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Facoltà di Economia ____________________________________ Corso di Laurea in Gestione D’Impresa Tesi di Laurea Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare. Relatore: Candidato: Professoressa MARIA ANTONELLA FERRI PUSCEDDU MARCO A.A. 2012/2013

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Facoltà di Economia

____________________________________

Corso di Laurea in Gestione D’Impresa

Tesi di Laurea

Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato

immobiliare.

Relatore: Candidato:

Professoressa

MARIA ANTONELLA FERRI PUSCEDDU MARCO

A.A. 2012/2013

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Dedica…

Non è facile trasmettere alle persone che mi sono accanto l’importanza che

questa Laurea rappresenta per me. E’ stato molto più facile trasmettergli le

ansie, i timori e le paure per un passo che a tratti mi è sembrato troppo lungo.

E’ stata un’opportunità che non mi sono voluto far scappare, forse l’ultima.

Fondamentale è stato l’apporto e il sostegno che ho ricevuto dai miei

famigliari, in primis, un gradino sopra di tutti, e non me ne voglia nessuno, mia

moglie Elisa che mi ha supportato e sopportato fin dai primi istanti

spingendomi a intraprendere quest’avventura e sostenendomi a ogni mio

cedimento o preoccupazione (…e sono state tante!). Ringrazio mio figlio

Riccardo (e mia figlia Linda, anche se è nata da poco e non ha vissuto con noi

questo cammino…) al quale ho sottratto molto tempo dedicandolo allo studio

ma che ripagherò con gli interessi. Ringrazio mia Madre che mi è sempre

vicina e che mi ha “letteralmente” accompagnato nel mio viaggio alzandosi

all’alba per non farmi perdere l’ennesimo aereo per Roma. Ringrazio tutto il

corpo docenti che con la loro professionalità e preparazione ha saputo

trasmettere l’essenza delle loro materie di studio a studenti non più

giovanissimi e non solo dediti allo studio ma impegnati, oltre a quello, con le

loro famiglie e il loro lavoro. Ringrazio tutti i tutor di materia con la quale mi

sono rapportato e dalla quale ho sempre ricevuto massima disponibilità. Su

tutti, non posso non citare Angelo Sgroi che mi ha guidato passo dopo passo

per tutto il percorso scolastico sempre pronto, con una parola di conforto e

d’incoraggiamento, a sostenermi a ogni timido segno di cedimento (umorale).

Il vero faro nella nebbia!

Un ringraziamento particolare va alla mia relatrice Professoressa Maria

Antonella Ferri e al mio tutor Professoressa Nicoletta Di Pasqua per avermi

suggerito un argomento che ha caratterizzato e caratterizzerà i prossimi anni.

Questo traguardo lo dedico a mio Padre non solo perché non è più con noi e

non potrà rallegrarsi di questo risultato ma, soprattutto, perché quando ero un

ragazzino senza voglia di studiare ha creduto in me dandomi ancora una

possibilità di ottenere quel “pezzo di carta” senza il quale oggi non potrei

essere qui, ma neanche quello che sono oggi nella vita.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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INDICE

1. Introduzione

2. Presentazione del contesto: prospezione della crisi che sta

interessando il mercato immobiliare, dei trend e delle cause

2.1. La contrazione del mercato immobiliare residenziale e

commerciale

2.2. Osservatorio immobiliare FIAIP: la contrazione dei prezzi

2.3. Dati statistici

3. Contestualizzazione: modelli strategici da implementare per

fronteggiare la crisi

3.1. Nuove strategie delle Imprese di Costruzione e delle società di

Intermediazione: Azioni di Marketing Immobiliare

3.2. Adozione di principi e metodi di gestione d’impresa da parte

dell’agente immobiliare

3.3. Il mercato Immobiliare traino dell’Economia Nazionale: possibili

linee guida

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1. Introduzione

In Italia, come in molti altri paesi industrializzati, la crisi del mercato

immobiliare ha travolto tutti gli operatori del settore. La tesi in oggetto, si

prefigge di analizzare le opportunità che siano compatibili con le risorse, le

competenze e le conoscenze dell’Impresa Immobiliare, di Costruzioni (o di solo

Trading, acquistando immobili, ristrutturando e rivendendo) e di tutte quelle

imprese (di piccole o medie dimensioni) che hanno la funzione di mediare e

metterle in relazione con i possibili acquirenti del loro prodotto. Sarà analizzata

in prima battuta la crisi del settore Immobiliare Italiano, residenziale e

commerciale, relativamente ai prezzi, alle compravendite e alle locazioni. In

questo contesto vedremo come le imprese Immobiliari, si adattano, si rinnovano

e producono nuove formule di acquisto per fare fronte comune alla stretta del

credito che ha prodotto un calo significativo (o inasprimento improvviso delle

condizioni) dell'offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo,

in grado di accentuare la fase recessiva che oggi, impedisce alle famiglie, ai

single e alle giovani coppie di acquistare la propria casa. Si affermano pertanto

il Rent tu Buy, il Buy to Rent, l’Help to Buy, locazione con patto di futura

vendita e locazione con opzione d’acquisto. Verranno analizzate le difficoltà

che oggi lo Stato ha nell’affrontare la situazione non potendo incidere con nuovi

faraonici investimenti che porterebbero all’ingrossamento del suo debito

pubblico, tallone d’Achille in una Unione Europea votata all’Austerity. Si

cercheranno nuove leve per riavviare il volano del settore immobiliare ed

edilizio, da sempre traino dell’economia Nazionale. Analizzeremo in fine

l’importanza che gli operatori del mercato assumono nei confronti dell’utente

sempre più impaurito, spaesato e bisognoso di una figura in grado quanto meno

di assicurare serietà, professionalità, onestà e correttezza; virtù queste che non

possono mancare ad un Agente Immobiliare di qualità.

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2. Presentazione del contesto: prospezione della crisi che sta interessando il

mercato immobiliare, dei trend e delle cause

2.1 La contrazione del mercato immobiliare residenziale e commerciale

La crisi economica del 2008-2013 (chiamata anche Grande Recessione) ha

avuto avvio nel 2008 in tutto il mondo in seguito ad una crisi di natura

finanziaria (originatasi negli Stati Uniti con la crisi dei subprime). Tra i

principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime (petrolio

in primis), una crisi alimentare mondiale, un'elevata inflazione globale, la

minaccia di una recessione in tutto il mondo e per finire una crisi creditizia con

conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici. Viene considerata da molti

economisti come una delle peggiori crisi economiche della storia, seconda solo

alla Grande depressione iniziata nel 1929.

Alla crisi finanziaria scoppiata nell'agosto del 2007 sono seguite una recessione,

iniziata nel secondo trimestre del 2008 e una grave crisi industriale (seguita al

fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre per la crisi dei subprime)

scoppiata nell'autunno dello stesso anno - di proporzioni più ampie che nella

Grande crisi - con una forte contrazione della produzione e degli ordinativi.

L'anno 2009 ha poi visto una crisi economica generalizzata, pesanti recessioni e

vertiginosi crolli di Pil in numerosi paesi del mondo e in special modo nel

mondo occidentale. Terminata la recessione nel terzo trimestre 2009, tra la fine

dello stesso anno e il 2010 si è verificata una parziale ripresa economica.

Tra il 2010 e il 2011 si è conosciuto l'allargamento della crisi ai debiti sovrani e

alle finanze pubbliche di molti paesi (in larga misura gravati dalle spese

affrontate nel sostegno ai sistemi bancari), soprattutto ai paesi dell'eurozona

(impossibilitati a operare manovre sul tasso di cambio o ad attuare politiche di

credito espansive e di monetizzazione), che in alcuni casi hanno evitato

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l'insolvenza sovrana (Portogallo, Irlanda, Grecia), grazie all'erogazione di

ingenti prestiti (da parte di FMI e UE), denominati "piani di salvataggio", volti

a scongiurare possibili default, a prezzo però di politiche di bilancio fortemente

restrittive sui conti pubblici (austerità) con freno a consumi, produzione e

alimentazione della spirale recessiva.

La crisi imprevista dei mutui sub-prime, mutui a basse garanzie (perché

sottoscritti da contraenti con reddito inadeguato o con passato di insolvenze o

fallimenti) concessi dalle banche d'investimento americane (istituti che

concedevano finanziamenti chiedendo tassi d’interesse variabili e crescenti nel

tempo ottenendo una compensazione del rischio con il rendimento dei prestiti),

inizia a manifestarsi nel 2006 per scoppiare nel 2008. La crisi raggiunse il punto

di non ritorno quando i risparmiatori americani cominciarono a non ripagare più

i mutui dando avvio a un massiccio aumento dei pignoramenti (1,7 milioni di

case coinvolte nel solo 2007).

All'origine di questo fenomeno la vertiginosa crescita del mercato immobiliare

americano (picco 2004-2006), con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni e

la successiva espansione degli investimenti nel settore. Tale "bolla" speculativa

si espanse di pari passo col costante aumento del prezzo delle case. Essa

tendeva a raggiungere, attraverso l'aumento costante della destinazione di

risorse nel settore, l'espansione permanente del mercato. L'indebitamento delle

famiglie americane provocò nel 2006 l'esplosione dei prezzi delle attività, e in

particolare di quelli immobiliari; l'indebitamento aumentava via via che

cresceva il valore delle proprietà immobiliari. La caduta dei prezzi nel 2007

provocò l'esplosione del valore dei mutui a livelli superiori alla consistenza

stessa del valore delle abitazioni. Le famiglie più fortemente indebitate avevano

scommesso sul protrarsi della crescita, ignorando il rischio di un rovesciamento

del mercato.

L'esplosione della bolla dei mutui fu amplificata dal fatto che le banche

statunitensi, al fine di ridurre l'esposizione rispetto a questi prodotti finanziari

altamente rischiosi, vendevano a terzi i mutui stessi attraverso diversi strumenti

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finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con altri prodotti (CDO, CMO,

CLO, ABS). In questo modo le banche scaricavano su altri soggetti

(inizialmente investitori istituzionali, ma poi anche banche e risparmiatori) i

rischi corsi concedendo tali finanziamenti. La cartolarizzazione dei mutui

subprime (ovvero la creazione di titoli garantiti dai mutui ipotecari), sempre più

diffusa, moltiplicava spesso i rendimenti in quanto chiedeva un ulteriore

rendimento ai soggetti a cui si rivendevano i derivati dei mutui secondari. Tali

processi hanno reso infetto l'intero sistema finanziario mondiale di questi titoli,

a un certo punto della crisi conosciuti, con un'espressione peggiorativa ma

efficace, come "tossici". La cartolarizzazione e il successivo

"impacchettamento" dei titoli in sempre nuovi prodotti nei quali doveva essere

assemblato, assieme a una parte di titoli garantiti, un certo quantitativo di titoli

tossici, aveva lo scopo di fare alzare il giudizio di affidabilità delle agenzie,

cosicché a un rapporto maggiore di titoli sani rispetto a quelli tossici nello

stesso "pacchetto" sarebbe corrisposta una qualità del rating superiore (A, AA,

AAA ecc.).

La forte svalutazione di questi strumenti innescò difficoltà gravissime in alcuni

fra i più grandi istituti di credito americani. Bear Sterns, Lehman Brothers e

AIG vennero ridotti al collasso e poi messi in sicurezza dall'intervento del

Tesoro statunitense di concerto con la FED. Anche banche europee, come la

britannica Northern Rock (quinto istituto di credito inglese), e grossi istituti

finanziari (la svizzera UBS, la belga Fortis, la franco-belga Dexia -questi ultimi

due parzialmente nazionalizzati dai governi francese, belga e lussemburghese-,

la tedesca Hypo Real Estate e l'italiana Unicredit), furono investiti dalla

svalutazione dei titoli immobiliari, venendo successivamente o nazionalizzati o

costretti a ricapitalizzarsi. Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi,

il fenomeno collassò tra il 2007 e il 2008 causando la bancarotta di banche ed

entità finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori borsistici e della

capacità di consumo e risparmio della popolazione (con effetti immediatamente

recessivi sull'economia).

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Anche in Italia il mercato della casa sembra sul punto di crollare. L’Agenzia del

territorio ha stimato le compravendite chiuse nel 2012 con un calo del 25%

rispetto all’anno precedente, rimanendo sotto quota 500mila: non accadeva dai

lontani anni ‘80.

Si tratta di un’evidente conseguenza della crisi economica che, di fatto, obbliga

buona parte degli italiani a rimandare spese consistenti. Il pericolo più serio è

che, anche nel nostro Paese, si verifichi la possibilità di una bolla immobiliare,

come accaduto in altre nazioni negli ultimi anni.

Nel mercato della compravendita degli immobili nel 2012 si è verificata una

situazione simile a quella di 30 anni fa. L’Agenzia delle Entrate, diffondendo i

dati relativi alle compravendite, ha parlano chiaro: sono state circa 444 mila,

poco più delle 430 mila del 1985.

Una situazione decisamente sconfortante, anche perché al notevole calo delle

vendite, si è aggiunta una diminuzione consistente di mutui erogati: le banche

infatti chiedono sempre maggiori garanzie per finanziare l’acquisto di una casa.

L’intero mercato immobiliare del 2012 ha registrato appena 993 mila

transazioni, 330 mila in meno rispetto all’anno 2011, con un calo percentuale

pari al 24,8% in un anno. La drastica diminuzione ha riguardato tutti i settori: le

compravendite di capannoni hanno avuto un calo pari al 19,7% rispetto al 2011;

quelle di negozi del 25 per cento circa; quelle degli uffici addirittura del 26,6%.

Il settore immobiliare ha fortemente risentito della contrazione in materia di

erogazione di mutui: il totale è crollato passando dai 34,3 miliardi di euro nel

2011 ai 19,6 miliardi di euro nel 2012, con un calo di oltre 40 punti percentuali.

Cali, anche se relativamente contenuti, si sono verificati anche per quanto

riguarda le quotazioni immobiliari. In definitiva una situazione decisamente

allarmante valutando sia i dati in materia di erogazione di mutui sia le

compravendite. Le note positive sono molto rare e quasi tutte giustificate da

circostanze eccezionali.

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Ma in questo quadro i prezzi degli immobili sono calati? Nel 2012 in Italia ciò è

avvenuto nella misura del 5%, una discesa comunque contenuta se confrontata

con la flessione globale delle transazioni.

La categoria degli agenti immobiliari intanto denuncia che un quarto delle

transazioni sia stato chiuso con sconti tra il 20 e il 30%. Inoltre, per i potenziali

acquirenti, un mutuo per la casa resta molto più caro che nel resto d’Europa.

La discesa dei prezzi sembra destinata a proseguire, anche se, come sostiene

Bankitalia, è possibile che la crisi del mattone sia assorbita più dal calo delle

compravendite che sul versante delle quotazioni.

Sicuramente questo fattore non tranquillizza le imprese edilizie: sempre nel

2012 hanno chiuso quasi 62.000 imprese di costruzioni, su un totale di 890.000,

con un saldo negativo dell’1,88% e addirittura 81.000 lavoratori del comparto

sono rimasti senza impiego.

Il 2012 è stato quindi un anno decisamente negativo nelle compravendite

immobiliari anche secondo la FIAIP (Federazione Italiana degli Agenti

Immobiliari Professionali). In un rapporto si sottolinea come l’andamento

medio dei prezzi sia stato registrato in calo dell’11,98% per le abitazioni.

Stessa sorte anche per il numero delle compravendite, ferme a -7,22% rispetto

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all’anno 2011 e per le locazioni: -5,60% per quelle ad uso abitazione e -12,5%

per quelle commerciali.

Un dato però anche per la FIAIP resta confortante: nonostante il mercato abbia

scontato, dall'inizio della crisi ad oggi, oltre il 40% di diminuzione del volume

degli scambi e un calo dei valori che si attesta a circa il 25%, il mercato degli

immobili ha garantito in Italia una tenuta superiore rispetto ad altre forme di

investimento. Il tutto grazie al sostegno di una domanda consolidata che ha

contenuto ulteriori ribassi scongiurando il verificarsi dell'esplosione della bolla.

Insomma, investire nel mattone (ovviamente in modo corretto) è ancora oggi

una sicurezza.

Il 2013 non è stato sicuramente l’anno della svolta. Sempre secondo la FIAIP

nel primo semestre del 2013 si è registrata ancora una stagnazione del volume

degli scambi.

A pesare sul mercato è ancora una volta il clima di sfiducia generalizzato dei

potenziali acquirenti. In particolare, essi attendono quale sarà la nuova politica

fiscale una volta che il Governo riuscirà a definirla.

Le tempistiche dunque in futuro saranno determinanti: in un quadro

politicamente ancora instabile è più probabile che le persone teoricamente

interessate a investire in immobili si riversino intanto sul mercato degli affitti.

Almeno finché non ci sarà chiarezza sull’ammontare delle imposte.

Previsioni funeste quindi? Potrebbe essere anche che arrivi un leggero

miglioramento nel primo semestre del 2014, ma a condizione che si avviino

processi di ammodernamento strutturale della politica economica e fiscale nel

mercato immobiliare.

Gli esperti del settore non si pronunciano a riguardo, ma sono in molti a

presagire un futuro ancora negativo con probabili nuovi cali vistosi dei prezzi

soprattutto in determinate zone.

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Per la ripresa vera e propria molto probabilmente occorrerà attendere il 2015,

anno in cui la crisi dovrebbe incontrare la sua fase conclusiva.

Continuando ad analizzare l’anno 2013 l’O.M.I. registra nel III trimestre il

continuo rallentamento e la flessione del mercato immobiliare. In termini

di NTN (numero di transazioni “normalizzate”) gli scambi di unità

immobiliare sono stati 199.661 in calo, rispetto al III trimestre 2012, del -

6,6%. Nonostante il rallentamento del tasso di calo, le variazioni hanno

continuato a permanere negative portando il valore assoluto delle transazioni

complessive al valore minimo dal 2004.

Come evidenziato in Tabella 1, che riporta i volumi di compravendita e le

rispettive variazioni tendenziali, il segno negativo è stato rilevato in tutti i

settori. Le flessioni maggiori si registrano nei comparti non residenziali con il

terziario che con 1.935 NTN segna il calo più elevato, -11,7%, seguito dal

settore produttivo, con 1.983 scambi registra una variazione tendenziale

negativa del -9,4% e infine dal segmento del commerciale che 4.978 NTN

scende del -8,2%.

Con 91.051 abitazioni compravendute nel III trimestre 2013, il settore

residenziale segna un calo del -5,1% proseguendo così la riduzione dei tassi di

calo in atto dall’inizio dell’anno. Analogo l’andamento nel settore delle

pertinenze, per la maggior parte riconducibili all’uso residenziale, che con

71.807 NTN segna una perdita del -6,6%.

Tabella 1: NTN trimestrale e variazione % tendenziale

NTN III trim 2012 IV trim 2012 I trim 2013 II trim 2013 III trim 2013

Residenziale 95.989 118.205 94.503 108.618 91.051

Terziario 2.191 3.192 2.378 2.343 1.935

Commerciale 5.420 7.753 5.957 6.409 4.978

Produttivo 2.188 3.183 2.147 2.214 1.983

Pertinenze 76.910 99.116 77.475 88.555 71.807

Altro 31.161 38.911 29.755 34.678 27.908

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Totale 213.860 270.359 212.215 242.817 199.661

Var % III trim 11-12 IV trim 11-12 I trim 12-13 II trim 12-13 III trim 12-13

Residenziale -26,8% -30,5% -14,2% -9,3% -5,1%

Terziario -27,6% -25,6% -9,2% -10,6% -11,7%

Commerciale -29,7% -23,0% -8,7% -2,7% -8,2%

Produttivo -25,8% -17,1% -5,9% -6,5% -9,4%

Pertinenze -24,8% -29,4% -12,9% -7,5% -6,6%

Altro -24,5% -29,2% -16,5% -3,8% -10,4%

Totale -25,8% -29,6% -13,8% -7,7% -6,6%

2.2 Osservatorio immobiliare FIAIP: la contrazione dei prezzi

Anche nel secondo semestre 2013 il mercato continua a muoversi al rallenty

nonostante le Banche siano più disponibili all'erogazione dei mutui. Cresce la

domanda, ma sul mercato pesa l'incertezza della politica sulle riforme fiscali e

sulla tassazione immobiliare. Per gli italiani l’acquisto di un immobile, in

questa fase, sembra più conveniente nonostante la perdurante azione delle lobby

finanziarie che negli ultimi anni hanno distratto qualsiasi forma di capitale a

favore del mercato mobiliare.

A sostenerlo è la FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali)

che nella sua ultima nota congiunturale fotografa l’andamento del mercato

immobiliare urbano che, ancora una volta, evidenzia una continua fase di

stagnazione nel comparto residenziale così come registrato nel I semestre 2013.

Il mercato immobiliare residenziale ha fatto registrare un ulteriore calo del

numero di compravendite a fronte di una riduzione dei prezzi, così come già

rilevato nei mesi precedenti (mediamente –25% dal 2007 a oggi).

Secondo il report urbano immobiliare della FIAIP si conferma la diminuzione

della “forbice” tra prezzo richiesto e prezzo offerto entro il 15%, frutto di un

ancor timido allineamento dell’offerta alla domanda gran parte della quale resta

“sospesa” di fronte alla rigidità dei valori che stentano ad adeguarsi al

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“repricing” imposto dal fronte attivo di quest’ultima che, dal suo canto, si

presenta sempre più “selettiva”.

La rilevante pressione fiscale, il persistente quadro negativo degli indicatori

macroeconomici nazionali, la diminuzione di reddito con conseguente

diminuzione di risparmio da parte delle famiglie, restano – sempre secondo il

Centro Studi Fiaip (Report urbano immobiliare FIAIP 2012) - le principali cause

della crisi del mercato, accentuata da un clima di sfiducia generalizzato e

alimentato dall’incertezza dell’imposizione fiscale che è giunta a livelli

insostenibili. Si tratta di un dato sempre più ricorrente, confermato già nel

primo semestre 2013.

Il mattone ha sinora garantito una “tenuta” superiore rispetto ad altre forme di

investimento, in special modo dopo il ridimensionamento dello Spread e,

conseguentemente, del rendimento dei Titoli di Stato. Inoltre, si è registrata, in

alcune province, la mancanza di un piano strategico da contrapporre agli

strumenti urbanistici, sin troppo rigidi, che non favoriscono l’innovazione e

l’adeguamento ai nuovi regolamenti energetici, laddove sarebbe necessaria

maggiore flessibilità, in linea con l’attuale esigenza del mercato, per

riqualificazioni, frazionamenti e cambi di destinazione. Infine, restano ancora

numerose le false aspettative di prezzo da parte dei proprietari-venditori rimasti

ancorati ai valori del 2007, oggi assolutamente non più realizzabili, generando

confusione in un mercato sin troppo caratterizzato da un chiaro eccesso di

offerta.

Alla luce di queste considerazioni, il secondo semestre del 2013 è stato

caratterizzato da una stagnazione del volume degli scambi e da una continua

pressione ribassista essenzialmente da ascriversi al clima di sfiducia

generalizzato dei potenziali acquirenti, causato dall’incertezza del quadro

fiscale sull’immobiliare e su quello politico più in generale. Viceversa una

saggia politica fiscale incentrata sulle riforme del comparto e sulla chiarezza

delle imposte e del loro ammontare, innescherebbe quel virtuoso volano che

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permetterebbe al mercato di ripartire creando nuova occupazione sostenuto da

una “domanda consolidata” che ancora oggi si stima in circa 1.000.000 di unità.

Sul fronte dei mutui si rileva, inoltre, come sebbene si sia registrato un drastico

calo delle erogazioni nel 2012, che si è riflesso sensibilmente sulla quota di

mercato sostenuta dal credito immobiliare, dopo mesi di mutui inavvicinabili,

oggi i tassi di interesse applicati dalle banche ai prestiti per la casa cominciano

a scendere e questo ha incominciato ad incoraggiare il mercato immobiliare nel

secondo semestre 2013. Si rileva inoltre, una maggior disponibilità degli istituti

di credito nella concessione di mutui alle famiglie, disponibilità che negli ultimi

mesi ha visto crescere il valore dell’erogato dell’1,6 %.

Il 2012 si è, comunque, chiuso con un mercato in stagnazione in un contesto in

cui gli indicatori immobiliari hanno segnato una contrazione dei prezzi del

mercato immobiliare residenziale e commerciale. Per le compravendite

immobiliari si è registrato un andamento medio dei prezzi in calo dell’11,98%

per le abitazioni, mentre è crollato il numero delle compravendite che si attesta

a -17,22%. Netto anche il calo dei prezzi per le locazioni ad uso abitazione -

5,60% e delle locazioni commerciali -12,5% rispetto al 2011. La ripresa,

quindi, sarà “timida” ed ipotizzabile solo se vi sarà stabilità politica ed

economica nei prossimi mesi.

Sebbene il mercato abbia scontato dall’inizio della crisi ad oggi, oltre il 40% di

diminuzione del volume degli scambi e un calo dei valori che in media si attesta

a circa il 25%, il mattone ha garantito in Italia una “tenuta” superiore rispetto ad

altre forme di investimento, attraverso il sostegno di una “domanda

consolidata” che ha contenuto ulteriori ribassi scongiurando il verificarsi

dell’esplosione della tanto richiamata “bolla”. Basti pensare che la sola Borsa di

Milano ha fatto registrare un ribasso di circa il 65% e i titoli bancari addirittura

un - 93%.

Il Centro Studi Fiaip sottolinea (Report urbano immobiliare FIAIP 2012) come

il comparto immobiliare è stato evidentemente provato durante il corso

dell’anno 2012, sebbene la forbice tra prezzo richiesto e prezzo offerto si è

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ridotta del 5% rispetto al 2011, facendo segnare il 15%. Permangono però false

aspettative di prezzo per gran parte dei proprietari-venditori rimasti ancorati ai

valori immobiliari del 2007 non più realizzabili.

Si rileva come il persistere del quadro negativo degli indicatori macroeconomici

nazionali e della diffidenza con cui vengono considerate le capacità di rimborso

dell’enorme debito pubblico, hanno fortemente influito sull’andamento del

mercato immobiliare nel corso del 2012 confermando il timore del paventato

passaggio dalla fase di stagnazione, registrata nel corso della seconda metà del

2011 e nella prima metà del 2012, a una fase di recessione che, purtroppo, ha

caratterizzato il secondo semestre del 2012 ed ancora oggi è in atto. Le ragioni

che hanno spinto il numero di transazioni così in basso (circa 470.000 nel corso

del 2012), sono da ricercarsi nelle forti criticità, già emerse dal 2008 ad oggi,

che vanno dall’accesso al credito al calo della domanda interna, dalla forte

pressione fiscale alla diminuzione di reddito e conseguentemente di risparmio

da parte delle famiglie, dalla diminuzione demografica all’ormai conclamato

sentimento di sfiducia dei mercati internazionali nei confronti dell’Italia.

Il report immobiliare urbano della Fiaip 2013 evidenzia come sebbene siano

state in parte stabilizzate le tensioni dei mercati borsistici a seguito del

ridimensionamento dello spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi, il mancato

coordinamento delle politiche economiche europee finalizzato alla

stabilizzazione di una governance condivisa dell’eurozona, continua a produrre

l’innalzamento del costo del funding a cui si contrappone la strategia di

autotutela posta in essere dagli istituti di credito, privando così la domanda di

un sostegno indispensabile.

Infine, l’elemento determinante che ha fortemente influenzato la tendenza

ribassista è costituito dal clima generalizzato di sfiducia e preoccupazione

prodotto dal combinato disposto dell’inasprimento di una tassazione sulla casa

divenuta insostenibile, ed un costante e coordinato “terrorismo mediatico” che,

prendendo spunto dall’attuale stato d’incertezza della politica fiscale sugli

immobili, facendo leva sulla paventata introduzione di un’ulteriore patrimoniale

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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e sull’ormai prossima revisione degli estimi catastali, tende a distrarre la gran

parte del capitale degli investitori a favore del mercato mobiliare.

Si evidenzia, inoltre, come il vero problema che affligge il mercato

immobiliare, continui ad essere rappresentato dalle false aspettative di prezzo di

gran parte dei proprietari-venditori rimasti ancorati ai valori del 2007 che oggi

non sono assolutamente più realizzabili in quanto, sebbene una parte del

mercato dei venditori si sia adeguato ai valori correnti, facendo ridurre la

forbice tra prezzo richiesto e prezzo offerto dal 20 al 15%, a tutt’oggi, ancora

una cospicua parte degli immobili posti sul mercato, continuano ad avere

richieste di prezzo troppo alte e quindi, oggi a maggior ragione, fuori mercato.

E’ quanto emerge da un campione di informazioni elaborate e raccolte da oltre

750 valutatori nominati da Fiaip, su tutto il territorio nazionale, al fine di

misurare la variabilità non solo dei prezzi, ma in particolare dell’andamento del

mercato. L’Osservatorio immobiliare urbano 2012 è stato realizzato con il

supporto scientifico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II –

Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica mentre per

l’Osservatorio immobiliare urbano 2013 FIAIP si è avvalsa della collaborazione

di ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo

economico sostenibile) e di I-Com (Istituto per la Competitività). I campione

analizzati in queste sedi per il mercato urbano è formato dalle maggiori città

metropolitane e da alcune città che rappresentano il mercato immobiliare delle

tipiche provincie italiane ritenute più significative per l’andamento del mercato

nel Nord, Centro e Sud Italia. Il mercato delle compravendite e delle locazioni

è stato messo sotto la lente per tipologia, ubicazione e stato della conservazione

degli immobili. Sono stati individuati i vari tipi di contratti e la loro

conclusione, anche con riferimento al credito e alla tipologia della clientela,

individuando il numero delle transazioni e delle locazioni concluse tramite

l’attività degli agenti immobiliari.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Nello specifico, rispetto al 2011, i prezzi hanno avuto una diminuzione del

11,98% per le abitazioni, mentre il dato complessivo relativo al numero di

compravendite si è attestato al – 17,22%.

Il mercato di tipo non residenziale ha registrato una diminuzione dei prezzi

ancora del 14,89% per i negozi, del 15,27% per gli uffici e del 15,04% per i

capannoni, con una diminuzione percentuale relativa al numero di

compravendite, che varia dal 20,36% per i capannoni, al 22,88% per i negozi,

fino a circa il 21,93% per immobili ad uso ufficio.

I dati rilevati per il 2012 hanno indicano una percentuale uguale al 2011 per il

tempo medio di vendita per immobili ad uso abitativo dai 6 ai 9 mesi.

E’ diminuito rispetto al 2011 il periodo intercorso tra l’incarico e la vendita di

1-3 mesi (7%), 3 – 6 mesi (20%) e 6 – 9 mesi (33%). E’ invece aumento

considerevolmente il periodo oltre 9 mesi (39%). Solo l’1% dei contratti viene

concluso entro 1 mese.

Il 43% delle compravendite è avvenuto con il ricorso al sistema creditizio, ma

con una leggera riduzione di richieste ed erogazioni rispetto al 2011.

Dai risultati dell’indagine per l’anno 2012 si è rilevato che le unità residenziali

maggiormente compravendute sono il 39% trilocali (soggiorno/cottura – 2

camere – servizi) e il 22% bilocali (miniappartamenti). Solo il 6% si riferisce a

monolocali.

L’ubicazione è prevalentemente posta in zone semicentrali e lo stato di

conservazione che prevale è di alloggi usati ma in buono stato (40%) seguito

dalle abitazioni da ristrutturare (25%). Si è rilevata, invece, una diminuzione del

9% del ricorso degli extracomunitari al sistema creditizio, ed il conseguente

aumento del pagamento con mezzi propri.

Dal report Urbano Fiaip 2012 si è evidenziato quindi una forte diminuzione

generale dei prezzi per le abitazioni in tutte le città, fatta eccezione per Taranto

(-2%) che fotografa una realtà in controtendenza. La palma d’oro per la

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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diminuzione dei prezzi degli immobili residenziali va a Perugia con la punta

massima rilevata nella capoluogo umbro del -17,13%. I restanti cali spaziano

tra il -5,75% di Avellino ed il -14,36% di Palermo, passando tra -8% di Firenze,

- 8,43 di Venezia, -11,11% di Salerno, – 12% di Genova, - 12,83 di Udine, -

12,86 di Siena, – 13% di Napoli, - 13,74 di Bologna, - 13,75 Torino, - 14%

Cagliari, -14,23% di Milano e -15% di Roma.

Per quanto riguarda le locazioni, rispetto al 2011, i prezzi nel 2012 hanno subito

una flessione (-5,60%) per il comparto abitativo, mentre per il commerciale la

diminuzione è stata di circa 12-12,5% circa.

Sono aumentati del 3,21% i contratti di locazione ad uso abitazione, mentre per

quelli ad uso diverso si è riscontrata una flessione di circa l’8,95% per i negozi,

che è diventata più sensibile per le unità immobiliari ad uso uffici e hanno

raggiunto il 14,35% per i capannoni. I tempi medi per affittare un immobile ad

uso abitativo sono diminuiti per il periodo inferiore al mese e sono diminuiti per

quello da 1 a 3 mesi e da 3 – 6 mesi. I tempi medi sono stati in leggera crescita,

invece, per il periodo da 6 a 9 mesi.

Il mercato delle locazioni ha indicato, per il comparto residenziale, una

sostanziale stabilità, ed una offerta in aumento. Il 45% degli agenti immobiliari

ha rilevato un incremento del numero dei contratti. La maggioranza dei contratti

di compravendita e di locazione, conclusi con clienti stranieri, riguardano

cittadini dell’Unione Europea con un aumento rispetto al 2011. Si è rilevata una

diminuzione sia per compravendite che per le locazioni da parte degli

extracomunitari. Per quanto riguarda le locazioni delle abitazioni, sono rimasti

stabili i bilocali (miniappartamenti) 38%, in aumento i trilocali 36% con

ubicazione in zone semicentrali 32% o centrali 32%. Stabili anche i riscontri

per la periferia e l’estrema periferia. Per lo stato di conservazione degli alloggi

affittati è richiesto il buono stato nella misura del 54% e l’alloggio ristrutturato

nel 24%.

Alla luce di queste considerazioni, l’anno 2013 è stato caratterizzato da una

stagnazione del volume degli scambi e da una continua pressione ribassista

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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essenzialmente da ascriversi al clima di sfiducia generalizzato dei potenziali

acquirenti che, in attesa della definizione di una più saggia politica fiscale

messa in atto dal nuovo governo incentrata, quantomeno, sulla chiarezza delle

imposte e del loro ammontare, resteranno in parte “alla finestra” ed in parte

attenderanno “tempi migliori” riversandosi, momentaneamente, sul mercato

degli affitti.

Soltanto nel primo semestre 2014, a condizione che siano avviati processi di

ammodernamento strutturale di tutta la politica economica e fiscale

sull’immobiliare e sia stata migliorata la governance dell’eurozona affinché gli

Istituti di Credito possano riversare parte della “ritrovata” liquidità a favore

delle attività produttive e delle famiglie, il mercato, lentamente, riprenderà.

Nelle more, chi aveva comunque programmato di investire nel mattone, sarà

agevolato dai prezzi delle abitazioni che, pur mantenendosi al ribasso,

continueranno a garantire, in un momento di grande volatilità dei mercati, il

potere d’acquisto del capitale, nonché un più che accettabile rendimento di circa

il 3,5% (Report urbano immobiliare FIAIP 2013), considerando che la casa

rimane sempre il miglior investimento a medio lungo termine per le famiglie

italiane ed in Italia non è prevista alcuna “bolla immobiliare” in quanto la

propensione all’acquisto resta elevata.

2.3 Dati statistici

In questa sezione vengono riportati, in grafici e tabelle, i dati precedentemente

esposti per esemplificare e rendere ancora più evidente la situazione del

mercato immobiliare.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Variazioni percentuali rispetto al precedente periodo (2011)

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

In generale, il mercato indica, rispetto all’anno precedente, un andamento dei

prezzi in forte diminuzione di un 11,98% per le abitazioni e di un 14,89% per i

negozi, si attesta, sempre in diminuzione, attorno al 15,27% per gli uffici e al

15,04% per i capannoni. Per quanto riguarda il numero delle transazioni si

rileva una flessione ancora maggiore che varia dal 17,22% circa delle abitazioni

al 20,36% dei capannoni, dal 22,88% dei negozi al 21,93% per immobili ad uso

ufficio.

Analizziamo ora il tempo medio di Vendita, inteso come il periodo trascorso tra

la data di sottoscrizione di incarico di vendita presso un’Agenzia Immobiliare e

la stipula di un contratto preliminare per gli immobili ad uso abitativo:

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

I dati rilevano tempi medio/lunghi di attesa che nel 72% (33% più 39%) dei casi

superano i 6 mesi e solo nel 8% (1% più 7%) dei casi si realizzano transazioni

in tempi brevi.

Non va meglio nelle locazioni dove i prezzi continuano a scendere; tuttavia si

può riscontrare un leggero aumento per il comparto abitativo che va a colmare

in parte il vuoto lasciato dalle transazioni di vendita:

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

Ciò nonostante il tempo medio di locazione resta mediamente elevato,

caratterizzato forse dalla necessità dei conduttori di trovare una soluzione

stabile e non più solo transitoria. Segnale di poca fiducia da parte dei possibili

acquirenti nella ripresa del mercato e dell’accesso al credito:

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Segnale che viene maggiormente evidenziato da un aumento dell’Offerta e da

un calo della Domanda:

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

Solo il 29% dei possibili acquirenti è in grado di comprare un immobile con

mezzi propri, il restante 71% deve vendere per comprare (28%) o deve ricorrere

ad un mutuo (43%):

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Le previsioni per il 2013 hanno indicato una forte diminuzione generalizzata

del numero delle compravendite per gli immobili ad uso abitativo evidenziando

che il problema resta globale e non riservato a solo zone dove normalmente i

prezzi d’acquisto sono più elevati (es. Centro):

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2012)

Previsioni che vengono confermate dai dati raccolti dall’osservatorio FIAIP per

l’anno 2013:

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2013)

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2013)

Come è possibile evincere dai grafici sopra riportati, il trend resta invariato, i

prezzi continuano a scendere e non vanno meglio le transazioni immobiliari.

Anche nelle locazioni si è registrato un continuo calo dei prezzi e soprattutto

nel settore commerciale e terziario (a ulteriore conferma delle difficoltà generali

dell’economia e del mondo del lavoro) continua la difficoltà, da parte dei

proprietari, di vedere locati i loro immobili:

(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2013)

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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(Osservatorio Immobiliare FIAIP 2013)

Vedremo se il 2014 darà segnali di timida ripresa e se si potrà tornare a sperare

almeno in un contenimento dei danni che l’infinita crisi sta provocando in tutto

il settore dell’edilizia.

3. Contestualizzazione: modelli strategici da implementare per

fronteggiare la crisi

3.1 Nuove strategie delle Imprese di Costruzione e delle società di

Intermediazione: Azioni di Marketing Immobiliare

Dopo aver analizzato la situazione di mercato, vediamo ora come reagiscono le

imprese immobiliari e di settore che devono fronteggiare tale situazione. Uno

degli strumenti è il marketing immobiliare che consiste nell’applicare

l’approccio e le tecniche del marketing al settore immobiliare ed edile. Lo

scopo del marketing immobiliare è di agevolare l’incontro tra la domanda e

l’offerta di beni immobili, superando in questo modo l’approccio di tipo push -

spingere sul mercato - a favore di un approccio di tipo pull - capire il mercato -

che tenga in considerazione i bisogni e le esigenze degli acquirenti.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Esistono diverse strategie di approccio al mercato da parte dell'impresa,

ciascuna delle quali ha contraddistinto un particolare periodo storico. Gli

approcci che interessano il marketing immobiliare, per comprenderne le

evoluzioni sono:

Orientamento alle vendite. Ha caratterizzato l’economia in generale a

partire dalla fine degli anni ’20 (Crisi del '29), allorquando la domanda

di beni che era stata fino a quel momento elevata, calò bruscamente. Le

imprese si resero conto di quanto fosse importante vendere quanto

producevano. In aziende con un orientamento alle vendite il marketing

era ed è relegato a un ruolo di supporto delle vendite. Infatti, le uniche

attività di marketing attuate con questo orientamento sono la pubblicità

e la vendita personale.

Orientamento al mercato (dagli anni ’60 a oggi). Consiste nella

comprensione dei bisogni del cliente, per produrre i beni e quindi

soddisfarli. È una prospettiva di tipo pull (capire il mercato) anziché

push (spingere sul mercato).

Il settore immobiliare, in particolare quello italiano, è ancora caratterizzato da

un orientamento alle vendite. I motivi per i quali sussiste l’orientamento al

mercato e il conseguente scarso ricorso al marketing immobiliare, soprattutto in

Italia sono:

Eccessiva polverizzazione del settore.

Diffusione della natura “familiare” delle imprese di costruzione.

Organizzazione aziendale molto semplice.

Prevalenza di professionalità prettamente tecniche e conseguente scarsa

presenza di professionalità legate alla sfera economica, con esclusione

dei ruoli più direttamente connessi alla sfera reddituale (finanza e

fiscalità).

Le imprese immobiliari sono molto concentrate sul prodotto, soprattutto, sugli

aspetti relativi alla tecnologia e all’innovazione. Tuttavia, questo atteggiamento

non ha preservato il settore dalla recessione economica iniziata nel 2007.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Recessione alla quale hanno contribuito in modo significativo proprio la bolla

immobiliare statunitense e la correlata crisi dei mutui subprime. L’orientamento

alle vendite e non al mercato nel settore immobiliare ha contribuito nel corso

della recente recessione a creare uno stock elevato di immobili invenduti e un

allungamento rilevante dei tempi di vendita.

Secondo gli economisti Pride e Ferrel, il marketing è il processo svolto per

creare, distribuire, promuovere e prezzare beni (o servizi) al fine di facilitare

relazioni di scambio soddisfacenti con i clienti. Da questa definizione emergono

quelle che sono universalmente definite le 4 leve del marketing mix: Prodotto,

Prezzo, Distribuzione, Promozione.

Trasferendo la definizione generica di marketing nel campo immobiliare, si

hanno gli elementi del mix del marketing immobiliare:

Prodotto. Vale a dire l’immobile da realizzare per fornire al cliente la

soluzione alla sua esigenza di abitazione o sede.

Prezzo. Il (giusto) valore che il cliente è disposto a corrispondere per

soddisfare la sua esigenza e, viceversa, che l’impresa edile o

l’immobiliare ritiene soddisfacente ai fini reddituali.

Promozione. Come per tutti gli altri settori, anche nell’immobiliare

occorre dare ai clienti le informazioni corrette sui propri prodotti.

Inoltre, nel caso delle società immobiliari è fondamentale comunicare

nel miglior modo possibile anche con tutte le forze che caratterizzano

l’ambiente (banche, istituzioni, associazioni, ecc).

Distribuzione. Ovvero rendere il prodotto disponibile al momento

giusto, al target individuato e nelle quantità opportune. Per la natura

“immobile” dell’oggetto in questione, la distribuzione nel real estate è

fortemente integrata e avviene tramite due tipi di canale: diretto

(costruttore/proprietario - acquirente) o agenzia (costruttore/proprietario

- agente immobiliare - acquirente).

Il marketing immobiliare pone al centro del sistema-impresa le esigenze del

cliente. Quindi, un’impresa edile o una società immobiliare orientate al mercato

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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investono in analisi economiche e ricerche di mercato che contribuiscono a

“disegnare” un prodotto (1a leva del mix del marketing immobiliare)

compatibile con le esigenze del target di riferimento.

Sempre in via preliminare rispetto all’avvio di un’operazione immobiliare, il

marketing immobiliare, tramite il monitoraggio della concorrenza, definisce il

livello di prezzo (2a leva del mix) per la nuova iniziativa immobiliare.

Una volta definito il prodotto e il prezzo, se l’iniziativa è valutata positivamente

e viene portata a conclusione, il marketing immobiliare può proseguire con la

promozione dell’iniziativa stessa (3a leva del mix). La prima promozione di

un’iniziativa immobiliare è rivolta non agli utenti finali ma agli stakeholder

dell’impresa. In primo luogo istituzioni finanziarie e istituzioni pubbliche. In

questa fase, il compito principale dell’attività di marketing immobiliare è la

redazione dell’information memorandum, il documento che descrive e

approfondisce le caratteristiche dell’iniziativa sotto vari aspetti: economico,

progettuale, territoriale, lavorativo, sociale e ambientale.

Con l’avvio dell’operazione immobiliare, il marketing immobiliare passa ad

attuare il piano di comunicazione pluriennale che copre il numero di anni

necessari alla totale commercializzazione dell’iniziativa (cantieri di

medie/grandi dimensioni). A titolo esemplificativo, il piano di marketing

immobiliare deve prevedere:

Naming (definizione del nome dell’iniziativa);

Brand design (definizione dell’immagine dell’iniziativa);

Definizione del mix di strumenti promozionali e loro articolazione

nell’arco del periodo ipotizzato;

Internet marketing (costruzione sito web, email marketing, web

advertising, presenza su portali verticali, presenza su social network);

Trade marketing (strumenti di comunicazione rivolti alla forza vendita o

agli agenti di supporto alla loro attività).

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In una società immobiliare orientata alle vendite, il marketing viene utilizzato

solo alla fine della filiera come semplice supporto all’attività del venditore. In

questo modo, oltre a limitare il contributo del marketing alle altre leve del mix

(prodotto e prezzo) si impedisce il flusso di informazioni che si realizza nelle

imprese -anche immobiliari- orientate al mercato, nelle quali il marketing

immobiliare:

Studia il mercato e l’ambiente in cui si opera e condivide le

informazioni con le altre aree aziendali, in particolare con quella

progettuale e con quella commerciale.

Distilla il lavoro decisionale a monte di un’iniziativa immobiliare in un

flusso di informazioni utili per il settore nel commerciale.

Analizza i dati e i feedback derivanti dal settore commerciale e

dall’attività di comunicazione e utilizza le informazioni rivenienti per

migliorare il piano di comunicazione in corso.

Le attività del marketing immobiliare variano in funzione della dimensione

aziendale all’interno della quale vengono svolte e delle caratteristiche del

progetto oggetto di studio. In ogni caso è ragionevole considerare come i

principali ambiti di intervento del marketing immobiliare, le seguenti attività:

Analisi di mercato.

Analisi e studio della concorrenza.

Valutazione degli immobili.

Valorizzazione immobiliare.

Preparazione di Information Memorandum.

Redazione di un piano di comunicazione.

Supervisione agli strumenti di comunicazioni.

Le società immobiliari sono quindi obbligate a trovare soluzioni alternative per

vendere il loro prodotto. Negli ultimi anni sono state proposte soluzioni più o

meno efficaci (anche in termini di praticità e garanzie Legali/Fiscali) per

muovere il mercato immobiliare. Partendo da un analisi delle compravendite

N.T.N. (numero di transazioni normalizzate) degli ultimi 10 anni si evince

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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come il calo drastico delle vendite ha portato le società Immobiliari a trovare

delle alternative per invertire la rotta o quanto meno arginare la “falla”:

(dati OMI Agenzie delle Entrate)

Nell’attuale fase di crisi del mercato immobiliare, considerata anche la

difficoltà di ottenere prestiti bancari, si sta diffondendo una nuova prassi

contrattuale orientata verso la ricerca di strumenti idonei a consentire di

rimandare ad un momento futuro gli effetti di un’operazione di compravendita

permettendo, però, da un lato, ai potenziali acquirenti di ottenere

immediatamente la disponibilità dell’immobile desiderato e di recuperare (il

tutto o in parte) le somme versate per il godimento dell’alloggio, e dall’altro, ai

potenziali venditori di riuscire ad individuare degli acquirenti iniziando anche a

mettere a reddito il bene.

Sono state individuate cinque soluzioni, ognuna con caratteristiche giuridiche e

fiscali differenti, quindi da non confondere tra loro:

Rent to Buy

Locazione con opzione d’acquisto

Anno N.T.N.

% su base

2006 = 100

2004 828.037 0,95

2005 858.476 0,99

2006 869.308 1,00

2007 808.827 0,93

2008 684.034 0,79

2009 688.603 0,79

2010 614.498 0,71

2011 617.286 0,71

2012 444.018 0,51

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Preliminare ad effetti anticipati (Help to Buy)

Locazione con patto di futura vendita

Vendita con patto di riservato dominio (Buy to Rent)

Nel Rent to Buy convivono un contratto di locazione (registrato) ed un contratto

preliminare di compravendita (trascritto).

Nella Locazione con opzione d’acquisto il contratto di locazione è una semplice

scrittura privata dove locatore e conduttore stabiliscono il prezzo di vendita ad

una determinata data quindi vi sarà una registrazione del contratto e una

scrittura privata non autenticata che concede l’opzione.

Il Preliminare ad effetti anticipati è un contratto preliminare di compravendita

regolarmente trascritto col quale il bene viene immediatamente concesso al

futuro acquirente.

Nella Locazione con patto di futura vendita il proprietario si obbliga a vendere

ad un prezzo determinato o determinabile in uno specifico periodo dove vi sarà,

anche in questo caso, una registrazione del contratto e una scrittura privata non

autenticata che contiene l’accordo tra le parti.

Nella Vendita con patto di riservato dominio l’acquirente non salda la totalità

del prezzo ma vi provvederà a rate; pagata l’ultima diventerà proprietario a tutti

gli effetti. In alternativa c’è la "vendita con condizione risolutiva, unilaterale

nell'interesse del venditore, di inadempimento dell'obbligazione di pagamento

del prezzo". Sono sostanzialmente due contratti di vendita con pagamento

rateizzato. La differenza consiste nel fatto che mentre nella "vendita con patto

di riservato dominio" l'effetto traslativo (ovvero il trasferimento della proprietà)

si produce solo con il pagamento dell'ultima rata, nella "vendita con condizione

risolutiva" l'effetto traslativo si produce già alla stipula, fermo però restando

che in caso di inadempimento nel pagamento del prezzo la proprietà ritornerà

nuovamente al venditore. In questi casi vi sarà un atto notarile registrato e

trascritto oltre ad atto di quietanza successivamente al pagamento dell’ultima

rata.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

32

Tabella riepilogativa:

3.2 Adozione di principi e metodi di gestione d’impresa da parte

dell’agente immobiliare

Sempre più frequentemente le imprese di costruzione e le imprese immobiliari,

per vendere il loro prodotto, si appoggiano ad imprese esperte nel settore: Le

agenzie immobiliari. Queste sono Imprese che svolgono attività di mediazione

nella compravendita o locazione di immobili. Il professionista che vi opera è

L’agente immobiliare. Iniziamo analizzando tale figura.

In Italia, l'agente immobiliare è l'espressione verbale, ormai prevalente,

soprattutto nel linguaggio comune e in quello commerciale, con la quale si

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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indicano due diverse figure accomunate dalla circostanza di operare nel mercato

immobiliare: il mediatore e il mandatario a titolo oneroso.

Secondo la prassi, l'agente immobiliare, ricevuto dal proprietario dell'immobile

l'incarico a vendere, verifica la consistenza (tecnica, amministrativa e legale)

del bene, ricerca o riceve un potenziale acquirente, lo invita a formulare

un'offerta d'acquisto e - ove questa sia accettata - guida le parti nella

stipulazione di un preliminare di compravendita. Successivamente, la parte

acquirente provvede ad incaricare un notaio per rogitare l'acquisto.

La differenza fondamentale tra mediatore e mandatario a titolo oneroso è che il

mediatore tutela gli interessi di entrambe le parti, venditore e acquirente, e

pertanto riceve la provvigione da entrambe le parti; invece il mandatario a

titolo oneroso riceve l’incarico da una sola parte, solo di questa tutela gli

interessi e solo da questa riceve il compenso. Tuttavia, una delle sezioni del

Ruolo degli Agenti d'Affari in Mediazione era riservata agli agenti immobiliari,

ed una ai mandatari a titolo oneroso, poiché non solo nella prassi il mediatore

immobiliare può trovarsi ad operare con mandato per necessaria

semplificazione operativa (si pensi ad esempio all'agenzia che cura le vendite in

cantiere per conto di un costruttore), ma perché anche un negoziato aperto dal

mandatario spesso va a sconfinare in una vera e propria mediazione imparziale

per sopravvenute considerazioni delle parti.

La giurisprudenza di legittimità ha del resto osservato come spesso avvenga,

nella prassi, che anche il mediatore agisca, in realtà, in virtù di un incarico

inizialmente ricevuto da una o più parti ai fini della conclusione dell’affare. In

questo caso, all’apparente mediatore (che, in realtà, non è più un mediatore ma

un mandatario) non spettano i diritti che la legge riconosce al mediatore, primo

fra tutti il diritto alla provvigione da entrambe le parti, bensì – e ovviamente -

solo da parte del mandante che gli ha conferito l’incarico. Per contro, il comune

incarico di mediazione tipicamente esprime unilateralmente la volontà di una

parte di richiedere al mediatore di adoperarsi per trovare controparti.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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La disciplina di riferimento della professione di agente immobiliare è posta

dalla legge 3 febbraio 1989, n. 39, dal decreto ministeriale 21 dicembre 1990, n.

452, dai decreti ministeriali 26 ottobre 2011 e dalla Circolare esplicativa

3648/C.

L'agente immobiliare, come ogni altro mediatore, è tenuto alla iscrizione nel

Registro delle imprese e nel Repertorio Economico Amministrativo (REA),

istituito presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il mediatore è obbligato alla stipula di una polizza di assicurazione della

responsabilità civile a copertura dei danni che possa cagionare alle parti e ai

terzi per negligenze o errori professionali, che copre anche ai dipendenti e a

tutti coloro che a qualsiasi titolo svolgono l’attività di mediazione per conto

dell’impresa.

Il mediatore (e, quindi, anche l'agente immobiliare), oltre agli usuali requisiti

morali (assenza di condanne per determinati reati e di misure di prevenzione

contro la delinquenza mafiosa), deve possedere i seguenti requisiti

professionali:

Avere conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado

Avere frequentato un corso di formazione specifico

Avere superato un esame diretto ad accertare l'attitudine e la capacità

professionale, oppure avere effettuato un periodo di pratica di almeno

dodici mesi continuativi.

Una delle più importanti e delicate funzioni che l'agente immobiliare è

chiamato a svolgere è la valutazione (stima) dell’immobile. Si tratta di una

attività il cui esito dipende dalle capacità, dalla serietà e dalla imparzialità

dell'agente immobiliare, perché:

La sua provvigione è commisurata al valore dell’affare (maggiore è il

prezzo pattuito, maggiore sarà la provvigione percepita);

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L’agente immobiliare tenderà a favorire il venditore in quanto parte

forte del rapporto (soprattutto quando sia un costruttore edile) in quanto

proprietario della merce di scambio.

È tuttavia possibile effettuare una stima orientativa dell’immobile che possa

aiutare le parti (soprattutto la parte acquirente) a controllare che la valutazione

effettuata dall’agente immobiliare non sia sproporzionata in difetto o in

eccesso, sulla base dei criteri definiti dall'Agenzia delle Entrate con

provvedimento direttoriale 2007/120811 del 27 luglio 2007 per il calcolo del

valore normale dell’immobile.

Il valore normale dell’immobile è, dunque, il prodotto di tre elementi:

Superficie risultante dal certificato catastale

Valore unitario determinato sulla base delle quotazioni immobiliari

dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI)

Coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell'immobile.

I primi due sono dati obiettivi certi. Ed è diritto dell’acquirente ricevere copia

del certificato catastale, prima di procedere all’acquisto dell’immobile. È anzi

opportuno diffidare dai venditori o dagli agenti immobiliari che tardino o

rifiutino di rilasciare copia del certificato catastale. Il valore unitario è

agevolmente reperibile sul sito ufficiale dell'Agenzia delle Entrate.

Il coefficiente di merito, invece, è un dato variabile in dipendenza di vari fattori,

quali l’ubicazione dell’immobile e le sue caratteristiche intrinseche, calcolabili

secondo la formula dettata dall’allegato al citato provvedimento dell’Agenzia

delle Entrate.

La difficoltà tecnica del calcolo, non alla portata di tutti, suggerisce di

richiedere all'agente immobiliare, sempre prima di effettuare l’acquisto, di

fornire copia sottoscritta della Scheda di valutazione dell’immobile; tenendo,

però, conto che l'agente immobiliare di regola applica criteri di valutazione

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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"commerciale" dell'immobile, spesso codificati da organizzazioni private del

settore e senza pretesa di valore legale.

Vi è anche il procacciatore immobiliare (nel mondo anglosassone flat hunter,

anche noto come home hunter o property finder), un professionista che agisce

esclusivamente per conto dell’acquirente ed assiste il proprio cliente durante

l’intero processo di acquisto, dalla ricerca degli immobili che corrispondono ai

criteri del cliente, alla negoziazione del prezzo e delle condizioni di vendita e

infine al completamento del processo legale necessario a portare a termine

l'acquisto. Negli Stati Uniti come figura professionale nasce negli anni novanta

col buyer brokerage o exclusive buyer agent, in seguito si afferma nel Regno

Unito col property finder, in Canada e nell’Europa continentale, soprattutto in

Francia con gli chasseur d’appartements.

In alcune nazioni Europee, come il Regno Unito, i procacciatori immobiliari

non devono superare nessun esame specifico o ottenere alcuna certificazione

per poter iniziare a praticare la professione, mentre in altre nazioni - come

Italia, Francia e Spagna - essi devono ottenere la stessa qualifica degli agenti

immobiliari e sono soggetti alle stesse leggi, nonostante i due ruoli siano

sostanzialmente diversi.

Tradizionalmente professione individuale, negli anni 1980 la mediazione

immobiliare ha aperto a forme di esercizio collegato in catene di agenzie.

Con gli anni '80 nacque il franchising, consistente nella condivisione fra i

singoli esercenti di dati sulle disponibilità, marchio, pubblicità, modulistica e

standardizzati parametri di rapporto con il cliente. Le catene italiane di

franchising si svilupparono quando la compagnia statunitense "Century Vic"

ventilò un generico preliminare interesse al mercato italiano; la formula

franchising divenne più familiare all'utenza sia per lo sforzo pubblicitario, sia

per l'affermazione della formula in altre merceologie. Parallelamente, si

svilupparono le associazioni di categoria.

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Con il franchising le agenzie hanno anche spostato la preferenza di radicamento

verso punti di contatto su strada (in negozi con vetrina) in luogo dei

precedentemente preferiti studi professionali. In quanto sede di esercizio di

attività di mediazione, anche se ubicata in un locale a uso commerciale,

l'agenzia immobiliare non è soggetta alle autorizzazioni amministrative di

pubblica sicurezza di cui all'art. 115 del TULPS.

Ogni agenzia che si affilia in franchising è un'impresa giuridicamente e

patrimonialmente autonoma, e quindi la catena di appartenenza non è

responsabile di eventuali illeciti compiuti all'interno dei suoi punti vendita.

Sul territorio Nazionale sono sempre più diffuse Agenzie autonome che

operano nel settore senza affiliazione a nessuna rete franchising. L’esplosione

del mercato immobiliare nel periodo post-Euro ha visto nascere numerose

agenzie immobiliari a svantaggio della professionalità. Molti vedevano in

questo settore la possibilità di guadagnare facilmente senza molti sforzi

trascurando e tralasciando alcuni principi fondamentali di questa professione:

etica, lealtà, correttezza, affidabilità. Tutto questo ha portato a falsare il mercato

e i valori attribuiti agli immobili, mettendo spesso in cattiva luce la figura

dell’agente immobiliare professionale che invece mette alla base di una vendita,

una corretta attribuzione del valore dell'immobile. E’ consuetudine, da parte

degli operatori non professionali del settore, sopravvalutare gli immobili, allo

scopo di garantirsi l'incarico di vendita/locazione. Tutto ciò però non fa altro

che alimentare nel cliente false aspettative, per chissà quali improponibili

guadagni. La conseguenza che ne deriva è quella di escludere di fatto

l'immobile dal reale mercato, con danni arrecati al cliente in termini di tempo e

di denaro.

La figura dell'agente immobiliare deve quindi assicurare o quantomeno

trasmettere serietà, professionalità, onestà e correttezza, virtù queste, diventate

sempre più rare e che dovrebbero invece, costituire la normalità soprattutto per

chi fa questo mestiere che vede le sue radici documentate già nel medioevo

(L’arte del Sensale).

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La crisi del settore ha fatto selezione naturale riportando alla luce la necessità di

affidarsi a figure professionali che garantiscano, con la loro esperienza, la

possibilità di concludere le compravendite e le locazioni. Ma anche chi opera

correttamente nel settore ha subito il contraccolpo della crisi e nuove strategie

di mercato sono state adottate al fine di superarla.

Fermo restando il prodotto realizzato dalle imprese costruttrici e/o società

immobiliari e ponendolo come appetibile ai potenziali acquirenti, viene ora

analizzato come le società di intermediazione organizzano o dovrebbero

organizzare la loro strategia al fine di concludere la vendita.

L’impresa deve essere Proattiva. La proattività è un concetto che lega l'impresa

all'ambiente, tenendo conto che essa si trova ad operare in un contesto

complesso e turbolento nel medesimo momento, dove i mercati tendono ad

essere globalizzati (aumentano i concorrenti, si riduce il ciclo di vita dei

prodotti, la domanda è sempre più sofisticata), il vantaggio competitivo, cioè

l'elemento sul quale fare leva per raggiungere performance stabilmente positive,

proviene da fonti diverse (capacità di differenziarsi, coerenza nelle decisioni,

capacità di costruire relazioni, conoscenze e competenze). Non è più possibile

ignorare che i risultati dell'impresa non dipendono soltanto dalla sua capacità

competitiva, ma anche dalla capacità di integrarsi al meglio nel proprio network

di stakeholder (soggetti portatori di interessi che entrano in relazione con essa).

Per essere proattiva, l'impresa deve quindi porsi nelle condizioni di adattare

continuamente la propria formula imprenditoriale, rinnovandosi, confrontandosi

con eventi improvvisi e nuovi e allo stesso tempo riuscire ad essere protagonista

arrivando a guidare il mercato (market driving).

All'interno di ogni impresa, come in molti altri campi della vita, ogni giorno si

prendono decisioni di vario tipo e importanza; ogni persona impegnata

all'interno dell'organizzazione è chiamata ad assumere decisioni secondo il

rispettivo livello di responsabilità. Decisione intesa come l’utilizzazione di

un’alternativa (fra le varie possibilità) per la soluzione di un problema o il

raggiungimento di un obiettivo. L'esigenza di decidere viene dettata dal

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dinamismo, interno ed esterno, in cui l'impresa opera. Le decisioni, infatti, sono

vincolate dalla scarsità delle risorse e impongono un'analisi comparata di

convenienza economica, sono rischiose, perché prese in condizioni di incertezza

(razionalità limitata), ma comunque intenzionali e devono essere flessibili.

L’analisi decisionale quindi permette lo studio dei problemi che, in condizioni

di incertezza, aiuta ad individuare le conseguenze economiche di una certa

azione. Si cerca di stimare contemporaneamente la probabilità di verificarsi di

un certo evento e il suo costo, adottando la soluzione che consente di

massimizzare le probabilità di successo con il minimo investimento.

La decisione può essere considerata come il frutto di un processo

standardizzato, suddiviso in fasi:

La percezione, nella quale il problema giunge all'attenzione del decisore

e “attiva” la volontà o necessità di risolverlo, colmando quindi un gap

che se non affrontato potrebbe comportare un squilibrio o, peggio, un

danno per l'impresa;

La formulazione, nel corso della quale si predispongono le possibili

alternative di intervento;

L'analisi, ossia la verifica della praticabilità dell’alternativa prescelta

rispetto ai vincoli economici, sociali ed organizzativi;

La decisione vera e propria, cioè la trasformazione dell'idea in azione

per intervenire sul problema, risolvendolo.

E’ lecito ritenere però che la decisione non sia sempre il frutto di questo

processo strutturato, in quanto molto spesso i decisori si trovano

nell’impossibilità di comportarsi in questo modo, anche se lo desidererebbero:

per esempio, perché il tempo non lo consente (o non ne posseggono gli

strumenti). Esistono anche altre variabili, come l’intuito e l'esperienza. Queste

sono un patrimonio manageriale rilevante, specialmente in condizioni nelle

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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quali i vincoli esistenti (il tempo disponibile, le poche risorse per

"razionalizzare" la decisione) richiedono immediatezza e sensibilità. Quindi un

profilo sempre più multi settoriale e/o multinazionale, rende necessario ed

indispensabile una gestione "di portafoglio" delle attività fondata sull'

individuazione delle ASA (Aree Strategiche d'Affari).

Il concetto di ASA viene utilizzato con due significati complementari: il primo

per definire un'area distintiva del mercato di riferimento dell'impresa (Strategic

Business Area), il secondo come attività dell'impresa che serve uno specifico

mercato (Strategic Business Unit). In riferimento alle nuove opportunità che si

possono venire a creare e in base al grado di ripresa del mercato nei prossimi

anni, l’impresa dovrà ricercare una nuova Strategic Business Unit.

Se un’impresa d’intermediazione identifica in ASA ogni soluzione o tipologia

immobiliare (che sia essa un cantiere o una singola unità abitativa) sarà

possibile definire missione, obiettivi e sviluppare strategie indipendenti da altre

“aree di business”. Estremizzando il concetto quindi l'ASA rappresenta

un'attività che potrebbe sopravvivere in autonomia, come un'azienda a sé stante.

Ogni ASA deve possedere i seguenti requisiti:

Deve essere strategicamente rilevante;

Deve essere gestibile in autonomia rispetto alle altre unità dell'impresa;

Deve avere autonomia sul piano decisionale;

Deve essere caratterizzata da prodotti con sistema di prezzi

interdipendenti;

Deve essere occupata da concorrenti simili;

Deve essere composta da segmenti omogenei di acquirenti;

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Deve essere composta da prodotti che condividono risorse.

La definizione delle ASA è la scelta con la quale l'impresa adatta la sua

organizzazione in funzione delle necessità del mercato e delle tecnologie dei

prodotti. La definizione dell'ASA tiene conto sia di due approcci che sono già

stati considerati in sede di analisi di settore, sia di uno nuovo, che ne integra le

prospettive:

A priori nell'ottica dell'offerta: analisi dei gruppi strategici;

A posteriori, dal punto di vista della domanda: analisi del

comportamento d'acquisto;

Intermedio nell'ottica dell'offerta e della domanda: criterio

multidimensionale.

Il modello a priori tenta di spiegare la struttura di un settore identificando il

modo di operare delle imprese presenti. E’ definito a priori poiché focalizza il

comportamento del produttore senza considerare il comportamento

dell'acquirente.

Gli approcci a posteriori solitamente sono di pertinenza delle funzioni

marketing o degli addetti alla gestione strategica del mercato; si utilizzano per il

posizionamento dell'offerta dell'impresa all’interno di aree di prodotto/mercato

già parzialmente definite con l'approccio a priori.

L'attenzione dell'analista è rivolta allo studio della domanda per rilevare le

opportunità derivanti dai cambiamenti che si sono prodotti nella struttura del

mercato, provocati dalla nascita di nuovi bisogni o dall’abilità dei concorrenti

nel rispondere a tali cambiamenti.

Mentre i gruppi strategici sono relativamente immediati da definire, in quanto

riconducibili a fattori semplici, controllabili e tendenzialmente stabili, la

prospettiva a posteriori è molto più complessa poiché le indicazioni che se ne

deducono sono molto meno regolari. Inoltre, questa metodica richiede la

disponibilità di dati meno trasparenti e più costosi.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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L’impresa deve quindi concentrarsi sulle condizioni riscontrate per ottenere un

vantaggio competitivo e battere i competitors. Le principali opportunità sono:

La diversificazione (es. portare all’interno della propria azienda servizi

relativi al mercato immobiliare come registrazione dei contratti di

locazione on-line per utenti terzi, visure catastali, consulenze su

finanziamenti, assicurazioni per immobili, ecc)

L’espansione del mercato di riferimento (es. spingersi oltre le zone

trattate, rivolgersi ad un mercato estero, ecc.)

Integrazione verticale (es. contabilità svolta da personale specializzato

tipico dei grandi gruppi)

Nel nostro specifico, ci concentriamo maggiormente sulla diversificazione in

quanto più semplice da applicare anche alle piccole realtà locali che operano,

molto spesso, su aree molto ristrette (piccoli Comuni). L’esperienza accumulata

insieme alla professionalità può permettere di integrare e quindi diversificare

all’interno delle imprese immobiliare una serie di servizi per fidelizzare il

cliente. Ad oggi le Associazioni di categoria (es. FIAIP) mettono a disposizione

dei propri associati una serie di servizi che con pochi costi (es. visure catastali

e/o ipotecarie) o completamente gratuite (Società di mediazione creditizia per

dare il prodotto migliore sulla piazza in tema di finanziamenti e mutui es.

AUXILIA FINANCE, Portale immobiliare CERCACASA) permettono loro di

assistere i propri clienti in tutte le fasi dell’acquisto e della vendita. In alcuni

casi vengono inserite nella stessa sede (condivisione dei costi fissi) subagenzie

di assicurazioni per garantire, da un lato, la protezione del proprio immobile

agli acquirenti e dall’altro fidelizzare il cliente mantenendo il contatto anche

negli anni a venire (diversificazione non correlata). In altri casi alcune agenzie

immobiliari si spingono nel campo delle amministrazioni condominiali

garantendosi la priorità della notizia in caso di vendita di immobili nei

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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condomini da loro amministrati (diversificazione correlata). Per ottenere un

buon grado di efficienza nella diversificazione è indispensabile il giusto

binomio tra qualità delle risorse e capacità di applicarle.

La strategia di diversificazione permetterà all’impresa di raggiungere il

vantaggio competitivo nei confronti dei competitors su due livelli:

Potere di mercato (con l’aumento della quota dei clienti potenziali)

Economie di scopo (costi degli input ripartiti tra output diversi)

Con la crescita esponenziale e lo sviluppo della tecnologia, un’arma in più da

sfruttare per sviluppare e accrescere il proprio business è sicuramente il web

marketing. Con l’utilizzo e il supporto della rete, l’impresa ora è in grado di

mettersi in contatto con persone, organizzazioni, aziende, che possono

scambiarsi dati, condividere risorse, diffondere informazioni fino alla

distribuzione del prodotto. Il web marketing si occupa dell’utilizzo dei mezzi e

degli strumenti che il mondo di internet mette a disposizione all’interno delle

fasi della nuova catena del valore dell’impresa interattiva. E’ quindi il processo

strategico che viene adottato nell’ambiente virtuale. Il web ha reso molto più

semplici la comunicatività tra le persone basti pensare alla posta elettronica con

la quale è possibile trasmettere documenti, immagini, video, ecc. praticamente

in tempo reale o alla facilità con la quale, tramite motori di ricerca, è possibile

trovare informazioni di ogni genere stando comodamente seduti ad una

scrivania. I vantaggi che vengono riscontrati con l’utilizzo di internet sono

diversi, i più importanti sono: l’aumento del volume della comunicazione; la

diminuzione dell’importanza della distanza; l’aumento della flessibilità di

comunicazione; i costi della comunicazione decrescenti. Ad esempio,

un’Agenzia Immobiliare, con il proprio sito web, crea una vetrina virtuale di

annunci con la quale è in grado di trasmettere, in pochi minuti, tutte le

informazioni sugli immobili messi a loro disposizione e interagire scambiando

informazioni (one-to-one) sulle loro caratteristiche, con un numero

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estremamente superiore di persone rispetto a quante potrebbero passare, in una

sola giornata, direttamente nei loro uffici. E’ molto importante che le imprese

gestiscano al meglio questo strumento, strutturando il sito in modo tale da

garantire sempre un servizio efficiente. Il “mondo” di internet viaggia veloce e

se non si impara a gestire al meglio le informazioni si rischia di diventare

obsoleti in pochissimo tempo. Spesso le imprese hanno degli incaricati

all’interno delle loro strutture che si occupano esclusivamente

dell’aggiornamento e della comunicazione diretta con i clienti. Altro esempio,

se si riceve una richiesta di informazioni relativa ad un immobile è opportuno

rispondere nel più breve tempo possibile. Un ritardo troppo prolungato farebbe

perdere interesse sulla soluzione richiesta in quanto il cliente, nel frattempo,

avrà trovato, sempre sul web (e su siti di altri competitors), decine di altri

immobili ritenuti da lui idonei alle sue caratteristiche (soprattutto in questo

momento storico dove, con la crisi, sono molti di più gli immobili proposti in

vendita rispetto alle richieste – offerta>domanda).

Con il diffondersi dell’utilizzo di internet anche la promozione cartacea degli

immobili ha lasciato il campo (anche se non del tutto) alla promozione

multimediale. Sono così nati numerosi portali immobiliari (i più conosciti sono

CASA.IT, IMMOBILIARE.IT, IDEALISTA, CERCACASA – portale

interamente di proprietà di FIAIP gratuito per i propri associati) che fanno a

gara per accaparrarsi il maggior numero di immobili e di agenzie per accrescere

la propria visibilità. Per le Agenzie immobiliari è poi possibile migliorare il

proprio “posizionamento” e quindi la visibilità continuando costantemente ad

immettere nuovi immobili. Il posizionamento è molto importante per le imprese

anche dal punto di vista della propria immagine e visibilità. Mediante

georeferenziazione infatti è possibile cercare tramite i motori di ricerca, località,

immobili, ecc. evidenziando su mappa la posizione geografica ad essi riferita.

Così facendo le agenzie possono risultare più visibili con una semplice ricerca

tramite internet. In oltre Google (motore di ricerca più noto ed utilizzato al

mondo) gestisce un circuito pubblicitario online (Google AdWords), che

permette ad inserzionisti di promuovere i loro servizi e i loro immobili. Gli

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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inserzionisti possono pubblicare annunci pubblicitari negli spazi sponsorizzati

delle pagine del motore di ricerca Google. Ovviamente tutta questa visibilità ha

un costo più o meno elevato per le imprese, a secondo del loro utilizzo e della

volontà dell’impresa di farsi conoscere. Maggiore è il potere di mercato di

un’impresa e maggiore sarà l’investimento profuso.

3.3 Il mercato Immobiliare traino dell’Economia Nazionale: possibili

linee guida

Analizzando le performance del mercato del cemento abbiamo assistito negli

ultimi cinque anni ad un forte decremento (-32%) dei volumi (Fonte: AITEC –

Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento). Il perdurare della crisi

economica sta colpendo in particolare il mondo delle costruzioni; le finanze

pubbliche sono assorbite dall’espandersi delle spese correnti e lasciano poco

spazio agli investimenti. La risorsa principale rimane la ricchezza delle famiglie

italiane, un valore da primato, che potrebbe risollevare le sorti del mercato

immobiliare qualora quest’ultimo offrisse rischi accettabili e rendimenti

adeguati. Il mercato delle costruzioni costituisce più del 10% della ricchezza

nazionale, coinvolge circa 2 milioni di addetti ed è la parte dell’economia che

ha trainato la seppur modesta crescita economica italiana dagli anni ‘90 al 2007.

In questo paragrafo si cercherà di approfondire le cause alla base della crisi del

settore immobiliare che ha avuto pesanti ripercussioni sul mercato delle

costruzioni e su quello del cemento in particolare.

Nell’analisi dei dati e nelle ipotesi di scenari si è registrato un’elevata

incertezza: da un lato la domanda “naturale” di abitazioni e la ricchezza delle

famiglie italiane mostrano i fattori necessari e sufficienti per una ripartenza del

mercato, dall’altro i rendimenti modesti e la scarsa attenzione del legislatore

paventano un ulteriore decremento del mercato, sulla scorta di altri paesi

(Spagna e Irlanda) che hanno raggiunto livelli di disoccupazione critici.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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L’investimento real estate rende oggi molto poco (intorno al 2-3%), è oberato

da una tassazione eccessiva e sconta un periodo di mancata rivalutazione di

circa 6 anni. Questo è il problema essenziale che rende non competitivo

investire oggi in Italia in immobili, contribuendo a spostare risorse verso altri

asset, come i titoli di Stato (a lunga scadenza) o anche verso l’immobiliare

estero.

A questo si vanno ad aggiungere le criticità della cornice tributaria e le

incertezze legate alla fiscalità immobiliare, che conducono agli annunci di

erosione o alle limature effettive dei crediti di imposta per le vecchie

ristrutturazioni, oppure alla reintroduzione dell’imposta patrimoniale sulla

prima casa.

L’enorme ricchezza delle famiglie italiane, un fenomeno da primato legato alla

nostra antropologica propensione al risparmio (oggi in realtà è una pratica

sempre meno evidente tra i giovani), necessiterebbe di essere veicolata in

qualche modo verso il patrimonio immobiliare nazionale attraverso rendimenti

che siano adeguati e competitivi.

Di seguito vengono elencate in sintesi alcune linee guida che possono essere di

ausilio alla ripartenza del mercato:

• Una generale revisione delle politiche impositive che gravano sul

settore immobiliare.

• Un consistente rilancio dei progetti di riqualificazione urbana che,

attraverso puntuali interventi di demolizione e ricostruzione, possano

insieme ridare smalto alle nostre città e da straordinari e transitori

possano affermarsi come strumenti ordinari di intervento, dirottandoli

verso una coerenza di obiettivi e di ruoli con la pianificazione

urbanistica, di cui debbono diventare a pieno titolo strumenti di

attuazione.

• Un nuovo piano per l’housing sociale che favorisca l’accesso delle

categorie svantaggiate, in primis giovani coppie e studenti, a un contesto

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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abitativo e sociale dignitoso che consenta il miglioramento e il

rafforzamento della loro condizione.

• Una revisione, nel medio termine delle politiche migratorie in grado di

compensare il calo demografico della componente indigena della

popolazione italiana.

Quella di supportare il mercato delle costruzioni non è una richiesta tout court

finalizzata solo a costruire per costruire ma ha lo scopo di migliorare le

condizioni abitative e di vita degli italiani contemplando la riqualificazione

urbanistica delle nostre città, la demolizione e ricostruzione di edifici fatiscenti

e infrastrutture obsolete e l’incremento del comfort abitativo.

Da un’indagine realizzata da ACRI-Ipsos emerge che il “mattone” resta

l’investimento preferito dalle famiglie italiane, ma la percentuale crolla di oltre

dieci punti percentuali nell’ultimo anno (dal 54% al 43%), tornando sui livelli

di dieci anni fa. Il decremento più evidente è stato registrato nel Nord Est e nel

Centro, dopo che nel 2010 c’era stato un calo significativo nel Nord Ovest, che

oggi invece si mostra più stabile. In particolare tra coloro che hanno

effettivamente risparmiato nel 2011, e che quindi esprimono un giudizio molto

prossimo alle effettive intenzioni, il crollo delle preferenze per gli investimenti

immobiliari è ancora più marcato: dal 58% al 41%. La causa di questo

fenomeno può essere individuata, come detto in precedenza, nell’anomalo

aumento dei rendimenti dei titoli di stato e delle obbligazioni (medio/lungo

termine), verso i quali gli italiani non sembrano mostrare timori di mancato

onoramento alla scadenza.

Analizzando l’andamento dei prezzi nominali e reali delle abitazioni nei

semicentri delle città in Italia, relativamente al periodo 1990 – 2011, si scopre

come il mattone abbia sempre rappresentato il bene rifugio per eccellenza, non

deludendo mai, nel lungo periodo, le attese di rivalutazione dei risparmiatori

italiani.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Il settore delle costruzioni e nello specifico dell’immobiliare hanno bisogno di

una maggiore considerazione da parte del mondo della politica; è necessario

che i policy maker prendano coscienza dell’importanza che il comparto riveste

nel nostro Paese.

Un effetto benefico potrebbe avere, se applicata una revisione alle politiche

impositive, la detrazione dei canoni di locazione da parte del locatario

nell’ottica di favorire gli affitti cosiddetti “calmierati” anche al fine di poter

contrastare il caro vita e la ripresa dell’inflazione.

Lo stesso potrebbe essere ottenuto con una maggiore attenzione affinché la

reintroduzione delle imposte patrimoniali sulla proprietà (IMU, TASI, Ecc.)

non abbia carattere troppo punitivo verso coloro che negli anni hanno investito

nel mercato immobiliare. Sarebbero auspicabili anche interventi sulla prima

abitazione collegando il livello impositivo alla composizione del nucleo

familiare e al calcolo dell’ISEE (Indicatore della situazione economica

equivalente).

Secondo uno studio OCSE l’Italia risulta al quinto posto (su 33 nazioni

considerate) relativamente ai costi medi di transazione (quindi tasse, imposte di

registro, spese notarili, tariffe delle agenzie immobiliari) pari al 12% del valore

della proprietà (con punte fino al 17,5%) e viene per questo annoverata tra i

Paesi in cui i costi delle transazioni immobiliari sono “eccessivamente elevati”.

Al primo posto risulta essere il Belgio (con oltre il 14% dei costi rappresentati

da transazioni), seguito da Francia, Grecia e Austria. All’opposto Danimarca e

Islanda sono i Paesi in cui la compravendita degli immobili costa relativamente

meno (sotto il 4%). Questi costi vanno quindi assolutamente aboliti o ridotti in

quanto hanno l’effetto deleterio di ridurre la mobilità residenziale e del lavoro e

questo può avere un effetto negativo anche sui livelli occupazionali. In questa

direzione sembrano muoversi i provvedimenti governativi in tema di

liberalizzazione degli ordini professionali che possono contribuire a ridurre i

costi, attraverso anche una ristrutturazione del sistema tributario e/o annullando

le barriere di entrata nelle professioni coinvolte nel settore, in particolare dove i

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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costi sono eccessivamente elevati (es. Alleggerimento dei costi di transazione

attraverso un intervento sulle spese notarili).

Anche apportare cambiamenti nelle procedure per il cambio di destinazione

d’uso, nella disciplina sul rilascio della Dia e del permesso di costruire, così

come nelle ristrutturazioni e negli interventi nei centri storici potrebbero

svolgere una importante funzione anticrisi. Con l’auspicio, però, di non ripetere

l’infelice parentesi del Piano Casa, incapace di dare seguito alle numerose

aspettative che si erano create circa la possibilità di rilanciare il mondo delle

costruzioni.

È opinione ormai consolidata che le città rappresentano uno dei principali

motori della crescita economica, dell’innovazione produttiva e del progresso

sociale e culturale. Questo spiega l’attenzione riservata negli ultimi anni ai

progetti di rigenerazione urbana che hanno oggi acquistato nuova centralità nel

dibattito sullo sviluppo economico dei territori. La crescita incontrollata delle

città pone l’urgenza di avviare un processo di rinnovamento e ristrutturazione,

attraverso interventi puntuali e mirati a ricucire il tessuto urbano. Negli ultimi

cinque anni la produzione di nuove abitazioni è diminuita del 40,4%. I livelli

produttivi delle nuove costruzioni abitative riflettono l’andamento negativo

delle progettazioni: secondo l’Istat il numero di permessi rilasciati dai comuni

per la costruzione di abitazioni è passato da 305.706 nel 2005 a 160.454 nel

2009. Tra il 2005 e il 2009 il numero di abitazioni concesse è pertanto quasi

dimezzato, registrando una flessione del 47,5%. Solo gli investimenti effettuati

per la riqualificazione del patrimonio abitativo hanno evidenziato una tenuta dei

livelli produttivi (+0,5%) nell’ultimo anno grazie alle agevolazioni fiscali

previste per le famiglie, ed è proprio in questa direzione che devono muoversi

gli interventi a sostegno del mercato delle costruzioni. Infatti, uno dei problemi

principali del mercato immobiliare nazionale, è ormai rappresentato

dall’esigenza del restauro, della riqualificazione e del recupero del patrimonio

abitativo esistente per poter meglio rispondere ai cambiamenti della domanda,

alla maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale ed energetica,

all’esigenza di riqualificazione e bonifica di aree urbane degradate, e per meglio

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gestire un patrimonio bisognoso di essere più produttivo e proficuo. Il

patrimonio edilizio nazionale è prevalentemente costituito di case: 57,8 milioni

di unità immobiliari censite di cui il 53% sono abitazioni. Come abbiamo visto

gli immobili rappresentano la principale componente della ricchezza delle

famiglie, ma sono fonte anche di notevoli costi di manutenzione sia ordinaria

che straordinaria. Da considerare poi che la quota di edifici con più di 40 anni è

cresciuta in maniera progressiva: quasi il 55% delle famiglie occupa un

immobile realizzato prima degli anni settanta. La certificata obsolescenza

funzionale e strutturale del patrimonio esistente, che viaggia in parallelo con

l’invecchiamento della popolazione, insieme ai cambiamenti culturali che

hanno interessato i nuclei familiari (nonché la loro progressiva diminuzione

dimensionale), ha reso il patrimonio edilizio nazionale inadatto a tenere il passo

delle attuali dinamiche socio-demografiche. La proprietà immobiliare perde di

valore, il degrado estetico e strutturale influisce sulla commerciabilità degli

immobili, che diventa più difficile e complessa, causando un ulteriore freno al

mercato delle compravendite, già compromesse dalla corrente crisi economica.

Il patrimonio esistente è una grande risorsa e occorrerebbe valorizzarlo e

concepirlo come una formidabile leva di sviluppo economico, di rilancio

occupazionale, fonte di nuovi investimenti e nuove attività. Gli interventi di

riqualificazione urbana, se ben gestiti dalla Pubblica Amministrazione, possono

essere forieri di un rinnovato clima di fiducia e di un notevole sviluppo

economico. Sulla base dell’ultimo Censimento generale Istat, il 20% dell’intero

patrimonio abitativo nazionale risulti in condizioni di pessimo o mediocre stato

di conservazione. Se anche solo ipotizzassimo una riqualificazione di questa

quota abitativa degradata per un ammontare del 5% restituiremmo al Paese 250

mila abitazioni rinnovate ogni anno e metteremmo in moto, per un ventennio,

risorse in grado di innescare la tradizionale funzione espansiva garantita dal

mercato delle costruzioni e, come ha sottolineato Ance (Associazione

Nazionale Costruttori Edili), si libererebbero le necessarie energie funzionali ad

un corretto e duraturo sviluppo economico senza l’utilizzo di un solo mq

aggiuntivo di suolo. È necessario introdurre nuovi strumenti urbanistici, come

la rimodulazione dei limiti di sagoma e volumetria oltreché una gestione più

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razionale delle pratiche autorizzative scevra da pregiudizi, in grado quindi di

contemplare la necessaria tutela degli interessi privati così come le esigenze

pubbliche di pianificazione urbanistica. Questa potrebbe essere l’unica strada

per attivare le operazioni di riqualificazione urbana e gli interventi di

demolizione, ricostruzione e sostituzione. È necessario introdurre nuovi

meccanismi urbanistici che rendano economicamente sostenibile le operazioni

di riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di

sostituzione. Il cd. Decreto Sviluppo ha aperto una crepa nella già farraginosa

normativa nazionale, acquisendo rango di rinnovamento legislativo sistematico

e non provvisorio, evitando di ripetere gli errori del Piano casa. È questa la

categoria di interventi che ha le maggiori possibilità di successo non solo per il

mondo delle costruzioni, ma anche come risposta alle dinamiche di

cambiamento sociale delle città.

Argomento di grande attualità è la creazione di un nuovo piano per l’housing

sociale focalizzando l’attenzione verso le categorie di giovani e studenti, poiché

nel nostro Paese negli ultimi anni le situazioni di disagio abitativo si sono

gravemente accentuate, investendo anche le fasce di reddito medio o medio-

basso, oltre alle tradizionali categorie sociali svantaggiate (famiglie e giovani

coppie a basso e monoreddito, studenti, anziani e immigrati regolari), rendendo

sempre più difficile l’accesso alla proprietà o alla locazione di abitazioni. Alla

base dell’attuale richiesta di residenze a costi accessibili ci sono le

trasformazioni socio-demografiche delle strutture familiari e la crescita dei

processi di precarizzazione del lavoro. La quota di patrimonio abitativo in

affitto in Italia si colloca, secondo le più recenti stime diffuse dall’ISTAT,

intorno al 20%, ben al di sotto dei valori dei Paesi europei più sviluppati, che

oscillano fra il 30 e il 40%. L’offerta di abitazioni di edilizia residenziale

pubblica soddisfa appena l’8% delle domande. È evidente quindi che la prima

debolezza è rappresentata dall’estrema ristrettezza dell’offerta di affitto

accessibile. Il problema dell’emergenza abitativa coinvolge i soggetti pubblici a

tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, ma pur conservando la centralità

dell’intervento pubblico, l’housing sociale non può più prescindere dal

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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coinvolgimento anche degli operatori e delle risorse del mercato e della società

civile. Anzi, la vera innovazione risiederà proprio nella capacità di quei soggetti

di coordinarsi e di creare offerte flessibili. La sinergia tra pubblico e privato

rappresenterà la pietra angolare della nuova logica di integrazione delle risorse.

In Europa non mancano esempi virtuosi di iniziative intraprese contro

l’emergenza abitativa. Sarebbe utile un confronto. Il Governo sembrerebbe

recepire indicazioni in tal senso come mostra l’approvazione del D.L. n.1 del 24

gennaio 2012 in cui sono contenute alcune disposizioni volte a semplificare le

procedure del Piano Nazionale di edilizia abitativa che contemplano anche il

ripristino dell’IVA per housing sociale.

In una prospettiva di medio periodo sarebbe auspicabile una revisione delle

politiche migratorie nazionali, le sole, ad oggi, in grado di bilanciare il

decremento della popolazione e di alimentare il flusso della domanda

immobiliare. Nel 2065 l’evoluzione della popolazione italiana registrerà una

dinamica naturale negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40

milioni di decessi) bilanciata solo da una dinamica migratoria positiva per 12

milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite). Questo sempre in

assenza di mutamenti nelle prospettive di attrattività del sistema Italia. Secondo

uno studio della Banca d’Italia la richiesta di case da parte degli immigrati ha

fatto crescere il valore degli immobili nel nostro Paese del 2% in cinque anni

(2002-2007), facendolo aumentare di 60 miliardi. Il rapporto mette in evidenza

come le compravendite che hanno avuto come acquirente un immigrato sono

aumentate del 22,7% tra il 2004 e il 2007, riuscendo a raggiungere quasi il 20%

delle negoziazioni complessive. Analisi econometriche svolte a livello locale

hanno inoltre indicato che nel periodo 2002-2007 la domanda immobiliare da

parte degli immigrati ha spinto al rialzo le quotazioni immobiliari di un’entità

simile a quella attribuibile alla domanda da parte di nativi. Gli immigrati sono

lavoratori, giovani, molto spesso con elevato grado di istruzione e spinti da forti

motivazioni. Contribuiscono a rallentare l’invecchiamento dei paesi che li

accolgono e costituiscono una grande opportunità di crescita economica. L’idea

che sia il pragmatismo economico a determinare le politiche di migrazione per

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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il nostro Paese può sembrare azzardato, ma simili considerazioni dovrebbero

essere sufficienti a depoliticizzare un tema ad alta sensibilità simbolica ed

emotiva.

L’economia nazionale è in crisi e il settore immobiliare non fa eccezione.

Periodicamente qualcuno ricorda, in base all’esperienza del dopoguerra che, in

precedenza, il settore ha svolto funzione di traino dell’economia, ma non

seguono proposte, né iniziative, e il mercato continua ad essere contrassegnato

dalla presenza asfittica di operatori, magari finanziariamente e

patrimonialmente dotati che, tuttavia, non hanno visione e non progettano le

modalità di sviluppo del mercato prossimo venturo. Il Paese è stato preda, in

passato, di operazioni avventurose che hanno “sfregiato” città (Roma ad

esempio è tra queste) e territori, hanno arricchito operatori meritevoli, così

come operatori di dubbia capacità (oltre ad esponenti della politica), in misura

spropositata, e hanno viziato il mercato contribuendo all’aggravamento della

crisi generale dell’economia. Il presidente di Confedilizia ha lamentato, di

recente, che l’attuale stato di crisi del settore sia da imputare all’eccesso di

balzelli imposti dall’erario su prime e seconde case a disposizione della

proprietà. L’imposizione fiscale sulla casa, che contribuisce al benessere della

persona ed è scelta di investimento alternativa ai titoli mobiliari, costituisce

certamente una remora alle prospettive di consolidamento di un patrimonio

familiare. Lo strumento del franchising immobiliare è divenuto agente delle

disfunzioni di settore. Modalità di distribuzione di competenze e servizi

mediante rapporti ad ampia diffusione territoriale, nazionale o pluriregionale,

costituiti tra due imprese, l’una denominata franchisor, di maggiori dimensioni,

depositaria di capacità ed esperienze attestate da un marchio di settore

riconosciuto dai consumatori, l’altra denominata franchisee, di minori

dimensioni, spesso piccole o minime, affidataria del marchio, interprete,

tuttavia, delle esigenze del territorio di appartenenza, collettrice della domanda

immobiliare locale sul presupposto della credibilità del marchio, motivano il

rapporto. Il franchising ha origine anglosassone, si è inizialmente affermato in

Italia come rapporto giuridico-economico riconosciuto dalla giurisprudenza e in

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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seguito è stato disciplinato dalla legge. In Italia i marchi del franchising

immobiliare riconosciuti dai consumatori sono stati finora sostanzialmente tre.

Di questi, due hanno subito i contraccolpi di disaccorte gestioni dei gruppi di

appartenenza, ma uno si sta riprendendo con un nuovo controllo e segnala

vivacità operativa. Il terzo gode ancora complessivamente di buona salute, è

diffuso sull’intero territorio nazionale, ma avverte le conseguenze di un mercato

la cui offerta di edilizia abitativa e commerciale si è dimostrata esuberante sulla

domanda, in contrazione da vari anni, con prospettive di ripresa a medio-lungo

termine. Tuttavia, anche altri fattori alterano il funzionamento del mercato

immobiliare, non solo residenziale. Ne è seguito un significativo invenduto, che

deprime il mercato e la capacità di resistenza dei vari protagonisti. La pratica

corrente del franchising immobiliare, tuttavia, non è l’unico fattore di

disfunzione del settore, che soffre anche di assenza di visione e di carenza sia di

analisi, che di progettualità. Il recente rapporto del Centro Ricerche

Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio (CRESME)

conferma che il settore richiede una profonda “riflessione strutturale” sulle

dimensioni e sulle prospettive del mercato. Posto che la ripresa delle transazioni

non riguarderà uniformemente il territorio nazionale, ma sarà una ripresa

guidata dalla vivacità dell’economia locale, la capacità di lettura del mercato e

le previsioni di intervento saranno influenzate dallo sviluppo delle attività di

impresa, che, a sua volta, è determinato dall’equilibrio delle funzioni pubbliche

e private di progettazione e di pronta esecuzione delle idonee infrastrutture

materiali e immateriali. Non c’è crescita senza risorse finanziarie, know-how,

trasporto, stoccaggio, informazione, comunicazione, tutela dei diritti. È quindi

richiesto un nuovo modello di franchising, consistente di capacità previsionali

politico-economiche e di competenze giuridico-economiche, tipiche di

organizzazioni integrate, idonee a interpretare le esigenze del territorio e a

fornire risposte adeguate, sia per il prodotto che per le modalità di proposta e di

fornitura. Il mercato delle opere pubbliche dovrà registrare un riposizionamento

del project financing, avvilito e arretrato anche a seguito di non poche

esperienze negative territoriali che hanno compromesso l’adozione del pur

utilissimo strumento. Il project financing richiede infatti la condivisione

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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dell’analisi di fattibilità da parte di tutti i protagonisti e la credibilità

dell’imprenditore in ambiente finanziario o bancario. Non sembra che i marchi

di franchising più noti siano tutti in grado di soddisfare questi requisiti e quindi

si profila un mercato di grande interesse per un nuovo protagonista, che abbia le

capacità segnalate e le proponga, avvalendosi di un’organizzazione adeguata, su

tutto il territorio nazionale, ma non solo, in seguito ad un breve periodo

sperimentale.

Analizziamo ora come la curva di crescita e decrescita del mercato immobiliare

ha caratterizzato gli ultimi decenni. Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni

Duemila, il nostro paese ha vissuto un nuovo boom edilizio, trainato

dall’espansione dei principali sistemi metropolitani. La crescita demografica, la

riduzione dei tassi d’interesse e l'aumento della spesa pubblica per infrastrutture

hanno permesso al settore delle costruzioni di tornare a svolgere un ruolo di

traino dell’economia e di attrazione dei capitali, anche a causa della mancanza

di una grande industria nazionale in grado di svolgere questo ruolo. Le carenze

del settore pubblico nel regolamentare l’espansione edilizia hanno portato alla

creazione di nuove aree intensamente urbanizzate, intorno alle grandi città,

estremamente carenti dal punto di vista dei servizi e della mobilità. Oggi è

necessario ricominciare ad investire nella riqualificazione urbana e nei sistemi

di trasporto pubblico, e ciò può avvenire solo tramite un ruolo attivo delle

pubbliche amministrazioni. L’edilizia italiana sta attraversando una durissima

crisi, questo lo sappiamo bene. Il settore sta subendo un forte

ridimensionamento, ma anche una profonda trasformazione. Le cause della crisi

sono molteplici, ma possiamo ricondurle a due principali ordini di motivazioni:

Fattori “esterni” al settore, legati principalmente all’impatto della crisi

finanziaria ed economica, che ha fatto crollare la disponibilità di credito

e la capacità di spesa delle famiglie.

Fattori “interni” al settore, riconducibili a una crisi ciclica da sovra-

produzione.

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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Per il settore delle costruzioni, infatti, la crisi è arrivata a seguito di un periodo

di forte espansione. Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila il

nostro paese ha vissuto un boom edilizio che non ha precedenti negli ultimi

quattro decenni. Dobbiamo tornare agli anni Cinquanta, alla fase della

ricostruzione post-bellica e dell’urbanizzazione, per trovare un’espansione

edilizia più intensa e duratura (FIGURA 0). Vediamo dunque quali caratteri ha

avuto il boom edilizio di fine anni Novanta inizio anni Duemila e quali fattori

l’hanno reso possibile.

La fase espansiva 1997-2005 è consistita in gran parte nella costruzione di

nuove abitazioni residenziali, e si è concentrata principalmente nei sistemi

metropolitani più forti economicamente, quelli in grado di offrire maggiori

opportunità occupazionali. Dunque, si è costruito per ampliare i centri urbani

economicamente propulsivi. In questo modo, tra 1997 e 2007 sono “atterrati”

sul territorio italiano 1,1 miliardi di metri cubi di nuove cubature edilizie

residenziali. L’espansione urbana più forte e diffusa si è verificata nel triangolo

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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che ha per vertici Bologna, Trieste e Milano e sulla costa adriatica. Ma

un’intensa attività di costruzione di nuove abitazioni ha interessato tutti quei

territori che hanno registrato incrementi occupazionali sensibili (la zona tra

Firenze e Siena, il nord del Lazio, l’area intorno a Cagliari in Sardegna…). Ciò

suggerisce che fattori demografici, e in particolare flussi migratori (dall’estero

ma anche interni) legati a motivazioni economico-occupazionali, abbiano

giocato un ruolo importante nel favorire l’espansione.

Nel ricercare i fattori determinanti dell’espansione edilizia 1997-2005, è utile in

primo luogo contestualizzarla all’interno delle macro-dinamiche dell’economia

italiana. La struttura produttiva italiana ha imboccato da almeno tre decenni un

sentiero declinante e da oltre dieci anni il PIL ha smesso di crescere. E’ dal

2000 che l’economia italiana non registra un’espansione degna di questo nome.

Tra i 185 paesi inclusi nel database del Fondo Monetario Internazionale, solo

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Zimbabwe e Libia (paesi sconvolti da terribili crisi interne) sono cresciuti meno

dell’Italia nel periodo 2000-2011.

Il nostro paese, a causa di insufficienti investimenti in ricerca e sviluppo e della

mancanza di una politica industriale pubblica, ha sviluppato un gap di

produttività rispetto agli altri paesi avanzati e ha subito una sorta di

deindustrializzazione. Non a torto si è parlato della “scomparsa dell’Italia

industriale” [GALLINO L. (2003), “La scomparsa dell’Italia industriale”,

Einaudi, Torino], per indicare la sostanziale uscita del nostro paese da settori

industriali nei quali fino agli anni ‘60/’70 eravamo in grado di competere sui

mercati internazionali: l’industria informatica, l’industria chimica, l’aeronautica

civile, le telecomunicazioni, la metalmeccanica high tech. L’entrata nella

moneta unica europea ha aggravato questa dinamica, eliminando la possibilità

di compensare il divario di produttività tramite svalutazioni competitive e aiuti

di Stato alle imprese.

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Parallelamente, il declino dei salari reali ha indebolito la domanda interna. Così

siamo arrivati, alla fine degli anni Novanta, ad avere un’economia trainata da

due soli fattori propulsivi: l’export (nei settori del c.d. “made in Italy”, nei quali

grazie ai distretti industriali siamo rimasti competitivi) e l’edilizia. Come era

già successo negli anni Cinquanta, le costruzioni si sono trovate di nuovo a

svolgere un ruolo di traino dell’economia e di attrazione dei capitali, a causa

della mancanza di una grande industria nazionale in grado di svolgere questo

ruolo. Ovviamente possiamo interpretare questa dinamica anche da una

prospettiva opposta: la possibilità di realizzare rendite grazie all’espansione

edilizia ha distolto ulteriormente i capitali dall’industria in senso stretto, dato

che le costruzioni offrivano dei rendimenti maggiori. Fatto questa necessaria

premessa, si individuano tre grandi fattori alla base del recente boom edilizio:

Incremento demografico e fenomeni migratori

Riduzione dei tassi di sconto

Crescita della spesa per opere pubbliche

L’incremento demografico, o più precisamente il forte aumento del numero

delle famiglie/alloggio (La famiglia/alloggio è definita come gruppo di

individui stabilmente residenti nella stessa abitazione), è stato causato in primo

luogo dai forti flussi migratori in entrata [Banca d’Italia (2009) per un’analisi

econometrica dell’impatto della pressione demografica dovuta all’immigrazione

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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sul mercato immobiliare, ed in particolare sui prezzi delle abitazioni] e ha

quindi interessato soprattutto le aree più propulsive dal punto di vista

economico e occupazionale. Ma un significativo contributo alla crescita delle

famiglie è venuto anche da fattori interni in particolare, durante gli anni

Novanta e i primi anni Duemila, la maggior parte dei baby-boomers, i nati negli

anni Sessanta (un decennio di boom delle nascite, come è noto), ha raggiunto

l’età in cui si lascia la famiglia d’origine per formarne una nuova (Campanelli,

2012).

Tassi d’interesse più bassi rispetto al passato sono stati resi possibili dall’entrata

dell’Italia nell’Euro, che, almeno prima dei recenti attacchi speculativi, ha

prodotto un abbassamento dei premi al rischio sul debito italiano, e quindi un

generale abbassamento del costo del credito. Per di più, tra il 2002 e il 2005 la

Banca Centrale Europea ha mantenuto i tassi d’interesse di riferimento (Ci si

riferisce in particolare al tasso di partecipazione alle operazioni di

rifinanziamento principali, che indica le condizioni alle quali la Banca Centrale

è disposta a effettuare transazioni con il mercato) su livelli particolarmente

bassi, sull’onda di quanto stava facendo la Federal Reserve in America. La

riduzione dei tassi di sconto ha provocato un incremento della domanda di

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Metodi e strategie per affrontare la crisi del mercato immobiliare.

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asset, sia immobiliari sia finanziari, e di conseguenza un aumento della loro

produzione e del loro prezzo di mercato. Ciò è accaduto in quasi tutti i paesi

industrializzati, producendo bolle speculative nei mercati creditizi e immobiliari

di molti paesi. In Italia questa dinamica è stata meno esplosiva rispetto a quanto

avvenuto in USA, Irlanda, Spagna e Inghilterra, per via di un minore utilizzo di

strumenti finanziari complessi. Tali strumenti, nei paesi in cui sono stati

utilizzati maggiormente, hanno permesso al sistema finanziario di assecondare

in modo sostanzialmente illimitato la domanda di credito per l’acquisto di

immobili e attivi finanziari. Tuttavia è innegabile che, anche nel nostro paese,

tassi d’interesse più bassi rispetto al passato abbiano giocato un ruolo

importante nell’alimentare la fase espansiva del ciclo edilizio. Dal lato

dell’offerta, la riduzione dei tassi di sconto ha reso più redditizio l’investimento

nel settore immobiliare, mentre dal lato della domanda ha reso più favorevoli le

condizioni di accesso ai mutui. Secondo i dati della Banca d’Italia, le erogazioni

di nuovi finanziamenti per l’acquisto di abitazioni sono cresciute costantemente

tra 1998 e 2006, con una crescita media annua del 21,4%, raggiungendo nel

2006 il picco di 66,8 miliardi di Euro erogati nel corso dell’anno. I

finanziamenti alle imprese di costruzioni hanno registrato una crescita analoga,

anche se meno intensa, culminata nel 2007.

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Anche il mercato delle opere pubbliche ha fornito un contributo significativo

alla fase espansiva che stiamo descrivendo. Gli investimenti in opere del genio

civile sono aumentati costantemente tra il 1995 e il 2005, con un tasso di

crescita medio annuo del 5% circa, per poi declinare negli anni successivi. I

bandi di gara per l’esecuzione di opere pubbliche, in termini di importi totali a

base d’asta, hanno registrato una forte crescita durante i primi anni Duemila,

che ha portato al picco storico del 2004, per poi declinare velocemente a partire

dal 2005, e assestarsi (per ora) su livelli più bassi. Il numero di bandi per opere

pubbliche ha invece imboccato un trend decrescente da quasi quindici anni,

come conseguenza della scelta, da parte dell’autorità pubblica, di concentrare le

risorse disponibili sulle grandi opere (Tascedda, 2012).

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La combinazione dei fattori appena descritti ha reso possibile una crescita senza

precedenti nel settore costruzioni italiano, culminata nel picco degli

investimenti, delle compravendite e dei prezzi di metà anni Duemila (figura 7).

Durante tale periodo, la produzione edilizia è aumentata del 24%, le

compravendite immobiliari sono aumentate del 63%, mentre i prezzi medi,

secondo le stime del CRESME, sono aumentati del 48% (In Italia non esiste per

ora una fonte ufficiale per i prezzi medi delle abitazioni a livello aggregato. Le

stime più accreditate sono quelle dell’OMI-Agenzia del Territorio, del

CRESME, del Consulente Immobiliare, di Nomisma oltre a quelle delle varie

agenzie immobiliari e/o Osservatori immobiliari come quello di FIAIP).

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L’andamento “boom & bust” del settore costruzioni italiano pone delle

questioni importanti. L’espansione di fine anni Novanta e dei primi anni

Duemila è stata caratterizzata da insufficiente regolamentazione e

coordinamento da parte dell’autorità pubblica. Il sistema di ripartizione della

rendita fondiaria ha creato incentivi perversi, che hanno portato il sistema a

indirizzarsi verso il consumo di territorio, impedendo un miglioramento

qualitativo della progettazione e della realizzazione di manufatti edilizi

(nonostante nello stesso tempo la qualità dei materiali da costruzione e degli

impianti abbia conseguito degli importanti miglioramenti dovuti

all’innovazione tecnologica e all’accresciuta concorrenza) e soprattutto

provocando un complessivo peggioramento dal punto di vista dell’urbanistica e

della vivibilità delle città. Sono state create delle nuove aree intensamente

urbanizzate, intorno ai più importanti centri urbani, nelle quali i servizi ai

cittadini sono quanto meno carenti (si pensi ad esempio all’interland di ogni

grande città) e la mobilità costosa e difficoltosa (oltre che insostenibile dal

punto di vista ambientale ed ecologico). In questo modo è stata peggiorata la

condizione di numerose famiglie, spesso “espulse” dalle zone centrali per via

dell’aumento dei prezzi. Oggi è necessaria un’inversione di rotta. La crisi del

settore e la fine della fase espansiva possono rappresentare un punto di svolta,

per dirottare gli investimenti dalla nuova produzione edilizia alla

riqualificazione del patrimonio esistente e delle aree urbane. Gli interventi

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necessari (riqualificazione delle aree urbane, piani per delocalizzare le attività

produttive, creazione di sistemi di mobilità pubblica sostenibile) sono tali da

richiedere un ruolo attivo del settore pubblico, sia nell’investimento diretto di

risorse pubbliche sia (soprattutto) nell’indirizzare i capitali privati tramite forme

di pianificazione, programmazione e regolamentazione, che sono mancate negli

anni del boom. Bisogna però che anche il settore privato torni alla realtà,

bisogna rendersi conto delle capacità di spese delle singole famiglie. I cicli del

mercato rappresentati nel Grafico 1 evidenziano come da sempre le oscillazioni

negative portano prima o poi ad una ripresa.

(Fonte: aiutomutuo.finanza.com)

Sarà compito di tutti (Settori pubblici e privati) rimboccarsi le maniche e fare in

modo che la “curva” riprenda a salire il prima possibile. Negli ultimi anni gli

errori commessi alla ricerca di una soluzione sono stati tanti ma il più grande

(commesso dai privati), riscontrato soprattutto nelle nuove generazioni, è stato

quello che possiamo chiamare “maleducazione economica”. Troppo spesso gli

operatori del settore (Agenti Immobiliari) hanno riscontrato persone che, pur di

avere ogni tipo di accessorio alla “moda”, si esponeva a debiti per

finanziamenti spesso insostenibili o che comunque con l’avvento della stretta

economica li ha messi in seria difficoltà. Nelle nuove generazioni sta venendo a

mancare il culto del risparmio, quel tesoretto utile e necessario in momenti

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come quello che stiamo vivendo. Bisogna rialzare la testa e guardare in faccia la

realtà. Muoversi in campi conosciuti ma soprattutto dove le nostre capacità

(economiche) ci consentono di andare. Se è vero che il mercato immobiliare

può essere il traino di tutta l’economia Nazionale (soprattutto per l’indotto che

lo circonda) è pur vero che si deve tornare a risparmiare se si vuole acquistare

una casa (da sempre il bene rifugio degli Italiani). Gli operatori del settore sono

quindi chiamati ad operare sempre con la massima trasparenza e professionalità

che solo con una formazione costante ed attenta possono raggiungere. A parità

di servizio, sono loro che possono fare la differenza.

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Bibliografia:

1. L’Osservatorio 2012 FIAIP

2. L’Osservatorio 2013 FIAIP

3. Report urbano immobiliare FIAIP 2012

4. Report urbano immobiliare FIAIP 2013

5. GALLINO L. (2003), “La scomparsa dell’Italia industriale”, Einaudi,

Torino

6. Campanelli, 2012

7. Tascedda, 2012

8. BUSANEL L. (2009), “L’Arte del Sensale”, Minerva Edizioni, Argelato

(BO)

9. AITEC – Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento

10. Censimento ISTAT 2011

11. ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili)

12. CRESME/Si e Cresme Europa Servizi

13. FMI 2012 (Fondo MonetarioInternazionale)

14. Ministero del tesoro, ISTAT, Banca d’Italia e BCE

15. OMI – Agenzia del Territorio

16. Aiutomutuo.finanza.com

17. OCSE

18. ACRI-Ipsos