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1 EVOLUZIONE E APPLICAZIONI DELLA MACCHINA A VAPORE A partire dai primi anni dell’Ottocento, la macchina a vapore fissa, che era stata utilizzata essenzialmente per azionare pompe idrauliche per prosciugare le miniere, trovò applicazioni di ogni genere nell’industria. Parallelamente si svilupparono le macchine adatte sia al trasporto terrestre che marittimo. Il ruolo della macchina a vapore nello sviluppo della “civiltà della meccanizzazione” contemporanea fu enorme e il numero di pubblicazioni sulla sua storia è grandissimo. Ovviamente qui non possiamo che dare una traccia estremamente semplificata e breve di quelle che furono le sue applicazioni e la sua evoluzione. La macchina di Watt comprendeva fondamentalmente tutti gli elementi che caratterizzarono le macchine a vapore ottocentesche, ma le modifiche e i miglioramenti che ad essa vennero apportati nel corso di oltre 150 anni (testimoniati da migliaia e migliaia di brevetti) furono innumerevoli. In primo luogo la produzione del vapore fu resa più efficiente con l’introduzione di caldaie sempre più perfezionate, efficienti e anche sicure (le esplosioni non erano rare e spesso avevano effetti devastanti). Dalle prime caldaie simili a enormi pentole poste su un focolare si passò a quelle adatte alla produzione di vapore ad alta pressione. Nei Cornish e nei Lancashire boiler (caldaie della Cornovaglia e del Lancashire) una serie di tubi convogliavano i vapori roventi provenienti dal fornello attraverso l’acqua da vaporizzare. Questi tipi di caldaie furono perfezionati e dotati di accessori come valvole di sicurezza, manometri, tubi per il controllo del livello dell’acqua, ecc.. Vari tipi di caldaie in uso fra il XVIII e il XIX secolo Il design delle macchine a vapore venne adattato a esigenze diverse in funzione dell’applicazione ricercata (motrici per macchine utensili, motori per azionare gli ascensori minerari, macchine per navi e battelli, ecc.) e molte delle loro caratteristiche tecniche mutarono.

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EVOLUZIONE E APPLICAZIONI DELLA MACCHINA A VAPORE

A partire dai primi anni dell’Ottocento, la macchina a vapore fissa, che era stata utilizzata essenzialmente

per azionare pompe idrauliche per prosciugare le miniere, trovò applicazioni di ogni genere nell’industria.

Parallelamente si svilupparono le macchine adatte sia al trasporto terrestre che marittimo. Il ruolo della

macchina a vapore nello sviluppo della “civiltà della meccanizzazione” contemporanea fu enorme e il

numero di pubblicazioni sulla sua storia è grandissimo. Ovviamente qui non possiamo che dare una traccia

estremamente semplificata e breve di quelle che furono le sue applicazioni e la sua evoluzione.

La macchina di Watt comprendeva fondamentalmente tutti gli elementi che caratterizzarono le macchine a

vapore ottocentesche, ma le modifiche e i miglioramenti che ad essa vennero apportati nel corso di oltre 150

anni (testimoniati da migliaia e migliaia di brevetti) furono innumerevoli.

In primo luogo la produzione del vapore fu resa più efficiente con l’introduzione di caldaie sempre più

perfezionate, efficienti e anche sicure (le esplosioni non erano rare e spesso avevano effetti devastanti).

Dalle prime caldaie simili a enormi pentole poste su un focolare si passò a quelle adatte alla produzione di

vapore ad alta pressione. Nei Cornish e nei Lancashire boiler (caldaie della Cornovaglia e del Lancashire)

una serie di tubi convogliavano i vapori roventi provenienti dal fornello attraverso l’acqua da vaporizzare.

Questi tipi di caldaie furono perfezionati e dotati di accessori come valvole di sicurezza, manometri, tubi per il

controllo del livello dell’acqua, ecc..

Vari tipi di caldaie in uso fra il XVIII e il XIX secolo

Il design delle macchine a vapore venne adattato a esigenze diverse in funzione dell’applicazione ricercata

(motrici per macchine utensili, motori per azionare gli ascensori minerari, macchine per navi e battelli, ecc.) e

molte delle loro caratteristiche tecniche mutarono.

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Vari tipi di motori a vapore con diversi design e caratteristiche tecniche

Per convogliare il vapore nella camera del cilindro vennero introdotti tipi di sistemi di distribuzione sempre

più perfezionati. Ai cassetti di distribuzione si affiancarono valvole e accorgimenti diversi. E per regolare la

velocità delle macchine furono ideati regolatori centrifughi molto più sofisticati di quello proposto da Watt.

Vari sistemi di distribuzione del vapore

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Ma certamente uno dei progressi fondamentali fu l’introduzione delle prime macchine a vapore a doppia

espansione (compound) a partire dall’inizio dell’Ottocento. In tali macchine il vapore ad alta pressione

entrava e si espandeva in un cilindro ad alta pressione muovendo il relativo pistone e passava poi nel

cilindro a bassa pressione dove, subendo un’ulteriore espansione azionava un secondo pistone. Le

macchine compound (che vennero costruite a doppia, tripla o anche quadrupla espansione) permettevano

una maggiore efficienza poiché l’espansione avveniva in maniera graduale e suddivisa in cilindri diversi. Si

diminuivano così le perdite di calore dovute al riscaldamento e al raffreddamento di ogni cilindro. Per

ottenere lo stesso lavoro da vapore a pressione più bassa era necessario avere un cilindro di diametro

maggiore e dunque le macchine compound avevano i cilindri di diametro crescente. Anche se numerose

macchine di Watt furono modificate con l’aggiunta di un secondo cilindro, le macchine compound si diffusero

soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento e trovarono applicazione sia come motrici fisse che per

azionare battelli e navi e, in misura minore, locomotive e locomobili. I grandi transatlantici dei primi anni del

Novecento, come il tristemente famoso Titanic, erano dotati di motori a tripla espansione.

Schema di una macchina a vapore a tripla espansione

Modello di motore marino a tripla espansione Macchina a vapore fissa a doppia espansione

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Le macchine fisse trovarono applicazioni in ogni tipo di industria. Esse azionavano le pompe e gli ascensori

nelle miniere, i laminatoi delle ferriere, le soffierie delle fonderie. Le macchine tessili venivano azionate da

gigantesche motrici a vapore, così come le macine dei mulini o le più svariate macchine utensili.

Piccola macchina a vapore di Grande macchina a vapore utilizzata all’inizio del XX Mausdlay utilizzata nella prima secolo per azionare gli ascensori di una miniera metà del XIX secolo per azionare le macchine utensili di un’officina

Gli ultimi decenni dell’Ottocento videro la nascita dell’industria elettrica. Grazie a dinamo e a alternatori

sempre più potenti l’elettricità cominciò ad essere prodotta su scala industriale. Ma la velocità di rotazione

dei generatori elettrici doveva essere assai più grande di quella delle macchine a vapore alternative. Per

ovviare a questo inconveniente era necessario collegare motrici a vapore e generatori tramite cinghie di

trasmissione che collegando pulegge di diametro diverso permettevano di ottenere la velocità di rotazione

necessaria. Ovviamente questo sistema richiedeva molto spazio e una complicazione delle installazioni.

La centrale elettrica della città di Tours nel 1886

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Vennero dunque ideate macchine a vapore compound che con speciali accorgimenti potevano raggiungere i

4-500 giri al minuto e potevano essere dunque accoppiate direttamente ai generatori.

Macchina a vapore ad alta velocità di Willans in una centrale elettrica della fine del XIX sec.

La potenza delle macchine aumentava costantemente. Nel 1800 la potenza massima di una macchina a

vapore si aggirava attorno ai 50 cavalli/vapore, ma bisogna ricordare che la potenza media delle macchine

installate in Inghilterra sino al 1835 circa si aggirava attorno ai 15 cavalli/vapore. Nel 1876 una gigantesca

macchina di Corliss (che era comunque eccezionale) sviluppava circa 1500 cavalli vapore. Alla fine del

secolo le macchine utilizzate nelle centrali elettriche potevano sviluppare sino a 10.000 cavalli.

La macchina di Corliss presentata all’esposizione universale di Filadelfia del 1876

All’aumento di potenza corrispondeva anche una diminuzione nell’uso del combustibile. La tabella seguente

dà il consumo di libbre di carbone per cavallo vapore prodotto all’ora.

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Comunque il vapore trovò una delle sue più spettacolari applicazioni nei trasporti. Nonostante alcuni

tentativi, spesso fallimentari, risalenti al Settecento, i motori a vapore cominciarono ad affermarsi nella

navigazione all’inizio dell’Ottocento e leggendario rimane il nome dell’inventore Robert Fulton (1765 – 1815).

Numerosi furono i problemi da sormontare per installare macchine a vapore in navi e battelli. Per esempio, il

peso della motrice e delle caldaie rischiava di far capovolgere i natanti e fu necessario trovare soluzioni

ingegneristiche capaci di superare tali difficoltà. Fra queste vi fu la necessità di sviluppare motori compatti e

con un baricentro basso per assicurare la stabilità delle navi. I battelli a vapore si svilupparono molto su fiumi

e laghi ma la competizione fra navi a vela e navi a vapore si protrasse a lungo.

Il Clermont, battello a vapore di Robert Fulton nel 1807

Molti furono i progressi nei primi decenni dell’Ottocento, fra i quali l’introduzione dell’elica, che lentamente

soppiantò l’uso delle pale e degli scafi metallici. Nel 1819 la nave a pale (e a vela) Savannah fu la prima ad

attraversare l’Atlantico. Nel 1858 il geniale ingegnere inglese Isambard K. Brunel (1806 – 1859) varò il Great

Eastern, nave di 200 metri di lunghezza capace di portare oltre 4000 passeggeri (ma poi trasformata in nave

posacavi). Pur avendo ancora le vele, tale gigante era munito di pale azionate da quatto motori a vapore e

da un motore addizionale per l’elica per una potenza complessiva di circa 8000 cavalli, cifra gigantesca per

l’epoca. Nella seconda metà del secolo il tonnellaggio e la velocità dei piroscafi non cessò di crescere grazie

anche a macchine a vapore a multipla espansione sempre più potenti e affidabili.

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Il Great Eastern La sala macchine del Great Eastern

I primi veicoli a vapore stradali furono sperimentati nella seconda metà del Settecento e all’alba

dell’Ottocento videro la luce le prime locomotive su binari metallici: nasceva la ferrovia. L’inventore e

ingegnere Richard Trevithick (1771 – 1833), sfruttando l’alta pressione (all’epoca alcune atmosfere), costruì

alcuni dei primi carri a vapore e alcune locomotive. Nel 1804 fece funzionare un treno carico di merci e

passeggeri su una linea ferroviaria di 16 chilometri alla velocità di 4 chilometri orari. Nel 1808 una locomotiva

di Trevithick trascinava una carrozza su di un binario circolare per una dimostrazione pubblica a pagamento.

Ma molti erano i problemi da risolvere tra cui quello di assicurare un’aderenza sufficiente fra ruote trainanti e

binari. Celeberrime furono le prime locomotive di George Stephenson (1781 – 1848) che, con il figlio Robert

(1803 – 1859), costruì alcune celebri macchine che, come il Rocket, avevano alcune caratteristiche

profondamente innovative: per esempio la caldaia multi-tubolare. Le locomotive di Stephenson circolarono

sulla linea ferroviaria Stockton-Darlington di 40 chilometri inaugurata nel 1825.

L’esibizione pubblica della locomotiva “Catch me if you can”di Trevithick (1808) Il Rocket di Stephenson (1829)

Questa linea infiammò l’immaginazione popolare: la trazione a vapore non era più utilizzata solo in ambito

minerario e industriale ma cominciava a diventare un servizio pubblico. I progressi furono folgoranti e la

“follia ferroviaria” si impadronì dell’Europa e dell’America. In Italia la prima linea - la Napoli-Portici - di circa 7

chilometri venne inaugurata nel 1839 e verso la fine degli anni ’80 dell’Ottocento si contavano in Italia oltre

10.000 chilometri di binari. Negli Stati Uniti il ruolo del vapore nella conquista del West fu fondamentale e

dalle 40 miglia di strada ferrata del 1830 si passò alle oltre 160.000 miglia nel 1890!

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Tipica locomotiva americana della seconda metà del XIX secolo Locomotiva prussiana del 1905

La potenza, l’affidabilità e la velocità delle locomotive si accrebbe enormemente per oltre un secolo e, nei

primi decenni del Novecento, esse avevano raggiunto la maturità tecnica e le loro massime performance.

Ad esempio la Big Boy americana della Union Pacific, prodotta attorno al 1940, aveva una potenza di oltre

6000 cavalli vapore e poteva trainare treni merci di 3600 tonnellate.

La locomotiva Big Boy della Union Pacific

Infine anche i trasporti terrestri videro l’uso di numerose locomobili che, soprattutto nei paesi anglosassoni,

vennero utilizzate fino ai primi decenni del Novecento per il trasporto di carichi pesanti, come trattori per i

lavori agricoli, rulli compressori, gru ed escavatrici semoventi.

Rullo compressore a vapore Aratura con trattore a vapore

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L’utilizzazione delle macchine a vapore a pistoni decrebbe nel corso del Novecento per scomparire quasi

definitivamente nel secondo dopoguerra. Le macchine motrici fisse utilizzate nelle industrie vennero

gradualmente sostituite da potenti motori elettrici o da motori a combustione interna. Tali motori furono

anche adottati nelle navi e nelle ferrovie, quando queste ultime non furono elettrificate. Le locomobili e i

veicoli stradali a vapore scomparvero anch’essi di fronte all’inarrestabile avanzata di automobili e camion

con motori a benzina o diesel.

Ma il ruolo della “forza del vapore” rimase e rimane tutt’ora importantissimo. Basti pensare che tutte le

centrali elettriche di tipo termico o nucleare sono dotate di turbine a vapore per azionare i generatori elettrici.

Il principio della turbina a vapore risale all’antichità (l’eolipila di Erone di Alessandria) e fu riproposto

innumerevoli volte nel corso della storia.

Eolipila di Erone Turbina di Giovanni Branca (1629)

Ma l’invenzione della moderna turbina risale agli anni ‘80 dell’Ottocento quando l’ingegnere inglese Charles

Parsons (1854 – 1931) riuscì ad azionare un generatore elettrico tramite una turbina munita di albero ad

alette. Alcuni anni dopo, lo stesso Parsons costruì il Turbinia che, munito appunto di turbina a vapore, fu il

vascello più rapido dell’epoca essendo in grado di raggiungere la stupefacente velocità di 34 nodi (circa 63

km/h).

Turbina di Parsons con generatore elettrico L’imbarcazione “Turbinia”

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Nelle turbine il vapore agisce sulle palette inserite su di un asse mobile (il rotore) intercalate da palette fisse

solidali con la cassa che racchiude la macchina. Il vapore si espande successivamente (come nelle

macchine compound) e cede la sua energia. Nel corso del Novecento le macchine a vapore alternative

furono sostituite da turbine a vapore (e a gas) che hanno il vantaggio di avere un rendimento termico

superiore e di avere un vantaggioso rapporto potenza - peso. Capaci di generare direttamente un

movimento rotatorio, le turbine sono particolarmente adatte ad essere accoppiate direttamente con

alternatori elettrici e oggi circa l’80 % dell’energia elettrica prodotta proviene da impianti dotati di tali turbine.

Grandi turbine sono in grado di produrre sino a 350 MWatt.

Il rotore e le palette di una moderna turbina a vapore