrebbe ridurre la litigiosità legata al trapasso generazionale.Inoltre il patto di famiglia può essere sì impugnato per errore, violenza e dolo, ma, in deroga all’art. 1442 Co-dice civile, nel breve termine di un anno e può essere modificato o sciolto per mutuo dissenso ove, però, il re-cesso sia espressamente previsto nel contratto (art. 768 septies).Anche in punto di tutela dei legittimari eventualmente sopravvenuti (es. figli nati successivamente o suc-cessivamente riconosciuti) il legislatore compie una scelta che si discosta dai principi generali.L’art. 768 sexies, infatti, prevede che il coniuge e i legittimari che non abbiano partecipato al contratto - evi-dentemente perché sopravvenuti, posto che deve dubitarsi della validità del contratto concluso in assenza dialcuno dei legittimari preesistenti, che l’art. 768 quater parrebbe configurare quali contraenti necessari - pos-sono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento della somma che avrebbero percepito se aves-sero partecipato al patto aumentata degli interessi legali.Ciò in deroga al fondamentale principio per cui la determinazione dei diritti dei legittimari ai sensi dell’art.536 Codice civile e dei coeredi tenuti alla collazione ai sensi degli artt. 747 ss. Codice civile deve compiersiin base al valore dei beni oggetto delle disposizioni da ridurre o conferire alla data di apertura della successio-

Il patto di famiglia (1)

Nota:

(1) Per un’ampia disanima della questione, cfr. G. De Nova, F. Delfini, S. Rampolla, A. Venditti (a cura di De Nova), Il patto di famiglia, Legge 14 feb-braio 2006, n. 55, collana Prima Lettura, in corso di pubblicazione.

I CONTRATTI N. 7/2006742

MODELLO•PATTO DI FAMIGLIA

ne. Quindi nel patto di famiglia il valore da considerare ai fini della quota di legittima è cristallizzato al valo-re che i beni attribuiti avevano alla data dell’atto dispositivo.Infine, merita particolare interesse la delimitazione del novero dei beneficiari del patto di famiglia, che l’art.768 bis Codice civile individua in uno o più discendenti dell’imprenditore. Dalla formulazione della norma discende un duplice ordine di conseguenze: il patto di famiglia non è utiliz-zabile per attribuire l’azienda al coniuge o a parenti non legittimari (es. fratelli del disponente), per i quali do-vrà farsi ricorso ad altri schemi negoziali. La novella, invece, consente di trasferire l’azienda anche in favoredi discendenti che non siano legittimari (es. nipoti ex filio, qualora il genitore sia ancora in vita), in tal modo«saltando» una generazione nel trasferimento della titolarità della medesima. La previsione non fa che asse-condare quella che è l’autentica ratio dell’innovazione, ovvero preservare la produttività aziendale nel diffici-le momento del trapasso dell’imprenditore favorendo coloro che si siano distinti per capacità manageriali,senza dimenticare la funzione sociale cui assolve l’impresa a carattere familiare.

Carmen Leo

Repertorio n….. Raccolta n……

PATTO DI FAMIGLIARepubblica Italiana

Il giorno….del mese di……dell’anno……In Roma, presso i locali del mio studio alla via Arenula n. 1, avanti a me dott. Romolo Romani, notaio resi-dente in Roma, iscritto nel ruolo dei Distretti Notarili Riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia, alla pre-senza dei signori(testimoni (2))

- si sono costituiti -

BIANCHI FEDERICO, nato a …il giorno….residente in….alla via…..codice fiscale……

e

ROSSI EMILIA, nata a ….il giorno….residente in…..alla via….codice fiscale………,che dichiarano di essere coniugati in regime di separazione dei beni;

BIANCHI EZIO, nato a …..il giorno…residente in….alla via…..codice fiscale……, che dichiara di esseredi stato civile libero;

NERI ERMINIA, nata a….…..il giorno…..residente in….alla via…..che dichiara di intervenire al presenteatto nella sua qualità di genitore esercente la potestà in rappresentanza del figlio BIANCHI LUCA, nato a…...il giorno….residente in….alla via…..codice fiscale…..., di stato civile libero e di essere autorizzata alla stipulazione del presente atto in forza di decreto del Tribunale di ….che in copiaconforme all’originale si allega al presente atto sotto la lettera «A».

Comparenti della cui identità personale io notaio sono certo, i quali:

- premesso che -

a) i signori BIANCHI FEDERICO e ROSSI EMILIA sono genitori del signor BIANCHI EZIO e nonni delminore BIANCHI LUCA, il cui padre BIANCHI LEO è premorto;b) oltre ai signori ROSSI EMILIA, BIANCHI EZIO e BIANCHI LUCA non esistono altri successibili le-gittimari qualora in data odierna si aprisse la successione in morte del signor BIANCHI FEDERICO;c) il signor BIANCHI FEDERICO è pieno proprietario di una quota di partecipazione di nominali eu-

Nota:

(2) La presenza dei testimoni appare opportuna, anche se non strettamente necessaria. Il patto di famiglia è, infatti, un contratto con causa tipica nonriconducibile allo schema della donazione in senso stretto, anche se non si può negare che esso sia riconducibile allo schema generale dei negozi fami-liari con scopo di liberalità per i quali la forma solenne con testimoni fornisce maggiori garanzie.

I CONTRATTI N. 7/2006 743

MODELLO•PATTO DI FAMIGLIA

ro175.000,00 (pari al 70% del capitale sociale) nella società a responsabilità limitata «Z S.r.l.», con sede in…iscritta nel registro delle Imprese di …con capitale sociale di euro 250.000,00, interamente versato, codi-ce fiscale e partita iva n…..;d) lo statuto della società «Z S.r.l.» non prevede alcuna limitazione alla trasferibilità delle partecipazioni so-ciali né per atto tra vivi né per causa di morte;e) il signor BIANCHI FEDERICO è altresì pieno ed esclusivo proprietario di un immobile ad uso abitazionesito in…alla via ….(segue descrizione catastale dell’immobile);f) è intenzione del signor BIANCHI FEDERICO, con il consenso del coniuge ROSSI EMILIA, del figlioBIANCHI EZIO e del nipote BIANCHI LUCA, come sopra rappresentato, attribuire ai sensi dell’art. 768bis ss. Codice civile, riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio, la nuda proprietà della partecipazione socialenella «Z S.r.l.» al figlio BIANCHI EZIO e contestualmente liquidare il nipote legittimario BIANCHI LU-CA mediante attribuzione della piena proprietà dell’immobile descritto sopra sub e) e di una somma in tito-li di stato a conguaglio;g) è intenzione della signora ROSSI EMILIA acconsentire alle attribuzioni come sopra descritte, rinuncian-do a far valere qualsiasi diritto o pretesa in suo favore;h) come risulta da perizie di stima redatte in data dall’ing. ….nominato di comune accordo dalle parti e alle-gate al presente atto rispettivamente sotto le lettere «B» e «C», il valore patrimoniale reale della nuda pro-prietà della partecipazione nella società «Z S.r.l.», determinata in base alle risultanze dell’ultimo bilancio diesercizio approvato in data…, ammonta ad euro 200.000,00 …e il valore della piena proprietà dell’immobi-le sub e) ammonta ad euro 180.000,00.Tutto ciò premesso e da considerarsi parte integrante e sostanziale del presente atto

- convengono e stipulano quanto segue -

Art. 1 - Attribuzione della nuda proprietà della partecipazione sociale al signor BIANCHI EZIOAi sensi degli artt. 768 bis ss. Codice civile, il signor BIANCHI FEDERICO, con il consenso della signoraROSSI EMILIA e del signor BIANCHI LUCA, come sopra rappresentato, attribuisce, riservandosene il di-ritto di usufrutto vitalizio, al signor BIANCHI EZIO, che accetta, la nuda proprietà della quota di partecipa-zione nella società «Z S.r.l.», di cui alla lettera c).Il valore della predetta attribuzione è concordemente fissato dalle parti comparenti in euro 200.000,00.Il diritto di voto inerente alla partecipazione trasferita resta in capo al signor BIANCHI FEDERICO.Il signor BIANCHI FEDERICO si impegna altresì a richiedere l’iscrizione del trasferimento nel libro soci aisensi dell’art. 2470 Codice civile.

Art. 2 - Liquidazione della quota di legittima del signor BIANCHI LUCAAi sensi dell’art. 768 quater Codice civile il signor BIANCHI FEDERICO, con il consenso della signoraROSSI EMILIA e del signor BIANCHI EZIO, attribuisce al signor BIANCHI LUCA che, come sopra rap-presentato, accetta e acquista la piena proprietà dell’immobile di cui alla lettera e).Il valore della predetta attribuzione è concordemente fissato dalle parti comparenti in euro 180.000,00.Allo scopo di eguagliare il valore delle attribuzioni effettuate a favore dei signori BIANCHI EZIO e BIAN-CHI LUCA, il signor BIANCHI FEDERICO, con il consenso della signora ROSSI EMILIA e del signorBIANCHI EZIO, trasferisce al signor BIANCHI LUCA, che come sopra rappresentato accetta e acquista laproprietà di n. …….titoli …….(descrizione dei titoli) del valore di euro 20.000,00.

Art. 3 - Rapporti con i terziI signori BIANCHI EZIO e BIANCHI LUCA, quest’ultimo come sopra rappresentato, dichiarano chequanto ricevuto con la sottoscrizione del presente contratto soddisfa interamente i diritti loro spettanti in ba-se alla legge e che le attribuzioni ricevute verranno imputate alle quote di legittima loro riservate all’atto del-l’apertura della successione del signor BIANCHI FEDERICO ai sensi dell’art. 768 quater, terzo comma, Co-dice civile. Essi si considerano altresì obbligati in solido per il pagamento delle somme previste al secondo comma del-l’art. 768 quater a favore di coloro che, pur non partecipanti alla stipulazione del presente contratto, risultinoessere legittimari al tempo dell’apertura della successione del signor BIANCHI FEDERICO.

Art. 4 - Rinuncia della signora ROSSI EMILIAAi sensi dell’art. 768 quater Codice civile la signora ROSSI EMILIA acconsente alle attribuzioni come sopraregolate e rinuncia a qualsiasi attribuzione in suo favore.

I CONTRATTI N. 7/2006744

MODELLO•PATTO DI FAMIGLIA

Art. 5 - Recesso (eventuale)Ai sensi dell’art. 768 septies Codice civile ciascuno dei contraenti potrà recedere dal contratto al verificarsi diuna delle seguenti cause…Il recesso dovrà essere esercitato entro il termine di ………mediante dichiarazione rilasciata per atto pubbli-co comunicata a mezzo di lettera raccomandata a.r. spedita al domicilio dichiarato da ciascun contraente nelpresente atto.In caso di esercizio del diritto di recesso le parti intendo così regolamentare le loro reciproche pretese……(pattuizioni relative alla retrocessione dei beni in seguito all’esercizio del diritto di recesso)

Art. 6 - Consegna e garanzieLa titolarità dei diritti alienati con il presente contratto si trasferisce da oggi in capo alle parti acquirenti; laconsegna si intende effettuata con la sottoscrizione del presente contratto. Il signor BIANCHI FEDERICO garantisce che quanto oggetto di attribuzione è di sua esclusiva titolarità edè libero da oneri o diritti reali a favore i terzi.(eventuali garanzie circa la provenienza dell’immobile e la libertà da ipoteche)

Art. 7 - Rinuncia all’ipoteca legalePer quanto occorrer possa, il signor BIANCHI FEDERICO rinuncia ad ogni diritto di iscrizione di ipotecalegale che possa derivare dal presente contratto.

Art. 8 - Dichiarazioni urbanistiche(Menzioni ai sensi della Legge 47/1985 e del D.P.R. 380/2001, concernenti l’immobile sub e)

Art. 9 - Spese e imposteImposte e spese del presente atto sono a carico di….

Richiesto io notaio ho ricevuto il presente atto del quale, unitamente agli allegati, alla presenza dei testimo-ni ho dato lettura alle parti che da me interpellate espressamente lo approvano.Scritto in parte da me e da persona di mia fiducia su ….facciate fin qui di …..fogli.

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INDICI

INDICE DEGLI AUTORINicola Brutti Il contratto di assicurazione europeo: tra modello op-zionale ed e-insurance ..................................................... 728

Carmen Leo Il patto di famiglia.......................................................... 741

Viviana Mancinelli Risoluzione del contratto per inadempimento e loca-zione immobiliare per uso non abitativo...................... 645

Carlo PianaLicenze pubbliche di software e contratto .................... 720

Valerio Sangiovanni La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e larecente legge per la tutela del risparmio....................... 686

Monica Selvini I diritti del conduttore alla partecipazione all’assem-blea condominiale e all’uso del parcheggio.................. 672

Laura VagniCollazione della donazione dissimulata e limiti proba-tori per il coerede legittimario....................................... 652

Pier Giovanni Traversa Nullità della fideiussione a «scadenza anticipata» ...... 663

INDICE CRONOLOGICO DEI PROVVEDIMENTICorte di CassazioneCass., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460................. 645Cass., sez. I, 4 novembre 2005, n. 21396...................... 663Cass., sez. III, 3 ottobre 2005, n. 19308........................ 672TribunaleTrib. Trani 31 gennaio 2006.......................................... 686Trib. Rimini 27 dicembre 2005..................................... 652

INDICE ANALITICOAssicurazioneIl contratto di assicurazione europeo: tra modello op-zionale ed e-insurance, di Nicola Brutti .......................... 728

Diritto d’autoreLicenze pubbliche di software e contratto, di CarloPiana................................................................................ 720

FideiussioneNullità della fideiussione a «scadenza anticipata»(Cass., sez. I, 4 novembre 2005, n. 21396), commen-to di Pier Giovanni Traversa ........................................... 663

InadempimentoRisoluzione del contratto per inadempimento e loca-zione immobiliare per uso non abitativo (Cass., sez.III, 18 novembre 2005, n. 24460), commento di Vi-viana Mancinelli............................................................... 645

Intermediazione finanziariaLa responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e larecente legge per la tutela del risparmio (Trib. Trani31 gennaio 2006), commento di Valerio Sangiovanni .. 686

LocazioneI diritti del conduttore alla partecipazione all’assem-blea condominiale e all’uso del parcheggio (Cass., sez.III, 3 ottobre 2005, n. 19308), commento di MonicaSelvini............................................................................... 672

SimulazioneCollazione della donazione dissimulata e limiti proba-tori per il coerede legittimario (Trib. Rimini 27 di-cembre 2005), commento di Laura Vagni .................... 652

SuccessioniIl patto di famiglia, di Carmen Leo................................ 741

INDICE DELLA RASSEGNA DI LEGITTIMITÀContratti in generale

Formazione12 dicembre 2005, n. 27338.......................................... 659

Regolamento7 dicembre 2005, n. 27000............................................ 6592 dicembre 2005, n. 26234............................................ 6592 dicembre 2005, n. 26233............................................ 660

Invalidità e scioglimento7 dicembre 2005, n. 26970............................................ 6602 dicembre 2005, n. 26232............................................ 66025 novembre 2005, n. 24899 ........................................ 661

I singoli contratti

Assicurazione16 dicembre 2005, n. 27728.......................................... 702

Azienda7 dicembre 2005, n. 27011............................................ 702

Contratti bancari1 dicembre 2005, n. 26210............................................ 703

Locazione16 dicembre 2005, n. 27731.......................................... 703

Mandato16 dicembre 2005, n. 27716.......................................... 703

Vendita24 novembre 2005, n. 24782 ........................................ 704

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INDICI

INDICE DELLA RASSEGNA DI MERITOAssicurazioneGiudice di pace Roma 28 febbraio 2005...................... 705Clausole vessatorieTrib. Ancona 28 febbraio 2005..................................... 705Contratti bancariTrib. Modena 9 maggio 2005 n. 856 ............................ 707

Contratti di utenza telefonicaGiudice di pace Torre Annunziata 14 novembre2005............................................................................... 709Contratto d’opera professionaleTrib. Roma 23 febbraio 2006 ........................................ 711Trib. Marsala 25 giugno 2005........................................ 712Contratti finanziariTrib. Barcellona Pozzo di Gotto 17 novembre2005 ........................................................................ 714