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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTA’ DI SCIENZE MM FF NN CORSO DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE AGROINDUSTRIALI TESI DI LAUREA LE BASI STRUTTURALI DELLA FOTOSINTESI: DETERMINAZIONE DELL’ORIENTAMENTO DEI CROMOFORI NELLA PROTEINA ANTENNA CP29 Relatore: Prof. ROBERTO BASSI Correlatore: Dott. MASSIMO CRIMI Laureando: ROBERTO SIMONETTO __________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 1996-97

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA

FACOLTA’ DI SCIENZE MM FF NN

CORSO DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE AGROINDUSTRIALI

TESI DI LAUREA

LE BASI STRUTTURALI DELLA FOTOSINTESI: DETERMINAZIONE DELL’ORIENTAMENTO DEI CROMOFORI

NELLA PROTEINA ANTENNA CP29 Relatore: Prof. ROBERTO BASSI Correlatore: Dott. MASSIMO CRIMI

Laureando: ROBERTO SIMONETTO

__________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 1996-97

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Alla mia famiglia

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RINGRAZIAMENTI

Si desidera ringraziare per la preziosa collaborazione:

il Prof. Roberto Bassi, presso il cui laboratorio ho svolto il lavoro presentato in questa tesi, il Dott. Massimo Crimi, e tutte le persone che hanno lavorato al mio fianco: Paolo, Daniela, MG, Aldo, Roberta, Dorianna, Gianluca e Gianfelice;

il Dott. Jaques Breton per il suo prezioso contributo e per l’ospitalità e la cordialità dimostratami;

un ringraziamento particolare va a Claudio per la critica discussione sugli argomenti trattati in questo lavoro ed a Diana per l’amicizia e la sua profonda dedizione al laboratorio.

Infine il ringraziamento più grande va alla mia famiglia e ai miei amici che mi hanno consentito di lavorare liberamente in un ambiente sereno e che mi hanno sostenuto per tutti questi cinque anni, ringrazio pertanto: Germana, Luigi, Enrico, Carla, Renato, Claudio V, Salvatore, Claudio G, Roberta, Mara, Lorenza, Fabrizia e tutti gli altri amici, a cui devo moltissimo.

Grazie Alessandra per il tuo amore.

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ABBREVIAZIONI

aa aminoacido

BBY membrane tilacoidali arricchite in componenti del PSII

BChl Batterioclorofilla

CD dicroismo circolare

Chl clorofilla

DCCD dicicloesilcarbodiimide

Deriphat-160 Lauril, b-D imminopropionidato

DM dodecilmaltoside

DMSO dimetilsolfossido

DTT ditiotreitolo

ELFE elettroforesi elettroendosmotica

HPLC cromatografia liquida ad alta risoluzione

IEF isoelettrofocalizzazione

IPTG isopropil tiogalactoside

LD dicroismo lineare

LDS litiododecilsolfato

LHCI complesso antenna maggiore del PSII

LHCII complesso antenna maggiore del PSII

NAT proteina nativa estratta dai tilacoidi

NPQ smorzamento non fotochimico della fluorescenza

OD densità ottica o assorbanza

OGP octilglucopiranoside

PAGE elettroforesi su gel di acrilammide

PDB Protein Data Bank

PS (I oppure II) fotosistema (primo o secondo)

SDS sodiododecilsolfato

Triton (X-100) polietilenglicole terzioctifeniletere

VMT versore del momento associato alla transizione elettronica

WT wild type,proteina ricostituita a partire dal gene originario, non mutato

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SOMMARIO

A. INTRODUZIONE.................................................................................... 1 I. GENERALITA' FOTOSINTESI 3

I.1 INTRODUZIONE 3 I.2 I PIGMENTI FOTOSINTETICI 4 I.3 IL CLOROPLASTO 7 I.4 LA CATENA DI TRASPORTO ELETTRONICA : COMPONENTI ED

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE 9

II. STRUTTURA ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLE MEMBRANE TILACOIDALI 12

II.1 FOTOSISTEMA I 12 II.2 FOTOSISTEMA II 14

III. SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN NATURA 15 III.1 INTRODUZIONE 15 III.2 SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN PROCARIOTI 16 III.3 IL SISTEMA ANTENNA DEL PSI (LHCI) 20

IV. IL SISTEMA ANTENNA DEL PSII (LHCII) 22 IV.1 COMPLESSO MAGGIORE LHCII 22 IV.2 OMOLOGIA ENTRO LA FAMIGLIA DI PROTEINE CAB 25 IV.3 ANTENNE MINORI 27

V. IL TRASFERIMENTO DELL'ENERGIA 30 V.1 INTRODUZIONE 30 V.2 ACCOPPIAMENTO FORTE. 33 V.3 ACCOPPIAMENTO DEBOLE 34 V.4 TRASFERIMENTO DI ENERGIA DI SCAMBIO 35 V.5 TRASFERIMENTI DI ENERGIA REVERSIBILI 36 V.6 MIGRAZIONE ED INTRAPPOLAMENTO 36

B. SCOPO DELLA TESI.............................................................................39 I. PREMESSA 41

II. SCOPO DELLA TESI 43

III. PERCHE USARE CP29 AL POSTO DI LHCII 43

C. MATERIALI E METODI.......................................................................45 I. BIOCHIMICA 47

I.1 ELETTROFORESI 47 I.2 CROMATOGRAFIA SU COLONNA A SCAMBIO ANIONICO 53 I.3 ESTRAZIONE DEI PIGMENTI CON ACETONE 80% 54 I.4 ESTRAZIONE DEI CAROTENOIDI TRAMITE SAPONIFICAZIONE A

FREDDO 55 I.5 PURIFICAZIONE E ANALISI DEI PIGMENTI 56

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I.6 ULTRACENTRIFUGAZIONE IN GRADIENTE 58 I.7 PROCEDURA DI RICOSTITUZIONE 59

II. SPETTROSCOPIA 60 II.1 ASSORBIMENTO 60 II.2 FLUORESCENZA 60 II.3 DICROISMO CIRCOLARE 61 II.4 STABILITA' DELLE PROTEINE MUTANTI 61 II.5 DICROISMO LINEARE 61

III. SOFTWARE 63 III.1 MAXSPROUT 63 III.2 SWISS-PDB VIEWER 2.6 63 III.3 PROGRAMMA PER IL CALCOLO GEOMETRICO SULLE STRUTTURE

PROTEICHE 63 III.4 PROGRAMMA PER LA NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI

DIFFERENZIALI DI ABS E LD 64

D. RISULTATI.............................................................................................69 I. STABILITA' DELLE PROTEINE MUTANTI 71

I.1 MUTANTI 71 I.2 STABILITA' DEI COMPLESSI A 4°C E TEMPERATURA AMBIENTE 72 I.3 VALUTAZIONE DELLA STABILITA' DI OGNI PROTEINA MUTANTE

73

II. COSTRUZIONE DEL MODELLO 79 II.1 DATI DISPONIBILI 79 II.2 RICOSTRUZIONE RESIDUI LATERALI CON MAXSPROUT 79 II.3 MUTAZIONE RESIDUI SU SEQUENZA CP29 80 II.4 REINSERIMENTO ETEROATOMI NEL PDB 82 II.5 VERIFICA DELLA CORRETTA COORDINAZIONE DELLE

CLOROFILLE 83

III. STRATEGIA IMPIEGATA 86 III.1 INFORMAZIONI NECESSARIE ALLA DETERMINAZIONE DEI VMT DI

CHL ALL'INTERNO DI UNA STRUTTURA 86 III.2 LIMITI DELLA STRUTTURA ESISTENTE DI LHCII 87 III.3 INFORMAZIONI CHE E' IN GRADO DI FORNIRE IL DICROISMO

LINEARE 88 III.4 STRATEGIA IMPIEGATA NEL CALCOLO 89

IV. DATI SPETTROSCOPICI DEI MUTANTI 90 IV.1 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI ASSORBIMENTO 90 IV.2 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI DICROISMO LINEARE 94 IV.3 NORMALIZZAZIONE TRA LD E ABS 94

V. CALCOLO DEGLI ANGOLI TRA I VMT E LA NORMALE ALLA MEMBRANA 96

V.1 RELAZIONE TRA ABS E LD 96 V.2 RIDUZIONE DELLE SOLUZIONI POSSIBILI SULLA BASE DELLA

STRUTTURA PROTEICA 97 V.3 RISULTATI 98

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VI. CALCOLO GEOMETRICO DEI POSSIBILI VMT 105 VI.1 DATI CRISTALLOGRAFICI 105 VI.2 RISULTATI 106 VI.3 NORMALE DEL PIANO DELLA MEMBRANA 109

VII. IDENTIFICAZIONE DEL FATTORE FN 112

VIII. MOMENTI DI TRANSIZIONE DELLE XANTOFILLE IN CP29 115

VIII.1 RELAZIONE FRA LE XANTOFILLE E LE MOLECOLE DI CLOROFILLA 115

IX. RIEPILOGO RISULTATI VMT 118

E. DISCUSSIONE.......................................................................................121 I. ANALISI DEI DATI SPETTROSCOPICI 123

II. APPROCCIO CONGIUNTO AL PROBLEMA DELL'ORIENTAMENTO DEI VMT: MODELLO STRUTTURALE ED ANALISI LD 125

III. RISULTATI 126

IV. LIMITAZIONI 127

V. PROSPETTIVE 128

APPENDICE A .......................................................................................... 129 Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare

I. LUCE POLARIZZATA 131 I.1 ASSORBIMENTO DELLA LUCE DA PARTE DI MOLECOLE [30] 131

II. DICROISMO LINEARE 133 II.1 LD DI ASSORBIMENTO 134

III. ORIENTAMENTO DEL CAMPIONE 135 III.1 COMPRESSIONE GEL DI POLIACRILAMIDE 135

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INDICE DELLE FIGURE

Figura 1 Struttura delle clorofilla a, b e Batterioclorofilla .............................................................................4 Figura 2 Struttura di alcuni carotenoidi primari..............................................................................................6 Figura 3 Il cloroplasto...........................................................................................................................................7 Figura 4 Rappresentazione schematica dell'organizzazione dei tilacoidi ..................................................8 Figura 5 Organizzazione funzionale della membrana tilacoidale ...............................................................9 Figura 6 Schema Z di Bendall e Hill............................................................................................................... 10 Figura 7 Modello per l'organizzazione spaziale del PSI-200..................................................................... 13 Figura 8 Modello per l'organizzazione del core del PSII .......................................................................... 14 Figura 9 Struttura del pirrolo lineare delle biline ......................................................................................... 15 Figura 10 Rappresentazione dimero αβ di LH2 di R. acidophila............................................................ 19 Figura 11 Rappresentazione della struttura cristallografica di A. carterae.............................................. 20 Figura 12 Modello per l'organizzazione sovramolecolare del PSI .......................................................... 21 Figura 13 Rappresentazione schematica della struttura di LHCII........................................................... 22 Figura 14 Rappresentazione struttura tridimensionale di LHCII ........................................................... 24 Figura 15 Modello di arrangiamento delle antenne minori nel PSII ....................................................... 28 Figura 16 Modello schematico di struttura per CP24................................................................................. 28 Figura 17 Modello schematico di struttura per CP26................................................................................. 29 Figura 18 Modello schematico della struttura di CP29 .............................................................................. 30 Figura 19 Rappresentazione schematica dei contributi al trasferimento dell'energia di eccitazione

di Coulomb e di scambio .................................................................................................................. 33 Figura 20 CP29 come appare nel programma R3D ................................................................................... 64 Figura 21 Normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e LD con la procedura........................ 67 Figura 22 Dati disponibili di LHCII: Cα, struttura dei tetrapirroli e delle xantofille .......................... 80 Figura 23 Rappresentazione della struttura di LHCII dopo la ricostruzione dei residui laterali con

MAXPROUT ...................................................................................................................................... 81 Figura 24 Rappresentazione di CP29 ottenuta dopo elaborazione della sequenza ............................. 82 Figura 25 Modello di struttura di CP29 in cui sono stati reinseriti i riferimenti ai pigmenti. ............ 83 Figura 26 Rappresentazione del modello strutturale completo di CP29 ............................................... 84 Figura 27 Posizione dei residui implicati nella coordinazione delle 8 Chl di CP29............................. 86 Figura 28 Momento della transizione QY della Chl a secondo Fragata ................................................ 87 Figura 29 Possibili siti di aggancio della catena fitilica. .............................................................................. 88 Figura 30 Disposizione dei fitoli nella truttura di LHII di R. acidophila ............................................... 98 Figura 31 Posizione della Chl A3 nella struttura proteica........................................................................105 Figura 32 Programma per il calcolo dei versori geometrici a partire dalla struttura..........................107 Figura 33 Sovrapposizione dei gruppi rappresentati da Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5: ...........................117 Figura 34 Complanarità fra piani degli anelli tetrapirrolici e l'asse delle xantofille. ...........................117 Figura 35 Posizione dei punti di connessione dei fitoli agli anelli tetrapirrolici .................................120 Figura 36 Geometria usata per il calcolo degli angoli di orientazione ..................................................135 Figura 37 Schema per l'allineamento di membrane e di particelle cilindriche ....................................136 Figura 38 Rappresentazione dell'azione della compressione sul cilindro di gel .................................137 Tabella 1 Nomenclatura genica delle proteine del fotosistema I e II ..................................................... 12 Tabella 2 Composizione in pigmenti delle proteine del PSI..................................................................... 20

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Tabella 3 Allineamento delle sequenze dedotte dai cDNA delle Lhcb ..................................................27

Tabella 4 Distanza critica di Förster R0, efficienza di fluorescenza in vivo φD e tempo di vita di

fluorescenza τ1D.................................................................................................................................36

Tabella 5 Contenuto in pigmenti del CP29 wt e dei complessi mutati...................................................73 Tabella 6 Riepilogo stabilità proteine ricostituite.........................................................................................79 Tabella 7 Allineamento di sequenza da Mais delle eliche di LHCII utilizzato nella costruzione del

modello di CP29..................................................................................................................................82 Tabella 8 Riepilogo risultati della normalizzazione ...................................................................................105 Tabella 9 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di

CP29 (a) ...............................................................................................................................................108 Tabella 10 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di

CP29 (b)...............................................................................................................................................109 Tabella 11 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la prima

serie di VMT.......................................................................................................................................111 Tabella 12 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la

seconda serie di VMT.......................................................................................................................112 Tabella 13 Risultati calcolo FN sulla prima serie di VMT .......................................................................113 Tabella 14 Risultati calcolo FN sulla seconda serie di VMT ...................................................................114 Tabella 15 Determinazione del fattore di normalizzazione. ....................................................................115 Tabella 16 Ambiguità sul VMT della Chl A2 e della chl A6....................................................................115 Tabella 17 Versori delle due xantofille nella struttura di CP29...............................................................116 Tabella 18 Confronto fra VMT possibili delle Chl A2 e A5, e VMT delle xantofille........................118 Tabella 19 Riepilogo risultati VMT dei cromofori in CP29 ....................................................................120 Spettro 1 Assorbimento pigmenti fotosintetici ...............................................................................................5 Spettro 2 Prova stabilità CP29 wt ....................................................................................................................74 Spettro 3 Prova stabilità proteina CP29 H216F ...........................................................................................75 Spettro 4 Prova stabilità proteina CP29 Q230L ...........................................................................................75 Spettro 5 Prova stabilità proteina CP29 E111V^R218L ............................................................................76 Spettro 6 Prova stabilità proteina CP29 H114F ...........................................................................................76 Spettro 7 Prova stabilità proteina CP29 E174V ...........................................................................................77 Spettro 8 Prova stabilità proteina CP29 E166V ...........................................................................................77 Spettro 9 Prova stabilità proteina CP29 H245L ...........................................................................................78 Spettro 10 Riepilogo stabilità mutazioni .........................................................................................................78 Spettro 11 Assorbimento del CP29 wild type. ...............................................................................................91 Spettro 12 Normalizzazione effettuata sui massimi di assorbimento dei campioni .............................92 Spettro 13 Normalizzazione effettuata per deconvoluzione in gaussiane degli spettri ........................93 Spettro 14 Analisi differenziale degli spettri dei mutanti, riferiti a quello del wt ...................................94 Spettro 15 Deconvoluzione in gaussiane dello spettro differenziale di CP29wt e CP29E174V .......94 Spettro 16 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H216F .....................................99 Spettro 17 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E111V^R218L ....................100 Spettro 18 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H114F ...................................101 Spettro 19 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E174V ...................................102 Spettro 20 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina H245L...................................103 Spettro 21 Risultato della normalizzazione degli spettri della proteina E166V ...................................104

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A . I n t r o d u z i o n e

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Parte - A

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Introduzione Pagina 3

3

I. GENERALITA’ FOTOSINTESI

I.1 INTRODUZIONE

a fotosintesi è il processo con cui gli organismi viventi autotrofi

convertono l’energia originata all’esterno della biosfera in una forma

fruibile dalle altre forma di vita non autotrofe. Tale conversione consiste

nell’organicazione del carbonio a partire da composti inorganici elementari.

I processi fotosintetici hanno luogo all’interno del cloroplasto. Si possono

distinguere due fasi di tali processi, conosciute come “fase luminosa” e “fase

oscura”. La prima consiste nella cattura dell’energia luminosa da parte dei

complessi proteici situati nelle membrane tilacoidali e porta alla riduzione del

NADP+ a NADPH ed alla formazione di ATP a partire da ADP. Nella

seconda fase (fase oscura), il potere riducente del NADPH e l’energia

accumulata nell’ATP vengono utilizzate per la riduzione della CO2 a

carboidrato (ciclo di Calvin) [11] da parte di enzimi solubili presenti nello

stroma.

L

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Parte - A

4

I.2 I PIGMENTI FOTOSINTETICI [29]

I pigmenti sono sostanze che assorbono la radiazione luminosa visibile,

apparendo così colorate. Si tratta di composti chimici che possiedono un

esteso sistema di doppi legami coniugati, in cui la delocalizzazione degli

orbitali rende la differenza di energia tra lo stato fondamentale e quello

eccitato sufficientemente bassa da far rientrare la lunghezza d'onda della

radiazione associata alla transizione, nell’intervallo del visibile.

L'energia luminosa proveniente dal sole, giunta sulla superficie terrestre,

possiede uno spettro significativo nell'intervallo di lunghezze d'onda

compreso tra i 300 ed i 1150 nm, con un massimo di intensità attorno ai 600

nm; esistono differenti pigmenti fotosintetici, ciascuno assorbe in diverse

regioni dello spettro, in modo da coprire un intervallo da 350 a 800 nm. Si

tratta di carotenoidi, clorofille (tetrapirroli ciclici) e biline (tetrapirroli lineari).

Figura 1 Struttura delle clorofilla a, b e Batterioclorofilla

La clorofilla a (Chl a) è di gran lunga il pigmento più comune nel regno

vegetale: essa adempie sia la funzione di assorbimento e trasferimento

dell'energia luminosa, sia quella di donatore primario di elettroni nei centri di

reazione dei fotosistemi, nel processo di separazione di carica.

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Introduzione Pagina 5

5

La clorofilla b (Chl b) è molto meno diffusa della Chl a: è presente nelle piante

superiori, nelle alghe verdi, euglenofite e proclorofite, associata a complessi

non strettamente connessi ai centri di reazione.

Clorofilla a e b possiedono una struttura porfirinica, in cui un anello

tetrapirrolico coordina al centro un atomo di magnesio. Sul tetrapirrolo oltre

ai gruppi che definiscono il tipo di clorofilla, è presente un anello a 5 atomi di

carbonio (anello V) ed una catena fitilica di 20 atomi di carbonio connessa al

C7 del pirrolo IV. Le due forme si differenziano per una sostituzione al terzo

anello, che lega un metile nella Chl a ed un gruppo aldeide nella Chl b (fig 1).

Spettro 1 Assorbimento pigmenti fotosintetici

Lo spettro di assorbimento della Chl a mostra due picchi principali: il primo a

430 nm1, nella regione di Soret, è associato ad una transizione elettronica dallo

stato fondamentale al secondo stato eccitato; mentre il secondo a 662 nm1

rappresenta la banda QY, dovuta alla transizione al primo stato eccitato di

singoletto.

1 In dietiletere

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Parte - A

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La Chl b possiede massimi di assorbimento differenti rispetto a quelli della

Chl a; la banda nella regione di Soret si trova infatti a 455 nm mentre quella

QY a 644 nm.

L'altra classe di pigmenti presente nei processi fotosintetici è quella dei

carotenoidi. Nei tessuti vegetali è possibile trovare diversi tipi di carotenoidi

nei cloroplasti, ma anche nei fiori, frutti, ecc. Quelli coinvolti nei processi

fotosintetici sono detti carotenoidi primari ed includono: β-carotene,

violaxantina, neoxantina, luteina ed, in minori quantità, zeaxantina e

anteraxantina.

Il β-carotene fa parte del gruppo dei carotenoidi composti da 40 atomi di

carbonio e privi di ossigeno (caroteni), mentre gli altri carotenoidi primari, pur

mantenendo lo stesso numero di atomi di carbonio, contengono ossigeno

sotto forma di gruppi idrossidi, epossidi, e sono detti xantofille.

Figura 2 Struttura di alcuni carotenoidi primari

Tutti i carotenoidi primari hanno spettri di assorbimento fra loro simili, e

significativi nell'intervallo fra i 400 nm ed i 500 nm. In condizioni di eccessiva

illuminazione la xantofilla violaxantina può essere deepoossidata via

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Introduzione Pagina 7

7

anteraxantina (un intermedio che non si accumula) a zeaxantina. Questo

meccanismo (ciclo delle xantofille) [21] sembra avere un ruolo fisiologico

nella protezione del centro di reazione in condizioni di stress luminoso.

I carotenoidi funzionano essenzialmente come pigmenti accessori

nell'assorbimento fotosintetico della luce, ma sembra che la luteina abbia

anche un importante ruolo nello stabilizzare la struttura in alcuni complessi

antenna del PSII. Il β-carotene , inoltre, è presente nel centro di reazione

dove ha la funzione di proteggere la Chl a dalla foto-ossidazione [5]

neutralizzando i tripletti di clorofilla (quenching dei tripletti) e prevenendo

quindi la formazione dell'ossigeno singoletto, specie altamente ossidante e

tossica per le cellule.

I.3 IL CLOROPLASTO [56]

Il cloroplasto è un organello specializzato. Nelle piante superiori è delimitato

dall’envelope: una doppia membrana di rivestimento che circoscrive la

matrice interna acquosa, lo stroma, e le membrane interne fotosintetiche, i

tilacoidi.

Figura 3 Il cloroplasto

La principale funzione del rivestimento esterno è quella di controllare il

movimento di metaboliti, lipidi e proteine da e per il cloroplasto. Inoltre

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Parte - A

8

svolge la funzione di sito per i processi di sintesi di

lipidi e proteine, a livello della membrana interna,

e di protezione, a livello di quella esterna.

Tutte le funzioni di raccolta e trasduzione

dell'energia luminosa del processo fotosintetico

sono state localizzate nelle membrane tilacoidali. Entro ogni cloroplasto

queste formano un intreccio tridimensionale fisicamente continuo e chiuso di

una singola membrana, che ne delimita un unico spazio interno, il lume

tilacoidale. La relazione spaziale che intercorre tra lumen e stroma è stata

determinata inizialmente attraverso la ricostruzione tridimensionale della

struttura tilacoidale da micrografie elettroniche di sezioni successive del

cloroplasto stesso [46] e confermata successivamente da esperimenti di

freeze-fracture.

Le membrane tilacoidali sono distinte in due diversi tipi di domini: in un caso

i tilacoidi si impilano l'uno sull'altro dando origine ai grana tilacoidali

(appressed regions), nell’altro si dispongono come lamelle singole per

interconnettere diversi grana, dando luogo a strutture chiamate lamelle

stromatiche (non appressed regions).

Vengono infine definiti come margini le estremità delle vescicole granali, dove

la membrana subisce una brusca curvatura.

Lo stroma è definito quindi come il

compartimento localizzato tra la

membrana interna del cloroplasto e

le membrane dei tilacoidi. I principali

componenti dello stroma includono:

copie multiple (circa 300) di DNA

cloroplastico [14], ribosomi 70s,

mRNAs e tutti gli altri elementi

necessari per la sintesi proteica [34];

enzimi necessari per il ciclo di riduzione del carbonio, in particolare la

Figura 4 Rappresentazione schematica dell’organizzazione dei tilacoidi nel cloroplasto

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Introduzione Pagina 9

9

ribulosio bifosfato carbossilasi-ossigenasi [58]; gli enzimi coinvolti nella sintesi

dei lipidi, terpenoidi, chinoni ed altri composi aromatici [55].

I.4 LA CATENA DI TRASPORTO ELETTRONICA : COMPONENTI ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE [32, 43, 56]

I tilacoidi contengono tutti gli elementi necessari per la cattura e la

trasduzione dell'energia luminosa ad energia chimica: ATP e NADPH. Tali

reazioni sono svolte da complessi proteici di membrana, associati a cofattori e

proteine periferiche. Tre di questi complessi, fotosistema I (PSI/LHCI),

fotosistema II (PSII/Antenne interne) e il complesso periferico light-

harvesting II (LHCII), legano clorofille. Nel complesso dell’ATP sintetasi,

invece, non ritroviamo pigmenti.

Figura 5 Organizzazione funzionale della membrana tilacoidale

Il primo evento nella cattura dell’energia consiste nell'assorbimento di un

fotone da parte di una molecola Chl del complesso antenna LHCII. Dopo

assorbimento, l'energia del fotone è conservata sotto forma di eccitone che

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Parte - A

10

migra per meccanismi di trasferimento energetico di risonanza fino alle

clorofille del P680, coppia speciale del centro di reazione del fotosistema II. A

questo livello avviene la separazione di carica ed inizia il processo di

trasferimento elettronico.

Il donatore primario, dimero di Chl a detto coppia speciale (special pair), nella

forma eccitata, P680*, trasferisce un elettrone ad una feofitina; la neutralità

elettronica del P680 viene ripristinata estraendo un elettrone dall'acqua con

concomitante evoluzione di ossigeno molecolare ogni 4 cicli fotosintetici. Gli

elettroni, attraverso una serie di trasportatori (plastochinoni, complesso b6f e

plastocianina) giungono al centro di reazione del fotosistema I (PSI), P700.

Analogamente al PSII, l'energia luminosa raccolta dalle antenne del PSI

permette un trasferimento di carica contro gradiente elettrochimico: il P700*

cede un elettrone alla ferrodoxina e da qui al NADP+ che viene ridotto a

NADPH.

L'insieme di tali reazioni è rappresentato dallo schema a “Z” di Bendall e Hill.

Figura 6 Schema Z di Bendall e Hill

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Introduzione Pagina 11

11

La separazione di carica attraverso la membrana tilacoidale con accumulo di

protoni nel lume, conseguenza del trasporto elettronico, fornisce l'energia per

la fosforilazione dell'ADP ad ATP catalizzata dall'ATP sintetasi.

L'energia collegata al trasporto di un elettrone dai +820 mV della coppia

H2O/O2 ai -320 mV della coppia NADPH+H+/NADP+ (1.14 eV = 23.8

Kcal/mole), se si tiene conto che il rendimento della conversione è di circa il

40%, non può essere ottenuta da un singolo fotone nel visibile. Ciò spiega

l'intervento dei due fotosistemi, con due distinte reazioni fotochimiche per la

formazione di un riducente molto forte (P700*), per la riduzione del NADP+,

ed un ossidante molto forte (P680*) per l'ossidazione dell'acqua.

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Parte - A

12

II. STRUTTURA ED ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELLE MEMBRANE TILACOIDALI [56]

Ciascuno dei cinque complessi principali delle membrane tilacoidali (fig. 5), è

composto da proteine multiple e gruppi prostetici. Nella tabella 1 sono

riportate le proteine, con la nomenclatura relativa ai geni codificanti, che

compongono i due fotosistemi.

Gene Prodotto genico Gene Prodotto genico psaA PSI-core Lhca1 LHCI-730 psaB PSI-core Lhca2 LHCI-680 psbA D1 Lhca3 LHCI-680 psbD D2 Lhca4 LHCI-730 psbB CP47 Lhcb1 LHCII tipo I psbC CP43 Lhcb2 LHCII tipo II psbE cyt b559 Lhcb3 LHCII tipo III psbF cyt b559 Lhcb4 CP29 psbO OEE1 Lhcb5 CP26 psbP OEE2 Lhcb6 CP24 psbQ OEE3

Tabella 1 Nomenclatura genica delle proteine del fotosistema I e II

I complessi del PSII, PSI, cyt b6f e dell’ATP sintetasi sono formati da proteine

codificate sia dal genoma del cloroplasto, che da quello nucleare; si ritiene che

questa organizzazione permetta al nucleo di mantenere il controllo e la

supervisione dell’assemblaggio di tali complessi.

II.1 FOTOSISTEMA I [13, 44]

Il fotosistema I (PSI) è situato principalmente nelle regioni non impilate dei

tilacoidi (lamelle stromatiche), e funziona come il riduttore finale nella catena

di trasporto elettronica fotosintetica. Più precisamente il PSI è una

plastocianina(PC)-ferrodoxina(Fd) ossido-reduttasi.

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Introduzione Pagina 13

13

Negli organismi fotosintetici eucarioti (alghe e piante), il complesso del PSI è

composto da una antenna light-harvesting complex I (LHCI), ed un core

(CCI). Questi sono composti a formare il PSI-200.

Figura 7 Modello per l’organizzazione spaziale del PSI-200

La funzione di LHCI è quella di antenna accessoria, e l’energia che essa

cattura viene passata al centro di reazione, P700, che si trova nel CCI.

II.1.1 Core Complex I, il centro di reazione del PSI [6]

Il CCI è il componente del PSI-200 in cui ha luogo la separazione di carica ed

il processo di trasporto elettronico.

Attualmente si stima che nel CCI siano presenti almeno 10 differenti

polipeptidi, circa 100 molecole di Chl a, diverse molecole di β-carotene, due

molecole di vitamina K1 e 3 clusters ferro-zolfo ([4Fe-4S]). Questi formano

un complesso pigmentato con una massa apparente in gel non denaturante di

250 kDa. E’ costituito da due subunità, codificate dai geni plastidiali psaA e

psaB, disposte in modo da coordinare, all’interfaccia tra le due, il P700.

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Parte - A

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II.2 FOTOSISTEMA II [13]

Il fotosistema II (PSII) è un complesso multi-subunità , formato almeno da

17 subunità, che comprendono anche piccole proteine di massa molecolare

inferiore ai 10 kDa [24]. Circa 10 subunità sono necessarie per la riduzione del

plastochinone e per l’evoluzione di ossigeno.

II.2.1 Centro di reazione del PSII [13]

Il centro di rezione è costituito da un complesso formato dalle subunità D1

(psbA) e D2 (psbD), dalle subunità α e β del citocromo b559 (psbE e psbF),

e dal prodotto genico di psbI. Una subunità estrinseca di 33 kDa (psbO)

stabilizza il cluster manganese che catalizza l’evoluzione di ossigeno a partire

da H2O. I pigmenti legati al core del PSII comprendono 4-6 molecolre di Chl

a, 2 di feofitina e β-carotene.

II.2.2 Antenne interne [6]

Le antenne interne del PSII sono le proteine omologhe CP43 e CP47,

codificate dai geni psbB e psbC. Tale definizione è giustificata dalla posizione

ravvicinata di tali complessi rispetto al P680. In particolare dei due complessi

pigmentati è CP47 quello che sembra associato più strettamente al centro di

reazione.

Si pensa che ciascuna delle due molecole

omologhe leghi 20-25 molecole di Chl a,

del β-carotene ed, in basse quantità, della

luteina. Benché i dati sul numero dei

pigmenti delle antenne interne sia ancora

piuttosto dibattuto, sembra certo che

l’orientamento del β-carotene in CP43 ed in

CP47 sia profondamente diverso: nel primo

la molecola è parallela al piano della

membrana, mentre nella seconda è perpendicolare allo stesso.

Figura 8 Modello per l’organizzazione del core del PSII [38]

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15

III. SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN NATURA

III.1 INTRODUZIONE [54]

Come descritto nel paragrafo I.2 i pigmenti coinvolti nei processi fotosintetici

sono carotenoidi, clorofille e biline. Questi pigmenti non sono liberi, ma

associati a proteine localizzate nelle membrane fotosintetiche (tilacoidi), o a

proteine solubili connesse con queste ultime.

I sistemi antenna o LHC

sono complessi pigmento-

proteina che svolgono

funzione di raccolta di

energia luminosa e di

trasferimento di tale

energia sotto forma di eccitone al centro di reazione, dove avviene la

separazione di carica. Il trasferimento dell’energia dal sistema antenna al

centro di reazione avviene in meno di 10-10 sec. e con una efficienza oltre al

90%. L’elevata efficienza di tale sistema è garantita dal fatto che le molecole di

Chl sono disposte alla giusta distanza e con un orientamento corretto entro la

proteina che le coordina e fra le diverse proteine che formano il complesso.

Le proteine dei complessi light-harvesting possono essere divise in quattro

classi sulla base delle caratteristiche delle proteine stesse e del tipo di

pigmento fondamentale impiegato:

i) Sistemi di membrana leganti clorofille. Questo tipo di sistema si

ritrova in piante, alghe verdi, Cryptophyceae, dinoflagellati, Euglenophyta

ed alcuni procarioti ossigenici (prochloron);

ii) Sistemi solubili leganti clorofilla. Si ritrovano in batteri verdi

fotosintetici (Chlorobium, ProsthecoChloris) e dinoflagellati;

iii) Sistemi di ficobiline e complessi antenna solubili. Si ritrovano in

cianobatteri, alghe rosse e Cryptophyaceae;

Figura 9 Struttura del pirrolo lineare delle biline

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Parte - A

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iv) Sistemi contenenti batterioclorofilla (BChl) e proteine integrali di

membrana. Sono tipiche dei procarioti: Chlorobiaceae, Chloroflexaceae,

Chromatiaceae e Rhodospirillaceae;

In questi complessi, la componente proteica ha le seguenti funzioni:

i) determina il legame specifico e l’arrangiamento spaziale delle molecole

dei pigmenti; la conformazione della tasca idrofobica, responsabile

dell’alloggiamento del pigmento, determina infatti l’orientamento del

pigmento entro la proteina vincolandolo questo ad assumere una

posizione ben determinata. Inoltre la forma della tasca è importante

nel discriminare fra le due diverse forme di clorofilla, e nel rendere,

quindi, un particolare sito più o meno preferenziale per una di esse.

ii) determina la configurazione e la conformazione dei pigmenti, e quindi

ne modula le proprietà di assorbimento e di emissione, essenziali per

le funzioni di cattura dell’energia luminosa; i gruppi chimici delle

catene laterali, che formano la tasca idrofobica in cui alloggia il

pigmento, influenzano, oltre alla configurazione preferenziale del

pigmento, anche gli orbitali molecolari di questo. In tal modo anche le

proprietà spettroscopiche dei pigmenti vengono modulate, in modo

differente a seconda del sito.

iii) Media le interazioni con gli altri componenti proteici

nell’organizzazione sopramolecolare del sistema antenna,

permettendo il trasferimento energetico.

III.2 SISTEMI LIGHT-HARVESTING IN PROCARIOTI

III.2.1 Generalità [60]

La maggior parte dei sistemi LHC contengono insiemi organizzati di pigmenti

diversi dalla clorofilla deputati all’assorbimento dell’energia luminosa.

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Introduzione Pagina 17

17

Ad esempio gli organismi che vivono nell’acqua, responsabili di circa la metà

della fotosintesi sulla Terra, contengono pigmenti accessori particolari, in

quanto la luce, al di fuori delle lunghezze d’onda comprese tra 450 e 550 nm

(luce blu e verde), viene assorbita quasi completamente durante il suo

passaggio attraverso 10 metri d’acqua.

Nelle alghe rosse e nei cianobatteri, la Chl a viene quindi sostituita come

pigmento antenna da una serie di tetrapirroli lineari, in particolare la

ficoeritrobilina (rossa) e la ficocianina (blu).

Gli stati eccitati più bassi di questi vari tipi di biline sono ad energia più bassa

di quelli della clorofilla, facilitando quindi il trasferimento dell’energia ai centri

di reazione. In questi sistemi, le biline sono legate covalentemente alle

ficobiliproteine che sono, a loro volta, organizzate in particelle ad elevata

massa molecolare, chiamate ficobilisomi.

Altri organismi procarioti possiedono invece un sistema light-harvesting

basato su proteine integrali di membrana che legano in modo non-covalente,

molecole di batterioclorofilla (BChl). Tali complessi pigmento-proteina, pur

non essendo omologhi a quelli delle piante superiori (infatti non mostrano in

alcun caso cross-reattività con anticorpi sviluppati contro i primi),

rappresentano degli utili modelli. Recentemente sono state ottenute le

strutture cristallografiche ad alta risoluzione di complessi LH da due ceppi di

batteri rossi [42, 40] e dell’LHC solubile presente nei dinoflagellati

fotosintetici [33]. Queste strutture consentono di formulare ipotesi di

trasferimenti energetici interni e quindi di funzionamento delle antenne stesse.

III.2.2 Rhodospirillaceae [57]

Dal punto di vista tassonomico, i batteri rossi (Rhodospirillaceae) sono un

piccolo gruppo di eubatteri Gram-negativi comprendente solo 30 specie circa.

Si tratta di organismi unicellulari che si riproducono per scissione binaria o, in

alcune specie, per gemmazione.

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Parte - A

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Nonostante le sue piccole dimensione questo gruppo di batteri dimostra al

sua interno una certa diversità di ordine genetico, come è dimostrato dalla

composizione in basi del DNA che varia dal 43 al 73 per cento (%GC).

Tutti i batteri rossi sono, almeno potenzialmente, fotoautotrofi, capaci cioè di

crescere in condizioni anaerobiche ed alla luce utilizzando CO2 come fonte di

carbonio e composti inorganici ridotti come donatori di elettroni.

Si distinguono due sottogruppi di batteri rossi; la maggior parte dei batteri

rossi sono anaerobi stretti con un metabolismo basato sull’utilizzo di H2S

come donatore di elettroni, questo sottogruppo viene identificato come

batteri rossi sulfurei.

Il secondo sottogruppo, i batteri rossi non sulfurei, sono invece sensibili

all’H2S ed utilizzano, come donatore di elettroni, l’H2O.

Di quest’ultimo sottogruppo fanno parte i generi Rhodospirillum e

Rhodopseudomonas di cui sono state determinate le strutture cristallografiche dei

rispettivi complessi antenna LH2.

III.2.3 Struttura cristallografica di LH2 di Rhodopseudomonas acidophila [42]

I batteri rossi contengono due tipi di complessi antenna, entrambi costituiti da

proteine di membrana intrinseche. Il primo tipo, LH1, è intimamente

connesso con il centro di reazione a formare il cosiddetto “core complex”.

Disposto più perifericamente, il secondo tipo LH2 è presente in proporzioni

variabili.

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19

Entrambi LH1 ed LH2 sono organizzati

con il medesimo principio modulare: i

pigmenti fotosintetici, BChl a ed i

carotenoidi, sono legati non

covalentemente a due apoproteine

idrofobiche di basso peso molecolare, le

subunità α e β (rispettivamente lunghe 53

e 41 aminoacidi). I complessi nativi sono

costituiti da un arrangiamento di questi

oligomeri a formare strutture ad anello di

dimensioni variabili. La struttura

cristallografica di LH2 di Rhodopseudomonas

acidophila è stata determinata ad una risoluzione di 2.5 Å e può essere descritta

semplicemente: le eliche trans-membrana di 9 subunità α sono disposte

lateralmente a formare un cilindro cavo del diametro di 18 Å mentre le 9

eliche delle subunità β sono arrangiate radialmente alle prime, e formano un

cilindro esterno di 34 Å di diametro. Le subunità α sono inclinate di 2°

rispetto all’asse del cilindro, mentre le β di un angolo pari a 15°. Nella

struttura le molecole di BChl a si dispongono con due differenti orientamenti

rispetto alla membrana. Alcune presentano il piano dell’anello disposto

internamente e parallelo alla normale della membrana con la molecola del

fitolo rivolta verso l’interno (chiamate B850); le altre sono disposte invece

esternamente con il piano dell’anello parallelo alla membrana stessa (chiamate

B800).

III.2.4 Struttura cristallografica di LHC di Amphidinium carterae

La maggior parte dei dinoflagellati, come A. carterae, possiede un sistema

antenna costituito prevalentemente da carotenoidi, che consente loro di

catturare efficacemente la luce nell’intervallo del blu-verde. Oltre a proteine

LHC integrali di membrana, strutturalmente e funzionalmente simili a quelle

delle piante superiori, i dinoflagellati hanno sviluppato un sistema antenna

Figura 10 Rappresentazione dimero αβ

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Parte - A

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solubile con un elevato rapporto carotenoidi:clorofilla. tali complessi sono

chiamati PCP (peridinin-chlorophyll-proteins), dal nome del carotenoide

presente.

La struttura cristallografica di una PCP è stata determinata ad una risoluzione

di 2 Å [33].

Figura 11 Rappresentazione della struttura cristallografica di A. carterae e disposizione dei pigmenti (Chl in verde, carotenoidi in rosso)

III.3 IL SISTEMA ANTENNA DEL PSI (LHCI) [54]

L’apparato LHCI si distingue in due complessi, associati al core in modo

indipendente. Si distinguono in base ai rispettivi picchi di emissione della

fluorescenza a bassa temperatura LHCI-730 ed LHCI-680. Questi complessi

sono in realtà formati da più di due polipeptidi, e vengono codificati dai geni

lhca1-4.

Chl a Chl b ββββ-carotene luteina Neoxant. Violaxant.PSI-200 186 24 27 12 0-2 9Core 100 / 14 / / / LHCI 86 24 13 24 0 9 Lhca 1 ND ND ND + / + Lhca 2 ND ND ND + / ND Lhca 3 ND ND ND + / ND Lhca 4 ND ND ND + / ND

Tabella 2 Composizione in pigmenti delle proteine del PSI

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Dato che LHCI-730 è l’unico componente ad emettere fluorescenza quando

il trasporto elettronico nel centro di reazione del PSI viene bloccato a 77 K ,

l’energia di eccitazione può passare da LHCI-680 a LHCI-730. Su tali basi, il

modello proposto per l’organizzazione del PSI prevede il trasferimento

dell’energia di eccitazione da LHCI-680 attraverso LHCI-730 al core del PSI

[4].

Figura 12 Modello per l’organizzazione sovramolecolare del PSI [4]

Per quanto riguarda la loro composizione in pigmenti, evidenze indirette

suggeriscono che ogni polipeptide LHCI leghi 8-10 molecole di Chl, per un

totale di circa 120 molecole in tutto il sistema antenna, ed è confermata la

presenza in LHCI di luteina e di violaxantina, mentre la neoxantina non è

stata rilevata [6]. Sono stati riportati valori variabili del rapporto Chl a/b, da

1.4 a 3.0.

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IV. IL SISTEMA ANTENNA DEL PSII (LHCII)

IV.1 COMPLESSO MAGGIORE LHCII

La comprensione di come clorofille e carotenoidi sono legati alle proteine, e

cioè da interazioni non covalenti, coincide con la scoperta, più di 25 anni fa,

del complesso LH del PSII, LHCII. Il termine ‘LHCII’ identifica un

complesso pigmenti-proteina in cui sono contenute circa la metà delle Chl ed

un terzo delle proteine dei tilacoidi di piante superiori [54].

Figura 13 Rappresentazione schematica della struttura di LHCII

Il così diffuso interesse per LHCII rispetto alle altre proteine implicate nella

fotosintesi deriva quindi dalla sua abbondanza e dalla stabilità del complesso

che consente di isolarlo facilmente ed in grandi quantità dalle membrane

tilacoidali. LHCII non solo è interessante in sé, per le sue specifiche

caratteristiche e funzioni, ma l’omologia di sequenza con molte altre proteine

in entrambi i fotosistemi delle piante superiori, rende tale complesso un

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Introduzione Pagina 23

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utilissimo modello generale per l’organizzazione dei pigmenti e per il

trasferimento energetico nei complessi antenna.

IV.1.1 Funzioni

I ruoli funzionali che vengono attribuiti al complesso LHCII sono

essenzialmente tre. L’attività principale è quella di catturare l’energia luminosa

e di trasferirla efficacemente in direzione del centro di reazione del PSII. In

secondo luogo esso controllerebbe, al variare della luce esterna, l’attività

coordinata dei due fotosistemi regolando la quantità di luce assorbita da

ciascuno di essi. A conferma di tale asserzione è stato verificato che, in

presenza di luce assorbita preferenzialmente dal PSII, una sottopopolazione

di LHCII migrerebbe, in seguito a fosforilazione, dai grana alle lamelle

stromatiche, connettendosi al PSI e determinando così una ridistribuzione

dell’energia di eccitazione tra i due fotosistemi(transizioni di stato) [1].

Infine LHCII interviene nel processo di impilamento delle lamelle a formare i

grana, probabilmente stabilizzandone la struttura attraverso ponti di Mg++ tra

le numerose cariche negative residenti nella parte stromatica N-terminale della

proteina [3].

IV.1.2 Composizione in polipeptidi

Il termine globale LHCII indica in realtà un insieme di complessi caratterizzati

da una diversa composizione polipeptidica e funzione non ancora del tutto

compresa. Non solo possono essere discriminate diverse apoproteine

appartenenti a LHCII, ma è possibile risolvere anche un certo numero di

sottopopolazioni di complessi pigmento-proteina.

I polipeptidi di LHCII sono codificati da una famiglia multigenica nucleare.

Sono stati descritti fino a 20 diversi geni, raggruppati in tre tipi principali detti

lhcb1, lhcb2 e lhcb3.

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Parte - A

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IV.1.3 Composizione in pigmenti

Come già detto LHCII lega circa il 50 per cento della Chl totale presente nei

tilacoidi. Le analisi del complesso purificato mostrano che esso contiene, oltre

a Chl a e Chl b, le xantofille luteina, neoxantina e violaxantina, escludendo la

presenza di β-carotene. La struttura cristallografica ottenuta da Kühlbrandt

nel 1994 [36] ha confermato le precedenti analisi che indicavano il valore di

12-13 molecole di Chl per proteina. Sulla base di questo dato e del rapporto

Chl a/b di 1.4, in complessi altamente purificati, possono essere assegnate 7

Chl a e 5 Chl b ad ogni monomero di LHCII.

IV.1.4 Struttura cristallografica

L’unità funzionale di LHCII è un trimero con simmetria C3. Ciascuna

proteina del trimero possiede tre eliche trans-membrana, denominate B, C e

A, connesse tramite loop idrofilici da entrambi i lati della membrana.

Entrambe le eliche A e B formano un angolo di 32° con la normale alla

membrana, mentre l’elica C è pressochè parallela ad essa.

Le eliche A e B, lunghe

rispettivamente 43 e 51 Å ( 29 e

34 residui), formano una struttura

ad “X”, stabilizzata dalla forte

attrazione elettrostatica tra i

residui carichi di due coppie

ioniche (Arg70-Glu180, Arg185-

Glu65). Due molecole di

carotenoidi sono localizzate al

centro del complesso, dove,

interagendo con l’elica A e B,

contribuirebbero in modo determinante al legame tra i due domini idrofobici.

Dai dati di stechiometria si può ipotizzare che queste due molecole di

carotenoidi siano due molecole di luteina, ma non ci sono prove sperimentali.

Figura 14 Rappresentazione struttura tridimensionale di LHCII

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Su 12 molecole di Chl, solo 8 interagiscono direttamente con la catena

aminoacidica, attraverso la coordinazione degli ioni magnesio da parte delle

catene laterali aminoacidiche oppure tramite la catena carbonilica principale. I

ligandi presunti sono istidina, glutamina, asparagina e la coppia ionica

glutamato-arginina. Le rimanenti 4 molecole di Chl potrebbero rapportarsi

indirettamente alla proteina tramite molecole di acqua.

Le molecole di Chl risultano disposte su due diversi livelli rispetto allo

spessore della membrana, con gli anelli porfirinici perpendicolari al piano della

membrana stessa.

L’analisi cristallografica portata ad una risoluzione di 3.4 Å, permette la

localizzazione dei cromofori, ma non ne consente la precisa discriminazione.

A tale risoluzione, infatti, le differenze strutturali fra i diversi tipi di

carotenoidi e molecole di Chl non possono essere evidenziate. Delle molecole di

clorofilla è stata identificata la posizione degli atomi della struttura grezza dell’anello

tetrapirrolico, ma non è possibile a tale risoluzione evidenziare, oltre ai sostituenti dell’anello,

né l’anello V, né la catena fitilica. Mancano quindi gli elementi necessari per orientare le

molecole dei pigmenti al fine di identificarne la disposizione dei momenti di transizione.

IV.2 OMOLOGIA ENTRO LA FAMIGLIA DI PROTEINE CAB

Il primo polipeptide CAB è stato scoperto più di 25 anni fa e, per i primi 20

anni dopo questa scoperta, è perdurata una considerevole confusione circa il

numero delle proteine CAB, la loro localizzazione e funzione. Negli ultimi

anni, la possibilità di isolare e caratterizzare estensivamente i geni codificanti

tali proteine, ha allargato enormemente il campo delle conoscenze. Le

ricerche hanno evidenziato che ogni polipeptide CAB è codificato da un

diverso gene nucleare e che esiste una elevata omologia di sequenza entro la

famiglia. In particolare le regioni delle eliche trans-membrana esiste un alto

livello di conservazione. Da allineamenti di sequenza delle proteine CAB,

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Parte - A

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usando come modello LHCII, è possibile assegnare i ligandi per le clorofille

conservate.

Tabella 3 Allineamento delle sequenze dedotte dai cDNA delle Lhcb

tttt

ttt

lu

t_

1

Lhcb

1 RK

TAAK

AKP-

AASG

SP--

----

---W

YGPD

RVL-

YLFP

LSGE

PPS-

---Y

LTGE

FPFD

YGWD

TAGL

----

----

----

----

----

----

----

----

- Lh

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KPSA

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88

↑↑ ↑↑

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238

↑↑ ↑↑

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Introduzione Pagina 27

27

IV.3 ANTENNE MINORI

Accanto ad LHCII, vi sono, nel sistema antenna del PSII, altri tre complessi

pigmento-proteina. Tali complessi, isolati da alcuni anni [41, 16, 7], sono stati

recentemente caratterizzati grazie alle tecniche di purificazione di IEF non

denaturante [19].

Queste antenne minori sono chiamate CP29,

CP26 e CP24 in base alla loro massa apparente

in elettroforesi non denaturante. Le rispettive

apoproteine sono codificate dai geni nucleari

lhcb4, lhcb5 ed lhcb6.

Le antenne minori, presenti in quantità uguale

nel PSII, legano complessivamente solo il 15

per cento della Chl totale del fotosistema. In

questi complessi è localizzata la maggior parte

della violaxantina contenuta nel PSII (più

dell’80%). Dal momento che la violaxantina è l’immediato precursore della

zeaxantina, pigmento coinvolto nella dissipazione degli eccessi di energia di

eccitazione (ciclo delle xantofille), le antenne minori potrebbero essere la sede

principale del meccanismo di smorzamento non fotochimico (NPQ) che

regola il flusso di energia verso il centro di reazione [9, 18, 2].

IV.3.1 CP24

Prodotto genico di lhcb6, CP24 è il

complesso meno caratterizzato tra

le antenne minori riguardo alla

composizione in pigmenti. Le

difficoltà probabilmente derivano

dalla perdita di pigmenti durante la

sua purificazione. Sono stati

riportati valori divergenti del

Figura 15 Modello di arrangiamento delle antenne minori nel PSII [38]

Figura 16 Modello schematico di struttura per CP24

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Parte - A

28

rapporto Chl a/b (0.8-1.6) e della stechiometria Chl-proteina (5-13).Più

recentemente è stato possibile determinare che CP24 lega 5 Chl a e 5 Chl b

attraverso la ricostituzione in vitro di proteine ricombinanti [45]. A differenza

delle altre antenne minori, CP24 non sembra legare neoxantina, pur

presentando violaxantina e luteina [18, 50].

IV.3.2 CP26

Il complesso CP26 è il prodotto

genico di lhcb5. Esistono due

isoforme di tale pigmento-proteina,

di 28 e 29 kDa, entrambe

riconosciute dall’anticorpo ottenuto

contro il prodotto genico di lhcb5.

La composizione in pigmenti di

CP26 comprende violaxantina,

luteina, neoxantina, Chl a e Chl b

(rapporto Chl a/b pari a 2.2). Si ritiene che siano legate a questo complesso 9

molecole di Chl [18, 50].

Figura 17 Modello schematico di struttura per CP26

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Introduzione Pagina 29

29

IV.3.3 CP29

Il gene nucleare lhcb4 codifica per la proteina a peso molecolare più elevato

(31 kDa) tra le antenne di LHCII, CP29.

Figura 18 Modello schematico della struttura di CP29 basato sull’omologia di sequenza e su dati biochimici (vedi oltre)

La sua massa molecolare, maggiore degli altri LHC, è dovuta all’inserzione di

42 aminoacidi all’N-terminale. Il complesso lega 8 molecole di Chl,

probabilmente 2 Chl a e 6 Chl b, visto che il rapporto Chl a/b è di 2.8-3.0.

L’N-terminale, dominio esposto allo stroma, può essere fosforilato in

condizioni di eccessiva illuminazione, e, tale fosforilazione, ne modifica la

conformazione e le proprietà spettroscopiche [12].

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Parte - A

30

V. IL TRASFERIMENTO DELL’ENERGIA

V.1 INTRODUZIONE

Il processo chiave della fotosintesi e’ l’assorbimento della luce solare da parte

dei pigmenti antenna ed l’efficiente trasferimento dell’energia di eccitazione al

centro di reazione fotochimica dove l’energia viene intrappolata in forma di

una stabile separazione di carica. La sequenza di reazioni coinvolte, che

interessa sia processi fotochimici che fotofisici, avviene con una resa quantica

di circa il 90%, quindi con alta efficienza ed a basso costo per tutti gli

organismi fotosintetici.

Il processo di trasferimento dell’energia di eccitazione deve essere considerato

un processo non radiativo che e’ dovuto ad interazioni colombiane tra la

molecola originariamente eccitata, il donatore D, e quella alla quale l’energia

verrà trasferita, l’accettore A. Se lo stato eccitato del donatore (D*) fluoresce

(kfD) o forma uno stato di tripletto via intersystem crossing (kisc

D) o se torna

allo stato fondamentale emettendo calore, secondo il meccanismo di

conversione interna (kicD) allora il tempo di vita del suo stato eccitato (τ1

D) e la

sua resa di fluorescenza (ΦD) sono dati da:

τ1D = 1/k1

D = 1/(kfD +kisc

D +kicD) ; ΦD = kf

D/k1D (1)

dove k1D rappresenta la costante di decadimento totale dello stato eccitato D*.

Se l’energia viene trasferita in maniera irreversibile alla molecola A (costante di

trasferimento kDA) allora la fluorescenza e la resa di tripletto di D vengono

smorzate: la fluorescenza di D va’ rapidamente a zero, mentre quella di A

aumenta. La resa di fluorescenza e il tempo di vita dello stato eccitato di D, in

presenza di A, saranno quindi:

τD = 1/(k1D + kDA); ΦD = kf

D/(k1D + kDA) (2)

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Introduzione Pagina 31

31

Il processo di trasferimento sarà completamente irreversibile solo se la

differenza di energia tra D* ed A*, ∆EDA, sarà sufficientemente grande rispetto

al valore di energia termica.

La velocità di trasferimento di energia da un donatore ad un accettore può

essere calcolata utilizzando la teoria eccitonica [37, 25, 39].

In meccanica quantistica lo stato fondamentale di singoletto (S0) ed il primo

stato eccitato di singoletto (S1) di D ed A, vengono descritti come funzioni

d’onda normalizzate, Ψ0A, Ψ0

D, Ψ1A, Ψ1

D, che sono le soluzioni stazionarie

dell’equazione di Schrödinger tempo-dipendente:

HAΨ0A = E0

AΨ0A; HAΨ1

A = E1AΨ1

A (3)

dove H rappresenta l’Hamiltoniano della molecola isolata A. L’espressione

tiene conto sia dell’energia cinetica di nuclei ed elettroni, che delle forze

coulombiane attrattive e repulsive tra vari nuclei ed elettroni.

Quando A e D sono molecole interagenti, cioè c’è interazione tra le nuvole

elettroniche di A e D, l’Hamiltoniano dell’ intero sistema viene espresso

come:

HDA = HD + HA + VDA (4)

dove il termine VDA rappresenta l’accoppiamento. Se una delle due molecole,

ad es. D, viene eccitata, la probabilità di trovare l’eccitazione in A, dopo un

certo tempo, non e’ nulla. Il fatto che l’eccitazione si possa trovare sia su D

che su A viene descritto usando una combinazione lineare degli stati

localmente eccitati Ψ0AΨ1

D e Ψ0DΨ1

A. Se si assume che la transizione

coinvolga solo due elettroni le funzioni d’onda dello stato iniziale (i, dove e’

eccitato D) e finale (f, dove e’ eccitato A) saranno:

Ψi = (1/√2) [Ψ1D(1)Ψ0

A(2) - Ψ1D(2)Ψ0

A(1)] (5)

Ψf = (1/√2) [Ψ0D(1)Ψ1

A(2) - Ψ0D(2)Ψ1

A(1)] (6)

Il numero tra parentesi indica l’elettrone coinvolto.

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Parte - A

32

La velocità del trasferimento di energia dallo stato iniziale allo stato finale, e’

governata dall’elemento della matrice di interazione dato da:

UDA = ⟨Ψi|VDA|Ψf⟩ = UCDA + UEX

DA (7)

Il termine UC e’ il contributo coulombiano:

UCDA = ⟨Ψ1

D(1)Ψ0A(2)|VDA|Ψ0

D(1)Ψ1A(2)⟩ (8)

dove UCDA rappresenta l’interazione coulombiana tra le densità di carica di

Ψ1D(1)Ψ0

A(2) e Ψ0D(1)Ψ1

A(2). L’elettrone su D, inizialmente eccitato, ritorna

allo stato fondamentale e simultaneamente l’elettrone su A e’ promosso ad

uno degli orbitali dello stato eccitato di A. (vedi fig. 19).

Figura 19 Rappresentazione schematica dei contributi al trasferimento dell’energia di eccitazione di Coulomb (in alto) e di scambio (in basso)

Il termine UEX e’ il contributo di scambio:

UEXDA = ⟨Ψ1

D(1)Ψ0A(2)|VDA|Ψ0

D(2)Ψ1A(1)⟩ (9)

in questo caso il trasferimento dell’eccitazione e’ descritto come uno scambio

dell’elettrone eccitato di D con quello non eccitato di A. Il risultato finale e’

ancora che D torna allo stato fondamentale mentre A viene eccitato. In

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Introduzione Pagina 33

33

contrasto con il meccanismo di Coulomb, che può essere efficacie anche a

grande distanza, il meccanismo di scambio e’ operativo solo nel caso in cui si

abbia sovrapposizione delle funzioni d’onda, ma può essere operativo anche

nel caso in cui gli stati di D ed A, coinvolti nel trasferimento, siano

otticamente proibiti, condizione nella quale il meccanismo di Coulomb non e’

valido. Nel caso in cui siano coinvolte transizioni otticamente permesse e la

distanza tra D ed A non sia troppo piccola il termine coulombiano diventa

dominante. In questo caso l’iterazione D-A può essere approssimata ad

un’interazione dipolo-dipolo e l’integrale di interazione (eq.8) può essere

approssimato nel modo seguente:

UCDA = 5.04 (|µA| * |µD| / R3

DA) (cos α - 3cos β1 cos β2)

= 5.04 (|µA| * |µD| / R3DA) * k

dove UC è dato in cm-1 i dipoli di transizione in debyes e RDA, distanza tra i

dipoli in nm. k è il fattore di orientazione dove α è l’angolo tra i due dipoli e

β1 e β2 sono gli angoli tra ogni dipolo ed il vettore RDA che li congiunge. Il

valore del momento per la Chl a è di circa 5 debye. Vediamo ora di analizzare

i due casi della possibile interazione tra la molecola di donatore D e quella di

accettore A.

V.2 ACCOPPIAMENTO FORTE.

Per avere un accoppiamento forte è necessario che UCDA » ∆E, dove ∆E è una

misura della larghezza di banda della transizione elettronica coinvolta (A→A*,

D→D*). Lo spettro combinato di D ed A è modificato e porta a due nuove

bande di assorbimento, dovute alla combinazione delle transizioni in fase (+)

e fuori fase (-) degli stati eccitati localmente. Le transizioni (+) e (-) sono

separate da 2|UDA| . La transizione ottica di ogni dimero eccitato può essere

più o meno permessa a seconda della geometria di D ed A. Nel caso di

accoppiamento forte il trasferimento dell’eccitazione è un processo coerente

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Parte - A

34

cioè la relazione tra le fasi degli stati eccitati locali, Ψ0DΨ1

A e Ψ1DΨ0

A è fissa.

L’eccitazione oscilla avanti e indietro tra D ed A ed è solo istantaneamente

localizzata (anche questa è una semplificazione). La frequenza dell’oscillazione

è 2cUCDA e, partendo con l’eccitazione in D, la densità di eccitazione su A

raggiungerà il suo valore massimo dopo:

t = 1/ 4cUCDA

che corrisponde ad una costante: kDA = 4cUCDA. Notiamo che kDA ∝ R-3

DA. Il

tempo durante il quale l’eccitazione può essere considerata coerente è molto

piccolo (≤ 10-13 s). Ciò è dovuto a tutti i processi che potranno alla perdita

della relazione di fase tra gli stati eccitati (collisioni, interazioni con vibrazioni

intramolecolari o con il lattice). Quindi, dopo un cortissimo periodo nel quale

l’eccitazione può venire considerata delocalizzata e ci si ritrova nel caso

dell’accoppiamento forte, l’eccitazione diventa localizzata su D o su A ed il

processo può essere descritto secondo la teoria di Förster.

V.3 ACCOPPIAMENTO DEBOLE

Nella teoria dell’accoppiamento debole la velocità totale di trasferimento di

energia da D ad A è data da:

kDA = kfD (R0/RDA)6

dove kfD è la velocità di fluorescenza del donatore in assenza dell’accettore, R0

è la distanza (in nm) alla quale la costante di velocità per il trasferimento di

energia ad A e per la fluorescenza sono uguali, ed è data da:

R0 = 8.8 x 1012 k2 n-4 ∫ FD(ν) εA(ν) ν-4 dν

dove εA(ν) è il coeff. di estinzione molare, ν il numero d’onda, FD(ν) è lo

spettro di emissione di D normalizzato (∫ FD(ν)dν = 1), n è l’indice di

rifrazione, e k, parametro di orientazione è dato da:

k = (cos α - 3cos β1 cos β2)

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Introduzione Pagina 35

35

Il parametro R0 dipende fortemente dalla sovrapposizione dello spettro di

fluorescenza del donatore e di assorbimento dell’accettore e può essere

misurato sperimentalmente in tabella 3 sono riportati i valori di R0 e kf per

lacune combinazioni donatore-accettore.Il fattore R06 dipende dal quadrato

del fattore di orientazione k. Il valore massimo di k2 è 4, il minimo 0. Per un

orientazione casuale di D e A k2 assume un valore di 2/3.

Donatore Accettore R0 (Å) φφφφD ττττ1D (ns)

Chlb Chl a 100 0.12 3.9

Chl a Chl a 80-90 0.32 5.1

ββββ-Carotene Chl a ≈50 <10-5 >10-3

BChl a 875 BChl 875 90 0.20 3-4

BChl a 800 BChl 850 66 0.20 3-4

BChl a 800 BChl 800 100 0.20 3-4

Tabella 4 Distanza critica di Förster R0, efficienza di fluorescenza in vivo φD e tempo di vita di fluorescenza τ1D per diverse coppie accettore-donatore coinvolti in processi fotosintetici

V.4 TRASFERIMENTO DI ENERGIA DI SCAMBIO

Come già visto il termine UEXDA contribuisce in maniera significativa al

processo di trasferimento di energia solo quando il termine coulombiano è

piccolo, cioè quando le transizioni coinvolte sono proibite e la distanza tra

donatore ed accettore è piccola (RDA ≤0.5nm). Un esempio può essere quello

del trasferimento dallo stato di tripletto della Chl alla molecola di carotenoide

strettamente associata:

ChlT + Car → Chl + CarT

Questo processo avviene n un tempo vicino ai 20 ns e benchè il processo sia

lento, i lunghi tempi di vita degli stati di tripletto assicurano un’alta efficienza.

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Parte - A

36

La costante di velocità totale per il trasferimento di energia mediante il

meccanismo di scambio [22] è data da:

kEXDA = (2π/ h-)2 (UEX

DA)2 ∫ FD(ν) εA(ν)dν

UEXDA decresce esponenzialmente con RDA, è dipendente dall’orientazione di

D ed A, ma indipendente dalla forza di dipolo delle transizioni in D ed A. Per

una distanza donatore-accettore maggiore di 4 Å Dexter stima una

trasferimento di energia di scambio 100 volte meno efficiente del

trasferimento di Forster, assumendo che entrambi siano permessi.

Il trasferimento di energia di singoletto dai carotenoidi alle clorofille avviene

molto probabilmente ancora secondo questo meccanismo, dato che la

fluorescenza dei carotenoidi è estremamente bassa il che suggerisce una rapida

conversione interna (kic ≈10-12 s) e indica che clorofille e carotenoidi siano

molto vicini all’interno della matrice proteica.

V.5 TRASFERIMENTI DI ENERGIA REVERSIBILI

Se la temperatura è sufficientemente alta o il ∆EDA abbastanza piccolo il

trasferimento all’indietro dell’energia di eccitazione, cioè da A a D, è possibile.

Quando D ed A sono nello stato termicamente rilassato, prima che avvenga il

trasferimento di energia, il rapporto tra la velocità di trasferimento da D ad A

e quella tra A e D è data da:

kDA/kAD = e-∆EDA

/ kB

T

dove kB è la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta. Il rapporto

può essere calcolato anche dall’integrale di sovrapposizione appropriato.

V.6 MIGRAZIONE ED INTRAPPOLAMENTO

Il trasferimento di energia in sistemi fotosintetici coinvolge un grande numero

di trasferimenti di energia molto veloci tra singoli pigmenti e gruppi di

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Introduzione Pagina 37

37

pigmenti fino a che l’energia non raggiunge il centro di reazione . Il tempo di

intrappolamento è definito come il tempo necessario per equilibrare lo stato

di separazione di carica P+I- con lo stato eccitato antenna/P.

Il tempo totale richiesto per intrappolare l’eccitazione è dato da :

τtrap = τmig +τRC

per un lattice bidimensionale il tempo di migrazione è dato da:

τmig = ½ Nfp (N) τhop

dove N è il numero di pigmenti antenna per centro di reazione fp(N) è la

caratteristica funzione-struttura per il lattice e τhop è l’hopping time.

Il tempo di intrappolamento (τRC)è dato da:

τRC = N {1/zW1 + (W2/W1) 1/kCS}

in cui W1 è la velocità del trasferimento di energia da uno dei pigmenti vicini a

P a P stesso, W2 è la velocità del trasferimento all’indietro tra questi stessi

pigmenti, z è il numero di pigmenti che si trovano vicini a P e kCS è la velocità

di separazione di carica.

Vediamo alcuni casi:

W1 ≅ W2 > kCS . Questo caso è chiamato: trap-limited (limitato dalla trappola)

e τRC = NkCS-1. Il tempo si intrappolamento che si ottiene può essere

interpretato nel seguente modo: poiché l’energia di eccitazione è trasportata

sul tutti i siti dei pigmenti antenna (compreso P) con una velocità più grande

di quella dei processi che portano alla diseccitazione (compresa la separazione

di carica), la probabilità di trovare l’eccitazione si P è 1/N, assumendo che

tutti i siti siano energeticamente equivalenti. Poiché in questo caso W1 e W2

sono entrambe più grandi di kRC ci si aspetta un significativo contributo dei

pigmenti del centro di reazione alla fluorescenza del sistema.

W1 ≈ W2 < kCS Questo caso è chiamato diffusion limited: Limitato dalla

diffusione. Il tempo di intrappolamento è dato da:

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Parte - A

38

τRC = N/zW1

In questo caso il passo lento è la migrazione dell’energia dai pigmenti antenna

al centro di reazione, tutto ciò si riflette con una bassa fluorescenza di P e

nella debole dipendenza del tempo di intrappolamento dalla velocità di

separazione di carica. Le ragioni fisiche per questo lento trasferimento

possono essere la grande distanza tra i pigmenti ed il centro di reazione o la

presenza, come vedremo, di pigmenti antenna ad energia più bassa di quella di

P.

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B . S c o p o d e l l a t e s i

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Parte - B

40

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Scopo della tesi Pagina 41

41

I. PREMESSA

a comprensione accurata dei processi di trasferimento energetico

all’interno dei complessi antenna e dei centri di reazione, richiede

conoscenze sulla distanza tra i cromofori coinvolti in tali processi,

sull’orientazione reciproca dei loro momenti di transizione e sulla

distribuzione dei livelli energetici di assorbimento e di fluorescenza all’interno

del fotosistema.

Recentemente, un gran numero di conoscenze sono state ottenute per il

fotosistema II sull’organizzazione topologica delle subunità che lo

compongono [10], sulla composizione delle forme spettroscopiche [35, 62] e

sulla struttura del complesso maggiore LHCII [36] determinata su cristalli

bidimensionali ad una risoluzione di 3.4 Å. La struttura di LHCII ha

permesso l’identificazione dei siti di legame per le molecole di clorofilla e della

distanza tra cromofori vicini che risulta essere compresa fra 8 e 15 Å. La

risoluzione della struttura di LHCII, finora ottenuta, non consente di ottenere

informazioni essenziali quali:

a) determinazione dei livelli energetici delle transizioni dei singoli cromofori

b) identificazione delle Chl a e Chl b

c) identificazione dei momenti dipolari di transizione

d) identificazione dei carotenoidi legati al complesso.

e) determinazione dei livelli energetici delle transizioni dei singoli cromofori.

La complessità delle caratteristiche ottiche di LHCII, nelle quali si sommano i

contributi dei singoli cromofori (che vengono influenzati diversamente a

seconda del sito di legame a cui appartengono), rende molto difficile risalire

alle informazioni strutturali mancanti, utilizzando analisi spettroscopiche.

Gli scarsi sviluppi recenti nella comprensione della eterogeneità

spettroscopica è dovuta, in parte, alla mancanza di tecniche sperimentali che

L

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Parte - B

42

consentano di modificare selettivamente le transizioni ottiche e di isolare

quindi i diversi contributi dei singoli cromofori.

In questo contesto, è molto interessante l’approccio che prevede l’utilizzo di

complessi pigmenti-proteina ricostituiti. Esperimenti di questo tipo

utilizzavano, inizialmente, apoproteine ottenute da purificazione da cui i

pigmenti venivano staccati attraverso trattamenti con detergenti [51];

recentemente, la tecnica di ricostituzione è stata applicata ad apoproteine da

cDNA codificante per un singolo prodotto genico Lhcb1, ottenute per

sovraespressione in E. coli [47]. Nella maggior parte di questi casi, comunque,

le proprietà ottiche dei complessi ricostituiti si allontanavano da quelle dei

complessi nativi limitando la possibilità di utilizzare questi campioni per studi

spettroscopici.

Solo recentemente è stata ricostituito con successo il complesso antenna

CP29, utilizzando l’apoproteina Lhcb4 di mais sovraespressa in E. coli [28]. Il

complesso ricostituito mostra caratteristiche di assorbimento, fluorescenza e

di dicroismo circolare che ricalcano con estrema precisione quelle del

complesso nativo; inoltre anche altre caratteristiche biochimiche peculiari,

come il legame del DCCD [61], sono mantenute [49].

Il sistema del CP29 ricombinante può perciò essere impiegato per una serie di

analisi sperimentali per ottenere i parametri lasciati indeterminati dopo il

lavoro sulla struttura di LHCII di Kühlbrandt e collaboratori [36]. I punti

significativi sono i seguenti: i) identificazione dei livelli energetici di ciascun

cromoforo. ii) determinazione dell’orientazione dei momenti delle transizioni

elettroniche per ciascuna molecola di clorofilla.

A tale scopo sono stati utilizzati 7 mutanti puntiformi degli 8 residui coinvolti

nella coordinazione di molecole di clorofilla [53]; in un caso, infatti, la

mutazione porta alla completa distruzione della struttura terziaria della

proteina.

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Scopo della tesi Pagina 43

43

II. SCOPO DELLA TESI

In questo lavoro di tesi di laurea mi sono concentrato sul seguente problema: determinare

l’orientazione dei momenti delle transizioni QY delle singole molecole di clorofilla in CP29.

A tale scopo è necessario caratterizzare matematicamente le componenti l, m ed n dei versori

di ciascuna transizione, rispetto ad un sistema di coordinate relativo alla struttura proteica.

Ho affrontato questo problema attraverso l’analisi spettroscopica di dicroismo lineare della

libreria di mutanti di CP29 sulla base di un modello strutturale per tale proteina che ho

ottenuto per omologia con LHCII, l’unica proteina della famiglia la cui struttura è stata

risolta.

III. PERCHE USARE CP29 AL POSTO DI LHCII

Per risolvere il problema dell’orientazione dei pigmenti devono essere

soddisfatti due requisiti fondamentali: i) è necessario avere a disposizione un

sistema sperimentale in cui i singoli cromofori possano essere modificati, e

quindi analizzati, individualmente. ii) è necessario avere a disposizione un

modello strutturale della proteina rispetto a cui determinare le coordinate delle

componenti dei versori relativi alle transizioni che si vogliono determinare.

Allo stato attuale un modello strutturale è disponibile solo per LHCII [36].

L’utilizzo di LHCII come sistema sperimentale è comunque sconveniente per

i seguenti motivi: a) LHCII è un trimero in cui le interazioni fra i cromofori

appartenenti a diverse subunità, rispetto al monomero, sono molto forti e

modificano significativamente le proprietà spettroscopiche del sistema

trimerico rispetto a quello monomerico. b) LHCII lega 12 molecole di

clorofilla per polipeptide e 3 xantofille, ma solo 8 siti di legame per le

molecole di clorofilla e 2 per quelle di xantofilla sono stati identificati. Quindi

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Parte - B

44

almeno 4 molecole di clorofilla e 1 xantofilla, non possono essere modificate

sperimentalmente (non si possono ottenere mutanti). c) LHCII purificato

dalle piante risulta essere una proteina eterogenea rappresentata da una

miscela di 18 prodotti genici.

Per il requisito i) CP29 è un sistema indubbiamente migliore di LHCII per i

seguenti motivi: a) è una proteina monomerica. b) lega 8 molecole di clorofilla

e 2 molecole di xantofille. Nel caso di CP29 i siti di legame sono tutti noti,

quindi è possibile modificare sperimentalmente ciascun cromoforo. c) CP29 è

il prodotto di un singolo gene, ciò permette di controllare che il sistema

impiegato sia identico alla proteina nativa.

Per il requisito ii), cioè la necessità della struttura, abbiamo costruito un

modello strutturale di CP29 per omologia con LHCII.

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C . M a t e r i a l i e M e t o d i

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Parte - C

46

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Materiali e Metodi Pagina 47

47

I. BIOCHIMICA

I.1 ELETTROFORESI

e tecniche elettroforetiche consentono la separazione di peptidi in base a

PM, carica e forma delle molecole stesse.

Un sistema elettroforetico può essere denaturante, parzialmente denaturante o

non denaturante nei confronti dei campioni caricati.

Nell'elettroforesi denaturante (Tris-SO4 SDS PAGE) i campioni sono trattati

con agenti riducenti (b-mercaptoetanolo), con il detergente anionico Sodio

Dodecil Solfato (SDS) e infine denaturati affinché le proteine perdano la

struttura terziaria. L' SDS si lega nel rapporto costante di 1.4 g per grammo di

proteina: ciò conferisce a ciascun polipeptide un uguale rapporto

carica/massa per cui la discriminazione tra le molecole avviene solo in base

alla loro capacità di passare attraverso il reticolo del gel, cioè in base al PM.

Più le molecole sono grandi, maggiori sono gli ostacoli che incontrano e che

rallentano quindi la migrazione. Anche l'urea, presente nel gel, contribuisce

alla denaturazione delle proteine.

Nei gel non denaturanti (gel verdi o Deriphat-page), i polipeptidi mantengono

la propria struttura terziaria e quindi, nel caso di proteine vegetali leganti

pigmenti, non si ha perdita degli stessi a queste coordinati. Il detergente nel

tampone superiore (Deriphat) forma delle micelle con le proteine,

solubilizzate nel blando detergente Dodecilmaltoside (DM) o Octilglucoside

(OGP), trascinandole nel gel.

Un gel verde modificato, con LDS nel tampone superiore, è parzialmente

denaturante nei confronti di proteine leganti la clorofilla, solubilizzate in DM

o in OGP: solo i complessi più stabili rimangono integri.

Le due soluzioni del gel di separazione (running gel) e del gel di

impaccamento (stacking gel) vengono preparate a partire da soluzioni stock

dei vari componenti. La funzione dello stacking gel, localizzato al di sopra del

L

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Parte - C

48

resolving, è quella di focalizzare i polipeptidi in bande dallo spessore molto

ridotto prima del loro ingresso nel gel di separazione.

Le soluzioni di acrilamide vengono fatte polimerizzare tra due lastre di vetro

di mm 160 x 180 o di dimensioni 10 x 8 mm, separate da spaziatori dello

spessore desiderato (0.75-1.3 mm).

La corsa elettroforetica viene eseguita applicando una differenza di potenziale

variabile a seconda del tipo di gel utilizzato e delle sue dimensioni, per un

tempo sufficiente ad effettuare la migrazione del fronte della clorofilla fino al

margine inferiore del gel.

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Materiali e Metodi Pagina 49

49

I.1.1 Tris-H2SO4 SDS-PAGE

[8] Bassi R. et al. (1985)

Eur. J. Biochem. 146, pag.589-595

Stacking gel :

• 5% (W/V) acrilamide 60/08 (60% acrilamide, 08% bis-acrilamide)

• 0.375 M Tris-H2SO4 pH 8.9

Resolving gel :

• 14% (W/V) acrilamide 60/08 (60% acrilamide, 08% bis-acrilamide)

• 0.375 M Tris-H2SO4 pH 8.9

• 6 M urea

La polimerizzazione avviene aggiungendo TEMED e Persolfato di ammonio

(APS) alle concentrazioni finali rispettive di 0.05% e 0.02% per il running e di

0.125% e 0.05% per lo stacking gel.

Resolving gel (14%) Stacking gel (5%)

acrilamide 60/08 2.3 ml 0.3 ml

3 M Tris H2SO4 pH 9 1.25 ml 0.5 ml

urea 3.6 g

saccarosio 1.8 g

H2O 1.4 ml 3.2 ml

TEMED 5 µl 5 µl

10% APS 20 µl 20 µl

10 ml 4 ml

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Parte - C

50

Tampone di corsa:

inferiore (+) Tris 42.9 mM

glicina 67.6 mM

superiore (-) Tris 42.9 mM

glicina 67.7 mM

SDS 0.1% (W/V)

EDTA 1 mM

L'elettroforesi viene effettuata a temperatura ambiente per circa 14 ore, a 30

Volts costanti per gel di dimensioni 10 x 7 x 0.5 cm.

I.1.2 Colorazione al Coomassie

Il legame del colorante Coomassie ad alcuni aminoacidi permette di

visualizzare le proteine separate elettroforeticamente.

I gel vengono immersi nella soluzione di colorazione per circa 90 minuti e

messi ad agitare.

Soluzione di colorazione: 0.04% (w/v) Coomassie Brillant Blue R-250, 500

ml metanolo, 500 ml H2O, 100 ml acido acetico.

Ne segue la decolorazione, che continua fino a quando le bande proteiche

contrasteranno nettamente con il fondo del gel.

Soluzione di decolorazione: 7.5% (v/v) acido acetico, 92.5% (v/v) H2O.

I gel possono essere conservati in glicerolo 10% e soluzione decolorante

all'interno di bustine di plastica sigillate oppure possono essere seccati

sottovuoto in Gel-Dryer.

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Materiali e Metodi Pagina 51

51

I.1.3 Isoelettrofocalizzazione non denaturante su gel

[19] Dainese P. et al. (1990)

Photochem. Photobiol. 51, pag. 693-703

L’IEF è una tecnica elettroforetica che permette la separazione di composti

proteici in un gradiente lineare di pH stabilizzato tra due elettrodi grazie alla

presenza di particolari sostanze, gli anfoliti. Gli anfoliti presentano alta

capacità tamponante al loro punto isoelettrico con valori di pI continui tra i

due estremi dell’intervallo di pH prescelto (nel nostro caso pH 4-6). Le

proteine migrano fino a raggiungere l’intervallo di pIH corrispondente al loro

pI (carica totale nulla) e si allineano in questa posizione.

Gli esperimenti di IEF sono stati effettuati su strato sottile di gel granulare.

Composizione del gel:

glicina 1% (W/V)

anfoliti 2% (W/V)

dodecil-maltoside 0.06% (W/V)

Ultrodex (LKB) come fase solida 5% (W/V)

Gli anfoliti sono disponibili in stock al 40% (W/V).

Il gel è stato disposto su un piatto alle estremità del quale sono state messe

delle striscioline imbevute di soluzione al 1% di anfoliti. Con un applicatore è

stato posto, in prossimità del catodo, il campione, prelevato da un gradiente di

saccarosio, portato al 2% di anfoliti. Alle estremità del vassoio sono state

sistemate delle striscie di carta da filtro, imbevute con le soluzioni degli

elettrodi.

Polo positivo: 1 M H3PO4

Polo negativo: 1 M NaOH

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Parte - C

52

Parametri di corsa: 4 °C, potenza costante (8 W per 15 ore oppure 15 W

per 7 ore, per un vassoio da 100 ml)

Le bande verdi vengono raccolte ed eluite attraverso appositi filtri.

Soluzione di eluizione:

Hepes/KOH pH 7.5 50 mM

DM 0.06% (W/V)

Il gradiente di pH viene determinato raccogliendo campioni di gel a varia

distanza dall’ estremità del vassoio: si determina quindi una retta di

regressione che permette di determinare i valori di pI delle bande verdi

raccolte.

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Materiali e Metodi Pagina 53

53

I.2 CROMATOGRAFIA SU COLONNA A SCAMBIO ANIONICO

I pigmenti aspecifici che rimangono adesi al complesso ricostituito dopo la

centrifugazione in gradiente di saccarosio possono essere eliminati pressoché

completamente tramite cromatografia a scambio anionico a media pressione.

Una colonna di tipo EMD-DEAE 650 Fractogel (10 x 150 mm) (Merck)

viene equilibrata col Tampone A per circa un'ora ad un flusso di 1 ml/min.

Quindi viene iniettato il campione concentrato in modo da non superare la

capacità massima della colonna (max 1mg. di proteina). Un programma

automatizzato prevede tre fasi o segmenti durante lo sviluppo della colonna:

1h: il campione entra in colonna insieme al Tampone A; la proteina, carica

negativamente, si lega alla matrice; i pigmenti liberi non vengono trattenuti

dalla colonna e quindi ne escono;

20': diminuisce gradualmente la concentrazione di Tampone A e

proporzionalmente aumenta il Tampone B. A una concentrazione specifica di

NaCl (500 mM per LHCII) il controione Cl- sostituisce la proteina nel legame

con la matrice. Il complesso pigmentato viene quindi eluito in un volume di

pochi ml.

40': il Tampone B fluisce in colonna; ciò completa l'eluizione e pulisce la

colonna da ogni residuo proteico.

Le frazioni in uscita, prima di essere inviate all'apposito raccoglitore, vengono

analizzate da un rivelatore UV e l'andamento dell'assorbanza nel tempo è

visualizzato graficamente.

La cromatografia si svolge in stanza fredda, a 4 °C, per evitare la degradazione

dei pigmenti indotta dal calore.

Tampone A: 50 mM Tris pH 7.4, 0.025 % DM

Tampone B: 500 mM NaCl, Tris 50 mM pH 7.4, 0.025 % DM

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Parte - C

54

I.3 ESTRAZIONE DEI PIGMENTI CON ACETONE 80%

[29] Goodwin T. W.(1981)

Chem. and Biochem. of Plant Pigments, vol. 2 pag.3-4,18

Alle foglie di mais o spinacio, congelate in azoto liquido e rapidamente

triturate con un pestello, viene aggiunto acetone 80% tamponato con MgCl2.

Dopo aver ben mescolato, il tutto viene lasciato in ghiaccio per 10', quindi

centrifugato per 15' a 12000 X g e il pellet riestratto finché non sia quasi

bianco.

Alternativamente i pigmenti totali possono essere ricavati da preparati di

tilacoidi o BBY, trattati anch'essi con acetone 80% tamponato.

La stessa procedura a partire da foglie o da tilacoidi del mutante Chlorina f2 ci

consente di ottenere clorofilla a e β-carotene senza contaminazioni da

clorofilla b.

All'estratto in acetone vengono aggiunti 0.8 volumi di NaCl 0.33 M e 0.25

volumi di dietiletere; la miscela viene agitata al vortex e successivamente

lasciata riposare in ghiaccio in modo che si ottenga la separazione di fase. In

alcuni casi per migliorare la separazione può essere utile centrifugare per

alcuni minuti, eliminando così le emulsioni. I pigmenti, che si trovano nella

fase superiore di dietiletere, vengono lavati per 2 volte con acqua, per

eliminare i sali; quindi sono distribuiti in aliquote uguali in tubi eppendorf e

fatti seccare sottovuoto nell'evaporatore rotante.

Tutta la procedura è svolta avendo cura di non esporre i pigmenti alla luce, al

calore o al contatto con l'ossigeno.

I pigmenti liofilizzati sono conservati a -80°C in atmosfera di azoto.

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Materiali e Metodi Pagina 55

55

I.4 ESTRAZIONE DEI CAROTENOIDI TRAMITE SAPONIFICAZIONE A FREDDO

[15] Britton and Goodwin (1971)

Meth. Enzym. 244 pag. 657-658

[29] Goodwin T.W.(1981)

Chem. and Biochem. of Plant pigments, vol. 2 pag 65-66

Alle foglie di mais o di spinacio, congelate in azoto liquido e rapidamente

triturate con un pestello, viene aggiunto etanolo 96%. Dopo aver ben

mescolato, si lascia in ghiaccio per qualche minuto; quindi si centrifuga a

12000 X g per 15'.

Il sovranatante viene filtrato con filtro Nalgene 0.4 mm e successivamente

lasciato incubare per 12-14 ore con 0.1 volumi di KOH 80 % a 4°C. Quindi si

aggiungono 2 volumi d' acqua e 1 volume di dietiletere, si mescola e si

lasciano separare le due fasi .La fase superiore di dietiletere, in cui sono

solubilizzati i carotenoidi, viene prelevata e lavata per 3-4 volte con acqua, per

togliere i sali.

Le separazioni di fase e i lavaggi sono seguiti da una breve centrifugazione,

per eliminare le eventuali emulsioni. Infine l'estratto in dietiletere viene

distribuito in aliquote uguali e liofilizzato sotto vuoto nell'evaporatore rotante.

Durante tutta la procedura i pigmenti devono essere protetti dalla luce, dal

calore e dal contatto con l'ossigeno per evitarne la degradazione.

I carotenoidi sono conservati a -80°C in atmosfera di azoto.

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Parte - C

56

I.5 PURIFICAZIONE E ANALISI DEI PIGMENTI

[27] Gilmore A. M., Yamamoto H. T. (1991) J. Chromatography 543, pag. 137-145

I.5.1 HPLC

Le clorofille a e b pure e le singole specie di carotenoidi sono state ottenute

per mezzo di comatografie preparative in HPLC seguendo il metodo di

Gilmore e Yamamoto, usando una colonna C18 bondclone (7.3 x 300mm) in

fase inversa. I pigmenti, raccolti all'uscita dalla colonna, sono stati seccati

sottovuoto nell'evaporatore rotante e quindi conservati a -80°C in atmosfera

di azoto.

La composizione in pigmenti dei complessi ricostituiti è stata analizzata dopo

estrazione con acetone 80% tramite RPHPLC seguendo anche in questo caso

il metodo di Gilmore e Yamamoto.

Tampone A:

acetonitrile 86.8 % (72 parti)

metanolo 9.6 % (8 parti)

Tris-HCl 0.1M 3.6 % (3 parti)

Tampone B:

metanolo 80 % (4 parti)

esano 20 % (1 parte)

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Materiali e Metodi Pagina 57

57

I.5.2 Determinazione della concentrazione dei pigmenti

[20] Davies T. H. (1965)

Carotenoids, in Chem. and Biochem. of Plant Pigments (Goodwin T. J., ed.) (1981) Vol. 2, pag. 150-153

[52] Porra R. J. et al. (1989)

Bioch. et Biophysica Acta 975, pag 384-394

La concentrazione dei pigmenti è stata determinata spettroscopicamente

seguendo le leggi di Porra et al. (1989) per le clorofille e usando i coefficienti

specifici di estinzione di Davies per le xantofille pure.

Formule di Porra:

Chl a: 12.25 x A663.6 nm-2.55 x A646.6 nm

Chl b: 20.31 x A646.6 nm- 4.91 x A663.6 nm

Chl a + Chl b: 17.76 x A646.6 nm + 7.43 x A663.6 nm

Coefficienti di estinzione di Davies:

E1%1 cm luteina (l=445 nm) = 2550

E1%1 cm violaxantina (l=443 nm) = 2550

E1%1 cm neoxantina (l=439 nm) = 2243

E1%1 cm b-carotene (l=453 nm) = 2620

Legge di Lamber-Beer:

C [g/100 ml ] = (OD/ E1%1 cm ) x b

b (cammino ottico) = 1 cm

La concentrazione delle miscele di carotenoidi totali è stata stimata sulla base

del coefficiente di estinzione percentuale medio di 2500 a 440 nm (Davies,

1965).

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Parte - C

58

I.6 ULTRACENTRIFUGAZIONE IN GRADIENTE

[19] Dainese P. et al. (1990)

Photochem. Photobiol. 51, pag. 693-703

I.6.1 Gradienti di saccarosio

I gradienti di saccarosio 0.2 M-1.0 M vengono preparati con un formatore di

gradienti. Questo apparecchio è costituito da due contenitori cilindrici

collegati tra loro mediante un tubo fornito di una valvola. Nelle due camere

sono contenute le soluzioni pesante (1 M saccarosio ) e leggera ( 0.2 M

saccarosio ) le quali vengono mescolate in proporzioni tali che la miscela in

uscita sia via via arricchita del componente più leggero.

Nella soluzione sono presenti anche DM allo 0.06% (w/v) e 10 mM

Hepes/KOH pH 7.5.

I gradienti vengono centrifugati per 13-14 ore a 254000 X g (rotore Beckman

SW 41).

I.6.2 Gradienti di glicerolo

Anche i gradienti di glicerolo 15 % - 40 % sono stati ottenuti con un

formatore di gradienti. Le due camere contengono le soluzioni pesante (40 %

glicerolo w/v) e leggera (15 % glicerolo w/v ).

Nelle soluzioni sono presenti anche DM allo 0.06 % e10 mM Hepes pH 7.5.

I gradienti vengono centrifugati per 13-14 ore a 450000 X g (rotore Beckman

SW 60).

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Materiali e Metodi Pagina 59

59

I.7 PROCEDURA DI RICOSTITUZIONE

[51] Plumley F. G., Schmidt G. W. (1987)

Proc. Natl. Acad. Sci. USA 84, pag. 146-150

[48] Paulsen H., Rümler U. and Rüdiger W. (1990)

Planta 181, pag. 204-211

[17] Cammarata K. V., Schmidt G. W. (1991)

Biochemistry vol. 31, n.10, pag. 2779- 2788

[28] Giuffra et al.(1996)

Eur.J.Biochem. 238: 112-120

I pigmenti liofilizzati sono solubilizzati in etanolo, in modo che quest' ultimo

non superi il 7% del volume finale della reazione; quindi vengono aggiunti

sotto vortex al Tampone di Ricostituzione, che contiene già DTT 10 mM. Nel

frattempo una quantità di proteina tale da ottenere un rapporto

proteina/volume totale di 0.35 mg/ml viene denaturata, bollendo per 1'30'',

prima di essere aggiunta alla miscela di ricostituzione. Infine i campioni

vengono sonicati per 5'.

Seguono tre cicli più o meno prolungati di graduale congelamento a -80°C e

scongelamento a temperatura ambiente.

Per sostituire il detergente, al termine dei cicli, si aggiunge ai campioni

octilglucoside (OGP) 1% finale e, dopo 15' di incubazione in ghiaccio, KCl

150 mM finale. Si lascia la reazione in ghiaccio per 30' circa, quindi si

precipitano i sali centrifugando per 15' a 13000 rpm in Minifuge. Si ottiene un

pellet bianco con un sottile strato verde sopra e un surnatante limpido che

verrà successivamente caricato su gradiente di saccarosio.

Tampone di Ricostituzione (2%LDS, 12.5% saccarosio, 5 mM acido

amminocaproico, 1 mM benzamidina, 100 mM Hepes KOH pH 8)

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Parte - C

60

II. SPETTROSCOPIA

II.1 ASSORBIMENTO

Gli spettri di assorbimento nel visibile da 350 nm a 800 nm della proteina

nativa e dei complessi ricostituiti sono stati registrati a temperatura ambiente

con uno spettrofotometro SLM-AMINCO DW-2000 con cuvette di quarzo

di cammino ottico pari a 1 cm. La velocità di scansione dello strumento è di

100 nm/sec.; l’ampiezza di banda è di 1 nm e l’intervallo di rilevamento dei

dati di 0.4 nm.

Gli spettri di assorbimento dei campioni preparati per le misure di dicroismo

lineare, sono stati acquisiti con lo stesso strumento usato per LD. E’ infatti

possibile convertire l’amplificatore di tale strumento in modo da consentire

l’acquisizione dello spettro di assorbimento nelle stesse condizioni utilizzate

per gli spettri di LD, utilizzando quindi lo stesso campione e la stessa ottica

II.2 FLUORESCENZA

Gli spettri di emissione e di eccitazione di fluorescenza sono stati misurati a

temperatura ambiente con un fluorimetro JASCO FP-777, con un’ampiezza

di banda di 5 nm e un intervallo di rilevamento dei dati di 0.5 nm. La velocità

di scansione dello strumento è di 100 nm/sec.

Gli spettri di emissione di fluorescenza sono stati registrati nell’intervallo tra

600 e 800 nm, eccitando a 440 oppure a 475 nm.

Gli spettri di eccitazione di fluorescenza, misurati eccitando nell’intervallo tra

350 e 550 nm, sono stati rilevati con emissione a 680 nm.

È stato usato un filtro giallo OG530 (SCHOTT) per eliminare le interferenze

di secondo ordine.

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Materiali e Metodi Pagina 61

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II.3 DICROISMO CIRCOLARE

Gli spettri di dicroismo circolare sono stati effettuati a 4 °C con un dicrografo

modello JASCO 600.Tutti gli spettri sono stati registrati in presenza di DM

0.06%.

II.4 STABILITA’ DELLE PROTEINE MUTANTI

La stabilità delle proteine mutanti è stata valutata attraverso la cinetica di

degradazione nel tempo ad alta temperatura seguita con dicroismo circolare.

I pigmenti liberi, o non ordinati, presentano segnale CD trascurabile; i

pigmenti vicini ed orientati in modo fisso, invece, danno luogo ad un forte

segnale CD di accoppiamento. E’ perciò possibile seguire la denaturazione di

una proteina che coordina cromofori seguendo l’estinzione del segnale di

dicroismo circolare dei cromofori stessi.

Il campione viene posto nello strumento con cella termostatata a 60°C, e si

acquisisce uno spettro ogni 2 minuti della regione compresa fra 667-687 nm:

tale regione comprende il maggior picco negativo dello spettro CD di CP29.

Il decadimento dell’area di tale picco viene interpolato con una funzione di

decadimento esponenziale singolo. Viene in tal modo determinato parametro

τ: il tempo di un decadimento esponenziale, che può essere un buon indice

della stabilità della proteina.

II.5 DICROISMO LINEARE ( VEDI APPENDICE A)

Gli spettri di dicroismo lineare a 300 e 100 K sono stati registrati, nel modo

descritto da Haworth et al. [31], presso il “Centro di Studi Nucleari” Saclay,

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Parte - C

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Parigi. Per orientare i campioni abbiamo impiegato la tecnica di compressione

di gel di poliacrilamide.

Con lo stesso strumento è stato possibile, inoltre, acquisire gli spettri di

assorbimento dei campioni nelle stesse condizioni impiegate per gli spettri di

LD.

L’intervallo di lunghezze d’onda è compreso fra 380 nm e 789.4 nm, con 2

nm di larghezza della banda passante e 0.2 nm di intervallo di scansione.

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Materiali e Metodi Pagina 63

63

III. SOFTWARE

III.1 MAXSPROUT

Questo programma, disponibile come servizio telematico al sito dell’EMBL,

consente di ricostruire le catene laterali degli aminoacidi in una struttura

proteica a partire dalle coordinate dei carboni α.

III.2 SWISS-PDB VIEWER 2.6

Programma che consente di visualizzare, manipolare e modellare per

omologia le strutture proteiche. Disponibile presso il sito internet

“http://www.expasy.ch/spdbv/mainpage.html”.

III.3 PROGRAMMA PER IL CALCOLO GEOMETRICO SULLE STRUTTURE PROTEICHE

La natura delle analisi svolte in questa tesi ha reso necessario lo sviluppo di un

software che permettesse di ottenere rapidamente qualsiasi informazione di

tipo geometrico a partire dalla struttura della proteina.

Figura 20 CP29 come appare nel programma R3D

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Parte - C

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La procedura creata consente la visualizzazione di file di coordinate in

formato PDB (Protein Data Bank) con una avanzata capacità di selezione e

manipolazione delle varie parti della struttura. Direttamente dall’interfaccia

grafica (completa di prospettiva, gestione dell’intensità del colore in funzione

della distanze, libera rotazione in 3D) è possibile ottenere le componenti di

qualsiasi versore fra due atomi; alla creazione dei versori è possibile imporre

dei vincoli per il piano di giacenza e per l’angolo fra i due atomi di partenza.

La procedura è scritta con Microsoft Visual Basic 5.0 per Windows 95, una

versione compilata di tale programma è disponibile presso l’autore di questa

tesi.

III.4 PROGRAMMA PER LA NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DIFFERENZIALI DI ABS E LD

Per normalizzare gli spettri di LD di ciascun mutante con quello del WT, non

è possibile utilizzare lo stesso metodo usato per gli spettri di Assorbimento

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65

(transizione totale). In questo caso infatti l’ampiezza del contributo di ogni

singolo cromoforo allo spettro dipende dall’angolo del momento della

transizione del cromoforo stesso con la normale al piano di orientamento

dell’esperimento. Inoltre il fatto che una componente possa essere sia positiva

che negativa, complica la valutazione delle normalizzazioni effettuate.

Per aggirare tali ostacoli ho ideato un programma che consente di

normalizzare, anche se con un certo margine di errore, gli spettri di LD fra

loro utilizzando le informazioni derivate dalle differenze tra lo spettro di

assorbimento del WT e quello di ciascun mutante, dopo normalizzazione

secondo la transizione totale.

Sono partito dalla constatazione che lo spettro LD di un composto è uguale

come forma allo spettro di Abs dello stesso, moltiplicato per una costante che

tiene conto dell’angolo fra il momento della transizione e la normale al piano

di orientamento. Quindi, una volta normalizzato correttamente lo spettro LD

di un mutante rispetto a quello del WT, la differenza fra questi darà uno

spettro proporzionale punto per punto allo spettro differenza fra l’Abs del

WT e quello dello stesso mutante ottenuto dopo normalizzazione per la

transizione totale. Sfruttando questa proprietà, l’algoritmo procede per via

iterativa all’esplorazione di un intervallo di possibili fattori di normalizzazione.

Per valutare la bontà di ciascun fattore provato, la procedura calcola per

ognuno lo spettro differenza, lo normalizza a quello ottenuto per differenza

fra i rispettivi spettri Abs e computa un parametro che tiene conto delle

differenze esistenti fra i due spettri così ottenuti. Questo parametro che tiene

conto delle differenze consiste nella sommatoria del valore assoluto della

differenza punto per punto dei due spettri, normalizzata per l’intensità del

segnale di dicroismo lineare del WT.

In tal modo è possibile identificare il fattore di normalizzazione che

minimizza tali differenze e che quindi corrisponde al putativo fattore di

normalizzazione cercato.

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Figura 21 Normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e LD con la procedura sviluppata

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Materiali e Metodi Pagina 67

67

Nella Fig. 21 sono mostrati due momenti del calcolo eseguito dalla procedura.

Nel primo (A) è mostrata la situazione prima della normalizzazione: sono

presenti lo spettro differenziale di assorbimento del mutante con il wt ( wt-

mutante, in rosso), lo spettro di LD del wt (in blu) e lo spettro di LD del

mutante considerato (in verde). Le linee verticali rosse delimitano l’intervallo

in cui vuole svolgere l’analisi.

Nel secondo (B) è mostrata la situazione dopo normalizzazione. In rosso è

presente ancora lo spettro differenziale di Abs del mutante con il wt (wt-

mutante) mentre in verde è rappresentato lo spettro differenziale di LD del

mutante con il wt (wt-mutante), ottenuto dopo il calcolo del fattore di

normalizzazione degli spettri mostrati nel riquadro precedente. La procedura

cerca il fattore di normalizzazione che consente di ottenere questi due spettri

differenziali simili il più possibile come forma.

La procedura, scritta con Microsoft Visual Basic 5.0 per Windows 95, è in

grado di leggere i file ASCII degli spettri necessari e calcola per via iterativa il

fattore di normalizzazione, indicando direttamente le aree delle regioni degli

spettri differenziali di dicroismo lineare e di assorbimento in cui è stata svolta

l’analisi. Una versione compilata di tale programma è disponibile presso

l’autore di questa tesi.

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D . R i s u l t a t i

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Risultati Pagina 71

71

ome introdotto nella sezione “Scopo della tesi”, abbiamo cercato di

ottenere informazioni sulle proprietà spettroscopiche dei singoli

cromofori legati alla proteina antenna esaminando proteine ricombinanti in

cui fosse stato eliminato, volta per volta, un singolo cromoforo. Queste

proteine ricombinanti sono state ottenute operando per ciascuna una

mutazione puntiforme nella sequenza primaria a seguito della quale un

residuo in grado di legare un cromoforo è stato sostituito con uno non

legante.

In questa prima parte del lavoro abbiamo valutato le caratteristiche delle

proteine mutate per stabilire se fossero utilizzabili come strumento di

investigazione per le caratteristiche della proteina nativa; a questo scopo

abbiamo calcolato la loro stabilità

I. STABILITA’ DELLE PROTEINE MUTANTI

I.1 MUTANTI

Le proteine ricombinanti di CP29 ricostruite derivano da mutazioni

puntiformi in cui si è cercato di modificare, volta per volta, ciascun sito di

coordinazione delle molecole di clorofilla. A questo scopo è stato necessario

sostituire uno o più residui della sequenza originale con altri che da un lato

non permettessero più la coordinazione del cromoforo, dall’altro non

modificassero eccessivamente la proteina per non influenzare il folding e la

stabilità.

C

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Parte - D

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Proteina Chl Differenze

nello spettro

Chl Totale

Car. Totali

Chl /Car Chl a/

Chl b

n° Chl a

n° Chl b OD max nel

rosso CP29 WT 8 2 4,00 3,00 6 2 1,77 H245L B3 637 686 7 2 3,50 3,12 5,3 1,7 1,64 H216F A2 678,5 6,2 (7*) 2 (2,3*) 3,10 2,53 4,45 (5*) 1,75 (2*) 1,03 H114F A5 678,5 7 2 3,47 2,42 5 2 0,67 Q230L A3 636 676,5 7 2 3,45 2,28 4,8 2,1 1,29 E111V^R218L A4 677,5

499(+) 7,7 (7*) 2 (1,8*) 3,85 2,50 5,5 (5*) 2,2 (2*) 1,66

E166V B6 640,5 483 7* 1,1* 6,12 4,80 5,76* 1,2* 0,80 E166Q B6 3,27 2,56 0,80 E174V A6 679,5 486 7* 1,5* 4,75 2,52 5* 2* 1,40 R116L^E213V a1? nr nr nr Nr nr nr nr nr

Tabella 5 Contenuto in pigmenti del CP29 wt e dei complessi mutati. (*): in questi casi il contenuto in carotenoidi è stato influenzato dalla mutazione; per questo motivo consideriamo 7 molecole di Chl presenti nella proteina mutata

I.2 STABILITA’ DEI COMPLESSI A 4°C E TEMPERATURA AMBIENTE

L’impiego dei mutanti nello studio dei VMT nell’antenna minore CP29 ha

imposto la necessità di valutare la stabilità di tali complessi ricombinanti. I

complessi mutanti di CP29 sono sufficientemente stabili a temperatura

ambiente ed a 4°C. Le proteine tenute al buio e ad una temperatura di 4°C

mantengono inalterate le loro proprietà spettroscopiche di assorbimento e

CD per oltre 24h; a temperatura ambiente questo valore si riduce ad 8h.

Il tempo necessario per l’analisi di ciascun mutante rientra, con un buon

margine, entro questi valori, quindi le informazioni che otteniamo sono da

considerare attendibili e non distorte da fenomeni di instabilità.

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Risultati Pagina 73

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I.3 VALUTAZIONE DELLA STABILITA’ DI OGNI PROTEINA MUTANTE

Per valutare la stabilità relativa di ogni proteina mutante ricostituita, abbiamo

seguito la cinetica di denaturazione a temperatura selettiva attraverso misure

di dicroismo circolare (vedi § C-II.4).

Spettro 2 Prova stabilità CP29 wt

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Spettro 3 Prova stabilità proteina CP29 H216F

Spettro 4 Prova stabilità proteina CP29 Q230L

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Risultati Pagina 75

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Spettro 5 Prova stabilità proteina CP29 E111V^R218L

Spettro 6 Prova stabilità proteina CP29 H114F

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Spettro 7 Prova stabilità proteina CP29 E174V

Spettro 8 Prova stabilità proteina CP29 E166V

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Spettro 9 Prova stabilità proteina CP29 H245L

Spettro 10 Riepilogo stabilità mutazioni

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Parte - D

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COMPLESSI DECADIMENTO ESPONENZIALE (min.)

CP29wt 4.23

H216F 6.98 Q230L 1.70 E111V^R218L 3.35 H114F 0.51 E174V 1.34 E166V 0.89 H245L 2.01

Tabella 6 Riepilogo stabilità proteine ricostituite. Tempi di 1 decadimento esponenziale

I risultati di queste analisi ci dicono che i valori della stabilità dei complessi

mutanti ricostituiti sono dello stesso ordine di grandezza del valore della

proteina nativa. Questo risultato giustifica un impiego di tali mutanti nella

caratterizzazione, attraverso una analisi differenziale, delle proprietà dei singoli

cromofori presenti in CP29. Inoltre, si può vedere che le singole mutazioni

influiscono diversamente la stabilità del complesso e che in alcuni casi i residui

leganti la clorofilla hanno anche una funzione di stabilizzare la struttura

secondaria della proteina nei domini interessati. Queste valutazioni verranno

discusse nella sezione “Discussione”.

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Risultati Pagina 79

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II. COSTRUZIONE DEL MODELLO

II.1 DATI DISPONIBILI

Le informazioni disponibili per la costruzione di un modello strutturale di

CP29, sono le coordinate dei carboni α dei residui aminoacidici dei domini

idrofobici della proteina. Inoltre sono state ottenute le coordinate per i 12

anelli tetrapirrolici e le 2 xantofille in LHCII [36].

L'esatta posizione delle catene

laterali di ciascun residuo

aminoacidico e quella dei loops che

connettono le eliche non sono

fattori indispensabili per

l’interpretazione dei dati di

dicroismo lineare, comunque, la

loro ricostruzione è importante per

valutare la bontà del modello. In

particolare, ci aspettiamo che i

residui coinvolti nella coordinazione delle molecole di clorofilla, evidenziati da

esperimenti di mutagenesi sito-specifica, abbiano una disposizione spaziale

compatibile con tale funzione.

Nel seguito viene descritto di seguito il modo con cui è stato ottenuto il

modello ed una breve valutazione dei risultati.

II.2 RICOSTRUZIONE RESIDUI LATERALI CON MAXSPROUT

Per tale operazione abbiamo utilizzato il programma MAXSPROUT

disponibile come servizio telematico presso il server dell'EMBL. Tale

Figura 22 Dati disponibili da K. [36] di LHCII: Cα, struttura dei tetrapirroli e delle xantofille

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Parte - D

80

programma è in grado di ricostruire le catene laterali di una struttura dai Cα

dei residui coinvolti.

E’ stato necessario eliminare dal

file PDB della struttura di

partenza, i riferimenti agli

eteroatomi (di cui il programma

MAXSPROUT non tiene conto

per la computazione). Sono stati

tolti quindi tutti i riferimenti alle

molecole di clorofilla e di

xantofilla presenti.

Il risultato di questa operazione è una struttura completa (file PDB) dei

residui delle eliche transmembrana di LHCII in cui i Cα sono mantenuti

come posizione rispetto a quelli della struttura originaria.

II.3 MUTAZIONE RESIDUI SU SEQUENZA CP29

Sulla struttura ottenuta dall’elaborazione con MAXSPROUT è possibile

modellare per omologia la sequenza di CP29.

L’allineamento delle sequenze delle regioni trans-membrana di CP29 e

LHCII, necessario per la costruzione del modello, è stato ottenuto con

CLUSTAL. L’analisi ha rivelato un elevato grado di omologia soprattutto

nelle regioni delle α-eliche che sono coinvolte nella coordinazione delle

molecole dei cromofori.

Figura 23 Rappresentazione della struttura di LHCII dopo la ricostruzione dei residui laterali con MAXPROUT

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Risultati Pagina 81

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Tabella 7 Allineamento di sequenza da Mais delle quattro eliche note nella struttura di LHCII utilizzato nella costruzione del modello di CP29

Per la costruzione del modello è stata impiegata la funzione ‘Mutation’

dell’applicazione SWISS-PDB VIEWER, un programma di visualizzazione ed

elaborazione dei file PDB

(disponibile presso GENEVA

BIOMEDICAL RESEARCH).

Tale funzione consente di

sostituire le catene laterali del

residuo aminoacidico interessato

senza modificare l'angolo phi e psi

dello stesso all'interno della

struttura e conservando il più

possibile la disposizione della

catena laterale. Il risultato di questa

operazione è un modello strutturale completo della parte proteica di CP29.

LHCII - helix B PETFSKNRELEVIHSRWAMLGALGCVFPELLSR CP29 - VFGLQRFRECELIHGRWAMLATLGALSVEWLTG . . ** *.**.*****..** . * *. 42% identity LHCII - helix C SILA-IWATQVVLMGAVEGYRI CP29 SISTLIW-IEVLVIGYIEFQRN ** . ** ..*...* .* * 38% identity LHCII - helix A PEAFAELKVKELKNGRLAMFSMFGFFVQAI CP29 PEKKERLQLAEIKHARLAMVAFLGFAVQAA ** . *.. *.*..**** ...** *** 47% identity LHCII - helix D PLENLADHLA CP29 PLNNWATHLS **.* *.**. 50% identity

Figura 24 Rappresentazione della struttura di CP29 ottenuta dopo elaborazione della sequenza

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Parte - D

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II.4 REINSERIMENTO ETEROATOMI NEL PDB

Il passo successivo consiste nel completare la struttura: la componente

proteica ottenuta va integrata con quella dei pigmenti. Dato che le posizioni

dei Cα della struttura originaria non sono variate, è sufficiente reintrodurre i

riferimenti dei cromofori direttamente nel file PDB utilizzando le stesse

coordinate degli anelli tetrapirrolici e delle xantofille di LHCII.

In CP29 sono presenti solo 8 delle 12 molecole di clorfilla presenti in LHCII.

Una analisi della struttura re-integrata con tutti i pigmenti di LHCII mostra

che gli 8 residui identificati come ligandi in CP29. Attraverso esperimenti di

mutagenesi sito-specifica, sono in posizione ideale per la coordinazione della

rispettiva Chl. Rimangono escluse 4 Chl che non hanno nessun residuo che le

possa coordinare; queste sono state perciò eliminate dalla struttura.

Figura 25 Modello di struttura di CP29 in cui sono stati reinseriti i riferimenti ai pigmenti. In rosso quelli che non trovano riscontro con gli esperimenti di mutagenesi sito-diretta e che sono stati perciò eliminati dalla struttura

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Risultati Pagina 83

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Figura 26 Rappresentazione del modello strutturale completo di CP29

Nel seguito si assume che le 8 molecole di Chl presenti in CP29 abbiano una

posizione uguale alle corrispondenti molecole in LHCII. Questa assunzione

non è completamente verificata in questa fase e si basa sull’elevata omologia

di sequenza tra le due proteine; verrà poi discussa alla luce dei dati

sperimentali.

II.5 VERIFICA DELLA CORRETTA COORDINAZIONE DELLE CLOROFILLE

Il modello è stato verificato controllando la corretta coordinazione delle 8

clorofille presenti da parte dei residui conosciuti come responsabili. In ogni

caso considerato esiste un riscontro corretto di tale coordinazione, che

conferma la plausibilità del modello.

Abbiamo scelto di non sottoporre la struttura ad altri raffinamenti con cilci

MD o minimizzazioni energetica, sia per l'incompletezza del modello stesso

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Parte - D

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che per la difficoltà nel lavorare con proteine contenenti un elevato numero di

gruppi etero.

La struttura rimane quindi solo un modello di massima in cui però le

coordinate degli anelli tetrapirrolici conservati sono quelle ottenute

sperimentalmente dai cristalli bidimensionali di LHCII; vista l'elevata

omologia che esiste entro questa famiglia di proteine è ragionevolmente

corretto impiegare tali informazioni strutturali per il calcolo dei VMT (versori

dei momenti di transizione).

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Risultati Pagina 85

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Figura 27 Posizione dei residui implicati nella coordinazione delle 8 Chl di CP29

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Parte - D

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III. STRATEGIA IMPIEGATA

III.1 INFORMAZIONI NECESSARIE ALLA DETERMINAZIONE DEI VMT DI CHL ALL'INTERNO DI UNA STRUTTURA

Le conoscenze attuali sull’orientazione delle transizioni elettroniche delle Chl,

rispetto ad un sistema di coordinate fisso con la molecola, vengono in larga

parte da esperimenti di dicroismo lineare su soluzioni di Chl orientate in

diversi sistemi. La principale transizione elettronica nella Chl ha il massimo di

assorbimento a 670 nm, e viene

chiamata QY. E’ stato mostrato che i

momenti di tali transizioni giacciono

sul piano dell’anello tetrapirrolico;

questi vengono convenzionalmente

definiti da un angolo misurato in

gradi in senso orario a partire

dall'asse X dell’anello tetrapirrolico.

L'asse X è quello che passa per il

carbonio C7 del pirrolo IV e per

quello C3 del pirrolo II all'interno

della struttura dell’anello.

Le orientazioni delle transizioni QY della Chl a e chlb sono state determinate

sperimentalmente e si trovano, rispettivamente, a 20° e 29° dall’asse Y [59]

[26]. Esiste a questo proposito una ambiguità: non è stato specificato se questi

valori sono ottenuti da rotazione in senso orario o antiorario dall’asse Y della

molecola. Si possono quindi ottenere i seguenti valori: 70° (Chl a) 61° (chlb)

[26], oppure 110° (Chl a) e 119° (Chl b) [59].

Per determinare i VMT di più Chl all'interno di una stessa proteina, è

necessario avere a disposizione la struttura risolta. Solo da questa, infatti, è

Figura 28 Momento della transizione QY della Chl a secondo Fragata [26]

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Risultati Pagina 87

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possibile determinare, attraverso la risoluzione di sistemi di tipo geometrico, i

versori di tali momenti relativi ad un sistema di coordinate fisso rispetto

all'intera proteina e non più al singolo pigmento.

III.2 LIMITI DELLA STRUTTURA ESISTENTE DI LHCII

L'unica struttura attualmente disponibile per una antenna minore di piante

superiori è quella di LHCII [36] ottenuta per microscopia elettronica su

cristalli bidimensionali. Tale struttura è però incompleta ed a bassa risoluzione

(3.4 Å). Non è stato possibile infatti, in tale esperimento, determinare la

posizione in cui la catena del fitolo si connette al tetrapirrolo, né la posizione

dell'anello V rispetto a quest’ultimo in nessuna clorofilla.

Ciascuna di queste due informazioni sarebbe di per se sufficiente per orientare

l'anello tetrapirrolico e quindi identificare senza ambiguità l'asse X da cui

calcolare i versori dei momenti di

transizione (vedi fig. 25).

L'assenza di tali elementi nella

struttura di Kühlbrandt [36]

rappresenta un serio ostacolo

all'identificazione dei VMT. Senza

tali riferimenti, infatti, i siti possibili

di connessione fra la catena del

fitolo e l'anello sono 8, a causa della

doppia simmetria della struttura del

tetrapirrolo (vedi fig. 26).

Inoltre, le combinazioni possibili dei versori crescono esponenzialmente con

il numero di clorofille presenti all'interno della proteina: considerando le 12

clorofille di LHCII, le combinazioni possibili sono 812.

Figura 29 Possibili siti di aggancio della catena fitilica.

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Parte - D

88

III.3 INFORMAZIONI CHE E' IN GRADO DI FORNIRE IL DICROISMO LINEARE

La tecnica del dicroismo lineare su sistemi orientati è in grado di fornire un

segnale che è direttamente proporzionale al quadrato del coseno dell'angolo

esistente fra il versore del momento della transizione elettronica considerata e

la normale al piano di orientamento nel sistema sperimentale. E' possibile fare

del dicroismo lineare su complessi proteici orientati in membrane.

Vi sono diversi problemi che impediscono di calcolare i VMT direttamente

dal dicroismo lineare: i) in complessi proteici con più pigmenti, il segnale

dicroico fornisce l'angolo fra il versore del momento della transizione

elettronica del pigmento considerato e la normale al piano di orientamento

ma non è in grado di dare alcuna informazione sull'angolo esistente fra VMT

di pigmenti diversi. ii) sempre in caso di più pigmenti, si ha la sovrapposizione

dei segnali dicroici di tutte le transizione considerate nella parte dello spettro

interessata. iii) per l’analisi è infine necessaria la normalizzazione dell’ampiezza

tra i diversi spettri LD ottenuti. Queste normalizzazioni non si possono

ottenere per via sperimentale e costituiscono un serio limite nell’ottenimento

di informazioni utili da tale tecnica.

Per ottenere il segnale isolato di una sola molecola di clorofilla all'interno di

un aproteina come CP29 che ne coordina 8, vista l'impossibilità di ricostituire

un mutante contenente un solo pigmento, abbiamo scelto di condurre le

misure su una serie di mutanti puntiformi in cui manca volta per volta un solo

cromoforo. Da queste misure si ottenengono le informazioni riguardanti il

pigmento mancante attraverso un’analisi differenziale fra lo spettro del WT e

quello del mutante considerato dopo normalizzazione.

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Risultati Pagina 89

89

III.4 STRATEGIA IMPIEGATA NEL CALCOLO

Nella strategia che ho impiegato nel calcolo dei VMT, i dati che possono

essere ricavati dal modello strutturale sono uniti a quelli sperimentali ottenuti

dalle misure LD dei mutanti; in questo modo è possibile superare i limiti delle

informazioni sui VMT che si possono ottenere da ciascuna di queste due fonti

separatamente.

Dal modello siamo in grado di calcolare tutti i possibili VMT di ciascun

pigmento. Le caratteristiche spettroscopiche sono invece impiegate come

vincoli per discriminare fra le diverse combinazioni possibili dei VMT.

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Parte - D

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IV. DATI SPETTROSCOPICI DEI MUTANTI

IV.1 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI ASSORBIMENTO

Per normalizzare lo spettro di assorbimento del CP29 WT rispetto a quello

ottenuto da ciascun mutante, sono state valutate diverse strategie. In tutti i

casi prendiamo in considerazione solo una regione dello spettro che va da 630

a 720 nm, in modo da eliminare il contributo delle transizioni secondarie delle

clorofille (QX, 610-630 nm per Chl a e 590-610 nm per Chl b), e la regione di

Soret dello spettro in cui intervengono anche gli assorbimenti dei carotenoidi.

Spettro 11 Assorbimento del CP29 wild type nell’intervallo tra 350-800nm (riquadro) ed in quella utilizzata per l’analisi 630-720 nm.

Uno dei metodi più comuni per normalizzare prevede l’impiego come

riferimento di uno dei due picchi principali nel rosso: 640 o 667 nm. A

seconda che la mutazione riguardi una clorofilla a od una clorofilla b, si

prende come riferimento il picco di cui è responsabile l’altra forma

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Risultati Pagina 91

91

considerando nullo l’effetto della mutazione su tale zona dello spettro. Questo

approccio non ha portato però a risultati accettabili (vedi spettro 12). Anche

perché alcuni siti sono occupati in maniera eterogenea: sia Chl a che Chl b

possono occupare il sito benchè con probabilità diverse [28, 45].

Spettro 12 Normalizzazione effettuata sui massimi di assorbimento dei campioni impiegati (spettro differenziale non soddisfacente)

In un altro tentativo è stata utilizzata la deconvoluzione dello spettro in

gaussiane per cercare le componenti dello spettro che rimangono invariate nel

WT e nei mutanti, su cui poter normalizzare.

Anche in questo caso non è possibile identificare forme con tali

caratteristiche, e tutti i tentativi hanno portato a normalizzazioni non

soddisfacenti (vedi spettro 13).

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Parte - D

92

Spettro 13 Normalizzazione effettuata su una componente (indicata da una freccia), ritenuta non variabile, della deconvoluzione in gaussiane degli spettri

I risultati migliori si sono ottenuti normalizzando invece per l’area della

transizione complessiva. Questa può essere ottenuta considerando il numero

esatto di Chl a e di Chl b nel campione e tenendo conto del fattore di

correzione per il coefficiente di estinzione molare delle due forme. Il numero

preciso di Chl a e Chl b nel campione può essere ottenuto attraverso analisi

per HPLC dello stesso [28, 49] (vedi § D-I.1).

Per verificare la bontà della normalizzazione, si calcolano tutti gli spettri

differenza fra WT e ciascun mutante. Gli spettri ottenuti sono in tutti i casi

sempre positivi (ci sono due eccezioni ma solo nella regione terminale dello

spettro dovute alla deriva della linea di base; vedi spettro 14) e si possono

scomporre in poche gaussiane con base pari a zero (vedi spettro 15).

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Risultati Pagina 93

93

Spettro 14 Analisi differenziale degli spettri dei mutanti, riferiti a quello del wt, dopo normalizzazione per la transizione totale

Spettro 15 Deconvoluzione in gaussiane dello spettro differenziale di CP29wt e CP29E174V

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Parte - D

94

IV.2 NORMALIZZAZIONE DEGLI SPETTRI DI DICROISMO LINEARE

Per la normalizzazione degli spettri di LD di ciascun mutante rispetto a quello

del wt, non è possibile applicare lo stesso metodo usato per gli spettri di

assorbimento. In questo caso, infatti, l’ampiezza del contibuto di ogni

componente allo spettro dipende dall’angolo del momento della transizione

elettronica del cromoforo stesso con la normale al piano di orientamento

dell’esperimento. Inoltre, il fatto che una componente possa essere sia

positiva che negativa, complica la valutazione delle normalizzazioni effettuate.

Per aggirare tali ostacoli è stato ideato un programma che consente di

normalizzare, anche se con un certo margine di errore, gli spettri di LD fra di

loro utilizzando informazioni derivate dalle differenze tra spettri di

assorbimento del wt e quello di ciascun mutante dopo normalizzazione

secondo la transizione totale (vedi C-III.4).

Una verifica dei risultati di tale metodo di normalizzazione si ottiene

calcolando la differenza degli spettri LD fra il WT e ciascun mutante e

valutando gli spettri ottenuti per la loro possibilità di essere deconvoluti in

poche gaussiane simmetriche tutte positive o negative.

Tutti gli spettri differenza ottenuti risultano completamente positivi o

completamente negativi (nella regione in cui è stata svolta la computazione del

fattore di normalizzazione).

IV.3 NORMALIZZAZIONE TRA LD E ABS

Infine è necessario anche normalizzare gli spettri differenza di Abs con quelli

differenza di LD. In realtà, visto che entro questi due gruppi gli spettri sono

già normalizzati fra loro, è sufficiente trovare il fattore di normalizzazione per

uno solo degli spettri di Abs con il rispettivo LD. Questo risulta però

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Risultati Pagina 95

95

impossibile dal momento che l’intensità dell’intero spettro LD dipende dal

grado di orientamento delle molecole nella preparazione misurata che varia da

esperimento ad esperimento.

Lasciamo quindi questo Fattore di Normalizzazione FN come una incognita

dell’intero sistema.

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Parte - D

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V. CALCOLO DEGLI ANGOLI TRA I VMT E LA NORMALE ALLA MEMBRANA

V.1 RELAZIONE TRA ABS E LD

Per calcolare gli angoli esistenti tra i VMT e la normale alla membrana, è

necessario conoscere la relazione che intercorre tra gli spettri di assorbimento

di un campione, e quelli di dicroismo lineare dello stesso.

La relazione tra l’intensità del segnale di dicroismo lineare e quella del relativo

assorbimento, nel caso di complessi proteici orientati in una membrana ideale,

è data da [30]:

)cos31(23 2 ϕ−⋅=−≅

⊥= AAALD

Questa è l’equazione utilizzata per membrane planari orientate contenenti

dipoli di assorbimento con angoli ben definiti rispetto al piano della

membrana stessa.

Data l’impossibilità di normalizzare gli spettri di assorbimento con quelli di

dicroismo, è necessario aggiungere a tale relazione un fattore moltiplicativo

che chiamiamo FN :

)cos31(23 2 ϕ−⋅⋅=−≅

⊥= FAAALD N

Il segnale di dicroismo lineare e quello di assorbimento impiegato in tale

calcolo è quello dell’area sottoscritta dalla regione dello spettro coinvolta nella

transizione, cioè quella utilizzata dalla procedura di normalizzazione.

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Risultati Pagina 97

97

V.2 RIDUZIONE DELLE SOLUZIONI POSSIBILI SULLA BASE DELLA STRUTTURA PROTEICA

Per semplificare i calcoli ed eliminare i problemi dovuti alla doppia simmetria

dell’anello tetrapirrolico (vedi § D-III.2) è necessario ridurre i possibili siti di

connessione della catena del fitolo con gli anelli delle clorofille (e quindi delle

possibili orientazioni dei VMT). A questo scopo è utile indagare sul

comportamento di tale catena in altri sistemi fotosintetici, come quello

batterico (vedi § A-III.2).

LHII di sistemi fotosintetici batterici, sono stati cristallizzati ed è disponibile

la loro struttura completa ad alta risoluzione [42, 40] in cui è possibile

osservare la disposizione delle catene dei fitoli. In questi sistemi si ritrovano

due diverse disposizioni di clorofille: alcune giacciono su un piano parallelo a

quello della membrana; queste non trovano alcun riscontro nella struttura

delle piante superiori. Altre Chl sono

invece disposte più o meno lungo la

normale alla membrana come nel caso

delle Chl della struttura di LHCII di

piante superiori.

Le catene dei fitoli di tali clorofille sono

invariabilmente connesse all’anello

nella parte della clorofilla che guarda

verso l’interno della membrana. Da qui

le catene dei fitoli puntano dritte verso

il centro della membrana dove solitamente si piegano a 90° per proseguire

parallelamente al piano di quest’ultima.

Questo comportamento è spiegabile in base all’esistenza di un gradiente di

idrofobicità nella membrana e che raggiunge il massimo al centro di essa.

I siti possibili di connessione del fitolo all’anello che puntano verso l’esterno

della membrana sono perciò estremamente sfavoriti, in quanto il la catena

Figura 30 Disposizione dei fitoli nella truttura di LHII di R. acidophila

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Parte - D

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fitilica non avrebbe lo spazio sufficiente per ripiegarsi e rientrare nella

membrana: si troverebbe quindi in una regione polare sfavorita.

Su tali basi si possono non considerare come siti possibili di connessione

quelli rivolti verso l’esterno; in tutti i casi considerati sul modello di CP29 c’è

una netta distinzione fra siti esterni ed interni che ha consentito una agevole

valutazione di quelli da scartare poiché nessuna Chl giace al centro del doppio

strato lipidico Al fine del calcolo considereremo solo 4 possibili siti di

connessione del fitolo all’anello tetrapirrolico.

V.3 RISULTATI

V.3.1 Mutazione H216F – Sito coordinante Chl A2

Spettro 16 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H216F

Intervallo nm Area ABS Area LD

666 - 683 1.50 379

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Risultati Pagina 99

99

V.3.2 Mutazione E111V^R218L – Sito coordinante Chl A4

Spettro 17 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E111V^R218L

Intervallo nm Area ABS Area LD

666 - 677 1.85 155

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Parte - D

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V.3.3 Mutazione H114F – Sito coordinante Chl A5

Spettro 18 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H114F

Intervallo nm Area ABS Area LD

668 - 691 1.31 240

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101

V.3.4 Mutazione E174V – Sito coordinante Chl A6

Spettro 19 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E174V

Intervallo nm Area ABS Area LD

644 - 657 0.29 -104

In questo caso la normalizzazione non è stata effettuata nel picco principale in

quanto in tale regione l’algoritmo non trova nessuna soluzione. Nella regione

del picco secondario è invece possibile trovare una soluzione valida che

possiamo utilizzare in quanto è possibile assumere che sia la Chl a che la Chl

b, che possono essere legate, conservino la medesima configurazione

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Parte - D

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V.3.5 Mutazione H245L – Sito coordinante Chl B3

Spettro 20 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina H245L

Intervallo nm Area ABS Area LD

630 - 640 0.68 41.8

Anche in questo caso l’algoritmo non trova soluzioni per il picco principale.

La regione utilizzata è quella compresa fra 630 e 640 nm, tale scelta è

giustificata dal fatto che tale mutante coinvolge un sito legante una Chl b ,che

assorbe a questa lunghezza d’onda (vedi tab. 5).

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103

V.3.6 Mutazione E166V – Sito coordinante Chl B6

Spettro 21 Risultato della normalizzazione degli spettri differenziali di ABS e di LD della proteina E166V

Intervallo nm Area ABS Area LD

665 – 679 1.94 295

Nel caso della Chl B6, pur essendo preferenzialmente un sito per una Chl b,

nella regione del picco principale è possibile trovare un’ottima soluzione.

L’abbiamo considerata valida in quanto questo sito di legame ha una

selettività non molto grande e può quindi legare anche Chl a.

V.3.7 Mutante Q230L – Chl A3

Tutti i tentativi di calcolo sugli spettri del mutante Q230L non hanno portato

a risultati soddisfacenti. Sono stati eseguite misure spettroscopiche di

assorbimento e di dicroismo lineare su più campioni provenienti da

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Parte - D

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esperimenti di ricostituzione diversi. Gli spettri di LD di tali mutanti hanno

dato un segnale basso e non riproducibile fra le diverse ricostituzioni.

Anche se la stabilità di tale mutante non sembra tale da giustificare un tale

comportamento (vedi § D-I.3), si ritiene che l’orientazione del cromoforo

(data anche la posizione nella struttura proteica) non sia stabile, o, più

verosimilmente che la mutazione induca una modificazione conformazionale

che interferisce con l’orientamento del campione durante le misure di LD.

Figura 31 Posizione della Chl A3 (Mutante Q230L) nella struttura proteica

Chl Abs LD A2 Mutante H216F 1,5 379A4 Mutante E111V^R218L 1,85 155A5 Mutante H114F 1,31 240A6 Mutante E174V 0,29 -104B3 Mutante H245L 0,42 68B6 Mutante E166V 1,94 295

Tabella 8 Riepilogo risultati della normalizzazione e dell’analisi delle aree dei dati spettroscopici sperimentali

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Risultati Pagina 105

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VI. CALCOLO GEOMETRICO DEI POSSIBILI VMT

VI.1 DATI CRISTALLOGRAFICI

Per calcolare i possibili versori della transizione di ciascuna clorofilla dai dati

cristallografici è necessario impostare un sistema di tipo geometrico.

In tale sistema introduciamo le coordinate degli atomi che definiscono l’asse

X del tetrapirrolo, cioè il C7 del pirrolo IV e del C3 del pirrolo II dell’anello.

Sono necessarie inoltre le coordinate di un altro atomo dell’anello

tetrapirrolico, necessarie per definire il piano geometrico al quale il versore

deve essere parallelo.

Questi dati vengono inseriti nel sistema sviluppato il quale fornisce le

compoenti l, m ed n del versore cercato.

VI.1.1 Impostazione del sistema geometrico

I vincoli necessari per impostare il sistema per l’ottenimanto delle componenti

del versore cercato sono i seguenti:

• il versore deve essere parallelo al piano del tetrapirrolo

• deve possedere modulo pari ad 1

• l’angolo fra tale versore e la retta passante per i C che definiscono l’asse X

dell’anello deve essere pari a 70° ( o 110°) nel caso della Chl a e 61° ( o

119°) nel caso della Chl b.

Per accelerare queste operazioni è stato sviluppato un software PDB-Viewer

che consente di ottenere tali informazioni operando direttamente per via

grafica e selezionando nulla struttura gli atomi coinvolti nel calcolo (vedi § C-

III.3).

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Parte - D

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Figura 32 Finestra del programma per il calcolo dei versori geometrici a partire dalla struttura.

VI.2 RISULTATI

Sono riportati di seguito in tab. 5 i risultati ottenuti dal calcolo dei possibili

VMT dal modello strutturale di CP29 impiegando gli angoli di 70° per la Chl a

e 61° per la Chl b (vedi § D-III.1):

VMT POSSIBILI A2 H216F

Rif. Atomi l m n 824-820^70,0 9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01817-821^70,0 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01823-819^70,0 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01818-822^70,0 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01

A3 Q230L l m n

845-841^70,0 -1,30E-01 -9,66E-01 -2,23E-01844-848^70,0 3,13E-01 9,14E-01 -2,57E-01846-842^70,0 -2,38E-01 3,54E-01 9,04E-01843-847^70,0 -3,84E-01 -1,85E-01 9,05E-01

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107

A4 E111V l m n

867-871^70,0 8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 866-870^70,0 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 868-872^70,0 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 865-869^70,0 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01

A5 H114F l m n

889-893^70,0 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 896-892^70,0 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 890-894^70,0 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 895-891^70,0 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01

A6 E174V l m n

915-919^70,0 9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 914-918^70,0 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 916-920^70,0 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 913-917^70,0 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01

B3 H245L l m n

939-943^61,0 -2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 938-942^61,0 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 940-944^61,0 -8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 937-941^61,0 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01

B6 E166V l m n

964-968^61,0 -7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 965-961^61,0 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 963-967^61,0 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 966-962^61,0 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01

Tabella 9 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di CP29

Impiegando la seconda serie di valori possibili per il momento di transizione

delle molecole di Chl, cioè 110° per la Chl a e 119° per la Chl b (vedi § D-

III.1), si ottiene un altro gruppo di momenti possibili (vedi tab. 10).

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Parte - D

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VMT POSSIBILI

A2 H216FRif. Atomi l m n 824-820^110 6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01817-821^110 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01823-819^110 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01818-822^110 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01

A3 Q230L l m n

845-841^110 1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01844-848^110 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01846-842^110 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01843-847^110 -3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01

A4 E111V l m n

867-871^110 7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01866-870^110 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01868-872^110 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01865-869^110 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01

A5 H114F l m n

889-893^110 3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01896-892^110 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01890-894^110 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01895-891^110 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01

A6 E174V l m n

915-919^110 6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01914-918^110 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01916-920^110 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01913-917^110 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01

B3 H245L l m n

939-943^119 6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01938-942^119 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01940-944^119 -4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01937-941^119 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01

B6 E166V l m n

964-968^119 -4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01965-961^119 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01963-967^119 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01966-962^119 -5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01

Tabella 10 Tavola riepilogativa dei risultati del calcolo dei possibili VMT dal modello strutturale di CP29

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Risultati Pagina 109

109

VI.3 NORMALE DEL PIANO DELLA MEMBRANA

Per calcolare dal modello strutturale gli stessi angoli ϕ che si possono ottenere

per via sperimentale dai dati del LD, è necessario caratterizzare il versore della

normale al piano dell’esperimento LD stesso. E’ possibile ottenere tali

informazioni dai dati cristallografici della struttura di LHCII. Questa infatti è

stata ottenuta per l’analisi di cristalli bidimensionali e tali cristalli si formano

dopo orientamento in una membrana in modo analogo all’esperimento di LD.

Il versore cercato è perciò la normale della membrana in cui si trova la

proteina, ovvero l’asse principale della proteina stessa e tali informazioni sono

presenti nel file della struttura. Nel sistema di coordinate del modello infatti

uno degli assi coincide con quello della proteina.

Utilizzando questo valore è possibile calcolare gli angoli che ciascun VMT

possibile (vedi D-VI.2) forma con la normale della membrana. In tal modo si

può calcolare il cos2 di ogni angolo trovato e confrontare tale valore con

quello ottenuto sperimentalmente da misure di LD.

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Parte - D

110

VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo

9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31

A3 l m n

-1,30E-01 -9,66E-01 -2,23E-01 4,97E-02 77 3,13E-01 9,14E-01 -2,57E-01 6,60E-02 75

-2,38E-01 3,54E-01 9,04E-01 8,17E-01 25 -3,84E-01 -1,85E-01 9,05E-01 8,19E-01 25

A4 l m n

8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13

A5 l m n

8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38

A6 l m n

9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32

B3 l m n

-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56

-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65

B6 L m n

-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10

Tabella 11 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la prima serie di VMT

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Risultati Pagina 111

111

VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo

6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01 4,97E-01 45 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01 5,45E-01 42 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01 1,81E-01 65 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01 2,99E-01 57

A3 l m n

1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01 5,58E-01 42 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01 6,01E-01 39 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01 2,72E-01 59

-3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01 2,77E-01 58 A4 l m n

7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01 3,89E-01 51 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01 8,45E-01 23 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01 9,55E-02 72 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01 5,49E-01 42

A5 l m n

3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01 5,76E-01 41 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01 3,87E-01 52 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01 3,40E-01 54 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01 1,35E-01 68

A6 l m n

6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01 5,51E-01 42 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01 4,91E-01 45 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01 2,95E-01 57 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01 2,23E-01 62

B3 l m N

6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01 5,23E-01 44 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01 3,50E-02 79

-4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01 6,30E-01 37 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01 1,30E-01 69

B6 l m N

-4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01 5,61E-01 41 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01 9,70E-01 10 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01 2,62E-02 81

-5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01 4,36E-01 49

Tabella 12 Calcolo degli angoli fra i VMT possibili e la normale alla membrana; utilizzati la seconda serie di VMT

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Parte - D

112

VII. IDENTIFICAZIONE DEL FATTORE FN

A questo punto si possono impiegare i vincoli spettroscopici sperimentali per

verificare il gruppo di risultati e, all’interno di tale gruppo, la combinazione di

VMT corretta.

Dai dati spettroscopici conosciamo gli angoli dei VMT con la normale alla

membrana a meno di un fattore FN. Possiamo perciò calcolare da ogni

possibile VMT ottenuto dalla struttura il corrispondente FN; ci aspettiamo che

solo il valore di FN ‘reale’ compaia in ciascun gruppo di VMT delle diverse

molecole di Chl, e solo nel gruppo di risultati corretti.

VERSORIA2 Normale l m n Cos^2 Angolo FN

9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 -138

A4 l m n

8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 56 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -53 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13 -30

A5 l m n

8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 -141

A6 l m n

9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -309 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -271 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203

B3 l m n

-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 -270 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56 2772

-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -8510 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229

B6 l m N

-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 110 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 -65 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10 -53

Tabella 13 Risultati calcolo FN sulla prima serie di VMT

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Risultati Pagina 113

113

VERSORI A2 Normale l m n Cos^2 Angolo F.Norm

6,81E-01 2,00E-01 7,05E-01 4,97E-01 45 -343 -4,18E-01 5,29E-01 7,38E-01 5,45E-01 42 -266 -9,01E-01 -8,67E-02 -4,26E-01 1,81E-01 65 370 7,20E-01 -4,28E-01 -5,47E-01 2,99E-01 57 1645

A3 l m n

1,69E-01 -6,43E-01 -7,47E-01 5,58E-01 42 -285 4,12E-01 4,78E-01 -7,75E-01 6,01E-01 39 -239 3,31E-02 8,52E-01 5,22E-01 2,72E-01 59 1051

-3,94E-01 -7,54E-01 5,26E-01 2,77E-01 58 1128 A4 l m n

7,21E-01 3,01E-01 6,24E-01 3,89E-01 51 -332 -1,60E-01 -3,60E-01 9,19E-01 8,45E-01 23 -36 -8,38E-01 -4,50E-01 -3,09E-01 9,55E-02 72 78 4,57E-01 4,91E-01 -7,41E-01 5,49E-01 42 -86

A5 l m n

3,70E-01 -5,36E-01 7,59E-01 5,76E-01 41 -168 -7,40E-01 -2,57E-01 6,22E-01 3,87E-01 52 -760 -6,76E-01 4,52E-01 -5,83E-01 3,40E-01 54 -6210 9,28E-01 6,48E-02 -3,67E-01 1,35E-01 68 205

A6 l m n

6,25E-01 -2,45E-01 7,42E-01 5,51E-01 42 367 -4,59E-01 -5,46E-01 7,01E-01 4,91E-01 45 504 -8,39E-01 2,25E-02 -5,43E-01 2,95E-01 57 -2071 7,41E-01 4,78E-01 -4,72E-01 2,23E-01 62 -721

B3 l m n

6,11E-01 3,21E-01 -7,23E-01 5,23E-01 44 -190 9,49E-01 -2,53E-01 -1,87E-01 3,50E-02 79 121

-4,57E-03 -6,07E-01 7,94E-01 6,30E-01 37 -121 -7,41E-01 5,67E-01 -3,60E-01 1,30E-01 69 177

B6 l m n

-4,85E-01 4,51E-01 -7,49E-01 5,61E-01 41 -148 1,01E-01 -1,43E-01 -9,85E-01 9,70E-01 10 -53 7,71E-01 -6,16E-01 1,62E-01 2,62E-02 81 110

-5,97E-01 4,56E-01 6,60E-01 4,36E-01 49 -330

Tabella 14 Risultati calcolo FN sulla seconda serie di VMT

Dalla seconda serie di VMT, ottenuti impiegando angoli di 110° per la Chl a e

119° per la Chl b, non si ottengono risultati: non è possibile ritrovare uno

stesso FN all’interno dei VMT delle diverse Chl (vedi tab. 14).

Dalla prima serie di VMT si riscontra, invece, che un valore di FN intorno a

200 si ritrova in ogni gruppo di VMT delle diverse Chl (vedi tab. 13).

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Parte - D

114

Per trovare il valore esatto di FN da queste premesse procediamo attraverso

la minimizzazione della deviazione degli angoli sperimentali da quelli teorici. Il

valore trovato è di 204.05 per una deviazione standard di 1.7 gradi (vedi tab.

15).

Fattore N. 204,0516 Cos^2 Teorici Reali Deviazioni

A2 0,058167 76 75 1,090 A4 0,242089 61 60 0,277 A5 0,133813 69 71 6,037 A6 0,723889 32 32 0,090 B3 0,157011 67 65 2,743 B6 0,16773 66 68 4,737

Dev std. 1,731

Tabella 15 Determinazione del fattore di normalizzazione per minimizzazione della deviazione standard fra gli angoli teorici e quelli sperimentali.

Dopo questa analisi abbiamo, scartando la seconda serie di VMT, abbiamo

identificato senza ambiguità l’orientazione del momento di transizione delle

molecole di Chl a e Chl b: 70° per Chl a e 61° per Chl b.

Rimangono delle ambiguità sull’assegnamento del VMT corretto di alcune

Chl nel CP29; infatti alcuni risultati rientrano nell’errore sperimentale e non

possono essere scartati:

VERSORIL m n Cos^2 Angolo FN A2

9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212

A4 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221

A5 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183

A6 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203

B3 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229

B6 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177

Tabella 16 Ambiguità sul VMT della Chl A2 e della chl A6

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Risultati Pagina 115

115

VIII. MOMENTI DI TRANSIZIONE DELLE XANTOFILLE IN CP29

Il momento della transizione elettronica delle xantofille si trova lungo l’asse

della catena della molecola. La determinazione di tale VMT è utile per la

comprensione dei trasferimenti energetici tra molecole di clorofilla ed il

carotenoide.

Per determinare i VMT delle due xantofille è stato impiegato il programma

PDB-Viewer (vedi C-III.3), i risultati sono riportati in tabella 17.

Rif.Atomi l m N Lut1 993-971 -7,38E-01 3,86E-01 5,54E-01 Lut2 1035-1013 7,65E-01 -3,95E-01 5,09E-01

Tabella 17 Versori delle due xantofille nella struttura di CP29

VIII.1 RELAZIONE FRA LE XANTOFILLE E LE MOLECOLE DI CLOROFILLA

Le molecole di Chl che possono interagire con le due xantofille in CP29 sono

diverse. Analizzando il modello alla ricerca della possibile posizione dei VMT,

sono state notate due Chl in particolare posizione rispetto ai carotenoidi.

La Chl A2 e la Chl A5 si affacciano direttamente sulla parte centrale della

catena delle due xantofille, e sono in contatto di van der Waals con esse. E’

noto che LHCII possiede un asse di simmetria (anche se non perfetto), in

particolare però la posizione della Chl A2 con la Lut1 è estremamente simile a

quella della Chl A5 con la Lut2. La sovrapposizione di questi due gruppi

(Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5) da un RMSD (Root Means Square Deviation) di

0.62 Å (vedi fig. 33).

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Parte - D

116

Figura 33 Sovrapposizione dei due gruppi rappresentati da Lut1-Chl a2:Lut2-Chl a5: RMS 0.62 Å

Un’altra caratteristica importante della posizione di queste due Chl rispetto

alle due xantofille è data dalla complanarità dei piano degli anelli tetrapirrolici

con l’asse delle catene delle xantofille (vedi fig. 34).

Figura 34 Complanarità fra i piani degli anelli tetrapirrolici e l’asse delle xantofille.

Conoscendo che i VMT delle molecole di Chl giacciono sul piano dell’anello

tetrapirrolico, è possibile che la disposizione di tali Chl sia dovuta ad un loro

ruolo nel trasefimento di energia alle xantofille.

Confrontando gli angoli formati da tutti i possibili VMT di queste due Chl

con i versori delle xantofille si trova che gli angoli minori corrispondono

anche alle soluzioni del sistema risolto in D-VII (vedi tab. 18).

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Risultati Pagina 117

117

VERSORI A2 Normale Lut1 l m n Cos^2 Angolo Angolo F.Norm

9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 132 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 19 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 107 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 139 -138

A5 Lut2 l m n Angolo

8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 12 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 138 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 133 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 100 -141

Tabella 18 Confronto angoli fra VMT possibili delle Chl A2 e A5, e VMT delle xantofille

I risultati di questo confronto (vedi tab. 18), oltre ad essere una conferma

della correttezza delle soluzioni ottenute in D-VII, ci permette di eliminare

una delle ambiguità nei confronti del VMT della Chl A2. Per simmetria con la

Chl A5 e per motivi funzionali è possibile scartare il VMT che porterebbe ad

un angolo con il momento della xantofilla corrispondente di 132°, rispetto ai

19° della soluzione ritenuta corretta.

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Parte - D

118

IX. RIEPILOGO RISULTATI VMT

E’ stato possibile identificare i VMT di 6 delle 8 Chl presenti in CP29. In una

di esse (Chl A6) permane una ambiguità. Per quanto riguarda la Chl A3,

questa non ha dato nessun risultato in fase di normalizzazione, e gli spettri

ottenuti risultano non riproducibili fra le diverse ricostituzioni; mentre per la

Chl A1 non è stato possibile ottenere nessun mutante.

VERSORIA2 Normale L m n Cos^2 Angolo FN

9,69E-01 -1,52E-01 1,94E-01 3,76E-02 79 190 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212 -4,27E-01 -3,88E-01 -8,17E-01 6,67E-01 35 -168 1,15E-01 -4,98E-01 -8,60E-01 7,40E-01 31 -138

A4 L m n

8,40E-01 5,42E-01 -5,02E-03 2,52E-05 90 56 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221 -5,47E-01 -1,15E-01 -8,29E-01 6,87E-01 34 -53 -1,08E-01 1,87E-01 -9,76E-01 9,53E-01 13 -30

A5 L m n

8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183 -9,89E-01 1,07E-01 9,93E-02 9,86E-03 84 126 -5,11E-02 5,19E-01 -8,53E-01 7,28E-01 31 -103 4,87E-01 3,74E-01 -7,89E-01 6,23E-01 38 -141

A6 L m n

9,52E-01 1,33E-01 2,75E-01 7,56E-02 74 -309 -8,98E-01 -3,92E-01 1,99E-01 3,96E-02 79 -271 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203

B3 l m n

-2,93E-01 6,69E-01 -6,83E-01 4,66E-01 47 -270 4,94E-01 -6,60E-01 5,66E-01 3,20E-01 56 2772

-8,07E-01 -1,07E-01 5,81E-01 3,38E-01 54 -8510 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229

B6 l m N

-7,27E-01 6,67E-01 1,65E-01 2,72E-02 81 110 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177 3,02E-01 -2,40E-01 9,23E-01 8,52E-01 23 -65 1,03E-01 -1,32E-01 9,86E-01 9,72E-01 10 -53

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Risultati Pagina 119

119

Rif Atomi l m n Cos^2 Angolo FN A2 817-821^70,0 -8,86E-01 3,83E-01 2,61E-01 6,81E-02 75 212

A4 866-870^70,0 -6,61E-01 -5,61E-01 4,99E-01 2,49E-01 60 221

A5 889-893^70,0 8,73E-01 -3,56E-01 3,33E-01 1,11E-01 71 183

A6 916-920^70,0 -3,40E-01 3,55E-01 -8,71E-01 7,59E-01 29 187 913-917^70,0 1,72E-01 4,95E-01 -8,52E-01 7,26E-01 32 203

B3 937-941^61,0 -9,07E-01 1,43E-02 4,20E-01 1,76E-01 65 229

B6 965-961^61,0 6,79E-01 -6,29E-01 -3,78E-01 1,43E-01 68 177

Tabella 19 Riepilogo risultati VMT dei cromofori in CP29

Figura 35 Posizione dei punti di connessione dei fitoli agli anelli tetrapirrolici

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Parte - E

120

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Discussione Pagina 121

121

E . D I S C U S S I O N E

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Parte - E

122

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Discussione Pagina 123

123

l problema fondamentale, non risolto, nello studio delle proteine

direttamente coinvolte nei processi fotosintetici riguarda il modo in cui

avvengono i trasferimenti di energia all’interno di questi sistemi e tra le diverse

componenti.

La comprensione di tali fenomeni nelle proteine antenna richiede conoscenze

accurate sulla distanza dei cromofori coinvolti, sull’orientazione reciproca dei

loro momenti di transizione e sulla distribuzione dei livelli energetici di

assorbimento e di fluorescenza all’interno delle singole proteine. Inoltre è

necessario conoscere l’orientamento e le distanze relative delle singole

subunità proteiche che compongono il fotosistema.

In questa tesi ho affrontato il problema dell’orientazione dei momenti di

transizione delle molecole di clorofilla all’interno della proteina antenna CP29,

secondo un nuovo tipo di approccio.

La difficoltà di cristallizzare questo tipo di complessi ha finora impedito di

ottenere strutture ad alta risoluzione per le proteine antenna. L’unica struttura

disponibile è quella di LHCII ad una risoluzione di 3.4 Å, che fornisce alcune

informazioni sulle posizioni dei pigmenti, ma non è in grado discriminare fra

gli orientamenti dei momenti delle transizioni principali dei pigmenti.

Ho affrontato questo problema attraverso l’analisi spettroscopica di dicroismo

lineare della libreria di mutanti di CP29 sulla base di un modello strutturale

per tale proteina, ottenuto per omologia con LHCII.

I. ANALISI DEI DATI SPETTROSCOPICI

L’analisi della stabilità dei complessi ricombinanti ricostituiti, ha consentito di

impiegare lo strumento dei “mutanti” escludendo la possibilità che tali

I

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Parte - E

124

complessi si degradassero nel corso delle misure, o fossero troppo diversi

come proprietà fisiche dal complesso wt.

Per ottenere informazioni sul contributo del pigmento mancante nei mutanti

di CP29, ho utilizzato l’analisi differenziale dello spettro della proteina wt

(non mutata) con quelli delle proteine mutanti. Per questa operazione sia gli

spettri di ABS che quelli di LD devono essere normalizzati.

Per gli spettri di assorbimento sono stati provati vari tipi di approcci, come la

deconvoluzione in gaussiane e la normalizzazione su altri massimi, l’unico

metodo che ha dato buoni risultati è quello che prevede di normalizzare

sull’area della transizione totale nella regione rossa dello spettro (630-720 nm).

Per gli spettri di LD ho utilizzato un nuovo tipo di approccio. A questo scopo

ho sviluppato un software che consente di normalizzare lo spettro LD della

proteina wt con quello della proteina mutante una volta conosciuto il

rispettivo spettro differenziale di assorbimento.

In questo modo è stato possibile normalizzare, e quindi ottenere informazioni

sulle rispettive clorofille, 6 mutanti su 7.

Da questi risultati, risulta evidente che il contributo di ogni clorofilla sia allo

spettro di assorbimento che a quello di LD non è in nessun caso riconducibile

ad un’unica gaussiana, ma è facilmente deconvolvibile con 2 o 3 gaussiane

simmetriche. Il significato di questi risultati può essere spiegato dal fatto che

un sito può essere occupato sia da una Chl a che da una Chl b, anche se con

probabilità diverse. Ciò deve far riflettere sulla possibilità effettiva di

analizzare gli interi spettri di tali proteine attraverso la deconvoluzione in

gaussiane, metodi impiegati da molti autori [62].

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Discussione Pagina 125

125

II. APPROCCIO CONGIUNTO AL PROBLEMA DELL’ORIENTAMENTO DEI VMT: MODELLO STRUTTURALE ED ANALISI LD

Per determinare l’orientazione dei momenti delle transizioni delle molecole di

clorofilla in CP29 è necessario utilizzare sia le informazioni strutturali che

quelle spettroscopiche, in modo tale da superare i limiti di ciascuna di queste

due fonti di informazioni.

Dall’analisi dei dati spettroscopici sono state ricavate informazioni su 6 delle 8

clorofille in CP29. Nel caso del della clorofilla A3, pur avendo il mutante

(Q230L), non è stato possibile normalizzare gli spettri ottenuti per le

caratteristiche stesse del mutante; nel caso della clorofilla A1, invece, il

mutante ottenuto non si ricostituisce.

Per i 6 siti risolti, i dati del dicroismo lineare forniscono l’angolo del VMT del

rispettivo cromoforo rispetto all’asse della normale alla membrana, a meno di

un fattore moltiplicativo.

Queste informazioni sono state utilizzate come vincoli per quelle ottenute dal

modello strutturale di CP29.

Nel modello, ottenuto per omologia con LHCII, sono presenti le eliche

transmembrana, 8 molecole di clorofilla e 2 molecole di luteina. La struttura è

stata controllata verificando la corretta coordinazione delle 8 Chl presenti, da

parte dei residui identificati come ligandi.

Data la risoluzione di 3.4 Å, nel modello è presente solo la struttura

dell’anello tetrapirrolico, da cui non è possibile orientare la molecola del

pigmento. Per ogni clorofilla, pur eliminando metà delle possibilità per

omologia con le strutture batteriche, rimangono 4 possibili VMT per un totale

i 48 combinazioni (8 Chl presenti in CP29).

In realtà esiste anche una ambiguità sull’angolo del momento di transizione

della clorofilla: questo angolo è pari a 20° dall’asse Y per la Chl a e 29° per la

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Parte - E

126

Chl b; l’ambiguità risiede nel fatto che il versore può essere preso con questi

valori sia in senso orario che in senso antiorario dall’asse Y.

Per determinare la corretta combinazione dei VMT in CP29 ho determinato

due serie di valori (per l’ambiguità dell’angolo del VMT della clorofilla) per i 4

possibili VMT per ciascuna clorofilla. Per questa operazione ho sviluppato un

software PDB-Viewer che consente manipolare i file PDB ed ottenere

facilmente informazioni di tipo geometrico dalle coordinate.

Una volta ottenuti i versori per ciascuna clorofilla, è possibile utilizzare i dati

spettroscopici come vincoli e cercare la combinazione di VMT che soddisfa

tutte le condizioni.

III. RISULTATI

Di tutte le combinazioni delle due serie di VMT determinati dalla struttura

solo quattro soddisfano i vincoli dei dati spettroscopici (rimane una ambiguità

sulla A6 e sulla A2). Da queste si può scendere a 2 considerando la simmetria

della molecola e la possibile funzione della A2 nel trasferimento di energia

con il carotenoide. Le Chl A2 e A5 infatti si trovano in posizione ideale per il

trasferimento di energia con le rispettive molecole di carotenoide, e la

soluzione dei VMT trovata, corrisponde a quella in cui il momento di

transizione di queste molecole di clorofilla è praticamente parallelo a quello

delle xantofille (situazione questa corrispondente alla massima efficienza di

trasferimento).

Il risultato finale di questo lavoro, riguardo ai VMT in CP29, consiste quindi

nella combinazione dei momenti di transizione delle 6 Chl analizzate, con una

sola ambiguità sulla clorofilla A6.

E’ stato inoltre possibile discriminare fra le due possibilità degli angoli del

momenti della transizione QY nella molecola della clorofilla. La serie di dati

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Discussione Pagina 127

127

che presenta le soluzioni è quella che si riferisce, secondo la convenzione, ad

angoli dall’asse X di 70° per la Chl a e 61° per la Chl b.

IV. LIMITAZIONI

Questo lavoro ha una limitazione consistente nel fatto che nella costruzione

del modello molecolare di riferimento per CP29 sono state conservate le

orientazioni delle molecole di clorofilla determinate sperimentalmente per

LHCII.

Questa asserzione non è provata sperimentalmente, ciò nonostante è molto

probabile in quanto la struttura tridimensionale di proteine omologhe è stata

vista essere molto più conservata di quanto non sia conservata la sequenza

primaria. Nel caso di CP29 ed LHCII l’omologia di sequenza nei domini α-

elica transmembrana è molto elevata (80-90%) e l’orientamento relativo delle

eliche è conservato in quanto determinato dalle due coppie ioniche Arg70-

Glu180 e Arg185-Glu65.

Ciò nonostante i valori qui determinati saranno verificati sperimentalmente

sulla base dei risultati recentemente ottenuti in collaborazione con il

laboratorio di A. Holzwarth presso il Max Planck Istitut. In questi esperimenti

si è determinato il tempo di trasferimento dell’energia di eccitazione tra

cromofori eccitando selettivamente ciascuna delle due Chl b e ciascun

carotenoide. Questi valori verranno confrontati con le previsioni degli stessi

ottenibili dal modello qui proposto.

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Parte - E

128

V. PROSPETTIVE

CP29 è la prima molecola antenna di cui sono disponibili tutti i parametri

essenziali per il trasferimento dell’energia. Una volta verificati questi risultati,

sarà possibile avere un’idea più precisa dei meccanismi che governano la

raccolta dell’energia luminosa nelle piante.

In questo lavoro è proposto un metodo per la determinazione

dell’orientamento dei cromofori all’interno di proteine sulla base di dati

spettroscopici, un risultato mai ottenuto precedentemente. Questa tecnica

può ora essere utilizzata anche con altre proteine la cui struttura sia nota a

bassa risoluzione o per omologia con altre molecole.

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A P P E N D I C E A

BASI TEORICHE E TECNICA DEL DICROISMO LINEARE

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Appendice A

130

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Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 131

131

I. LUCE POLARIZZATA [30]

a luce può essere definita come un’onda elettromagnetica che oscilla

periodicamente sia nel tempo che nello spazio. In tale onda, il vettore

elettrico e quello magnetico, proporzionali in ampiezza, sono perpendicolari

fra loro e con l’asse della direzione di propagazione.

La luce non polarizzata consiste nella vibrazione di tali onde in diversi piani.

Nella luce linearmente polarizzata, il vettore elettrico E oscilla

sinusoidalmente in un unico piano che in spettroscopia viene chiamato

convenzionalmente piano di polarizzazione.

I.1 ASSORBIMENTO DELLA LUCE DA PARTE DI MOLECOLE [30]

Durante una transizione ottica indotta, la distribuzione elettronica della

molecola oscilla periodicamente con la frequenza della luce assorbita. Questo

significa che si crea una oscillazione temporanea del momento elettrico e di

quello magnetico, che possono essere visti come momenti dipolari di

transizione, µµµµ e m.

Nell’intervallo coperto dalla spettroscopia UV-IR, solo il dipolo della

transizione elettrica µµµµ ha intensità significativa, e quindi l’assorbimento può

essere descritto in modo soddisfacente dal momento dipolare elettrico di

transizione. Tale momento per una transizione ottica indotta tra lo stato di

base ed uno stato eccitato, a e b, è definito come il vettore integrale:

Quindi Ψa e Ψb sono le funzioni d’onda dei corrispondenti stati della

molecola, e l’operatore del dipolo elettrico Σqiri contiene la somma dei

L

ai iib rq ΨΨ= ∑µ

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Appendice A

132

prodotti di ciascuna particella carica (elettroni o nuclei), qi, ed il loro vettore

posizione ri. In termini classici, l’interazione è descritta come l’induzione

dell’oscillazione di un dipolo dall’oscillazione del vettore del campo elettrico

della radiazione luminosa.

In accordo con l’approssimazione di Bohr-Oppenheimer, la funzione d’onda

è scritta come il prodotto delle funzioni d’onda elettronica (e) e nucleare (n):

In prima approssimazione, la transizione elettronica è considerata per

posizioni nucleari fisse, quindi con nessun accoppiamento vibrazionale della

transizione che complicherebbe l’interpretazione delle misure di

polarizzazione.

La probabilità del fenomeno di assorbimento è proporzionale al quadrato del

prodotto scalare del vettore elettrico della luce con il vettore del dipolo di

transizione della molecola:

Questo significa che un raggio luminoso polarizzato parallelamente al vettore

del dipolo di transizione della molecola, ha la massima probabilità di essere

assorbito da essa, mentre se la polarizzazione è perpendicolare a u, non può

avvenire alcun assorbimento. Questa è la base della spettroscopia LD.

( ) ( )nnnee rrr ΨΨ=Ψ ,

( ) αµµ 2222 cosEEPabs =⋅∝

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Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 133

133

II. DICROISMO LINEARE [30]

Il dicroismo lineare è il segnale dato dall’assorbimento differenziale di due

raggi luminosi polarizzati linearmente ed ortogonali fra loro in un campione

orientato macroscopicamente:

Si possono distinguere due tipi di analisi per LD: i) Quando è nota la

posizione spaziale delle molecole nel sistema sperimentale (ad esempio in

sistemi di molecole allineate macroscopicamente), l’orientazione dei dipoli

può essere determinata rispetto alle coordinate molecolari. ii) Viceversa,

quando è nota l’orientazione di un dipolo di transizione rispetto al sistema di

coordinate della molecola, l’analisi degli spettri LD può dare informazioni

sull’orientamento della molecola nel sistema sperimentale.

Nella maggior parte degli studi, si vuole determinare l’orientazione del dipolo

di transizione rispetto al sistema di coordinate della molecola. Comunque la

quantità di informazioni che si possono ottenere da tale tecnica dipendono in

buona parte dalle informazioni disponibili riguardo la natura delle transizioni

elettroniche e l’orientamento del campione nel sistema sperimentale.

⊥−= AALD //

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Appendice A

134

II.1 LD DI ASSORBIMENTO [30]

Dopo orientamento del campione, è necessario assicurarsi che la componente

A// coincida con l’allineamento

preferenziale delle molecole del

campione, questo semplifica

notevolmente l’interpretazione dei

dati.

Consideriamo membrane planari

orientate contenenti dipoli di

assorbimento con un determinato

angolo di orientazione rispetto al piano della membrana (vedi fig. 34).

L’orientazione di u, cioè il suo versore d=µµµµ/|µµµµ|, è caratterizzata da due

angoli: θ e ϕ :

d=sinϕ cosθ u + sinϕ sinθ v + cosϕ n

Dove u, v e n sono anchessi versori. Dato che θ all’interno della membrana

non può essere fisso rispetto al sistema di coordinate, è necessario prendere

un valore medio:

Quindi,

e

ϕ

θ

AI

Figura 36 Geometria usata per il calcolo degli angoli di orientazione

ϕ2// 2

3 sinAA ⋅= ϕ2cos3 ⋅=⊥ AA

( )ϕ2// cos31

23

⋅−=−≡ ⊥ AAALD

( )⊥+= AAA //231

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Basi teoriche e tecnica del dicroismo lineare Pagina 135

135

III. ORIENTAMENTO DEL CAMPIONE

III.1 COMPRESSIONE GEL DI POLIACRILAMIDE

Attualmente il metodo di orientamento più versatile e, probabilmente, quello

più largamente usato è quello di compressione di un gel di poliacrilamide in

cui sia stato incluso il campione.

Questo metodo, introdotto nel 1979 da Abdourakhmanov, è descritto per gel

di poliacrilamide e permette l’orientamento di particelle di forma e grandezza

differenti conservando l’ambiente acquoso del campione.

Come illustrato in fig. 37a, le membrane

piane (particelle di forma a disco) tendono

ad allineare i loro piani

perpendicolarmente alla direzione della

compressione. Le particelle di forma

cilindrica si comportano in modo

differente: dopo la compressione lungo un

asse, esse rimangono sempre allineate

casualmente. In questi casi solo

l’applicazione della compressione su di un

secondo asse consente l’allineamento delle

particelle vedi fig.37b.

Il gel poliacrilamide non influenza le proprietà ottiche del campione: è

trasparente nell’intero intervallo della radiazione visibile e nel vicino IR,

inoltre le soluzioni contenenti una quota di glicerolo sono impiegabili per

misure a bassa temperatura.

Aumentando la concentrazione di acrilamide e il rapporto

bisacrilamide:acrilamide si ottengono gel più rigidi, con una minore

dimensione della griglia (mesh). I gel più rigidi sono indicati per i complessi

pigmento-proteina, mentre quelli meno rigidi per le membrane.

Figura 37 Schema per l’allineamento di membrane (A) e di particelle cilindriche (B).

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Appendice A

136

Nel caso di misure su proteine di

membrana, come CP29, si

impiegano dei gel relativamente

rigidi. Alla soluzione di acrilamide

viene aggiunto il campione

concentrato e solubilizzato in DM.

La diminuzione della

concentrazione di DM dovuta alla

diluizione fa aggregare le proteine

di membrana: queste si dispongono

su di un piano una di fianco all’altra

in modo da far trovare a contatto, e

quindi schermare dal solvente acquoso, le regioni idrofobiche.

Una volta incorporato il campione, la soluzione di acrilamide viene fatta

polimerizzare in un cilindro di vetro. Il gel viene quindi tirato fuori dal

cilindro e posto all’interno di una cuvetta di plastica (vedi fig 38a). Al di sopra

del gel nella cuvetta viene posto un tappo di gomma quadrato in modo da

coprire le fessure lasciate dal gel, e si procede con la compressione. Il gel si

schiaccia dentro la cuvetta ed ne assume la forma (vedi fig 38b); è importante

evitare la formazione di bolle fra le pareti della cuvetta ed il gel.

A seconda del tipo di gel e della compressione applicata si ottengono

campioni più o meno orientati, questo influisce solo sull’ampiezza del segnale

dicroico ma non sulla sua forma.

Figura 38 Rappresentazione schematica dell’azione della compressione sul cilindro di gel

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