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Matr. N. 07170 UNIVERSITA’ CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ALIMENTAZIONE E DELLA NUTRIZIONE UMANA CIBO E STORYTELLING: PRATICHE DIDATTICHE E ANALISI DELLE POTENZIALITA' COMUNICATIVE Relatore Prof.ssa Maria Cinque Correlatore Prof.re Claudio Pensieri Laureando Flavia Tarquini ANNO ACCADEMICO 2017/2018

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Matr. N. 07170

UNIVERSITA’

CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIACORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ALIMENTAZIONE E

DELLA NUTRIZIONE UMANA

CIBO E STORYTELLING:PRATICHE DIDATTICHE E ANALISI DELLE

POTENZIALITA' COMUNICATIVE

RelatoreProf.ssa Maria Cinque

CorrelatoreProf.re Claudio Pensieri

LaureandoFlavia Tarquini

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

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INDICE

INTRODUZIONE.............................................................................................2

CAPITOLO I - LO STORYTELLING..............................................................5

1.1 Lo storytelling – l'arte di raccontare storie....................................................5

1.2 La narrazione.................................................................................................7

1.2.1 Vladimir Propp.......................................................................................9

1.2.2 Christopher Booker..............................................................................10

1.3 Il potere della narrazione: perché lo storytelling? La scienza alla base........12

del successo dello storytelling...........................................................................12

CAPITOLO II - LO STORYTELLING NELLE PUBBLICITA' – DUE CASI

STUDIO...................................................................................................14

2.1 Storytelling e pubblicità...............................................................................14

2.2 Advertainment o fiction pubblicitarie...........................................................17

2.3 Caffè kimbo - “a me me piace”....................................................................18

2.4 Mulino Bianco.............................................................................................21

2.5 Dati statistici sulle pubblicità alimentari.......................................................25

CONCLUSIONI..............................................................................................31

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................34

SITOGRAFIA.................................................................................................36

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INTRODUZIONE

“Lord Northcliffe, magnate della stampa britannica, diceva ai suoi giornalisti che, per

mantenere vivo l’interesse dei lettori, potevano contare su quattro temi infallibili:

crimine – amore – denaro – cibo. Solo quest’ultimo però è un aspetto universale e

imprescindibile dell’esistenza umana: il crimine coinvolge una minoranza, è possibile

immaginare un' economia che non si regga sul denaro o la riproduzione della specie in

assenza d’amore, mentre non si può concepire la vita senza nutrimento. Esso

dovrebbe essere considerato l’argomento più importante per la razza umana. È il

fattore di massimo rilievo per il più alto numero di persone nella quasi totalità del

tempo.”

(Fernández-Armesto, 2010)

Per sua specifica natura il cibo riveste un significato simbolico e relazionale che

trascende il semplice valore nutrizionale e la necessità per l’organismo di alimentarsi.

Non si mangia solo per vivere ma si mangia per socializzare, per definire il proprio

status, per stuzzicare i sensi, per fare nuove esperienze e per rinsaldare legami

emotivi. Sulla base di questa affermazione è giusto dire che i comportamenti

alimentari e la scelta dei cibi non solo soddisfano un bisogno primario, il cui fine

ultimo è la conservazione della specie, ma rispondono anche a bisogni di altra natura,

in particolar modo culturali. L’uomo non è semplicemente un mangiatore biologico,

ma è soprattutto un consumatore-mangiatore simbolico e sociale (Ghidini, 2019). Il

cibo in quanto cultura diventa, sul piano simbolico, uno strumento di mediazione tra

l'uomo e il mondo, uno strumento di comunicazione, un codice condiviso simile al

linguaggio e in quanto tale risponde anche a delle regole e convenzioni, tramandate

prevalentemente in forma orale (come ad esempio le ricette che si tramandano di

madre in figlia), esattamente come il linguaggio. Parlare di cibo e raccontare il cibo

sono due cose completamente diverse: il cibo e la sua narrazione sono due aspetti che

giocano un ruolo fondamentale nell'espressione e nella definizione del sé. Serve a

comunicare con gli altri, ad esprimere se stessi, ad interpretare il mondo, a consolidare

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tradizioni culturali, per rappresentare gerarchie sociali, per classificare specie naturali

e tanto altro ancora (Marrone, 2017).

In un periodo in cui il pubblico sta acquisendo sempre più controllo sulle informazioni

che vede e la pubblicità si è sempre più trasformata in rumore di fondo è forte la

richiesta di una comunicazione differente. Una pubblicità “memorabile” è una garanzia

di successo per una campagna di marketing e infatti è proprio alla memoria a lungo

termine del pubblico che i pubblicitari puntano. e per raggiungerla si usano diverse

strategie, che in parte hanno a che fare con la psicologia e in parte con la creatività.

Uno degli strumenti più potenti del marketing per comunicare il valore di un prodotto

e coinvolgere emotivamente le persone, rispondendo così ai bisogni secondari

culturali, è il food storytelling, cioè l'arte di raccontare storie applicata al cibo.

Il settore food infatti è ricco di spunti narrativi e si presta per costruire storie

emozionanti e coinvolgenti: se passiamo in rassegna le pubblicità fissate nei nostri

ricordi tutti noi sapremmo citare una o più pubblicità provenienti dalla nostra infanzia,

che ci hanno colpiti e sono rimaste impresse nella nostra memoria. E ci renderemo

conto che riguardano quasi tutte prodotti alimentari. Una storia efficace attira

l'attenzione, coinvolge i sensi, suscita emozioni e rassicura il consumatore. Il food

storytelling infatti funziona perché produce intrattenimento, fidelizza alla marca e

coinvolge l'acquirente in prima persona perché egli così non acquista il prodotto solo

per soddisfare un bisogno ma si aspetta di vivere un'esperienza, di far parte della

storia di quello stesso prodotto. Per promuovere il prodotto food, infatti, non basta

parlare di cibo ma è necessario costruire intorno ad esso un immaginario collettivo. Il

cibo entra nella vita delle persone con racconti che hanno il sapore della vita vissuta e

della quotidianità. Grazie alle pubblicità che utilizzano lo storytelling, le persone fanno

le loro scelte di consumo non solo perché vedono un prodotto nello spot, ma perché

si riconoscono in quella storia e aderiscono a un determinato universo valoriale;

pensiamo ad esempio a una particolare tipologia di consumatori – i vegani – e a come

attraverso i propri acquisti essi comunicano all'esterno la propria filosofia di vita (il

rispetto per gli animali, la tutela per l'ambiente, il consumo sostenibile, ecc...).

Il presente lavoro ha preso in esame il potere comunicativo dello storytelling,

analizzando le sue origini storiche e culturali ma soprattutto illustrando il suo uso

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attraverso l'analisi di due particolari pubblicità che hanno fatto dello storytelling la

loro strategia vincente e hanno scelto il mezzo televisivo per raccontarcelo, tutt'oggi il

primo strumento comunicativo che riesce a raggiungere efficacemente il maggior

numero di persone.

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CAPITOLO I - LO STORYTELLING

1.1 Lo storytelling – l'arte di raccontare storie

Il termine “storytelling” fu coniato all'inizio degli anni Novanta negli Stati Uniti e

letteralmente significa “narrazione di storie”.

Viene utilizzato per indicare un'ampia e importante disciplina: l'arte di raccontare

storie, ovvero la scienza che traduce e promuove le cose (vere o immaginarie che

siano) in parole, immagini, suoni e percezioni reali. E traducendole in percezioni reali

le rende vere, pregne di significato e legittimate ad esistere (Bruner, 2002)

Ma se allarghiamo la ricerca di questo termine è facile trovare numerosi risultati che

descrivono lo storytelling come una tecnica di narrazione con scopo di affabulazione

e/o di persuasione, usata al fine di catturare l'attenzione e l'interesse del pubblico. Di

fatto lo storytelling è sempre esistito seppur con nomi e forme diverse ma solo negli

ultimi tempi è stato riscoperto il suo potere comunicativo e persuasivo. Non a caso,

infatti, nel mondo moderno lo storytelling è una delle tecniche di comunicazione più

usate in numerosi ambiti e da decenni si è imposto in tutti i settori della società,

trascendendo i confini politici, culturali o professionali, realizzando così quello che

molti sociologi hanno definito narrative turn (Salmon, 2008).

La nascita delle storie e della loro narrazione, però, è da ricercarsi nell'antichità. Si

può affermare che il racconto nasce con l'umanità perché tutti gli esseri viventi hanno

bisogno di comunicare e l'uomo, nel corso millenario della sua storia, ha sviluppato

dei linguaggi. L'uomo della preistoria avrà utilizzato suoni, gesti e grafismi per

cominciare a comunicare, ma l'elemento decisivo per il suo sviluppo è stato

certamente il linguaggio verbale che ha positivamente interferito con lo sviluppo del

pensiero e la capacità di lavorare.

Pensare è parlare silenziosamente a noi stessi, ma questa comunicazione non può

bastare perché l'uomo è un essere sociale che ha bisogno, sin dalla nascita, di crearsi

intorno una rete di relazioni per trasmettere informazioni e mettere in comune bisogni,

pensieri, sentimenti, progetti: la narrazione di storie è stato sempre considerato uno

strumento universale che ha facilitato e tutt'oggi facilita la condivisione di messaggi

tra singoli individui e organizzazioni, strumento di primaria importanza per diffondere

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la cultura, creare identità sociali e stabilire connessioni emotive nella costruzione di

rapporti umani.

Lo scopo generale di tutti gli atti comunicativi è comunicare qualcosa ma in realtà

ogni volta ci sono obiettivi ben precisi dietro ai nostri interventi. È quasi impossibile

elencare tutti gli scopi per cui noi comunichiamo: le funzioni e scopi della lingua sono

tantissimi e ognuno può trovarne di nuovi.

A questo punto sorge spontanea una domanda: come può una storia essere

considerata uno strumento persuasivo in grado di coinvolgere l'individuo, o il

consumatore come, ad esempio, nei casi di pubblicità che analizzerò nei capitoli

successivi?

La risposta a questa domanda va cercata nell'etimologia latina della parola “narrare”

che significa “far conoscere”1. L'uso della parola e di un linguaggio costruito è

l'elemento che distingue l'uomo da tutti gli animali, che lo ha reso in grado di

interagire e che gli ha consentito di soddisfare le diverse necessità della vita. La

parola, se ben usata, possiede un significato intrinseco capace di sedurre, incantare e

convincere.

Ecco allora perché la pubblicità, nelle sue varie forme, ha iniziato a far uso dello

storytelling: la forza di una storia sta nelle emozioni poiché quando essa è in grado di

catturare l'attenzione e di suscitare impressioni, queste saranno la base per la riuscita

memorizzazione della storia stessa e di conseguenza del suo essere tramandata.

E quando una storia è ricordata e tramandata, è una storia ben riuscita.

Ci occuperemo ora di ripercorrere la storia della narratologia dalla quale si è

sviluppato il concetto di storytelling e successivamente analizzeremo come e perché lo

storytelling è uno dei principali strumenti usati nelle pubblicità.

1 Narràre dal lat. narrare, affine a gnarus «consapevole»]. – Esporre o rappresentare, a viva voceo con scritti o altri mezzi, vicende, situazioni, fatti storici e reali, oppure fantastici, vissuti o, piùspesso, non vissuti in prima persona, riferendoli in modo ampio e accurato e nel loro svolgimentotemporale

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1.2 La narrazione

Per iniziare è bene fare una distinzione fra il significato di tre termini, spesso usati

come sinonimi ma che sinonimi non sono:

1. STORIA → è il contenuto del racconto. Insieme, cioè, di eventi, reali o

immaginari, in ordine logico e cronologico.

2. RACCONTO → è la modalità con cui il contenuto e quindi la storia viene

trasmessa, per l'appunto raccontata.

3. NARRAZIONE → è l'azione di enunciazione con cui una determinata storia

viene raccontata (Fontana, 2009).

Ogni atto narrativo si compone di due elementi che sono la storia e il discorso (Fona

p.6)

La storia rappresenta l'insieme di eventi in successione temporale in cui agiscono gli

esistenti e cioè i personaggi e gli elementi ambientali. Il discorso, invece, è

rappresentato da dialoghi che hanno lo scopo di comunicare il contenuto della storia.

Sintetizzando possiamo affermare che “la storia è ciò che viene rappresentato in una

narrazione e il discorso è il come” (Greimas, 2007).

E' una cosa poiché è un atto comunicativo che contiene:

• Personaggi: le aziende, i prodotti, i servizi o clienti;

• Temi: tendenzialmente temi strategici funzionali alle intenzioni comunicative;

• Azioni: cioè situazioni in cui un personaggio, di cui sopra, ha un ruolo attivo;

• Un contesto: può essere un'ambientazione spaziale e temporale (i luoghi e le

cronologie in cui la storia si svolge e viene raccontata) o l'insieme delle

circostanze in cui avviene la comunicazione;

• Avvenimenti: fatti che capitano ai personaggi o che essi subiscono;

• Un pubblico specifico: le narrazioni, avendo scopi strategici, si rivolgono

sempre ad un destinatario ben definito.

Ma una storia è anche un “come” perché a seconda del mezzo o del prodotto

comunicativo che si sceglie si possono avere esiti di efficacia diversi. Il come può

significare usare un mezzo cartaceo, digitale o visuale.

E il come, il mezzo con cui scegliamo di raccontare, influenza naturalmente il cosa.

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In questa prospettiva, possiamo notare come la narrazione sia un vero e proprio

processo di comunicazione: attraverso, infatti, forme e modi differenti e l'uso di una

pluralità di canali, anche nella narrazione vediamo coinvolti un emittente e un

ricevente, un autore e un pubblico.

Un buon uso della narrazione, ad esempio da parte di una azienda o di un brand, può

conferire senso e significato alla propria identità, orientare e indirizzare il

consumatore nel mercato, catalogare e comprendere le esperienze degli individui,

entrare a far parte della sua memoria.

E' opportuno schematizzare alcuni studi che hanno cercato di dare una risposta alla

domanda “come dire le cose da dire”, domanda alla quale arriva, prima o poi,

qualunque disciplina.

E se oggi si può parlare di storytelling è proprio grazie a queste indagini disciplinari,

definite da Andrea fontana come tante correnti in un unico mare (tante discipline che

hanno cercato un modo corretto per dire le cose). Ricordiamo:

– Il formalismo russo con gli studi di Vladimir Propp

– Il neo- criticismo statunitense: con riferimento al contributo di Chatman

– La semiotica italiana di Umberto Eco, ma anche di Segre e Avalle

– Lo strutturalismo francese con gli studi di Greimas, Lévi- Strauss, Barthes

– La psicologia cognitiva di Bruner

– Studiosi contemporanei come Vogler e Christopher Booker (Fontana, 2009).

Tutti questi studi hanno evidenziato che ogni cultura umana ha strutture narrative

profonde, archetipiche, che ricorrono alla costruzione della vita quotidiana.

Ai fini di questa ricerca, mi limiterò a ripercorrere solo gli studi sullo schema canonico

della storia di Propp e analizzerò le sette caratteristiche individuate da Christopher

Booker, usate nello storytelling advertising2 .

2 Advertising: dal verbo inglese ti advertise = far conoscere, avvertire. Con questo terminesolitamente ci si riferisce alla pubblicità, come forma di comunicazione a pagamento,pianificabile sui media di massa, quali TV, radio, stampa, internet

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1.2.1 Vladimir ProppE' uno dei grandi studiosi che ha contribuito in maniera fondamentale alla narratologia

grazie alla sua opera più importante, la “Morfologia della fiaba”, che ha rappresentato

la base delle successive indagini svolte in questo campo.

Studiando e analizzando cento fiabe russe, l'autore riusci a dimostrare l'esistenza di

schemi costanti all'interno di ciascuna di esse ed elaborò uno schema canonico,

formato da 31 costanti o unità fondamentali, che ci permette di ritrovare un unico

modello dietro alla moltitudine di racconti esistenti.

Propp afferma che la struttura narrativa da lui studiata è così articolata:

la situazione iniziale è caratterizzata dal benessere (equilibrio iniziale), a cui segue una

sciagura o un fatto inspiegabile che stravolge gli eventi (rottura dell'equilibrio iniziale).

A questo punto entra in gioco l‘antagonista che tenta in qualche modo di ingannare

l‘eroe o di farlo cadere in un tranello. L'eroe cadendo nella trappola (connivenza)

mette in moto l‘azione: il danneggiamento provocato dall'antagonista costringe il

protagonista ad allontanarsi (partenza, peripezie dell'eroe) per ristabilire la situazione

iniziale. Nel suo viaggio verrà aiutato dal donatore dal quale riceve un mezzo magico

che lo aiuterà ad affrontare alcune prove (lotta) contro il male. L'eroe riesce a

fronteggiare così l'antagonista permettendogli di ritornare a casa. Il racconto

raggiunge l'apice ed è in questo momento che l'eroe si ritrova a dover fronteggiare

una seconda persecuzione (o un inseguimento). Il protagonista si salverà, ma prima

dovrà fronteggiare un nuovo nemico, il falso eroe.

Segue quindi il compito difficile (prova finale) la cui risoluzione porterà alla sconfitta

e allo smascheramento dell‘antagonista/falso eroe, alla punizione ed infine alle nozze

dell'eroe o al conseguimento del premio atteso.

Schematizzando, abbiamo le 31 funzioni che possono susseguirsi dopo l'esordio:

1. allontanamento

2. divieto

3. infrazione

4. ricognizione

5. ottenimento

6. raggiro

7. connivenza

8. danneggiamento o

mancanza

9. mediazione

10. consenso

11. partenza

12. funzione del

donatore

13. reazione dell'eroe

14. fornitura dell'oggetto

magico

15. trasferimento

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16. lotta

17. marchiatura

18. vittoria

19. rimozione

20. ritorno

21. persecuzione

22. salvataggio

23. arrivo in incognito

24. pretese infondate

25. prova

26. superamento

27. identificazione

28. smascheramento

29. trasfigurazione

30. punizione

31. matrimonio o

incoronazione

I personaggi, secondo Propp possono essere catalogati in otto categorie di

"personaggi-tipo", quali:

1. l'antagonista

2. il mandante

3. l'aiutante

4. la principessa o più in generale il

premio

5. il padre di lei

6. il donatore

7. l'eroe o la vittima/ il ricercatore

8. il falso eroe

Per quanto riguarda invece lo schema generale:

1. equilibrio iniziale, esordio, o mondo ordinario

2. rottura dell'equilibrio iniziale , complicazione

3. peripezie dell'eroe

4. ristabilimento dell'equilibrio.

Tramite questa scomposizione funzionale, Propp è riuscito a stabilire un modello

logico che accomuna le diverse tipologie narrative.

Questo schema narrativo canonico determina quelle che sono lo linee guida della

narrazione e rappresenta, allo stesso tempo, una sorta di metacopione che adoperiamo

per definirci e raccontarci (Bruner, 2006).

1.2.2 Christopher BookerSulla base degli studi di Propp e dei suoi successori, Christopher Booker (scrittore e

giornalista contemporaneo) nel suo libro The sven basic plots: why we tell stories

(Brooker, 2005) ha individuato sette modelli narrativi, affermando che pur essendoci

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un'infinità di storie differenti il numero di schemi di riferimento è decisamente limitato,

per l'appunto sette, e le storie ne seguono almeno uno o una combinazione di più

schemi.

Le sette trame base sono:

Superare il mostro Situazione iniziale in cui l'eroe è chiamato

ad affrontare e vincere una persona o una

situazione che rappresenta il male.

Dalle stalle alle stelle Passaggio da negativo a positivo, un

percorso attraverso cui il protagonista

eroico viene portato dalla povertà e

miseria alla ricchezza e alla fama; in

questa situazioni vengono alla luce le doti

dell'eroe.

La ricerca La ricerca del bene misterioso e prezioso.

Nel mondo delle pubblicità, l'eroe durante

la ricerca, per raggiungere la propria

meta, fa propri i valori del brand

Viaggio, andata e ritorno Viaggio durante il quale il protagonista

svolge la sua ricerca.

Commedia Schema variabile basato sullo scontro tra

società e protagonista, il quale a causa dei

suoi comportamenti paradossali e

incomprensibili non è accettato. Nelle

pubblicità questa fase è rappresentata

dalle sfortunate situazioni in cui il cliente

può incappare se non utilizza i prodotti

del brand.

Tragedia Altro schema variabile che determina un

finale negativo della storia.

Rinascita Schema opposto alla tragedia che

prevede un finale positivo.

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1.3 Il potere della narrazione: perché lo storytelling? La scienza alla base

del successo dello storytelling

Abbiamo definito cos'è e su cosa si basa lo storytelling, ora è necessario capire quali

sono i motivi per cui esso oggi rappresenta uno degli strumenti di comunicazione

maggiormente usato in diversi campi.

Cosa rende lo storytelling così efficiente? Possiamo individuare tre motivazioni

principali:

1. lo schema narrativo della mente umana e la trance narrativa d'ascolto

2. studi di neuroscienze

3. la capacità delle storie di suscitare emozioni

Secondo lo psicologo Jerome Bruner, l'essere umano non usa l'argomentazione logica

e scientifica per organizzare la propria esperienza ma ricorre alla forma narrativa, che

rappresenta il modo con cui dare senso alla realtà (Bruner, 1991). Di conseguenza,

parte dell'efficacia dello storytelling è riconducibile al modo di pensare e interpretare

la realtà circostante da parte dell'uomo: lo storytelling funziona perché è un

meccanismo già presente nella mente umana, che ogni giorno si ritrova ad elaborare e

usare storie e racconti per spiegare se stesso e la realtà in cui vive. Siamo dunque in

presenza di un istinto fondativo che si pensa essere addirittura una componente

genetica del DNA umana, perché se così non fosse l'evoluzione l'avrebbe sicuramente

eliminata (Gottschall J., 2012).

A questo meccanismo naturale si ricollega quello che A. Fontana chiama “trance

narrativa d'ascolto”, (Fontana, 2010) un'esperienza, cioè, estremamente piacevole

conseguente all'innato bisogno umano di credere in qualcosa.

La trance narrativa non subentra nel momento in cui inizia il racconto di una storia ma

ci sono alcune tappe fondamentali che portano il lettore o l'ascoltatore ad

abbandonarsi gradualmente al piacere narrativo.

Queste sono:

1. contatto

2. familiarità

3. immersione

4. identificazione

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5. emersione

6. distanziazione

7. trasformazione

Inoltre, alcuni studi di neuroscienze (Gillet, 2014) hanno dimostrato che il cervello

umano risponde in maniera diversa all'ascolto di una storia rispetto alla recezione di

dati analitici. In questo ultimo caso, si attivano solamente parti del cervello dedicate

alla comprensione linguistica; quando invece viene comunicata una storia si attivano

altre zone cerebrali che solitamente si attivano quando la storia si vive in prima

persona. Il cervello quindi si attiva allo stesso modo sia se stiamo ascoltando o

leggendo una storia sia se fossimo realmente presente nel momento in cui accadono i

fatti del racconto.

Questo meccanismo facilità maggiormente la memorizzazione di una storia.

Come ho già anticipato nel primo paragrafo, una storia è efficacie perché suscita

emozioni. Questo è il principale obiettivo di una storia: generare reazioni emotive nei

destinatari e creare connessioni emozionali (Beckhaus, 2005)3. Le emozioni vissute

dai personaggi raccontati si legano con quelli degli ascoltatori generando l'immersione

e l'abbandono totale di cui prima abbiamo scritto. Il ruolo importante svolto dalle

emozioni trova conferma in alcune ricerche che hanno dimostrato che l'esposizione a

una storia determina la produzione da parte del nostro corpo di due ormoni:

l'ossitocina e il cortisolo. Questa produzione di questi ormoni comporta la creazione

di una connessione emozionale tra chi racconta la storia e chi l'ascolta.

Infine le emozioni rappresentano il modo principale in base alle quali l'uomo prende

decisioni. Per far colpo nella mente del consumatore e portarlo ad essere fedele al

brand, le imprese devono far leva sulle emozioni. In questo scenario lo storytelling si

mostra lo strumento ideale per instaurare connessioni emozionali.

3 “a prescindere che sia un aneddoto in sala relax o un dramma ben costruito, lo storyteller spera dievocare emozioni nell’audience”

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CAPITOLO II - LO STORYTELLING NELLE PUBBLICITA' – DUE CASI STUDIO

2.1 Storytelling e pubblicità

“Gli esseri umani desiderano le storie e la pubblicità ha sempre fatto del suo meglio

per utilizzare il business dei racconti per costruire un brand”

(Simon Bond )

Come considerato nel precedente capitolo, la narrazione è uno strumento di

comunicazione molto complesso che appartiene all'umanità fin dai tempi più antichi.

Negli ultimi decenni, si è riscoperto il suo potere tanto da essere diventata uno

strumento sempre più indispensabile in moltissimi ambiti di studio e lavoro. La

narrazione, infatti, ormai non appartiene più solo al mondo degli studi umanistici e

pedagogici: per le aziende, ad esempio, è divenuta il mezzo di comunicazione ottimale

ed efficace per raggiungere vasti pubblici e rappresenta sempre di più “un sofisticato

mezzo retorico di presidio e scambio del potere, un modo per gestire la percezione dei

pubblici che all’interno delle società conoscitive sono sempre più sofisticati ma anche

più assuefatti” (Libaert, 2010, p.16).

Le storie possono essere considerare dei vettori che permettono di creare senso e

costruire identità appoggiandosi, come già accennato, alla memoria narrativa

attraverso l'uso degli schemi narrativi.

Questo bisogno naturale dell'uomo di inserirsi all'interno di format narrativi è ciò su

cui fanno leva i brand, i quali non devono far altro che ascoltare e rispondere a questo

naturale bisogno per costruire una storia che venga ricordata. Ecco allora il punto di

incontro tra storytelling e pubblicità.

Se è vero che il consumatore medio acquista sulla scia delle emozioni (Geason, 2002)

allora le campagne pubblicitarie che evocano stati d'animo nei consumatori, saranno

delle campagne in grado di creare una connessione reale, duratura e fedele con il

target prescelto. In questa panoramica è importante ricordare quanto affermato da

Bruner e poi riconfermato da Fontana: “la narrazione non è innocente” (Bruner, 2006,

p. 6). La narrazione non è un racconto di cose neutre e non ha come fine ultimo la

sola enunciazione della storia ma bensì ha l'intento, generando percezioni e visioni del

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mondo, di orientare le scelte umane (Fontana, 2009). Risultato, questo, condiviso

anche dal mondo pubblicitario.

La pubblicità è una particolare forma di comunicazione che viene commissionata dalle

aziende agli specialisti del settore per poter raggiungere molteplici obiettivi di tipo

commerciale: incrementare le vendite, migliorare l'immagine dei prodotti e contrastare

iniziative dei concorrenti.

Contrariamente a quel che si può pensare, la pubblicità non tenta di convincere

direttamente il fruitore della bontà di un prodotto, bensì cerca di coinvolgerlo tramite

meccanismi comunicativi ludici, ironici e/o emozionali per far scattare una

motivazione d'acquisto e ottenere così una conferma di adesione al contenuto del

messaggio che essa stessa vuole trasmettere.

In altre parole la pubblicità determina la creazione di un ambiente mentale e di una

posizione d'animo favorevoli che potranno successivamente tramutarsi nelle azioni di

acquisto sperate. Per riuscire in questo, fa uso di tecniche di persuasione. Persuadere

non significa convincere una persona, bensì metterla nelle condizioni per farsi

convincere. Attraverso la persuasione chi comunica, quindi, cerca di incentivare e

indurre il consumatore a comprare il prodotto sponsorizzato.

Uno dei più grandi esperti di persuasione, il prof. Cialdini dell'Arizona State

University, ha individuato alcune regole basilari dei processi persuasivi (Cialdini,

1993), esse sono

1. Contrasto → lo schema del “ prima/dopo”. Sedurre il consumatore mettendo a

confronto la situazione di partenza, in cui non si faceva uso del prodotto in

vendita, con gli effetti che conseguono l'utilizzo del prodotto in vendita.

2. Riprova sociale → Sentire il bisogno di fare/provare qualcosa perché lo hanno

fatto gli altri prima.

3. Reciprocità → formula del campione gratuito. Offrire un campione gratuito di

un qualsiasi prodotto. Molto facile pensare al bicchiere di vino, al cubetto di

prosciutto o al tocco di parmigiano che molto spesso ci vengono offerti in

alcuni supermercati. Questa tecnica è stata definita come la più potente tecnica

di persuasione (Cialdini, 1984), poiché evoca una risposta in chi consuma sulla

base di tre ragioni: il contraccambio, le pressioni sociali e l'asimmetria

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dell'azione (dà l'impressione di ricevere di più di ciò che si da). Queste tre

ragioni si tradurranno nell'acquisto del prodotto sponsorizzato da parte del

cliente che per reciprocità al regalo ricevuto si sentirà obbligato a ricambiare.

4. Autorità → uso di un testimonial che dia l'idea di competenza, che sia esso un

medico, un personaggio famoso travestito da medico o dentista. Questa

tecnica basa la sua validità sul concetto di rispetto della autorità e delle regole,

insito in ciascuno di noi fin dall'infanzia.

5. Coerenza → attraverso la quale si evidenziano le qualità del destinatario per

far si che questo non rifiuti il messaggio persuasivo.

6. Simpatia → i protagonisti degli spot sono simpatici e/o attraenti.

7. Scarsità → descrivere il prodotto come raro, un pezzo unico, difficile da

trovare (saldi; Black Friday, sottocosto, etc.).

Altro aspetto caratteristico delle pubblicità è la componente verbale. Si può far uso di:

– figure retoriche;

– sono permesse deviazioni dalle regole grammaticali e sintattiche;

– modifiche di modi di dire e cliché;

– l'invenzione di nomi inediti;

– l'uso di rime e ripetizioni.

Nei paragrafi successivi useremo questa lista di caratteristiche come linee guida per

portare avanti l'analisi di due case history di pubblicità alimentari (nella loro forma

televisiva).

Quale migliore strumento dello storytelling, allora, per soddisfare gli scopi delle

pubblicità?

Narrazione e tecniche di persuasione si combinano nello storytelling advertising il

quale, suscitando senso di familiarità e di fiducia, contribuisce a costruire una

personalità del prodotto.

Pertanto non si acquista solo sulla base del prodotto, ma sulla storia che la pubblicità

racconta.

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Questo aspetto si nota in particolare nella pubblicità alimentare – seconda

protagonista di questa tesi – nella quale solitamente vengono narrate le caratteristiche

che attribuiscono valore al prodotto.

2.2 Advertainment o fiction pubblicitarie

Ai fini della mia ricerca è importante soffermarci sulla trasformazione che ha

interessato il mondo pubblicitario tra gli anni Novanta e Duemila.

Sono state messe a punto nuove strategie di comunicazione accomunate dalla scelta di

una precisa articolazione temporale dei messaggi, declinati tramite l'approccio

narrativo della fiction pubblicitaria seriale. Ecco che allora, dalla sapiente

combinazione dello storytelling e della persuasione, nasce l'advertainment4. Questo

termine indica appunto lo sviluppo delle pubblicità come storie a puntate, in maniera

similare a quanto succede con le fiction televisive (Musso, 1999) .

Ogni spot è di breve durata (slow spot) ma in concreto ognuno di questi è legato

tramite un intreccio narrativo allo spot successivo, dando origine quindi ad un'unica

storia pubblicitaria televisiva; anche nel Carosello (negli anni Sessanta e Settanta) si

utilizzava questa tecnica ma la durata degli spot era molto più lunga e permetteva una

narrazione più articolata rispetto alle tempistiche attuali.

Molte pubblicità alimentari hanno fatto propria questa innovativa forma di

comunicazione, fattore principale alla base del loro diffuso e memorabile successo.

Viene narrata una storia che si articola in dinamiche seriali ma sempre secondo un

approccio slow: l'inquadratura tende ad essere fissa, la location unica, i personaggi

rimangono tendenzialmente invariati da un episodio all'altro, di sottofondo è sempre

presente la componente narrativa che, di volta in volta, racconta il prodotto o il

marchio. Ecco, quindi, gli ingredienti grazie ai quali si mette in scena un prodotto.

Su questa scia si collocano le campagne seriali di molti spot alimentari dal food al

beverage che la maggior parte di noi sicuramente ricorda ancora benissimo in quanto,

sulla base di quello scritto finora, hanno caratterizzato un ritornello televisivo di

successo: lo spot Ferrarelle e Uliveto, rispettivamente con Alessandro Gassman e

4 Advertainment = fiction pubblicitaria. È un termine composto dalle parole "advertising”(pubblicità) ed "entertainment" (intrattenimento). Compare per la prima volta nel 1999 in unsaggio di Patrizia Musso, docente universitaria, esperta di marca e di pubblicità.

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Alessandro del Piero e l'uccellino, Marta e Marco (Teresa Mannino e Valerio Morigi)

una coppia di fidanzati amanti dei prodotti Amadori e ancora, la Lavazza con le sue

serie pubblicitarie registrate in Paradiso, che per vari anni di seguito ha rappresentato

il set che ha ospitato personaggi famosi come la coppia comica Bonolis – Laurenti,

Enrico Brignano e più di recente Maurizio Crozza. In questa categoria di storytelling

advertising rientrano anche Kimbo e Mulino bianco, analizzate di seguito nel

dettaglio.

2.3 Caffè kimbo - “a me me piace”

A Napoli, capitale mondiale del caffè espresso, ha inizio la storia de il “Cafè do

Brasil”, società che negli anni si è poi trasformata fino a diventare quella che oggi tutti

conosciamo come Kimbo.5

La storia del marchio Kimbo inizia nel bar pasticceria della famiglia Rubino e ben

presto la notoria bontà del loro espresso si diffonde in tutta Napoli. Nasce, così, l'idea

di creare una torrefazione, nel centro della città, per portare quel buon caffè in più bar

possibili ma soprattutto per diffonderne l'uso anche nelle case. Negli anni '60 i fratelli

Rubino accolgono nella loro azienda l'innovativa tecnica del confezionamento sotto

vuoto, che permette loro di allargare la diffusione del caffè tipico della tradizione

napoletana. Caffè do Brasil inizia a crescere sempre di più, cambia il nome in Kimbo,

nome corto e facilmente ricordabile e che riporta alla memoria le origini esotiche

d'oltremare della materia prima.

Come affermato dalla stessa azienda, la fama e la crescita di Kimbo sono fortemente

legate alla comunicazione. Dopo una prima campagna destinata solo al mercato

napoletano, hanno deciso di estenderla su scala nazionale. Personaggi famosi e

“affidabili” (perché già conosciuti grazie alle loro carriere) come Pippo Baudo,

Massimo Dapporto e Gigi Proietti hanno accompagnato e contribuito allo sviluppo di

Kimbo, creando spot che sono entrati a far parte della storia della pubblicità.

Già a partire dagli anni novanta la Kimbo è tra le prime aziende che decide di

intrattenere ed emozionare il suo pubblico con la strategia delle fiction pubblicitarie.

5 https://www.kimbo.it/Storia 18

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Vengono così mandate in onda le pubblicità a puntate in stile “love boat”6 con il

capitano Dapporto prima e il naufrago smemorato Proietti qualche anno più tardi

(Musso, 2005).

Ci soffermiamo proprio su quest'ultimo spot, con il celebre claim “Caffè Kimbo: e chi

se lo scorda? A me me piace”, diventato un must che dura negli anni tanto da essere

comunemente usato anche da chi ormai non associa questa esclamazione al marchio

che ha pubblicizzato.

Gigi Proietti interpreta un povero naufrago senza memoria che viene portato in salvo

dall'equipaggio di un'idilliaca nave da crociera affollata di personaggi dell'alta società.

Il formato di questa pubblicità è quello tipico delle mini fiction: 18 puntate che di

volta in volta narrano, in modo ironico e simpatico, i tentativi dei compagni di viaggio

del naufrago intenti nell'aiutarlo a ricordare qualcosa del suo passato. Inutili sforzi:

soltanto l'aroma del caffè e il gorgoglio della caffettiera lo aiuteranno a ritrovare

barlumi di memoria. Ogni spot si avvia alla conclusione con l'arrivo dal marinaio

Esposito7 che offre il caffè al nostro protagonista, caffè che ogni volta suscita

un'emozione rassicurante: si può dimenticare tutto, può cambiare tutto ma non il caffè

Kimbo, la cui bontà e il ricordo perdurano nel tempo.

Il personaggio di Esposito è di particolare importanza: è l'unica figura napoletana ed è

sempre lui, mai qualcun altro, a portare in scena e narrare le caratteristiche che

rendono unico il vero protagonista dello spot: il caffè. Scelta non casuale perché

rappresenta e ricorda le origini partenopee del prodotto sponsorizzato.

Innovativa ed originale è anche l'ambientazione. La nave da crociera raffigura un

microcosmo che pur appartenendo al mondo reale evoca un'atmosfera da sogno,

lontana dalla quotidianità perciò rilassante che riporta alla mente i viaggi, le vacanze e

il divertimento. Si oppone, come spesso succede nelle pubblicità alimentari, alla vita

quotidiana sempre più frenetica e con ritmi veloci e associa il prodotto al bisogno di

rallentare e ritornare alle origini, ad uno stile di vita comunemente considerato più

tradizionale e sano.

6 Love Boat è una serie televisiva statunitense, ambientata su una nave da crociera, prodotta tra il1977 e il 1987

7 Esposito, assistente del Capitano. E' rappresentato da Sergio Rispoli. Già presente nellaprecedente slow fiction, accanto a Massimo Dapporto.

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Per analizzare anche il ruolo e l'uso dello storytelling e del legame emozionale che la

narrazione costruisce, analizziamo brevemente l'episodio intitolato “Kimbo: a te ti

piace, a me me piace”8. Il protagonista-naufrago compare comodamente disteso su

una sedia sdraio, accompagnato da una bellissima donna dai tratti tipici mediterranei,

intenta a compatire lo smemorato. Poco dopo viene rivelata la presenza di una

seconda presenza femminile, più austera della precedente, in antitesi con la prima che

corregge puntualmente la parlata del naufrago, in dialetto romano, che invece

continua a parlare a modo suo, enfatizzando anzi i tratti regionali. Si può allora

ipotizzare che dietro la pubblicità si celi il messaggio implicito che vede nell’uso del

dialetto un legame empatico con i ricordi d’infanzia, il focolare domestico, gli

ambienti nei quali, in sostanza, è ancora oggi abbastanza diffuso l’uso del dialetto. A

questo aspetto è certamente connesso, per gli italiani, l’amore per il caffè. D’altronde,

gli italiani, prediligono spesso il dialetto all’interno degli ambienti informali e familiari,

lingua dei sentimenti più profondi, usata spesso come rafforzamento dei concetti.9

Il naufrago, infine, come in una sorta di rituale automatico, viene servito

dall'assistente: sul vassoio due tazzine di caffè, una tipica moka, una confezione di

caffè Kimbo ed il contenitore dello zucchero, che richiama alla memoria scene tipiche

famigliari, rappresentando così un raccordo fra un evento pubblico (al bar, dove non

ci verrebbe mai servito il caffè dalla moka e con la moka accanto) ed uno privato

(serviti dal padrone di casa con un vassoio con caffettiera, zucchero, tazzine).

Schematizzando:

Prodotto pubblicizzato Caffè Kimbo. Inquadrato nella scena

finale

Target di riferimento Giovani e adulti. Le indagini di mercato

indicano un maggior interesse per il caffè

espresso a partire dai 20 anni.

Canale Televisione

Colori dominanti Colori chiari, giornate soleggiata

Ambientazione Nave da crociera

8 Si veda lo spot Kimbo -https://www.youtube.com/watch?v=14j3EeW3F38 9 Riferimento alla tesina di fine master

http://elearning.unistrapg.it/dspace/bitstream/2447/107/3/articolo.pdf 20

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Cosa attira maggiormente? Scenario rilassante, tipico di una vacanza

estiva, ideale per sorseggiare il caffè in un

momento di pausa

Personaggi Testimonial

Rapporto prodotto – personaggi Rapporto di tipo logico: il personaggio è

raffigurato mentre assapora il prodotto

Componente verbale Deviazione dalle regole grammaticali: a

me me piace

Tecniche di persuasione Simpatia ed empatia

Messaggio principale Caffè Kimbo = caffè di prima qualità

Caratteristiche evidenziate per rendere

ben accetto il prodotto

Il tipo di macinatura, qualità, gusto e

aroma

Quali bisogni e valori vengono richiamati Tradizione italiana del caffè espresso.

Viene invitato il consumatore a godersi la

vita dando importanza a qui piccoli

piaceri che rendono intensa la vita,

proprio come un buon caffè.

2.4 Mulino Bianco

Nasce nel 1975, anno in cui arrivano nei punti vendita le prime confezione di biscotti a

marchio Mulino Bianco. Nel giro di pochissimo tempo conquista i consumatori italiani

che apprezzano la genuinità e il ritorno alla tradizione che le campagne del marchio

comunicano. Già a partire dalla scelta del logo traspare questa intenzione;

caratterizzato dalle spighe di grano e i fiori, che esprimono naturalità, dalla figura del

mulino, che evoca la tradizione e dalla scritta “mulino bianco” che in due parole

sintetizza gli elementi appena elencati racchiudendoli nei concetti di genuinità e salute.

Nulla è lasciato al caso: il nome dei primi biscotti prodotti (Tarallucci, Galletti, Pale,

Molinetti e Campagnole), il loro packaging, che ricorda i sacchetti di carta gialli usati

dai fornai e riportano alla mente la pasta frolla dei biscotti cucinati dalle mamme...

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tutto rivela l'intenzione dell'azienda di evocare tempi passati e atmosfere tipiche

contadine.

Ad aumentare la fiducia nel marchio nel 1989 arrivano anche le campagne

pubblicitarie attraverso cui la Mulino Bianco può raccontare la genuinità, la bontà e la

sicurezza degli ingredienti usati.

Il Mulino diventa così il luogo della memoria, circondato da un aurea quasi magica

che riporta alla mente l'infanzia, la famiglia, la serenità e l'allegria tipica delle riunioni

con i parenti, tanto che attraverso le sue campagne pubblicitarie per molti anni la

Mulino Bianco ha raccontato le colazioni della felice e tradizionale famiglia italiana

facendola diventare stereotipo.

Per rendere ancora più vivido questo concetto nell'immaginario degli italiani, si iniziò

a cercare un luogo reale che fosse uguale a quello immaginario per promuovere il

prodotto (quello della Barilla è il primo caso in Italia). Infatti, esiste davvero il

famoso“Mulino Bianco” e si trova in Toscana, vicino a Chiusdino in provincia di

Siena. E’ un mulino del 1200 ora perfettamente funzionante. L’idea venne nel 1989 ad

Armando Testa, fondatore di una delle principali agenzie pubblicitarie italiane.

Dopo molte ricerche, venne scelta questa struttura senese, che allora era in disuso e

mal ridotta. La torre, ad esempio, era diroccata e come per incanto fu restaurata con

pannelli di cartongesso per permettere le riprese, proprio come accade a Cinecittà.

Quello che accadde sul set fu merito di Gianni Quaranta (premio Oscar per la

scenografia del film Camera con vista) che curò la ristrutturazione del Mulino,

ottenendo un luogo magico, quasi incantato. Gli spot furono il frutto dell’impegno di

un gruppo di professionisti di grande levatura come i registi Tornatore e Morricone.10

Ed è anche per tutti questi sforzi che il Mulino è ancora oggi, da tutti noi,

riconosciuto come il vero Mulino Bianco dove la fantasia diventa realtà. Quando si

arriva finalmente al Mulino (circa 48 km da Siena), ci si accorge immediatamente che

la struttura, stupenda ed imponente, non è bianca come invece siamo abituati a

vederla sia sul logo che negli spot televisivi. La struttura è totalmente in pietra. Non

solo, da semplice mulino è stata trasformata in agriturismo in cui è possibile

organizzare eventi e banchetti. Il Mulino continua comunque ad essere utilizzato da

10 Archivio storico Barilla G. e R. Fratelli spa, Fondo Barilla22

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Barilla stessa come veicolo pubblicitario attraverso l’organizzazione di iniziative e

laboratori didattici formativi dedicati principalmente ai bambini con il progetto di

educazione alimentare Nel Mulino che vorrei, la Community dove puoi dialogare con

Mulino Bianco per costruire insieme “il Mulino di domani” e dove si realizzano nuovi

progetti attraverso la collaborazione e l'ascolto dei suggerimenti di tutti gli iscritti.

Eventi organizzati nei minimi dettagli, in cui l’azienda incontra vecchi e nuovi

consumatori direttamente nel mulino della pubblicità rinsaldando quel legame di

fiducia che ha creato nel tempo proprio con le sue storiche pubblicità e sfruttando

egregiamente il meccanismo di storytelling.

Negli anni a seguire il quadro della “famiglia del Mulino Bianco” è diventato troppo

stereotipato, complici i recenti trend socio-culturali, e si è resa necessaria una ventata

di novità. Questa si è realizzata non rivoluzionando i valori tradizionali sulla quale si è

sempre basata, ma facendo un piccolo ma importante passo indietro nella filiera

produttiva dei loro prodotti: la realizzazione dei biscotti direttamente nel mulino,

prima che questi arrivino sulla tavola delle famiglie italiane. Il mulino, da logo diventa

luogo reale e ora anche origine e luogo di creazione dei prodotti, dove un mugnaio si

impegna nella realizzazione di nuovi biscotti. Da una parte viene introdotto l'elemento

innovativo, ricorrendo così all'attore spagnolo Antonio Banderas, al quale viene

offerto di interpretare un mugnaio - narratore di uno slow storytelling legato alla

nascita di alcuni prodotti di punta del marchio; dall'altra parte rimane la filosofia tipica

del brand con il forte riferimento alla natura e ai tempi lenti. Questo format ha avuto

talmente tanto successo che per le campagne pubblicitarie attuali è stato riproposto

modernizzandolo leggermente ma rimanendo ancora una volta fedele alla politica

adottata fin dall'inizio dell'attività. Il mulino cresce, non rimane ancorato nel mondo

antico e quasi fiabesco, diventa un mulino moderno; il mugnaio decide di puntare

tutto sulla figlia, con la stessa sua vocazione ma con idee nuove, più attuali e

giovanili. C'è un passaggio di testimone: subentra la giovane Emma al fianco della

quale troviamo Giovanni, giovane laureato in agraria, esperto selezionatore di materie

prime, appassionato di metodi di coltivazione naturali e sostenibili. La prima

rappresenta la tradizione, i richiami alla natura e alla genuinità; il secondo, invece,

l'innovazione delle nuove tecnologie e alla sicurezza e l'autorevolezza che solo un

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esperto in materia può dare e che va ad associare al messaggio della tradizionale

bontà anche il concetto di salute.

Lo slow storytelling oggetto del secondo case history, sarà proprio quello spot dei

“Plumcake Mulino Bianco”, in onda a partire da Maggio 201811. La storia di apre con

Giovanni ed Emma che, alla ricerca dei miglior ingredienti per la realizzazione di

ottimi plumcake, arrivano in un industria lattiero casearia. È importante notare come

anche l'edificio sia immerso nel verde, lontano dall'idea delle classiche industrie che

popolano le nostre città. Vengono accolti da una ragazza che li conduce all'incontro

tanto atteso: l'assaggio dello yogurt “così come lo facciamo noi”, associando la

sicurezza del processo produttivo dello yogurt all'attenzione che il Mulino mette nella

scelta delle materie prime. In questa scena le inquadrature rivelano al pubblico il verde

della vallata ai piedi dei monti, che si può scorgere dalla finestra dietro i protagonisti,

e accanto le moderne attrezzature necessarie per la produzione di prodotti lattiero

caseari. La visione di entrambi questi aspetti rappresenta (come lo rappresentano i

ruoli svolti dagli stessi attori) da una parte l'attenzione per le materie prime e le

tecniche di produzione usate per quest'ultime e dall'altra il richiamo alla natura,

meccanismo in grado di suscitare emozioni sollecitando il ricordo di fatti e situazioni

personali e stimolando l'immaginazione di chi riceve il messaggio. Segue, infine,

l'approvazione della nostra protagonista che, una volta tornata nel mulino, subito si

mette all'opera trasformando lo yogurt (che sarà inquadrato in primissimo piano, nel

momento in cui viene versato nella ciotola con gli altri ingredienti) in soffici plumcake

fatti, come afferma la rassicurante voce narrante nell'ultima scena, solo con yogurt

100% italiano.

Prodotto pubblicizzato Plumcake Mulino Bianco

Target di riferimento Popolazione adulta (30-40 anni).

È destinato alle famiglie, in particolare

alle donne e/o mamme, risultate in

percentuale quelle che acquistano di più

11 Si veda lo spot https://www.youtube.com/watch?v=LVr0gwnAK-U 24

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Canale Televisione

Colori dominanti Colori chiari

Ambientazione Industria lattiero casearia, Mulino

Cosa attira maggiormente? L'ambientazione dei luoghi: immersi nel

verde per richiamare l'idea di natura e

autenticità dei sapori

Personaggi Personaggi famosi

Rapporto prodotto – personaggi Rapporto di tipo logico: il personaggio è

raffigurato mentre usa il prodotto

Rapporto prodotto – ambiente Rapporto di tipo logico, naturale

Componente verbale Uso di ripetizioni e refrain: “così è come

lo facciamo noi” ripetuto due volte.

Uso di parole persuasive: 100% latte

italiano

Tecniche di persuasione Autorevolezza

Credibilità

Simpatia

Messaggio principale Il prodotto contiene solo materie prime

italiane di prima scelta

Caratteristiche evidenziate per rendere

ben accetto il prodotto

L'origine controllata delle materie prime,

la loro bontà, la sofficità del prodotto.

Bisogni e valori richiamati Rallentare i ritmi di vita frenetici, bisogno

di un ritorno alla tradizione e alla

produzione artigianale più genuina.

2.5 Dati statistici sulle pubblicità alimentari

Dal Rapporto Ristorazione 2018 emerge che pur aumentando l'attenzione al cibo,

diminuisce il tempo che noi consumatori gli dedichiamo – dall'acquisto alla

preparazione, fino ad arrivare al consumo finale – e che mangiamo sempre di più sulla

base di esigenze come il risparmio di tempo e la facilità di preparazione. Allo stesso

tempo però, stiamo assistendo anche ad una sempre maggiore attenzione dei

consumatori verso ciò che è artigianale, naturale, salutare e sostenibile.

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Avere a che fare con un pubblico che ha a disposizione una quantità infinita di

informazioni sui prodotti che decide di acquistare è una sfida notevole e in un periodo

di così grande cambiamento delle abitudini di consumo, per le aziende alimentari

diventa ancora più fondamentale fare pubblicità e mantenere costante la

comunicazione con il proprio pubblico di riferimento. Altrimenti, i consumatori

potrebbero passare ad altri prodotti, che magari hanno saputo comunicare in modo

più efficace e presentarsi come una risposta alle loro mutate necessità.

Nei paragrafi precedenti sono stati analizzati gli strumenti attraverso i quali creare

pubblicità memorabili: il food storytelling è uno strumento indispensabile per

raggiungere i propri obiettivi di marketing. Abbiamo visto che attraverso la narrazione

del cibo è possibile vendere dei valori, o meglio, uno stile di vita. Se si riuscirà a

coinvolgere ed emozionare il consumatore, allora si avranno molte più chances di

influenzare il suo comportamento d'acquisto.

Ma per fare tutto questo occorre anche costruirvi intorno un'efficiente strategia di

diffusione in grado di arricchire l'esperienza di acquisto e che faccia raggiungere gli

effetti della narrazione a più persone possibili. Per far questo è necessario conoscere a

fondo il consumatore-tipo e i diversi significati che il cibo può avere per i vari tipi di

buyers. Solo studiando il target a cui si vuol far riferimento si può arrivare a capire

come e quando “piazzare” la pubblicità in questione. Oggi le aziende alimentari hanno

moltissimi strumenti a disposizione per promuovere i propri prodotti, ma quali sono i

più efficaci?

In questa ricerca si è deciso di analizzare la pubblicità alimentare nella sua forma

televisiva perché la TV rimane tutt'oggi ai primi posti per quanto riguardo le vie di

comunicazione scelte dal mercato pubblicitario, che continua ad investire in primis nel

mondo alimentare12 come rivelano le indagini condotte da Nielsen: la categoria

alimentare, anche nel 2018 come negli anni passati rimane al primo posto. Quest'anno

inoltre è stato registrato un aumento pari al 10% anche per quanto riguarda gli

investimenti pubblicitari di bevande e alcolici.

Il primato della televisione su gli altri dispositivi che il moderno panorama tecnologico

offre, è confermato dal 15° rapporto Censis sulla comunicazione.

12 https://www.brand-news.it/wp-content/uploads/2019/02/nielsen-dicembre-2018.jpg 26

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La TV e la radio, seppur con una leggera inflazione rispetto agli anni precedenti,

rimangono al primo posto tra i canali comunicativi e informativi che il pubblico

italiano continua ad apprezzare maggiormente. La rivelazione dei consumi mediatici

degli italiani nel 2018 evidenzia che la televisione ha registrato una leggera flessione

dei telespettatori (passando da 92,2% nel 2017 a 89,9% nel 2018), determinata dal

calo delle sue forme di diffusione più tradizionali ma questa perdita è stata

compensata dalla crescita della TV on demand, in particolare con la TV via internet e

la mobile TV, le quali invece hanno registrato un importante aumento. Ad ogni modo

la televisione (nelle sue diverse forme) rimane al posto di guida seguita dalla radio, dai

siti web, da libri e quotidiani.

Addirittura nel 2018 è stata registrata una variazione in positivo della fiducia

accordata all'informazione televisiva a discapito della Rete.

I siti internet dei brand alimentari poi – salvo poche eccezioni – non brillano per

vivacità o per modernità e non sono particolarmente invitanti per gli utenti. Questo

forse deriva da una costante predilezione per il mezzo televisivo: una conferma

importante di questo è arriva anche dal mondo giovanile under 30 che, contrariamente

a quello che ci si aspetterebbe, afferma di prediligere la televisione, i telegiornali e i

canali all news come luoghi d'informazione. Tuttavia integrare i diversi mezzi e

pensare alla food comunication in maniera trasversale è allo stato attuale una delle

strategie migliori.

Si può affermare comunque che la televisione e tutto ciò che comunica raggiunge la

maggior parte degli italiani (dai più giovani ai più anziani) che nel 2017 hanno passato

in media ben 244 minuti al giorno (circa 4 ore e 4 minuti) davanti la TV 13.

Con l'aiuto dei dati forniti da Auditel si può riuscire a stimare il numero di

telespettatori, per fascia oraria, che ogni giorno guarda la televisione e che di

conseguenza è fortemente sottoposto all'influenza della pubblicità.

Si sono considerati solamente i dati riguardante il mese di Maggio 2018, data

corrispondente all'inserimento su YouTube dello spot Mulino Bianco,

presumibilmente corrispondente alla sua trasmissione in televisione.

13 https://www.statista.com/statistics/422719/tv-daily-viewing-time-europe/ 27

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A causa di problemi di datazione è stato impossibile reperire i dati Auditel per il

periodo di diffusione delle pubblicità Kimbo.

La pubblicazione di dati Auditel di Maggio 2018 (29 Aprile – 2 Giugno 2018)

comprende i valori dall'ascolto medio, dello share, della penetrazione e dei contatti

netti per le Emittenti Nazionali, rilevate nel giorno medio mensile, durante le 8 fasce

orarie predefinite.

A fini della ricerca sono state presi in esame i dati relativi all'AM e SH delle principali

Emittenti Nazionali (Rai1, 2, 3, 4, Rete4, Canale5, Italia1) calcolati in 3 fasce orarie

(7 – 9, 12 – 15 e 18 – 20:30) in cui è maggiore la possibilità di sintonizzazione da

parte del target adulto di riferimento dello spot Mulino Bianco.

AM = AUDICE MEDIA (valore espresso in migliaia). È il numero d telespettatori di

un ceto programma. Si calcola facendo il rapporto tra la sommatoria dei telespettatori

presenti in ciascun minuto di un dato intervallo di tempo e la durata in minuti

dell'intervallo stesso

SH = SHARE (valore espresso in %). è il rapporto percentuale tra gli ascoltatori di

una certa emittente e il totale degli ascoltatori che stanno guardando la televisione

sulle diverse reti 14

Rai e Mediaset mettono a disposizione, nei loro canali internet i listini per il palinsesto

pubblicitario. Usufruendo dei valori forniti si riesce a stimare il numero di persone

14 Auditel.it/glossario28

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sottoposte alla visione delle pubblicità per fascia oraria e il relativo costo che le

aziende alimentari sono disposte a pagare per mettere in evidenza la loro campagna;

non vale solo per la Mulino Bianco, ma per ogni azienda alimentare che decide di

investire nella pubblicità.

07:00 – 09:00 12:00 – 15:00 18:00 – 20,30

Rai1 Tra 10.800 e

12.000 euro

Da 18.000 euro Da 19.200 e 69.600

euro

Rai2 Da 6000 Da 12.600 a 16.000 Da 12.000 a 28.000

Rai3 Da 4.500 a 10.800 Da 15.000 Da 8.400 a 18.000

Rai4 Da 1.980 Da 3.460 Da 7.200

Canale 5 Da 8.000 Da 17.000 a 21.000 Da 18.000

Italia 1 Da 3.000 Da 5.000 Da 10.000

Per le aziende alimentari fare pubblicità è una priorità, il più importante degli

investimenti, che non viene mai tralasciato in nome del risparmio neanche in una fase

di crisi. Si potrebbe pensare che la pubblicità sia una spesa superflua perché si

produce un prodotto di qualità, perché c'è una solida base di consumatori già acquisiti

o perché si tratta di un bene di prima necessità e di largo consumo (pane, pasta, caffè,

olio d'oliva, ecc...) ma sarebbe un grande errore nascosto dietro la necessità di

contenere le spese. Piuttosto, una serie di campagne efficaci possono letteralmente

cambiare il destino di un'azienda. Difatti alla base dell'intramontabile successo di una

azienda solida (come la Barilla del case history) c'è sempre un'efficace scelta

comunicativa che “aiuta” la maggior parte dei consumatori a destreggiarsi nelle loro

acquisti. Grazie al marketing basato sulla strategia dello storytelling, le persone che

vanno al supermercato non stanno solo comprando un pasto, stanno comprando una

storia. La scelta di un marchio rispetto ad un altro, infatti, compiuta nella fretta che i

ritmi frenetici della quotidianità di oggi impongono, è dettata dai richiami a quella

narrazione emozionale che ha piantato nella nostra memoria il seme della

consapevolezza e della curiosità, semi che daranno come frutto la fedeltà verso uno

specifico brand; frutti che potranno essere raccolti non solo una volta, ma per molte

stagioni a venire. Sviluppare un rapporto profondo tra produttore e consumatore è29

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infatti il miglior modo per creare una connessione forte e duratura tra i due attori della

filiera alimentare.

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CONCLUSIONI

Questo lavoro nasce dalla presa di coscienza di vivere in un periodo storico di

notevole cambiamento per quanto concerne non solo il mondo politico e religioso –

come verrebbe facile pensare – ma anche, e soprattutto, l'evoluzione costante del

nostro rapporto con il cibo.

Abbiamo già discusso sulla valenza di quest'ultimo e sulla sua importante implicazione

nella costruzione delle personalità umane, ma è emerso poco quanto questa relazione

fisiologica e culturale varia e si modifica seguendo le tendenze e i cambiamenti della

società.

Secondo quanto scritto precedentemente, nell'immaginario del popolo italiano il cibo

rappresenta convivialità, relazione, passione ma anche salute e benessere: in un mondo

oggi ipersalutistico in cui il benessere fisico e mentale è tra gli argomenti più discussi

durante le nostre giornate, il cibo sembra essere sempre la prima e più ovvia risposta.

Purtroppo questo interesse mal si combina con i tempi veloci e frenetici della moderna

quotidianità, in cui gli interessi e passioni da voler approfondire trovano poco spazio

tra le agende sempre piene di impegni. Da un lato, come affermato dal Rapporto

Ristorazione 2018, vediamo accorciarsi il tempo dedicato dagli italiani a cucinare e a

mangiare, ma dall'altro aumenta la consapevolezza del legame tra cibo e salute.

I pilastri del marketing alimentare hanno saputo adeguarsi al cambiamento e trovato

una soluzione a questa mancanza di tempo ma aumentata attenzione al mondo della

nutrizione: le informazioni di cui il popolo italiano sente di aver bisogno gli vengono

date, in primis, dai media e in particolare dalle pubblicità (Caselli, 2018)

Quest'ultime si sono evolute e adattate per essere la prima risorsa su cui poter far

affidamento incominciando a far uso di uno strumento di comunicazione che gli

assicurasse la riuscita dello scopo. Ecco allora che entriamo nel vivo di questo lavoro:

l'analisi dello storytelling, che è risultato essere uno strumento efficace a disposizione

delle imprese per raggiungere un consumatore sempre più distante e distratto da tanti

stimoli comunicativi. La narrazione diventa una potente “arma” a servizio della

comunicazione in quanto le emozioni che una storia è in grado di suscitare sono

talmente forti che, oltre ad essere utili a scopo informativo, molto spesso sono capaci

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di guidare e influenzare le decisioni d’acquisto. Ad esempio, uno dei compiti dello

storytelling è sottolineare l'unicità di un prodotto e delle sue materie prime facendo

diventare la filiera produttiva protagonista, così come diventano protagonisti i

fondatori dell'azienda, il loro legame con il territorio e la tradizione e i lavoratori che

contribuiscono alla realizzazione dei prodotti nel nostro interesse. Storytelling di

grande impatto emozionale, i consumatori sono orientati ad associare al marchio

emozioni positive. Tuttavia, su queste basi grazie ad un'intensa attività di storytelling

ed un'ottima narrazione anche un prodotto apparentemente invendibile e con un basso

valore nutrizionale può acquistare valore.

E con la televisione, come abbiamo visto, lo storytelling può esprimere le sue

potenzialità al meglio, sfruttando la narrazione orale ma anche sfruttando il potere

evocativo delle immagini.

Ma non è tutto qui il campo di applicazione dello storytelling.

In conclusione, vorrei soffermarmi proprio sulle potenzialità comunicative che ben

sono rappresentate e sfruttate nel mondo pubblicitario. È stato sottolineato ripetute

volte gli effetti che una buona narrazione può avere in chi ascolta le storie.

Le storie ci accompagnano fin da quando eravamo bambini, le conosciamo, abbiamo

familiarità con la loro struttura e ci piace ascoltarle. Raccontare una storia è un modo

semplice per spiegare idee complicate e, allo stesso tempo, aiutare le persone a

relazionarsi con concetti nuovi e complessi.

Appare allora chiaro come l'utilizzo di questo strumento non debba limitarsi solo agli

spot, al mondo mediatico e ai marchi che vogliono raggiungere un obiettivo di

vendita. Lo storytelling è da sempre esistito in quanto come abbiamo avuto modo di

comprendere, la mente umana è strutturata secondo degli schemi narrativi ed è insito

nell‘uomo il bisogno di costruire storie per comprendere la realtà che lo circonda.

Questo strumento cela così una risorsa potenziale in quanto raccontare una storia vuol

dire trasferire un significato all'interlocutore che secondo le logiche di retroazione, lo

incamera, lo fa proprio e lo tramanda.

La ricetta di uno storytelling di successo può così essere applicato in diversi campi: da

quello didattico-pedagogico a quello sanitario, come strumento di educazione e

sensibilizzazione. Per fare informazione e divulgazione. Immagino una nuova

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proposta per una nuova educazione alimentare a partire dalla scuola, luogo di

apprendimento per eccellenza, contesto efficace dal punto di vista della relazione per

lo sviluppo dei processi formativi operativi. Un progetto di educazione alimentare che

si prefigge di coinvolgere i docenti e gli studenti in un processo di costruzione delle

conoscenze basato sulla narrazione, dove si pone enfasi sulla relazione educativa, sulla

motivazione, sulla curiosità, sulla partecipazione, sulla solidarietà, per costruire

insieme un nuovo e sostenibile programma educativo alimentare che grazie alle

potenzialità comunicative dello storytelling sia adattabile a bambini di ogni età per

costruire una nuova generazione davvero consapevole.

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